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MICHELANGELO - VITA

Figura molto diversa da Leonardo, da cui lo separa una profonda inimicizia, fu una personalità complessa,
inquieta, poliedrica, di profonda religiosità, solitario e pessimista.
La sua arte rappresenta il culmine e il termine del Rinascimento, costituendo la premessa fondamentale
del Barocco seicentesco. Michelangelo nasce nel 1475 a Caprese, dove il padre, cittadino fiorentino, è
podestà. Si reca a bottega dal Ghirlandaio nel 1488, dove apprese l’arte del disegno nonostante la
contrarietà del padre, studia le opere degli antichi e si forma sui moderni Giotto, Nicola e Giovanni Pisano,
Masaccio e Donatello. Di Donatello studia la tecnica dello stiacciato e il violento pathos emotivo delle sue
ultime opere, da Masaccio apprese la figura umana degli affreschi della Cappella Brancacci. Mentre dalle
sculture antiche, apprese la monumentalità e la plasticità caratteristiche fondamentali di tutta la sua arte.
Va a Roma una prima volta nel 1496 e, su invito di Giulio II, e si trasferisce in modo definitivo nel
1536, dove muore a Roma nel 1564. Nel 1496, con la cacciata dei Medici, lascia Firenze per Venezia e
Bologna, ritorna di nuovo a Firenze per poi ripartire, per la paura dell’invasione francese e per le prediche
del Savonarola. Le prediche del Savonarola accesero in lui la convinzione che la chiesa doveva essere
riformata, nello stesso tempo iniziò a porsi degli interrogativi sul valore etico dell’arte.
Nel 1496 a Roma divenne subito accolto dalla corte papale, qui tra 1498-99 realizzò la prima «Pietà»
soggetto che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Nel 1499 tornato a Firenze insieme a Raffaello
diede vita al momento più importante dell’arte del ‘500, tra il 1501-04 realizza il «David» in marmo e i
cartoni preparatori della «Battaglia di Cascina» per la Sala del Gran Consiglio in Palazzo Vecchio,
contemporaneamente a Leonardo che inizia a dipingere la sua «Battaglia di Anghiari».
Nel 1505 Giulio II gli commissiona la propria tomba monumentale, con Leone X affresca la Cappella Sistina e
dal 1546 realizza l’abside e la cupola di San Pietro. Come gli artisti del Rinascimento, riteneva che lo scopo
dell’arte, fosse l’imitazione della natura, per arrivare alla bellezza ideale. Per Michelangelo il corpo umano è
lo specchio della bellezza divina. Con la Riforma protestante e del Sacco di Roma, con la caduta dei valori
cristiani, diventa più legato alla religione e incomincia a ritenere che la bellezza fisica è di secondaria
importanza rispetto a quella interiore.
MICHELANGELO - SCULTURA
Fin dalla giovinezza si applicò allo studio della scultura antica, per Michelangelo, il blocco di marmo
deforme contiene già, potenzialmente, ciò che lo scultore è in grado di trarne, togliendo il superfluo e
liberando la forma che è racchiusa al suo interno. Michelangelo usò sempre i colori naturali della pietra,
senza arricchirli con dorature o colorazioni. Per il maestro, il materiale principe era il marmo, in particolare
quello di Carrara, con il quale realizzò il suo primo capolavoro, la Pietà Vaticana. Il metodo produttivo
di Michelangelo non era sempre lineare, cosa che lo accumuna ad altri artisti geniali. Ciononostante, si
possono identificare sei fasi, anche se non sempre tutte eseguite: Lo studio preparatorio Michelangelo
disegnava i bozzetti per fissare l’idea della statua che voleva realizzare, la preparazione del blocco,
la sbozzatura Era la prima scolpitura della statua nella pietra, che iniziava così ad assumere le forme e i
volumi immaginati, la scolpitura vera e propria, con la quale Michelangelo iniziava a creare profondità e
forme, la livellatura effettuata con uno scalpello piano per eliminare i segni della gradina quando questi
erano troppo evidenti, la rifinitura, con la quale Michelangelo, o spesso i suoi assistenti, procedeva alla
levigatura della statua. Definendosi artista “del levare” e non “del mettere”, per Michelangelo il blocco di
marmo andava scolpito affinché potesse liberare la statua che vi era imprigionata dentro.
MICHELANGELO - DISEGNO
Per Michelangelo alla base di ogni attività artistica c’è il disegno, attraverso cui l’artista rende concreta
l’idea che ha nella mente. Come gli artisti del Rinascimento, riteneva che lo scopo dell’arte, fosse
l’imitazione della natura, per arrivare alla bellezza ideale. Esiste tuttavia un modello ideale di bellezza che
l’artista possiede nella sua mente. Usa nei disegni la penna e tratteggio sottile, linee di contorno nette. Nei
disegni della maturità usa lo sfumato che ha una resa più pittorica. Per Michelangelo il corpo umano è lo
specchio della bellezza divina, infatti, il disegno preparatorio di un Ignudo per la Cappella Sistina rivela
l’interesse di Michelangelo per il corpo umano.

