Oggi tutti parlano di serie TV. Per gli appassionati sono l’oggetto di
Daniela Cardini
continuo discorso sociale. Per la stampa fanno notizia e sollecitano analisi
e spiegazioni. Per gli studiosi sono il simbolo delle grandi e talvolta
imprevedibili potenzialità narrative dei media. Ma cosa sono le serie TV?
Quali le origini, quali i formati che hanno favorito la loro Golden Age, e come
stanno cambiando?
La serialità contemporanea si riassume nel termine “complessità”: la
televisione, il cinema ed il web contribuiscono a costruire un racconto denso
e affascinante, di cui in questo volume si rintracciano alcune coordinate
fondamentali.
A partire dalle radici della serialità classica si affrontano alcune questioni
aperte, come la rilevanza della dimensione produttiva, le ragioni delle
LONG TV
recenti innovazioni di formato, la centralità della figura dell’antieroe come
motore narrativo. Dopo aver analizzato i fondamenti, gli strumenti di analisi
e le prospettive, si prendono in esame alcuni esempi delle tendenze più
interessanti degli ultimi anni: da Game of Thrones a Gomorra, da House of Cards
a The Young Pope, da Stranger Things a Narcos.
La “Long TV” di cui si tratta in queste pagine è un fenomeno composito,
a volte sfuggente, in costante evoluzione: la Grande Serialità televisiva
degli anni Duemila è il racconto contemporaneo per eccellenza, capace
di esprimere tutta la complessità dello scenario mediale, ma anche le sue
fragilità.
Daniela Cardini
Daniela Cardini è docente di Teorie e tecniche del linguaggio televisivo e di
Format e serie tv presso l’Università IULM di Milano. I suoi interessi di ricerca
si concentrano da tempo sul tema delle forme della serialità nei media
LONG TV
ed in particolare nella televisione. Ha pubblicato in proposito numerosi
contributi, tra cui i volumi: La lunga serialità televisiva. Origini e modelli (Carocci, Le serie televisive
2004); Le serie sono serie (Arcipelago 2010); Le serie sono serie - seconda stagione viste da vicino
(Arcipelago 2015), oltre ad articoli e saggi in volumi collettanei e riviste, tra
cui «Imago», «Between», «ComPol», «Series-International Journal of Serial
Narrative», «View-Journal of European Television History and Culture».
p. 7 Introduzione
13 I. FONDAMENTI
Le origini della Grande Serialità
13 1. Serialità e media
17 2. La matrice seriale della televisione
20 3. Le radici seriali del cinema
22 Autorialità
23 Divismo
25 Formati
26 4. Il linguaggio visivo della serialità dal cinema
alla televisione
30 5. Uno sguardo al caso italiano
37 II. STRUMENTI
La Grande Serialità, oggi
41 1. La spinosa questione delle definizioni
45 2. La Grande Serialità: caratteristiche
(e contraddizioni)
47 Serie tv e pratiche di fruizione: tra fandom
e social network
51 Serie tv e qualità
55 Serie tv e tele-cinefilia
58 3. La Grande Serialità nel dibattito accademico
61 Alcuni concetti-chiave
6 Indice
p. 71 III. PROSPETTIVE
Le questioni aperte
72 1. La rilevanza della dimensione produttiva
76 2. Nuovi formati
77 Il modello dei network: il pilot
79 La stagione dei network: dai ventidue ai tredici
episodi
80 Il modello HBO: il pilot-film
81 Il modello Netflix: la stagione-pilota
84 La risposta di HBO: il film a puntate
86 3. Oltre il binge watching
88 4. L’antieroe e la fine del cliffhanger
91 IV. SGUARDI
Alcuni temi della Grande Serialità
91 1. Quello che (non) c’è
93 2. La serie-kolossal: Game of Thrones
96 3. La serie perfetta: House of Cards
98 4. Il period drama britannico: Downton Abbey
e The Crown
101 5. La via italiana e lo stile Sky: Gomorra
104 6. Le serie-format: Tutto può succedere
e Braccialetti Rossi
109 7. Il film seriale: The Young Pope
112 8. La stagione-pilota: Stranger Things
114 9. L’antieroe: da Dexter a Narcos
119 10. La rilettura del teen drama: Tredici
122 11. La madre di tutte le serie: Twin Peaks
125 Bibliografia
INTRODUZIONE
1
J. Mittell, Complex TV. The Poetics of Contemporary Television
Storytelling, The New York University Press, New York 2015 (trad. it. Com-
plex TV. Teoria e tecnica dello storytelling delle serie tv, minimum fax, Roma
2017).
