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Come per altri personaggi inseriti nel contesto della storia narrata da Alessandro Manzoni, anche
nel caso della Monaca di Monza l’ispirazione dell’autore è legata ad un personaggio realmente
esistito. Ci riferiamo a suor Virginia, il cui vero nome è Marianna De Leyva, che fu protagonista
durante il 1600 di uno scandalo divenuto molto famoso in tutta Monza. Così parte della storia vera
di questa venne ripresa abbastanza fedelmente da Manzoni per la costruzione della storia del nuovo
personaggio. Volendo capire realmente la figura della Monaca di Monza diventa necessario cercare
di conoscere bene le sue origini all’interno del romanzo e capire quanta influenza ha esercitato il
padre di Gertrude, questo è il suo vero nome, sul percorso formativo da lei compiuto.
La donna è figlia di un principe milanese molto ricco, potente e convinto assolutamente che per
dare continuità al proprio casato sia necessario concedere tutti gli onori al primogenito a scapito,
ovviamente, degli altri figli. Con questo si spiega, quindi, anche il motivo per cui la piccola
Gertrude era stata destinata al convento ancora prima della nascita e come tutta la sua educazione
fosse stata letteralmente programmata per formare una futura madre Badessa. All’interno del
proprio palazzo il principe padre aveva instaurato con tutti i figli un rapporto che esulava
apertamente dal prevedere gesti amorevoli per lasciare il posto alla costruzione di uno stato di
terrore da cui lo stesso esigeva di ottenere rispetto; e la piccola Gertrude, avviata sin dalla tenera età
a frequentare il convento in cui sarebbe stata destinata a rimanere per tutta la vita, viveva con un
costante senso di colpa che l’uomo era riuscito sapientemente ad inculcare in lei e con cui la teneva
soggiogata ed incapace di reagire. Ma nonostante le pressioni esercitate su di lei per tanti anni,
troviamo una Gertrude che, raggiunta l’adolescenza e poi la maturità, sa bene ciò che vuole grazie
ad una volontà precisa e ben discordante da quella del padre. Ma, naturalmente, il problema per lei
rimane e nulla potrà nei confronti del progetto finalizzato a fare di lei la madre superiora del
convento. Per il padre prova ormai un terrore puro quando, giunto il momento di prendere i voti e
dedicarsi definitivamente alla vita religiosa, commetterà un errore grave da cui il principe coglierà
l’occasione definitiva per incastrarla. Si tratta di una lettera che Gertrude aveva scritto e indirizzato
ad un paggetto che giunse inevitabilmente nelle mani del padrone di casa e che segnò
irrimediabilmente il destino della giovane: quale occasione migliore per esercitare ancora una volta
il proprio potere e indurre la figlia in uno stato di prostrazione tale da inebetire qualsiasi sua
eventuale velleità di ribellione? Così, anche se con l’inganno e il fraintendimento, viene accolto il
falso “si” della ragazza a favore dell’accettazione definitiva dell’abito monacale e la giovane viene
destinata ad una vita totalmente contraria a quelle che erano le sue reali aspirazioni. Quando Lucia
la incontrerà all’interno del Monastero di cui è divenuta, nel frattempo, la madre superiora,
Manzoni coglie l’occasione per darne una descrizione. Ma quella che troviamo è una donna che
mostra solo un accenno della sua reale bellezza che è inevitabilmente soffocata dalla sofferenza e
dall’abito clericale. Ma alcuni segni emergono: alcuni particolari, come le ciocche di capelli,
evidentemente lunghi, che spuntano dalla fascia sulla fronte o come la cinta stretta che lascia
intravedere la vita snella della donna. Si tratta di elementi che evidenziano una certa opposizione
del personaggio verso quelle che sono le ferree regole che interessavano soprattutto l’abbigliamento
e la cura della persona destinati alle suore all’interno di monasteri e conventi. Inoltre saltano
all’attenzione del lettore più attento anche altri particolari raccontati dal Manzoni che interessano la
monaca: durante la permanenza della giovane Lucia la madre superiora si interesserà vistosamente
della sua vicenda di cui chiederà tutti i particolari evidenziando una certa predilezione verso
vicende “estranee” al convento stesso. Ma, naturalmente, ciò che colpisce maggiormente è la
scoperta che verrà fatta più avanti, riguardo quello che è il segreto inconfessabile della donna,
riguardo il rapporto diretto che la lega al losco Egidio e al futuro rapimento della stessa Lucia.
Sorprende scoprire la debolezza con cui Gertrude si abbandona letteralmente alla richiesta d’aiuto
dell’uomo verso cui sa di non poter dire di no, ma sorprende capire come questa accondiscendenza
sia un carattere insito nel suo animo e inevitabilmente legato alla figura minacciosa e oppressiva del
principe padre da sempre origine di tutte le paure e da cui deriva la sua abitudine alla rinuncia a
lottare.