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BENI CULTURALI / 44

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Chiara Faggiolani

La bibliometria

Carocci editore
1' edizione, aprile 2015
©copyright 2015 by Carocci editore S.p.A., Roma

Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari

Finito di stampare nell'aprile 2015


da Grafiche VD srl, Città di Castello ( PG )

Riproduzione vietata ai sensi di legge


(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

Senza regolare autorizzazione,


è vietato riprodurre questo volume
anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia, anche per uso interno
o didattico.
Indice

Introduzione 9

r. Bibliometria: definizione, funzioni e contesti di appli­


cazione 13

1.1. A partire dalla definizione 13


!. 2. A chi e a che cosa serve la bibliometria 17

2. Dalla bibliografia statistica alla bibliometria moderna 21

2.!. Gli anni Venti : la bibliografia statistica 21


2.2. Gli anni Trenta : le tre leggi matematiche di base 23
2-3· Gli anni Quaranta-Cinquanta : « the Sputnik Shock » 26
2. 4. Gli anni Sessanta : Eugene Garfield e lo Science Cita-
tion Index 27
2.s. Gli anni Settanta : il boom della bibliometria e il lavoro
di Derek de Solla Price 31
2.6. Dagli anni Ottanta ad oggi: l 'istituzionalizzazione
della bibliometria 35

3· Bibliometria e analisi citazionale 39

3-I. Il significato della citazione 39


3.2. Contesto, qualità e peso della citazione : il comporta -
mento citazionale 40

7
3·3· I database citazionali: wos, Scopus, Google Scholar 46
3 - 4- Gli indicatori bibliometrici di impatto 52
3·5· Dalla bibliometria alla webmetrica 64

4· Valutare la ricerca: cosa, come e perché? 67

4·I. Oggetti della valutazione : qualità, impatto, importanza 67


4.2. Il livello della valutazione 72
4·3· Come valutare : bibliometria vs peer review 74
4·4· La cultura della valutazione e l 'e sperienza italiana 79
4·5· Valutare le scienze umane con la bibliometria: si può? 83

5· Conclusioni : bibliometria e scienza Mode 2 93

Bibliografia 97

8
Introduzione

Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.


-Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? -Chiede
KublaiKan.
-Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra
-risponde Marco-ma dalla linea dell'arco che esse
formano.
Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi sog­
giunge: - Perché mi parli delle pietre? È solo dell'arco
che mi importa.
Polo risponde: -Senza pietre non c'è arco.

ltalo Calvino, Le citta invisibili

La bibliometria, che come dice la parola stessa si riferisce alla misu­


razione dei libri, è la disciplina che mira all'analisi quantitativa della
produzione scientifica e si inserisce nel più ampio contesto della scien­
tometria ( studio quantitativo dello sviluppo della scienza) e della in­
formetrica (misura di tutti gli aspetti dell ' informazione).
L'analisi bibliometrica - quella utilizzata insieme o in alternativa ad
altri strumenti ai fini della valutazione della ricerca - si fonda di norma
sull 'utilizzo di appositi indicatori, più o meno complessi, tra i quali il
più noto (ma non il solo) è l'Impact Factor ( IF) , basato sul conteggio
delle citazioni ricevute da una rivista in un certo range temporale.
In effetti, fino a non troppo tempo fa, nel nostro paese sentir parlare
di bibliometria ( indicatori bibliometrici, indicatori citazionali, Impact
Factor ecc.) non era così frequente anche all' interno dell 'accademia:
forse i ricercatori di scienze dure erano abituati da tempo a considerare
l' Impact Factor come elemento discriminante per selezionare le riviste
su cui pubblicare i propri articoli; per gli studiosi di scienze umane,
invece, si trattava di una tematica davvero sconosciuta.
È stato con la legge 240 del 2010 di riforma del sistema universi­
tario italiano (la cosiddetta "legge Gelmini") che la bibliometria e i
suoi strumenti sono divenuti tema di discussione, prima solo all' in­
terno dell 'accademia e poi anche nelle pagine dei grandi quotidiani
nazionali, perché questi strumenti sono stati adottati nelle esperienze

9
LA BIBLIOMETRIA

di valutazione della ricerca, sia ai fini della progressione di carriera dei


singoli (Abilitazione Scientifica Nazionale - A S N ) che per verificare lo
stato di salute delle strutture universitarie del nostro paese ( Valutazio­
ne della Qualità della Ricerca - VQR 2004-2010 ) .
Se, quindi, l a valutazione della ricerca è stata propedeutica alla risco­
perta della bibliometria, va messo molto bene in chiaro che si tratta di
due ambiti distinti : per semplificare la questione possiamo dire che la
seconda - la bibliometria - è strumentale alla prima - la valutazione -
o meglio, gli strumenti della bibliometria (gli indicatori bibliometrici)
possono essere utilizzati ai fini della valutazione della ricerca, se ne viene
fatto un uso consapevole e non un abuso (Baccini, 2010 ).
Nel periodo che va dall' inizio della stesura di questo volume (primi
mesi del 2013) alla sua consegna all'editore per la stampa, sul tema della
valutazione della ricerca, in effetti, sono successe molte cose : la diffu­
sione dei risultati del secondo esercizio nazionale di valutazione della
qualità della ricerca in Italia (VQR 2004-2010) nell'estate del 2013, la
pubblicazione dei risultati per la tornata 201 2 dell 'abilitazione scien­
tifica nazionale ( AsN ) nel dicembre dello stesso anno e parte dei ri­
sultati della tornata 201 31 ' anno successivo, la presentazione da parte
dell 'ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Univer­
sitario e della Ricerca) di un progetto sulla realizzazione di un database
bibliometrico italiano per le scienze umane e sociali nel 2014, l' introdu­
zione della scheda unica annuale della ricerca dipartimentale (suA-RD ) .

La tentazione di fare riferimento all'attualità, di inserire queste im­


portanti novità e lasciarsi andare ali ' interpretazione di certi fatti è stata
forte. Si è scelto però di perseguire un 'altra strada e di tentare di con­
centrare l'attenzione non sull'applicazione che degli strumenti biblio­
metrici è stata fatta nelle esperienze sopra citate, ma sulla bibliometria
come disciplina slegata quanto più possibile dalle continue evoluzioni
del tema della valutazione della ricerca, poiché - attenzione - biblio­
metria e valutazione della ricerca non sono affatto la stessa cosa.
Ciò che si propone nelle pagine di questo agile volume, è un percor­
so nel tempo e nello spazio - della bibliometria - appunto.
Nel tempo, perché sebbene solo ultimamente, almeno nel nostro
paese, l'argomento sia diventato un tema molto caldo, in realtà la bi­
bliometria ha origini antiche e la sua storia è tutt 'altro che recente.
Si farà, dunque, riferimento al passato remoto - i primi decenni del
secolo scorso e la nascita della cosiddetta " bibliografia statistica" -, si
approfondirà un passato più recente - gli anni Sessanta e Settanta, il

IO
INTRODUZIONE

periodo d'oro per lo sviluppo di questa disciplina con personaggi come


Eugene Garfield e Derek John de Solla Price - per arrivare al presente
e parlare della valutazione della ricerca, con un particolare riferimento
all 'esperienza italiana della VQR 2004-2010 e lanciare uno sguardo al
futuro, dipingendo un possibile scenario per lo sviluppo della discipli­
na nel paradigma della ricerca scientifica Mode 2 ( Gibbons et al , I 994).
Nello spazio, inteso come spazio "disciplinare" perché, come si ve­
drà, si tratta di un tema fortemente interdisciplinare, la cui origine è
riconducibile agli studi bibliografici ma che nel tempo è stato arricchi­
to dai contributi provenienti dai settori più diversi : dalla chimica alla
sociologia, dalla documentazione alle !ife sciences.
Una semplice interrogazione del database bibliometrico dell'editore
Thomson Reuters Web of Science (nel gennaio 2015) con parola chiave
" bibliometrics" rivela che di 9.341 articoli indicizzati, ben 6.6 6 9 sono
inclusi nell'area Information Science and Library Science e r.o 6 8 in
quella Health Care Sciences Services, ovviamente con le sovrapposizio­
ni del caso, a testimonianza della trasversalità dei temi affrontati dalla
bibliometria e della sua originaria, intrinseca e strutturale interdiscipli­
narietà. Tratto che la rende una disciplina unica nel suo genere.
La struttura del volume riflette il suo carattere introduttivo all 'ar­
gomento : nei primi due capitoli verranno affrontate le questioni defi­
nitorie e si presenterà una evoluzione storica della disciplina, dalla sua
nascita ai giorni nostri.
Il CAP. 3 entra nel merito dei principali indicatori bibliometrici cita­
zionali e d'uso e descrive sommariamente le caratteristiche delle tre prin­
cipali banche dati da cui tali indicatori si ricavano automaticamente.
Il CAP. 4 tratta l'applicazione della bibliometria alla valutazione
della ricerca scientifica passando in rassegna i diversi parametri da con­
siderare in ogni attività : oggetto della valutazione, livello, obiettivi,
metodologia ecc. Si apre, dunque, una piccola parentesi rispetto al de­
licato tema della valutazione della ricerca nelle scienze umane, intorno
alla quale è sorto un vivace dibattito e che non ha ancora trovato nelle
varie proposte strade convincenti e risolutive.
Infine, il CAP. s presenta qualche considerazione sugli sviluppi futu­
ri della disciplina nel paradigma della ricerca scientifica Mode 2.
Nel corso del testo sono inseriti dei riquadri che propongono que­
stioni importanti eppure non fondamentali ai fini della trattazione,
che il lettore potrà decidere di non affrontare per una lettura più age-

II
LA BIBLIOMETRIA

vole o nei quali potrà trovare, qualora interessato, alcune indicazioni


per un eventuale approfondimento.
Obiettivo principale di questo lavoro è stato fornire una visione
chiara, a volte estremamente semplificata - consapevoli del rischio di
una banalizzazione sempre connesso alla semplificazione - di una te­
matica per sua natura complessa, multisfaccettata, imer-disciplinare, se
non trans-disciplinare.
Si sentiva la necessità di risalire all' identità primaria della biblio­
metria, andando oltre il suo utilizzo a servizio della valutazione della
ricerca, riaccendendo i riflettori sulle sue origini e sulla sua evoluzio­
ne, certi che la conoscenza della natura degli indicatori bibliometrici e
una consapevolezza sulla loro origine siano indispensabili per evitarne
l'abuso, che ai fini della valutazione della ricerca rappresenta il perico­
lo più grande.

Ringraziamenti

L'occasione per accostarmi ai temi di cui si parla in questo libro mi è stata


offerta da una ricerca iniziata nel 2o11 con un progetto voluto dall' Organismo
di Indirizzo e Raccordo ( OIR) della Sapienza Università di Roma, il cui obiet­
tivo era approfondire le potenzialità della bibliometria applicata alla valuta­
zione della ricerca nelle scienze umane e sociali. Il volume non ha l'ambizione
di fornire una risposta a questa domanda ma vuole suggerire al letto re alcuni
strumenti necessari per un approccio consapevole al tema.
I contenuti presentati nelle pagine che seguono sono stati influenzati da
molti degli autori che cito nelle letture consigliate. A tutti loro sono ricono­
scente, sebbene la responsabilità di quanto ho scritto sia soltanto mia.
Il modo che ho scelto di accostarmi a questa ricerca è descritto magnifi­
camente nella citazione riportata in esergo tratta dal dialogo immaginato da
Itala Calvino tra Marco Polo e Kublai Kan. Per questo "modo" ringrazio il
mio maestro, Giovanni Solimine : a lui devo questa visione della ricerca che è
risultato ma soprattutto viaggio.
Un particolare ringraziamento va a Nicola De Bellis per i preziosi consi­
gli e le puntuali osservazioni, ad Anna Galluzzi, Valeria Lo Castro e Simona
Turbanti per essersi prestate ad una lettura attenta e a Livia Saldicco per l' im­
pagabile aiuto nelle ricerche bibliografiche.
Come sempre, grazie di cuore alla mia famiglia per sostenermi con fiducia
e amore.

12
I

Bibliometria: definizione, funzioni


e contesti di applicazione

I. I
A partire dalla definizione

Bibliometria, scientometria, informetrica, webmetrica, cybermetrica :


sono alcuni tra i termini che vengono utilizzati per fare riferimento
alla misurazione delle produzioni scientifiche e alla valutazione della
scienza. Questi termini indicano aree di ricerca affini e per molti versi
indistinguibili.
La definizione della bibliometria come disciplina si fa comunemen­
te risalire ad un articolo di Alan Pritchard uscito sul numero di dicem­
bre del 1969 del "Journal of Documentation".
Già in precedenza il termine bibliometria era stato utilizzato in
campo biblioteconomico da Paul Otlet nel 1 9 3 4, nel suo Traité de
documentation ( Otlet, 1 9 3 4 ) , e nel settembre del 1948, dal bibliote­
conomo indiano Shiyali R. Ranganathan, in occasione della confe­
renza dell 'Association of Special Libraries and Information Bureaux
(ASLIB ) , in cui aveva utilizzato l'espressione "librametry" per fare
riferimento alla disciplina che attraverso metodi matematici si occu­
pa dell 'ottimizzazione dei flussi informativi nei servizi bibliotecari
(Ranganathan, 1949 ) .
Pritchard nel suo articolo del 1 969 proponeva di sostituire l 'espres­
sione " bibliografia statistica" (statistica! bibliography), fino ad allora
utilizzata, con "bibliometria" ( bibliometrics) per indicare l' applicazio­
ne della matematica e dei metodi statistici ai libri e alle altre forme di
comunicazione scritta :

Pertanto si suggerisce che un nome migliore per questo argomento (come


precedentemente definito) sia bibliometria, cioè l'applicazione della ma-

13
LA BIBL!OME TR!A

tematica e dei metodi statistici ai libri e agli altri mezzi di comunicazione.


Una ricerca approfondita sulla letteratura ha dimostrato che questo termi­
ne non è mai stato utilizzato in precedenza ( Pritchard, 1969, p. 349, trad.
mia) .

Molte sono le definizioni di bibliometria che si sono susseguite nel


tempo, ma sostanzialmente non hanno modificato quella fornita da
Pritchard che rimane tuttora comunemente accettata.
Della bibliometria, così definita, emerge immediatamente l' aspet­
to contabile e quantitativo dell 'oggetto di studio : quanti libri, quanti
articoli, quante citazioni, quanti ricercatori e le relazioni quantitative
tra questi, a prescindere dal campo di applicazione o dalla disciplina
scientifica di riferimento.
In quest 'ottica, il ricercatore/ scienziato è - per dirla con le parole di
Derek J. de Solla Price, uno dei protagonisti del nostro viaggio - colui
che ha pubblicato almeno un articolo su una rivista scientifica, e di
conseguenza la scienza diventa ciò che è contenuto nelle riviste scienti­
fiche stesse (Price, 1 9 6 s a. P· sss).
Questa considerazione permette di mettere a fuoco da subito uno
dei concetti cardine della disciplina: in un 'ottica bibliometrica non
tutte le pubblicazioni derivanti dall 'attività di ricerca hanno la stes­
sa importanza, « la star[ ... ] è l'articolo di rivista scientifica (scientific
paper) » (De Bellis, 2014, p. 1 2). Cosa significa questa affermazione,
in pratica ?
Che gli strumenti bibliometrici si possono applicare in modo più
agevole a tutti quegli ambiti di ricerca in cui la comunicazione e la
disseminazione dei risultati avviene attraverso questa tipologia di
pubblicazione.
L'analisi delle citazioni è lo strumento cardine della bibliometria e
si basa sul presupposto che il numero di citazioni ricevute da una pub­
blicazione rappresenti la qualità della stessa e indichi l' impatto di quel
lavoro all ' interno della sua comunità scientifica di riferimento.
La diffusione dell'analisi citazionale è avvenuta grazie alla creazio­
ne di grandi database commerciali come quello dell ' Institute of Scien­
tific Information (1s1) di Eugene Garfield, del quale si dirà diffusamen­
te nel CAP. 2. È a lui che si deve la paternità della maggior parte dei
concetti e della terminologia per definire gli indicatori bibliometrici
correntemente usati (De Robbio, 2007a).

14
I. BIBLIOME TRIA: DEFINIZIONE, F UNZIONI E CONTESTI DI APPLI CAZIONE

In quest 'ottica è possibile semplificare dicendo che le pubblicazioni


scientifiche e le citazioni rappresentano l'oggetto di studio privilegiato
della bibliometria che si avvale della matematica e della statistica come
strumentazione.
L'analisi bibliometrica, ovvero la bibliometria in azione sui pro­
pri oggetti di riferimento, si basa sulla premessa che il lavoro di un
ricercatore ha valore solo quando è giudicato dai pari aventi merito
scientifico.
Se una ricerca pubblicata in una rivista qualificata, ovvero sottopo­
sta ad una peer review (valutazione dei pari), verrà citata da altri ricer­
catori come riconoscimento del contributo che essa ha dato al settore,
ebbene tale ricerca avrà un "impatto" all' interno della comunità scien­
tifica di riferimento. Ne consegue che più volte un lavoro viene citato,
maggiore è la sua qualità. Questa, in sintesi, è la logica soggiacente l 'a­
nalisi bibliometrica, sulla cui validità discuteremo in più di una occa­
sione nelle pagine successive.
Il merito principale dell'analisi bibliometrica, ma anche il suo li­
mite, è la sua natura esclusivamente quamitativa, sebbene essa sia in
qualche modo correlata con il metodo qualitativo della peer review.
Il termine scientometria risale allo statistico russo Nalimov che,
elaborando dei modelli matematici di rappresentazione della crescita
scientifica mondiale, utilizzava il termine naukometriya scientome­
-

tria, appunto - per farvi riferimento e la definiva :

L'applicazione di quei metodi quantitativi che si occupano dell'analisi della


scienza vista come processo di informazione (Nalimov, Mulchenko, 1 971, p. 2,
trad. mia) .

Rispetto alla bibliometria che focalizza l'attenzione sui prodotti della


ricerca, il termine scientometria pone l'accento sulla misurazione del
progresso scientifico e tecnologico e sullo studio della scienza come
prodotto sociale e culturale attraverso la valutazione e la misurazione
del contributo di scienziati, istituzioni, nazioni all 'avanzamento delle
conoscenze.
La scientometria può avvalersi di un approccio qualitativo utiliz­
zando strumenti come la peer review (valutazione dei pari) e di un
approccio quantitativo attraverso calcoli sulle pubblicazioni e sulle
citazioni. In quest 'ultimo caso ecco che bibliometria e scientometria
arrivano praticamente a coincidere (De Bellis, 2005, p. 22).

15
LA BIBLIOME TRI A

FIGURA I.I
Relazione tra metriche

Fonte: Bjorneborn, Ingwersen (2004, p. 1217 ) .

Lo sviluppo di questa disciplina si deve agli studi di Derek J. de Solla


Price ( 1 9 2.2.-1983), storico della scienza, che diede l'avvio alle ricerche
quantitative su larga scala che proseguono tuttora.
Per una definizione precisa di scientometria si rinvia alla rivista
"Scientometrics" e in particolare alle presentazioni uscite nel primo
numero del 1978 a firma dello stesso Price e altri (Price, 1978).
Il termine informetrica, coniato nel 1979 dal tedesco Otto Nacke
(Nacke, 1979 ), fa riferimento alla disciplina che studia gli aspetti quanti­
tativi dell'informazione in qualunque forma e contesto sociale essa ven­
ga espressa, così da essere considerata una sorta di contenitore di tutte
le altre metriche ( FIG. 1.1 ) , poiché tutte fanno riferimento e si occupano
di qualche tipo di informazione (Tague Sutcliffe, 1992.; De Bellis,2.005,
p. 2.3). Con il termine informetrics viene posto, dunque, l'accento sulle
proprietà dell' informazione in generale, anche quella non contenuta nei
documenti "materiali", aspetto sul quale insiste invece la bibliometria.
La webmetrica estende l'uso di metodi e concetti informetrici ai
documenti in formato digitale presenti su Internet e si può considerare
un sottoinsieme della bibliometria. I due pionieri della webmetrica,
Bjorneborn e lngwersen, nel2.0 o 4 la definiscono :

Lo studio degli aspetti quantitativi della costruzione e dell'uso delle fonti


informative, delle risorse, delle strutture e delle tecnologie web attraverso

16
I. BIBLIOME TRIA: DEFINIZIONE, F UNZIONI E CONTESTI DI APPLI CAZIONE

approcci bibliometrici e informetrici (Bji:irneborn, lngwersen, 2.004, p. I2.I7,


trad. mia) .

Essi propongono di distinguere rra lo studio quantitativo dei vari aspet­


ti legati alla costruzione e all 'uso delle risorse web, ovvero la webme­
trica in senso stretto, e la cybermetrica che si occupa più in generale di
tutte le applicazioni di Internet (ibid. ).

1.2
A chi e a che cosa serve la bibliometria

Come si vedrà meglio nel corso del CAP. 2, la bibliometria si presenta


come un ambito di studio strutturalmente e intrinsecamente interdi­
sciplinare : approfondita in ambito sociologico, bibliografico-bibliote­
conomico e tecnico-scientifico - i chimici hanno avuto un ruolo non
secondario nella sua storia - le sue tecniche possono essere utilizzate
per rispondere a diversi obiettivi, quali:
- quantificare la crescita di una disciplina scientifica e della sua lette­
ratura ;
- costruire mappe delle aree di ricerca, delle tematiche più ricorrenti,
di quelle attive e di quelle che si stanno sviluppando ;
- valutare la produttività e l ' impatto (ma non la qualità) della ricerca
di un ricercatore, di una istituzione e di una nazione ;
- approfondire la storia della scienza e degli scienziati;
- studiare l 'obsolescenza della letteratura scientifica;
- individuare i classici all ' interno di un filone d i ricerca ;
- identificare le riviste scientifiche fondamentali di un ambito di studi;
- valutare le collezioni bibliografiche in biblioteca;
- progettare sistemi sempre più efficienti di in formation retrieval.
Dovrebbe ora apparire evidente come la bibliometria non sia sol­
tanto un insieme di strumenti finalizzati alla valutazione della ricerca,
equivoco nel quale si cade facilmente sulla scia del caldo dibattito in
corso negli ultimi anni rispetto alla metodologia migliore per gli eser­
cizi di valutazione nazionali della ricerca.
Questa declinazione della bibliometria è stata successiva ad un
primo sviluppo della disciplina in ambito biblioteconomico, dove la
sua applicazione risultava essere particolarmente efficace nell'analisi

I7
LA BIBL!OME TR!A

TABELLA 1.1
Funzioni e professioni della bibliometria

Professionisti Funzioni

Sociologi della scienza Costruire mappe delle specialità disciplinari, del­


le tematiche ricorrenti, delle aree di ricerca attive
e di quelle che si stanno formando.

Storici della scienza Costruire bibliografie retrospettive al fine di


identificare le evoluzioni storiche delle idee e del­
le teorie scientifiche.

Bibliotecari Valutare le collezioni bibliografiche in biblioteca;


progettare sistemi sempre più efficienti di infor­
mation retrieval.
Responsabili delle politiche Valutare l'attività di ricerca per selezionare i ricer­
pubbliche catori e distribuire i fondi di ricerca nelle istitu­
zioni accademiche.

dell'obsolescenza, dello sviluppo e della crescita ( qualitativa e quanti­


tativa) delle collezioni bibliografiche.
Storicamente gli strumenti della bibliometria sono stati usati per trac­
ciare relazioni tra le citazioni dei periodici accademici, per questa ragione
i metodi bibliometrici - più che la bibliometria in senso lato - rientrano
nei campi della LIS, Library and Irifònnation Science, e discipline correla­
te ( De Robbio, 2.007a, p. 262).
La bibliometria è al contempo una disciplina con un suo statuto,
una sua metodologia, un suo nomos, e un vasto ambito di applicazio­
ni ( analisi bibliometrica ) cui attingono altre discipline e di cui si av­
valgono diverse categorie professionali: i bibliotecari, i sociologi della
comunicazione scientifica e gli storici della scienza, i responsabili delle
politiche pubbliche, i valutatori della ricerca ecc. ( TAB . I.I ) .
In un noto contributo del 2003, Bibliometrics as a Research Fie/d,
Wolfgang Glanzel traccia le evoluzioni della disciplina, mettendone in
evidenza i confini e le applicazioni. Facendo riferimento all ' articolazio­
ne da lui proposta, si può affermare che attualmente gli studi bibliome­
trici comprendano tre grandi aree di ricerca ( Glanzel, 2003, pp. 9-10 ) :
- una bibliometria per bibliometristi (Bibliometrics for bibliometri­
cians-Methodology) , orientata alla definizione metodologica della di­
sciplina stessa;

!8
I. BIBLIOME TRIA: DEFINIZIONE, F UNZIONI E CONTESTI DI APPLI CAZIONE

FIGURA !.2.
Relazione tra bibliometria e le altre discipline

Research in

Services far

Scientific information

Fonte: Glanzel (2003, p. 10).

- una bibliometria per le discipline scientifiche (Bibliometrics Jòr


scientifìc disciplines - Scientifìc in formation) , orientata all 'approfondi­
mento delle modalità di trattamento quantitativo dell' informazione
specifiche per ogni disciplina ;
- una bibliometria per i decisori politici (Bibliometrics for Science
Policy an d Management - Science Policy), finalizzata alla valutazione
della ricerca. Afferma Glanzel a questo proposito che si tratta in questo
momento del dominio di ricerca più importante.
Lo stesso autore mostra le connessioni della bibliometria con le di­
scipline ad essa correlate ( FIG. 1. 2 ) .
Volendo schematizzare, si può affermare che attualmente gli studi
bibliometrici si suddividano in due grandi aree concettuali: la biblio­
metria descrittiva e la bibliometria valutativa. La prima studia i modelli
della comunicazione scientifica e la loro evoluzione attraverso il con­
teggio delle pubblicazioni prodotte all' interno delle varie aree discipli­
nari (productivity count).
La seconda sfrutta principalmente l'analisi citazionale : attraverso
il conteggio delle citazioni ricevute dai singoli ricercatori in un dato
settore disciplinare (literature usage count) è finalizzata all ' identifi­
cazione dei modelli d'uso delle citazioni bibliografiche ( Di Cesare,
2.0 02., p. r3s).

19
LA BIBL!OME TR!A

L'avvento della vocazione valutativa della bibliometria è il risulta­


to di un complesso di circostanze storiche, evoluzioni tecnologiche
ed elaborazioni concettuali che hanno reso possibile, dalla metà del
Novecento, la trasformazione della scienza e degli scienziati in entità
misurabili secondo parametri oggettivi riferiti alle loro pubblicazioni
( De Bellis, 2014, p. r 6 ) .
Francis Narin ( e la sua azienda Computer Horizons lnc. ) è l'autore
capofila di questo secondo filone - la " bibliometria valutativa", appun­
to - che viene sistematizzata nel 1976 nel suo studio pionieristico Eva­
luative Bibliometrics ( Narin, 1976 ) . È qui che viene sancito in modo
esplicito il legame tra la qualità scientifica di un articolo e il numero di
citazioni da esso ricevute in un 'ottica di valutazione.
La bibliometria valutativa può essere definita come :

L'applicazione della bibliometria che si concentra in particolare sulla valu­


tazione dell'attività scientifica, e ancora più nel dettaglio, sulla qualità delle
performances scientifiche ( Van Leeuwen in Moed, Glanzel, Schmoch, 2004,
p. 374, trad. mia) .

