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INDICE GENERALE
Introduzione p. 6
Avvertenze p. 8
Abbreviazioni p. 9
Simboli p. 11
3
2.15 p. 56
2.16 p. 57
2.17 α ,Ν p. 59
2.18 Ν( ) :: υ α- p. 62
2.18a p. 68
2.19 p. 69
2.20 p. 70
2.20a α p. 72
2.21 p. 72
2.22 ,Ν ( ) p. 74
2.23 p. 76
2.24 p. 78
2.25 ( π ) p. 80
2.26 p. 81
2.27 p. 83
2.28 Ν p. 84
2.29 p. 85
2.30 ,Ν ῠ p. 88
2.31 π p. 89
2.32 α ,Ν p. 92
2.33 ΝἈἈΝ π ,Νὺ α p. 93
2.33a ΝἈἈΝ α p. 95
2.34 p. 96
2.35 p. 97
2.36 p. 99
2.37 ,Ν p. 100
2.38 p. 101
2.39 π ,Ν π p. 102
2.40 ,Ν p. 103
2.41 p. 104
2.42 p. 107
2.43 φ p. 108
2.44 υ p. 109
2.45 p. 110
2.46 ,Ν p. 114
2.47 φ p. 116
2.48 φ p. 118
2.49 φ p. 120
2.50 p. 123
4
ἑἳpέΝἁΝχὀἳliὅiΝἶἷiΝvἷὄἴiΝἵὁὀΝmἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”ΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝiὀΝἓὄὁἶὁὈὁ p. 126
3.1 p. 126
3.1a p. 130
3.2 α :: p. 131
3.3 p. 140
3.4 p. 144
3.5 παυ ,Ν παυ p. 146
3.6 p. 147
3.7 p. 150
3.8 p. 153
3.9 α p. 156
3.10 α ,Ν p. 158
3.11 ,ΝἳὁὄέΝ α ,Ν ,Ν α p. 162
3.12 ,Ν p. 164
3.13 ΝἈἈ p. 166
3.14 π p. 178
3.15 π p. 179
3.16 π p. 182
3.17 π p. 184
3.18 p. 187
3.19 α ,Ν α ,Ν p. 189
3.20 ὺ p. 191
3.21 p. 195
3.22 φ Ν:: α p. 201
3.23 φ ,Νφ p. 210
3.24 φ p. 217
3.25 φυ p. 219
3.26 p. 221
Conclusioni p. 225
Bibliografia p. 231
5
INTRODUZIONE
6
ἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀiΝἳll’ἳὈὈivὁΝἷΝὀὉmἷὄὁΝἶiΝἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀiΝἳlΝmἷἶiὁ)ΝἷΝἳllἳΝὅiὈὉἳὐiὁὀἷΝἶἷiΝmἷἶiΝἷpici
rispetto a quelli erodotei alla ricerca di forme medie che possano essere considerate
come anomalie meritevoli di uno studio approfondito.
ἙὀἸiὀἷΝ ὅiΝ pὄὁἵἷἶἷὄὡΝ ἳll’ἳὀἳliὅiΝ ἵὁὀὈὄἳὅὈivἳ delle forme, che si svolgerà attraverso la
comparazione di luoghi epici in cui un verbo ricorre nella medesima collocazione sia
ἳll’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝἳlΝmἷἶiὁ.
Ἔ’ὁἴiἷὈὈivὁ,Ν ἶἳΝ ὄἳἹἹiὉὀἹἷὄὅiΝ ἳὈὈὄἳvἷὄὅὁΝ Ὁὀ’ἳὀἳliὅiΝ combinata sintattico-semantica e
metrica e, contemporaneamente, attraverso il sistematico confronto con la prosa di
Erodoto, è stabilire quali medi epici sono reali e quali invece sono creazioni ad hoc
necessarie per rimpiazzare una forma attiva che non entra nel verso.
Il ricorso alla comparazione linguistica avverrà solo nel caso in cui questa fornisca
dati essenzialiΝἳiΝἸiὀiΝἶἷll’ἳὀἳliὅiΝἶἷlΝvἷὄἴὁΝiὀΝὃὉἷὅὈiὁὀἷέΝ
In coda a ogni paragrafo, infine, verranno riassunti i risultati raggiunti.
Nella conclusione si traccerà un bilancio generale seguito da due bilanci parziali,
inerenti il primo alle forme analizzate nel cap. 2 e il secondo a quelle analizzate nel cap.
ἁ,ΝὈὄἳmiὈἷΝiΝὃὉἳliΝvἳlὉὈἷὄἷmὁΝἵὁὀὈὄἳὅὈivἳmἷὀὈἷΝlἳΝἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝἶ’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”Ν
ὀἷll’ἷpiἵἳΝἷΝiὀΝἓὄὁἶὁὈὁέ Questo permetterà di verificare quanti dei medi epici esaminati
sono classificabili secondo i tipi di realizzazione consueti e quanti invece risultano
essere effettivamente privi di quelle sfumature di significato proprie della diatesi media:
si tratta di forme condizionate o favorite dalla metrica che non possono giustificare
l’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝ ἶiΝ ὉὀἳΝ ἵἳὈἷἹὁὄiἳΝ ἶiΝ mἷἶiὁΝ “ἶiὀἳmiἵὁ”,Ν lἳΝ ὃὉἳlἷΝ ὅiΝ ὄivἷlἳΝ ἷvἳὀἷὅἵἷὀὈἷΝ ἶἳlΝ
punto di vista sintattico e, in definitiva, non reale.
7
AVVERTENZE
La presentazione dei significati e dei costrutti dei singoli verbi segue il modello di
FRANCO MONTANARI, Vocabolario della lingua greca, Torino, Loescher, 2003 [1995]:
le lettere [a], [b] distinguono i significati fondamentali;
|| e | separano i costrutti di un verbo o i suoi significati a seconda che questi
differiscano in modo più (||) o meno (|) netto.
Il conteggio delle forme verbali è stato fatto sulla base dei seguenti lessici e
concordanze:
1. pἷὄΝl’Iliade ἷΝl’Odissea AUGUST GEHRING, Index Homericus, Lipsiae, In aedibus
G. B. Teubneri, 1891;
2. per gli Inni omerici HENRY DUNBAR, A complete concordance to the Odyssey of
Homer, Hildesheim, G. Holms, 1962 [1880];
3. per Esiodo MARCEL HOFINGER, Lexicon Hesiodeum, Leiden, E. J. Brill, 1973;
4. per Erodoto CARLOS SCHRADER, Concordantia Herodotea, 5 voll., Hildesheim –
Zürich – New York, Olms – Weidmann, 1996.
Le traduzioni dei passi greci sono tratte dalle seguenti opere:
1. Omero, Iliade, traduzione di ROSA CALZECCHI ONESTI, G. Einaudi, Torino,
19682 [1950];
2. Omero, Odissea, traduzione di ROSA CALZECCHI ONESTI, G. Einaudi, Torino,
19682 [1963];
3. Inni omerici, a cura di GIUSEPPE ZANETO, Rizzoli, Milano, 20114 [1988];
4. Esiodo, Opere, a cura di ARISTIDE COLONNA, Torino, UTET, 2011 [1977],
(Classici greci, 93);
5. la traduzione dei frammenti esiodei è di chi scrive;
6. Erodoto, Le storie, 2 voll., a cura di ARISTIDE COLONNA – FIORENZA
BEVILACQUA, Torino, UTET, 2006 [1996] (Classici greci, 26).
Qualsiasi modifica apportata a queste traduzioὀiΝὅἳὄὡΝὅἷἹὀἳlἳὈἳΝἶἳll’ὉὅὁΝἶἷlΝἵὁὄὅivὁέ
8
ABBREVIAZIONI
9
ABBREVIAZIONI PER LE LINGUE
10
SIMBOLI
11
Cap. 1 Il medio dinamico
Una delle definizioni classiche della diatesi media in opposizione alla diatesi attiva è
quella fornita da BENVENISTE 1950: 125:
«De cette confrontation [tra verbi activa tantum e media tantum] se dégage
ἳὅὅἷὐΝ ἵlἳiὄἷmἷὀὈΝ lἷΝ pὄiὀἵipἷΝ ἶ’ὉὀἷΝ ἶiὅὈiὀἵὈiὁὀΝ pὄὁpὄἷmἷὀὈΝ liὀἹὉiὅὈiὃὉἷ,Ν pὁὄὈἳὀὈΝ
ὅὉὄΝ lἳΝ ὄἷlἳὈiὁὀΝ ἷὀὈὄἷΝ lἷΝ ὅὉἼἷὈΝ ἷὈΝ lἷΝ pὄὁἵὨὅέΝ ϊἳὀὅΝ l’ἳἵὈiἸ,Ν lἷὅΝ vἷὄἴἷὅΝ ἶὧὀὁὈἷὀὈΝ ὉὀΝ
pὄὁἵὨὅΝὃὉiΝὅ’ἳἵἵὁmpliὈΝὡΝpἳὄὈiὄΝἶὉΝὅὉἼἷὈΝἷὈΝhὁὄὅΝἶἷΝlὉiέΝϊἳὀὅΝlἷΝmὁyἷὀ,ΝὃὉiΝἷὅὈΝlἳΝ
diathèse a définir par opposition, le verbe indique un procès dont le sujet est le
siège; le sujet est intérieur au procès.»
«Weit umfangreicher ist der Gebrauch des Mediums neben dem Aktiv, ohne
dass ein wesentlicher Bedeutungsunterschied festzustellen ist. Gewöhnlich
ὀἷὀὀὈΝmἳὀΝἶiἷὅΝἝἷἶiὉmΝἶyὀἳmiὅἵhΝ[…]έ»
1
Dunque forme medie sussistono accanto a forme attive senza che emerga una chiara
differenza di significato e in aperta contraddizione con la descrizione ἶἷll’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ
att. / med. che sarebbe poi stata fatta da Benveniste.
Questa stessa etichetta di medio “ἶiὀἳmiἵὁ”Νè stata poi reimpiegata da altri studiosi
(e.g. GONDA 1960: 47) per descrivere questi medi semanticamente così vicini agli attivi,
e altri ancora (e.g. CHANTRAINE 1948-1953: I 172, HUMBERT 20043: 106), pur non
definendo “ἶiὀἳmiἵi” questi esempi di medio, li intendono chiaramente al modo di
Grosse come forme semanticamente indistinguibili dagli attivi corrispondenti.
Come “mἷἶiὁΝἶiὀἳmiἵὁ”, però, è stata anche etichettata una particolare categoria di
medio. Questa la definizione di DELBRÜCK 1893-1900: II 425:
«Das Medium unterscheidet sich von dem Aktivum, soweit überhaupt der
Unterschied fassbar ist, nur dadurch, dass es die stärkere Betheiligung des
1
Molto simile la presentazione che lo stesso autore fece di questo problema solo due anni più tardi: «Sehr
oft aber wird für dieselbe Handlung, ohne dass ein Bedeutungsunterschied wahrzunehmen ist, bald das
Aktiv bald das Medium gefunden» (GROSSE 1891: 13).
12
ganzes Subjekts an dem durch das Verbum dargestellten Vorgang zum
Ausdruck bringt: dynamisches Medium.»2
Si noti che Delbrück sussume in questo gruppo non pochi dei medi classificati come
dinamici secondo la definizione di Grosse, e per questi non manca di segnalare la loro
occasionale confluenza semantica ἵὁὀΝ l’attivo (e.g. π Ν ἈἈΝ π α , ved. pátati :: gr.
π α ).
Il problema della definizione di Delbrück è la sua indeterminatezza3: se il criterio di
scelta tra attivo e medio è semplicemente il grado di partecipazione del soggetto
ἳll’ἳὐiὁὀἷΝ ὅἷὀὐἳΝ ὉlὈἷὄiὁὄiΝ ὅpἷἵiἸiἵἳὐiὁὀi,Ν ὅiἳmὁΝ ὀἷlΝ ὈἷὄὄiὈὁὄiὁΝ ἶἷll’ἳὄἴiὈὄἳὄiὁΝ pὁiἵhὧΝ ἳΝ
questo punto qualunque verbo attivo potrebbe avere al suo fianco un medio dinamico4.
Ma questo criterio così vago non spiega almeno due fatti importantissimi e strettamente
collegati tra loro:
1. l’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝ ἶἷiΝ vἷὄἴiΝ activa tantum (e.g. α ,Ν 5
) e media tantum (e.g.
α ,Ν α α ), che sembrerebbero esclusi dalla possibilità di istituire un
gioco tra attivo e medio dinamico senza alcuna ragione apparente;
2. l’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝἶiΝ ἵἷὄὈἷΝἵἳὈἷgorie di lessemi per i quali solo una delle due diatesi è
ammessa: i verbi stativi, a parte alcuni medi ereditati come (°) α Ν ἷΝ ῖ α ,
sono attivi (e.g. ,Ν Ν ἷΝ ἶἷὀὁmέΝ ,Ν α ,Ν υ )6, mentre i
verbi designanti processi o attività mentali tendono a essere medi (e.g. α α ,Ν
α )7.
ἣὉἷὅὈὁΝὅiἹὀiἸiἵἳΝἵhἷΝl’ἳὈὈὄiἴὉὐiὁὀἷΝἶἷllἳΝἶiἳὈἷὅiΝὀὁὀΝὨΝἳὅὅὁlὉὈἳmἷὀὈἷΝὀἷὉὈὄἳΝὄiὅpἷὈὈὁΝ
al contenuto semantico del verbo. CὁlὁὄὁΝ ἵhἷΝ ἳὅὅὉmὁὀὁΝ l’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝ ἶἷlΝ mἷἶiὁΝ
“ἶiὀἳmiἵὁ”Ν ἵὁὅìΝ ἵὁmἷΝ ὨΝ ἶἷἸiὀiὈὁΝ ἶἳΝ Delbrück, però, non sono in grado di spiegare
l’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝἶiΝὃὉἷὅὈἷΝὈἷὀἶἷὀὐἷΝpἷὄἵhὧΝsembrano porre attivo e medio sullo stesso piano
(non è così, vd. § 1.4.1) e considerare le due diatesi come intercambiabili: tutti i verbi
2
Questa definizione è riutilizzata da BRUGMANN 19003: 460, STAHL 1907: 57, CHANTRAINE 1948-1953:
II 176, SCHWYZER 1990-20056: II 232, DUHOUX 20002: 114.
3
Addirittura per VENDRYES 1948: 4 il medio dinamico ha la funzione non meglio specificata di
ἶἷὅἵὄivἷὄἷΝ «lἷὅΝ ἸὁὀἵὈiὁὀὅΝ ὀἳὈὉὄἷllἷὅΝ ὁὉΝ lἷὅΝ ἳἵὈiviὈὧὅΝ ἶὉΝ ἵὁὄpὅΝ ἷὈΝ ἶἷΝ l’ἷὅpὄiὈ»ἈΝ pὄἳὈiἵἳmἷὀὈἷΝ ὃὉἳlὉὀὃὉἷΝ
lessema potrebbe essere compreso in questa definizione.
4
Vd. le critiche avanzate da WACKERNAGEL 1926: I 127, MARGULIÉS 1930: 117-118, ALLAN 2003: 228-
229.
5
ἑhἷΝiὀΝὄἷἳlὈὡΝmὁὅὈὄἳΝὉὀἳΝἸὁὄmἳΝmἷἶiἳΝὀἷll’Odissea: ’( )Ν(Od. 1.302 = 3.200). Questo imperativo è
però spiegato ἵὁmἷΝl’ἳmpliἳmἷὀὈὁΝἶiΝὉὀΝimpvέΝἳὈὈέΝpἹὄέΝ*es : lat. es < ie. *h1es tramite il suffisso di impv.
med. 2 pers. sg. *-so causato dalla avversione del greco nei confronti delle parole di struttura VC (vd.
