PREMESSA
I – ELASTICITA’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1. ELEMENTI DI TERMODINAMICA DEI CONTINUI . . . . . . . 1
1.1. Diseguaglianza di Clausius-Duhem . . . . . . . . . . . . . . 3
2. RELAZIONI COSTITUTIVE . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.1. Principio di indifferenza materiale . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.2. Materiali ipoelastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
3. ELASTICITA’ LINEARIZZATA . . . . . . . . . . . . . . . . 11
3.1. Legge di Hooke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.2. Cedevolezza e rigidezza elastica . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.3. Cedevolezza e rigidezza tangenti . . . . . . . . . . . . . . . 14
3.4. Conservatività del legame elastico . . . . . . . . . . . . . . . 15
3.5. Energia di deformazione elastica . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.6. Energia elastica complementare . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.7. Synopsis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.8. Legame elastico lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.9. Costanti elastiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
4. SIMMETRIE MATERIALI ED ISOTROPIA . . . . . . . . . . . 26
4.1. Gruppi di simmetria materiale . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.2. Elasticità lineare isotropa . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.3. Elasticità isotropa non lineare . . . . . . . . . . . . . . . . 39
4.4. Elasticità anisotropa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
4.4.1. Materiali monoclini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4.4.2. Materiali ortotropi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4.4.3. Materiali trasversalmente isotropi . . . . . . . . . . . . . . 43
4.5. Stati piani di deformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
4.6. Stati piani di tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
RIFERIMENTI
II – STRUTTURE ELASTICHE . . . . . . . . . . . . . . . . 49
vi INDICE
1. TEORIA LINEARIZZATA . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
2. EQUILIBRIO ELASTICO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
2.1. Formulazione in termini di spostamenti . . . . . . . . . . . . . 51
2.2. Unicità della soluzione elastostatica . . . . . . . . . . . . . . 53
2.3. Elastodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
2.4. Teorema di Clapeyron . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
2.5. Teorema di Betti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
2.6. Estensione del teorema di Clapeyron . . . . . . . . . . . . . . 62
2.7. Estensione del teorema di Betti . . . . . . . . . . . . . . . . 63
2.8. Metodo degli spostamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
2.8.1. Applicazione alle travature . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
2.9. Esistenza della soluzione in elastostatica . . . . . . . . . . . . 73
2.10. Equazioni differenziali di equilibrio elastico . . . . . . . . . . 76
3. CONGRUENZA ELASTICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
3.1. Formulazione in termini di sforzi . . . . . . . . . . . . . . . 79
3.1.1. Metodo delle forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
3.2. Equazione differenziale di congruenza elastica . . . . . . . . . . 81
4. PRINCIPI DI ESTREMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
4.1. Energia potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
4.2. Energia potenziale complementare . . . . . . . . . . . . . . . 84
5. ONDE ELASTICHE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
5.1. Onde progressive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
RIFERIMENTI
RIFERIMENTI
Questo secondo tomo del testo di Scienza delle Costruzioni è per gran parte dedi-
cato all’analisi delle strutture in campo elastico e dei relativi metodi solutivi, sia esatti
che approssimati. Gli ultimi due capitoli forniscono invece gli elementi essenziali del
comportamento ultraelastico dei materiali ed una panoramica dei principali criteri di
resistenza per materiali fragili e duttili.
In accordo con la trattazione svolta nel Tomo I, la formulazione variazionale occupa
una posizione privilegiata negli sviluppi sia teorici che applicativi.
Il primo capitolo descrive la modellazione del comportamento elastico nel quadro
della teoria linearizzata. Dopo una disamina delle proprietà di un materiale elastico
alla Green sono illustrati i risultati essenziali relativi ai gruppi di simmetria materiale.
Segue la classica trattazione delle relazioni di Navier-Lamé per materiali elastici
isotropi ed alcuni cenni sui comportamenti anisotropi con particolare riferimento ai
materiali ortotropi e trasversalmente isotropi.
Il secondo capitolo è dedicato alla formulazione del problema dell’equilibrio elas-
tico. Nell’approccio in termini di spostamento sono illustrati e discussi i classici teoremi
di Clapeyron e Maxwell-Betti-Rayleigh, il principio di estremo dell’energia
potenziale, il metodo degli spostamenti per la soluzione del problema dell’equilibrio
elastico, le equazioni differenziali dell’equilibrio elastico di Navier-Cauchy e gli
aspetti essenziali della propagazione del suono in un mezzo elastico lineare ed isotropo.
Nell’approccio in termini di tensioni sono trattati il principio di estremo dell’energia
complementare, il metodo delle forze e le equazioni differenziali di congruenza elastica
di Beltrami-Donati-Michell.
Il terzo capitolo è dedicato all’illustrazione degli elementi di base dell’Analisi Con-
vessa ed allo sviluppo di una teoria variazionale dell’equilibrio in presenza di legami
costitutivi monotoni multivoci. Le condizioni di esistenza di una soluzione conducono
naturalmente alla discussione dell’Analisi Limite delle strutture ed alla formulazione
del relativo teorema fondamentale. Si mostra quindi come i risultati della teoria possano
essere direttamente applicati alla formulazione variazionale dei problemi di viscoplas-
ticità e di elastoplasticità incrementale.
Nel quarto capitolo, dopo una presentazione degli elementi essenziali della inter-
polazione lineare, viene illustrata la procedura di implementazione del metodo degli
spostamenti.
E’ affrontata quindi in dettaglio la soluzione di una travatura elastica piana costituita
dall’assemblaggio di travi semplici ad asse rettilineo, considerando il caso generale in
cui le travi possono essere vincolate ai nodi mediante vincoli di non completa solidarietà.
La trattazione è poi ridisegnata per adattarla al caso particolare delle travature reticolari.
Il quinto capitolo è più impegnativo essendo dedicato alla teoria della formulazione
variazionale del problema elastico di strutture con elasticità lineare anche singolare.
In tale contesto generale il problema deve essere necessariamente espresso in
forma mista, imponendo cioè sia la condizione di equilibrio che quella di congruenza
ed assumendo quali campi incogniti sia il campo degli spostamenti che quello degli
sforzi.
xviii PREMESSA
La trattazione mostra che sono perseguibili due approcci, corrispondenti alle forme
miste primale e complementare del problema elastico lineare.
Una precisa definizione degli spazi funzionali in cui sono posti i problemi consente
di sviluppare una teoria che, basandosi su risultati classici di Analisi Lineare, fornisce le
condizioni necessarie e sufficienti per l’esistenza e l’unicità della soluzione del problema
elastico.
Segue quindi una trattazione generale delle cosidette formulazioni ibride del pro-
blema elastico lineare.
Le formulazioni ibride sono caratterizzate da un rilassamento delle condizioni di
continuità dei campi incogniti in corrispondenza delle interfacce di una suddivisione
finita del dominio di definizione della struttura, e dal ripristino della continuità violata
mediante l’imposizione di condizioni variazionali poste in forma integrale sulle inter-
facce. I relativi risultati di esistenza ed unicità sono dedotti da quelli stabiliti per le
formulazioni miste primale e complementare.
Il sesto capitolo fornisce una introduzione generale all’approssimazione interna
del problema elastico. Si mostra come dalla formulazione variazionale si pervenga
in modo diretto alle formulazioni approssimate, trattando prima il caso generale delle
formulazioni miste e quindi quello della formulazione negli spostamenti.
Nel settimo capitolo si affronta lo studio delle travi elastiche in grandi spostamenti.
La trattazione è svolta con riferimento al modello di Timoshenko di trave deformabile
a taglio e fornisce l’espressione della rigidezza tangente facendo ricorso a concetti e
risultati di geometria differenziale esposti nel Tomo I.
I capitoli VIII, IX e X sono dedicati ad argomenti tradizionali della disciplina quali
la geometria delle masse, la trave di Saint Venant e le travi con pareti sottili. La
geometria delle masse è trattata con un approccio analitico e con metodologie generali
orientate al calcolo automatico.
Un approccio analogo è seguito nell’analisi della trave di Saint Venant e delle
travi con pareti sottili.
Tra gli aspetti non tradizionali si evidenziano: l’applicazione della formula di
Cesàro al calcolo degli spostamenti elastici da flessione composta, la metodologia
iterativa per la soluzione del problema non lineare della pressoflessione di travi costituite
da materiali non reagenti a trazione, dovuta a Manfredi Romano, la trattazione della
torsione per le travi con sezione a connessione multipla, e le formule per il calcolo del
centro di taglio e dei fattori di taglio delle travi con pareti sottili.
Negli ultimi due capitoli XI e XII, è fornita una descrizione del comportamento
ultraelastico dei materiali ed una panoramica dei principali criteri di resistenza per
materiali fragili e duttili.
Come nel Tomo I, anche in questo Tomo il lettore troverà, accanto ad argomenti
tradizionali, formulazioni e risultati originali che fanno riferimento all’attività di ricerca
svolta dall’autore nel settore della meccanica delle strutture.
I capitoli III, IV, V, VI e VII contengono i principali contributi derivanti dall’attività
di ricerca riguardante applicazioni dell’Analisi Convessa alla teoria delle strutture, le
formulazioni miste ed ibride in elasticità, le corrispondenti formulazioni approssimate
e l’analisi di travi elastiche spaziali in regime di grandi spostamenti.
PREMESSA xix
Devo qui rinnovare i più sentiti ringraziamenti ai miei allievi ed amici Elio
Sacco, Luciano Rosati, Francesco Marotti de Sciarra e soprattutto a
Marina Diaco che con il suo incoraggiamento e la costante attività di collaborazione
e di revisione, che ha interessato l’intera opera, ha reso possibile giungere a completare
questi due volumi. Un grazie infine all’ingegnere dei materiali Carmen Sellitto
che ha con noi collaborato alla stesura del capitolo XII del Tomo II ed alla mia adorata
nipote Alessandra Romano nuova adepta della Meccanica dei Continui.
A mia moglie Chiara devo confidare che la lunga attesa per il termine di questo
lavoro è finita; presto però, spero, dovrò nuovamente contare sulla sua comprensione
per affrontare nuove sfide scientifiche.
Ė = M + Q ,
dove
• Ė è il tasso di incremento dell’energia interna,
• M è la potenza meccanica compiuta,
• Q è il tasso di calore apportato.
Per potenza meccanica si intende la potenza compiuta da tutti i sistemi di forze agenti
sul corpo ivi incluse le forze d’inerzia. Denotando con ρ la densità e con D = Bv
la velocità di deformazione associata al campo di velocità v ∈ La (T (Ω)) del corpo
lungo la traiettoria dinamica, si ha che
M= (b − ρ v̇) v dv + t v da = T : D dv ,
. .
Ω T (Ω) Ω
2 1 – ELEMENTI DI TERMODINAMICA DEI CONTINUI
1
K= ρ v . v dv , W= b . v dv + t . v da ,
2
Ω Ω T (Ω)
Ė = M + Q ⇐⇒ Ė + K̇ = W + Q .
ρ ε̇ = ρ q + div h + T : D in Ω ,
∂q = h . n su ∂T (Ω) ,
in proposito effettuate nel 1842 dal fisico tedesco Robert Julius von Mayer
(1814-1878) e nel 1847 dall’inglese James Prescott Joule (1818-1889).
Il secondo principio della termodinamica asserisce che per ogni corpo B , e per
ogni parte di esso, è non negativa la produzione di entropia, definita come differenza
tra il tasso d’incremento di entropia e l’apporto di entropia.
Il secondo principio trae origine dall’osservazione che mentre il lavoro meccanico
può essere integralmente trasformato in calore, viceversa, come osservato nel 1824 da
Nicolas Léonard Sadi Carnot (1796-1832), può essere trasformata in lavoro
solo un’aliquota del calore che è funzione delle differenze tra le temperature dei corpi
che si scambiano il calore.
1 1
Ḣ ≥ ρ q dv + ∂q da ,
T T
Ω ∂T (Ω)
dove
• H è l’entropia, cosı̀ che Ḣ è il tasso di incremento di entropia,
• T > 0 è la temperatura assoluta introdotta da Kelvin nel 1848,
• ρ q/T è il tasso di apporto volumetrico di entropia,
• ∂q/T è il tasso di apporto superficiale di entropia,
1
Rudolf Julius Emmanuel Clausius (1822-1888). Nato in Prussia sesto figlio di un ministro
protestante, si laureò alla Università di Berlino nel 1840. Clausius pubblicò il primo lavoro sulla teoria
meccanica del calore nel 1850. Per la fama che ne derivò divenne professore alla Università di Berlino
e quindi nel 1855 alla Università di Zurigo. Nel 1867 si trasferı̀ alla Università di Würzburg e nel 1869,
accettò una cattedra alla Università di Bonn. Fervente patriota partecipò alla guerra Franco-Tedesca del
1870-71 come direttore del corpo delle anbulanze e riportò una ferita alle gambe che lo menomò per il resto
della vita. Nel 1865 Clausius formulò per primo entrambi i principi della termodinamica e rivendicò la
priorità della scoperta di von Mayer su quella di Joule. I suoi contributi gli valsero molti riconoscimenti
quali l’associazione alla Royal Society of London nel 1868, la Medaglia Copley nel 1879 e la Medaglia
Huygens nel 1870, il Premio Poncelet nel 1883.
2
Pierre Maurice Marie Duhem (1861-1916). Nato a Parigi da famiglia fiamminga studiò
scienze alla Ecole Normale Supérieure, dove tre anni dopo entrò anche Jacques Salomon Hadamard
(1865-1963), Tra i due nacque una sincera amicizia. Duhem è stato un grande fisico matematico ed ha
portato contributi fondamentali alla assiomatizzazione della termodinamica nelle memorie Etude sur les
travaux thermodynamiques de J. Willard Gibbs (1887) e Commentaire aux principes de la thermodynamique
(1892). I principali trattati sono Thermodynamique et chimie (1902), il lavoro in due volumi Recherches sur
l’hydrodynamique (1903-4), e Recherches sur l’élasticité (1906).
4 1 – ELEMENTI DI TERMODINAMICA DEI CONTINUI
Definendo
• ρ η la densità di entropia per unità di volume,
risulta
H= ρ η dv .
Ω
T : D − ρ ψ̇ − ρ η Ṫ = T : D − ρ ε̇ + ρ η̇ T ≥ 0 ,
Quest’ultima diseguaglianza impone che il vettore flusso di freddo abbia una compo-
nente non negativa con il gradiente di temperatura e cioè che il freddo si trasmetta verso
i punti a temperatura superiore.
I processi per cui si verificano le seguenti condizioni sono rispettivamente detti
h = o processo adiabatico,
T = 0 processo isotermo,
η̇ = 0 processo isoentropico,
grad η = o processo omoentropico.
I – ELASTICITA’ 5
2. RELAZIONI COSTITUTIVE
ε = ε̂(η, α, F) , h = ĥ(η, α, F) ,
T = T̂ (η, α, F) , T = T̂(η, α, F) .
T = dη ε̂(η, α, F) .
Assumendo che l’energia interna sia una funzione differenziabile e strettamente con-
vessa della variabile entropia, la trasformata di Legendre dell’energia interna, rispetto
∗
alla coppia di parametri duali entropia-temperatura è la funzione di stato ε̂ definita
da:
T = dη ε̂(η, α, F) ,
∗
ε̂ (T, α, F) = T η − ε̂(η, α, F) ,
∗
η = dT ε̂ (T, α, F) .
∗
ψ(T, α, F) = −ε̂ (T, α, F) .
Si introduca quindi il vettore affinità termodinamica duale del vettore delle variabili
interne:
∗
χ = −dα ψ(T, α, F) = dα ϕ (T, α, F) ,
Decomponendo lo stato tensionale in parte reversibile ed irreversibile T = Trev + Tirr
con la parte reversibile Trev definita da
Trev = ρ dF ψ(T, α, F) FT ,
6 2 – RELAZIONI COSTITUTIVE
si ha che
T : D − ρ ψ̇ − ρ η Ṫ = T : L − ρ dF ψ : (L F) − ρ dα ψ . α − ρ dT ψ . T − ρ η Ṫ =
= (T − ρ dF ψ FT ) : L − ρ dα ψ . α̇ − ρ (η + dT ψ) . Ṫ ≥ 0 .
La diseguaglianza della dissipazione intrinseca assume quindi la forma
Tirr : D + ρ χ . α̇ ≥ 0 .
Si osservi che in termini del tensore di Piola (vedi Tomo I sezione II.13.1 (p. 285)):
P = J T F−T ,
la parte reversibile Trev dello stato tensionale è data da
Prev = ρ0 dF ψ(T, α, F) ,
in quanto J ρ = ρ0 .
Se nella definizione delle funzioni di stato energia interna ε , temperatura assoluta T ,
flusso di freddo h e stato tensionale T si eliminano le variabili interne α si ottiene
la descrizione di
un materiale termoelastico caratterizzato dalle relazioni
ε = ε̂(η, F) , h = ĥ(η, F) ,
T = T̂ (η, F) , T = T̂(η, F) .
La definizione di
un materiale iperelastico o elastico secondo Green è basata su una teoria pura-
mente meccanica in cui la temperatura e l’entropia non giocano nessun ruolo, e
l’unica variabile indipendente è il gradiente di deformazione.
ε = ε̂(F) ,
T = T̂(F) .
L’energia libera di Helmholtz coincide con l’energia interna e la funzione ε = ψ
prende il nome di potenziale elastico. Il legame costitutivo è allora
T = ρ dF ψ(F) FT , P = ρ0 dF ψ(F) .
In termoelasticità è possibile dimostrare, [20], [23], [24], che la diseguaglianza di
Clausius-Duhem si decompone nelle diseguaglianze della dissipazione intrinseca e
della dissipazione termica facendo ricorso al seguente
assioma di localita dovuto a Noll [15]: Le funzioni costitutive sono locali.
Una funzione costitutiva ψ(T, χ) per la termoelasticità è locale se per ogni aperto
U ⊂ B accade che: se una coppia di posizionamenti χ1 , χ2 : B → S ed una coppia
di funzioni di temperatura T1 , T2 : B → + coincidono su U , allora le risposte
ψ(T1 , χ)1 e ψ(T2 , χ)2 coincidono su U .
I – ELASTICITA’ 7
C(F) = FT F ,
Allora risulta
dF ψ(F) : H = dC ψ(C(F)) : (dC(F) . H) .
Essendo poi dC(F) . H = HT F + FT H , in virtù della simmetria di C si ottiene che
dF ψ(F) = 2 F dC ψ(C(F)) ,
e quindi che
T = ρ dF ψ(F) FT = 2 ρ F dC ψ(C(F)) FT .
In termini del tensore di Piola P e del tensore di Piola-Kirchhoff S = F−1 P
(vedi Tomo I sezione II.13.3 (p. 287)) si ha:
P = 2 ρ0 F dC ψ(C(F)) , S = 2 ρ0 dC ψ(C(F)) .
Un ulteriore esempio del ruolo giocato dal PIM, nell’imporre restrizioni alle re-
lazioni costitutive, è fornito dalla definizione della risposta dei materiali ipoelastici.
Per tali materiali si assume che il tasso di variazione dello stato tensionale Ṫ sia
funzione del valore attuale dello stato tensionale T e del gradiente di deformazione
L = grad v :
Ṫ = f (T, L) .
Se tale è la risposta registrata da un osservatore O , sia O∗ un osservatore ruotato di
QT ∈ Orth + rispetto all’osservatore O∗ .
Si osservi ora che la potenza virtuale è invariante (indipendente dall’osservatore),
e che il gradiente di velocità varia con la legge (vedi Tomo I sezione I.9.13 (p. 97))
∗
L = WQ + QLQT .
dove
(QTQT )˙ = QṪQT + Q̇TQT + QTQ̇T =
dove W è l’atto di moto di rotazione dello spazio tangente al corpo nel punto con-
siderato. Risulta allora WQ (0) = −W = emi L e quindi al tempo t = 0 deve
essere
Ṫ − W T + T W = f (T, −W + L) = f (T, D) .
Il primo membro rappresenta il tasso di variazione dello stato tensionale misurato
dall’osservatore O∗ che all’istante iniziale t = 0 subisce lo stesso atto di moto di
rotazione dello spazio tangente al corpo nel punto considerato. Si definisce quindi la
derivata co-rotazionale o derivata di Jaumann [6]
◦
T = Ṫ − W T + T W ,
◦
T = g(T) [ D ] ,
Osservazione 2.1. La derivata temporale di Jaumann può essere sostituita con altre
espressioni che risultano indifferenti ad un cambiamento di osservatore. Tale proprietà
è assicurata se si effettua una derivata di Lie del tensore dello stato tensionale lungo
un flusso arbitrario.
La questione è stata illustrata nel Tomo I alla sezione I.12.3 (p. 142).
Sia Tt il campo tensoriale dello stato tensionale e vt il campo di velocità cor-
rispondente ad un flusso kv(t,s) , misurati dall’osservatore O al tempo t . Si denoti
con
• ϕt : V → V il diffeomorfismo che definisce la deformazione dell’osservatore O
visto dall’osservatore O∗ .
L’osservatore O∗ misura quindi il flusso (vedi Tomo I, sezione I.12.13 (p. 145))
kw(t,s) = ϕt ◦ kv(t,s) ◦ ϕ−1
s
,
ed il campo di velocità
wt = ut + ϕt∗ vt ,
dove
• ut è il campo di velocità relativo al flusso ku(t,s) = ϕt ◦ ϕ−1s
generato dal
diffeomorfismo ϕt ,
• ϕt∗ vt è la spinta del campo vettoriale vt per effetto del diffeomorfismo ϕt
(o differenziale del diffeomorfismo ϕt secondo il campo vettoriale vt ), definita
dalla derivazione puntuale:
(ϕt∗ vt )(f ) : = vt (ϕt ◦ f ) , ∀ f ∈ C1 (x, Ω) ,
avendo indicato con C1 (x, Ω) il germe delle funzioni scalari derivabili con con-
tinuità in un intorno del punto x ∈ Ω .
La proposizione I.12.14 (p. 146) del Tomo I assicura che per la derivata di Lie del
campo Tt , definita da
d ∗ d d
(LY T)s : = k T = T + k∗ T ,
dt t=s t,s t dt t=s t dt t=s t,s s
sussiste la legge di trasformazione
Lw (ϕt∗ Tt ) = ϕt∗ (Lv Tt ) .
t t
Assumendo che il flusso kv(t,s) sia quello che definisce la deformazione del corpo
misurata dall’osservatore O , la derivata di Lie fornisce invece l’espressione della
derivata convettiva o derivata di Oldroyd [10]:
T : = Lvt Tt = (F TF)˙ = Ṫ + L T + T L .
T T
3. ELASTICITA’ LINEARIZZATA
La trattazione che sarà sviluppata nel seguito di questo capitolo concerne la teoria
del comportamento elastico dei materiali sotto l’ipotesi di piccoli spostamenti e piccole
deformazioni misurati da una configurazione di riferimento.
Si assume cioè che sia ammissibile approssimare la deformazione puntuale trascu-
rando i termini non lineari nel campo di spostamento e valutare lo stato tensionale nella
configurazione di riferimento, imponendo la condizione di equilibrio senza tener conto
del cambiamento di configurazione. Per ulteriori considerazioni sull’ipotesi di piccoli
spostamenti e piccole deformazioni si veda la sezione II.1 (p. 49).
L’osservazione che in una struttura elastica esiste una legge di propozionalità tra
forza applicata e spostamento duale è dovuta a Robert Hooke 3 che la formulò nel
1676 sotto forma di un anagramma CEIIINOSSSTTVV del quale poi svelò il significato:
Un materiale elastico è privo di memoria, nel senso che la sua risposta deformativa
puntuale non tiene in alcun conto la storia passata dello stato tensionale puntuale.
Si assume inoltre che allo stato tensionale nullo corrisponda una deformazione
elastica nulla
C(0, x) = 0 x∈Ω.
Tale proprietà si esprime in termini analitici richiedendo che il grafico del legame
elastico sia strettamente monotono (crescente).
Formalmente la proprietà di stabilità si enuncia come segue.
Se si considerano due qualsiasi coppie distinte {σ1 , e1 } e {σ2 , e2 } di stati ten-
sionali e deformativi legati dal legame elastico, il relativo lavoro incrementale
risulta positivo
(σ2 − σ1 ) : (e2 − e1 ) > 0 .
a Terni (Umbria) divenne studente del Politecnico di Torino dove si laureò nel 1873 con una dissertazione
dal titolo Intorno ai sistemi elastici che lo rese famoso. Dopo la laurea si impiegò alle Ferrovie Italiane
del Nord delle quali diresse l’Ufficio Tecnico sino alla prematura scomparsa. Il nome di Castigliano è
legato al suo principio che costituisce una estensione di quello formulato da Luigi Federico Menabrea
(1809-1896) e che fu causa di una lunga disputa tra i due.
14 3 – ELASTICITA’ LINEARIZZATA
σ
σ2
∆σ
σ1
Stabilità del
∆e legame elastico
e1 e2 e
Fig. 3.1
ed il risultato è dimostrato.
I – ELASTICITA’ 15
Una proprietà caratteristica dei materiali elastici è quella di non dar luogo a
fenomeni dissipativi il che equivale a richiedere che il legame elastico sia conservativo
e cioè che il lavoro compiuto dallo stato tensionale lungo un qualsiasi ciclo chiuso di
deformazione elastica sia nullo.
Si consideri quindi un circuito c ∈ Sym (V ; V) nello spazio dei tensori sim-
metrici del secondo ordine su V .
La proprietà di conservatività impone che
E(e) : de = 0 , ∀ c ∈ Sym (V ; V) .
c
Se si considerano due percorsi qualsiasi c1 (e1 , e2 ) e c2 (e1 , e2 ) che portano dallo
stato deformativo elastico
e1 ∈ Sym (V ; V)
allo stato deformativo elastico
e2 ∈ Sym (V ; V)
si ha che
e2
c1 (e1 ,e2 )
E(e) : de = E(e) : de .
c1 (e1 ,e2 ) c2 (e1 ,e2 )
c2 (e1 ,e2 )
e1
16 3 – ELASTICITA’ LINEARIZZATA
dove è sottintesa una sommatoria sugli indici uguali delle componenti cartesiane dei
tensori. Essendo l’integrale indipendente dal percorso, conviene integrare lungo un
segmento rettilineo di equazione parametrica
ê(ξ) = e + ξη ξ ∈ {0, 1} .
Si ottiene cosı̀ la formula semplice
1
ϕ(e) = E(ξe) : e dξ .
0
Simmetria
dE(e) e1 : e2 = dE(e) e2 : e1 , ∀ e1 , e2 ∈ Sym (V ; V) . della rigidezza
elastica tangente
Essendo
E(e) = grad ϕ(e) .
la necessità della condizione di Volterra è conseguenza diretta della proprietà di
simmetria della derivata seconda del potenziale ϕ(e)
d2 ϕ(e) e1 , e2 = d2 ϕ(e) e2 , e1 .
La dimostrazione della sufficienza è più delicata e per essa si rimanda alla letteratura
specialistica [18]. Ecco un’altra importante proprietà.
ϕ(e2 )
Stretta convessità
ϕ(e1 )
del
potenziale elastico
e1 e2
Sommando si ottiene
E(e2 ) − E(e1 ) : (e2 − e1 ) > 0 ,
che esprime la stretta monotonia del legame elastico.
1
Energia di
ϕ(e) = E(e) : de = E(ξe) : e dξ .
deformazione elastica
c(o,e) 0
I – ELASTICITA’ 19
d E(e) : e = 0 ,
ce
e quindi
= E(e) : de + C(σ) : dσ = 0 .
ce cσ
La conservatività del legame E(e) implica quindi quella del legame C(σ) e viceversa.
Il potenziale ψ : Sym (V ; V) → del legame inverso C(σ) prende il nome di
energia elastica complementare e la legge di cedevolezza elastica si scrive
σ 1
Energia elastica
ψ(σ) = C(σ) : dσ = C(ξσ) : σ dξ
complementare
o 0
20 3 – ELASTICITA’ LINEARIZZATA
e σ
ϕ(e) + ψ(σ) = E(e) : de + C(σ) : dσ =
o o
e E(e) e
7
Adrien-Marie Legendre (1752-1833). Nato a Parigi da famiglia ricca, studiò al Collège Mazarin
dove nel 1770, all’età di 18 anni difese la tesi di matematica e fisica. Dal 1775 to 1780, segnalato da
d’Alembert insegnò con Laplace all’Ecole Militaire. Nel 1782 il suo lavoro Recherches sur la trajectoire
des projectiles dans les milieux résistants vinse il premio dell’Accademia di Berlino di cui a quel tempo era
direttore Lagrange. Nel 1783, su segnalazione di Laplace fu eletto all’Académie des Sciences di Parigi.
Nel lavoro del 1784, Recherches sur la figure des planètes introdusse i polinomi di Legendre. Nel 1794
Legendre pubblicò gli Eléments de géométrie che costituirono il testo di base sull’argomento per circa un
secolo. Nel 1795 l’Académie des Sciences, chiusa durante la rivoluzione nel 1793, fu riaperta sotto il nome
di Institut National des Sciences et des Arts . Nel 1806 in un’appendice al libro sulla determinazione delle
orbite delle comete pubblicò il metodo dei minimi quadrati. Gauss lo pubblicò nel 1809 rivendicando la
priorità dell’idea. Un’analoga disputa avvenne circa la priorità nella scoperta della distribuzione asintotica
dei numeri primi e sulla legge della reciprocità quadratica. Nel 1824 Legendre si rifiutò di votare per il
candidato del governo nell’Institut National. Di conseguenza perse la pensione e morı̀ in povertà.
I – ELASTICITA’ 21
ψ(σ)
Energia di deformazione
elastica e complementare
ϕ(e) in elasticità non lineare
Fig. 3.3
Osservazione 3.1. E’ possibile definire legami elastici più generali di quello descritto in
precedenza consentendo che la relazione tra deformazione linearizzata e stato tensionale
sia multivoca e rilassando la richiesta di stretta monotonia crescente in quella molto
meno restrittiva di semplice monotonia crescente del grafico.
A tal fine, posto Sym = Sym (V ; V) , si osservi che ad una relazione
definite da
E(ε) : = σ ∈ Sym : {ε, σ} ∈ G(E) ,
E −1 (σ) : = ε ∈ Sym : {ε, σ} ∈ G(E) .
−1
I domini efficaci dom E e dom E sono definiti dalle condizioni
dom (E) : = ε ∈ Sym : E(ε)
= ∅ ,
dom (E −1 ) : = σ ∈ Sym : E −1 (σ)
= ∅ .
Si definisce
legame elastico generalizzato il grafico G(E) di una relazione tra Sym (V ; V) e
Sym (V ; V) che soddisfa le proprietà
La conservatività del legame G(E) richiede che sia nullo il lavoro associato al legame
E lungo ogni polilinea chiusa c contenuta in dom (E) ⊆ Sym :
E(e) : de = 0 ∀ c ⊆ dom (E) ,
c
σ ϕ
ε ε
Nel capitolo III sarà sviluppata in dettaglio la teoria che consente di modellare
comportamenti costitutivi non univoci ma governati da potenziali convessi.
Viene inoltre mostrato come la discussione dell’esistenza di una soluzione del
problema elastico generalizzato conduca naturalmente alla formulazione dei teoremi
dell’Analisi Limite e come il contesto formale dell’elasticità generalizzata consenta di
sviluppare una teoria sistematica del principi variazionali e di trattare in modo unitario
i problemi strutturali di plasticità, viscoplasticità e plasticità incrementale.
I – ELASTICITA’ 23
3.7. Synopsis
Le proprietà del legame elastico sono raccolte nel quadro riassuntivo che segue.
−1
e = C(σ) , σ = E(e) , E =C , invertibilità
Si considerino ora lo spazio lineare dei tensori del quarto ordine ed il sottospazio
lineare dei tensori del quarto ordine simmetrici che operano tra spazi di tensori sim-
metrici
Lin(V) : = Lin ( Lin (V ; V) ; Lin (V ; V)) ,
e = Cσ, σ = Ee
con
C ∈ Sym(V) , E ∈ Sym(V) ,
tensori simmetrici del quarto ordine.
24 3 – ELASTICITA’ LINEARIZZATA
Si osservi inoltre che, in virtù della linearità del legame, la derivata della rigidezza
elastica risulta costante
dE(e) = E ∀ e ∈ Sym (V ; V) ,
dC(σ) = C ∀ σ ∈ Sym (V ; V) ,
E e1 : e2 = E e2 : e1 , ∀ e1 , e2 ∈ Sym (V ; V) ,
Cσ1 : σ2 = Cσ2 : σ1 , ∀ σ1 , σ2 ∈ Sym (V ; V) .
Per un materiale elastico alla Green sussiste quindi un’ulteriore proprietà di simmetria
dei tensori elastici, detta simmetria maggiore
1 1
1
ϕ(e) = E(ξe) : e dξ = (E e : e) ξ dξ = E e : e .
2
0 0
1 1
1
ψ(σ) = C(ξσ) : σ dξ = (Cσ : σ) ξ dξ = Cσ : σ ,
2
0 0
ψ(σ)
Energia di deformazione
elastica e complementare
ϕ(e) in elasticità lineare
Lo spazio vettoriale Sym (V ; V) dei tensori simmetrici del secondo ordine, cui
appartengono gli stati di tensione e di deformazione, ha dimensione 6 .
Fissato un riferimento ortonormale {d1 , d2 , d3 } è possibile rappresentare i ten-
sori simmetrici come vettori numerici assumendo nello spazio Sym (V ; V) una base
ortonormale costituita dai 6 tensori simmetrici
di ⊗ di i = 1, 2, 3 ,
√
2 sym (di ⊗ dj ) , j > i
= k k = 1, 2, 3 .
In meccanica del continuo si preferisce adottare basi duali cui riferire rispettivamente
le componenti dello stato tensionale e le componenti della deformazione linearizzata,
secondo la notazione introdotta da Voigt (vedi Tomo I, sezione I.9.7 (p. 90) e sezione
III.3.3 (p. 333)). Si assuma infatti per gli stati tensionali la base di Sym (V ; V)
di ⊗ di i = 1, 2, 3 ,
2 sym (di ⊗ dj ) , j > i
= k , k = 1, 2, 3 ,
di ⊗ di , i = 1, 2, 3 ,
sym (di ⊗ dj ) , j > i
= k , k = 1, 2, 3 .