Obiettivo di questa declinazione della disciplina è l' identificazione dei


modelli d'uso delle citazioni bibliografiche, tanto che è anche cono­
sciuta come analisi citazionale ( Di Cesare, 20 0 2, p. 135 ) di cui si parlerà
più diffusamente nel CAP. 3·

20
2

Dalla bibliografia statistica


alla bibliometria moderna

2.1
Gli anni Venti: la bibliografia statistica

Se la definizione del termine bibliometrics si fa risalire ad Alan


Pritchard nel 196 9, il cui fondamentale contributo rimane comunque
sconosciuto ai più, in realtà la storia di questa disciplina inizia molto
tempo prima.
Inizia anche prima del 19 58, anno della fondazione dell' Institut for
Scientific Information (1s1 ) da parte di Eugene Garfield, universal­
mente ritenuto il padre della bibliometria moderna, e decisamente più
noto di Pritchard.
C 'è stato un prima, come si vedrà, che merita di essere approfon­
dito poiché riserva interessanti sorprese presentando legami inattesi
tra discipline diverse : la matematica, la statistica, la documentazione e
soprattutto la chimica e la biblioteconomia.
Risale alla fine del XIX secolo l'applicazione della statistica e della
teoria della probabilità alle politiche per gli acquisti delle biblioteche
e alla misurazione del progresso delle discipline scientifiche : statistica!
bibliography (bibliografia statistica) . È così che si chiamava.
Benoit Godin in un contributo del 2oo 6 riporta, tra i primi esempi di
questo genere di attività, gli esperimenti degli studiosi americani di psi­
cologia - in particolare cita lo psicologo americano James McKeen Cat­
tell ( Cattell, 19 03), editor di "Science" dal 1895 al 1944 - che adottarono
una serie di strumenti statistici per dimostrare come la loro disciplina
avesse raggiunto uno status di scienza al pari delle altre, monitorandone
lo sviluppo e individuando i ricercatori più produttivi (Godin, wo6).
L'espressione statistica! bibliography pare sia stata utilizzata per la
prima volta nel 19 21 da Edward Wyndham Hulme (18 59-19 5 1 ) , biblio-

21
LA BIBL!OME TR!A

te cario presso il Patent Office di Londra, nell'ambito della prestigiosa


Sandars Reader in Bibliography all' Università di Cambridge, che un
paio d'anni più tardi divenne un libro : StatisticalBibliography in Rela­
tion to the Growth ofModern Civilization (Hulme, 1 9 23).
Hulme aveva estratto da 13 annate dell ' "International Catalogue
of Scientific Literature" i dati relativi alla distribuzione degli scienzia­
ti per area disciplinare, censendo il numero di riviste indicizzate dai
servizi bibliografici nazionali, convinto com'era che « il processo di
civilizzazione andasse di pari passo con la specializzazione e che, classi­
ficando tutti i libri del mondo secondo criteri universali e ordinandoli
cronologicamente ali ' interno di ciascuna classe, si potesse costruire
un ' immagine bibliografica attendibile dei progressi della mente uma­
na » (De Bellis, 2005, p. 25).
Il suo lavoro era stato influenzato dallo studio di Francis J. Cole e
Nellie B. E ales del r 9 1 7, in cui veniva presentata un'analisi bibliografi­
co-statistica di tutte le pubblicazioni di anatomia comparata suddivise
per nazioni e fasce cronologiche dal r543 al r 8 6o, per mostrare l'attività
degli studiosi di quel settore nel corso del tempo (Cole, E ales, 1 9 1 7 ).

In seguito, l 'espressione statistica! bibliography rimase pressoché


inutilizzata fino a quando un altro bibliotecario, Charles Gosnell
( r910-1993), ben 22 anni più tardi, la utilizzò prima nella sua tesi di
dottorato e poi in un articolo sull'obsolescenza della letteratura scien­
tifica (Gosnell, 1944), e ancora quasi venti anni dopo nel 1 9 6 2 quando
Miles L. Raising vi fece riferimento in un saggio critico sull'analisi del­
le citazioni (Raising, 1962).
Con l'espressione statistica! bibliography, Hulme aveva anticipato
il termine " bibliometria" che sarebbe stato introdotto da Pau! Otlet
nel 1 9 3 4 nel suo Traitée de documentation, nel quale avrebbe dedica­
to ali ' argomento un' intera sezione Le livre et la mesure - Bibliometrie
( Otlet, 1934, pp. 13-6).
Prima di arrivare alla consapevolezza messa in evidenza da Otlet
circa l'autonomia disciplinare della bibliometria, dobbiamo tornare
indietro nel tempo, per rintracciare un primo interessante esempio di
come il modello bibliometrico sia stato usato per lungo tempo a servi­
zio della politica delle acquisizioni in biblioteca.
Nel 1927, i coniugi Paul L. K. Gross ed Elsie M. Gross, due chimici
del college di Pomona in California, esaminando 3.633 riferimenti bi­
bliografici di un'annata del "Journal of the American Chemical Society",
tentarono di classificare i periodici in funzione del numero di citazioni

22
2.. DALLA BIBLIO GRAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

ricevute ( Gross, Gross, 1927 ). Quali articoli scientifici e, dunque, quali


riviste sono necessarie in una biblioteca accademica di successo per sti­
molare e preparare gli studenti in modo efficace ? ( «What fìles of scien­
tifìc periodicals are needed in a college library successfully to prepare
the student far advanced work, taking into consideration also those
materials necessary far the stimulation and intellectual development of
faculty? » , ivi, p. 3 8 6). Per rispondere a questa domanda immaginarono
di poter relazionare la qualità dei periodici con il numero di citazioni
da essi ricevute, stabilendo che proprio la citazione potesse essere uno
strumento utile alla costruzione di una biblioteca efficace e completa.
Si trattava di un ' intuizione che avrebbe ispirato circa trent 'anni
dopo Eugene Garfìeld nell ' ideazione dello Science Citation Index,
come peraltro lo stesso Garfìeld ha ammesso in fase di progettazione,
facendo riferimento proprio al lavoro dei coniugi Gross ( Garfield, 19 55).

2..2.
Gli anni Trenta: le tre leggi matematiche di base

Un vero e proprio spartiacque nella storia della bibliometria è rappre­


sentato dali' incontro con la matematica intorno agli anni Venti-Trenta
del secolo scorso, che le ha conferito lo statuto di disciplina autonoma
e una rinnovata consapevolezza circa le sue potenzialità rispetto a di­
versi obiettivi, non ultimo la valutazione della scienza.
Giusto un anno prima dell 'esperimento dei coniugi Gross, nel 1 9 26,
un altro personaggio sempre legato al mondo della chimica - Alfred
Lotka ( 188o-1949 ) , matematico e chimico statunitense e presiden­
te dell 'American Statistica! Society - aveva introdotto in un articolo
quella che sarebbe stata considerata una delle tre leggi di base della bi­
bliometria moderna - la legge di Lotka, appunto.
La legge dimostrava come in una comunità scientifica un numero
molto ristretto di scienziati fosse responsabile della maggior parte dei
contributi prodotti (Lotka, 1926) : in altre parole, all' interno delle va­
rie discipline ci sono pochi autori molto produttivi ed un numero mol­
to alto di autori con una produttività decisamente più bassa.
Lotka era arrivato alla definizione della sua equazione analizzando
le pubblicazioni di un certo numero di autori schedate nei Chemical
Abstracts dal 1907 al 1 9 1 6 e nelle Geschichtstafeln der Physik di Auer­
bach (dalle origini al 1900 ) :

23
LA BIBL10ME TR1A

Il numero (degli autori) che produce n contributi è di circa 1/m di coloro che
ne producono uno; la percentuale di tutti gli autori che producono un solo
contributo è di circa il 6o% (Lotka, 1926, p. 323, trad. mia).

L'universalità di questa equazione nel corso degli anni fu riconosciuta


come una « rule of thumb » (legge empirica) - come afferma Glan­
zel (Glanzel, 2.0 0 3 , p. 6 ) - ma venne anche messa in discussione : so­
prattutto ne fu dimostrata una scarsa applicabilità alle scienze umane
(Murphy, 1973).
Qualche anno più tardi, nel 1934, Samuel Bradford ( 1 8 78-1948 ) ,
bibliotecario presso lo Science Museum di Londra, elaborò la secon­
da legge base della bibliometria, che porta il suo nome, che dimostra
come, in una specifica area di ricerca, un limitato numero di riviste
produca il 9 o % della letteratura fondamentale (Bradford, 1934).
Bradford elaborò la legge a partire da un'analisi statistica di due bi­
bliografie di geofisica, la Current Bibliography ofApplied Geophysics e
la Quarterly Bibliography oJLubrication.
Con l'obiettivo di produrre un sistema di classificazione in grado di
realizzare il controllo universale della documentazione tecnico-scien­
tifica, classificò un insieme di riviste in ordine di produttività, dalla
maggiore alla minore, in rapporto al numero di articoli su uno speci­
fico argomento, e ottenne una sequenza formata da un primo grup­
po di riviste in cui venivano pubblicati la maggior parte degli articoli
sull 'argomento in questione, e diversi altri gruppi contenenti lo stesso
numero di articoli del primo, ma disseminati in una quantità via via
crescente di riviste.
In un primo momento la legge non venne recepita e cominciò a rice­
vere attenzione solo diversi anni più tardi, dopo la pubblicazione da par­
te del suo autore nel 1948 del volume Documentation (Bradford, 1948 ) .
In quest 'opera, come Bradford stesso dice nella Prefazione alla prima
edizione, raccoglieva gli studi presentati alla British Society for lnterna­
tional Bibliography, alla Fédération lnternationale de Documentation
( FID ) e alla Royal Society Empire Scientific Conference del 1946, per
supplire alla carenza di lavori sulla documentazione in lingua inglese.
La legge di Bradford rappresentava la letteratura scientifica come una
cometa : il nucleo conteneva poche riviste fondamentali, la coda com­
prendeva le riviste per così dire "minori" che sporadicamente pubbli­
cavano articoli importanti nello stesso settore (De Bellis, 2.0 0 5, p. 33).
Questa legge richiama in parte la logica della classificazione delle rivi-
2.. DALLA BIBLIO GRAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

ste in fasce (rating), ed è stata sostanzialmente ripresa da Garfield nel­


la progettazione del suo Citation lndex per la scelta delle riviste (core
journa ls) da includere nel database dell'1s1.
La legge di Bradford, ulteriormente sviluppata negli anni a venire
(Vickery, 1948; Kendall, 1 9 6 0 ), ha fortemente influenzato il lavoro di
Garfield che a questo proposito in un suo articolo del 1 9 8 0 affermava :

Anche se non usiamo queste leggi direttamente nel determinare la copertura


delle riviste, la consapevolezza rispetto ai loro principi di fondo ci ha gui­
dato nel progettare la copertura ottimale per cc [ Current Contents], Science
Citation lndex, e tutti i servizi di I SI. Senza questa consapevolezza saremmo
colpevoli nel perpetuare ciò che Bradford ha descritto come "il caos docu­
mentario" ( Garfield, 1 9 8 0, p. 476, trad. mia) .

L'ultima delle cosiddette tre leggi base della bibliometria è di George


K. Zipf ( 1 9 0 2.-1950 ) , docente di linguistica ad Harvard : egli era con­
vinto che fosse possibile applicare allo studio del linguaggio i medesi­
mi principi statistici applicabili ai fenomeni naturali delle scienze dure
(Zipf, 1936 ) . La terza legge può essere così sintetizzata: in ogni testo
scritto, ci sono poche parole molto frequenti ed un alto numero di pa­
role meno frequenti.
Così, nella distribuzione delle parole di un testo sembra esistere la
stessa asimmetria che caratterizza la distribuzione degli scienziati espres­
sa dalla legge di Lotka e delle riviste espressa dalla legge di Bradford.
Senza voler entrare nel merito dell'espressione matematica di questi
assunti e della loro applicabilità, per i quali si rimanda al volume di Ni­
cola De Bellis, Introduzione alla bibliometria: dalla teoria alla pratica,
del 2.014, ciò che interessa notare in questa sede è come gli autori delle
tre formule, « chiamate spesso ( impropriamente) "leggi bibliometri­
che" » (De Bellis, 2.014, p. 39 ), pur provenendo da ambiti disciplinari
completamente diversi, fossero attratti dall' idea di poter misurare (e
tradurre in leggi) il progresso del sapere e della scienza e la documen­
tazione scientifica.
Questi temi insiti alla bibliografia statistica e le tre leggi matematiche
di base rimasero nell 'ombra per diversi anni e furono pienamente recu­
perati solo dopo la Seconda guerra mondiale, quando ci fu un più attento
coinvolgimento del mondo scientifico e dell' industria per la difesa, con
la conseguente riscoperta della letteratura precedente sull'argomento e
con il rivoluzionario lavoro di Derek de Solla Price ed Eugene Garfield.

2.5
LA BIBL!OME TR!A

2.3
Gli anni Quaranta-Cinquanta: «the Sputnik Shock»

Il ruolo della scienza nella vita sociale delle nazioni è andato crescendo
nella seconda metà del Novecento. Ne è una chiara testimonianza la
sensibilità del presidente Roosevelt nel commissionare nel r944 a Van­
nevar Bush il ben noto Report to the President on a Program for Postwar
Scientifìc Research (Bush, 1945), che portò, di lì a cinque anni, alla co­
stituzione della National Science Foundation (Cerroni, 2.003, p. 5 1 ) ,
l'agenzia governativa statunitense che sostiene l a ricerca e l a formazio­
ne di base in tutti i campi della scienza eccetto la medicina, sostenuta
dai National lnstitutes of Health.
La guerra aveva mostrato che scienza e tecnologia potevano essere
controllate, manipolate e indirizzate verso obiettivi specifici.
Un altro evento che rese ancor più evidente questo fatto fu il pro­
getto Sputnik ("satellite" o "compagno di viaggio") : il primo satellite
artificiale messo in orbita attorno alla Terra, lanciato il 4 ottobre 1957
dal cosmodromo di Baikonur, nell 'odierno Kazakistan.
Il progetto era iniziato dieci anni prima con una gara vinta dall ' U­
nione Sovietica, o meglio dal "modello" sovietico, centrato sul con­
trollo e sull 'orientamento della ricerca scientifica e completamente
contrapposto ad un modello statunitense decisamente più liberale ma
- evidentemente - inadeguato rispetto alle esigenze del tempo.
Gli USA risposero al cosiddetto « Sputnik Shock » (Leydesdorff,
2.0 04), creando la NASA (National Aeronautics and Space Administra­
tion), l 'A RPA (Advanced Research Project Agency) e l ' oECD (Orga­
nization for Economie Cooperation and Development), allo scopo di
colmare il gap scientifico nei confronti dell ' Unione Sovietica, e, so­
prattutto, iniziando ad ipotizzare il razionamento della spesa e il con­
trollo di possibili duplicazioni dei programmi di ricerca.
Da allora il peso della scienza sui bilanci statali è andato crescen­
do in tutto il mondo : il carico delle spese avrebbe seguito una crescita
esponenziale per tutta la seconda metà del xx secolo ed avendo a di­
sposizione budget sempre più limitati, l'accelerazione dello sviluppo
temo-scientifico e le richieste della crescente specializzazione compe­
titiva avrebbero comportato l 'esigenza di prevenire gli sprechi e di fo­
calizzarsi sulle ricerche dai risultati scientificamente più fruttuosi. È su
questa scia che è andato rapidamente crescendo il bisogno di strumenti
valutativi per la produzione scientifica (Cerroni, 2.00 3 , p. 52.).
2.. DALLA BIBLIO GRAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

2.4
Gli anni Sessanta:
Eugene Garfield e lo Science Citation Index

È del 1961 il progetto di realizzare un indi ce interdis ciplinare della let­


teratura s cientifi ca. L 'ideatore di questo progetto è Eugene Garfield, la
cui figura merita di essere presentata con qual che parola in più per ché,
come si vedrà, in carna quel tratto caratterizzante la bibliometria, come
dis ciplina autonoma, che la rende uni ca e compli cata, ovvero la sua ori­
ginaria, intrinse ca e strutturale interdis ciplinarietà.
Questo aspetto si tradu ce in una commistione di strumenti, di ap­
porti metodologi ci e in una pluralità di obiettivi conos citivi : elementi
che la rendono una dis ciplina assolutamente uni ca nel suo genere.
Garfield aveva studiato alla Columbia University, laureandosi due
volte : la prima nel 1 949 in chimi ca e la se conda, nel 1954, in bibliote­
conomia. Qual che anno più tardi conseguì un dottorato di ri cerca in
linguisti ca strutturale all ' Università di Pennsylvania. Nel frattempo,
nel 1951, aveva iniziato a lavorare presso la Johns Hopkins Universi­
ty al Johns Hop kins Medi cai Library Inde xing Proje ct per il settore
chimi co, denominato Wel ch Proje ct, sponsorizzato dall'Army Medi­
cai Library, la futura National Library of Medi cine, dove o ccupandosi
di indi cizzazione per soggetto ( cfr. riquadro 2. 1 ) , venne realmente a
contatto con i problemi inerenti il controllo bibliografi co che aveva
approfondito negli anni della formazione.
Obiettivo del progetto di ri cer ca, centrato sulla Current List ofMed­
i cal Literature ( antenato dell ' Inde x Medi cus), era ipotizzare in che
modo attraverso l'uso dei computer l 'indi cizzazione e la ri cer ca della
letteratura biomedi ca potessero essere resi più effi cienti.
In quel contesto Garfield intuì fa cilmente quanto le case farma ceu­
ti che, o ccupate in una importante attività di ri cer ca, avessero la strin­
gente ne cessità di un aggiornamento s cientifi co, diffi cilmente atteni­
bile con gli strumenti allora disponibili.
Garfield aveva capito quanto le classifi cazioni tradizionali e le te cni­
che di indi cizzazione fossero inadeguate a trattare i contenuti complessi
e multidis ciplinari che servivano agli s cienziati e per questo iniziò ad
immaginare che i repertori bibliografi ci, oltre a permettere il reperimen­
to delle informazioni te cni che, potessero an che fornire informazioni
aggiuntive con cernenti le riviste e gli autori attraverso un indi ce che te­
nesse tra ccia delle citazioni nei lavori altrui pubbli cati su ccessivamente.
LA BIBL!OME TR!A

RI QUADRO 2.1
Indicizzazione per soggetto

Si tratta di un'operazione fondamentale, data l'enorme crescita quantitativa


dell' informazione depositata nei documenti. La ricerca scientifica necessita
strumenti che effettuino una prima selezione e organizzino dal punto di vista
del contenuto le informazioni sui documenti.
Il tema dell' indicizzazione è molto sentito nelle biblioteche di area tecni­
co-scientifica, poiché è forte in esse l'esigenza di dare agli utenti l' informazio­
ne richiesta nel più breve tempo possibile. Spesso, infatti, gli specialisti hanno
l'esigenza di accostarsi a rami disciplinari vicini a quello del loro principale
interesse e di capire in fretta in quali documenti possano essere contenute le
informazioni necessarie per le loro ricerche.
Per un approfondimento si rinvia alla bibliografia prodotta dal Gruppo di
ricerca sull' indicizzazione per soggetto dell'AIB (Associazione italiana bibliote­
che ) , disponibile online su http:/ /www . aib.it/aib/ commiss/gris/bibliog.htm.

Il ritardo intrinse co ai repertori bibliografi ci dis ciplinari poteva esse­


re risolto attraverso la realizzazione e il potenziamento di un sistema
semi-automati co di indi cizzazione basato sulla fotoriproduzione dei
sommari delle riviste. Na cquero così i Current Contents (cc), che ren­
devano a ccessibili settimanalmente ad un pubbli co sempre più ampio
gli spogli delle riviste di bibliote conomia e s cienze dell 'informazione
(1953), di management e s cienze so ciali ( 1955), di farma cia e s cienze
biomedi che (1957) e cc. e un indirizzario degli autori utile ad alimen­
tare lo s cambio di informazioni e pre-prints tra membri delle varie co­
munità s cientifi che.
Garfield presentò così in un arti colo comparso su "S cien ce" nel 1955
l 'idea dei citation indexes: partendo da un nu cleo preselezionato di ri­
viste s cientifi che, l 'indi ce avrebbe elen cato, per ogni arti colo pubbli­
cato in un range di tempo dato, tutti i riferimenti bibliografi ci in esso
contenuti. Affermava Garfield :

In questo articolo vi propongo un sistema bibliografico per la letteratura


scientifica che può eliminare la citazione acritica di dati fraudolenti, incom­
pleti o obsoleti, rendendo lo studioso di coscienza consapevole delle criticità
degli articoli precedenti. È troppo aspettarsi che un ricercatore trascorra una
quantità eccessiva di tempo a cercare i riferimenti bibliografici che sono deri­
vati dagli articoli precedenti.

28
2.. DALLA BIBLIO GRAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

Del resto, non sarebbe troppo esigere che lo studioso accurato controllas­
se tutti gli articoli che hanno citato o criticato tali documenti, se solo potesse­
ro essere localizzati rapidamente.
Il citation index rende questo controllo assolutamente praticabile.
Anche se non ci fossero altri utilizzi possibili per un indice di citazioni
oltre a quello di minimizzare la citazione di dati poveri, sarebbe comunque
valso lo sforzo necessario per la sua compilazione.
Questo articolo discute la possibile utilità di un indice di citazioni che
offre un nuovo approccio al tema del controllo della letteratura scientifica
(Garfield, 1955, p. 1 0 8, trad. mia) .

Attraverso la collaborazione con i genetisti statunitensi Gordon Allen


(1929-2.010 ) e Joshua Lederberg (19 25-2.00 8) - quest 'ultimo No bel per
la medicina nel 19 58 a soli 33 anni per le scoperte sulla ricombinazione
genetica e l'organizzazione del materiale genetico dei batteri - Gar­
field riuscì a concretizzare la sua intuizione nel 1963 quando, grazie
ai proventi derivati dalla vendita dei Current Contents e al supporto
finanziario di un gruppo di investitori di Wall Street, venne pubblicato
lo Science Citation lnde x (sci ) , contenente all'epoca circa 6 o o riviste
core in ambito scientifico con indice delle citazioni.
Garfield partì da un corpus di riviste scientifiche di cui furono indi­
cizzati tutti gli articoli e per ogni articolo tutte le citazioni in esso con­
tenute, rendendo così possibile l' individuazione di tutti i documenti
citanti. Partendo dall 'articolo citato, il citation index di Garfield avreb­
be consentito almeno due azioni:
- risalire a tutti i testi successivi che avevano citato un certo articolo
rappresentando quindi l 'evoluzione di quel tema di ricerca;
- misurare l ' impatto - ovvero il numero di citazioni ricevute - di
quel determinato articolo nel tempo.
La questione più delicata che Garfield si trovò ad affrontare fu
senza dubbio quella della copertura disciplinare, cioè la definizione di
quante e quali riviste dovessero essere incluse nel corpus di partenza.
La scelta di Garfield rispecchiò in un certo qual modo la legge di
Bradford, di cui si è detto in precedenza, tanto che l' indice non puntò
ad essere "esaustivo" attraverso una copertura totale, bensì ad essere "se­
le nivo" (come è tutt 'oggi) rispecchiando l' idea che in un dato ambito
disciplinare solo un numero ristretto di riviste può essere considerato
fondamentale.
Questo in effetti il senso della "legge di concentrazione" di Gar­
field : « una generalizzazione della legge di Bradford in virtù della qua-
LA BIBLIOME TRIA

le non più di I.oo o riviste sarebbero state sufficienti, in quel periodo,


a coprire il nucleo della letteratura specializzata in tutte le discipline
scientifiche, rendendo di fatto inutile, e forse persino sbagliato, ambire
alla copertura totale » (De Bellis, 2014, pp. 41-2).
Nel frattempo Garfield aveva fondato la Garfield Associates, una so­
cietà dedicata alla distribuzione delle informazioni bibliografiche, che
nel 1958 divenne l' Institute for Scientific Information (Isi) , nel 1992
venduta dal suo fondatore alla Thomson Business Information, una se­
zione della Thomson Corporation di Toronto che, a sua volta, nel w o 8
h a acquisito l 'agenzia d i stampa Reuters, creando uno dei gruppi più
importanti a livello mondiale nel campo della creazione e distribuzione
di informazione, la Thomson Reuters (http :/ /thomsonreuters.com).
E proprio l'Isi, oggi Thomson Reuters, a partire dal 1964, iniziò
a pubblicare lo Science Citation lnde x (sci), affiancato nel 1973 dal
Social Sciences Citation lnde x (ssci), nel 1978 dallo Arts & Humani­
ties Citation Inde x (A&Hci) e da pochi anni dal Conference Proceed­
ings Citation Inde x (dal 1990 ad oggi) e dal Book Citation Inde x, che
hanno ampliato l 'indicizzazione delle citazioni del gruppo iniziale di
riviste biomediche, fisiche ecc. con un gruppo selezionato di riviste di
scienze umane e sociali e con gli atti di convegno e i libri. Di questo si
parlerà più diffusamente nel CAP. 3·
Lo SCI fu subito molto popolare in chimica e in biologia, dove ha
costituito un utile repertorio per le ricerche bibliografiche; molto meno
in fisica dove, a livello mondiale, si era creato un sistema informale di
comunicazione mediante pre-prints. Ancor meno utile era in matema­
tica dove esistevano riviste, come "Mathematical Reviews" (edita dalla
American Mathematical Society) dedicate esclusivamente alla pubbli­
cazione di recensioni di articoli di matematica (Figà Talamanca, 2000 ).
Nel 1997 nacque Web ofScience ( wo s ) , la banca dati bibliografica­
citazionale che riunisce SCI, ssci, A& H CI, relazionata con il Journal
Citation Reports (JCR) , un 'altra banca dati lanciata sul mercato nel
1975, che elabora il noto Impact Factor (IF) , ovvero l' indice di impatto
delle riviste indicizzate nel SCI e nel SSCI (ma non nel A&HCI), che
calcola il numero medio di citazioni ricevute dagli articoli di una ri­
vista in un determinato arco temporale. Di questo e di altri indici si
parlerà diffusamente nel CAP. 3·
Le due banche dati (wos e JCR) sono tra loro integrate nella piatta­
forma Web of Science, ma Thomson Reuters consente di acquistare il
JCR anche indipendentemente da wos.

30
2.. DALLA BIBL I O G RAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

L' idea di Garfield in origine era quella di creare uno strumento che
fosse di supporto ai ri cer catori per selezionare gli arti coli più rilevanti
per le proprie ri cer che e utile alle bibliote che per uno sviluppo effi ca ce
delle collezioni. Il possibile utilizzo di questo strumento ai fini della
valutazione della s cienza fu una intuizione se condaria e su ccessiva :

In effetti il sistema fornirebbe una lista completa, per quanto riguarda le pub­
blicazioni coperte, di tutti gli articoli originali che hanno citato l'articolo in
questione. Questo ovviamente sarebbe particolarmente utile in una ricerca
di carattere storico, quando si cerca di valutare l' importanza di uno specifico
lavoro e il suo impatto sulla letteratura e il pensiero nel corso del tempo ( Gar­
field, I 9 55, p. 109, trad. mia) .