HACKSTEIN 2002: 132-134). Si tratta dunque di un rimodellamento morfologico di una forma più antica,
la quale ha affiancato ,Νl’impἷὄἳὈivὁΝpiὶΝἵὁmὉὀἷΝe di sicura ascendenza indoeuropea (: aav. zdī < ie.
*h1s-dhí). Da parte nostra aggiungiamo anche una motivazione metrica: nelle sue due ricorrenze Ν
ὅὉἴiὅἵἷΝ l’ἷliὅiὁὀἷ,Ν ἵhἷΝ ὀὁὀΝ ἳvὄἷἴἴἷΝ pὁὈὉὈὁΝ ἳvἷὄἷΝ lὉὁἹὁΝ ἵὁὀΝ lἳΝ ἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈἷΝ ἸὁὄmἳΝ ἳὈὈivἳΝ Ν ἶἳlΝ
momento che la desinenza di imperativo - Ν ὀὁὀΝ ὅiΝ ἷliἶἷΝ mἳiΝ (vἶέΝ KÜHNER 1976-19783: I.1 234,
CHANTRAINE 1948-1953: I 86).
6
Vd. BAKKER 1994: 30, ALLAN 2003: 29.
7
Vd. ALLAN 2003: 66-67, 101-102.
13
possono averle entrambe ἵὁὀΝ l’ὉὀiἵἳΝ ἶiὅἵὄimiὀἳὀὈἷΝ ἶἷl grado di partecipazione del
ὅὁἹἹἷὈὈὁΝἳll’ἳὐiὁὀἷ.
Poiché non condividiamo questa posizione e anzi la criticheremo esplicitamente,
l’ὉὀiἵἳΝἶἷἸiὀiὐiὁὀἷΝἶi “mἷἶiὁΝἶiὀἳmiἵὁ” di cui si terrà conto è quella di Grosse, mentre
il tipo di medio che Delbrück etichetta ἵὁmἷΝ “ἶiὀἳmiἵὁ”Ν vἷὄὄὡΝ ὅὉὅὅὉὀὈὁΝ parzialmente
nella categoria di medio affettivo (vd. § 1.4.1).
Gli studiosi precedenti che si sono misurati col problema del medio dinamico
possono essere inclusi essenzialmente in due correnti:
1. la maggior parte (R. Kühner, S. Kowaleck, J. M. Stahl, J. Bechert) ha prediletto
una spiegazione semantica di questi medi e ha cercato di trovare delle sfumature
ἶiΝ ὅἷὀὅὁΝ ἵhἷΝ pἷὄmἷὈὈἷὅὅἷὄὁΝ ἶiΝ ἵhiἳὄiὄἷΝ l’ὉὅὁΝ ἶἷllἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ mἳὄἵἳὈἳΝ iὀΝ ὄἳppὁὄὈὁΝ
ἳll’ἳὈὈivὁ;
2. meno numerosi (J. E. Ellendt, K. Witte) coloro che, limitatisi allo studio di
questi medi in Omero, li hanno interpretati come forme imposte dallo schema
metrico e perciò perfettamente corrispondenti a quelle attive, delle quali
costituirebbero dei semplici doppioni.
Tra queste due posizioni esistono però tentativi di compromesso e più di un autore
ha ammesso la coesistenza di una spiegazione di tipo semantico e di una spiegazione di
natura metrica.
Passeremo ora brevemente in rassegna in ordine cronologico gli studiosi che hanno
fornito i contributi più importanti alla trattazione di questo problema. Si tratta di una
presentazione generale necessaria a capire che tipo di approccio è stato adottato: per i
dettagli dei vari studi si rimanda ai capp. 2-3, lungo i quali i lavori ora qui brevemente
riassunti saranno più volte citati.
Cominciamo da R. Kühner (1834-1835), il quale allegò qualche esempio di forme
medie equivalenti a forme attive – e.g. Ν (Il. ἂέἁἁ1),Ν Ν (Il. 21.602) – e
concluse:
«[…] die griechische Sprache eine entschiedene Neigung hat, für leibliche und
geistige Kraftäusserungen der bezeichneten Art die Medialform zu verwenden,
die das Subjekt als aktiv und zugleich von der Handlung affiziert darstellt.»8
Dopo avere fornito una classificazione dei tipi di medio, Kühner si soffermò su
alcune forme che interpretò come medi riflessivi indiretti – e.g. Νπ Ν Ν
α α Ν α Νφ α α Ν||Ν Ν ῃ Ν α (Il. 15.409-410), Ν ’Ν Ν
α Ν Νφ α α (Il. 22.235) – ma che autori successivi includono tra
8
KÜHNER 1976-19783: II.1 102-103.
14
i medi dinamici. Nἷll’iὀὈἷὀὈὁΝ ἶiΝ ὅὉppὁὄὈἳὄἷΝ ὃὉἷὅὈἳΝ sua lettura non sempre lineare e
immediata dei fatti, Kühner osservò che «die reflexive Beziehung der Medialform auf
das Subjekt ist oft so schwach, dass sie für unsere Anschauungsweise fast gänzlich
verschwindet»9.
Dopo Kühner, J. E. Ellendt (1861) fornì una più nutrita seria di esempi omerici in
cui attivo e medio coesistono senza apparenti distinzioni di significato e per primo
sottolineò la grande importanza ricoperta dal metro, ὀὁὈἳὀἶὁΝl’ἷὃὉivἳlἷὀὐἳΝpὄὁὅὁἶiἵἳΝἶiΝ
alcuni medi rispetto agli attivi corrispondenti – e.g. ’Ν Νφα Ν(Il. 9.234 = 17.637)
vs. ’Ν ’Ν φα Ν(Il. 12.106) – o di alcuni attivi rispetto ai medi corrispondenti – e.g.
α αΝ α α Ν(Od. 20.370) vs. α αΝ α α Ν(Od. 18.143)10.
Della questione si occupò anche L. Janson (1868), che commentò alcuni esempi di
ἳὈὈiviΝ ἷΝ mἷἶiΝ ὀἷiΝ ὃὉἳliΝ l’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ἶiἳὈἷὈiἵἳΝ pἳὄἷvἳΝ ὀἷὉὈὄἳliὐὐἳὈἳἈΝ e.g. Ν Ν
φα πα Ν(Od. 14.380) vs. φα απα Ν Ν ’Ν Νυ Ν αΝ(Il. 16.192),
Ν φ Ν ’Ν Ν(Il. 22.398) vs. αΝ ’Ν αΝ Ν φ υΝ π Ν(Il.
24.15). Cercò, nei limiti del possibile, di difendere la realtà di questi ultimi, attribuendo
loro di preferenza un valore riflessivo o reciproco11.
S. Kowaleck (1887), sulla linea degli studi precedenti, individuò numerosi esempi di
forme attive e forme medie per le quali era difficile individuare una differenza di
significato, e.g. ῖ Ν […]Ν α Ν (Il. 14.32) vs. α Ν υ Ν (Od. 6.9), Ν Ν
α ’Ν Ν (Od. 5.449, 7έ1ἂἅ)Ν vὅέΝ α ’ α Ν (Od. 3.92). Per
giustificarle fornì spiegazioni di tipo semantico e basò la sua dicotomia fra attivo e
medio sul seguente principio (che anticipa in qualche modo la definizione di medio
dinamico fornita da Delbrück):
«[…]Ν das Medium dem Aktivum gegenüber die energischere Thätigkeit, die
energischere Teilnahme des Subjekts an seinem Handeln hervorhebt.»12
Appena posteriori sono i lavori di H. Grosse (1889, 1891), il quale fornì una
carrellata di esempi – non solo provenienti da Omero – in cui attivo e medio ricorrevano
alternativamente in contesti identici senza che una chiara differenza semantica fosse
percepibile, e.g. π παΝ α φ Ν ῖ αΝ π υ (Il. 18.414) vs. π α Ν
πα (Od. 18.200), Ν υ (Il. 12.399) vs. α Ν[…] υ Ν(Il. 12.411,
12.418). Non si pronunciò invece a proposito di una possibile spiegazione di queste
occorrenze13.
B. Delbrück (1893-1900) fornì una sua classificazione piuttosto semplice dei tipi di
medio (solo tre: dinamico, riflessivo, reciproco) e tra questi incluse il medio dinamico
9
KÜHNER 1976-19783: II.1 109.
10
ELLENDT 1861: 12-17.
11
JANSON 1868: 4-15.
12
KOWALECK 1887: 13.
13
GROSSE 1889: 13-15, GROSSE 1891: 5-19.
15
definito come si è visto in § 1.1. Sottolineò che a questa categoria appartenevano
soprattutto verbi di movimenti (e.g. ,Ν- α ,Ν ,Ν- α ) constatando la sinonimia
di questi medi con gli attivi corrispondenti.
K. Brugmann (19003) trattò il problema nella sua Griechische Grammatik, e diede
qualche esempio di medio dinamico. Per primo cercò un compromesso tra le due
correnti principali. La sua assunzione di base è la seguente:
Con questa affermazione Brugmann si colloca tra i difensori della genuinità del
mἷἶiὁΝἶiὀἳmiἵὁΝἶiΝἸὄὁὀὈἷΝἳll’ἳὈὈivὁΝ(e.g. απ ,Ν- α ,Ν π ,Ν- α ) e attribuisce al
problema una profondità diacronica che non era ancora stata esplicitamente posta da
nessuno. Dopo poche pagine, però, egli ἳmmἷὈὈἷΝἳὀἵhἷΝl’impὁὄὈἳὀὐἳΝἵhἷΝlἳΝmἷὈὄiἵἳΝhἳΝ
ricoperto per alcune forme (e.g. ,Ν- α ,Νπ ,Ν- α ):
«oft genug mag bei den epischen Sängern die prosodische Bequemlichkeit den
Ausschlag für den Gebrauch der einen oder der anderen Form gegeben
haben.»15
14
BRUGMANN 19003: 460.
15
BRUGMANN 19003: 466.
16
STAHL 1907: 49-66.
17
STAHL 1907: 60.
16
α Ν ἈἈ ,Ν - Ν iὀΝ ἡmἷὄὁ18έΝ ἢἳὄὈiὈὁΝ ἶἳll’ἳὅὅὉὀὐiὁὀἷΝ fondamentale che «[…]Ν die
Sprache der Homerischen Gedichte ein Gebilde des epischen Verse ist. Der Träger der
epischen Sprachform ist der Rhytmus»19, egli fece discendere una serie di tendenze
proprie alla lingua omerica – per i nostri scopi la più importante è quella di coniugare un
medesimo verbo senza cambiarne la posizione metrica – grazie alle quali era possibile
ὅpiἷἹἳὄἷΝ l’ὁἵἵὁὄὄἷὀὐἳΝ ἶiΝ ἸὁὄmἷΝ mἷἶiἷΝ iὀἳὈὈἷὅἷ, interpretate da Witte come semplici
sostituti metricamente comodi delle forme attive corrispondenti: e.g. πα Ν
υ Ν (Od. 1ἂέἁἅη)Ν vὅέΝ πα Ν α Ν (Od. 1ἁέἂ11),Ν α Ν Ν
Ν α Ν(Od. 21.286) vs. Ν Νπ Ν Ν υ αΝ α α α Ν(Od.
21.403). Queste stesse tendenze potevano a suo dire dimostrare anche il contrario, cioè
ἵhἷΝ ὄἳὄἷΝ ἸὁὄmἷΝ ἳὈὈivἷΝ ἳὈὈἷὅὈἳὈἷΝ pἷὄΝ vἷὄἴiΝ ἳlὈὄimἷὀὈiΝ ἶἷpὁὀἷὀὈiΝ ὅὁὀὁΝ ὀὉll’ἳlὈὄὁΝ ἵhἷΝ ilΝ
prodotto della pressione del metro sulla lingua, e.g. α αΝ α α Ν(Od. 20.370)
vs. α αΝ α α Ν(Od. 18.143) .20
A questo punto si inserì nel dibattito P. Chantraine (1927b), la cui analisi del
problema era però condizionata da una convinzione di fondo: sulle orme di un articolo
del suo maestro A. Meillet21, infatti, Chantraine raccolse una serie di esempi omerici in
cui a un presente attivo corrispondeva un tempo storico medio per dimostrare che le
desinenze medie avevano avuto anticamente anche un ruolo morfologico come marca
formale di preterito, e.g. αΝ υ Ν υ α (Il. 16.391) vs. αΝ
Ν υ α (Il. 16.393), Ν ’Ν π φα αΝ υῖα (Il. 10.94) vs. Ν
Ν φ Ν Ν(Il. 10.10). Il suo lavoro, perciò, è parzialmente svincolato dalle due
correnti che abbiamo visto confrontarsi finora perché mira a un obiettivo diverso, cioè
ἶimὁὅὈὄἳὄἷΝ ἵhἷΝ ἳὀὈiἵἳmἷὀὈἷΝ l’ἳἹἹiὉὀὈἳΝ ἶἷllἷΝ ἶἷὅiὀἷὀὐἷΝ mἷἶiἷΝ ἳΝ ὉὀΝ ἶἷὈἷὄmiὀἳὈὁΝ ὈἷmἳΝ
vἷὄἴἳlἷΝpὁὈἷvἳΝ ἵὁὅὈiὈὉiὄἷΝl’ὉὀiἵἳΝmἳὄἵἳΝmὁὄἸὁlὁἹiἵἳΝpἷὄΝlἳΝἵὄἷἳὐiὁὀἷΝἶiΝ ὉὀΝpὄἷὈἷὄiὈὁΝἶiΝ
fronte a un presente a desinenze attive22. Nella più tarda Grammaire homérique (1942-
1953), però, lo studioso francese riconobbe anche il ruolo giocato dalla metrica nella
creazione di alcune forme medie come Ν (Od. 17.305), Ν (Od.
7.276, 14.352) e attive, e.g. Ν(Il. 2.79) .
23
18
WITTE 1972: 72-76. Vd. § 3.13 :: .
19
WITTE 1913: col. 2214.
20
WITTE 1913: coll. 2232, 2240-2241, WITTE 1972: 35-36.
21
MEILLET 1923.
22
ϊiΝὃὉἷὅὈἳΝὈἷὁὄiἳΝὅiΝἶiὅἵὉὈἷὄὡΝἴὄἷvἷmἷὀὈἷΝiὀΝώΝἁέἀἁΝφ ,Νφ έ
23
CHANTRAINE 1948-1953: I 97, II 174.
24
SCHWYZER 1990-20056: II 223, 232-233.
17
J. Humbert (1945) si limiὈἳΝ ἳllἳΝ ἵὁὀὅὈἳὈἳὐiὁὀἷΝ ἶἷll’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝ ἶiΝ ἸὁὄmἷΝ ὁmἷὄiἵhἷΝ
adoperate «ὅἳὀὅΝ ἶiἸἸὧὄἷὀἵἷΝ ἶἷΝ ὅἷὀὅΝ […]Ν ἳppὄὧἵiἳἴlἷ» (e.g. π , - α ,Ν π , -
α) .
25
J. Gonda (1960) tende a una spiegazione di natura semantica per quei versi in cui
attivo e medio coesistono pἳὄὈἷὀἶὁΝ ἶἳll’ἳὅὅὉὀὐiὁὀἷ – nella linea di Benveniste – che
«the occurrence of middle forms may […] a priori be supposed to be due to a tendency
to emphasize that the process regards the subject alone»26. Riconosce ad ogni modo le
difficoltà di applicazione di questo principio in casi come α αΝ α || Ν Ν
α (Il. 5.656-657) vs. φ αῖ α Ν||Ν Ν α (Il. 6.509-510 = 15.266-267),
π Ν α Ν(Il. 13.334) vs. π α ’Ν ῖ Ν(Od. 13.22). Inoltre non trascura
che alcune forme medie potrebbero essere state favorite da fattori di natura ritmica o
motivi stilistici come la maggiore lunghezza delle desinenze medie, anche se non
fornisce esempi per supportare queste affermazioni. Sottolinea sulla linea di Chantraine
che il medio è particolarmente frequenti nei tempi storici e anche nei participi – e.g.
