Le esperienze realmente vissute o costruite mentalmente, per il nostro cervello,
sono entrambe valide perché percorrono le stesse vie neurali. Nel caso di Marco, attinsi alle sue esperienze del passato, ma ad un giovane che voleva risolvere un problema di salute, quando chiesi di trovare, nella sua storia personale, l'esperienza opposta, ebbe qualche difficoltà. A quel punto, dovetti fargliela inventare. Doveva immaginare se stesso nel futuro privo del problema, ove il suo sistema immunitario funzionava alla perfezione e godeva di ottima salute. Non appena ebbe accesso al pensiero gli consigliai di stringere il pugno con una certa pressione e rilasciarlo quando il pensiero svaniva. Poi doveva immaginare di trovarsi realmente in quel posto fantastico e, non appena ci riuscì, lo invitai a stringere il pugno con la stessa pressione e rilasciarlo quando l’immagine si attenuava. Ma una persona che si trova in una situazione di tale benessere, vuol dire che tutti gli organi sensoriali funzionano alla perfezione, quindi, doveva concentrare l’attenzione sulle sensazioni esterne che avvertiva in quel sito immaginario: la temperatura dell'aria, il tepore del corpo, un soffio di vento, insomma, qualsiasi percezione esterna che poteva cogliere e, di conseguenza, stringere il pugno con la stessa forza di prima. Giustamente, un soggetto che si trovi in un simile stato di salute e potenza, avvertirà anche delle sensazioni interne, perciò, non appena le individuò, consigliai di stringere il pugno allo stesso modo e poi rilasciarlo. Siccome il sistema sensoriale funzionava alla grande, bisognava osservare le stesse cose che si sarebbero viste se si fosse stati realmente lì, in quel luogo, ad esempio: il paesaggio (stringere la mano/pugno). Ma anche la fantasia sarebbe stata sviluppata, la capacità di creare immagini interiori (stringere la mano). Anche i suoni esterni si sarebbero ascoltati perfettamente: rumori, voci, etc. (stringere il pugno). Perfino il dialogo interno, per fare progetti (stringere la mano). A questo punto mancavano solo odori e gusti che percorrono la stessa strada neurale e arrivano alla corteccia cerebrale in modo diretto, senza filtri (se non si riescono ad identificare entrambi, ne basta uno). Doveva pensare ad un odore o ad un gusto caratteristico della località e stringere la mano. Per finire, bisognava verificare se avevamo ancorato l'esperienza di benessere e di risorsa. Distrassi il soggetto e poi ordinai di stringere il pugno con la stessa pressione di prima; siccome ebbe accesso istantaneo all’esperienza, il procedimento aveva funzionato (non avevo ancorato semplici pensieri, ma un potente stato fisiologico), ma come trasferirlo nel presente e poi nel futuro? Invitai il soggetto a tenere il pugno stretto con la stessa intensità di prima, ma contemporaneamente doveva pensare al vecchio problema di salute, in modo che le due distinte esperienze si mescolassero. A quel punto, accusò un senso di confusione (le risorse si erano trasferite nel presente). Dato però che lo stato misto dura circa un minuto, un minuto e mezzo, dovevo utilizzare questo arco di tempo per fare in modo che le risorse si trasferissero anche nel futuro. Lo invitai a pensare a luoghi, situazioni e figure di persone ove voleva che emergessero quelle forze. Infine, proferii la seguente formula: “Nei minuti che verranno... ore... giorni... settimane... mesi... ed anni emergeranno queste capacità nei momenti in cui ne avrai bisogno... Prendi il tempo che ti serve per tornare totalmente qui nel presente”. (Stringere la mano o il pugno sono sinonimi, ma ognuno può scegliere il modo più comodo).