σR R n = R σ n , ∀ n ∈ S 2 (1) .
Risulta quindi
σR R = R σ ⇐⇒ σR = R σ RT .
Per ogni coppia di tensori A, B ∈ Lin (V ; V) si considerino ora i prodotti tensoriali
A ⊗ B ∈ Lin(V) ,
A × B ∈ Lin(V) ,
definiti da
(A ⊗ B) C = (B : C) A , ∀ C ∈ Lin (V ; V) ,
(A × B) C = A C BT , ∀ C ∈ Lin (V ; V) .
Il prodotto tensoriale × gode delle seguenti proprietà.
i) (A × B)T = AT × BT ,
iii) (A × B) (C × D) = (A × C) (B × D) ,
iv) (A × B) (C ⊗ D) = (A C BT ) ⊗ D ,
v) (A ⊗ B) (C × D) = A ⊗ (CT B D) ,
dove C, D ∈ Lin (V ; V) e nella seconda si è assunto che i tensori A, B ∈ Lin (V ; V)
siano invertibili.
Si noti che il trasposto di un tensore del quarto ordine A ∈ Lin(V) è definito da
(A C) : D = (AT D) : C , ∀ C, D ∈ Lin (V ; V) .
RT R = R RT = (R × R) (R × R)T = I × I = I ,
CR = R C R T , ∀R = R×R.
C : Sym (V ; V) → Sym (V ; V) ,
soddisfa la relazione
Elasticità
C(R σ R ) = R C(σ) R ,
T T isotropa
Inoltre, se R ∈ Orth (V ; V) è una isometria, allora una delle isometrie {R, −R} è
una rotazione (isometria propria).
La validità della condizione
C(R σ RT ) = R C(σ) RT ,
I – ELASTICITA’ 29
sotto l’azione del sottogruppo delle rotazioni Orth + (V ; V) comporta dunque la sua
validità sotto l’azione dell’intero gruppo delle isometrie Orth (V ; V) .
La biunivocità del legame elastico consente quindi di mostrare che l’isotropia della
rigidezza elastica implica quella della cedevolezza elastica e viceversa.
3
σ= σ i Pi ,
i=1
dove:
• {d1 , d2 , d3 } è una terna ortonormale di direzioni principali,
• Pi = di ⊗ di è il proiettore ortogonale sulla direzione principale di
• σi è la tensione principale relativa alla direzione di .
In virtù della linearità, la risposta elastica può essere ottenuta sovrapponendo le
risposte elastiche ai tre stati tensionali monoassiali principali.
Si consideri la risposta elastica del materiale ad uno stato tensionale monoassiale
σd con versore principale d cui compete la tensione principale σ
σd = σ d ⊗ d .
R ∈ Orth (V ; V) : R d = d .
Infatti si ha che
R σd RT = σ R (d ⊗ d) RT = σ (R d) ⊗ (R d) = σ d ⊗ d = σd .
I – ELASTICITA’ 31
Ne segue che l’asse d è principale per lo stato deformativo elastico ed e che tale è
anche ogni asse giacente nel piano ortogonale all’asse d .
Infatti la proprietà di invarianza di ed rispetto alle rotazioni attorno all’asse d :
R ed RT = ed ⇐⇒ R ed = ed R , ∀ R ∈ Orth (V ; V) : R d = d ,
implica che
R ed d = ed R d = ed d .
Dunque il vettore ed d appartiene al sottospazio lineare invariante per una qualsiasi
rotazione attorno all’asse d ed è pertanto proporzionale a d .
Ciò significa che d è principale per ed .
Sia quindi d⊥ un versore ortogonale a d e principale per ed . Se µ è il cor-
rispondente autovalore, si ha che
ed R d⊥ = R ed d⊥ = µ R d⊥ .
ed = C σd ⊗ d = ε d ⊗ d + εt (I − d ⊗ d) ,
con
• ε dilatazione principale in direzione d ,
• εt dilatazione principale trasversale, nel piano ortogonale a d .
Sovrapponendo gli effetti dei tre stati tensionali monoassiali principali si giunge
alla conclusione che ogni direzione principale dello stato tensionale risulta principale
anche per lo stato di deformazione elastica.
Si noti ora che se il legame elastico è isotropo anche il legame elastico inverso
risulta isotropo.
Si può quindi percorrere un iter analogo a quello sin qui seguito per dimostrare
che ogni direzione principale per lo stato di deformazione elastica risulta principale
anche per lo stato tensionale. Ne consegue che le direzioni principali dello stato
deformativo elastico e ∈ Sym (V ; V) coincidono con quelle dello stato tensionale
σ ∈ Sym (V ; V) .
Osservazione 4.1. Il risultato della proposizione 4.2 può essere esteso a legami elastici
isotropi non lineari. La dimostrazione di questa proprietà generale dei legami isotropi
tra tensori simmetrici è riportata nella sezione 4.3 (p. 39).
32 4 – SIMMETRIE MATERIALI ED ISOTROPIA
σd = σd ⊗ d ,
σ = E ε.
εt = −ν ε = −ν σ/E .
σd = σd ⊗ d ,
σ
ed = C σd ⊗ d = d ⊗ d − ν(I − d ⊗ d) .
E
8
Thomas Young (1773-1829). Naturalista e scienziato, formulò per primo la teoria ondulatoria della
luce. Il modulo che prende il suo nome fu in effetti introdotto per la prima volta da Leonhard Euler nel
1727. Young sviluppò un’idea simile nel 1807.
9
Siméon-Denis Poisson (1781-1840). Illustre fisico matematico, professore all’Ecole Polythec-
nique, pubblicò nel 1835 la Théorie mathématique de la chaleur.
I – ELASTICITA’ 33
σ
σ
d
Stato di tensione
l monoassiale
e deformazione elastica
(1 - ν ε) d
associata
(1 + ε) l
Fig. 4.1
1 ν ν
ε1 = + σ, ε2 = − σ, ε3 = − σ.
E E E
Il comportamento di un cilindro di materiale elastico isotropo soggetto ad uno stato
tensionale monoassiale è schematicamente rappresentato in fig.4.1.
Sovrapponendo le risposte deformative ai tre stati tensionali monoassiali principali,
si perviene all’espressione delle dilatazioni elastiche lungo una terna principale
1
1+ν ν
ε1 = σ1 − ν (σ2 + σ3 ) = σ1 − (σ + σ2 + σ3 ) ,
E E E 1
1
1+ν ν
ε2 = σ2 − ν (σ1 + σ3 ) = σ2 − (σ + σ2 + σ3 ) ,
E E E 1
1
1+ν ν
ε3 = σ − ν (σ1 + σ2 ) = σ3 − (σ + σ2 + σ3 ) .
E 3 E E 1
Le rappresentazioni spettrali dei tensori di tensione e di deformazione
3
3
e= ε i Pi , σ= σ i Pi ,
i=1 i=1
1+ν
3 ν 3
e= σ i Pi − σ I.
E i=1 E i=1 i
34 4 – SIMMETRIE MATERIALI ED ISOTROPIA
E Prima costante
G= ,
2(1 + ν) di Lamé
1 ν
e= σ − (tr σ) I .
2G E
I proiettori sui sottospazi sferici e deviatorici sph ∈ Sym(V) e dev ∈ Sym(V) sono
definiti da
1
sph = I ⊗ I ,
3
1
dev = I − I ⊗ I,
3
dove I = I × I è l’identità in Lin(V) (vedi sezione 4 (p. 26)).
Si noti che, per definizione
1 1
sph σ = (tr σ) I , dev σ = σ − (tr σ) I .
3 3
Dalla relazione elastica
1
e= (1 + ν) σ − ν (tr σ) I ,
E
eguagliando gli invarianti lineari e notando che tr I = 3 , si deduce la relazione tra la
deformazione elastica volumetrica e la traccia dello stato tensionale
1 − 2ν
tr e = tr σ .
E
Introducendo il modulo volumetrico
E
k= ,
3 (1 − 2ν)
risulta tr σ = 3 k tr e ovvero sph σ = 3 k sph e e quindi
p(σ) = k sph e ,
νE Seconda costante
λ=
(1 + ν)(1 − 2ν) di Lamé
σ1 =(2 G + λ) ε1 + λ (ε2 + ε3 ) ,
σ2 =(2 G + λ) ε2 + λ (ε1 + ε3 ) ,
σ3 =(2 G + λ) ε3 + λ (ε1 + ε2 ) .
in quanto
1 1 1 ν
− =− .
3 3k 2G E
La prossima proposizione fornisce condizioni necessarie e sufficienti da imporre alle
costanti elastiche per assicurare che la forma quadratica dell’energia elastica risulti
definita positiva.
Proposizione 4.3. La stabilità del legame elastico equivale ad assumere che il modulo
volumetrico e il modulo di elasticità tangenziale risultino positivi.
Dim. Si decomponga la deformazione elastica nelle parti sferica e deviatorica:
1 1
Proposizione 4.4. La stabilità del legame elastico equivale ad assumere che il modulo
di Young sia positivo e che il rapporto di Poisson soddisfi le limitazioni
1
−1 < ν < .
2
Dim. Ricordando le espressioni di k e di G in funzione di E e di ν
E E
3k = , G= ,
1 − 2ν 2(1 + ν)
si deduce che la positività di k e di G equivale a richiedere che
1
E > 0 ; −1 < ν < ,
2
e cioè che il modulo di Young sia positivo e che il rapporto di Poisson sia maggiore
di −1 e minore di 1/2 .
I – ELASTICITA’ 37
Si consideri l’espressione dello scorrimento angolare γ tra due fibre lineari ortog-
onali di versori n e m :
γ = 2 (en) . m ,
τ = (σn) . m .
Tale relazione rivela il significato della prima costante di Lamé G che è pertanto detta
anche modulo di elasticità tangenziale.
La positività del modulo G comporta che per effetto di tensioni tangenziali la
deformazione di un corpo elastico isotropo sia del tipo illustrato in fig.4.2.
Scorrimento elastico
per effetto di tensioni tangenziali
Fig. 4.2
38 4 – SIMMETRIE MATERIALI ED ISOTROPIA
2G + 2λ −λ −λ
1
= −λ 2G + 2λ −λ .
6Gk
−λ −λ 2G + 2λ
I – ELASTICITA’ 39
2
2G + 2λ = (G + 3 k) ,
3
1
−λ = (2 G − 3 k) ,
3
1 3k + G 1 1 1
= + = E −1 ,
3 3kG 3 G 3k
1 2G − 3k 1 1 1
= − = −ν E −1 .
3 3k2G 3 3k 2G
Nella tabella che segue sono riportati i valori del modulo di Young e del rapporto di
Poisson per alcuni materiali elastici lineari isotropi di uso comune.
Materiale E (M P a) ν
Il legame elastico isotropo, dedotto nella sezione 4.2 (p. 30) nel caso lineare,
può essere ottenuto come caso particolare da un risultato generale concernente i ma-
teriali elastici isotropi non lineari. A tal fine è necessario estendere il risultato della
proposizione 4.2 (p. 31) mediante il seguente fondamentale teorema.
Una prima dimostrazione incompleta fu data da Richter in [9]. Una di-
mostrazione per n = 3 data da Rivlin e Ericksen in [13]. La dimostrazione
riportata nel seguito è presa da Truesdell e Noll [21] ed è simile a quella di Ser-
rin [16].
σd = σd,
Rd d = −d , Rd Πd d = Πd d .
C(R σ RT ) = R C(σ) RT ,
e d = Rd e RTd d = −Rd (e d) .
Poiché gli unici vettori che Rd trasforma negli opposti sono quelli proporzionali a d ,
si può concludere che
ed = εd,
con ε autovalore di e ∈ Sym (V ; V) associato all’autovettore d . Dunque ogni
autovettore di σ ∈ Sym (V ; V) è anche autovettore di e = C(σ) ∈ Sym (V ; V) .
L’invertibilità del legame elastico conduce infine all’enunciato.
I – ELASTICITA’ 41
11
Alexandre-Théophile Vandermonde (1735-1796). Musicista e genio matematico fu eletto
all’Académie des Sciences nel 1771 sulla base del suo primo lavoro di matematica dal titolo Mémoire sur
la résolution des équations. Vandermonde pubblicò solo altri tre lavori di matematica nel periodo 1771-
1772, Remarques sur des problèmes de situation (1771), Mémoire sur des irrationnelles de différens ordres
avec une application au cercle (1772), e Mémoire sur l’élimination (1772). Kronecker nel 1888 affermò
che lo studio dell’algebra moderna inizia col primo lavoro di Vandermonde e Cauchy sostenne che
Vandermonde prima di Lagrange ebbe le idee fondamentali che condussero alla teoria dei gruppi.
Vandermonde è poi considerato il fondatore della teoria dei determinanti, anche se il determinante che
porta il suo nome non compare nei suoi lavori. Nel 1778 Vandermonde presentò all’Académie un lavoro in
due parti sulla teoria della musica Système d’harmonie applicable à l’état actuel de la musique in cui sostenne
che la musica era un’arte e non parte della matematica. Nel 1777 Vandermonde pubblicò i risultati di
esperimenti sulle basse temperature condotti con Bezout e Lavoisier. Dieci anni dopo pubblicò due
lavori sulla manifattura dell’acciaio in collaborazione con Monge e Bertholet. Scopo della ricerca era
di migliorare l’acciaio per le baionette calibrando il contenuto di carbonio. Fu legato da profonda amicizia con
Monge, tanto da essere noto come la femme de Monge, e con lui condivise l’entusiasmo per la rivoluzione
che scoppiò il 14 luglio 1789.
42 4 – SIMMETRIE MATERIALI ED ISOTROPIA
E −1 −νE −1 −µE3−1 0 0 0
σ1 ε1
0 ε2
σ2 −νE −1 E −1 −µE3−1 0 0
−µE −1
σ3 −µE3−1 E3−1 0 0 0
3
ε
= 3
,
τ23 0 0 0 G−1 0 0 γ23
13
τ13 G−1 0 γ13
0 0 0 0 13
τ12 0 0 0 0 0 G−1 γ12
1
dove G = 2 E/(1 + ν) . Si hanno dunque 5 costanti elastiche indipendenti.
ε3 = σ − ν (σ1 + σ2 ) = 0 ,
E 3
e quindi
σ3 = ν (σ1 + σ2 ) .
I – ELASTICITA’ 45
σ1 = (2 G + λ) ε1 + λ (ε2 + ε3 ) = (1 − ν) ε1 + ν ε2 ,
ν
λ
σ2 = (2 G + λ) ε2 + λ (ε1 + ε3 ) = (1 − ν) ε2 + ν ε1 ,
ν
σ3 = (2 G + λ) ε3 + λ (ε1 + ε2 ) = λ (ε1 + ε2 ) .
Si noti che la terza relazione è conseguenza delle prime due e dell’espressione della σ3
precedentemente dedotta.
Denotando con σ2 e e2 i tensori bidimensionali che sono la restrizione dei tensori
tridimensionali σ e e al piano delle deformazioni, il legame elastico si può riscrivere
in modo formalmente analogho al caso tridimensionale:
1−ν −ν 0
1
[ C 2] = −ν 1−ν 0 .
2G
0 0 2
Gli stati piani di deformazione trovano applicazione nell’analisi elastica di solidi cilin-
drici di lunghezza notevole rispetto alle dimensioni della sezione trasversale.
Essi forniscono una modellazione sufficientemente accurata nelle zone non
prossime alle estremità.
46 4 – SIMMETRIE MATERIALI ED ISOTROPIA
Gli stati piani di tensione trovano applicazione nell’analisi elastica di lastre piane di
spessore piccolo rispetto alle dimensioni longitudinale e trasversale.
RIFERIMENTI
1. TEORIA LINEARIZZATA
Nella teoria linearizzata si asssume che, nel corso del processo evolutivo, le con-
figurazioni della struttura rimangano sufficientemente vicine ad una di riferimento.
Tale assunto va sotto il nome di ipotesi di piccoli spostamenti e trae motivazione
ed interesse applicativo dal fatto che i materiali di cui sono costituite le strutture hanno
usualmente rigidezza elastica molto elevata. Sotto le azioni di esercizio gli spostamenti
e le deformazioni della struttura sono in molti casi tanto piccoli da rendere significativa
una analisi geometricamente linearizzata in cui si confonde la geometria della struttura
deformata con quella della configurazione di riferimento.
Ciò consente di condurre l’analisi strutturale valutando la deformazione prodotta
da un campo di spostamenti mediante l’operatore di deformazione tangente che invece
a rigore definisce la corrispondenza lineare esistente tra un atto di moto e l’atto di
deformazione da esso generato.
Il campo cosı̀ ottenuto è quindi detto la deformazione corrispondente al campo di
spostamento, omettendo l’aggettivo tangente, e sono detti spostamenti rigidi i campi di
spostamento cui corrisponde una deformazione (tangente) nulla.
Questa terminologia, che è adottata in tutti i testi di meccanca delle strutture, può
però essere fonte di equivoci e talvolta di errori. Per tale motivo nel seguito il termine
rigido sarà scritto in italico quando è riferito a campi di spostamento per evidenziare il
fatto che tali campi hanno la proprietà di avere lo stesso andamento di un cinematismo
rigido ma in generale danno luogo a deformazioni.
Nella teoria linearizzata si trattano dunque gli spostamenti come se fossero atti di
moto della configurazione a partire dalla quale si valutano gli spostamenti.
L’adozione di una teoria geometricamente linearizzata richiede sempre una attenta
verifica della sua ammissibilità. Infatti in alcune importanti situazioni la particolare
geometria della struttura e la condizione di carico sono tali da rendere una siffatta
semplificazione del tutto insufficiente per l’analisi della risposta strutturale.
Ciònondimeno la teoria linearizzata costituisce un formidabile strumento che con-
sente di pervenire a trattazioni e soluzioni concretamente applicabili ad una vastissima
classe di problemi strutturali che, se affrontati con una metodica esatta, risulterebbero
di ardua, se non inattaccabile, soluzione.
La principale difficoltà consiste nella impossibilità di valutare a priori la validità
dei risultati e pertanto di fornire dei criteri generali di accettabilità.
50 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
Lo studio dei fenomeni geometricamente non lineari che possono insorgere nelle
strutture anche in presenza di spostamenti molto piccoli fornisce un campanello di
allarme che induce gli strutturisti a prendere opportuni provvedimenti nell’analisi e
nella progettazione di alcune tipologie strutturali, quali ad esempio le travi rettilinee
soggette a carico assiale di compressione.
La teoria linearizzata delle strutture elastiche è illustrata sviluppando dapprima
l’approccio in termini di spostamenti. Sono cosı̀ formulati i problemi elastostatico ed
elastodinamico e per entrambi è discussa l’unicità della soluzione.
Segue poi l’illustrazione del teorema di Clapeyron sulla valutazione
dell’energia di deformazione elastica e dei principi di reciprocità dovuti a Maxwell e
a Betti. Si dimostra infine un teorema di decomposizione che fornisce le condizioni
di unicità ed esistenza della soluzione dei problemi di elastostatica.
Successivamente è descritto l’approccio alle tensioni che conduce alle equazioni
di congruenza elastica di Beltrami-Donati-Michell.
Sono infine dimostrati i due principi di estremo della energia potenziale e della
energia complementare.
Nel capitolo VI sarà fornito un quadro più completo delle formulazioni variazionali
del problema dell’equilibrio elastico cui si fa ricorso nelle metodologie computazionali.
Nel capitolo III è sviluppata poi una trattazione più generale che estende a com-
portamenti costitutivi governati da potenziali convessi le formulazioni variazionali del
problema dell’equilibrio elastico e consente di discutere i fondamenti dell’analisi limite
e dei modelli di comportamento di strutture in campo elastico-visco-plastico.
2. EQUILIBRIO ELASTICO
Si consideri una struttura elastica che occupi una configurazione Ω dello spazio
ambiente e sia soggetta a vincoli al contorno lisci, perfetti e bilaterali (vedi Tomo I
sezione II.4 (p. 194)).
• Gli spostamenti ammissibili appartengono dunque ad una varietà affine
La = w + L ,
Fa = + R
σ = Ee e = Cσ,
Nel seguito sono descritte le due classiche formulazioni del problema dell’equilibrio
elastico in termini di spostamenti e di tensioni.
La formulazione più naturale delle leggi che governano l’equilibrio elastico con-
siste nell’assumere quale incognita un campo di spostamenti ammissibili ed imporre
che lo stato di sforzo associato alla deformazione elastica sia in equilibrio con il sistema
di forze agenti sulla struttura.
L’operatore di rigidezza elastica E ∈ L(H ; H) è simmetrico e definito positivo:
(( E e1 , e2 )) = (( E e2 , e1 )) , ∀ e1 , e2 ∈ H ,
(( E e , e )) > 0 , ∀ e ∈ H \ {o} .
52 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
fδ , v : = (( E δ , Bv )) , ∀v ∈ V ,
a (u, v) = 0 , u ∈ L, ∀v ∈ L.
a (u, u) = (( E Bu , Bu )) ⇒ Bu = o ⇐⇒ u ∈ Ker B ∩ L ,
e dunque il risultato.
13
Gustav Robert Kirchhoff (1824-1887). Allievo di Friedrich Gauss a Göttingen e di
Franz Neumann a Königsberg e poi professore di fisica a Breslau (1850-54) e ad Heidelberg (1854-74)
dove insegnavano anche Robert Wilhelm Bunsen (1811-1899) e Hermann Ludwig Ferdinand
von Helmholtz (1821-1894). Nel 1854 enunciò le leggi sui circuiti elettrici che estendono e genera-
lizzano quelle di Georg Simon Ohm (1789-1854). Il suo studio sulla radiazione del corpo nero è stato
fondamentale per lo sviluppo della teoria dei quanti. Basandosi sulla spettroscopia Kirchhoff spiegò per
primo la presenza delle bande nere (linee di Fraunhofer) nella radiazione solare inaugurando una nuova
era nell’astrofisica. Insieme a Bunsen scoprı̀ gli elementi cesium e rubidium. Dal 1875 ricoperse la cattedra
di fisica matematica a Berlino. Kirchhoff era disabile e passò gran parte della vita con le grucce e sulla
sedia a rotelle.
54 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
2.3. Elastodinamica
(( σ , Bv )) = − Mü , v , u ∈ L, ∀v ∈ L,
a(u, v) = − Mü , v , u ∈ L, ∀v ∈ L,
Dim. Si osservi che σ̇ = E (Bu̇ − δ̇) e quindi che la potenza del sistema di forze
equivalente alle distorsioni è data da
d 1
(( δ , E Bu̇ )) = (( δ , σ̇ )) + (( E δ , δ̇ )) = (( δ , σ̇ )) + (( E δ , δ )) .
dt 2
1 1
a(u, u) + Mu̇ , u̇ = 0 , ∀ t ∈ [ to , tf ] .
2 2
tf
1 1
(t) , u̇(t) dt = a(u, u) + Mu̇ , u̇ + Ed ,
2 2
to
a(u, v) = , v , u ∈ La , ∀v ∈ L,
1 1
a(u, u) = , u .
2 2
Osservazione 2.1. Si consideri una molla elastica scarica che simula una qualsiasi
struttura elastica indeformata e si poggi su di essa un peso, costituito ad esempio da
un bidone pieno d’acqua del peso di una tonnellata (104 Newton), lasciandolo libero
appena a contatto con la molla.
Sotto l’azione del carico la molla oscilla e finalmente raggiunge una posizione di
quiete con un abbassamento di due centimetri, come in fig.2.0. In virtù del teorema
di Clapeyron l’energia elastica immagazzinata nella molla è di 1 tcm . Poichè
l’energia potenziale del bidone è variata di 2 tcm ciò comporta che l’altra metà del
lavoro compiuto sia stata dissipata. Infatti il carico è applicato con legge a gradino e
dunque rimane costante a partire dall’istante di contatto.
Il lavoro della forza costante è dunque eguale al lavoro virtuale della forza per
lo spostamento duale e coincide con la variazione di energia potenziale del campo
gravitazionale che è pari a 2 tcm .
14
Benoit Paul Emile Clapeyron (1795-1870). Ingegnere formatosi all’École Polytechnique
e all’École de Mines insieme all’amico Gabriel Lamé. Dopo 12 anni passati in Russia con Lamé,
tornato a Parigi ideò e realizzò la costruzione della linea ferroviaria Parigi-St.Germain. Nel 1844 divenne
professore di fisica all’Ecole des Ponts et Chaussées. Nel 1848 fu eletto all’Accademia delle Scienze di
Parigi, partecipando a commissioni per la realizzazione del canale di Suez e per l’impego delle macchine
a vapore in marina. A Clapeyron [8] è dovuta la formulazione analitica delle idee sul calore pubblicate
nel 1824 da Sadi Nicolas Léonard Carnot (1796-1832), nell’opera Réflexions sur la puissance
motrice du feu et sur les machines propres à développer cette puissance, ma praticamente sconosciute fino
alla riformulazione di Clapeyron. Da lui prendono il nome il teorema sul lavoro di deformazione elastica
e l’equazione differenziale per la determinazione del calore di vaporizzazione di un liquido.
58 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
2 cm
1 ton 2 cm
1 ton
1 ton
1 , u2 = a(u1 , u2 ) = a(u2 , u1 ) = 2 , u1 .
60 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
1 , u2 = 2 , u1 ,
Si noti che la validità dei teoremi di Clapeyron e di Betti è basata sulla con-
servatività e linearità del legame elastico. Tali proprietà assicurano infatti la simmetria
della rigidezza elastica che è fondamentale per la loro validità.
Osservazione 2.3. Nelle applicazioni alle travature spesso la matrice di rigidezza
elastica è di tipo diagonale o addirittura si riduce ad un unico scalare. I teoremi di
Clapeyron e di Betti sono allora suscettibili di una dimostrazione diretta, basata
su un’applicazione del principio dei lavori virtuali.
Il teorema di Betti contiene come caso particolare il principio di reciprocità
formulato da Maxwell 16 nel 1870 [13] con riferimento alle travature reticolari.
Osservazione 2.4. Si vuole ora mostrare un esempio di applicazione del teorema di
Betti al tracciamento delle linee di influenza degli spostamenti delle strutture elastiche.
Si consideri la trave di fig.2.3 soggetta all’azione di una forza concentrata Fx
applicata ad una ascissa x . I vincoli nodali sono esplicitamente definiti indicando i
gradi di libertà nodali da essi consentiti.
ux( l )
Fx
Fig. 2.3
16
James Clerk Maxwell (1831-1879). Nato ad Edimburgo in Scozia frequentò la Edinburgh
Academy con Tait che fu suo amico per l’intera vita. A 16 anni, nel 1847 andò con Tait all’Università
di Edimburgo e nel 1850 entrò al Trinity college di Cambridge dove si laureò in Matematica nel 1854
distinguendosi per le sue eccezionali capacità. Uno dei contributi più importanti di Maxwell fu l’estensione
e la formulazione matematice delle leggi di Faraday. Il lavoro On Faraday’s lines of force fu letto alla
Cambridge Philosophical Society in due parti, nel 1855 e nel 1856. Nel 1856 Maxwell si trasferı̀ ad
Aberdeen dove divenne professore di Natural Philosophy al Marischal College. Nel 1857 il St John’s College
di Cambridge pose quale argomento dell’Adams Prize The Motion of Saturn’s Rings. Maxwell vinse il
premio con un saggio del quale Airy disse It is one of the most remarkable applications of mathematics to
physics that I have ever seen. Nel 1860 Maxwell ottenne la cattedra di Natural Philosophy al King’s College
di Londra. Due anni dopo mostrò che i campi elettromagnetici si propagano con la stessa velocità della luce
e ne dedusse che la luce fosse un fenomeno elettromagnetico. Nel 1865 lasciò il King’s College e tornò
in Scozia nella casa di famiglia a Glenlair dove si potette dedicare con tutte le energie all’attività di ricerca
ed alla redazione del celebre trattato Electricity and Magnetism pubblicato nel 1873. Nel 1866 formulò
la teoria cinetica dei gas (teoria di Maxwell-Boltzmann). Nel 1871 accettò a malincuore l’offerta di
tornare a Cambridge per diventare il primo Cavendish Professor of Physics al Trinity College. Progettò
l’Henry Cavendish laboratory che fu inaugurato il 16 June 1874. Maxwell è stato uno straordinario
fisico matematico che ha apportato contributi eccezionali alla teoria dell’elettromagnetismo, all’ottica, alla
teoria dell’elasticità ed alla teoria cinetica dei gas.
62 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
v*(x)
F*
Fig. 2.4
Nel caso in esame si applica una forza tagliante F∗ concentrata all’estremo libero
e si determina la linea elastica v∗ (x) della trave.
La forza concentrata F∗ campiona il valore della componente dell’abbassamento
ux () dell’estremo libero della trave in direzione della forza F∗ . Il teorema di Betti
stabilisce che
Fx v∗ (x) = F∗ ux () .
Bu = e + δ .
1
φ(Bu − δ) : = E (Bu − δ) , Bu − δ =
2
1 1 1
= σ , Bu − δ = f , u − σ , δ ,
2 2 2
II – STRUTTURE ELASTICHE 63
Si consideri una struttura elastica con vincoli lisci e bilaterali, soggetta a due
diverse azioni costituite da carichi, cedimenti imposti e distorsioni impresse.
Siano
1 ∈ FL , w1 ∈ V , δ1 ∈ H ,
2 ∈ FL , w2 ∈ V , δ2 ∈ H ,
le azioni sul primo e sul secondo schema strutturale. Si considerino quindi
• una coppia di sistemi di forze estensioni dei carichi 1 , 2 ∈ FL
f 1 ∈ F , f 2 ∈ F ,
f 1 , u2 + r (σ1 ) , w2 − σ1 , δ2 = f 2 , u1 + r (σ2 ) , w1 − σ2 , δ1 .
L’ente cinematico duale delle coppie concentrate è infatti la pendenza dello sposta-
mento virtuale e l’ente cinematico duale del momento flettente è la derivata della pen-
denza e cioè la curvatura linearizzata.
∆T
a)
S
h
b)
∆ϕ
MS
c) ∆ϕ= ∆v
d
∆v
Fig. 2.5
66 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
a (u, v) = eff , v , ∀v ∈ L,
dove u ∈ L e eff ∈ FL . Nel carico efficace eff ∈ FL sono incluse anche le forze
attive equivalenti ai cedimenti w e quelle equivalenti alle distorsioni impresse δ ,
definite rispettivamente da
w , v = −(( EBw , Bv )) , ∀ v ∈ L ,
δ , v = (( Eδ , Bv )) , ∀v ∈ L.
Nel seguito per semplificare la notazione il carico efficace sarà denotato con .
Poichè l’energia elastica a è definita positiva, il problema dell’equilibrio elastico
ammette un’unica soluzione per ogni dato eff ∈ FL .
Da un punto di vista generale, il metodo degli spostamenti consiste nel riformulare
il problema come due schemi da risolvere in cascata.
Nelle applicazioni alle strutture composte da travi (travature) il primo schema è
un problema continuo del quale si sa determinare la soluzione esatta, mentre il secondo
schema è discreto.
La stessa metodologia può essere applicata per la ricerca di una soluzione ap-
prossimata di problemi strutturali elastici. In questo caso lo schema continuo è risolto
in modo approssimato adottando una base finita di funzioni di forma per il campo di
spostamento.
II – STRUTTURE ELASTICHE 67
L = Lo ⊕ Ln ,
L = Lo + Ln , {o} = Lo ∩ Ln ,
⊥ ⊥ ⊥ ⊥
{o} = Lo ∩ Ln , FL = Lo + Ln .
o , v : = a (uo , v) , ∀v ∈ L,
n , v : = a (un , v) , ∀v ∈ L,
e siano Fo ed Fn i sottospazi rispettivamente costituiti da tali risposte.
68 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
⊥ ⊥
FL = Fo ⊕ Fn con Fo = Ln , Fn = Lo .
⊥ ⊥
Ne segue che vale l’inclusione Fo ⊂ Ln . D’altronde se si considera un carico ∈ Ln
esiste una (unica) deformata u ∈ L della struttura in equilibrio elastico con esso, cioè
tale che
a (u, v) = , v , ∀ v ∈ L .
⊥
In particolare, essendo per ipotesi ∈ Ln , si ha che
a (u, vn ) = , vn = 0 , ∀ vn ∈ Ln ⇐⇒ u ∈ Lo .
n = − o .
a (u, vn ) = , vn = n , vn , ∀ vn ∈ Ln .
II – STRUTTURE ELASTICHE 69
a (uo , v) = o , v = , v + ro , v ∀ v ∈ L ,
a (un , vn ) = − ro , vn ∀ vn ∈ Ln .
La procedura per la soluzione del problema dell’equilibrio elastico della struttura con-
siste in definitiva nei seguenti due passi successivi.
n
n
un = uj dj e vn = vi di
j=1 i=1
si ottiene che
n
n
a (un , vn ) = a (dj , di ) uj vi = Aij uj vi =
i,j=1 i,j=1
= [ A ] [ u n] . [ v n] , passo 2
n
n
n , vn = n , di vi = i vi = [ l ] · [ v n ] ,
i=1 i=1
La deformata elastica della struttura si ottiene quindi come somma della deformata
uo ∈ Lo dello schema continuo e della deformata un ∈ Ln dello schema discreto.
70 2 – EQUILIBRIO ELASTICO
Nelle applicazioni alle strutture composte da travi, dette travature, il metodo degli
spostamenti viene implementato mediante la seguente procedura.
Si individuano
• una famiglia di nodi suscettibili solo di spostamenti rigidi,
• un insieme di travi semplici ad asse rettilineo i cui estremi sono solidali a nodi
della famiglia.
I parametri nodali incogniti sono le componenti delle traslazioni e delle rotazioni dei
nodi non soggette a condizioni vincolari.
Si risolve quindi lo schema elastostatico a nodi fissi in cui i parametri nodali sono
assunti nulli e quindi si considerano le travi semplici incastrate agli estremi e soggette
ai carichi, alle distorsioni ed ai cedimenti su di esse agenti.