α Ν π α π Ν (Il. 18.492), Ν (Od. 7.276, 14.352), ved. part.
uśamāna- – e, a proposito della possibilità di una spiegazione metrica per alcune di
queste occorrenze, puntualizza che «the exigencies of versification can hardly provide a
complete explication»27έΝἢὄὁpὁὀἷΝἳὀἵhἷΝἶiΝvἷἶἷὄἷΝ ἳll’origine delle desinenze medie di
alcuni participi il loro uso come sostantivi o aggettivi, ma anche in questo caso non
fornisce alcun esempio.
In uno studio più circoscritto ἳΝ pὄὁpὁὅiὈὁΝ ἶἷll’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝ ἶiἳὈἷὈiἵἳΝ ἳὈὈέΝ ήΝ mἷἶέΝ ἶi
,Ν - α Ν ἈἈ ,Ν - in Omero, J. Bechert (1964) sfrutta motivazioni di natura
esclusivamente semantica. Addirittura, giunto alle conclusioni del suo lavoro, fa il
seguente appunto:
25
HUMBERT 20043: 106.
26
GONDA 1960: 47.
27
GONDA 1960: 48.
28
BECHERT 1964: 426.
18
Y. Duhoux (1992) nella sua opera sul verbo greco riserva un paragrafo a quei casi in
ἵὉiΝl’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝdelle voci verbali non ὅἷὄvἷΝἳἶΝἷὅpὄimἷὄἷΝὉὀ’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝἶiἳὈἷὈiἵἳ29:
qui troviamo forme rispondenti al tipo del medio dinamico ma interpretate in una
maniera del tutto originale come opposizioni diatetiche aventi lo scopo di sottolineare
l’ἷὀἸἳὅiΝ ἶἷll’ἷὅpὄἷὅὅiὁὀἷΝ ὁΝ di distinguere due generi letterari, in generale prosa e
poesia30. Duhoux opera infatti col concetto di medio come mezzo espressivo:
(i) «Neither verb of the pair involves subject-affectedness, i.e. the middle
ending of the middle member is lexicalized and meaningless, possibly a
relic of an older meaning of the verb. […]
(ii) Both ‘ὅyὀὁὀymὁὉὅ’ [= verbi distinti con diatesi diverse o stesso verbo
con diatesi diverse] verbs inherently involve subject-affectedness.
However, the aspect of subject-affectedness is emphasized by means of
the middle inflection. […]
29
Chiariamo a questo punto che, dal punto di vista terminologico, noi intendiamo la diatesi come una
categoria logica (rapporto tra soggetto e azione) e la voce come una categoria morfologica (desinenze
aggiunte al tema verbale). Applicato al greco questo schema permette di individuare tre diatesi, attivo,
medio e passivo, ma due voci, attivo (- ,Ν- ΝήΝ- )ΝἷΝmἷἶiὁ-passivo (- α ΝήΝ- )έ
30
DUHOUX 20002: 118-120.
31
DUHOUX 20002: 124.
19
(iii) Both verbs of the pair involve subject-affectedness. The affectedness of
the subject of the active verbs is inherent in the lexical meaning of the
verb. There is no demonstrable semantic difference between the active
and the middle verb.»
Il primo scenario è inteso da Allan come «last resort», mentre gli altri due sono
quelli più utilizzati: nel secondo tipo, per esempio, Allan iscrive ,Ν- e nel terzo
tutti quei verbi in cui la coesistenza di entrambe le diatesi era stata spiegata come
semplice convenienza metrica da BRUGMANN 19003: 460, SCHWYZER 1990-20056: II
232 e come mezzo di differenziazione di generi letterari da DUHOUX 20002: 120, e
inoltre quei verbi che oppongono un presente medio più recente e un aoristo attivo che
l’ἳὉὈὁὄἷΝ pὄἷὅἷὀὈἳΝ ἵὁmἷΝ più antico (e.g. α Ν ἈἈΝ ,Ν α Ν ἈἈΝ α ,Ν
π α Ν ἈἈΝ πα ,Ν π ῠ α Ν ἈἈΝ π α )έ Segue lo studio di cinque casi specifici
( Ν vs. α ,Ν π Ν vs. π α ,Ν π Ν vs. π α ,Ν π vs.
α,( ) vs. α ), la cui differenza diatetica Allan interpreta secondo uno
dei tre casi di figura appena descritti (tipo (ii) Ν vὅέΝ α, π Ν vὅέΝ
π α, ( ) Ν vὅέΝ α , tipo (iii) π Ν vὅέΝ α ) oppure assegnando il
membro medio della coppia a una delle 11 tipologie di medio che egli distingue a pp.
57-58 (π α med. rifl. indir.)32.
Questi dunque sono gli studi più importanti sul medio dinamico precedenti a questo
lavoro. Il metodo con cui ci si approccerà alla questione in questa sede è però diverso e
il prossimo paragrafo ne descriverà appunto le premesse, gli aspetti più importanti in cui
questo si differenzia da quelli adottati dagli studiosi precedenti e i criteri su cui si
ἸὁὀἶἷὄὡΝl’ἳὀἳliὅiΝἶἷllἷΝἸὁὄmἷΝvἷὄἴἳliέ
Il primo corpus è quello del greco epico cronologicamente compreso tra VIII e VI
a.C., il quale presenta la medesima varietà di lingua poetica sottomessa allo schema
esametrico: si tratta dunque essenzialmente ἶἷll’Iliade e ἶἷll’Odissea più le opere di
Esiodo e gli Inni omericiέΝϊἳΝὃὉiΝὅἳὄἳὀὀὁΝὈὄἳὈὈiΝἹliΝἷὅἷmpiΝἶiΝmἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”ΝmἷὅὅiΝiὀΝ
parallelo con esempi contestualmente ὅimiliΝiὀΝἵὉiΝἵὁmpἳὄἷΝl’ἳὈὈivὁέ
32
ALLAN 2003: 203-247.
20
Si noti che in tutte queste opere il condizionamento metrico costituisce un elemento
di grandissima rilevanza, che non sempre è stato valutato come meritava e che nel
nostro caso è tanto più importante dal momento che l’ἷὅἳmἷὈὄὁΝὨΝun verso rigidamente
normato33. In particolare l’iὀἸlὉἷὀὐἳΝἶἷlΝ mἷὈὄὁΝὅὉllἳΝliὀἹὉἳΝὨΝὅὈἳὈἳΝ materia di studio in
molti lavori di K. Witte (vd. § 1.2), il quale ha dimostrato che la sua forza è tale da poter
portare alla creazione di forme linguisticamente non reali: e.g. ilΝ vἷὄἴὁΝ α Ν ὨΝ
deponente, eppure in Od. 1ἀέἀλἅΝὅiΝ ὈὄὁvἳΝl’ἳὈὈέΝ Νcreato appositamente perché la
forma media corrispondente sarebbe stata ametrica34.
ἠἷlΝ ἵὁὄὅὁΝ ἶἷlΝ lἳvὁὄὁΝ ὃὉἳὈὈὄὁΝ ὈἷὀἶἷὀὐἷΝ ἹἷὀἷὄἳliΝ ὁὅὅἷὄvἳἴiliΝ ὀἷll’ἷὅἳmἷὈὄὁΝ ἷpiἵὁΝ
saranno sfruttate come elementi di valutazione perché in grado di influenzare la struttura
prosodica delle forme verbali:
1. il quinto metron è di preferenza un dattilo e non uno spondeo35;
2. ἳll’iὀἸὉὁὄiΝ ἶἷlΝ pὄimὁΝ metron, non è frequente fine di parola dopo un biceps
realizzato da una sillaba lunga36;
3. Omero trova comodo disporre di formule declinabili o coniugabili nelle stessa
sede metrica e, pur di averle, arriva a forzare la morfologia normale del greco:
e.g. la formula al dat. Νπ (6x), collocata dopo la dieresi bucolica,
diventa ἳll’ἳἵἵέΝ αΝ π Ν(ἀx),ΝἴἷὀἵhὧΝl’ἳἵἵέΝmἳὅἵhέΝὅg. morfologicamente
ἵὁὄὄἷὈὈὁΝ ἶἷll’ἳἹἹέ Ν ὅiἳΝ 37
έΝ ἙὀΝ pἳὄὈiἵὁlἳὄἷ,Ν ἳΝ pὄὁpὁὅiὈὁΝ ἶἷll’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝ
att. / med. nella medesima sede del verso, Witte osserva che «von einem Aktiv,
dessen Formen im fünften und sechsten Fuß ihren festen Sitz hatten,
gebrauchten die Dichter an dieser Stelle gelegentlich das Medium, wenn die
entsprechende aktive Form sich als unbrauchbar erwies»38. Perciò,
ἹἷὀἷὄἳliὐὐἳὀἶὁΝ ὃὉἷὅὈὁΝ pὄiὀἵipiὁ,Ν l’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝ ἶiΝ ἸὁὄmἷΝ ἳὈὈivἷΝ ἷΝ mἷἶiἷΝ
intercambiabili nella stessa sede del verso può costituire un indizio
ἶἷll’influenza del metro sulla lingua;
4. i participi medio-passivi, per la loro comoda struttura dattilica39, occupano
spesso il primo metron e il tempo forte del secondo metron (e.g. il part. aor2.
mἷἶέΝ ΝὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝiὀΝἡmἷὄὁΝλxΝὅὉΝ1ἂΝin questa posizione).
Se uno dei medi in esame risulterà giustificabile come il prodotto di una di queste
quattro tendenze, si potranno legittimamente avanzare dubbi a proposito della sua
ἹἷὀὉiὀiὈὡΝἷΝἶἷllἳΝὄἷἳlἷΝἷὅiὅὈἷὀὐἳΝἶiΝὉὀ’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝἶiἳὈἷὈiἵἳΝὈὄἳΝὃὉἷὅὈὁΝmἷἶiὁΝἷΝl’ἳὈὈivὁΝ
corrispondente.
33
Vd. MARTINELLI 2012: 60.
34
Vd. WITTE 1913: col. 2232.
35
Vd. MARTINELLI 2012: 61.
36
Vd. MARTINELLI 2012: 67.
37
Vd. WITTE 1972: 37.
38
WITTE 1913: col. 2232. Con parole quasi identiche lo stesso concetto è espresso anche in WITTE 1972:
35.
39
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: II 174.
21
1.3.2 Il corpus erodoteo come elemento di contrasto e verifica
Il secondo corpus oggetto di esame sarà quello erodoteo, le cui forme medie saranno
messe a confronto con quelle tratte dal corpus epico.
Il motivo di questo confronto è semplice: il rigido schema esametrico, come si è
detto, può indurre alla creazioni di forme linguisticamente non reali, ma un autore di
prosa non deve rispettare alcuno schema metrico e può quindi impiegare in piena libertà
le forme attive e medie con il loro valore reale.
Ciò implica che le forme attestate negli oracoli saltuariamente inseriti nelle Storie
sono squalificate: gli oracoli, infatti, sono in metrica, quindi soffrono dello stesso
condizionamento che abbiamo evidenziato a proposito del corpus epico.
Infine la scelta è ricaduta su Erodoto per una ragione decisiva: le Storie, risalenti al
V a.C., costituiscono il più antico testo in prosa che ci sia pervenuto completo e sono
per giunta scritte in dialetto ionico, cioè lo stesso ἵὁὅὈiὈὉἷὀὈἷΝl’ὉlὈimὁΝὅὈὄἳὈὁΝliὀἹὉiὅὈiἵὁΝ
impὁὄὈἳὀὈἷΝἶἷll’ἷpiἵἳΝὁmἷὄiἵἳΝpὄimἳΝἶἷllἳΝὄἷviὅiὁὀἷΝἳὈὈiἵἳΝἶiΝἷὈὡΝpiὅiὅὈὄἳὈἷἳ (VI a.C.). Di
conseguenza ilΝ ὈἷὅὈὁΝ ἷὄὁἶὁὈἷὁ,Ν ἵhἷΝ pὉὄἷΝ pἷὄΝ ἵἷὄὈiΝ ἳὅpἷὈὈiΝ ὅὉἴiὅἵἷΝ l’iὀἸlὉἷὀὐἳΝ ἶἷll’epos
omerico, è la migliore pietra di paὄἳἹὁὀἷΝ( α )ΝἶiΝἵὉiΝἶiὅpὁὀiἳmὁΝpἷὄΝvἷὄiἸiἵἳὄἷΝlἳΝ
genuinità delle forme medie epiche.
1.4.1 Premesse
I. L’ἳὈὈivὁΝ ὨΝ lἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ non marcata, alla quale il medio si oppone come diatesi
marcata: questa marcatura si declina secondo differenti tipi di medio che saranno
descritti tra poco. Il tipo fondamentale di opposizione che mette le due diatesi una di
ἸὄὁὀὈἷΝἳll’ἳlὈὄἳΝè quello enunciato da ALLAN 2003: 29, il quale raccoglie e riformula la
definizione fornita da É. Benveniste secondo i principi dello strutturalismo classico (vd.
§ 1.1):
«[…]ΝὈhἷΝἳἵὈivἷΝvὁiἵἷΝiὅΝὈhἷΝὉὀmἳὄἽἷἶΝmἷmἴἷὄΝiὀΝὁppὁὅiὈiὁὀΝwiὈhΝὈhἷΝmἳὄἽἷἶΝ
middle voice. Since the active voice can occur in environments in which the
subject is affected (contextual neutralization), it can be concluded that the active
is unspecified as to the semantic feature subject-affectedness. Conversely, the
middle voice is semantically marked with respect to affectedness of the
subject.»
22
scelta a disposizione di chi scrive, una possibilità espressiva che può essere sfruttata o
no e che resta in ogni caso facoltativa.
Ἔ’ἷὅἷmpiὁΝἵhἷΝὅἷἹὉἷΝrenderà più comprensibile questo principio.
Hdt. 6.79.1
Να υΝ α Ν α πυ α Ν Ν π π Ν υ α,Ν
α Ν Ν Ν Ν Ν π υ ,Ν φ Ν
α Ν Ν π α· π α π α α α
α ’Ν α α . α π α
υ α
“pὁiἵhὧΝ ἳvἷvἳΝ pὄἷὅὅὁΝ ἶiΝ ὅὧΝ ἶἷiΝ ὈὄἳὀὅἸὉἹhi,Ν ὁὈὈἷὀὀἷΝ ἶἳΝ lὁὄὁΝ lἷΝ informazioni
necessarie e, per mezzo di un araldo, invitò a uscire gli Argivi che si erano
asserragliati nel santuario, chiamandoli per nome; li esortò a venir fuori
dichiarando di aver già ricevuto il prezzo del loro riscatto: presso i
Peloponnesiaci la cifra da pagare come riscatto è fissata in due mine per ogni
prigioniero. In tal modo Cleomene trucidò una cinquantina di Argivi, facendoli
ὉὅἵiὄἷΝἳΝὉὀὁΝἳΝὉὀὁ”
40
, αΝsono acc. di relazione, vd. CHANTRAINE 1948-1953: II 178, ALLAN 2003: 93-95.
41
Vd. RUIPEREZ 1988: 262. Esempi comparabili sono Il. 19.284-285 ’Ν υ || ’Ν ’Ν
π α π πα vs. Il. 5.425 π υ π ῃ αα α ῖ α α oppure Il.
