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COMMERCIALE 1

Appunti di
FRANCESCA MANNA
(2020 – 2021)

NB: QUESTO MATERIALE NON PUÒ SOSTITUIRE LO STUDIO ATTRAVERSO I LIBRI E LE


SLIDE/SPIEGAZIONI DEL PROFESSORE. SONO APPUNTI PERSONALI, NON MATERIALE DIDATTICO.

L’imprenditore,

Le categorie di imprenditori,

L’acquisto della qualità di imprenditore,

Lo statuto dell’imprenditore commerciale,

L’azienda,

I segni distintivi,

La concorrenza,

La società,

Le società di persone.

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1. L’IMPRENDITORE
NOZIONE e REQUISITI DELL’IMPRENDITORE
▪ L’Art. 2082 c.c. Fornisce la NOZIONE GENERALE DI IMPRENDITORE: “È IMPRENDITORE CHI ESERCITA PROFESSIONALMENTE
UN’ATTIVITÀ ECONOMICA ORGANIZZATA AL FINE DELLA PRODUZIONE O DELLO SCAMBIO DI BENI O DI SERVIZI”.
Questo articolo è la base essenziale di tutto ciò che costituisce il diritto dell’impresa.
▪ In questo articolo sono raccolti i QUATTRO REQUISITI ESSENZIALI DELL’IMPRENDITORE:
1. L’ATTIVITA’ PRODUTTIVA
L’impresa per essere tale deve esercitare UN’ATTIVITÀ PRODUTTIVA FINALIZZATA ALLA PRODUZIONE O ALLO SCAMBIO DI
BENI O SERVIZI. (Produzione e/o scambio: non è necessario che coesistano). L’ATTIVITÀ COMMERCIALE DEVE ESSERE
RIVOLTA A TERZI, NON A BISOGNI PERSONALI (vedi questione dell’impresa per conto proprio).
▪ L'esercizio di un'attività produttiva o di scambio presuppone che essa sia destinata al mercato; sicché non può considerarsi
imprenditoriale l'attività che, pur avendo i requisiti dell'art. 2082 c.c., sia diretta al soddisfacimento di bisogni propri.
▪ Il concetto di destinazione al mercato è legato a un dato strutturale: significa che l'attività dell'operatore economico è
destinata a manifestarsi all'esterno, quali che siano poi le modalità e i risultati della sua proiezione concreta.
2. L’ECONOMICITA’
L’economicità di una attività si può intendere in diversi modi:
a) COME PRODUTTIVITÀ OSSIA PRODUZIONE DI NUOVA RICCHEZZA O PRODUZIONE DI BENI O SERVIZI
L’impresa deve esercitare un’attività produttiva, finalizzata alla produzione o scambio di beni e servizi.
- L’attività produttiva si sostanzia nella realizzazione tramite operazioni di separazione, estrazione o trasformazione.
- La produzione di un servizio si configura come soddisfazione di un bisogno attraverso l’uso dei beni o
comportamenti in sé (servizi personali).
- Per scambio s’intende l’attività di intermediazione a prescindere che questi beni siano stati prodotti o venduti.
[Critica: in questo senso il requisito dell’economicità è pleonastico rispetto al requisito di produzione di beni o servizi].
b) COME FINALITÀ DI GUADAGNO O LUCRATIVITÀ.
L’attività imprenditoriale consiste in una serie di atti diretti al conseguimento di un fine economico.
[Critica: lo scopo di lucro si ritiene già implicito nella professionalità]
c) COME PRODUZIONE DI NUOVA RICCHEZZA E NON ATTIVITÀ DI MERO GODIMENTO.
Per attività produttiva non si intende solo il godimento puro e semplice di un bene/servizio, ma anche la loro
produzione. Per questo essa si contrappone a quella di mero godimento.
Non è impresa l’attività di mero godimento; (che non dà luogo alla produzione di nuovi beni e servizi e che quindi non
può essere definita impresa).
Comunque, un’attività può costituire allo stesso tempo godimenti di beni preesistenti e produzione di nuovi beni e
servizi (in presenza degli altri requisiti richiesti dall’art. 2082 c.c., fa acquistare la qualità di imprenditore).
[es. È attività di mero godimento il proprietario di immobili che ne gode i frutti concedendoli in locazione, egli non è imprenditore
perché non produce nuove utilità economiche, ma si limita a godere i frutti dei propri beni. ≠ È attività di godimento e produttiva (di
servizi) l’attività di proprietario di un immobile che adibisca lo stesso ad albergo, pensione o residence. In questo caso le prestazioni
locative sono accompagnate dall’erogazione di servizi collaterali (pulizia locali, cambio biancheria, ecc.) che eccedono il mero
godimento del bene].
[Critica: si ricade nel pleonasmo di cui al punto a].
d) COME IL METODO ECONOMICO OSSIA LA TENDENZIALE COPERTURA DEI COSTI CON I RICAVI CHE ASSICURINO
L’AUTOSUFFICIENZA ECONOMICA DELL’IMPRESA
Per aversi impresa è necessario che essa sia condotta con metodo economico, secondo il principio di economicità:
mirare a coprire i costi con i ricavi.
3. LA PROFESSIONALITÀ
Il carattere di professionalità dell'impresa deve essere sostanzialmente inteso come ESERCIZIO ABITUALE E NON
OCCASIONALE E SALTUARIO DELL'ATTIVITÀ. In tale requisito rientrano anche le attività discontinue aventi cadenza ciclica o
stagionale purché sia riscontrabile in esse il connotato dell'“abitualità” e “periodicità”.
(requisito contenuto anche in definizione di imprenditore “l'attività economica deve essere esercitata professionalmente”).
L’imprenditore deve svolgere un’attività esercitata in modo professionale, cioè deve essere continuativa, non deve
interrompersi, deve essere inteso come un esercizio abituale e non occasionale e saltuario.
NB: Per le attività cicliche o stagionali è sufficiente il costante ripetersi di atti d’impresa. es. aziende sciistiche, balneari ecc.
▪ La professionalità non richiede che quella di impresa sia l’attività unica o principale (pluralità di attività). Infatti, si
acquisisce la qualifica di imprenditore anche colui che svolge contemporaneamente più attività di impresa da parte dello
stesso soggetto (es. commerciale e agricola).

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4. L’ORGANIZZAZIONE
L’ESERCIZIO D’IMPRESA PRESUME CHE CI SIA ORGANIZZAZIONE E COORDINAMENTO DEGLI ATTI, DEL CAPITALE E DEL
LAVORO PROPRIO/ALTRUI. L'imprenditore è tale in quanto la sua attività sia organizzata.
▪ Il legislatore qualifica l’impresa come un’attività organizzata e disciplina il lavoro e l’organizzazione del lavoro dell’impresa
[Se voglio costruire un’impresa è necessario: conferimento dei beni, di denaro, assunzione di personale, ... questa è l’organizzazione].
▪ Nell’attività organizzativa non è necessaria la presenza di prestazione lavorative autonome o subordinate: l’organizzazione
può essere organizzazione di soli capitali o del proprio lavoro. Distinguiamo:
- Etero-organizzazione: utilizzazione del lavoro altrui e/o capitale proprio o altrui;
- Auto-organizzazione del proprio lavoro.
La manifestazione più completa di etero-organizzazione è l’azienda (art. 2555 c.c. “il complesso di beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività d’impresa”), strumento attraverso cui l’imprenditore svolge l’attività d’impresa.
▪ L’organizzazione è un elemento essenziale per:
- Distinguere l’imprenditore dal lavoratore autonomo;
- Distinguere le imprese sotto il profilo dimensionale (in piccole e grandi imprese).
[A livello codicistico i quattro principi espressi, essenziali per un imprenditore, sono questi. (+) si discute se fra i requisiti vada
inserito quello del LUCRO: UN IMPRENDITORE COMMERCIALE HA LA FINALITÀ PRINCIPALE DI REMUNERARE I FATTORI
PRODUTTIVI, OVVERO DI AVERE UN PROFITTO, UN LUCRO].
(5.) LO SCOPO DI LUCRO.
Lo scopo di lucro, ossia la volontà dell’imprenditore di trarre guadagno (lucro soggettivo), è economicamente necessario,
ma non è un requisito essenziale per l’impresa.
▪ A corollario della nozione di economicità e di professionalità si inseriscono due regole fondamentali per l'identificazione
dell'imprenditore:
- L'attività economica è esplicata a suo rischio,
- Al rischio fa da pendant il profitto.
(investire in una attività commerciale comporta un rischio: se le cose vanno bene posso avere un profitto, ma se non vanno
bene posso avere una perdita, posso anche essere soggetto ad un fallimento con tutte le responsabilità penali annesse).
▪ L’orientamento oggi prevalente tende ad escludere che il lucro costituisca un elemento giuridicamente caratterizzante la
figura dell’imprenditore. (Anche se lo scopo dell’imprenditore privato è la realizzazione del massimo «profitto» consentito
dal mercato). Avvalorano la tesi:
 IMPRESA PUBBLICA: è tenuta ad operare secondo criteri di economicità anche se non tende al massimo profitto,
 IMPRESA MUTUALISTICA: nelle cooperative il metodo di gestione deve essere economico e lo scopo mutualistico a
differenza dello scopo lucrativo comporta un risparmio di spesa o una maggiore redditività per i soci cooperatori ma
senza distribuzione degli utili ma con i ristorni (tecnica di distribuzione periodica dei risparmi di spesa ai soci
cooperatori, distribuiti in proporzione alla misura degli scambi mutualistici effettuati e non in proporzione al capitale
investito nella società).

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▪ L’art. 2082 c.c. fa sorge alcuni DUBBI in merito a:
o DIREZIONE AL MERCATO.
È il caso dell’IMPRESA PER CONTO PROPRIO, ossia quando un soggetto produce beni/servizi non destinati ad essere venduti. Si tratta di
un’attività finalizzata al soddisfacimento in sé per sé (attività per consumo personale c.d. autoconsumo).
▪ Sono riconducibili a questa fattispecie:
a) La coltivazione del fondo per il soddisfacimento dei bisogni dell’agricoltore e della sua famiglia;
b) La costruzione di abitazioni in economia, ossia per esigenze abitative del proprietario del suolo o dei suoi familiari.
▪ Due tesi si contrappongono:
• (Oppo, Bigiavi, Afferni, Campobasso): ritengono che anche chi produce e consuma per sé stesso è imprenditore (sempre se
concorrono gli altri requisiti di professionalità, economicità e organizzazione); e, come tale, assoggettabile alla disciplina
dell’impresa. Questi soggetti sono considerati imprenditori per due motivi:
- l’art. 2082 non introduce fra i requisiti essenziali quello della destinazione al mercato,
- tutta la disciplina del diritto commerciale è improntata alla tutela del terzo che entra in contatto con l’imprenditore. Perciò, data
la presenza di soggetti terzi (es. fornitori) che entrano in contatto con il soggetto, lo si ritiene imprenditore a tutti gli effetti.
• (Ascarelli, Ferri, Graziani, Buonocore e Buttaro): ritengono che la destinazione al mercato della produzione sia implicita nell’art. 2082,
in quanto la norma si prefigge di disciplinare una economia di mercato (ossia che coinvolga gli interessi di più soggetti e non una
economia individualista o autarchica).
▪ secondo entrambe le tesi NON RIENTRANO TRA LE IMPRESE PER CONTO PROPRIO:
- Coloro che producono per un unico soggetto determinato (es. prodotti semilavorati per un unico produttore industriale) o per un
ambito di mercato molto ristretto non familiare (es. cooperative edilizie che producono per i propri soci);
- Quando l’attività sia destinata alla produzione in favore di un’altra impresa facente capo allo stesso imprenditore o alla stessa società
madre (es. attività di produzione infragruppo) essendoci una destinazione al mercato, sia pure indiretta.
o IMPRESA ILLECITA.
All’imprenditore lecito (che possiede tutti i quattro requisiti sopra elencati, possiede lo statuto generale dell’imprenditore) si contrappone
l’impresa illecita: è l’impresa che può anche rispecchiare tutti i requisiti dell’imprenditore previsti dal l’art. 2082, MA svolge un’attività
illecita, ovvero CONTRARIA ALLE NORME IMPERATIVE, ALL’ORDINE PUBBLICO O AL BUON COSTUME (non prevista dall’ordinamento).
Distinguiamo:
- Impresa illegale: in cui l’illiceità è data dalla violazione di norme imperative, svolgendo un’attività in mancanza di autorizzazione (es.
commercio senza licenza).
- Impresa immorale: l’oggetto dell’attività è illecito (es. contrabbando).
- Impresa mafiosa: l’oggetto dell’attività è lecito ma alle spalle vi è un’organizzazione criminale. In questo caso c’è una disciplina
specifica di stampo penalistico.
Secondo il principio generale dell’ordinamento: da un comportamento illecito non possono mai derivare effetti favorevoli per l’autore
dell’illecito o per chi ne è stato partecipe.
Pertanto, la soluzione più congrua da adottare in relazione alla disciplina sull’impresa è la seguente:
▫ Si dovranno applicare all’impresa illecita le norme poste a tutela dei terzi in genere e dei terzi creditori in particolare (cioè contro
l’imprenditore, es. fallimento);
▫ Non si potranno applicare le norme di favore a tutela dell’imprenditore (es. tutela dei segni distintivi, dell’azienda, della concorrenza
sleale ecc.).
▫ È certamente illecito e nullo il contratto attraverso il quale il fabbricante di droga acquista la materia prima necessaria, ma si
considera lecito e valido il contratto che lo stesso stipula con terzi ignari per la vendita.
o IMPRESA E PROFESSIONI INTELLETTUALI (LE SOCIETA’ DI PROFESSIONISTI) (cenni)
L’Art 2082 non afferma se si possano considerare imprenditori i professionisti intellettuali (avvocato, notaio, professore ecc), ma è stato
previsto che anche questi possono istituire delle società, chiamate società STP (società tra professionisti), non gestite in modo
professionale individuale.
Art. 2238 c.c.: “le disposizioni in tema di impresa si applicano alle professioni intellettuali solo se l’esercizio della professione costituisce un
elemento di un’attività organizzata in forma d’impresa” (es. medico che gestisce clinica privata nella quale opera).
(es. due professori, anziché svolgere la loro attività individualmente, costituiscono una STP, il cui oggetto è un lavoro autonomo,
intellettuale, ma dal punto di vista commerciale sono viste come delle imprese e non sono soggetti al fallimento, come le imprese agricole
e i piccoli imprenditori).
In questo caso il professionista è sottoposto a due discipline, è considerato:
- da un lato, un professionista intellettuale,
- dall’altro, imprenditore.
NB: Per stabilire se una attività costituisce professione intellettuale e ricade perciò nell'ambito di applicazione dell'articolo 2238, non si
deve dar rilievo solo all' etichetta legislativa di professione intellettuale o al fatto che sia prevista l'iscrizione in albi professionali (criterio
formale); ma è decisivo il carattere intellettuale dei servizi prestati (criterio sostanziale)
(es. farmacista, che pur essendo qualificato come professionista intellettuale, è considerato imprenditore commerciale in quanto la sua
attività è volta quasi esclusivamente alla vendita di prodotti).
o L’IMPRESA COMUNITARIA (cenni)
Nell’ambito comunitario è imprenditore ogni soggetto che svolge un’attività economica e opera sul mercato (imprenditore agricolo,
industriale, l’artigiano, il singolo professionista, il commerciante).
▪ Per poter costituire un’impresa comunitaria bisogna avere, oltre i 4 requisiti fondamentali previsti dall’ordinamento italiano, anche dei
requisiti dell’ordinamento comunitario (europeo).
▪ Anche le imprese pubbliche sono sempre assoggettate alla normativa comunitaria in tema di impresa.

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2. LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI
▪ Il codice civile distingue diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a TRE CRITERI:
1. l’OGGETTO DELL’IMPRESA: distingue: l’imprenditore agricolo (Art. 2135) e l’imprenditore commerciale (Art. 2195);
2. Le DIMENSIONI DELL’IMPRESA: distingue: il piccolo imprenditore (Art. 2083) e l’imprenditore medio e grande;
3. La NATURA DEL SOGGETTO CHE ESERCITA L’IMPRESA: distingue: l’impresa individuale, l’impresa costituita in forma di
società e l’impresa pubblica.
▪ Nell'ambito della dizione generale dell'art. 2082 il codice civile individua tre categorie fondamentali di imprenditori:
1. IMPRENDITORE COMMERCIALE;
2. IMPRENDITORE AGRICOLO;
3. PICCOLO IMPRENDITORE.
▪ Il codice civile detta un insieme di NORME:
➢ Applicabili a tutti gli imprenditori → Lo STATUTO GENERALE DELL’IMPRENDITORE.
Comprende:
- parte della disciplina dell’azienda (Artt. 2555-2562),
- la disciplina dei segni distintivi (Artt. 2563-2574),
- la disciplina della concorrenza e dei consorzi (Artt. 2595-2620).
➢ Applicabili agli imprenditori commerciali → Lo STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE
Comprende:
- L’iscrizione nel registro delle imprese (Artt. 2188-2202) con effetti di pubblicità legale nei confronti dei terzi;
- la disciplina della rappresentanza commerciale (artt. 2203-2213);
- le scritture contabili (artt. 2214-2220);
- il fallimento e le altre procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare (r.d.16,03,1943 n. 267);
- L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi (d.lgs. 8-07-1999 n. 270 e d.l. 23- 12-2003 n. 347);
NB: Questo statuto è un insieme di norme specifiche, proprio dell’imprenditore privato commerciale, non piccolo.
Dunque, dalle norme dello statuto commerciale sono esonerati gli imprenditori non commerciali, che non svolgono attività
con fini di lucro ma solo attività istituzionali (servizi a terzi: utilità sociale nei confronti della collettività). Compresi:
- Imprenditori agricoli
- Piccoli imprenditori (artigiani, imprese familiari, ...)
[l'imprenditore commerciale è destinatario di un’ampia ed articolata disciplina fondata sull'OBBLIGO DI ISCRIZIONE NEL
REGISTRO DELLE IMPRESE (con funzione di pubblicità legale), sull'OBBLIGO DELLA TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI,
sull’ASSOGGETTAMENTO AL FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE ≠ l’imprenditore agricolo e il piccolo imprenditore sono
sottoposti alla DISCIPLINA PREVISTA PER L' IMPRENDITORE IN GENERALE, sono esonerati dalla tenuta delle scritture contabili,
non falliscono e generalmente non sono assoggettati alle procedure concorsuali dell'imprenditore commerciale.
Originariamente l’imprenditore agricolo era anche esonerato dall' iscrizione nel registro delle imprese, ma oggi è stata
introdotta per tutti gli imprenditori agricoli la scrittura sul registro con funzione di pubblicità legale identica a quella prevista per
gli imprenditori commerciali].

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L’IMPRENDITORE COMMERCIALE (art. 2195)
Il codice civile non dà una definizione di imprenditore commerciale, perciò occorre ricavarla in negativo da varie disposizioni.
La prima a cui fare riferimento è l’art. 2195 c.c., in cui sono elencati quegli imprenditori che svolgono un’attività in ragione del
quale vi è l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, fra cui rientra anche l’imprenditore commerciale.
Ai sensi dell’art. 2195 c.c., SONO SOGGETTI ALL'OBBLIGO DELL'ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE (2188 c.c.) GLI
IMPRENDITORI CHE ESERCITANO:
1) UN'ATTIVITÀ INDUSTRIALE DIRETTA ALLA PRODUZIONE DI BENI O DI SERVIZI
Per quanto riguarda il significato dell’aggettivo industriale ci sono due orientamenti:
▫ Secondo un orientamento esso andrebbe inteso in senso generico e individuerebbe ogni attività di produzione dei beni
diversa da quella agricola.
▫ Secondo un altro orientamento attività industriale sarebbe ogni attività produttiva non artigiana.
In giurisprudenza è considerata industriale l'attività diretta alla produzione di beni o servizi (quindi vi rientrano ad es. l'attività
alberghiera; l'attività delle case di cura; quella dei consorzi di bonifica; l'attività delle imprese di factoring; le società di revisione e di
consulenza aziendale; le imprese di ristorazione; di lavanderia industriale; l'attività di gestione di istituti scolastici, …)
2) UN'ATTIVITÀ INTERMEDIARIA NELLA CIRCOLAZIONE DEI BENI
Si riferisce all’attività commerciale nel significato usuale del termine, laddove il commerciante acquista beni e li rivende ad
altri intermediari oppure ai consumatori dando vita ad una serie di operazioni di scambio.
3) UN'ATTIVITÀ DI TRASPORTO PER TERRA, PER ACQUA O PER ARIA (1678 c.c.)
Si riferisce alle imprese di trasporto per mare e per aria soggette alla disciplina del codice della navigazione.
4) UN'ATTIVITÀ BANCARIA (1834 c.c.) O ASSICURATIVA (1882 c.c.)
Si riferisce alle imprese esercenti attività bancaria che sono disciplinate dal Testo Unico bancario. (Vi rientrano anche gli
istituti di credito agrario). Perché si abbia attività bancaria occorre che l'attività di intermediazione comprenda la duplice
funzione della raccolta del risparmio tra il pubblico e dell'impiego del risparmio raccolto nell'esercizio del credito.
5) ALTRE ATTIVITÀ AUSILIARIE DELLE PRECEDENTI (1754 c.c.)
Si riferisce alle imprese ausiliarie che sono quelle che, direttamente o indirettamente, agevolano l'attività delle altre
imprese e che, rispetto a queste, hanno come scopo tipico l'obiettiva agevolazione di altre attività (es. le imprese che esplicano
attività di mediazione; l'agente di commercio; l'agente di assicurazione; le imprese di logistica; le agenzie di viaggi; i promotori finanziari;
le imprese di pubblicità commerciale e di marketing).
Il requisito dell'ausiliarietà va valutato in astratto, non essendo necessario il collegamento in concreto con l'attività di
impresa commerciale.
▪ Queste cinque attività possono sintetizzarsi in due: attività di produzione di beni e/o servizi e attività di intermediazione nella
circolazione dei beni, in quanto le imprese indicate ai numeri 1 e 2 individuano tutte le possibili categorie di imprese
commerciali, quelle indicate ai numeri 3, 4 e 5 sono specificazioni delle prime due e la loro specifica menzione si giustifica per
l'importanza dei rispettivi settori economici.
▪ In caso di attività di carattere promiscuo (che svolgono contemporaneamente più attività [es. non solo produco tavoli ma anche la legna
con cui realizzarli]), svolta con un'unica organizzazione, ai fini della qualificazione dell'impresa, occorre tener conto dell'attività
primaria (prevalente), a meno che l'imprenditore non eserciti una pluralità di attività con organizzazioni autonome e distinte.
▪ NB: I numeri 1 e 2 dell’art. 2195 presentano una definizione di imprenditore commerciale molto simile a quella
dell’imprenditore in generale (art. 2082), eccetto che per due elementi di diversità:
▪ L’aggettivo industriale aggiunto all’attività di produzione di cui al n. 1
La definizione tecnica di tale aggettivo dice che: è tale l’attività di produzione consistente in un processo fisico- chimico di trasformazione
della materia, ad opera dell’uomo o semplicemente guidato dall’uomo, che porta alla realizzazione di un prodotto diverso da quello
iniziale (si ritiene “industriale” l’attività che utilizza materie prime e le trasforma in prodotti finiti)
Sulla base di questa definizione, ne consegue che TUTTE LE ATTIVITÀ CHE NON COMPORTANO TRASFORMAZIONE FISICO-CHIMICA DELLA
MATERIA SARANNO DA CONSIDERARSI NON COMMERCIALI, per cui restano escluse una serie di attività quali la produzione di semilavorati
o le attività di estrazione, motivo per cui nasce la questione degli IMPRENDITORI CIVILI (vedi focus).
▪ L’aggettivo intermediaria per qualificare l’attività di cui al n. 2
- Il significato etimologico del termine (dal latino inter medios) indica l’attività di chi compra per poi rivendere (doppia compravendita)
interponendosi tra produttore e acquirente finale di un bene o servizio.
MA, applicando questo significato, si riscontrerebbe una antinomia normativa, ossia un contrasto tra l’art. 2195 e l’art. 2135,
comma 3 c.c., il quale sottintende che le attività agricole per connessione, tra cui quella di alienazione dei prodotti agricoli, sono
attività oggettivamente commerciali, ma risultano sottratte allo statuto dell’imprenditore commerciale per la presenza dei requisiti
di connessione soggettiva ed oggettiva rispetto alle attività agricole principali (in cui vengono assorbite per la disciplina). Applicando
il principio di interpretazione della coerenza normativa, secondo cui si devono escludere le interpretazioni che conducono a contrasti
o antinomie tra le norme giuridiche, si devono preferire le interpretazioni che consentono di salvaguardare la non contraddittorietà
del sistema normativo (coerenza sistematica), per cui tale interpretazione del termine intermediazione va scartata.
- Si fa dunque riferimento al significato comune del termine, secondo cui esso si riferisce ad ogni atto di scambio di beni o servizi anche
se non preceduto da un atto di compravendita, avente ad oggetto beni prodotti dallo stesso imprenditore. Così interpretato il termine
non presenta più differenza rispetto all’art. 2082 (intermediazione = scambio).

6
▪ Dunque:
 L’art. 2195 non contiene una definizione positiva ed esaustiva dell’imprenditore commerciale.
 La definizione dell’imprenditore commerciale è possibile solo in negativo, partendo dalla definizione dell’imprenditore in
generale (art. 2082) e sottraendo le fattispecie dell’imprenditore agricolo (art. 2135), per quanto riguarda l’oggetto, e
dell’imprenditore artigiano (art. 2083), per quanto riguarda il metodo produttivo.
 La definizione dell’imprenditore commerciale è residuale, oltre che negativa, in quanto, non essendo configurabile un terzo
genere di imprese (quali le imprese civili) oltre quelle agricole e quelle commerciali (tra cui sono incluse quelle artigiane), si
devono considerare commerciali tutte le imprese non agricole.

FOCUS: GLI IMPRENDITORI CIVILI


▪ Delle imprese civili, presenti codice di commercio del 1882, NON C’È MENZIONE NEL NOSTRO CODICE CIVILE.
Questo silenzio normativo:
▫ secondo alcuni (Oppo), va interpretato come una lacuna normativa in senso tecnico e in quanto tale deve essere colmata
ricorrendo ai criteri ermeneutici previsti ad hoc cioè: analogia legis e analogia iuris (ossia ricorrendo all’applicazione
analogica della disciplina delle imprese agricolo o di quelle commerciali).
▫ Secondo altri (Campobasso), per contro, risulta essere del tutto illogico e incoerente ammettere l’esistenza di tre diverse
sub-fattispecie d’impresa (agricola, commerciale e civile) dato che la disciplina dell’impresa si muove solo su un binario
dualista: statuto dell’impresa commerciale o statuto dell’impresa agricola.
Secondo Campobasso, non esistono le imprese civili, perché:
- L'espressione ‘attività industriale’ altro non significa che attività non agricola;
- La diversità di formulazione fra l'articolo 2195 e l'articolo 2082 non può essere sopravvalutata e il concetto di
intermediazione deve essere inteso in senso elastico, quale equivalente di scambio.
Si arriva perciò alla conclusione che l'art. 2195 vado a letto come: È ATTIVITÀ COMMERCIALE OGNI IMPRENDITORE NON
AGRICOLO, DATO CHE LE CATEGORIE PREVISTE DALL' ARTICOLO 2195 SONO TUTTE SPECIFICAZIONI DELLE PRIME DUE.
▪ Pertanto, è l’opinione dominante ritenere che LE IMPRESE CIVILI SONO QUELLE AVENTI AD OGGETTO ATTIVITÀ DI MERO
GODIMENTO O ATTIVITÀ ESTRATTIVE O ATTIVITÀ NON TRADIZIONALMENTE COMMERCIALI.
Quindi possiamo individuare le imprese civili in base al criterio meramente negativo di non poter essere qualificate nè come
agricole né commerciali. Queste imprese sarebbero perciò sottoposte solo alla disciplina generale dell'imprenditore e non a
quella dell'imprenditore commerciale.
▪ Se le imprese conosciute e disciplinate nel codice vigente sono solo le imprese agricole e le imprese commerciali, per evitare di
aprire un pericoloso varco di incertezza normativa con riferimento alle imprese estrattive, È PREFERIBILE ABBANDONARE LA
NOZIONE TECNICA DELL’INDUSTRIALITÀ ED INTERPRETARE IL TERMINE INDUSTRIALE NEL SUO SIGNIFICATO COMUNE: È
INDUSTRIALE CIÒ CHE NON È NÉ AGRICOLO (industrialità per oggetto) NÉ ARTIGIANALE (industrialità per metodo produttivo).

7
L’IMPRENDITORE AGRICOLO (art. 2135)
L’art. 2135 c.c. fornisce la definizione di imprenditore agricolo:
Primo comma: È IMPRENDITORE AGRICOLO CHI ESERCITA UNA DELLE SEGUENTI ATTIVITÀ: COLTIVAZIONE DEL FONDO,
SELVICOLTURA, ALLEVAMENTO DI ANIMALI E ATTIVITÀ CONNESSE.
Secondo comma specifica le attività elencate al primo comma: “PER COLTIVAZIONE DEL FONDO, SELVICOLTURA E
ALLEVAMENTO DI ANIMALI S’INTENDONO LE ATTIVITÀ DIRETTE ALLA CURA E ALLO SVILUPPO DI UN CICLO BIOLOGICO O DI UNA
FASE NECESSARIA DEL CICLO STESSO, DI CARATTERE VEGETALE O ANIMALE, CHE UTILIZZANO O POSSONO UTILIZZARE IL FONDO,
IL BOSCO O LE ACQUE DOLCI, SALMASTRE O MARINE”.
Terzo comma SI REPUTANO CONNESSE LE ATTIVITÀ DIRETTE ALLA TRASFORMAZIONE O ALL’ALIENAZIONE DEI PRODOTTI
AGRICOLI, QUANDO RIENTRANO NELL’ESERCIZIO NORMALE DELL’AGRICOLTURA».
Dunque, le attività agricole possono essere distinte in due grandi categorie:
o ATTIVITÀ AGRICOLE ESSENZIALI: coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame;
o ATTIVITÀ AGRICOLE PER CONNESSIONE:
- Quelle dirette alla trasformazione o all’alienazione di prodotti agricoli che rientrano nell’esercizio normale
dell’agricoltura (es. se ho un terreno e produco e vendo del grano, la mia attività resta comunque agricola in quanto l’attività
prevalente è quella agricola e non quella commerciale).
- Altre attività esercitate in connessione con la coltivazione del fondo, la silvicoltura, e l’allevamento (es. agriturismo).
▪ Sono attività oggettivamente commerciali, considerate agricole quando esercitate in connessione con una delle tre attività
agricole essenziali. Possono avere due diversi contenuti:
▫ CONNESSIONE PER OGGETTO: SONO LE ATTIVITÀ DI MANIPOLAZIONE, CONSERVAZIONE, TRASFORMAZIONE,
COMMERCIALIZZAZIONE E VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI.
Sono richieste due condizioni:
1. CONDIZIONE DELLA CONNESSIONE SOGGETTIVA: Deve trattarsi di attività svolte dallo stesso imprenditore che
esercita già una delle attività agricole principali.
2. CONDIZIONE DELLA CONNESSIONE OGGETTIVA: richiede che i prodotti provengano in prevalenza (50,1%) dalla
attività agricola principale. (Così facendo si consente l’ampliamento dell’attività connessa rispetto a quella agricola
principale, essendo possibile acquistare i prodotti anche da terzi produttori e rivenderli come propri).
▪ NB: Si tratta però di un criterio soggettivo discriminatorio perché sarà consentito un grande ampliamento a chi è già un grande
coltivatore o allevatore ed invece un piccolo ampliamento dimensionale a chi è piccolo coltivatore o allevatore (sospetto di
incostituzionalità per violazione dell’art. 3 Cost.).
▪ Le grandi imprese di trasformazione non possono essere considerate agricole ove sussista l'impossibilità di trasformare
prevalentemente propri prodotti (es. Granarolo: se compra il latte dalla Parmalat, non è più un’impresa agricola ma commerciale).
▪ Dunque, se viene meno l’attività di trasformazione o vendita dei prodotti agricoli non provenienti dal fondo,
dall’allevamento o dal bosco, non siamo in presenza di attività agricola.
▪ NB: Non si richiede più (a differenza del passato) l’accessorietà dell’attività connessa, ossia che l’attività si svolga
utilizzando gli stessi mezzi produttivi e la stessa organizzazione aziendale necessari all’esercizio dell’attività agricola
principale. Pertanto, può essere acquistato ex novo un apparato produttivo in funzione esclusivamente dell’esercizio
dell’attività di trasformazione ed alienazione dei prodotti (es. negozio come punto vendita, i macchinari per la trasformazione
delle olive in olio ed il suo imbottigliamento, etichettatura e pubblicizzazione).
▫ CONNESSIONE PER AZIENDA: ATTIVITÀ DIRETTE ALLA FORNITURA DI BENI O SERVIZI MEDIANTE L’UTILIZZAZIONE
PREVALENTE DELLE ATTREZZATURE O RISORSE DELL’AZIENDA AGRICOLA NORMALMENTE UTILIZZATE NELL’ATTIVITÀ
AGRICOLA PRINCIPALE (es. attività di ricezione alberghiera e di ristorazione agrituristica).
▪ La prevalenza anche in questo caso è soggettiva, varia da soggetto a soggetto, a seconda dell’ampiezza e della
grandezza dei mezzi appartenenti all’azienda agricola principale (anche qui, sospetto di incostituzionalità per violazione
dell’art. 3 Cost).
NB: La vecchia disposizione del 1942 (art. 2135 c.c.) affermava che: “è imprenditore agricolo colui che svolge un’attività di coltivazione del
fondo, selvicoltura, allevamento di bestiame e attività connesse.”
Secondo comma “si presumono attività connesse quelle dirette alla trasformazione o alienazione dei prodotti agricoli, qualora queste attività
rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura”.
Questa definizione causava due problemi:
a. L’articolo non definiva se le attività agricole principali dovessero necessariamente avere un collegamento con il fondo. A fronte di ciò la
norma è stata intesa in maniera estensiva, sostenendo che le attività elencate sono agricole se c’è il collegamento con il fondo.
b. L’articolo individuava come “bestiame” tutti quegli animali di grossa/media taglia da carne, latte, lavoro o lana; escludendo gli allevamenti
di animali da cortile.
Nel 2001 il legislatore ha modificato l’articolo (evoluzione introdotta dall’ordinamento della comunità europea) in cui non si parla più di
bestiame ma di animali: con questa indicazione generica sono da considerare attività agricole anche l’allevamento di cani di razza, cavalli da
corsa, monta taurina, ecc.
Inoltre, l’articolo che ad oggi consta di tre commi, e il secondo comma specifica le attività elencate al primo comma.
Il legislatore, con la nuova disposizione, non rende più obbligatorio il collegamento con il fondo (es. vivai); inoltre fa riferimento al ciclo
biologico, per cui si ritiene imprenditore agricolo anche colui che svolge una sola fase del ciclo (es. bonifica del terreno).

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▪ NB: per CICLO BIOLOGICO s’intende il ciclo vitale (dal concepimento alla morte) di un essere vivente, che potrà essere oggetto
di cura o sviluppo da parte di un unico soggetto oppure da una pluralità di soggetti. È sufficiente la cura anche di una sola fase
del ciclo biologico, purché essa sia una fase necessaria alla sopravvivenza della specie.
- Non costituisce una fase essenziale del ciclo biologico la custodia o il trasporto di animali vivi, con fornitura di cibo ed acqua,
prima della vendita per la macellazione.
- Sono inoltre da escludere dalle attività agricole quelle che si limitano ad estrarre dalla natura ciò che già si è sviluppato
naturalmente senza alcuno sforzo da parte dell’uomo.
(es. attività estrattive: raccolta di funghi o il taglio della legna nei boschi che non sia accompagnato da un’attività di cura del bosco e del
sottobosco; la cattura di animali e la caccia).
[eccezione: la pesca, in virtù di un favor legis, ricade tra le attività agricole per equivalenza. Si tratta di una scelta di politica legislativa tesa
a favorire il settore della pesca che però si scontra con l’assoluta mancanza dei requisiti richiesti per la ricorrenza della fattispecie del ciclo
biologico].
È un requisito che serve ad escludere tutte quelle attività che, pur avendo a che vedere con il ciclo di un vivente, si svolgono,
per loro natura, al di fuori degli ambienti naturali (es. attività di laboratorio quali modifiche genetiche sul dna animale o vegetale –
clonazione genoma per ottenere la pecora Dolly, sementi geneticamente modificate per ottenere vegetali ogm, colture batteriche,
allevamenti di cavie per sperimentazioni farmaceutiche ecc.).
Risultano invece comprese quelle attività di cura e sviluppo di un ciclo biologico che pur non utilizzando in concreto un
sostrato naturale, possono essere svolte indifferentemente sia in ambiente e con tecniche artificiali sia modo naturale
(es. allevamenti in batteria, coltivazioni in serra, coltivazioni aeroponiche e idroponiche come la funghicoltura).

DISCIPLINA DELL’IMPRENDITORE AGRICOLO


L’imprenditore agricolo si distingue da quello commerciale poiché sostiene un rischio in più (oltre al rischio d’impresa): il rischio
del fattore tempo che non può prevedere né arginare.
Perciò, il legislatore ha deciso di esonerarlo da una serie di obblighi e lo ha privilegiato in caso di insolvenza rispetto ai terzi.
L’imprenditore agricolo è sottoposto ad un REGIME GIURIDICO SEMPLIFICATO:
NON È OBBLIGATO ALLA TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI;
NON È SOGGETTO ALLE PROCEDURE DEL FALLIMENTO E DEL CONCORDATO PREVENTIVO;
NON È SOGGETTO ALL’OBBLIGO DI ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE, MA IN UNA SEZIONE SPECIALE DEL REGISTRO
CON EFFICACIA DI OPPONIBILI A TERZI.
Dunque, l’imprenditore agricolo è sottratto alla disciplina dell’imprenditore commerciale (è esonerato dalla tenuta dei libri
sociali e dal fallimento), e gode di determinati benefici fiscali riguardanti imposte dirette e indirette, previdenziale ed
antinfortunistica ed in genere la disciplina del rapporto di lavoro.

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IL PICCOLO IMPRENDITORE (art. 2083)
L'art. 2083 c.c. definisce piccoli imprenditori: SONO PICCOLI IMPRENDITORI I COLTIVATORI DIRETTI DEL FONDO, GLI ARTIGIANI, I
PICCOLI COMMERCIANTI E COLORO CHE ESERCITANO UN'ATTIVITÀ PROFESSIONALE ORGANIZZATA PREVALENTEMENTE CON IL
LAVORO PROPRIO E DEI COMPONENTI LA FAMIGLIA (attività di dimensioni molto limitate).
▪ Distinguiamo QUATTRO CATEGORIE del piccolo imprenditore:
1) COLTIVATORE DIRETTO DEL FONDO;
[Nell’art. 1647 c.c., in tema di affitto al coltivatore diretto, si afferma: “Quando l'affitto ha per oggetto un fondo che l'affittuario coltiva col
lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia, si applicano le norme che seguono, sempre che il fondo non superi i limiti
di estensione che, per singole zone e colture, possono essere determinati dalle norme corporative”. Questa disposizione conferma la
definizione di piccolo imprenditore data dall’art. 2083, in quanto richiede che il fondo venga coltivato “col lavoro prevalentemente proprio
o di persone della sua famiglia”].
2) PICCOLO COMMERCIANTE;
3) ARTIGIANO;
4) IN VIA RESIDUALE, COLUI CHE ESERCITA UN’ATTIVITÀ DI IMPRESA PREVALENTEMENTE CON IL LAVORO PROPRIO E DEI
COMPONENTI DELLA FAMIGLIA.
▪ La norma evidenzia il CARATTERE DISTINTIVO che definisce la qualifica di piccolo imprenditore: CRITERIO DELLA PREVALENZA
DEL LAVORO PROPRIO E FAMILIARE: se non c’è lavoro proprio ma prevalenza di lavoro altrui allora non siamo in presenza di un
piccolo imprenditore ma di un grande imprenditore.
Infatti, i REQUISITI per la piccola impresa sono:
▫ L’imprenditore deve prestare il proprio lavoro nell’impresa;
▫ Il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell’impresa devono prevalere sia rispetto al lavoro altrui sia
rispetto al capitale proprio o altrui investito nell’impresa.
▪ L’articolo 2083 dà vita ad una serie di PROBLEMATICHE:
1) QUANTE FIGURE DI PICCOLO IMPRENDITORE ELENCA LA NORMA? Il criterio della prevalenza serve solo a identificare le
figure atipiche e innominate di piccoli imprenditori o concerne anche le figure tipizzate nella prima parte della norma?
▫ Interpretazione 1 (letterale): per le prime tre fattispecie si dovrebbe fare riferimento alla loro valutazione sociale
corrente o ad altre norme definitorie, mentre solo per le fattispecie atipiche si applicherebbe il criterio della prevalenza.
(CRITICA: La fattispecie di piccolo imprenditore mancherebbe di unitarietà sistematica, ossia di un carattere unificante
che valga ad identificare la fattispecie nel suo complesso, e alla espressione piccolo imprenditore si attribuirebbero
significati diversi e definizioni diverse per ciascuna fattispecie tipizzata dal legislatore).
▫ Interpretazione 2 (sistematica): L’ARTICOLO INDIVIDUA UN’UNICA CATEGORIA GENERALE AFFERMANDO CHE SONO
PICCOLI IMPRENDITORI COLORO CHE RISPETTANO IL CRITERIO DELLA PREVALENZA E LE PRIME TRE CATEGORIE HANNO
CARATTERE ESEMPLIFICATIVO. Dunque, il criterio della prevalenza costituisce il minimo comune denominatore di tutte
le fattispecie di piccoli imprenditori sia tipiche (coltivatori diretti, artigiani e piccoli commercianti) sia atipiche.
(CRITICA: Questa interpretazione non è raccolta dalla maggioranza perché il nostro ordinamento si basa su un sistema
di civil law in cui ogni parola ha un significato preciso – è L’INTERPRETAZIONE PREFERITA).
2) COSA S’INTENDE PER PREVALENZA DEL LAVORO PROPRIO E DEI PROPRI FAMILIARI?
Il criterio di prevalenza va interpretato secondo un criterio quantitativo-funzionale: IL LAVORO PROPRIO E DEI PROPRI
FAMILIARI DEVE PREVALERE SUL LAVORO ALTRUI E SUL CAPITALE INVESTITO.
(Prevalenza dell’auto-organizzazione rispetto agli altri fattori produttivi che appartengono alla c.d. etero-organizzazione).
La valutazione di prevalenza va fatta non comparando fattori della produzione in termini meramente quantitativo-aritmetici
ma in termini qualitativo-funzionali, ossia valutando il peso e l’influenza che il lavoro dell’imprenditore ha nel processo
produttivo in relazione al prodotto finale.
(CRITICA: nella valutazione della “prevalenza” in senso qualitativo-funzionale è insita una incertezza applicativa, dovuta
all’ineliminabile discrezionalità degli interpreti, che porta con sé il rischio di una disparità di trattamento, cioè di dare
soluzioni diverse a situazioni equivalenti. Ragione per la quale si tende sempre ad una valutazione quantitativa anche nelle
evoluzioni della normativa che si sono avute sul tema della piccola impresa).
3) COSA SI DEVE INTENDERE PER FAMILIARI?
Si ritiene unanimemente che si possa applicare estensivamente la nozione di familiare contenuta nell’art. 230-bis c.c.
“SI INTENDE COME FAMILIARE IL CONIUGE, I PARENTI ENTRO IL TERZO GRADO E GLI AFFINI ENTRO IL SECONDO GRADO”
- Non c’è identità di contenuto tra piccolo imprenditore e impresa familiare. Anche se molte imprese familiari sono di
piccole dimensioni, non si può escludere che possano assumere anche grandi dimensioni.
- Non c’è identità̀ di funzione tra le disposizioni dell’art. 2083 e 230-bis, in quanto la prima serve a realizzare una
equiparazione tra il lavoro proprio e quello dei familiari, mentre il secondo serve a diversificare e valorizzare il lavoro
dei familiari, non ad appiattirlo ed occultarlo. (In sostanza, l’art. 2083 disciplina il lavoro “della” famiglia, vista come un
tutt’uno inscindibile, mentre l’art. 230-bis disciplina il lavoro “nella” famiglia, famiglia vista come sommatoria di
individui e non come un’entità unitaria.)