La fortuna che wos ha avuto negli anni a seguire ha determinato la


nas cita di altri database citazionali multidis ciplinari, competitors evi­
dentemente del primo, come S copus, di proprietà di Elsevier, e Google
S cholar, nati nel 2 0 0 4 .

2 .S
Gli anni Settanta: il boom della bibliometria
e il lavoro di Derek de Solla Price

L'uso degli indi catori bibliometri ci nella valutazione delle attività di


ri cerca si affermò, a partire dagli anni Sessanta-Settanta, dapprima ne­
gli Stati Uniti, poi in Europa.
Come anti cipato nel CAP. I, la definizione della bibliometria come
dis ciplina si fa comunemente risalire ad un arti colo del 19 6 9 di Alan
Prit chard che suggeriva di utilizzare il termine bibliometrics al posto di
statistica! bibliography con questa motivazione : « l 'espressione è sgra­
ziata, non molto espli cativa e può essere confusa con la statisti ca stessa
o le bibliografie sulla statisti ca » (Prit chard, I 9 6 9, p. 3 4 9, trad. mia) .
Nella stessa direzione portava un arti colo di Robert Fairthorne, us ci­
to sullo stesso numero della rivista, in cui l 'autore sottolineava gli obietti­
vi della bibliometria nel trattamento quantitativo delle proprietà di qua­
lunque dis corso s critto e delle azioni ad esso asso ciate (Fairthorne, 1 9 6 9 ).
Nel I 97 2 Prit chard spe cifi cava che l'oggetto della misura bibliometri­
ca è il pro cesso di trasferimento dell'informazione allo s copo di analizzar­
lo e controllarlo : « metrology of the information transfer pro cess and its
purpose is analysis and contro! of the pro cess » (Prit chard, I 972, p. 39 ).

31
LA BIBL!OME TR!A

Negli stessi anni in cui Garfield lavorava allo S C I , us cirono tre volu­
mi fondamentali per la riflessione sulla s cienza e le politi che dell 'infor­
mazione s cientifi ca: The Structure if' Scientijìc Revolutions di Thomas
Kuhn (Kuhn, 1962) - una pietra miliare nel dibattito epistemologi co
sulla s cienza che ne analizza il pro cesso stori co e al quale si deve, tra l 'al­
tro, l 'introduzione del con cetto di "paradigma" ( cfr. riquadro 2.2) - ,

Science since Babylon (Pri ce, 1 9 6 1 ) e Little Science Big Science (Pri ce,
1963) di Derek de Solla Pri ce.
Questi, come anti cipato , è considerato universalmente il padre
della s cientometria, ovvero la dis ciplina che si o ccupa della s cienza
come prodotto so ciale e culturale e che studia il progresso s cientifi co
e te cnologi co attraverso la valutazione e la misurazione del contri­
buto di s cienziati e delle istituzioni all 'avanzamento delle conos cen­
ze. I suoi studi sulla cres cita esponenziale della s cienza diedero un
forte impulso allo sviluppo degli indi catori bibliometri ci. Vediamo
il per ché.
Pri ce sosteneva che la trasformazione e il cambiamento che stava
investendo le modalità di diffusione e disseminazione dei risultati della
ri cer ca s cientifi ca rendevano urgenti strumenti di analisi nuovi rispetto
a quelli tradizionali, che consentissero un migliore controllo politi co
della ri cer ca.
Con il suo volume Little Science Big Science intendeva proprio
questo : la fine di una pi ccola s cienza di cui lo studioso individua­
lista chiuso nel suo laboratorio di ri cerca era stato protagonista a
favore di una grande s cienza in cui i gruppi di ri cer ca lavoravano
aprendosi alla ne cessità di migliorare le condizioni di vita del pia­
neta ( Pri ce, 1 9 6 3 ) . Si rendeva ne cessaria una riorganizzazione della
ri cer ca s cientifi ca pena la fine del pro cesso di cre s cita (esponenziale)
della s cienza.
A partire da al cuni sempli ci dati, Pri ce mise in evidenza come la
ri cer ca s cientifi ca presentasse negli ultimi due se coli dati di cres cita su­
periori ad ogni altra attività umana (Bu cchi, 2010, p. 17). Uno dei dati
forniti riguardava il fatto che cir ca l '87% di tutti gli s cienziati mai vis­
suti risultava in quel momento in attività, così che il numero comples­
sivo era passato da s o.o o o alla fine del XIX se colo a più di un milione ;
il numero delle riviste s cientifi che era passato da cir ca 100 nel 1830 a
diverse de cine di migliaia; la quota di PIL destinata alla ri cer ca negli
Stati Uniti era passato dallo 0,2% del 1929 al 3 % nei primi anni Sessanta
del se colo s corso (ibid. ).

32
2.. DALLA BIBLIO GRAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

RI QUADRO 2..2
Il paradigma

Nel 1962 nell'opera The Structure ofScientific Revolutions, Thomas S. Kuhn


(1922-1 996) introduce il rivoluzionario concetto di paradigma.
Egli rifiuta l' idea di una scienza che procede per accumulazione progres­
siva di conoscenze e introduce il concetto di "slittamento di paradigma'', a
intendere certi momenti rivoluzionari in cui la scienza interrompe il rapporto
di continuità con il passato e inizia un nuovo corso.
Il passaggio da una teoria ad un'altra è così globale e ha tali conseguenze
che Kuhn lo chiama "rivoluzione scientifica''.
Il paradigma è associabile alla prospettiva teorica condivisa dagli studiosi
di una certa disciplina che, partendo da acquisizioni precedenti, orienta la
disciplina stessa riguardo i fatti da studiare, la formulazione delle ipotesi e i
metodi più consoni per la ricerca.
Senza un paradigma di riferimento il ricercatore non avrebbe orientamen­
ti né criteri di scelta, poiché tutti i problemi sarebbero ugualmente rilevanti.
Sebbene il concetto di paradigma sia stato lanciato dall'opera di Kuhn
va almeno ricordato il lavoro del medico polacco di origine ebraica Ludwik
Fleck, Genesi e sviluppo di unfatto scientifico del 1 9 3 5 (Entstehung und Entwic­
klung einer wissenschaftliche Tatsache) dal quale lo stesso Kuhn ha tratto ispi­
razione ( Fleck , 1983; Bucchi, 2004).

Muovendo dalla considerazione del paradosso se condo il quale questi


tre indi ci dello sviluppo della s cienza - spese per la ri cerca, numero
di addetti ai lavori e numero di pubbli cazioni - erano in tale cres cita
esponenziale che in futuro l' intera popolazione e tutte le risorse avreb­
bero dovuto essere utilizzate a fini s cientifi ci, Pri ce giunse alla con clu­
sione che il tasso di cres cita di questi tre indi ci non avrebbe potuto che
de cres cere, estendendo così alla so cietà la regola per cui in natura la
cres cita esponenziale porta alla saturazione (Pri ce, 1963).
Se condo Pri ce, confermando le leggi di Lotka e Bradford, la ri cer­
ca s cientifi ca era nelle mani di po chi studiosi e diffusa attraverso un
nu cleo ristretto di riviste, il resto era solo rumore di fondo, « a distant
ba ckground noise » (Pri ce, 1965b, p. 5 15). Tale fenomeno è an che noto
con l'espressione "effetto San Matteo" ( cfr. riquadro 2.3).
In quest 'otti ca Pri ce nel 1976 propose la cosiddetta teoria probabi­
listi ca generale dei vantaggi cumulativi ( Cumulative Advantage Distri-

33
LA BIBL!OME TR!A

R1 Q_UADRO 2.3
Effetto San Matteo

Il sociologo Robert K. Merton individuò nella comunità scientifica una di­


namica di progressiva accumulazione di risorse, finanziamenti, citazioni ecc.
nelle mani di pochi soggetti protagonisti. Tale logica per cui "il successo ge­
nera successo" è nota con l'espressione "effetto San Matteo", dal passo dell'o­
monimo Vangelo in cui si dice «A chi ha, verrà dato, e sarà nell'abbondanza:
ma a chi non ha verrà tolto anche quello che ha » (Matteo 25, 29 ) .
Merton considerava tale dinamica dannosa per le carriere dei singoli ri­
cercatori che sono così penalizzati nelle fasi iniziali della loro carriera, ma
funzionale ai fini del sistema ricerca in generale (Merton, 1 9 8 8 ) .

bution) che unifi cava le tre leggi matemati che di base e che trovava una
conferma nel lavoro intrapreso da Garfield :

Il successo sembra generare successo. Un documento che è stato citato più volte
ha più probabilità di essere citato nuovamente di quelle che avrebbe un docu­
mento poco citato. Un autore di numerose pubblicazioni ha più probabilità di
pubblicare rispetto ad uno che è stato meno prolifico. Un giornale che è stato
spesso consultato per qualche scopo è più probabile che venga consultato di
nuovo rispetto ad uno che è stato poco usato (Price, 1976, p. 292, trad. mia) .

Pri ce riteneva che attraverso l'analisi delle citazioni fosse possibile ri­
produrre le dinami che so ciali di un qualsiasi settore dis ciplinare che
poteva essere rappresentato grafi camente da una rete.
È in questo s cenario che nel 1973 venne sviluppato il primo di una
serie di S cien ce Indi cators Reports a cura del National S cien ce Board,
con l 'obiettivo di des crivere quantitativamente lo sviluppo della ri cer­
ca s cientifi ca negli U S A .
I Reports, che utilizzavano gli indi catori citazionali e fa cevano rife­
rimento allo S C I di Eugene Garfield, ebbero una tale e co da s catenare
l'esigenza di una riflessione diffusa e parte cipata sulla reale portata degli
indi catori bibliometri ci, esigenza che si tradusse in una conferenza che si
tenne a Stanford nel 1974 e dalla quale na cque quattro anni più tardi il
volume Toward a Metric ofScience ( Elkana et al., 1978 ) , che ispirò il lavo­
ro dei bibliometristi delle generazioni su ccessive ( De Bellis, 2005, p. 45).
Due anni più tardi, Fran cis Narin pubbli cava il volume Evaluative
Bibliometrics: The Use ofPublication and Citation Analysis in the Eva!-

34
2.. DALLA BIBLIO GRAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

uation of Scien tifìc Activity (Narin, 1976) sotto l'egida della National
Science Foundation, in cui veniva definitivamente sancito il rapporto
tra numero di citazioni e valutazione della ricerca, alla base dell 'effica­
cia dell 'Impact Factor e degli altri indicatori bibliometrici citazionali
progettati negli anni a venire.
Sempre negli anni Settanta viene inoltre sviluppata da Small e
Griffith (Small, Griffith, 1 974) attraverso la tecnica delle co-citazioni
l 'idea già insita nei precedenti lavori di Garfield ( Garfield, Sher, Thor­
pie, 1964) , di una mappatura cronologica della scienza attraverso la
costruzione di mappe capaci di rappresentare graficamente un deter­
minato episodio scientifico (un 'area di ricerca, un filone di studi ecc.) ,
attraverso i documenti fondamentali d i quel settore disciplinare.
Garfield aveva dimostrato come fosse possibile attraverso un esperi­
mento condotto su un evento rivoluzionario, la scoperta del codice del
D NA raccontata da lsaac Asimov nel libro del 1963 The Genetic Code,
postulando così uno degli assunti fondamentali della bibliometria:

Le informazioni bibliografiche contenute in una raccolta di articoli scientifi­


ci pubblicati sono sufficienti per lo scopo di rintracciare l'evoluzione storica
di un campo di ricerca ( Garfìeld, Pudovkin, lstomin, 2003, p. 40 0, trad. mia) .

Successivamente, questo meccanismo venne automatizzato con la mes­


sa a punto del software HistCite, che permette di visualizzare grafica­
mente la distribuzione spaziale dei nodi e dei link corrispondenti ai
documenti più citati e ai legami bibliografici che li connettono (De
Bellis, 2005, p. 94; 2.014, p. 1 8 6 ) . Una versione di prova del programma
può essere scaricata gratuitamente dal sito all' indirizzo http :// intere st.
science. thomsonreuters.com/ forms/ HistCi te.

2 .6
Dagli anni Ottanta ad oggi:
l ' istituzionalizzazione della bibliometria

Dalla metà degli anni Settanta in poi, anche grazie al rapido sviluppo
delle tecnologie informatiche e alla disponibilità dei grandi database
bibliografici in formato elettronico, gli studi quantitativi della scienza
si sono sviluppati esponenzialmente.
Si assiste ad una vera e propria istituzionalizzazione della bibliome­
tria, divenuta una disciplina pressochè autonoma anche grazie all 'in-

35
LA BIBL!OME TR!A

troduzione delle prime cattedre universitarie negli Stati Uniti, alla na­
scita delle società scientifiche, al proliferare di conferenze in materia e
alla pubblicazione della manualistica dedicata.
Nel 1988 uscì uno dei principali manuali di riferimento : Han dbook
of Quantitative Studies of Science an d Technology curato da Anthony
Van Raan ( Van Raan, 1 9 8 8 ) , di cui il noto manuale del 2004, curato
da Henk F. Moed, Wolfgang Glanzel e Ulrich Schmoch, può essere
considerato una seconda edizione (Moed et al., 2004).
A partire dagli anni Ottanta nacquero alcune delle principali ri­
viste dedicate che ampliarono il panorama di quelle già esistenti (il
"Journal of the American Society of lnformation Science-JASIST", già
edito del 1 9 5 0 ) :
- nel 1 9 7 8 "Scientometrics", l a rivista fondata d a Tibor Braun, che ha
ospitato alcuni tra i contributi più significativi in materia, il cui orien­
tamento editoriale è prettamente quantitativo;
- nel 1979 il "Journal of lnformation Science", edito da Sage ;
- nel 1991 "Research Evaluation", più orientato verso l'applicazione
della bibliometria come strumento per la valutazione della ricerca;
- dal 20o7 Elsevier pubblica il "Journal of lnformetrics".
Nel corso degli anni Ottanta-Novanta nacquero anche in Europa
diversi centri di ricerca specializzati ( Glanzel, Horn bostel, 20 1 2) , tra
questi i più noti sono :
- in Spagna il Centro de Informaci6n y Documentaci6n Cientifica
( CINDOC ), nato negli anni Settanta, oggi lnstituto de Estudios Docu­
mentales sobre Ciencia y Tecnologia (IED CYT) del Consejo Superior
de lnvestigaciones Cientificas ( CS I C), la cui linea di ricerca è finalizzata
all 'analisi, alla diffusione e al potenziamento dell ' informazione scien­
tifica in ogni area della conoscenza (http :// www.iedcyt.csic.es) ;
- in Olanda il Centre for Science an d Technology Studi es ( CWTS)
dell' Università di Leiden, che si occupa di metodi bibliometrici avan­
zati, pratiche di valutazione nelle scienze umane e sociali, impatto so­
ciale della ricerca ecc. ( www.cwts.nl) ;
- in Germania l' Institut fur Dokumentation und Information uber
Sozialmedizin (miS), nato nel 1976 come evoluzione del Dokumenta­
tionsstelle fiir Versorgungsmedizin, fondato nel 1956 da Otto Nacke,
cui si deve l 'origine del termine lnformetrica nel 1979 e l ' Institut fiir
Wissenschafts und Technikforschung (rwT) dell ' Università di Biele­
feld chiuso a fine 201 2 ed oggi lnstitute for lnterdisciplinary Studies of
Science (I'sos);
2.. DALLA BIBLIO GRAFIA STATI S TI CA ALLA BIBLIOME TRIA MODERNA

- in Ungheria l'Information S cien ce and Scientometri cs Resear ch


Unir (ISSRU ) , fondato nel 1978 da Tibor Braun con sede presso la
Library of the Hungarian A cademy of Sciences a Budapest, dal 1999
lavora come unità di ri cerca dell'Institute far S cien ce Poli cy Studies of
the Hungarian Academy of Scien ces;
- in Fran cia l'Observatoire des Sciences et des Te chniques ( O S T ) ,
fondato nel 1990 da Remi Barré ;
- in Inghilterra la Scien ce Poli cy Research Unir (sPRU ) dell' Univer­
sità del Susse x.
In Italia ad oggi man ca un centro di ri cer ca specializzato in questo
campo e manca una vera e propria s cuola di riferimento, sebbene negli
ultimi anni le pubbli cazioni dedi cate a questo tema siano notevolmen­
te aumentate an che nel nostro paese, come si evidenzia nelle Letture
consigliate.
Va segnalato che un contributo importante allo sviluppo degli studi
sulla documentazione della s cienza e sulla comuni cazione s cientifi ca in
Italia è stato dato dall ' Istituto di Studi sulla Ricerca e Documentazione
S cientifica (ISRDS) del CNR, fondato nel 1 9 68 dal professar Paolo Biso­
gno e da lui diretto fino alla scomparsa nel 1999. Tra i prin cipali obiet­
tivi dell' Istituto vi era proprio la definizione di strumenti, metodologie
e indi catori per migliorare e misurare l'effi ca cia e l 'effi cienza del sistema
s cientifi co del paese.
Nel 19 9 3 viene fondata la prin cipale associazione di professionisti
in materia, la lnternational So ciety far S cientometrics and Informe­
tri cs (ISSI) , che ha visto tra i suoi membri al cuni tra i pionieri della bi­
bliometria e della s cientometria: lo statisti co russo Vasily V. Nalimov,
cui si deve la definizione di s cientometria, Eugene Garfield, ideatore
dell ' I s i e dell ' IF, Francis Narin, Leo Egghe, ideatore del g index ( di
cui si dirà di seguito ) , Wolfgang Glanzel e Henk F. Moed che hanno
curato il noto manuale del 2004 ecc.
Il premio Derek de Solla Pri ce Meda!, istituito da Tibor Braun,
fondatore della rivista "S cientometri cs", viene conferito ogni anno alla
migliore pubblicazione nell 'ambito della bibliometria. La cerimonia
di premiazione si svolge all ' interno della conferenza annuale della ln­
ternational S o ciety for Scientometri cs and Informetri cs.

37
3

Bibliometria e analisi citazionale

3·1
Il significato della citazione

Uno s cienziato, nello sviluppo di un tema d 'indagine, parte sempre da­


gli autori che prima di lui se ne sono o ccupati. Per ri conos cere il merito
dell'attività s cientifi ca di un ri cer catore i colleghi fanno riferimento
al suo lavoro citandolo. Questa dovrebbe essere la prassi dell 'attività
s cientifi ca.
La citazione è un insieme di dati pre cisi e dettagliati che des crivono
una pubbli cazione o una parte di essa rendendola identifi cabile. Come
afferma Blaise Cronin, professore di Information S cien ce dell' Indiana
University e vin citore del Derek de Solla Pri ce Medal nel 201 3 : « cita­
tions are frozen footprints in the lands cape of s cholarly a chievement
whi ch bear witness of the passage of ideas » (Cronin, 19 8 1b, p. 1 6 ) :
le citazioni, come impronte indelebili, testimoniano i l passaggio delle
idee e i legami intellettuali tra s cienziati.
In quest 'otti ca più un lavoro viene citato, nel tempo e da diversi
altri autori, più esso è da considerarsi influente e prestigioso.
Questo è il presupposto dell 'analisi citazionale, appli cata ad un au­
tore, ad una rivista s cientifi ca, ad un singolo arti colo. In questo conte­
sto i risultati dell 'attività di ri cer ca vengono misurati attraverso il con­
teggio delle citazioni ri cevute.
L 'oggetto prin cipale dell 'analisi citazionale sono, dunque, i riferi­
menti bibliografi ci posti alla fine di un arti colo e gli studi citazionali in
un certo senso proprio di questi valorizzano le potenzialità informative.
Prima di pro cedere con la trattazione, pare ne cessaria una spe cifi ca
terminologi ca relativa all 'utilizzo dei termini " citazione" (citation) e
"riferimento bibliografi co" (reference) , sovente utilizzati come sinoni-

39
LA BIBL!OME TR!A

mi. An che se sottile, esiste una differenza tra i due termini ed una ve­
rifi ca può essere fatta proprio grazie all'utilizzo dello S cien ce Citation
Inde x di Thomson Reuters: esso è organizzato in modo tale da consen­
tire la ri cer ca di un autore a partire dalle sue citazioni, ed una, diversa
nella sezione Source Publication List, in cui l 'autore è presente come
"fonte informativa" (referenza) e non come autore citato.
Si è presenti, quindi, nel S cien ce Citation Inde x solo quando un pro­
prio lavoro viene citato, mentre si è presenti nella Sour ce List quando un
proprio lavoro è stato pubbli cato su una delle riviste indi cizzate e inse­
rite nell'ar chivio di base dell 'Isi, a pres cindere dall'eventuale citazione.

3·2
Contesto, qualità e peso della citazione:
il comportamento citazionale

Quantifi care le citazioni è apparentemente una operazione abbastanza


sempli ce e proprio su questa si basano gli studi citazionali. Tale misura
è però ovviamente approssimativa e può essere addirittura fuorvian­
te se non viene relazionata ad altri aspetti. Lo stesso Pri ce, sostenitore
dell 'appro ccio quantitativo alla valutazione della s cienza, a proposito
dell'analisi citazionale nel suo volume Little Science Big Science affer­
mava che, per osservare i risultati tangibili di un lavoro s cientifi co più
profondamente oltre la dimensione puramente quantitativa, dobbia­
mo conos cere molte più cose sulle istituzioni so ciali della s cienza e sul­
la psi cologia degli s cienziati (Pri ce, 1963).
O biettivo di questo paragrafo è mettere in evidenza al cune delle
prin cipali questioni da tenere in considerazione al momento di ap­
pro cciare uno studio quantitativo delle citazioni, soprattutto ai fìni
della valutazione della ri cer ca di cui si dirà nel CAP. 4·
S chematizzando possiamo individuare tre questioni prin cipali: il
contesto, il peso e la qualità della citazione ( TAB. 3.1 ).

Il contesto della citazione Per uno scientifìc paper la probabilità di es­


sere citato dipende non solo dalla qualità dell'arti colo ma an che da
una serie di caratteristi che relative alla natura dell'arti colo stesso e
della rivista che lo ospita, ad esempio le rassegne e gli arti coli meto­
dologi ci sono molto più citati di arti coli di indagine appli cata o che
presentano nuove te cni che.

40
3· BIBLI OMETRI A E ANALI S I CITAZIONALE

TABELLA 3 . 1
Peso, qualità e contesto della citazione

Tipologia di articolo: rassegna, articolo meto­


dologico, presentazione risultati originali ecc.
Il contesto della citazione
Tipologia di rivista: internazionalità, accessibi­
lità (open access) ecc.

Caratteristiche del settore disciplinare: ampiez­


za, numero di ricercatori incardinati ecc.
Il peso della citazione
Tema trattato: mainstream, interdisciplinare
ecc.

Motivazioni per cui si cita: citazioni positive,


La qualità della citazione citazioni critiche o problematiche ma anche
rendere omaggio ecc.

Per quanto riguarda le riviste, parametri quali l' internazionalità e l' ac­
cessibilità ( intesa anche come open access) ai fini della citazione sono
molto influenti.
In generale, è opinione condivisa il fatto che le pratiche citaziona­
li varino nelle diverse comunità scientifiche e in particolare che siano
radicalmente diverse nelle scienze dure rispetto a quanto accade nelle
scienze umane e sociali. In effetti, potremmo dire che sono proprio le
caratteristiche del settore disciplinare e della comunità scientifica di
riferimento a rendere più o meno applicabile la logica citazionale.
Può essere d'aiuto un esempio : l'analisi bibliomerrica degli studi di
oncologia potrebbe restituire dati relativamente robusti, visto il nume­
ro di ricercatori che si occupano di questo tema (ho t topic) e l 'altissima
frequenza di pubblicazioni, a differenza di quanto accade in comunità
molto ridotte dove, per l'estremo specialismo e per il numero ridotto
di ricercatori, tali indicatori non possono restituire risultati statistica­
mente significativi, neppure se opportunamente normalizzati ( Banfi,
De Nicolao, 2 0 I 3 ) .
Tra gli elementi contestuali va inoltre ricordato il cosiddetto "ef­
fetto San Matteo", cui si è accennato nel CAP. 2 che, dal punto di vista
delle pratiche citazionali, implica la tendenza degli autori a citare pre­
feribilmente lavori di scienziati dalla fama consolidata, trascurando le
ricerche di altri potenzialmente più pertinenti, sebbene meno influenti
dal punto di vista citazionale.

4I
LA BIBL!OME TR!A

Il peso della citazione Le dis cipline con un numero ridotto di ri­


cer catori tendono a ri cevere un numero di citazioni molto più basso
rispetto a campi più "frequentati". Il "peso" attribuito alle citazioni
non può essere lo stesso per settori con dimensioni molto diverse : a
titolo esemplifi cativo e guardando alle s cienze umane si pensi al valo­
re che assume una citazione nel settore dell 'Etnomusi cologia ( s.s.d.
L-ART/o 8) che vede in cardinati in Italia soltanto r8 tra ri cer catori,
professori asso ciati e professori ordinari rispetto ad una citazione nel
settore delle Dis cipline dello spetta colo ( s.s.d. L-ART/os) che conta
ben 95 soggetti ( ri cer ca aggiornata a gennaio 2.01 5 , fonte : http : / l cer ca­
universita. cine ca.it ) .
E an cora, si pensi alla differenza che ci può essere in termini di ci­
tazioni rispetto al tema della ri cerca : per tornare all 'esempio sopra, chi
si o ccupa di ri cer ca sul can cro avrà un range citazionale di riferimento
ben diverso da chi si o ccupa di malattie rare.
Sono le teni che di normalizzazione a rendere confrontabili dati
così diversi : essa può consistere in una sempli ce correzione aritmeti ca
dell 'indi catore oppure nell 'utilizzo di sistemi complessi di conteggio
basati su modelli probabilisti ci ( cfr. riquadro 3.1).
Rispetto alla dimensione della comunità di riferimento va notato
che in quei settori più pi ccoli e ad alta spe cializzazione, dove tutti si
conos cono e parlano linguaggi comuni, la "vi cinanza" (collaboration
distance) è molto diffi cile da eludere. Non solo, in queste comunità è
an che più fa cile attuare prati che opportunisti che, se non addirittura
fraudolente, di cui si dirà meglio in seguito a proposito dell Impact '

Factor.

La qualita della citazione Non solo è ne cessario considerare il valore


relativo della citazione rispetto a questi parametri ma pare opportuno
tenere presente an che la natura della citazione stessa, la sua qualità, po­
tremmo dire.
La citazione può essere utilizzata dall 'autore per motivi diversi:
- per dimostrare di aver compiuto un approfondimento signifi cativo
della letteratura rispetto al tema trattato e di condurre uno studio ad
ampio raggio ;
- per supportare la propria tesi fa cendo riferimento a lavori autorevo­
li che lo hanno pre ceduto ;
- per prendere le distanze dal lavoro di un pari o per criti care il suo
metodo e i risultati raggiunti.