Nello schema a nodi fissi si determinano le reazioni esplicate dagli estremi delle
travi sui nodi cui afferiscono.
Si considera quindi la struttura soggetta ai cedimenti nodali assegnati, ai carichi
direttamente assegnati sui nodi ed alle reazioni trasmesse ai nodi dalle travi, nello
schema a nodi fissi.
In questo schema, detto a nodi spostabili le travi sono scariche ed incastrate ai
nodi ed i parametri incogniti sono le componenti delle traslazioni e delle rotazioni
dei nodi non soggette a condizioni vincolari. La eventuale presenza di vincoli di
collegamento delle estremità delle aste con i nodi può essere trattata attraverso una
tecnica di condensazione che consente di ricondurre il calcolo della deformata elastica
delle singole aste a quello di travi incastrate agli estremi (vedi la sezione V.2.8 (p. 216)).
L’applicazione del metodo al calcolo di un telaio incastrato alle basi è illustrata
schematicamente in fig. 2.6. Il portale è soggetto a carichi uniformi trasversali sulle
aste 1 e 2 e ad una coppia concentrata sul nodo 2 .
2 3
1 3
1 4
Il sottospazio lineare Lo è costituito dalle deformate delle travi semplici che sono
compatibili con l’essere i nodi fissi.
II – STRUTTURE ELASTICHE 71
Il sottospazio lineare Ln è costituito dalle deformate delle travi semplici per effetto
degli spostamenti dei nodi compatibili con i vincoli nodali.
Il sottospazio lineare Ln è generato dai polinomi di Hermite relativi alle singole
travi che sono le deformate delle travi incastrate agli estremi e soggette a spostamenti
e rotazioni unitari delle sezioni di estremità.
I polinomi cubici di Hermite costituiscono una base per le deformate elas-
tiche della trave doppiamente incastrata soggetta a cedimenti imposti agli estremi.
L’espressione analitica e la forma caratteristica dei polinomi di Hermite normalizzati
all’intervallo [ −1, 1 ] è mostrata in fig. 2.8.
-1 0 1 -1 0 1 -1 0 1 -1 0 1
Sulla base di un’analisi dettagliata che sarà illustrata nella sezione V.2 (p. 195),
l’autore ha implementato un codice di calcolo automatico delle travature piane con
condizioni di vincolo molto generali, facendo ricorso al codice Mathematica di
Stephen Wolfram che consente, tra l’altro, di manipolare in modo simbolico
stringhe ed espressioni algebriche e di fornire una rappresentazione grafica dei risultati.
Nelle figure seguenti si riporta, a titolo esemplificativo, la soluzione di alcune travature
elastiche piane.
Il primo esempio, riportato nelle figg. 2.9, 2.10 è una travatura costituita da un
montante ed un traverso.
Il secondo esempio, riportato nelle figg. 2.11, 2.12 è un telaio a due piani.
• Alla base, il nodo 1 è incastrato mentre il nodo 7 è incernierato con una molla
elastica rotazionale. Gli altri nodi sono liberi.
a (u, u) ≥ 0 , ∀u ∈ V ,
e risulta
Ker a = u ∈ V : a (u, u) = 0 = Ker A = Ker B .
Ee , e > 0 , ∀ e ∈ H \ {o} ,
a (u, u) = Au , u = (( EBu , Bu )) ≥ 0 ∀u ∈ V ,
a (u, v) = Au , v = 0 ∀ v ∈ V ⇐⇒ Au = o .
Proposizione 2.7. In una struttura con elasticità lineare soggetta a vincoli lisci e
bilaterali sia AL ∈ L(L ; FL ) l’operatore che ad ogni cinematismo conforme u ∈ L
associa la risposta elastica AL u ∈ FL definita dall’identità
AL u , v = a(u, v) , ∀v ∈ L.
Allora si ha che
Ker AL = Ker A ∩ L ,
dove
Ker AL = u ∈ L : Au ∈ R .
AL u = o ⇐⇒ Au ∈ R , u ∈ L ⇐⇒ Au , u = 0 , u ∈ L ⇐⇒ u ∈ Ker A∩L .
Dim. Si noti preliminarmente che dalle proposizioni 2.6 e 2.7 si deducono le relazioni
⊥
Ker AL = Ker A ∩ L = (AL) ∩ L ,
⊥
AL ∩ L = {o} .
La seconda enuncia che non esistono risposte elastiche a spostamenti conformi che
siano puramente reattive. Se il carico ∈ FL è in equilibrio sulla struttura e cioè se
⊥
∈ ( Ker BL )⊥ = ( Ker AL )⊥ = (L ∩ Ker A) ,
si ha che
∃ u ∈ L : Au = .
Definendo allora il sistema reattivo r ∈ R mediante l’identità
r , v = a (u, v) − , v ,
si conclude che
∈ AL + R .
Dunque
⊥
(L ∩ Ker A) ⊆ AL ⊕ R .
L’inclusione inversa è banale e ciò fornisce il risultato.
Nel continuo elastico di Cauchy, come mostrato nella sezione 2 (p. 50), l’operatore
di rigidezza elastica E ∈ L(H ; H) è definita localmente da un tensore simmetrico del
quarto ordine
E = 2GI + λI ⊗ I.
18
Gabriel Lamé (1795-1870). Ingegnere ferroviario e scienziato. Si laureò all’École Polytechnique
nel 1818 ed all’École de Mines nel 1820 insieme all’amico Emile Clapeyron. Subito dopo, su richiesta
di Alessandro I imperatore della Russia dal 1801 al 1825, fu inviato a San Pietroburgo con Clapeyron.
Lamé fu nominato professore e ingegnere all’Institut et Corps du Genie des Voies de Communication di
San Pietroburgo. Lamé restò in Russia per 12 anni e durante questo periodo progettò importanti strutture
tra cui un ponte sospeso in San Pietroburgo e pubblicò molti lavori, alcuni dei quali con Clapeyron.
Nel 1832 tornò a Parigi e Lamé divenne professore di fisica all’École Polytechnique. Nel 1836 partecipò
alla costruzione della linea ferroviaria Parigi-St.Germain. Divenne membro dell’Accademia Francese delle
Scienze nel 1843 e professore di fisica matematica alla Sorbona dal 1850. Nel 1852 pubblicò le Leçons sur la
Théorie Mathématique de l’Élasticité des Corpes Solides primo libro sulla teoria dell’elasticità. Due costanti
elastiche prendono il nome da Lamé. Gauss lo considerò il maggior matematico francese del suo tempo.
II – STRUTTURE ELASTICHE 79
si ottengono le relazioni
(λ + 2 G) ∆ div u = − div b ,
G ∆ rot u = − rot b .
rot ∆ u = − rot b .
Vale dunque l’implicazione
div b = 0 , rot b = o ⇒ ∆ ∆ u = o ,
in quanto l’identità
div grad u = grad div u − rot rot u ,
assicura che un campo con rotore e divergenza nulli è armonico.
3. CONGRUENZA ELASTICA
(( σ , Bv )) = f + r , v , ∀v ∈ V ,
dove w è il campo di cedimenti impressi.
Definendo la varietà lineare delle tensioni in equilibrio con il carico ∈ FL e con
le reazioni vincolari
S : = σ ∈ H : (( σ , Bv )) = , v , ∀ v ∈ L .
Le strutture semplici, secondo la definizione posta nella sezione IV.14.5 (p. 496)
del Tomo I, sono quelle caratterizzate dal fatto che entrambi i sottospazi lineari, V rig
dei cinematismi rigidi conformi e S auto delle autotensioni, hanno dimensione finita.
La dimensione di V rig è il grado di labilità l della travatura. La dimensione di S auto
è il grado di iperstaticità n della travatura.
Le strutture composte da travi sono strutture semplici.
Si assuma che il carico agente sulla struttura sia in equilibrio e che esista pertanto
un campo di sforzi σ ∈ S in equilibrio con il carico.
Sia quindi {τi ; i = 1, . . . , n} una base di S auto e si denoti con
[ λ ] = {λi ; i = 1, . . . , n} ,
il vettore numerico delle componenti delle autotensioni in tale base.
Posto allora
Aij = (( τi , Cτj )) , pi = Nτi , ∂w − (( τi , Cσ + δ )) ,
il problema dell’equilibrio elastico si scrive in forma algebrica
[A][λ] = [p] ,
ed il campo di sforzi in soluzione è dato da
n
σo = λi τi + σ .
i=1
E’ questo il metodo delle forze. Il metodo fornisce un potente strumento di calcolo delle
travature elastiche ed è anche alla base del metodo degli spostamenti, introdotto nella
sezione 2.8 (p. 66).
Nella sezione V.2 (p. 195) sarà illustrata una procedura di calcolo automatico
delle travature elastiche piane in cui si fa ricorso ad entrambi i metodi.
Proposizione 3.1. Sia ε ∈ Sym (V) un campo di tensori simmetrici del secondo
ordine con ε ∈ C2 (Ω) . Allora ε ∈ Sym (V) soddisfa la condizione differenziale di
congruenza se e solo se
Dim. Posto
A(ε) = ∆ ε + ∇∇(tr ε) − 2 sym ∇ div ε ,
sussiste l’identità
rot [ rot ε]T = [tr A(ε)] I − A(ε) ,
con
tr A(ε) = 2 [ ∆ (tr ε) − div div ε] .
T
Dunque se rot [ rot ε] = O si ha che
tr rot [ rot ε]T = tr [tr A(ε)] I − A(ε) = 2 tr A(ε) = 0 ,
e dunque
A(ε) = [tr A(ε)] I = O .
Viceversa se A(ε) = O si ha che rot [ rot ε]T = [tr A(ε)] I − A(ε) = O .
Se l’elasticità è omogenea ed isotropa, il tensore di cedevolezza elastica è dato da
(vedi sezione I.4.2 (p. 30))
1 ν 1 ν
C= I− I⊗I= I− I⊗I ,
2G E 2G 1+ν
e quindi risulta
ν
2 G A(Cσ) = A(σ) − A((tr σ) I) .
1+ν
Ora si ha che
A((tr σ) I) = ( ∆ σ) I + ∇∇(tr σ) ,
ed essendo div σ + b = o , risulta
A(σ) = ∆ σ + ∇∇(tr σ) + 2 sym ∇b ,
da cui
1−ν
∆ tr (σ) = − div b .
1+ν
In definitiva l’equazione differenziale di congruenza si scrive
ν ν
∆σ + ∇∇(tr σ) + 2 sym ∇b + ( div b) I = O .
1+ν 1−ν
Questa forma generale è dovuta a Donati [18] (1894) ed a Michell [19] (1900).
Se il campo di forze di massa è nullo l’equazione differenziale di congruenza
assume la forma semplice
ν
∆σ + ∇∇(tr σ) = O ,
1+ν
4. PRINCIPI DI ESTREMO
Il primo principio di estremo è noto come principo della minima energia poten-
ziale ed è associato alla soluzione del problema dell’equilibrio elastico in termini di
spostamenti.
Sia uo ∈ La la deformata elastica della struttura soggetta ai carichi ∈ FL ed
alle distorsioni δ ∈ H . In termini variazionali la condizione di equilibrio elastico si
scrive
Auo , v = , v + Eδ , Bv , ∀v ∈ L,
ovvero
E(Buo − δ) , Bv − , v = 0 ∀ v ∈ L .
In virtù della simmetria della rigidezza elastica E ∈ L(H ; H) , il primo membro risulta
essere la derivata direzionale del funzionale quadratico completo:
1
P(u) : = E(Bu − δ) , Bu − δ − , u u ∈ La ,
2
1 1
E(Bu − δ) , Bu − δ = Ee , e u ∈ La ,
2 2
• Il funzionale
− , u
ha la struttura formale della energia potenziale del carico ∈ FL , se considerato
come sistema di forze posizionale (e cioè dipendente solo dalla configurazione) e
costante.
Il secondo principio di estremo è noto come principo della minima energia com-
plementare ed è associato alla soluzione del problema dell’equilibrio elastico in termini
di tensioni.
La condizione di congruenza per il campo di deformazione totale εo ∈ H della
struttura si scrive nella forma variazionale
τ , εo − Bw = 0 , ∀ τ ∈ S auto ,
in cui
S auto = {σ ∈ S | B σ ∈ R} ,
−1
è il sottospazio delle tensioni autoequilibrate. Denotando con C = E ∈ L(H ; H)
l’operatore cedevolezza elastica, si può esprimere la deformazione totale εo ∈ H in
termini di tensioni e di distorsioni impresse
εo = eo + δ = Cσo + δ ,
τ , Cσo + δ − Bw = 0 , σo ∈ S , ∀ τ ∈ S auto .
In virtù della simmetria della cedevolezza elastica C , il primo membro risulta essere
la derivata direzionale del funzionale quadratico completo
1
PC (σ) = σ , Cσ + σ , δ − σ , Bw , σ ∈ S ,
2
nel punto σo ∈ S e secondo l’incremento τ ∈ S auto .
Il funzionale PC (σ) prende il nome di energia potenziale complementare in
quanto il funzionale quadratico
1
σ , Cσ , σ ∈ S ,
2
rappresenta l’energia elastica complementare nella struttura, in presenza del campo di
tensioni σ ∈ S .
Osserviamo che per σ ∈ S si ha B σ − ∈ R .
86 5 – ONDE ELASTICHE
Ponendo quindi r(σ) = B σ − il funzionale PC (σ) , a meno del termine
costante − , w si può riscrivere
1
PC (σ) = σ , Cσ + σ , δ − r(σ) , ∂w ,
2
in cui l’ultimo termine rappresenta il lavoro virtuale delle reazioni vincolari, in equilibrio
con lo stato tensionale σ , per i relativi cedimenti.
La definizione positiva di C assicura che la forma quadratica σ , Cσ è definita
positiva e che quindi il funzionale PC (σ) è strettamente convesso.
L’annullarsi della derivata direzionale di PC (σ) nel punto σo e lungo ogni vari-
azione τ ∈ S auto significa che il campo di tensioni σo ∈ S è un punto di stazionarietà
per PC (σ) nella varietà S .
La stretta convessità di PC (σ) assicura infine che tale punto di stazionarietà in
S è il punto di minimo assoluto in S .
Il campo di tensioni in equilibrio elastico σo ∈ S può quindi essere caratterizzato
come punto di minimo assoluto del funzionale PC (σ) in S :
La condizione di minimo della E.P.C. permette quindi di individuare tra tutti i campi
di tensione equilibrati quello cui si associa una deformazione elastica che, sommata alle
distorsioni impresse, risulta congruente.
Osservazione 4.2. Come si mostrerà nel capitolo VI, i funzionali che compaiono
nel principio della minima energia potenziale e nel principio della minima energia
complementare non sono tra loro complementari.
Per trasformare un problema elastico, posto in termini di spostamenti, in uno
complementare, posto in termini di sforzi, vanno infatti seguite precise regole di com-
plementarietà che sono esplicitate e discusse in dettaglio nel capitolo VI.
5. ONDE ELASTICHE
G λ+G b ..
a) ∆u + grad div u + = u ,
ρ ρ ρ
che, essendo
E λ+G 1
λ+G= , = ,
2 (1 + ν) (1 − 2 ν) G 1 − 2ν
1 1 ρ ..
a) ∆u + grad div u + b = u .
1 − 2ν G G
λ + 2G G b ..
b) grad div u − rot rot u + = u ,
ρ ρ ρ
ovvero
λ + 2G λ+G b ..
c) ∆u + rot rot u + = u ,
ρ ρ ρ
Definendo le costanti
λ + 2G G
cl = , ct = ,
ρ ρ
b ..
b) c2l grad div u − c2t rot rot u + = u,
ρ
.. ..
l u = c2l ∆ u − u , t u = c2t ∆ u − u ,
b
a) t u + (c2l − c2t ) grad div u + = o,
ρ
88 5 – ONDE ELASTICHE
rot u = o ⇒ l u = o,
div u = o ⇒ t u = o.
i) l div u = o ,
ii) t rot u = o .
Dunque
• la divergenza div u del campo di spostamento soddisfa l’equazione delle onde
con velocità irrotazionale cl ,
• il rotore rot u del campo di spostamento soddisfa l’equazione delle onde con
velocità isocora ct .
Applicando quindi l’operatore l all’equazione a) con b = o , si ottiene che
..
l (c2l ∆ u − u) + 2
l cl grad div u = o .
2
l cl grad div u = c2l grad ( l div u) = o ,
b ..
b) c2l grad div u − c2t rot rot u + = u,
ρ
si ottiene l’equazione
Dall’identità differenziale
ovvero
grad ( lφ − α) + rot ( tψ − β) = o .
L’equazione del moto è quindi soddisfatta se sono sono soddisfatte le equazioni
lφ = α,
tψ = β,
rispettivamente dette equazione scalare del moto e equazione vettoriale del moto.
A Somigliana 20 è dovuta la dimostrazione che, viceversa, se u è soluzione
dell’equazione del moto allora i potenziali scalare e vettore definiti dalle i) e ii)
soddisfano le equazioni scalare e vettoriale del moto [17], [29].
20
Carlo Somigliana (1860-1955). Iniziò gli studi universitari a Pavia dove fu allievo di E. Bel-
trami. Passò poi alla Scuola Normale di Pisa dove ebbe per maestri Betti e Dini e come condiscepolo
e amico V. Volterra. Laureatosi nel 1881, nel 1887 iniziò l’insegnamento come assistente di Analisi
Matematica all’Università di Pavia e nel 1892 fu nominato professore di Fisica Matematica. Nel 1903 passò a
Torino, ove rimase sino al collocamento a riposo nel 1935. Somigliana fu un fisico-matematico del tipo più
classico, e di lui si può ripetere quel che egli stesso scrisse a proposito di V. Volterra: è un classico puro,
rimasto fedele alla scuola di Betti e di Beltrami nella quale era cresciuto. La sua Fisica Matematica, pur
tanto ricca di originalità, è affine a quella di Helmholtz, di Lord Kelvin, di Kirchhoff.
90 5 – ONDE ELASTICHE
Dal teorema di Helmholtz segue che il campo di spostamenti può essere univoca-
mente decomposto come somma di due aliquote, una solenoidale e l’altra irrotazionale:
..
b) c2l grad div u − c2t rot rot u + b = u ,
si scrive
b) l ul + bl + t ut + bt = o .
Operando prima con la divergenza e poi con il rotore l’equazione del moto fornisce le
condizioni
div ( l ul + bl ) = 0 ,
rot ( t ut + bt ) = o .
l ul + bl = o ,
t ut + bt = o .
Le onde soluzioni della prima equazione sono le onde volumetriche, quelle soluzioni
della seconda equazione sono le onde di taglio.
Osservazione 5.1. In sismologia le onde che si propagano con velocità cl sono dette
onde primarie (onde P), quelle con velocità ct sono dette onde secondarie (onde S).
II – STRUTTURE ELASTICHE 91
G λ+G b ..
a) ∆u + grad div u + = u .
ρ ρ ρ
ϕ(r, t) = m . r − c t ,
= cos ϕ(r, t) ch .
ed il gradiente del campo è quindi
Si ha dunque che
div u = (m . a) cos ϕ(r, t) ,
ü = − c2 a sin ϕ(r, t) .
92 5 – ONDE ELASTICHE
l’equazione del moto impone che il vettore a ampiezza dell’onda sia una direzione
principale per il tensore acustico:
A(m) a = c2 a .
Si osservi che
• il tensore simmetrico m ⊗ m è il proiettore ortogonale nella direzione del versore
m che individua la direzione di propagazione,
• il tensore simmetrico I−m⊗m è il proiettore ortogonale sul piano perpendicolare
alla direzione di propagazione.
Dall’espressione del tensore acustico, si deduce che esistono due autospazi:
• l’autospazio monodimensionale generato dalla direzione di propagazione m a cui
corrisponde l’autovalore c2l ,
• l’autospazio bidimensionale ortogonale alla direzione di propagazione a cui cor-
risponde l’autovalore c2t .
Si può dunque concludere che
Onde superficiali.
Nella vicinanza della superficie di un corpo si possono propagare onde elastiche
che non penetrano all’interno, smorzandosi secondo una legge esponenziale con la
distanza dalla superficie. Le onde superficiali sono anche dette onde di Rayleigh 21
(vedi ad es. [26]).
21
John William Strutt Lord Rayleigh (1842-1919). On waves propagated along the plane
RIFERIMENTI
surface of an elastic solid, 1885. Rayleigh è stato uno dei maggiori fisici matematici di ogni tempo. A lui
è dovuta la teoria della diffrazione della luce che ha spiegato correttamente perchè il cielo appare azzurro, la
scoperta nel 1895 del primo gas inerte, l’argon, che gli valse il Premio Nobel nel 1904, importanti contributi
nella teoria delle onde e le prime idee sulla teoria dei solitoni. Il suo famoso lavoro The Theory of Sound fu
scritto durante un viaggio in Egitto nel 1877-78. Dal 1879 to 1884 Rayleigh fu il secondo Cavendish
professor of experimental physics a Cambridge, succedendo a Maxwell.
94 RIFERIMENTI
18. L. Donati, Ulteriori osservazioni intorno al Teorema del Menabrea, Mem. Ac-
cad. Sci. Bologna, (5) 4, 449-474 (1894).
19. J.H. Michell, On the direct determination of stress in an elastic solid, with
applications to the theory of plates, Proc. Lond. Math. Soc. Bologna, 31, 100-
124 (1900).
20. O. D. Kellogg, Foundation of Potential Theory, Springer, Berlin (1929).
21. S. Banach, Théorie des Opérations Linéaires, Monografje Matematyczne, War-
saw (1932). Reprinted by Chelsea, New York (1955)
22. A. E. H. Love, A Treatise on the mathematical theory of elasticity, Dover, New
York, (1949).
23. I. S. Sokolnikoff, Mathematical Theory of Elasticity, Mc-GRAW-HILL,
(1956).
24. C. Truesdell, R. Toupin, The Classical Field Theories, Encyclopædia of
Physics, vol. III/1, 226-793 Springer-Verlag, Berlin (1960).
25. J. Mandel, Cours de Mécanique des Milieux Continus, Gauthier-Villars, Paris
(1966).
26. L. Landau, E. Lifchitz, Théorie de l’Élasticité, Edition Mir, Moscou (1967).
27. Vainberg, Potential Operators, (1968).
28. B.D. Colemann, W. Noll, Material symmetry and thermostatic inequalities
in finite elastic deformations, Arch. Rational Mech. anal., 15 87-111,(1964).
29. M.E. Gurtin, The Linear Theory of Elasticity, Encyclopædia of Physics, vol.
VIa/2, , 1-290 Springer-Verlag, New York (1972).
30. G. Romano et al., A potential theory for monotone multi-valued operators,
Quat. Appl. Math. Anal., Vol 1.1, 4, 613-631, (1993).
31. G. Romano, Theory of structural models, Part I, Elements of Linear Analysis,
Università di Napoli Federico II, (2001).
32. G. Romano, Theory of structural models, Part II, Structural models, Università
di Napoli Federico II, (2001).
33. G. Romano, Scienza delle Costruzioni, Tomo Zero, Hevelius, Benevento (2001).
34. G. Romano, Scienza delle Costruzioni, Tomo I, Hevelius, Benevento (2001).
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA
1. LEGAMI MULTIVOCI
(( σ1 , σ2 )) = σ1 . σ2 dv , ∀ σ1 , σ2 ∈ S .
Ω
96 1 – LEGAMI MULTIVOCI
Dal punto di vista topologico ed algebrico i due spazi possono dunque essere identificati
con uno spazio pivot
H = D = S = L2 (Ω)6 .
E’ però opportuno adoperare notazioni distinte per gli spazi di Hilbert D e S
per evidenziare il diverso significato meccanico dei campi ad essi afferenti e pertanto
adoperare per il prodotto scalare tra elementi di D e di S il simbolo che denota in
generale il prodotto di dualità, ponendo
σ , ε = σ . ε dv .
Ω
G(E) ⊆ D × S .
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 97
E : D → S , E −1 : S → D ,
definite da
E(ε) : = σ ∈ S : {ε, σ} ∈ G(E) ,
E −1 (σ) : = ε ∈ D : {ε, σ} ∈ G(E) .
−1
I domini efficaci dom E e dom E sono definiti dalle condizioni
dom E : = ε ∈ D : E(ε)
= ∅ ,
dom E −1 : = σ ∈ S : E −1 (σ)
= ∅ .
σ2 − σ1 , ε2 − ε1 ≥ 0 .
98 1 – LEGAMI MULTIVOCI
Il lemma di Zorn assicura allora che l’insieme Gmono contiene almeno un elemento
massimale.
(1 − t)ε1 + t ε2 ⊂ dom E , t ∈ [ 0, 1 ] ,
esiste l’integrale:
ε2 1
E(ε) , dε : = E((1 − t)ε1 + t ε2 ) , ε2 − ε1 dt .
ε1 0
Si noti che nella valutazione dell’integrale risulta ininfluente la scelta di una particolare
determinazione del legame multivoco.
Infatti il legame multivoco f : ∪ {+ ∞} → ∪ {+ ∞} definito da
La proprietà di conservatività del legame E richiede che sia nullo il lavoro associa-
to al legame E lungo una qualsiasi polilinea chiusa Π̊ε contenuta in dom E ⊆ D .
Deve quindi risultare
E(ε) , dε = 0 , ∀ Π̊ε ∈ D .
Π̊ε
ε2
ε1
Π̊ε ⊂ dom E
εn-1
ε0 εn
Fig. 1.2
$n−1 % $n−1 %
sup σi , εi+1 − εi = E(ε) , dε = inf σi+1 , εi+1 − εi ,
i=0 i=0
Πε
dove le si riferiscono ad arbitrari raffinamenti di Πε e la scelta di σi ∈ E(εi )
è inessenziale.
100 1 – LEGAMI MULTIVOCI
Fig. 1.3
n−1
n−1
σi , εi+1 − εi ≤ 0 , σi+1 , εi+1 − εi ≥ 0 .
i=0 i=0
n−1
n−1
σi , εi+1 − εi =− σi+1 − σi , εi+1 ,
i=0 i=0
n−1
n−1
σi+1 , εi+1 − εi = − σi+1 − σi , εi .
i=0 i=0
Ne consegue che la monotonia ciclica del legame E implica quella del legame inverso
−1
E e cioe che per ogni n-upla di vettori {σi } con i = 0, . . . , n ed σn = σ0 , sussistono
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 101
le diseguaglianze:
n−1
n−1
σi+1 − σi , εi ≤ 0; σi+1 − σi , εi+1 ≥ 0 ,
i=0 i=0
−1
dove εi ∈ E (σi ). Si può quindi attribuire la proprietà di monotonia ciclica al grafico
G(E) .
Dim. Il risultato segue dalle proposizioni 1.1 e 1.2. Si può quindi attribuire la proprietà
di conservatività al grafico G(E) .
Osservazione 1.3. Ovviamente anche per l’integrale lungo una qualsiasi polilinea
−1
Πσ ∈ dom E sussiste la formula fondamentale:
$n−1 % $n−1 %
−1
sup σi+1 − σi , εi = E (σ) , dσ = inf σi+1 − σi , εi+1
i=0 i=0
Πσ
−1
dove le si riferiscono ad arbitrari raffinamenti di Πσ e la scelta di εi ∈ E (σi ) è
inessenziale.
E : D → S , E −1 : S → D ,
sono mappe multivoche associate ad una relazione con grafico G(E) ⊆ D × S , che
godono delle seguenti proprietà:
−1
iii) dom E e dom E sono insiemi convessi.
102 2 – POTENZIALI CONVESSI
In termini meccanici la monotonia del legame significa che la rigidezza tangente del
materiale è sempre non negativa ed anche eventualente infinitamente positiva. In tal
senso il materiale ha quindi un comportamento non instabile.
2. POTENZIALI CONVESSI
Per studiare le proprietà dei potenziali complementari si fissi un insieme finito di punti
{εi , σi } ∈ G(E) ⊆ D × S i = 0, . . . , n + 1 ,
ε2 σ σ0
ε1 σn
Π̊ε ⊂ dom E Πσ ⊂ dom E −1 σ1
εn-1
σn-1 σ2
ε0 εn
Fig. 2.1
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 103
ε
ϕ(ε) − ϕ(εo ) = E(η) , dη ,
εo
Potenziali
σ complementari
−1
ψ(σ) − ψ(σo ) = E (τ ) , dτ .
σo
Si noti che, accettando che lo spazio dei valori dei potenziali sia il campo esteso dei
numeri reali ∪ {+ ∞} si ha che
• il potenziale ϕ risulta definito su tutto lo spazio D ,
• il potenziale ψ risulta definito su tutto lo spazio S .
Per ottenere le espressioni dei potenziali in forma chiusa l’integrazione può essere
convenientemente effettuata lungo segmenti rettilinei che uniscono il punto iniziale e
quello terminale:
1
ϕ(ε) − ϕ(εo ) = E[εo + t(ε − εo )] , ε − εo dt ,
0
1
−1
ψ(σ) − ψ(σo ) = E [σo + t(σ − σo )] , σ − σo dt .
0
L’analisi delle proprietà dei potenziali ϕ e ψ si conduce facendo ricorso alle formule
fondamentali scritte in precedenza.
104 2 – POTENZIALI CONVESSI
$n−1 %
ϕ(ε) − ϕ(εo ) = sup σi , εi+1 − εi + σn , ε − εn
i=0
$n−1 %
= inf σi+1 , εi+1 − εi + σ , ε − εn
i=0
$n−1 %
ψ(σ) − ψ(σo ) = sup σi+1 − σi , εi + σ − σn , εn
i=0
$n−1 %
= inf σi+1 − σi , εi+1 + σ − σn , ε
i=0
−1 −1
con σ ∈ dom (E ) e ε∈E (σ) .
dove le si riferiscono ad arbitrari raffinamenti di Πε e di Πσ .
L’epigrafo di un funzionale ϕ : D → ∪ {+ ∞} è l’insieme dei punti dello
spazio prodotto D × delimitato inferiormente dal grafico del funzionale:
epi ϕ : = {ε, α} ∈ D × | α ≥ ϕ(ε) .
Un funzionale convesso ϕ : D → ∪ {+ ∞} è caratterizzato dall’avere un
epigrafo convesso.
Un funzionale sublineare p : D → ∪ {+ ∞} è caratterizzato dalle proprietà
i) p(α ε) = α p(ε) , ∀α ≥ 0, ∀ε ∈ D, positiva omogeneità,
p(o) = 0 ,
p(ε) ≥ 0 , ∀ε ∈ D.
= ψ(σo ) − ψ(σ) + σ , ε − σo , εo .
ϕ(ε) − ϕ(εg ) ≥ σg , ε − εg , ∀ε ∈ D,
ψ(σ) − ψ(σg )≥ σ − σg , εg , ∀σ ∈ S ,
σg ∈ ∂ϕ(εg ) , εg ∈ ∂ψ(σg ) .
Ciò significa che, spostandosi dal grafico in direzione di uno qualsiasi degli assi, il
valore del trinomio I(ε, σ) aumenta.
Se infatti {ε, σ}
∈ dom (E) ∩ dom (E −1 ) si ha che I(ε, σ) = + ∞ .
Daltronde per ogni {εg , σ} ∈ dom (E) ∩ dom (E −1 ) esiste almeno un σg ∈
dom (E −1 ) tale che {εg , σg } ∈ G(E) e quindi I(εg , σ) ≥ I(εg , σg ) .
Il grafico G(E) è dunque l’insieme minimale per il trinomio I(ε, σ) .
I potenziali complementari sono definiti dal grafico G(E) a meno di due arbitrarie
costanti additive di integrazione.
La proprietà di invarianza del trinomio fondamentale sul grafico G(E) , stabilita
nella proposizione 2.3, consente di dare la seguente definizione.
I potenziali convessi ϕ e ψ sono detti potenziali coniugati se le costanti di inte-
grazione sono fissate in modo da rendere nullo il valore del trinomio I(ε, σ) sul
grafico G(E) .
Dalle proposizioni 2.3 e 2.4 si deduce che sussistono le
108 2 – POTENZIALI CONVESSI
relazioni di Fenchel
Al di fuori dei domini dom (E) e dom (E −1 ) i potenziali ϕ(ε) e ψ(σ) assumono
per definizione il valore + ∞ .
Pertanto se i domini dom (E) e dom (E −1 ) non sono chiusi non è detto che i
potenziali ϕ(ε) e ψ(σ) siano inferiormente semicontinui.
E’ comunque possibile effettuare una operazione di regolarizzazione dei potenziali
modificandone il valore in punti della frontiera del dominio.
Tale modifica consiste nel sostituire, ove possibile, a + ∞ il più piccolo valore
finito compatibile con la proprietà di convessità.
In altri termini la regolarizzazione si effettua identificando i potenziali, nei punti di
frontiera del loro dominio, con i funzionali convessi inferiormente semicontinui di cui
essi sono la restrizione. I potenziali ϕ e ψ sono infatti le restrizioni rispettivamente a
dom (E) e dom (E −1 ) dei funzionali inferiormente semicontinui definiti dai secondi
membri delle formule notevoli.
L’espressione dei potenziali regolarizzati si ottiene lasciando l’argomento libero
di variare in tutto lo spazio e sostituendo l’operazione di massimo con quella di estremo
superiore.
All’interno dei domini le due espressioni coincidono mentre altrove si produce
eventualmente l’effetto di regolarizzazione (chiusura degli epigrafi):
L’operatore di coniugio si denota con una stella ∗ . Dunque per definizione si ha che:
∗ ∗
ψ (ε) = ϕ(ε) , ϕ (σ) = ψ(σ) .
La nozione di coniugio tra funzioni convesse (o dualità tra funzioni convesse), trae
origine
• dalla trasformazione di Legendre (vedi sezione I.3.6 (p. 18)) e
• dal coniugio secondo Young 22
[3] tra funzioni convesse monotone definite in
∪ {+ ∞} .
La nozione di coniugio tra funzioni convesse è stata poi introdotta nel 1939 da
• Mandelbrojt 23 [4] per X = ,
• quindi nel 1949 da Fenchel [5] per X = n ,
• ed infine nel 1964 da Brøndsted [9] per spazi di dimensione infinita.