8 Introduzione
2
Si veda ad esempio J. McCabe e K. Akass (eds.), Quality TV: Contempo-
rary Television and Beyond, I.B. Tauris, London 2007.
3
Si veda tra l’altro: J. Butler, Television Style, Routledge, London-New
York 2010; B. Mills, What does it mean to call Television ‘Cinematic’?, in
J. Jacobs e S. Peacock, Television Aesthetics and Style, Bloomsbury, Lon-
don-New Delhi-New York-Sydney 2013, pp. 57-75.
4
Il riferimento è ai lavori più noti dello studioso americano, quali ad
esempio: H. Jenkins, Fans, Bloggers, and Gamers: Exploring Participa-
tory Culture, New York University Press, New York 2006a (trad. it. Henry
Jenkins, Fan, blogger e videogamers: l’emergere delle culture partecipative
nell’era digitale, Franco Angeli, Milano 2008); Id., Textual Poachers. Tele-
vision Fans and Participatory Culture, Taylor & Francis, London-New York
2004; Id., Convergence Culture: where Old and New Media Collide, New
York University Press, New York 2006b (trad. it. Cultura convergente, Mila-
no, Apogeo 2007).
Introduzione 9
5
Si veda il cap. 2.
6
Rimando al proposito al mio: La lunga serialità televisiva. Origini e
modelli, Carocci, Roma 2004.
10 Introduzione
FONDAMENTI
1. Serialità e media
1
Il tema della contrapposizione tra nicchia e mainstream è stato ed è og-
getto di una ampia considerazione critica da parte degli studiosi dei media, a
cui rimandiamo per una più approfondita trattazione che esula dal perimetro
di queste pagine. Si veda ad esempio Martel 2010.
20 Capitolo I
2
Non sono molti i contributi che affrontano la puntuale ricostruzione sto-
rica dello origini della serialità cinematografica. Prendiamo come riferimento
principale in queste pagine il lavoro attento di Monica Dell’Asta (2009).
Fondamenti 21
Autorialità
3
Si veda il cap. 3.
4
Si veda il cap. 4.
Fondamenti 23
Divismo
Formati
5
Si veda il cap. 3.
26 Capitolo I
6
E parzialmente dal racconto radiofonico. Si veda tra l’altro Cardini
2004; Innocenti e Pescatore 2008.
28 Capitolo I
7
Una prima versione del presente paragrafo è stata pubblicata nel volu-
me: A. Grasso (a cura di), Storia della comunicazione e dello spettacolo in
Italia - Volume III, I media alla sfida della convergenza (1979-2012), Vita &
Pensiero, Milano 2017, pp. 81-86.
8
Indicativamente, in queste pagine l’espressione “lunga serialità” fa ri-
ferimento alla soap opera, cioè il formato continuo seriale a puntate aperte
trasmesse a cadenza quotidiana. Secondo alcuni autori, invece, la soap opera
sarebbe più correttamente descritta dall’espressione “lunghissima serialità”,
mentre con “lunga serialità” si indicherebbero le serie tv, cioè le produzioni
seriali articolate in più stagioni e/o con un numero di puntate pari o supe-
riore a 10-13 unità per stagione, che noi invece preferiamo definire Grande
Serialità.
32 Capitolo I
9
Cfr. in particolare il cosiddetto “Rapporto Fichera”, in cui si proponeva
la costituzione di una struttura dedicata alla realizzazione di produzioni se-
riali (si veda Silj 1987; Abruzzese, Barlozzetti e Bartocci 2013).