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▪ FORMA GIURIDICA DELLE PICCOLE IMPRESE
Si ritiene che la norma definizione di piccolo imprenditore all’art. 2083 c.c. sia riferibile soltanto alle persone fisiche
imprenditori individuali, e non alle collettività organizzate, per due ragioni:
a) Il parametro della prevalenza non si presta ad essere applicato alle società, a causa dell’interposizione soggettiva dell’ente;
b) [Premettendo che, per la figura del piccolo imprenditore, oltre alla nozione generale contenuta nel codice civile, vi è una
sorta di nozione di piccolo imprenditore derivante dall’art. 1 della legge fallimentare].
L’art. 1 del 1942 (formulazione originaria) prevedeva la presunzione di non piccolezza per le società commerciali,
confermando così che piccolo imprenditore poteva essere soltanto un imprenditore individuale.
Dal 2007 questa previsione del piccolo imprenditore individuato secondo parametri monetari viene meno, ma rimane ferma
soltanto per stabilire l’ambito di esenzione dallo statuto dell’imprenditore commerciale, fatta eccezione per il fallimento per
il quale vi sono nuovi e diversi parametri di determinazione della fallibilità delle imprese.

DISCIPLINA DEL PICCOLO IMPRENDITORE


Il piccolo imprenditore è, come l'imprenditore agricolo, è sottratto alla disciplina dell’imprenditore commerciale ed è
sottoposto ad un REGIME GIURIDICO SEMPLIFICATO:
NON È OBBLIGATO ALLA TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI (art. 2214 c.c.);
NON È SOGGETTO ALLE PROCEDURE DEL FALLIMENTO E DEL CONCORDATO PREVENTIVO (art. 2221 c.c.);
L’art. 1 della legge fallimentare individua alcuni parametri dimensionali dell’impresa al di sotto dei quali l’imprenditore
commerciale non è sottoposto a fallimento:
Aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento un attivo patrimoniale di ammontare
complessivo annuo non superiore a 300.000€;
Aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento ricavi lordi per ammontare complessivo
annuo non superiore a 200.000€;
Non aver mai avuto debiti, anche se non scaduti, superiori a 500.000€.
Anche superando uno solo di questi requisiti, si è esposti al fallimento.
NON È SOGGETTO ALL’OBBLIGO DI ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE (art. 2202 c.c.).

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L’IMPRESA ARTIGIANA
Nell’art. 2083 c.c. è menzionato anche l’ARTIGIANO come piccolo imprenditore.
La piccola impresa e, in particolare, la piccola impresa artigiana godono di una legislazione speciale di ausilio e di sostegno.
▪ Tali leggi speciali spesso prevedono autonomi criteri di identificazione delle imprese destinatarie, non coincidenti con quelli
fissati dall’art. 2083.
La legge n. 860 del 1956 definiva giuridicamente il concetto di impresa artigiana, individuandone tutti i tratti caratteristici: “è artigiana, a tutti
gli effetti di legge, l’impresa che risponde ai seguenti requisiti fondamentali:
a) che abbia per scopo la produzione o la prestazione di servizi, di natura artistica od usuale;
b) che sia organizzata e operi con lavoro professionale, anche manuale, del titolare e, eventualmente, con quello dei familiari;
c) che il titolare abbia piena responsabilità dell’azienda e assuma tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e gestione”.
Perciò, il dato caratterizzante l’impresa artigiana risiedeva nella natura artistica e usuale dei beni o servizi prodotti, laddove per “usuale”
s’intendeva qualcosa di tipico del luogo.
Queste caratteristiche giustificavano le agevolazioni di carattere fiscale e contributivo accordate agli artigiani.
Nel 1985 il legislatore ha sostituito questa norma con la legge quadro per l’artigianato n. 443 che dà una definizione totalmente
diversa che prescinde dalla natura artistica e usuale del prodotto
Art. 1: “È IMPRENDITORE ARTIGIANO COLUI CHE ESERCITA PERSONALMENTE, PROFESSIONALMENTE E IN QUALITÀ DI TITOLARE,
L’IMPRESA ARTIGIANA”, laddove:
- per “personalmente” intendiamo l’effettivo esercizio manuale da parte dell’imprenditore che però può avvalersi di
dipendenti (20) e può essere svolto in forma societaria (Srl o Sas);
- per “professionalmente” s’intende un’attività da svolgere in modo abituale e non occasionale; per “in qualità di titolare” la
titolarità non implica la proprietà dei beni aziendali, ma non può avvalersi di un altro soggetto posto a dirigere l’impresa.
La nuova definizione è basata su:
1. OGGETTO DELL’IMPRESA: può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di
prestazioni di servizi, sia pure con alcune limitazioni ed esclusioni;
2. RUOLO DELL’ARTIGIANO NELL’IMPRESA: richiedendo che egli svolga in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale,
nel processo produttivo, ma non che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi.
▪ Quindi, alla luce della nuova disciplina,
▫ L’artigiano può produrre anche semilavorati e può avere fino a 20 dipendenti (questa figura non giustifica più in realtà le
agevolazioni concesse).
▫ È riaffermato il principio che il personale dipendente deve essere personalmente diretto dall’artigiano
▫ È stabilito che l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana.
▫ La categoria delle imprese artigiane risulta notevolmente ampliata rispetto alla legge precedente:
- È riaffermata la qualifica artigiana delle imprese costituite in forma di società cooperativa o in nome collettivo (a condizione che la
maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro
abbia funzione preminente sul capitale).
- La qualifica è estesa alla società a responsabilità limitata unipersonale ed alla società in accomandita semplice, purché il socio unico
o tutti i soci accomandatari siano in possesso dei requisiti previsti per l’imprenditore artigiano e non siano nel contempo socio unico
di un’altra s.r.l. o socio di un’altra s.a.s.
- Recentemente, anche alla s.r.l. pluripersonale a condizione che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche
manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società.
▫ L’art. 5 prevede l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane: secondo la Corte costituzionale il carattere costitutivo a cui si fa
riferimento va interpretato nel senso che l’iscrizione all’albo è costitutiva ai fini dell’ottenimento delle agevolazioni.
▫ NB: resta fermo che, per stabilire se un dato imprenditore è esonerato dal fallimento in quanto piccolo imprenditore, si
deve guardare solo al rispetto dei limiti dimensionali fissati dall’art. 1 legge fallimentare (visti precedentemente).
SECONDO LA GIURISPRUDENZA, L’IMPRENDITORE ARTIGIANO È SOGGETTO A FALLIMENTO QUANDO PER
L’ORGANIZZAZIONE E L’ESPANSIONE DELLA SUA AZIENDA, EGLI ABBIA INDUSTRIALIZZATO LA PRODUZIONE, CONFERENDO
AL SUO GUADAGNO, DI REGOLA MODESTO, I CARATTERI DEL PROFITTO.
In conclusione: Al pari di ogni altro imprenditore commerciale, l’imprenditore artigiano individuale e le società artigiane
saranno esonerate dal fallimento solo se in concreto ricorrono i presupposti per poter essere qualificati piccoli imprenditori
in base all’art. 1, 2° comma, legge fallimentare.

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L’IMPRESA COLLETTIVA
Solitamente l’attività imprenditoriale è una attività individuale in quanto vi è un soggetto che rappresenta l’impresa.
L’IMPRESA COLLETTIVA è di regola rappresentata da:
SOCIETÀ PUBBLICA E PRIVATA; IMPRESA CONIUGALE; IMPRESA FAMILIARE; IMPRESA SOCIALE.

LA SOCIETÀ PUBBLICA
La società è un contratto attraverso il quale due o più persone si uniscono per esercitare una attività d’impresa.
Qualora i soci della società svolgano un esercizio pubblico (enti pubblici), parliamo di società pubblica. (es. farmacie comunali).
▪ L’IMPRESA PUBBLICA “È UN'IMPRESA IL CUI CAPITALE O PATRIMONIO È CONFERITO IN TUTTO O IN PARTE DA UNO O PIÙ SOGGETTI
PUBBLICI, OSSIA DALLO STATO O ALTRI ENTI PUBBLICI”
NB: Quando solo una parte del capitale è conferita da soggetti pubblici: si parla d'impresa pubblica in senso stretto solo se tale quota è
maggioritaria o consente il controllo dell'impresa, in caso contrario, si parla di impresa mista.
▪ La TRIPARTIZIONE TRADIZIONALE dell'impresa pubblica si identifica in:
➢ IMPRESE ORGANO: Quando lo Stato o un altro ente territoriale possono svolgere direttamente attività di impresa avvalendosi di proprie strutture
organizzative prive di distinta soggettività e dotate di un’ampia autonomia decisionale e contabile. In questi casi l’attività di impresa è secondaria ed
accessoria rispetto ai fini istituzionali dell’ente pubblico.
➢ ENTI PUBBLICI ECONOMICI: Appositi enti che gestiscono servizi a categorie protette di cittadini (es. case popolari).
Svolgono attività economica pubblica per cui non sottostanno a numerosi vincoli giuridici (es. non sottoposti al fallimento).
Svolgono un’attività si economica MA non di mercato (es. affitti sono imposti dalla legge).
➢ SOCIETÀ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA (IMPRESA MISTA): Vi sono numerose imprese miste, in cui la società è a partecipazione pubblica
(solitamente avviene quando il pubblico non ha una struttura capace di gestire dunque fa una partnership con il privato, che vi mette i soldi e si occupa
della gestione). Queste sono società regolamentate dal codice civile.
▪ A partire dal 1990 è in atto un radicale processo di ristrutturazione nel settore delle imprese pubbliche al fine di garantire una gestione
imprenditoriale più efficiente e di ridurre la spesa pubblica attraverso l’aperura al capitale di rischio privato.

IMPRESA CONIUGALE (art. 177)


L'azienda coniugale trova il suo riferimento normativo nell'art. 177 del c.c. che prevede che formino oggetto della comunione legale le aziende
gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Formano oggetto della comunione legale:
▫ Acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio;
▫ Frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi;
▫ Proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati;
▫ Aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Da ciò si evince che L’IMPRESA CONIUGALE È QUELL’IMPRESA SORTA IN SEGUITO AL MATRIMONIO.
Il requisito è dunque il vincolo matrimoniale (matrimonio inteso in senso classico, non unione civile)
Nel silenzio è applicabile la disciplina della comunione familiare sia per la gestione dell’impresa sia per quanto riguarda il regime patrimoniale.
- I creditori d’impresa potranno soddisfarsi su tutti beni della comunione anche se estranei all’azienda ma alla pari con gli altri creditori
della comunione e senza avere alcun diritto di preferenza rispetto questi ultimi sui beni aziendali.
- I creditori d’impresa possono inoltre aggredire il patrimonio personale di ciascun coniuge ma solo nella misura della metà del credito in
via sussidiaria e solo se i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti sulla stessa gravanti.
- I creditori particolari del singolo coniuge possono soddisfarsi direttamente anche sui beni della comunione e quindi anche sui beni
aziendali. Tale diritto è riconosciuto solo fino al valore corrispondente alla quota del coniuge loro debitore e purché i beni personali di
questo non siano sufficienti a soddisfarli.

IMPRESA FAMILIARE (art. 230 bis)


L'impresa familiare è regolata dall'art. 230 bis del c.c: È IMPRESA FAMILIARE QUELLA IN CUI COLLABORANO IL CONIUGE, I PARENTI ENTRO IL
TERZO GRADO (nipoti) E GLI AFFINI ENTRO IL SECONDO GRADO (cognati) DELL’IMPRENDITORE.
▪ La caratteristica dell'impresa familiare sta nel contrapporre ad uno schema rigorosamente individualistico uno schema lato sensu
comunitario di gestione dell'impresa.
▪ Coloro che entrano a farne parte assumono la veste di soggetti attivi e sono investiti di poteri decisionali.
In forza dei poteri decisionali, si deve ritenere che i familiari siano contitolari dell’impresa e assoggettati al relativo rischio.
I familiari possono adottare a maggioranza le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi dei valori aziendali, quelle inerenti
alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa.
▪ I familiari devono essere considerati co-imprenditori e, se l’impresa è commerciale e non piccola, sono soggetti allo statuto dell’imprenditore
commerciale ivi compreso il fallimento.
▪ Non presenta molti vantaggi fiscali [la logica del codice civile non sempre si sposa con quella del codice fiscale: es. per quanto riguarda la
tenuta delle scritture contabili, a livello fiscale TUTTE le imprese sono tenute ad averle].
▪ La tutela legislativa è realizzata riconoscendo ai membri che lavorino in modo continuativo nella famiglia o nell’impresa determinati diritti
patrimoniali e amministrativi.
▪ Per quanto riguarda i diritti patrimoniali, sono riconosciuti:
- Diritto al mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia;
- Diritto di partecipazione agli utili dell’impresa;
- Diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dell’azienda, in proporzione a quantità e qualità lavoro prestato;
- Diritto di prelazione sull’azienda, in caso di alienazione o divisione ereditaria;
▪ Il trasferimento è possibile solo in favore di familiari e con il consenso unanime degli stessi.
▪ La quota è liquidabile in denaro in caso di cessazione del rapporto di lavoro o di alienazione dell’azienda.

13
L’IMPRESA SOCIALE
L’IMPRESA SOCIALE È L’IMPRESA GESTITA SENZA SCOPO DI LUCRO IN SETTORI DI UTILITÀ SOCIALE (assistenza sociale, istruzione,
tutela dell’ambiente etc..). (Si sta molto diffondendo in questi anni).
▪ L'impresa sociale è impresa ai sensi dell'art. 2082 cod. civ., perché è espressamente tenuta ad operare con metodo economico.
▪ Dal 2017 l'impresa sociale, nell'ordinamento giuridico italiano, è una delle fattispecie rientranti nel più ampio contesto degli
ENTI DEL TERZO SETTORE (ETS) (D. Lgs 117/17).
Ai sensi del D. Lgs 112/17 articolo 1, possono acquisire la qualifica di impresa sociale «tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti
nelle forme di cui al libro V del Codice Civile, che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale,
senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e
trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività».
In particolare:
 L’IMPRESA SOCIALE PUÒ ORGANIZZARSI IN QUALSIASI FORMA DI ORGANIZZAZIONE PRIVATA E PUÒ ESSERE IMPIEGATA
QUALSIASI TIPO SOCIETARIO;
 LO SCOPO ULTIMO NON È LUCRATIVO;
 LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEI PARTECIPANTI È LIMITATA.
▪ Dunque, l’impresa sociale non è un nuovo tipo di ente diverso da quelli previsti e regolati dall’ordinamento bensì una qualifica
che gli enti di diritto privato possono assumere a certe condizioni e che comporta l’applicazione di una DISCIPLINA SPECIALE:
➢ Il fine ultimo è sempre l’utilità sociale (per le fasce di popolazione svantaggiate). In virtù di questo scopo godono di una serie
di VANTAGGI, anche a livello fiscale (utilizzano dei fondi, non sono soggetti a tassazione...).
➢ Nulla vieta che l'esercizio dell'attività imprenditoriale produca un avanzo dei ricavi sui costi (avanzo di gestione).
Vietata è solo l'auto-destinazione dei risultati della gestione (art. 3): utili e avanzi di gestione devono essere infatti destinati
allo svolgimento dell'attività statutaria o all'incremento del patrimonio dell’ente.
Sul patrimonio dell'impresa grava un vincolo di indisponibilità in quanto né durante l'esercizio dell'impresa, né allo
scioglimento è possibile distribuire fondi o riserve a vantaggio di coloro che fanno parte dell'organizzazione.
➢ le organizzazioni che intendono assumere la qualifica di "impresa sociale "devono costituirsi per atto pubblico, osservando le
speciali disposizioni di legge in merito al contenuto dell'atto costitutivo.
In particolare, l'atto costitutivo deve:
1. Determinare l'oggetto sociale, individuandolo fra le attività di utilità sociale riconosciute dalla legge;
2. Enunciare l'assenza dello scopo di lucro;
3. Indicare la denominazione dell'ente, che va integrata con la locuzione "impresa sociale" (art. 7);
4. Fissare requisiti e regole per la nomina dei componenti delle cariche sociali;
5. Disciplinare le modalità di ammissione ed esclusione dei soci, nel rispetto per quanto possibile del principio di non
discriminazione (art. 9);
6. Prevedere forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari dell’attività d’impresa nell’assunzione delle decisioni
che possono incidere direttamente sulle condizioni di lavoro e sulla qualità delle prestazioni erogate.
▪ L’atto costitutivo deve inoltre prevedere un sistema di controlli:
▫ Interni:
- controllo contabile affidato ad uno o più revisori iscritti nel registro dei revisori legali dei conti tenuto dal ministero
dell’economia,
- controllo di legalità della gestione e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione che invece è riservato ad
uno o più sindaci. (ai sindaci spetta anche vigilare sull’osservanza delle finalità sociale d’impresa)
▫ Esterni:
Il ministero del lavoro, che può anche procedere ad ispezioni. Nel caso in cui il ministero dovesse rilevare l’assenza
delle condizioni per il riconoscimento o riscontrare violazioni della relativa disciplina, dispone la perdita della qualifica.
Ne consegue la cancellazione dell’impresa nel registro e l’obbligo di devolvere il patrimonio ad enti non lucrativi
determinati dallo statuto.
➢ Hanno la possibilità di limitare a certe condizioni la responsabilità patrimoniale dei partecipanti anche quando è impiegata
una forma giuridica che prevederebbe invece la responsabilità personale ed illimitata di costoro.
➢ Sono soggette a regole speciali per quanto riguarda l'applicazione degli istituti tipici dell’imprenditore commerciale.
Indipendentemente dalla natura agricola o commerciale dell'attività esercitata, esse infatti:
a) Devono iscriversi in un'apposita sezione del registro delle imprese (art. 5);
b) Devono redigere le scritture contabili (art. 10)
c) In caso di insolvenza, sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, invece che a fallimento (art. 15).
➢ In caso di cessazione dell'impresa, il patrimonio residuo è devoluto ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale,
associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici, secondo quanto previsto dallo statuto (art. 13, 3° comma).
[Apposite regole fanno sì che l'assenza dello scopo di lucro venga preservata anche in caso di operazioni di trasformazione,
fusione e scissione cui partecipi l'impresa sociale, o di cessione d'azienda]

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3. L’ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI IMPRENDITORE
L'acquisto della qualità di imprenditore è presupposto per l'applicazione ad un dato soggetto del complesso di norme che
l'ordinamento ricollega a tale qualifica.
▪ L'articolo 2082 c.c. afferma che SI DIVENTA IMPRENDITORI CON L'ESERCIZIO DI ATTIVITÀ DI IMPRESA.
Dunque, la qualità di imprenditore si acquista con l’effettivo inizio dell’esercizio dell’attività di impresa,
- Non è sufficiente l’intenzione di dare inizio all’attività, anche se esternata con la richiesta delle eventuali autorizzazioni
amministrative necessarie o con l’iscrizione in albi o registri.
- La stessa iscrizione nel registro delle imprese non è condizione né necessaria né sufficiente per l’attribuzione della qualità di
imprenditore commerciale.
▪ Secondo il principio formale della spendita del nome “è principio generale del nostro ordinamento che gli effetti degli atti
giuridici ricadono sul soggetto e solo sul soggetto il cui nome è stato validamente speso nel traffico giuridico. Solo questi è
obbligato nei confronti del contraente”. Perciò, DIVENTA IMPRENDITORE COLUI CHE ESERCITA PERSONALMENTE L’ATTIVITÀ
D’IMPRESA COMPIENDO IN PROPRIO NOME GLI ATTI RELATIVI (per poter affermare che un dato soggetto è diventato
imprenditore, è necessario che l'esercizio dell'attività di impresa sia lui giuridicamente riferibile, sia a lui imputabile).

ESERCIZIO INDIRETTO DELL’ATTIVITA’ D’IMPRESA: L’IMPRENDITORE OCCULTO


▪ L’esercizio dell’attività d’impresa può dar luogo ad una DISSOCIAZIONE FRA IL SOGGETTO CUI È FORMALMENTE IMPUTABILE LA
QUALITÀ DI IMPRENDITORE ED IL TITOLARE EFFETTIVO. Si tratta dell’ESERCIZIO D’IMPRESA PER INTERPOSTA PERSONA.
- Il PRESTANOME o IMPRENDITORE PALESE è il soggetto che compie gli atti di impresa in proprio nome;
- L’IMPRENDITORE OCCULTO è il soggetto che somministra al prestanome i necessari mezzi finanziari, dirige di fatto l’impresa
e fa propri tutti i guadagni. È il vero dominus dell’impresa, pur non palesandosi come imprenditore di fronte ai terzi.
(Es. se un mandante chiede ad un mandatario di fare un’attività per suo conto, possono presentarsi due opzioni:
- Il mandatario può farlo per nome e per conto del mandante, spendendo il nome del mandante; quindi ne risponderebbe il mandante.
- Il mandatario può spendere il proprio nome, ma per una questione di certezza giuridica, diventerebbe il mandatario il responsabile di
quella determinata operazione (è questo il caso dell’imprenditore occulto).
NB: Riguardo il rapporto con i terzi, il mandatario che acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche
se questi ultimi hanno avuto conoscenza del mandato, i terzi non avrebbero alcun rapporto con il mandante occulto).
▪ A questo espediente si può ricorrere per aggirare un divieto di legge, oppure per non esporre al rischio di impresa il patrimonio
personale, per cui può essere:
- Illecito: per aggirare divieti di legge (es. non può iniziare una attività commerciale)
- Lecito: lecito perché lo comunica all’amministrazione finanziaria, sono i terzi a non saperlo (è solo di facciata)
▪ Questo modo di operare solleva problemi in caso di imputazione dei debiti di impresa o fallimento.
Distinguiamo a tal proposito due teorie:
▫ TEORIA DEL POTERE D’IMPRESA (criterio formale): secondo cui chi esercita il potere di direzione dell’impresa se ne assume
necessariamente anche il rischio e risponde alle relative obbligazioni. Ciò porta ad affermare che QUANDO L’ATTIVITÀ DI
IMPRESE È ESERCITATA TRAMITE PRESTANOME, I RESPONSABILI VERSO I CREDITORI SONO SIA IL PRESTANOME SIA IL
DOMINUS, PER QUANTO SOLO IL PRIMO ACQUISTI LA QUALITÀ DI IMPRENDITORE E QUINDI SIA ESPOSTO AL FALLIMENTO.
▫ TEORIA DELL’IMPRENDITORE OCCULTO (criterio sostanziale): secondo cui il DOMINUS DI UN’IMPRESA FORMALMENTE
ALTRUI NON SOLO RISPONDERÀ INSIEME A QUESTI MA FALLIRÀ SEMPRE COMUNQUE QUALORA FALLISCA IL PRESTANOME.
(La piena parificazione sul piano della responsabilità di impresa di chi agisce di fronte ai terzi e di chi sta dietro le quinte
sarebbe giustificata dall’art. 147 della legge fallimentare: se viene dichiarata fallita una società di persone, falliscono di
conseguenza tutti i soci. Se poi si viene a conoscenza di un socio occulto, del quale i creditori ignoravano l’esistenza, il
fallimento si estende anche a quest’ultimo c.d. fallimento del socio occulto di società palese).
[Tutto ciò a scapito dei creditori personali dell’imprenditore occulti, che vedrebbero concorrere sul patrimonio del loro
debitore anche i creditori del prestanome, di cui ignoravano l’esistenza, con altrettanto ingiusta lesione del loro
affidamento. Quindi vi sono creditori da tutelare da ogni parte].
TECNICA PER REPRIMERE GLI ABUSI
Il dominio di fatto su un’impresa individuale o societaria, formalmente imputabile ad altro soggetto, non implica di per sé
responsabilità illimitata per i debiti di impresa. Diverse tecniche sono state proposte per affermare la responsabilità personale e
l’esposizione al fallimento di chi abusi della posizione di dominio su una società di capitali.
La giurisprudenza ritiene che i comportamenti tipici del socio tiranno (azionista che “usa della società come cosa propria” e ne
dispone a suo piacimento “con l'assoluto disprezzo delle regole fondamentali del diritto societario”) possano integrare una
autonoma attività di impresa. Pertanto, sempre che ricorrano i requisiti fissati dall’art. 2082, il socio o i soci che hanno abusato
dello schermo societario risponderanno come titolari di un’autonoma impresa commerciale individuale o societaria (società di
fatto), per le obbligazioni da loro contratte nello svolgimento dell’attività fiancheggiatrice della società di capitale ed in quanto
tali potranno fallire sempre che si accerti l’insolvenza della loro impresa. Questa tecnica tutela in modo pieno e diretto solo i
creditori delle società di capitali che hanno titolo per agire anche contro il socio, ma va a vantaggio anche degli altri creditori
perché disincentiva a servirsi della società di capitali come mero strumento di copertura dalle personali attività imprenditoriali.

15
INIZIO E FINE DELL’IMPRESA
INIZIO DELL’IMPRESA
▪ Distinguiamo l’INIZIO DELL’IMPRESA:
▫ Per persone fisiche e enti pubblici e privati: si ha con l’effettivo inizio dell’esercizio dell’attività di impresa.
▫ Per Società di persone: la qualità di imprenditore si acquista con la stipula del contratto sociale.
▫ Per Società di capitali: la qualità di imprenditore si acquista con l’iscrizione nel registro delle imprese.
Dunque:
- Le società acquistano la qualità di imprenditore fin dal momento della loro costituzione e, quindi, prima ed
indipendentemente dall’effettivo inizio dell’attività produttiva. Infatti, lo svolgimento di attività di impresa costituisce la
ragione stessa della loro costituzione e ciò rende superfluo l’accertamento del concreto inizio dell’attività programmata.
- Al contrario, come detto, per le persone fisiche (imprenditori) questo accertamento viene richiesto.
NB: ATTI DI ORGANIZZAZIONE E ATTIVITÀ DI ESERCIZIO
PER STABILIRE QUANDO SI HA L’EFFETTIVO INIZIO DELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA BISOGNA DISTINGUERE A SECONDA CHE IL
COMPIMENTO DI ATTI TIPICI DI IMPRESA (ATTI DI ESERCIZIO - produzione e scambio di beni o servizi) SIA O MENO PRECEDUTA
DA UNA FASE ORGANIZZATIVA (ATTI DI ORGANIZZAZIONE) OGGETTIVAMENTE PERCEPIBILE.
- Se manca la fase organizzativa, per l’inizio dell’impresa è necessaria la RIPETIZIONE NEL TEMPO DEGLI ATTI DI IMPRESA;
(solo la ripetizione nel tempo di atti di impresa omogenei e funzionalmente coordinati renderà certo che non si tratta di atti
occasionali, bensì di attività professionalmente esercitata).
- Se c’è una fase organizzativa, anche solo L’ATTO DI ESERCIZIO sarà sufficiente per affermare che l’attività è iniziata.
▪ Anche qui facciamo una distinzione:
- Per le persone fisiche: gli atti di organizzazione determineranno l’acquisto della qualità di imprenditore e l’esposizione al
fallimento quando, per il loro numero e per la loro significatività, manifestano in modo non equivoco l’orientamento stabile
dell’attività verso un determinato fine produttivo, sia pure non ancora realizzato.
(si assume la qualità di imprenditore già durante la fase di preliminare organizzazione, prima del compimento del primo atto
di gestione, dato che essa è indirizzata ad un fine produttivo e pone esigenze di tutela de credito).
- Per le società: anche un singolo atto di organizzazione imprenditoriale, particolarmente qualificato, sarà di regola sufficiente
per affermare che l’attività di impresa è iniziata.

FINE DELL’IMPRESA
▪ La fine dell’impresa è preceduta solitamente da una fase di liquidazione, durante la quale l’imprenditore completa i cicli
produttivi iniziati, vende le giacenze di magazzino e gli impianti, e definisce i rapporti pendenti. Questa fase termina solo con la
definitiva disgregazione del complesso aziendale che rende irrevocabile la cessazione.
▪ L’articolo 10 della Legge fallimentare dispone che “GLI IMPRENDITORI INDIVIDUALI E COLLETTIVI POSSONO ESSERE DICHIARATI
FALLITI ENTRO UN ANNO DALLA CANCELLAZIONE DAL REGISTRO DELLE IMPRESE, SE L’INSOLVENZA SI È MANIFESTATA
ANTERIORMENTE DALLA STESSA O ENTRO L’ANNO SUCCESSIVO. In caso di impresa individuale o di cancellazione d’ufficio degli
imprenditori collettivi è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento effettivo della cessazione dell’attività da cui decorre il
termine di un anno”.
La cancellazione è condizione necessaria perché l’imprenditore benefici del termine annuale per la dichiarazione di fallimento.
NB: ne consegue che le società irregolari (non iscritte in registro delle imprese) e occulte POTRANNO ESSERE DICHIARATE
FALLITE SENZA LIMITI DI TEMPO FINCHÉ SUSSISTONO DEBITI INSOLUTI, in quanto per il loro termine annuale non decorre.
La cancellazione è in questo caso condizione necessaria ma non sufficiente, ad essa si deve accompagnare anche l’effettiva
cessazione dell’attività di impresa mediante la disgregazione del complesso aziendale.
NB: anche per gli imprenditori persone fisiche e per le società cancellate d'ufficio, la cancellazione dal registro delle imprese
non è da sola sufficiente. Essa deve accompagnarsi anche all'EFFETTIVA CESSAZIONE DELL'ATTIVITÀ D'IMPRESA, mediante la
disgregazione del complesso aziendale. Altrimenti, il termine annuale non decorre.

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CAPACITA’ E IMPRESA
LA CAPACITÀ ALL’ESERCIZIO DI UN’ATTIVITÀ DI IMPRESA:
➢ SI ACQUISTA CON LA PIENA CAPACITÀ DI AGIRE E QUINDI CON IL COMPIMENTO DELLA MAGGIORE ETÀ;
▪ La capacità di agire è il presupposto per l’acquisto della qualità di imprenditore: ll minore o l’incapace che esercita l’attività
di impresa non acquista la qualità di imprenditore.
▪ L’esercizio di attività di impresa da parte di un incapace non fa sorgere la qualità di imprenditore in capo all’incapace,
anche se i singoli atti compiuti restano validi.
▪ NB: Non sono limitazioni alla capacità di agire, ma incompatibilità, i divieti di esercizio di impresa commerciale posti a
carico di coloro che esercitano determinati uffici o professioni.
La violazione di tali divieti non preclude l’acquisto della qualità di imprenditore, ma espone solo a sanzioni amministrative e
ad un aggravamento delle sanzioni penali per bancarotta in caso di fallimento.
▪ Non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore commerciale nemmeno l’inabilitazione temporanea all’esercizio di
attività commerciale che consegue alla condanna per bancarotta o per ricorso abusivo al credito in caso di fallimento.
▪ Il legislatore considera con sfavore l’impiego del patrimonio di un incapace in attività commerciali e in tale prospettiva
pone un divieto assoluto di iniziare impresa commerciale per il minore, l’interdetto e l’inabilitato. È consentita solo la
continuazione dell’esercizio di un’attività commerciale preesistente, quando ciò sia utile per l’incapace e purché la
continuazione sia autorizzata dal tribunale.
▪ NB: per l’esercizio di attività di impresa per conto e nell’interesse di un incapace (minore e interdetto) o da parte di
soggetti limitatamente capaci di agire (inabilitato, minore emancipato, beneficiario di amministrazione di sostegno), il
codice prevede regole particolari per l’attività commerciale, mentre per l’attività agricola si applicano le norme di diritto
comune che regolano il compimento di atti giuridici da parte di un incapace.
L’AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO DEGLI INCAPACI È REGOLATA IN MODO DA GARANTIRNE LA CONSERVAZIONE E
L’INTEGRITÀ IMPEDENDO CHE LO STESSO VENGA IMPIEGATO IN OPERAZIONE ALEATORIE O DI PURA SORTE.
(il rappresentante legale del minore o dell’interdetto è legittimato a compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione,
mentre gli atti di straordinaria amministrazione possono essere compiuti solo in caso di necessità o di utilità evidente,
accertata dall’autorità giudiziaria con autorizzazione concessa atto per atto).
➢ SI PERDE IN SEGUITO AD INTERDIZIONE O INABILITAZIONE.

FOCUS: LA CAPACITA’ DI AGIRE (da diritto privato)


La CAPACITA’ DI AGIRE È L’IDONEITA’ A CURARE DIRETTAMENTE I PROPRI INTERESSI (capacità della persona fisica di compiere
autonomamente e personalmente atti di amministrazione dei propri interessi).
- Si acquista con la maggiore età (Art. 2);
- Ha come presupposto la capacità giuridica (ESSERE IDONEI AD AVERE UN DIRITTO, si acquista con la nascita e si perde solo con la morte).
CASI DI INCAPACITA’ DI AGIRE (TOTALE O PARZIALE):
o MINORE ETÀ
Dal momento che la capacità di agire si acquista nel momento in cui un soggetto compie i diciotto anni, prima della maggiore età questo è
considerato incapace totale di agire.
o INTERDIZIONE
Un soggetto è dichiarato interdetto quando ricorrono i presupposti seguenti:
1. Infermità di mente: il soggetto è affetto da una malattia che non gli consente di esprimere le sue volontà liberamente e
consapevolmente.
2. Abitualità dell’infermità: l’infermità non deve presentarsi in via transitoria. [Per infermità non si intende una malattia irreversibile o
incurabile o una malattia che privi continuamente il soggetto della capacità di intendere e volere].
3. Incapacità del soggetto di provvedere ai propri interessi: un soggetto è interdetto solo quando la sua infermità mentale incida sulla
sua capacità di gestire i suoi affari (interessi di natura economica e extrapatrimoniali).
4. Necessità di assicurare protezione al soggetto: Si potrà interdire un soggetto solo quando gli altri strumenti di protezione di un
incapace (inabilitazione, amministrazione di sostegno) non sono sufficienti a garantire la protezione.
o INABILITAZIONE
Si parla di inabilitazione quando:
a) Un soggetto presenta un’infermità mentale non talmente grave da dar luogo ad una interdizione.
b) Un soggetto che per abuso di alcolici o sostanze stupefacenti o per prodigalità (soggetto incapace di valutare la rilevanza economia
dei suoi atti) espone sé stesso o la propria famiglia a dei gravi pregiudizi economici.
c) Un soggetto sordo o cieco dalla nascita o dalla prima infanzia salvo che questi non abbia acquisito una capacità tale da poter
autonomamente gestire i suoi affari;
In ogni caso l'inabilitazione non esclude mai la possibilità di ricorrere all'interdizione se risulta che il soggetto stesso sia del tutto incapace
di provvedere ai propri interessi.

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4. LO STATUTO SPECIALE DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE
L’imprenditore commerciale è sottoposto, oltre che allo statuto generale dell’imprenditore, anche allo STATUO
DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE. Punti fondamentali di questo statuto sono:
❖ LA PUBBLICITÀ LEGALE
❖ LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
❖ LE SCRITTURE CONTABILI

LA PUBBLICITA’ LEGALE: IL REGISTRO DELLE IMPRESE


▪ La finalità degli OBBLIGHI PUBBLICITARI, OBBLIGO DI RENDERE DI PUBBLICO DOMINIO DETERMINATI ATTI O FATTI DELLA VITA
DELL’IMPRESA, è duplice:
- In tal modo le informazioni legislativamente ritenute rilevanti sono rese accessibili ai terzi interessati (pubblicità notizia)
[Fornisce le informazioni necessarie agli gli altri imprenditori commerciali per valutare se rivolgersi all’impresa, se intrattenervi rapporti
commerciali o meno (solvibilità, …); la sezione speciale serve inoltre come ‘avviso’ per indicare determinate info (es. se mi rivolgo a
determinate società potrei avere meno tutele)].
- L'opponibilità a chiunque degli atti o dei fatti così resi conoscibili, nonché conoscibilità legale (pubblicità legale).
▪ Nel 1942, quando venne emanato il codice civile, fu prevista dall’art. 2188 c.c. la creazione del registro delle imprese.
IL REGISTRO DELLE IMPRESE È LO STRUMENTO DI PUBBLICITÀ LEGALE DELLE IMPRESE COMMERCIALI “NON PICCOLE” E DELLE
SOCIETÀ COMMERCIALI (è un elenco, tenuto nella camera di commercio, dove confluiscono tutte le informazioni attinenti alle
imprese, che costituisce un sistema di pubblicità legale per le imprese che operano sul mercato).
I fatti da registrare riguardano essenzialmente gli elementi di individuazione dell’imprenditore e dell’impresa, quali: dati
anagrafici dell’imprenditore, ditta, oggetto, sedi, inizio e fine dell’impresa, struttura e organizzazione della società, atto
costitutivo, ecc.
Nel registro vige il principio di tipicità => vanno iscritti solo quegli atti o i fatti per i quali la legge richiede l’iscrizione.
▪ Caratteristiche:
▫ AFFIDATO ALLE CAMERE DI COMMERCIO;
▫ TENUTO CON TECNICHE INFORMATICHE;
▫ PUBBLICO;
▫ REDATTO DA UN CONSERVATORE;
▫ L’UFFICIO DEL REGISTRO È ISTITUITO IN CIASCUNA PROVINCIA;
▫ L’ATTIVITÀ È SVOLTA SOTTO LA VIGILANZA DI UN GIUDICE DELEGATO;
▫ ARTICOLATO IN UNA SEZIONE ORDINARIA E UNA SEZIONE SPECIALE.

LA SEZIONE ORDINARIA
▪ Sono tenuti all’iscrizione nella sezione ordinaria:
- Gli imprenditori individuali commerciali non piccoli;
- Tutte le società tranne la società semplice, anche se non svolgono attività commerciale;
- I consorzi fra imprenditori con attività esterna;
- I GEIE (gruppi europei di interesse economico) con sede in Italia;
- Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale;
- Le reti di imprese dotate di soggettività giuridica;
- Le società estere che hanno in Italia la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale della loro attività.
▪ L'iscrizione nella sezione ordinaria ha sempre funzione di pubblicità legale; cioè non serve soltanto a rendere conoscibili i dati
pubblicati, ma produce anche effetti legali nei confronti dei terzi, e possiede, a seconda dei casi, efficacia:
a) DICHIARATIVA, perciò ATTI E FATTI NON ISCRITTI NON SONO OPPONILI A TERZI (si ha sempre).
- Efficacia positiva immediata: gli atti iscritti godono della presunzione assoluta di conoscenza in capo ai terzi con effetto
immediato (tranne che per le società di capitali, per le quali è previsto dalla legge un termine di vacatio di 15 gg.);
- Efficacia negativa: con cui s’intende che per gli atti non iscritti vale la presunzione di non conoscenza, salvo che
l’imprenditore interessato dimostri caso per caso l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del terzo.
b) COSTITUTIVA, IN ASSENZA DI ISCRIZIONE IL NEGOZIO NON PRODURRÀ EFFETTI NEMMENO TRA LE PARTI, se non si iscrive la
società non esiste come soggetto giuridico (per le società di capitali e nei casi tassativamente previsti dalla legge)
c) NORMATIVA: L’ISCRIZIONE È PRESUPPOSTO PER LA PIENA APPLICAZIONE DI UN DETERMINATO REGIME GIURIDICO. (per le
società di persone in forma commerciale: s.n.c. ed s.a.s. Di qui la differenza tra società regolari (iscritte) ed irregolari (non
iscritte) cui si applicheranno regole parzialmente diverse).
NB: la PUBBLICITÀ DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI presenta due peculiarità/NORME SPECIALI:
1) È previsto un TERMINE DI VACATIO DI 15 GG. PER L’EFFICACIA DELL’ISCRIZIONE (art. 2448 c.c.), durante il quale i terzi
possono essere ammessi a provare di essere stati nell’impossibilità di avere conoscenza dell’atto, ancorché già iscritto;
2) È PRESCRITTA LA PUBBLICAZIONE SULLA GAZZETTA UFFICIALE PER ALCUNI ATTI, O IN ALTERNATIVA ALL’ISCRIZIONE NEL R.I.
(es. la convocazione assemblee delle s.p.a. o cooperative, l’atto di fusione o di scissione).

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SEZIONE SPECIALE
▪ Sono tenuti all’iscrizione tutti i soggetti che non hanno l’obbligo di iscrizione per il codice civile, vale a dire:
- Imprenditori agricoli individuali;
- Piccoli imprenditori;
- Società semplici;
- Imprenditori artigiani (già iscritti nel relativo albo).
▪ Questa sezione ha funzione di PUBBLICITÀ-NOTIZIA e CERTIFICAZIONE ANAGRAFICA, quindi di mera conoscibilità dell’atto o
fatto iscritto, non produce effetti legali: l’iscrizione consente di prendere conoscenza dell’atto o fatto iscritto, ma non lo rende
opponibile ai terzi (la sezione speciale serve come ‘avviso’ per indicare determinate info, es. se mi rivolgo a determinate società
potrei avere meno tutele).
L’iscrizione in questa sezione è condizione per poter accedere alla disciplina speciale prevista dalla legge per ogni tipo di società.
▪ Presenta varie sezioni:
▫ DEGLI IMPRENDITORI AGRICOLI E PICCOLI IMPRENDITORI (E ARTIGIANI);
(in questa sezione sono iscritti gli imprenditori che secondo il codice civile ne erano esonerati)
▫ DELLE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI;
(trattati in precedenza)
▫ DEI SOGGETTI CHE ESERCITANO ATTIVITÀ DIREZIONALE O DI COORDINAMENTO;
(questa è la sezione dedicata alla pubblicità dei legami di gruppo; vi si indicano le società o gli enti che esercitano attività di
direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette, in aggiunta all' iscrizione nel registro a cui ciascuna di queste
società è autonomamente tenuta se ha sede oggetto principale in Italia).
▫ DELLE IMPRESE SOCIALI;
▫ DEGLI ATTI DI SOCIETÀ DI CAPITALI IN LINGUA STRANIERA;
(in questa sezione le società di capitali possono pubblicare la traduzione giurata in una lingua ufficiale della comunità
europea di atti per i quali e obbligatoria l'iscrizione oppure il deposito; la pubblicazione in lingua straniera può essere
effettuata per facilitare l'accesso alle informazioni ai creditori e investitori esteri, resta però obbligatoria la pubblicazione
dell’atto in lingua italiana).
▫ DELLE START-UP INNOVATIVE E DEGLI INCUBATORI CERTIFICATI.
(iscriviamo in questa sezione le società qualificabili come startup innovative; cioè società di capitali e cooperative costituite
da non più di quattro anni aventi ad oggetto lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi
innovativi ad alto valore tecnologico).