MICHELANGELO - LA PIETÀ DI SAN PIETRO


La Pietà di Michelangelo è una delle statue più note e di valore dell’arte occidentale. Il maestro la scolpì
quando aveva poco più che vent’anni. È scolpita a Roma tra il 1498 e il 1499 su commissione del cardinale
francese Jean de Bilhères. Michelangelo modifica l’iconografia tradizionale: la Vergine è una fanciulla molto
giovane e senza imperfezioni, nella quale si riflette la bellezza di Dio. In questa prima fase, lo scultore
risente delle influenze neoplatoniche dall’ambiente mediceo, creando un’opera di grande perfezione e
bellezza. Maria siede su una struttura rocciosa che rappresenta il monte calvario. La giovane Madre di
Cristo tiene tra le braccia il corpo del figlio morto. L’aspetto della Vergine è quello di una ragazza, molto più
giovane di Gesù. Indossa una veste mossa da molte pieghe. Una fascia traversa il busto. Su di essa vi è la
firma di Michelangelo. Il gesto della Vergine, col palmo della mano verso l’alto, è un invito a condividere il
suo dolore. Un ampio mantello copre le spalle e la schiena. Il capo di Maria è coperto da un velo
ugualmente molto panneggiato. Il gruppo statuario ha una composizione piramidale che dona una forte
stabilità ma anche un movimento verso l’alto. Il naturalismo introdotto da Michelangelo si coglie nel
panneggio degli abiti, nella piega che si forma nella presa di Maria e nel corpo morbidamente modellato di
Cristo. Il panneggio di Maria è molto complesso e crea un elaborato chiaroscuro. Le pieghe, infatti, sono più
sottili e fitte nel busto. In basso invece, sotto il corpo di Cristo, il panneggio è più ampio e disteso. Cristo è
magro, e il suo corpo è abbandonato sulle gambe della Madre. Il corpo nudo di Gesù è coperto da un panno
annodato sul bacino. L’opera suscitò molta ammirazione per la levigatura del marmo, traslucido e quasi
morbido, per la resa dei panneggi, per la compostezza e per l’autorevolezza delle figure velate di profonda
malinconia. La monumentalità dell’opera è indice della ricerca di un nuovo stile, lontano dai canoni dell’arte
del Quattrocento.

MICHELANGELO - TOMBA DI GIULIO II


La prestigiosa commissione della tomba di papa Giulio II si rivela per Michelangelo il più grande travaglio di
tutta la sua carriera. Commissionata a Roma nel 1505, la sua esecuzione si protrae a lungo per il continuo
rinvio da parte del papa. La soluzione finale, realizzata nel 1544, è molto ridimensionata rispetto a un
progetto originario assai ambizioso. Il primo progetto della Tomba di Giulio II prevedeva una struttura
architettonica gigante, posta al centro della tribuna. Le dimensioni erano imponenti, oltre otto metri
d’altezza, e la statua del Papa era circondata su tutti i lati da decine di statue di diverse dimensioni, tra cui
un primo Mosè. Dopo il 1513 dopo la morte del Pontefice, a causa delle divergenze con gli eredi è costretto
a modifica e semplificare il suo progetto. Nel 1542-45 è stato realizzato il 6° progetto, molto più semplice e
tradizionale, addossata alla parete con il sarcofago del Papa ben visibile al centro e poche statue a tutto
tondo. Il maestro riutilizzò il Mosè al centro e fece di sua mano le due figure femminili di Rachele e Lia, che
simboleggiano la vita contemplativa e la vita attiva.
MICHELANGELO - DAVID
Il David è stato realizzato tra il 1501 e il 1504 su commissione dell'Arte della Lana e dell'Opera del Duomo di
Firenze. L’Opera del Duomo gli mette a disposizione un enorme blocco di marmo, già in parte sbozzato
quarant’anni prima da Agostino di Duccio e rimasto incompiuto. Il David venne collocato sul sagrato di
Palazzo Vecchio. L'iconografia del David proposta da Michelangelo non prevede la presenza della testa di
Golia. Le sculture del Verrocchio e di Donatello avevano in comune questo elemento perché immortalavano
il giovane eroe subito dopo l'uccisione del gigante. Michelangelo, invece, sceglie di rappresentare il
momento precedente: quello in cui David si accinge a sfidare il temibile avversario. Michelangelo rinnovò
radicalmente l’iconografia tradizionale dell’eroe biblico: non più un adolescente che tiene ai piedi la testa
appena mozzata del nemico ma un giovane uomo, forte e vigoroso, completamente nudo. Nella mano
destra, infatti, tiene il sasso che utilizzerà per vincere Golia. La testa e le mani del David sono leggermente
più grandi del normale. Le ragioni di questa scelta sono di tipo sia tecnico, legate alla tipologia di visione, sia
filosofico. La testa, infatti, è la sede della razionalità e dell'ingegno umani, Le mani permettono di attuare i
piani elaborati dalla ragione. Queste caratteristiche riflettono caratteristiche fisiche proprie della gioventù e
molto probabilmente per evitare le deformazioni se osservato dal basso verso l’alto. Lo sguardo, reso
intensissimo dalle sopracciglia aggrottate, scruta l’orizzonte in attesa del nemico. La bocca, dalle labbra
nettamente contornate, è contratta in una smorfia di sdegno. Il collo, a causa della rotazione, tira muscoli e
tendini. La scultura fu fortemente innovativa, rappresentava un soggetto tradizionale in modo insolito,
trasforma il significato religioso in quello politico. L’anatomia perfetta del corpo proviene a Michelangelo
dalla conoscenza dell’antico, mentre la sua creatività e la ricerca espressiva si notano nel vigore plastico del
corpo e nella fierezza del volto. Il rapporto chiastico delle membra è di derivazione
classica. Il David presenta il chiasmo (dalla lettera greca x, chi), quella corrispondenza inversa degli arti per
cui la gamba destra è tesa, come il braccio sinistro, mentre la gamba sinistra è in riposo come il braccio
destro. Pur avendo tendenzialmente seguito il modello greco, Michelangelo non volle rispettare alla lettera
le norme sulle proporzioni della figura umana ideale.