18.414 π ’Ν φ π πα α φ ῖ α π υ || α α α α α α α
vs. Od. 18.200 α ’Ν π α πα o ancora Od. 18.172 ’Ν π α α π α α
πα vs. Od. 18.179 ’Ν π π α α π α πα : in tutti e 6 i passi il medio riflessivo
ἶiὄἷὈὈὁΝὨΝἳὈὈἷὅὁ,ΝmἳΝl’ἳὈὈivὁΝ(ὀὁὀΝmἳὄἵἳὈὁ)ΝὨΝpἷὄΝἁxΝἸἳvὁὄiὈὁΝἶἳllἳΝmἷὈὄiἵἳέΝἨἶέΝἳὀἵhἷΝἘἷὅέΝSc. 449 ’Ν
πα ,ΝἶὁvἷΝl’impvέΝἳὈὈέΝπα corrisponde evidentemente al med. πα α “ὅmἷὈὈἷὄἷ”ΝἷΝὀὁὀΝἳll’ἳὈὈέ
πα “ἸἳὄΝὅmἷὈὈἷὄἷ”Ν(GONDA 1960: 177).
23
II. I temi verbali oggetto di studio saranno quello del presente e ὃὉἷllὁΝἶἷll’aoristo,
cioè gli unici in cui il gioco tra attivo e medio può esprimersi in tutte le sue potenzialità
senza alcun impedimento di natura morfologica o paradigmatica.
ἥἳὄἳὀὀὁΝἷὅἵlὉὅiΝpἷὄάΝὃὉἷiΝvἷὄἴiΝiὀΝἵὉiΝl’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝἶiἳὈἷὈiἵἳΝὅiΝὄἷἳliὐὐἳΝiὀΝὅiὀἵὄὁὀiἳΝ
tra questi duἷΝ ὈἷmiΝ pἷὄΝ ἶὉἷΝ ὄἳἹiὁὀiΝ ἶivἷὄὅἷἈΝ l’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ pὄἷὅέΝ mἷἶέΝ ἈἈΝ ἳὁὄέΝ ἳὈὈέΝ (e.g.
φ α Ν ἈἈΝ αφ ,Ν φῠ α Ν ἈἈΝ φ )Ν ὀὁὀΝ ὄἳppὄἷὅἷὀὈἳΝ Ὁὀ’ἳὀὁmἳliἳΝ iὀΝ Ἱὄἷἵὁ42, mentre
l’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝpὄἷὅέΝἳὈὈέΝἈἈΝἳὁὄέΝmἷἶέΝ(e.g. φ ΝἈἈΝ φ ῐ ,Ν α ΝἈἈΝ α ,Ν )Ν
ὄἷὀἶἷὄἷἴἴἷΝ impὄἷὅἵiὀἶiἴilἷΝ Ὁὀ’ἳὀἳliὅiΝ ἶiἳἵὄὁὀiἵἳΝ ἶἳll’iὀἶὁἷὉὄὁpἷὁΝ ἳlΝ ἹὄἷἵὁΝ pἷὄΝ
verificare come si è originato questo sistema. Questo però ci porterebbe al di là della
ὀὁὅὈὄἳΝὄiἵἷὄἵἳ,ΝἵhἷΝvὉὁlἷΝiὀvἷἵἷΝlimiὈἳὄὅiΝἳΝὉὀ’ἳὀἳliὅiΝiὀΝὅiὀἵὄὁὀiἳΝἹὄἷἵἳέ
Saranno altresì esclusi i temi del futuro, del perfetto e ἶἷll’ἳὁὄiὅὈὁ in -( ) - per le
ragioni seguenti:
1. il futuro greco non è affidabile se si vὉὁlἷΝvἳlὉὈἳὄἷΝlἳΝἹἷὀὉiὀiὈὡΝἶἷll’impiἷἹὁΝ
delle desinenze medie poiché molti verbi aventi un presente sia attivo sia
medio dispongono di un futuro esclusivamente medio, e.g. pres. att. e med.
α ,Ν- α ΝἈἈΝἸὉὈέΝmἷἶέΝ α 43;
2. il tema del perfetto è ugualmente inaffidabile perché non sempre oppone
specificamente attivo e medio, i quali possono coesistere con la stessa
identica funzione, e.g. pf. att. intrans. α : pf. med. intrans. α (in
Hom. att. intrans. ΝἈΝmed. intrans. α,Νatt. intrans. Ν
: med. intrans. α) ;44
42
Vd. a questo proposito STAHL 1907: 62-63, MARGULIÉS 1929: 208, 220, MARGULIÉS 1930: 82, 118,
ALLAN 2003: 209-210 n. 362.
43
Vd. RIX 1976: 224-225, SCHWYZER 1990-20056: I 781, 787-788, DUHOUX 20002: 443 per una
spiegazione di questa peculiarità in termini di linguistica comparata. Si noti che perfino i congiuntivi che
hanno finito per essere integrati nei paradigmi come futuri prendono automaticamente le desinenze medie
anche se i presenti e gli aoristi corrispondente sono activa tantum: pres. ,ΝἳὁὄέΝ φα ΝἈἈΝἸὉὈέΝ α ,Ν
pὄἷὅέΝπ ,ΝἳὁὄέΝ πῐ ΝἈἈΝἸὉὈέΝπῐ α Ν(vἶέΝRISCH 19742: 352, RIX 1976: 225-226, SCHWYZER 1990-20056: I
780).
44
Vd. CHANTRAINE 1927a: 54-62, DUHOUX 20002: 399 per una spiegazione in termini comparativi.
45
Vd. ALLAN 2003: 27-28 per una possibile spiegazione di questa peculiarità morfologica. Vd. anche
RISCH 19742: 253, RIX 1976: 218-219.
24
IV. Per la classificazione dei medi in opposizione agli attivi corrispondenti, ci si
avvarrà delle quattro categorie seguenti46:
1. il medio affettivo, indicante che il soggetto è particolarmente coinvolto
ὀἷll’ἳὐiὁὀἷΝἵhἷΝὅὈἳΝὅvὁlἹἷὀἶὁΝpἷὄἵhὧΝl’ὁἹἹἷὈὈὁΝὅὉΝἵὉiΝ ἷὅὅἳΝὈὄἳὀὅiὈἳΝὄiἷὀὈὄἳΝὀἷllἳΝ
sua sfera personale: e.g. att. Ν Ν παῖ α “istruisco il figlio” / med.
αΝ Ν παῖ αΝ “istruisco mio figlio” (affettivo di proprietà), att. Ν
“lἷἹὁ” / mἷἶέΝ α Ν “lἷἹὁΝ a me” o att. Ν “ὄἷὅpiὀἹὁ”Ν vὅέΝ mἷἶέΝ αΝ
“ὄἷὅpiὀἹὁΝda me”Ν(affettivo di tangenza);
2. il medio riflessivo indiretto, indicante che ilΝ ὅὁἹἹἷὈὈὁΝ ὀὁὀΝ ὨΝ ὅὁlὁΝ l’ἳὉὈὁὄἷ ma
ἳὀἵhἷΝ ilΝ ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝ ἵhἷΝ ἵὁmpiἷἈΝ e.g. att. α Ν “pὄἷὀἶὁ” / med.
α α Ν“pὄἷὀἶὁΝper me”Νρ “ὅἵἷlἹὁ”;
3. il medio reciproco, iὀἶiἵἳὀὈἷΝ ἵhἷΝ viΝ ὅὁὀὁΝ ἳlmἷὀὁΝ ἶὉἷΝ pἳὄὈἷἵipἳὀὈiΝ ἳll’ἳὐiὁὀἷΝ iΝ
quali contemporaneamente la compiono e la subiscono: e.g. att. φ Ν“ἴἳἵiὁ” /
mἷἶέΝφ α Ν“si ἴἳἵiἳὀὁ”;
4. il medio causativo,Ν iὀἶiἵἳὀὈἷΝ ἵhἷΝ ilΝ ὅὁἹἹἷὈὈὁΝ ἸἳΝ ἵὁmpiἷὄἷΝ l’ἳὐiὁὀἷΝ ἳΝ ὃὉἳlἵὉὀΝ
altro: e.g. att. Ν “pago”Ν ήΝ mἷἶέ α Ν “faccio pagare”Ν ρΝ “punisco, mi
47
vendico” .
È importante notare che non è sempre facile operare una distinzione tra le varie
categorie di medio perἵhὧΝl’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝἶiΝὉὀἳΝὅὈἷὅὅἳΝἸὁὄmἳΝpὉάΝὀὁὀΝἷὅὅἷὄἷΝὉὀivὁἵἳΝ
e perché in particolare due dei tipi di medio summenzionati, cioè il medio affettivo di
tangenza e il medio riflessivo indiretto, sono piuttosto simili: e.g. α Ν“ὄἷὅpiὀἹὁΝἶἳΝ
mἷ”ΝpὁὈὄἷἴἴἷΝἷὅὅἷὄἷΝἵὁmpὄἷὅὁΝiὀΝἷὀὈὄἳmἴἷΝlἷΝἵἳὈἷἹὁὄiἷ. Noi lo considereremo un medio
affettivo di tangenza – indicante che il soggetto allontana qualcosa dalla sua sfera
personale –,Ν mἳΝ ὅiἳmὁΝ ἵὁὀὅἵiΝ ἵhἷΝ Ὁὀ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝ ἶἷllἳΝ ὅὈἷὅὅἳΝ Ἰὁὄmἳ come medio
riflessivo indiretto – indicante che il soggetto è il ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ ὉlὈimὁΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝ iὀΝ
quanto allontana da sé un nemico – è assolutamente ammissibile.
Le due seguenti categorie di medio non saranno invece sfruttate per interpretare i
medi “dinamici”:
1. il medio riflessivo diretto,ΝiὀἶiἵἳὀὈἷΝἵhἷΝilΝὅὁἹἹἷὈὈὁΝἵὁmpiἷΝl’ἳὐiὁὀἷΝὅὉΝὅἷΝὅὈἷὅὅὁἈΝ
e.g. att. Ν“lavo”ΝήΝmἷἶέΝ α Ν“mi lavo”Ἁ
2. il medio intransitivo, il quale costituisce la controparte di un attivo transitivo:
e.g. att. Ν“ὄἳἶὉὀὁ”ΝήΝmἷἶέΝ α Ν“mi ὄἳἶὉὀὁ”έ
Questi due tipi di medio non sono pertinenti in relazione al medio “dinamico”Ν– il
quale, lo ricordiamo, per definizione non possiede una chiara e ben definita differenza
semantica rispeὈὈὁΝἳll’ἳὈὈivὁΝἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈἷ – perché i verbi che oppongono att. trans. /
med. rifl. dir. o att. trans. / med. intrans. disambiguano sintatticamente le due diatesi in
46
Per una presentazione più complessa e articolata dei vari tipi di medio vd. ALLAN 2003: 57-124 (con
ἴiἴliὁἹὄἳἸiἳ),ΝἵhἷΝὨΝlὁΝὅὈὉἶiὁΝpiὶΝὄἷἵἷὀὈἷΝἷΝἵὁmplἷὈὁΝὅὉll’ἳὄἹὁmἷὀὈὁέ
47
ALLAN 2003: 115-116 interpreta il medio causativo come un sottotipo del medio riflessivo indiretto. Si
ricordi che propriamente tutte e tre le diatesi possono assumere un senso causativo, vd. WACKERNAGEL
1926: I 108, DUHOUX 20002: 116.
25
maniera inequivocabile. Il medio riflessivo indiretto, infatti, può essere sostituito
ἶἳll’ἳὈὈivὁΝἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈἷΝὅὁlὁΝὅἷΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝὨΝὅἷἹὉiὈὁΝἶἳΝὉὀΝpὄὁὀὁmἷΝὄiἸlἷὅὅivὁΝ(e.g.
Xen. Cyr. 3.1.25 π φα Ν “ὅἹὁὐὐἳὀἶὁὅi”Ν vs. Hdt. 1.45.3 π α α φ Ν […]Ν
υ “ὅiΝὅἹὁὐὐἳ”) ,ΝmἷὀὈὄἷΝilΝmἷἶiὁΝiὀὈὄἳὀὅiὈivὁΝὀὁὀΝpὉάΝἷὅὅἷὄἷΝὅὁὅὈiὈὉiὈὁΝἶἳll’ἳὈὈivὁΝ
48
48
Vd. ALLAN 2003: 88-95. Si noti che raramente il medio può cooccorrere col pronome riflessivo, e.g.
Xen. An. 1.8.29 αυ Ν π φ α α έΝἙὀΝὃὉἷὅὈὁΝἵἳὅὁ,Νpἷὄά,ΝlἳΝὄiἸlἷὅὅiviὈὡΝἶiὄἷὈὈἳΝὨΝiὀἶiἵἳὈἳΝἶἳlΝmἷἶiὁΝἷΝ
non dal pronome riflessivo, il quale ha solo una funzone enfatica (ALLAN 2003: 27).
26
e, tra questi, quante sono le forme metricamente sostitὉiἴiliΝ ἵὁὀΝ l’ἳὈὈivὁΝ ἷΝ ὃὉiὀἶiΝ – si
suppone – liberamente scelte.
ἙὀἸiὀἷΝ l’ἳὀἳliὅiΝ vἷὄἳΝ ἷΝ pὄὁpὄiἳέΝ ἠἷllἳ misura del possibile essa sarà contrastiva e
procederà per coppie minime, cioè collocazioni in cui attivo e medio coesistono accanto
a un medesimo complemento (e.g. ΝήΝ α Ν αῖ α)έΝἡvἷΝὃὉἷὅὈὁΝὀὁὀΝὅiἳΝpὁὅὅiἴilἷ,Ν
cioè coi verbi poco attestati, bisognerà accontentarsi di analizzare le costruzioni e i tipi
di reggenze (e.g. Ν+ΝἹἷὀέ, + inf.).
Le convenzioni adottate per la presentazione del materiale sono le seguenti:
1. a ciascuna collocazione verrà attribuito un numero, arabo per gli esempi epici e
romano per quelli erodotei;
2. ciascun passo citato recherà accanto al numero una lettera in stampatello
minuscolo, (a) per i passi ἵὁὀὈἷὀἷὀὈiΝilΝvἷὄἴὁΝἳll’ἳὈὈivὁ,Ν(b) e seguenti per quelli
aventi il verbo al medio, (a-b) se lo stesso passo contiene forme verbali in
entrambe le diatesi;
3. nἷlΝἵἳὅὁΝiὀΝἵὉiΝpiὶΝpἳὅὅiΝἳll’ἳὈὈivὁΝἷΝἳlΝmἷἶiὁΝὅiΝὄivἷliὀὁΝὅiἹὀiἸiἵἳὈivi pἷὄΝl’ἳὀἳliὅiΝ
essi saranno citati come (a.1), (a.2), (b.1), (b.2). Nel commento il riferimento ai
passi e alle forme verbali in essi contenute avverrà sistematicamente attraverso
questo sistema numero + lettera;
4. sὁlὁΝὃὉἳὀἶὁΝὀἷἵἷὅὅἳὄiὁΝὅiΝὁpἷὄἷὄὡΝὉὀ’ὉlὈἷὄiore suddivisione dei passi sulla base
dei tipi di complemento retti dal verbo, ciascuno dei quali sarà contrassegnato da
una lettera in stampatello maiuscolo: (A), (B).
L’ἳὀἳlisi dei medi “dinamici” verrà effettuata sulla base di tre criteri fondamentali:
1. il criterio sintattico-semantico: è possibile giustificare il medio secondo uno dei
quattro tipi esposti in § 1.4.1 (affettivo di proprietà o di tangenza, riflessivo
indiretto, reciproco, causativo)?
2. il criterio metrico: il medio epico ricorre in una posizione del verso in cui anche
l’ἳὈὈivὁΝὅἳὄἷἴἴἷΝὉὈiliὐὐἳἴile, ovverosia riflette una scelta?
3. il confronto con Erodoto: il medio epico ha una contropartita nelle Storie?
Attraverso questi tre criteri si cercherà di valutare come autentica o come
linguisticamente non reale la forma media in esame, la cui genuinità dipenderà quindi
dal fatto che essa (i) possieda una sfumatura semantica propria della diatesi media e/o
(ii) ricorra in una posizione del verso che avrebbe potuto accogliere anche la forma
attiva corrispondente e/o (iii) – last but not least – sia presente anche nelle Storie.