PROCEDIMENTO DI ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE


▪ Le iscrizioni devono essere fatte nel registro delle imprese della provincia in cui l’impresa ha sede e negli atti e nella
corrispondenza deve essere indicato il registro presso il quale è avvenuta l’iscrizione.
▪ L’iscrizione è eseguita dall’interessato, ma può essere fatta anche d’ufficio se l’iscrizione è obbligatoria e l’interessato non vi
provvede. Anche la cancellazione può essere disposta d’ufficio.
▪ L’iscrizione è eseguita entro 10 giorni della data di protocollazione della domanda.
▪ Prima di procedere all’iscrizione, l’ufficio del registro deve:
- Verificare se l’atto è fra quelli da iscrivere nel registro (principio di tipicità oggettiva);
- Verificare l’idoneità della domanda (principio di tipicità soggettiva);
- Se la domanda è incompleta o illeggibile, rifiutarla;
- Controllare la legittimazione del soggetto che richiede l’iscrizione:
 Per l’imprenditore individuale: può essere presentata dallo stesso o da un suo istitutore;
 Per le società: può essere presentata dall’amministratore che ha la rappresentanza.
▪ SANZIONI in caso d’inosservanza dell’obbligo d’iscrizione:
1. Sanzione diretta: è quella pecuniaria di natura amministrativa
2. Sanzione indiretta: è quella della prescrizione decennale anziché quinquennale.
▪ NB: IN CASO DI ILLECITI O MANCATA ATTIVITÀ CONSECUTIVA PER 5 ANNI SI PROCEDE ALL’ELIMINAZIONE.

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LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
▪ NB: Art. 1387-1400: la rappresentanza consiste nel potere di compiere uno o più atti giuridici in nome e per conto di un altro
soggetto, conferito dall’interessato con una specifica dichiarazione di volontà tramite un negozio giuridico detto procura.
DEROGA: in ambito commerciale, per quanto riguarda l’attribuzione del potere rappresentativo, LA PROCURA NON È
NECESSARIA IN QUANTO I SOGGETTI ACQUISTANO IL POTERE DI AGIRE IN NOME E PER CONTO DELL’IMPRENDITORE
AUTOMATICAMENTE IN VIRTÙ DELLA LORO COLLOCAZIONE ALL’INTERNO DELL’IMPRESA.
▪ Nello svolgimento delle sue attività, l’imprenditore ha bisogno di servizi forniti da altre persone, quali:
- LAVORATORI SUBORDINATI, AUSILIARI INTERNI: soggetti assunti affinché lavorino all’interno dell’azienda, alle sue
dipendenze e sotto la sua direzione. Sono gli impiegati, gli institori, i procuratori e i commessi;
- LAVORATORI AUTONOMI, AUSILIARI ESTERNI: legati all’imprenditore da un rapporto di prestazione d’opera ed esterni
all’organizzazione dell’impresa. Sono gli agenti di commercio o i mandatari.
(Noi ci occuperemo degli ausiliari interni)
▪ Il codice civile disciplina particolari figure di ausiliari interni subordinati dell’imprenditore quali:
1) L’INSTITORE (2203 c.c.);
2) IL PROCURATORE (2209 c.c.);
3) IL COMMESSO (2210 c.c.).

L’INSTITORE (o ISTITORE) (art 2203 ss)


Sono definiti ISTITORI I RAPPRESENTANTI GENERALI DELL’IMPRENDITORE PREPOSTI ALL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA (vertice
assoluto) DI UNA SEDE SECONDARIA O DI UN SUO RAMO (vertici relativi)
(es. direttore generale dell’impresa o di una filiale o di un settore produttivo, es in caso di catene di punti vendita).
(è l’alter ego dell’investitore, colui al quale viene data una totale procura generale per poter svolgere l’attività, cioè il direttore
generale dell’impresa/filiale; ha le stesse facoltà di gestione generale dell’investitore).
▪ Tra gli ausiliari interni, l‘Istitore è quello fornito dei maggiori poteri di rappresentanza e amministrazione dell'impresa, che
derivano da una procura conferitagli dall'imprenditore detta “procura o preposizione institoria”.
Tali POTERI sono:
o RAPPRESENTANZA SOSTANZIALE
Può compiere tutti gli atti inerenti all’esercizio dell’impresa cui è preposto salve le limitazioni della procura.
- Svolgere atti pertinenti all’impresa;
- Vendere o acquistare beni e materie prime;
- Assumere o licenziare il personale;
- Concludere contratti con i clienti.
NB: non può compiere atti di disposizione del patrimonio aziendale quali alienazione e costituzione d’ipoteca su beni
immobili (ad eccezione delle imprese che hanno ad oggetto la compravendita di beni immobili)
o RAPPRESENTANZA PROCESSUALE
L' institore può stare in giudizio per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa a cui è preposto:
▫ Sia come attore e quindi promuovere un’azione (rappresentanza processuale attiva);
▫ Sia come convenuto (rappresentanza processuale passiva).
NB: non solo per gli atti da lui compiuti, ma anche per gli atti posti in essere direttamente dall' imprenditore o comunque a
questi imputabili in tale veste.
I poteri dell'institore possono essere ampliati o limitati (le limitazioni saranno opponibili ai terzi solo se la procura originaria o il
successivo atto di limitazione siano stati pubblicati nel registro delle imprese).
▪ L’institore ha degli OBBLIGHI: è tenuto in solido, con l’imprenditore:
▫ Alla redazione delle scritture contabili;
▫ All’obbligo di iscrizione nel Registro delle Imprese
NB: Conseguenza di tali obblighi è l’assoggettamento dell’institore alle stesse sanzioni penali previste per l’imprenditore fallito in
caso di fallimento (art. 227 l.fall.).
▪ Se l’institore omette di far conoscere ai terzi che agisce per conto del preponente (mancanza della spendita del nome) assume
responsabilità personale verso i terzi per gli obblighi derivanti dall’atto concluso; ma è responsabile anche il preponente se gli
atti compiuti dall’institore siano oggettivamente pertinenti all’esercizio dell’impresa cui è preposto.
▪ DIFFERENZA RISPETTO AL MANDATO:
- nella disciplina del mandato: l’atto posto in essere dal soggetto che non ha poteri non vincola nessuno nei confronti del
terzo, ma il mandatario deve risarcire il danno al terzo;
- nella disciplina dell’institore: se egli non informa il terzo che sta agendo per conto dell’imprenditore, è responsabile nei
confronti del terzo.

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IL PROCURATORE (art 2209 c.c.)
I PROCURATORI SONO COLORO CHE “IN BASE A UN RAPPORTO CONTINUATIVO, ABBIANO IL POTERE DI COMPIERE PER
L'IMPRENDITORE GLI ATTI PERTINENTI ALL'ESERCIZIO DELL'IMPRESA, PUR NON ESSENDO PREPOSTI AD ESSO”.
(es. il direttore del settore acquisti, il direttore del settore pubblicità e il dirigente del personale).
(hanno deleghe ben definite → non funzione generale ma specifica).
I procuratori sono ex legge investiti di un potere di rappresentanza generale dell’imprenditore, rispetto alla specie di operazioni
per le quali sono stati investiti di autonomo potere decisionale.
Non essendo preposti all'esercizio dell'impresa, i procuratori sono degli ausiliari di grado inferiore rispetto all’Istitore:
- Non sono posti a capo dell’impresa
- Il loro potere decisionale è circoscritto ad un determinato settore operativo dell’impresa
- Non hanno la rappresentanza processuale dell’imprenditore
- Non sono soggetti agli obblighi di iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili
- Non rispondono per gli atti pur pertinenti all'esercizio dell'impresa compiuti da un procuratore senza spendita del nome
dell'imprenditore stesso

IL COMMESSO (art 2210 ss)


I COMMESSI SONO AUSILIARI SUBORDINATI DELL'IMPRENDITORE CHE HANNO UN LIMITATO POTERE DI RAPPRESENTANZA
LIMITATAMENTE AGLI ATTI NECESSARI PER SVOLGERE LE OPERAZIONI PER LE QUALI SONO STATI INCARICATI (mansioni
esecutive o materiali) (es. commesso di negozio, commesso viaggiatore, impiegato di banca addetto allo sportello, cameriere ecc.)
▪ Non hanno potere decisionale, ma hanno solo il potere di rappresentanza limitatamente agli atti che ordinariamente comporta
la specie delle operazioni cui sono incaricati, salve le limitazioni contenute nell’atto di conferimento della rappresentanza.
In particolare:
- Non possono concedere sconti o dilazioni né esigere il prezzo delle merci se non espressamente incaricati
(es. quando chiediamo: mi fai lo sconto? Non posso, non è nelle mie funzioni)
- Non hanno il potere di derogare alle condizioni generali di contratto o alle clausole stampate sui moduli dell'impresa, se non
sono muniti di una speciale autorizzazione scritta
▪ I poteri a loro riconosciuti sono:
 La legittimazione a ricevere per conto dell'imprenditore le dichiarazioni che riguardano l'esecuzione dei contratti e i reclami
relativi alle inadempienze contrattuali;
 La legittimazione a chiedere provvedimenti cautelari nell'interesse dell'imprenditore.
▪ L'imprenditore può ampliare o limitare tali poteri; non è tuttavia previsto un sistema di pubblicità legale, perciò le limitazioni
saranno opponibili ai terzi solo se portate a conoscenza degli stessi con mezzi idonei o se si prova l'effettiva conoscenza.

21
LE SCRITTURE CONTABILI
LE SCRITTURE CONTABILI SONO LE RAPPRESENTAZIONI DEI MOVIMENTI PATRIMONIALI, ECONOMICI E/O FINANZIARI DI
UN'AZIENDA CHE NE EVIDENZIANO L'ANDAMENTO DELLA GESTIONE.
Costituiscono uno strumento amministrativo indispensabile per l'attività di qualsiasi imprenditore, sono i documenti che
contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e/o monetari:
- Dei singoli atti di impresa;
- Della situazione patrimoniale dell’imprenditore;
- Del risultato economico dell’attività svolta.
▪ L’art. 2214 c.c. ne sancisce l’obbligatorietà: “l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il
libro degli inventari. Deve inoltre tenere le altre scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare
ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, telegrammi e fatture ricevuti e spediti.”
▪ La tenuta delle scritture:
- È OBBLIGATORIA per gli imprenditori che esercitano attività commerciale, anche se non coincide perfettamente con la
categoria di imprenditore commerciale (tutte le società, tranne la società semplice)
(NB: Le società di capitali, oltre alle scritture contabili, devono tenere anche i LIBRI SOCIALI, che indicano i rapporti tra
organi societari: libro delle decisioni dei soci, libro del CdA, libro del collegio sindacale ...)
- NON È OBBLIGATORIA per: i piccoli imprenditori commerciali, purché non in forma societaria; le società semplici; gli
imprenditori agricoli.
▪ Anche le norme fiscali prescrivono la tenuta di libri obbligatori (quali i libri IVA e il registro beni ammortizzabili).
▪ L’imprenditore commerciale ha l’obbligo di tenuta delle seguenti scritture contabili:
▫ LIBRO GIORNALE: REGISTRO CRONOLOGICO-ANALITICO DELLE OPERAZIONI COMPIUTE NELL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA;
Art. 2216: “Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa”.
Indica tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore rispettando due principi: cronologicità e immediatezza. (Il termine
“giornale” viene dal fatto che gli accadimenti che hanno una rilevanza patrimoniale, economica o finanziaria, vengano
rilevati con cadenza giornaliera).
▫ LIBRO DEGLI INVENTARI:
(art. 2217 c.c.) È UN REGISTRO PERIODICO-SISTEMATICO REDATTO ALL’INIZIO DELL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA E
SUCCESSIVAMENTE CON CADENZA ANNUALE.
(riepiloga i conti patrimoniali e economici a fine periodo al fine di evidenziare l’utile).
Il libro degli inventari deve contenere:
a) All’inizio dell’esercizio dell’impresa:
- L’indicazione e la valutazione delle attività;
- L’indicazione e la valutazione delle passività;
- Attività o passività dell’imprenditore anche estranee all’impresa (per il principio della responsabilità patrimoniale)
b) Alla fine di ogni anno: si chiude con il BILANCIO: prospetto contabile riassuntivo dal quale devono risultare con
evidenza e verità: la situazione complessiva del patrimonio (stato patrimoniale) e gli utili conseguiti o le perdite subite
nel corso dell’esercizio (conto economico).
L’imprenditore più evoluto ha l’obbligo di pubblicizzare il bilancio, per mostrare quella che è stata la sua attività: la
differenza tra attivo e passivo indica il patrimonio netto, che rappresenta i mezzi dell’impresa (capitale sociale, ecc).
[NB: dunque, nel bilancio compaiono solo le attività e passività relativa all’impresa, mentre nel libro degli inventari
anche quelle personali dell’imprenditore].
Deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro 3 mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione di reddito.
▫ FASCICOLO DI CORRISPONDENZA: dove devono essere conservati gli ORIGINALI DELLE FATTURE, DELLE LETTERE E DEI
TELEGRAMMI RICEVUTI, nonché la COPIA DELLE FATTURE, DELLE LETTERE E DEI TELEGRAMMI INVIATI (art. 2214).
▫ RENDICONTO FINANZIARIO: vi è l’obbligo dal 2016; contiene le MOVIMENTAZIONI CHE HANNO VALENZA FINANZIARIA,
(entrate e uscite) ed indica capacità di far fronte a impegni di liquidità (esclusione per le micro-imprese).
(+) Il rispetto del principio generale all’art. 2214 secondo cui l’imprenditore deve tenere tutte le scritture richieste dalla natura e
dalle dimensioni dell’impresa, impone la tenuta di altre scritture contabili, quali ad esempio:
▫ LIBRO MASTRO, nel quale le singole operazioni sono registrare sistematicamente (es. per tipo di operazione o per cliente);
▫ LIBRO CASSA, che contiene le entrate e le uscite di denaro;
▫ LIBRO MAGAZZINO, che registra le entrate e le uscite di merci.

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FINALITA’ DELLE SCRITTURE CONTABILI
Art. 2709 c.c.: “I libri e le scritture contabili delle imprese soggetto a registrazione fanno prova contro l’imprenditore. Tuttavia chi
vuol trarne vantaggio non può scindere il contenuto.”
L’importanza delle scritture contabili è quella della PROVA: se l’imprenditore ha tenuto le scritture in modo corretto (seguendo le
regole), queste hanno efficacia probatoria (può utilizzarle come prova a suo favore).
Sul piano processuale, le scritture possono essere utilizzate come mezzo di prova sia a favore sia contro l’imprenditore.
Il terzo che vuole trarne vantaggio, però non può scinderne il contenuto e deve quindi richiedere l’esibizione dell’intera scrittura
e non di una singola pagina.
▪ Per la PROVA A FAVORE DELL’IMPRENDITORE delle scritture contabili devono ricorrere tre condizioni concorrenti:
1. Che le scritture siano regolarmente tenute;
2. Che la controparte in giudizio sia un altro imprenditore commerciale non piccolo soggetto all’obbligo di tenuta delle scritture
contabili (al fine di verificarne la veridicità);
3. Che la controversia abbia ad oggetto rapporti inerenti all’esercizio dell’attività d’impresa.
▪ La tenuta delle scritture TUTELA GLI INTERESSI:
- Principalmente l’interesse dello stesso imprenditore a disporre di uno strumento di controllo sull’andamento degli affari
(strumento di razionalizzazione ed efficiente organizzazione dell’impresa);
- Secondariamente gli interessi esterni dei creditori e dello Stato (in particolare del fisco) a precostituire un elemento di
controllo sull’attività dell’impresa.
Questi interessi emergono, di solito, nella fase patologica della vita di un’impresa ossia in caso di fallimento.
NB: In tutti gli altri casi le scritture contabili non sono liberamente accessibili dai terzi creditori e nelle società di capitali ne viene
limitato l’accesso anche ai soci.

REGOLE DI TENUTA DELLA CONTABILITÀ


▪ La veridicità delle scritture contabili è osservata da regole formali e sostanziali nella loro tenuta:
▫ REGOLE FORMALI (formalità estrinseche): IL LIBRO GIORNALE E IL LIBRO DEGLI INVENTARI DEVONO ESSERE NUMERATI
PROGRESSIVAMENTE PAGINA PER PAGINA PRIMA DI ESSERE MESSI IN USO.
(Sono state invece abolite la vidimazione la preventiva bollatura foglio per foglio).
▫ REGOLE SOSTANZIALI (formalità intrinseche): TUTTE LE SCRITTURE CONTABILI DEVONO ESSERE “TENUTE SECONDO LE
NORME DI UNA ORDINATA CONTABILITÀ” (art. 2219) ed in particolare senza interlinee, senza spazi in bianco, senza
abrasioni o cancellature ed in modo che le cancellature restino leggibili.
NB: Nel 1994 è stata consentita la tenuta delle scritture contabili con sistemi informatici, purché sia garantita la conformità
ai documenti cartacei e ci sia l’accessibilità dei dati e l’estraibilità delle copie.
Inoltre, dal 2009, con il nuovo art. 2215-bis:
a) La contabilità informatica può essere considerata “informazione contabile primaria ed originale” (non deve più essere
doppiata dalla documentazione cartacea al fine della verifica della sua conformità);
b) Deve essere sottoposta trimestralmente alla firma digitale ed alla marcatura temporale per le scritturazioni del
trimestre precedente, per evitare manipolazioni del contenuto che sono agevolate dal mezzo informatico.
▪ Vi è un OBBLIGO DI CONSERVAZIONE delle scritture per 10 anni dopo l’ultima scritturazione (art. 2220 c.c.) e la conservazione
può avvenire anche con supporti informatici.
▪ In caso di mancato rispetto delle regole, le scritture contabili si considerano irregolari (dunque giuridicamente irrilevanti)
e l’imprenditore sarà soggetto:
- Alle sanzioni tributarie dirette (sanzioni amministrative pecuniarie),
- Ad alcune sanzioni indirette quali:
· Impossibilità di utilizzazione in giudizio come prova a proprio favore
(L’imprenditore che non tiene regolarmente le scritture contabili non può utilizzarle come mezzo di prova a suo favore)
· Assoggettamento a sanzioni penali per reati di bancarotta semplice e fraudolenta in caso di fallimento (art. 216-217 l.fall.)

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▪ LO STATO PATRIMONIALE (art. 2424 c.c.), in base alle modifiche del decreto legislativo 139/2015, è così suddiviso:

ATTIVO PASSIVITA' E NETTO


A) CREDITI VERSO SOCI PER VERSAMENTI ANCORA DOVUTI A) PATRIMONIO NETTO
B) IMMOBILIZZAZIONI (con separata indicazione di quelli concessi in I - Capitale
locazione finanziaria) II - Riserve da sovrapprezzo azioni
I - Immobilizzazioni immateriali: III - Riserve di rivalutazione
1) costi di impianto e di ampliamento IV - Riserve legali
2) costi di sviluppo V - Riserve statutarie
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere VI - Altre riserve distintamente indicate
dell'ingegno VII - Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili VIII - Utili (perdite) portati a nuovo
5) avviamento IX - Utile (perdita) dell'esercizio
6) immobilizzazioni in corso e acconti X - Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio
7) altre TOTALE PATRIMONIO NETTO (A)
TOTALE I B) FONDI PER RISCHI ED ONERI
II - Immobilizzazioni materiali: 1) per trattamento di quiescenza, ecc..
1) terreni e fabbricati 2) per imposte anche differite
2) impianti e macchinario 3) strumenti finanziari derivati passivi
3) attrezzature industriali e commerciali 4) altri
4) altri beni TOTALE FONDI PER RISCHI ED ONERI (B)
5) immobilizzazioni in corso e acconti C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
TOTALE II D) DEBITI (con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili
III - Immobilizzazioni finanziarie (con separata indicazione, per ciascuna oltre l'esercizio successivo):
voce, degli importi esigibili entro 1) obbligazioni
l'esercizio successivo): 2) obbligazioni convertibili
1) partecipazioni in: 3) debiti verso soci per finanziamenti
a) imprese controllate 4) debiti verso banche
b) imprese collegate 5) debiti verso altri finanziatori
c) imprese controllanti 6) acconti
d) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti 7) debiti verso fornitori
d-bis) altre imprese 8) debiti rappresentati da titoli di credito
2) crediti: 9) debiti verso imprese controllate
a) verso imprese controllate 10) debiti verso imprese collegate
b) verso imprese collegate 11) debiti verso controllanti
c) verso imprese controllanti 11-bis) debiti verso imprese sottoposte al controllo di controllanti
d) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti 12) debiti tributari
d-bis) verso altri 13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale
3) altri titoli 14) altri debiti
4) strumenti finanziari derivati attivi. TOTALE DEBITI (D)
TOTALE III E) RATEI E RISCONTI
TOTALE IMMOBILIZZAZIONI (B) TOTALE RATEI E RISCONTI (E)
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e consumo
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati
3) lavori in corso su ordinazione
4) prodotti finiti e merci
5) acconti
TOTALE I
II - Crediti (con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili
oltre l'esercizio successivo):
1) verso clienti
2) verso imprese controllate
3) verso imprese collegate
4) verso imprese controllanti
5) verso imprese sottoposte al controllo di controllanti
5-bis) crediti tributari
5-ter) imposte anticipate
5-quater) verso altri
TOTALE II
III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate
2) partecipazioni in imprese collegate
3) partecipazioni in imprese controllanti
3-bis) partecipazioni in imprese sottoposte al controllo di controllanti
4) altre partecipazioni
5) strumenti finanziari derivati attivi
6) altri titoli
TOTALE III
IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali
2) assegni
3) denaro e valori in cassa
TOTALE IV
TOTALE ATTIVO CIRCOLANTE (C)
D) RATEI E RISCONTI
TOTALE RATEI E RISCONTI

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▪ Il CONTO ECONOMICO (art. 2425 c.c.), in base alle modifiche del decreto legislativo 139/2015, è così riclassificato:
A) VALORE DELLA PRODUZIONE:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti
3) variazione dei lavori in corso su ordinazione
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interi
5) altri ricavi e proventi (con separata indicazione dei contributi in conto esercizio)
TOTALE VALORE DELLA PRODUZIONE (A)
B) COSTI DI PRODUZIONE:
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo, merci
7) per servizi
8) per godimento di beni di terzi
9) per personale:
a) salari e stipendi
b) oneri sociali
c) trattamento di fine rapporto
d) trattamento di quiescenza e simili
e) altri costi
10) ammortamento e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni
d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e nelle disponibilità liquide
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo o merci
12) accantonamento per rischi
13) altri accantonamenti
14) oneri diversi di gestione
TOTALE COSTI DI PRODUZIONE (B)
DIFFERENZA TRA VALORE DELLA PRODUZIONE E COSTI DI PRODUZIONE (A - B)
C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI:
15) proventi da partecipazioni (con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di
quelli relativi a controllanti e ad imprese sottoposte al controllo di queste ultime)
16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni (con separata indicazione di quelli da imprese controllate,
collegate e controllanti e da imprese sottoposte al controllo di queste ultime)
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni diversi dalle partecipazioni
c) da titoli iscritti nell'attivo circolante diversi dalle partecipazioni
d) proventi diversi (con separata indicazione di quelli da imprese controllate, collegate e controllanti e da
imprese sottoposte al controllo di queste ultime)
17) interessi e oneri finanziari (con separata indicazione di quelli verso imprese controllate, collegate e
controllanti)
17-bis) utili e perdite su cambi
TOTALE PROVENTI E ONERI FINANZIARI (C)
D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITA' E PASSIVITA'FINANZIARIE:
18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
d) di strumenti finanziari derivati
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
d) di strumenti finanziari derivati
TOTALE RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITA' FINANZIARIE (D)
[E) SOPPRESSO]
RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (A-B +/-C +/-D)
22) imposte sul reddito d'esercizio correnti, differite e anticipate
Utile (perdita) dell'esercizio

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5. L’AZIENDA: NOZIONE, NATURA GIURIDICA, TRASFERIMENTO
LA NOZIONE DI AZIENDA E I SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI (Art. 2555)
NOZIONE DI AZIENDA
In base all’art 2555 “L’AZIENDA È IL COMPLESSO DEI BENI E DEI SERVIZI ORGANIZZATI DALL’IMPRENDITORE PER L’ESERCIZIO
DELL’IMPRESA”. (NB: complesso di beni, richiama la definizione di imprenditore)
▪ È un insieme di beni:
➢ Eterogenei (mobili e immobili, materiali e immateriali, fungibili e infungibili)
➢ Organizzati
➢ Complementari e inseriti in un contesto che attribuisce all’insieme di tali beni un valore superiore a quello singolo, tale
maggior valore si definisce avviamento.
▪ L‘AVVIAMENTO D'AZIENDA (Goodwill), nell'ordinamento giuridico italiano, rappresenta il valore intangibile di un'impresa,
che riflette la sua posizione sul mercato. (Nella sua funzionalità l’impresa ha un valore, quindi i beni nel loro complesso
L’avviamento è L’ATTITUDINE DELL’AZIENDA A REALIZZARE UN PROFITTO e può dipendere da:
- Fattori oggettivi, inerenti al modo in cui l’azienda è organizzata, al luogo in cui si trova, alla forza di attrazione del
marchio o all’utilizzabilità di un brevetto (avviamento oggettivo);
- Fattori soggettivi, relativi al prestigio e alle capacità personali dell’imprenditore di creare e consolidare una clientela
(avviamento soggettivo).
L’avviamento è quindi una qualità dell’azienda che può essere valutata economicamente e costituisce anche un valore
patrimoniale autonomo che può essere inserito nel bilancio.
In caso di trasferimento di azienda l'acquirente subisce un “MAGGIOR COSTO” al momento dell'acquisto, dovuto alla
capacità dell'azienda stessa di produrre ricavi superiori al minimo richiesto per remunerare il capitale.
(es. i crediti presso banche e fornitori, la qualità della clientela, il volume di affari, la conoscenza del mercato, ecc. Questo maggior costo
viene definito determinando il valore totale dell'azienda scontando i redditi futuri attesi, corretti per il rischio. La differenza tra il valore
così ottenuto e il valore di bilancio opportunamente rettificato, è da imputare all'avviamento).
➢ Non necessariamente di proprietà dell’imprenditore: non è necessario che imprenditore sia titolare del diritto di proprietà su
tutti i beni che compongono il complesso aziendale, può avere anche un diritto di godimento di carattere personale
(locazione) o reale (usufrutto).
ELEMENTI COSTITUITIVI DELL’AZIENDA
▪ Per qualificare un bene come aziendale è:
▫ IRRILEVANTE IL TITOLO GIURIDICO (reale o obbligatorio) che legittima l’imprenditore a utilizzare un dato bene nel processo
produttivo (il bene rimane di mia proprietà ma il diritto di godimento è dell’impresa).
(es. sono beni aziendali anche i beni di proprietà di terzi di cui l’imprenditore può disporre in base ad un contratto come il leasing).
▫ RILEVANTE LA DESTINAZIONE FUNZIONALE IMPRESSAGLI DALL’IMPRENDITORE: Un bene è bene aziendale in quanto
l’imprenditore gli ha predisposto una destinazione funzionale.
NON POSSONO ESSERE CONSIDERATI BENI AZIENDALI I BENI DI PROPRIETÀ DELL’IMPRENDITORE CHE NON SIANO DA
QUESTI EFFETTIVAMENTE DESTINATI ALLO SVOLGIMENTO DELL’IMPRESA (es. l’abitazione di proprietà dell’imprenditore).
▪ PROBLEMA: per l’interpretazione della parola “BENI” nell’art 2555 c.c. vi sono due interpretazioni:
o CONCEZIONE ESTENSIVA DELL’AZIENDA
Alcuni ritengono che si debba ampliare la nozione di bene aziendale, ricomprendendo fra gli elementi costitutivi dell'azienda ogni
elemento patrimoniale facente capo all'imprenditore nell'esercizio della propria attività e più in generale tutto ciò che può costituire
oggetto di tutela giuridica.
Quindi, si afferma che l'azienda è organizzazione non solo di beni ma anche di servizi.
Inoltre, elementi costitutivi dell'azienda sono anche i crediti verso la clientela, i debiti verso i fornitori e lo stesso avviamento.
o AZIENDA COME COMPLESSO DI SOLI BENI (non beni e rapporti giuridici)
Considera elementi costitutivi dell'azienda solo le cose di cui l'imprenditore attualmente si avvale per l'esercizio dell'impresa che possono
formare oggetto di diritti (art 810). [concezione più ‘corretta’]

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L'AZIENDA TRA CONCEZIONE ATOMISTICA E CONCEZIONE UNITARIA
Distinguiamo due concezioni di azienda:
❖ TEORIA ATOMISTICA: CONSIDERA L’AZIENDA COME UNA SEMPLICE PLURALITÀ DI BENI TRA LORO FUNZIONALMENTE
COLLEGATI E SUI QUALI L’IMPRENDITORE PUÒ VANTARE DIRITTI DIVERSI (proprietà, diritti reali limitati, diritti personali di
godimento). Cioè, tutti i beni conferiti, eterogenei, vengono considerati come una pluralità di beni.
CRITICA: se tutta la disciplina del trasferimento d’azienda (artt. 2556- 2562) serve a salvaguardare l’unità funzionale dell’azienda
derogando al regime giuridico del trasferimento dei singoli contratti, crediti e debiti, come si fa a negare l’esistenza di una unitarietà della
fattispecie a fronte della unitarietà della disciplina? Allora si dovrebbe negare in radice la possibilità di compiere un atto di disposizione
unitario per tutti i beni e rapporti aziendali, che sia un trasferimento di proprietà o la costituzione di un diritto di usufrutto o di affitto,
mentre questo è consentito espressamente dalla legge.
❖ TEORIA UNITARIA: CONSIDERANO L’AZIENDA COME UN BENE UNICO, UN BENE IMMATERIALE E LA QUALIFICANO COME
UNA UNIVERSALITÀ DI BENI. RITENGONO PERCIÒ CHE IL TITOLARE DELL’AZIENDA ABBIA UN VERO PROPRIO DIRITTO DI
PROPRIETÀ UNITARIO, DESTINATO A COESISTERE CON I DIRITTI CHE VANTA SUI SINGOLI BENI. Cioè, tutti i beni conferiti
vengono considerati come un bene unico.
▪ La giurisprudenza più recente parla di una concezione di azienda come UNIVERSITAS, che si basa sulla destinazione
unitaria dei beni che la compongono.
In questa declinazione la teoria unitaria porta alla possibilità dell’applicazione, se non diretta quanto meno analogica, delle
disposizioni in materia di universalità di beni mobili.
CRITICA: il punto debole di questa teoria risiede nella norma dell’art. 2556 (sulla forma dell’atto di trasferimento dell’azienda) dalla quale
si desume che non esiste una forma tipica né una disciplina unitaria della circolazione dell’azienda commerciale, ma ci si deve rifare alle
forme previste dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda.
▪ SOLUZIONE INTERMEDIA TRA LE DUE TEORIE: ciascuna delle due teorie alcuni aspetti condivisibili del fenomeno aziendale.
A ben vedere l’azienda è una realtà complessa che opera su due diversi livelli:
▫ IL LIVELLO ATOMISTICO (dei singoli beni), rispetto ai quali ci può essere una certa disciplina specifica e diversa per ciascun
bene (relativamente alla forma dell’atto di trasferimento, alle formalità per l’opponibilità ai terzi –trascrizione nei registri immobiliari
piuttosto che atto scritto avente data certa-, o al procedimento di esecuzione forzata mobiliare, immobiliare o di crediti);
▫ IL LIVELLO UNITARIO (comprensivo dell’intero complesso dei beni), quando essi sono funzionalmente destinati all’esercizio
di un’attività economica.
Questi due livelli riproducono la alterità che è anche coesistenza dell’atto e dell’attività d’impresa.
La disciplina unitaria e quella atomistica coesistono, come quella dell’atto e dell’attività, e vengono in rilievo a seconda dei casi,
se ci si trovi a dover dirimere una questione relativa ai singoli beni o all’azienda nel suo complesso.
PERTANTO:
- Si dovrà prediligere una prospettiva atomistica, se oggetto della controversia o dell’accertamento della titolarità sia un
singolo bene che compone l’azienda, o se si tratti dell’esecuzione forzata su singoli beni, la cui soluzione dipenderà dai
criteri di risoluzione dei conflitti dettati per i singoli beni.
- Si dovrà assumere una prospettiva unitaria, invece, quando si debba accertare la titolarità o l’opponibilità ai terzi del
contratto di cessione dell’azienda o di affitto o usufrutto della stessa rispetto ad altri acquirenti o usufruttuari o affittuari
dell’azienda o al fine di stabilire la data certa di opponibilità di uno di questi rapporti.

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LA CIRCOLAZIONE DELL’AZIENDA
L’azienda può formare oggetto di atti di disposizione di diversa natura:
- sia mediante cessione INTER VIVOS (compravendita o donazione),
- sia con atto MORTIS CAUSA (successione),
- sia mediante trasferimento di un diritto reale di godimento (USUFRUTTO SULL’AZIENDA),
- sia mediante trasferimento di un diritto personale di godimento (AFFITTO D’AZIENDA).
Il codice civile disciplina il trasferimento dell’azienda (art. 2556-2562 c.c.) ha la finalità di favorire la CONSERVAZIONE
DELL’UNITÀ ECONOMICA E DEL VALORE DI AVVIAMENTO.
Per questo è importante stabilire se un atto di disposizioni sia da ritenere:
• COME TRASFERIMENTO DI SINGOLI BENI AZIENDALI.
• COME TRASFERIMENTO D’AZIENDA;
▪ Si può parlare di TRASFERIMENTO D’AZIENDA (art 2556 c.c.) quando:
- Vengono trasferiti tutti i beni aziendali nel loro complesso
- In ipotesi di trasferimento parziale di beni, è necessario e sufficiente che sia trasferito un INSIEME DI BENI
POTENZIALMENTE IDONEO AD ESSERE UTILIZZATO PER L’ESERCIZIO DI UNA DETERMINATA ATTIVITÀ D’IMPRESA (anche se
avente contenuto, dimensioni ed oggetto più limitati rispetto a quello dell’azienda iniziale).
[es. vendo alcuni macchinari, non tutti, ma questi insieme sono idonei e bastano a realizzare quella determinata attività].
È però necessario che i beni esclusi dal trasferimento non alterino l’unità economica e funzionale di quella data azienda.
NB: Conseguentemente, non potrà essere qualificato come trasferimento d’azienda, anche se denominato così dalle parti
contraenti (la giurisprudenza afferma che è irrilevante la qualificazione dell’operazione data dalle parti), quell’atto che abbia ad
oggetto esclusivamente un bene o più di un bene aziendale, ma tale da non essere idoneo all’esercizio di un’attività
imprenditoriale [= trasferimento di singoli beni aziendali]
▪ Accertati i criteri oggettivi per il trasferimento, l’atto di disposizione comprenderà tutti i beni presenti in quel dato momento
nell’azienda anche se non specificamente menzionati nel contratto.

FORME DA OSSERVARE NEL TRASFERIMENTO D’AZIENDA (art. 2556 c.c.)


▪ Le FORME DA OSSERVARE NEL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA sono fissate dall’art. 2556 c.c. e sono 3:
1. VALIDITÀ
IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA CONSISTE NEL TRASFERIMENTO DELLA POSIZIONE GIURIDICA CHE SPETTA
ALL’ALIENANTE (CHI VENDE), IN RELAZIONE A CIASCUNO DEI BENI AZIENDALI, e cioè il trasferimento:
▫ della proprietà, per i beni che gli appartengono;
▫ del diritto (reale o personale) di godimento, per i beni di proprietà di terzi su cui alienante vanta un diritto di tal genere.
Questa norma unisce l’esigenza dell’acquirente e quella dell’alienante.
▪ Per stabilire se sussista un trasferimento d'azienda ai sensi degli artt. 2556 e ss. OCCORRE CONSIDERARE LA OGGETTIVA
CONSISTENZA DEI BENI TRASFERITI E NON INVECE L'INTENZIONE DELLE PARTI O IL NOMEN DATO AL CONTRATTO.
Cioè, per stabilire se sussista un trasferimento d’azienda occorre considerare la oggettiva consistenza dei beni trasferiti e
non l’intenzione delle parti.
2. PROVA
Art 2556 c.c.: “per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il
godimento dell’azienda, devono essere provati per iscritto “.
L’articolo pone il requisito della FORMA SCRITTA AD PROBATIONEM per i contratti di trasferimento della proprietà o di
concessioni d’azienda in godimento, qualora si tratti di aziende relative ad imprese soggette a registrazione.
Questo atto scritto deve essere effettuato nel registro delle imprese, per avere una pubblicità legale nei confronti dei terzi.
NB: Il registro delle imprese impone anche agli imprenditori agricoli e ai piccoli imprenditori commerciali l'obbligo di
iscrizione, sia pure in sezioni speciali del registro, ma è stato precisato che la forma scritta ad probationem è richiesta per le
imprese “soggette a registrazione” secondo il sistema originario del codice, e dunque non per le piccole imprese, per le
imprese agricole e quelle costituite in forma di società semplice.
3. PUBBLICITÀ NEL REGISTRO DELLE IMPRESE
Per quanto riguarda la pubblicità nel Registro delle imprese, sono soggette a registrazione:
▫ LE IMPRESE COMMERCIALI,
▫ IMPRESE AGRICOLE,
▫ LE PICCOLE IMPRESE COMMERCIALI.
È sempre necessario che l’atto di trasferimento di un’impresa commerciale, essendo prescritto che venga iscritto nel R.I.,
vada redatto in FORMA SCRITTA MEDIANTE SCRITTURA PRIVATA AUTENTICATA O ATTO PUBBLICO, pena l’inopponibilità
dell’atto ai terzi ossia l’improduttività di effetti dichiarativi dello stesso.
▪ La dottrina ha ritenuto che i trasferimenti di qualsiasi azienda debbano essere iscritti, dunque anche la cessione di aziende
non commerciali (piccole o agricole).

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GLI EFFETTI DEL TRASFERIMENTO DI AZIENDA
Gli effetti del trasferimento di azienda sono i seguenti:
A. DIVIETO DI CONCORRENZA DELL’ALIENANTE;
▪ L’art. 2557 c.c. prevede il divieto di concorrenza dell’alienante: CHI ALIENA UN’AZIENDA COMMERCIALE DEVE ASTENERSI,
PER UN PERIODO MASSIMO DI CINQUE ANNI DAL TRASFERIMENTO, DALL’INIZIARE UNA NUOVA IMPRESA CHE POSSA
COMUNQUE SVIARE LA CLIENTELA DALL’AZIENDA CEDUTA.
Effetto naturale del trasferimento dell’azienda è il divieto posto a carico dell’alienante di iniziare una nuova impresa che per
oggetto, ubicazione o altre circostanze, sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.
La norma unisce due ESIGENZE:
· Quella dell’acquirente di trattenere la clientela dell’impresa e quindi di godere dell’avviamento (soggettivo)
· Quella dell’alienante a non vedere compressa la propria libertà di iniziativa economica oltre un determinato arco di
tempo sufficiente per consentire all’acquirente di consolidare la propria clientela.
NB: Il divieto di concorrenza grava in capo all’alienante dell’azienda al fine di tutelare l’acquirente per il costo
dell’avviamento che ha pagato come corrispettivo dell’atto di acquisto. Per questa ragione:
- È derogabile, ove le parti abbiano calcolato il valore dell’azienda senza l’avviamento.
- Ha carattere relativo: sussiste nei limiti in cui la nuova attività d’impresa dell’alienante sia potenzialmente idonea a
sottrarre clienti all’azienda ceduta. [es. Se cedo una attività di ristorazione non è che non posso più aprirmene un’altra, non
posso SOLO qualora la nuova attività possa sviare la clientela, es. posso se sono in un altro luogo e non creo danni alla collettività].
- Si applica anche al trasferimento delle aziende agricole limitatamente alle attività connesse (che sono oggettivamente
commerciali), quando rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela.
NB: Inoltre, è applicabile non solo alla vendita volontaria, bensì anche quando la vendita è coattiva. (cioè la vendita forzata
d’azienda in caso di liquidazione giudiziale).
B. SUCCESSIONE NEI CONTRATTI;
Secondo l’art. 2558 c.c. “SE NON È PATTUITO DIVERSAMENTE, L’ACQUIRENTE DELL’AZIENDA SUBENTRA NEI CONTRATTI
STIPULATI PER L’ESERCIZIO DELL’AZIENDA STESSA CHE NON ABBIANO CARATTERE PERSONALE.
IL TERZO CONTRAENTE PUÒ RECEDERE DAL CONTRATTO ENTRO 3 MESI DALLA NOTIZIA DEL TRASFERIMENTO, SE SUSSISTE
GIUSTA CAUSA, SALVO IN QUESTO CASO LA RESPONSABILITÀ DELL’ALIENANTE”.
(La successione nei contratti è una norma suppletiva che prevede, in mancanza di patto contrario, il subentro
dell’acquirente dell’azienda nei contratti stipulati per l’esercizio della stessa, purché non abbiano carattere personale.)
▪ Hanno carattere personale tutti quei contratti che, anche se stipulati nell’esercizio dell’impresa, si fondano
sostanzialmente ed esclusivamente sulla fiducia esistente tra le parti nei quali l’identità e le qualità personali
dell’imprenditore sono state determinanti per il consenso del terzo contraente.
- quando il contratto è stipulato con un imprenditore ed ha per oggetto prestazioni non personali inerenti all'esercizio
dell'impresa, il consenso del terzo contraente non è più necessario per il trasferimento del contratto ma si produce
l'effetto successorio dal momento stesso in cui diventa efficace il trasferimento dell'azienda, quindi costui svolgerà le
proprie mansioni per un nuovo titolare.
- Se, invece, l’oggetto delle prestazioni non è personale, per tali contratti sarà necessaria una espressa pattuizione
contrattuale fra alienante ed acquirente dell'azienda, ma anche il consenso del contraente ceduto.
▪ Il terzo contraente non resta senza tutela: può recedere il contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento e può
quindi sciogliere il vincolo contrattuale con l’acquirente, SOLO se sussiste una giusta causa.
Il recesso determina il non ritorno del contratto in testa all’alienante bensì la definitiva estinzione dello stesso.
C. CREDITI E DEBITI AZIENDALI.
➢ CESSIONE DEI CREDITI AZIENDALI (art. 2559 c.c.)
IL TRASFERIMENTO D’AZIENDA PRESUPPONE LA CESSIONE AUTOMATICA DEI CREDITI A QUESTA RELATIVI.
La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta produrrà i suoi effetti nei confronti dei terzi a decorrere dal momento
dell’iscrizione del trasferimento nel registro.
(per rendere opponibile la cessione dei crediti ai terzi, la notifica al debitore ceduto o l’accettazione da parte di questi è sostituita
dall’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese. Da tale momento, la cessione dei crediti relativi all’azienda
ceduta ha effetto nei confronti dei terzi, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione).
▪ Tuttavia, il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante (Se ho un debito nei confronti di una azienda e
questa viene ceduta, se, non sapendolo, saldo il mio debito al primo imprenditore, sono esonerato; se non in buona fede no).
➢ CESSIONE DEI DEBITI AZIENDALI (art. 2560 c.c.)
In sede di trasferimento il codice stabilisce che:
- Il cedente non è liberato dai debiti relativi all’azienda ceduta a meno che i suoi creditori vi acconsentano;
(Consenso deve riguardare specificamente la liberazione dell’alienante e non genericamente il trasferimento dell’azienda).
- Per le sole aziende commerciali, i debiti relativi all’azienda ceduta passano all’acquirente ma solo se risultano dai
libri contabili obbligatori. (se le scritture contabili sono tenute correttamente e risulta un debito, questo debito si
trasferisce dall’alienante all’acquirente MA se non risulta nelle scritture, rimane in capo all’alienante).