Un funzionale f : X → {− ∞} ∪ ∪ {+ ∞} a valori nel campo reale esteso
è un funzionale proprio se non attinge mai il valore − ∞ e non è identicamente
pari a + ∞ .
22
William Henry Young (1863-1942) Nato a Londra, studiò matematica a Cambridge dove si
dedicò poi alla preparazione degli studenti. Nel 1896 sposò Grace Emily Chisholm che era stata
sua studentessa a Cambridge prima di prendere il dottorato a Göttingen sotto la guida di Klein. Insieme
decisero di dedicarsi alla ricerca formando una famosa coppia di matematici. Si stabilirono prima a Göttingen,
passando però l’anno 1898 in Italia, e quindi nel 1908 si trasferirono in Svizzera, a Ginevra e poi dal 1915
a Losanna. Dal 1913 al 1919 Young fu professore di matematica all’Università di Liverpool e dal 1913 al
1917 anche Hardinge professor all’Università di Calcutta. Dal 1919 al 1923 tenne la cattedra di matematica
all’University College del Galles ad Aberystwyth. I maggiori contributi di Young furono portati al calcolo di
funzioni di più variabili, cui dedicò nel 1910 il trattato The fundamental theorems of the differential calculus,
alla teoria delle serie di Fourier ed alla teoria dell’integrazione cui dette indipendentemente una impostazione
equivalente a quella formulata da Lebesgue due anni prima.
23
Szolem Mandelbrojt (1809-1896) Professore di meccanica e matematica al Collège de France
dal 1938 al 1972, succedendo a Jacques Salomon Hadamard (1865-1963). Fondò nel 1935
l’Association des Collaborateurs de Nicolas Bourbaki insieme a Henri Cartan, Claude Chevalley,
Jean Coulomb, Jean Delsarte, Jean Dieudonné, Charles Ehresmann, René de Pos-
sel, André Weil. Szolem Mandelbrojt è lo zio di Benoit Mandelbrot (1924-) famoso per
l’invenzione della geometria frattale.
110 2 – POTENZIALI CONVESSI
Proposizione 2.5. Proprietà involutiva del coniugio. Sia X uno spazio di Hilbert,
∗
f : X → ∪ {+ ∞} un funzionale proprio ed f : X → ∪ {+ ∞} il funzionale
coniugato definito da
∗ ∗ ∗
f (x ) = sup { x , x − f (x) | x ∈ X } .
La proprietà involutiva
∗∗
f =f,
sussiste se e solo se il funzionale f : X → ∪ {+ ∞} è convesso e chiuso.
I potenziali complementari ψ e ϕ si dicono regolari se sussiste l’eguaglianza:
∗ ∗
ψ (ε) = ϕ(ε) = ϕ(ε); ϕ (σ) = ψ(σ) = ψ(σ) .
∗ ∗
G(E) = G(∂ϕ) = G(∂ψ) = G(∂ϕ ) = G(∂ψ ) .
∗ ∗
I funzionali convessi ϕ e ψ sono dunque sottodifferenziabili solo nei punti in cui
coincidono rispettivamente con i potenziali ψ e ϕ .
La eventuale differenza tra i potenziali e le loro chiusure è esemplificata nelle
figure 2.2 e 2.3.
G(E)
( )
dom E ε
Fig. 2.2
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 111
+∞ +∞ +∞ ∗ +∞
ϕ(ε) ψ (ε)
+∞ +∞
( ) [ ]
ε ∗ ε
dom E = dom ϕ(ε) dom ψ (ε)
Fig. 2.3
Nel seguito si assumerà che i grafici delle relazioni di vincolo siano regolari.
Si noti anche che ogni proprietà concernente un funzionale convesso si traduce in
modo ovvio in una proprietà concernente il funzionale concavo che è il suo opposto.
Ad un grafico monotono non crescente e conservativo corrisponde un potenziale
concavo. Ad un sottodifferenziale di un funzionale convesso corrisponde un sopradif-
ferenziale del funzionale concavo che è il suo opposto.
Osservazione 2.3. Una importante applicazione del teorema di Fenchel-Moreau
enunciato nella proposizione 2.5, consiste nel mostrare che i funzionali indicatore e di
supporto di un convesso chiuso sono tra loro coniugati.
Il funzionale indicatore di un convesso K ⊆ X è definito da
0, x ∈ K,
K (x) =
+ ∞ , x
∈ K .
Tale espressione non è suscettibile di una valutazione per via diretta, ma il teorema di
Fenchel-Moreau assicura che, se il convesso K è chiuso, risulta
∗∗
K (x) = K (x) ,
in quanto l’indicatore di un convesso chiuso K ⊆ X è un funzionale convesso, proprio
ed inferiormente semicontinuo.
112 2 – POTENZIALI CONVESSI
∗ ∗ ∗
f (x) + f (x ) ≤ x , x ⇐⇒
∗ ∗ ∗
f (x) + f (x ) = x , x
∗ 1 2 1 2
f (y) = sup {( y , x ) − x } = y .
x∈X 2 2
n
n
( fi )(x) : = inf fi (xi ) | xi = x ,
xi ∈X i=1 i=1
∗ ∗
n
∗ ∗
n
∗ ∗
n
∗ ∗
( fi )(x ) = min
∗
fi (yi ) | yi = x = fi (xi ) ,
y ∈X i=1 i=1 i=1
i
con
n
∗ ∗ ∗
xi = x , xi ∈ ∂fi (x) , i = 1, . . . , n ,
i=1
∗
dove x ∈ X è coniugato a x ∈ X rispetto alla funzione fi :
∗ ∗ ∗
fi (x) + ( fi ) (x ) = ( x , x ) .
e delle diseguaglianze
∗ ∗ ∗
fi (x) + fi (xi ) ≥ ( xi , x ) , i = 1, . . . , n ,
∗ ∗ ∗
che implicano le eguaglianze fi (x) + fi (xi ) = ( xi , x ) per i = 1, . . . , n .
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 115
Dalla proposizione 2.7 si deduce che sussiste la seguente formula per il sottodif-
ferenziale di una inf-convoluzione esatta:
∗ ∗ ∗ ∗
x ∈ ∂( fi )(x ) ⇐⇒ x ∈ ∩ ∂fi (xi ) ,
dove
n
∗ ∗ ∗
xi = x , xi ∈ ∂fi (x) , i = 1, . . . , n .
i=1
ε = εo ⇒ E(ε) ∩ E(εo ) = ∅ ,
ovvero
σ ∈ E(ε) ∩ E(εo ) ⇒ ε = εo .
Si ha inoltre che
σ ∈ ∂ϕ(ε) ∪ ∂ϕ(εo ) ⇒ ε = εo ,
In analisi convessa viene seguito un percorso inverso a quello esposto nelle sezoni
precedenti considerando un funzionale convesso ϕ : D → ∪ {+ ∞} ed analizzan-
done la differenziabilità globale o locale.
Si consideri un funzionale ϕ : D → ∪ {+ ∞} con un dominio efficace non
vuoto.
La derivata unidirezionale di ϕ : D → ∪ {+ ∞} nel punto ε ∈ D è definita
dal limite
1
p(h) : = d+ ϕ(ε ; h) , ∀h ∈ D.
p = p.
3. CALCOLO SUBDIFFERENZIALE
∂f (λ x) = λ ∂f (x) , λ ≥ 0,
In Analisi Convessa [13], [15], [19], [20], si dimostra che, sotto opportune condizioni,
le inclusioni nelle ultime due relazioni diventano eguaglianze. Precisamente sussistono
i seguenti risultati.
Sussistono inoltre i seguenti risultati dovuti all’autore [40] che forniscono con-
dizioni locali necessarie e sufficienti per la validità della sottodifferenziazione a catena
a meno di un’operazione di chiusura.
Tali risultati consentono di ottenere condizioni sufficienti che hanno un’ambito
di applicabilità maggiore di quello della proposizione 3.3 e, come si mostrerà, sono
indispensabili per gli sviluppi futuri [40].
q(x) = p(L(x)) , ∀x ∈ X ,
dove
q(h) : = d+ (g ◦ A)(x, h) ,
p(h) : = d+ g(A(x), h) ,
L : = dA(x) ,
Allora si ha che
(p ◦ L)(x) = p(Lx) , ∀x ∈ X ,
dove
q(h) : = d+ (g ◦ A)(x, h) ,
p(h) : = d+ g(A(x), h) ,
L : = dA(x) ,
Ax = xn : = {xi = x | i = 1, . . . , n} .
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 121
∗ ∗
n
∗
n
∗
A {xi } , x = {xi } , Ax = xi , x = xi , x .
i=1 i=1
∗
n
∗
A {xi } : = xi .
i=1
n
n
∂ fi (x) = ∂fi (x) ,
i=1 i=1
dove
pi (h) : = d+ fi (x ; h) ,
n
n
pi = p i , i = 1, . . . , n ⇒ pi = pi ,
i=1 i=1
ϕx : Dx → ∪ {+ ∞} ,
ψx : Sx → ∪ {+ ∞} ,
σx ∈ ∂ϕx (εx ) ,
εx ∈ ∂ψx (σx ) ,
ϕ : D → ∪ {+ ∞} , ψ : S → ∪ {+ ∞} .
σ σ
ε ε
Fig. 4.1
Formulando l’ulteriore ipotesi di legame elastico lineare (vedi fig. 4.1 b) si ha che
dE(ε) = E .
σ f
ε u
Fig. 4.2
Si considerino
i potenziali convessi coniugati
∗
ϕ : D → ∪ {+ ∞} ϕ : S → ∪ {+ ∞} ,
Si definiscano inoltre
• il dominio convesso degli spostamenti congruenti con deformazioni ammissibili
Ca = {u ∈ V | Bu ∈ Da } ,
Σa = {σ ∈ S | B σ ∈ Fa } .
o equivalentemente
Sa ∩ Σa =
∅
Ua ∩ Ca
= ∅ .
impone che esista almeno una forza esterna ammissibile ed in equilibrio con una
forza interna ammissibile.
• La condizione di compatibilità cinematica
B Ua ∩ Da = ∅ ,
impone che esista almeno una deformazione ammissibile e congruente con uno
spostamento ammissibile.
128 4 – STRUTTURE CON ELASTICITA’ GENERALIZZATA
Sa ∩ Σa = ∅ ,
impone che esista almeno una forza interna ammissibile ed in equilibrio con una
forza esterna ammissibile.
• La condizione di compatibilità cinematica nella forma
Ua ∩ Ca = ∅ ,
impone che esista almeno uno spostamento ammissibile cui corrisponda una de-
formazione ammissibile.
Se esiste una soluzione è evidente che le condizioni di compatibilità devono essere
soddisfatte.
Per dimostrare che viceversa le condizioni di compatibilità sono anche sufficienti
ad assicurare l’esistenza di una soluzione, si formuli il problema in termini di una sola
variabile di stato, ad esempio lo spostamento u ∈ V .
Sostituendo la condizione di compatibilità elastica
σ ∈ ∂ϕ(Bu) ,
o in quella equivalente
o ∈ ∂(ϕ ◦ B − γ)(u) , u ∈ Ua ∩ Ca .
f (x), se x ∈ C ,
fr (x) =
+ ∞, altrimenti.
+∞ +∞
La figura mostra come la
fr f proprietà
Im ∂f ⊆ Im ∂fr ,
Fig. 4.3
Bσ =f, σ ∈ ∂ϕ(ε) ,
∗
B u = ε, u ∈ ∂γ (f ) ,
Sa ∩ Σa = ∅ compatibilità statica ,
Ua ∩ Ca
= ∅ compatibilità cinematica .
130 4 – STRUTTURE CON ELASTICITA’ GENERALIZZATA
o ∈ ∂(ϕ ◦ B − γ)(u) .
∂γ(Ua ) ⊆ ∂γ (Ua ∩ Ca ) ,
e la condizione di compatibilità statica impone che
B ∂ϕ(Da ) ∩ ∂γ (Ua )
= ∅ .
o equivalentemente che
o ∈ ∂(ϕ ◦ B − γ)(Ua ∩ Ca ) ,
e la dimostrazione è conclusa.
Un analogo procedimento può instaurarsi formulando il problema in termini di
tensioni.
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 131
lim φ(x) = + ∞ , x ∈ K.
x →∞
5. ANALISI LIMITE
bnd C frontiera di C
relbnd C frontiera relativa di C
int C interno di C
relint C interno relativo di C
WC = {z ∈ X : z = x − y | x, y ∈ C} .
Si ha che
bnd C = {x ∈ X : NC (x)
= o} ,
⊥
relbnd C = {x ∈ X : NC (x)
= WC } .
Nel seguito si farà riferimento al seguente risultato.
A − B = {z ∈ X : z = x − y | x ∈ A, y ∈ B} .
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 133
z∗o ∈ WA−B
⊥
⇐⇒ z∗o , z = 0 ∀ z ∈ WA−B
z∗o , yA − xA = z∗o , yB − xB ∀ yA , xA ∈ A ∀ yB , xB ∈ B.
Le proprietà dei punti, dei punti di frontiera e dei punti di frontiera relativa di un insieme
convesso chiuso sono l’argomento della prossima proposizione.
xo ∈ C ⇐⇒ sup x∗ , x ≥ x∗ , xo ∀ x∗ ∈ N C .
x∈C
che equivale ad imporre che il cono delle normali a C in xo non degeneri nel cono
nullo.
• I punti della frontiera relativa di C sono a loro volta caratterizzati dalla più forte
proprietà:
⊥
xo ∈ relbnd C ⇐⇒ NC (xo )
= WC
⊥
⇐⇒ ∃ x∗o
∈ WC : x∗o ∈ NC (xo )
⇐⇒ ∃ x∗o ∈
⊥
WC : sup x∗o , x = x∗o , xo .
x∈C
⊥
Poiché in ogni punto x di C si ha NC (x) ⊇ WC la prima condizione equivale a
richiedere che l’inclusione sia stretta; in altri termini che il cono normale a C in xo
non degeneri nel sottospazio ortogonale a WC .
134 5 – ANALISI LIMITE
xo ∈ C ⇐⇒ C (x)o = 0 ,
dove NC− (x(t)) è il cono convesso tangente a C nel punto x(t) e cioè il cono polare
negativo del cono normale a C in x(t) .
All’insieme delle soluzioni dell’inclusione differenziale appartengono tutti e soli
i processi evolutivi in C con valore iniziale in xo ∈ C .
Se x(t) ∈ int C , si ha NC (x(t)) = {o} e dunque NC− (x(t)) = X ; la velocità di
evoluzione ẋ è quindi arbitraria.
Se invece x(t) ∈ bnd C, il cono normale NC (x(t)) è non degenere e quindi
NC− (x(t)) ⊂ X strettamente, per cui la condizione di inclusione è non banale.
Inoltre se x(t) ∈ bnd C ma x(t)
∈ relbnd C , il cono normale NC (x(t)) è in
effetti un sottospazio non degenere e precisamente il complemento ortogonale di WC :
⊥
x(t) ∈
/ relbnd C ⇐⇒ NC (x(t)) = WC ,
∗ ∗
Si noti che per x
∈ NK risulta sup y∈K x , y = + ∞ .
Per tale motivo nella condizione variazionale sono significativi solo i vettori di prova
appartenenti al cono NK .
Si osservi poi che per ogni coppia di convessi A ⊂ X e B ⊂ X si ha l’equivalenza:
o ∈ A − B ⇐⇒ o ∈ B − A ⇐⇒ A ∩ B = ∅ .
Osservando che
∗ ∗ ∗
sup x , a − b = sup x , a + sup x , −b =
a∈A,b∈B a∈A b∈B
∗ ∗
= sup x , a − inf x , b ,
a∈A b∈B
che equivale a
∗ ∗ ∗
inf x , a ≤ sup x , b , ∀ x ∈ −NA ∩ NB .
a∈A b∈B
136 5 – ANALISI LIMITE
si deduce che essa equivale alla quarta proprietà che esprime l’esistenza di un iperpiano
di separazione tra A e B passante per il punto zo ∈ X ed avente per normale il vettore
z∗o ∈ X dello spazio duale.
i) o ∈ relbnd (A − B)
⊥
ii) NA−B (o)
= WA−B
iii) ∃ z∗o
∈ WA−B
⊥
: z∗o ∈ NA (zo ) ∩ −NB (zo ) ∀ zo ∈ A ∩ B
∗ ∗ ∗
sup zo , x = inf zo , y = zo , zo
y∈B
iv) ∃ z∗o
∈ WA−B
⊥
: x∈A
∀ zo ∈ A ∩ B
relbnd A ∩ bnd B
v) ∅
= A ∩ B = relbnd B ∩ bnd A
relbnd A ∩ relbnd B
vi) A ∩ B
= ∅ , relint A ∩ relint B = ∅ .
si deduce che essa equivale alla quarta proprietà che l’esprime l’esistenza di un iperpiano
di separazione propria di A da B e cioè un iperpiano di separazione non contenente
entrambi gli insiemi. Da ciò seguono anche le ultime due proprietà.
138 5 – ANALISI LIMITE
In virtù del lemma 5.1 (p. 133) la seconda proprietà è equivalente ad assumere che
A seconda che siano soddisfatte la prima, la seconda o entrambe tali condizioni, gli
insiemi A e B verificano, rispettivamente, le proprietà i) , ii) o iii) .
B(t) = Bo + e(t) ,
descritta da una funzione vettoriale e(t) avente per dominio un intervallo di tempo
[0, tf ] , quasi ovunque derivabile e con valore iniziale e(0) = o , cosı̀ che B(0) = Bo .
Si vuole studiare il problema dell’evoluzione della intersezione A ∩ B(t) in un
processo di traslazione di Bo , assumendo che essa sia non vuota per t = 0 :
A ∩ Bo = ∅ ⇐⇒ o ∈ A − Bo .
A ∩ B(t) = ∅ , ∀ t ∈ [0, tf ] ,
o ∈ A − B(t) ∀ t ∈ [0, tf ] ,
ovvero
e(t) ∈ A − Bo ∀t ∈ [0, tf ] .
Ci si è cosı̀ ricondotti allo studio di un processo evolutivo e(t) in C = A − Bo . La
condizione cercata è quindi fornita dall’inclusione differenziale
−
ė ∈ NA−B (e(t)), e(0) = o .
o
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 139
Analogamente si ha che
⊥
εo = Buo ∈ NS (σo ) , εo
∈ ( Lin Sa ) .
a
⊥
uo
∈ ( Lin B Sa ) , collasso interno
⊥
uo
∈ ( Lin Fa ) , collasso esterno
⊥ ⊥
uo
∈ ( Lin B Sa ) ∩ ( Lin Fa ) , collasso simultaneo
σ − σo , εo ≤0 ∀σ ∈ Sa ,
σ − σo , εo ≥0 ∀σ ∈ Σa .
e cioè:
sup σ , εo = σo , εo = inf σ , εo ,
σ∈Sa σ∈Σa
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 141
ovvero:
εo ∈ NS (σo ) ∩ −NΣ (σo ) .
a a
NΣ (σo ) = ∂ Σ (σo ) ,
a a
Sa B Sa
σo fo
Σa
Fa
εo uo
O O
Si consideri il caso in cui il convesso dei sistemi di forze ammissibili sia definito
come somma di un carico variabile con legge affine = o + λd e di un convesso
fisso di reazioni vincolari Ra :
Fa = o + λd + Ra .
∀ − v ∈ NR , Bv ∈ NS ,
a a
ovvero
λ d , v ≤ sup σ , Bv − o , v − inf r, v ,
σ∈Sa r∈Ra
∀ − v ∈ NR , Bv ∈ NS .
a a
NΛ = {v ∈ V | − v ∈ NR , Bv ∈ NS } ,
a a a
0 ≤ D(v) , ∀ v ∈ NΛ , d , v = 0 ,
a
λ ≤ D(v) , ∀ v ∈ NΛ , d , v = 1 ,
a
λ ≥ −D(v) , ∀ v ∈ NΛ , d , v = −1 .
a
i ) La dissipazione virtuale deve essere non negativa per ogni cinematismo di prova
per cui il direttore del processo di carico d compie potenza virtuale nulla.
ii ) Il parametro di carico deve essere non maggiore della dissipazione virtuale cor-
rispondente ad ogni cinematismo di prova che fa compiere potenza virtuale unitaria
e positiva al direttore del processo di carico.
iii ) Il parametro di carico deve essere non minore dell’opposto della dissipazione
virtuale corrispondente ad ogni cinematismo di prova che fa compiere potenza
virtuale unitaria e negativa al direttore del processo di carico.
La prima condizione variazionale equivale ad imporre che
o ∈ Λa + Lin {d } ,
e cioè che
• il carico di riferimento o appartenga al cilindro di sezione Λa e generatrice d .
Se tale condizione è soddisfatta si definiscono i moltiplicatori di collasso
+
λ = inf {D(v) | v ∈ NΛ , d , v = 1} ,
a
−
λ = sup {−D(v) | v ∈ NΛ , d , v = −1} .
a
e determinerà una condizione statica limite quando attinge uno dei valori estremi.
La discussione è esemplificata in figura 5.3.
Λa + Lin {d }
Λa
+
λ
−
λ
o o + λd
d
O
Fig. 5.3
144 6 – FORMULAZIONI VARIAZIONALI
6. FORMULAZIONI VARIAZIONALI
e che
∗ ∗
ϕ(Bu) − γ(u) = −ϕ (σ) + γ (B σ) ,
se e solo se la coppia {u, σ} ∈ V ×S è soluzione del problema dell’equilibrio elastico.
E’ naturale quindi definire
• il funzionale convesso energia potenziale della struttura:
u = arg min F ,
σ = arg max G .
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 145
F(u) = G(σ) .
Questi classici principi di estremo sono due elementi di una famiglia di prin-
cipi di stazionarietà equivalenti al problema dell’equilibrio elastico (vedi sezione
6.2 (p. 149)).
Alla definizione dei funzionali energia potenziale ed energia complementare si può per-
venire anche partendo dalle formulazioni del problema elastico in termini di spostamenti
o di sforzi.
La formulazione in termini di spostamenti:
B ∂ϕ(Bu) ∩ ∂γ(u)
= ∅ ,
Si vuole ora mostrare come si specializzano le espressioni dei funzionali energia elastica
ed energia complementare nel caso di vincoli affini.
146 6 – FORMULAZIONI VARIAZIONALI
La = w + L ⊂ V .
γ(u) : = , u + L (u − w) ,
il cui coniugato è
∗
γ (f ) : = R (f − ) .
Si ha allora che
• il funzionale energia potenziale della struttura è dato da
F(u) : = ϕ(Bu) − , u − L (u − w) ,
e cioè
F(u) : = ϕ(Bu) − , u , u ∈ w + L,
e cioè
∗
G(σ) : = −ϕ (σ) , B σ ∈ + R.
1
φ(u) − φ(o) = K(c(t)) , c (t) dt ,
0
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 147
∗ ∗
Dualmente se c(0) = o ∈ dom φ e c(1) = f ∈ dom φ si ha che
1
∗ ∗
φ (f ) − φ (o) = K−1 (c(t)) , c (t) dt .
0
Si assuma ora che il punto {o, o} appartenga al grafico della relazione G(K) . Dalla
relazione di Fenchel
∗
f ∈ ∂φ(u) ⇒ φ(u) + φ (f ) = f , u ,
∗
si deduce che φ(o) + φ (o) = 0 . Fissando le costanti di integrazione in modo che
∗
risulti φ(o) = 0 si ha che anche φ (o) = 0 . Dalla diseguaglianza di Fenchel
∗
φ(u) + φ (f ) ≥ f , u , ∀u ∈ V , ∀f ∈ F ,
f = + r ∈ ∂φ(u) , r ∈ R, u ∈ w + L,
e quindi si ha che
∗
φ(u) + φ ( + r) = + r , u .
F(u) = φ(u) ≥ 0 .
{u,σ}
dū
ū
A , =
σ̄ dσ̄
{o,o}
{u,σ}
∗
= − ∂γ(ū) , dū + B σ̄ , dū + Bū , dσ̄ − ∂ϕ (σ̄) , dσ̄ ,
{o,o}
La forma speciale di tale funzionale relativa al caso di elasticità lineare è nota in lette-
ratura come
funzionale di Hellinger-Reissner.
Il funzionale R(u, σ) risulta convesso in u e concavo in σ .
La soluzione del problema dell’equilibrio elastico è pertanto un punto di sella del
funzionale R(u, σ) :
{u, σ} = arg min max R .
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 149
H =V ×S ×D×F,
H = F × D × S × V ,
∗
L(ε, σ, u, f ) = ϕ(ε) + γ (f ) + σ , Bu − σ , ε − f , u ,
{ε, σ, u, f }
{ε, σ, u} {σ, u, f }
L’albero
{ε, σ} {σ, u} {u, f } variazionale
∗
L(ε, σ, u, f ) = ϕ(ε) + γ (f ) + σ , Bu − ε − f , u ,
e che, facendo ricorso alla regola di derivazione a catena per le derivate unidirezionali,
la diseguaglianza variazionale d+ F(u; h) ≥ 0 , ∀ h ∈ V , diventa
b(u, h) ≥ dγ (u; h) , ∀h ∈ V .
f ∈ ∂γ(u) .
Si assuma ora che sulla struttura agisca un sistema di forze attive ∈ F e che i
sistemi reattivi siano dovuti alla presenza di un vincolo che impone agli spostamenti
ammissibili di appartenere ad un insieme convesso K ⊂ V . Ciò equivale ad assumere
che il legame vincolare tra forze e spostamenti sia definito dal funzionale concavo
γ(u) : = , u + K (u) .
Si ha allora che
f ∈ ∂γ(u) ⇐⇒ f = + r , −r ∈ NK (u) ,
dove NK (u) = ∂ K (u) è il cono delle normali uscenti da K nel punto u ∈ K .
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 153
+ r ∈ ∂φ(u) ,
ovvero
+ r , v − u ≤ d+ φ(u ; v − u) , ∀v ∈ V .
Assumendo che i vincoli siano lisci, perfetti e bilaterali, l’insieme degli spostamenti
ammissibili risulta essere una varietà affine K = w + L parallela ad un sottospazio
lineare di conformità L ⊂ V . La condizione di stazionarietà assume la forma di una
disequazione variazionale
, v ≤ d+ φ(u ; v) , ∀v ∈ L.
, v = dφ(u ; v) , ∀v ∈ L.
∗
f , u = dφ (f ; f ) , ∀f ∈ F .
∗
dφ ( + r ; ρ) = ρ , w , ∀ ρ ∈ R = L⊥ .
∗
dφ ( + r ; ρ) = 0 , ∀ ρ ∈ R = L⊥ .
∗
La convessità del funzionale φ implica che tale condizione di stazionarietà sia in effetti
una proprietà di minimo.
24
Luigi Federico Menabrea (1809-1896) Nato in Savoia (Francia), si laureò a Torino in ingegneria
nel 1832. Fu, oltre che scienziato, militare (Generale del Genio), uomo politico (già nel 1848 deputato al
Parlamento subalpino), ministro e diplomatico. Ministro della Marina col Ricasoli (1861-62), dei Lavori
pubblici nel gabinetto Farini-Minghetti (1862-64) e fu egli stesso Presidente del Consiglio nel 1867-69.
Nell’ultimo periodo della sua vita ebbe missioni diplomatiche, fu Ambasciatore a Londra nel 1876-82 e a
Parigi nel 1882-92. Dal 1846 al 1860 era stato professore di Scienza delle Costruzioni all’Università di
Torino, insegnando anche nelle scuole militari della città. Fu un precursore dell’introduzione di concetti
energetici nella meccanica dei continui, e oggi il suo nome è soprattutto legato al teorema sul minimo del
lavoro elastico di deformazione, la cui importanza tecnica fu posta in luce più tardi da Carlo Alberto
Castigliano (1847-1884). Socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei e dell’Accademia delle Scienze
di Torino. Nel 1859 ricevé il Collare dell’Annunziata e nel 1861 il titolo di Conte.
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 155
8. MODELLI ULTRAELASTICI
i) plasticità perfetta,
ii) plasticità incrementale,
iii) viscosità,
iv) visco-plasticità,
v) visco-plasticità con incrudimento.
e cioè che
∗
σ , p = max τ , p = S (p) , ∀ τ ∈ Sa .
a
∗
La funzione sublineare S , di supporto del dominio Sa , è detta dissipazione plastica
a
E’ questo il principio di Hill o principio della massima dissipazione.
Sa = {σ ∈ S | f (σ) ≤ 0}.
= N − [f (σ)] ∂f (σ) .
Risulta dunque
Dal legame plastico associato introdotto nella sezione precedente è possibile de-
durre le leggi che correlano il flusso plastico al tasso di variazione dello stato tensionale,
definendo cosı̀ un legame di plasticità incrementale.
A tal fine si denoti con un punto sovrapposto
• la derivata da destra dello stato tensionale rispetto al tempo:
σ(τ ) − σ(t)
σ̇(t) : = lim+ .
τ →t τ −t
σ̇ , p = 0 , σ̇ ∈ TS (σ) , p ∈ NS (σ) .
a a
dividendo per τ − t > 0 e passando al limite per τ → t+ si ottiene che deve essere
σ̇(t) , p(t) ≤ 0 ,
σ̇(t) , p(t) ≥ 0 ,
e dunque il risultato.
Si noti che la condizione di consistenza di Prager si può porre nelle forme
equivalenti
p ∈ NT (σ̇) ⇐⇒
σ̇ ∈ NN (p) ⇐⇒
σ̇ ∈ T ; p ∈ N; σ̇ , p = 0 ,
Osservazione 8.1. Un modello elastico generalizzato del tipo di quello descritto è stato
proposto per simulare il comportamento di strutture costituite da materiali elastici privi
di resistenza a trazione.
In tal caso il dominio Sa ⊆ S è un cono convesso. Denotando con p ∈ D la
deformazione di fessurazione, si ha che
p ∈ NS (σ) ⇐⇒ σ ∈ NS − (p) ⇐⇒
a a
σ ∈ Sa , p ∈ Sa− , σ, p = 0,
Perfettamente analogo è il caso di vincoli esterni di tipo unilatero.
160 8 – MODELLI ULTRAELASTICI
Si presenta ora un risultato dovuto a J.J. Moreau [11] che fornisce uno strumento
utile per la discussione delle equazioni costitutive in plasticità, in viscoplasticità ed in
elastoplasticità incrementale. Il risultato è stato rivisitato in [26] ed è qui riformulato
con qualche modifica.
1 2
φ̂(x, a) : = x − a H + f (a) ,
2
1 2 ∗
ψ̂(x, b) : = x − b H + f (b) .
2
Allora ciascuno dei problemi di minimo
x = A(x) + B(x) ,
1 2 1 2
φ(x) = x − A(x) H + f (A(x)) = B(x) H + f (A(x)) ,
2 2
1 2 ∗ 1 2 ∗
ψ(x) = x − B(x) H + f (B(x)) = A(x) H + f (B(x)) .
2 2
I funzionali φ : H → ∪ {+ ∞} e ψ : H → ∪ {+ ∞} sono differenziabili nel
senso di Fréchet e risulta
∗
A(x) = dψ(x) , A(x) ∈ ∂f (B(x)) ,
La proposizione 4.4 (p. 131) assicura allora che il funzionale φ̂(x, . ) assume un
minimo in un punto A(x) . Tale punto è unico in virtù della stretta convessità del
funzionale quadratico q che implica quella del funzionale φ̂(x, . ) .
Si osservi ora che i funzionali φ e ψ sono definiti da inf-convoluzioni esatte.
Dalla proposizione 2.7 (p. 114) si deducono allora le seguenti proprietà.
∗
A(x) = proxf (x) ⇐⇒ x − A(x) = dq(α) , A(x) ∈ ∂f (α) ,
dove α ∈ ∂φ(x) . Essendo dq(α) = α le condizioni precedenti sono equivalenti a
∗
A(x) ∈ ∂f (x − A(x)) .
Tale relazione equivale a sua volta a
x − A(x) ∈ ∂f (A(x)) ,
e dunque alla condizione
A(x) = dq(β) , x − A(x) ∈ ∂f (β) ⇐⇒ x − A(x) = proxf ∗ (x) ,
dove β ∈ ∂ψ(x) . Ne segue che B(x) = x − A(x) e quindi
∗
A(x) ∈ ∂ψ(x) , A(x) ∈ ∂f (B(x)) ,
B(x) ∈ ∂φ(x) , B(x) ∈ ∂f (A(x)) .
Rimane da mostrare che i funzionali φ e ψ sono differenziabili nel senso di Fréchet.
A tal fine si noti che dalle relazioni sottodifferenziali
∗ ∗
φ(x) − φ(xo ) ≥ ( xo , x − xo ) ⇐⇒ xo ∈ ∂φ(xo ) ,
∗ ∗
φ(xo ) − φ(x) ≥ ( x , xo − x ) ⇐⇒ x ∈ ∂φ(x) ,
si deduce che
∗ ∗
(x , x − xo ) ≥ φ(x) − φ(xo ) ≥ ( xo , x − xo ) ,
e cioè che
∗ ∗ ∗
(x − xo , x − xo ) ≥ φ(x) − φ(xo ) − ( xo , x − xo ) ≥ 0 .
∗ ∗
Ponendo x = B(x) = x − A(x) e xo = B(xo ) = xo − A(xo ) si ha dunque che
2 ∗
−( A(x) − A(xo ) , x − xo ) + x − xo H ≥ φ(x) − φ(xo ) − ( xo , x − xo ) ≥ 0 .
La differenziabilità di φ segue allora dalla diseguaglianza
( A(x) − A(xo ) , x − xo ) ≥ 0 ,
che esprime la monotonia del legame sottodifferenziale ∂ψ .
162 8 – MODELLI ULTRAELASTICI
8.3. Viscoplasticità
1
σ − s C + ∗S (s) .
2
ψ(σ) = min
s∈S 2 a
si ottiene che
1 2
φ(σ) = σ − Π(σ) C ,
2
1
ψ(σ) = σ − Π (σ) C + ∗S (Π (σ)) ,
C 2 C
2 a
p = C σ − Π(σ) ,
τ
dove Π : S → S è il proiettore ortogonale sul convesso Sa ⊂ S in energia di
C
C : S → D e Π : S → S è il proiettore complementare.
Modello di Perzyna.
