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4 e 5 novembre - ore 20
6 novembre - ore 16
PIETRO PIGNATELLI
in
ZHIVAGO STORY
1955. Nonostante la guerra sia finita da un decennio, la tensione tra Occidente e Unione Sovietica
è altissima. Da entrambe le parti si potenziano gli arsenali bellici e mai come adesso si arriva così
vicino al rischio di uno scontro nucleare. In quel 1955 uno scrittore russo vecchio e isolato conclude
il romanzo storico cui ha dedicato le energie degli ultimi dieci anni: il suo nome è Boris Pasternak e
il titolo del romanzo “Il dottor Živago”. L'opera viene però rifiutata dal suo Paese, che non può
permettere la pubblicazione di un libro in cui sono messi a nudo i lati più oscuri della rivoluzione di
ottobre.
Nello stesso '55, in Italia, un giovane figlio di industriali ma di forte simpatia comunista decide di
fondare una Casa Editrice: il suo nome è Giangiacomo Feltrinelli. È a lui che in maniera fortuita arriva
il manoscritto del libro, attraversando clandestinamente i confini dell'Unione Sovietica. A Feltrinelli
bastano pochi giorni per rendersi conto che ha in mano un capolavoro. Ma i 18 mesi che lo separano
dalla pubblicazione saranno ad alto rischio: eppure né la politica né i servizi segreti di diversi Paesi
coinvolti riusciranno a impedirla.
La pubblicazione del libro non sfugge al Comitato per il Nobel per la Letteratura, che nel 1958 decide
di assegnargli l'ambito premio. Per tutta risposta, Pasternak viene isolato e diffidato dall'andare in
Svezia a ritirarlo. Morirà due anni dopo, ancora perseguitato nel suo Paese e in povertà.
All'indomani dell'uscita del romanzo in Italia, in una lettera carica di gratitudine, aveva scritto a
Feltrinelli: “Il futuro ci ripagherà”.
Colloquiale e incalzante, il linguaggio procede su diversi piani paralleli: la storia in sé, la storia
parallela di Pasternak e Feltrinelli, la storia del narratore. Lo spettacolo è allo stesso tempo una
affabulazione, una spy story e una storia d'amore.
“Il dottor Živago” dimostra come ci siano armi che non è possibile disinnescare. Queste armi sono i
libri. Non hanno detonatori ma fanno molto rumore e possono cambiare il corso della storia in modo
del tutto incruento.
L’INTERPRETE: PIETRO PIGNATELLI
È noto al grande pubblico soprattutto per la partecipazione a grandi musical come “Grease” e
“Pinocchio” con la compagnia della Rancia, “Scugnizzi”, di Claudio Mattone, “Il Pianeta Proibito”, di
Luca Tommassini, “Eppy - l’uomo che ha costruito il mito dei Beatles”, di Romi Padovano.
È il protagonista italiano del musical “Bharati”.
E poi ancora “Sugar - A qualcuno piace caldo”, "Turandot, la regina di ghiaccio" accanto a Lorella
Cuccarini, Capitan Uncino in “Peter Pan, il musical”, e Dummì in “Musicanti”, con le canzoni di Pino
Daniele.
La sua formazione inizia con Renato Carpentieri e i corsi dell’Accademia di Arte drammatica del
Teatro Bellini di Napoli, cui segue lo studio del canto con il soprano Elisa Turlà.
Dal 1996 è presente in vari cortometraggi, spot pubblicitari e programmi televisivi; la più significativa
e duratura esperienza in questo senso è come conduttore de “L’albero Azzurro” (su Rai 1, dal 1998
al 2003).
Per il cinema è protagonista del film “Il sogno nel casello” di Bruno de Paola (Premio come miglior
attore al BAFF Festival nel 2005) e “Te lo dico pianissimo” di Pasquale Marrazzo.
Nel film musical “Il fantasma dell’opera”, di Joel Schumacher, doppia il protagonista Raoul anche
nel canto.
A teatro ha dato volto a figure forti e controverse come Vincent Van Gogh, Dino Campana o il poeta
antifascista Lauro de Bosis. Con la regista Laura Angiulli ha interpretato Cipriano Barca nel dramma
“Medea di Porta Medina” di F. Mastriani.
Nel doppio cd “Quante Storie”, ha interpretato e cantato 28 brevi fiabe per i più piccoli.