42
3· BIBLI OMETRI A E ANALI S I CITAZIONALE

RI Q_UADRO 3.I
Normalizzazione

Quello della normalizzazione dei dati è uno dei temi più controversi della
bibliometria moderna.
Una fonte particolarmente chiara ed esaustiva rispetto alle tecniche uti­
lizzabili è il volume di Nicola De Bellis, Introduzione alla bibliometria: dalla
teoria alla pratica, in particolare il terzo capitolo (De Bellis, 2 0 I 4 , pp. 9 8-u9 ),
dove si trattano le principali strategie per la costruzione di indicatori relativi:
normalizzazione a posteriori, a priori e in stile PageRank.
Le tecniche di normalizzazione consentono di trasformare un indicato­
re assoluto ( il numero di pubblicazioni o citazioni, ad esempio) in indica­
tore relativo. Solo attraverso questo tipo di correzione sono possibili giudizi
comparativi del tipo : l'autore X che si occupa di oncologia - per riprendere
l'esempio sopra riportato - è più produttivo dell'autore Y che si occupa di
malattie rare.

Non solo, la citazione può essere utilizzata anche per motivi che esulano
dal piano strettamente scientifico e che riguardano, per così dire, l' aspet­
to sociale e relazionale della ricerca: rendere omaggio ad un pari ecc.
In uno studio del I98S Terrence Brooks, attraverso 26 interviste a ri­
cercatori di discipline scientifiche e umanistiche dell ' Università dello
lowa, ha approfondito le motivazioni che possono spingere gli scien­
ziati a citare un pari.
I motivi proposti nella survey erano : la documentazione del proprio
livello di aggiornamento (currency scale) ; la critica dei lavori citati (nega­
tive credit) ; la documentazione di informazioni di tipo "operativo': cioè
concetti, tecniche, strumenti, risultati ( operational infonnation); voler
persuadere i lettori della bontà delle proprie argomentazioni (persuasive­
ness) ; la distribuzione di crediti positivi (positive credit); voler suggerire
ulteriori letture di approfondimento o utili per la comprensione del con­
testo (reader alert); mostrare il proprio consenso con la comunità degli
specialisti citando i documenti che si pensa siano ritenuti meritevoli di
citazione da parte dei colleghi e potenziali lettori (social consensus).
Nell 'esperimento di Brooks la risposta più quotata per i ricercatori,
tanto di scienze dure quanto di scienze umane, si era rivelata quella
della persuasione : la maggior parte degli intervistati ammetteva di uti­
lizzare le citazioni per supportare le proprie tesi e convincere i lettori
della loro bontà ( Brooks, I98s, p. 226; De Bellis, wos, p. I74 ) .

43
LA BIBL!OME TR!A

Anche Garfield in un suo lavoro del r977 aveva individuato quin­


dici motivazioni diverse che potevano determinare la citazione di un
pari : rendere omaggio ai pionieri della disciplina, accreditare lavori
simili o correlati, identificare metodologie e tecniche, suggerire lettu­
re di approfondimento, correggere il proprio lavoro o il lavoro altrui,
prendere le distanze da lavori precedenti, supportare le proprie affer­
mazioni, supportare dati, criticare il lavoro degli altri e negarne la vali­
dità scientifica ecc. ( Garfield, 1977, p. 8s).
Nonostante questo studio in realtà Garfield non diede mai trop­
pa importanza ali' aspetto qualitativo della citazione ( il "peso" o la
"qualità" di cui si è detto sopra) o al cosiddetto comportamento ci­
razionale, espressione con cui si indicano, appunto, le modalità che
condizionano il processo di citazione nella ricerca scientifica e che
possono essere influenzate dali ' appartenenza ad un determinato set­
tore scientifico, in cui si condividono certe abitudini di ricerca e non
altre (Martino, 1 9 7 1 ) .
Sebbene possa sembrare un meccanismo semplice e lineare, i n real­
tà quello della citazione è un processo complesso che può essere con­
dizionato, come si è visto, da variabili anche di carattere sociale non
sempre riconducibili al piano strettamente scientifico.
A questo proposito nel tempo si sono affermate due diverse scuole
di pensiero :
- la teoria nonnativa: derivata direttamente dai lavori del sociologo
statunitense Robert K. Merton, al quale si devono i fondamenti teo­
rici della bibliometria legata ad una visione della scienza come siste­
ma dotato di meccanismi interni di auto-regolamentazione, come un
processo lineare perfettamente coerente ed omogeneo in tutte le sue
fasi, governato da norme universali. I sostenitori di questo approccio
affermano che il conteggio delle citazioni rende conto dell ' impatto e
del prestigio di un lavoro scientifico, dal momento che è il mezzo at­
traverso il quale il ricercatore riconosce e attribuisce validità e credito
all 'operato di un suo pari (Merton, 1957, 1963, 198 8 ) ;
- la teoria socio-costruttivista: i sostenitori d i questo approccio affer­
mano al contrario che il comportamento citazionale è condizionato da
molteplici fattori che possono manipolarne il significato, ragion per
cui il conteggio delle citazioni non risponde pienamente all 'obiettivo
di fotografare in maniera oggettiva l' impatto dei prodotti della ricerca
( Gilbert, 1977 ). Già verso la metà degli anni Sessanta era affiorato il
sospetto che, a differenza di quanto sosteneva Merton, solo occasio-

44
3· BIBLIOME TRI A E ANALI S I CITAZI ONALE

nalmente le pratiche citazionali riflettessero l'attenzione degli autori


verso il riconoscimento dei meriti scientifici di colleghi e precursori :
« Quante volte - si chiedeva Norman Kaplan nel I965 - i lavori altrui
sono citati senza essere letti attentamente ? Quante volte le citazioni
sono semplicemente copiate dalla bibliografia del lavoro di qualcun al­
tro senza leggere o dare credito alla persona che ha condotto la ricerca
bibliografica originale ? Quante volte le citazioni sono aggiunte all ' ar­
ticolo finito a seguito di un ripensamento o per allestire la vetrina ? »
(Kaplan, I 9 6 s , p. I 8 I ; D e Bellis, 2005, p. I77 ) .
Come si è visto nel CAP. 2. , è stata la diffusione commerciale dei
citation in dexes a rendere la citazione assoluta protagonista della car­
riera dei ricercatori : il conteggio delle citazioni è, di fatto, uno degli
strumenti utilizzati per stimarne l' impatto e la visibilità all ' interno
della comunità scientifica di riferimento. Le citazioni, in breve, sono
diventate uno degli ingranaggi dell ' industria scientifica e culturale (De
Bellis, 2005, p. I8).
In un interessantissimo lavoro del I984, Blaise Cronin affermava
che la commercializzazione della citazione comporta che chiunque ab­
bia a che vedere con essa - gli autori delle pubblicazioni, gli editori ma
anche chi si occupa di confezionarla (infonnation industry) e renderla
disponibile (i bibliotecari) - debba assolutamente conoscere ciò che
la citazione può comportare e il suo reale significato (Cronin, I 9 84, p.
2.4). Ogni soggetto dell 'ingranaggio scientifico deve, cioè, avere una
sua propria consapevolezza circa il significato e il valore che la citazio­
ne può assumere. Non solo, la citazione è influenzata da percezioni,
pregiudizi, attitudini motivazioni di vario genere tutte "interne" al
soggetto citante ( Cronin, I 9 8 I a).
Un filone di studi interessante è quello dell'analisi delle co-citazio­
ni o co-citation analysis. Si definisce co-citazione quella condizione in
cui due o più documenti vengono citati contemporaneamente da altri
documenti. Se i documenti A e B vengono citati dal documento C ,
sebbene non s i citino reciprocamente, sono comunque correlati.
Maggiore è il numero di volte in cui A e B si trovano ad essere citati
insieme da altri documenti e maggiore è la correlazione tra essi. Si dice,
pertanto, che due documenti sono co-citati se esiste almeno un terzo
documento che li cita entrambi in bibliografia. La forza di tale legame
aumenta se la stessa coppia è co-citata anche in altri documenti.
Questo tipo di analisi consente di individuare gli autori chiave di
un certo filone di ricerca e la linea di demarcazione tra discipline o

45
LA BIBLIOME TRIA

al contrario le aree di convergenza. Questa te cni ca fu messa a punto


nel 1973 da Henry Small, con l 'obiettivo di identifi care la struttura di­
s ciplinare della s cienza attraverso l'analisi della letteratura s cientifi ca
prodotta e delle connessioni intellettuali tra do cumenti (Small, 1973;
Small, Griffith, 1 974).
Come si è visto, quello della citazione è un tema molto complesso
e, come si vedrà, assolutamente ineludibile per un uso criti co e consa­
pevole degli indi catori citazionali.

3 ·3
I database citazionali:
wo s , Scopus, Google Scholar

Gli indi catori citazionali, lmpact Factor e gli altri di cui si dirà di segui­
to, possono essere cal colati in modo automati co a partire dagli ar chivi
citazionali, cioè i data sources degli indi catori ( GHinzel, 200 3 , p. 14).
Un ar chivio citazionale (o database bibliometri co) , inteso come
una lista ordinata di arti coli citati ognuno dei quali è a ccompagnato da
una lista di arti coli citanti, è cosa ben diversa da un ar chivio bibliogra­
fi co. La prin cipale differenza tra i due sta nell 'uso che se ne può fare,
ovvero negli obiettivi che consentono di raggiungere.
I database bibliografi ci sono una ra ccolta di informazioni relati­
ve alle pubbli cazioni, organizzati in modo da poter essere fa cilmente
a ccessibili agli utenti e vengono messi a punto e curati dalla comuni­
tà s cientifi ca a fini di do cumentazione e ausilio alla ri cer ca. Le unità
costitutive di un database di questo tipo sono i re cord bibliografi ci
(uno per ogni pubbli cazione) , a loro volta suddivisi in campi ( autore,
titolo dell 'arti colo, titolo della rivista, abstra ct e cc.) . Nel campo del­
la medi cina, PubMed è il database bibliografi co più noto al mondo :
a ccessibile liberamente, indi cizza cir ca 1 8 milioni di arti coli, offren­
do la possibilità di consultare l 'abstra ct e talvolta di arrivare al full­
te xt. PubMed utilizza un vo cabolario di termini controllati, chiamato
M E S H , formato da parole chiave (des crittori) che consentono una ri­
cer ca affidabile.
I database citazionali (o bibliometri ci) inve ce, sono repertori di
citazioni (citation indexes) che, a partire da un dato do cumento, per­
mettono di re cuperare e conteggiare tutte le citazioni ri cevute da quel
3· BIBLIOME TRI A E ANALI S I CITAZI ONALE

lavoro in un gruppo selezionato di riviste scientifiche internazionali


che lo hanno citato in bibliografia.
È molto importante avere chiaro che si tratta di due cose diverse :
mentre un database bibliometrico può essere utilizzato come strumen­
to per le ricerche bibliografiche, un database bibliografico non può
essere in alcun modo utilizzato per analisi quantitative (produttività
degli autori, evoluzione di un certo ambito di indagine ecc.).
Nel CAP. 2 si è parlato diffusamente di Web of Science, il primo e il
più noto degli archivi citazionali. Con il passare degli anni nel panora­
ma commerciale si sono affacciati altri due soggetti che si confrontano
con wos di Thomson Reuters : Scopus, il database citazionale lanciato
nel 2004 da Elsevier e Google Scholar, la versione per la ricerca scien­
tifica del colosso Google, contenente vari tipi di prodotti della ricerca.
È del 20I4 l' inizio di una collaborazione tra Web of Science e Google
Scholar.
Vista la grande quantità di materiale che questi database mettono a
disposizione, non dovrebbero esserci problemi nell 'ottenere dati coe­
renti ed affidabili. In realtà non è proprio così : incrociando le ricerche
effettuate sui tre database si ottengono risultati validi, ma non comple­
ti e soprattutto difformi.
Ciò dipende dal "grado di copertura" della letteratura scientifica
nei vari settori disciplinari, ovvero il rapporto tra la quantità di pub­
blicazioni incluse nell 'archivio e la quantità complessiva delle pubbli­
cazioni prodotte nello specifico settore disciplinare. Si può definire
"completo" un archivio in cui i due valori sono uguali.
Il grado di copertura dipende dai criteri adottati per includere o
escludere ogni singolo prodotto : quest 'opera di "filtraggio" può avve­
nire in relazione alla qualità della pubblicazione, alla sua natura (Bac­
cini, 2010, p. 78).
Il concetto di filtraggio, dunque, implica una riflessione non solo
"quantitativa", cioè relativa a quante pubblicazioni sono indicizzate,
ma anche "qualitativa" ovvero quante in relazione alla specifica area
disciplinare.
Ai fini della completezza degli archivi, sarebbe fondamentale ana­
lizzare le forme di comunicazione e disseminazione dei risultati della
ricerca nei vari ambiti disciplinari. Solo adottando questo punto di
vista si potrebbe impostare correttamente il problema del grado di co­
pertura degli archivi e del loro uso per la valutazione della ricerca. E
proprio questo è il problema principale che impatta sull 'applicazione

47
LA BIBL!OME TR!A

della bibliometria alla valutazione della ri cer ca nelle s cienze umane :


non esistono database pensati e costruiti in funzione della letteratura
s cientifi ca prodotta in ambito umanisti co, prin cipalmente monografie
e capitoli di libro.
S copus e Google S cholar risultano più in clusivi di wos rispetto a
questo tipo di letteratura ma non si possono senz'altro dire esaustivi
( Tarantino, 2.00 6) .
A tale proposito per wos va almeno ri cordato i l Book Citation In­
dex, introdotto alla fine del 2.0 ! ! nelle due versioni S cien ce (BC I-S) e
So cial S cien ces & Humanities (BCI-SSH) , che indi cizza le monografie
a partire dal w os, pensato per dare ai ri cer catori la possibilità di iden­
tifi care e a ccedere rapidamente e fa cilmente ai libri più pertinenti.
Il Book Citation Inde x, come di chiarato da Thomson, permette di :
- analizzare la rete di citazioni tra libri e il più vasto mondo della ri­
cer ca a ccademi ca e s cientifi ca;
- creare collegamenti diretti a cataloghi di bibliote che e collezioni di
eBook;
- fornire una copertura più completa della letteratura nelle s cienze
so ciali e umane;
- misurare il contributo dei libri nelle varie dis cipline e consentire
l 'identifi cazione di potenziali collaboratori ( http :/ /wokinfo. com/
media/pdf/bkci_fs_it.pdf ) .
Tornando al tema della copertura, in generale, viene attuata una
operazione di filtraggio, sulla base della "qualità" garantita in teoria
dalla peer review, per cui sia wos che S copus di chiarano, tra i propri
criteri di selezione delle riviste s cientifi che, il fatto che gli arti coli che
esse pubbli cano siano sottoposte ad un rigido e serio pro cesso di valu­
tazione dei pari ( di cui si parlerà nel PAR. 4.3) .
Vediamo nel dettaglio quali sono le pro cedure d i filtraggio di chia­
rate dai tre database.
Per quanto riguarda wos i criteri di inserimento delle riviste sono :
- ]o urna/ Publishing Standards: la puntualità di pubbli cazione, l'ado­
zione di convenzioni editoriali internazionali, l 'uso della lingua ingle­
se e l'appli cazione della peer review;
- Editoria/ Content: il contenuto della rivista deve "arri cchire" il data­
base rispetto alla copertura esistente ;
- International diversity: gli editor di Thomson Reuters vogliono
garantire quella che viene definita diversità internazionale tra gli au-
3· BIBLIOME TRI A E ANALI S I CITAZI ONALE

tori che contribuis cono con i propri arti coli, gli editor della rivista e
i membri dell 'Editoria! Advisory Board ( EAB ) ( comitato consultivo
editoriale);
- Citation Analysis: se e quanto la rivista è stata citata rispetto all 'am­
bito dis ciplinare e nel breve periodo. Nel caso delle riviste delle aree
S S H questo parametro conta meno.
Le prin cipali cause di rifiuto da parte di Thomson per l 'indi cizza­
zione in wo s sono la non puntualità della pubbli cazione, lo s carso va­
lore citazionale rispetto alla dis ciplina, il formato della pubbli cazione
(newsletter, ad esempio) e il contenuto ridondante rispetto alla coper­
tura dis ciplinare.
Per quanto riguarda S copus, una rivista per essere presa in consi­
derazione e comin ciare il pro cesso di valutazione ai fini dell 'a ccredi­
tamento, deve avere anzitutto un I S SN, una periodi cità regolare, deve
adottare la peer review nella selezione degli arti coli (Kahler, 2.0 I O ). La
candidatura può essere presentata direttamente online e la valutazio­
ne viene portata avanti da un Comitato S cientifi co Internazionale
( C SAB - Content Sele ction & Advisory Board) sulla base di criteri
più spe cifi ci, raggruppati in s categorie :
- journal Policy: la rivista che si sottopone all 'indi cizzazione deve
avere una chiara politi ca editoriale, deve appli care il pro cesso di peer
review, gli autori e gli editors devono provenire da tutto il mondo ;
- Content: le riviste devono dare un contributo tangibile alla dis cipli­
na, gli abstra ct devono essere chiari e la qualità della rivista deve essere
conforme agli s copi di chiarati;
- Journal Standing: la rivista deve avere una reputazione garantita
dal comitato editoriale e un buon impatto citazionale degli arti coli in
S copus;
- Regularity: la pubbli cazione deve essere puntuale ;
- Online Availability: la rivista deve essere a ccessibile an che online
attraveso un sito che abbia una interfa ccia grafi ca chiara e di qualità
(oltre che essere in lingua inglese).
Per quanto riguarda Google S cholar i criteri di in clusione nel da­
tabase sono po co chiari e non vengono espressi apertamente come a c­
cade nei siti di Thomson per wos e di Elsevier per S copus: del resto
Google protegge i suoi algoritmi e ciò riguarda an che S cholar, pertan­
to non è possibile monitorare i criteri utilizzati per la copertura offerta
dal database.

49
LA BIBL!OME TR!A

In generale, i do cumenti disponibili sono, a detta di Google, « do­


cumenti approvati per la pubbli cazione, tesi, libri, abstra ct e arti coli
di case editri ci a ccademi che, ordini professionali, database di studi
non an cora pubbli cati, università e altre organizzazioni a ccademi che »
(http :/ l s cholar.google.it/intl! i t/ s cholar/ about.html) .
Per una migliore interrogazione di Google S cholar s i può utilizzare
il software P O P - Publish or Perish, sviluppato da Anne-Wil Harzing
e s cari cabile gratuitamente dal web su http :/ /www.harzing. com/pop.
htm (Harzing, 2 0 07 ) .

Per con cludere questa panorami ca rispetto alla copertura dei data­
base, possono essere utili al cune indi cazioni di carattere quantitativo
sintetizzate nella TAB . 3 . 2.
La letteratura in materia è molto ri cca e diversi sono gli studi dispo­
nibili. Per esempio sulla differenza tra wos e Google S cholar uno dei
più signifi cativi è lo studio condotto da Lokman l. Meho e Kiduk Yang
(Meho, Yang, 2 0 07 ).
Su Google S cholar non è possibile fornire dati pre cisi ma l a sua
copertura è andata aumentando esponenzialmente dal 2 0 0 4 ad oggi.
Per quanto riguarda i libri, solo una pi ccola parte dei libri indi cizzati
in Google Books è a ccessibile all 'analisi bibliometri ca tramite Google
S cholar. Se e quando le due fonti saranno relazionare il panorama del­
la valutazione delle aree umanisti che - dove la monografia, come si
vedrà, è la tipologia di pubbli cazione più diffusa - potrebbe cambiare
forse radi calmente.
Ri capitolando, rispetto agli ar chivi ci razionali, tre sono i criteri che
vanno tenuti in considerazione al momento di s cegliere e utilizzare gli
indi catori che da essi vengono cal colati :
- la quantità : le dimensioni del database, ovvero quanti do cumenti
indi cizza;
- la qualità : la copertura dis ciplinare del database e la tipologia di do­
cumenti che indi cizza (arti coli, monografie, capitoli di libro, pro ceed­
ings e cc. ) ;
- i l citation matching, ovvero l'asso ciazione tra do cumenti citanti e
do cumenti citati e la presenza all 'interno del database stesso. In wos e
S copus le fonti indi cizzate (master list) sono prevalentemente riviste di
area s cientifi ca. Queste tendono a citare altre riviste di area s cientifi ca,
probabilmente ugualmente indi cizzate, ma può a ccadere che le cita­
zioni sfuggano a questo cir colo chiuso. Questo a ccade quando in un
do cumento che fa parte della master list vengono citati do cumenti che

so
3· BIBLIOME TRI A E ANAL I S I C I TAZI ONALE

TABELLA 3.2
I database citazionali (dati aggiornati al gennaio 2 0 1 5 )

Anno di Database
commercializzazione Editore bibliometrico Contenuto

1 9 64 I S I (oggi Thomson Science Citation Oltre S.s o o riviste


Reuters) Index Expanded in r s o discipline dal
1 9 0 0 ad osgi (dispo­
nibile JCR)

1 9 72 r s r (oggi Thomson Social Science Oltre 3 . 0 0 0 riviste


Reuters) Citation Index in 55 discipline di
Expanded scienze sociali dal
1 9 0 0 ad oggi (dispo­
nibile JCR)

1978 I S I (oggi Thomson Arts & 1.7 0 0 riviste di arte e


Reuters) Humanities discipline umanisti­
Citation Index che dal 1 9 7 5 ad oggi
(non è disponibile
JCR)
1990 Thomson Reuters Conference Oltre r 6 o. o o o atti
Proceedings di convegno in 2 5 6
Citation Index discipline dal 1 9 9 0
a d oggi

2004 Elsevier Scopus 21.0 00 riVISte prin­


cipalmente di area
STM. L'indicizza­
zione delle citazioni
parte dal 1 9 9 6

2004 Google Google Scholar Copertura non di­


chiarata ma in cre­
scita esponenziale
dal 2 0 0 4 ad oggi

20II Thomson Reuters Book Citation 5 o. o o o libri dal 2 o o 5


Index a d oggi con 1 0.0 0 0
nuovi libri aggiunti
ogni anno

non ne fanno parte. In questo caso è importante imparare a recuperare


dal citation index le cosiddette "citazioni orfane" (cfr. riquadro p).
Questo recupero può essere fatto solo manualmente (Jacs6, 2.00 8; De
Bellis, 201 3 ; 2014, p. 6o ).

SI
LA BIBL!OME TR!A

RI Q_UADRO 3.2.
Le citazioni "orfane" e le citazioni "isolate"

Si definiscono "citazioni orfane" (orphan rejèrences) quei riferimenti biblio­


grafici presenti negli articoli delle riviste indicizzate nei database che puntano
a documenti esclusi dal nucleo iniziale delle fonti.
In wos si possono visualizzare usando la funzione cited rejèrence search, in
Scopus sono definite Secondary documents, in Google Scholar sono indicate
con la dicitura [CITAZIONE] .
Le "citazioni isolate" (stray rejèrences) sono quei riferimenti bibliografici
presenti negli articoli delle riviste indicizzate dai database che rimandano a
documenti ugualmente indicizzati ma che non vengono riconosciuti per un
qualche errore nella forma.

Negli ultimi de cenni sono sorti diversi ar chivi bibliografi ci dis ciplina­
ri con l'obiettivo di mettere a disposizione della comunità s cientifi­
ca di riferimento la letteratura prodotta nello spe cifi co settore. Per le
dis cipline filosofi che, ad esempio, il prin cipale ar chivio bibliografi co
è Philosopher 's inde x curato dal Philosopher Information Center, in
ambito e conomi co un punto di riferimento è E conlit, curato dalla
Ameri can E conomie Asso ciation, per le s cienze so ciali il più impor­
tante archivio dis ciplinare è So ciologi cal abstra cts.

3 ·4
Gli indicatori bibliometrici di im patto

Gli indi catori bibliometri ci, elaborati automati camente a partire dai
database citazionali, appartengono alla famiglia degli indi catori cita­
zionali, perché cal colati sulla base della citazione considerata « l 'unità
minima informativa, codifi cata attraverso stili internazionali condivi­
si, indispensabile per identifi care in maniera univo ca una pubbli cazio­
ne s cientifi ca » (Cassella, Bozzarelli, 2.011, p. 6 8 ) .
Numero d i citazioni e numero d i pubbli cazioni sono misure i n un
certo senso "mute", in capa ci di esprimere (in valore assoluto) il peso
reale di un lavoro s cientifi co.
Con il numero di pubbli cazioni si può misurare la produttività di
un ri cer catore, ma an che in questo caso tale valore, per essere indi cati-

5 2.
3· BIBLI OMETRI A E ANALI S I C I TAZI ONALE

TABELLA 3 ·3
Indicatori bibliometrici

Tipologia Database Indicatori

Impact Factor
5Year IF
Immediacy In dex
wos (attraverso J C R)
CitedHalf
Indicatori bibliometrici Life Total Cites
per le riviste Citable Items
scimago]R
SCimago Total Cites
Scopus
H index rivista
SNIP
Indicatori bibliometrici Eigenfactor
Modello Open Access
per le riviste/ articoli Artide Injluen ce Score
Indicatori bibliometrici wos, Scopus, Google
H index e sue varianti
per gli autori Scholar

Fonte: D'Anrone (2012, p. s).

vo, andrebbe relazionato alla sua età anagrafi ca, alla sua età a ccademi ca,
al settore di riferimento, alla tipologia di pubbli cazione, e non ultimo
alla qualità della sua ri cerca, ovvero a elementi come l'originalità, la ri­
levanza, il rigore metodologi co e cc., temi sui quali si tornerà nel CAP. 4·
Possiamo definire "indi catori primari" il numero delle pubbli ca­
zioni, il numero delle citazioni, così come il numero di a ccessi ad una
pagina web o il numero di download di un arti colo, an che se l 'espres­
sione indi catore è utilizzata impropriamente per ché essa sottende un
rapporto tra due misure che in questo caso non c'è.
Sono inve ce "indi catori se condari" quelli che realmente esprimono
un rapporto come ad esempio l'Impact Factor, l'Immediacy Index, il
Cited Ha/fLife, lo SCimago]ournal Rank e cc. (TAB. 3.3).
Di seguito ci soffermeremo su al cuni indi catori cal colati automa­
ti camente in wos e S copus per le riviste e sull 'h in dex per gli autori,
per poi passare a des crivere le caratteristi che di al cune metri che web di
ultima generazione.
Si tenga presente che questa trattazione non ha la pretesa di essere
esaustiva, essendo questo un tema in cui le sperimentazioni e le novità

53
LA BIBL!OME TR!A

sono all 'ordine del giorno e la ricerca in continua evoluzione. Obiet­


tivo dei paragrafi che seguono è piuttosto quello di fornire alcune in­
dicazioni di base sulla costruzione e l 'uso corretto degli indicatori più
noti, mettendone in evidenza le specificità.