Si consideri ora il potenziale viscoplastico
φ(σ) : = (m ◦ g)(σ) ,
con la funzione di Young m : → + data da
0, se α < 0 ,
m(α) : = 1 2
2 α , se α ≥ 0 ,
g : S → ∪ {+ ∞} ,
che con il suo insieme di livello zero definisce il dominio elastico ed è pari alla
differenza tra il funzionale Y ed il valore di soglia k :
g(σ) = Y (σ) − k .
φ(σ) = (m ◦ g)(σ).
∗
L’espressione del funzionale (m ◦ g) in termini dei coniugati di m e g è fornita
dalla relazione [39]
∗ ∗
(m ◦ g) (p) = inf {m (α) + ∗epi g (p, −α)} ,
α
g φ*
σ σ
k
.
ε
m
α σ
Fig. 8.1
g* φ
. .
k ε ε
m* σ
.
β ε
Fig. 8.2
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 167
g
φ*
σ σ
.
m ε
α σ
Fig. 8.3
φ
g*
. .
ε ε
σ
m*
.
β ε
Fig. 8.4
168 8 – MODELLI ULTRAELASTICI
g φ*
σ
k σ
.
m ε
α σ
Fig. 8.5
φ
g*
. .
k
ε ε
m* σ
.
β ε
Fig. 8.6
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 169
ε̇ = ė + p .
ė = Cσ̇ .
p ∈ NT (σ̇) = ∂ T (σ̇) .
Per poter applicare i risultati della proposizione 8.2 (p. 161) si doti lo spazio delle
deformazioni D del prodotto scalare definito dalla forma bilinerare dell’energia elastica
( e1 , e2 )E : = E e1 , e2 , ∀ e1 , e 2 ∈ D .
La proposizione 8.2 (p. 161) mostra allora che la decomposizione della deformazione
totale ε̇ ∈ D nella somma della parte elastica ė ∈ D e di quella plastica p ∈ D è
governata dai potenziali
1 2 1 2
φ(ε̇) = p C + f (ė) = min ε̇ − η E + TC (η) ,
2 η∈D 2
1 2 ∗ 1 2
ψ(ε̇) = ė C + f (p) = min ε̇ − δ E + NC (δ) .
2 δ∈D 2
170 8 – MODELLI ULTRAELASTICI
ė = dψ(ε̇) , ė ∈ ∂ NC (p) ,
p = dφ(ε̇) , p ∈ ∂ TC (ė) .
Si noti che
Le espressioni dei potenziali φ e ψ mostrano che le aliquote elastica e plastica del
tasso di deformazione totale ε̇ ∈ D si ottengono mediante proiezioni ortogonali
in energia elastica rispettivamente sul cono tangente TC e sul cono normale NC
al dominio elastico CSa nello spazio delle deformazioni.
Le proprietà di proiezione forniscono un criterio sul quale basare un algoritmo iterativo
che consenta di effettuare la decomposizione del tasso di deformazione totale.
La decomposizione di ε̇ ∈ D nella somma di una parte elastica ė ∈ D e di una
parte plastica p ∈ D è caratterizzata dalle proprietà di complementarietà
ε̇ = ė + p , ė ∈ TC , p ∈ NC , ( ė , p )E = 0 ,
che equivalgono a
ε̇ = ė + Cσ̇ , σ̇ ∈ T , p∈N, σ̇ , p = 0 .
Della famiglia dei dieci funzionali della sezione 6.2 (p. 149) si considerino i
funzionali
∗ ∗
P2 (σ̇) = −ϕ (σ̇) + γ (B σ̇) ,
dove
• p(Bu̇) è la parte plastica del tasso di deformazione Bu̇ ,
• ė(Bu̇) = Bu̇ − p̂(Bu̇) è la parte elastica del tasso di deformazione Bu̇ ,
• σ̇(Bu̇) = E (Bu̇ − p̂(Bu̇)) è il tasso di stato di sforzo.
Sostituendo tali espressioni nel funzionale P3 (u̇) si deduce che la soluzione del prob-
lema elastoplastico incrementale in termini di campi di velocità si ottiene dal problema
di estremo del funzionale convesso
∗ 1 2
ψ (σ̇) = σ̇ E + N (σ̇) .
2
Ponendo
∗ ∗ 1 2
ϕ (σ̇) = ψ (σ̇) dv = σ̇ E dv + N (σ̇) ,
2
Ω Ω
∗ ∗ ∗ ∗
9. ALGORITMI SOLUTIVI
u ∈ C(f ) = Co [f ] + M(f ) ,
f2 − f1 , M(f2 ) − M(f1 ) ≥ 0 , ∀ f1 , f2 ∈ F ,
u ∈ M(f1 ) ∩ M(f2 ) ⇒ f1 = f2 .
Si noti che, con un abuso di notazione, si è denotato con lo stesso simbolo M(f )
anche un qualsiasi elemento di tale insieme.
• L’operatore multivoco M : F → V è pertanto l’operatore sottodifferenziale di
∗
un potenziale φ : F → ∪ + ∞ strettamente convesso
∗ ∗
M(f ) = ∂φ (f ) ∀ f ∈ dom φ .
∗ ∗ ∗
Si ricordi che, assumendo φ (f ) = + ∞ se f
∈ dom φ , il sottodifferenziale di φ
in fo ∈ F è definito da
∗ ∗
{uo ∈ V | φ (f ) − φ (fo ) ≥ f − fo , uo ∀ f ∈ F} se fo ∈ dom φ
∂φ(fo ) : =
∅ se fo
∈ dom φ
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 173
K(u) = f .
2
f C = Co fo , fo ,
o
2
u K = Ko uo , uo ,
o
dove Ko = C−1
o
è la rigidezza elastica.
174 9 – ALGORITMI SOLUTIVI
u ∈ C(f ) ,
Osservando che
Ko u = f + Ko up ,
si ottiene infine l’eguaglianza
2 2
f , u = u K − up K − f , up .
o o
Analogamente ponendo:
u = Co f + up ,
si ottiene che
f , u = f , Co f + up ,
e quindi l’eguaglianza
2
f , u = f C + f , up .
o
In base a tali semplici risultati, se {f1 , u1 } e {f2 , u2 } sono due punti distinti del grafico
del legame, risulterà:
2 2
f2 − f1 , u2 − u1 = u2 − u1 K − up2 − up1 K − f2 − f1 , up2 − up1 ,
o o
2
f2 − f1 , u2 − u1 = f2 − f 1 C + f2 − f1 , up2 − up1 .
o
2 2
f2 − f1 C ≤ f2 − f1 , u2 − u1 ≤ u2 − u1 K .
o o
III – ELASTICITA’ GENERALIZZATA 175
La soluzione del problema strutturale non lineare può essere perseguita con un
metodo iterativo basato sulla ricerca del punto fisso di un algoritmo.
Per ogni dato sistema di forze ammissibile f ∈ F sia Af : V → V l’algoritmo
ed i l’indice del generico ciclo di iterazione.
Il metodo iterativo associato all’algoritmo A : V → V è espresso dalla relazione
di ricorrenza
ui+1 = Af (ui ) ,
ed esplicitamente
f − K(ui ) = ri
u0 = Co f , i = 1, . . . + ∞ .
ui+1 − ui = Ci ri
dove
• Co : F → V è l’operatore di cedevolezza elastica, lineare, continuo e definito
positivo,
• Ci : F → V è l’operatore di cedevolezza di iterazione relativa al ciclo i−esimo,
lineare, continuo e definito positivo,
• ri è il residuo al ciclo i−esimo.
In virtù della catena di diseguaglianze dimostrata nella sezione 9.1 si può affermare che
valgono le relazioni:
Cs ≥ Co ,
Ks ≤ Ko .
176 9 – ALGORITMI SOLUTIVI
dove si è posto Ai = Ks Ci .
Si definisca ora la norma del residuo in energia della cedevolezza di iterazione
2
ri = ri , Ci ri
e si osservi che
2 2 2
ri+1 = ri+1 − ri + ri + 2 ∗ ri+1 − ri , Ci ri .
Ora risulta
2 2
ri+1 − ri = Ai ri = Ai ri , Ci Ai ri ,
ri+1 − ri , Ci ri = − Ks Ci ri , Ci ri = − Ai ri , Ci ri .
Dunque
2 2
ri+1 = ri + Ai ri , Ci Ai ri − 2 ∗ Ai ri , Ci ri =
2
= ri + (Ci Ai − 2Ci )ri , Ai ri =
2 −1
= ri + (Ci − 2Ci Ai )Ai ri , Ai ri =
2
= ri + (Ci − 2Cs )Ai ri , Ai ri ,
dove si è fatto ricorso alla relazione
−1
Ai = C−1
i
Cs .
1. INTERPOLAZIONE
Per chiarezza espositiva la trattazione parte dal considerare alcuni semplici es-
empi che introducono alla visione generale della questione. Gli esempi verranno dis-
cussi nella sezione 1.7 (p. 191) sulla base dei risultati della teoria sviluppata in questo
capitolo.
Per introdurre la trattazione generale dei PIL è conveniente far riferimento ai sem-
plici problemi su esposti per mostrare come una diversa interpretazione degli elementi
e delle condizioni che ivi compaiono consenta di inquadrare la problematica in modo
più chiaro ed esauriente. A tal fine si premettono alcune osservazioni che gradualmente
conducono alla formalizzazione del problema.
Sia C1 (I) lo spazio delle funzioni continue con la derivata prima nell’intervallo
I = [−1, +1] .
L’insieme dei polinomi di 2◦ grado è un sottopazio lineare tridimensionale di
1
C (I) che si denota con il simbolo P2 (I) .
Una base di P2 (I) è costituita dai monomi {1, x, x2 } .
Lo spazio P2 (I) è quello in cui si ricerca la funzione che soddisfa le condizioni
lineari assegnate nei tre esempi precedenti.
Per indagare circa l’esistenza e l’unicità della soluzione di un PIL è conveniente
riformularlo facendo ricorso al concetto di dualità.
L’idea è quella di interpretare le condizioni lineari come valori assunti da assegnati
funzionali lineari.
Un PIL è quindi definito da una coppia di sottospazi lineari, uno generato dalle
funzioni di forma e l’altro generato dai funzionali lineari corrispondenti alle condizioni
lineari imposte.
Il PIL considerato nell’esempio 1 può infatti essere riformulato come segue:
V – TRAVATURE PIANE 181
dove
• vh ∈ P2 (I) è un polinomio di 2◦ grado e
• ci , i = 1, 2, 3 sono scalari assegnati.
I termini noti ci possono essere interpretati come valori assunti dai funzionali
lineari fi in corrispondenza di una funzione v ∈ C1 (I) che
• assume i valori c1 e c2 rispettivamente in x = −1 e x = +1 ,
• ha derivata pari a c3 per x = 0 .
Dunque assegnare gli scalari ci equivale a considerare una siffatta particolare funzione
v ∈ C1 (I) .
Il PIL si pone allora come segue.
fi (vh ) = fi (v) , i = 1, 2, 3 ,
Formulazione del
ovvero, in modo equivalente, tale che PIL in termini
variazionali
fh (vh ) = fh (v) , ∀ fh ∈ Fh ,
L’idea è quella di assumere l’esistenza di una interazione tra i due spazi che
preservi la linearità e consenta di indentificare perfettamente un qualsiasi vettore,
di ciascuno dei due spazi, sulla base della conoscenza della sua interazione con
ogni vettore dell’altro spazio.
Dal punto di vista matematico questo significa che sul prodotto cartesiano dei
due spazi è definita una forma bilineare i cui valori rappresentano le determinazioni
dell’interazione.
In virtù della linearità, la proprietà di identificazione è garantita dall’essere tale
forma non degenere.
Le definizioni formali sono le seguenti.
Si considerino uno spazio di Hilbert V ed il suo duale F . La dualità definisce
una forma bilineare non degenere · , · sul prodotto cartesiano V × F .
Infatti sussistono le proprietà
f , v = 0, ∀v ∈ V ⇒ f = 0,
f , v = 0, ∀f ∈ F ⇒ v = 0.
f1 , v = f2 , v , ∀v ∈ V ⇒ f1 = f2 ,
f , v1 = f , v2 , ∀f ∈ F ⇒ v1 = v2 .
V – TRAVATURE PIANE 183
proprietà di identificazione
proprietà di complementarietà
proprietà di proiezione
proprietà di isomorfismo quoziente
⊥
V = Vo ⊕ Fo ,
fo , vo = 0 fo ∈ Fo , ∀ vo ∈ V o ⇒ fo , v = 0.
La discussione mostra che l’esistenza e l’unicità della soluzione del PIL è assi-
curata per ogni assegnato vettore v ∈ V se e solo se i due sottospazi interpolanti
Vo ⊂ V ed Fo ⊂ F costituiscono una coppia di sottospazi duali interpolanti.
{fi , i = 1, · · · , m} in Fm ,
{vj , j = 1, · · · , n} in Vh .
m
n
fm = yi f i e vh = xj vj ,
i=1 j=1
V – TRAVATURE PIANE 187
Risulta quindi fm , vh = H x · y .
Esiste un’unica soluzione del PIL per qualsiasi dato se i due sot-
tospazi lineari Vh ⊂ V e Fm ⊂ F costituiscono una coppia duale
interpolante e cioè se
Hx · y = 0 , ∀ y ∈ m ⇒ x = 0 ,
HT y · x = 0 , ∀ x ∈ n ⇒ y = 0 . Esistenza
ed unicità
Dunque la matrice di Haar H : m → n e la sua trasposta
HT : n → m devono entrambe avere nucleo degenere.
Il rango di H sarà quindi eguale ad m e quello di HT ad n .
Ciò comporta che i due sottospazi Vh ⊂ V e Fm ⊂ F devono
avere la stessa dimensione.
La matrice di Haar è allora quadrata e non singolare.
188 1 – INTERPOLAZIONE
n
n
fh = yi fi e vh = xj vj ,
i=1 i=1
si ha
n
n
fh , vj = fi , vj y i e fi , vh = fi , vj xj ,
i=1 j=1
q= HT y ,
p= H x .
Se la matrice di Haar è quadrata e non singolare ma le basi {fi } e {vi } non sono
duali, è possibile determinare la base duale di ciascuna di esse.
Nei quadri seguenti sono riportati esplicitamente le procedure per la costruzione
della base duale in Fh di una assegnata base in Vh e della base duale in Vh di una
assegnata base in Fh .
V – TRAVATURE PIANE 189
n
wj = Cjk vk ,
k=1
e si impone che
Base
n
n duale
fi , wj = fi , Cjk vk = Hik Cjk = Iij , in Vh
k=1 k=1
H CT = I e cioè C = H−T .
n
gi = Cik fk ,
k=1
e si impone che
Base
n
n duale
gi , v j = Cik fk , vj = Cik Hkj = Iij . in Fh
k=1 k=1
1.5. Esercizi
3/4 − 1/2x − 1/4x2
1/4 + 1/2x + 1/4x2 .
1/2 − 1/2x2
−1/4 − 1/2x + 3/4x2
−1/4 + 1/2x + 3/4x2 .
3/2 − 3/2x2
Si esaminano ora, alla luce dei risultati della teoria, i semplici esempi 1, 2 e 3
esposti all’inizio della trattazione, nella sezione 1 (p. 179).
1 x x2
Esempio 1
F−1
1 −1 1
H= ,
F+1
1 1 1
M−1 0 1 −2
1 x x2
F−1
1 −1 1 Esempio 2
H= .
F+1
1 1 1
med 1 0 1/3
1 x x2
F−1
1 −1 1
H= .
F+1
1 1 1
Esempio 3
M0 0 1 0
1 −1 1 −1
0 1 −2 3
H= .
1 1 1 1
0 1 2 3
1/2 −3/4 0 1/4
1/4 −1/4 −1/4 1/4
C= .
1/2 3/4 0 −1/4
−1/4 −1/4 1/4 1/4
(x − 1)2 (2 + x)/4 3 x2 − 1 /4 3 x/2 3/2
(x + 1)2 (2 − x)/4 3 1 − x2 /4 −3 x/2 −3/2
-1 0 1 -1 0 1 -1 0 1 -1 0 1
n
fh = y i δi ⇐⇒ yi = fh , hi ,
i=1
n
vh = xi hi ⇐⇒ xi = δi , vh .
i=1
n
n
fh , vh = δi , hj xj yi = xi yi = x · y .
i,j=1 i=1
V – TRAVATURE PIANE 195
n
f , hi = Qf , hi = αi con Q f = αi δi
i=1
Si osservi ora che i polinomi di terzo grado sono esattamente le funzioni ortogonali
in energia elastica alle deformate da trave incastrata. Infatti, assumendo una rigidezza
flessionale unitaria, si ha che:
IV I I
essendo h = 0 e v(−1) = v(+1) = v (−1) = v (+1) = 0 .
D’altronde la formulazione variazionale dell’equilibrio elastico della trave soggetta
ad un carico f ed a reazioni rf fornisce
+1
II II
h v dx = f , h + rf , h = 0 .
−1
Ne segue che il lavoro virtuale compiuto dal carico, per la generica deformata da trave
incastrata con cedimenti unitari agli estremi, risulta eguale al lavoro virtuale della
corrispondente reazione sul vincolo.
La dimostrazione di questo risultato può anche essere formalmente conseguita
mediante il teorema di Betti. Si è cosı̀ giunti al seguente interessante risultato:
f , hi = − rf , hi ,
2.1. Assemblaggio
Si consideri
• la varietà lineare U dei parametri cinematici ammissibili per l’intera struttura,
• il corrispondente sottospazio lineare V delle variazioni.
Sia · , · la forma bilineare separante lavoro virtuale e si denoti con
• Ke , e = 1, 2, . . . , numelem la rigidezza elastica degli elementi trave,
• K la rigidezza elastica dell’intera struttura.
La forma bilineare dell’energia elastica si scrive allora
Ku , v = e Ke ue , ve = e Ke Ae u , Ae v , u∈U, ∀v ∈ V.
Ku , v = f , v , u∈U, ∀v ∈ V .
Ku , v = K(uo + j pj dj ) , i qi di =
= ij K di , dj pj pi + i K uo , di qi =
= ij Kij pj qi − i foi qi ,
f,v=f, i qi di = i fi , di qi = i fi qi .
j Kij pj = fi + foi i, j = 1, 2, . . . , numparam ,
dove:
Kij = K di , dj ,
fi = f , di ,
foi = − Kuo , di .
Riferimento
locale
x
Fig. 2.1
s t1 s t2
φ1 φ2
s n1 s n2 Parametri
di estremità
Fig. 2.2
Gli spostamenti assiali e trasversali sono le componenti del campo vettoriale degli
spostamenti secondo il riferimento locale. Le rotazioni sono positive se antiorarie.
La soluzione del problema elastostatico per ciascuna trave viene condotta deter-
minandone la risposta elastica (spostamenti e reazioni) alle azioni assegnate (carico e
distorsioni) per valori arbitrari dei parametri cinematici.
Nello spirito del metodo degli spostamenti, la deformata elastica di ogni sin-
gola trave viene determinata come somma di quella dovuta ad un arbitrario insieme di
parametri cinematici di estremità e di quella dovuta alle azioni assegnate, in corrispon-
denza di valori nulli dei parametri cinematici di estremità.
La deformata elastica della trave viene quindi determinata sommando i contributi
di due schemi:
• uno schema continuo costituito dalla trave incastata agli estremi e soggetta alle
azioni assegnate,
• uno schema discreto costituito dalla trave soggetta solo a spostamenti e rotazioni
unitarie impresse agli estremi.
Le deformate relative ai due schemi risultano ortogonali in energia elastica. Ciò
risulta immediatamente da una semplice applicazione del teorema di Clapeyron
(vedi sezione II.2.4 (p. 55))
Si noti esplicitamente che i singoli elementi della struttura sono travi ad asse rettili-
neo e pertanto la determinazione delle reazioni flessionali e taglianti e degli spostamenti
trasversali è disaccoppiata da quella delle reazioni assiali e degli spostamenti assiali.
200 2 – METODO DEGLI SPOSTAMENTI
La soluzione per valori arbitrari dei parametri cinematici di estremità può essere
ottenuta, in virtù dell’ipotesi di sezione costante, con la seguente metodologia.
In assenza di carichi agenti lungo la trave la deformata flessionale v è costituita
da funzioni polinomiali al più di terzo grado.
Infatti l’espressione linearizzata della curvatura flessionale (assunta positiva se
dilata le fibre longitudinali dal lato inferiore della trave, cioè quello degli spostamenti
trasversali negativi)
II
χ(x) = v ,
II
M (x) = −p(x) ,
e la relazione elastica
M (x) = kf χ(x) ,
II II IV
M (x) = kf χ (x) = kf v = p(x) ,
IV
Quindi, in assenza di carico trasversale distribuito risulta v = 0 .
Si consideri il sistema di forze {fi , i = 1, 2, 3, 4} costituito da forze trasversali e
coppie concentrate alle estremità e di valore unitario.
Nello spazio degli spostamenti trasversali la base duale di {fi } è costituita dai
polinomi di Hermite {hi , i = 1, 2, 3, 4} relativi a ciascuna trave (vedi sezione
1.8 (p. 192)).
I polinomi hi rappresentano le deformate elastiche per valori unitari dei parametri
cinematici in assenza di carico e distorsioni lungo la trave.
I polinomi di Hermite sono usualmente definiti su un intervallo di riferimento
che, per motivi di simmetria, è scelto essere ξ ∈ [−1, +1].
Per costituire una base duale delle forze trasversali e coppie concentrate alle es-
tremità di una trave di lunghezza generica è necessario effettuare una riscalatura dei
polinomi di Hermite definiti sull’intervallo di riferimento.
Le espressioni dei polinomi di Hermite e delle loro prime tre derivate
sull’intervallo ξ ∈ [−1, +1] sono le seguenti:
V – TRAVATURE PIANE 201
h dh d2 h d3 h
(ξ − 1)2 (2 + ξ)/4 3 ξ 2 − 1 /4 3 ξ/2 3/2
β = 1 − α β = (a + b)/(b − a) ,
per cui
ξ = (2x − a − b)/(b − a) ,
che è la sostituzione da effettuare per esprimere i polinomi in termini della nuova ascissa
x ∈ [a, b] .
Poichè nel passare dall’ascissa ξ ∈ [−1, +1] a quella x ∈ [a, b] è stata effettuata
una dilatazione pari a dx/dξ = 1/α = (b − a)/2 , le derivate del secondo e del quarto
polinomio diHermite non avranno più valore unitario agli estremi.
Per ripristinare questa condizione è dunque necessario moltiplicare il secondo ed
il quarto polinomio diHermite per il fattore (b − a)/2 .
Se la trave ha lunghezza L e l’origine del riferimento locale coincide con il primo
estremo, i polinomi di Hermite si otterranno con la sostituzione
ξ = (2x − L)/L ,
e moltiplicando il secondo ed il quarto polinomio per L/2 . Nel seguito si farà riferi-
mento a polinomi di Hermite relativi all’intervallo x ∈ [0, L] .
in cui pa e pb sono i valori del carico per unità di lunghezza agli estremi della trave.
Le distorsioni di curvatura impresse sulla trave si assumono costanti lungo l’asse.
In tal caso la deformata elastica e le reazioni vincolari possono determinarsi col
seguente procedimento.
V – TRAVATURE PIANE 203
Deformata elastica
Valendo la relazione
II
p(x) = M (x) ,
M (x) = c0 + c1 x + c2 x2 + c3 x3 ,
pa pb + p α
c2 = , c3 = ,
2 12L
pa 2 pb − pα 3
M (x) = c0 + c1 x x + x .
2 12L
L
M (x) L2 L3 L3
dx = c0 L + c1 + pa + (pb − pa ) = 0,
kf 2 6 24
0
L
M (x) L2 L3 L4 L4
x dx = c0 + c1 + pa + (pb − pa ) = 0.
kf 2 3 8 30
0
L2 Lx x2 x3
M (x) = (3pa + 2pb ) − (7pa + 3pb ) + pa + (pb − pα ) ,
60 20 2 6L
dove kf è la rigidezza flessionale della trave, e cioè il rapporto tra il valore del momento
flettente e la curvatura flessionale.
I grafici del momento flettente e della deformata sono riportati, con riferimento al
caso
pa = pb = −1 , L = 10 ,
nelle figure seguenti.
8 2 4 6 8 10
6 -5
4
-10
2
-15
2 4 6 8 10
-20
-2
-25
-4
Reazioni vincolari
La determinazione delle reazioni vincolari si persegue per semplice integrazione
in virtù del teorema di Betti.
Se infatti v(x) è la deformata elastica dello schema di trave incastrata, r è il
relativo sistema di reazioni vincolari ed hi è il generico polinomio di Hermite, si ha
L L
2 2
kf d v(x) d hi (x) dx = p(x) hi (x) dx + r , hi = rh , v = 0 ,
i
0 0
dove
• rh sono le forze di estremità associate alla deformata hi ,
i
• r , hi è uguale al parametro reattivo di estremità, duale del parametro cine-
matico di estremità non nullo in corrispondenza di hi .
Dunque
L
r , hi = − p(x) hi (x) dx .
0
V – TRAVATURE PIANE 205
L2
M(0) = −r2 = (3pa + 2pb ) ,
60
L
F (L) = −r3 = (3pa + 7pb ) ,
20
L2
M(L) = −r4 = −(2pa + 3pb ) .
60
Si ricordi che il carico è positivo se concorde all’asse delle ordinate.
Osservazione 2.1. Le espressioni delle azioni di estremità equivalenti al carico possono
essere dedotte anche in base a considerazioni geometriche.
I polinomi diHermite costituiscono infatti una base per il sottospazio delle varia-
zioni delle deformate elastiche della trave ed i relativi parametri sono gli spostamenti
trasversali e le rotazioni degli estremi:
v = i vi hi .
Per la dualità esistente tra le basi {fi } ed {hi } , la relativa matrice di Haar risulta
pari all’identità e si ha quindi:
fi , hj = δij .
Pertanto il lavoro virtuale che un assegnato carico l compie per una variazione v ∈ V
sarà uguale al prodotto interno usuale tra i vettori numerici delle rispettive componenti:
l, v = i li fi , j vj hj = ij fi , hj li vj = i li vi ,
con
li = l , fi , vi = v , hi ,
e
b
l , v = l(x) v(x) dx .
a
Siccome è
l= i li fi
risulta che le componenti li di l sulla base {fi } sono esattamente le forze nodali
equivalenti al carico in quanto esse compiono per i parametri cinematici vi lo stesso
lavoro virtuale che il carico compie per le corrispondenti deformate elastiche.
206 2 – METODO DEGLI SPOSTAMENTI
Deformata elastica
La deformata elastica dovuta ad una distorsione di curvatura ∆ , uniformemente
distribuita sulla trave incastrata agli estremi, è identicamente nulla in quanto anche la
curvatura elastica è costante e la loro somma deve essere nulla per dar luogo a rotazioni
nulle agli estremi.
Reazioni vincolari
Le reazioni vincolari sono costituite da due coppie di estremità di segno opposto.
Le forze e le coppie di estremità equivalenti alla distorsione impressa valgono
quindi
F (0) = −r1 = 0 ,
F (L) = −r3 = 0 ,
M(L) = −r4 = kf ∆ .
0 0
Il risultato segue dall’essere
L
d2 hi dx = 0 per i = 1, 3 ,
0
L
d2 hi dx = −1, 1 per i = 2, 4 .
0
12 6L −12 6L
6L 4 L2 −6 L 2 L2
−12 −6 L 12 −6 L
6L 2 L2 −6 L 4 L2
Kn 0 0 −Kn 0 0
0 6 LKf 4 L2 Kf 0 −6 LKf 2 L2 Kf
−Kn 0 0 Kn 0 0
0 6 LKf 2 L2 Kf 0 −6 LKf 4 L2 Kf
dove
Kf = kf /L3 ,
Kn = kn /L .
essendo kn la rigidezza assiale della trave.
• ue = {ue1 , ue2 } il vettore dei parametri cinematici di estremità della e-esima trave
con uea = {sena , seta , φea } ( a = 1, 2 ).
y
Riferimenti
L globale e locale
n
Fig. 2.3
V – TRAVATURE PIANE 209
φ1 φ sy
st 1
sx
sn 1
y y
φ2
st 2
sn 2
x x
Fig. 2.4 Parametri della trave Fig. 2.5 Parametri dei nodi
ue = Ae u .
dove il simbolo . denota il prodotto interno usuale tra vettori numerici. Dunque
K= e AeT Ke Ae .
essendo {dx , dy } i coseni direttori dell’asse della trave nel riferimento globale.
La matrice di estrazione Eea estrae da u ∈ U il vettore ui(e,a) , relativo al nodo
cui afferisce l’estremità a della trave e .
Si ha dunque che
/ 0 / 0 / 0
Re Ee1 Re Ee1 u Re ui(e,1)
e
A u= u= = ,
Re Ee2 Re Ee2 u Re ui(e,2)
La matrice di rigidezza nodale della struttura viene quindi calcolata con la formula:
Kij = e ab Ki(e,a) j(e,b) ,
V – TRAVATURE PIANE 211
dove
Ki(e,a) j(e,b) = ReT Keab Re .
Per quanto riguarda i carichi sulle travi e le distorsioni impresse, ad essi vengono
sostituite le forze di estremità equivalenti
dove
fi(e,a) = ReT fae .
E’ opportuno sottolineare il fatto che della matrice di rigidezza nodale della strut-
tura e delle forze nodali equivalenti è necessario calcolare solo gli elementi cor-
rispondenti a nodi connessi da travi.
Dopo la valutazione della matrice di rigidezza e del vettore delle forze nodali
della struttura, è necessario tener conto di eventuali vincoli e cedimenti presenti nella
struttura.
Nella prossima sezione si considera il caso di vincoli e cedimenti imposti sui nodi
della struttura.
Si prende poi in esame la procedura che consente di imporre vincoli e cedimenti
assegnati tra le estremità di ciascuna trave ed i nodi cui esse afferiscono.
Si descrive infine la simulazione di vincoli e cedimenti relativi tra i nodi.
non sono indipendenti e l’insieme di ammissibilità costituisce una varietà lineare definita
da condizioni di vincolo tra i parametri e da valori assegnati ad alcuni di essi.
212 2 – METODO DEGLI SPOSTAMENTI
Matrice di rigidezza
Sostituendo l’espressione dei parametri nodali nella forma bilineare dell’energia
elastica della struttura si ottiene l’espressione della matrice di rigidezza parametrica e
dei parametri di forza equivalenti ai cedimenti impressi:
. .
ij Kij uj vi = ij Kij uoj + β(j) pβ(j) dβ(j) α(i) qα(i) dα(i) =
= ij α(i)β(j) (Kij dβ(j) . dα(i) ) pβ(j) qα(i) +
+ ij α(i) (Kij uoj . dα(i) ) qα(i) .
Nel primo addendo:
• gli indici i e j variano tra quelli tali che ai nodi corrispondenti afferisce almeno
un parametro,
• gli indici α(i) e β(j) variano nell’insieme degli indici dei parametri afferenti ai
nodi i e j rispettivamente.
Nel secondo addendo:
• l’indice i varia tra quelli tali che al nodo corrispondente afferisce almeno un
parametro,
• α(i) varia nell’insieme degli indici dei parametri afferenti al nodo i ,
• l’indice j varia tra quelli tali che al nodo corrispondente è associato un cedimento.
V – TRAVATURE PIANE 213
. . .d
i fni vi = i fni q d
α(i) α(i) α(i) = i f
α(i) ni α(i) qα(i) .
Algoritmo di gestione
E’ però più conveniente adottare la seguente procedura:
• ordinare i parametri in una unica lista in cui far variare gli indici α e β ,
• scegliere tra gli indici i e j dei nodi quelli i(α) e j(β) cui afferiscono tali
parametri,
• variare l’indice k tra quelli dei nodi cui afferisce un cedimento.
L’espressione precedente si riscrive quindi
. .d
αβ [Ki(α)j(β) dβ dα ]pβ qα + α k Ki(α)k uok α qα =
= αβ Kαβ pβ qα − α foα qα .
Lasciando libero di variare l’indice α e scegliendo tra gli indici i quelli i(α) tali che
ai nodi corrispondenti afferisca il parametro α , si ottiene:
.v = . d )q =
i fi i α (fi(α) α α α fα qα ,
.v = . d )q =
i fni i α (fni(α) α α α fnα qα ,
214 2 – METODO DEGLI SPOSTAMENTI
in cui
fα = fi(α) . dα , fnα = fni(α) . dα ,
e dunque
i (fi + fni ) . vi = α (fα + fnα ) qα .
In definitiva il problema elastostatico
ij Kij uj . vi = i (fi + fni ) . vi , ∀ vi ,
FORMULAZIONE PARAMETRICA
β Kαβ pβ = fα + fnα + foα ,
dove:
Kαβ = Ki(α)j(β) dβ . dα ,
fα = fi(α) . dα ,
fnα = fni(α) . dα ,
foα = − k Ki(α)k uok . dα .
Nella tabella che segue si riportano le definizioni dei vincoli assoluti che usual-
mente vengono imposti in corrispondenza dei nodi delle travature piane, indicando le
espressioni dei relativi direttori.
dove α(a) sono gli indici dei parametri vincolari afferenti all’estremità a .
La forma variazionale dell’equilibrio elastico della trave e−esima in termini dei
parametri standard si scrive:
e e . e e e
.
ab Kab ub va = a fa va , a, b = 1, 2 .
V – TRAVATURE PIANE 217
Sostituendo si ottiene
e e . e e .
ab Kab ub va = ab α(a)β(b) Kab dβ(b) dα(a) pβ(b) qα(a) =
= αβ Kea(α)b(β) dβ . dα pβ qα = αβ
e
Kαβ pβ q α ,
ed analogamente
e e e . e e
. .
a fa va = a α(a) fa dα(a) qα(a) = α fa(α) dα qα = α fα qα ,
in cui a(α) e b(β) indicano le estremità della trave cui afferiscono i parametri vincolari
a e b e si è posto
K e = Ke αβ
d .d ,
a(α)b(β) β α
fαe = fa(α)
e .d .