MICHELANGELO - TONDO DONI


La Sacra Famiglia, meglio conosciuta come Tondo Doni, è un dipinto a tempera su tavola, realizzato
da Michelangelo Buonarroti intorno al 1507. La Sacra Famiglia, simbolo del mondo cristiano, è presentata
come se fosse saldata in un solo blocco. La scena è dominata da un gruppo centrale formato da san
Giuseppe che porge Gesù Bambino a Maria. La Vergine è scalza e seduta per terra, secondo l’iconografia
medievale della Madonna dell’umiltà, e tiene in grembo un libro chiuso: in quanto madre di Cristo, Ella è
infatti considerata come la “Sede della Sapienza”. Dietro a un muretto compare san Giovannino che guarda
Gesù con occhi illuminati di passione mistica, avendo riconosciuto in lui il Redentore. Sul fondo, appoggiati
a un emiciclo di rocce spezzate, si dispiegano cinque uomini nudi, detti appunto “ignudi”, rappresentano la
civiltà pagana, San Giovannino e San Giuseppe, l’età di Mosè, l’età della salvezza. La scena è
prospetticamente ottenuta adottando due punti di vista differenti: il gruppo centrale (costituito dalla
Madonna, da san Giuseppe e dal Bambino) è mostrato dal basso, gli ignudi sono invece presentati
frontalmente. Con questa scelta, Michelangelo volle marcare la differenza tra mondo pagano e mondo
ebraico-cristiano. Il gruppo centrale è contenuto, idealmente, in una piramide. Le tre figure si saldano tra
loro con un movimento a spirale, accentuato dalla difficile e forzata torsione del busto di Maria, che si
conclude nell’abbraccio avviluppante dei personaggi. Questa ideale spirale genera un accentuato effetto
dinamico, che si adatta perfettamente alla forma del tondo. La cornice La cornice originale venne forse
disegnata dallo stesso Michelangelo. Tra racemi vegetali intrecciati e composti in una sorta di candelabra
continua, emergono cinque testine stiacciate, che guardano verso il dipinto.
MICHELANGELO - MOSE
Nel grande monumento a parete spicca la gigantesca figura seduta di Mosè che reca nelle mani le tavole
della Legge. Mosè è seduto con il busto leggermente arcuato. La gamba destra è flessa e il piede
saldamente posato a terra. La gamba sinistra, invece, è abbassata e il piede, portato indietro, poggia solo
sulle dita. Il suo aspetto fisico è quello di un uomo robusto e vigoroso. Infatti, la sua prestanza si intuisce
dalle rilevanze della veste e dalla muscolatura delle braccia. I tratti fisionomici sono quelli di un uomo
anziano. Il linguaggio plastico utilizzato da Michelangelo per il Mosè è fortemente plastico anche nelle sue
opere pittoriche come le figure del Tondo Doni. Il riferimento è l’arte classica della quale si riprendono le
proporzioni, l’armonia, l’idealizzazione delle figure e la monumentalità delle forme. Concepito per essere
osservato dal basso, venne collocato alla base e al centro del monumento, per questo la scultura sembra
deformata con busto e testa più grande. Viso severo su cui spiccano le tradizionali corna, a simboleggiare i
raggi della luce divina. Il dinamismo è ottenuto anche della diversa altezza delle cosce e dal contrapposto
tra il busto ruotato verso destra e dalla contro rotazione della testa verso sinistra.

MICHELANGELO - ARCHITETTO
Michelangelo (1475-1564) insisteva sempre sul fatto che l’architettura non fosse la sua professione, ma la
progettazione di edifici divenne la principale attività della sua lunga carriera. Introdusse una vena di
invenzione poetica nell’architettura, giungendo a soluzioni non ortodosse soprattutto attraverso il disegno,
ma anche attraverso modelli tridimensionali in argilla. I processi creativi riscontrabili nei suoi disegni per
sculture o dipinti hanno un parallelo nei suoi disegni d’architettura. Gli interventi di Michelangelo come
architetto si svolgono tra Firenze (1517-1534) e Roma (dopo l’ultimo trasferimento nel 1536). A Firenze
ottiene l’incarico di progettare il mausoleo dei Medici, la Sagrestia Nuova di San Lorenzo, e la Biblioteca
annessa alla stessa basilica medicea e il progetto della facciata della basilica, mai realizzata. A Roma Paolo
III gli commissiona la sistemazione della Piazza del Campidoglio e, dal 1547, il completamento della Basilica
di San Pietro con la cupola centrale. A Firenze il linguaggio architettonico è quello della tradizione
quattrocentesca, ma è mutata la concezione dello spazio; a Roma, una visione grandiosa investe
architetture e città, ricollegando la Roma papale al suo glorioso passato classico.