29
USUFRUTTO E AFFITTO DELL’AZIENDA
Il titolare dell’azienda può trasferire anche solo il godimento della stessa attribuendo ad un terzo il diritto di usufrutto o
concludendo un contratto di affitto.
❖ USUFRUTTO (art 2561 c.c.)
L’usufrutto, è un diritto reale su cosa altrui che attribuisce al titolare il potere di godere di un bene e trarre dallo stesso tutte
le utilità che può dare e, alla fine dell’usufrutto, l’azienda deve essere restituita, così com’era.
L’art. 2561 c.c. dispone che L’USUFRUTTUARIO DEVE ESERCITARE L’AZIENDA SOTTO LA DITTA CHE LA CONTRADDISTINGUE,
CONDURLA SENZA MODIFICARNE LA DESTINAZIONE ED IN MODO DA CONSERVARE L’EFFICIENZA DELL’ORGANIZZAZIONE E
DEGLI IMPIANTI E LE NORMALI DOTAZIONI DI SCORTE. EGLI SUBENTRA NEI RAPPORTI GIURIDICI PREESISTENTI, MA NON È
RESPONSABILE PER I DEBITI AZIENDALI
❖ AFFITTO (artt. 2561 - 2562 c.c.)
Il concedente attribuisce l'intera gestione dell'azienda di cui è proprietario ad un soggetto terzo, il quale si obbliga a
"GESTIRE L'AZIENDA SENZA MODIFICARNE LA DESTINAZIONE E IN MODO DA CONSERVARE L'EFFICIENZA
DELL'ORGANIZZAZIONE E DEGLI IMPIANTI E LE NORMALI DOTAZIONI DI SCORTE".
NB: L'affitto di azienda è diverso dalla locazione di un immobile destinato all'esercizio di un'attività di impresa:
- Affitto d'azienda: oggetto del contratto è un complesso di beni organizzati, eventualmente comprensivo dell'immobile;
- Locazione di un immobile destinato all'esercizio di un'attività d'impresa: contratto ha per oggetto locale in quanto tale.
▪ sia per usufrutto che per affitto di azienda si applicano le fattispecie analizzate precedentemente del divieto di non
concorrenza e la successione nei contratti aziendali, per cui:
▫ Il nudo proprietario ed il locatore sono tenuti a non iniziare una nuova impresa idonea a sviare la clientela per la durata
dell'usufrutto e dell'affitto,
▫ L’usufruttuario o l'affittuario subentrano automaticamente nei contratti aziendali per la durata dell'usufrutto oppure
dell'affitto. I contratti originari, ancora in corso al termine del rapporto, torneranno di nuovo automaticamente in testa al
proprietario oppure al locatore.

AGGIORNAMENTI LEGISLATIVI (CESSIONE D’AZIENDA)


▪ SI PUÒ CONFIGURARE UN CONTRATTO DI CESSIONE DI RAMO D’AZIENDA SOLO NEL CASO IN CUI LA PARTE CEDUTA SIA
UN’ARTICOLAZIONE FUNZIONALMENTE AUTONOMA DI UN’ATTIVITÀ ECONOMICA ORGANIZZATA (D.Lgs. n.276/2003).
Questa nozione è coerente con l’interpretazione della Corte di Giustizia europea che definisce l’entità economica trasferita come
un complesso organizzato di persone e di elementi materiali sufficientemente organizzato, strutturato ed autonomo, che
consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al raggiungimento di un determinato obiettivo.
▪ In accordo con quanto esposto, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4500 dell’8 marzo 2016, ha ritenuto illegittima la
cessione effettuata da una società di telecomunicazioni del ramo d’azienda «Servizi Generali» ad altra società, in quanto dopo
soli tre mesi dal trasferimento la parte ceduta era stata completamente ristrutturata così da non aver mai assunto una sua
autonomia operativa in seguito alla cessione.
▪ Con le novità apportate dal recente D.Lgs 24.9.2015, n. 158 è stato modificato in maniera significativa l’impianto normativo
dell’art. 14, D.Lgs 472/1997: la RESPONSABILITÀ DEL CEDENTE E DEL CESSIONARIO CON RIFERIMENTO AI DEBITI TRIBUTARI NEL
CASO DI CESSIONE D’AZIENDA, È RIFERIBILE, A PARTIRE DALL’1.012016, ANCHE AD ALTRE IPOTESI DI TRASFERIMENTO
D’AZIENDA (CONFERIMENTO, PERMUTA, DATIO IN SOLUTUM E DONAZIONE).
È stabilito, al nuovo comma 5bis, che quanto detto non venga applicato quando la cessione avvenga nell’ambito:
- di una procedura concorsuale;
- di un accordo di ristrutturazione dei debiti;
- di un piano attestato;
- di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio.
▪ Gli operatori dell’Agenzia delle Entrate, in occasione di Telefisco 2016, hanno precisato che la responsabilità solidale del
cessionario resta in ogni caso valida nelle ipotesi di liquidazione ordinaria volontaria.
IL SOGGETTO CHE ACQUISTA L’AZIENDA, QUINDI, È TENUTO IN SOLIDO, FATTO SALVO IL BENEFICIO DELLA PREVENTIVA
ESCUSSIONE DEL CEDENTE ED ENTRO I LIMITI DEL VALORE DELL’AZIENDA O DEL RAMO D’AZIENDA, AL PAGAMENTO
DELL’IMPOSTA E DELLE SANZIONI RELATIVE ALLE VIOLAZIONI:
- COMMESSE NELL’ANNO IN CUI È AVVENUTO LA CESSIONE;
- COMMESSE NEI DUE ANNI PRECEDENTI;
- IRROGATE E CONTESTATE NEL MEDESIMO PERIODO, COMPRESE QUELLE RIFERITE A PERIODI PREGRESSI.

30
6. I SEGNI DISTINTIVI
L'attività di impresa è l'attività di relazioni sul mercato, in un mercato che di regola vede coesistere più imprenditori che
producono e/o distribuiscono beni o servizi identici o similari.
CIASCUN IMPRENDITORE PERCIÒ UTILIZZA UNO O PIÙ FATTORI DI INDIVIDUAZIONE E SEGNI DISTINTIVI, CHE CONSENTANO DI
INDIVIDUARLO SUL MERCATO E DI DISTINGUERLO DA ALTRI IMPRENDITORI CONCORRENTI.
I principali segni distintivi dell’imprenditore sono:
❖ DITTA: contraddistingue la persona dell’imprenditore nell’esercizio dell’attività d’impresa, individua lo stesso imprenditore.
❖ INSEGNA: individua i locali in cui l’attività di impresa è esercitata.
❖ MARCHIO: individua e distingue i beni o i servizi prodotti, è quindi il segno distintivo del prodotto o del servizio fornito.
Tali segni distintivi favoriscono la formazione e il mantenimento della clientela in quanto consentono al pubblico di effettuare
scelte consapevoli.
▪ L’imprenditore gode di ampia libertà nella formazione dei propri segni distintivi.
È però tenuto a rispettare determinate regole al fine di evitare inganno e confusione sul mercato.
▪ L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo dei propri segni distintivi.
Si tratta di un diritto relativo e strumentale alla realizzazione della funzione distintiva rispetto agli imprenditori concorrenti.
▪ L’imprenditore può trasferire ad altri i propri segni distintivi, ma l’ordinamento tende ad evitare che la circolazione dei segni
distintivi possa trarre in inganno il pubblico.

LA DITTA (Art. 2563 ss)


LA DITTA È IL NOME COMMERCIALE DELL’IMPRENDITORE, CHE LO INDIVIDUA COME SOGGETTO DI DIRITTO NELL’ESERCIZIO
DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA (nome sotto il quale l’imprenditore esercita la sua attività).
Può definirsi come nome commerciale in quanto è il segno distintivo che contraddistingue la persona dell’imprenditore
nell’esercizio della sua attività.
▪ L’imprenditore è libero di usare la ditta che preferisce, ma nella scelta della propria ditta deve rispettare due principi:
1) PRINCIPIO DELLA VERITÀ DELLA DITTA
Riscontriamo due casi:
▫ La DITTA ORIGINARIA, quella FORMATA DALL’IMPRENDITORE CHE LA UTILIZZA.
Art. 2563 c.c.: l'imprenditore ha diritto all'uso esclusivo della ditta da lui prescelta e non è necessario che la ditta
corrisponda al nome civile, ma deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore.”.
▪ In mancanza di diversa scelta essa coincide con il nome civile dell’imprenditore.
▪ NB: qualora intervengano mutamenti nel suo nome civile (per matrimonio, divorzio o adozione), l’imprenditore non è
tenuto a modificare la ditta patronimica (indicata dal solo nome dell’imprenditore).
▫ La DITTA DERIVATA, QUANDO LA DITTA È STATA TRASFERITA, INSIEME ALL’AZIENDA, da un imprenditore all’altro.
In questo caso il nuovo titolare dell’azienda può continuare ad usare la ditta precedente senza dover integrare il
proprio nome o sigla.
2) PRINCIPIO DI NOVITÀ
La Ditta non può essere uguale o similare a quella utilizzata da altro imprenditore.
Art. 2564 c.c. “quando la ditta è uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e può creare confusione per
l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazione idonee a
differenziarla”.
▪ NB: per risolvere eventuali conflitti tra ditte confondibili si applica il criterio della priorità dell’uso:
L’imprenditore che ha adottato per primo una ditta ha diritto all’uso esclusivo della ditta, ossia il diritto che nessun altro
imprenditore concorrente utilizzi lo stesso nome commerciale. A tutela del proprio diritto può esercitare l’azione di
usurpazione e contraffazione. Chi successivamente adotti una ditta uguale o simile, può perciò essere costretto ad
integrarla o modificarla con indicazioni idonee a differenziarla.
(Per le imprese commerciali trova applicazione il criterio della priorità dell’iscrizione nel registro delle imprese).
▪ NB: Il DIRITTO ALL’USO ESCLUSIVO della ditta ed il corrispondente OBBLIGO DI DIFFERENZIAZIONE sussistono SOLO se i
due imprenditori sono in concorrenza tra di loro e quindi possa determinarsi confusione per l’oggetto dell’impresa e/o per il
luogo in cui questa è esercitata.
(il diritto all’uso esclusivo è quindi un diritto relativo, dal momento che È POSSIBILE L’OMONIMIA FRA DITTE CHE NON
CREANO CONFUSIONE SUL MERCATO, non potendosi imporre la differenziazione a chi produce beni o servizi destinati a
soddisfare bisogni diversi dei consumatori, né a chi opera in un diverso territorio).

31
IL TRASFERIMENTO DELLA DITTA (art 2565)
Art. 2565 c.c.: “LA DITTA NON PUÒ ESSERE TRASFERITA SEPARATAMENTE DALL’AZIENDA.
NEL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA PER ATTO TRA VIVI LA DITTA NON PASSA ALL’ACQUIRENTE SENZA IL CONSENSO
DELL’ALIENANTE.
NELLA SUCCESSIONE NELL’AZIENDA PER CAUSA DI MORTE LA DITTA SI TRASMETTE AL SUCCESSORE, SALVO DIVERSA
DISPOSIZIONE TESTAMENTARIA.”.
▪ Dunque, LA DITTA È TRASFERIBILE, MA NON PUÒ ESSERE TRASFERITA SEPARATAMENTE ALL'AZIENDA; cioè non è possibile
vendere il nome utilizzato per identificare una certa attività senza trasferire la proprietà dell'azienda stessa.
In questo modo:
▫ Il titolare della ditta può monetizzare il valore dell’avviamento.
▫ Si tutelano i consumatori che hanno la certezza che alle spalle della ditta ci sia sempre lo stesso complesso produttivo e
quindi il livello qualitativo sia lo stesso.
▪ LIMITE DI TUTELA: la persistenza del legame segno distintivo-complesso produttivo può forse tutelare (e non del tutto) il
pubblico dei consumatori contro un improvviso e radicale mutamento delle caratteristiche oggettive dei beni o servizi
prodotti o venduti dall’impresa. Ma manca una tutela a coloro che fondano i loro rapporti anche sulla persona
dell'imprenditore: fornitori abituali, finanziatori abituali o più in generale chi concede crediti all' imprenditore.
▪ NB: Vi è il PERICOLO che chi entri in rapporto di affari con l’imprenditore concedendogli credito sia tratto in inganno
dall’uso di una ditta derivata (chi realmente ha obbligo verso il creditore dovrebbe essere l'alienante - imprenditore
originario -, e non il ceduto). In questo caso di applica il principio dell’apparenza di diritto e della tutela dell’affidamento
incolpevole: si ritiene che chi ha trasferito l’azienda è responsabile in solido con l’acquirente per i debiti da questo contratti
spendendo la ditta derivata, qualora il terzo contraente abbia potuto ragionevolmente ritenere di trattare con il cedente.
(si addossa all' alienante l'onere di portare a conoscenza dei terzi, con mezzi idonei, l'avvenuto trasferimento dell'azienda e
della ditta se si tratta di impresa non commerciale, ovvero IMPORRE ALL’ACQUIRENTE DI INTEGRARE LA DITTA CON
INDICAZIONI NON EQUIVOCHE.)
▪ La norma distingue poi due ipotesi:
a. In caso di trasferimento dell’azienda per atto INTER VIVOS è NECESSARIO CHE RISULTI ESPRESSAMENTE LA VOLONTÀ
DELL’ALIENANTE DI TRASFERIRE ANCHE LA DITTA;
b. In caso di successione MORTIS CAUSA il trasferimento della ditta si produce AUTOMATICAMENTE IN CAPO AL SUCCESSORE,
salvo diversa disposizione testamentaria.

DITTA E NOME CIVILE


L' imprenditore individuale ha, al pari di ogni altra persona fisica, un nome civile che lo individua come soggetto di diritto.
Ditta individuale e nome civile assolvono ad una funzione diversa e sono diversamente disciplinati.
NOME CIVILE:
 È attribuito per legge ed ha una struttura fissa, risultando composto dal prenome e dal cognome
 È unico e non è liberamente modificabile (art 6 c.c.)
 Un imprenditore, se ha un nome civile, può avere più ditte
 È attributo della personalità e come tale è tutelato nei limiti fissati dagli artt 7-9 c.c.
 È concessa omonimia tra nomi civili, ovviamente
 Il nome civile è indisponibile e intrasmissibile
DITTA:
 È tutelata come mezzo di attrazione della clientela e come valore patrimoniale (bene immateriale), perciò, mentre
l'omonimia fra nomi civili e sempre ammessa, questo non è possibile per la ditta
 È trasmissibile.

DITTA E NOME DELLE SOCIETÀ (art. 2567)


La distinzione tra nome civile e nome commerciale (cioè ditta) dell'imprenditore è da ritenersi valida anche per le società.
In questo caso ragion sociale e denominazione sociale costituiscono il nome necessario delle società e vanno poste sullo stesso
piano del nome civile della persona fisica in quanto servono ad individuarle come soggetti di diritto e non nella qualità specifica
di esercenti di un'impresa.
Tuttavia, anche ad esse si applicano le disposizioni dell’art. 2564.

32
L’INSEGNA (art. 2568 c.c.)
L’INSEGNA È IL SEGNO DISTINTIVO DEI LOCALI ALL’INTERNO DEI QUALI È ESERCITATA L’IMPRESA, contraddistingue i locali
dell’impresa o l’intero complesso aziendale (locali in cui l’impresa è esercitata).
▪ Anche per l’insegna opera il PRINCIPIO DELLA NOVITÀ, non può essere uguale o simile a quella che contraddistingue i locali
dell’imprenditore concorrente. Mentre non è necessario rispettare il principio della verità, per cui non è necessario che contenga
il cognome o la sigla dell’imprenditore.
▪ L’insegna può corrispondere alla ditta, dunque al nome commerciale dell’imprenditore.
▪ I REQUISITI DI VALIDITÀ DELL’INSEGNA sono:
▫ LICEITA’: deve essere lecita, ovvero non contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.
▫ ORIGINALITA’: deve essere dotata di capacità distintiva, nel senso che non può contenere un’indicazione generica
dell’attività esercitata dall’imprenditore (es. non puoi chiamare ‘pizzeria’ una pizzeria).
▫ VERITA’: non può consistere in parole, figure o immagini non veritiere sull’origine, la qualità dei prodotti o gli attributi
dell’azienda, al fine di ingannare la clientela.
▫ NOVITA’: non può essere uguale o simile a quella utilizzata da altro imprenditore quando ciò possa generare confusione in
relazione all’oggetto dell’impresa e al luogo in cui questa è esercitata (non puoi copiare totalmente un tuo competitor).
▪ Il diritto all’insegna può essere trasferito.

IL MARCHIO (artt. 2569 ss)


Il MARCHIO È IL SEGNO DISTINTIVO DEI PRODOTTI O DEI SERVIZI FORNITI DALL’IMPRESA.
▪ È particolarmente importante, in quanto:
1) DIFFERENZIA i prodotti o i servizi da altri simili presenti sul mercato;
2) Indica la loro PROVENIENZA da una determinata fonte di produzione;
NB: I co-utenti di uno stesso marchio sono tenuti ad assicurare l’omogeneità dei caratteri essenziali e della qualità dei
prodotti dello stesso tipo contraddistinti dal marchio comune in modo da evitare che il pubblico sia tratto in inganno.
3) Esercita una rilevante FUNZIONE ATTRATTIVA per il pubblico.
NB: Il marchio NON garantisce la qualità MA L’attuale disciplina ha recepito la distinzione fra marchi ordinari e marchi
celebri, estendendo a questi ultimi la tutela oltre i limiti segnati dalla necessità di evitare la confusione dei prodotti affini,
dando riconoscimento giuridico alla funzione attrattiva degli stessi.
▪ Esso indica un qualunque segno suscettibile di essere rappresentato graficamente, in particolare può essere costituito da
parole (denominativo), disegni, lettere, cifre, suoni (figurativo), forma del prodotto o dalla confezione del prodotto (di forma)
(es. flacone profumi); purché siano in grado di distinguere i prodotti di un’impresa da quelli di altre imprese.
▪ È disciplinato dall’ordinamento sia nazionale che comunitario, che riconosco al titolare il diritto all’uso esclusivo del marchio.
TIPOLOGIE DI MARCHIO
I marchi possono essere classificati e raggruppati secondo diversi criteri.
▪ Una prima classificazione si basa sulla natura dell’attività svolta dal titolare del marchio:
▫ Marchio di fabbrica, apposto sul prodotto di chi lo ha fabbricato. Su uno stesso prodotto possono coesistere più marchi di
fabbricazione e/o di commercio;
▫ Marchio di servizio, utilizzato da imprese che producono servizi di vario genere; la forma tipica di uso di tali marchi è quella
pubblicitaria essendo essi apposti su materiali che servono per la produzione del servizio o sulle divise del personale;
▫ Marchio di commercio, quello apposto dal rivenditore.
▪ Inoltre è possibile distinguere fra:
▫ Marchio generale, l’imprenditore può utilizzare un solo marchio per tutti i propri prodotti (es. Fiat);
▫ Marchi speciali, quando l’imprenditore vuole differenziare i prodotti della propria impresa o anche tipi diverso dello stesso
prodotto, per sottolineare ai consumatori le relative diversità qualitative.
NB: quando si vuole evidenziare al tempo stesso l'unità della fonte di produzione ma la diversità dei prodotti è possibile
l'uso contemporaneo di un marchio generale e più marchi speciali (es. Fiat Punto e Fiat Panda).
▪ Si distinguono anche:
▫ Marchio individuale, usato da un singolo imprenditore;
▫ Marchio collettivo, (art. 2570) è utilizzato in aggiunta al marchio individuale e si distingue dai marchi d’impresa in quanto è
usato da più imprenditori ed ha la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di un prodotto o servizio. L’utilizzo del
marchio è concesso a produttori o commercianti consociati, che si impegnano a rispettare nella loro attività le norme dello
statuto fissate dall’ente e a consentire i relativi controlli (Es. consorzi).
▪ Ulteriore distinzione è la seguente:
▫ Marchio Nazionale (artt. 2569-2574 c.c. trattati fin ora)
▫ Marchio comunitario; al marchio nazionale si è di recente affiancato quello comunitario, questo permette di ottenere
un'unica procedura per un unico marchio unitariamente regolato e tutelato in tutti i paesi dell'unione europea.
Marchio internazionale; disciplinato dalla convenzione di Unione di Parigi del 1883 e dall'accordo di Madrid del 1891
[NB: Se lo registro a livello nazionale, mi copre sul territorio nazionale, a livello europeo su quello europeo ecc]

33
I REQUISITI DI VALIDITÀ DEL MARCHIO
Per essere tutelato giuridicamente il marchio deve rispondere a determinati requisiti di:
▫ LICEITÀ: non deve contenere:
- segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume;
- stemmi o altri segni protetti da convenzioni internazionali, senza l’autorizzazione dell’autorità competente;
- stemmi o segni lesivi di altrui diritto di autore o di proprietà industriale.
- l’altrui ritratto, o nome (se persona famosa) senza il consenso dell’interessato o dei suoi eredi
▫ VERITÀ: divieto di inserire nel marchio segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica,
sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi.
▫ ORIGINALITÀ: deve avere capacità distintiva, cioè deve essere composto in modo da consentire l’individuazione dei prodotti
contrassegnati da tutti gli altri prodotti dello stesso genere presente sul mercato.
▪ Il legislatore predetermina come tipi di segni privi di capacità distintiva quei marchi che utilizzano denominazioni o figure
generiche che non abbiano alcuna relazione con il prodotto contraddistinto (es. sigarette Capri).
▪ Distinguiamo:
- MARCHI DEBOLI: marchi a cui basta una lieve modifica per essere confondibili con altri marchi (es. Amplifon – Udifon).
- MARCHI FORTI: Sono marchi forti quelli dotati di un’accentuata capacità distintiva e sono tali i marchi di pura fantasia.
Per tali marchi una modifica non basterà ad evitare la contraffazione.
La distinzione fra marchi deboli e marchi forti non è sempre agevole, e si può verificare che un marchio, inizialmente dotato
di scarsa capacità distintiva, diventi col tempo un marchio forte a seguito della notorietà raggiunta tra il pubblico grazie alla
pubblicità (caso di secondary meaning).
▫ NOVITÀ: Un marchio per essere valido deve essere nuovo rispetto agli altri, per non creare confusione fra i consumatori.
Il codice della proprietà industriale distingue fra:
- MARCHI ORDINARI: Per i marchi ordinari la regola è che non sono nuovi i segni che possono determinare un rischio di
confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni, perché si tratta di segni identici o
simili ad un segno già noto come marchio, ditta, insegna o nome a dominio di un altro imprenditore concorrente o comunque già
registrato da altri come marchio per prodotti identici o affini;
- MARCHI CELEBRI: Se il marchio già registrato è un marchio celebre, il rapporto di affinità fra prodotti non è necessario.
Infatti, non è nuovo un marchio confondibile da altri successivamente utilizzato per prodotti o servizi non affini, se chi lo
usa trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi.
▪ Il difetto di questi requisiti comporta la NULLITÀ DEL MARCHIO, che può riguardare anche solo parte dei prodotti o servizi per i
quali il marchio è stato registrato. NB: sono previste due eccezioni:
1. La nullità del marchio per difetto di novità non può essere più dichiarata quando chi ha richiesto la registrazione non era in
mala fede ed il titolare del marchio anteriore abbia tollerato l’uso per 5 anni.
2. La nullità del marchio per difetto di originalità non può essere dichiarata quando, a seguito dell’uso che ne è stato fatto, ha
acquistato capacità distintiva prima della proposizione della domanda di nullità (caso di secondary meaning).

MARCHIO REGISTRATO E MARCHIO DI FATTO


❖ IL MARCHIO REGISTRATO
LA REGISTRAZIONE ATTRIBUISCE AL TITOLARE DEL MARCHIO IL DIRITTO ALL’USO ESCLUSIVO DELLO STESSO SU TUTTO IL
TERRITORIO NAZIONALE.
▪ Il titolare di un marchio registrato può impedire a terzi di mettere in commercio, importare o esportare prodotti
contrassegnati con il proprio marchio.
▪ NB: Il diritto di esclusiva sul marchio registrato copre non solo i prodotti identici, ma anche quelli affini qualora si potesse
determinare confusione per il pubblico.
[La tutela del marchio non impedisce che altro imprenditore registri o usi lo stesso marchio per prodotti diversi].
▪ I marchi celebri, dotati di forte capacità attrattiva e suggestiva, hanno il diritto di esclusiva anche per i prodotti non affini
(riforma 1992), in quanto, oltre che costituire usurpazione dell’altrui fama, può determinare equivoci sulla reale fonte di produzione.
▪ La registrazione nazionale dura 10 anni, è rinnovabile per un numero illimitato di volte, sempre con efficacia decennale.
▪ Il marchio registrato è tutelato:
- Civilmente: il titolare può promuovere un’azione di contraffazione e può creare una rete di difesa del proprio marchio
registrano uno o più marchi protettivi, ossia simili allo scopo di impedirne l’utilizzo;
- Penalmente.
❖ IL MARCHIO DI FATTO
L’ordinamento tutela anche chi usi un marchio senza registrarlo:
Art. 2571 c.c: “Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la
registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è avvalso.”.
La tutela del marchio in questo caso è minore poiché l’imprenditore:
- è costretto a provare il preuso;
- può continuare ad usare il marchio solo nei limiti in cui lo usava in precedenza.

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IL TRASFERIMENTO DEL MARCHIO
IL MARCHIO È TRASFERIBILE E PUÒ ESSERE
- TRASFERITO (A TITOLO DEFINITIVO)
- CONCESSO IN LICENZA (A TITOLO TEMPORANEO),
PER TUTTI O PER PARTE DEI PRODOTTI PER I QUALI È STATO REGISTRATO, SENZA CHE SIA NECESSARIO IL CONTEMPORANEO
TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA O DEL CORRISPONDENTE RAMO DI ESSA.
▪ È riconosciuta l’ammissibilità della licenza del marchio non esclusiva, ovvero è consentito che lo stesso marchio sia
contemporaneamente utilizzato dal titolare originario e da uno o più concessionari (es. concessionario che vende Fiat).
MA Dal trasferimento o dalla licenza del marchio non deve derivare inganno nei caratteri dei prodotti o dei servizi che sono
essenziali nell’apprezzamento del pubblico. La licenza non esclusiva è dunque subordinata alla condizione che il licenziatario si
obblighi ad utilizzare il marchio per prodotti con caratteristiche qualitative uguali a quelli dei corrispondenti prodotti messi in
commercio dal concedente o dagli altri licenziatari.
(Il titolare del marchio potrà avvalersi delle azioni (inibitoria, rimozione, ecc.) di tutela previsti dalla legge marchi nei confronti
del licenziatario che violi le disposizioni al riguardo contenute nel contratto di licenza, che prevede clausole di controllo
sull’attività del licenziatario).
La violazione di tali regole espone alla decadenza del marchio per sopravvenuto uso ingannevole dello stesso.
NOVITÀ LEGISLATIVE SULLA TUTELA DEI MARCHI
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 15/2019 che presentava alcune novità:
▫ Abolizione del requisito della rappresentazione grafica del marchio con possibilità di registrare tutti i segni rappresentati in
qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia disponibile;
▫ Regolamentazione della disciplina dei marchi di certificazione con maggiore controllo sui procedimenti legati alla fornitura
di prodotti o servizi del tipo certificato da parte degli enti che ne garantiscono l’origine, la natura o la qualità
▫ Integrazioni alla disciplina dei diritti conferiti dalla registrazione del marchio (ad esempio il titolare del marchio ha diritto di
vietare ai terzi l’uso di segni identici o simili anche sugli imballaggi e per fini diversi da quello di contraddistinguere prodotti o servizi)
▫ Modifiche alla ripartizione dell’onere della prova, con la previsione che nelle cause di decadenza per non uso spetti al
titolare del marchio dimostrare un uso congruo del marchio

SIMBOLOGIE DI REGISTRAZIONE DEL MARCHIO


❖ La R CERCHIATA (®) che viene apposta accanto ad un marchio.
Questo simbolo significa che quel marchio, segno distintivo di un prodotto o servizio, è già registrato presso
l’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) o l’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale).
Ciò accade dopo circa 6-8 mesi dal deposito della domanda di marchio; da quel momento in poi, quel
determinato marchio risulta registrato e avrà un numero di registrazione che lo contraddistinguerà.
La registrazione, una volta avvenuta, avrà una data che corrisponderà a quella di deposito, cioè avrà effetto
dalla data di presentazione della domanda di marchio.
Chi utilizza il marchio registrato senza autorizzazione del suo titolare incorre nel reato di contraffazione.
❖ Il simbolo TM è l’acronimo del termine inglese “trademark” e significa che è stata depositata una domanda di marchio ma
non si è ancora concluso l’iter burocratico per ottenere la registrazione.
Il marchio è comunque tutelabile seppur con alcune limitazioni.
Il simbolo potrà essere apposto accanto al marchio nell’attesa che da depositato diventi registrato.
❖ Il simbolo C CERCHIATA (©) deriva dall’inglese “copyright” e viene impiegato per identificare il diritto d’autore.
Quando viene utilizzato vuol dire pertanto che lo scritto (o l’opera) sul quale è apposto, è coperto e tutelato dalla legge sul
diritto d’autore.
Ricordiamo che il diritto d’autore attribuisce al titolare di un’opera dell’ingegno il diritto di utilizzare e di sfruttare
economicamente la sua creazione per tutta la vita e sino a 70 anni dopo la sua morte.
❖ Il simbolo D CERCHIATA, usato di rado, identifica la registrazione di disegni e modelli che la legge tutela prendendo in
considerazione l’estetica e l’aspetto ornamentale del prodotto.

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ESERCITAZIONE SU UN CASO PRATICO - ATTO DI CESSIONE AZIENDA
TESTO:
Repertorio n°1649 Raccolta n° 216 CESSIONE DI AZIENDA REPUBBLICA ITALIANA
L'anno duemiladiciassette il giorno 15 del mese di aprile In Bari, nel mio studio alla Via Napoli n. 16.
Avanti a me dott.ssa Angela Barletta, Notaio in Bari, iscritto presso il Collegio Notarile dei Distretti Riuniti di Bari, sono presenti le Signore:
- per la parte cedente: - ROSSI Luciana nata a Bari (BA) il 6 gennaio 1945, residente a Bari (BA), via Roma n.262 titolare della impresa
individuale artigiana denominata "ALLA PENNA" di ROSSI Luciana con sede in Bari (BA), Via Roma n.203, Codice Fiscale ed Iscrizione al
Registro Imprese di Bari RSS LCN 45A46 L747N, iscritta al REA di Bari al n. 131954, Partita IVA 12349720781;
- per la parte cessionaria: - VINCI Michela nata a Bari (BA) il 17 agosto 1976, residente a Bari (BA), via Tirreno n.132 C.F.: VNC MHL 76M57
I838Y, Partita I.V.A. 13864340781.
Dette comparenti, della cui identità personale io Notaio sono certo,
PREMESSO
- che la Signora ROSSI Luciana è proprietaria e titolare di un'azienda corrente in Bari avente per oggetto l'attività di rosticceria, friggitoria,
pizzeria al taglio da asporto esercitata giusta autorizzazione amministrativa per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
rilasciata dal Comune di Bari in data 6 luglio 1998 n. 161 e autorizzazione igienico - sanitaria rilasciata dal medesimo Comune in data 9 agosto
1996 n. 164 previo parere igienico-sanitario rilasciato dall'A.S.L. di Bari in data 9 agosto 1996;
- che la Signora ROSSI Luciana dichiara che la relativa attività è stata dalla stessa svolta con carattere stagionale (in particolare dalla fine del
mese di giugno alla metà del mese di settembre di ciascun anno);
- che la Signora ROSSI Luciana intende cedere la predetta azienda alla Signora VINCI Michela che intende acquistarla;
TUTTO CIO' PREMESSO
e da considerarsi parte integrante e sostanziale del presente atto, i comparenti dichiarano, convengono e stipulano quanto segue:
1) CONSENSO-OGGETTO. La Signora ROSSI Luciana cede e vende, con la riserva di cui infra, alla Signora VINCI Michela che accetta ed
acquista l'azienda corrente in Bari (BA), Via Roma n.203 avente ad oggetto l'attività di rosticceria, friggitoria, pizzeria a taglio da asporto,
meglio descritta in premessa.
2) BENI COMPRESI NELLA CESSIONE. La presente cessione comprende l'avviamento, nonché tutti gli stigli, gli impianti, gli arredi e le
attrezzature esistenti nei locali in cui è esercitata l'attività, come risultanti dall'inventario che, firmato dalle parti e da me Notaio, si allega
sotto la lettera "A".
Le parti convengono che unitamente all'azienda vengano trasferite all'acquirente la ditta e l'insegna "ALLA PENNA", che potranno essere
modificate o cedute a terzi dalla cessionaria, senza che sia più necessario il consenso della cedente.
La cedente dichiara che per i beni aziendali ceduti non è richiesta alcuna forma di pubblicità.
3) PREZZO. Il prezzo della presente cessione è di Euro 25.000,00 (venticinquemila virgola zero zero) di cui Euro 21.000,00 (ventunomila
virgola zero zero) per l'avviamento commerciale, Euro 3.850,00 (tremilaottocentocinquanta virgola zero zero) per gli stigli, gli impianti, gli
arredi e le attrezzature, come meglio specificato nel prospetto allegato, ed Euro 150,00 (centocinquanta virgola zero zero) per le scorte e
viene regolato come segue:
- quanto ad Euro 2.500,00 (duemilacinquecento virgola zero zero) sono stati pagati prima d'ora dalla parte cessionaria alla parte
cedente, che ne rilascia corrispondente quietanza, mediante assegno circolare AC12345;
- quanto ai residui Euro 22.500,00 (ventiduemilacinquecento virgola zero zero) saranno pagati dalla parte cessionaria alla parte
cedente, a mezzo bonifici o assegni, alle seguenti scadenze:
a) Euro 10.000,00 (diecimila virgola zero zero) entro e non oltre il trentuno luglio duemilaquindici;
b) Euro 12.500,00 (dodicimilacinquecento virgola zero zero) entro e non oltre il trentuno agosto duemilaquindici.
Le parti precisano che il valore di impianti, attrezzature, arredi e stigliature è stato determinato sulla base del prezzo di acquisto in
relazione allo stato d'uso e di vetustà degli stessi.
4) RISERVA DI PROPRIETA'. Ai sensi dell'art. 1523 del c.c., la presente cessione di azienda è effettuata con riserva della proprietà in capo alla
parte cedente fino all'integrale pagamento del prezzo.
Le parti convengono che ogni rischio inerente ai beni aziendali sarà da oggi a carico della parte cessionaria, che riceve in consegna
l'azienda in oggetto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, come visto e piaciuto alla parte cessionaria stessa.
La parte cessionaria si obbliga a non alienare i singoli beni aziendali né a disporne a qualsiasi titolo senza il consenso scritto della parte
cedente, fino all'integrale corresponsione degli importi di cui al precedente articolo 3).
5) SUBENTRO NEI CONTRATTI. Le parti convengono, ai sensi dell'art. 2558 c.c., che la cessionaria non subentrerà nei contratti stipulati dalla
cedente per l'esercizio dell'azienda anteriormente alla data di sottoscrizione del presente atto, ad eccezione dei contratti relativi alle
utenze per la fornitura di energia elettrica, acqua e gas.
La parte cedente si obbliga a comunicare, entro trenta giorni da oggi, l'avvenuta cessione dell'azienda a quanti abbiano in essere contratti
con l'impresa.
6) CONTRATTI DI LAVORO SUBORDINATO. La cedente dichiara che non vi sono in corso, per la gestione dell'azienda, contratti di lavoro
subordinato e pertanto l'azienda medesima è ceduta libera da qualsiasi impegno ed onere verso personale dipendente ed istituti
previdenziali ed assistenziali.
7) DEBITI E CREDITI DELL'AZIENDA. Sono esclusi dalla presente cessione i crediti ed i debiti aziendali anteriori alla data di sottoscrizione del
presente contratto, i quali resteranno rispettivamente a favore ed a carico della cedente.
La cedente si obbliga a rifondere alla cessionaria quanto quest'ultima fosse tenuto a pagare nei confronti dei creditori dell'azienda per
effetto dell'art. 2560 c.c.
La cessionaria, a sua volta, si obbliga a rimettere alla cedente gli eventuali crediti di quest'ultima che dovesse riscuotere.
8) TASSE E IMPOSTE. Restano a totale carico della cedente tutte le tasse ed imposte ordinarie e straordinarie relative all'azienda, dovute per
cause anteriori alla data di sottoscrizione del presente contratto, anche se accertate o liquidate posteriormente.

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9) GARANZIE. La cedente garantisce, relativamente all'azienda ceduta:
- l'insussistenza di sanzioni e violazioni di carattere fiscale, in relazione al disposto dell'art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997;
- l'insussistenza di sanzioni per reati o illeciti amministrativi commessi, in relazione al disposto dell'art. 33 del D.Lgs. n. 231/2001;
- l'insussistenza di contenziosi;
- la conformità dell'attività esercitata alle norme vigenti.
La cessionaria dichiara di aver espressamente rinunciato alla richiesta del certificato di cui all'art. 14, comma 3° del citato D.Lgs. 472/1997.
La cedente garantisce la piena proprietà e la libera disponibilità dell'azienda ceduta e dei beni aziendali e dichiara che essi sono liberi da
pesi, vincoli, privilegi, sequestri e pignoramenti, e che non sussistono aventi diritto a prelazione ex art. 230 bis c.c.
10) EFFETTI-POSSESSO. Gli effetti della presente cessione, salvo per quanto attiene al trasferimento della proprietà, decorrono dalla data
odierna e pertanto utili ed oneri di quanto ceduto sono da oggi a rispettivo profitto e carico della cessionaria che ne viene immessa nel
possesso.
La cessionaria dichiara di avere ricevuto tutti i documenti riferibili all'azienda ceduta e quant'altro previsto dalle vigenti leggi e di aver
preso conoscenza delle scritture contabili relative all'azienda medesima, che restano in possesso della cedente.
11) VOLTURE. La cedente si impegna a rinunciare a tutte le licenze ed autorizzazioni che eventualmente le fossero già state concesse per
l'esercizio dell'azienda oggetto del presente atto, impegnandosi altresì al compimento di tutti gli atti necessari per il regolare trapasso
delle stesse a nome della cessionaria.
12) DIVIETO DI CONCORRENZA. La cedente si obbliga per la durata di anni cinque a non aprire, neppure a mezzo di interposta persona, una
nuova attività che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta.
13) LOCAZIONE. La cessionaria dichiara di aver preso nuovi accordi con il proprietario dell'immobile per il godimento dei locali adibiti
all'esercizio dell'attività
14) CLAUSOLA RISOLUTIVA. Le clausole del presente contratto formano un unico ed inscindibile contesto, sicché la violazione di una sola di
esse comporterà la risoluzione di diritto del contratto, ai sensi dell'art. 1456 c.c., salvo in ogni caso il risarcimento dei danni subiti e
subendi. La parte cessionaria dichiara espressamente di conoscere tutte le disposizioni stabilite dalla legge in materia di esercenti il
commercio, per cui il mancato subingresso nell'attività di cui trattasi, per cause non imputabili a colpa della parte cedente, non potrà
costituire motivo di risoluzione del contratto e/o di richieste di risarcimento danni.
15) SPESE. Tutte le spese relative al presente atto, successive, dipendenti e consequenziali, sono a carico della cessionaria.
16) INFORMATIVA EX ART.13 D.LGS. 196/2003. Preso atto dell'informativa ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196, predisposta
da me Notaio, le parti prestano il consenso al trattamento e alla conservazione dei loro dati personali in relazione alla presente
operazione, alla comunicazione dei medesimi dati agli Uffici e/o Registri competenti per gli adempimenti connessi nonché al rilascio di
copia del presente atto a chiunque ne farà richiesta.
Le parti mi esonerano dalla lettura dell'allegato.
Di quest'atto ho dato io Notaio lettura alle comparenti le quali da me interpellate lo hanno dichiarato conforme alla loro volontà. Scritto con
mezzi elettronici da persona di mia fiducia e completato a mano da me Notaio su 5 fogli intercalati per pagine 6 e fin qui della 7.
Viene sottoscritto alle ore 11,00.
▪ Allegato all’atto di cessione azienda

▪ Deposito atto di cessione azienda presso il registro delle imprese

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ANALISI:
▪ Atto in forma pubblica notarile (atto pubblico): il notaio, oltre che redigere l’atto, accerta che in quel momento le persone
sono davanti a lui e hanno la capacità di intendere e di volere e di stipulare esattamente l’atto di cessione di azienda, certifica
dunque che le parti sono consapevoli della tipologia di atto che stanno compiendo [≠ scrittura privata autenticata: io lo scrivo e
il notaio certifica che tizio e caio stanno firmando, meno forte dell’atto pubblico].
- Parte cedente: chi cede l’azienda è un’impresa individuale artigiana (piccolo imprenditore, artigiano, ai sensi dell’art. 2083,
sappiamo dunque che è un soggetto non fallibile, che non è obbligato a tenere le scritture contabili e che svolge la sua
attività sotto una DITTA, in questo caso denominata “Alla Penna”, non ha tutela - non è marchio registrato perché non
presenta la R in alto, dunque non è oggetto di tutela, potrebbero esserci altre cento ditte con lo stesso nome -).
È iscritta nel registro delle imprese (nella sezione speciale dei piccoli imprenditori), nella slide è scritto il codice, una sorta di
codice fiscale per le imprese, che le distingue fra loro.
Ciò che indica che l’attività venga attuata in modo professionale, ovvero continuativo e non occasionale è la Partita IVA
(obbligatoria per attività professionali).
- Parte cessionaria: è anche lui un soggetto IVA, che vuole intraprendere questa attività oggetto di cessione, perché qualora
io non possa farlo in maniera autonoma (ho un complesso di beni organizzati al fine di svolgere l’attività di impresa), posso
acquisirla da terzi mediante un atto di affitto o di acquisto. [NB: Non necessariamente io imprenditore cesso l’attività
cedendo l’azienda (es. se ho 10 punti vendita posso cederne solo 1 e continuare la mia attività negli altri 9, senza violare il
principio della non concorrenza, perché chi acquista già lo sa, già ce le ho nella mia disponibilità)].
▪ In questo caso si prevede la cessione dell’autorizzazione (aziende si acquistano spesso soprattutto per questo. In molte realtà
locali vi è una impossibilità per le nuove attività in quanto le licenze sono contingentate, quindi acquisto la licenza da uno che già
la possiede)].
▪ Questa è una attività stagionale: attività viene svolta da Giugno a Settembre (siamo in una località di mare).
▪ L’azienda non deve essere necessariamente composta da una moltitudine di beni, ma anche da un solo bene (es. impianto
fotovoltaico viene costruito di fianco ad un edificio, l’energia che non viene utilizzata dai condomini viene immessa per legge nel
mercato, ovvero venduta al gestore della rete e, nel momento in cui viene venduta, si sta facendo attività d’impresa, tanto che il
condominio è titolare di una PARTITA IVA. Quell’impianto, smontato, può essere ceduto come azienda e, in quanto tale, seguire
tutto quello che è l’iter di una azienda).
▪ La signora Rossi Luciana ha accertato la VOLONTÀ di voler vendere e Vinci Michela ha accertato la sua VOLONTÀ di acquistare.
▪ CONSENSO E OGGETTO: (clausola ‘riserva di proprietà’ che si trova solitamente nelle cessioni di azienda quando di fatto il
prezzo di vendita non è pagato all’atto stesso ma dilazionato nell’arco del tempo)
▪ BENI COMPRESI: identificazione dell’azienda, (l’avviamento è la potenzialità dell’azienda solitamente è una posta attiva che
non si ritrova nelle scritture contabili degli imprenditori perché di fatto è quel bene immateriale che coincide con la capacità di
quell’azienda di produrre un reddito, di dare degli utili, capacità data da vari fattori es. ubicazione del locale. Questa viene
necessariamente valorizzata dalle parti (e valutata da tecnici in base a tecniche contabili di valorizzazione) in quanto
l’avviamento è uno degli elementi oggetto di attenzione in quanto gli atti che hanno ad oggetto un trasferimento sono soggetti
ad una verifica di congruità o meno della vendita per evitare che le parti si mettano d’accordo (es. se tu mi fi dichiarare un
avviamento da 1mln, io devo pagare il 3% di imposta di registro, somma importante, se invece mi fai dichiarare 100.000, io poi ti
do la differenza in valute non ufficiali).
Anche perché per me che acquisto l’avviamento è una delle poste che rientra nei beni ammortizzati nel registro dei beni
ammortizzabili (l’avviamento non è un bene che finisce la sua attività in un esercizio ma si protrae nel tempo) e fiscalmente può
essere dedotto in 18 anni (preferisco risparmiare i soldi subito piuttosto che portare un bene in contabilità e goderne
contabilmente e fiscalmente in 18 anni).
Oltre all’avviamento, i beni che compongono azienda devono essere indicati in maniera puntuale e dettagliata (perché ad es. ci
potrebbero essere dei beni che io non voglio trasferire all’azienda, per permettere delle contestazioni (es. questo computer no
perché l’ho acquistato a titolo personale e quindi non rientra nella cessione)).
Obbligo del trasferimento della ditta e dell’insegna, che potranno essere modificati (posso modificarli o anche integrarli es. Alla
Penna di Mario Rossi, ma anche cederli: sono entrati nella mia proprietà e posso farne quello che voglio, senza necessità del
consenso di chi me l’ha ceduta.
▪ VALORIZZAZIONE DELL’AZIENDA: Le parti si sono accordate che prezzo per quest’azienda è 25.000€. (Di cui 21.000€ per
l’avviamento e 3.850€ per i beni e 150€ per le scorte di magazzino).
Il pagamento non avviene tutto all’atto dell’acquisto ma in modalità dilazionata (10% dato all’atto e il restante 90% in pagamenti
rateizzati).
Per questo motivo la norma 1523 del codice civile, prevede il vincolo di RISERVA DI PROPRIETÀ: fino a che tu non mi hai pagato il
prezzo, non puoi cedere quel bene ad un terzo (vale in generale, non solo per le aziende).