10
Per una trattazione estesa sulla nascita della soap opera italiana e sui
diversi modelli di lunga serialità rimando al mio: La lunga serialità televisi-
va. Origini e modelli, Carocci, Roma 2004
Fondamenti 33
11
Si veda il cap. 4.
34 Capitolo I
12
Si veda il cap. 4.
Fondamenti 35
13
Si veda il cap. 4.
II
STRUMENTI
1
Matthew NcConaughey e Woody Harrelson; il regista è Cary Fukunaga,
vincitore del Premio miglior regia al Sundance Festival 2009.
2
Si veda il cap. 3.
Strumenti 41
L’esempio del termine soap opera può essere utile per chiarire
i termini della questione. Con questa definizione si indicava, nel
linguaggio comune come negli studi accademici, un prodotto sen-
za qualità stilistiche né valore estetico o culturale; questa consue-
tudine durò fino agli anni Novanta, quando in area anglosassone
si sviluppò una robusta corrente di studi di matrice culturologica
che valorizzò il testo apparentemente più triviale del panorama
mediale, portandone alla luce la complessità di formati e contenu-
ti, il forte impatto sull’immaginario e sulle pratiche di fruizione e
di negoziazione del significato, la varietà tematica e narrativa in ri-
ferimento ai molteplici contesti culturali in cui questa forma seria-
le si era sviluppata (Allen 1985, 1995; Livingstone 1998; Brunsdon
1997; Geraghty 1991). La connotazione negativa attribuita alla de-
finizione “soap opera” nascondeva una grande quantità di forme
testuali diverse per contenuti, formati e pratiche di fruizione.
Una analoga ambiguità – o quantomeno una forma di sem-
plificazione – sembra emergere oggi in riferimento alle serie tv:
quali programmi fanno parte di questa categoria? Non sembra-
no esserci dubbi per quanto riguarda Game of Thrones, House
of Cards, Breaking Bad, True Detective. Anche Lost, Desperate
Housewives, Grey’s Anatomy, 24, Scandal, Mad Men possono
rientrarvi, anche se non condividono le caratteristiche estetiche e
di formato dei titoli nominati in precedenza. Qualche perplessità
emerge nel definire serie tv programmi come X-Files o E.R.-Me-
dici in prima linea, a cui alcuni attribuiscono l’etichetta “telefilm”
o “serial”, o ai prodotti seriali italiani, dove Gomorra e Romanzo
Criminale vengono definiti serie ma Braccialetti Rossi o Tutto
può succedere vengono invece chiamati più spesso fiction.
La genesi di quest’ultimo termine merita una piccola digres-
sione. Nella lingua di origine identifica un ambito diverso da
quello che invece indica il suo uso in Italia: in inglese, fiction ap-
partiene alla letteratura (“science fiction”, ad esempio), mentre
per definire un prodotto televisivo di carattere narrativo si ricorre
più spesso al termine drama. In Italia, invece, l’uso del termine
fiction risale agli anni Ottanta, con la nascita della neotelevisione
ed il conseguente ingresso dei prodotti narrativi seriali americani
nei palinsesti nazionali. Il significato del termine adottato in Italia
lo allontana dall’etimologia originaria anglosassone e lo associa,
per ingenua assonanza, al significato di finzione. In Italia, cioè, si
ricorre all’utilizzo di un termine inglese (che nel paese d’origine
Strumenti 43
3
Sulla rilevanza della stagione come unità testuale della Grande Serialità
si veda il cap. 3.
Strumenti 45
4
Per l’analisi dettagliata dei formati della Grande Serialità si veda il cap. 3.
5
Sulla pratica del binge watching si tornerà più volte nel presente volu-
me; si veda in particolare il cap. 3.
6
In particolare, dell’approccio degli ecosistemi narrativi mi occuperò nel
par. 2.3.