MICHELANGELO - SAGRESTIA NUOVA DI SAN LORENZO


La Sagrestia Nuova è un ambiente della basilica di San Lorenzo di Firenze che fa parte del progetto mediceo
per avere una degna sepoltura per i membri della famiglia. La pianta ha due quadrati adiacenti, di cui uno
minore la doppia copertura a cupola, la più grande con lanterna, l’uso di intonaco bianco sulle pareti e
pietra serena grigia per le membrature. Tra il 1519 e il 1534 Michelangelo progetta, la Sagrestia Nuova di
San Lorenzo, così detta per distinguerla da quella di Brunelleschi. La Sacrestia Nuova è un’opera molto
innovativa: Michelangelo lavorò sulle pareti inserendovi elementi classici come archi, pilastri, balaustre e
cornici, sia in marmo che in pietra serena. Anche la forma tondeggiante della cupola è una novità e
potrebbe essere un’anticipazione della cupola di San Pietro. Partendo dalla stessa pianta della Sacrestia di
Brunelleschi, Michelangelo divise lo spazio in forme più complesse. Il tema dell’intera cappella è “il Tempo
che consuma il Tutto”, una riflessione sulla vita dell’uomo e sull’eternità. Nelle due pareti laterali si trovano
i sepolcri monumentali dedicati a Giuliano duca di Nemours e a suo nipote Lorenzo duca d’Urbino. Per i
monumenti funebri Michelangelo creò le Allegorie del Tempo, che simboleggiano il trionfo della famiglia
dei Medici. Le quattro Allegorie sono sopra i sepolcri: per la tomba di Giuliano de’ Medici scelse il Giorno e
la Notte; per quella di Lorenzo il Crepuscolo e l’Aurora. Due le tombe realizzate dal 1524: la Tomba di
Lorenzo duca d’Urbino e la Tomba di Giuliano duca di Nemours. Giorno, girato di schiena che mostra solo
l’espressione misteriosa degli occhi, La Notte molto levigata come per rievocare la luce lunare, il
Crepuscolo, raffigurato come abbandonato in una dolorosa inerzia, L'Aurora colta nell'atto di svegliarsi
sonno, con un'espressione amara che esprime tutta l'ansia di affrontare il nuovo giorno.
MICHELANGELO – BIBLIOTECA LAURENZIANA
I locali della Biblioteca furono disegnati per il cardinale Giulio de' Medici (poi papa Clemente VII), che affidò
nel 1519 la commissione a Michelangelo. Egli diresse personalmente il cantiere tra il 1524 e il 1534. La
Biblioteca è una delle maggiori realizzazioni dell'artista fiorentino in campo architettonico, importante
anche per le decorazioni e l'arredo interno. Il vestibolo è uno spazio quadrato, quasi interamente occupato
dallo scalone e con un'altezza superiore alle dimensioni della pianta, caratteristica che dà vita ad un
ambiente alto e stretto. Le pareti interne sono disegnate come un'architettura esterna con due ordini
sovrapposti. Gli elementi architettonici vengono utilizzati per il loro valore plastico, come in una grande
scultura, privati della loro logica strutturale e funzionale. L'intonaco bianco fa risaltare il grigio delle doppie
colonne, dei timpani triangolari e delle cornici di pietra serena, riproponendo un accostamento tipico
dell'architettura fiorentina fin da Brunelleschi. La sala di lettura è un vasto salone rettangolare, coperto da
un soffitto a cassettoni e ritmato sulle pareti da paraste e finestre in pietra serena. Il problema del dislivello
tra vestibolo e sala di lettura richiese la creazione di uno scalone. Per la prima volta si può riconoscere
un'anticipazione dello stile barocco che di lì a poco avrebbe invaso l'Europa. Se infatti le linee rette delle
parti laterali sono pienamente rinascimentali, i monumentali gradini centrali, di forma ellittica, questa
particolare linea curvata fu usata anche nei sepolcri medicei della Sagrestia Nuova e nelle arcate del ponte
Santa Trinità. La scala è infatti costituita da una parte centrale dove domina la curva e da altri due accessi
laterali con gradini squadrati.

MICHELANGELO – PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO


Paolo III Farnese decise di commissionare a Michelangelo il progetto di una nuova piazza. Michelangelo
progettò la Piazza orientandola verso la Basilica di San Pietro, che all’epoca era il centro politico della città.
Si occupò, inoltre, della costruzione di un altro palazzo (Palazzo Nuovo) e riprogettò Palazzo dei
Conservatori, armonizzando entrambi con il Palazzo Senatorio. Al centro della Piazza si installò
un'imponente statua equestre in bronzo di Marco Aurelio. Per la lentezza dei lavori di costruzione,
Michelangelo morì prima di vedere conclusa la sua opera. I due edifici esistenti dovevano essere
ristrutturati e Michelangelo li concepì essenzialmente come facciate. Per Palazzo Senatorio (a partire dal
1546) progetta e realizza la scala a rampe contrapposte. Il primo livello doveva apparire così come una base
per i due successivi, che sono accomunati da un ordine gigante di paraste. Inoltre, enfatizzò la soluzione
con una scala conducente al primo piano, come se questo fosse il primo livello praticabile. Uno spazio
trapezoidale dove collocò la statua di Marco Aurelio. Al palazzo dei Conservatori invece antepose un
avancorpo porticato.