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▪ SUBENTRO NEI CONTRATTI: Solitamente negli atti di cessione di azienda la buona regola è quella di indicare che tutto quello
che è oggetto di contratti e ha una rilevanza economica (attiva o passiva) fino alla data della cessione rimane in capo al cedente,
tutto ciò che avviene successivamente alla cessione dell’azienda è a capo del soggetto che l’ha acquistata (Es. Utenze: se
l’azienda è stata gestita da me che l’ho ceduta le utenze fanno capo a me, dal giorno di cessione faranno capo a te).
Nei confronti del FISCO tra cedente e cessionario c’è il vincolo di SOLIDARIETÀ: se l’agenzia delle entrate chiede dei soldi
all’azienda ceduta per debiti di 25.000€ sorti sotto la gestione del cedente e qualora quello non sia adempiente (non ha più
niente), posso rifarmi nei confronti di chi l’ha acquistata (fino a quei 25.000€) -> importanza delle scritture contabili come tutela
(beni devono rientrare).
[NB piccola impresa non è obbligata a tenere le scritture contabili ma FISCALMENTE si, in quanto è soggetto IVA e deve
rispettare gli obblighi documentali dei soggetti IVA.]
▪ Tutto ciò che è l’azienda Alla Penna è ceduta con questo atto (autorizzazioni, licenze, …). Unico obbligo dell’acquirente è
cambio di denominazione.
▪ DIVIETO DI CONCORRENZA, anche mediante intestazione fiduciaria (imprenditore occulto).
▪ LOCAZIONE (es. se azienda è esercitata in dei locali non di mia proprietà, ma in affitto. Cedendo l’azienda cedo
automaticamente anche il contratto di locazione (con comunicazione ma senza necessario consenso del proprietario
dell’immobile). Se nuovo non dovesse pagare, proprietario dell’immobile è tutelato perché può rivalersi su imprenditore
precedente.
▪ ALLEGATO che riguarda i beni che vengono trasferiti: prospetto analitico, dove sono riportati non solo i cespiti in dettaglio
(beni che compongono azienda), ma anche l’anno di acquisto da parte del venditore e una valorizzazione dei singoli beni.
Questo elenco è di estrema importanza perché beni non compresi in elenco non possono essere oggetto di acquisto o di
rivendita (bene è stato escluso).
Elenco quindi deve essere identificato, condiviso e sottoscritto e formalizzato.
La valorizzazione è di fondamentale importanza perché ciascuno di questi beni ha una sua collocazione bilancistica e segue una
apposita procedura di ammortamento con la sua aliquota di ammortamento.
Questi beni vengono riportati nel registro dei beni ammortizzabili e, nel momento in cui li vendo, devo toglierli dal registro e
scaricarlo per tot € verificando anche la plusvalenza o minusvalenza (costo storico - [fondo+prezzo di vendita]) -> sulla
plusvalenza poi ci pago le imposte [es. acquisto un bene a 100€, dopo un tot. 40€ di fondo, rivendo a 60€ -> plusvalenza 0 (non
pago le imposte: l’ho venduto a quello che è il beneficio residuo che mi aspetto da quel bene).
▪ PUBBLICITÀ NOTIZIA: L’atto precedente viene pubblicato presso il registro delle imprese perché i terzi devono sapere che la
ditta Alla Penna dalla data X in poi non è più di proprietà del cedente ma del nuovo proprietario. La pubblicazione libera da
eventuali contestazioni perché dal momento della pubblicazione nessuno può invocare la buona fede (“non lo sapevo”).
L’obbligo di depositare presso il registro delle imprese tutte le info sulla mia impresa termina nel momento della cessazione
dell’impresa (cancellazione dell’impresa, non avremo più notizie). Cancellazione ha importanza fondamentale perché la norma
concede un anno di tempo dalla cancellazione dal registro delle imprese ai soggetti che vantano un credito nei confronti del
soggetto cancellato di poter fare istanza di fallimento. Trascorso un anno dalla cancellazione questo diritto decade e l’istanza di
fallimento non è più esperibile.

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7. LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA
Art. 41 Costituzione sancisce il principio della LIBERA INIZIATIVA PRIVATA: “L’INIZIATIVA ECONOMICA PRIVATA È LIBERA. NON
PUÒ SVOLGERSI IN CONTRASTO CON L’UTILITÀ SOCIALE O IN MODO DA RECARE DANNO ALLA SICUREZZA, LIBERTÀ O DIGNITÀ
UMANA. LA LEGGE DETERMINA PROGRAMMI E CONTROLLI OPPORTUNI PERCHÉ L’ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA E PRIVATA
POSSA ESSERE INDIRIZZATA E COORDINATA AI FINI SOCIALI.”.
La costituzione riconosce e garantisce nell’economia italiana l’iniziativa e la libertà privata, la proprietà privata dei beni di
consumo e dei mezzi di produzione.
▪ Si ha CONCORRENZA IN QUEI MERCATI IN CUI COMPRATORI E VENDITORI INTERAGISCONO PER STABILIRE PREZZI E
SCAMBIARE BENI E SERVIZI.
▪ È consentito a qualunque cittadino della Repubblica intraprendere una nuova iniziativa economica.
▪ Il legislatore italiano consente:
 LIMITAZIONI LEGALI DELLA CONCORRENZA PER FINI DI UTILITÀ SOCIALE;
 CREAZIONE DI MONOPOLI LEGALI;
 LIMITAZIONI NEGOZIALI DELLA CONCORRENZA (art. 2596 c.c.).

CONCORRENZA PERFETTA, OLIGOPOLIO E MONOPOLIO


LA TEORIA DELLA CONCORRENZA PERFETTA
LA CONCORRENZA PERFETTA è IL MODELLO IDEALE E PERFETTO IN QUANTO ASSICURA L’USCITA DAL MERCATO DELLE IMPRESE
MENO COMPETITIVE, STIMOLA IL PROGRESSO TECNOLOGICO E L’ACCRESCIMENTO DELL’EFFICIENZA PRODUTTIVA DELLE
IMPRESE. È caratterizzata da:
a) Prezzo determinato unicamente dall’interazione della domanda e dell’offerta di mercato (contemporanea presenza sul
mercato di numerose imprese in competizione fra loro che non hanno alcun potere di influenzare il prezzo del prodotto).
b) Assenza di barriere di entrata in ogni settore della produzione e della distribuzione.
▪ Un mercato si può definire perfettamente concorrenziale quando si verificano le seguenti IPOTESI:
▫ IL bene prodotto è omogeneo, quindi le unità di un certo tipo di bene sono tutte uguali tra loro;
▫ Le imprese operano in condizione di "informazione completa e simmetrica" (trasparenza di mercato), ossia tutti gli agenti
economici (produttori e consumatori) dispongono di informazioni complete in merito ai costi di produzione, ai prezzi, alle
caratteristiche dei beni, alla disponibilità sul mercato, al salario reale di equilibrio, ecc.;
▫ Le imprese che operano sul mercato hanno una dimensione atomica, tale da non poter influenzare in alcun modo i prezzi di
vendita (le imprese sono price- taker)
▫ I consumatori hanno chiare le loro preferenze e le imprese conoscono le tecnologie messe a loro disposizione, che sono
uguali per tutti e non possono essere sostituite;
▫ Gli agenti economici dispongono delle stesse informazioni in maniera certa;
▫ La chiusura di un’impresa giungerà quando essa non sarà più in grado di coprire i costi variabili, e quando il prezzo di vendita
del bene sul mercato sarà inferiore al costo variabile unitario del bene (es. produco un bene, mi costa 100, devo venderlo almeno
a 101 per avere un guadagno, non a meno);
▫ Libertà di entrata e uscita dal mercato, quindi non c'è il vincolo dei costi di transazione;
▫ Sono resi certi i diritti di proprietà delle risorse disponibili, in modo da conferire agli agenti economici una certa
responsabilità nell'impiego dei propri mezzi;
NB: Il modello concorrenziale è PERFETTO in quanto il mercato stesso si autodisciplina (domanda e offerta si incontrano senza
interventi di terzi) e presenta il prezzo più basso (è determinato da tutti i fattori) MA è DIFFICILE DA REALIZZARE: tutte le attività
economiche richiedono necessariamente dei vincoli all’ingresso (professionalità, brevetti, vincoli legislativi [es. mercato
bancario: requisiti di legge per aprire una banca], necessità di conferire capitali,…) che impongono all’imprenditore una ANALISI
DI MERCATO (ovvero una attenta valutazione prima di entrare sul mercato es. prima di aprire un ristorante mi chiedo: ci sono dei
competitori? Quali sono?), delle ANALISI SUGLI INVESTIMENTI (ho i mezzi necessari per entrare in quel mercato? es. per acquistare un
locale: quant’è il prezzo di avviamento? Quanto vuole il cedente per far sì che io acquisisca quell’autorizzazione), …
Nella realtà le imprese tendono ad essere molto grandi e poco numerose, dando vita a situazioni di OLIGOPOLIO.

40
L’OLIGOPOLIO
L’OLIGOPOLIO È UN MERCATO CARATTERIZZATO DAL CONTROLLO DELL’OFFERTA DA PARTE DI POCHE GRANDI IMPRESE.
▪ Gli imprenditori concorrenti preferiscono l’accordo all’incerta competizione per prevalere gli uni sugli altri: si stipulano intese
con le quali si dividono i mercati di sbocco e si prestabiliscono i prezzi da praticare, la quantità da produrre e la quota di mercato
spettante a ciascuna impresa.
▪ CARATTERISTICHE dell’oligopolio:
▫ Poche imprese
▫ Prodotti omogenei oppure differenziati
▫ Barriere all’entrata
- NATURALI: economie di scala (una volta avuto il brevetto, più prodotti produco e vendo, più i costi fissi si riducono perché
incidono meno sull’unità prodotta, quindi abbasso il costo del prodotto), pubblicità, ricerca e sviluppo, ...
- STRATEGICHE: controllo degli input essenziali, capacità produttiva in eccesso, …

IL MONOPOLIO
Si può arrivare fino a un punto in cui tutta l’offerta di un dato prodotto è controllata da una sola impresa o da poche grandi
imprese coalizzate: monopolio di fatto.
IL MONOPOLIO È L’ACCENTRAMENTO DEL MERCATO NELLE MANI DI UN SOLO UN OPERATORE, IL QUALE PUÒ INFLUENZARE
UNILATERALMENTE IL PREZZO DI VENDITA E LA QUANTITÀ OFFERTA. L’INGRESSO DI NUOVE IMPRESE È COMPLETAMENTE
BLOCCATO DA BARRIERE DI NATURA LEGALE E TECNOLOGICA. È l’antitesi della concorrenza, del mercato.
▪ CARATTERISTICHE DEL MONOPOLIO:
▫ Venditore unico: in un monopolio puro, un'unica impresa è l'unico produttore di un bene, o il solo fornitore di un servizio,
solitamente a causa di restrizioni all'entrata nel mercato.
▫ Assenza di beni o servizi sostitutivi: il prodotto o servizio deve essere unico in una maniera che vada al di là della vera
identità del marchio, e non può essere facilmente rimpiazzato (la Coca-Cola, per esempio, non è un monopolista).
▫ Comportamento da price maker: in un monopolio puro, l'impresa monopolista controlla l'intera offerta del bene o servizio,
ed è in grado di esercitare un rilevante controllo sul prezzo, cambiando la quantità prodotta, adottando, dunque, un
comportamento da price maker (in opposizione al comportamento da price taker dell'impresa che opera in concorrenza
perfetta).
▫ Barriere all'entrata: La ragione per cui un monopolista non ha concorrenti è che barriere di un qualche tipo limitano la
possibilità che altre imprese accedano al mercato. A seconda della forma di monopolio, tali barriere possono essere
economiche, tecniche, legali (ad es. nel caso di brevetti o concessioni), innocenti (ricerca-sviluppo, tecnologia, licenze,
brevetti, economie di scala e curve di esperienza), strategiche (guerra dei prezzi, costi all'entrata, minaccia).
FOCUS: IL MONOPOLIO LEGALE
▪ Il monopolio esistente in Italia è il MONOPOLIO LEGALE: PRODUZIONE E L'OFFERTA DI BENI O SERVIZI, IN SETTORI
PREDETERMINATI DALLA COSTITUZIONE, ATTRIBUITI IN ESCLUSIVA ALLO STATO O AD UN'IMPRESA DA ESSO DESIGNATA.
(disciplinato da una apposita legislazione, gestito dall’ente supremo che garantisce i diritti fra i cittadini: lo Stato, che dà poi delle
concessioni a terzi che hanno requisiti di professionalità e onorabilità).
Dunque, in certi casi, solo a tutela di interessi pubblici, la concorrenza può essere esclusa del tutto, riservando lo svolgimento di
una determinata attività o la prestazione di un certo servizio allo Stato o ad un altro ente pubblico.
Art. 2597 c.c.: “Chi esercita un’impresa in condizione di monopolio legale ha l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le
prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la parità di trattamento”.
L’articolo pone un duplice obbligo a carico di chi opera in regime di monopolio:
4) OBBLIGO DI CONTRATTARE CON CHIUNQUE RICHIEDA LA PRESTAZIONE CHE FORMA OGGETTO DELL’IMPRESA;
5) OBBLIGO DI RISPETTARE LA PARITÀ DI TRATTAMENTO FRA I DIVERSI RICHIEDENTI.

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LA DISCRIPLINA ANTIMONOPOLISTICA (ANTITRUST)
La LEGISLAZIONE ANTIMONOPOLISTICA, spesso indicata con il termine inglese ANTITRUST, nel lessico giuridico definisce IL
COMPLESSO DELLE NORME (a livello nazionale ed europeo) POSTE A TUTELA DELLA CONCORRENZA SUI MERCATI ECONOMICI.
Art. 2595 c.c. “LA CONCORRENZA DEVE SVOLGERSI IN MODO DA NON LEDERE GLI INTERESSI DELL’ECONOMIA NAZIONALE”.
È necessario che:
▫ La concorrenza sia esercitata in modo corretto;
▫ Non si creino situazioni di monopolio o oligopolio.
▪ In Italia la legge 287/1990 ha istituito un apposito organo pubblico indipendente, l’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA
E DEL MERCATO, che vigila sulla normativa antimonopolistica generale.
Le disposizioni antimonopolistiche nell’UE sono finalizzate a che non venga impedito, ristretto o falsato il gioco della
concorrenza all'interno del mercato comune: secondo l'art. 81 del Trattato di Roma (ora articolo 101 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea): Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, le
decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che
abbiano per oggetto o effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato e in particolare
quelle consistenti nel:
- Fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o vendita ovvero altre condizioni di transazione,
- Limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti,
- Ripartire i mercati e le altre fonti di approvvigionamento,
- Applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti,
- Subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che non
abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.
Per questo il legislatore ha individuato e sanzionato gli atti di concorrenza sleale, per contrastare il fenomeno monopolistico
attraverso la disciplina antitrust, che consente di colpire le pratiche che possono pregiudicare il regime concorrenziale del
mercato comune europeo. Ad essa si affianca la normativa per la tutela della concorrenza e del mercato.
NB: Ciò che si vuole evitare è l’accentramento del mercato in mano a pochi operatori economici (es. oligopolio in telefonia, in
quanto ha delle barriere all’ingresso importanti: roaming, necessità di grandi capitali, ...) e che queste si mettano d’accordo alleandosi in
intese per bloccare l’intervento di possibili altri operatori e creino un regime monopolista.
(se gli operatori si mettono d’accordo e creano totale barriera d’ingresso, quindi un regime di fatto monopolistico, interviene legislazione a
bloccare l’attuazione di quelle unioni. Infatti, prima di poter stipulare questi contratti, bisogna chiedere il permesso all’organismo).
▪ Tre sono i FENOMENI RILEVANTI per la disciplina antimonopolistica nazionale e comunitaria:
❖ LE INTESE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA (intese che restringano il libero mercato e la possibilità di concorrenza);
❖ GLI ABUSI DI POSIZIONE DOMINANTE;
❖ LE CONCENTRAZIONI
È dunque una legislazione molto attenta all’equilibrio del mercato (anche per quanto riguarda la concorrenza sleale).

LE INTESE
LE INTESE SONO COMPORTAMENTI CONCORDATI FRA IMPRESE VOLTI A IMPEDIRE, RESTRINGERE O FALSARE IL GIOCO DELLA
CONCORRENZA ALL’INTERNO DEL MERCATO COMUNE.
(es. una impresa, per poter svolgere una grande attività (es. diga, autostrada, ferrovia), deve possere tutte le capacità necessarie, dunque crea
delle intese con altre imprese per realizzare quel tipo di prodotto o servizio (da solo non ho le capacità ma se mi unisco ad altri ce la faccio (es.
io ho capacità tecnologiche, altra impresa ha personale, altra ha capitale necessario)).
Sono comportamenti concordati fra imprese volti a limitare la propria libertà di azione sul mercato.
▪ Sono considerate intese:
- Gli accordi fra imprese anche se non vincolanti;
- Le deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese e altri organismi similari;
- Le pratiche concordate tra imprese volte ad evitare che sfuggano al divieto di intese restrittive della concorrenza.
▪ SONO VIETATE LE INTESE CHE ANCHE SOLO POTENZIALMENTE SONO IN GRADO DI LEDERE LA CONCORRENZA.
NB: Non tutte le intese anticoncorrenziali sono vietate: sono vietate solo le intese che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato.
[Sono lecite le intese minori, ossia che per la struttura del mercato, le caratteristiche delle imprese operanti e gli effetti
sull’andamento dell’offerta non incidono sull’assetto concorrenziale del mercato].
Fra le imprese vietate rientrano:
▫ INTESE ORIZZONTALI, ossia quelle fra produttori;
▫ INTESE VERTICALI, provenienti da accordi commerciali fra produttori e distributori.
Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.

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L’ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
Si ha POSIZIONE DOMINANTE quando UN’IMPRESA ACQUISTA SUL MERCATO UN POTERE ECONOMICO MAGGIORE RISPETTO A
TUTTE LE ALTRE ED È IN GRADO DI OSTACOLARE L’EFFETTIVA CONCORRENZA TENENDO COMPORTAMENTI CHE NON
RISENTONO DELLA PRESENZA DELLE ALTRE IMPRESE (è incompatibile con il mercato)
È VIETATO LO SFRUTTAMENTO ABUSIVO DA PARTE DI UNA O PIÙ IMPRESE DI UNA POSIZIONE DOMINANTE SUL MERCATO
COMUNE O SU UNA PARTE SOSTANZIALE DI QUESTO.
Ad un’impresa in posizione dominante è vietato:
▫ Di imporre direttamente o non prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravosi;
▫ Di impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnologico a danno dei consumatori;
▫ Di applicare nei rapporti commerciali condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;
▫ Di subordinare la conclusione di contratti all’accettazione di prestazioni supplementari che non abbiano alcuna connessione
con l’oggetto del contratto stesso.

LE CONCENTRAZIONI
Si ha CONCENTRAZIONE in tre casi:
• Due o più imprese si fondono dando così luogo ad un’unica impresa (CONCENTRAZIONE GIURIDICA);
(società A e B si fondono costituendo la società C)
• Due o più imprese, restando giuridicamente distinte, diventano unica entità economica (CONCENTRAZIONE ECONOMICA)
(società A,B e C restano distinte ma mettono in comune risorse es. per partecipare ad un appalto per una determinata attività)
• Due o più imprese indipendenti costituiscono un’impresa societaria comune.
IL RISULTATO È L’AMPLIAMENTO DELLA QUOTA DI MERCATO DETENUTA DA UN’IMPRESA.
▪ Gli strumenti tipici che possono dar luogo a una concentrazione sono:
 Fusione;
 Scissione;
 Acquisto d’azienda;
 Acquisto di una partecipazione azionaria di controllo.
▪ SONO VIETATE LE CONCENTRAZIONI CHE COMPORTANO LA COSTITUZIONE O IL RAFFORZAMENTO DI UNA POSIZIONE
DOMINANTE SUL MERCATO IN MODO DA ELIMINARE O RIDURRE IN MODO SOSTANZIALE E DUREVOLE LA CONCORRENZA.

LE LIMITAZIONI ALLA CONCORRENZA


LIMITAZIONI PUBBLICISTICHE E MONOPOLI LEGALI
LA LIBERTÀ DI INIZIATIVA ECONOMICA PRIVATA E LA CONSEGUENTE LIBERTÀ DI CONCORRENZA NON POSSONO SVOLGERSI IN
CONTRASTO CON L’UTILITÀ SOCIALE O IN MODO DA RECARE DANNO ALLA SICUREZZA, ALLA LIBERTÀ E ALLA DIGNITÀ UMANA.
Le forme di intervento in questo senso sono:
a) Controlli sull’accesso al mercato di nuovi imprenditori, attuati subordinando l’esercizio di determinate attività a
concessione o autorizzazione amministrativa (es. Attività bancaria);
a) Ampi poteri di indirizzo e controllo dell’attività riconosciuti alla pubblica amministrazione nei confronti delle imprese che
operano in settori di particolare rilievo economico e/o sociale;
b) Sistema di controllo pubblico dei prezzi di vendita, che per beni o servizi strategici e di largo consumo può giungere fino alla
fissazione di prezzi di imperio.

LIMITAZIONI CONVENZIONALI DELLA CONCORRENZA


L’art. 2596 c.c. consente la STIPULAZIONE DI ACCORDI RESTRITTIVI DELLA CONCORRENZA e detta una disciplina di carattere
generale degli stessi che si fonda su 3 regole:
1. DEVE ESSERE PROVATO PER ISCRITTO;
2. NON PUÒ PRECLUDERE AL SOGGETTO LO SVOLGIMENTO DI OGNI ATTIVITÀ PROFESSIONALE;
3. DURATA MASSIMA DI 5 ANNI.
Riconosciamo due categorie di patti anticoncorrenziali:
a) PATTI AUTONOMI: autonomo contratto che ha ad oggetto e funzione esclusivi la restrizione della libertà di concorrenza.
(es. cartello: accordi medianti i quali più imprenditori disciplinano la reciproca concorrenza);
b) PATTI ACCESSORI: clausola accessoria di un altro contratto avente diverso oggetto.
Definiamo patti accessori nominati:
- Clausola esclusiva;
- Patto di preferenza;
- Patto di non concorrenza;
- Patto con cui si limita la concorrenza dell’agente dopo lo scioglimento del contratto di agenzia.

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LA CONCORRENZA SLEALE (art. 2598 c.c.)
▪ È interesse generale che la competizione tra imprenditori si svolga in modo corretto e leale.
▪ Codice sancisce alcune regole di comportamento dirette ad evitare atti di concorrenza sleale tra imprese: FRA IMPRENDITORI
CONCORRENTI È VIETATO SERVIRSI DI MEZZI E TECNICHE NON CONFORMI AI PRINCIPI DELLA CORRETTEZZA PERSONALE.
Atti, fatti o comportamenti che violino questa regola sono atti di concorrenza sleale (illecito concorrenziale).
NB: Sono repressi e sanzionati anche se non hanno ancora arrecato danno e si parla di danno potenziale.
▪ Occorre il ricorso di un duplice presupposto:
1. Che il soggetto che pone in essere l’atto di concorrenza vietato e colui che ne subisce le conseguenze, siano imprenditori;
2. L’esistenza di un rapporto di concorrenza economica.
▪ L’art. 2598 del c.c. definisce i COMPORTAMENTI CHE COSTITUISCONO ATTI DI CONCORRENZA SLEALE:
❖ FATTISPECIE DELLA CONFUSIONE:
OGNI ATTO IDONEO A CREARE CONFUSIONE CON I PRODOTTI O CON L’ATTIVITÀ DI UN CONCORRENTE.
Le principali tecniche e pratiche di confusione che un imprenditore può realizzare sono:
- L’uso di nomi e segni distintivi di imprenditori concorrenti;
- Imitazione servile di prodotti di un concorrente, mezzi pubblicitari, listini, cataloghi, aspetto esteriore di locali di vendita;
- La riproduzione di forme esteriori dei prodotti altrui;
❖ FATTISPECIE DELLA DENIGRAZIONE O DELL’APPROPRIAZIONE DI PREGI ALTRUI;
DENIGRAZIONE DEGLI ALTRI PRODOTTI SIMILI AI MIEI FINALIZZATA A FALSARE GLI ELEMENTI DI VALUTAZIONE
COMPARATIVA DEL PUBBLICO.
Si realizza sostanzialmente cercando di screditare o rubando i pregi del concorrente; esempio classico di concorrenza sleale
per denigrazione è la pubblicità iperbolica o pubblicità comparativa (solo in alcuni casi).
❖ OGNI ALTRO MEZZO NON CONFORME AI PRINCIPI DELLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE E IDONEO A DANNEGGIARE
L’ALTRUI AZIENDA.
Rientrano in questa categoria residuale:
▫ LA CONCORRENZA PARASSITARIA, ossia la sistematica imitazione delle iniziative altrui;
▫ IL DUMPING, cioè la procedura di vendita di un bene o servizio su di un mercato estero a un prezzo inferiore rispetto a
quello di vendita o produzione del medesimo prodotto sul mercato di origine al fine di conquistare un nuovo mercato;
(es. produco delle sedie ad un determinato prezzo di produzione 1000 con un determinato prezzo di vendita 1.500, per poter entrare
nel mercato Asiatico li vendo a 300) [frequente dall’oriente verso l’Europa: prodotti cinesi]
▫ LO STORNO DEI DIPENDENTI (prendo un dipendente che lavora per un’altra azienda)
▫ LA SOTTRAZIONE DEI SEGRETI AZIENDALI (spionaggio industriale)
▫ CONCORRENZA DELL’EX DIPENDENTE
▫ IL BOICOTTAGGIO, ossia il rifiuto ingiustificato ed arbitrario di un’impresa dominante di fornire i propri prodotti a
determinati rivenditori;
▫ LA SOTTRAZIONE DI DIPENDENTI O COLLABORATORI AD UN CONCORRENTE
▫ PUBBLICITÀ INGANNEVOLE: falsa attribuzione ai prodotti di qualità o pregi non appartenenti ad alcun concorrente.
La pubblicità è fatta dagli imprenditori che producono e cedono beni o servizi.
Con pubblicità ingannevole si intende la PUBBLICITÀ CHE MI PORTA AD ACQUISTARE UN PRODOTTO CHE NON HA QUEI
REQUISITI INDICATI NELLA PUBBLICITÀ (c’è la VOLONTA’ di creare un inganno per i consumatori). Il consumatore è
soggetto passivo che subisce la distrazione, la modifica del comportamento per effetto della comunicazione che riceve.
(es. pubblicità ingannevole ora censurata: piccolini Barilla, pubblicizzati come pasta per bambini MA era vietata ai minori di 3 anni).
▪ All’originaria mancanza di norme sulla protezione del consumatore contro gli inganni pubblicitari, sono stati introdotti:
- Il codice di autodisciplina pubblicitaria, con lo scopo di assicurare che la comunicazione commerciale venga
realizzata come servizio per il pubblico (adesione volontaria).
Gli organi che sovraintendono alla corretta applicazione del codice sono:
· Il giurì, organo giudicante: chiamato a pronunciarsi su comunicazioni commerciali che vengono portate alla sua attenzione;
· Il comitato di controllo: sottopone al giurì la comunicazione commerciale che a suo modo non risulta conforme al codice.
Inoltre, può essere chiamato ad esprimere pareri consultivi (richiesti dal giurì) o pareri preventivi (prima del lancio di una
nuova campagna pubblicitaria).
- Una disciplina statale della pubblicità ingannevole e comparativa;
- Una disciplina, nel codice del consumo, contro le pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori;
- Un controllo amministrativo, affidato all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
▪ Il giudice, dopo aver accertato il compimento di un atto di concorrenza sleale, può:
• Vietare all’imprenditore concorrente la continuazione del comportamento sleale (TUTELA INIBITORIA);
(Sanzione diretta ad ottenere una sentenza che accerti l’illecito e ne inibisca la continuazione per il futuro e disponga a
carico della controparte i provvedimenti reintegrativi necessari per far cessare gli effetti della concorrenza sleale).
• Prendere provvedimenti per eliminare gli effetti – RISARCIMENTO DEI DANNI (TUTELA RIPARATORIA)

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8. LE SOCIETA’ (titolo V da art 2247 a 2510)
▪ I mezzi dell’imprenditore per svolgere attività d’impresa sono due: o individualmente (DITTA) o sotto forma di SOCIETA’.
▪ Le SOCIETÀ sono ORGANIZZAZIONI DI PERSONE E DI MEZZI CREATE DALL’AUTONOMIA PRIVATA PER L’ESERCIZIO IN COMUNE
DELL’ATTIVITÀ PRODUTTIVA. SONO LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE TIPICHE MA NON ESCLUSIVE PREVISTE DELL’ORDINAMENTO
PER L’ESERCIZIO IN FORMA ASSOCIATA DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA, ESPRESSIONE DELLA TENDENZA DEGLI INDIVIDUI AD
ASSOCIARSI PER ESEGUIRE INSIEME SCOPI CHE NON SI PRESTANO AD ESSERE REALIZZATE ISOLATAMENTE.
▪ Il decreto legislativo 17 gennaio 2003, N. 6, pubblicato in Gazzetta Ufficiale N. 17 del 22 gennaio 2003 con cui è stata data
attuazione alla Legge delega 3 ottobre 2001, N. 366, ha introdotto la prima riforma organica delle società di capitali con
l’obiettivo di adeguare il nostro diritto ai sistemi più avanzati di regole societarie, soprattutto all’interno dell’Unione Europea.
▪ Il legislatore pone a disposizione dell’autonomia privata 8 TIPI DI SOCIETÀ, raggruppate in due categorie:
SOCIETÀ DI PERSONE: SOCIETÀ DI CAPITALI:
- SOCIETÀ SEMPLICE (S.S.), - SOCIETÀ PER AZIONI (S.P.A.)
- SOCIETÀ A NOME COLLETTIVO (S.N.C.), - SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI (S.A.P.A.)
- SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (S.A.S.). - SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA (S.R.L.)

IL CONTRATTO DI SOCIETA’
▪ L’articolo 2247 c.c (Titolo V, Capo I) enuncia la nozione generale di società attraverso la definizione di CONTRATTO DI SOCIETÀ:
“CON IL CONTRATTO DI SOCIETÀ SI VIENE A FORMARE UN “PATRIMONIO SOCIALE” COSTITUITO DAI BENI CONFERITI DAI SINGOLI
SOCI; DUE O PIÙ PERSONE CONFERISCONO BENI O SERVIZI PER L’ESERCIZIO IN COMUNE DI UN’ATTIVITÀ ECONOMICA ALLO
SCOPO DI DIVIDERNE GLI UTILI”
▪ Le società sono enti associativi a base contrattuale: si costituiscono attraverso un negozio giuridico che è il “CONTRATTO”
(nascono dall' accordo di due o più parti per costituire e regolare fra loro un rapporto giuridico a contenuto patrimoniale)
NB: Il contratto di società non può essere considerato semplicemente un semplice contratto (e quindi bilaterale, come ad es.
contratto di vendita, di locazione etc): a differenza di quest’ultimi è un CONTRATTO POTENZIALMENTE PLURILATERALE.
Infatti il contratto di società, con la riforma del diritto societario, può essere:
- UNILATERALE (è possibile, per alcune società, che ci sia un unico socio)
- PLURILATERALE
▪ Il contratto può essere sottoscritto da:
- Persone fisiche (noi)
- Persone giuridiche (società)
I soci di una società possono dunque essere sia persone fisiche sia altre società.
▪ Come detto, con il contratto di società si viene a formare il “PATRIMONIO SOCIALE” costituito da beni conferiti dai singoli soci.
Il patrimonio così formato non è altro che un fondo sociale appartenente a tutti i singoli soci.
(es. Mario e Luigi conferiscono dei beni per istituire una SRL con capitale di 50.000€: Mario versa 25.000€, mentre Luigi conferisce dei beni del
valore di 25.000. Nel momento in cui li conferiscono, questi diventano proprietà della società, non più di Mario e Luigi).
Possiamo ricondurlo alla sezione “Comunione di beni” del codice civile, per cui CIASCUN PARTECIPANTE HA DIRITTO DI GODERE
E DISPORRE IN MODO PIENO ED ESCLUSIVO DEL BENE CON LA SOLA LIMITAZIONE CHE “NON NE ALTERI LA DESTINAZIONE
ECONOMICA E NON IMPEDISCA AGLI ALTRI PARTECIPANTI DI FARNE PARIMENTI USO SECONDO IL LORO DIRITTO” (art. 1102).
Ne consegue che si parla di comunione dei beni al SOLO SCOPO DEL GODIMENTO (art. 2248 c.c.): ciascuno dei partecipanti al
contratto di società ha diritto di godere in modo pieno ed esclusivo del bene, con l’unica limitazione che non ne può alterarne la
destinazione economica per la quale il bene è stato conferito.
▪ IN PARTICOLARE, IL CONTRATTO DI SOCIETÀ È UN CONTRATTO:
• CONSENSUALE, in quanto si perfeziona seguito della semplice manifestazione del consenso delle parti;
• DI DURATA, in quanto i suoi effetti si protraggono nel tempo,
• PLURILATERALE in quanto in genere è stipulato tra due o più soci,
(eccezione: la S.r.l. ad un unico socio: in questo caso non c’è un contratto ma un atto unilaterale)
• APERTO, perché durante la vita della società altre persone possono entrare a far parte della stessa,
• CON COMUNIONE DI SCOPO, perché tutti contraenti perseguono lo stesso interesse,
• FORMALE (nella maggior parte dei casi, NON sempre), nel senso che è richiesta una forma determinata per la conclusione.
▪ Che la società sia per legge qualificata come un contratto implica l'applicabilità in materia della restante disciplina generale dei
contratti fissata dal codice civile, nei limiti però in cui essa è incompatibile con i caratteri propri dei contratti associativi e con la
specifica normativa dettata per i singoli tipi di società.
[NB: numerose e vistose sono le deroghe da quest'ultima apportate alla disciplina generale dei contratti soprattutto quando
l'attività sociale è già iniziata dando luogo al l'instaurarsi di rapporti con terzi].

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I CONTRATTI ASSOCIATIVI
Sotto il profilo contrattuale, le società possono essere inquadrate nella più ampia categoria dei CONTRATTI ASSOCIATIVI O CON
COMUNIONE DI SCOPO, che si caratterizzano e differenziano rispetto ai contratti di scambio perché in essi L'AVVENIMENTO CHE
SODDISFA L'INTERESSE DI TUTTI I CONTRAENTI È UNICO.
(nei contratti di scambio l'avvenimento che soddisfa l'interesse d'una delle parti è diverso dall' avvenimento che soddisfa
l'interesse dell'altra ≠ mentre nella società l'esercizio in comune dell'attività economica forma l'oggetto del contratto).
▪ CARATTERISTICHE:
a. Nei contratti associativi le prestazioni di ciascuna parte possono anche essere di diversa natura e di diverso ammontare.
Esse, infatti, non sono destinate a scambiarsi fra loro secondo un rapporto di corrispettività; tutte sono finalizzate alla
realizzazione di uno scopo comune e tutte trovano il loro corrispettivo nella partecipazione ai risultati dell'attività comune
b. Il contratto associativo è un contratto potenzialmente plurilaterale e aperto. Può essere stipulato da più parti e da un
numero illimitato di parti; inoltre, il numero può variare in aumento o in diminuzione durante lo svolgimento del rapporto
senza uno scioglimento dell'originario contratto.
c. Il contratto associativo ed il contratto di società in particolare è un contratto di organizzazione di una futura attività.
L'attuazione nel contratto di società presuppone lo svolgimento di un'attività comune e la conseguente creazione di
un'organizzazione di gruppo deputata alla produzione di una serie non definita di nuovi atti giuridici a rilievo sia interno tra i
soci, sia esterno nei confronti di terzi. Dal contratto nascono fra le parti contraenti situazioni strumentali e non finali.
▪ SPECIALE DISCIPLINA: Nei contratti associativi la nullità, annullabilità, risoluzione per inadempimento o per impossibilità
sopravvenuta che colpiscono il vincolo di una delle parti non comportano rispettivamente nullità, annullamento o risoluzione
dell'intero contratto, salvo che è la partecipazione venuta meno debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale. A questa
disciplina soggiace anche il contratto di società, nell'eventuale silenzio della normativa dettata per i singoli tipi di società.

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GLI ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO DI SOCIETÀ
L’articolo 2247 individua i REQUISITI ESSENZIALI DEL CONTRATTO DI SOCIETÀ:
1) I CONFERIMENTI DEI SOCI di beni e/o servizi
2) L’ESERCIZIO IN COMUNE DI UN’ATTIVITA’ D’IMPRESA (scopo-mezzo)
3) LO SCOPO DELLA DIVISIONE DEGLI UTILI (scopo-fine)

1. LA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI (artt. 2253-2254-2255)


L’art. 2253 c.c. recita che “Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale; se i conferimenti non
sono determinati, si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti uguali tra loro, quanto è necessario per il
conseguimento dell'oggetto sociale”
I CONFERIMENTI vengono generalmente definiti in dottrina come “LE PRESTAZIONI CUI LE PARTI DEL CONTRATTO DI SOCIETÀ SI
OBBLIGANO”. Essi costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società.
▪ La loro FUNZIONE è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell’attività d’impresa.
▪ Col conferimento ciascun socio destina stabilmente, per la durata della società, parte della propria ricchezza personale
all’attività comune e si espone al rischio di impresa.
▪ IL CONFERIMENTO È DUNQUE L'ATTO TRASLATIVO A TITOLO ONEROSO CON IL QUALE IL SOCIO ADEMPIE ALLA PROMESSA DI
APPORTO FATTA IN SEDE DI COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ E ALLO SCOPO DI DOTARE LA SOCIETÀ DEI MEZZI NECESSARI PER
L'ESERCIZIO DELL'ATTIVITÀ DI IMPRESA.
È essenziale che tutti soci partecipino al rischio dell’impresa e quindi che essi si obblighino ad eseguire un apporto a titolo di
conferimento. Effetto del conferimento è in ogni caso l’acquisto della qualità di socio.
▪ È importante DETERMINARE:
A. L’OGGETTO DEL CONFERIMENTO
Possono essere oggetto di conferimento:
▫ BENI, tra cui:
- SOMME DI DENARO o CREDITI;
- BENI IN NATURA, che possono essere: mobili o immobili, materiali o immateriali, in proprietà o in godimento
Il bene deve essere immune da vizi.
▫ SERVIZI: ATTIVITÀ O SERVIZI PROFESSIONALI DI CARATTERE MANUALE O INTELLETTUALE (prestazioni di una
determinata attività a favore dell’attività, socio d’opera) [NB: nelle società per azioni e nelle società cooperative per azioni non
possono formare oggetto di conferimento le prestazioni d'opera o i servizi (commerciale 2)]
▪ È essenziale che i conferimenti siano SUSCETTIBILI DI VALUTAZIONE ECONOMICA e siano valutati idonei per l’esercizio
dell’attività di impresa: i conferimenti devono infatti essere VALUTATI da un perito, nominato dai soci o dal tribunale a
seconda del tipo di società, che deve individuare il valore del bene, per evitare ANNACQUAMENTI DEL CAPITALE
(sopravvalutazione dei beni conferiti, che danno ai terzi una falsa rappresentazione del patrimonio netto).
▪ Non è necessario che il conferimento sia immediatamente conferito, è sufficiente che i soci si assumano l’obbligo di
eseguire un determinato apporto con il contestuale sorgere di un diritto di credito a favore della società.
B. L’AMMONTARE DEL CONFERIMENTO
Secondo l'art. 2464 c.c. il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del
capitale sociale e ciò per garantire i creditori sociali circa la consistenza effettiva del capitale sociale.
▪ È sempre proporzionale alla partecipazione del socio ed è solitamente indicato nell’atto costitutivo.
▪ L’insieme dei conferimenti costituisce il capitale sociale della società.
▪ La somma dei conferimenti effettuati dai soci e la disciplina relativa varia in relazione al tipo di società.
In alcuni casi, per la costituzione della società, la legge impone un capitale sociale minimo ossia obbliga i soci a conferire
almeno una certa somma,
- Nelle società di capitali, al momento della costituzione, viene stabilita una misura minima del capitale sociale da
versare, che a sua volta varia a seconda della società che si sta costituendo.
(es. il capitale sociale di una società per azioni non può essere inferiore a 120.000 €.)
[vedremo bene in commerciale 2]
- Nelle società di persone, il capitale sociale non ha un limite minimo, potendo la società non avere capitale sociale (in
quanto il capitale sociale non costituisce, come nelle società di capitali, unica garanzia per i creditori sociali, ma i terzi
creditori si possono rivalere anche sui patrimoni dei soci che abbiano responsabilità illimitata).