Per considerare un medio “dinamico” come forma linguisticamente non reale
(Augenblickform) riterremo necessario che tutti e tre i criteri concordino in questo
senso; al contrario, perché un medio “dinamico” sia considerato sprachwirklich, sarà
sufficiente che anche uno solo dei nostri criteri deponga a suo favore. Questo per la
semplice ragione che ogni forma media sotto esame va ritenuta a priori reale fino a
prova contraria: nostro compito sarà discernere tra quelle giustificabili e quelle
ingiustificabili dal punto di vista linguistico, ma per dimostrare in maniera convincente
27
– e limitando al minimo eventuali obiezioni – che Omero ha creato in maniera
assolutamente arbitraria una forma inesistente, e quindi operato una forzatura evidente
sul sistema della lingua, abbiamo bisogno che tutti e tre i criteri collimino.
La comparazione coi verbi corradicali in altre lingue indoeuropee interverrà solo ed
ἷὅἵlὉὅivἳmἷὀὈἷΝὀἷlΝἵἳὅὁΝiὀΝἵὉiΝὃὉἷὅὈἳΝὁἸἸὄἳΝἶἳὈiΝἶiΝἹὄἳὀἶἷΝὄilἷvἳὀὐἳ,ΝἳlὈὄimἷὀὈiΝl’ἳὀἳliὅiΝ
procederà ex Graeco ipso.
In base al criterio (iii) si opererà una suddivisione preliminare tra i verbi il cui medio
“ἶiὀἳmiἵὁ”Νnon ha una contropartita in Erodoto (cap. 2) e quelli il cui medio dinamico
ha una contropartita in Erodoto (cap. 3). Questo per esigenze di convenienza: infatti i
medi epici del primo gruppo (cap. 2) possono solo essere o sprachwirklich – nel qual
caso bisognerà identificare il tipo di opposizione che governa la scelta tra attivo e medio
– o metricamente condizionati – ὀἷlΝ ὃὉἳlΝ ἵἳὅὁΝ ὀὁὀΝ ἵ’ὨΝ ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ἶiἳὈἷὈiἵἳΝ ὄἷἳlἷΝ –,
mentre quelli del secondo gruppo (cap. 3) pongono una difficoltà ulteriore, cioè
verificare, qualora i medi “dinamici” epici risultino essere sprachwirklich, se la
ἶiὅὈὄiἴὉὐiὁὀἷΝἶiἳὈἷὈiἵἳΝἳὈὈἷὅὈἳὈἳΝὀἷll’ἷpiἵἳΝὅiΝὄiὈὄὁvἳΝiἶἷὀὈiἵἳΝiὀΝἓὄὁἶὁὈὁΝὁppὉὄἷΝὀὁέ
Pur consci della estrema delicatezza della mἳὈἷὄiἳΝ ὈὄἳὈὈἳὈἳΝ ἷΝ ἶἷll’ὁpiὀἳἴiliὈὡΝ
ἶἷll’ἳὀἳliὅiΝ ἵhἷΝ ἵὁὀἶὉὄὄἷmὁ data dal fatto che la sensibilità di ciascun studioso può
spesso cogliere nella stessa forma media delle sfumature differenti e a volte più
sfumature coesistenti, l’obiettivo che ci prefiggiamo è il seguente: dimostrare che la
ἶἷἸiὀiὐiὁὀἷΝ“mἷἶiὁΝἶiὀἳmiἵὁ”ΝὀὁὀΝpὉάΝἷὅὅἷὄἷΝἳlὈὄὁΝἵhἷΝὉὀ’etichetta di comodo per una
serie di forme medie epiche linguisticamente non reali costituenti dei semplici sostituti
metrici delle corrispondenti forme attive. Tutti gli altri medi epici che resteranno al di
fuori di questa categoria devono invece essere sintatticamente e semanticamente
riconoscibili come reali, cioè classificabili secondo una delle tipologie esposte in §
1.4.1: di conseguenza non possono essere catalogati ἵὁmἷΝ“ἶiὀἳmiἵi”.
28
Cap. 2 Analisi dei verbi con medio “ἶiὀἳmiἵὁ”ΝὀὁὀΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝiὀΝ
Erodoto
2.1
49
Vd. GROSSE 1889: 9, CHANTRAINE 1948-1953: I 387, 413, II 178.
50
Vd. KOWALECK 1887: 9, STAHL 1907: 65, CHANTRAINE 1948-1953: I 406, TRONCI 2005: 94-95.
29
(1b) Od. 14.323 (= 19.293)
αΝ Ν α ’ Ν αΝ υ α α ’ υ
“ἷΝmiΝmὁὅὈὄά le ricchezze, quante Odisseo ne ha raccolte”
ἜἳΝ ἵὁiὀἵiἶἷὀὐἳΝ ἸὄἳΝ (1ἳ)Ν ἷΝ l’ἷὅἷmpiὁΝ ἷὄὁἶὁὈἷὁ (Ia) unito alla predominanza quasi
totale ἶἷll’ἳὈὈivὁΝ ὈὄἳὀὅiὈivὁΝ iὀΝ ἡmἷὄὁΝ ἷΝ all’assenza del medio transitivo nelle Storie
induce a dubitare della genuinità del med. υ α α ’( ) (1b).
Si noti però che la presenza del medio presuppone una scelta poiché υ α α ’( )Ν
(1b) avrebbe potuto essere sostituito dalla forma attiva corrispondente ° (Il.
11.716), metricamente equivalente in questo verso: se ciò non è successo significa che
in questo caso il medio è stato deliberatamente favorito.
Pur accettando il carattere eccezionale di υ α α ’( ) (1b), questo aoristo si
lascia spiegare agevolmente come forma marcata tramite il medio riflessivo indiretto:
Odisseo è il beneficiario e il destinatario ultimo delle ricchezze che lui stesso ha
raccolto ἷΝilΝpἳὄὈiἵὁlἳὄἷΝiὀὈἷὄἷὅὅἷΝiὀἷὄἷὀὈἷΝἳll’ἳὐiὁὀἷΝὨΝὅὁὈὈὁliὀἷἳὈὁΝformalmente dall’Ὁὅὁ
del medio51. Odisseo in (1a) e Pisistrato in (Ia) ἵὁmpiὁὀὁΝ pὄὁἴἳἴilmἷὀὈἷΝ Ὁὀ’iἶἷὀὈiἵἳΝ
ἳὐiὁὀἷΝἶiΝ“ὄἳἶὉὀἳὄἷΝὄiἵἵhἷὐὐἷ”, ma questa è espressa dall’attivo (non marcato).
In conclusione υ α α ’( )Ν (1b) ὄἳppὄἷὅἷὀὈἳΝ Ὁὀ’anomalia, ma questa risulta da
ὉὀἳΝὅἵἷlὈἳΝiὀΝἸἳvὁὄἷΝἶἷll’ἷὅpὄἷὅὅiὁὀἷ marcata tramite il medio riflessivo indiretto.
2.2
51
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: II 178.
52
È escluso dal conteggio α Ν(Hdt. 6.77.2), riportato da Schrader come forma di ΝmἳΝiὀΝὄἷἳlὈὡΝ
cong. aor2. da ῠ αέ
30
ἢὄὁἵἷἶiἳmὁΝὁὄἳΝἳll’ἳὀἳliὅiΝἶἷiΝἶὉἷΝvἷὄὅiΝὁmἷὄiἵiΝiὀΝἵὉiΝ ricorre in collocazione
con (1) π α in entrambe le diatesi, tenendo presente che Erodoto non offre passi
direttamente paragonabili neppure ἳll’ἳὈὈivὁ.
ἥiΝ ὅὈἳὀὀὁΝ ὅvὁlἹἷὀἶὁΝ lἷΝ ἹἳὄἷΝ iὀΝ ὁὀὁὄἷΝ ἶiΝ ἢἳὈὄὁἵlὁΝ ἷΝ iὀΝ ὃὉἷllἳΝ ἶiΝ ὈiὄὁΝ ἵὁὀΝ l’ἳὄἵὁΝ ilΝ
premio in palio sono le scuri di cui sopra. In (1a) si descrive la scena in cui Merione le
ottiene dopo la vittoria, in (1b), invece, Achille presenta la gara e i premi.
ἥiἳΝl’ἳὈὈivὁΝ(ὀὁὀΝmἳὄἵἳὈὁ) Ν[…]Ν Ν(1a) sia il medio (marcato) Ν(1ἴ)Ν
ὅὁὀὁΝἹiὉὅὈiἸiἵἳἴiliΝiὀΝἴἳὅἷΝἳllἳΝvὁlὁὀὈὡΝἶἷll’ἳὉὈὁὄἷΝἶiΝὅὁὈὈὁliὀἷἳὄἷΝὁΝmἷὀὁΝilΝbeneficiario
ἸiὀἳlἷΝἶἷll’ἳὐiὁὀἷ. Dal momento che Erodoto non offre esempi comparabili in cui Ν
è adoperato in contesti agonistici, è quindi possibile attribuire la discrepanza diatetica
tra Ν[…]Ν (1a) e (1b) a una pura scelta semantica.
ἑ’ὨΝ pἷὄάΝ ὉὀΝ ἳlὈὄὁΝ ἷlἷmἷὀὈὁΝ ἶἷἹὀὁΝ ἶiΝ ἳὈὈἷὀὐiὁὀἷ: (°) α Ν (ἀἄx in Hom.),
corrispettivo attivo di , è attestato senza eccezioni in fine di verso53, che è
anche il luogo della formula Νφ (1b), Νφ α Ν (2x). Se
supponiamo che Omero abbia combinato insieme questi due segmenti di verso
alternativi quanto alla loro posizione metrica, è verosimile che abbia preferito lasciare
immodificata la formula più lunga, più scomoda da spostare, e invece anticipare il
participio cambiandone la diatesi sul modello dei participi medi di (8x), i quali in
Omero sono attestati tutti a cavallo dei primi tre metra, cioè proprio nella posizione del
nostro (1b)54.
ἥἷΝἳvἳlliἳmὁΝὃὉἷὅὈἳΝipὁὈἷὅi,ΝἶὉὀὃὉἷ,ΝpὁὅὅiἳmὁΝἳmmἷὈὈἷὄἷΝἵhἷΝiὀΝ(1ἴ)Νl’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶέ
sia contemporaneamente il frutto di una scelta specifica in accordo con le
funzioni semantiche proprie del medio e un prodotto del metro.
2.3
53
Anche in HH. 4.39, Hes. Op. 692, fr. 272.3 Merkelbach-West.
54
Sono posteriori ai poemi omerici le due sole eccezioni iὀΝ ἵὉiΝ ilΝ pἳὄὈiἵipiὁΝ mἷἶiὁΝ ὄiἵὁὄὄἷΝ iὀΝ Ὁὀ’ἳlὈὄἳΝ
posizione metrica: HH. 4.295, Hes. Op. 540.
31
a. att. ΐ [a] intrans. “ὅlἳὀἵiἳὄὅi”Ν (Il. 1ἆέἀ1ἀ,Ν ἘἶὈέΝ ἂέ1ἁἂέ1)Ν [ἴ]Ν “mὉὁvἷὄὅi,Ν
ἳἹiὈἳὄὅi”Ν(Il. 15.80, Eur. Hipp. 1351) [c] trans. caus. “mὉὁvἷὄἷ,ΝἳἹiὈἳὄἷ”Ν(ἥὁphέΝ
Ai. 40);
b. med. ΐ α [ἳ]Ν “ὅlἳὀἵiἳὄὅi”Ν (Il. ἀἀέ1λη)Ν [ἴ]Ν “mὉὁvἷὄὅi,Ν ἳἹiὈἳὄὅi”Ν (Il. 5.854,
Soph. OC. 1261).
I. In Omero Νricorre 128x (semplice e composto con φ°, ὺ,Ν πὺ,Ν πὺ,Ν ὺ,Ν
πα ὺ,Νπ ὺ,Ν πὺ) e le due diatesi sono attestate con una vistosa sproporzione numerica:
11ἆxΝ l’ἳὈὈivὁΝ ἷΝ ἳppἷὀἳΝ ἄxΝ ilΝ mἷἶiὁ,Ν che diventano 9x se si sommano le altre tre
attestazioni di HH. 2.178, Hes. Th. 150 = 671 (4 medi metricamente sostituibili)έΝἜ’ἳὁὄέΝ
in - - , più recente e attestato 4x, è semanticamente sinonimo del medio55.
II. In Erodoto Νè documentato appena 2x ed è sempre attivo intransitivo: Ν
(Hdt. 4.134.1) e π α Ν(Hdt. 9.62.3).
La tragedia attica, infine, con i suoi esempi di attivo transitivo causativo riflette
Ὁὀ’ἷvὁlὉὐiὁὀἷΝpὁὅὈἷὄiὁὄἷ56.
Sic stantibus rebus si può ὅὉppὁὄὄἷΝἵhἷΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝlἳΝἶiἳὈἷὅiΝὀὁὄmἳlἷΝἷΝὀὁὀΝmἳὄἵἳὈἳΝ
e che il medio, così raro ὀἷll’ἷpiἵἳΝ e assente dalle Storie, vada invece giustificato. Lo
ὅὈὉἶiὁΝ pὄὁἵἷἶἷὄὡΝ ἳὈὈὄἳvἷὄὅὁΝ l’ἳὀἳliὅiΝ ἶiΝ ἶὉἷΝ ἵὁppiἷΝ miὀimἷΝ ἵhἷΝ mὁὅὈὄἳὀὁΝ ὀἷllὁΝ ὅὈἷὅὅὁΝ
contesto entrambe le diatesi.
55
Vd. GROSSE 1889: 13, CHANTRAINE 1948-1953: I 496, TRONCI 2005: 97. In due casi ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁ
potrebbe avere sostituito un più antico aoristo medio: in Il. 5.854 α ΝpἷὄΝ α α Ν(Il. 22.195) e in
Il. 24.97 ΝpἷὄΝ* Νή * (vd. ALLAN 2003: 151-152).
56
Cfr. att. trans. caus. Eur. Or. 1427-1429 πα υ Να α Να α Ν||Ν αΝ α Ν π Ν
||Νπ π πα Νᾄ ΝvὅέΝἳὈὈέΝiὀὈὄἳὀὅέΝἓὉὄέΝHipp. 1ἄηΝ ’Ν Ν Νπ Ν Ν ’Να αέ
32
Il contesto di caccia è il medesimo che vediamo anche in (1a) e in Il. 15.579-580,
22.139-1ἂἀἉΝ l’ὉὀiἵἳΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝ pἷὄἵἷpiἴilἷΝ ὨΝ ἵhἷΝ ὅὁlὁΝ iὀΝ (1ἴ)Ν ἸiἹὉὄἳὀὁΝ Ὀὄἳ i soggetti
ἳὀἵhἷΝἶἷἹliΝἷὅὅἷὄiΝὉmἳὀi,ΝiΝ α Ν[…]Να , il che può ἳvἷὄἷΝὄἷὅὁΝὀἷἵἷὅὅἳὄiὁΝl’ὉὅὁΝ
del medio al fine di evidenziare il maggiore coinvolgimento nella caccia che costoro
provano rispetto agli altri animali.
Dunque in questo caso la scelta della diatesi corrisponde al tratto [+ / – umano] del
soggetto (ma non è chiaro se è basata su di esso): con tratto [+ umano] troviamo il
medio, con tratto [ – umano] l’ἳὈὈivὁέΝ
NB: come si vedrà in § 3.17, π ,Ν altro verbo indicante movimento del corpo, mostra più
chiaramente una simile ripartizione diatetica rispondente al tratto [+ / – umano] in contesti metricamente
identici: Od. 3.28 π Ν π Ν α Νvs. Il. 19.317 π Ν π α ’Ν α . Poiché il tratto [+ / –
umano] non è stato considerato in § 1.4.1 come uno degli elementi dirimenti nella scelta diatetica, si
rimanda alla conclusione per una valutazione finale sul suo rapporto col medio.