MICHELANGELO – BASILICA SAN PIETRO


Dopo Bramante e Raffaello, toccò a Michelangelo la direzione della fabbrica di San Pietro e il definitivo
progetto per l’area absidale della Basilica. Michelangelo riceve l’incarico da Paolo III nel 1547 e vi lavora
fino alla morte, nel 1564, ma il suo progetto sarà portato a termine nel 1593. Michelangelo guardava sì alla
prima ispirazione di Bramante, ma con uno slancio più vigoroso e una forma semplificata. Buonarroti
plasmò quasi come una scultura la decorazione esterna dei tre bracci, dinamici nella articolazione dei
pilastri binati corinzi, tra cui si aprono nicchie e finestre. L’abside fu modificata con paraste di ordine
gigante ed una cornice superiore, configurazione che trova un continuo nell’altro tamburo anulare della
cupola ed i suoi costoloni; il tamburo anulare della cupola è adornato da colonne binate a base dei
contrafforti e da finestroni, la cupola è a doppia calotta e termina in una lanterna dove si ripete il motivo
del tamburo.
MICHELANGELO – CAPPELLA SISTINA
Nel luglio del 1508 Michelangelo cominciò ad affrescare la Cappella Sistina. Fu un lavoro lungo e difficile,
soprattutto agli inizi. Michelangelo non aveva mai provato fin ad allora la tecnica dell'affresco. L’artista
tenne conto degli affreschi quattrocenteschi alle pareti e decise di aggiungere gli episodi della Genesi
biblica che a essi si integravano. Michelangelo dipinse un’imponente struttura architettonica che si
sovrappose alla volta reale inquadrando le scene. Si tratta di una griglia architettonica che crea un’illusione
di spinta verso l’alto e sfondamento. Non solo, serve anche a racchiudere i soggetti nelle varie fasce. La
vasta architettura dipinta ripartisce la volta in 3 fasce concentriche. Nella fascia centrale prendono vita le
immagini della Genesi e coppie di Ignudi che sorreggono medaglioni figurati. Nell’ordine intermedio o
seconda fascia, abbiamo degli imponenti troni fiancheggiati da pilastri sui quali siedono Profeti e Sibille. La
terza fascia è quella più esterna e confina con i dipinti alle pareti. Nelle lunette e nelle vele in cima alle
pareti sono raffigurati gli Antenati di Cristo, mentre nei quattro angoli sono illustrati episodi della
salvazione del popolo d’Israele. Le figure dipinte, esattamente come avveniva per le sculture di
Michelangelo, sembrano volersi liberare dalla stessa materia pittorica esprimendo una drammatica
plasticità. Finte membrature architettoniche tramite illusione prospettica: Arconi che appoggiano su una
cornice sorretta da pilastrini, i pilastrini affiancano i troni dei 7 profeti e delle 5 sibille; suddividono la
superficie in 9 riquadri con scene della genesi, 5 piccole per far spazio a dieci coppie d’Ignudi “bronzei”
reggenti medaglioni a monocromo. Vele triangolari e lunette sottostanti; raffiguranti 40 generazioni
d’antenati di Cristo. Pennacchi angolari.

CREAZIONE D’ADAMO
Uno dei più suggestivi riquadri della Genesi è la Creazione di Adamo. Sorretto dagli angeli e avvolto da un
mantello con la forma di un cervello, simbolo di sapienza e razionalità, Dio è una figura potente ed
energica: Adamo, disteso a terra, si solleva attratto dalla potenza vitale sprigionata dalla mano di Dio che
semplicemente sfiora le dita del primo uomo. Dio energico e possente allunga il braccio per trasmette re la
vita ad Adamo, le mani si sfiorano non si toccano. Evocano l’anelito costante dell’anima all’unione con Dio.
Il gesto non solo dà la vita ma anche la creatività, avendolo forgiato a sua immagine e somiglianza. E’
un’interpretazione nella figura di Adamo come simbolo di quella celebrazione dell’uomo attuata
dall’Umanesimo. Dopo una interruzione dei lavori per problemi finanziari nel 1511 fu scoperto una parte
dell’affresco e tutta la decorazione fu ultimata nel 1512. Già dalle scene del Peccato originale e cacciata dal
Paradiso Terrestre e della Creazione di Eva si nota una drastica riduzione del numero delle giornate (da
dodici/tredici a quattro) e gli Ignudi, anziché dopo le scene centrali, iniziarono ad essere dipinti per primi:
sono chiari indizi della drastica riduzione degli aiuti. In quel momento gli aiuti fiorentini dovettero essere
licenziati. Cambia stile, accentuando la monumentalità e l’essenzialità delle immagini, fino a occupare la
scena con un unico personaggio e ad eliminare il paesaggio. Data la curvatura della volta, le figure sono
deformate per poter essere viste come regolari dal basso.