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2. L’ESERCIZIO IN COMUNE DI UN’ATTIVITA’ ECONOMICA (SCOPO-MEZZO)
L’esercizio in comune di un’attività economica è il secondo degli elementi caratterizzanti la nozione di società.
Art. 2247 “Nel contratto di società le parti conferiscono i beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica”.
L’attività economica a cui si fa riferimento nell’articolo non è altro che l’attività di impresa svolta dall’imprenditore che viene
tuttavia esercitata, in questo caso, collettivamente.
▪ Quando parliamo di esercizio in comune di attività economica dobbiamo fare riferimento a:
a. OGGETTO SOCIALE: È L’ATTIVITÀ ECONOMICA CHE I SOCI SI PROPONGONO DI SVOLGERE.
Tale attività deve essere predeterminata nell’atto costitutivo.
È modificabile nel corso della vita solo con l’osservanza delle norme che regolano la modificazione dell’atto costitutivo.
b. ATTIVITÀ PRODUTTIVA: In tutte le società l’oggetto sociale deve consistere nello svolgimento di un’attività economica
produttiva, ovvero una ATTIVITA’ A CONTENUTO PATRIMONIALE CONDOTTA CON METODO ECONOMICO E FINALIZZATA
ALLA PRODUZIONE O ALLO SCAMBIO DI BENI O SERVIZI.
(In sintesi, di un’attività che di regola presenta i caratteri propri dell’attività d’impresa.)
c. ATTIVITÀ COMUNE: è essenziale, per aversi società, che l’attività produttiva sia ESERCITATA IN COMUNE e PREORDINATA
ALLA REALIZZAZIONE DI UN RISULTATO UNITARIO E COMUNE.
- Per ESERCIZIO IN COMUNE si intende il potere di tutti soci di partecipare alle scelte della società. Questo potere si
manifesta in maniera diversa a seconda del tipo di società prescelto.
- Il RISULTATO COMUNE: è un risultato giuridicamente imputabile al gruppo in modo che tutti siano partecipi del
risultato positivo o negativo della medesima attività.
(es. non si ha società se due persone acquistano in comune un camion per poi servirsene a turno per l’esercizio di distinte attività di
trasporto che potranno concludersi per l’uno con profitti e per l’altro con perdita. Si hanno in tal caso due distinte imprese).
È il modo di svolgimento dell’attività che consente di qualificare la stessa come comune a più soggetti.
È necessario che i singoli atti di impresa siano prodotti secondo modalità che ne consentano l’imputazione al gruppo, è
necessario che chi agisce nei rapporti esterni sia abilitato ad agire per conto del gruppo ed agisca in nome dello stesso.

3. LO SCOPO DELLA DIVISIONE DEGLI UTILI (SCOPO-FINE)


L’ulteriore elemento che non può mancare perché si possa parlare di società è lo scopo di dividere gli utili della stessa.
L’interesse, e quindi anche lo scopo, primario della società consiste nel TRASFORMARE LA RICCHEZZA CONFERITA DAI SOCI IN
UNA EFFICIENTE ORGANIZZAZIONE IMPRENDITORIALE.
L’identificazione dello scopo di dividere gli utili, così come indicato nell’art. 2247 c.c. deve essere considerato come elemento
costitutivo delle società e non come risultato di una interpretazione restrittiva e letterale della norma.
▪ Salve le eccezioni prescritte dalle leggi speciali, le società sono enti associativi che operano con metodo economico e per la
realizzazione di un risultato economico a favore esclusivo dei soci (la società è un fenomeno essenzialmente egoistico).
▪ LO SCOPO DI LUCRO è quello tipico della società che si propone di destinare ai soci i proventi dell'attività economica esercitata
(scopo di divisione degli utili).
Una società può essere costituita per svolgere attività di impresa con terzi
- allo scopo di conseguire utili (LUCRO OGGETTIVO),
- destinati ad essere successivamente divisi fra soci (LUCRO SOGGETTIVO).
Il legislatore assegna questo scopo a SOCIETA’ DI PERSONE e SOCIETA’ DI CAPITALI (definite appunto ‘società’)
[≠ associazioni, enti non profit, che non hanno scopo di lucro, eventuali avanzi di utili sono rimessi in azienda]
▪ ESISTONO TUTTAVIA ALTRI SCOPI POSSIBILI DEL CONTRATTO DI SOCIETÀ:
▫ Lo SCOPO MUTUALISTICO: non è espressamente definito dalla normativa civile, ma solo da quella fiscale. Il Legislatore
fiscale stabilisce che per mutualità deve intendersi la capacità di fornire ai soci beni, servizi o occasioni di lavoro a condizioni
più vantaggiose rispetto a quelle di mercato, ottenendo quindi un vantaggio economico diretto (risparmio di spesa per beni e
servizi o maggiore remunerazione del proprio lavoro)
▪ Il loro scopo tipico è, quindi, quello di procurare ai soci un vantaggio patrimoniale diretto, che potrà consistere in un
risparmio di spesa o in una maggiore remunerazione del lavoro prestato dei soci nella cooperativa.
▪ Questo scopo è presente nelle SOCIETÀ COOPERATIVE e nelle MUTUE ASSICURATRICI.
▫ Lo SCOPO CONSORTILE:
Tutte le società, tranne le società semplici, possono poi avere uno scopo consortile, cioè quello di COORDINARE LE
ATTIVITÀ ECONOMICHE CON OGGETTO ANALOGO O AFFINE DI PIÙ IMPRENDITORI O LO SVOLGIMENTO DI DETERMINATE
FASI DELLE RISPETTIVE IMPRESE (es. quando c’è una gara pubblica, impresa da sola non ha la capacità di partecipare quindi si unisce
con altre aziende e insieme riescono ad abbattere il muro d’ingresso).
Questo consiste in un particolare vantaggio patrimoniale degli imprenditori consorziati:
a. Sopportazione di minori costi
b. Realizzazione di maggiori guadagni nelle rispettive imprese.
Le società che perseguono lo scopo consortile sono i CONSORZI.

48
FOCUS: L’ESERCIZIO IN COMUNE DI UN’ATTIVITA’ ECONOMICA
SOCIETA’ E IMPRESA
L’attività delle società presenta tutti caratteri propri dell’attività di impresa, non a caso le società vengono fatte rientrare nella
più ampia categoria delle IMPRESE COLLETTIVE.
Le società sono di regola titolari di un’impresa collettiva ed esse è quindi applicabile la disciplina dell’attività di impresa.
(NB: se l’attività è anche commerciale anche le società sono esposte al fallimento.)
▪ PUÒ ESISTERE UNA SOCIETÀ SENZA IMPRESA? Si, con riferimento a due diversi fenomeni:
❖ LE SOCIETA’ TRA PROFESSIONISTI
Le società tra professionisti sono le società fra professionisti intellettuali che hanno come oggetto unico ed esclusivo l’esercizio in comune
dell’attività professionale agli stessi riservata per legge. (es. società fra notai per l’esercizio della professione notarile).
SONO CIOÈ ASSUNTI DALLA SOCIETÀ ED È LA SOCIETÀ CHE GIURIDICAMENTE SI OBBLIGA AD ESEGUIRE LE RELATIVE PRESTAZIONI
PROFESSIONALI SIA PURE ATTRAVERSO I PROPRI SOCI.
▪ NB: si considerano solo i soggetti il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in appositi albi professionali (avvocati, commercialisti, ingegneri,
notai, medici) e non i soggetti per i quali invece ciò non è prescritto (es. pubblicitari, sociologi, osteopati, amministratori di condominio).
▪ L’attività dei professionisti intellettuali è attività economica ma NON È LEGISLATIVAMENTE CONSIDERATA ATTIVITÀ DI IMPRESA.
Nel 2006 È STATA CONSENTITA LA COSTITUZIONE DI SOCIETÀ DI PERSONE TRA PROFESSIONISTI PER LA PRESTAZIONE DI SERVIZI
PROFESSIONALI INTERDISCIPLINARI.
La società tra professionisti dà perciò vita ad una ipotesi di società senza impresa.
▪ NB: vi è la necessità di distinguere le società fra professionisti veri e propri da altri fenomeni associativi o societari che vedono coinvolti
professionisti ma che non ricadono nell’ambito dell’applicazione della disciplina delle società fra professionisti.
▫ L’ASSUNZIONE CONGIUNTA di un incarico da parte di più professionisti (es. due avvocati che assumono la difesa dello stesso cliente).
▫ La SOCIETÀ DI SERVIZI che offre sul mercato un prodotto complesso per la cui realizzazione sono necessarie prestazioni professionali
o dei terzi. Prestazioni che hanno però carattere strumentale servente rispetto al servizio unitario offerto dalla società che non si
identifica con quello tipico di alcuna delle professioni intellettuali.
(es. società di ingegneria, la cui attività non si esaurisce nella semplice progettazione di opere di ingegneria ma comprende anche ulteriori prestazioni
come le relative ricerche di fattibilità ed il reperimento di fondi fino alla realizzazione e alla vendita degli impianti progettati).
▫ La SOCIETÀ DI MEZZI, cioè una società costituita da professionisti per l’acquisto e la gestione in comune di beni strumentali
all’esercizio individuale delle rispettive professioni.
(es. singoli medici che si avvalgono dell’apparato strumentale messo a loro disposizione della società).
▪ Ferma restando la libertà di mantenere in vita o di costituire nuove associazioni professionali nella vecchia forma degli studi
professionali, i professionisti che intendono esercitare in comune una professione protetta possono oggi optare per lo strumento giuridico
della società di qualsiasi tipo (dunque, di società di persone ma anche di società di capitali e cooperative).
▪ Alla società possono partecipare, oltre i soci professionisti, anche SOCI NON PROFESSIONISTI per la fornitura di prestazioni tecniche o
per finalità di investimento (a patto che i soci professionisti abbiano la maggioranza dei 2/3 sui soci capitalisti. Se viene meno questa
condizione, deve essere ristabilita nel termine dei sei mesi altrimenti la società si scioglie e deve essere cancellata d’ufficio).
▪ NB: il decreto legislativo del 2001 n 96 ha introdotto le SOCIETÀ TRA AVVOCATI, che ha per oggetto esclusivo l’esercizio in comune
dell’attività professionale dei propri soci, vale a dire l’attività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio e di consulenza legale.
❖ LE SOCIETA’ OCCASIONALI
Per potersi avere impresa, come sappiamo, secondo l’art. 2082 è necessario requisito della professionalità, ossia l’attività di impresa deve
essere stabile ed abituale anche se non necessariamente continuativa.
L’articolo 2247 invece richiede che l’attività della società abbia carattere produttivo ma non fa cenno al requisito della professionalità
richiesta dall’articolo 2082. È legittimo, perciò, ritenere che L’ESERCIZIO IN COMUNE DI UN’ATTIVITÀ ECONOMICA NON PROFESSIONALE
(OCCASIONALE) È SUFFICIENTE PER DAR VITA AD UNA SOCIETÀ MA NEL CONTEMPO NON DÀ VITA AD UN’IMPRESA PER DIFETTO
APPUNTO DEL REQUISITO DELLA PROFESSIONALITÀ.
▪ Si parla questo proposito di società occasionale ed è applicabile la disciplina del tipo di società prescelto ma non la disciplina dell’impresa
e se l’attività è commerciale, per cui la società occasionale deve ritenersi sottratta al fallimento.
▪ È necessario delimitare il fenomeno, per cui sono distinte tre ipotesi:
a. NON SI HA NÉ SOCIETÀ NÉ IMPRESA quando due persone realizzano insieme un affare che si risolve nel compimento di un solo atto
economico o anche di più atti non coordinati da un disegno unitario.
(es. due amici decidono di vendere insieme la propria collezione di francobolli per spuntare un prezzo maggiore. In tal caso difetta infatti il requisito
dell’attività cioè una serie di atti coordinati essenziali per aversi sia società che impresa).
b. SI HA SIA SOCIETÀ SIA IMPRESA quando due persone decidono di compiere insieme un singolo affare complesso, che per la sua
natura implica il compimento di numerose operazioni e l’utilizzo di un apparato idoneo ad escludere il carattere occasionale.
c. SI HA LA SOCIETÀ OCCASIONALE nelle ipotesi in cui si sia in presenza di esercizio in comune di attività oggettivamente non duratura,
di un’attività cioè che si esaurisce nel compimento di pochi atti elementari coordinati che non richiedono la predisposizione di alcun
apparato produttivo oggettivamente apprezzabile.

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SOCIETÀ E COMUNIONE
LA COMUNIONE COSTITUITA O MANTENUTA AL SOLO SCOPO DI GODIMENTO DI UNA O PIÙ COSE È REGOLATA DALLE NORME IN TEMA DI
COMUNIONE E NON DA QUELLE SULLA SOCIETÀ.
La COMUNIONE è una situazione giuridica che sorge quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone.
SOCIETÀ COMUNIONE
- OGGETTO: La società è un contratto che ha per oggetto - OGGETTO: ha per oggetto semplice godimento della cosa con
l’esercizio in comune di un’attività economica produttiva. secondo la sua normale e naturale destinazione economica.
- RAPPORTO BENI ATTIVITÀ: Nella società il bene comune - RAPPORTO BENI ATTIVITÀ: Nella comunione invece il rapporto
ovvero il patrimonio sociale, ha una funzione servente rispetto beni-attività si inverte. È l’attività che svolge funzione servente
all’attività di impresa, sono un mezzo per lo svolgimento di rispetto ai beni, esso è un mezzo per assicurare la
quest’ultima. L’organizzazione di gruppo è investita da più ampi conservazione della cosa comune e consentirne il migliore
poteri di disposizione sul patrimonio sociale. godimento individuale da parte dei comproprietari. Entro tali
- REGIME PATRIMONIALE DEI BENI: I beni facenti parte di un limiti sono circoscritti i poteri dell’organizzazione dei
patrimonio sociale sono affetti da vincolo di stabile comproprietari.
destinazione allo svolgimento dell’attività d’impresa, tale - REGIME PATRIMONIALE DEI BENI: LA COMUNIONE NON GODE
vincolo è del tutto assente nella comunione. DI AUTONOMIA PATRIMONIALE
- PRINCIPI CARDINE: - PRINCIPI CARDINE:
a. Il singolo socio non può liberamente servirsi delle cose a. Ciascun comproprietario può liberamente servirsi della
appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei allo cosa comune, purché non ne alteri la naturale
svolgimento di attività di impresa, destinazione e non impedisca agli altri comproprietari di
b. Il socio non può provocare a sua discrezione lo farne parimenti uso secondo il loro diritto.
scioglimento anticipato della società e la conseguente b. Ciascuno dei comproprietari può in ogni momento
divisione del patrimonio sociale, chiedere lo scioglimento della comunione ponendo fine
c. I creditori personali dei soci non possono soddisfarsi allo stato di comproprietà.
direttamente sul patrimonio della società. c. I creditori personali dei singoli comproprietari possono
liberamente aggredire anche la cosa comune per
soddisfare il proprio credito.
Le analogie fra società e comunione non vanno perciò oltre al fatto che sotto il profilo patrimoniale esse costituiscono forme non individuali
di proprietà ovvero proprietà collettiva, ma si tratta di forme di proprietà collettiva affatto diverse per struttura, funzione e disciplina e non
possono essere affatto assimilate sotto alcun profilo.
Non è difficile individuare la ratio di tale diversità: l’esigenza di assicurare stabilità e solidità patrimoniale all’attività di impresa esercitata in
forma societaria. Quando invece lo scopo perseguito è solo quello di godere dei beni messi in comunione la disciplina è quella della comunione.
NECESSARIO E SUFFICIENTE PERCHÉ UNA COMUNIONE SI TRASFORMI IN SOCIETÀ DI FATTO È CHE I COMPROPRIETARI SI SERVANO DEI BENI
RELATIVI PER L’ESERCIZIO DI UNA COMUNE ATTIVITÀ DI IMPRESA.

FOCUS: LO SCOPO DELLA DIVISIONE DEGLI UTILI


L’IMPRESA SOCIALE
I CRITERI DISTINTIVI fra SOCIETÀ E ASSOCIAZIONI risiedono nella natura dell’attività esercitabile e nello scopo-fine perseguibile:
SOCIETA’ ASSOCIAZIONI
- L’attività delle società è un’attività produttiva condotta con - Possiedono principi opposti, sono enti con scopo ideale o
metodo lucrativo o quantomeno economico (tendenziale altruistico e svolgono l’attività produttiva con metodo non
pareggio tra costi e ricavi) economico, producono cioè beni o servizi che vengono erogati
- Lo scopo-fine della società è uno scopo economico: lucrativo, gratuitamente o a prezzo politico.
consortile o mutualistico. È estraneo allo schema della società - Nel campo delle associazioni si resta anche quando l’attività
la devoluzione a terzi degli eventuali risultati positivi produttiva è condotta con metodo economico ma gli utili
dell’attività comune. conseguiti sono devoluti a scopi di beneficenza o comunque
altruistici.
▪ La linea di confine tra società ed associazioni risiede nell’AUTODESTINAZIONE ai membri del gruppo (scopo lucrativo) o
nell’ETERODESTINAZIONE (scopo ideale) dei risultati economici della società.
NB:Il modello organizzativo delle società di capitali presenta indubbi e consistenti vantaggi operativi rispetto a quello dell’associazione, anche
riconosciuta. Forte è perciò la tendenza dei gruppi associativi con scopo ideale di servirsi dello strumento della società per azioni. Ricorrono
dunque all’espediente di dichiarare nell’atto costitutivo un’attività economica e uno scopo lucrativo che poi nei fatti non vengono perseguiti.
QUESTE FORME NON POSSONO ESSERE CONSIDERATE LEGITTIME SE NON NEI CASI ESPRESSAMENTE PREVISTI DALLA LEGGE.
▪ A tal proposito, una vistosa deroga al principio lucratività delle società è prevista dalla nuova disciplina sull’impresa sociale:
POSSONO ACQUISTARE LA QUALIFICA DI IMPRESE SOCIALI TUTTE LE ORGANIZZAZIONI PRIVATE CHE ESERCITANO SENZA SCOPO DI LUCRO IN
VIA STABILE E PRINCIPALE ATTIVITÀ DI IMPRESA AL FINE DELLA PRODUZIONE DELLO SCAMBIO DI BENI O SERVIZI DI UTILITÀ SOCIALE. I beni o
servizi che ricadono in settori tassativamente fissati dalla legge sono:
▫ Assistenza sociale e sanitaria,
▫ Educazione e istruzione,
▫ Tutela dell’ambiente e valorizzazione del patrimonio culturale,
▫ Inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili.
Il legislatore concede il privilegio di poter assumere la forma di una qualsiasi organizzazione privata (qualsiasi tipo societario).
▪ NB: se viene adottata la forma societaria resta fermo il divieto di distribuire utili.
▪ Le imprese sociali sono soggette alla vigilanza del ministero del lavoro e delle politiche sociali e questi dispone la perdita della qualifica se
riscontra l’assenza delle condizioni per il riconoscimento o la violazione della relativa normativa, ne consegue la cancellazione dell’impresa dal
registro.

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PATRIMONIO SOCIALE E CAPITALE SOCIALE
È necessario fare una DISTINZIONE fra patrimonio sociale e capitale sociale:
• IL PATRIMONIO SOCIALE È IL COMPLESSO DEI RAPPORTI GIURIDICI ATTIVI E PASSIVI CHE FANNO CAPO ALLA SOCIETÀ.
- Inizialmente è costituito dai conferimenti dei soci
- Successivamente subisce modifiche qualitative e quantitative in relazione all’andamento economico della società.
▪ Il patrimonio sociale ha la funzione di garantire tutti coloro che entrano in contatto con la società: costituisce la GARANZIA
PRINCIPALE (o esclusiva) dei creditori della società.
▪ La sua consistenza (attività e passività) viene accertata periodicamente attraverso la redazione annuale del bilancio di
esercizio. Si definisce patrimonio netto la differenza positiva fra attività e passività. [es. se la società ha un attivo di 100 e ha
effettuato pagamenti o contratto debiti per 40 il patrimonio netto è pari a 60.]
Il patrimonio della società svolge una funzione di garanzia generale per i creditori: quando la società risulta inadempiente, i
creditori possono agire in giudizio per il soddisfacimento sul suo patrimonio.
• IL CAPITALE SOCIALE È UNA CIFRA CHE ESPRIME IL VALORE IN DENARO DEI CONFERIMENTI RISULTANTI DALLA
VALUTAZIONE COMPIUTA NELL’ATTO COSTITUTIVO DELLA SOCIETÀ.
(Il capitale sociale indica l’ammontare dei conferimenti dei soci, il valore delle attività patrimoniali che i soci si sono
impegnati a non distrarre dall’attività di impresa e che non possono liberamente ripartirsi per tutta la durata della società).
(es. Capitale sociale 100 vuol dire che i soci si sono obbligati a conferire (capitale sottoscritto) e/o hanno conferito (capitale versato)
denaro o altre entità che, al momento della stipulazione del contratto di società, avevano valore monetario pari a 100).
▪ Nel corso della vita dell’impresa resta IMMUTATO (generalmente il capitale sociale è una posta fissa), a meno che, con
modifica dell’atto costitutivo, non ne si decida:
- UN AUMENTO (es. quando un ente si ingrandisce, ha delle esigenze di espansione e i finanziatori (banche) richiedono un aumento
del capitale sociale per avere più garanzie [deve esserci un equilibrio fra capitale proprio e finanziamenti bancari])
(in questo caso si ripete la procedura del conferimento di capitale)
- UNA RIDUZIONE (es. se società fattura 100.000€ l’anno e possiede un capitale sociale di 2mln, dato che non le serve, può ridurlo).
▪ Il capitale sociale ha una duplice funzione:
▫ FUNZIONE VINCOLISTICA
Durante la vita della società, i SOCI POSSONO RIPARTIRSI SOLO LA PARTE DEL PATRIMONIO NETTO CHE SUPERA
L’AMMONTARE DEL CAPITALE SOCIALE.
La frazione del patrimonio netto non distribuibile fra i soci, il c.d. capitale reale, è perciò assoggettata ad un vincolo di
stabile destinazione all’attività sociale. Proprio per evidenziare la funzione vincolistica la cifra dello stesso è iscritta in
bilancio fra le passività insieme ai debiti della società.
Questa funzione si risolve per i creditori in una maggiore garanzia patrimoniale supplementare.
▫ FUNZIONE ORGANIZZATIVA
Il capitale sociale nominale, in tutte le società, è TERMINE DI RIFERIMENTO PER ACCERTARE PERIODICAMENTE TRAMITE
IL BILANCIO SE LA SOCIETÀ HA CONSEGUITO UTILI O SUBITO PERDITE. Infatti:
- Vi è un UTILE se ATTIVITÀ > PASSIVITÀ + CAPITALE SOCIALE NOMINALE.
[es. se il valore di bilancio delle attività è 600, il valore delle passività è 300 e il capitale sociale è 100; l’UTILE di bilancio è 200,
infatti 600 - 300 + 100 = 200].
- Vi è una PERDITA se ATTIVITÀ < PASSIVITÀ + CAPITALE SOCIALE NOMINALE.
▪ Se PN > CAPITALE SOCIALE indica che la società nel corso degli esercizi ha aumentato il PN incrementando l’utile
(l’utile non viene distribuito ai soci come remunerazione del conferimento iniziale ma utilizzato per autofinanziare
società incrementando il suo patrimonio)
▪ Il capitale sociale svolge un ulteriore e più accentuato ruolo organizzativo nelle società di capitali in quanto in queste
società funge anche da base di misurazione di alcune fondamentali situazioni soggettive dei soci, sia di carattere
amministrativo, e quindi il diritto di voto, sia di carattere patrimoniale, diritto agli utili.
(Tali diritti spettano a ciascun socio in misura proporzionale alla parte di capitale sociale sottoscritto).

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IL SISTEMA CHIUSO: GLI OTTO TIPI DI SOCIETA’
▪ Il sistema societario è un SISTEMA CHIUSO: la definizione del contratto di società di cui all’art. 2247 c.c. deve di fatto essere
inquadrata in un sistema più ampio di norme disciplinanti i vari tipi di società. NON È POSSIBILE COSTITUIRE SOCIETÀ AVENTI
CARATTERISTICHE DIFFORMI RISPETTO A QUELLE PREVISTE DALLA LEGGE; così come non è possibile costituire società ibride
ovvero caratterizzate dal raccogliere al loro interno elementi diversi e propri di diversi tipi di società.
▪ Il sistema chiuso prevede otto tipi di società, aggregate in due categorie sulla base di alcuni criteri di classificazione:
• SOCIETÀ DI PERSONE (Titolo V – Capo II, III e IV del c.c.):
▫ Le SOCIETÀ SEMPLICE (SS)
▫ Le SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO (SNC)
▫ Le SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (SAS)
• SOCIETÀ DI CAPITALI (Titolo V – Capo V, VI e VII del c.c.):
▫ Le SOCIETÀ PER AZIONI (SPA)
▫ Le SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI (SAPA)
▫ Le SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA (SRL)
Inoltre, abbiamo le SOCIETÀ COOPERATIVE e le MUTUE ASSICURATRICI.
▪ Le differenze su cui si basa questa distinzione sono:
a. Lo SCOPO ISTITUZIONALE PERSEGUIBILE: le SOCIETÀ COOPERATIVE e le MUTUE ASSICURATRICI sono società mutualistiche,
e si contrappongono a tutti gli altri tipi di società, definiti come società lucrative.
b. Distinguiamo le società lucrative in base alla NATURA DELL’ATTIVITÀ ESERCITABILE (OGGETTO): la SOCIETÀ SEMPLICE è
utilizzabile solo per l’esercizio di attività non commerciale, mentre le altre società lucrative possono esercitare sia attività
commerciale che non commerciale e sono soggette all’iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale.
NB: L’essere di forma commerciale non significa necessariamente che l’oggetto di quella società sia per forza una attività
commerciale, ciò che vale ai fini della disciplina è l’oggetto dell’attività (Se ho forma commerciale ma non svolgo attività
commerciale non sono sottoposta allo statuto dell’imprenditore commerciale e dunque al fallimento).
c. Il NUMERO DI SOCI: Solo le SOCIETÀ DI CAPITALI possono essere unipersonali, nelle SOCIETÀ DI PERSONE devono esserci
necessariamente minimo due soci (se viene meno un socio o viene ricostituita entro 180gg o deve essere liquidata).
▪ NB: Sono SOCIETÀ COMMERCIALI tutti i tipi di società, di persone o capitali, con la sola eccezione della SOCIETÀ SEMPLICE,
destinata esclusivamente all’esercizio di una attività non commerciale e quindi civile, per cui non è soggetta al fallimento.
▪ Possiamo inoltre attuare ulteriori distinzioni:
SOCIETÀ DI CAPITALI SOCIETÀ DI PERSONE
▫ È legislativamente prevista ed è inderogabile (salvo che ▫ Non è prevista un’organizzazione di tipo corporativo
in S.r.l.), un’organizzazione di tipo corporativo, basata basata sulla presenza di una pluralità di organi.
sulla necessaria presenza di una pluralità di organi: ▫ L’attività della società riconosce ad ogni socio a
- ASSEMBLEA, responsabilità illimitata il potere di amministrare la società
- ORGANO DI GESTIONE, e richiede il consenso di tutti soci per le modificazioni
- ORGANO DI CONTROLLO dell’atto costitutivo.
Ciascuno investito per legge di specifiche funzioni e ▫ Il singolo socio a responsabilità illimitata è in quanto tale
competenze. investito del potere di amministrazione e di
▫ il funzionamento degli organi sociali è dominato dal rappresentanza indipendentemente dall’ammontare del
principio maggioritario: l’assemblea delibera a capitale conferito.
maggioranza anche le modifiche dell’atto costitutivo e ▫ La partecipazione sociale è trasferibile solo con il consenso
la maggioranza assembleare è calcolata in base alla degli altri soci.
partecipazione di ciascun socio al capitale sociale.
▫ Il singolo socio in quanto tale non ha alcun potere
diretto di amministrazione e di controllo, salvo che
nella s.r.l., ha solo il diritto di concorrere, con il suo
voto in assemblea, alla designazione dei membri
dell’organo amministrativo e/o di controllo.
Il peso di ciascun socio in assemblea è proporzionato
all’ammontare del capitale sociale sottoscritto.
▫ La partecipazione sociale è liberamente trasferibile

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PERSONALITÀ GIURIDICA ED AUTONOMIA PATRIMONIALE DELLE SOCIETÀ
Altra distinzione legislativa è quella in base alla PERSONALITA’ GIURIDICA:
▫ le SOCIETA’ DI CAPITALI e le SOCIETA’ COOPERATIVE sono dotate di personalità giuridica
▫ le SOCIETA’ DI PERSONE sono prive di personalità giuridica.
▪ NB: L’AUTONOMIA PATRIMONIALE è la DISTINZIONE FRA IL PATRIMONIO DELLA SOCIETÀ E QUELLO DEI SOCI. Può essere:
- PERFETTA: Società acquisisce una personalità: distinzione tra patrimoni netta.
- IMPERFETTA: vi è una distinzione fra i patrimoni ma alle obbligazioni sociali risponde non solo la società con il proprio
patrimonio ma anche tutti i soci con il loro patrimonio personale. (NB: indipendentemente se debito è sottoscritto da socio
1 o 2, ne devono rispondere entrambi).
Una società con PERSONALITÀ GIURIDICA è una società che COSTITUISCE UN SOGGETTO DISTINTO DALLE PERSONE DEI SOCI E
CHE PERCIÒ È TERZA RISPETTO AGLI STESSI. Pertanto, è fonte di una PIENA E PERFETTA AUTONOMIA PATRIMONIALE.
NB: LA PERSONA GIURIDICA È IL SOGGETTO CON CUI L’ORDINAMENTO GIURIDICO RICONOSCE LA CAPACITÀ GIURIDICA, ovvero
L’ATTITUDINE DEL SOGGETTO AD ESSERE TITOLARE DI DIRITTI E DOVERI O PIÙ IN GENERALE DI SITUAZIONI GIURIDICHE
SOGGETTIVE E SI ACQUISTA ALLA NASCITA.
Le Società di Persone sono invece solitamente prive di personalità giuridica, ma godono di autonomia patrimoniale (imperfetta).
▪ La PERSONALITÀ GIURIDICA e l’AUTONOMIA PATRIMONIALE costituiscono due diverse tecniche legislative al fine di:
▫ Prevedere un’adeguata tutela dei creditori delle imprese societarie;
▫ Consentire a quanti costituiscono una società di creare una divisione fra il proprio patrimonio personale e le obbligazioni
contratte nell’esercizio dell’impresa comune.
▪ La differenza tra questi due gruppi è che NELLE SOCIETÀ DOTATE DI PERSONALITÀ GIURIDICA DELLE OBBLIGAZIONI SOCIALI
RISPONDE SOLO LA SOCIETÀ CON IL PROPRIO PATRIMONIO, dunque il singolo socio non potrà essere chiamato in responsabilità
e quindi rispondere con il proprio patrimonio personale per le obbligazioni contratte in nome della società.
SOCIETÀ DI CAPITALI E COOPERATIVE SOCIETÀ DI PERSONE
In quanto persone giuridiche, sono per legge trattate come Il legislatore ha negato a questa categoria la personalità
soggetti di diritto formalmente distinti dalle persone dei soci: giuridica e allo stesso tempo ha provveduto a soddisfare le
- Società gode di una piena e perfetta autonomia esigenze dei creditori sociali con disposizioni che rendono il
patrimoniale. patrimonio della società autonomo rispetto a quello dei soci:
- I beni conferiti dai soci, diventano beni di proprietà della - I creditori personali dei soci non possono aggredire il
società: società titolare di un proprio patrimonio, propri patrimonio della società per soddisfarsi. Finché dura la
diritti e di proprie obbligazioni distinti da quelli personali società possono solo far valere i propri diritti sugli utili
dei soci. spettanti al proprio debitore e compiere atti conservativi
- Sul patrimonio sociale non possono più soddisfarsi i sulla quota allo stesso spettante nella liquidazione della
creditori personali dei soci, in quanto si tratta di un società.
patrimonio giuridicamente appartenente ad un altro - I creditori della società non possono aggredire
soggetto (la società). direttamente il patrimonio personale dei soci
- I creditori sociali non possono soddisfarsi sul patrimonio illimitatamente responsabili, ma devono tentare di
personale dei soci: delle obbligazioni sociali risponde soddisfarsi prima sul patrimonio della società e in caso
solo la società con il proprio patrimonio. infruttuoso agire nei confronti dei soci.
- È previsto un capitale minimo (diverso in base al tipo di - La responsabilità di questi ultimi per le obbligazioni
società) sociali è responsabilità sussidiaria rispetto a quella della
società
▪ Dunque, come detto, nelle SOCIETÀ DI PERSONE, accanto alla responsabilità della società per le obbligazioni sociali, viene
chiamato in responsabilità anche il singolo socio, per questo si dice che nelle società di persone l’autonomia patrimoniale è una
autonomia patrimoniale imperfetta.
Questa imperfezione varia a seconda del tipo di società: MAN MANO CHE SALIAMO da S.S. a S.N.C. a S.A.S. VI È UN
RAFFORZAMENTO DELL’AUTONOMIA PATRIMONIALE, perché si restringe e diminuisce la responsabilità del singolo socio.

IL REGIME DI RESPONSABILITA’ PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI


Ultimo criterio di distinzione è basato sul REGIME DI RESPONSABILITÀ PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI
Sotto tale profilo vi sono:
1) Società nelle quali per le obbligazioni sociali rispondono sia il patrimonio sociale sia i singoli soci personalmente ed
illimitatamente in modo inderogabile (SNC) o con possibilità di deroga pattizia e solo per i soci non amministratori (SS)
2) Società come SAS e SAPA, nelle quali coesistono istituzionalmente soci a responsabilità illimitata (gli accomandatari) e
società responsabilità limitata (gli accomandanti).
▫ ACCOMANDATARI: hanno responsabilità illimitata della gestione della società, sono i rappresentanti società, per le
obbligazioni sociali assunte rispondono anche con proprio patrimonio [se fallisce società falliscono anche i soci],
▫ ACCOMANDANTI: non partecipano all’amministrazione, e dunque per le obbligazioni sociali assunte rispondono
solo con la quota conferita.
3) Società nelle quali per le obbligazioni sociali di regola risponde solo la società col proprio patrimonio: SPA, SRL e
SOCIETÀ COOPERATIVE
L’UNICA REGOLA COSTANTE È CHE NELLE SOCIETÀ DI PERSONE NON È CONSENTITO CHE TUTTI SOCI SIANO A RESPONSABILITÀ
LIMITATA E L’AMMINISTRAZIONE PUÒ ESSERE AFFIDATA SOLO AI SOCI A RESPONSABILITÀ ILLIMITATA

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TIPI DI SOCIETÀ ED AUTONOMIA PRIVATA
▪ Quanti costituiscono una società possono scegliere:
 fra tutti tipi di società previsti se l’attività da esercitare non è commerciale;
 fra tutti tipi tranne la società semplice se l’attività è commerciale.
La scelta di un determinato tipo non è condizione essenziale per la valida costituzione di una società.
- Se l’attività non è commerciale, l’art. 2249, 2° comma, stabilisce che si applica la disciplina della società semplice, a meno
che i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno degli altri tipi. Quindi, la scelta del tipo è necessaria solo se le
parti vogliono sottrarsi al regime della società semplice.
- Anche quando l’attività è commerciale un’esplicita scelta del tipo non è necessaria. Infatti, il silenzio delle parti in merito
può e deve essere interpretato come opzione per il regime della società in nome collettivo. È questo infatti il solo tipo di
società commerciale per la cui costituzione non sono richieste ulteriori specificazioni contrattuali.
La società semplice e la società in nome collettivo costituiscono perciò i regimi residuali dell’attività societaria, rispettivamente
non commerciale e commerciale.
▪ Scelto un determinato tipo di società, le parti possono, con apposite clausole contrattuali, disegnare un assetto organizzativo
della loro società parzialmente diverso da quello risultate dalla disciplina legale del tipo prescelto.
I modelli organizzativi fissati dal legislatore per i singoli tipi di società non sono infatti del tutto rigidi e consentono un parziale
adattamento alle esigenze del caso concreto.
È necessario però che le clausole a tal fine introdotte nell’atto costitutivo (c.d. CLAUSOLE ATIPICHE) non siano incompatibili con
la disciplina del tipo di società prescelto. (La sanzione per una determinata clausola incompatibile col tipo di società prescelto
sarà di regola la nullità della clausola stessa, non la nullità dell’intero contratto di società.)
▪ È invece da ritenersi inammissibile la creazione di un tipo di società del tutto inconsueto e stravagante, che non corrisponde
cioè per nome e per caratteri organizzativi ad alcuno dei modelli legislativi previsti (società atipiche). La sanzione non potrà
essere che la nullità della società atipica e la sua eliminazione dal mercato.
▪ Dalle clausole societarie atipiche vanno poi tenuti distinti i c.d. PATTI PARASOCIALI: è frequente che, al momento della
costituzione della società o durante la vita della stessa, i soci stipulino al di fuori dell’atto costitutivo accordi destinati a regolare
il loro comportamento nella società o verso la società.
Tali accordi si definiscono patti parasociali, appunto perché non risultano consacrati nell’atto costitutivo della società e da
questo restano formalmente distinti.
- A differenza delle clausole dell’atto costitutivo, che vincolano tutti i soci presenti e futuri, i patti parasociali hanno di regola
efficacia meramente obbligatoria; vincolano cioè solo gli attuali soci contraenti e non anche i soci futuri, a meno che questi
non vi aderiscano espressamente.
- La loro violazione espone solo all’obbligo del risarcimento dei danni nei confronti degli altri soci e non coinvolge anche la
posizione nella società degli inadempimenti.

CONTRATTO DI SOCIETÀ ED ORGANIZZAZIONE


Con la stipula del contratto di società, le parti contraenti diventano membri della struttura organizzativa così creata, acquistano
la qualità di soci e diventano titolari di una serie di situazioni soggettive di diversa natura sia attive sia passive:
▫ SITUAZIONI SOGGETTIVE ATTIVE: Diritti, poteri, facoltà
▫ SITUAZIONI SOGGETTIVE ASSIVE: Obblighi, divieti, responsabilità
Distinguibili in due grandi categorie:
1. SITUAZIONI DI NATURA AMMINISTRATIVA, AVENTI AD OGGETTO LA PARTECIPAZIONE INDIVIDUALE ALL’ATTIVITÀ COMUNE
- Il diritto di voto,
- Il potere di amministrare la società
- Il potere di rappresentarla di fronte ai terzi.
2. SITUAZIONE DI NATURA PATRIMONIALE, AVENTI AD OGGETTO LA PARTECIPAZIONE INDIVIDUALE AI RISULTATI
DELL’ATTIVITÀ COMUNE:
- Diritto agli utili
- Diritto alla quota di liquidazione,
- Partecipazione alle perdite.
Le situazioni soggettive di cui ciascun socio è investito variano a seconda del tipo di società sento.
L’inserimento del singolo in un gruppo organizzato giustifica la subordinazione degli interessi individuali al comune interesse di
gruppo nei punti in cui l’ordinamento rimette alla maggioranza dei soci la definizione delle scelte relative all’attuazione del
contratto.
Tuttavia, il potere della maggioranza non può alterare le reciproche posizioni individuali dei soci.
È legittimo il sacrificio dell’interesse attuale del singolo socio in nome dell’interesse finale di tutti mentre non è legittimo il
sacrificio del singolo socio o di gruppi di soci a vantaggio degli altri.

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9. LE SOCIETA’ DI PERSONE
Le SOCIETA’ DI PERSONE sono SOCIETÀ DEFINITE TALI IN QUANTO IN ESSE PREVALE L'ELEMENTO SOGGETTIVO,
RAPPRESENTATO DAI SOCI, RISPETTO AL CAPITALE. Le società di persone sono 3:
▫ SOCIETÀ SEMPLICE (SS) (articoli 2251 – 2290 c.c.) Sono formate da una pluralità di soci che rispondono solidalmente è
illimitatamente per le obbligazioni sociali. La SS è un tipo di società che può esercitare solo attività non commerciale.
La società semplice costituisce il prototipo normativo delle società di persone, infatti, la disciplina per essa dettata è in linea
di principio applicabile anche alla collettiva ed all’accomandita semplice, ma non ha avuto una significativa diffusione.
▫ SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO (SNC) (articoli 2291 – 2312 c.c.) La SNC è un tipo di società che può essere utilizzato sia per
l’esercizio di attività commerciale, sia per l’esercizio di attività non commerciale. Nella società in nome collettivo tutti i soci
rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali.
▫ SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (SAS) (articoli 2313 – 2324 c.c.) Caratterizzata dalla presenza di due categorie di soci: i
soci accomandanti e i soci accomandatari.

AUTONOMIA PATRIMONIALE E REGIME DI RESPONSABILITÀ DEI SOCI


Le società di persone non acquistano mai la personalità giuridica, cosa che invece avviene per le società di capitali, ma è sempre
presente un certo grado di separazione patrimoniale tra il patrimonio della società e quello del socio che varia a seconda del tipo
considerato: i soci rispondono illimitatamente e solidalmente ai debiti della società.
(NB: è sempre presente una netta separazione patrimoniale tra il patrimonio della società e quello dei soci: nell'autonomia patrimoniale
imperfetta il patrimonio dei soci subentra SOLO nel caso in cui il patrimonio della società risulta insufficiente per l'adempimento
dell'obbligazione. es. siamo due soci, ho contratto obbligazioni in nome e per conto società, che non è in grado di rispondervi con proprio
capitale, io non ho capacità patrimoniale personale per farvi fronte, per cui subentra l’altro socio, entrambi rappresentiamo quella società).
Il tratto comune a tutte le società di persone è infatti rappresentato dall’AUTONOMIA PATRIMONIALE, ossia dalla CIRCOSTANZA
DI AVERE UN PROPRIO PATRIMONIO DISTINTO E SEPARATO DA QUELLO PERSONALE DI CIASCUNO DEI SOCI.
Un’autonomia però che si presenta come ‘IMPERFETTA’ per le Società di persone in quanto:
- I creditori sociali non possono aggredire direttamente il patrimonio dei soci illimitatamente responsabili, ma debbono
preventivamente ‘tentare’ di far valere i propri diritti sul patrimonio della società (Artt. 2268 e 2304 c.c.);
- I creditori personali del singolo socio potranno (ma soltanto nel caso della S.S. art. 2270), ottenere la liquidazione della
quota del proprio debitore, qualora gli altri beni di quest’ultimo non siano sufficienti a soddisfare il suo credito.
A conferma del principio dell’autonomia patrimoniale,
▫ l’art. 2267 c.c. comma 1 (richiamato dall’art. 2291 per le SNC e dall’art. 2313 per le SAS) stabilisce che “i creditori della
società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale”.
▫ l’art. 2266, comma 1, c.c. “la società acquista diritti ed assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la
rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi”.
▪ La società semplice, la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice qualificate società di persone perché in
esse PREVALE L'ELEMENTO PERSONALE, RAPPRESENTATO DAI SOCI, RISPETTO AL CAPITALE, cioè:
▫ la persona dei soci,
▫ la loro affidabilità
▫ la loro solvibilità, cioè la loro capacità di far fronte agli obblighi assunti.
▪ Dunque, sul piano formale, abbiamo che:
a) I beni sociali non sono beni in comproprietà “speciale” fra i soci, bensì beni in proprietà della società;
b) Le obbligazioni sociali non sono obbligazioni personali dei soci ma obbligazioni della società, cui si aggiunge a titolo di
garanzia la responsabilità di tutti o di alcuni dei soci;
c) La responsabilità personale dei soci non è qualificabile come responsabilità per debito proprio;
d) Imprenditore è la società non il gruppo di soci.
▪ Alla RESPONSABILITÀ PRINCIPALE DELLA SOCIETÀ per tutti i propri debiti si aggiunge la RESPONSABILITÀ SUSSIDIARIA DEI SUOI
SOCI (i creditori possono agire nei confronti del singolo socio solo se il patrimonio della società non è sufficiente a soddisfare il
loro credito), assicurata dal beneficio di preventiva escussione, che ha caratteristiche diverse a seconda del tipo di società.
▪ NELLE SOCIETÀ DI PERSONE TUTTI SOCI SONO ILLIMITATAMENTE E SOLIDALMENTE RESPONSABILI DELL’ADEMPIMENTO DEI
DEBITI SOCIALI, CIOÈ DELLE OBBLIGAZIONI ASSUNTE IN NOME E PER CONTO DELLA SOCIETÀ.
• ILLIMITATAMENTE in quanto I SOCI RISPONDONO PER LE OBBLIGAZIONI ASSUNTE DALLA SOCIETÀ ANCHE CON L’INTERO
LORO PATRIMONIO PERSONALE. Alla responsabilità illimitata dei soci è collegato il potere di amministrare la società
spettante agli stessi. Ciascun socio, quindi, è in quanto tale amministratore della società salvo diversa pattuizione (art 2257).
• SOLIDALMENTE in quanto IL CREDITORE SOCIALE PUÒ SCEGLIERE LIBERAMENTE A QUALE SOCIO RIVOLGERSI PER CHIEDERE
L’ADEMPIMENTO DELL’INTERO DEBITO. Il socio che ha pagato dovrà poi agire nei confronti degli altri soci affinché
adempiano per la loro parte di competenza.