Ancoraggio standard
Provate l’ancoraggio con un vostro conoscente. Chiedete di pensare a un’esperienza
piacevole e appena notate qualche cambiamento nella sua respirazione, tono muscolare, colore della pelle, movimenti oculari etc., poggiate una mano sul suo ginocchio (va bene anche il braccio, spalla ecc., dipende dalla situazione in cui vi trovate). Via via che individuate dei cambiamenti, aumentate leggermente la pressione e quando questi si sono stabilizzati, togliete semplicemente la mano. Chiedete, poi, di pensare ad un’esperienza sgradevole e quando scorgete nuovamente dei cambiamenti, posate l’altra mano sul suo ginocchio braccia o spalla … contro laterale, e appena i mutamenti si stabilizzano, la togliete. Fate una pausa e poi verificate se la prima ancora si è fissata: basta poggiare la mano dove avete ancorato l’esperienza piacevole, se ottenete gli stessi cambiamenti osservati in precedenza, vuol dire che il procedimento ha funzionato; passate, quindi, a controllare l’altra ancora; se queste non sono attecchite, ripetete l’esperimento. Una volta sicuri che le ancore abbiano fatto presa, premete contemporaneamente le due mani sui punti delle ginocchia, spalla o altro, ove avete ancorato le esperienze: osserverete sul viso della persona la comparsa simultanea delle due risposte ancorate, una sulla metà destra e l’altra sulla metà sinistra. Ciò vuol dire che ancore si stanno integrando. Completata l’integrazione, un minuto, un minuto e mezzo, togliete le mani. Durante l’integrazione, il soggetto penserà all’unisono le due esperienze perché queste si trovano adesso nello stesso spazio-tempo e non più dissociate, come prima. Il volontario potrà accusare un senso di confusione, ma non riuscirà più ad accedere all’esperienza sgradevole, ma solo a quella mista. Infatti, se mettete la mano dove avete ancorato la prima o la seconda esperienza otterrete sempre una risposta integrata. Si può ancorare con un gesto, un’ancora visiva; con un suono o una parola, un’ancora auditiva, o come, nel nostro caso, un ancora cenestesica (terminologia della casa editrice Astrolabio Ubaldini). A proposito c’è un nuovo assioma, “non si può non ancorare”, anzi, senza accorgervene lo farete sempre e tutti i giorni. In genere, non è possibile non ancorare, quindi, lo userete col tono di voce e con la postura. Utilizzate perciò, quando divenite più esperti, un tono di voce ed un atteggiamento leggermente differenti in modo da fissare meglio le due risposte non verbali.
Provate, un altro giorno, ad impiegare il procedimento a scopo terapeutico.
Identificate lo stato sintomatico che la persona vuole cambiare e ancoratelo. Cercate nella sua storia personale la risorsa più appropriata per neutralizzarlo, cioè l’esperienza opposta, e ancoratela. Integrate poi le due risposte. A proposito, le risorse possono essere anche inventate o meglio costruite, non c’è differenza, in quanto sia le esperienze realmente vissute sia quelle immaginate percorrono le stesse vie neurali. Se il soggetto si sente soddisfatto dell’integrazione, procedete con il ricalco nel futuro, altrimenti cercate risorse più adeguate. Per mettere le risorse al passo con il futuro, non dovete fare altro che tenere premute le due ancore e far identificare i contesti futuri ove dovranno emergere le risorse. Potrebbe essere l’ufficio, la casa, la strada, dal medico etc. o tutti, luoghi ove la risposta problematica si manifesta involontariamente. Ovviamente si possono stabilire ancore in tutte le modalità sensoriali. Anche gli odori e i gusti possono essere ottime ancore.
Il cane di Pavlov
L’equipe di ricercatori, guidata da Pavlov, nella prima fase della sperimentazione,
mostrava del cibo ad un cane; questo non appena cominciava a salivare, emetteva dei suoni mediante un campanello. Dopo un lungo condizionamento riuscirono a far salivare il cane e ogni qual volta squillava il campanello. Nacque l’idea del condizionamento stimolo-risposta. Nell’uomo le cose stanno in modo leggermente diverso: basta solo pensare alle cibarie per produrre la salivazione. Lo stimolo risposta non è altro che un ancoraggio.