3·4·!. G L I IND I CAT O RI P E R LE RIV I S T E IN wo s :


IMPACT FACTOR & C O

L 'analisi citazionale è l a base per i l calcolo dell 'Impact Factor, l 'indica­


tore bibliometrico più noto e anche il più criticato e discusso.
L 'invenzione dell 'n: si deve a Eugene Garfield : originariamente
creato come strumento utile soprattutto ai bibliotecari nella scelta
delle riviste da acquistare e agli autori nello scegliere le riviste di pre­
stigio a cui inviare i propri lavori, nel corso degli anni è stato utilizza­
to come strumento per la valutazione della ricerca. E da qui nascono
le critiche che accompagnano questo indicatore : non è, quindi, l 'in­
dicatore in sé a presentare dei problemi ma l 'uso che di esso viene
fatto.
La formula dell 'IF, fin dall 'inizio, consentì una grande quantità
di elaborazioni statistiche, che hanno determinato lo sviluppo della
bibliometria come disciplina e la sua applicazione in diversi contesti
disciplinari. Come anticipato nel CAP. 2., Garfield utilizzò per la pri­
ma volta questa espressione nel famoso articolo del I 9 55 su "Science",
anche se in realtà approfondì e dichiarò la sua filosofia solo 17 anni
più tardi, in un articolo su "Nature" dall 'eloquente titolo Citation
Analysis as Tool in ]o urna! Evaluation ( Garfield, 1 9 72.) in cui ne espo­
se i rischi e i vantaggi a partire dalle sperimentazioni portate avanti
nell 'ambito dell 'ISI.
L 'IF di una rivista misura il suo impatto ali ' interno della comuni­
tà scientifica e si ricava in wos dal ]ournal Citati o n Reports ( cfr. ri­
quadro 3.3 ) , dove si può fare una ricerca per argomento (Subject Cate­
gory), per area geografica ( Country!Territory), per editore (Publisher)
oppure si può ricercare un titolo specifico (Specifìc ]o urna{) o vedere
tutto l 'elenco dei titoli ( View alljournals) ( FIG. 3.I ) .
La formula per calcolare l' IF di una rivista è molto semplice : è il
numero di citazioni che gli articoli pubblicati in una rivista X hanno
ricevuto nei due anni precedenti e si ottiene dividendo la cifra per il
numero di articoli pubblicati dalla stessa rivista nei due anni conside­
rati. Se nel 2.0r 2. gli articoli pubblicati sulla rivista X nel wi0-2.0 ! ! sono

54
3· BIBLI OMETRIA E ANALI S I C I TAZI ONALE

RI Q.UA D RO 3-3
Il Journal Citation Reports ( J C R)

Il Journal Citation Reports è lo strumento di base per il calcolo degli indica­


tori bibliometrici dell ' r si. Fu lanciato nel mercato per la prima volta nel 1 9 75,
quando l ' lmpact Factor e r a già stato ampiamente approfondito d a Garfìeld.
All ' inizio il ] C R usciva come supplemento al volume annuale dello SCI, suc­
cessivamente in versione microfìsh dal 1990 e poi dal 1995 su C D -rom. La vera
esplosione di questo strumento si ebbe a partire dalla sua divulgazione su web
(Di Cesare, 2.002, p. 1 44) . Oggi il J C R esce in due diverse edizioni annuali,
una per le scienze naturali (JCR Science Edition) e l'altra per le scienze sociali
( J C R Social Science Edition), non per le scienze umane.
Filtrando i dati dello Science Citation lndex e del Social Sciences Cita­
don Index, il J C R classifica annualmente le riviste sulla base di diversi para­
metri, il principale dei quali, o perlo meno quello piu discusso, è proprio l' IF
(De Bellis, 2.005 ) .

FIGURA 3.1
Schermata principale e imerfaccia di ricerca del Journal Citation Reports

Joumal Citation Reports•

.... . Jal .... .. ,_: ---


· JCII. � � �

� -- .
y

o s.n:tl ,_ • .-dlk 1-N'


O x:a !iodal s.o.- &���on � o ..-, .-._ ..
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Tl'lor � lll -- -.d lrt � fl' "'f/tM �



1'11e llflloeocw � - � � r- oa u zo:u:o7zou
-
� C Xli" �

stati citati 8 o volte e nello stesso periodo di tempo ha pubblicato 150


articoli, il suo IF per il w r 2 sarà 8o/rso 0,53. =

Vediamo un esempio concreto : gli articoli pubblicati sulla rivista


"Scientometrics" nel 2or r sono stati citati 456 volte nel 2012, mentre
quelli pubblicati nel 2oro sono stati citati 489 volte nel 2or2. In questi
due anni "Scientometrics" ha pubblicato 443 articoli, dunque, il suo IF
nel 2or2 è di 2,1 3 3 (FIG. 3 .2). Si colloca quindi al 7o posto su 83 riviste
per l'area Informati on Science & Library Science.

ss
LA BIBL!OME TR!A

F I G U RA 3 .2
Schermata di calcolo dell'IF su JCR per la rivista "Scientometrics"

Joumal Impilld: Filld:or J)

Cites in 2012 to items published in: 201 1 = 456 Number of items published in: 2011 = 217
2010 = 489 2010 = 226
Sum : 945 Sum : 443
calculatlon :C!tes to recent 1tems � = 2.133
Number of recent ltems 443

Come anticipato, le critiche che vengono rivolte all'IF non riguarda­


no tanto l' indicatore propriamente detto, quanto l 'uso in discriminato
che ne è stato fatto o che se ne può fare soprattutto per la valutazione
della ricerca: lo stesso Garfield metteva in guardia rispetto ali' abuso
di uno strumento nato con l 'obiettivo - lo ricordiamo - di aiutare i
bibliotecari a migliorare la propria politica di acquisizioni e gli studiosi
a orientarsi verso le pubblicazioni migliori.
Tra gli indici bibliometrici, l'IF, presentato dall'rsr come una misu­
ra dell' importanza di una rivista relativamente alle altre pubblicazio­
ni della stessa area, è stato oggetto negli ultimi anni di innumerevoli
critiche per la facilità con cui può essere artificialmente gonfiato at­
traverso comportamenti abusivi ( Seglen, 1 9 97 ; Baccini, 2010, p. 1 7 3 ;
Colquhoun, 2003).
Alcuni possono essere individuati e corretti, basti pensare alle au­
tocitazioni che possono essere eliminate dai conteggi citazionali. Altri
sono molto più complessi da poter risolvere : se in un gruppo di ricerca
ogni ricercatore firmasse le pubblicazioni di tutti gli altri, anche quelle
in cui non ha dato minimamente un contributo, il numero di pubbli­
cazioni di ciascuno aumenterebbe a dismisura e così anche gli indici
citazionali. Si potrebbe procedere in questo caso con una normaliz­
zazione sulla base del numero degli autori della pubblicazione stessa,
tenendo però presente che primo e ultimo autore offrono di solito un
contributo diverso.
Altra pratica da tenere in considerazione è lo scambio di citazioni
di favore tra ricercatori e gruppi di ricerca e su questo non si può inter­
venire in alcun modo, a meno che non si entri nel merito del contenuto
della citazione e del legame intellettuale tra le pubblicazioni.

s6
3· BIBLIOME TRI A E ANALI S I C I TAZI ONALE

Gonfiare l' IF di una rivista è possibile : in teoria basta aumentare


il numero di citazioni degli articoli pubblicati nella rivista nelle due
annate precedenti; se ogni autore che pubblica nella rivista X nel 20I5
citasse gli articoli usciti sulla stessa nel 20 I 3 e nel 20 I 4 ecco che l ' IF del­
la rivista X aumenterebbe decisamente, facendo contenti non soltanto
gli editori della rivista ma anche gli autori che ne trarrebbero beneficio
nei propri curricula.
Per sintetizzare, le principali critiche rivolte all' IF sono le seguenti :
- il conteggio delle citazioni costituisce una misura dell ' intensità
delle connessioni intellettuali tra i documenti e i rispettivi autori e,
quindi, il numero delle citazioni ricevute rappresenta un indicatore
dell ' impatto scientifico solo se il lavoro citato ha fornito un reale sup­
porto all'autore citante (Loggia, 20 I 3 , pp. 26-7 ). Il numero di citazioni
andrebbe epurato dalle autocitazioni, dalle citazioni negative, dalle ci­
tazioni di favore ecc.;
- nel caso specifico delle scienze umane e sociali, essendo la mono­
grafia - e il libro più in generale - la tipologia di pubblicazione pri­
vilegiata per la disseminazione dei risultati della ricerca, l ' IF non può
essere calcolato, visto che I S I non indicizza ancora in modo esaustivo i
riferimenti bibliografici delle monografie. Di questo e del Book Cita­
don Index si parlerà più diffusamente nel CAP. 4;
- la misura dell' IF, effettuata su un corpus di riviste principalmente di
lingua inglese, privilegia le riviste con contenuti più generali, che sono
naturalmente maggiormente citate, danneggiando le riviste di nicchia
che offrono spazio a contributi che trattano ricerca innovativa e di
frontiera. Questo è un tema estremamente delicato, sul quale si tornerà
nel CAP. 5· Si definisce groupthinking un atteggiamento compiacente
verso le tematiche di ricerca mainstream, alla moda, che vengono bat­
tute per ottenere un maggior successo in termini di impatto citazio­
nale. Questo atteggiamento non può che danneggiare pesantemente
lo sviluppo della scienza, compromettendo la crescita delle discipline,
lo sviluppo della ricerca imer-disciplinare e trans-disciplinare, finendo
con l'avere effetti deleteri sulla ricaduta economica e sociale della ricer­
ca scientifica stessa.
Una possibilità interessante offerta dal J C R è quella di osservare il
range citazionale di una intera disciplina. Dalla schermata principale
basta selezionare il campo View Category Data invece che]ournal Data
e indicare nel menu a tendina l'area di interesse.

57
LA BIBL!OME TR!A

È così possibile calcolare l'Aggregate Impact Factor per una data area
tematic a che consiste nel calcolo dell' IF con le stesse modalità di quello
calcolato per le riviste, ma prendendo in considerazione nel loro com­
plesso tutte le riviste della categoria tematica. Si tratta di un termine
di riferimento importante per dare il giusto peso all'IF di una rivista
rispetto alla categoria tematica di appartenenza.
Attraverso il J CR è possibile calcolare oltre all 'IF anche altri indica­
tori. Vediamoli di seguito.
- 5 Year Impact Factor, disponibile dal 2 0 07, è il numero di citazioni
ricevute, in un dato anno, dagli articoli pubblicati in una rivista X nei
cinque anni precedenti e si ottiene dividendo la cifra per il numero
di articoli pubblicati dalla stessa rivista nei cinque anni considerati. Si
tratta cioè di una estensione dell' IF ad un periodo più lungo, che può
essere funzionale nei settori dove la validità di una ricerca ha bisogno
di più tempo per essere scoperta, come è il caso delle scienze umane e
sociali;
- Immediacy In dex: misura quanto velocemente in media una rivista
viene citata. Questo indicatore ci dice quanto spesso articoli pubbli­
cati su una rivista sono citati durante lo stesso anno e viene calcolato
dividendo il numero di citazioni di una rivista in un dato anno per il
numero di articoli pubblicati nell 'anno corrente ;
- Cited Half Lifè: quantifica per quanti anni sono citati gli articoli
della rivista in esame. Al contrario dell' Immediacy Index che misura la
velocità, questo indicatore misura la persistenza nel tempo, indicando
il numero di anni, valutati a ritroso a partire dall'anno considerato, ai
quali è riferito il so% delle citazioni di articoli della rivista nell'anno in
esame. Si tratta cioè dell 'età mediana degli articoli della rivista citati, in
un dato anno, dalle altre riviste incluse nel JCR.

3·4·2· G L I IND I C AT O R I P E R LE RIVI S T E


NEL M O D ELLO O P EN ACC E S S : EIGENFACTOR

Grazie alla diffusione del modello Open Access (cfr. riquadro 3.4)
stanno nascendo una serie di progetti per sperimentare soluzioni alter­
native all ' Impact Factor.
Uno di questi è l' Eigenfactor (http :/ / www.eigenfactor.org ) : un
progetto di ricerca accademica non commerciale, promosso dal labo­
ratorio Bergstrom dell ' Università di Washington, che ha lo scopo di

s8
3· BIBLI OMETRI A E ANALI S I C I TAZI ONALE

RI Q_UADRO 3·4
Il modello Open Access

Open Access significa accesso libero e senza restrizioni ai risultati e ai dati


della ricerca. Com'è noto, l' Open Access è un movimento internazionale che
incoraggia gli scienziati e gli studiosi a disseminare i propri lavori rendendo li
liberamente accessibili in rete (De Robbio, 2007b) .
Il principio fondamentale è che i risultati delle ricerche finanziati con fon­
di pubblici devono essere pubblicamente disponibili.
Si tratta di un canale alternativo e complementare di diffusione dei risul­
tati della ricerca scientifica nato come movimento di riappropriazione della
comunicazione scientifica da parte di chi fa ricerca.
Esistono due vie all' Open Access:
- Green Road: autoarchiviazione di bozze di articoli (già pubblicati o in
corso di pubblicazione su riviste tradizionali) in archivi aperti, in accordo
con le politiche di copyright degli editori. Fattibile subito, a costo zero ;
- Go/d Road: pubblicazione in riviste Open Access, peer reviewed, accessibi­
li a tutti senza abbonamento.
In termini di citazioni, diversi sono i vantaggi del modello Open Access:
- una maggiore visibilità che si potrebbe tradurre in un maggior numero di
citazioni;
- una diffusione immediata dei risultati delle ricerche e dunque maggiore
visibilità;
- possibilità di nuove metriche di valutazione dell' impatto del singolo arti­
colo e nuove metriche in generale.
La letteratura in materia è ricchissima, si segnala in particolare il Wiki ita­
liano sull' Open Access http://wiki.openarchives.it/index.php/Pagina_princi­
pale, lanciato da un gruppo di bibliotecari nel 2008, che offre un unico punto
di accesso alle principali informazioni sull' Open Access, con particolare atten­
zione alla realtà italiana.

sviluppare un nuovo metodo per la valutazione dell 'impatto dei pe­


riodici accademico-scientifici ai fini di ottenere una mappatura della
struttura della ricerca accademica ( De Robbio, 2007a, p. 269 ).
Si tratta di u n modello matematico per calcolare l 'impatto delle ri­
viste scientifiche che tiene in considerazione gli standard di citazione
condivisi nelle diverse discipline.
I principali vantaggi di questo indicatore, oltre al fatto che è acces­
sibile gratuitamente, sono :

59
LA BIBL!OME TR!A

- il peso delle citazioni per disciplina : considera i diversi comporta­


menti citazionali tra discipline, permettendo una migliore compara­
zione tra diverse aree di ricerca;
- il posizionamento dei periodici esemplificato sul modello PageRank
di Google : Eigenjàctor non utilizza informazioni localizzate (come
wos per IF) ma l' intera rete ;
- utilizzo dei dati a s anni: perché in certe discipline due anni potreb­
bero essere insufficienti.
L'Artide Injluence Score (AIS ), variante dell' Eigenjàctor e accessibile
dal sito del progetto http :/ / www.eigenfactor.org, è un indicatore che
misura il livello medio d' influenza di un singolo articolo contenuto in
una rivista. Si calcola dividendo l' Eigenfoctor per il numero di articoli
della rivista che contiene l 'articolo.

3·4-3- GLI INDICATORI PER LE RIVISTE IN S COPUS : SJR E SNIP

Per quanto riguarda Scopus due sono gli indicatori citazionali che si
riferiscono alla rivista, disponibili all'interno della funzione Analytics
(FIG. 3.3 ) :
- SJR - SCimago ]o urna! Rank;
- SNIP - Source Nonnalized Impact per Paper.
Entrambi vengono calcolati automaticamente sulla base di tutti gli
articoli indicizzati da Scopus.
seImago JR : è un indicatore citazionale sviluppato da Félix de Moya
del Consejo Superior de Investigaciones Cientijìcas di Spagna e da Vicen­
te Guerrero-Bo te dell ' Università dell ' Extremadura ( Gonzalez-Pere i­
ra, Guerrero-Bote, Moya-Aneg6n, w n ) .
Lo SJR è sviluppato a partire da un algoritmo simile al PageRank
di Google, per il quale non tutte le citazioni sono uguali e vengono
quindi "pesate". Oltre a calcolare l' impatto per rivista, calcola anche
l 'impatto per paese attraverso la funzione Country Rank. I risultati
delle analisi di SJR sono consultabili gratuitamente attraverso il sito
del progetto scrmago (http :/ / www.scimagojr.com). All' interno della
funzione Analytics di Scopus è possibile calcolare il SJR.
SNIP (Source Normalized Impact per Paper) : progetto sviluppato da
Henk Moed e dal Centre for Science and Technology Studies ( Uni­
versità di Leiden) per Scopus, è un indicatore che misura l' impatto
citazionale nell'area disciplinare della rivista, riducendo le differenze

6o
3· BIBLIOME TRI A E ANALI S I C I TAZI ONALE

F I G U RA 3 -3
Schermata della funzione An alytics di Scopus

Sco pus

Qulcll s-dl
L_______...J

J o u rna l Ana lyzer

l Joumel Tl1le • j
l llullld�ry ·l
Sllow (!) SJR U SHIP U ISSH

Searcll

nella frequenza delle citazioni. All' interno della funzione Analytics di


Scopus è possibile calcolare lo SNIP.
Al link http :/ /www.journalindicators.com sono presenti i dettagli
metodologici (Moed, wro; Leydesdorff, Opthof, 2 o r o ; Waltman et
al , 20 13).
In Scopus è anche presente la funzione ]o urna! Analyzer che per­
mette di mettere a confronto diverse riviste (fino a I O ) , secondo una
serie di parametri : numero di articoli, percentuale di articoli non cita­
ti, numero di citazioni ricevute e anche SJR (scimago Journal Rank) e
SNIP (Source Normalized Impact per Paper).

3·4·4· G L I IND I C ATORI P E R G L I AU T O R I : H INDEX

L'h index o indice di Hirsch prende il nome appunto dal suo ideatore,
]orge E. Hirsch della University of California di San Diego, che lo ha
presentato nel 20 05 nel saggio An Index to Quantijy an In dividual's
Scientijìc Research Output, apparso sui prestigiosi "PNAS Proceedings
of the National Academy of Sciences" (Hirsch, w os). Questo indica­
tore si basa sul numero delle pubblicazioni di un autore e sul numero
di citazioni ricevute e si propone di combinare due dimensioni : la pro­
duttività e l' impatto del lavoro degli scienziati.

6r
LA BIBL!OME TR!A

La formula è piuttosto semplice : uno scienziato possiede un indice


h se h delle sue pubblicazioni hanno ricevuto almeno h citazioni e i
rimanenti lavori sono citati un numero di volte minore o uguale ad h.
Un esempio : un ricercatore che ha al suo attivo 15 pubblicazioni
e indice h pari a s , vuoi dire che ha almeno 5 pubblicazioni citate un
minimo di s volte ciascuna e le restanti 10 citate un numero di volte
minore o uguale a s.
Per definizione l h in dex non può essere superiore al numero com­
'

plessivo di pubblicazioni scritte da un autore, ovviamente un h index


pari a zero significa che il ricercatore è inattivo oppure che ha scritto
articoli che non sono mai stati citati.
Un autore che ha un h index pari a 2 potrebbe avere al suo attivo
solo due pubblicazioni che hanno ricevuto almeno 2 citazioni l'una,
oppure potrebbe aver scritto decine di pubblicazioni ma che hanno
ricevuto al massimo 2 citazioni l'una. Ovviamente non è la stessa cosa.
Per calcolare l 'indice h di un autore si può procedere come segue :
- si definisce un certo arco temporale, ad esempio dal 2o1o a oggi;
- si ordinano le pubblicazioni in senso decrescente (paper rank) per
quanto riguarda il numero di citazioni ricevute, mettendo in testa il
lavoro più citato ;
- l' indice h è identificato dal numero sequenziale della pubblicazione
che precede quella ove il numero di citazioni risulta inferiore al nume­
ro sequenziale della pubblicazione (FIG. 3 . 4).
Come per gli altri indicatori, l ' indice h è influenzato dal contesto in
cui viene calcolato, ovvero dal database utilizzato come fonte informa­
tiva. Tutti e tre i database di cui si è detto nei paragrafi precedenti pos­
sono essere utilizzati per il calcolo di questo indice, fornendo risultati
che vanno comparati e che difficilmente risulteranno uguali, sempre
per la diversa copertura che tali fonti offrono.
Oltre ad essere calcolabile in modo abbastanza semplice, questo
indicatore ha riscosso grande interesse ali ' interno della comunità
scientifica soprattutto perché offre la possibilità di misurare « la reale
influenza di uno scienziato sulla comunità, prescindendo da singoli
articoli di grande successo, o anche dai lavori di autori che pur aven­
do pubblicato molto, hanno prodotto solo articoli di scarso interes­
se, come invece avviene usando l' IF» ( De Robbio, 2007a, p. 270 ).
L'h index si scosta notevolmente dall ' IF proprio perché considera le
pubblicazioni di un autore che hanno avuto successo e non la totalità
delle pubblicazioni.
3· BIBLI OMETRI A E ANALI S I C I TAZI ONALE

F I G U RA 3 · 4
Esempio di calcolo dell'h index

/\
Paper rank I 2 3 4 s
l� 7 8 9

Numero di citazioni 40 25 22 12 9 7 6 2 o

Anche questo indicatore presenta alcuni limiti :


- è fortemente distorto a favore dei ricercatori più anziani con una
carriera più lunga e tende a favorire i ricercatori attivi in campi scienti­
fici con un 'alta frequenza di citazioni ;
- non tiene in considerazione le autocitazioni;
- non distingue i lavori in co-autoraggio dai lavori dei singoli, per
cui chi in un gruppo di ricerca ha contribuito in minima parte riceve
comunque lo stesso tipo di vantaggio.
Una variante dell'h index è il cosiddetto g index, ideato nel w o 6 da
Leo Egghe, e presentato, nel suo saggio Theory an d Practice ofthe G­
index su "Scientometrics", come indicatore bibliometrico per misurare
la produttività scientifica dei ricercatori, anch'esso basato sui record
citazionali delle loro pubblicazioni ma finalizzato a dare più peso alle
pubblicazioni altamente citate.
L' indice g è calcolato sulla base della distribuzione delle citazioni
ricevute dalle pubblicazioni di un dato ricercatore :

Dato un insieme di articoli ordinati in ordine decrescente di numero di ci­


tazioni ricevute, il g index è il numero più grande tale che i primi g articoli
abbiano ricevuto (complessivamente) almeno g> (Egghe, 2006, p. 1 3 1 ) .

Ovvero un ricercatore ha indice g se le sue g pubblicazioni più citate


hanno guadagnato complessivamente g" o più citazioni.
A differenza dell 'h index questa variante premia quei ricercatori
che, a parità di produttività, hanno un maggiore impatto : un articolo
molto citato potrebbe realmente aprire la strada a nuove scoperte ecc. ,
ma se il suo autore non ha un 'alta produttività in termini quantitativi
il suo h index non lo premierà.
LA BIBL!OME TR!A

3 ·S
Dalla bibliomerria alla webmerrica

Lo sviluppo del Web ha determinato una evoluzione della bibliometria


con la creazione di nuovi indicatori d'uso (non citazionali) che pos­
sono essere usati in modo integrato con i classici indicatori d' impatto
bibliometrici.
L'elemento centrale è il differente peso che viene dato ai vari prota­
gonisti del ciclo della ricerca: non più l'autore citato ma l 'utilizzatore
della produzione scientifica e, a questo proposito, è importante notare
che non tutti gli utilizza tori sono a loro volta autori (come accade nella
peer review e nella logica citazionale).
Questa evoluzione è stata determinata dalla possibilità di svolgere
analisi quantitative su un'enorme quantità di documenti scientifici non
accessibili prima dello sviluppo delle nuove tecnologie informatiche.
Il termine Webometrics fu utilizzato per la prima volta nel r997 da
Almind e lngwersen, ma tale concetto fu sistematizzato qualche anno
più tardi, nel 20 04, da Bjorneborn e Ingwersen che definirono la
webmetrica come lo studio degli aspetti quantitativi della costruzione
e dell 'uso delle risorse informative, delle strutture e delle tecnologie del
Web basato sull 'approccio bibliometrico e informetrico.
La webmetrica, secondo Mike Thelwall ( Thelwall, w o 8 ) , presenta
tre vantaggi rispetto alla bibliometria:
- il Web è sempre più aggiornato dei database bibliometrici wos o
Scopus, dice Thelwall, « the web can be timelier than the I S I data­
bases » ( ivi, p. 6 r 6 ) . Il monitoraggio dell 'utilizzo di un articolo
(download) può essere iniziato esattamente nello stesso momento
in cui l'articolo viene caricato in rete, abbattendo il tempo che passa
dall' inizio di una ricerca e la sua pubblicazione, che di solito è almeno
di un paio d'anni. Questo intervallo di tempo si riduce ovviamente
quando l'articolo viene depositato come pre-print in rete prima della
sua pubblicazione ma come si è anticipato wos e Scopus non consi­
derano i pre-prints;
- la logica dell'uso può essere estesa a varie tipologie di pubblicazioni
scientifiche allargando il campo anche alla valutazione di presentazio­
ni di progetti, dati primari della ricerca ecc. ;
- il Web offre accesso libero a tutti, a prescindere dagli abbonamenti
richiesti da wos e Scopus.
3· BIBLIOME TRI A E ANALI S I C I TAZI ONALE

Aggiunge Thelwall che, d'altro canto, la webmetrica presenta alcu­


ni limiti:
- la qualità del Web non è controllata ( « the web is not quality con­
trolled, unlike the rsr publication lists » ) (ibid. ) come accade con i data­
base di cui si è detto in precedenza;
- i dati non sono standardizzati, fatto che oltre a rendere più difficile
la loro estrazione, li rende anche utilizzabili ma soltanto in modo in­
dicativo. In particolare è difficile distinguere le differenti tipologie di
pubblicazioni;
- sebbene i dati sul Web siano molto aggiornati è difficile essere sicuri
della data di pubblicazione che spesso non è presente ;
- la completezza dei dati non è garantita, infatti essa varia in funzione
delle scelte del singolo ricercatore o gruppo di ricerca.
Mettendo a confronto i vantaggi e i limiti di questa nuova area di
studi, conclude Thelwall non è possibile pensare che la webmetrica
possa sostituire la bibliometria, piuttosto è utile immaginare le varie
metriche in una logica di integrazione : la webmetrica può essere utiliz­
zata, ad esempio, negli studi pilota per individuare aree in cui sviluppa­
re in modo sistematico analisi bibliometriche tradizionali; può essere
utilizzata per monitorare le relazioni tra discipline scientifiche diverse
e le collaborazioni tra paesi ecc.
Ci sono diversi progetti di ricerca in corso sullo sviluppo delle me­
triche web. I due indicatori d'uso più noti sono il Web Impact Factor
( WIF) e iljournal Usage Factor (JuF).
Il Web bnpact Factor ( wiF) , metrica modellata sul calcolo dell'JF, è
utile per la valutazione comparativa dei si ti web. Questo indicatore è sta­
to sviluppato nel I998 da Peter Ingwersen (Ingwersen, I998) sull'analo­
gia esistente tra link e citazione bibliografica. Il WIF si calcola dividendo
il numero totale di pagine web esterne che contengono un collegamento
ipertestuale al sito in oggetto, al netto dei link interni, per il numero di
pagine web pubblicate nel sito raggiungi bili dai motori di ricerca.
Il WIF permette di misurare la frequenza con cui la pagina web di
un sito riceve link da altri siri web in un dato intervallo di tempo, ed
esprime, dunque, l' impatto del sito web stesso ma non la sua qualità.
Non sempre, infatti, un numero maggiore di link ottenuti da un sito
rispecchia la qualità del suo contenuto, esattamente come accade con
le citazioni.
Come avviene nella logica citazionale, più alto è l 'impatto e mag­
giore è la reputazione percepita del sito web in esame : un sito web con

6s
LA BIBL!OME TR!A

un WIF alto può essere considerato più prestigioso rispetto a quei siti
web con un fattore d' impatto minore.
Altra analogia di questo indicatore con l' IF è legata alla copertura
del database a partire dal quale viene calcolato : come avviene per gli
indicatori citazionali i cui risultati variano a seconda dell 'utilizzo di
Scopus o wos, anche il WIF dipende dalla copertura del motore di ri­
cerca che varia dal punto di vista quantitativo e qualitativo.
In questo caso è soprattutto la dimensione temporale a rivestire un
ruolo fondamentale : i dati relativi ai siri web contenuti nei database
dei motori di ricerca non sono costanti nel tempo e variano in modo
considerevole anche in un breve lasso temporale.
In estrema sintesi, i vantaggi di questo indicatore sono legati alla
flessibilità dello strumento web e al fatto che si tratta di una metrica
immediatamente applicabile ; per quanto riguarda i limiti, essi sono re­
lativi principalmente al livello di approssimazione delle misure fornite
e al fatto che, come l' IF, anche il WIF non può essere considerato un
indicatore di qualità (Noruzi, 2006).
Iljournal Usage Factor (JuF) è un indicatore bibliometrico quanti­
tativo di nuova generazione che considera il download completo del­
la versione digitale di un articolo come misura dell' interesse suscitato
dall'articolo stesso, modificando così la logica valutativa basata sulle ci­
tazioni e sull 'impatto. Può essere definita una metrica complementare
al tradizionale modello dell'IF. Questo indicatore si calcola dividendo
il numero totale di download degli articoli pubblicati da una rivista in
un determinato anno e il numero totale di articoli pubblicati nella ri­
vista nello stesso anno. L' indicatore è stato messo a punto nell'ambito
del progetto Usage Factor avviato per iniziativa dello United Kingdom
Serials Group ( u KsG ) , che dal w o 6 studia le potenzialità offerte dalle
statistiche d'uso alla valutazione della ricerca scientifica. Obiettivo del
progetto Usage Factor è esplorare e definire il concetto di]UF e vali dar­
lo come criterio per valutare l' impatto della ricerca scientifica.
In conclusione, nonostante le aspettative e la fiducia riposta in que­
sta nuova concezione di impatto legata all'uso, WIF eJUF possono esse­
re al momento considerati strumenti complementari e non alternativi
ai tradizionali indicatori citazionali.