α
ii) Si procede quindi alla condensazione dei parametri liberi rispetto a quelli
e
schiavi partizionando la matrice Kαβ ed il vettore fαe :
/ 0 / 0
e
Ke11 Ke12 e
f1e
K = , f = ,
Ke21 Ke22 f2e
Ke22 p2 = f2 − Ke21 p1 .
L’ultima formula consente di calcolare i parametri liberi una volta determinati quelli
schiavi.
iii) I parametri schiavi sono a loro volta espressi in funzione dei parametri vettoriali
di interfaccia per consentire di effettuare la successiva operazione di assemblaggio
secondo modalità perfettamente analoghe a quelle che si seguono nel caso di travi
incastrate agli estremi.
A tal fine si definiscono la matrice di rigidezza e le forze condensate rispetto ai
parametri schiavi:
−1
Kαβec
= [Ke11 − Ke12 Ke22 Ke21 ]αβ ,
−1
fαec = [f1 − Ke12 Ke22 f2 ]α ,
dove α e β variano tra gli indici dei parametri schiavi.
218 2 – METODO DEGLI SPOSTAMENTI
In virtù del fatto che i direttori dα dei parametri vincolari pα di ciascuna delle es-
tremità delle travi costituiscono una base ortonormale, è possibile esprimere i parametri
schiavi in funzione di quelli vettoriali di interfaccia mediante una semplice proiezione:
p1α = (ua(α) + uoa(α) ) . dα ,
in cui ua(α) è il vettore dei parametri di interfaccia all’estremità a(α) della trave cui
afferisce il parametro schiavo p1α .
• Il vettore uoa(α) denota il cedimento ivi imposto che consiste in uno spostamento
della sezione di estremità della trave rispetto a quella di interfaccia.
Si ottiene in definitiva
ec ec . .
αβ Kαβ p1β q1α = αβ Kαβ [(ub(β) + uob(β) ) dβ ][va(α) dα ] =
= αβ
ec
Kαβ (dα ⊗ dβ )(ub(β) + uob(β) ) . va(α) =
= ab α(a)β(b)
ec
Kα(a)β(b) (dα(a) ⊗ dβ(b) )(ub + uob ) . va =
= ab Kec u . va +
ab b ab Kec u . va ,
ab ob
avendo posto
Kec
ab
= α(a)β(b)
ec
Kα(a)β(b) (dα(a) ⊗ dβ(b) ) ,
faec = α(a)
ec
fα(a) dα(a) ,
dove α(a) e β(b) sono gli indici dei parametri schiavi afferenti alle estremità ed il
simbolo ⊗ denota il prodotto tensoriale.
Definendo inoltre il vettore delle forze equivalenti ai cedimenti di estremità:
ec
foa = − b Kec u ,
ab ob
iv) Una volta risolto il problema dell’equilibrio elastico della struttura si valutano
gli spostamenti dei nodi e quindi quelli delle estremità delle travi.
Per le travi vincolate agli estremi si procede nel modo seguente.
Dalla conoscenza dei parametri vettoriali di interfaccia ua si ottengono i parametri
vincolari schiavi p1 mediante la formula
−1
p2 = Kec
22
(f2 − Ke21 p1 ) ,
ed infine i parametri standard (cioè di estremità della trave incastrata) si calcolano con
la formula
uea = α(a) pα(a) dα(a) , a = 1, 2 .
2.9. Risultati
e le azioni sui nodi della travatura si ottengono sommando i contributi delle travi ad essi
afferenti
fi = e a fi(e,a) ,
dove le forze di estremità nel riferimento globale sono date da
ri = fi − i , i = 1, 2, . . . , numnodi ,
3. TRAVATURE RETICOLARI
Una travatura reticolare piana, è una struttura composta da aste a sezione costante
i cui assi di simmetria giacciono in un unico piano. Il modello è un caso particolare di
quello delle travature analizzato nelle sezioni precedenti. Si assumono come parametri
cinematici di ciascuna asta i vettori spostamento s delle due sezioni terminali.
K e = K e Ge ,
ue = Ae u .
Sostituendo ai vettori dei parametri di estremità uea e vae le loro espressioni in funzione
dei vettori dei parametri nodali uj(e,b) e vi(e,a) la forma bilineare dell’energia diventa:
ij Kij uj . vi = e ab Keab uj(e,b) . vi(e,a) ,
E’ opportuno sottolineare il fatto che della matrice di rigidezza nodale della struttura
vanno solo calcolati i blocchi corrispondenti a nodi connessi da aste.
I parametri nodali
uj = uoj + β(j) pβ(j) dβ(j) ,
vi = α(i) qα(i) dα(i) ,
dove i e j denotano i nodi della travatura reticolare cui afferisce almeno un parametro o
un cedimento, gli indici α e β variano negli insiemi degli indici dei parametri afferenti
ai nodi i e j rispettivamente ed i direttori dα sono indipendenti.
La forma bilineare dell’energia elastica dell’intera struttura si scrive allora:
. .
ij Kij uj vi = ij K ij uoj + p d
β(j) β(j) β(j) q d
α(i) α(i) α(i) =
= Kij dβ(j) .d pβ(j) qα(i) +
ij α(i)β(j) α(i)
+ ij α(i) Kij uoj . dα(i) qα(i) .
• Nel primo addendo della formula precedente gli indici i e j variano tra quelli
tali che ai nodi corrispondenti afferisce almeno un parametro e gli indici α(i)
e β(j) variano nell’insieme degli indici dei parametri afferenti ai nodi i e j
rispettivamente.
• Nel secondo addendo della formula precedente l’indice i varia tra quelli tali che
al nodo corrispondente afferisce almeno un parametro, α(i) varia nell’insieme
degli indici dei parametri afferenti al nodo i e l’indice j tra quelli tali che al nodo
corrispondente è associato un cedimento.
E’ allora più conveniente ordinare i parametri in una unica lista in cui far variare gli
indici α e β , scegliere tra gli indici i e j dei nodi quelli i(α) e j(β) cui afferiscono
tali parametri e far variare l’indice k tra quelli dei nodi cui afferisce un cedimento.
L’espressione precedente si riscrive quindi
. .d
αβ [Ki(α)j(β) dβ dα ] pβ qα + α k Ki(α)k uok α qα =
= αβ Kαβ pβ qα − α foα qα .
224 3 – TRAVATURE RETICOLARI
Il lavoro virtuale delle forze nodali fi fornisce l’espressione delle forze duali dei
parametri liberi:
. . .
i f i vi = i fi α(i) qα(i) dα(i) = i α(i) fi dα(i) qα(i) .
Lasciando libero di variare l’indice α e scegliendo tra gli indici i quelli i(α) tali che
ai nodi corrispondenti afferisce il parametro α , si ottiene
. .
i fi vi = α (fi(α) dα ) qα = α fα qα ,
in cui
fα = fi(α) . dα ,
e dunque
.v =
i fi i α fα qα .
In definitiva il problema elastostatico
. .
ij Kij uj vi = i fi vi ,
FORMULAZIONE PARAMETRICA
β Kαβ pβ = fα + foα ,
dove:
Kαβ = Ki(α)j(β) dβ . dα ,
fα = fi(α) . dα ,
foα = k Ki(α)k uok . dα .
V – TRAVATURE PIANE 225
Fig. 3.1
Osservazione 3.1. Le trattazioni svolte per illustrare i metodi di analisi delle travature
piane e delle travature reticolari forniscono le procedure per l’implementazione in un
codice di calcolo automatico.
L’autore ha sviluppato su tale base due codici per uso didattico relativi alle travature
piane ed alle travature reticolari. Esempi di soluzione di travature elastiche sono stati
riportati nella sezione II.2.8 (p. 66).
Il linguaggio adottato è quello simbolico del programma Mathematica di
Stephen Wolfram.
RIFERIMENTI
Notazione
Per semplificare la notazione, nel denotare gli spazi riferiti alla suddivisione di sup-
porto T (Ω) si ometterà di indicare esplicitamente la suddivisione T (Ω) . Si scriverà
quindi V invece di V(T (Ω)) e cosı̀ via. Inoltre si scriverà anche H e H al posto
di H(Ω) e H(Ω) . Si continuerà invece a denotare con V(Ω) e F(Ω) lo spazio dei
cinematismi Green-regolari e quello duale dei sistemi di forze e con S(Ω) lo spazio
degli sforzi Green-regolari.
228 1 – PROPRIETA’ FUNZIONALI
1. PROPRIETA’ FUNZIONALI
(( Co σ1 , σ2 )) = (( Co σ2 , σ1 )) , ∀ σ1 , σ2 ∈ H .
1
ψ(σ) = (( Co σ , σ )) .
2
• La stabilità del legame elastico richiede che ad una variazione di sforzo corrisponda
una variazione di deformazione elastica concorde e cioè che valga la proprietà di
monotonia
(( Co σ2 − Co σ1 , σ2 − σ1 )) ≥ 0, ∀ σ1 , σ2 ∈ H .
In virtù della linearità di Co ∈ L H, H tale condizione equivale a richiedere
che la cedevolezza elastica sia positiva e cioè che
(( Co σ , σ )) ≥ 0, ∀σ ∈ H.
La cedevolezza elastica Co ∈ L H, H
• è simmetrica,
• è H-semiellittica (dunque in particolare positiva),
• ha immagine chiusa per cui
⊕ ⊕
Im Co = ( Ker Co ) , Ker Co = ( Im Co ) .
H
C∗ ∈ L , Im Co ,
Ker Co
H
C∗ σ ∗ = Co σ , σ∗ ∈ , σ ∈ σ∗ .
Ker Co
H
Eo = C∗−1 ∈ L Im Co ,
Ker Co
1
φ(e) = 2 (( Eo e , e )) ,
ed è strettamente convesso su Im Co ⊂ H .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 231
φ(e) + ψ(σ) = (( σ , e )) , σ ∈ H, e ∈ Im Co ,
⊕ H
Im Co = ( Ker Co ) ≡ ,
Ker Co
dove il simbolo ≡ indice che tra i due spazi di Hilbert sussiste un isomorfismo
isometrico.
Se non esistono sforzi elasticamente
inefficaci allora Ker Co = {o} e la cedevo-
lezza elastica Co ∈ L H, H è un operatore iniettivo ed ellittico su H , cioè tale
che
2
(( Co σ , σ )) ≥ c σ , ∀σ ∈ H.
H
Di conseguenza il potenziale
elastico
complementare è strettamente convesso su
H e l’operatore Co ∈ L H, H è suriettivo in quanto risulta
⊕
Im Co = ( Ker Co ) = H .
L’operatore inverso Eo = Co −1 ∈ L H, H è continuo ed ellittico su H .
Ku1 , u2 = Ku2 , u1 ∀ u1 , u2 ∈ V .
• La stabilità del legame elastico dei vincoli richiede che ad una variazione di sposta-
mento corrisponda una variazione concorde del sistema di forze elastiche agente
sui vincoli e cioè valga la proprietà di monotonia
Ku2 − Ku1 , u2 − u1 ≥ 0 ∀ u1 , u2 ∈ V .
232 1 – PROPRIETA’ FUNZIONALI
In virtù della linearità di K ∈ L V, F la monotonia equivale a richiedere che la
rigidezza dei vincoli elastici sia positiva e cioè che
Ku , u ≥ 0 ∀u ∈ V .
In effetti, come si vedrà, la buona posizione del problema elastico richiede che l’elasticità
dei vincoli soddisfi anche la proprietà di semielliticità in corrispondenza dei cinematismi
rigidi conformi. Si assume quindi che
• la rigidezza elastica K ∈ L V, F è semiellittica sul sottospazio lineare
V rig = Ker B ∩ L ⊆ L , costituito dai cinematismi rigidi conformi. Vale quindi
la diseguaglianza
2
Ku , u ≥ ck u L/Ker K∩L ∀ u ∈ Ker B ∩ L ,
con ck > 0 .
con
k (u, v) = Ku , v ,
ko (u, v) = ( Ko JV u , JV v ) ,
∂k (u, v) = ∂K(Γu) , Γv .
Risulta dunque
K = JV Ko JV + Γ ∂KΓ ,
con JV ∈ L V ; H iniettore canonico.
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 233
∗ ∂V ; Im ∂K ,
∂K ∈ L
Ker ∂K
definito da
∗ ∗ ∗ ∗ ∂V
∂K ∂u = ∂K ∂u , ∀ ∂u ∈ ∂u ∀ ∂u ∈ .
Ker ∂K
L’operatore di cedevolezza associato a ∂K ∈ L ∂V ; ∂F è allora
∗ ∂V .
∂C = (∂K )−1 ∈ L Im ∂K ;
Ker ∂K
∗ ∂F ; Im ∂C ,
∂C ∈ L
Ker ∂C
definito da
∗ ∗ ∗ ∗ ∂F
∂C t = ∂C t , ∀t ∈ t ∀t ∈ ,
Ker ∂C
e l’operatore di rigidezza
∗ ∂F
∂K = (∂C )−1 ∈ L Im ∂C ; .
Ker ∂C
In termini di cedevolezza dei vincoli elastici al contorno, la condizione di efficacia
si esprime imponendo che
⊥
Im ∂C ∩ (ΓL) = Im ∂C ∩ (NΣ) = {o} .
234 2 – FORMULAZIONE PRIMALE
2. FORMULAZIONE PRIMALE
cosı̀ che
, v = ( b , JV v ) + (( t , Γv )) .
V
w+L∈ .
L
I campi della varietà lineare La = w+L ⊂ V , sono detti spostamenti ammissibili.
Si impongano le condizioni di equilibrio e di congruenza.
La condizione variazionale di equilibrio si scrive nella forma
, v + re , v = (( σ , Bv )) , ∀v ∈ L.
Ku , v + (( σ , Bv )) = , v , ∀v ∈ L.
ε = e + δ = Co σ + δ .
Bu = ε = Co σ + δ .
(( τ , Bu )) − (( τ , Co σ )) = (( τ , δ )) , ∀τ ∈ H.
k (u, v) + b (σ, v) = , v , u ∈ La = w + L ⊆ V , ∀v ∈ L,
b (τ , u) − co (σ, τ ) = (( τ , δ )) , σ ∈ H , ∀τ ∈ H.
236 2 – FORMULAZIONE PRIMALE
Si introducano
• la forza attiva equivalente eq ∈ FL e
• la distorsione equivalente δeq ∈ H ,
con le definizioni
eq , v : = − Kw , v , ∀v ∈ L,
(( δeq , τ )) : = (( δ − Bw , τ )) , ∀ τ ∈ H .
k (u, v) + b (σ, v) = eq , v , u∈L ∀v ∈ L,
M)
b (τ , u) − co (σ, τ ) = (( δeq , τ )) , σ ∈ H ∀τ ∈ H.
mediante le posizioni
• BL ∈ L L, H è la restrizione di B ∈ L V, H ,
• BL ∈ L H, FL è definito dalla relazione BL σ = B σ + R ,
• KL ∈ L L, FL è definito dalla relazione
KL u = Ku + R .
è lo spazio dei sistemi di forze di interazione tra parti degli elementi di T (Ω) .
In termini di operatori il problema misto primale puo essere posto nella forma
/ 0
K u + B σ= u KL BL u eq
L L eq
M) ⇐⇒ Λ = = .
B u − C σ= δ σ B −C σ δeq
L o eq L o
• L’operatore lineare Λ ∈ L L × H ; FL × H è detto operatore strutturale.
238 2 – FORMULAZIONE PRIMALE
Si osservi che sono valide in generale le seguenti inclusioni (vedi [16] proposizione
I.11.7 (p. 87))
Im K + Im B F
L L L
Im Λ ⊆ ⊆ ,
Im B + Im C H
L o
Ker KL ∩ Ker BL L
⊆ Ker Λ ⊆ .
Ker B ∩ Ker C H
L o
Ker KL = Ker K ∩ L .
⊥
Dim. Poiché u ∈ Ker KL ⇐⇒ u ∈ L : Ku ∈ R = L ⇒ Ku , u = 0 il
punto u ∈ L è di minimo assoluto per la forma quadratica non negativa Ku , u .
La derivata lungo un’arbitraria direzione v ∈ L deve pertanto annullarsi e ciò equivale
alla condizione
Ku , v = 0 ∀ v ∈ L ⇐⇒ Ku = o .
⊥
{eq , δeq } ∈ ( Ker Λ) ,
La buona posizione
del problema misto
equivale quindi a richiedere che l’operatore
strutturale Λ ∈ L L × H, FL × H sia tale che
⊥
Im Λ = ( Ker Λ) ,
⊥
Si noti che l’inclusione Im Λ ⊆ ( Ker Λ) è banale in quanto ogni dato cor-
rispondente ad una soluzione del problema misto soddisfa la condizione variazionale.
Dunque la buona posizione del problema misto consiste in effetti nel richiedere che
⊥
valga l’inclusione inversa Im Λ ⊇ ( Ker Λ) .
Sostituendo nell’espressione del nucleo si deduce che BL u = o e BL σ = o .
Si è cosı̀ dimostrato che
Ker BL ∩ Ker KL
Ker Λ ⊆ .
Ker B ∩ Ker C
L o
eq , v : = − Kw , v , ∀v ∈ L,
(( δeq , τ )) : = (( δ − Bw , τ )) , ∀ τ ∈ H .
La simmetria della rigidezza elastica K ∈ L V, F implica che
k (w, v) = Kv , w = 0 ∀ v ∈ Ker KL .
Si ha dunque che
(( τ , Bw )) = (( τ , Bw )) = ∀ τ ∈ S auto ,
⊕
in quanto per definizione S auto = [ BL ] . Dunque nel formulare la condizione di
ammissibilità è lecito considerare un qualsiasi spostamento ammissibile w ∈ La .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 241
ed inoltre Γw = ∂w .
In definitiva le condizioni di ammissibilità elastostatica e di ammissibilità elas-
tocinematica si possono riscrivere
, v = 0, ∀ v ∈ V rig ∩ Ker KL ,
(( δ, τ )) = Nτ , ∂w , ∀ τ ∈ S auto ∩ Ker Co .
In termini meccanici:
Nelle trattazioni della teoria delle strutture elastiche di norma la deformabilità elastica
è assunta non singolare e dunque si fa riferimento alla sola condizione di ammissibilità
elastostatica.
u ∈ L,
k (u, v) + b (σ, v) = eq , v ,
∀v ∈ L,
M)
σ ∈ H,
b (τ , u) − co (σ, τ ) = (( δeq , τ )) ,
∀τ ∈ H.
con
eq , v : = , v − k (w, v) ,
(( δeq , τ )) : = (( τ , δ )) − b (τ , w) .
i) Im BL chiuso in H,
ii) Ker KL + Ker BL chiuso in L,
iii) k (u, u) ≥ 0 ∀ u ∈ LC = Ker PBL ,
2
iv) k (u, u) ≥ ck u L/(Ker K ∩Ker B ) ∀ u ∈ Ker BL ; ck > 0,
L L
2
v) co (σ, σ) ≥ α σ H/Ker C ∀σ ∈ H ; α > 0,
o
vi) Ker BL + Ker Co chiuso in H,
dove
• P ∈ L H ; H è il proiettore ortogonale su Ker Co ⊆ H , cosı̀ che risulta
Im P = Ker Co , Ker P = Im Co .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 243
Il sottospazio lineare
LC : = Ker PBL = u ∈ L : BL u ∈ Im Co
Ker KL ∩ Ker BL = {o} ,
Ker BL ∩ Ker Co = {o} .
Si consideri
ora il caso in cui l’operatore di cedevolezza elastica della struttura
Co ∈ L H ; H sia definito positivo, e dunque in particolare iniettivo, per cui risulta
Ker Co = {o} e viene esclusa la possibilità che esistano stati di sforzo elasticamente
inefficaci.
La chiusura dell’immagine Im Co e la simmetria di Co ∈ L H ; H implicano
allora che
⊕
Im Co = ( Ker Co ) = H ,
ovvero
(KL + BL Eo BL )u = eq + BL Eo δeq , u ∈ L.
La discussione della buona posizione di tale problema può essere condotta come caso
particolare di quella svolta per il problema misto.
Il problema è ben posto se è soddisfatta la condizione inf-sup:
k (u, v) + (( Eo BL u , BL v ))
inf sup > 0,
u∈L v∈L u L/(Ker B ∩Ker K ) v L/(Ker B ∩Ker K
L L L L)
che equivale alla condizione di chiusura della forma bilineare dell’energia di defor-
mazione elastica
a (u, v) : = k (u, v) + (( Eo Bu , Bv )) ∀ u, v ∈ L ,
dove
k (u, v) = Ku , v = ko (u, v) + ∂K(Γu) , Γv .
All’energia di deformazione elastica è associato
l’operatore simmetrico e positivo di
rigidezza elastica della struttura AL ∈ L L ; FL definito da
AL : = KL + BL Eo BL .
, v = 0 ∀ v ∈ V rig ∩ Ker KL .
Osservazione 2.3.
Nel caso particolare in cui l’elasticità della struttura sia non singolare e non vi siano
vincoli elastici è possibile condurre una semplice discussione diretta dell’esistenza ed
unicità della soluzione del problema elastico.
In tal caso infatti, essendo Ker Co = {o} e K = O , il problema elastico si scrive
(BL Eo BL ) u = + BL Eo δeq , u ∈ L.
Le proprietà
• di H-ellitticità della rigidezza elastica Eo ∈ L H ; H :
2
(( Eo ε , ε )) ≥ cE ε H , ∀ε ∈ H,
o
• e di chiusura dell’immagine dell’operatore BL ∈ L L, H :
BL u H ≥ cB u L/Ker B , ∀ u ∈ U(Ω) .
L
2
(( Eo BL u , BL u )) ≥ c u L/Ker B , ∀u ∈ L.
L
Essendo inoltre Ker (BL Eo BL ) = Ker BL , la condizione necessaria e sufficiente di
esistenza di una soluzione è fornita da
, v = 0, ∀ v ∈ Ker BL = V rig ,
Infatti la condizione
BL Eo δeq , v = Eo δeq , BL v = 0 , ∀ v ∈ Ker BL ,
è banalmente soddisfatta.
246 2 – FORMULAZIONE PRIMALE
R(u, σ) = 1
2 k (u, u) − 12 co (σ, σ) + b (σ, u) − eq , u − (( δeq , σ )) ,
dove
• u ∈ L, σ ∈ H,
• eq = − Kw forza attiva equivalente,
• δeq = δ − Bw distorsione equivalente,
• Γw = ∂w , essendo ∂w ∈ ∂V il cedimento imposto al contorno.
Un campo di spostamento w ∈ V tale che Γw = ∂w esiste per ogni campo di
spostamento
sul contorno ∂w ∈ ∂V in virtù della suriettività dell’operatore di traccia
Γ ∈ L V ; ∂V .
Il problema elastico equivale alla ricerca di un punto di stazionarietà del fun-
zionale di Hellinger-Reissner in quanto le ondizioni del problema misto primale
equivalgono ad imporre che siano nulle le derivate direzionali parziale del funzionale
misto
du R(u, σ ; v) = o , u ∈ L , ∀v ∈ L,
M)
dσ R(u, σ ; τ ) = o , σ ∈ H , ∀ τ ∈ H .
F (u) = 1
2 a (u, u) − eff , u , u ∈ LC .
LC : = u ∈ L : Bu ∈ Im Co = Ker PBL ,
a (u, v) : = k (u, v) + (( Eo Bu , Bv )) , ∀ u, v ∈ LC ,
⊕
Per ogni δeq = δ − Bw ∈ ( Ker BL ∩ Ker Co ) = Im BL + Im Co si effettui la
decomposizione
∗ ∗
δeq = δ + δ with δ ∈ Im BL and δ ∈ Im Co .
∗
Scegliendo u ∈ L tale che BL u = δ si ponga u = u + u . Il carico efficace,
equivalente al carico, ai cedimenti ed alle distorsioni impresse, ha allora l’espressione
∗
eff , v : = eq , v − k (u, v) + (( Eo δ , Bv )) =
∗
= , v − k (u + w, v) + (( Eo δ , Bv )) , ∀ v ∈ LC .
Si considerino ora due specializzazioni del problema primale relative alla due
opposte circostanze in cui rispettivamente l’elasticità del materiale è non singolare
ovvero è nulla.
248 3 – FORMULAZIONE COMPLEMENTARE
• Se la cedevolezza elastica del materiale Co ∈ L H ; H è definita positiva risulta
Ker Co = {o} e quindi LC = L . Il funzionale energia potenziale assume allora
l’espressione
1
F (u) = a (u, u) − eff , u , u ∈ L .
2
con
, v : = , v − k (w, v) + (( Eo (δ − Bw) , Bv )) , ∀ v ∈ L .
eff
• Se la cedevolezza elastica del materiale Co ∈ L H ; H è nulla si ha invece che
LC = Ker BL ed il funzionale energia potenziale assume l’espressione
1
F (u) = k (u, u) − , u − k (w, u) , u ∈ Ker BL .
2
Se in particolare è nulla anche la rigidezza ∂K ∈ L ∂V ; ∂F dei vincoli al
contorno il funzionale energia potenziale si scrive
1
F (u) = ko (u, u) − , u − k (w, u) , u ∈ Ker BL .
2
Osservazione 2.4. Se si sceglie lo spostamento non conforme w ∈ V in modo che sia
soluzione del problema elastico in cui il modello strutturale è soggetto solo a spostamenti
Γw = ∂w imposti al contorno, allora il termine (( Eo Bw , Bv )) è nullo per ogni
v ∈ L . Infatti, l’ipotesi su w ∈ V assicura che risulta Eo Bw ∈ S auto e d’altra
⊕
parte S auto = (BL) . Il carico attivo equivalente eff ∈ FL è allora definito da
eff , v : = , v − k (w, v) + (( Eo δ , Bv )) , ∀v ∈ L,
per cui non sussiste la necessità di calcolare il campo di deformazioni Bw ∈ H
associato allo spostamento w ∈ V .
3. FORMULAZIONE COMPLEMENTARE
c (σ, τ ) = Cσ , τ = (( Co JS σ , JS τ )) + ∂C(Nσ) , Nτ ,
bo (σ, u) = ( Bo σ , u ) ,
ko (u, v) = ( Ko u , v ) .
Si consideri quindi
• l’operatore di cedevolezza elastica CΣ ∈ L Σ, DΣ , simmetrico e positivo,
definito dalla relazione
CΣ σ , τ = c (σ, τ ) , ∀τ ∈ Σ ,
o equivalentemente da
⊥ ⊥
CΣ σ = C σ + Σ ∈ D/Σ ≡ DΣ .
Dalla proposizione 2.1 (p. 238) si trae per analogia che risulta
Ker CΣ = Ker C ∩ Σ .
Osservazione 3.1. Si noti che lo spazio Σ è dotato della topologia Hilbertiana ereditata
dallo spazio S . La norma è quindi
2 2 2
σ S = σ H + Bo σ H , ∀ σ ∈ S .
Rispetto
a tale norma
la forma c ∈ L Σ, Σ ; e gli operatori di cedevolezza
bilineare
C ∈ L S ; D e CΣ ∈ L Σ ; DΣ sono limitati.
250 3 – FORMULAZIONE COMPLEMENTARE
(( τ , ε )) − Nτ , ∂w = ( Bo τ , u ) , ∀τ ∈ Σ ,
∂w = −∂C(Nσ) + ∂w .
Si osservi poi che la forza di massa totale b ∈ H è pari alla somma della reazione
elastica −Ko u ∈ H e del carico imposto b ∈ H
b = b − Ko u .
Ku , v + (( σ , Bv )) = , v , u ∈ w + L, ∀v ∈ L,
(( Bu , τ )) − (( Co σ , τ ))= (( δ , τ )) , σ ∈ H , ∀τ ∈ H.
Per far sı̀ che l’operatore di cedevolezza elastica al contorno operi sull’intero
sottospazio di definizione Im ∂K , è necessario dunque estendere il sottospazio degli
∗ ∗
sforzi conformi da Σ a Σ in modo che risulti Im∂K ⊆ NΣ .
∗ ∗
Daltronde affinchè l’operatore N ∂CN ∈ L Σ ; D sia ben definito su Σ
∗
è necessario che ad ogni elemento dello spazio NΣ corrisponda univocamente un
elemento di Im ∂K . Ne segue che bisogna porre
∗ ∗
NΣ = NΣ Im ∂K ⇐⇒ ΓL = ΓL ∩ Ker ∂K .
Si noti che le due equivalenze sopra riportate sono valide sotto la condizione che i
sottospazi lineari NΣ Im ∂K ⊆ ∂F e ΓL Im ∂C ⊆ ∂V siano chiusi.
Si ponga
• beq = b − Bo σt forza di massa equivalente,
• ∆eq = ∆ + Cσt distorsione attiva equivalente.
essendo Nσt = t .
La formulazione mista complementare del problema elastico si scrive allora
− c (σ, τ ) + bo (τ , u) = ∆eq , τ , σ ∈ Σ ∀τ ∈ Σ ,
M )C
+ bo (σ, v) + ko (u, v) = ( beq , v ) , u∈H ∀v ∈ H .
Si confronti tale espressione con la formulazione mista primale analizzata nella sezione
2.1 (p. 234)
k (u, v) + b (σ, v) = eq , v , u∈L ∀v ∈ L,
M)
b (τ , u) − co (σ, τ ) = (( δeq , τ )) , σ ∈ H ∀τ ∈ H,
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 253
dove si è posto
• δeq = δ − Bw distorsione equivalente,
• eq = − Kw forza attiva equivalente,
essendo Γw = ∂w .
E’ immediato verificare che risultano rispettate le regole di complementarietà
u∈V ⇐⇒ σ ∈ S ,
u∈L ⇐⇒ σ ∈ Σ ,
b∈H ⇐⇒ ε ∈ H ,
t ∈ ∂F ⇐⇒ ∂w ∈ ∂V ,
B∈L V; H ⇐⇒ Bo ∈ L S ; H ,
Γ ∈ L V ; ∂V ⇐⇒ −N ∈ L S ; ∂F .
K∈L V; F ⇐⇒ −C ∈ L S ; D .
Co ∈ L H ; H ⇐⇒ −Ko ∈ L H ; H .
Sia BΣ ∈ L Σ ; H la restrizione dell’operatore di equilibrio di massa al sot-
tospazio lineare degli sforzi conformi, definita da
BΣ σ : = Bo σ , ∀σ ∈ Σ ⊆ S .
cosı̀ che Ker BΣ = Ker Bo ∩ Σ = S auto = Ker BL .
L’operatore duale BΣ ∈ L H ; DΣ è definito dall’identità
bo (σ, u) : = BΣ u , σ = ( u , BΣ σ ) , ∀σ ∈ Σ ∀u ∈ H .
⊕
Im BΣ = Bo Σ = [V rig ] ⊂ H ,
⊕ ⊕⊕
Ker BΣ = [ Im BΣ ] = [V rig ] = V rig ,
/ 0
σ −CΣ BΣ σ ∆eq
C
Λ = = ,
u BΣ Ko u beq
con u ∈ H , σ ∈ Σ .
dove
• u∈H, σ ∈Σ,
• beq = b − Bo σt forza di massa equivalente,
• ∆eq = ∆ + Cσt distorsione attiva equivalente.
• Nσt = t , σt ∈ S , essendo t la forza di contatto agente sul contorno.
R(u, σ) = 1
2 k (u, u) − 12 co (σ, σ) + b (σ, u) − eq , u − (( δeq , σ )) ,
dove
• u ∈ L, σ ∈ H,
• eq = − Kw forza attiva equivalente,
• δeq = δ − Bw distorsione equivalente,
• Γw = ∂w , essendo ∂w ∈ ∂V il cedimento imposto al contorno.
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 255
K∗ u = Ko u ∀ u ∈ Im Ko ⊆ H .
/ 0 ∗ ∗
K∗ O u u ∈ Im Ko ,
Ko u = con
O O uo u ∈ Ker K ,
o o
e la cedevolezza elastica dei vincoli è definita da Do = K∗ −1 ∈ L Im Ko ; Im Ko .
⊕
Per ogni beq ∈ ( Ker BΣ ∩ Ker Ko ) = Im BΣ + Im Ko si effettui la decom-
posizione
∗ ∗
beq = b − Bo σt = b + b con b ∈ Im BΣ e b ∈ Im Ko .
∗
Sia σ ∈ Σ tale che BΣ σ = b e si ponga σ = σ + σ .
256 3 – FORMULAZIONE COMPLEMENTARE
∗ ∗ ∗ ∗
PC∗ ) − aC (σ , τ ) = ∆eff , τ , ∀ τ ∈ ΣK ,
dove
ΣK : = σ ∈ Σ : Bo σ ∈ Im Ko = Ker QBΣ .
aC (σ, τ ) : = c (σ, τ ) + (( Do Bo σ , Bo τ )) ∀ σ, τ ∈ Σ ,
∗
∆eff , τ : = ∆eq , τ − c (σ, τ ) + ( Do b , Bo τ ) =
∗
= ∆ , τ − c (σ + σt , τ ) + ( Do b , Bo τ ) ∀ τ ∈ ΣK ,
∗
eff , v : = eq , v − k (u, v) + (( Eo δ , Bv )) =
∗
= , v − k (u + w, v) + (( Eo δ , Bv )) ∀ v ∈ LC .
che è definito e convesso sul sottospazio lineare ΣK degli sforzi conformi elasti-
camente ammissibili.
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 257
1
F C (σ) = − aC (σ, σ) − ∆eff , σ , σ ∈Σ,
2
ha per dominio il sottospazio lineare Σ degli sforzi conformi in quanto, essendo
Im Ko = H risulta ΣK = Σ .
Ponendo allora Do = Ko −1 ∈ L H ; H , la forma bilineare dell’energia elastica
complementare si scrive
aC (σ, τ ) : = c (σ, τ ) + (( Do Bo σ , Bo τ )) ∀ σ, τ ∈ Σ ,
1
F (u) = a (u, u) − eff , u , u ∈ L,
2
dove
a (u, v) : = k (u, v) + (( Eo Bu , Bv )) , ∀ u, v ∈ LC ,
1
F C (σ) = − c (σ, σ) − ∆eff , σ , σ ∈ S auto ,
2
258 3 – FORMULAZIONE COMPLEMENTARE
dove
= ∆ , σ − c (σ + σt , σ) , ∀ σ ∈ S auto .