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▪ Il principio della responsabilità personale di tutti i soci per le obbligazioni sociali:
- Nelle SS può essere pattiziamente derogato,
- La deroga è categoricamente esclusa nelle S.n.c. e nelle S.a.s. (naturalmente solo per gli accomandatari), almeno con
riferimento al profilo esterno dei rapporti con i terzi (non sussiste, infatti, alcun impedimento per quanto concerne i
rapporti interni tra soci). Il creditore particolare del socio non può chiedere direttamente alla Società il pagamento del
credito vantato né, tantomeno, pretendere di compensare un debito verso la società con un credito verso un socio.
La tutela delle aspettative del creditore personale del socio è assicurata da alcune specifiche regole che
- Salvaguardano l’insensibilità del patrimonio sociale rispetto alle vicende personali dei soci,
- Consentono al creditore personale di cautelare le ragioni del proprio credito verso il socio come ad esempio:
· Far valere i suoi diritti sugli utili eventualmente spettanti al socio suo debitore (ogni anno nel bilancio della società sono
segnati gli utili da distribuire ai soci e io creditore che vanto nei confronti dei soci un credito posso far valere il mio
diritto avvalendomi sugli utili spettante al socio debitore).;
· Compiere atti conservativi sulla quota (pignoramento sulla quota, sequestro conservativo della quota - quota rimane in
capo al socio ma la titolarità delle quote (distribuzione utili) va a me che ho il sequestro conservativo di queste quote)
· Chiedere la liquidazione della quota del debitore, provando che gli altri beni del socio “siano insufficienti a soddisfare i
suoi crediti” (per solidarietà: prima vedo se altro socio riesce, se no liquido la mia quota).
Ovviamente, queste tre condizioni si verificano fino a quando il creditore non ha soddisfatto il proprio credito. Una volta
soddisfatto il credito, il creditore viene meno.
▪ Il legislatore ha previsto che, avendo autonomia patrimoniale imperfetta, per la costituzione non richiede capitale minimo.

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LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’ NELLE SS E NELLE SNC
❖ SOCIETÀ SEMPLICE (ART 2251)
IL CONTRATTO DI SOCIETÀ SEMPLICE NON È SOGGETTO A FORME SPECIALI, SALVO QUELLE RICHIESTE DALLA NATURA DEI
BENI CONFERITI.
Inoltre, NON SONO DETTATE DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER QUANTO RIGUARDA IL CONTENUTO DELL'ATTO COSTITUTIVO.
▪ Per quanto riguarda la PUBBLICITÀ:
 Dalla riforma del registro delle imprese del 1993 anche per le SS è prevista l'iscrizione nel registro delle imprese,
 L'iscrizione avviene nella SEZIONE SPECIALE ed è priva di specifici effetti giuridici avendo solo FUNZIONE DI
CERTIFICAZIONE ANAGRAFICA E DI PUBBLICITÀ NOTIZIA.
 Di recente vi è stata anche l'attribuzione di PUBBLICITÀ LEGALE CON EFFICACIA DICHIARATIVA, solo per le società
semplici esercenti attività agricola.
(Si è così venuto a creare un duplice e poco razionale sistema di pubblicità: da una parte, quello delle società semplici
esercenti attività agricola, che è pubblicità legale; dall’altra parte, quello delle società semplici esercenti attività non
agricola, per le quali resta in vigore il regime di mera pubblicità notizia.)
▪ La costituzione della società semplice resta comunque improntata alla massima semplicità formale e sostanziale: il
contratto di società semplice può essere concluso anche verbalmente o da comportamenti concludenti (società di fatto).
L’ eventuale silenzio delle parti, in merito ad aspetti anche essenziali del contratto di società, come ad esempio i
conferimenti, e colmato dal registratore con norme suppletive (articoli 2253, 2257, 2263).
❖ SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO (ART 2295 - 2296)
L’iscrizione della società nel registro delle imprese, a differenza di quella della società semplice, è CONDIZIONE DI
REGOLARITÀ. L’omessa registrazione incide solo sulla disciplina della società in nome collettivo.
Da qui la distinzione fra:
- Società in nome collettivo regolare: iscritta nel registro delle imprese.
- Società in nome collettivo irregolare. non iscritta nel registro delle imprese, è irregolare perché le parti non hanno
provveduto a redigere l’atto costitutivo o perché, pur avendolo redatto, non hanno provveduto alla sua registrazione.
Perciò, solo ai fini della registrazione e della regolarità della società, l’atto costitutivo della società in nome collettivo deve
essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
Deve inoltre contenere le seguenti indicazioni:
1. Il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio, la cittadinanza dei soci;
2. La ragione sociale, che deve essere costituita “dal nome di uno più soci con l’indicazione del rapporto sociale”;
3. I soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società;
4. La sede della società e le eventuali sedi secondarie;
5. L’oggetto sociale;
6. I conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione;
7. Le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera;
8. Le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite;
9. La durata della società.
NB: La forma scritta a pena di nullità sarà necessaria quando il conferimento ha per oggetto beni immobili. È tuttavia
opinione diffusa che la forma scritta è richiesta solo per la validità del conferimento immobiliare, non per la validità del
contratto di società. In mancanza, perciò, sarà nullo solo il vincolo del socio conferente e nullità della società potrà aversi
solo quando la partecipazione di quel socio riveste carattere essenziale.

LA PARTECIPAZIONE DEGLI INCAPACI


LA PARTECIPAZIONE AD UNA SOCIETÀ DI PERSONE RICHIEDE LA CAPACITÀ DI AGIRE.
Per l’imprenditore individuale:
a) IL MINORE, L’INTERDETTO E L’INABILITATO non posso partecipare ex novo ad una società in nome collettivo. In caso di
interdizione o di inabilitazione sopravvenuta, il tribunale può autorizzare la continuazione della partecipazione, sempreché
gli altri soci non deliberino l’esclusione del socio interdetto o inabilitato;
b) IL MINORE EMANCIPATO può anche partecipare alla costituzione di una collettiva o aderirvi successivamente, sempre con
l’autorizzazione del tribunale;
c) IL BENEFICIARIO DELL’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO può partecipare alla costituzione di una società in nome collettivo
o aderirvi successivamente senza autorizzazione.

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L’INVALIDITÀ DELLA SOCIETÀ
Il codice non detta disposizioni specifiche per quanto riguarda l’invalidità del contratto costitutivo di una società di persone.
Valgono perciò le CAUSE DI NULLITÀ E LE CAUSE DI ANNULLABILITÀ PREVISTE DALLA DISCIPLINA GENERALE DEI CONTRATTI.
▫ Si avrà nullità quando il contratto è contrario a norme imperativo, quanto l’oggetto è impossibile o illecito.
▫ Si avrà annullabilità in caso di incapacità delle parti o di consenso viziato per errore, violenza o dolo.
È necessario tuttavia distinguere fra:
- Cause di invalidità che colpiscono direttamente solo la singola partecipazione (es. partecipazione di un minore non autorizzato):
l’invalidità della singola partecipazione determinerà invalidità dell’intero contratto di società solo quando la partecipazione
viziata è essenziale per il conseguimento dell’oggetto sociale.
- cause di invalidità che colpiscono originariamente ed immediatamente l’intero contratto di società: la dichiarazione di
nullità o l’annullamento dell’intero contratto di società non solleva problemi particolari se l’attività della società non è
ancora iniziata. La situazione si presenta invece ben più complessa quando, nonostante la causa di invalidità, l’attività
sociale è in fatto iniziata, dando luogo all’acquisto di diritto ed all’assunzione di obbligazioni nei confronti dei terzi.
La sentenza di nullità intervenuta dopo l’inizio dell’attività opererà quindi come semplice causa di scioglimento della società.
Perciò:
a. Restano in vita tutti gli atti precedentemente posti in esse in nome della società;
b. I soci non sono liberati dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi;
c. Resta ferma l’autonomia patrimoniale della società e la responsabilità personale dei soci per le obbligazioni sociale;
d. Con la sentenza di nullità si apre il procedimento di liquidazione della società, che porterà all’estinzione della stessa
dopo aver soddisfatto i creditori sociali e riparti fra i soci l’eventuale residuo attivo di liquidazione.

SOCIETÀ DI FATTO, SOCIETÀ OCCULTA e SOCIETA’ APPARENTE


▪ Come detto, per la costituzione di una società di persone non è in genere necessario l’atto scritto.
Il contratto di società si può perfezionare anche per FATTI CONCLUDENTI e si parla in tal caso di SOCIETÀ DI FATTO. Questa:
▫ È regolata dalle norme della società semplice se l’attività esercitata non è commerciale.
▫ È regolata dalle norme della collettiva irregolare se l’attività è commerciale.
Una società di fatto che esercita attività commerciale è esposta al fallimento al pari di ogni imprenditore commerciale.
Il fallimento della società determina automaticamente il fallimento di tutti i soci;
· dei soci noti al momento della dichiarazione di fallimento della società (soci palesi),
· ma anche dei soci la cui esistenza sia successivamente scoperta (soci occulti).
L’esteriorizzazione della qualità di socio non è necessaria. L’aver tenuto celato ai terzi la propria partecipazione ad una
società di fatto non esonera da responsabilità per le obbligazioni sociale e dal fallimento.
Dalla società con soci occulti va tenuto distinto il fenomeno della società occulta.
▪ È SOCIETÀ OCCULTA la SOCIETÀ COSTITUITA CON L’ESPRESSA E CONCORDE VOLONTÀ DEI SOCI DI NON RIVELARNE
L’ESISTENZA ALL’ESTERNO. La società esiste nei rapporti interni fra i soci, ma non viene esteriorizzata.
Nei rapporti esterni l’imprese si presenta perciò come impresa individuale di uno dei soci o anche di un terzo, che operano
spendendo il proprio nome.
Lo scopo che le parti si propongono di realizzare col patto di non esteriorizzazione della società è quello di evitare che la società
e gli altri soci rispondano delle obbligazioni di impresa e siano esposti al fallimento.
Da tempo la giurisprudenza ha pertanto reagito contro questo fenomeno sostenendo che la mancata esteriorizzazione della
società non impedisce ai terzi di invocare la responsabilità anche della società occulta e degli altri soci, ove l’esistenza della
stessa venga successivamente scoperta e gli atti posti in essere dal soggetto agente in proprio nome siano comunque riferibili a
tale società, sia pure non esteriorizzata.
Perciò, dichiarato il fallimento di un imprenditore individuale, il fallimento viene esteso alla società ed agli altri soci occulti, una
volta acquisita la prova che esiste una società fra il fallito e gli altri soggetti interessati alla sua attività di impresa. In breve, ai fini
della dichiarazione di fallimento la legge tratta allo stesso modo il socio occulto di società palese e la società occulta.
La parificazione così operata e le conseguenze che se ne traggono sotto il profilo fallimentare non devono tuttavia essere
fraintese. Socio occulti di società palese e società occulta sono fenomeni molto diversi sotto il profilo giuridico.
- Nel caso di socio occulto di società palese, l’attività di impresa è svolta in nome della società e ad essa certamente
imputabile in tutti i suoi effetti,
- Nel caso di società occulta invece l’attività di impresa non è svolta in nome della società; gli atti di impresa non sono ad essa
formalmente imputabili. Chi opera nei confronti dei terzi agisce in nome proprio, sia pure nell’interesse e per conto di una
società di cui è eventualmente socio; agisce cioè come mandatario senza rappresentanza della società occulta. E non vi è
dubbio che a lui e non alla società sono formalmente imputabili gli atti di impresa ed i relativi effetti.
▪ La SOCIETA’ APPARENTE si realizza quando 2 O PIÙ PERSONE, FRA LORO NON LEGATE DA ALCUN VINCOLO SOCIETARIO, SI
COMPORTANO IN MODO DA INGENERARE NEI TERZI LA CONVINZIONE CHE ESSE AGISCANO IN QUALITÀ DI SOCI.
[Si tratta di una situazione opposta rispetto a quella della società occulta, in cui la società non esiste nei rapporti interni, ma si
ritiene tale nei rapporti esterni degli imprenditori individuali coinvolti con i terzi]

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L’ORDINAMENTO PATRIMONIALE
LA DISCIPLINA DEI CONFERIMENTI (art. 2253 e seguenti c.c.)
L’OBBLIGO DI CONFERIMENTO È ESSENZIALE PER L’ACQUISTO DELLA QUALITÀ DI SOCIO.
Sono dunque obbligatori (non sono obbligato a contrarre il contratto MA una volta sottoscritto mi obbligo).
Questo principio, già fissato dalla nozione generale di società, è ribadito per le società di persone dall’art. 2253, il quale stabilisce
che “IL SOCIO È OBBLIGATO A ESEGUIRE I CONFERIMENTI DETERMINATI NEL CONTRATTO SOCIALE”.
I CONFERIMENTI RAPPRESENTANO LA PRESTAZIONE PATRIMONIALE ESEGUITA O PROMESSA AL MOMENTO DELLA ADESIONE AL
CONTRATTO SOCIALE (O IN SEDE DI AUMENTO DEL CAPITALE).
▪ All’eventuale silenzio delle parti in merito dell’atto costitutivo supplisce la legge:
- La norma dispone L'OBBLIGATORIETÀ DEI SOCI NEL CONFERIRE QUANTO NECESSARIO PER IL PERSEGUIMENTO
DELL'OGGETTO SOCIALE.
Infatti, se i conferimenti non sono determinati, si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti uguali tra loro,
quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale (es. nel contratto sociale scriviamo che creiamo società con capitale
di 100, se senza specificare chi versa cosa, si presume che 50% sia conferito da socio A e 50% da socio B)
- L’art. 2253, comma 2, prevede una DISCIPLINA ‘INTEGRATIVA’ che dice “se i conferimenti non sono determinati, si presume
che i soci siano obbligati a conferire, in parti uguali fra loro, quanto necessario per il perseguimento dell’oggetto sociale”.
- Nel silenzio del contratto si presume che tutti i conferimenti devono essere eseguiti in danaro;
▪ Nelle società di persone può essere conferita OGNI ENTITÀ SUSCETTIBILI DI VALUTAZIONE ECONOMICA ED UTILE PER IL
CONSEGUIMENTO DELL’OGGETTO SOCIALE. Quindi, in sostanza, qualsiasi prestazione di dare, fare o non fare.
Mentre per il conferimento di somme di denaro non è dettata una specifica disciplina, particolari disposizioni sono dettate per il
conferimento di: conferimento di beni in natura, conferimento di crediti, conferimento d’opera.
• CONFERIMENTO DI SOMME DI DENARO
Non è dettata una specifica disciplina.
Affinché la società possa iniziare la propria attività è necessario che la stessa abbia a disposizione una certa liquidità per
acquistare macchinari e materie prime per attrezzare la nuova sede e per pagare i collaboratori.
Il socio può VERSARE INTERAMENTE O IN PARTE LA SOMMA oggetto del conferimento o può impegnarsi ad effettuare tale
conferimento in un momento successivo.
(es. nella costituzione di una società i tre soci conferiscono ciascuno 1000 € costituendo così un fondo comune iniziale di 3000 €)
• CONFERIMENTO DI BENI IN NATURA
▪ Possono essere beni MOBILI o IMMOBILI (es. potrebbe accadere che due soci conferiscono 1000€ ciascuno in denaro mentre il
terzo socio conferisca un computer del valore di 1000€)
▪ il contratto sociale può stabilire se il conferimento del bene avviene in PROPRIETÀ o in GODIMENTO:
▫ IN PROPRIETA’: la garanzia dovuta dal socio conferente e la disciplina del passaggio dei rischi saranno regolati dalle
norme in materia di vendita (art. 2254, comma 1, c.c.)
Il socio perde la proprietà del bene che passa alla società, questo significa che:
- Il socio deve garantire che il bene conferito non presenta vizi,
- Il socio è tenuto alla garanzia per l’evizione, quando viene riconosciuto il diritto di un terzo sulla cosa conferita,
- Una volta che la proprietà è passata alla società il rischio del perimento del bene per caso fortuito grava sulla
società stessa.
▫ IN GODIMENTO: il rischio resterà a carico del socio conferente e la società acquisirà la disponibilità del bene con le
garanzie previste dalle norme sulla locazione (art. 2254, comma 2, c.c.)
Il bene conferito in godimento resta ovviamente di proprietà del socio; la società ne può godere, ma non ne può
disporre. Il socio ha diritto alla restituzione del bene al termine della società nello stato in cui si trova. Tuttavia, se il
bene è stato deteriorato per causa imputabile alla società, il socio ha diritto al risarcimento dei danni a carico del
patrimonio sociale.
In questo caso le garanzie sono regolate dalle norme sulla locazione e quindi il socio:
- Deve garantire che la cosa è immune da vizi
- È tenuto a garantire la società da molestie recate eventualmente da terzi che pretendono di avere diritti sul bene.
- Il rischio del perimento del bene è a carico del socio.
- Il perimento della cosa promessa prima che la proprietà sia acquistata dalla società comporta che il socio può
essere escluso dalla società.
Qualora nel contratto non sia specificato se il conferimento è a titolo di proprietà o di godimento la dottrina afferma:
· BENI CONSUMABILI O FUNGIBILI: si ritiene che siano conferiti in proprietà
· BENI INCONSUMABILI O INFUNGIBILI: si cerca di realizzare un equo contemperamento degli interessi delle parti,
tenendo conto sia dell'incidenza dei rischi del perimento per caso fortuito della cosa, sia del diritto di prelazione del
conferente in godimento all'atto della liquidazione, nel caso di insufficienza dell'attivo (art 2281).
▪ I beni devono essere valutati dall’esperto che ne affermi il valore (perizia di stima).

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• CONFERIMENTO DI CREDITI
SI HA CONFERIMENTO DI UN CREDITO QUANDO IL SOCIO CEDE ALLA SOCIETÀ UN DIRITTO DI CREDITO CHE EGLI HA NEI
CONFRONTI DI UN TERZO. A seguito del conferimento la società diventa creditrice del terzo e ha diritto di ricevere
l’adempimento. Il socio deve garantire alla società:
- L’ESISTENZA DEL CREDITO (NOMEN VERUM)
- LA SOLVENZA DEL DEBITORE (NOMEN BONUM)
Il socio sarà chiamato a rispondere dell’eventuale insolvenza del debitore, nei limiti del valore attribuito al suo
conferimento (art 2255), se non versa tale valore può essere escluso dalla società.
In caso di insolvenza del debitore il socio sarà tenuto al rimborso delle spese e anche alla corresponsione degli interessi.
• CONFERIMENTO DI PRESTAZIONI D’OPERA
Nella società di persone il conferimento può essere costituito anche dall’OBBLIGO DEL SOCIO DI PRESTARE LA PROPRIA
ATTIVITÀ LAVORATIVA A FAVORE DELLA SOCIETÀ.
La prestazione deve essere specificatamente indicata nell’atto costitutivo (art. 2295 n. 7 c.c.).
Il socio che si impegna a conferire la propria attività lavorativa è un socio a tutti gli effetti, che partecipa al rischio di
impresa, la cui prestazione viene ricompensata attraverso la partecipazione agli utili della società nella misura determinata
dal contratto sociale o, in mancanza, in quella fissata dal giudice secondo equità (Il socio d’opera corre il rischio di lavorare
invano, così come il socio che ha apportato capitale rischia di non ricevere alcun corrispettivo).
▪ La prestazione può essere MANUALE o INTELLETTUALE.
▪ Sul socio d’opera grava il rischio dell’impossibilità di svolgimento della prestazione, anche per causa a lui non imputabile.
In sede di liquidazione della società egli parteciperà solo alla ripartizione dell’eventuale attivo che residua dopo il rimborso
del valore nominale del conferimento ai soci che hanno apportato capitali. Non ha invece diritto al rimborso del valore del
suo apporto; a percepire cioè, in prededuzione, una somma di danaro pari al valora globale dei servizi prestati in società.

PATRIMONIO SOCIALE E CAPITALE SOCIALE (ART 2256)


I CONFERIMENTI DEI SOCI FORMANO L’ATTIVO PATRIMONIALE INIZIALE DELLA SOCIETÀ. QUESTA DIVENTA PROPRIETARIA DEI
BENI CONFERITI A TAL TITOLO DAI SOCI.
Art 2256. “Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei
a quelli della società”. I soci non possono pertanto servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale, (conferimenti iniziali e
beni successivamente acquistati dalla società) per fini estranei a quello della società (NB: divieto è derogabile con il consenso di
tutti gli altri soci). La violazione del divieto espone al risarcimento dei danni ed all' esclusione dalla società.
▪ La nozione di CAPITALE SOCIALE è del tutto assente nella disciplina della SS, mentre una frammentaria è prevista per la SNC.
CAPITALE SOCIALE NELLA SS CAPITALE SOCIALE NELLA SNC (art 2295)
Nessuna norma è dettata per garantire che il patrimonio È prescritto che l'atto costitutivo indichi non solo i conferimenti
netto della società, cioè la differenza tra attività e dei soci, ma anche il valore ad essi attribuito e il modo di
passività, presenti durante tutta la sua vita un'eccedenza valutazione; ciò consente di determinare l'ammontare globale
pari almeno alla cifra del capitale sociale [cioè al valore del capitale sociale nominale
originariamente attribuito ai conferimenti] Diversamente da quanto previsto per le società di capitali, non è
Anzi, non è neppure richiesta la valutazione iniziale dei però dettata alcuna disciplina per la valutazione dei conferimenti
conferimenti: questo si spiega in quanto la società diversi dal danaro.
semplice- destinata esclusivamente all'esercizio di attività
non commerciale- non è obbligata alla tenuta delle
scritture contabili e alla redazione annuale di bilancio.
▪ Sono presenti dei LIMITI ALLA DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI:
▫ L'articolo 2303 vieta la ripartizione fra i soci di utili non realmente conseguiti, cioè degli UTILI FITTIZI che non corrispondono
ad un'eccedenza di patrimonio netto;
▫ La stessa norma stabilisce inoltre che, se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo alla ripartizione di
utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente (LA RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE PER
PERDITE CONSISTE NELL'ADEGUARE LA CIFRA DEL CAPITALE SOCIALE NOMINALE ALLA CONSISTENZA ATTUALE DEL
PATRIMONIO NETTO) [NB: in una società in nome collettivo è sempre facoltativa questa operazione]
L’omesso adeguamento comporta solo che gli eventuali utili conseguiti negli esercizi successivi non potranno essere
distribuiti fin quando le perdite pregresse non siano state integralmente ripiantate.
▫ L'articolo 2306 vieta agli amministratori di rimborsare ai soci i conferimenti eseguiti o di liberarli dal l'obbligo di ulteriori
versamenti in assenza di una specifica deliberazione di riduzione del capitale sociale, adottata secondo le norme che
regolano le modifiche dell'atto costitutivo e soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese
Infatti, l'operazione comporta una riduzione reale del patrimonio netto e può perciò pregiudicare i creditori sociali, a questi
è pertanto riconosciuto il diritto di opporsi alla riduzione del capitale; è infatti stabilito che la delibera di riduzione può
essere eseguita solo dopo che siano decorsi tre mesi dall'iscrizione nel registro delle imprese e a condizione che entro tale
termine nessuno dei creditori sociali anteriori all' iscrizione abbia fatto opposizione

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LA PARTECIPAZIONE SOCIALE IN UNA SOCIETÀ' DI PERSONE
A differenza delle società di capitali, la società di persone non è incorporata in documenti, non presenta personalità giuridica,
per cui non è "spersonalizzata" rispetto al suo titolare e non è "standardizzata".
(es. nella società di persone deve esserci sempre il cognome di almeno uno dei soci (es. Sapia snc& company), oppure nella SAS deve riportare
il cognome del socio accomandatario, mentre nelle società di capitale la ragione sociale può essere anche un nome di fantasia in quanto c'è la
netta separazione patrimonio della società e il patrimonio personale dei soci).
▪ La partecipazione sociale può essere conseguita:
▫ mediante l'adesione al contratto sociale in sede di costituzione o anche successivamente, ovvero per il successivo aumento
del capitale nuovi conferimenti effettuati dai terzi, (es. due soggetti costituiscono una società con un capitale di €100
successivamente incrementiamo questo capitale a €150, entrambi i soggetti non hanno risorse ed entra un nuovo socio. Quindi la società
diventa di 3 soci, NB: le società di persone devono avere minimo due persone).
▫ tramite l'acquisto inter vivos di una quota di partecipazione di una società già esistente,
▫ attraverso la successione mortis causa nella quota di partecipazione di un socio defunto.

DIRITTI E OBBLIGHI DEI SOCI


▪ Una volta acquisita partecipazione sociale, la legge ricollega alla qualità di socio determinati DIRITTI, suddivisi in due categorie:
▫ DIRITTI PATRIMONIALI
- il DIRITTO AGLI UTILI, che matura per effetto dell’approvazione del bilancio di esercizio.
La determinazione della parte di utili e di perdite spettanti a ciascun socio è rimessa alle pattuizioni dei soci, con l’unico
limite del DIVIETO DEL PATTO LEONINO (art. 2265 c.c. è NULLO IL PATTO CON IL QUALE UNO O PIÙ SOCI SONO ESCLUSI
DA OGNI PARTECIPAZIONE AGLI UTILI/PERDITE). (vedi pag seguente)
- il DIRITTO ALLA LIQUIDAZIONE DELLA PROPRIA QUOTA, nel caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al
singolo socio (art. 2289 c.c.);
(es. se cambia l’oggetto sociale o la sede, in caso di società costituita da minimo tre persone (NB: se sono due e uno va via si scioglie
intera società), MA un socio non è d’accordo, può sciogliere rapporto sociale e ricevere liquidazione propria quota).
- Il DIRITTO ALLA QUOTA DI LIQUIDAZIONE, comprensiva del rimborso dei conferimenti e della quota di ripartizione
dell’eventuale attivo residuo (artt. 2281, 2282 e 2283 c.c.), nel caso di scioglimento della società.
NB: è eventuale: solo dopo aver pagato tutte le obbligazioni della società, l'eventuale residuo dell'attivo viene
distribuito tra i soci in misura proporzionale alle quote conferite.
▫ DIRITTI AMMINISTRATIVI
Salva diversa pattuizione, spettano a tutti i soci a responsabilità illimitata e riguardano la possibilità di partecipare
all'amministrazione della società e alla formazione della volontà sociale.
(nelle SNC tutti i soci partecipano all'amministrazione della società perché tutti i soci sono responsabili illimitatamente e solidalmente.
C'è una deroga per le SAS perché presentano due categorie di osci: gli accomandatari e accomandanti, salvo il caso in cui all’interno
contratto sia chiaramente scritto che per quell'obbligazione solo un socio ne diviene responsabile).
▪ Quindi, con l'acquisizione della partecipazione sociale, il socio diventa anche destinatario di determinati OBBLIGHI.
- L'effettuazione del conferimento,
- Il pagamento dei creditori sociali,
- Il divieto, per i soci di SNC e per i soci accomandatari nelle SAS, di esercitare, per conto proprio o altrui, un'attività concorrente con quella
della società e di partecipare come socio illimitatamente responsabile ad un'altra società concorrente (art 2301, comma 1, codice civile).
Divieto derogabile con il consenso degli altri soci.

61
LA PARTECIPAZIONE AGLI UTILI E ALLE PERDITE
TUTTI I SOCI:
- HANNO DIRITTO DI PARTECIPARE AGLI UTILI
- PARTECIPANO ALLE PERDITE DELLA GESTIONE SOCIALE.
- GODONO DELLA MASSIMA LIBERTÀ NEL DETERMINARE LA PARTE A CIASCUNO SPETTANTE
- NON È NECESSARIO CHE LA RIPARTIZIONE SIA PROPORZIONALE AI CONFERIMENTI.
▪ Il solo limite è rappresentato dal DIVIETO DI PATTO LEONINO
Il patto leonino si configura come un patto stipulato fra alcuni soci con il quale questi stabiliscono l’esclusione degli altri soci
dalla partecipazione agli utili o l’esclusione di sé stessi dalla contribuzione alle perdite della società.
La stipula di questa tipologia di patto si trova in contrasto con la natura stessa del contratto di società che è definito all’articolo
2247 del codice civile: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di
un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili“.
La norma non accenna alla contribuzione alle perdite, ma, in base al principio cuius commoda, eius et incommoda (chi trae
vantaggio da una situazione, deve sopportarne anche i pesi), non è possibile ricevere utili senza sostenerne i rischi.
Stabilisce l’articolo 2265 che:
· È NULLO IL PATTO CON IL QUALE UNO O PIÙ SOCI SONO ESCLUSI DA OGNI PARTECIPAZIONE AGLI UTILI O ALLE PERDITE.
· E NULLI DEVONO CONSIDERARSI ANCHE I CRITERI DI RIPARTIZIONE CONGEGNATI IN MODO DA DETERMINARE LA
SOSTANZIALE ESCLUSIONE DI UNO O PIÙ SOCI DALLA PARTECIPAZIONE AGLI UTILI O ALLE PERDITE.
· SONO ALTRESÌ NULLE LE CONVENZIONI FRA I SOCI NON RISULTANTI DALL’ATTO COSTITUTIVO: PATTI PARASOCIALI, CHE
VIOLINO IL CONTENUTO PRECETTIVO DELL’ARTICOLO 2265.
(es. alcuni soci si impegnano con un atto separato a tenere gli altri indenni da ogni perdita sociale.
Perché si abbia nullità di tali patti parasociali è però necessario che essi siano privi di una propria giustificazione causale fra
le parti stipulanti, non è nullo il patto con cui un socio si impegna riservare ad un altro tutti gli utili di sua spettanza a titolo
di rimborso di un prestito ricevuto).
▪ Riguardo CRITERI LEGALI DI RIPARTIZIONE DEGLI UTILI E DELLE PERDITE PREVISTI NELL’IPOTESI IN CUI L’ATTO COSTITUTIVO
NULLA DISPONE A RIGUARDO, l’art. 2263 stabilisce che:
a) Se il contrato nulla dispone, le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai
conferimenti;
b) Se, come è possibile, neppure il valore dei conferimenti è stato determinato, le parti si presumono uguali;
c) Se è determinata soltanto la parte di ciascuno nei guadagni, si presume che nella stessa misura debba determinarsi la
partecipazione alle perdite.
d) È disposto che la parte spettante al socio d’opera “se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità”.
▪ Per quanto riguarda gli UTILI:
▫ Nella SS il diritto del socio di percepire la sua parte di utili nasce con l’approvazione del rendiconto, predisposto dai soci
amministratori “al termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso” (art 2262).
▫ Nella SNC tale norma va coordinata con l’obbligo di tenuta delle scritture contabile (art 2302).
Non vi è dubbio perciò che il documento destinato all’accertamento degli utili e delle perdite è un vero e proprio bilancio di
esercizio, redatto con l’osservanza dei criteri stabiliti per il bilancio della società per azioni.
[Diversamente da quanto avviene nelle società di capitali, l’approvazione del rendiconto o del bilancio è condizione
sufficiente perché ciascun socio possa pretendere l’assegnazione della sua parte di utili. L’art. 2262 è chiaro al riguardo:
“salvo patto contrario, ciascun socio ha dritto di percepire la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto”.
Nelle società di persone pertanto, in mancanza di specifica clausola abilitante dell’atto costitutivo, LA MAGGIORANZA DEI SOCI
NON PUÒ LEGITTIMAMENTE DELIBERARE LA NON DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI ACCERTATI ED IL CONSEGUENTE LORO
REINVESTIMENTO NELLA SOCIETÀ (autofinanziamento). A tal fine sarà necessario il consenso di tutti i soci.
▪ Di ripartizione periodica non si può invece parlare per le PERDITE risultanti dal bilancio. Le perdite incidono direttamente sul
valore della singola partecipazione sociale riducendolo proporzionalmente, con la conseguenza che, in sede di liquidazione della
società, il socio si vedrà rimborsare una somma inferiore al valore originario del capitale conferito.
Prima dello scioglimento della società, le perdite accertate hanno quindi un rilievo solo indiretto. Impediscono, come già visto, la
distribuzione degli utili successivamente conseguiti, fin quando il capitale non sia stato reintegrato o ridotto in misura
corrispondente.

62
LA RESPONSABILITÀ DEI SOCI PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI (art 2267)
NELLA SOCIETÀ SEMPLICE E NELLA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO DELLE OBBLIGAZIONI SOCIALE RISPONDE, INNANZITUTTO, LA
SOCIETÀ COL PROPRIO PATRIMONIO: “i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale”.
▫ Il PATRIMONIO SOCIALE costituisce perciò la garanzia primaria di quanti concedono credito alla società.
▫ Garanzia primaria ma non esclusiva, dato che per le obbligazioni sociali rispondono PERSONALMENTE ED ILLIMITATAMENTE
ANCHE I SINGOLI SOCI (salvo patto contrario, che deve, con mezzi idonei, essere portato a conoscenza dei terzi. In
mancanza, la limitazione della responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno
avuto conoscenza)
▪ La disciplina al riguardo dettata non è però puntualmente coincidente per i due tipi di società:
▫ Nella SOCIETÀ SEMPLICE:
- la responsabilità personale di tutti i soci è principio dispositivo, parzialmente derogabile.
Infatti in tale società “PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI RISPONDONO INOLTRE PERSONALMENTE E SOLIDALMENTE I SOCI
CHE HANNO AGITO IN NOME E PER CONTO DELLA SOCIETÀ E, SALVO PATTO CONTRARIO, GLI ALTRI SOCI.”
- Questo vuol dire che, qualora il patrimonio sociale non sia sufficiente a soddisfare il debito, il creditore può esigere i
beni personali dei soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, i beni degli altri soci.
- Per questi ultimi (soci non investiti del potere di rappresentanza) la responsabilità personale può essere esclusa o
limitata da un apposito patto sociale. Patto opponibile ai terzi solo se portato a loro conoscenza con mezzi idonei.
- In nessun caso comunque può essere esclusa la responsabilità di tutti i soci.
▫ Nella SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO:
- la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è inderogabile.
- L’eventuale patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.
▫ In ENTRAMBE le società:
- Per quanto riguarda i NUOVI SOCI “chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le
obbligazioni sociale anteriori all’acquisto della qualità di socio”, dunque la responsabilità per le obbligazioni sociale
precedentemente contratte è estesa anche ai nuovi soci, anche per i debiti che la società ha contratto quando ancora
non era socio.
- Per quanto riguarda il SOCIO USCENTE, ovvero colui che ha cessato di far parte della società, lo scioglimento parziale
del rapporto sociale per morte, recesso od esclusione, nonché per cessione della quota non fa venir meno la
responsabilità personale del socio per le obbligazioni sociali anteriori al verificarsi di tali eventi.
Infatti, l’ex socio o gli eredi del socio defunto “sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociale sorte fino al
giorno in cui si verifica lo scioglimento”.
▪ Dunque, in caso di morte del socio la responsabilità grava sui suoi eredi.
▪ Il socio uscente non è responsabile per le obbligazioni sorte successivamente allo scioglimento del rapporto sociale.
(È necessario però che lo scioglimento del rapporto sia stato portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, altrimenti
“lo scioglimento non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato”. Verso i terzi che hanno fatto affidamento
incolpevole sulla persistente qualità di socio l’ex socio risponderà perciò anche per le obbligazioni sorte dopo lo
scioglimento del rapporto sociale).
▪ La norma è dettata in tema di società semplice ed è applicabile anche alla collettiva irregolare.
Nella collettiva regolare, invece, l’opponibilità ai terzi delle cause di scioglimento del rapporto sociale resta soggetta al
regime di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto costitutivo. Perciò, intervenuta l’iscrizione nel registro delle
imprese dello scioglimento del rapporto, la cessazione della responsabilità personale per le obbligazioni successive sarà
opponibile anche ai terzi che l’abbiano in fatto ignorato.

LA DECISIONE DEI SOCI


Nelle Società di Persone la disciplina legale relativa alle decisioni dei soci, distinte a seconda che modifichino il contratto sociale
o inerenti alla amministrazione della società, è in larga parte dispositiva e svolge una funzione prevalentemente suppletiva della
autonomia negoziale. In particolare:
• DECISIONI SULLA MODIFICA DEL CONTRATTO SOCIALE: IN ASSENZA DI DIVERSE PATTUIZIONI, IL CONTRATTO SOCIALE PUÒ
ESSERE MODIFICATO SOLTANTO CON IL CONSENSO DI TUTTI I SOCI, FATTE SALVE LE DECISIONI IN MATERIA DI
TRASFORMAZIONE, FUSIONE E SCISSIONE (artt. 2500 ter, 2502, 2506 ter, ultimo comma, c.c.);
• DECISIONI SULL’AMMINISTRAZIONE SOCIALE: il principio generale applicabile, in assenza di specifiche pattuizioni, è quello
della NATURALE INERENZA DEL POTERE DI AMMINISTRAZIONE AD OGNI SINGOLO SOCIO.

63
RESPONSABILITÀ DELLA SOCIETÀ E RESPONSABILITÀ DEI SOCI
Nella società semplice e nella società in nome collettivo i creditori sociali hanno di fronte a sé più patrimoni su cui soddisfarsi: il
patrimonio della società ed il patrimonio dei singoli soci illimitatamente responsabili.
Responsabilità della società e responsabilità dei soci non sono però sullo stesso piano.
 I soci sono responsabili in solido fra loro
 Ma sono responsabili in via sussidiaria rispetto alla società in quanto godono del BENEFICIO DI PREVENTIVA ESCUSSIONE
DEL PATRIMONIO SOCIALE: i CREDITORI SOCIALI SONO CIOÈ TENUTI A TENTARE DI SODDISFARSI SUL PATRIMONIO DELLA
SOCIETÀ PRIMA DI POTER AGGREDIRE IL PATRIMONIO PERSONALE DEI SOCI (questo per la SNC regolare)
Questo beneficio opera però diversamente nella società semplice e collettiva irregolare rispetto a quella regolare:
- Nella società semplice e nella SNC irregolare il creditore sociale può rivolgersi direttamente al singolo socio
illimitatamente responsabile e sarà questi a dover invocare la preventiva escussione del patrimonio indicando “i beni
sui quali il creditori possa agevolmente soddisfarsi”. Il socio sarà tenuto a pagare ove non provi che nel patrimonio
sociale esistono beni non solo sufficienti, ma prontamente ed agevolmente aggredibili dal creditore istante.
- Nella SNC regolare, invece, il beneficio di escussione opera automaticamente.
Anche se la società è in liquidazione, i creditori sociali “non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non
dopo l’escussione del patrimonio della società”.
NB: Ricorrendo comunque la condizione per poter agire contro i soci, in caso di insufficienza del patrimonio sociale, il
creditore sociale potrà chiedere a ciascuno dei soci il pagamento integrale del proprio credito, dato che questi sono
obbligati in solido fra loro, il socio che ha pagato, potrà a sua volta esercitare azione di regresso verso gli altri soci.
I SOCI, QUINDI, SONO TRATTATI COME GARANTI DELLE OBBLIGAZIONI SOCIALI.

I CREDITORI PERSONALI DEL SOCIO


Art 2270 “Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest'ultimo nella liquidazione.
Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre chiedere in
ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore.
La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società”.
▪ Il PATRIMONIO DELLA SOCIETÀ È INSENSIBILE ALLE OBBLIGAZIONE PERSONALI DEI SOCI ED INTANGIBILE DA PARTE DEI
CREDITORI DI QUESTI ULTIMI.
- Il creditore personale del socio non può aggredire direttamente il patrimonio sociale per soddisfarsi.
- Inoltre, se è nel contempo debitore della società, non può compensare tale suo debito con il credito che vanta a titolo
personale verso il socio. Ed infatti, se la compensazione fosse possibile, il creditore del socio-debitore della società finirebbe
in realtà col soddisfarsi sul patrimonio di quest’ultima.
- Il creditore personale del socio non è però del tutto sprovvisto di tutela.
Sia nella società semplice sia nella collettiva egli infatti può:
a) Far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
b) Compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella liquidazione della società.
c) Nella società semplice e nella società in nome collettivo irregolare, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere anche la liquidazione della quota del suo debitore; deve però provare che “gli altri beni del debitore sono
insufficienti a soddisfarsi i suoi creditori”.
NB: ≠ nella società in nome collettivo regolare “il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può
chiedere la liquidazione della quota del socio debitore”, neppure se prova che gli altri beni dello stesso siano
insufficienti a soddisfarlo.
Tale regola vale tuttavia fino alla scadenza della società fissata nell’atto costitutivo. I soci possono prorogare la durata
della società con una specifica decisione o continuando in fatto l’attività sociale.
- Se la proroga è espressa ed è iscritta nel registro delle imprese, il creditore particolare può opporsi giudizialmente
alla proroga entro tre mesi dall’iscrizione della delibera. Se l’opposizione è accolta, la società deve liquidare a suo
favore la quota del socio debitore;
- Se la proroga è tacita (l’attività d’impresa è cioè continuata con il consenso per fatti concludenti di tutti i soci), il
creditore personale potrà chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota dimostrando l’insufficienza degli altri
beni del socio suo debitore.