57
Cfr. anche Soph. OC. 1ἀἄ1Ν Ν ’Να αΝ Νᾄ α έΝ
33
Per spiegare questi medi occorre operare un confronto con Il. 5.656-ἄηἅΝ α Ν Ν
α α αΝ α || Ν Ν α , Il. 11.552-553 = 17.661-662 α Ν Ν
Ν || Ν υ Ν α Ν π έΝ ἙὀΝ ὃὉἷὅὈiΝ ἵἳὅi il soggetto, le lance,
balzano dalle mani degli eroi ma non sono più una parte del loro corpo e infatti
ὈὄὁviἳmὁΝl’ἳὈὈέΝ α 58. Perciò questi ultimi esempi di medio possono essere etichettati
come affettivi di proprietà: αῖ α ΝήΝ ῖ Ν α,- / π’Ν ,ΝὈὄἳἶὁὈὈὁΝ
in maniera più pregnante, vale “iΝἵἳpἷlliΝήΝlἷΝmἳὀiΝὅiΝmὉὁvὁὀὁ,Ν-evano sulle / dalle loro
spalle”59.
Le Storie,ΝἵὁmἷΝὅiΝὨΝἶἷὈὈὁ,ΝἶὁἵὉmἷὀὈἳὀὁΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁέΝ
58
In Il. 16.403-404 Ν ’ αΝ Ν||Ν αΝ α Νl’ἳὈὈivὁΝὨΝἳὈὈἷὅὁΝmἳΝὨΝametrico e perciò rimpiazzato
ἶἳll’ἳὁὄέΝiὀΝ- -. Invece in Il. 3.367-368 Ν Ν Ν|| Νπα φ Ν ,ΝἶὁvἷΝpὉὄἷΝl’ἳὈὈivὁΝὨΝ
ἳὈὈἷὅὁ,Ν ὈὄὁviἳmὁΝ l’ἳὁὄέΝ iὀΝ - - anche se (4x in Hom.) sarebbe stato metricamente accettabile:
pὁὅὅiἴilἷΝὉὀ’iὀἸlὉἷὀὐἳΝἶiΝIl. 16.404?
59
Cfr. Od. 5.53 Ν Νπυ π αΝ ῃ,ΝὉὀiἵὁΝvἷὄὅὁΝὁmἷὄiἵὁΝἵὁὀΝ Ν“ἴἳἹὀἳὄἷ”ΝἳlΝ
medio transitivo, il quale si spiega come medio affettivo indicante che le ali appartengono al gabbiano di
cui si sta parlando (vd. KOWALECK 1887: 13 «die Flügel nicht ausser ihm sind, sondern zu seinem Körper
gehören»).
60
Quindi è contestabile che Ν/ α siano due semplici doppioni metrici come per SCHWYZER
1990-20056: II 232.
34
2.4
35
(Od. 7.11) evita una fine di parola dopo un biceps realizzato da un elementum longum,
caso di figura che la poesia esametrica non ama61.
In definitiva la sintassi del verso e la metrica devono avere concorso alla creazione
di questo hapax, che dunque non può essere considerato un puro e semplice prodotto del
metro62.
2.4a υ
La variante υ (4x, attivo ass. in HH. 4.423 e medio + gen. in Il. 4.343, Od.
9.7, 13.9) è attestata sempre in poesia, il che suggerisce che si tratti di un presente
perfettamente sinonimo di Ν(Od. 1.370 π Ν α Ν υ Ν Ν ,
Od. 9.3 Ν Ν Ν α Ν υ Ν vs. Od. 9.7 α υ ’Ν
α ’Ν υ α ) ἵὄἷἳὈὁΝ ἳppὁὅiὈἳmἷὀὈἷΝ pἷὄΝ ἷὅὅἷὄἷΝ impiἷἹἳὈὁΝ ἳll’iὀὈἷὄὀὁΝ
ἶἷll’ἷὅἳmἷὈὄὁ (cfr. (°) απ- , sinonimo di απ Νattestato solo in poesia).
Il confronto tra (1a) e (1b) indica che il cambio di diatesi non influisce sul
significato di υ .
ϊἳlΝpὉὀὈὁΝἶiΝviὅὈἳΝmἷὈὄiἵὁ,Νiὀvἷἵἷ,ΝὁὅὅἷὄviἳmὁΝἵhἷΝὀἷll’ὉὀiἵὁΝἵἳὅὁΝiὀΝἵὉiΝἷὀὈὄἳmἴἷΝ
le diatesi avrebbero potuto ricorrere troviamo il medio: υ α Ν (1b) è stato
volutamente preferito a * υ .
ἑ’ὨΝ pἷὄάΝ ὉὀἳΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝ ἶiΝ ὁὄἶiὀἷΝ ὅiὀὈἳὈὈiἵὁἈΝ l’ἳὈὈέΝ υ αΝ (2a) è usato
assolutamente mentre il med. υ α Ν(1b), υ Ν(Od. 13.9), υ Ν
(1c) regge un complemento al genitivo.
61
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: I 97, SCHWYZER 1990-20056: II 232, ALLAN 2003: 207-208.
62
Diverse le interpretazioni di BECHERT 1964: 173 n. 1, che difende la forma come reale e la spiega come
arcaismo, e DUHOUX 20002: 120, che lἳΝἵὁὀὅiἶἷὄἳΝὉὀΝmἷἶiὁΝpὁἷὈiἵὁΝὁppὁὅὈὁΝἳll’ἳὈὈέΝ ΝpiὶΝἵὁmὉὀἷΝiὀΝ
prosa. MEISTER 1921: 19-ἀίΝὅὁὅὈiἷὀἷΝἵhἷΝl’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝἶἷlΝἸὉὈέΝmἷἶέΝ α ,Ν α Ν(ἀx)Νpossa avere
giocato a favore della creazione di Ν (1ἴ), HOEKSTRA 1969: 106 che ἳὀἵhἷΝ l’iὀἸέΝ υ ,Ν
attestato 9x su 10 al quarto metron, abbia avuto lo stesso ruolo. Noi aggiungiamo che anche il dep.
α , sinonimo di , può avere avuto una parte in tutto questo.
36
Questa osservazione permette di spiegare il medio come riflessivo indiretto: solo
ὃὉἳὀἶὁΝl’ἳὐiὁὀἷΝὈὄἳὀὅiὈἳΝὅὉΝun complemento Omero sceglie di sottolineare formalmente
ἵhἷΝilΝὅὁἹἹἷὈὈὁΝὨΝἵὁὀὈἷmpὁὄἳὀἷἳmἷὀὈἷΝilΝἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝἵhἷΝἵὁmpiἷ (cfr. § 2.4
).
2.5 ,Ν ( )
63
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: I 329.
37
(1c) Il. 22.33-34 ᾤ ’Ν , φα ’Ν α || ’Ν α ,
α ’Ν α
64
Vd. STAHL 1907: 52.
38
La situazione contestuale è la medesima, ma Omero mantiene la libertà di scegliere
ὈὄἳΝ l’ἳὈὈivὁΝ (ὀὁὀΝ mἳὄἵἳὈὁ)Ν – in (5a) anche Ν (5x in Hom.) sarebbe stato
impiegabile – e il medio affettivo di proprietà (marcato).
A conti fatti, quindi, il med. aff. prop. α (marcato) è sempre utilizzato a
pὄὁpὁὅiὈὁΝiὀΝἡmἷὄὁΝἷἶΝὨΝiὀΝliἴἷὄἳΝἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝἵὁὀΝl’ἳὈὈέ Ν(ὀὁὀΝmἳὄἵἳὈὁ)έ
2.6 ,
Dal punto di vista metrico osserviamo che Ν(1b) copre interamente il quinto
metron, un luogo dove Omero preferisce i dattili agli spondei; inoltre Erodoto ha solo
l’ἳὈὈέ υ α (Ia).
Queste due considerazioni depongono contro la genuinità del med. (1b),
nondimeno esso può essere difeso come medio affettivo di proprietà: Agamennone (Il.
39
2.55) e Ettore (Il. 10.302) elaborano il proprio piano e si preparano a esporlo ad Achei e
Troiani.
2.7
65
Un esempio classico e spesso citato per evidenziare questa differenza è Thuc. 1.144.2 π υ
, υ υ α “ὀὁὉὅΝ ὀἷΝ ἵὁmmἷὀἵἷὄὁὀὅΝ pἳὅΝ lἳΝ ἹὉἷὄὄἷΝ (ἳὈὈέΝ “ὅἳὄἷmὁΝ ἹliΝ
ἳἹἹὄἷὅὅὁὄi”),Ν mἳiὅΝ ὀὁὉὅΝ ὀὁὉὅΝ ἶὧἸἷὀἶrons de ceux qui provoqueraient son commencement (med.
υ “ἵὁlὁὄὁΝἵhἷΝἵὁmiὀἵἷὄἳὀὀὁΝlἷΝpὄὁpὄiἷΝὁpἷὄἳὐiὁὀiΝἴἷlliἵhἷ”)”Ν(ὈὄἳἶὉὐiὁὀἷΝἶἳΝ RUIPÉREZ 1988:
260-261, vd. anche STAHL 1907: 52, WACKERNAGEL 1926: I 127).
40
cfr. Od. 7.233 (= 11.335), 15.166 ἤ
Dal punto di vista semantico gli esempi omerici non permettono di comprendere il
criterio dirimente nella scelta tra attivo e medio perché si tratta evidentemente di versi
formulari che introducono tutti ugualmente un discorso diretto: ciò significa che la
distinzione fra attivo e medio può essere il riflesso di una distinzione marcato / non
marcato da precisare oppure può non essere reale e favorita dalla metrica66.
Dal punto di vista metrico la forma verbale attualmente attestata nei vari passi epici
non è mai sostituibile con quella corὄiὅpὁὀἶἷὀὈἷΝὀἷll’ἳlὈὄἳΝἶiἳὈἷὅiΝ– (1b) occupa
il quinto metron – ἵὁὀΝ l’ὉὀiἵἳΝ ἷἵἵἷὐiὁὀἷΝ ἶi HH. 2.212 Ν Ν Ν Ν
α, dove il med. ’( ) sarebbe ammissibile (9x in Hom.): la preferenza
ἳἵἵὁὄἶἳὈἳΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ iὀviὈἳΝ ὃὉiὀἶiΝ ἳΝ ἵὁὀὅiἶἷὄἳὄἷΝ lἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ ἳὈὈivἳΝ (ὀὁὀΝ mἳὄἵἳὈἳ)Ν ἵὁmἷΝ
quella più antica e fondamentale nella ἸὁὄmὉlἳΝ“ἶἳὄἷΝiὀiὐiὁΝἳlΝἶiὅἵὁὄὅὁ”67. La successiva
variante Ν (1b) deve essere sorta quando la formula ha cominciato a essere
impiegata dopo la dieresi bucolica.
Ad ogni modo il med. Ν (1b) non è criticabile dal punto di vista semantico
pἷὄἵhὧΝ iὀΝ ὈὉὈὈiΝ iΝ pἳὅὅiΝ iὀΝ ἵὉiΝ ὄiἵὁὄὄἷΝ ὨΝ ὅἷmpὄἷΝ pὁὅὅiἴilἷΝ ὈὄἳἶὉὄὄἷΝ “iὀiὐiάΝ ilΝ proprio
ἶiὅἵὁὄὅὁ”Ν(mἷἶέΝἳἸἸέΝpὄὁpέ)68.
ἢἷὄἵiά,ΝmἷὀὈὄἷΝὀἷll’ἷpiἵἳΝlἳΝἶὉἷΝἶiἳὈἷὅiΝὅiΝἳlὈἷὄὀἳὀὁΝiὀΝἴἳὅἷΝἳΝἵὄiὈἷὄiΝἷὅὅἷὀὐiἳlmἷὀὈἷΝ
metrici ma sulla base di una reale differenza semantica, il passo delle Storie (Ia) mostra
che Erodoto ha prediletto l’ἳὈὈivὁΝ ἵὁlΝ ὅiἹὀiἸiἵἳὈὁΝ ὀὁὀΝ mἳὄἵἳὈὁΝ ἶiΝ “ἶἳὄἷΝ iὀiὐiὁ al
ἶiὅἵὁὄὅὁ”έ
66
Vd. ELLENDT 1861: 14, JANSON 1868: 6, STAHL 1907: 60.
67
Vd. DELG 114 s.v. ἄ «Pour le choix de la voix, le moyen semble souligner la partecipation du
ὅὉἼἷὈ,ΝmἳiὅΝἳὉΝliἷὉΝὃὉἷΝl’ἳὈὈiὃὉἷΝἷmplὁiἷΝlἷΝplὉὅΝὅὁὉvἷὀὈΝlἷΝmὁyἷὀΝἘὁmέ pὄὧἸὨὄἷΝl’ἳἵὈiἸέ»
68
Cfr. la differenza semantica attestata in Senofonte tra υ «die Unterredung beginnen» e
α υ «seine Rede beginnen» (STAHL 1907: 52).
41
(2c) Od. 6.101 Ν αυ αΝ υ Νἤ π
Ἔ’ἳὀἳliὅiΝ mἷὈὄiἵἳΝ ci dice che le forme attive sono tutte insostituibili e così pure
Ν(2c), che occupa il quinto metron.
Invece α Ν (ἀἴ) sarebbe in teoria rimpiazzabile con * υ α έΝ ἢἷὄΝ ὃὉἷὅὈὁΝ
participio, dunque, o si accetta che Esiodo ha intenzionalmente adoperato il medio
(marcato) oppure bisogna ricorrere a una spiegazione di tipo differente. In effetti la
tendenza epica a ospitare dei participi medi in incipit per la loro comoda struttura
dattilica può avere giocato qui a favore di α Ν(2b) e a sfavore di * υ α ἈΝin
Esiodo il part. Ν(3x) compare sempre in questa posizione metrica.
Ciononostante il criterio semantico giustifica α Ν (ἀἴ)Ν ἷΝ Ν (ἀἵ)Ν come
medi affettivi di proprietà. In particolare il primo dei due può essere messo a confronto
con (2a), che rappresenta la variante non marcata impiegata in un contesto
identico.
In conclusione nelle due collocazioni appena analizzate è attivo tranne quando
il metro impone il medio, ma anche ammettendo questo condizionamento metrico i
medi attestati (5x) sono sempre giustificabili come affettivi di proprietà.
2.8 φ ,Ν φ
φ ,Ν φ “Ὀὁἵἵἳὄἷ” hἳΝὅiἳΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝilΝmἷἶiὁΝὈὄἳὀὅiὈivi:
a. att. φ , φ “Ὀὁἵἵἳὄἷ,ΝmἳὀἷἹἹiἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 6.322, Hdt. 3.69.3);
b. med. °αφ α “Ὀὁἵἵἳὄἷ,ΝmἳὀἷἹἹiἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Od. 8.215).
ἙέΝ ἙὀΝ ἡmἷὄὁΝ l’ὉὀiἵὁΝ pὄἷὅἷὀὈἷΝ ὨΝ φ , attestato 8x (7x φὺ), 4xΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ e 4x al
medio (1x metricamente sostituibile). La differenza tra le due diatesi è spesso difficile a
percepirsi, specie in collocazione con (1)Ν ,Ν-α dove ricorrono entrambe.
II. Erodoto, invece, adopera solo il pres. φ (3x), sempre attivo.
I dati sono scarsi, ma sulla loro base è plausibile supporre che il medio in Omero sia
artificiale.
Esaminiamo anzitutto la collocazione con (1) , -α, dove il verbo compare 2x
ἳll’ἳὈὈivὁΝἷΝ1xΝἳlΝmἷἶiὁ.