1
F C (σ) = − co (σ, σ) − ∆eff , σ , σ ∈ S auto ,
2
ed esplicitamente
F C (σ) = − 12 (( Co σ , σ )) − Nσ , ∂w − (( σ , δ )) + (( Co σ , σ + σt )) ,
con σ ∈ S auto .
Quest’ultima è la forma nella quale il funzionale energia complementare viene
usualmente espresso nei testi di meccanica delle strutture.
Osservazione 3.4. Nelle strutture composte da travi il sottospazio S auto dei campi
di sforzo in autoequilibrio è di dimensione finita e ciò consente, in assenza di vincoli
elastici di massa, di imporre la condizione di congruenza mediante la soluzione di un
numero finito di equazioni algebriche lineari.
Se invece sono presenti vincoli elastici di massa il sottospazio dei campi di prova
ΣK non è di dimensione finita.
Il metodo delle forze dell’ingegneria delle strutture comporta allora la soluzione
di un problema differenziale.
In tal caso il problema elastico ammette un’unica soluzione per ogni dato.
Nella forma complementare
del
problema
elastico il ruolo giocato dagli operatori
lineari BL ∈ L L ; H e Γ ∈ L V ; ∂V è preso rispettivamente
• dall’operatore aggiunto formale Bo ∈ L S ; H e
• dall’operatore lineare di flusso al contorno N ∈ L S ; ∂F .
In forza dei risultati della teoria (vedi Tomo I sezione II.10 (p. 243)), entrambi gli
operatori sono suriettivi.
E’ possibile sviluppare una trattazione complementare che riproduce tutti i prin-
cipali risultati di quella primale.
Nelle applicazioni la sostanziale differenza tra le formulazioni primali e comple-
mentari risiede nel fatto che il nucleo dell’operatore cinematico B ∈ L V ; H ha
dimensione finita per la maggior parte dei modelli strutturali (fanno eccezione le funi e
le membrane) mentre il nucleo dell’operatore Bo ∈ L S ; H è di dimensione finita
solo per alcune semplici travature.
In elasticità un ulteriore elemento distintivo tra formulazioni primali e comple-
mentari, di grande rilievo nelle applicazioni, consiste nella ellitticità della cedevolezza
elastica dovuta al comportamento elastico della struttura, in confronto alla possibile ed
anzi usuale singolarità della rigidezza elastica dei vincoli.
260 4 – FORMULAZIONI IBRIDE
4. FORMULAZIONI IBRIDE
ii) (b, v ) + t + ρ , Γv = 0 ∀ v ∈ Vo ,
⊥
dove σ ∈ H , b ∈ H , t ∈ F , ρ ∈ [ΓL] ,
Per dedurre l’espressione delle formulazioni ibride primali si osservi preliminar-
mente che la proposizione II.10.2 (p. 244) del Tomo I, fornisce l’eguaglianza
⊥
NΣ = [ΓL] .
E’ quindi possibile porre ρ = Nσρ con σρ ∈ Σ e scrivere la condizione di
equilibrio i) nella forma
(( σ , Bv )) − Nσρ , Γv = ( b , v ) + t , Γv , ∀v ∈ V ,
con σ ∈ H e σρ ∈ Σ .
Si noti quindi che
• la condizione variazionale di conformità cinematica
⊥
ΓL = [NΣ] ,
(vedi proposizione II.10.3 (p. 244) del Tomo I) consente di tradurre la condizione
di ammissibilità di un campo di spostamenti u ∈ V nella condizione variazionale
u∈V, Nτ , Γu − ∂w = 0 ∀ τ ∈ Σ ⇐⇒ Γu ∈ ∂w + ΓL .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 261
∗
i) a (u , v) − Nσρ , Γv = ( b − Ko u , v ) + t − ∂K(Γu) , Γv +
∗
+(( Eo δ , Bv )) − (( σo , Bv )) , ∀v ∈ V ,
∗
dove u ∈ VC , Eo = C∗−1 ∈ L Im Co ; Im Co , B ∈ L V ; H .
• La forma bilineare
∗ ∗ ∗ ∗
a (u , v) : = k (u , v) + (( Eo Bu , Bv )) ∀ u ∈ VC , ∀v ∈ V ,
k (u, v) = ( Ko JV u , JV v ) + ∂K(Γu) , Γv ∀ u, v ∈ V ,
∗ ∗ ∗
a (u , v) − Nσρ , Γv = ( b − Ko u , v ) + t − ∂K(Γu ) , Γv +
∗ ∗
= (( Eo δ , Bv )) , u ∈ VC , ∀ v ∈ VC .
Infatti risulta
σo ∈ Ker Co ⇒ (( σo , Bv )) = 0 ∀ v ∈ VC .
262 4 – FORMULAZIONI IBRIDE
⊥ ⊥
Essendo inoltre Im B P = [ Ker PB] = VC , con P ∈ L H ; H proiettore
ortogonale su Im Co , si ha che
⊥
f ∈ VC ⊂ F ⇒ ∃ σ ∈ H : f = B Pσ ⇐⇒ (( Pσ , Bv )) = 0 ∀ v ∈ VC .
con
∗ ∗ ∗ ∗
a (u , v) : = k (u , v) + (( Eo Bu , Bv )) , u ∈ VC , ∀ v ∈ VC ,
∗
f , v : = ( b − Ko u , v ) + t − ∂K(Γu) , Γv + (( Eo δ , Bv )) .
⊥
La seconda equazione del problema FIP I , in virtù dell’eguaglianza NΣ = [ΓL] ,
equivale alla condizione di conformità Γu ∈ ∂w + ΓL ovvero u ∈ w + L con
Γw = ∂w .
Si noti che lo sforzo σρ ∈ Σ non fornisce la soluzione del problema elastico, che
è data da σ = Eo Bu , ma solo un campo di moltiplicatori di Lagrange per la
condizione di conformità dei cinematismi.
Proposizione 4.1. Buona posizione. Il problema misto FIP I) è ben posto se e solo
se sono soddisfatte le condizioni
• La forma bilineare a (u, v) è chiusa su VC × VC e cioè è soddisfatta la condizione
inf-sup:
k (u, v) + (( Eo Bu , Bv ))
c1) inf sup > 0,
u∈VC v∈VC u V/(Ker B∩Ker K) v V/(Ker B∩Ker K)
Dim. La proposizione è una diretta conseguenza della proposizione 6.1 (p. 278). Se
infatti nel problema misto M) della proposizione 6.1 (p. 278) si effettuano le posizioni
formali
• Co = O ,
• a (u, v) al posto di k (u, v) ,
• Nσ , Γu al posto di b (σ, u) ,
si ottiene il problema misto FIP I) .
⊥
Si noti che la condizione Im B P = [ Ker PB] non è richiesta per la buona po-
sizione del problema misto FIP I) ma è necessaria e sufficiente affinchè tale problema
sia equivalente alla condizione variazionale i) .
La discussione della buona posizione in completa generalità richiede di fornire
condizioni sufficienti al soddisfacimento delle condizioni c1) e c2) .
Nel seguito si sviluppano invece alcuni casi particolari che sono di interesse per le
applicazioni e per i quali si può pervenire in modo diretto a stabilire la buona posizione.
u∈V, Nτ , Γu − ∂w = 0 ∀ τ ∈ Σ ⇐⇒ Γu ∈ ∂w + ΓL .
i) (b, v ) + t + ρ , Γv = (( σ , Bv )) ∀ v ∈ V ,
e si ponga
• σ = Eo (Bu − δ) ,
• b − Ko u al posto di b ,
• t − ∂K(Γu) al posto di t ,
⊥
• Nσρ al posto di ρ ∈ [ΓL] = NΣ , con σρ ∈ Σ .
264 4 – FORMULAZIONI IBRIDE
Si ottiene quindi
a (u, v) − Nσρ , Γv = ( b , v ) + t , Γv + (( Eo δ , Bv )) ∀ v ∈ V ,
dove
a (u, v) : = k (u, v) + (( Eo Bu , Bv )) ∀ u, v ∈ V ,
k (u, v) = ( Ko JV u , JV v ) + ∂K(Γu) , Γv ,
γ (σ, u) : = Nσ , Γu , ∀u ∈ V , ∀σ ∈ S ,
con u ∈ V e σρ ∈ Σ e
f , v : = ( b , v ) + t , Γv + (( Eo δ , Bv )) .
Γu ∈ ∂w + ΓL ,
ovvero u ∈ w + L essendo Γw = ∂w .
La condizione differenziale di congruenza è identicamente soddisfatta poichè dalla
posizione σ = Eo (Bu − δ) si deduce che Bu = δ + Co σ .
Osservazione 4.1. Si noti che lo sforzo σρ ∈ Σ non fornisce la soluzione del problema
elastico, che è data da σ = Eo (Bu − δ) , ma solo un campo di moltiplicatori di
Lagrange per la condizione di compatibilità dello spostamento di prova.
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 265
Il problema elastico si può scrivere come punto di sella del funzionale ibrido
primale I
P(u, σρ ) = 12 a (u, u) − γ (σρ , u) +
−( b , u ) − t , Γu − (( Eo δ , Bu )) + γ (σρ , w) ,
dove u ∈ V , σρ ∈ Σ .
Osservazione 4.2. Nel caso in cui l’elasticità della struttura non è singolare è facile
vedere che la condizione di buona posizione c2)
della proposizione 4.1 è conseguenza
del fatto che l’operatore cinematico
B ∈ L V ; H è un operatore di Korn e che
l’operatore al contorno Γ ∈ L V ; ∂V è suriettivo.
Infatti la condizione inf-sup che esprime la chiusura della forma bilineare
Nσ , Γu su Σ × V equivale alla diseguaglianza
a) Γ Nσ F ≥ c σ S/(Ker Γ N∩Σ) , ∀σ ∈ Σ .
Si noti poi che
⊥
Ker Γ = ( Im Γ) = {o} ⇒ ( Ker Γ N) ∩ Σ = ( Ker N) ∩ Σ = Ker N .
La diseguaglianza a)è quindi una diretta conseguenza della chiusura dell’immagine
dell’operatore Γ ∈ L V ; ∂V che, per il teorema dell’immagine
chiusa, equivale alla
chiusura dell’immagine dell’operatore Γ ∈ L ∂F ; F , a sua volta equivalente alla
diseguaglianza
b) Γ t F ≥ cΓ t ∂F , ∀ t ∈ ∂F .
⊥
Essendo infatti NΣ = (ΓL) , sussiste anche la diseguaglianza
c) Nσ ∂F ≥ cN σ S/Ker N , ∀σ ∈ Σ .
Ponendo t = Nσ nella b) , dalle b) e c) si ottiene la a) .
Ne segue che il problema misto FIP I è ben posto se la forma bilineare a (u, v)
è V-ellittica e cioè se vale la diseguaglianza
2
a (u, u) ≥ ca u V/(Ker K∩Ker B) ∀u ∈ V ,
in quanto tale condizione garantisce che sussiste la diseguaglianza c1) della propo-
sizione 4.1. Condizioni sufficienti sono fornite dalla proposizione 6.9 (p. 287) ponendo
L=V.
Per quanto attiene all’unicità si ha che
• La u-soluzione è unica in V se e solo se
$
a (u, v) = 0 ∀ v ∈ V ,
u∈V, ⇒ u = o,
γ (τ , u) = 0 ∀ τ ∈ Σ ,
e cioè se Ker B ∩ Ker K ∩ L = 0 .
• La σρ -soluzione è definita a meno di campi σ ∈ Σ tali che
γ (σ, v) = 0 ∀ v ∈ V ⇐⇒ σ ∈ Ker N .
E’ peraltro evidente che nel problema FIP I intervengono solo i valori del flusso
al contorno del campo σρ ∈ Σ .
266 4 – FORMULAZIONI IBRIDE
dove u ∈ Vo = Ker B , σρ ∈ Σ e
f , v : = t − ∂K[Γuδ ] , Γv + ( b − Ko uδ , v ) .
k (u, v) = ( Ko JV u , JV v ) + ∂K(Γu) , Γv ∀ u, v ∈ V .
⊥
• La seconda equazione della FIP II , in virtù dell’eguaglianza ΓL = [NΣ] ,
equivale alla condizione di conformità
Γ(u + uδ ) ∈ ∂w + ΓL ,
ovvero u + uδ ∈ w + L con Γw = ∂w .
Il problema elastico si può scrivere come punto di sella del funzionale ibrido primale II
1
2 k (u, u) − Nσρ , Γu − f , v + Nσρ , ∂w − Γuδ ,
con u ∈ Vo , σρ ∈ Σ .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 267
dove
Σo : = σ ∈ Σ : Nσ , Γv = 0 ∀ v ∈ Vo .
Si vuole mostrare che la condizione a è soddisfatta.
A tal fine si definiscano gli operatori
• Γo ∈ L Vo ; ∂V con Γo u = Γu ∀ u ∈ Vo ,
• Γo ∈ L ∂F ; Fo , con Γo t = Γ t + Vo⊥ ∀ t ∈ ∂F ,
• No ∈ L S ; ∂F/(ΓVo )⊥ con No σ = Nσ + (ΓVo )⊥ ∀σ ∈ S ,
• NΣ ∈ L Σ ; ∂F con NΣ σ = Nσ ∀ σ ∈ Σ ,
con Fo = F/Vo⊥ duale di Vo . La condizione a) può allora essere espressa da
a) Γo Nσ Fo ≥ c σ S/(Ker Γo NΣ ) , ∀σ ∈ Σ .
Si noti poi che
⊥ ⊥
Ker Γo = ( Im Γo ) = (ΓVo ) = NSo ⇒
No Σ = NΣ + (ΓVo )⊥ /(ΓVo )⊥ ,
è chiuso in ∂F/(ΓVo )⊥ , Sussiste quindi la diseguaglianza
c) Nσ ∂F/(ΓVo )⊥ ≥ cN σ S/Σo , ∀σ ∈ Σ .
Pertanto, ponendo t = Nσ nella b) , dalle b) e c) si ottiene la a) .
268 4 – FORMULAZIONI IBRIDE
γ (σ, v) = 0 ∀ v ∈ Vo ⇐⇒ Nσ ∈ NΣ ∩ NSo .
E’ peraltro evidente che nel problema FIP II interviene solo il valore del flusso
al contorno del campo σρ ∈ Σ .
i) (( τ , δ )) − Nτ , ∂w + Γvo = ( Bo τ , u ) ∀τ ∈ S ,
ii) (( τ , δ )) − Nτ , ∂w + Γvo =0 ∀ τ ∈ So ,
dove δ ∈ H , ∂w ∈ ∂V , u ∈ H , vo ∈ L .
Formulazione ibrida complementare I
La prima formulazione ibrida complementare è relativa al caso in cui l’elasticità
dei vincoli di massa è non singolare e cioè risulta Ker Ko = {o} . Siano quindi
• Do = Ko −1 ∈ L H ; H la cedevolezza dei vincoli di massa,
• Co ∈ L H ; H la cedevolezza della struttura,
• ∂C ∈ L ∂F ; ∂V la cedevolezza dei vincoli di contatto,
e si ponga
• u = Do (b − Bo σ) ,
• δ + Co σ al posto di δ ,
• ∂w − ∂C(Nσ) al posto di ∂w .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 269
dove
aC (σ, τ ) : = c (σ, τ ) + (( Do Bo σ , Bo τ )) ∀ σ, τ ∈ S ,
dove σ ∈ S , vo ∈ L .
270 4 – FORMULAZIONI IBRIDE
2
aC (σ, σ) ≥ ca σ ∀σ ∈ S ,
S/(Ker C∩Ker Bo )
a) ΓL Nσ F ≥ c σ S/(Ker Γ N) , ∀σ ∈ S .
L L
a) ΓL Nσ F ≥ c σ S/Σ , ∀σ ∈ S .
L
⊥
La proprietà di chiusura di Im ΓL , stante la relazione Ker ΓL = (ΓL) equivale alla
diseguaglianza
b) ΓL t F ≥ cΓ t ∂F/(ΓL)⊥ , ∀ t ∈ ∂F .
L
Essendo NS = ∂F (vedi Tomo I sezione II.10 (p. 243)) ne segue che sussiste la
diseguaglianza
c) Nσ ∂F/(ΓL)⊥ ≥ cN σ S/Σ , ∀σ ∈ S .
γ (τ , v) = 0 ∀ τ ∈ S ⇐⇒ v ∈ Ker Γ .
E’ peraltro evidente che nel problema FIC I intervengono solo i valori al contorno
del campo vo ∈ L .
dove σ ∈ So = Ker Bo , vo ∈ L .
Il sistema cinematico ∆ ∈ So è definito da
∆, τ : = Nτ , ∂w − ∂C[Nσb ] − (( δ + Co σb , τ )) , ∀ τ ∈ So .
⊥
N(σ + σb ) ∈ t + [ΓL] .
dove σ ∈ So , vo ∈ L .
2
c (σ, σ) ≥ cc σ ∀ σ ∈ Ker Bo ,
S/(Ker C∩Ker Bo )
a) ΓL Nσ F ≥ c σ S/(Ker Γ No ) , ∀ σ ∈ So .
L L
⊥ ⊥
Ker ΓL = ( Im ΓL ) = (ΓL) = NΣ ⇒ Ker ΓL No = So ∩ Σ .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 273
⊥
La proprietà di chiusura di Im ΓL , stante la relazione Ker ΓL = (ΓL) equivale alla
diseguaglianza
b) ΓL t F ≥ cΓ t ∂F/(ΓL)⊥ , ∀ t ∈ ∂F .
L
In forza della proposizione II.10.4 (p. 245) del Tomo I sussiste l’eguaglianza
⊥
NSo + (ΓL)⊥ = (Γ Ker BL ) ,
⊥
che, per l’eguaglianza NΣ = [ΓL] , equivale a Ker Co ∩ Ker ∂C ∩ Σ = 0 .
• La vo -soluzione è definita a meno di campi conformi v ∈ L tali che
γ (τ , v) = 0 ∀ τ ∈ So ⇐⇒ Γv ∈ ΓL ∩ Γ( Ker B) .
E’ peraltro evidente che nel problema FIC II intervengono solo i valori al con-
torno del campo vo ∈ L .
274 5 – SYNOPSIS
5. SYNOPSIS
k (u, v) + b (σ, v) = eq , v , u∈L ∀v ∈ L,
M)
b (τ , u) − co (σ, τ ) = (( δeq , τ )) , σ ∈ H ∀τ ∈ H.
R(u, σ) = 1
2 k (u, u) − 12 co (σ, σ) + b (σ, u) − eq , u − (( δeq , σ ))
F (u) = 1
2 a (u, u) − eff , u , u ∈ LC .
dove LC : = u ∈ L : Bu ∈ Im Co = Ker PBL e
a (u, v) : = k (u, v) + (( Eo Bu , Bv )) , ∀ u, v ∈ L ,
− c (σ, τ ) + bo (τ , u) = ∆eq , τ , σ ∈ Σ ∀τ ∈ Σ ,
M )C
+ bo (σ, v) + ko (u, v) = ( beq , v ) , u∈H ∀v ∈ H ,
F C (σ) = 1
2 aC (σ, σ) − ∆eff , σ , σ ∈ ΣK ,
dove Ker Ko = {o} , ΣK : = σ ∈ Σ : Bo σ ∈ Im Ko = Ker QBΣ e
aC (σ, τ ) : = −c (σ, τ ) − (( Do Bo σ , Bo τ )) ∀ σ, τ ∈ Σ ,
∆eff , τ : = ∆ , τ + c (σt , τ ) − (( Do (b − Bo σt ) , Bo τ )) , ∀ τ ∈ ΣK .
∗ ∗
a (u , v) − Nσρ , Γv = f , v , u ∈ VC , ∀ v ∈ VC ,
∗
− Nτ , Γu = − Nτ , ∂w , σρ ∈ Σ , ∀τ ∈ Σ ,
dove
VC : = u ∈ V : Bu ∈ Im Co = Ker PB .
k (u, v) − Nσρ , Γv = f , v , ∀ v ∈ Vo ,
− Nτ , Γu = − Nτ , ∂w − Γuδ , ∀ τ ∈ Σ ,
dove u ∈ Vo = Ker B , σρ ∈ Σ e
f , v : = t − ∂K[Γuδ ] , Γv + ( b − Ko uδ , v ) .
k (u, v) : = ( Ko JV u , JV v ) + ∂K(Γu) , Γv ∀ u, v ∈ V .
276 5 – SYNOPSIS
P(u, σρ ) = 1
2 a (u, u) − Nσρ , Γu +
−( b , u ) − t , Γu − (( Eo δ , Bu )) + Nσρ , ∂w ,
dove u ∈ V , σρ ∈ Σ e
a (u, v) : = k (u, v) + (( Eo Bu , Bv )) ∀ u, v ∈ LC .
aC (σ, τ ) − Nτ , Γvo = η, τ ∀τ ∈ S ,
FIC I)
− Nσ , Γv = − t , Γv ∀ v ∈ L ,
dove σ ∈ S e vo ∈ L e
aC (σ, τ ) : = c (σ, τ ) + (( Do Bo σ , Bo τ )) ∀ σ, τ ∈ Σ ,
dove σ ∈ S , vo ∈ L ,
formulazione ibrida complementare II (FIC II)
c (σ, τ ) − Nτ , Γvo = ∆, τ ∀ τ ∈ So ,
− Nσ , Γv = Nσb , Γv − t , Γv ∀ v ∈ L ,
dove σ ∈ So = Ker Bo , vo ∈ L .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 277
6. COMPLEMENTI
Il prossimo teorema, che è dovuto all’autore [14], rivela quali siano le proprietà da
richiedere agli operatori che governano il problema elastico affinchè le condizioni vari-
azionali di ammissibilità elastostatica e di ammissibilità elastocinematica, da imporre
rispettivamente ai carichi ed alle distorsioni impresse, siano sufficienti ad assicurare
l’esistenza di almeno una soluzione del problema elastico.
Proposizione
6.1.
Teorema Primale. Si assuma che l’operatore cinematico
B ∈ L V ; H sia un operatore di
Korn, che l’operatore di cedevolezza elas-
tica della struttura
Co ∈ L H ; H e l’operatore di rigidezza elastica dei vincoli
KL ∈ L L ; FL siano simmetrici e positivi e che l’immagine Im Co sia chiusa in
H . Allora il problema misto
KL u + BL σ= − Kw ,
M)
BL u − Co σ= δ − Bw ,
se e solo se
⊥
Im ALL = ( Ker ALL ) ,
Im BL + Im Co è chiuso in H ,
dove
• P ∈ L H ; H è il proiettore ortogonale su Ker Co ⊆ H , cosı̀ che risulta Im P =
Ker Co , Ker P = Im Co ,
• LC : = Ker PBL = u ∈ L : BL u ∈ Im Co è il sottospazio degli sposta-
menti conformi elasticamente ammissibili, cioè quelli che danno luogo a deformazioni
elasticamente ammissibili,
278 6 – COMPLEMENTI
∗ ∗
• C ∈ L Im Co ; Im Co è la cedevolezza elastica efficace, definita da C σ = Co σ
per σ ∈ Im Co sottospazio lineare degli sforzi elasticamente efficaci,
∗−1
• Eo = C ∈ L Im Co ; Im Co è l’operatore di rigidezza elastica,
• A : = KL +BL Eo BL ∈ L LC ; FL è l’operatore di risposta elastica della struttura
a spostamenti conformi elasticamente ammissibili,
⊥
• Φ ∈ L FL ; FL /LC , è la suriezione canonica che ad ogni forza attiva f ∈ FL
associa la corrispondente forza attiva elasticamente efficace e cioè la classe di equiv-
⊥
alenza f + LC ,
⊥
• ALL : = ΦA ∈ L FL ; FL /LC descrive la risposta elastica attiva della struttura
a spostamenti conformi elasticamente ammissibili,
Si vuole ora fornire una condizione necessaria e sufficiente per la buona posizione
del problema misto M .
Pianificando la strategia, cerchiamo inizialmente di trasformare il problema misto
M in un problema enunciato in termini dei soli parametri cinematici.
A questo scopo occorre modificare la condizione M2 di compatibilità cinematica
invertendo la legge elastica per ottenere una espressione del campo tensionale σ ∈ H
in termini della deformazione associata con il campo cinematico ammissibile
u ∈ La .
Poiché l’operatore di cedevolezza elastica materiale Co ∈ L H, H è singolare,
occorre considerare la sua parte non singolare.
Data la simmetria di Co e la chiusura del sottospazio lineare Im Co in H , il
sottospazio lineare Ker Co delle tensioni elasticamente inefficaci ed il sottospazio
lineare Im Co delle deformazioni elastiche verificano le condizioni di di ortogonalità
⊕ ⊕
Ker Co = ( Im Co ) and Im Co = ( Ker Co ) ,
L’operatore di cedevolezza efficace C∗ ∈ L Im Co ; Im Co tale che
C∗ σ = Co σ ∀ σ ∈ Im Co ⊆ H,
è definito positivo e l’operatore Co ∈ L H, H può essere partizionato come segue
/ 0 ∗ ∗
C∗ O σ σ ∈ Im Co ,
Co σ = con
O O σo σ ∈ Ker C .
o o
Si noti che il nucleo dell’operatore prodotto PBL ∈ L L ; Ker Co è definito da
Ker PBL = u ∈ L | Bu ∈ Im Co ,
ed i suoi elementi sono i campi cinematici conformi che generano campi di deformazione
elastici.
⊕
Osservazione 6.1. La condizione Im BL + Im Co = ( Ker BL ∩ Ker Co ) è necessaria
per la buona posizione del problema misto.
In virtù della proposizione I.11.7 (p. 87) in [16], questa condizione è equivalente
alla chiusura di Im BL + Im Co = Im BL + Ker P in H , e per la proposizione
I.11.8 (p. 88) in [16], alla chiusura della somma Ker BL + Ker Co poiché Im BL e
Im Co sono chiusi in H .
Inoltre, per la proposizione I.11.10 (p. 90) in [16], questa assunzione è anche
equivalente alla chiusura di Im BL P in FL e quindi, per il teorema della immagine
chiusa, alla chiusura di Im PBL .
∗ ∗
δeq = δ + δ con δ ∈ Im BL e δ ∈ Im Co .
∗
Scegliendo u ∈ L tale che BL u = δ si ponga u = u + u .
280 6 – COMPLEMENTI
∗ ∗ ∗
σ = Eo (Bu − δ ) .
ed il carico efficace
∗
eff , v : = eq , v − k (u, v) + (( Eo δ , Bv )) =
∗
= , v − k (u + w, v) + (( Eo δ , Bv )) ∀ v ∈ L .
L’operatore di rigidezza A = KL + BL Eo BL è definito dall’identità
∗ ∗ ∗
Au , v = a (u , v) ∀ u ∈ Ker PBL ∀v ∈ L.
∗
nei campi incogniti u ∈ Ker PBL e σo ∈ Ker Co è equivalente al problema ridotto
∗ ∗ ∗ ∗
P∗ ) a (u , v ) = eff , v ∀ v ∈ Ker PBL ,
∗
nel campo incognito u ∈ Ker PBL .
∗
Dim. Chiaramente se {u , σo } ∈ Ker PBL × Ker Co è una soluzione del problema
∗ ∗
P allora u sarà soluzione del problema P∗ . In realtà si ha che (( σo , Bv )) = 0 per
∗ ∗ ⊕
ogni v ∈ Ker PBL poiché σo ∈ Ker Co e Bv ∈ Ker P = Im Co = ( Ker Co ) .
∗ ∗
Viceversa se u ∈ Ker PBL è soluzione del problema P la forza attiva f ∈ FL ,
definita da
∗
f , v : = a (u , v) − eff , v , ∀v ∈ L,
⊥
appartiene a ( Ker PBL ) . L’ipotesi che Im PBL sia chiuso in H assicura che
⊥
Im BL P = ( Ker PBL ) .
⊥
Dunque per ogni r ∈ ( Ker PBL ) si può trovare un σo ∈ Im P = Ker Co tale che
∗
BL σo = r . Allora r , v = (( σo , Bv )) per ogni v ∈ L , e la coppia {u , σo } è
soluzione del problema P . Il campo σo è unico a meno di elementi del sottospazio
Ker BL ∩ Ker Co delle autotensioni elasticamente inefficaci.
Osservazione 6.2. E’ utile osservare che l’espressione del carico efficace eff dipende
∗
dalla coppia {u, δ } ∈ L × Im Co e che il campo u è determinato da δ solo a meno
di un addizionale campo rigido conforme. Inoltre la decomposizione additiva delle
⊕
distorsioni ammissibili δeq ∈ ( Ker BL ∩ Ker Co ) = Im BL + Im Co nella somma
∗
δ + δ è unica a meno di elementi di Im BL ∩ Im Co .
Si può facilmente mostrre che la soluzione {u, σ} del problema misto M , ottenuta
∗ ∗
mediante le somme u = u + u e σ = σo + σ , rimane univocamente individuata
nonostante l’indeterminazione di eff ∈ FL .
attraverso le relazioni
∗ ∗ ⊥ ∗
ALL u : = AL u + ( Ker PBL ) ∀ u ∈ Ker PBL ,
⊥
o : = eff + ( Ker PBL ) .
Il seguente risultato è una diretta conseguenza del teorema della immagine chiusa.
⊥
è ben posto se e solo se Im ALL è chiuso in FL /( Ker PBL ) . Questa proprietà
di chiusura è equivalente alla chiusura della forma simmetrica a su Ker PBL ×
Ker PBL ed è espressa dalla condizione di inf-sup
∗ ∗
a (u , v )
inf sup > 0.
∗ ∗
u ∈Ker PBL v ∈Ker PBL
u L/Ker A v∗ L/Ker A
∗
LL LL
⊥
L’esistenza di una soluzione è quindi garantita se e solo se o ∈ ( Ker ALL ) e la
soluzione è unica a meno di elementi di Ker ALL .
VI – FORMULAZIONI VARIAZIONALI 283
(( Eo ε , ε )) = (( σε , Co σε )) ≥ 0.
co (σ, τ ) = c (τ , σ) , c (σ, σ) ≥ 0 ∀ σ, τ ∈ H ,
k (u, v) = k (v, u) , k (u, u) ≥ 0 ∀ u, v ∈ L .
Dim. Per definizione gli elementi di Ker ALL sono i campi cinematici u ∈ Ker PBL
che soddisfano la condizione variazionale
k (u, u) + (( Eo BL u , BL u )) = 0.
Entrambi i termini, essendo non negativi devono annullarsi. Quindi per la definizione
positiva di Eo su Im Co si ha che u ∈ Ker BL .
Per la positività di k in L e la condizione k (u, u) = 0 se ne deduce che il
campo u ∈ Ker PBL è un punto di minimo assoluto di k in L . Valutando la derivata
direzionale lungo una direzione arbitraria v ∈ L per la simmetria di k si ha
k (u, v) = 0 ∀ v ∈ L ⇐⇒ KL u = o ⇐⇒ u ∈ Ker KL ,
ed il risultato è dimostrato.
284 6 – COMPLEMENTI
⊥
o ∈ ( Ker BL ∩ Ker KL ) .
∗
Ora per ogni coppia {u, δ } ∈ L × Im C si ha
∗
(( Eo δ , Bv )) − k (u + w, v) = 0 ∀ v ∈ Ker BL ∩ Ker KL .
⊥
∈ ( Ker BL ∩ Ker KL ) .
∗
D’altra parte, quando la coppia {u, δ } varia in L × Im Co , la distorsione corrispon-
∗
dente δ − Bw = Bu + δ varierà sull’intero sottospazio Im BL + Im Co e questo
⊕
sottospazio, per la chiusura di Im PBL , coincide con ( Ker BL ∩ Ker Co ) .
In conclusione le condizioni di ammissibilità
⊥ ∗
∈ ( Ker BL ∩ Ker KL ) , {u, δ } ∈ L × Im Co ,
a (u, v) : = k (u, v) + (( Eo BL u , BL v )) ,
sul sottospazio Ker PBL × Ker PBL e può riscriversi come condizione inf-sup:
k (u, v) + (( Eo BL u , BL v ))
inf sup > 0.
u∈Ker PBL v∈Ker PBL u L/(Ker B ∩Ker K ) v L/(Ker B ∩Ker K
L L L L)
si ha che
lim k (un , un ) + (( Eo Bun , Bun )) = 0.
n→∞
Per i) entrambi i termini della somma sono non negativi e quindi si annullano al limite.
Quindi, dalla iii) si ha
co (σ, τ )
inf sup > 0,
σ∈H τ ∈H σ H/Ker C τ H/Ker C
o o
co (σ, σ)
inf ≥ α > 0.
σ∈H σ 2H/Ker C
o
Co σ H ≥ Co σ H ∀ σ ∈ Im Co ,
2
(( σ , Co σ )) ≥ α σ H ∀ σ ∈ Im Co ; α > 0.
Poiché Eo = C∗ −1 ∈ L Im Co ; Im Co , ponendo σ = Eo ε e Co σ = ε, si ha
Eo ε , ε )) ≥ α Co −2 ε H
2
(( ∀ ε ∈ Im Co .
ed il risultato è dimostrato.
Si può ora stabilire il risultato principale.
su Ker PBL e quindi a fortiori la sua chiusura su Ker PBL . La proprietà di ellitticità
v) implica che la forma bilineare simmetrica co è chiusa su H . Dunque le condizioni
di buona posizione della proposizione 6.1 (p. 278) sono soddisfatte.
Osservazione 6.3. Si noti che se l’operatore cinematico B ∈ L V ; H è un operatore
di Korn (vedi sezione II.6.3 (p. 210)) del Tomo I. Allora
• essendo dim Ker BL < + ∞ la somma Ker KL + Ker BL è chiusa in L ,
• essendo Im BL chiusa in H anche Im BL è chiusa in FL per il teorema
dell’immagine chiusa di Banach.
Se inoltre l’elasticità della struttura è non singolare, cosı̀ che Ker Co = {o} e P = O ,
allora Ker PBL = L e Im BL P = {o} . Dunque Im BL P è chiuso in FL e la buona
posizione è assicurata se sono soddisfatte le iii) , iv) e v) .