48 Capitolo II
Serie tv e qualità
7
La cosiddetta terza Golden Age della serialità statunitense, secondo al-
cuni osservatori inizia con The Sopranos e la conseguente affermazione della
rete via cavo HBO (1999) e secondo altri invece esplode con la prima stagione
di Lost (2004).
54 Capitolo II
8
trad. it. a cura di chi scrive.
Strumenti 55
Benché questo dibattito sia ancora vivo anche negli Stati Uni-
ti, gli studiosi americani sono generalmente più sensibili alla di-
scussione dei production values (Cardwell 2007), cioè al contesto
economico e tecnologico in cui vengono sviluppate le serie tv, e
a come tale contesto influenzi la dimensione estetica. La natura
industriale della tv viene considerata anche dal dibattito sulla
complex tv, che amplia così il proprio ambito e in qualche modo
sfuma e riduce il riferimento ai valori cinematografici.
Al contrario degli studi italiani sulla produzione seriale, an-
cora poco numerosi (Scaglioni e Barra 2014; Barra, Bonini e
Splendore 2016; Menduni e Catolfi 2009), le ricerche statunitensi
sull’estetica della televisione (Mittell 2013, 2015; Pearson 2009;
Jacobs e Peacock 2013; Mills 2013) prendono in considerazione
sia il ruolo dell’investimento economico nello sviluppo della se-
rialità (Hesmondhalgh 2008), sia il ruolo della digitalizzazione
e i cambiamenti non solo nelle pratiche di consumo, ma anche
nei processi produttivi e negli aspetti tecnici che permettono alla
televisione di raggiungere una qualità tecnica “cinematografica”
(McCabe e Akass 2007).
In Italia, invece, la dimensione industriale e la legittimità eco-
nomica della serialità sono state spesso trascurate dai television
studies - e in parte lo sono ancora.
Serie tv e tele-cinefilia
Alcuni concetti-chiave
Già Eugène Sue, con i Misteri di Parigi (1842) riceveva lettere con
richieste da parte dei suoi lettori (pubblicate sullo stesso quotidiano, Le
Journal de Débats, con le risposte dell’Autore). […] L’interattività non
appartiene solo all’era tecnologica, ma è intrinseca alla natura cumulati-
va e ‘durativa’ del testo seriale stesso. […] Ciò che si vuol sostenere è che
la serialità è sempre stata un luogo di scontro dialettico tra concezioni
politicamente opposte della modernità […] ciò che ne fa un fenomeno
così rappresentativo delle tensioni e delle contraddizioni culturali del
mondo moderno è la capacità di dar luogo a testi attivi, capaci di mobili-
tare l’attenzione del fruitore (Dall’Asta 2009, p. 13-20).9
9
Si veda anche J. Hayward, Consuming Pleasures. Active Audiences
and Serial Fictions from Dickens to the Soap Opera, University of Kentucky
Press, Lexington 1997.
Strumenti 65
PROSPETTIVE
Le questioni aperte
2. Nuovi formati
1
Una prima versione di questo contributo è stata presentata da chi scrive
nel corso del Convegno internazionale “ZoneModa Conference”, organizzato
dall’Università di Bologna, sede di Rimini, il 3-4-5 Maggio 2017.
Prospettive 77
Fino alla fine degli anni Ottanta la stagione di una serie era
costruita sul modello a ventidue episodi: la ragione di questa re-
gola divenuta classica è che i ventidue episodi arrivano a coprire
l’intera stagione televisiva, da ottobre a maggio, fatta salva la nor-
male sospensione per le festività annuali. Pertanto, nella Golden
Age dei network il pilot doveva necessariamente condensare tut-
to il meglio dell’intera serie, gli elementi in grado di convincere
gli inserzionisti ad investire sulle fatidiche ventidue puntate che
avrebbero completato l’intera stagione.
Con questi obiettivi, il fuoco narrativo si concentrava sull’a-
zione, sulle trame multiple e su un numero consistente di perso-
naggi. La velocità dell’azione era più importante della profondità
narrativa, perché lo scopo era la costruzione di un pubblico fedele
e costante. Con queste premesse, i generi di maggior successo nel
decennio della Golden Age della serialità americana erano l’azio-
ne, le saghe familiari sul modello delle soap opera, le storie d’a-
more, i thriller, i medical drama e i cosiddetti procedural.