SIBILLA LIBICA
La Sibilla Cumana (sotto) e il Profeta Isaia (a destra) sono tra coloro che, nel mondo pagano e in quello
ebraico, hanno annunciato la venuta di Cristo. Negli Ignudi Michelangelo esprime il suo concetto di
bellezza: corpi atletici e proporzionati, nei quali si riflette la bellezza di Dio. Sibille e Profeti non sono stati
rappresentati, con un forte scorcio da sotto in su, come richiesto dalla loro posizione, ma sono
rappresentati per essere osservati frontalmente, mentre lo scorcio è presente nelle architetture. Anche le
scene bibliche sono costruite con espedienti illusionistici. Una grande novità rispetto alla concezione
matematica della prospettiva del ‘400.
GIUDIZIO UNIVERSALE
Tra il 1536 e il 1541 Michelangelo torna alla pittura per completare la decorazione della Sistina con il
maestoso Giudizio Universale sulla parete dietro l’altare. Tutto però è cambiato rispetto a vent’anni prima:
quello che preme ora a Michelangelo non è più la bellezza ideale, ma il senso tragico del destino
dell’uomo. In alto, negli spazi a lunetta, gli angeli recano i simboli della Passione di Cristo A sinistra, i salvati
salgono faticosamente verso il cielo o vi vengono issati. A destra, i dannati sono trascinati verso il basso
dalle creature diaboliche. Attorno al Cristo-giudice si dispongono la Madonna e i santi con i loro attributi. Lo
sguardo severo di Cristo volge in basso, verso la schiera dei dannati. Qui c’è Caronte, che Michelangelo non
raffigura come il demone della mitologia pagana, ma come il traghettatore dell’Inferno di Dante. Tutte le
figure principali partecipano attivamente ed emotivamente al Giudizio, con le espressioni del volto, con
gesti delle mani e delle braccia, che affiorano in primo piano ora per affermare o interrogare o implorare,
oppure ripiegate al petto e al volto a manifestare angoscia, timore o sconvolgimento davanti al compiersi
del destino dell’umanità, coinvolgendo sommamente lo spettatore all'immane catastrofe. Sant’Andrea, San
Lorenzo e San Bartolomeo, San Bartolomeo. La seconda corona è composta da martiri, confessori della
Chiesa, vergini e altri beati. Nel gruppo di sinistra si vedono quasi esclusivamente donne, le vergini, le
sibille e le eroine dell'Antico Testamento. Spicca la monumentale donna in primo piano. Il gruppo di
destra è composto da martiri, confessori e altri beati, con una preponderanza di figure
maschili. Sull'estrema destra fa mostra di sé un uomo possente, che regge una croce aiutato da altri e
poggiandola illusionisticamente sulla cornice della parete laterale.

LEONARDO – VITA
Leonardo nacque il 15 aprile 1452 come figlio illegittimo di Ser Piero da Vinci, un piccolo borgo vicino a
Firenze. Nel 1472, a soli 20 anni, era già iscritto alla Compagnia dei Pittori e in poco tempo il suo talento fu
affinato a tal punto da superare il suo famoso maestro. A trent’anni si trasferisce a Milano, presso Ludovico
il Moro. A causa dell’invasione francese del 1499 rientra a Firenze. Dopo aver seguito Valentino nella guerra
per la conquista della Romagna, nel 1506 torna a Milano. Con l’elezione di papa Leone X nel 1513, si
trasferisce a Roma. Nel 1517, chiamato da Francesco I, lascia l’Italia per la Francia e qui muore nel 1519. Nel
1470 entra nella bottega di Andrea del Verrocchio, Leonardo è stato allievo del Verrocchio per quattro anni
insieme ad altri grandi artisti. Durante il suo percorso artistico, Leonardo si dedicò parallelamente a mille
altre ricerche in campo scientifico, studiando tutti i più grandi testi di architettura e scienza dell'epoca.
Dopo la sua consacrazione come artista (tra i primi capolavori l'Annunciazione, ora esposta agli Uffizi di
Firenze), Leonardo da Vinci divenne celebre per l'accuratezza delle sue figure, tanto realistiche
nell'esattezza delle proporzioni e dei tratti fisici. Leonardo incarna la figura del genio universale del
Rinascimento. Le prime opere indipendenti di Leonardo vengono datate tra il 1469 e i primi anni ‘70.
Troviamo ancora una grande influenza degli insegnamenti del Verrocchio. Ad esempio il dipinto “Madonna
Dreyfus”, Ritratto di Ginevra de’ Benc. Sostenne la superiorità della pittura sulla scultura appunto in nome
delle straordinarie possibilità evocatrici. Eccezionale per il suo tempo è il peso che nel corpus complessivo
delle opere hanno i disegni, intesi non più, come voleva la tradizione, come opere in sé, apprezzabili per
l'eleganza del delineare, ma come tracce di idee.
LEONARDO – ANNUNCIAZIONE
In quest’opera, realizzata nel 1472, quando aveva vent’anni ed era attivo nella Bottega del
Verrocchio, Leonardo si allontana volutamente dall’iconografia tradizionale dell’Annunciazione, per
collocare il tema sacro, il dialogo tra Maria e l’Angelo, in un’ambientazione naturalistica, decisamente
terrena. Nel dipinto si percepiscono ancora gli insegnamenti del Verrocchio, ma già emerge l’interesse di
Leo nella natura e nel trattamento della luce e dell’atmosfera. Davanti a un palazzo rinascimentale, in un
rigoglioso giardino recintato, l’Arcangelo Gabriele si inginocchia davanti alla Vergine rivolgendole il saluto.
Maria seduta con grande dignità davanti a un leggio sul quale è poggiato un libro gli risponde. La natura
occupa, in questa tavola, uno spazio rilevante. Oltre il muretto e i cipressi, simili a colonne, quasi a dividere
matematicamente la scena, si intravedono sullo sfondo un fiume con anse e barche, e alte montagne
punteggiate da torri. La luce è chiarissima, come mattutina, e ingentilisce i contorni delle figure,
preannunciando lo "sfumato". Per la prospettiva usa l’effetto dell’anamorfismo in cui l’immagine viene
proiettata sul piano un modo distorto, rendendo il soggetto dell’opera riconoscibile solamente se
l'immagine viene osservata secondo certe condizioni.