Anche nel caso in cui l’elasticità della struttura è nulla, cosı̀ che Ker Co = H e P = I ,
il sottospazio Im BL P = Im BL è chiuso in FL ,la buona posizione è assicurata se
sono soddisfatte le iii) , iv) e v) .
La discussione della buona posizione del problema elastico in forma mista presen-
tata in questa sezione è basata sui risultati pubblicati in [14].
u ∈ L,
k (u, v) + b (σ, v) = eq , v ,
∀v ∈ L,
M)
σ ∈S,
b (τ , u) − co (σ, τ ) = (( δeq , τ )) ,
∀τ ∈ S .
(( τ , Bu ))
sup ≥ cB u H/Ker B = cB u − Πu L , ∀u ∈ L.
τ ∈H τ H L
(( δeq , τ )) + co (σ, τ )
a) cB u − Πu L ≤ sup ≤ δeq H + co σ H .
τ ∈H τ H
⊥
Si consideri quindi l’operatore ridotto K ∈ L Ker BL ; F/( Ker BL ) definito
da
⊥
Ku : = Ku + ( Ker BL ) , ∀ u ∈ Ker BL .
⊥
La chiusura dell’immagine Im K ⊆ F/( Ker BL ) equivale a quella del sotto-
⊥
spazio lineare K ( Ker BL ) + ( Ker BL ) ⊆ F ed alla diseguaglianza
k (u, v)
inf sup ≥ ck > 0 .
u∈Ker BL v∈Ker BL u L v L
In termini del proiettore ortogonale Π ∈ L L ; L su Ker BL ⊂ L , la diseguaglianza
precedente può scriversi
k (Πu, v)
ck Π u L ≤ sup , ∀u ∈ L.
v∈Ker BL v L
Dunque
k (Πu, v) k (u, v) − k (u − Πu, v)
ck Π u L ≤ sup = sup .
v∈Ker BL v L v∈Ker BL v L
Dalla prima delle M) segue che
k (u, v) = eq , v , ∀ v ∈ Ker BL .
Dunque, osservando che
k (u, v) − k (u − Πu, v) k (u, v) k (u − Πu, v)
sup ≤ sup + sup ,
v∈Ker BL v L v∈Ker BL v L v∈Ker BL v L
si trae che
b) ck Π u L ≤ eq FL + k u − Πu L .
2
+ c2 eq FL + δeq H ,
2
co (σ, σ) ≥ α σ H ∀ σh ∈ Sh ,
dove 2
c3 c3 c2
c4 = + + .
2α 2α α
La c) conduce infine alla maggiorazione
u L + σ H ≤ m eq FL + δeq H ,
dove
m = c1 c4 + c2 + 1 .
La m è quindi una funzione non lineare di
co , k, cB , ck , α,
Se l’operatore cinematico
BL ∈ L L ; H è un operatore di Korn, la cedevolezza
di massa Ko ∈ L H ; H soddisfa
la condizione di ellitticità iii) e la cedevolezza
della struttura Co ∈ L H ; H è non singolare e H-ellittica, cioè se
2
co (σ, σ) ≥ α σ H ∀σ ∈ H,
⊕
Im BΣ = Bo Σ = [V rig ] ,
L’equivalenza
Im BΣ + Im Ko chiuso in H ⇐⇒ Ker BΣ + Ker Ko chiuso in H ,
segue poi dalla proposizione I.11.8 (p. 88) di [16] in quanto i sottospazi lineari Im BΣ
e Im Ko sono chiusi in H .
Infine dalla proposizione I.11.6 (p. 86) di [16], segue la proprietà di chiusura vi)
della somma Ker BΣ + Ker Ko in conseguenza della dimensione finita di Ker BΣ =
V rig .
RIFERIMENTI
Lh ⊂ L , spostamenti discreti,
Sh ⊂ H , sforzi discreti,
1.1. Equilibrio
sono definiti da
Bh uh = B uh +Sh⊕ , ∀ uh ∈ Lh ,
⊥
Bh σh = B σh +Lh , ∀ σh ∈ Sh .
⊥ ⊥
−1 L + Lh −1 ⊥
Ker Bh = Sh ∩ Bh ⊥
= Sh ∩ B Lh
Lh
La condizione variazionale
f , vh = 0 , ∀ vh ∈ Lh ∩ (B−1 Sh⊕ ) .
(( σh , Bh vh )) = f , vh , σh ∈ Sh , ∀ vh ∈ Lh .
ammette soluzione. La soluzione è unica se e solo se il sottospazio lineare Ker Bh
degli sforzi discreti in autoequilibrio è degenere.
f , v = 0, ∀ v ∈ Ker BL = Ker B ∩ L .
VII – MODELLI DISCRETI 299
1.2. Congruenza
Infatti
⊥
B σh ∈ Lh ⇐⇒ B σh , vh = (( σh , Bvh )) = 0 ∀ vh ∈ Lh .
ed equivale a
ε ∈ BL .
che equivale a
⊕
⊕ ⊕
ε ∈ Sh ∩ (B Lh ) = Sh + B Lh .
Il problema Mh è sempre ben posto in quanto gli spazi in gioco sono di dimensione
finita. Si considerino gli operatori discreti
⊥
• Kh ∈ L Lh ; F/Lh definito da
⊥
Kh uh : = K uh + Lh ,
⊕
• Co h ∈ L Sh ; H/Sh definito da
⊕
Co h σh : = Co σh + Sh .
e cioè che
Ker Kh = Lh ∩ Ker K .
cioè se
⊕
Lh ∩ ( Ker K) ∩ B−1 Sh = {o} ,
u − uh L + σ − σh H .
Proposizione 2.1. Si assuma che il problema elastico misto primale sia ben posto ed
ammetta un’unica soluzione. In particolare l’elasticità della struttura sia non singolare
cosı̀ che Ker Co = {o} e l’operatore cinematico sia un operatore di Korn. Le
famiglie dei sottospazi lineari interpolanti Lh ⊂ L e Sh ⊂ H soddisfino inoltre le
condizioni
⊕
a) B Lh ∩ Sh = {o} ,
⊕
b) B Lh + Sh uniformemente chiusa in H .
La maggiorazione dell’errore di approssimazione sussiste allora in modo uniforme e
cioè indipendente da h .
Dim. Si osservi preliminarmente che, in forza dell’osservazione 1.1 (p. 299), la a)
equivale alla condizione Ker Bh = Ker B ∩ Lh .
La condizione di unicità del campo di spostamenti soluzione del problema continuo
Ker KL ∩ Ker BL = {o} implica allora che sia
Ker Kh ∩ Ker Bh = Ker KL ∩ Ker BL ∩ Lh = {o} ,
e cioè che sussista l’unicità del campo di spostamenti soluzione del problema discreto.
La condizione di ellitticità su Ker BL della forma bilineare k
2
k (u, u) ≥ ck u L/(Ker K ∩Ker B ) ∀ u ∈ Ker BL ,
L L
si scrive dunque
2
k (u, u) ≥ ck u L ∀ u ∈ Ker BL ,
ed implica che
2
k (uh , uh ) ≥ ck uh L ∀ uh ∈ Ker Bh = Ker BL ∩ Lh ,
e cioè l’uniforme ellitticità su Ker Bh della forma bilineare k .
VII – MODELLI DISCRETI 305
b)
La condizione equivale ⊕ad
imporre l’uniforme chiusura della famiglia di sot-
tospazi Im Bh = BLh + Sh che è espressa dalla diseguaglianza
(( τh , Buh ))
sup ≥ γ uh H/Ker B ∀ uh ∈ Lh ,
τh ∈Sh τh H h
con γ indipendente da h .
Si può allora seguire la trattazione svolta nella sezione VI.6.3 (p. 288) applican-
dola al problema P) della sezione 2.1 e concludere che
uh − uh L + σh − σ h H ≤ m u − uh L + σ − σ h H .
ΠBuh H ≥ c Buh H , ∀ uh ∈ Lh ,
dove Π ∈ L H ; H è il proiettore ortogonale su Sh ⊂ H . Questa è pertanto una
espressione alternativa della condizione LBB nel caso in esame.
∀ uh ∈ Lh , ∀ σ h ∈ Sh .
Ponendo c = 1 + m si conclude infine che
u − uh L + σ − σh H ≤ c inf u − uh L + inf σ − σ h H .
uh ∈Lh σ h ∈Sh
3. APPROSSIMAZIONI CONFORMI
Ph ) a (uh , vh ) = (vh ) , ∀ vh ∈ Lh uh ∈ Lh
ammettano soluzione.
26
Walter Ritz (1878-1909). Fisico svizzero che ha insegnato alle Università di Zürich e Göttingen.
A Ritz sono dovuti importanti contributi alle teorie della radiazione, del magnetismo e dell’elettrodinamica.
VII – MODELLI DISCRETI 307
i) a (u − uh , vh ) = 0 ∀ vh ∈ Lh
1
φ(v) : = a(v) − (v) ,
2
si ha che
iv) φ(u) = min φ(v) : v ∈ L
v) φ(uh ) = min φ(vh ) : vh ∈ Lh
notando che, in virtù della i) è a (u, uh ) = a(uh ) . La proprietà di minimo iii) può
essere provata ponendo x = u − vh ; y = uh − vh ed osservando che, per la i) ,
a (x − y, y) = 0 . Pertanto, come in precedenza, l’uguaglianza
fornisce a(x − y) = a(x) − a(y) ≤ a(x) che era quanto doveva essere dimostrato. Le
proprietà di minimo iv) e v ) possono essere desunte dalla convessità del funzionale
φ osservando che P) e Ph ) rispettivamente assicurano l’annullarsi delle derivate di-
rezionali del funzionale φ nel punto u lungo ogni direzione in L e nel punto uh
lungo ogni direzioni in Lh . Le altre proprietà sono evidenti.
308 3 – APPROSSIMAZIONI CONFORMI
P) a (u, v) = (v) , ∀v ∈ L, u ∈ L,
Ph ) a (uh , vh ) = (vh ) , ∀ vh ∈ Lh , uh ∈ Lh ,
a (u∗ , v) = ∗ (v) , ∀v ∈ L, u∗ ∈ Lh .
Osservazione 3.1. Una semplice applicazione del risultato della proposizione 3.2
fornisce la spiegazione di un risultato a prima vista sorprendente.
Si consideri una trave elastica inflessa a sezione costante, asse rettilineo, semplice-
mente appoggiata agli estremi, avente luce L e soggetta ad un carico uniformemente
ripartito con intensità p . Si ponga l’origine dell’ascissa x nel primo estremo della
trave. Per assicurare che l’energia elastica sia finita, lo spazio ambiente degli sposta-
menti trasversali è lo spazio lineare di Sobolev H 2 (0, L) . Le funzioni di H 2 (0, L)
sono continue con la derivata prima in [ 0, L ] e quindi il sottospazio lineare chiuso
degli spostamenti trasversali conformi e ben definito dalla condizione
L : = v ∈ H 2 (0, L) : v(0) = 0 , v(L) = 0 .
5 p L4
u(L/2) = ,
384 kf
1 p L3
ϕ(0) = .
24 kf
4y 2
1− ,
L2
L L
kf u v dx = p v dx , ∀v ∈ L,
0 0
L L
64 4y 2
uh (L/2) kf 4
dx = p 1 − 2 dy .
L L
0 0
Integrando si ottiene
4 p L4
uh (L/2) = ,
384 kf
1 p L3
ϕh (0) = .
24 kf
La freccia approssimata è dunque inferiore a quella esatta, ma le rotazioni agli estremi
esatte ed approssimate coincidono.
La proposizione 3.2 fornisce la spiegazione di tale coincidenza.
Basta infatti osservare che alla funzione di forma parabolica corrisponde un dia-
gramma lineare della rotazione ed uno costante della curvatura linearizzata.
Essendo costante la rigidezza flessionale, tale sarà anche il momento flettente. Ne
segue che il carico in equilibrio elastico con la deformata parabolica è costituito da due
coppie opposte, concentrate agli estremi della trave appoggiata.
Eguagliando allora il lavoro virtuale compiuto dalle coppie di estremità nello
schema esatto ed in quello approssimato, si perviene alla conclusione che le rotazioni
di estremità devono essere uguali nei due casi.
310 3 – APPROSSIMAZIONI CONFORMI
c u − uh m ≤ | u − uh | ≤ | u − vh | ≤ C u − vh m ∀ vh ∈ Lh ,
Ph ) a (uh , vh ) = (vh ) ∀ vh ∈ Lh uh ∈ Lh ⊂ L
k−m
u − uh m ≤ c h | u |k .
in cui k ≤ 2m + r .
Dim. Il risultato riguardante la soluzione esatta è una diretta conseguenza della propo-
sizione VIII.1.3 (p. 124) del Tomo Zero in quanto la forma bilineare dell’equilibrio
elastico a ∈ L(L, L ; ) è V-ellittica, l’operatore A associato a a ∈ L(L, L ; ) è
di ordine 2m e la soluzione esatta è una soluzione debole dell’equazione differenziale
Au = b . Le altre conclusioni seguono dal teorema di approssimazione per il metodo
FEM [10] e dal lemma di Céa 3.3.
312 3 – APPROSSIMAZIONI CONFORMI
χt ∈ Ck (B, M) , t∈I,
πM ◦ δχt = χt ,
df (χt (p)) [ (kt,s ∗ vs )(p) ] = d(f ◦kt,s )(χs (p)) [ vs (p) ] , ∀ f ∈ C1 (χt (p), ) .
che ad ogni valore del flusso kt,s associa il corrispondente campo di deformazione
finita D(kt,s ) ∈ Ck−r (B, D) che è nullo se e solo se la trasformazione indotta dal
flusso kt,s è rigida. Si richiede inoltre che sia soddisfatta la
Condizione di consistenza
In virtù della relazione kτ,s = kτ,t ◦ kt,s la condizione di consistenza garantisce che è
soddisfatta la
Proprietà di invarianza:
una trasformazione rigida susseguente non modifica la misura di deformazione.
Sussiste infatti l’implicazione
in cui
d
Ḋ(kt,s ) = D(kτ,s ) .
dτ τ =t
La relazione di compatibilità si enuncia affermando che
• Il tasso di variazione della misura di deformazione finita è correlato alla misura di
deformazione tangente da una funzione lineare ed invertibile.
La relazione di compatibilità tra le misure di deformazione finita e di deformazione tan-
gente consente di definire lo stato di sforzo coniugato ad una misura di deformazione
finita. Sia infatti T(χt ) ∈ S lo stato di sforzo secondo Cauchy che nella configu-
razione χt ∈ Ck (B, M) è associato alla deformazione tangente Ḋ(χt ) ∈ D cosı̀ che
il prodotto interno
T(χt ) : Ḋ(χt ) ,
è il lavoro virtuale per unità di volume nella configurazione χt ∈ Ck (B, M) .
VIII – TRAVI ELASTICHE IN GRANDI SPOSTAMENTI 319
Sia quindi
K(kt,s ) = J(kt,s ) T(χt ) ,
lo sforzo di Kirchhoff associato allo sforzo di Cauchy T(χt ) in corrispondenza
del flusso kt,s . Lo scalare J(kt,s ) è lo Jacobiano della trasformazione kt,s . Allora
lo stato di sforzo S ∈ S coniugato alla misura di deformazione finita D compatibile
con la misura di deformazione tangente Bt è definito dalla condizione di eguaglianza
dei lavori virtuali per unità di volume nella configurazione χs
Osservazione 1.1.
• Nel modello del continuo di Cauchy la varietà base B è un dominio dello spazio
euclideo tridimensionale S . La varietà M è lo spazio lineare tridimensionale
V(3) delle traslazioni nello spazio affine euclideo S e lo spazio lineare V = M =
V(3) è dotato dell’usuale prodotto interno.
Il fibrato tangente TM è costituito dalla unione disgiunta di copie dello spazio
lineare delle traslazioni V(3) attaccate ai punti dello spazio lineare V(3) . La
struttura locale del continuo di Cauchy degenera quindi in quella dello spazio
tangente. Si dice pertanto che il modello di Cauchy è privo di struttura locale.
La misura di deformazione di Green D(kt,s ) è definita dall’applicazione
1 ∗
kt,s → (k g − gS ) ,
2 t,s S
dove gS è il tensore metrico dello spazio euclideo S . La misura di Green
soddisfa la condizione di consistenza in quanto
• Nei modelli continui della fune e della membrana la varietà base B è una varietà
di dimensione rispettivamente d = 1 e d = 2 immersa dello spazio euclideo
tridimensionale S . La varietà M è lo spazio lineare tridimensionale V(3) delle
traslazioni nello spazio affine euclideo S e lo spazio lineare V coincidente con
M è dotato dell’usuale prodotto interno.
Il fibrato tangente TM è costituito dalla unione disgiunta di copie dello spazio
lineare delle traslazioni V(3) attaccate ai punti dello spazio lineare V(3) . La
struttura locale dei modelli di fune e di membrana degenera quindi in quella
dello spazio tangente. Si dice pertanto che tali modelli sono privi di struttura
locale. La misura di deformazione di Green associata al flusso kt,s è definita
dall’applicazione
1 ∗
1
L g = sym (Π ∇v ΠT )
2 v S
dove Π ∈ L TS ; TM è il proiettore ortogonale da TS su TM ⊂ TS e v ∈
Ck (B, TM ) è un cinematismo.
• Nel modello del continuo di Cosserat si ha che M = V(3) × SO(3) , varietà
prodotto dello spazio lineare V(3) delle traslazioni e del gruppo delle rotazioni
SO(3) 27 . Lo spazio lineare V è V(3) × L(V(3) ; V(3)) .
Il fibrato tangente TM è l’unione disgiunta degli spazi lineari Skw(3) Q con
Q ∈ SO(3) , avendo posto
Skw(3) Q = T ∈ L V ; V : T = W Q , W ∈ Skw(3) , Q ∈ SO(3) .
27
L’acronimo SO sta per Special Orthogonal group.
VIII – TRAVI ELASTICHE IN GRANDI SPOSTAMENTI 321
con
Ωt,s [ h ] : = axial (QTt,s dQt,s [ h ]) , ∀ h ∈ V(3) .
Dunque D = V(3) × L(V(3) ; V(3)) .
• Nel modello di trave di Timoshenko si ha ancora che M = V(3) × SO(3) e
V = V(3) × L(V(3) ; V(3)) . Una misura di deformazione finita è fornita dalla
coppia D(kt,s , Qt,s ) = {c(Qt,s ), δ(ut,s , Qt,s )} dove
c(Qt,s ) : = axial (QTt,s Qt,s ) vettore assiale curvatura,
δ(ut,s , Qt,s ) : = QTt,s rt − rs vettore scorrimento.
Osservazione 1.2. Si noti l’analogia che sussiste tra la misura di deformazione per la
trave di Timoshenko e quella per il continuo di Cosserat. (vedi Tomo I sezione
IV.8 (p. 439)) e sezione IV.13 (p. 473).
Si può verificare che tali misure soddisfano la condizione di consistenza. Per la
trave di Timoshenko si ha che
QTτ,s Qτ,s = (Qτ,t Qt,s )T (Qτ,t Qt,s ) = QTt,s QTτ,t (Qτ,t Qt,s ) =
dξt
= QTt,s QTτ,t (Qτ,t Qt,s + Qτ,t Qt,s ) =
dξs
dξt
= QTt,s (QTτ,t Qτ,t ) Qt,s + QTt,s Qt,s .
dξs
322 1 – CONTINUI CON STRUTTURA
+ tp (kt,s , t) . δχt (p) dµS ,
∂B
per ogni δχt (p) ∈ TM (χt (p)) con bp ∈ Ck (B × I, T∗M ) campo covettoriale di forze
di massa, tp ∈ Ck (B × I, T∗M ) campo covettoriale di forze di contatto, definite nella
configurazine di riferimento, e d derivata direzionale.
Ricordando l’espressione del legame elastico e la definizione del funzionale energia
potenziale elastica, la condizione variazionale di equilibrio si può scrivere
dφp (kt,s ) . δχt (p) dµB = bp (kt,s , t) . δχt (p) dµB +
B B
+ tp (kt,s , t) . δχt (p) dµS ,
∂B
d
+ tp (kt,s , t) . δχt (p) dµS ,
dt
∂B
d
dφp (χt ) . δχt (p) = d dφp (χt ) . δχt (p) [ χ̇t (p) ] .
dt
d
χ̇t (p) = χ (p) = Xm ∈ TM (m)
dt t
d
dφp (χt ) . δχt (p) = d dφp . Y [ Xm ] = dXm dφp . Y .
dt
i) ∇X [ α Ym + β Zm ] = α ∇X [ Ym ] + β ∇X [ Zm ] ,
∇(X1 + X2 ) = ∇X1 + ∇X2 ,
ii)
∇(f X) [ Ym ] = df [ Ym ] X + f ∇X [ Ym ]
iii) ∇X Y − ∇Y X − [ X, Y ] = o ,
T(X, Y) : = (∇X Y − ∇Y X) − [ X, Y ] ,
∇Xm Y = ∇Y[ Xm ] .
326 1 – CONTINUI CON STRUTTURA
Si noti che il primo membro dipende solo dai vettori Xm , Zm ∈ TM (m) mentre il
calcolo del secondo membro richiede di costruire due campi vettoriali X, Z : M → TM
estensioni di Xm , Zm ∈ TM (m) .
Infatti ciò è necessario sia per effettuare le derivate direzionali sia per valutare
le parentesi di Lie mediante le corrispondenti derivate di Lie (vedi Tomo I sezione
I.12.3 (p. 135)) tramite la formula
d
[ X, Y ] = LX Y = k∗ Y .
dt t=0 t
dove kt è il flusso del campo vettoriale X : M → TM , definito dall’equazione
differenziale di evoluzione
d
k (m) = X(kt (m)) , k0 (m) = m .
dt t
La derivata covariante di un campo di covettori α : M → L(TM ; ) è definita, in
modo che valga la formula di Leibniz, dall’identità
(∇Xm α) [ Ym ] : = dXm (α [ Y ]) − α [ ∇Xm Y ] .
La definizione è ben posta poiché, come si dimostrerà tra breve, il secondo membro
non dipende dalla estensione del vettore Ym ∈ TM (m) ad un campo vettoriale Y :
M → TM , anche se separatamente i due addendi a secondo membro dipendono da tale
estensione.
Ciò equivale ad affermare che l’espressione a secondo membro definisce un campo
tensoriale due volte covariante su M .
Per stabilire la proprietà di tensorialità si applica il seguente criterio [8] (vedi Tomo
Zero sezione IV.5 (p. 74)):
La proposizione 1.2 assicura che il primo membro è un campo di tensori due volte
covariante.
Il campo tensoriale Hessiano di φ è simmetrico in quanto (vedi Tomo I sezione
I.12.9 (p. 160)) dalla definizione della parentesi di Lie e dalla proprietà di sim-
metria della connessione si ha rispettivamente che
Si ritrova cosı̀ il risultato stabilito nella sezione I.12.9 (p. 160) del Tomo I.
La rigidezza tangente della struttura elastica nella configurazione individuata dal
campo cinematico kt,s ∈ Ck (B, M) . è il campo di tensori simmetrici ∇2 φ(kt,s )
definito da
∇2XY φ(kt,s ) : = ∇2XY φp (kt,s ) dµB .
B
φ = ϕ ◦ D,
328 1 – CONTINUI CON STRUTTURA
La rigidezza tangente può pertanto essere decomposta nella somma di due aliquote.
• La rigidezza elastica tangente rappresentata dal tensore simmetrico due volte co-
variante
d2 ϕp (Dp (kt,s )) . dDp (kt,s )[ Y ] . dDp (kt,s )[ X ] dµB .
B
Si noti che questo termine può essere assunto nullo se la varietà M è uno spazio affine.
In tal caso infatti si ha che la derivata covariante coincide con quella direzionale e che il
vettore Ym può essere esteso, in modo canonico, ad un campo vettoriale Y costante
su M . Ne segue che la derivata direzionale ∇Xm Y = dXm Y è nulla.
VIII – TRAVI ELASTICHE IN GRANDI SPOSTAMENTI 329
L’importanza del termine dDp (kt,s ) [ ∇Xm Y ] è stata evidenziata per la prima
volta in [14] dall’autore.
dX dY Dp (kt,s ) ,
costituisce un errore fatale. Infatti l’espressione della rigidezza geometrica cui si giunge
dipende dalla scelta (arbitraria) dell’estensione del vettore spostamento virtuale locale
δχp ad un campo vettoriale su M .
Una seconda procedura più diretta si basa sulla definizione della derivata covari-
ante come proiezione ortogonale della derivata direzionale in {V, g} sul fibrato
tangente TM alla varietà M .
Nella sezione seguente entrambe le procedure descritte sono applicate per fornire
l’espressione della rigidezza tangente della trave di Timoshenko.
330 2 – LA TRAVE ELASTICA DI TIMOSHENKO
{kt,s , Qt,s } ,
dove
kt,s (rs ) = rs + ut,s = rt , Qt,s Qs = Qt .
Una trave di Timoshenko subisce una trasformazione rigida nel trasferimento dalla
posizione χs = {rs , Qs } alla posizione χt = {rt , Qt } se la rotazione relativa Qt,s
delle sezioni trasversali è uniforme e le posizioni delle linee d’asse sono tali che
rt = Qt,s rs + c ,
dove
δ(kt,s , Qt,s ) : = QTt,s rt − rs , scorrimento
L’apice ( . ) denota la derivata rispetto all’ascissa curvilinea lungo l’asse della trave
nella configurazione al tempo iniziale s ∈ I .
VIII – TRAVI ELASTICHE IN GRANDI SPOSTAMENTI 331
rt = Qt,s rs + c ,
rispetto all’ascissa curvilinea ξ lungo l’asse della trave nella configurazione al tempo
iniziale s ∈ I si ottiene che
rt = Qt,s rs ⇐⇒ δ(kt,s , Qt,s ) = o .
Viceversa se D(kt,s , Qt,s ) = {o, O} , la condizione C(Qt,s ) = O assicura che la
rotazione Qt,s è uniforme. La condizione δ(kt,s ) = o assicura quindi che rt =
Qt,s rs , ed integrando rispetto ad λ si deduce che vale la relazione
rt = Qt,s rs + c ,
caratteristica di una trasformazione rigida.
La misura di deformazione introdotta nella proposizione 2.1 soddisfa la condizione
di consistenza (vedi l’osservazione 1.2 (p. 322)).
+ tp (kt,s , t) . δχt (p) dµS ,
∂B
d2 ϕp (Dp (k, Q)) . dDp (k, Q)[ Ym ] . dDp (k, Q)[ Xm ] dµB ,
B
dϕp (Dp (k, Q)) . ∇2X Dp ((k, Q)) dµB ,
m Ym
si ha che T
Q̇ r + QT u̇
Y t Y
dDp ({k, Q}; {u̇Y , Q̇Y }) = .
Q̇T Q + QT Q̇
Y Y
d(QT WY Q) [ Q̇X ] = Q̇TX WY Q + QT WY Q̇X =
= −QT WX WY Q + QT WY WX Q =
= QT −WX WY + WY WX Q = QT WY , WX Q .
334 2 – LA TRAVE ELASTICA DI TIMOSHENKO
E’ evidente che la derivata seconda non è simmetrica rispetto ad uno scambio dei vettori
La metrica naturale su SO(3) è quella indotta dalla metrica usuale dello spazio
dei tensori del secondo ordine su V(3) , data da
i termini del tipo dZ (g (X, Y)) sono nulli in quanto il prodotto interno
g (X, Y) = g (WX , WY ) ,
2 g (∇X Y, Z) = g ([ X, Y ], Z) − g ([ Y, Z ], X) + g ([ Z, X ], Y) .
Ciò si consegue facendo ricorso alla eguaglianza tra la parentesi di Lie e la derivata
di Lie definita da (vedasi Tomo I proposizione I.12.6 (p. 137))
d
[ X, Y ] = LX Y : = k∗ Y ,
dt t=0 t
Essendo
X(kt (Q)) = WX kt (Q) ,
d ∗ d
d
= exp (−WX t) WY exp (WX t) Q =
dt t=0
= −WX WY Q + WY WX Q = −[ WX , WY ] Q .
336 2 – LA TRAVE ELASTICA DI TIMOSHENKO
−g ([ Y, Z ], X) = +g (WY WZ , WX ) − g (WZ WY , WX )
g ([ Z, X ], Y) = −g (WZ WX , WY ) + g (WX WZ , WY ) .
dove per brevità si è scritto X invece di X(Q) . La formula di Koszul fornisce allora
l’eguaglianza
2 g (∇X Y, Z) = −2 g (WX WY , WZ ) ,
che, essendo Z QT = WZ , si può riscrivere
g ((∇X Y) QT , WZ ) = −g (WX WY , WZ ) .
Poiché WZ è un qualunque vettore emisimmetrico, si deduce che il campo vettoriale
(∇X Y) QT è la proiezione ortogonale del campo −WX WY sul sottospazio dei
tensori emisimmetrici. Pertanto si ha che
1 1
∇X Y = − emi (WX WY ) Q = − [ WX , WY ] Q = [ X, Y ] .
2 2
Osservazione 2.1. A questo risultato si può pervenire più direttamente calcolando la
derivata covariante su SO(3) come proiezione ortogonale sul fibrato tangente di SO(3)
della derivata direzionale valutata nello spazio lineare L(V(3) ; V(3)) con il prodotto
interno indotto da quello di V(3) . Si ponga infatti
X(A) : = WX A ,
Y(B) : = WY B ,
per ogni A, B ∈ L(V(3) ; V(3)) .
Si ha allora che
dA Y(B) = WY A .
Dunque
dX(Q) Y(Q) = WY WX Q .
La proiezione ortogonale sul sottospazio Skw(V(3) ; V(3)) Q tangente alla varietà
SO(3) nel punto Q fornisce l’espressione della derivata covariante
1
∇X(Q) Y(Q) = emi (WY WX ) Q = − [ WX , WY ] Q .
2
VIII – TRAVI ELASTICHE IN GRANDI SPOSTAMENTI 337
1 1
Q̇T Q + QT Q̇ = QT [ WX , WY ] Q − QT [ WX , WY ] Q +
2 2
1 1
− QT [ WX , WY ] Q = − QT [ WX , WY ] Q .
2 2
1 T
Q̇T rt = Q [ WX , WY ] rt .
2
In definitiva risulta
QT [ WX , WY ] r
1 t
dDp (k, Q) [ ∇X Y ] = .
2 −QT [ W , W ] Q
X Y
e si ponga
ωX = axial WX ,
ωY = axial WY .
u̇ + r × ω u̇
Y t Y Y
= QT = QT ΞT .
ω ω
Y Y
VIII – TRAVI ELASTICHE IN GRANDI SPOSTAMENTI 339
d2 ϕp (dp (k, Q)) . d dp (k, Q)[ Ym ] . d dp (k, Q)[ Xm ] dµB =
B
u̇ u̇
Y . T T X
= E(k, Q) . QT ΞT Q Ξ dµB .
ω ω
B Y X
∇2X dp (k, Q) =
m Ym
T
Q (WX WY + WY WX ) r − 2 (WX u̇ + WY u̇ )
1 t Y X
= =
2
QT axial ([ W , W ] + [ W , W ])
X Y Y X
T
Q ωX × (ωY × r ) + ωY × (ωX × r ) − ωX × u̇ − ωY × u̇
1 t t Y X
= =
2
Q (ω × ω + ω × ω )
T
X Y Y X
ω × (ω × r ) + ω × (ω × r ) − ω × u̇ − ω × u̇
1 X Y t Y X t X Y Y X
= − QT .
2
ω ×ω +ω ×ω
X Y Y X
340 2 – LA TRAVE ELASTICA DI TIMOSHENKO
F = Q Fo , M = axial MQ = axial (Q Mo QT ) ,
si ha che
T
{F, MQ } = Q dϕp (dp (u, Q)) Q , {F, M} = Q dϕp (dp (u, Q)) .
dove / 0 / 0
Q O O O
Q := , Q= .
O Q O Q
1
+ M. ωX × ωY + ωY × ωX .
2
VIII – TRAVI ELASTICHE IN GRANDI SPOSTAMENTI 341
E quindi
dϕp (dp (k, Q)) . ∇2X dp ((k, Q)) =
m Ym
− (F × ωX ) . uY + (F × uX ) . ωY +
1
+ (M × ωX ) . ωY − (M × ωX ) . ωY .
2
Per pervenire ad una espressione matriciale del primo membro della condizione
di equilibrio incrementale, si definisca l’operatore differenziale lineare [9]
d I O
dλ
L= O d I ,
dλ
O I
dϕp (dp (k, Q)) . ∇2X dp ((k, Q)) dµB =
m Ym
u̇X u̇Y
u̇ u̇
. X . Y
= B ωX ωY dµB = B L L dµB ,
ω ω
B B X Y
ωX ωY
∇2XY (ϕp ◦ dp )(k, Q) dµB =
B
= dϕp (dp (k, Q)) . ∇2X dp ((k, Q)) dµB +
m Ym
+ d2 ϕp (dp (k, Q)) . d dp (k, Q)[ Ym ] . d dp (k, Q)[ Xm ] dµB =
B
u̇ u̇ u̇ u̇
X . Y X . T T Y
BL L dµB + E(k, Q) . QT ΞT Q Ξ dµB ,
ω ω ω ω
B X Y X Y
dove / 0
Q O
Q := ,
O Q
d I rt ×
ΞT : = dλ ,
O d I
dλ
d I O O
dλ
L = ,
d I O I
dλ
O O −F×
B= O O − 12 M× .
F× 1
2 M×
1
2 (F ⊗ rt + rt ⊗ F) − (F . rt ) I
RIFERIMENTI
In questo capitolo si presentano gli elementi essenziali della geometria delle masse
che studia le proprietà geometriche di figure piane su cui è definito un campo scalare
E : Ω → detto peso.
La geometria delle masse trae il nome dal caso in cui il campo E : Ω → è la
densità di un corpo continuo.
Nella teoria delle travi interessa invece il caso in cui il campo E : Ω → associa
ad ogni punto della sezione trasversale il valore del modulo elastico della corrispondente
fibra longitudinale della trave. Si può cosı̀ considerare il caso generale in cui ogni fibra
longitudinale della trave è costituita da un diverso materiale elastico.