Questo modello viene messo in discussione dal successo dei
network via cavo, che esplodono sul mercato americano durante
gli anni Novanta. A partire dalla fine del decennio, anche i network
iniziano a prendere in considerazione le più gestibili stagioni da
tredici episodi, che erano diventate il core business delle nuo-
ve serie TV prodotte e trasmesse dai canali via cavo come HBO.
Invece di produrre una singola serie che copre l’intera stagione,
i network iniziano a realizzare un maggior numero di serie più
brevi: coprono lo stesso spazio nei palinsesti annuali, ma si sus-
seguono l’una all’altra. Di conseguenza, la consueta ricerca della
fedeltà dello spettatore lascia il posto alla ricerca della qualità e
della molteplicità dell’offerta.
Da un lato, questo modello è più dispendioso in termini sia
creativi che economici; creare dal nulla una nuova serie è più co-
stoso che ordinare nuovi episodi di una serie già in onda. Dall’al-
tro lato, sul lungo periodo si rivela più conveniente cancellare una
serie breve (e liquidare i relativi contratti in caso di insuccesso),
80 Capitolo III
anziché una serie più lunga che lascia scoperta una porzione im-
portante di palinsesto.
Un effetto rilevante di questo cambiamento è che a partire da-
gli anni Zero le star del cinema hanno iniziato ad essere interes-
sate alle produzioni seriali. Il modello a tredici episodi garantisce
diversi vantaggi ad attori e registi, che possono essere coinvolti su
più di una produzione all’anno (televisiva o cinematografica), con
ovvi benefici economici, e allo stesso tempo non sono legati ad un
unico, lungo progetto.
2
Un recente esempio di questa strategia è Stranger Things (2016) (si
veda il cap. 4). Secondo i due autori, i fratelli Duffer, le otto puntate erano
state scritte come se si trattasse di “un film lungo” autoconcluso, e non come
una serie. Solamente dopo il fortunato esordio è stato firmato l’accordo per
produrre la seconda stagione. È significativo che gli autori preferiscano de-
finire la seconda stagione “un sequel”, sottolineando la maggiore vicinanza
del loro lavoro con il cinema rispetto alle dinamiche della serialità televisiva.
Prospettive 83
3
Si veda il cap. 4.
84 Capitolo III
4
Netflix’s Original Content VP on Development Plans, Pilots, Late-Ni-
ght and Rival HBO, in «The Hollywood Reporter», 18 June 2014 (http://
www.hollywoodreporter.com/news/netflix-original-content-vp-deve-
lopment-712293). Trad. it. a cura di chi scrive.
5
Si veda il cap. 4.
Prospettive 85
6
Si veda oltre, par. 3.4.
86 Capitolo III
7
Cfr. A. Wallenstein, Why Binge Watch When There’s Tantric TV?, in
«Variety», march 2013 (http://variety.com/digital/columns/why-binge-wa-
tch-when-theres-tantric-tv-1200002131/)
Prospettive 87
con altri fan che costituisce, appunto, uno dei grandi piaceri della
serialità contemporanea.
8
Si veda il par. 3.2.4
9
Netflix’s Original Content VP on Development Plans, Pilots, Late-Ni-
ght and Rival HBO, in «The Hollywood Reporter», 18 June 2014 (http://
www.hollywoodreporter.com/news/netflix-original-content-vp-deve-
lopment-712293). Trad. a cura di chi scrive.
90 Capitolo III
alla fine della serie. Ogni episodio si conclude senza che quasi lo
spettatore se ne accorga: nessuna domanda rimane in sospeso,
nessun colpo di scena lascia aperti interrogativi fondamentali. La
lenta progressione narrativa non si basa sulla necessità di coin-
volgere lo spettatore in enigmi, questioni irrisolte, colpi di scena.