LEONARDO – ADORAZIONE DEI MAGI


Nel 1481 Leonardo da Vinci riceve l’incarico di dipingere una Adorazione dei Magi. Commissionata dai
monaci di San Donato a Scopeto nel marzo del 1481. L’Adorazione ha la forma pressoché quadrata,
permettendo a Leonardo di organizzare la pittura, in superficie e in profondità, secondo le direttrici delle
diagonali, il cui punto d’incontro cade nella testa della Madonna; ella è arretrata rispetto ai Magi,
inginocchiati e adoranti ad ala, e costituisce il vertice di una piramide, alla quale dà movimento rotatorio,
orientandosi leggermente con le gambe verso sinistra e volgendosi, come il Bambino, verso destra. Il tema
non è la narrazione del fatto, altrimenti ci sarebbero elementi classici come il bue e l’asinello, ma è l’ansia
di capire, l’impeto dei personaggi. Le volte e le scale crollate probabilmente rappresentano il mondo
pagano, distrutto dal cristianesimo. Leonardo esprime diversi concetti: l’atto d’amore, che partendo dal
gesto del Bambino, si propaga all’umanità in un ampio e lento movimento circolare. Secondo la tradizione
fiorentina, il maestro preparava innanzitutto un disegno accurato, usando però il meno possibile linee nette
per i contorni. Questo contrastava con la posizione allora dominante a Firenze del predominio della linea di
contorno, come confine preciso dell’oggetto rappresentato: come si sa, infatti, Leonardo da Vinci preferiva
usare contorni sfumati, suggerendo una certa continuità tra gli oggetti e lo spazio che li circonda,
attraverso la circolazione dell’aria che nella realtà impedisce una visione nitida delle cose.
LEONARDO – VERGINE DELLE ROCCE
Il dipinto ha due versioni, la prima versione Fu dipinta tra il 1483 e il 1486. Fu commissionata per la chiesa
di San Francesco Grande e rispetto alla richiesta del priore Leo decise di variare il soggetto scegliendo di
dipingere l’incontro tra Gesù e Giovanni da piccoli. DESCRIZIONE → La scena si svolge in un umido
paesaggio roccioso, in cui dominano fiori e piante acquatiche, descritti con abilità da botanico; da lontano si
intravede un corso d'acqua. I personaggi che affollano la scena sono quattro: la Madonna, San Giovanni,
Gesù Cristo e l’angelo. La Madonna è leggermente piegata in avanti e se ne sta in piedi al centro del dipinto;
la sua figura supera in altezza quella di tutti gli altri soggetti. Col braccio destro abbraccia S. Giovanni e lo
ricopre con il suo mantello, in segno di protezione. San Giovannino, alla sinistra del quadro, appare
inginocchiato e con le mani giunte: vestito di un semplice panno, rivolge il corpo e lo sguardo a Gesù.
PROSPETTIVA, SFUMATO E TECNICA UTILIZZATA → I quattro personaggi sono disposti a croce e collegati da
un sapiente gioco di sguardi, gesti e movimenti: questo crea una sorta di circolo in cui ogni figura è legata
all’altra. I corpi umani non sono isolati in forme definite e circoscritte, ma si fondono con l’ambiente
circostante: i colori delle vesti di Maria e dell’angelo, infatti, sono uguali al blu delle acque e al marrone-
bronzo delle rocce. L’opera è, infatti, il trionfo del chiaroscuro: Leonardo da Vinci evita di contrapporre in
maniera forte le ombre e le zone in luce, scarta i colori troppo brillanti e intensi e preferisce rendere con
dolcezza le penombre, le zone grigie, gli sfumati. La sua è una innovativa tecnica che punta allo sfumato, al
naturalismo, all’equilibrio sia fisico che psicologico della scena. L’ambientazione allude forse alla “grotta”,
cioè al cimitero cristiano su cui sorgeva la Chiesa cui era destinata la pala, ma ha anche il significato
simbolico dell’utero materno, luogo della rinascita e dell’aldilà. La roccia è strettamente in relazione con la
missione di Cristo sulla terra. LA SECONDA VERSIONE È STATA REALIZZATA TRA IL 1494 E IL 1508 DIFFERENZE →
Rispetto alla prima versione si nota una scala più monumentale delle figure rispetto allo sfondo, con una
chiarificazione dei personaggi tramite aureole e attributi, che però potrebbero essere stati aggiunti
successivamente. La figura più modificata è l'angelo, che non guarda più verso lo spettatore "invitandolo"
nella sacra rappresentazione, ma ha un ruolo più direttivo; non ha il drappo rosso che lo evidenzia e
soprattutto non fa l'insolito gesto di indicare il Battista. Molto diversa è invece l'atmosfera generale, molto
più nitida e "asciutta", con una cromia spenta, basata su un azzurro cinerino e su varie tonalità del bruno.
Maggiore è il senso plastico delle rocce, con un effetto scenico negli stessi due scorci in cui si aprono vedute
"interessanti". UGUAGLIANZE → Stessi soggetto e stessi personaggi. Le espressioni dei volti sono molto
studiate e rese abilmente grazie all'uso di luci e ombre e all'effetto sfumato; permane la tendenza tipica di
Leonardo a rappresentare profili mascolini e spigolosi. L'effetto tridimensionale dipende quindi dall'effetto
atmosferico, in quanto la presenza dell'aria costituisce un velo che offusca la visione.