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L’ATTIVITA’ SOCIALE
MODELLO LEGALE E MODELLI STATUTARI
La disciplina dell'attività sociale nella società semplice e nella società in nome collettivo è estremamente scarna perché viene
lasciato ampio spazio all' autonomia negoziale.
Il legislatore prevede un MODELLO DI ORGANIZZAZIONE FONDATO SULLA DISTINZIONE AMMINISTRAZIONE-MODIFICAZIONI
DELL’ATTO COSTITUTIVO E BASATO SUI SEGUENTI PRINCIPI:
a) Ogni socio illimitatamente responsabile è investito del potere di amministrazione e di rappresentanza della società;
b) È per contro necessario il consenso di tutti i soci per le modificazioni del contratto sociale.
Questo modello legale non ha però carattere rigido; i principi enunciati hanno infatti in larga parte carattere dispositivo e
trovano applicazioni solo se i soci non hanno diversamente disposto nell’atto costitutivo.
L’idea di fondo è che i soci sono liberi di modellare il funzionamento della società nel modo che ritendono più opportuno e
proficuo in quanto di regola rischiano anche il proprio patrimonio personale.
L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA’ (art 2257)
L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ È L’ATTIVITÀ DI GESTIONE DELL’IMPRESA SOCIALE.
Il POTERE DI AMMINISTRARE è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.
▪ Solo in assenza di specifiche disposizioni dell’atto costitutivo, l’attribuzione di tali poteri è governata dal modello legale, che
muove dal principio generale secondo cui ogni socio illimitatamente responsabile è amministratore della società.
▪ L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che l’amministrazione sia riservata solo ad alcuni soci, dando così luogo alla
contrapposizione fra soci amministratori e soci non amministratori. Distinguiamo a tal proposito due modelli:
▫ AMMINISTRAZIONE DISGIUNTIVA (MODELLO LEGALE):
In assenza di diverse pattuizioni nel contratto sociale, il modello legale stabilisce una perfetta corrispondenza tra potere di
amministrazione e potere di rappresentanza.
Trova applicazione quando L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ SPETTA A PIÙ SOCI ED IL CONTRATTO SOCIALE NULLA
DISPONE IN MERITO ALLE MODALITÀ DI ESERCIZIO DEL POTERE DI AMMINISTRAZIONE.
▪ Ciascun socio amministratore è investito del potere di intraprendere da solo tutte le operazioni che rientrano nell’oggetto
sociale, senza essere tenuto a richiedere il consenso o il parere degli altri soci amministratori. Né è tenuto ad informarli
preventivamente delle operazioni progettate.
▪ L’ampio potere di iniziativa individuale è tuttavia temperato dal diritto di opposizione riconosciuto a ciascuno degli altri
soci amministratori. L’opposizione deve essere esercitata prima che l’operazione sia stata compiuta e paralizza il potere
decisorio del singolo amministratore in ordine all’operazione contestata.
Con l’opposizione si determina un conflitto fra i soci amministratori in merito a quella determinata operazione.
Sulla fondatezza dell’opposizione decide infatti la maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun
socio negli utili. Si tratta quindi di una maggioranza per quote di interesse e non per teste.
L’opposizione deve essere esercitata prima che l’operazione sia stata compiuta e, se tempestiva, paralizza il potere decisorio
del singolo amministratore in ordine all’operazione contestata.
▪ L’amministrazione disgiunta offre indubbi vantaggi sotto il profilo della rapidità delle decisioni, ma non è senza pericoli
dato che il singolo amministratore può porre in essere operazione non proficue per la società all’insaputa degli altri.
Il legislatore perciò prevede anche un metodo alternativo di amministrazione: l’amministrazione congiuntiva.
▫ AMMINISTRAZIONE CONGIUNTIVA (MODELLO A SCELTA DEI SOCI)
Deve essere espressamente convenuta dai soci nell’atto costitutivo o con modificazione dello stesso, dato che nel silenzio
delle parti la regola è l’amministrazione disgiunta.
Con l’amministrazione congiuntiva “È NECESSARIO IL CONSENSO DI TUTTI I SOCI AMMINISTRATORI PER IL COMPIMENTO
DELLE OPERAZIONI SOCIALI”. L’atto costitutivo può tuttavia prevede che “PER L’AMMINISTRAZIONE O PER DETERMINATI
ATTI SIA NECESSARIO IL CONSENSO DELLA MAGGIORANZA DEI SOCI AMMINISTRATORI”, calcolata secondo la parte
attribuita a ciascuno negli utili.
▪ L’amministrazione congiunta può quindi atteggiarsi come una amministrazione all’unanimità sia come amministrazione a
maggioranza. Tuttavia, se i soci scelgono l’amministrazione congiunta e nulla specificano, la regola è quella dell’unanimità.
▪ La maggior rigidità dell’amministrazione congiunta è temperata dal riconoscimento ai singoli amministratori del potere di
agire individualmente “quando vi sia urgenza di evitare un danno alla società”.

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I POTERI DI AMMINISTRAZIONE E DI RAPPRESENTANZA
Fra le funzioni di cui gli amministratori sono per legge investiti vi è anche quella di rappresentanza della società.
IL POTERE DI RAPPRESENTANZA è IL POTERE DI AGIRE NEI CONFRONTI DI TERZI IN NOME DELLA SOCIETÀ, DANDO LUOGO
ALL'ACQUISTO DI DIRITTI E ALL' ASSUNZIONE DI OBBLIGAZIONI DA PARTE DELLA STESSA (art 2266, primo comma). Distinguiamo:
- Il potere di gestione (attività amministrativa interna) riguarda la fase decisoria delle operazioni sociali.
- Il potere di rappresentanza (a. a. esterna) riguarda la fase di attuazione con i terzi delle operazioni sociali.
La rappresentanza è anche processuale: la società può agire o può essere chiamata in giudizio in persona dei soci amministratori
che ne hanno la rappresentanza.
▫ SOLO IN ASSENZA DI SPECIFICHE DISPOSIZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO, l’attribuzione dei poteri di amministrazione e di
rappresentanza poteri è governata dal MODELLO LEGALE, che muove dal principio generale secondo cui IL POTERE DI
AMMINISTRAZIONE SPETTA A CIASCUNO DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI.
In assenza di diverse pattuizioni nel contratto sociale, il modello legale stabilisce una PERFETTA CORRISPONDENZA TRA
POTERE DI AMMINISTRAZIONE E POTERE DI RAPPRESENTANZA.
Infatti, la rappresentanza della società spetta a ciascun socio amministratore, disgiuntamente o congiuntamente a seconda
che in un modo o nell’altro sia stata conformata l’amministrazione.
- Nel caso di amministrazione disgiunta, ogni amministratore può perciò da solo decidere e da solo stipulare atti in nome
della società (firma disgiunta).
- In amministrazione congiuntiva, tutti i soci amministratori devono partecipare a stipulazione dell’atto (firma congiunta).
▫ L’ATTO COSTITUTIVO PUÒ PREVEDERE UNA DIVERSA REGOLAMENTAZIONE del potere di gestione e di rappresentanza:
- Può riservare la rappresentanza legale della società ad alcuni soci amministratori dando così luogo ad una
DISSOCIAZIONE SOGGETTIVA FRA POTERE DI GESTIONE E POTERE DI RAPPRESENTANZA.
- Può LIMITARE L’ESTENSIONE DEL POTERE DI RAPPRESENTANZA DEL SINGOLO AMMINISTRATORE.
(es. può prevedere firma disgiunta per atti che non superano un dato importo e firma congiunta per quelli di ammontare superiore).
▪ La previsione di limitazioni convenzionali al potere di rappresentanza degli amministratori solleva il PROBLEMA DELLA
LORO OPPONIBILITÀ AI TERZI CHE ENTRANO IN CONTATTO CON GLI STESSI:
- Il problema è linearmente risolto nella società in nome collettivo regolare, con lo strumento della pubblicità legale: le
limitazioni del potere di rappresentanza degli amministratori non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel registro
delle imprese o se non si provi che i terzi abbiano avuto effettiva conoscenza
- Nella società in nome collettivo irregolare l’omessa registrazione si ritorce contro i soci essendo tutelato l’affidamento
dei terzi sulla corrispondenza della situazione di fatto al modello legale di rappresentanza.
Per rendere opponibili ai terzi eventuali deroghe occorre dimostrare che i terzi ne fossero a conoscenza. Infatti, si
presume che ogni socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale anche in giudizio.
- Diversa e più complessa è infine la situazione delineata per la società semplice. Per la mancanza all’epoca di un regime
di pubblicità legale, la norma rinvia alla disciplina del diritto comune con conseguente necessità di distinguere fra:
· limitazioni originarie: sono sempre opponibili ai terzi.
· limitazione successive o estinzione del potere di rappresentanza: devono essere portate a conoscenza dei terzi con
mezzi idonei ed in mancanza sono loro opponibili solo se la società prova che le conoscevano.
▪ Il COINVOLGIMENTO NELL’ATTIVITÀ SOCIALE DEI SOCI NON AMMINISTRATORI è abbastanza LIMITATO, almeno in mancanza
di particolari pattuizioni nel contratto sociale. La loro tutela è incentrata principalmente sull’attribuzione di determinati poteri
individuali di informazione e controllo: l’art. 2261 c.c. riconosce a ciascun socio non amministratore due tipi di potere di
controllo, le cui modalità di esercizio possono essere precisate dal contratto sociale:
- il DIRITTO DI INFORMAZIONE IMMEDIATA esercitabile in qualunque momento, anche durante l’esercizio sociale, attraverso
richiesta di info e notizie su svolgimento dell’attività sociale e richiesta di consultare documenti relativi all’amministrazione;
- il DIRITTO AL RENDICONTO SULL’AMMINISTRAZIONE DEGLI AFFARI SOCIALI CHE IL SOCIO MATURA AL TERMINE DI OGNI
ANNO, salvo che il contratto non stabilisca un termine più breve.
▪ Il potere di amministrazione può essere attribuito anche ai “NON SOCI” tranne che nelle S.n.c. e S.a.s. (art. 2318 c.c. comma 2),
ove tale possibilità è espressamente esclusa dalla legge.
▪ l’attribuzione del potere di rappresentanza è una conseguenza naturale dell’attribuzione del potere di amministrazione;
pertanto, QUALORA L’ATTO COSTITUTIVO O UNA SUCCESSIVA MODIFICAZIONE DELLO STESSO INTRODUCANO DEROGHE O
LIMITAZIONI IN ORDINE AI SOGGETTI LEGITTIMATI O AL CONTENUTO E ALL’ESERCIZIO DEL POTERE, QUEST’ULTIME DOVRANNO
ESSERE RESE OPPONIBILI AI TERZI, secondo tali modalità:
- Nel caso di SNC e SAS regolari, attraverso l’iscrizione di ogni limitazione, originaria o successiva, del potere di
rappresentanza nel Registro delle imprese; in mancanza di iscrizione, la limitazione non sarà opponibile ai terzi a meno che
non si provi che questi ne erano a conoscenza;
- Nell’ipotesi di società irregolare, mediante la dimostrazione che i terzi erano a conoscenza delle deroghe o delle limitazioni.
- Per la SS, secondo quanto stabilito dalla disciplina generale in tema di rappresentanza di cui all’art. 1396 c.c., Le
modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. In mancanza, esse
non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto.

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FOCUS: I POTERI DI AMMINISTRAZIONE E RAPPRESENTANZA NELLA S.A.S.
Tra le Società di persone, la S.A.S. costituisce l’unico tipo che, pur beneficiando di una disciplina più agevole e flessibile,
AMMETTE UNA LIMITAZIONE LEGALE DI RESPONSABILITÀ DI ALCUNI SOCI, GLI ACCOMANDANTI.
▫ I SOCI ACCOMANDATARI hanno un trattamento identico a quello dei soci di una S.n.c. (art. 2318, comma 1, c.c.), sono
titolari del potere di amministrazione (e del potere di rappresentanza) che eserciteranno secondo le modalità descritte e e
sono solidalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali.
▫ I SOCI ACCOMANDANTI effettuano l’investimento nella società al solo fine di un guadagno, per cui godono di un
trattamento più simile a quello dei soci di una società di capitali e sono obbligati solo al conferimento e rispondono nei
confronti dei terzi limitatamente alla quota conferita.
▪ Al beneficio della limitazione della responsabilità patrimoniale si contrappone una esclusione degli accomandanti
dall’amministrazione della società, espressamente riservata agli accomandatari; esclusione sancita da un vero e proprio
DIVIETO DI IMMISTIONE, assistito da un meccanismo irreversibile di sanzioni patrimoniali nel caso di sua violazione.
NB: Il divieto di immistione assume carattere assoluto per accomandanti di una Sas irregolare, sarà loro preclusa qualsiasi
forma di partecipazione ad atti di amministrazione esterna (anche se legittimati da una procura speciale) o interna.
▪ quanto al controllo sull’attività svolta dagli accomandatari, gli accomandanti possono disporre:
- Dei poteri di ispezione e sorveglianza eventualmente consentiti dall’atto costitutivo,
- Di taluni poteri di verifica, come “il diritto di avere comunicazione annuale del bilancio, del conto dei profitti e delle
perdite e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società”
▪ Il socio accomandante perde la responsabilità limitata:
- Nel momento in cui amministra,
- Quando, nella denominazione sociale (o ragione sociale), acconsente affinché venga riportato anche il suo nome.
(questi eventi espongono il socio accomandante al rischio di esclusione dalla società, determinano la perdita del beneficio della
responsabilità limitata e lo rendono responsabile verso i terzi, solidalmente con gli accomandatari, per tutte le obbligazioni sociali).

I SOCI AMMINISTRATORI e I SOCI NON AMMINISTRATORI


L’ATTO COSTITUTIVO PUÒ RISERVARE L’AMMINISTRAZIONE SOLO AD ALCUNI SOCI, DANDO COSÌ LUOGO ALLA DISTINZIONE FRA:
• SOCI AMMINISTRATORI
▪ I soci amministratori possono essere nominati:
- direttamente nell’atto costitutivo, in questo caso la revoca deve essere decisa dagli altri soci all’unanimità e non ha
effetto se non ricorre una giusta causa;
- per atto separato, in questo caso è revocabile secondo le norme del mandato, anche se non ricorre una giusta causa.
▪ La qualità di amministratore va tenuta comunque distinta dalla qualità di socio. Il rapporto di amministrazione costituisce
infatti rapporto autonomo e distinto dal rapporto sociale, come emerge con tutta evidenza dal fatto che si può essere soci
senza essere amministratori e si può cessare di essere amministratori pur conservando la qualità di socio.
▪ DIRITTI E OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI:
- L’amministratore è investito per legge del potere di compiere tutti gli atti che rientrano nel progetto sociale (esclusi gli
atti che comportano la modificazione del contratto sociale).
- I soci amministratori hanno diritto al compenso per il loro ufficio (es. anche una più elevata partecipazione agli utili).
- Nella società in nome collettivo essi devono tenere le scritture contabili e redigere il bilancio di esercizio; devono inoltre
provvedere agli adempimenti pubblicitari connessi all’iscrizione nel registro delle imprese. E specifiche sanzioni penali
sono per gli stessi previste, anche in caso di fallimento della società.
- Gli amministratori sono poi solidalmente responsabili verso la società, con conseguente obbligo di risarcire i danni alla
stessa arrecati. Tuttavia la responsabilità non si estende agli amministratori che dimostrino di essere esenti da colpa.
- Incorrono in responsabilità anche nei confronti dei singoli soci, per danni agli stessi arrecati in via diretta ed immediata.
• SOCI NON AMMINISTRATORI
Sono dotati di ampi e penetranti poteri di informazione e di controllo. Ogni socio non amministratore ha:
- Il diritto di “avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari sociali”;
- Il diritto “di consultare i documenti relativi all’amministrazione” quindi, tutte le scritture contabili della società;
- Il diritto di ottenere il rendiconto degli affari sociali “quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti”,
ovvero “al termine di ogni anno, salvo che il contratto stabilisca un termine diverso”.
▪ Nella SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO su TUTTI I SOCI incombe l’obbligo di DIVIETO DI CONCORRENZA: OBBLIGO DI NON
ESERCITARE “PER CONTRO PROPRIO O ALTRUI UN’ATTIVITÀ CONCORRENTE CON QUELLA DELLA SOCIETÀ”, ED INOLTRE DI NON
PARTECIPARE “COME SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE AD ALTRA SOCIETÀ CONCORRENTE”.
La norma tende a proteggere la società dal danno che le deriverebbe dall’attività concorrenziale diretta od indiretta dal socio.
Il divieto non impedisce di partecipare come socio limitatamente responsabile in altra società concorrente di persone o capitali.
La violazione espone il socio al risarcimento dei danni nei confronti della società e legittima gli altri soci a deciderne l’esclusione.
Il divieto non ha tuttavia carattere assoluto: può essere rimosso dagli altri soci ed il consenso si presume se la situazione
concorrenziale preesisteva al contratto sociale e gli altri soci non erano a conoscenza.

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LA COSTITUZIONE DELLE SOCIETÀ DI PERSONE
▪ Per la validità del contratto di società non è prescritta in linea di principio l’adozione di particolari forme, salvo quella resa
necessaria dalla “natura dei beni conferiti”.
▪ Inoltre, per le sole società commerciali, la legge pone il requisito della forma dell’atto pubblico o della scrittura privata
autenticata solo ai fini dell’iscrizione nel Registro delle imprese (cfr. art. 2296 c.c.) in mancanza della quale la società sarà,
pertanto, irregolare.
Sempre ai fini dell’iscrizione nel R.I., il contratto richiede talune indicazioni (previste dall’art. 2295 c.c.).
La mancanza delle indicazioni, oltre a non inficiare la validità del contratto, non sempre è di ostacolo alla iscrizione
▪ L’atto costitutivo della S.a.s. deve altresì indicare i soci accomandatari e i soci accomandanti (art. 2316 c.c.), con la precisazione
che nella ragione sociale deve figurare il nome di almeno un accomandatario (2314, comma 1, c.c.).

L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE E LE SOCIETÀ IRREGOLARI


La legge prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese per tutte le società di persone, dettando tuttavia una disciplina diversa a
seconda che si tratti di società commerciali (S.n.c. e S.a.s.) o di S.S. e, fra queste ultime, a seconda dell’attività svolta (la S.S. può
esercitare solo attività non commerciale).
▫ Per le SOCIETA’ COMMERCIALI (SNC e SAS) l’atto costitutivo, redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, deve
essere iscritto nella sessione ordinaria del Registro delle imprese entro 30 gg dalla conclusione del contratto (art. 2296 c.c.).
L’iscrizione nel R.I. ha valore di pubblicità legale con efficacia dichiarativa (art. 2193, comma 2, c.c.); ciò significa che
- Avvenuta, si crea, nei confronti dei terzi, presunzione assoluta di conoscenza degli atti e dei fatti (c.d. efficacia positiva),
- Finché non sia intervenuta, non si realizza l’opponibilità, a meno che non si dimostri l’effettiva conoscenza degli atti e
dei fatti da parte dei terzi (c.d. efficacia negativa).
▪ Nel caso in cui, per le S.n.c. e per le S.a.s., non si compia l’iscrizione nel R.I., si applicherà una specifica disciplina, quella
delle società irregolari.

LE MODIFICAZIONI DEL CONTRATTO SOCIALE


Le MODIFICAZIONI DEL CONTRATTO SOCIALE sono costituite dai:
- MUTAMENTI NELLA COMPOSIZIONE DELLA COMPAGINE SOCIALE (MODIFICAZIONI SOGGETTIVE)
- CAMBIAMENTI RELATIVI AL CONTENUTO DEL CONTRATTO (MODIFICAZIONI OGGETTIVE).
Per modificare il contratto sociale, occorre il consenso unanime dei soci (art. 2252 c.c.), se non è diversamente convenuto.
Le modificazioni del contratto vengono assunte secondo le medesime modalità previste per tutte le altre decisioni dei soci, sia
per quanto concerne la mancata applicabilità del metodo collegiale sia per quanto riguarda la forma.
▪ In ordine alla pubblicità:
▫ le modificazioni del contratto sociale della S.n.c. e della S.a.s. devono essere iscritte nel Registro delle imprese entro 30
giorni, a cura degli amministratori (cfr. art. 2300 c.c.), applicandosi solo a tal fine i medesimi requisiti formali già esaminati
per il contratto sociale.
Finché non sono state iscritte nel registro delle imprese non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano
a conoscenza. La modificazione è tuttavia immediatamente eseguibile, se non diversamente disposto dalla legge.
▫ Nella collettiva irregolare, le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere invece portate a conoscenza dei terzi con
mezzi idonei e non sono opponibili a colo che le abbiano senza colpa ignorate.
▫ Per le SS esercenti attività agricola la recente previsione dell’iscrizione nel registro delle imprese con efficacia di pubblicità
legale porta a ritenere oggi operante una disciplina identica a quella della SNC.
▪ Frequente nella pratica è la clausola che prevede la modificabilità a maggioranza dell’atto costitutivo (la regola è di solito
l’unanimità). La maggioranza deve rispettare due principi generali:
- Obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede
- Rispetto della parità di trattamento fra i soci

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VICENDE DELLA PARTECIPAZIONE
Il mutamento della compagine sociale può verificarsi:
- Nel caso di ingresso di altri soci, in virtù di un aumento del capitale sociale;
- Per il trasferimento della partecipazione per atto tra vivi o per causa di morte, senza alcuna variazione, in aumento o in
diminuzione, del capitale sociale;
- Nell’ipotesi di estinzione della singola partecipazione a causa della morte, del recesso o dell’esclusione di un socio,
verificandosi, in tal caso, una diminuzione del capitale sociale.
(NB: solo nell'ipotesi in cui ci siano più di due soci, perché nel caso in cui ci fossero solo due soci la società in questione
sarebbe costretta allo scioglimento).
TRASFERIMENTI INTER VIVOS
▪ Alla base anche della regola della INTRASFERIBILITÀ DELLA PARTECIPAZIONE DELL’ATTO TRA VIVI, se non con il consenso
unanime dei soci, abbiamo due principi:
d. La rilevanza della persona del socio, principio cardine nelle società di persone,
e. Principio che consente ai soci di redigere clausole dirette a facilitare o addirittura a consentire liberamente il trasferimento
della partecipazione (ferma restando l’impossibilità di incorporare le partecipazioni in titoli di credito).
▪ In riferimento a quanto appena detto ci sono alcune regole particolari che valgono per le SAS:
1. La cessione della partecipazione dei soci accomandanti ha effetto verso la società se vi è il consenso dei soci che
rappresentano la maggioranza del capitale, salvo patto contrario (art. 2322, comma 2, c.c.);
2. La partecipazione dei soci accomandatari, invece, può circolare secondo il regime descritto per le altre società di persone, e
cioè solo con il consenso unanime degli altri soci, a meno che non sia intervenuta una diversa pattuizione.
SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE DELLA SINGOLA PARTECIPAZIONE
(Siamo sempre nell'ipotesi in cui la società è costituita da più di due soci).
Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un singolo socio può aver luogo per:
▫ EFFETTO DI MORTE;
▫ RECESSO;
▫ ESCLUSIONE;
Determina la LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA a favore:
- Del singolo socio receduto-escluso,
- Degli eredi (o legatari) del socio defunto sempre se hanno accettato l'eredità.
La quota del socio deve essere liquidata entro sei mesi, ovvero 180 giorni, dalla data in cui lo scioglimento diviene efficace
(articolo 2289, comma 4).
▪ Il socio uscente, o i suoi eredi, hanno diritto ad ottenere, a titolo di liquidazione della quota di partecipazione, SOLTANTO UNA
SOMMA DI DANARO CHE RAPPRESENTI IL VALORE DELLA PARTECIPAZIONE (art 2289 codice civile). (il diritto di ottenere la
liquidazione della partecipazione NON corrisponde alla quota che io ho versato in sede di costituzione della società ma
corrisponde al valore della partecipazione nella società nel momento in cui si è verificata una delle cause di scioglimento del
rapporto sociale limitatamente ad un singolo socio es. se il patrimonio sociale al momento della Costituzione era 100 ed ora invece
corrisponde a 150, il diritto del socio a richiedere la liquidazione viene calcolato rispetto ai 150 in proporzione alla quota conferita.)
▪ Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad una sola partecipazione non provoca lo scioglimento del contratto
sociale, A PATTO CHE TALE PARTECIPAZIONE NON SIA STATA CONSIDERATA ESSENZIALE DAI SOCI NEL MOMENTO DELLA
STIPULA DEL CONTRATTO (ex art 1459).
▪ Se vi è un unico socio rimasto, è necessario ricostituire la pluralità della compagine sociale entro 6 mesi, pena lo scioglimento
della società con effetto alla scadenza di tale termine (art. 2272, n. 4, c.c.).
RICORDA CHE: PER POTER COSTITUIRE UNA SOCIETÀ DI PERSONE, PER POTER SVOLGERE UN'ATTIVITÀ SOCIALE e PER
RAGGIUNGERE GLI SCOPI DI LUCRO CI DEVONO ESSERE RIGOROSAMENTE ALMENO 2 SOCI.
(NB: se viene meno uno dei due soci sarà possibile ricostituire la società con gli eredi o mediante l'ingresso di terzi (investitori);
oppure "trasformare" la società, ad esempio in una Srl; in questo caso si parlerebbe di "trasformazione eterogenea", ovvero si
passerebbe da una società di persone ad una società di capitali, NON posso trasformarla in una SAS in quanto anche in questa
tipologia di società ci devono essere due categorie di soci: accomandanti e accomandatari).
▪ Nella S.a.s. analoga conseguenza si verifica anche allorché VENGA MENO LA TOTALITÀ DEGLI ACCOMANDATARI O DEGLI
ACCOMANDANTI, PUR IN PRESENZA DI UNA PLURALITÀ DI SOCI DELL’ALTRA CATEGORIA.
(Se non venisse ricostituita la pluralità della compagine sociale nel termine dei sei mesi, la società si troverebbe in uno stato di
scioglimento. Anche in questo caso, potrebbe essere trasformata in una Snc e parleremo di "trasformazione omogenea").

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MORTE, RECESSO ED ESCLUSIONE DEL SOCIO
❖ MORTE
Secondo il modello legale, LA MORTE DEL SOCIO DETERMINA LO SCIOGLIMENTO DELLA PARTECIPAZIONE, CHE DOVRÀ
ESSERE LIQUIDATA AI SUOI SUCCESSORI NEL TERMINE DI 6 MESI.
Ai soci superstiti, che devono decidere all’unanimità, sono offerte due diverse possibilità:
- Scioglimento anticipato della società, in tal caso a eredi spetta quota di liquidazione in occasione del riparto dell’attivo
(ovviamente, qualora non vi sia attivo, non riceveranno nulla);
- Continuazione dell’attività con gli eredi, sempre che questi ultimi vi acconsentano (art. 2284 c.c.).
▪ In caso di morte del socio accomandante, dal momento che la sua partecipazione è trasferibile per causa di morte (art.
2322, comma 1, c.c.), i suoi successori divengono automaticamente soci in virtù della devoluzione successoria, senza
necessità di alcun consenso né da parte loro, né dei soci superstiti.
❖ DIRITTO DI RECESSO
Il diritto di recesso è il DIRITTO POTESTATIVO DI SCIOGLIERE UNILATERALMENTE LA SINGOLA PARTECIPAZIONE SOCIALE IN
FORZA DELLA MANIFESTAZIONE DI VOLONTÀ DELLO STESSO SOCIO.
(es. la sede legale di una società è qui a Casamassima e che l'attività svolta è un'attività di logistica. Se alcuni soci decidessero di trasferire
la sede a Roma o di cambiare addirittura l'oggetto sociale, io potrei non essere favorevole e potrei recedere dal contratto).
▪ Le cause che ne legittimano l’esercizio sono diversamente disciplinate. Infatti, il Socio:
▫ Se la società è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di un socio, può recedere senza necessità di
motivazione alcuna (art. 2285), e lo stesso vale nel caso di proroga tacita della durata della società (art. 2307c.c.);
▫ Qualora ci fosse un contratto a tempo determinato, il socio NON potrebbe recedere dal contratto prima della data
senza una giusta causa.
▫ In ogni caso, a prescindere dalla durata della società, può recedere in presenza di una giusta causa o per le altre cause
previste dal contratto sociale;
▫ Se non consenziente, può recedere in caso di trasformazione (es. passaggio da SNC a SPA), fusione o scissione.
▪ Il diritto di recesso viene esercitato mediante una comunicazione agli altri soci, di natura recettizia.
▪ In tutti i casi quando si esercita il diritto di recesso, IL SOCIO INTERESSATO HA DIRITTO A RICEVERE LA LIQUIDAZIONE
DELLA PROPRIA QUOTA DI PARTECIPAZIONE SOCIALE NEL MOMENTO IN CUI ESERCITA IL DIRITTO DI RECESSO.
(es. io oggi 12 marzo esercito il diritto di recesso e dovrò essere liquidato entro 6 mesi in base al valore ATTUALE della mia quota di
partecipazione sociale, NON in base al valore della stessa fra sei mesi, per cui se il valore della mia quota ad oggi (momento in cui ho
deciso di recedere) è di 150, io dovrei ricevere 150 entro sei mesi).
❖ ESCLUSIONE DEL SOCIO
È possibile distinguere tra:
▫ ESCLUSIONE VOLONTARIA, deliberabile dai soci nel caso in cui determinati fatti possano compromettere il
raggiungimento dello scopo sociale,
▪ Le cause di esclusione volontaria sono classificabili in tre gruppi, ex art. 2286 c.c.
- Gravi inadempienze degli obblighi derivanti dalla legge o del contratto sociale, inadempimenti idonei a pregiudicare
il perseguimento del fine sociale, per violazione di obblighi o divieti specifici o derivanti da clausole generali;
- Mutamenti dello stato personale (quali interdizione e inabilitazione);
- Sopravvenuta impossibilità del conferimento (e così in ipotesi di sopravvenuta impossibilità del socio d’opera di
eseguire la prestazione promessa) (Quando formalizziamo un contratto sociale, non necessariamente dobbiamo effettuare i
conferimenti nell'immediato ma potremmo effettuarli in epoca successiva. Se per qualsiasi ragione, uno dei soci non riuscisse ad
effettuare i conferimenti sottoscritti, ci sarà l'esclusione volontaria e si procederà alla liquidazione della quota del socio escluso).
▫ ESCLUSIONE DI DIRITTO, indipendente dalla volontà degli altri soci. Essa si verifica
- In caso di dichiarazione di fallimento del socio;
- Per l’avvenuta liquidazione della quota su richiesta del creditore particolare del socio (art. 2270 c.c.). (Un creditore
particolare di un socio potrebbe richiedere la liquidazione della quota del socio incapiente per soddisfare il proprio credito).
▪ Relativamente al procedimento da adottare:
1. Nel caso di società con più di due soci, l’esclusione è decisa a maggioranza (computata per teste), senza tener conto del
voto del socio da escludere (art. 2287, comma 1, c.c.).
2. Nell’ipotesi, invece, che la società sia formata da due soli soci, l’esclusione di uno di essi è pronunciata dal Tribunale, su
richiesta dell’altro (art. 2287, comma 3, c.c.).

70
SCIOGLIMENTO, LIQUIDAZIONE ED ESTINZIONE DELLE SOCIETÀ DI PERSONE
"Una volta accertata la causa di scioglimento, la società in questione viene posta in liquidazione ed infine terminate le operazioni
di liquidazione, si procede all'estinzione-cancellazione della società di persone dal registro delle imprese".
SCIOGLIMENTO
▪ Ai sensi dell’art. 2272 c.c., le cause di scioglimento comuni a tutte le Società di Persone sono:
1. IL DECORSO DEL TERMINE STABILITO NEL CONTRATTO SOCIALE, salvo il caso di proroga espressa o tacita (in ipotesi di
continuazione di fatto delle operazioni sociali con il consenso di tutti i soci); (siamo in presenza di un contratto determinato,
salvo eventuali modifiche contrattuali (proroghe) poste in essere dai soci prima della scadenza del contratto)
2. IL CONSEGUIMENTO DELL’OGGETTO SOCIALE O LA SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITÀ DI CONSEGUIRLO;
3. LA VOLONTÀ DEI SOCI, ove decidano lo scioglimento anticipato;
4. LA SOPRAVVENUTA MANCANZA DELLA PLURALITÀ DEI SOCI, se non ricostituita nel termine di 6 mesi;
5. LE ULTERIORI CAUSE PREVISTE DAL CONTRATTO SOCIALE.
(es. io e il mio collega nella stipula del contratto decidiamo di sciogliere la società qualora uno dei due venisse meno).
(+) Le SNC e le SAS si sciolgono altresì per effetto della DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO (art. 2308 c.c.),
(+) La SAS si scioglie anche per il VENIR MENO DI UNA DELLE 2 CATEGORIE DI SOCI, non ricostituita entro 6 mesi (art. 2323).
▪ AL VERIFICARSI DI UNA CAUSA DI SCIOGLIMENTO SI APRE LA LIQUIDAZIONE DELLA SOCIETÀ.
▪ In attesa che vengano prese le decisioni relative alla liquidazione, col verificarsi di una causa di scioglimento sorgono alcuni
divieti ed obblighi in capo agli amministratori, i quali:
▫ Devono provvedere all’iscrizione nel Registro delle imprese della causa di scioglimento e della nomina dei liquidatori e,
limitatamente alle società commerciali, devono indicare negli atti e nella corrispondenza che la società è in liquidazione;
▫ Restano in carica finché non siano presi i provvedimenti per la liquidazione, ma possono compiere soltanto gli atti urgenti;
▫ Intervenuta la nomina dei liquidatori, devono consegnare i beni e i documenti sociali, presentare il rendiconto relativo al
periodo successivo all’ultimo bilancio e collaborare alla redazione dell’inventario (art. 2277 c.c.).

LIQUIDAZIONE
▪ Come detto, in tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i sui eredi hanno diritto alla
liquidazione della quota sociale. Più esattamente, “hanno diritto soltanto ad una somma in danaro che rappresenti il valore della
quota”. Il che significa che il socio non può pretendere la restituzione dei beni conferiti in proprietà.
Il valore della quota è determinato in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento
del rapporto. Per legge, la situazione patrimoniale della società va determinata attribuendo ai beni il valore effettivo.
Il pagamento della quota spettante al socio deve essere effettuato entro 6 mesi dallo scioglimento del rapporto.
▪ Il liquidatore, eletto su consenso di tutti i soci, prendono il posto degli amministratori e andranno immediatamente a:
1. Incassare tutti i crediti;
2. Vendere tutti gli asset aziendali;
3. Accertarsi dei debiti aziendali;
4. Onorare i debiti aziendali presenti;
5. Estinti tutti i debiti sociali la liquidazione si avvia all’epilogo con la definizione dei rapporti fra i soci.
6. I liquidatori devono restituire ai soci i beni conferiti in godimento nello stato in cui si trovano. E se tali beni sono deteriorati
per causa imputabile agli amministratori, i soci hanno diritto al risarcimento dei danni a carico del patrimonio sociale.
7. Resta infine da ripartire fra i soci l’eventuale attivo patrimoniale residuo convertito in danaro.
8. Il saldo attivo di liquidazione è destinato innanzitutto al rimborso del valore nominale dei conferimenti. L’eventuale
eccedenza è poi ripartita fra tutti i soci in proporzione della partecipazione di ciascuno nei guadagni.
▪ Sui liquidatori incombe un duplice divieto:
▫ Divieto di intraprendere “nuove operazioni”; operazioni cioè che non sono in rapporto di mezzo a fine rispetto all’attività di
liquidazione, pena la responsabilità personale e solidale per le obbligazioni assunte (art 2279).
▫ Non possono ripartire fra i soci, neppure parzialmente, i beni sociali finché i creditori sociali non siano stati pagato o non
siano state accantonate le somme necessarie per pagarli (art. 2280, comma 1, c.c.).
▪ NB: Per le SNC e le SAS, al fine di procedere alla ripartizione, si prevede la redazione del bilancio finale e del piano di riparto da
comunicare a mezzo raccomandata – PEC ai soci, i quali a loro volta possono impugnarli entro due mesi dalla comunicazione
qualora ci fossero delle incongruenze, pena l’approvazione e la liberazione dei liquidatori dalla responsabilità verso i soci.
A seguito dell’approvazione del bilancio finale, il liquidatore deve presentare la richiesta di cancellazione della società al Registro
delle imprese, cancellazione che determina l’estinzione.

71
ESTINZIONE
▫ Nella SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO IRREGOLARE la chiusura del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della
società, sempre che la relativa disciplina sia stata rispettata e siano stati perciò soddisfatti tutti i creditori sociali.
In mancanza, la società dovrà considerarsi ancora esistente.
▫ Principi diversi valgono invece per la SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO REGISTRATA nonché per la SOCIETÀ SEMPLICE in
seguito alla recente previsione di un regime di pubblicità legale, “approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori
devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese”.
Sui liquidatori incombe poi l’obbligo ulteriore di depositare, presso le persone designate dalla maggioranza dei soci, le
scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci, affinché siano conservati per dieci anni dalla cancellazione
della società del registro delle imprese.
È da ritenersi che l’atto formale di cancellazione dal registro delle imprese è condizione necessaria per l’estinzione della
società. Tanto si desume dal secondo comma dello stesso art. 2312, il quale dispone che “dalla cancellazione della società i
creditori sociale che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro diritti nei confronti dei soci e, se il mancato
pagamento dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi”.
FOCUS: ANNOTAZIONI SUL FALLIMENTO
▪ L’art. 10 della legge fallimentare, novellato dalla riforma, prevede che “gli imprenditori individuali e collettivi possono essere
dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla
medesima o entro l’anno successivo”.
▪ Ai sensi dell’art. 149 della legge fallimentare: il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il
fallimento della società. Al contrario, la sentenza che dichiara il fallimento di una società produce anche il fallimento dei soci, se
non persone fisiche, illimitatamente responsabili.
▪ Il fallimento di una SNC (registrata o irregolare) è causa del fallimento di tutti i soci, come espressamente disciplinato dagli
articoli 2291 e 2297 del codice civile.
▪ il fallimento di una SAS è causa del fallimento di tutti i soci accomandatari e dei soci accomandanti che abbiano
- compiuto atti di amministrazione, ovvero trattato o concluso affari in nome della società, non in forza di procura speciale
per singoli affari (art. 2320 c.c.),
- consentito che il loro nome fosse compreso nella ragione sociale (art. 2314 c.c.)
- (nelle accomandite non registrate) che abbiano partecipato alle operazioni sociali (art. 2317 c.c.).
▪ L’art. 147 L.F. attribuisce, poi, al Tribunale che abbia pronunciato il fallimento della società la competenza a dichiarane
l’estensione a carico dei soci illimitatamente responsabili successivamente individuati. Si parla di soci occulti.
“Qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa sia riferibile ad una società di cui
il fallito è socio illimitatamente responsabile” è possibile richiedere la dichiarazione di fallimento della società occulta e degli altri
soci illimitatamente responsabili, su istanza del curatore, dei creditori o del socio fallito.

72
LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (SAS)
La SAS è una società di persone che si differenzia dalla SNC per la presenza di due soci:
a) I soci accomandatari che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, a questi compete
l’amministrazione della società.
b) I soci accomandanti che rispondono limitatamente alla quota conferita, essi sono obbligati solo nei confronti della società
ad eseguire i conferimenti promessi, mentre i creditori sociali non hanno azione diretta nei loro confronti.
I soci accomandanti sono esclusi dalla direzione dell’impresa sociale.
La s.a.s. è l'unico tipo di società di persone che consente l'esercizio in comune di un'impresa commerciale con limitazione del
rischio e non esposizione al fallimento personale per alcuni soci.
Proprio per tale motivo è un tipo di società che potrebbe facilmente prestarsi ad abusi particolarmente gravi. Infatti, servendosi
di un accomandatario (compiacente ed ovviamente nullatenente), i soci accomandanti potrebbero in fatto cumulare i vantaggi
delle società di persone, con quelli delle società di capitali.
Per questo motivo vi sono alcune importanti norme da analizzare:
• La RAGIONE SOCIALE DEVE ESSERE FORMATA COL NOME DI ALMENO UNO DEI SOCI ACCOMANDATARI E CON
L'INDICAZIONE DEL TIPO SOCIALE.
Al contrario, non possono essere inseriti nella stessa i nomi dei soci accomandanti, al fine di evitare che i terzi che entrano in
contatto con la società possano, erroneamente, fare affidamento anche sulla responsabilità illimitata e personale di tali soci.
L'accomandante che acconsente (tacitamente o espressamente) ad inserire il suo nome nella ragione sociale risponderà di
fronte a tutti i terzi illimitatamente e solidalmente con gli accomandatari per tutte le obbligazioni sociali e, insieme ad essi, è
soggetto al fallimento (qualora fallisca la società). Tuttavia non diventa un socio accomandatario e, quindi, non acquista il
diritto di partecipare all'amministrazione della società.
• L'AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ PUÒ ESSERE CONFERITA SOLTANTO AI SOCI ACCOMANDATARI (avranno gli stessi
diritti ed obblighi dei soci della s.n.c.).
▪ Per i soci accomandanti, l'art. 2320 prevede il divieto di immistione: non possono compiere atti di amministrazione, né
trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di una procura speciale per singoli affari ".
Essa può essere assegnata solo per il compimento di atti di amministrazione esterna (ovvero nei confronti dei terzi), mentre
non è valida per gli atti di amministrazione interna in quanto essi:
- Non hanno potere decisionale autonomo in merito alla condotta degli affari sociali.
- Non possono decidere da soli alcuni atti di impresa.
- Non possono partecipare alle decisioni degli amministratori o condizionarne l'operato.
L'accomandante che viola il divieto di immistione sarà esposto all'esclusione dalla società, con decisione a maggioranza dei
soci, purché l'atto non sia stato autorizzato o ratificato dagli amministratori.
Risponderà di fronte ai terzi solidalmente ed illimitatamente per tutte le obbligazioni sociali (in caso di fallimento sarà
automaticamente dichiarato fallito al pari degli accomandatari). Poiché esclusi dall'amministrazione della società, gli
accomandanti non sono tenuti a restituire gli utili fittizi eventualmente riscossi, purché essi siano in buona fede e gli utili
risultino da un bilancio regolarmente approvato.
▪ I soci accomandanti hanno, per legge o per contratto, alcuni diritti e poteri amministrativi (in senso lato):
a. Nomina ed alla revoca degli amministratori con i soci accomandatari, quando l'atto costitutivo preveda la designazione
degli stessi con atto separato (è necessario il consenso di tutti gli accomandatari e l'approvazione di soci accomandanti
che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto).
b. Procura speciale per i singoli affari,
c. Prestazione d’opera manuale o intellettuale all’interno della società sotto la direzione degli amministratori,
d. Pareri e controlli qualora l’atto costitutivo lo preveda, per determinate operazioni. Hanno diritto di avere
comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e di controllarne l’esattezza, consultando i
libri e gli altri documenti della società.
LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ
Per la costituzione della società in accomandita semplice valgono le regole esposte per la società in nome collettivo.
L’atto costitutivo dovrà ovviamente indicare distintamente quali sono i soci accomandatari e quali gli accomandanti.
Anche l’atto costitutivo dell’accomandita semplice è soggetto ad iscrizione nel registro delle imprese.

IL TRASFERIMENTO DELLA PARTECIPAZIONE SOCIALE


▫ Per i soci accomandatari la disciplina prevista per la società in nome collettivo. Se l’atto costitutivo non dispone
diversamente, il trasferimento per atto fra vivi della quota degli accomandatari può avvenire solo col consenso di tutti gli
altri soci. Per la trasmissione mortis causa sarà necessario anche il consenso degli eredi.
▫ Diversa è invece la disciplina dettata per il trasferimento della quota degli accomandanti. La loro quota è liberamente
trasferibile per causa di morte, senza che sia perciò necessario il consenso dei soci superstiti. Per il trasferimento per atto
fra vivi è invece necessario il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale.

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LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ
La duplice categoria di soci che caratterizza la società in accomandita semplice deve permanere per tutta la vita della società.
Infatti, tale società si scioglie, oltre che per le cause previste per la società in nome collettivo, quando rimangono soltanto soci
accomandatari o soci accomandanti, “sempreché nel termine di sei mesi non stato sostituito il socio che è venuto meno”.
- Durante il periodo di sei mesi, concesso per ricostituire la duplice categoria di soci, l’attività della società continua
normalmente se sono venuti meno i soci accomandanti.
- Se invece sono meno i soci accomandatari, gli accomandanti devono nominare un amministratore provvisorio, i cui poteri
sono per legge limitati “al compimento degli atti di ordinaria amministrazione”. L’amministratore provvisorio non assume la
qualità di accomandatario e non risponderà perciò illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Spirato il termine di sei mesi senza che venga ricostituita la categoria dei soci mancanti e senza che si dia inizio al procedimento
di liquidazione, la società si trasformerà tacitamente in una collettiva irregolare, sempreché siano restati almeno due soci.
Per il procedimento di liquidazione e l’estinzione della società valgono le regole dettate per la società in nome collettivo.

LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA IRREGOLARE


È irregolare la società in accomandita semplice il cui atto costitutivo non è stato iscritto nel registro delle imprese.
Come per la società in nome collettivo, l’omessa registrazione non impedisce la nascita della società.
Anche nell’accomandita irregolare “i soci accomandanti rispondono limitatamente alla loro quota, salvo che abbiano partecipato
alle operazioni sociali”.
Nell’accomandita irregolare il divieto di immistione degli accomandanti ha portata più ampia, ha carattere assoluto.
Per il resto, vale per l’accomandita irregolare la stessi disciplina della collettiva irregolare.

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