Il piacere di guardare consiste nel lasciarsi avvolgere dall'inesora-
bile e inquietante progredire delle storie personali delle tre pro-
tagoniste principali, di cui lo spettatore scopre pian piano nuovi
risvolti e segue il progressivo intrecciarsi delle loro biografie, fino
ad una conclusione inevitabile, ma non inaspettata.
Dunque, osservare le serie dal punto di vista dei cambiamenti
di formato permette di coglierne la complessità e insieme la viva-
cità, oltre a confermare la stretta interdipendenza (o circolarità,
come l’abbiamo definita più sopra) tra le diverse componenti del
modello seriale contemporaneo.
Nel prossimo capitolo, uno sguardo ravvicinato ad alcune del-
le serie più significative degli ultimi anni metterà a fuoco alcune
delle principali linee di tendenza dal punto di vista narrativo, te-
matico e di formato, e permetterà di riconoscere nelle loro pecu-
liarità - e anche nelle loro debolezze -, le prospettive e le questioni
aperte.
IV
SGUARDI
1
Voglio ringraziare qui il direttore Giuseppe Frangi per avermi affidato
una rubrica dove posso riflettere in totale autonomia su quelle che ritengo le
tendenze più interessanti della serialità contemporanea. Poter scrivere delle
proprie passioni è un privilegio di cui sono consapevole e grata.
Sguardi 93
2
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_Trono_di_Spade_(serie_televisiva)
96 Capitolo IV
3
Si veda il cap. 3.
98 Capitolo IV
4
Cfr. Scaglioni e Barra 2013
102 Capitolo IV
5
Si veda il cap. 3.
106 Capitolo IV
Per gli indifferenti, The Young Pope è una serie tv andata onda
su Sky Atlantic nel 2016. Per i detrattori, è una fiction piuttosto
noiosa. Per i fan, non è solo un capolavoro ma un esperimento
mai tentato prima dalla televisione italiana, in cui il regista pre-
mio Oscar Paolo Sorrentino dirige un cast hollywoodiano in quel-
lo che – per sua stessa ammissione – è un film lungo più di dieci
ore, co-prodotto assieme ad HBO e Canal +.
Alcune testate giornalistiche si sono lasciate andare a com-
menti entusiastici e a titoli ad effetto: «Finalmente il vero cinema
è entrato nelle serie tv». Ma Sorrentino non è certo il primo regi-
110 Capitolo IV
6
Del ritorno di di Twin Peaks nel 2017, ben ventisette anni dopo il debut-
to, parliamo nel paragrafo 4.11.
Sguardi 111
7
Si veda il cap. 3.
114 Capitolo IV
trent’anni fa, Lynch si è fatto beffe delle regole e delle mode, con-
fezionando un lunghissimo film che ha tagliato in diciotto episodi
solo al montaggio, non in fase di sceneggiatura. Come nelle prime
due stagioni, le citazioni artistiche sono talmente numerose da
far parlare alcuni osservatori di una vera e propria installazione.
Il senso ultimo di questo ritorno, forse, sta proprio qui: nella
personalità complessa e straordinaria di un visionario che si serve
dei media mainstream come forme d’arte. Il suo Twin Peaks di
trent’anni fa ha superato il limite fra cinema e televisione; il suo
Twin Peaks di oggi ha alzato l’asticella ben oltre le questioni della
qualità, della cinematic television, della complessità: ha creato la
prima serie tv d’arte.
Però tra le mille voci autorevoli che si sono levate per com-
mentare, venerare o stroncare il ritorno di Twin Peaks, quella
che vorrei veramente ascoltare purtroppo non c’è più. Chissà cosa
avrebbe pensato David Foster Wallace di questo ultimo Lynch.
Chissà se avrebbe detto ancora: «A Quentin Tarantino interessa
guardare uno a cui stanno tagliando un orecchio; a David Lynch
interessa l’orecchio».8
8
David Foster Wallace, David Lynch non perde la testa, in «Tennis, tv,
trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)», mi-
nimum fax, Roma 1997, p. 207.