42
La diatesi da atὈἷὀἶἷὄὅiΝ ὅἷmἴὄἳΝ ἷὅὅἷὄἷΝ l’ἳὈὈivὁ: φαφ α α Ν (1b) potrebbe essere
un medio affettivo di proprietà – ὨΝ ὃὉἷὅὈἳΝ l’ὉὀiἵἳΝ ἵἳὈἷἹὁὄiἳΝ ἶiΝ mἷἶiὁΝ ἵὁὀΝ lἳΝ ὃὉἳlἷΝ ὅiΝ
potrebbe operare in questo verso –, ma il sogg. Odisseo ὀὁὀΝὨΝilΝpὄὁpὄiἷὈἳὄiὁΝἶἷll’ἳὄἵὁ in
questione.
Per quel che riguarda la metrica le forme citate sono insostituibili con quelle
ἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈiΝὀἷll’ἳlὈὄἳΝἶiἳὈἷὅiέ
Ma vediamo le altre attestazioni omeriche.
69
Vd. RUIPÉREZ 1988: 263, DUHOUX 20002: 113.
43
cfr. Hdt. 3.69.4, 3.69.6
ἓὄὁἶὁὈὁΝἵὁὀὁὅἵἷΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁ,ΝilΝἵhἷΝiὀviὈἳΝἳΝὈὁὄὀἳὄἷΝὅὉiΝmἷἶiΝὁmἷὄiἵiέΝ
ἙὀΝ ἷἸἸἷὈὈiΝ ὉὀὁΝ ὅἹὉἳὄἶὁΝ piὶΝ ἳὈὈἷὀὈὁΝ pἷὄmἷὈὈἷΝ ἶiΝ ὄiἵὁὀὁὅἵἷὄἷΝ ἵhἷΝ l’iὀἸέΝ mἷἶέΝ
φαφ α α di (1b), (2c), (2d) ricopre esattamente la stessa posizione metrica degli
att. φαφ α Ν (1a), φαφ αΝ (ἀἳ). Ciò significa che può costituire una forma
coniugata di φαφ Ν ὀἷllἳΝ ὅὈἷὅὅἳΝ ὅἷἶἷΝ mἷὈὄiἵἳΝ iὀΝ ἵὉiΝ ὄiἵὁὄὄἷΝ l’ἳὈὈivὁ,Ν ἵiὁὨΝ dopo la
dieresi bucolica.
φαφ (2b) può spiegarsi grazie allo stesso principio: K. Witte osserva infatti
che questo tipo di forme medie in clausola create al fine di disporre di una coniugazione
completa sono trasferite in un secondo tempo subito prima della cesura trocaica, che
ὄipὄὁpὁὀἷΝἷὅἳὈὈἳmἷὀὈἷΝlὁΝὅὈἷὅὅὁΝὅἵhἷmἳΝmἷὈὄiἵὁΝἶἷllἳΝἸiὀἷΝἶἷll’ἷὅἳmἷὈὄὁ70.
In conclusione, sulla base dei dati semantici e metrici e del confronto con Erodoto,
le forme medie epiche di φ Ν ὄiὅὉlὈἳὀὁΝ ἷὅὅἷὄἷ verosimilmente una creazione del
metro71, ἵὁὀΝ l’ὉὀiἵἳΝ ἷἵἵἷὐiὁὀἷΝ ἶi φαφ α α Ν (ἀἶ), che, pur essendo dovuto anche
ἳll’ἳὐiὁὀἷΝἶἷlΝmἷὈὄὁ,Νὄimἳὀἷ difendibile come medio affettivo di proprietà.
2.9 α
70
WITTE 1913: col. 2240. Vd. anche CHANTRAINE 1948-1953: II 176.
71
Vd. STAHL 1907: 60.
72
ἑἳὉὅἳὈivὁΝὅὉlΝmὁἶἷllὁΝἶἷll’aor1. α, vd. STAHL 1907: 63, MARGULIÉS 1929: 229-230.
73
È così anche nelle altre lingue indoeuropee, perciò deve trattarsi di una caratteristica ereditata (vd. LIV2
205 s.v. *g eh2-, 209 s.v. *g em-).
74
Vd. STAHL 1907: 63, MARGULIÉS 1929: 226-227, LEUMANN 1959: 237.
75
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: I 440. Lo stesso vale anche per i desiderativi in indoiranico (e.g.ved.
ī ṣate), vd. VENDRYES 1948: 7, RENOU 20073: 352 (ma contra GONDA 1979:196).
76
Vd. anche RISCH 19742: 250.
44
forma, le sue desinenze medie sono motivate: per Chantraine sono giustificate dal fatto
che la formazione era in origine un desiderativo, per Leumann dalla derivazione da un
futuro. Il part. α (metricamente insostituibile) rappresenta invece una vera
eccezione.
II. In Erodoto il paradigma del verbo presenta due importanti differenze: non
ἵὁὀὅἷὄvἳΝ l’ἳὁὄέ misto med. Ν ἷΝ ἵὁὀὁὅἵἷΝ lἳΝ ὅὁlἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ ἳὈὈivἳΝ pἷὄΝ l’ἳὁὄ1. trans.
caus. ὺ,Ν πὺ,Ν Ν(ηx)έ
Ἔ’ἳὀὁmἳliἳΝ ὅὉΝ ἵὉiΝ ἵὁὀἵἷὀὈὄἳὄὅiΝ ὨΝ ἶὉὀὃὉἷΝ α (Od. 15.475), che può
essere messo in parallelo con un buon numero di passaggi omerici ed erodotei col verbo
ἳll’ἳὈὈivὁέ
Gli esempi erodotei ἳll’ἳὈὈivὁΝ (Ἑἳ)Ν mettono in dubbio la genuinità del med.
α (1b).
Inoltre questo pare anche mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝ iὀἶὁὈὈὁἈΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὺ α Ν (Od. 24.301)
sἳὄἷἴἴἷΝὅὈἳὈὁΝὅἵὁmὁἶὁΝiὀΝὃὉἷὅὈὁΝvἷὄὅὁΝἶἳlΝmὁmἷὀὈὁΝἵhἷΝl’ὉlὈimἳΝὅillἳἴἳΝἶiΝἸὄὁὀὈἷΝἳΝ π
avrebbe dovuto essere contata lunga. Al contrario, là dove è dimostrabile che il metro
non ha imposto la forma, cioè in (1a), in ἵὉiΝ ΝἳmmἷὈὈἷὄἷἴἴἷΝiὀΝliὀea di principio
ἶiΝἷὅὅἷὄἷΝὅὁὅὈiὈὉiὈὁΝἵὁὀΝ* ’(α),Νl’ἳὈὈivὁΝpὄἷvἳlἷέΝ
45
Nondimeno α Ν(1ἴ) è difendibile come variante marcata tramite il medio
ἳἸἸἷὈὈivὁΝ ἶiΝ pὄὁpὄiἷὈὡΝ “ἶὁpὁΝ ἳvἷὄci fatto salire (sulla loro nave)”77 (cfr. § 3.7 Ν
Ν φ α ).
Ne concludiamo che questo hapax ὨΝ ilΝ ὄiὅὉlὈἳὈὁΝ ἵὁὀἹiὉὀὈὁΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝ ἶἷlΝ mἷὈὄὁΝ ἷΝ
del contesto sintattico-semantico.
ἀέ1ίΝ
77
Anche STAHL 1907: 56 difende la genuinità di questo medio ma lo valuta «Medium der lokalen
Beziehung» secondo la sua terminologia e traduce «nachdem sie uns mit sich hatten das Schiff besteigen
lassen».
46
α Ν ’Ν Ν α Να ’Ν Ν Ν Ν α ,Ν
α · ῖ Ν π Νπ Ν π Ν Ν
“ἸiὈὈἷΝἵὁὅìΝvὁlἳvἳὀὁΝἶiΝὃὉἳΝἷΝἶiΝlὡΝlἷΝpiἷὈὄἷ,Ν||ΝὃὉἷὅte contro i Teucri, quelle dai
Teucri contro gli Achei, || ché sempre scagliavano: un rombo per tutto il muro
ὅ’ἳlὐἳvἳ”
Ἔ’ὉὅὁΝὀὁὄmἳlἷΝpὄἷvἷἶἷΝl’ἳὈὈivὁΝἷΝἓὄὁἶὁὈὁΝ(Ἑἳ)ΝlὁΝἵὁὀἸἷὄmἳ,ΝmἳΝ α (1b) –
pὄἷἸἷὄiὈὁΝἳΝ* α ΝἵhἷΝpὉὄἷΝἹliΝὨΝmἷὈὄiἵἳmente equivalente – si può giustificare o
come mἷἶiὁΝ ὄἷἵipὄὁἵὁΝ “ὅἵἳἹliἳὄὅiΝ a vicenda”Ν ὁΝ ἵὁmἷΝ medio affettivo di tangenza
“ὅἵἳἹliἳὄἷΝlontano da sé”έ
Peraltro sarebbe anche possibile interpretare α , che costituisce da solo un
genitivo assoluto nel verso in questione ἵὁὀΝὅὁἹἹέΝὅὁὈὈέΝ , come una forma di diatesi
pἳὅὅivἳΝἷΝὈὄἳἶὉὄὄἷΝ“mἷὀὈὄἷΝἷὄἳὀὁΝὅἵἳἹliἳὈἷ”έΝ
In ogni caso il medio è pienamente intellegibile.
ἠὉὁvἳmἷὀὈἷΝ ἓὄὁἶὁὈὁΝ (ἙἙἳ)Ν mὁὅὈὄἳΝ ἵhἷΝ lἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ ἶἳΝ ἳὈὈἷὀἶἷὄὅiΝ ὨΝ l’ἳὈὈivὁ,Ν ἷΝ ὃὉἷὅὈὁΝ
porta a criticare il med. π (2b), che è metricamente insostituibile e si trova in
un contesto del tutto paragonabile a quello emergente dagli altri due passi in esame.
Ciononostante anche questo medio è difendibile come affettivo di tangenza
“ὅἵἳἹliἳὄἷΝlontano da sé”ΝἳlΝpἳὄiΝἶiΝ α Ν(1ἴ).
47
(3a) Il. 7.186-190
’Ν Ν Ν α Νφ Ν ’Ν Ν π ῃ
Ν Ν π αΝ υ ῃ ,Νφα Ν α ,Ν
Ν π Ν ῖ ’,Ν ’Ν ’Ν α Νπα α ,Ν
υΝ αΝ ,Ν Ν υ
Ν Νπ Νπ ’Ν Ν α Ν φ Ν
“ἣὉἳὀἶὁΝpἷὄά,ΝpὁὄὈἳὀἶὁlἳΝὈὄἳΝlἳΝἸὁllἳ,ΝἹiὉὀὅἷΝ|| ἳΝἵhiΝl’Ν[οΝὅὁὄὈἷ]ΝἳvἷvἳΝὅἷἹὀἳὈἳ,Ν
gettata nel casco, il nobile Aiace, || ὃὉἷὅὈiΝὅὈἷὅἷΝlἳΝmἳὀὁ,ΝvἷΝlἳΝἶἷpὁὅἷΝl’ἳὄἳlἶὁ,Ν
standogli accanto, || ed egli la conobbe, visto il segno, e gioì in cuore, || e la
ἹἷὈὈάΝἳiΝὅὉὁiΝpiἷἶiΝἷΝἹὄiἶά”
cfr. Il. 7.175-176
Osserviamo che l’ὉὀiἵἳΝἸὁὄmἳ verbale non imposta dal metro si trova in (3a), dove
α ὨΝimpiἷἹἳὈὁΝpἷὄΝἶἷὅἵὄivἷὄἷΝl’ἳὐiὁὀἷΝἶἷll’ἳὄἳlἶὁΝἵhἷΝmἷὈὈἷΝiὀΝmἳὀὁΝἳἶΝχiἳἵἷΝlἳΝ
ὅὉἳΝ ὅὁὄὈἷΝ ἵὁὅiἵἵhὧΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝ lἳΝ pὁὅὅἳΝ ὄiἵὁὀὁὅἵἷὄἷέΝ ÈΝ pὁὅὅiἴilἷΝ ὃὉiὀἶiΝ ἶἷἶὉὄὄἷΝ ἵhἷΝ
l’ἳὈὈέΝ α sia stato qui preferito al med. * ’( )Ν pἷὄἵhὧΝ l’ἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ ἹἷὈὈἳὄἷΝ ὨΝ
compiuta non dal possessore della sorte, che è il soggetto di (°) , - α in tutti gli
altri casi, ma da un altro personaggio. Ciò induce alla conclusione che il sintagma
α Ν valga “ἹἷὈὈἳὄἷΝ lἳΝ propria ὅὁὄὈἷ”Ν ἷΝ ilΝ mἷἶiὁΝ ὅiἳΝ ὃὉiὀἶiΝ ἳἸἸἷὈὈivὁ di
proprietà: di conseguenza Νdeve significare “ἹἷὈὈἳὄἷΝlἳΝὅὁὄὈἷ”ΝἶiΝὃὉἳlἵὉὀΝ
altro.
Seguendo questo ragionamento (3a) e Ν […] α (Il. 7.176) avrebbero
pὁὈὉὈὁΝἷὅὅἷὄἷΝmἷἶi,ΝmἳΝl’attivo (non marcato) ha prevalso favorito dal metro.
In conclὉὅiὁὀἷΝ ilΝ mἷἶέΝ α ,Ν ὁlὈὄἷΝ ἳΝ ἵὁὀἸἷὄmἳὄὅiΝ ἳἸἸἷὈὈivὁ di proprietà (2x) in
ἵὁllὁἵἳὐiὁὀἷΝἵὁὀΝ(ἁ)Ν ,Ν- υ ,ΝmὁὅὈὄἳΝἶiΝpὁὈἷὄΝἷὅὅἷὄἷΝὉὅἳὈὁΝἳὀἵhἷΝἵὁmἷΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἶiΝ
tangenza (4x) in (1b) e (2b). In (1b), infine, è possibile anche che il medio abbia
conferito una sfumatura di reciprocità (1x).
Aggiungiamo per completezza gli esempi più significativi in cui Ν indica l’ἳὈὈὁΝ ἶiΝ ἹἷὈὈἳὄὅiΝ
ἳἶἶὁὅὅὁΝ ὉὀΝ ἵἳpὁΝ ἶ’ἳἴἴiἹliἳmἷὀὈὁἈ ilΝ mἷἶiὁΝ ἳἸἸἷὈὈivὁΝ ἶiΝ ὈἳὀἹἷὀὐἳΝ (mἳὄἵἳὈὁ)Ν “gettare su di sé”, atteso in
ὃὉἷὅὈὁΝἵὁὀὈἷὅὈὁΝἶ’Ὁὅὁ, è talvolta sostituito ἶἳll’ἳὈὈivὁΝ(ὀὁὀΝmἳὄἵἳὈὁ)Ν“ἹἷὈὈἳὄἷ”.
48
ἥiΝὀὁὈiΝἵhἷΝlἳΝpὄἷἸἷὄἷὀὐἳΝἳἵἵὁὄἶἳὈἳΝἳll’ἳὈὈέΝ Ν(ἂἳ)ΝὨΝ dovuta probabilmente allo schema metrico,
dal momento che la forma media corrispondente Ν(4x in Hom.) sarebbe inutilizzabile in quella
posizione del verso.
2.11
mἳΝἳὈὈἷὅὈἳΝiὀΝpiὶΝl’ἳὁὄ . att.
1
,ΝpἷὄἸἷὈὈἳmἷὀὈἷΝὅiὀὁὀimὁΝἶἷll’ἳὁὄ3έΝἳὈὈέΝ 81
.