66
4

Valutare la ricerca:
cosa, come e perché ?

4·1
Oggetti della valutazione:
qualità, impatto, importanza

La valutazione è un passaggio fondamentale del ciclo della ricerca


scientifica : importante per promuovere e sostenerne la qualità, favo­
risce l'auto-riflessione, e contribuisce a rendere evidenti le criticità che
necessitano un intervento. La valutazione della ricerca consente di
conoscere i risultati generati, come vengono utilizzati, da chi vengo­
no prodotti, attraverso quali collaborazioni e con quali finanziamenti
( Reale, Gullà, 2.013).
Valutare è difficile e richiede indiscusse competenze tecniche, ma
soprattutto necessita di chiarezza di intenti e di lungimiranza nel com­
prendere che ci sono aspetti, non necessariamente quantificabili, che
possono essere estremamente significativi.
L'obiettivo della valutazione della ricerca non può essere solo rica­
vare dati per la distribuzione dei fondi o la progressione di carriera dei
singoli : è in gioco la possibilità di saper decifrare una realtà estrema­
mente sfaccettata e composita - la ricerca - per renderne possibile il
miglioramento. La valutazione della ricerca è a questo che deve servire :
essa non è il fine ma il mezzo, utile, appunto, a garantire che la ricerca
cresca ( qualitativamente ben inteso) e migliori nel tempo, contribuen­
do al benessere della società.
Sulla base di questa premessa, va ricordato che gli esercizi di valu­
tazione possono riferirsi ad una varietà di situazioni profondamente
diverse tra loro : una cosa è formulare graduatorie (ranking) al fine di ri­
partire risorse, altra cosa è verificare il superamento di prefissati requi­
siti minimi di produttività scientifica individuale per il conseguimento
LA BIBL!OME TR!A

TABELLA 4.1
Sintesi degli aspetti da considerare in una attività di valutazione

Ripartizione finanziamenti
Finalità della valutazione Progressione di carriera
Abilitazione scientifica nazionale ( ASN ) ecc.

Micro (singolo individuo ecc.)


Livello della valutazione Meso (dipartimenti, atenei)
Macro (sistemi nazionali ecc.)

Qualità interna
Impatto scientifico
Oggetto della valutazione
Importanza
Impatto sociale ed economico

Scienze dure
Grandi aree disciplinari Scienze sociali
Scienze umane

Qualitativa (peer review)


Quantitativa
Metodologie
(indicatori bibliometrici, indicatori d'uso)
Misto ( infonned peer review)

di idoneità (Rossi, 2 0 1 0 ) ; una cosa è valutare la qualità di una pubblica­


zione scientifica, altra cosa è definirne l' impatto o l' importanza.
In questo capitolo cercheremo di passare in rassegna, se pure breve­
mente, tutti gli aspetti che meritano attenzione in una attività di valu­
tazione (TAB. 4. 1).
La scienza si identifica con la letteratura scientifica prodotta (cfr.
riquadro 4. 1 ) : « l'unità elementare su cui è basata qualsiasi procedura
di valutazione è il singolo "prodotto" della ricerca (research item ) , che
racchiude, codificandola, un insieme minimo di conoscenza. Esso può
assumere diverse forme a seconda delle modalità di comunicazione pre­
valenti nei vari domini di ricerca: articolo su rivista scientifica, libro,
parte di libro, lettera a rivista, seminario, presentazione a convegno, po­
ster, sistema software, prototipo, brevetto » (Baccini, 2 0 1 1 , p. 15).
In sintesi, ogni processo di valutazione è basato sul riconoscimento
della qualità dei prodotti della ricerca. Questa affermazione, apparente­
mente lineare, nasconde non poche insidie poiché il concetto stesso di
qualità, essendo multidimensionale, si presta a diverse interpretazioni.

68
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

RI Q_UADRO 4.1
Quando una pubblicazione è scientifica ?

Un punto di riferimento che stabilisce criteri internazionalmente condivisi


è il Manuale di Frascati (Frascati Manua[), redatto per conto dell ' o c s E e
arrivato alla sesta ed ultima edizione del 2002.
Il manuale definisce la ricerca scientifica come lavoro creativo svolto su
base sistematica al fine di accrescere la conoscenza, inclusa la conoscenza
dell'uomo, della cultura e della società.
Vengono definiti, inoltre, i concetti di "ricerca di base" e di "ricerca appli­
cata'' e sono elencate le attività che devono essere escluse dalle nozioni di ri­
cerca e sviluppo. In sostanziale coerenza con i presupposti del Manuale, l'Ac­
cademia Norvegese di Scienze e Lettere è giunta a individuare quattro criteri
che devono essere simultaneamente soddisfatti affinché una pubblicazione
possa definirsi "accademica'' :
- i risultati presentati hanno caratteri di originalità;
- i risultati sono presentati in una forma atta alla verifica e/o al riuso in
attività di ricerca;
- la lingua utilizzata e la distribuzione sono tali da rendere la pubblicazione
accessibile alla maggior parte dei ricercatori potenzialmente interessati;
- la sede editoriale (rivista, collana, monografia, sito web) assicura sistema­
ticamente l'esistenza di una peer review esterna.
È stata inviata nell'ottobre 201 3 al ministro dell' Università la proposta
del Consiglio universitario nazionale (c uN ) sui "Criteri identificanti il ca­
rattere scientifico delle pubblicazioni e degli altri prodotti della ricerca''. Il
documento, disponibile online su http :// www. cun.it/uploads/4532/propo­
sta_cun_criteri_scientificità.pdf?v=, costituisce un importante passo avanti
verso la creazione dell'Anagrafe nazionale della ricerca (ANPREPS) nel nostro
paese ed è l'esito di una consultazione pubblica telematica promossa ad aprile
201 3 nell' intento di ottenere il più ampio consenso da parte delle comunità
scientifiche.
I requisiti identificati nel parere sono coerenti con i criteri di scientificità
esposti nel Manuale di Frascati, di cui si è detto sopra.
Per tutti i prodotti, la validazione di scientificità presuppone il possesso
dei quattro requisiti individuati dall 'Accademia Norvegese delle Scienze
e delle lettere in merito a originalità, verifica e/o riuso, accessibilità, peer
review.
Va tenuto presente al riguardo che le definizioni proposte non hanno l'o­
biettivo di formulare un giudizio di qualità scientifica delle pubblicazioni,
bensì vogliono individuare i requisiti minimi per l' inserimento di una pub­
blicazione nell'ANPREPS.
LA BIBL!OME TR!A

Per questa ragione, prima di prendere in esame la questione metodolo­


gica, pare opportuno ricordare quali possono essere le dimensioni del
concetto di qualità e, dunque, gli oggetti delle attività di valutazione
dei prodotti della ricerca scientifica ( Baccini, w n, pp. 15-6).

Qualita interna Si tratta del riconoscimento che la ricerca è stata ben


condotta in riferimento ai canoni prevalenti in un certo momento del
tempo e condivisi all' interno della comunità dei pari di riferimento : ad
esempio originalità, rilevanza, rigore metodologico, chiarezza nell 'e­
sposizione ecc. Moed distingue tre tipi di qualità :
- la qualità cognitiva, correlata all' importanza del contenuto specifi­
co delle idee scientifiche ;
- la qualità metodologica, correlata all'accuratezza dei metodi e delle
tecniche utilizzate, valutata con l'aiuto di regole e criteri correnti in un
particolare campo scientifico ;
- la qualità estetica, che ha a che fare con il grado di attrattività ed è
altamente soggettiva ( Moed et al , 2.0 0 3 , pp. 130-1).
È evidente come questo concetto di qualità si presti ad essere valuta­
to soltanto dalla comunità scientifica di riferimento che conosce e con­
divide i canoni di qualità medesimi. Così, la logica alla base del giudizio
di qualità risulta del tutto interno alla disciplina, ovvero ad una ristretta
comunità dei pari. Per valutare la qualità di una pubblicazione, in parole
povere, è necessario che qualcuno competente la legga.

Impatto scientifico Si intende il riconoscimento tributato in un dato


intervallo temporale ad un contributo scientifico dalla comunità dei
pari attraverso le citazioni. Un articolo molto citato è un articolo con
un elevato impatto nella comunità scientifica. Alcuni ritengono che
l'impatto sia un buon indicatore della qualità della ricerca: un articolo
molto citato è un articolo di qualità. In realtà questa affermazione è
solo parzialmente vera: si può anche citare un contributo per prender­
ne le distanze, per criticare il metodo utilizzato, per confutare i risultati
ottenuti ecc. Come si è già detto nel CAP. 3, il comportamento citazio­
nale è un qualcosa di complesso, condizionato da variabili esterne non
sempre riconducibili al piano scientifico e fortemente influenzato dal
contesto disciplinare specifico.
A questo proposito va ricordato che difficilmente un lavoro scientifi­
co di nicchia o che tratta un argomento di frontiera può essere un artico­
lo di particolare impatto, sebbene condotto secondo canoni di qualità.

70
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

Importanza Si intende la capacità di influenzare nel lungo periodo le


ricerche condotte da altri e di aprire la strada a nuove vie per lo svilup­
po della scienza. L' importanza di un contributo può essere apprezzata
e valutata solo nel lungo periodo. Se le pubblicazioni che hanno questa
caratteristica sono certamente di "qualità", non è detto che siano anche
"d' impatto".
Ci sono articoli che per il loro livello di innovatività non vengono
immediatamente recepiti dalla comunità scientifica, fenomeno noto
con l'espressione " belle addormentate" ( cfr. riquadro 4-2 ) .
Tale fenomeno riguarda in particolar modo la ricerca interdisci­
plinare.
Al momento di valutare un contributo scientifico è necessario te­
nere presente questo aspetto : un basso Impact Factor ( poche citazioni
in un periodo breve ) non può essere automaticamente associato ad un
basso livello di qualità. Il valutatore dovrebbe sempre cercare di con­
siderare se il contributo in questione, pur avendo un basso impatto
al momento della valutazione, può avere il "potenziale" per produrre
buoni risultati in un momento successivo.

Impatto economico e sociale Lo studio dell ' impatto economico e so­


ciale della ricerca richiede strumenti concettuali ed analitici diversi da
quelli sviluppati per valutare la sua qualità o il suo impatto scientifico.
Secondo Baccini tale processo di valutazione si caratterizza per essere
costituito da una pluralità di elementi che possono essere sintetizzati
con la formula della rilevanza sociale della ricerca, comprendendovi
tutte le ricadute socio-economiche ( Baccini, 2010, p. 47 ) .
Nell 'esercizio di valutazione britannico REF 20 1 4 (Research Excel­
lence Framework) , l ' impatto delle attività di ricerca sulla società e l 'e­
conomia è uno degli elementi in base ai quali i panel devono valutare
i prodotti della ricerca e ha un peso del 20% sul giudizio complessivo.
Nel 2010 è stato condotto uno studio pilota, basato su case study, per
verificare l'applicazione di una valutazione degli effetti economico­
sociali della ricerca e poter, quindi, mettere a punto una metodologia
ad hoc. La valutazione è stata condotta da panel in diverse discipline
scientifiche (Research Excellence Framework Impact Pilot Exercise.
Findings of the Expert Panels, 2010, pp. 7-9 ) , secondo i criteri della
portata economica e sociale della ricerca (reach) e della rilevanza delle
trasformazioni e delle innovazioni indotte (signijìcance) ( Palumbo,
2011, p. 1 9 6 ) .

71
LA BIBL!OME TR!A

RI QUADRO 4.2
Le belle addormentate (sleeping beauties)

« Una bella addormentata in ambito scientifico è una pubblicazione che pas­


sa inosservata ( dorme ) per un lungo periodo di tempo e poi, quasi all' im­
provviso, attira molta attenzione (viene risvegliata da un principe ) » ( Van
Raan, 2004, p. 461, trad. mia) .

Con questa espressione si indicano quelle pubblicazioni che passano inosser­


vate per un lungo periodo di tempo, non venendo citate, e che improvvisa­
mente attraggono l'attenzione della comunità scientifica.
La causa di questo fenomeno si può ricondurre all' innovatività di certi
lavori scientifici che, precorrendo i tempi, non vengono recepiti nella loro
portata dalla comunità scientifica di riferimento. Le scoperte di Mendel nel
campo della genetica vegetale ne sono un esempio : aspettarono circa vent' an­
ni prima di essere comprese dai pari. Il fenomeno delle belle addormentate
della scienza in letteratura è ben documentato ( Van Raan, 1 996, 2004).

Il metodo per la valutazione dell'impatto socio-economico della ricerca


deve necessariamente prevedere strumenti che non coinvolgano esclu­
sivamente i membri della comunità scientifica ma anche stakeholders
potenzialmente interessati allo sviluppo della ricerca stessa.

La distinzione tra queste quattro dimensioni appare fondamentale


perché non è detto che un contributo scientifico le abbia tutte simulta­
neamente : un articolo di qualità, che rispecchia gli standard condivisi
dalla comunità dei pari in merito a rigore metodologico, originalità
ecc., non necessariamente influenzerà le ricerche condotte da altri in
futuro ; un articolo molto citato non necessariamente ha un impatto
anche fuori dalla sua comunità scientifica di riferimento e una ricaduta
sociale o economica.

4·2
Il livello della valutazione

Sebbene l'unità minimale di valutazione sia sempre il singolo prodotto


della ricerca, le procedure di valutazione di norma riguardano non un
singolo prodotto ma un insieme composito di prodotti.
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

L a valutazione può riferirsi ai seguenti aspetti :


- la produzione complessiva di un ricercatore ;
- la produzione complessiva di un gruppo di ricercatori afferenti alla
medesima istituzione (dipartimento, facoltà ecc. ) ;
- l a produzione complessiva dei ricercatori incardinati nel medesimo
settore disciplinare ;
- la produzione complessiva di ricercatori che operano nello stesso
territorio (nazione).
L'errore più comune che si ravvisa nei contributi che appaiono quo­
tidianamente nei giornali che sempre più spesso trattano il tema del­
la valutazione della ricerca scientifica, e che affetta anche i contributi
scientifici sull 'argomento, è quello relativo alla necessità di mettere in
relazione la scelta degli strumenti (metodologie, indicatori ecc.) con
gli obiettivi espliciti della valutazione, in relazione soprattutto al livel­
lo al quale la valutazione si applica.
Non è possibile applicare gli stessi criteri alla valutazione dei dipar­
timenti, dei settori scientifici disciplinari ( s s o ) o ai singoli ricercatori.
Al contrario, deve essere ben chiaro che le diverse dimensioni (atenei,
dipartimenti, aree, S S D , individui) non sono direttamente scalabili,
cumulabili o confrontabili, in quanto rispondono a criteri e metodi
diversi di analisi (Galimberti, :w1 2a).
Se c 'è una cosa su cui tutti gli specialisti del settore sono d'accordo è
che non si dovrebbe mai usare l'IF per valutare un singolo articolo scien­
tifico o un singolo ricercatore : «That is a mortai sin ! (Questo è un pec­
cato mortale) » , afferma Anthony Van Raan, direttore del Centre for
Science and Technology Studies dell ' Univesità di Leiden, in una inter­
vista apparsa su "Nature" nel giugno 2010. Come detto nel CAP. 3, l' IF è
una misura dell' impatto di una rivista scientifica nel suo complesso, e,
per ragioni statistiche, non può riflettere l' impatto del singolo articolo
in essa pubblicato.
Dunque, se applicare le metriche citazionali a larghi insiemi aggre­
gati, come la produzione scientifica di uno Stato, di un ateneo o di
un dipartimento, può essere un'attività complessa ma scientificamente
legittima, scendendo di livello e arrivando al singolo ricercatore o alla
singola pubblicazione, « la misura citazionale diventa problematica,
perché oltre alle componenti aleatorie risente della popolarità sia della
disciplina scientifica sia, persino, del singolo oggetto di studio. Si può
cercare di normalizzare il dato per compensare le variazioni nella fre­
quenza attesa delle citazioni nelle diverse discipline. In tal caso il trae-

73
LA BIBL!OME TR!A

ciamento delle linee di confine tra discipline diventerebbe un elemen­


to cruciale, influenzando negativamente, per esempio, la valutazione
delle pubblicazioni di una disciplina che si trovasse ad essere aggregata
ad un 'altra disciplina con maggiore intensità citazionale » (Banfi, De
Nicolao, 2013).

4 ·3
Come valutare: bibliometria vs peer review

La valutazione dei pari è un meccanismo nato nell' Europa del xv n se­


colo, nel 1 6 6 5 , con le riviste "Philosophical Transactions of the Royal
Society of London" e "Journal des Sçavans" ( Spier, 200 2) - conside­
rate universalmente le prime riviste scientifiche - sotto la spinta del­
la crescente specializzazione disciplinare. Vediamone brevemente la
storia.
Nel 1645 un gruppo di scienziati inglesi costituì un 'associazione
scientifica dal nome New Philosophy, con l'obiettivo di discutere e di­
battere tesi scientifiche. Qualche anno più tardi, nel 1 8 6 5 , l' associazio­
ne, che aveva assunto la denominazione di Royal Society ofLondon for
Improving Natural Knowledge, si dotò di una rivista, "Philosophical
Transactions of the Royal Society of London", con una forma elemen­
tare di revisione sugli articoli scientifici.
A partire dal 1 752 ebbe inizio la prima vera attività di peer review
sugli articoli candidati alla pubblicazione sulla rivista. Henry 01-
denburg, il primo segretario dell 'associazione, cui si deve la paternità
della rivista, aveva intuito prima degli altri quanto fosse indispensabile
per gli scienziati essere sempre aggiornati su quanto stavano facendo i
pari e iniziò a selezionare e riassumere i resoconti che gli provenivano
dai più grandi scienziati del suo tempo.
Questo meccanismo di selezione/valutazione si diffuse in modo
prevalente nel settore delle scienze dure dopo la Seconda guerra mon­
diale, prima come risposta alla crescita su scala mondiale della produ­
zione intellettuale, e dopo come meccanismo per l 'allocazione delle
risorse per il finanziamento alla ricerca negli Stati Uniti.
I peers (i pari) sono gli stessi membri della comunità scientifica,
che si distinguono per le proprie esperienze e competenze. Alla loro
riconosciuta esperienza e reputazione è affidato l 'esercizio valutativo.

74
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

In questo caso non si introducono elementi esterni ai principi comu­


nitari accademici, ma ci si limita ad individuare qualificati rappre­
sentanti di questi valori e ad affidare ad essi il processo valutativo. La
logica alla base della peer review non insiste, dunque, sull ' impiego di
tecniche o indicatori, ma sul richiamo ai valori professionali condivi­
si dalla comunità scientifica. Possiamo distinguere due diversi tipi di
peer review:
- valutazione dei pari "prospettica" : quando un articolo viene valu­
tato per essere pubblicato su una rivista scientifica. In questo caso il
revisore non ha a disposizione nessun tipo di informazione, a volte ne­
anche il nome dell 'autore (cfr. riquadro 4.3) ;
- valutazione dei pari "retro spetti ca" : quando un articolo viene valu­
tato ai fini di una procedura di valutazione della qualità della ricerca. È
il metodo che è già stato utilizzato nelle prime esperienze di valutazio­
ne condotte in Italia - nella Valutazione Triennale della Ricerca (vTR
2.0 0 1 - 2.0 0 3) e anche nella Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR
2.004-2.010) - ispiratesi sostanzialmente al Research Assessment Excer­
cise (RAE) del Regno Unito, oggi Research Excellence Framework (REF ).
In questo caso l'oggetto della valutazione è già pubblicato e noto
alla comunità dei pari.
Il revisore ha a disposizione molte informazioni legate all' impat­
to dell'articolo, alla reputazione dell'autore nella comunità scientifica
ecc. La valutazione retrospettica in questo senso è più affidabile della
prima (Baccini, W I I , pp. 1 6-8).
Per tradizione e anche per una serie di motivi contingenti, che si
vedranno dettagliatamente in seguito, le scienze umane hanno sempre
considerato la peer review l'unico strumento di valutazione possibile.
Nonostante ciò, per motivi storici, epistemologici ed economici, nel­
le scienze umane si tratta di una pratica meno diffusa di quanto non
sia nel settore delle scienze dure. Ciò accade in primo luogo perché
le comunità scientifiche sono piuttosto auto-referenziali, poco coese e
molto più frammentate e poi anche perché, come si vedrà, la monogra­
fia è di gran lunga lo strumento di pubblicazione prevalente in campo
umanistico e, tradizionalmente, le monografie non sono sottoposte al
processo di peer review ( Cassella, 2.0 10 ) .
Nel nostro paese si è aperto a tale proposito un vivace dibattito e
sono circolate opinioni anche piuttosto radicali che hanno messo in
evidenza come la peer review prospettica ( per intenderei, quella alla
quale sono soggetti gli articoli prima di essere pubblicati nelle riviste

75
LA BIBL!OME TR!A

RI Q_UADRO 4·3
Single-blind e double-blindpeer review

La valutazione prospettica può assumere due diverse forme :


- single-blind peer review: in questo caso il nome dell'autore è noto al revi­
sore, mentre il nome del revisore non è noto all'autore. Si tratta di un sistema
molto diffuso e sovente sottoposto a critiche, infatti, esalta gli aspetti - per
così dire negativi - della soggettività del metodo della valutazione dei pari.
Nel formulare il suo giudizio, il revisore potrebbe essere influenzato dalla co­
noscenza del nome dell'autore ;
- double-blind peer review: in questo caso l'autore non conosce il nome del
revisore e viceversa. È una forma meno diffusa sebbene sia più oggettiva della
prima. A tale proposito va notato che in alcune discipline e all' interno di
comunità scientifiche ridotte è piuttosto facile risalire all'autore, anche co­
noscendo soltanto il tema del lavoro in esame.

core) sminuisca la serietà scientifica e culturale dei componenti dei


comitati editoriali delle riviste stesse (questa ad esempio è l 'opinione
espressa da Giuseppe Galasso sul " Corriere della Sera" del 12 maggio
20 I I ) .
Negli ultimi anni il modello della peer review è stato pesantemente
posto in discussione da parte di alcune comunità scientifiche. La rivi­
sta "Nature" ha ospitato a tale proposito un interessante dibattito pre­
sentando diverse posizioni, nuove prospettive e affrontando gli aspetti
etici, tecnologici e pratici della questione ( www.nature.com).
Oltre alla valutazione qualitativa abbiamo anche una valutazione
quanritativa che si articola sostanzialmente nelle due aree già descritte
nel CAP. 3 :
- l'analisi citazionale ( bibliometria) , che include gli indicatori d i im­
patto citazionali tra i quali il più noto è l' IF;
- l'analisi dell'uso (webmetrica) , che include le metriche web di ul­
tima generazione di cui si è detto brevemente, come il ]o urna! Usage
Factor (JuF) o il Web bnpact Factor ( wiF).
Ai fini della ricerca, la bibliometria può essere utilizzata per la va­
lutazione della produttività, dell' impatto, della popolarità, in un certo
senso del prestigio ma non della qualità interna. Questo ormai dovreb­
be essere chiaro.
Per avere un ' idea approssimativa della produzione scientifica di
qualità di un ricercatore si può ricorrere al semplice conteggio del nu-
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

mero di pubblicazioni prodotte in un certo periodo di tempo e pubbli­


cate su riviste che adottano una qualche forma di peer review.
Questo ovviamente solo nelle aree di ricerca in cui l'articolo su ri­
vista rappresenta la forma di comunicazione dominante. In alcuni set­
tori disciplinari delle scienze umane, ad esempio, dove la revisione dei
pari non è sempre applicata e in generale dove il libro rappresenta lo
strumento principale per la disseminazione dei risultati della ricerca,
è ovvio che il conteggio delle pubblicazioni rimane solo un indicatore
della produzione e non della produzione di qualità, poiché il parame­
tro "qualità" non è esplicitato attraverso la peer review.
Per avere un' idea dell 'impatto di una pubblicazione si può ricorrere
al conteggio delle citazioni. Come anticipato nel paragrafo preceden­
te, una cosa è considerare l' impatto di una pubblicazione, altra è misu­
rare il suo valore nel lungo periodo, ovvero la sua importanza.
Ci sono lavori molto citati in un certo periodo che si rivelano poi
del tutto ininfluenti per lo sviluppo successivo della ricerca, ed il loro
impatto è stato frutto della moda scientifica del momento. Allo stesso
tempo ci sono moltissime " belle addormentate" che, rimaste dimen­
ticate per anni, vengono poi riscoperte come fondamentali, ma solo a
decenni di distanza. Nel considerare l' impatto va tenuto presente che
tale concetto rischia di penalizzare la ricerca interdisciplinare, che è
anche la più innovativa e che fa fatica a trovare spazio sulle riviste scien­
tifiche con alto Impact Factor.
Quando negli anni Cinquanta del secolo scorso Eugene Garfield
mise a punto lo S C I (Science Citation lndex) con il duplice scopo di
aiutare i ricercatori a selezionare gli articoli di maggior interesse per
il proprio campo di ricerca e i bibliotecari ad attuare delle efficaci po­
litiche di acquisizione, probabilmente non avrebbe mai immaginato
l 'impatto che tale strumento avrebbe avuto nella comunità scientifica
proprio ai fini della valutazione della ricerca.
Rispetto alle due metodologie descritte - peer review e bibliome­
tria - ad oggi si è assistito sostanzialmente ad un uso esclusivo. I due
strumenti sono stati visti come contrapposti piuttosto che come com­
plementari : l'uno - la revisione dei pari - è uno strumento accurato
ma estremamente costoso, l'altro - la bibliometria - è meno accurato
ma anche più economico.
Sul rapporto tra bibliometria e peer review è interessante notare
come, di fatto, la prima possa essere considerata una forma di "peer

77
LA BIBL!OME TR!A

review indiretta": la citazione di una pubblicazione è pur sempre da


considerarsi come una forma di giudizio del citante rispetto al citato,
eppure essa viene considerata più oggettiva ed economica della peer re­
view propriamente detta (Cerroni, 2009).
Per questo motivo nei paesi con maggiore esperienza in materia, l'a­
nalisi bibliometrica è utilizzata con cautela e solo raramente costituisce
l 'unico metro di giudizio (Banfi, De Nicolao, 2013).
Proprio per sostenere un uso responsabile della bibliometria ap­
plicata alla valutazione della ricerca, nel dicembre 20 1 2 è stata diffusa
da un gruppo di editor di riviste la dichiarazione di San Francisco
- Declaration On Research Assessment (DORA) (cfr. riquadro 4.4) -
che chiama a raccolta tutta la comunità scientifica perché supporti
l'adozione di pratiche di valutazione della ricerca scientificamente
corrette.