LEONARDO – CENACOLO
Il dipinto è datato al 1494-1498 circa e fu commissionato da Ludovico Sforza detto il Moro per
decorare il refettorio del convento presso la chiesa domenicana di Santa Maria delle Grazie a
Milano. Leonardo sconvolge ogni consuetudine e decide di rappresentare il momento in cui Gesù
ha appena annunciato il tradimento di Giuda. Non dipinge un evento che riguarda la fede, ma
coglie nel vivo un atto umano: il tradimento di un amico. Nel Cenacolo Leonardo riesce a
rappresentare il pensiero e le emozioni con il linguaggio dei corpi, delle mani e dei volti, studiati
nei minimi particolari. Per cristo non c’è un’aureola a indicarlo quale essere divino, ma solo il
luminoso cielo azzurro contro cui si staglia. La centralità di Cristo è anche prospettica: il punto di
fuga è sulla sua tempia destra. L’intera ambientazione della scena, una sala interna aperta da tre
finestre sullo sfondo, rispetta un rigoroso schema compositivo e prospettico, accentuato dal
soffitto a cassettoni, dalla quadratura del pavimento e dagli arazzi appesi alle pareti della stanza. I
personaggi sono equilibrati simmetricamente e sono suddivisi in quattro gruppi da tre.
LEONARDO – GIOCONDA
è un dipinto ad olio su tavola di pioppo eseguito da Leonardo da Vinci nel 1503 quando si trovava a Firenze.
L’opera raffigura Lisa Gherardini, moglie di Francesco Del Giocondo che richiese a Leonardo l’opera. Il
quadro presenta un’anamorfosi e ritrae una donna a mezzo busto con una lunga treccia, sopracciglia poco
visibili, un abito scollato decorato, maniche intercambiabili e un velo sulle spalle. Sorriso e sguardo sono
diretti verso l’autore e Leonardo vi applica lo sfumato, tecnica particolare eseguita con l’uso delle mani
direttamente sul dipinto per creare un’ombra ai lati degli occhi e della bocca sui quali scompare il contorno,
facendo sembrare così che la Gioconda stia sorridendo. Il paesaggio, costituito da montagne, un corso
d’acqua e un ponte, è maggiormente riconducibile a quello lombardo piuttosto che ai paesaggi toscani.
Inoltre, la parte destra e sinistra non sono allineate e viste in prospettive diverse, come se l’autore avesse
voluto eseguire una sorta di collage tra più luoghi.

DONATO BRAMANTE
Bramante, è un architetto e pittore italiano del Quattrocento, considerato fra i massimi esponenti del
Rinascimento. Donato Bramante nasce nel Ducato di Urbino nel 1444. La data esatta non è certa. Si forma
come pittore nella bottega di Fra’ Carnevale e si specializza nel dipingere sfondi, che riproducono elementi
architettonici, Urbino è un importante centro umanistico: Bramante entra in contatto con opere di artisti
quali Andrea Mantegna e Piero Della Francesca, e lavora probabilmente alla corte del duca Federico da
Montefeltro. Dopo un probabile viaggio a Mantova, era già attivo a Milano dove inizia a operare come
pittore e architetto. Fu in rapporti strettissimi con Leonardo. Detti i suoi frutti migliori a Roma, ed è proprio
qui che inizia la sua grande impresa architettonica che avrebbe cambiato il volto della città eterna.

BRAMANTE - TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO


In questa struttura mette a frutto i suoi studi sull'antico. Il tempietto è di piccole dimensioni, sopraelevato
rispetto il piano del cortile, ricalca la forma degli antichi templi circolari richiamando la classicità. Attorno
ad un corpo centrale cilindrico scavato da nicchie, c'è un peristilio circolare delimitato da 16 colonne
tuscaniche trabeate. All'interno le paraste si dimezzano diventando otto e si raggruppano a coppie attorno
quattro piccole finestre. Il tempietto divenne un esempio a cui guardare perché aveva lo stesso valore
normativo dell'architettura antica alla quali ispirarsi

BRAMANTE - CHIESA DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO


L'edificio si compone di un corpo longitudinale a tre navate e di un transetto chiama una copertura a botte.
Si nota una cupola emisferica cassettonata. La mancanza di spazio costrinse Bramante a inventare un finto
coro a tre arcate che dia un supporto psicologico e anche un senso di dilatazione. A dare maggiore realtà
contribuiscono anche i dettagli in oro luminosi, dei fregi azzurri e diversi ornamenti. Ciò dimostra che
Bramante in questa fase vede ancora l'architettura con gli occhi del pittore

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