RI Q_UADRO 4·4
DORA - la dichiarazione di San Francisco

La valutazione della ricerca deve rispondere agli stessi standard adottati nel
lavoro scientifico: è questo l' invito di D ORA (Declaration On Research As­
sessment), la dichiarazione sostenuta da un gruppo di redattori ed editori di
riviste scientifiche che, riuniti a San Francisco in occasione della riunione
annuale della società americana di biologia cellulare ( The American Society
Jor Ce/l Biology - AS CB) il 1 6 dicembre 201 2, hanno messo a punto la prima
bozza del documento disponibile al link http:/ /am.ascb.org/dora.
La dichiarazione contiene r8 raccomandazioni rivolte ai diversi attori del
mondo della ricerca scientifica e ruotano intorno a tre temi principali:
r . la necessità di eliminare l'uso delle metriche riferite alle riviste (IF ad
esempio) per la progressione di carriera dei singoli ricercatori;
2. la necessità di valutare l'articolo scientifico per il suo valore intrinseco e
non sulla base della rivista in cui viene pubblicato. Si valuta il contenuto e
non il contenitore ;
3 · la necessità di sfruttare al meglio le opportunità fornite dalla pubblicazio­
ne online e, dunque, di approfondire nuove metriche.
Tra le r8 raccomandazioni, 4 sono destinate alle organizzazioni che for­
niscono indicatori bibliometrici, naturalmente in prima linea Thomson per
wos ed Elsevier per Scopus.
DORA raccomanda la trasparenza sui dati e sui metodi usati per calcolare
tutte le metriche, la definizione di regole per combatterne la manipolazione,
la definizione precisa delle metriche in riferimento a differenti campi di inda­
gine e tipologie di prodotti di ricerca (Baccini, 201 3).
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

In generale, è opportuno tenere in considerazione che l 'analisi delle


citazioni per la valutazione di individui, gruppi e istituzioni è tanto più
efficace quanto rispetta certe caratteristiche, quali :
- chiarezza: deve essere estremamente chiaro sia ai decision makers
che agli scienziati sottoposti a valutazione quali sono gli indicatori e le
fonti utilizzati per calcolarli;
- apertura : i soggetti valutati con analisi bibliometrica devono avere
la possibilità di esaminare l'accuratezza dei dati e devono eventualmen­
te poter fornire informazioni di background rilevanti per una migliore
interpretazione dei risultati quantitativi;
- rigore metodologico : è necessario che le analisi bibliometriche sia­
no effettuate in modo che vengano esplicitate le assunzioni teoriche
implicite e ne vengano messi in evidenza punti di forza ma anche di
debolezza;
- completezza: sarebbe auspicabile che queste analisi venissero inte­
grate con altre informazioni relative al lavoro sottoposto a valutazione,
alle condizioni in cui operano gli scienziati sottoposti a valutazione e
ai loro obiettivi di ricerca;
- trasparenza : è necessario che ci sia totale chiarezza rispetto ali' am­
bito di applicazione di tali strumenti. L'approccio e gli obiettivi della
procedura di valutazione devono essere chiari a tutti i partecipanti ;
- utilità : gli indicatori bibliometrici possono essere utilizzati per ave­
re informazioni su aspetti particolari del processo, e non meramente
inseriti in formule progettate per ottenere matematicamente i risultati
del processo ( Moed, Daraio, 2008, p. 17 ) .

4 ·4
La cultura della valutazione e l 'esperienza italiana

L'accademia è da sempre un luogo competitivo : la logica citazionale


dimostra che la valutazione è intrinseca al processo della ricerca, i pari
da sempre si valutano a vicenda, citandosi.
La novità della valutazione centralizzata della ricerca, espressa da­
gli esercizi di valutazione nazionali, è data dal fatto che essa sfugge
all'autoreferenzialità del mondo accademico, per guidare l'allocazio­
ne dei fondi da parte del decisore pubblico : i fondi pubblici devono
essere indirizzati dove assicurano i migliori risultati. Obiettivo degli

79
LA BIBL!OME TR!A

esercizi nazionali di valutazione della ricerca è, dunque, ricavare dati


dal contesto ed analizzarli per trame un quadro utile per il decisore
pubblico.
In Europa gli esercizi nazionali di valutazione della ricerca si sono
affermati negli anni Ottanta del secolo scorso, a partire dall' Inghilter­
ra di Margaret Thatcher, sulla scia dell ' idea che l'università dovesse
svolgere una funzione di pubblica utilità : diffondere efficacemente
formazione e assicurare ricerca negli ambiti strategicamente rilevanti
per l' interesse della nazione (Banfi, De Nicolao, 2013).
Nel nostro paese da circa un ventennio - forse prima e più di altri
comparti dei servizi pubblici - tutti gli aspetti del mondo universitario
sono sottoposti a processi di valutazione. Si tratta di un 'ovvia conse­
guenza delle leggi che regolamentano l'autonomia normativa, orga­
nizzativa, finanziaria e contabile, didattica e scientifica dell'università
italiana, a partire dalla legge r 6 8 h 9 8 9 fino alla recente legge 2.40/2010,
la cosiddetta "riforma Gelmini".
Negli ultimi anni l'attenzione di molti protagonisti e osservatori
del mondo universitario si è concentrata sulla valutazione della ricer­
ca e sulla necessità di individuare criteri che possano oggettivamente
misurare dal punto di vista quantitativo e analizzare dal punto di vista
qualitativo la produttività scientifica di docenti e ricercatori e delle
strutture (università e dipartimenti) in cui essi operano. Si tratta, in
definitiva, di verificare lo stato di salute del mondo universitario, il
rapporto fra risorse investite e risultati prodotti, la loro adeguatez­
za rispetto alle esigenze della società italiana (Faggiolani, Solimine,
2.01 2.a, p. 57).
In Italia l'esperienza in materia si apre con la legge 537h993 che
introduce la valutazione negli atenei con la nascita dei Nuclei di valu­
tazione e l ' istituzione dell' Osservatorio per la valutazione del sistema
universitario, nel r999 sostituito dal Comitato nazionale per la valuta­
zione del sistema universitario ( C NVSU ) .
Nel 2004 diventa operativo il Comitato di indirizzo per la valu­
tazione della ricerca ( C IVR) , istituito con D.Lgs. n. 204 del 5 giugno
1998, che avvia il primo esercizio triennale di valutazione della ricerca
( vTR) per gli anni 2001-2.003 (Reale, 200 8 ), circa tredici anni più tardi
rispetto alla prima esperienza voluta da Margaret Thatcher nel Regno
Unito nel r986, il già citato RAE (Research Assessrnent Exercise) oggi
REF (Research Excellence Framework ).

So
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

Il completamento del primo esercizio nazionale di valutazione


(vTR 2001-2003) , - nel cui ambito furono valutati con il metodo della
peer review 17.3 29 prodotti della ricerca distribuiti in 20 aree scientifi­
co-disciplinari, presentati da 1 0 2 strutture ( 77 atenei e 25 enti pubblici
di ricerca) , nell 'arco di 18 mesi tra il 20o4 e il 2005 - ha impresso una
forte accelerazione al tema della valutazione, portando all'attenzione
delle istituzioni e dell 'opinione pubblica la necessità di un effettivo
collegamento tra risultati della ricerca e allocazione delle risorse. La
ricerca migliore va premiata e la valutazione permette di verificare se le
risorse sono usate in modo efficiente, rendendo conto del modo in cui
sono spesi i soldi pubblici. Almeno in linea di principio.
Per la prima volta la distribuzione del fondo per il reclutamento
straordinario dei ricercatori del triennio 20 07-2009 è avvenuta anche
sulla base dei risultati della VTR.
È sulla scia di questa esigenza di accountability pubblica che le isti­
tuzioni universitarie sono state investite dall 'obbligo di individuare
aree di eccellenza e punti di forza della loro ricerca così da attrarre fi­
nanziamenti e posizionarsi in modo competitivo.
A tale scopo nel 2010 è stata istituita in Italia l 'Agenzia nazionale
di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) , che ha
gestito il secondo esercizio nazionale di valutazione della qualità della
ricerca (vQR) per il periodo 2004- 2010, il più grande realizzato finora.
La VQR 2004-2010, che ha preso avvio il 7 novembre 2on e si è con­
clusa nell'estate del 2013, ha coinvolto obbligatoriamente università
statali ed enti di ricerca vigilati dal MIUR, più altre strutture che hanno
chiesto volontariamente di essere sottoposte alla valutazione.
Nata sulla falsa riga delle esperienze britanniche, la VQR ha coinvol­
to oltre 68.oo o docenti e ricercatori delle università e degli enti di ri­
cerca in 1 3 3 strutture, ed ha previsto l'analisi di quasi 2oo.ooo prodotti
da parte di circa IO.o o o valutatori, per un costo complessivo stimato
intorno ai 300 milioni di euro.
Il metodo di valutazione utilizzato è la cosiddetta infòrmed peer
review: per ciascuna delle 1 4 aree disciplinari CUN ( cfr. riquadro 4.5)
è stato nominato un GEV ( gruppo di esperti di valutazione ) formato
da studiosi di nota esperienza e valenza scientifica che hanno avuto
il compito di valutare i prodotti della ricerca (3 per ciascun sogget­
to ) affiancando alla peer review - o ve possibile - gli indicatori bi­
bliometrici per formulare il loro giudizio sui soggetti sottoposti a
valutazione.

81
LA BIBL!OME TR!A

RI Q_UADRO 4·5
Le 14 aree scientifiche CUN

La classificazione delle discipline scientifiche internazionalmente accettata è


quella data dall' O C S E , nel già citato Manuale di Frascati del 2oo2, che propo­
ne 20 campi scientifici, aggregati in 6 macra-aree.
Nel nostro paese la normativa universitaria allo stato attuale fa riferimen­
to, sia per le selezioni di ricercatori e professori ai diversi livelli sia per la co­
struzione dell'offerta formativa (articolazione delle classi di laurea) , a 14 aree,
suddivise in 370 settori scientifico disciplinari (sso) dal CUN - Consiglio
Universitario Nazionale.
Tale classificazione è stata definita nel D.M. del ministero dell' Università
e della Ricerca del 23 dicembre 1999 ed emendata con le successive modifiche.
01- Scienze matematiche ed informatiche
02 - Scienze fisiche
0 3 - Scienze chimiche
04 - Scienze della Terra
os - Scienze biologiche
o 6 - Scienze mediche
07 - Scienze agrarie e veterinarie
o 8 - Ingegneria civile e Architettura
09 - Ingegneria industriale e dell' informazione
r o - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche
u - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

12 - Scienze giuridiche
1 3 - Scienze economiche e statistiche
1 4 - Scienze politiche e sociali
Rispetto alla VQ_R i GEV delle aree 1-9 hanno utilizzato essenzialmente stru­
menti bibliometrici; per le aree 10-1 4 ci si è avvalsi invece della p eer review.
Da notare che le aree 8 e I I sono state divise, ai fini della VQ_R, in due diver­
se su h-aree, bibliometrica e non bibliometrica, proprio per i diversi strumenti
valutativi utilizzati.

È qui che la bibliometria è entrata in scena prepotentemente nel pano­


rama italiano della valutazione della ricerca, anche se già con il D.M. del
28 luglio 2 0 0 9 (art. 3, comma 4), l'Impact Factor era stato annoverato
come uno dei parametri base per la valutazione concorsuale dei titoli
scientifici nei bandi universitari per la copertura di posti nella ricerca.
In Europa non si tratta di una novità : già da tempo la bibliometria
veniva utilizzata nelle valutazioni comparative individuali dei ricerca-
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

tori in occasione del reclutamento e della ripartizione dei fondi e negli


esercizi di valutazione collegati ai meccanismi di finanziamento della
ricerca universitaria.
Senza entrare nel merito dei risultati della VQR, in questa sede pare
opportuno ricordare che, se pure con tutte le contraddizioni e le criti­
che emerse, proprio grazie ad essa si è assistito nel nostro paese a un ' in­
versione di tendenza che ha fatto emergere competenze diffuse, inte­
ressi ed esperienze in tema di valutazione della ricerca poco noti fino a
non molto tempo fa. Semmai il principale difetto di questo esercizio di
valutazione è che è stato recepito da molti non come ausilio, ma come
strumento punitivo per fare giustizia in un'università dipinta come ma­
lata e improduttiva e gestita malamente.

4· S
Valutare le scienze umane con la bibliometria: si può ?

Particolarmente delicato è il tema della valutazione della ricerca


nell 'ambito delle scienze umane e sociali. Infatti, mentre nella comu­
nità degli studiosi di ambito scientifico-tecnologico sono accettati
anche a livello internazionale - se pure con qualche eccezione ( Figà
Talamanca, 2000) - i metodi dell'analisi citazionale e alcuni indicato­
ri bibliometrici (Impact Factor, h index ecc. ) , che misurano in termini
quantitativi l' impatto della produzione scientifica, lo stesso non si può
dire per le scienze umane e sociali.
La questione preliminare da affrontare, a nostro avviso, non è quel­
la metodologica ma quella dell 'oggetto della valutazione.
A tale proposito è utile partire dalle differenze tra scienze dure e
scienze umane (TAB. 4.2.) per dimostrare per quale ragione gli stru­
menti bibliometrici, che per le prime sembrano così efficaci, per le se­
conde - almeno in questo momento - non possono essere utilizzati
con successo.
Rimanendo entro i confini nazionali e facendo ad esempio riferi­
mento ai dati della VQR, emerge che l'articolo su rivista non è la ti­
pologia di pubblicazione più diffusa nelle scienze umane e sociali
( Faggiolani, Solimine, 201 4) , la lingua inglese non è utilizzata in modo
esclusivo, gli articoli migliori non sono pubblicati necessariamente
nelle cosiddette riviste core. Insomma, la ricerca in ambito umanistico è
LA BIBLIOME TRIA

TABELLA 4.2.
Comparazione tra scienze dure e scienze umane

Scienze dure Scienze umane

Oggetto Fenomeno naturale Fenomeno prodotto dal­


la mente umana

Relazione tra oggetto Osservatori interscam­ Esperienza personale che


e ricercatore biabili coinvolge l ' individuo
nella sua interezza

Prospettiva Regolarità nei modelli Aspetti unici e irriduci­


dei dati, leggi scientifi­ bili
che

Linguaggio Linguaggio matematico Linguaggio naturale

Organizzazione Ricerca internazionale Confini sfumati tra co­


munità scientifica e so­
cietà (dibattito pubblico)

Crescita di conoscenza Incrementale Oggetto percepito come


un intero

Unità di base Gruppo di ricerca Individuale

Attività di ricerca Progetti a breve termine Investimento personale


nel lavoro di tutta una vita

Velocità di circolazione Alta Bassa


delle idee

Tipologia Articoli di periodici Libri


di pubblicazione

Lingua di pubblicazione Inglese Lingua nazionale

Livello di aggregazione Gruppo di rcerca Individuale

Orizzonte temporale Breve ( 2. generazioni di Lungo tutta una vita


PHD)

Fonte: Moed (1oo8).

strutturalmente diversa da quella prodotta nelle scienze dure, di segui­


to si evidenziano le principali differenze che impattano sulla questione
metodologica.
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

Tipologia di pubblicazione L'articolo su rivista - sul quale tradizio­


nalmente si basano gli indicatori di impatto - non è la forma di pub­
blicazione più diffusa tra gli umanisti, la monografia in particolare, e
il libro in generale, ha un ruolo preminente per ragioni senza dubbio
riconducibili alla natura cumulativa del sapere umanistico. Questo si
serve principalmente dell 'opera monografica come strumento comu­
nicativo denso, complesso, enciclopedico rispetto all 'argomento trat­
tato. Per un ricercatore che opera nell'ambito delle scienze umane l' ar­
ticolo è spesso solo la premessa per una riflessione di più ampia portata,
suscettibile di essere sviluppata in ricerche e opere di maggiore respiro
(Vitiello, 2005 , p. s 7 ).
Le scienze umane sono caratterizzate, di fatto, da "quattro letteratu­
re" (Hicks in Moed et al , 2004, pp. 473-9 6 ) : la rivista scientifica, la mo­
nografia, che è la forma di pubblicazione più diffusa (cfr. riquadro 4.6 ) ,
l a letteratura nazionale, l a produzione non scientifica (editoriali ecc.).
Per quanto riguarda le riviste scientifiche, in Italia da diversi anni
le società scientifiche stanno lavorando ad una classificazione in fasce
di merito. Quelle più orientate verso l' internazionalizzazione hanno
incluso nelle liste tutte le riviste straniere significative per la disciplina
di riferimento, includendo le riviste presenti nei database citazionali
internazionali nella classe di merito più alta.
Altre società scientifiche hanno invece classificato e suddiviso in
classi di merito solo le riviste italiane partendo dal presupposto che le
riviste core di lingua inglese sono già incluse nei database citazionali e
sono, quindi, già dotate di indicatori bibliometrici.
Il risultato di queste attività non sono dei ranking in cui le riviste
vengono messe in ordine di punteggio, ma appunto dei rating, ovvero
delle classi di merito di ampiezza variabile a seconda dei criteri definiti
a priori dalle società scientifiche stesse e in molti casi validati dalle co­
munità scientifiche di riferimento (Galimberti, 201 2b ).
Il documento punto di riferimento in tale ambito è noto come Boz­
za Graziosi ( 6 marzo 2.009) e fornisce alle società scientifiche una serie
di raccomandazioni in relazione ai criteri da utilizzare nella formula­
zione di tali classificazioni. Per le riviste italiane vengono indicate le
classi di merito (da A a D) e il peso di ciascuna classe, i criteri di qualità
a cui ciascuna rivista valutata deve rispondere (Graziosi, 2009 ) .

Il comportamento citazionale e il co-autoraggio In ambito umanistico


non è sufficiente contabilizzare le citazioni, perché non sempre esse

8s
LA BIBL!OME TR!A

RI Q_UADRO 4.6
Valutazione bibliometrica delle monografie: !aLCA (Library CatalogAnalysis)

Per la valutazione dell' impatto delle monografie alcuni studiosi propongono


di adottare la LCA-Library Catalog Analysis (Torres Salinas, Moed, 2.009 ) , ri­
levando se una determinata pubblicazione è presente all' interno di un insie­
me selezionato di prestigiose biblioteche.
La LCA è definita come l'applicazione di tecniche bibliometriche a un insie­
me di cataloghi di biblioteche e focalizza l'attenzione sul valore che i cataloghi
possono avere come strumento nella valutazione delle scienze umane e sociali.
In questo campo i bibliotecari potrebbero dare uno specifico contributo
nell' individuare le biblioteche più autorevoli da assumere come riferimento
per una determinata area disciplinare ed analizzare le politiche di acquisizio­
ne in uso al loro interno: la LCA, infatti, può essere considerata uno strumento
affidabile se le biblioteche considerate rispettano rigorosi e trasparenti criteri
di selezione e sviluppo delle raccolte, verificabili attraverso una "carta delle
collezioni" resa pubblica, se esse adottano un filtro n eli' accettazione dei doni,
se studiosi qualificati esprimono elevati livelli di soddisfazione riguardo al
livello di copertura bibliografica che tali biblioteche garantiscono, e così via
(Faggiolani, Solimine, 2.012.b) .

corrispondono ad un giudizio positivo. Di fatto l ' IF non distingue le


citazioni dalle autocitazioni, le citazioni positive da quelle negative : un
articolo molto citato potrebbe esserlo come esempio di cattiva ricerca.
Sebbene possa sembrare un meccanismo semplice e lineare, in realtà,
come detto nel CAP. 3 , il comportamento citazionale può essere condi­
zionato da variabili anche di carattere sociale non sempre riconducibili
al piano strettamente scientifico.
La teoria "socio-costruttivista" che suggerisce che il comportamen­
to citazionale è condizionato da molteplici fattori che ne possono ma­
nipolare fortemente il significato ( Gilbert, 19 77) è particolarmente
significativa in ambito umanistico poiché - come anticipato - se nelle
scienze dure le citazioni possono dirsi piuttosto asettiche, in campo
umanistico la citazione può essere anche critica o problematica, ovvero
può fare riferimento al lavoro citato non solo per approvarlo e soste­
nerlo ma anche per confutarlo o valutario negativamente.
In sintesi, così diversi sono i comportamenti citazionali delle scien­
ze umane e sociali da spingere a concludere che tali specificità richie­
derebbero alle tecniche bibliometriche di adeguarvisi, prendendo le
distanze dai criteri utilizzati nelle scienze naturali (Nederhof, 2006).

86
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

A proposito di comportamento citazionale va inoltre notato che


è molto meno frequente, in ambito umanistico, l 'abitudine a pubbli­
care scritti in collaborazione fra più autori, pratica che fa aumentare
l 'impatto delle pubblicazioni stesse poiché, come è noto, le opere in
co- autoraggio vengono citate di più.
In uno dei principali lavori sulle caratteristiche della produzione
scientifica in ambito umanistico già citato in precedenza (Hicks in
Moed et al. , 2.004, pp. 47 3-9 6 ) , Diana Hicks ha messo in evidenza
come gli articoli e le monografie siano tipologie di documenti to­
talmente differenti tra loro anche rispetto alle logiche citazionali.
L'autrice presenta una serie di dati molto significativi in tal senso :
nel 47% dei casi gli articoli tendono a citare altri articoli, mentre le
monografie in una percentuale di poco superiore al so% tendono a
citare altre monografie. Solo il 25% delle citazioni di monografie sono
indirizzate verso gli articoli. Ben il 24% delle monografie cita altre
forme di pubblicazione, pratica che scende di ro punti percentuali
per gli articoli.

La lingua di pubblicazione Il nostro paese sconta per le aree uma­


nistiche anche il fatto di utilizzare per la disseminazione dei risultati
della ricerca una lingua diversa dall ' inglese. La ricerca d ' importanza
nazionale tende ad esprimersi comunque in italiano : si pensi alla giu­
risprudenza, alla filologia, alla letteratura delle varie epoche, ad alcune
aree delle scienze sociali, all'economia aziendale.
Il fatto che la lingua privilegiata nel campo umanistico e sociale sia
in generale la lingua madre dipende dalle tematiche di carattere locale,
oggetto di studio di queste discipline, maggiormente radicate nel loro
contesto di quanto non accada nelle scienze naturali.
Gli studiosi di scienze umane e sociali sono molto influenzati nelle
loro scelte di ricerca da quanto accade a livello nazionale, da quelli che
sono gli argomenti prevalenti in ambito pubblico e ciò influisce anche
sulla lingua di pubblicazione.
L'uso della lingua madre se da una parte dà garanzia di migliore com­
prensione e impatto sulla propria comunità scientifica (Hicks in Moed
et al. , 2004, pp. 473-96), dall'altra risulta penalizzante ai fini dell' indi­
cizzazione dei database bibliometrici precedentemente analizzati.
La lingua di pubblicazione, inoltre, ha in qualche modo a che vede­
re anche con l' "internazionalizzazione", spesso considerata come uno
dei criteri di qualità delle pubblicazioni scientifiche.
LA BIBL!OME TR!A

Non è questa la sede per entrare nei dettagli della questione, ma


si tenga presente che per esempio nel caso della VQR 2004-2010 il
punteggio di qualità delle pubblicazioni ( valutate con peer review)
derivava dall'analisi di tre fattori : originalità, rilevanza, internaziona­
lizzazione. Proprio a causa della possibile sovrapposizione di questo
concetto con la lingua di pubblicazione, l' internazionalizzazione è
stata a volte interpretata come "al livello della produzione media in­
ternazionale", altre volte ancora come "apertura alla letteratura inter­
nazionale", oppure come "accessibilità alla comunità internazionale",
ragione per la quale i prodotti in lingua italiana sono stati penalizzati,
producendo risultati di valutazione molto diversi. Molto importante
sarà in futuro, e prima di altre esperienze di valutazione, definire in
modo preciso questo parametro.

La prospettiva storica delle scienze umane Il valore scientifico di un


lavoro di area umanistica è prolungato negli anni e il suo impatto è mi­
surabile solo nel lungo periodo. Se nelle scienze naturali l'avanzamen­
to della ricerca procede con il superamento delle ricerche precedenti,
nelle scienze umane la ricerca procede per progressiva accumulazione
e approfondimento. È per questa ragione che per gli indicatori biblio­
metrici tradizionali, che utilizzano un range temporale piuttosto stret­
to che va dai due ai cinque anni ( come l' IF o il s Year IF) si può parlare
di mancanza di prospettiva storica che, in ultima analisi, è il tratto pe­
culiare di ogni riflessione di carattere umanistico.
Sulla base di queste considerazioni, c 'è chi rifiuta qualsiasi prospet­
tiva di valutazione bibliometrica per le scienze storiche, filosofiche, fi­
lologico-letterarie, giuridiche, economiche, politiche e sociali ( in Italia,
come abbiamo visto, le aree CUN ro-14, eccetto i settori della Psicologia
per l'area u ) . Va invece assolutamente evitato che con il pretesto che la
valutazione in area umanistica è molto difficile si finisca con il sostenere
che essa è impossibile.
Sarebbe, inoltre, indispensabile operare in direzione di una coerenza
dei criteri di valutazione anche rispetto alle scienze dure, riconoscendo
però le specificità della ricerca nelle scienze umane. È necessario, cioè,
mettere a punto un sistema di valutazione che sia rispettoso delle speci­
ficità dei diversi saperi e delle loro modalità di disseminazione.
Forzare la ricerca umanistica verso modelli propri di ambiti disci­
plinari differenti potrebbe essere pericoloso, pena nel tempo un peg­
gioramento della ricerca dovuto ad un cambiamento delle strategie.

88
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

Rispetto all 'applicabilità degli indicatori bibliometrici alla valuta­


zione della ricerca umanistica, allo stato attuale è impossibile pensare
di ricavare informazioni da fonti come i database citazionali di cui si
è parlato nel CAP. 3, che per la loro natura sono "muti" in materia di
scienze umane (Banfi, De Nicolao, 2013 ) .
In linea generale, se non esistono discipline rispetto alle quali gli in­
dicatori bibliometrici non sono applicabili, è pur vero che esistono disci­
pline rispetto alle quali al momento attuale, con gli archivi bibliografici
e citazionali disponibili, gli indicatori bibliometrici sono poco affidabili
(Baccini, 2010, p. 1 9 8 ) . Questo è il caso delle scienze umane e sociali.
La struttura stessa della comunicazione scientifica di queste discipli­
ne, come si è visto, ha impedito la creazione di database bibliometrici,
simili a Scopus o wo s , in grado di fornire indicatori citazionali delle
pubblicazioni scientifiche, e i lavori e gli studi orientati in tal senso sono
rimasti per il momento a livello puramente teorico, anche se comin­
ciano ad esserci alcune interessanti sperimentazioni (cfr. riquadro 4·7 ).
A titolo esemplificativo si pensi allo studio condotto da Ben Martin
Towards a Bibliometric DatabaseJòr the Social Sciences an d Humanities
- A European Scoping Project, commissionato da società scientifiche
europee (Martin et al., 2.010 ) .
Applicare in modo acritico e indiscriminato la logica bibliometrica
alle discipline umanistiche e sociali, che, come abbiamo visto, hanno
una natura molto diversa dalle discipline per le quali queste stesse pra­
tiche sono nate, potrebbe essere rischioso : non è difficile immaginare
che invece di pensare a pubblicare buona ricerca i ricercatori iniziereb­
bero a preoccuparsi di pubblicare ricerca meno buona ma su riviste con
elevato IF, così come potrebbe esserci il rischio di un appiattimento su
tematiche di ricerca mainstream poichè più citate, a scapito di quella
pluralità tematica e metodologica che contraddistingue da sempre le
discipline umanistiche.
Per pensare di applicare la bibliometria e i suoi strumenti alla va­
lutazione della ricerca nelle scienze umane va percorsa una strada ad
hoc, come evidenzia il documento pubblicato a cura del vice-coordi­
natore della VQR, Andrea Bonaccorsi, Potenzialita e limiti dell'analisi
bibliometrica nelle aree umanistiche e sociali, in cui viene riconosciuta
la difficoltà di elaborare indicatori quantitativi per le scienze umane
(Bonaccorsi, 2012 ) .
Il documento sottolinea come gli indicatori bibliometrici abbiano
un senso per i grandi numeri, su archi temporali sufficientemente ampi
LA BIBL!OME TR!A

RI Q_UADRO 4·7
Database citazionali per le scienze umane

Il principale motivo per cui l'analisi bibliometrica non può essere applicata
alle scienze umane e sociali è la mancanza di una anagrafe certificata, senza
la quale non è possibile neanche fare analisi di base, come ricorda Alberto
Baccini: non è possibile neppure sapere quanto si pubblica, dove ed in che
forma (Baccini, :z.or r ) .
Senza un database che indicizza i prodotti della ricerca umanistica non è
possibile costruire indicatori di produttività a qualsiasi livello di aggregazio­
ne e quindi indicatori di impatto.
Questa esigenza è sentita da più parti, forse più dal valutatore che non
dai soggetti valutati che rispetto a questi strumenti nutrono comunque molte
resistenze e perplessità, almeno nel nostro paese.
A livello internazionale ci sono vari progetti che vanno in questa direzio­
ne, solo per fare alcuni esempi:
- in Norvegia, CRI S tin (Current Research Information System in Norway)
(http:// www.cristin.no/ english) ;
- in Svezia, SwePub (http:/ /swepub.kb.se);
- in Russia, Elibrary.ru ( http:/ l elibrary.ru/projects/ citation/ cit_index.asp)
ecc.;
- in Spagna, In�RECS ( Indice de Revistas Espaflolas de Ciencias Socia­
les) dell' Università di Granada (http:/ /eq.ugr.es/in-recs/) e l'equivalente
In�RECH ( Indice de Revistas Espafiolas de Ciencias Humanas) (http:/ /eq.
ugr.es/in-rech/).
Anche l'Agenzia Nazionale della Valutazione della Ricerca in Italia
(ANVUR) si sta muovendo verso la realizzazione di un database delle riviste
italiane di area umanistica e sociale, sviluppato con la finalità di raccogliere i
dati utili alla valutazione e ad una migliore comunicazione internazionale dei
risultati della ricerca del nostro paese.
Tale progetto, pensato in una fase sperimentale per le sole riviste classifi­
cate in fascia A, è stato affidato al gruppo di esperti "Database e nuovi indi­
catori" che ha predisposto uno studio di fattibilità (http:// www.anvur.org/
asn/database_nonbiblio) , che è stato condiviso e discusso con le comunità
scientifiche nel gennaio 2.0 1 4 , suscitando non poche polemiche.
Tale indicazione rispetto alla condivisione viene riportata anche da Diana
Hicks nel documento già citato Towards a Bibliometric DatabaseJor the Social
Sciences and Humanities (http:/ /works.bepress.com/diana_hicks/r8), punto
di riferimento in materia.
Al momento in cui si scrive, non sappiamo se e come tale progetto verrà
concretizzato.

90
4· VALU TARE LA RI CERCA : COSA, COME E PERCH É ?

e con le opportune normalizzazioni e sottolinea il fatto che un primo


passo, almeno in via sperimentale, potrebbe essere la creazione di un da­
tabase bibliografico/bibliometrico con la collaborazione di editori ed
istituzioni. In effetti, come visto nel riquadro 4.7, proprio la direzione
intrapresa da ANVUR.
Il documento individua, inoltre, le s priorità sulle quali l 'ANV U R
ritiene si debbano porre in essere azioni nel prossimo futuro :
- supporto alla candidatura di un consistente gruppo di riviste in lingua
italiana, che soddisfano i requisiti editoriali accolti in sede internaziona­
le, per l'istruttoria ai fini dell' indicizzazione in sede wos e Scopus;
- rating delle riviste non indicizzate in lingua italiana, con procedure
metodologicamente valide e comparabili con analoghe esperienze in­
ternazionali;
- pubblicazione di informazioni validate sulle procedure editoriali e
di selezione dei manoscritti da parte di editori nazionali;
- creazione di un archivio di metadati e di referenze tratte da monogra­
fìe in lingua italiana e di riviste italiane disponibili in formato digitale ;
- ricerca e sperimentazione di indicatori non citazionali.
Il documento specifica che queste azioni hanno l 'obiettivo di ren­
dere permanente, oltre i limiti di tempo e normativi della VQR, un si­
stema di valutazione applicabile alle scienze umane e sociali.

91
s

Conclusioni:
bibliometria e scienza Mode 2

A distanza di quasi quarant 'anni dal pionieristico lavoro di Narin,


Evaluative Bibliometrics ( Narin, 1976), e di Elkana, Toward a Metric
ofScience: The Advent ofScience Indicators ( Elkana et al , 1978), cosa è
cambiato nello studio della bibliometria ?
Per usare le parole di Anthony Van Raan plus ça change, plus c 'est la
meme chose - "tutto è cambiato e tutto è rimasto uguale" ( Van Raan in
Moed et al , 2004, p. 24).
I cambiamenti più significativi hanno riguardato l'ampliamento
della tipologia di dati analizzabili grazie all 'avvento del Web e delle
nuove tecnologie e senza dubbio la sperimentazione sul campo, i casi
di studio, le indagini empiriche : ovvero la possibilità di lavorare su una
quantità di dati assolutamente non prevedi bile in passato e di integrare
l 'osservazione di molteplici variabili attraverso sofisticate tecniche di
network analysis, e data e text mining in modo semplificato grazie alle
tecnologie informatiche. Ciò che sembra invece non essere cambiato è
l 'oggetto d' indagine, le domande di ricerca.
Estendendo lo sguardo anche al contesto nel quale la bibliometria
si situa, specialmente nel suo essere anche uno strumento per la valu­
tazione della ricerca, non possiamo fare a meno di considerare come è
cambiata la scienza negli ultimi decenni. È opportuno, cioè, richiama­
re il radicale mutamento del modo di produzione della conoscenza,
intrinseco al concetto stesso di società della conoscenza.
Per fare questo è utile tornare al 1994 quando Michael Gibbons e
altri nel volume The New Production ofKnowledge. The Dynamics of
Science and Research in Contemporary Societies, per la prima volta par­
larono di una nuova organizzazione della scienza, definendola così :

Il nuovo modo agisce all' interno di un contesto applicativo nel quale i pro­
blemi non sono inquadrati in un'ottica disciplinare. È transdisciplinare piut-

93
LA BIBL!OME TR!A

tosto che mono o multi-disciplinare. È realizzato in forme non gerarchiche,


organizzate in modo eterogeneo, essenzialmente transitorie. Non viene isti­
tuzionalizzato in modo prioritario all' interno di strutture universitarie. Il
Mode 2 implica la stretta collaborazione di molti attori lungo tutto il proces­
so di produzione della conoscenza, il che vuol dire che la produzione della
conoscenza sta diventando piu responsabile dal punto di vista sociale. Una
conseguenza di questi mutamenti è che il Mode 2 si avvale di una vasta gamma
di criteri per giudicare il controllo della qualità. Nell' insieme, il processo di
produzione della conoscenza sta diventando piu riflessivo e va a toccare al
livello piu profondo quella che va considerata "buona scienzà' (Gibbons et
al. , 1 9 94, p. VI I , trad. mia) .

Per questa nuova modalità di produzione e diffusione della conoscen­


za gli autori coniarono il termine Mode 2 in contrapposizione al meto­
do tradizionale denominato Mode I.
Il vecchio paradigma della ricerca scientifica (Mode I ) , caratterizza­
to da una ben determinata tassonomia di discipline, sta lasciando spa­
zio ad un nuovo modo di produrre conoscenza, dalla natura interattiva
e transdisciplinare, tarato sulla complessità dei problemi emergenti che
alla scienza si richiede di risolvere.
La scienza Mode 2 è caratterizzata da una crescente trasgressione
dei confini tra ricerca scientifica e sviluppo tecnologico e soprattutto
da una commistione significativa tra settori disciplinari diversi : le di­
scipline si fondono e si intersecano, i luoghi della ricerca non sono più
soltanto quelli istituzionali. Le grandi scoperte possono avvenire - e
avvengono - nei modi più imprevisti ( Faggiolani, 2.013).
Il contesto in cui questo cambiamento sta prendendo piede è ca­
ratterizzato da una dimensione globale e da una forte pressione verso
la ricerca scientifica anche in termini di pubbliche relazioni: essa non
viene più condotta da un numero relativamente piccolo di istituzio ­
ni legate allo Stato, ma da istituzioni sempre più relazionare con i
mercati e con la produttività economica della ricerca. Soprattutto in
alcune aree - la microelettronica, la I T, le biotecnologie e le nanotec­
nologie - si è sviluppato un fenomeno senza precedenti : l ' intersezio ­
ne tra ricerca e mercato e la trasformazione di conoscenza scientifica
in attività economica ( Bucchi, 2.0 1 0, p. 1 6 2).
Sulla scia del nuovo paradigma scientifico Mode 2 , Etzkowitz e
Leydesdorff hanno introdotto il concetto di triple helix per descrivere
le modalità di interazione e di interdipendenza fra i tre attori fonda-

94
5· CONCLUSI ONI : BIBLI OMETRIA E S CIENZA MODE 2

mentali dei processi innovativi : le università ed i centri di ricerca, il


governo e le aziende ( Etzkowitz, Leydesdorff, 2.000, p. 109 ) .

Nel Mode 2 , i cosiddetti pari non possono essere identificati in modo


certo, perché non c 'è una tassonomia di discipline codificate mentre
c 'è una grande diversificazione rispetto ai luoghi in cui la conoscenza
viene prodotta. Non solo, in questa logica "economica" i processi tra­
dizionali di valutazione della ricerca con peer review possono entrare
in conflitto con l 'esigenza di segretezza, che deriva dalla possibilità di
sfruttamento commerciale delle ricerche ( Bucchi, 2010, p. 163).
Il contesto di cui stiamo parlando è caratterizzato in sintesi da tre
fattori che stanno determinando la trasformazione della ricerca scien­
tifica, come riflesso ed esito di una radicale trasformazione sociale,
tant 'è che si parla di società Mode 2 ( Nowotny, Scott, Gibbons, 2001,
2003) : la globalizzazione e gli spostamenti in massa delle persone at­
traverso le culture e i paesi, il progresso dell' informatica, la convergen­
za in ambito scientifico ( Johansson, 2006, pp. 1 4-25).
A questo proposito è la natura stessa delle scoperte scientifiche che
sta cambiando e che determinerà sempre più in futuro l'avvicinamento
di discipline che una volta e ancora oggi vengono considerate molto
distanti tra loro.
In sintesi : la ricerca scientifica che migliorerà il mondo sembra de­
stinata a nascere all ' intersezione tra più discipline e in luoghi impreve­
dibili. Lo stesso Alan Leshner, amministratore delegato dell 'American
Association for the Advancement of Science (AAAS ) - organizzazione
internazionale senza fini di lucro dedicata all'avanzamento della scien­
za nel mondo, che pubblica diverse riviste tra le quali l'autorevole rivi­
sta scientifica "Science" -, ha dichiarato a tale proposito che la scienza
suddivisa in discipline, come la conoscevamo un tempo, è morta e che
la maggior parte delle grandi scoperte sarà il risultato dell' incontro tra
più discipline.
Se la ricerca va in questa direzione e la valutazione deve essere stru­
mentale al miglioramento della ricerca, la valutazione deve saper mi­
surare le caratteristiche di una produzione scientifica che viaggerà su
ben altri binari.
Tanto la valutazione qualitativa dovrà riconsiderare un concetto di
qualità composito e non strettamente intra-disciplinare, tanto la valu­
tazione quantitativa dovrà ridefinire un concetto di impatto capace di
andare oltre la conta delle citazioni, includendo una dimensione che
- utilizzando una espressione inglese che rende molto bene l ' idea -

95
LA BIBL!OME TR!A

potremmo definire on going, con una prospettiva più rivolta al futuro,


capace cioè di includere la valutazione dell' importanza, intesa come
capacità di aprire la strada a ricerche future che ad oggi la logica cita­
zionale trascura completamente.
È in questo background che deve nascere una riflessione sullo svi­
luppo futuro della bibliometria, come disciplina e come insieme di
strumenti utili alla valutazione della ricerca.
La letteratura presenta una serie di studi che vanno in questa dire­
zione ( soprattutto Hicks, Katz, 1 9 9 6 ; Martin, 201 1 ) , ed è questa secon­
do chi scrive la strada che merita di essere battuta.
Se è vero che in futuro ci sarà sempre più bisogno di scardinare certi
confini ( disciplinari, istituzionali e non solo ) per risolvere la comples­
sità dei problemi con i quali la ricerca scientifica è chiamata a misurarsi,
allora è bene cominciare ad attrezzarsi, chiedendosi ad esempio quali
domande è necessario porsi per valutare una ricerca che va nella dire­
zione descritta.
Bibliografia*

Letture consigliate

La letteratura sulla bibliometria è in progressiva crescita nell'ultimo decennio


anche in Italia.
Tre i punti di riferimento per una trattazione monografica sull'argomen­
to nella nostra lingua: un lavoro del 2oos di N . D E B E LLI S , bibliotecario per
l'area medica presso l' Università di Modena e Reggio Emilia, La citazione
bibliografica nell'epoca della sua riproducibilita tecnica - Bibliometria e analisi
delle citazioni dallo Science Citation Index alla Cybermetrica, disponibile onli­
ne all' indirizzo http:/ / www. bibliotecheoggi.it/content/CITAZIONE.pdf,
che si sofferma sulle origini della disciplina e sulla sua evoluzione nel tempo,
trattando anche la valutazione della ricerca; dello stesso autore il volume In­
troduzione alla bibliometria: dalla teoria alla pratica, edito nel 2014 da AIB
nella neonata collana "Percorsi': che presenta un' introduzione alla materia
che copre sia gli aspetti teorici che quelli applicativi: la storia ed i fondamenti
matematici della disciplina, gli attrezzi del mestiere (gli indici di citazioni) ,
il calcolo degli indicatori bibliometrici più diffusi a livello internazionale, la
costruzione di mappe della scienza ecc.; il volume di A. BACCINI, professore
ordinario di Economia Politica presso l' Università degli Studi di Siena, T'a­
Iutare la ricerca scientifica. Uso e abuso degli indicatori bibliometrici, edito nel
2010 dal Mulino, che si concentra soprattutto sul tema della valutazione della
ricerca attraverso l'analisi dei principali indicatori bibliometrici, mettendone
in evidenza modalità di costruzione, significato, interpretazione, applicabili­
tà e limiti.
D E BELLIS è autore anche di un'altra monografia del 2009, Bibliometrics
and Citato n Analysis: From the Science Citation Index to Cybermetrics, questa
volta in lingua inglese, edita da The Scarecrow Press.

• Tutti i siri web citati sono stati consultati nel gennaio 2 0 1 5 .

97
LA BIBL!OME TR!A

Notevole la quantità di materiale reperibile online. Un punto di riferi­


mento imprescindibile sul Web è senz'altro il sito ufficiale di E. GARFIELD
(http://www.garfield.library.upenn.edu) dove è possibile consultare la sua
bibliografia completa e i full text della maggior parte delle sue pubblicazioni.
Le riviste scientifiche di riferimento sono : "Scientometrics" (dal 1 978),
"Cybermetrics" (dal 1997), "Journal of Informetrics" (dal 2007), "JA S I ST­
Journal of the American Society for Information Science and Technology"
(dal 1 9 70), "Journal of Documentation" (dal r945), "Journal of lnformation
Science" (dal 1 979 ), "Research Evaluation" (dal 1 9 9 1 ) e "Research Policy" (dal
1 971), queste ultime specializzate sul tema della valutazione.
Le riviste italiane che più spesso si sono occupate di questo tema afferi­
scono all'ambito biblioteconomico e sono: ''An Studi", "J u s ", "Biblioteche
Oggi", "Bibliotime".
Per quanto riguarda le banche dati si segnalano e-LI S (http : //eprints.
rclis.org), ScienceDirect (http : // www. sciencedirect.com) , Library and ln­
formation Science Abstracts-LISA, lnformation Science & Technology Ab­
stracts ( L I S TA ) .
Notevole anche la produzione di tesi di laurea e di dottorato dedicate
a questo argomento, tra le più recenti si segnalano quelle di T. A N Z I L I E RO
(La bibliometria: metodi e strumenti per la misurazione della ricerca scien­
tifica e delle raccolte bibliotecarie) , di L. LANZILLO (La valutazione biblio­
metrica della ricerca nelle scienze umane) presentate nell'ambito del I Semi­
nario nazionale di Biblioteconomia che si è tenuto a Roma il 30-31 maggio
2013.

I
Bibliometria: definizione, funzioni
e contesti di applicazione

Per le origini del termine bibliometria cfr. PRITC HARD (1969 ), RANGANA­
T H AN (1 949), OTLET ( 1 93 4) .
Per l e origini della scientometria cfr. NALIM OV, M U L C H ENKO ( 1 9 6 9 ) e le
opere di Derek de Solla Price, soprattutto PRICE ( 1 963, 1976). La monogra­
fia Evaluative Bibliometrics di Narin del 1 9 76, edita dalla National Science
Foundation, è stata la prima presentazione sistematica dello stato dell'arte
nella disciplina, punto di riferimento anche per la cosiddetta "bibliometria
valutativa".
In ambito biblioteconomico segnano l'origine della riflessione in materia
nel nostro paese i contributi di S E RRAI ( 1 9 84, 1 9 85 ) . Per una distinzione tra
bibliometria, scientometria, informetrica cfr. BRO O K E S (1990 ).
BIBLIO GRAF IA

2
Dalla bibliografia statistica alla bibliometria moderna

Per un approfondimento sulla storia della bibliometria cfr. G LANZEL (2003):


il contributo offre anche una panoramica sui fondamenti teorici e la costru­
zione matematica degli indicatori bibliometrici. Completi ed esaustivi anche i
contributi di G O D IN (2006), B RO O KES (1990) e B ROAD US (1987 ) .
Sull'evoluzione dell'espressione Statistica! Bibliography in Bibliometrics
si rimanda ad una tabella molto esaustiva alla voce Bibliometrics History in
Encyclopedia ofLibrary and Information Science, vol. I, a cura di Miriam A.
Drake ( D RAKE, 2003, pp. 293-4) . Per un focus sul periodo I 8 74-I 959 si ri­
manda all' interessantissimo Bibliometrics: A Bibliography and Index. Volu­
me I: I874-I959 , di Alan Pritchard in collaborazione con Glenn E. Wittig
( P RITC HARD, W I T T I G , I 9 8 I ) . La produzione di Garfield, disponibile sul suo
sito ufficiale già citato, offre naturalmente una chiara panoramica sull'evo­
luzione degli studi bibliometrici dagli anni Sessanta ad oggi. Per un appro­
fondimento dei fondamenti teorici della disciplina, oltre alle opere di Price,
cfr. anche MERTON (I957· I963, 1973). Per un approfondimento sulle leggi
matematiche, in particolare la legge di Lotka, si vedano VLACHY (1978) e
BAR-ILAN (2008).

3
Bibliometria e analisi citazionale

Per una introduzione al tema cfr. RIDI (20Io ) che offre una bibliografia ag­
,

giornata al 2o1o dei contributi in ambito biblioteconomico su bibliometria e


analisi citazionale.
Per una chiara descrizione degli indicatori bibliometrici in lingua italiana
cfr., oltre ai già citati BAC CINI (2010) e DE BELLIS (2005, 2014), anche D E
R O B B I O (2007a, 2007b), C A S S ELLA, B O Z ZARELLI (20u ) .
Per l a copertura d i w o s e Scopus si rimanda a i s it i ufficiali d i Thomson
per il primo e Elsevier per il secondo, che offrono schede tecniche e indica­
zioni dettagliate rispetto al filtraggio delle riviste.
Per un confronto tra wo s , Scopus e Google Scholar si rimanda tra gli altri
a TARANTINO (2006).
Per i vari indicatori bibliometrici si rimanda alle seguenti fonti: per l' IF cfr.
il sito di Garfield; per l ' h index cfr. la bibliografia curata da F. J. CABRERIZO su
http:/ /sci2s.ugr.es/hindex/biblio.php ; per Eigenjàctor si rimanda alla biblio­
grafia disponibile sulla pagina web http:/ /www.eigenfactor.org/papers.php;

99
LA BIBL10ME TR1A

per lo sviluppo della webmetrica e degli indicatori d'uso cfr. ALMIND, INGWER­
SEN ( 1997 ) , INGWERS EN ( 1998 ) , BJÒ RNEBORN, INGWERSEN ( 2.004 ) .
Per l'analisi delle co-citazioni oltre a S MALL ( 1973 ) e S MALL, GRIFFITH
( 1974 ) , cfr. il quinto capitolo del già citato volume di Nicola De Bellis ( DE
B ELLIS , 2.014, pp. 157- 71 ) .
Per un approfondimento sul tema del comportamento citazionale si ri­
manda al lavoro di Christine Borgman e Jonathan Furner dal titolo Scholarly
Communication and Bibliometrics in cui vengono analizzati i comportamenti
citazionali e le motivazioni di base delle citazioni che, come si è visto, non
sono legati esclusivamente al piano scientifico ( B O RGMAN, F URNER, :z.oo:z. ) .

4
Valutare la ricerca: cosa, come e perché ?

Sul tema della valutazione della ricerca la letteratura è aumentata esponenzial­


mente negli ultimi anni. Il dibattito si è fatto quanto mai acceso soprattutto in
concomitanza del secondo esercizio di valutazione della qualità della ricerca
in Italia VQR 2.004-2.010. Per la documentazione ufficiale e per i risultati si ri­
manda al sito ufficiale dell 'ANVUR http:/ /www.anvur.org/index.php ?lang=it.
Il sito ROARS-Return on Academic Research è un punto di riferimento
sempre aggiornato per seguire il dibattito in corso. Per la letteratura interna­
zionale, sulle origini dei metodi di valutazione della ricerca basata su indica­
tori quantitativi si rimanda a COLE ( :z.ooo ) , e per una trattazione esaustiva al
manuale di M O E D et al. ( :z.oo4) .
Per un rapporto dettagliato sul primo esercizio di valutazione in Italia
VTR :z.oo1-2.003, si rimanda a REALE ( :z.oo8 ) . Sulla valutazione delle scienze
umane e sociali si rimanda al fondamentale contributo di Hicks in MOED et
al. ( :z.oo4 ) . In Italia si è particolarmente occupata del tema Paola Galimber­
ti, bibliotecaria presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell' Università degli
Studi di Milano. Molti dei suoi contributi sono comparsi proprio su ROARS
(http : / / www.roars.it/online/aurhor/paola-galimberti).

s
Conclusioni: bibliometria e scienza Mode 2

Per approfondire il paradigma della ricerca scientifica Mode 2 cfr. G I B B O N S


et al. ( 1 994 ) e N OWOTNY, S COTT, G I B B O N S ( :z.oor, 2.003 ) . Per la teoria della
Tripla Elica cfr. ETZKOWI TZ, LEYDE S D ORFF ( 1 998, :z.ooo ) .

IOO
BIBLIO GRAF IA

Il sito ufficiale di Loet Leydesdorff ( www.leydesdorff.net) rappresenta un


ottimo punto di riferimento per tutta la sua produzione scientifica nell'ambi­
to più generale della bibliometria e della valutazione della ricerca.
Per approfondire l'applicazione della bibliometria nell'ambito del para­
digma scientifico Mode 2 riferimenti imprescindibili sono, tra gli altri, HICKS,
KATZ (I996) e MARTIN (20I I ) .

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