Come si vede i dati omerici ed erodotei non collimano: a fronte di un attivo sempre
intransitivo, da una parte Omero ci offre un aor1. med. trans. caus. α ,Νἶἳll’ἳlὈὄἳΝ
Erodoto mostra un pres. med. α molto raro (cfr. Aristot. EN. 1180a.17 υ )
iὀὅiἷmἷΝ ἳΝ ὉὀΝ ὅiὅὈἷmἳΝ ἶἷll’ἳὁὄiὅὈὁΝ iὀΝ ἵὉiΝ iὀvἷἵἷΝ ἳὁὄ . 1
e aor .3
Ν si
sovrappongono semanticamente.
Analizzeremo ora contrastivamente tutte le forme di presente e aoristo del
paradigma di ἳὈὈἷὅὈἳὈἷΝὀἷll’ἷpiἵἳΝἷΝiὀΝἓὄὁἶὁὈὁέ
78
Oppure < ie. aor. suff. *gu 3-éh1- / gu 3-h1- . La posizione di dal punto di vista diacronico è
incerta, vd. LIV2 216 n. 11 s.v. *g 3-, EDG 217 s.v. -, GARCÍA RAMÓN 2009b: 155. Ad ogni modo
questa aporia non interferisce con gli scopi del presente studio.
79
Vd. STAHL 1907: 55, CHANTRAINE 1948-1953: I 413, KÖLLIGAN 2007: 366.
80
Vd. RISCH 19742: 330, LIV2 215 s.v. *g 3-, KÖLLIGAN 2007: 365.
81
Vd. KÖLLIGAN 2007: 366.
49
(1b) Od. 8.468
[…]Ν ’Ν α
“ὈὉΝm’hἳiΝὅἳlvἳὈὁ,ΝἸἳὀἵiὉllἳ”
50
ἑὁὀἵlὉἶἷὀἶὁ,Ν ὀἷll’ἷpiἵἳΝ possiede un solo tipo di medio, cioè il med. trans.
caus. α (:: , α).
2.12 υ
82
ἑὁmἷΝ ὨΝ lἳΝ ὄἷἹὁlἳΝ ἵὁiΝ vἷὄἴiΝ ὅὈἳὈivi,Ν vἶέΝ ώΝ 1έ1έΝ ἑὁἹliἷὄἷΝ ὉὀἳΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝ ἶiΝ ὅἷὀὅὁΝ ὀἷll’ὉὅὁΝ ἷὄὁἶὁὈἷὁΝ ἶiΝ
υ e υ α è impresa ardua ma che esula dai limiti di questo studio (vd. GROSSE 1891: 11,
ALLAN 2003: 102, RIJKSBARON 20063: 150 n.1).
51
ἠἷἹliΝἷὅἷmpiΝἶiὄἷὈὈἳmἷὀὈἷΝἵὁmpἳὄἳἴiliΝἓὄὁἶὁὈὁΝὉὅἳΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈέΝ υ Ν(Ia) e questo
depone contro la genuinità di υ α (1ἴ),Ν ἵὁmplἷὈἳmἷὀὈἷΝ iὅὁlἳὈὁΝ ἳll’iὀὈἷὄὀὁΝ ἶἷlΝ
paradigma omerico: può perciò trattarsi di una forma metricamente indotta. In effetti
notiamo che υ α Ν(1b) è metricamente sostituibile con υ Ν(ἘἷὅέΝTh. 389)
solo a prezzo di una fine di parola dopo un biceps costituito da un elementum longum,
soluzione che Omero tende a evitare.
ἑiὁὀὁὀὁὅὈἳὀὈἷΝl’ἳὀἳliὅiΝ ὅiὀὈἳὈὈiἵὁ-semantica ci permette di interpretare υ α
(1b) come medio affettivo di proprietà (cfr. § 2.6 πυ Ν Ν υ ).
Dal punto di vista diacronico osserviamo che nelle Storie ilΝ mἷἶέΝ υ αΝ
pὄἷvἳlἷΝlἳὄἹἳmἷὀὈἷΝὅὉll’ἳὈὈέ υ ,ΝὅiἵἵhὧΝὨ probabile che il verbo, in origine activum
tantum, abbia iniziato già in epoca omerica quella lenta evoluzione verso il medio che in
Erodoto è pienamente realizzata e che è dovuta verosimilmente anche alla pressione
analogica proveniente dal nutrito gruppo di verbi medi indicanti Ὁὀ’attività mentale, tra
i quali figὉὄἳὀὁΝ ἳlἵὉὀiΝ ὅiὀὁὀimiΝ ἶiΝ υ ή - ἵὁmἷΝ α ,Ν α ,Ν α ,Ν
α α έΝ
2.13
52
(1a) Od. 14.323 (= 19.293)
αΝ Ν α ’Ν αΝ υ α α ’ υ
“ἷΝmiΝmὁὅὈὄὁΝlἷΝὄiἵἵhἷὐὐἷ,ΝὃὉἳὀὈἷΝἡἶiὅὅἷὁΝὀἷΝhἳΝὄἳἵἵὁlὈἷ”
cfr. Il. 3.452, 7.184, 10.476, 13.244, 19.332, HH. 2.474, 31.19, Hes. Op. 502, 526, 612
83
Da ὄiἵὁllἷἹἳὄἷΝ ἷὈimὁlὁἹiἵἳmἷὀὈἷΝ ἳΝ Ν (Od. 1ἆέ1ἀ1,Ν ἀίέ1λἅ),Ν Ν (Od. 3.41),
Ν(Od. 1ηέ1ηί),Ν α Ν(Il. 15.86, Od. 1ἆέ111,Νἀἂέἂ1ί),Ν α α Ν(Od. ἅέἅἀ),Ν Ν
(Il. λέἀἀἂ),Ν α Ν(Il. 4.4, 9.671, 22.435), vd. CHANTRAINE 1948-1953: I 303 n. 3, 433-434. JANSON
1868: 7-8 confonde i due participi. I rapporti etimologici intercorrenti tra le due famiglie lessicali sono
complessi: Ν pὄὁviἷὀἷΝ ἶἳΝ iἷέΝ *d - “mὁὅὈὄἳὄἷ” (vd. LIV2 109 n. 7 s.v. 1.* -, DELG 246 s.v.
, EDG 309 s.v. υ ), ma le altre forme, la cui interpretazione morfologica è dibattuta, sono
state ricollegate alternativamente a ie. *d - “ἳἵἵἷὈὈἳὄἷ,Ν ὄiἵἷvἷὄἷ” (vd. TICHY 1976, LIV2 109-111 s.v.
1.* -, GARCÍA RAMÓN 2004a: 504-506, DELG 259 s.v. α α , EDG 308 s.v. α) o
ancora a *d - “mὁὅὈὄἳὄἷ” (vd. FORSSMANN 1978). Per i nostri fini il problema è relativo: ῠ ,Ν
,Ν , , α , α α, , α sono tutti
rigὁὄὁὅἳmἷὀὈἷΝ mἷἶiΝἷΝὃὉἷὅὈὁΝὨΝὅὉἸἸiἵiἷὀὈἷΝpἷὄΝiὀvὁἵἳὄἷΝὉὀ’ἳὐiὁὀἷΝἳὀἳlὁἹiἵἳΝ ἶiΝ ῠ “ἳἵἵὁἹliἷὄἷ,Ν
ὅἳlὉὈἳὄἷ”ΝὅὉΝ ῠ “iὀἶiἵἳὄἷ”ΝiὀΝὅiὀἵὄὁὀiἳΝὁmἷὄiἵἳέ
53
ἵὁὀὅἷὅὅὁΝ ἶἷἹliΝ ἶἷiΝ pὄἷὅiἷἶὉὈὁΝ ἶἳΝ ZἷὉὅ,Ν ἷΝ pὄὁpὄiὁΝ ἳΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝ ὄivὁlἹἷΝ ὉὀΝ ἵἷὀὀὁΝ ἶiΝ
saluto.
ἥiΝὀὁὈiΝἵhἷΝἳὀἵhἷΝiὀΝὃὉἷὅὈὁΝἵἳὅὁΝὨΝἳmmiὅὅiἴilἷΝἵhἷΝl’ὉὅὁΝἶἷllἳΝἶiἳὈἷὅiΝmἷἶiἳΝὅiἳΝὅὈἳὈὁΝ
favorito dalle forme media tantum (2x),Ν (1x),
(1x),Ν α α (1x),Ν (1x), α Ν(1x) ὅiἹὀiἸiἵἳὀὈiΝiὀΝὅiὀἵὄὁὀiἳΝ“ὅἳlὉὈἳὄἷ”έ
In conclusione ῠ Ν (1ἴ)Ν ὨΝ ὉὀἳΝ ἵὄἷἳὐiὁὀἷΝ ἶἷlΝ mἷὈὄὁΝ ἸἳvὁὄiὈἳΝ ἶἳll’ὁmὁἸὁὀiἳΝ
col part. med. ῠ “ἳἵἵὁἹliἷὄἷ,ΝὅἳlὉὈἳὄἷ” (3x), mentre α Ν(ἀἴ) è difendibile
ἵὁmἷΝ mἷἶiὁΝ ὄiἸlἷὅὅivὁΝ iὀἶiὄἷὈὈὁΝ ἷ,Ν ὀἷlΝ ἵὁὀὈἷmpὁ,Ν hἳΝ vἷὄὁὅimilmἷὀὈἷΝ ὅὉἴiὈὁΝ l’iὀἸlὉἷὀὐἳΝ
dei media tantum ,Ν ,Ν ,Ν α α ,Ν ,Ν
α ὅiἹὀiἸiἵἳὀὈiΝ“ὅἳlὉὈἳὄἷ”έ
2.14
84
Alternativamente Νè stato spiegato come Ὁὀ’iὀὀὁvἳὐiὁὀἷΝsecondo la proporzione ΝἈἈΝ Ν=
xΝἈἈΝ ,ΝvἶέΝLIV2 102 n. 2 s.v. 1.*deh1-, DELG 258 s.v. 1 , EDG 322 s.v. 1.
54
(Ia) Hdt. 4.72.4
α Ν α αΝ α Ν Ν Ν ππ υ Ν α α υ Ν Ν π Ν
α Ν α π αΝ Νπα Ν υ
“ἝἷὈὈὁὀὁΝἳiΝἵἳvἳlliΝlἷΝὄἷἶiὀiΝἷΝilΝmorso, tendono le redini in avanti e le legano a
ἶἷiΝἵἳviἵἵhi”
55
Gli esempi iliadici sono semanticamente molto simili l’ὉὀὁΝἳll’ἳlὈὄὁἈΝin tutti e tre i
passi si parla sempre di un cadavere che viene legato e sia in (1a) sia in (2b.1) il corpo
in questione è quello di Ettore trascinato da Achille.
ϊἳΝἡmἷὄὁ,Νpἷὄά,ΝὀὁὀΝὅiἳmὁΝiὀΝἹὄἳἶὁΝἶiΝὄiἵἳvἳὄἷΝὅἷΝl’ὉὅὁΝἵὁὄὄἷὈὈὁΝἶἷlΝvἷὄἴὁΝiὀΝὃὉἷὅὈiΝ
contesti preveda la diatesi attiva o quella media perché l’ὉὀiἵἳΝ ἸὁὄmἳΝ mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝ
sostituiἴilἷ,Ν ἵiὁὨΝ ilΝ mἷἶέΝ Ν (ἀἴέ1), può ὅἷὀὐ’ἳlὈὄὁ ἳvἷὄἷΝ pὄἷvἳlὅὁΝ ὅὉll’ἳὈὈέΝ
* α solo allo scopo di evitare una fine di parola dopo uno spondeo al quarto
metron.
Bisogna quindi affidarsi a Erodoto, che offre numerose attestazioni del verbo in
ἵὁὀὈἷὅὈiΝὅimilἳὄiΝἷΝiὀvἳὄiἳἴilmἷὀὈἷΝἳll’ἳὈὈivo: questo suggerisce che Ν(ἀἴέ1) e
Ν(ἀb.2) siano forme metricamente indotte .85
In conclusione nessuno dei medi epici analizzati è risultato affidabile: il med. aff.
tang. α “lἷἹἳὄἷΝἳΝὅὧ”ΝὨΝpἷὄἵiάΝimpiἷἹἳἴilἷΝἵὁὄὄἷὈὈἳmἷὀὈἷΝὅὁlὈἳὀὈὁΝὃὉἳὀἶὁΝὅiΝpἳὄlἳΝἶiΝ
pezzi di abbigliamento che il soggetto indossa.
2.15
85
Contra JANSON 1868: 7, che difende Ν(ἀἴέ1) come medio riflessivo indiretto.
86
Contra GROSSE 1891: 22, che compara α Νπ Ν(Il. 16.811) a αΝ Ν Ν
(1x), Ν (1x),Ν α Ν Νπ Ν(ἂx),Νπ Ν Ν(1x)έ
56
(1a) HH. 20.1-3
Ἥφα Ν υ Ν Ν αΝ α,
’Ν α αυ π α α
π υΝ α π Ν[…]
“ἝὉὅἳΝ ἵἳὀὁὄἳ,Ν ἵἳὀὈἳΝ ἓἸἷὅὈὁΝ ἶἳll’iὀἹἷἹὀὁΝ Ἰἳmὁὅὁ, || che con Atena dagli occhi
splendenti ha insegnato opere || splendide agli uomini sopra la terra”
cfr. HH. 5.14-15, Hes. Op. 63-64
2.16
57
II. Erodoto non conosce la diatesi media per questo verbo, il quale è attestato 67x
(semplice e composto con π ὺ,Ν αὺ)ΝὁΝἳll’ἳὈὈivὁΝὁΝἳlΝpἳὅὅivὁ.
I due med. om. ὄiἵὁὄὄὁὀὁΝ ἷὀὈὄἳmἴiΝ iὀΝ ἵὁὀὈἷὅὈiΝ iὀΝ ἵὉiΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὨΝ
correntemente attestato sia in Omero sia in Erodoto.
87
Vd. JANSON 1868: 7, CHANTRAINE 1927b: 156.
88
Vd. STAHL 1907: 60, WITTE 1913: col. 2232, MEISTER 1921: 19-20, CHANTRAINE 1948-1953: I 97,
ALLAN 2003: 207-208. HOEKSTRA 1969: 106 aggiunge che l’iὀἸέΝ (2x), attestato sempre al
quarto metron, potrebbe avere favorito la creazione di nella medesima posizione metrica.
DUHOUX 20002: 120, invece, considera il med. stilisticamente connotato come poetico.
58
(IIa) Hdt. 9.77.3
π Ν α Ν Ν αΝ α
“ἳὀἵh’ἷὅὅi,ΝἳlΝlὁὄὁΝὄiὈὁὄὀὁΝiὀΝpἳὈὄiἳ,ΝἷὅiliἳὄὁὀὁΝiΝpὄὁpὄiΝἵὁmἳὀἶἳὀὈi”
cfr. Hdt. 1.68.5, 2.151.3 (2x), ηέλἀέ 1, 9.77.2, 9.77.3
2.17 α ,Ν
89
ἦὉὈὈ’ἳlὈὄὁΝἵhἷΝἸὉὁὄiΝpὁὅὈὁΝὀἷllἳΝpὁἷὅiἳΝἷpiἵἳἈΝὅiΝvἷἶἳΝ e.g. la descrizione di Efesto in Il. 1.595-600 o di
Tersite in Il. 2.216-219.
59
forme medie transitive (1 metricamente sostituibile) ἵhἷΝ ὅiΝ ὅὁvὄἳppὁὀἹὁὀὁΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ
quanto a collocazioni.
II. Nelle Storie sono 169 le ricorrenze totali del verbo (semplice e composto con
πὺ,Ν ὺ,Ν ὺ,Ν ὺ,Ν πὺ,Ν πα ὺ,Ν π ὺ,Ν π ὺ,Ν π ὺ,Ν π ὺ)Ν ἷΝ ὅὁlὈἳὀὈὁΝ ἀἀΝ iΝ mἷἶiέΝ
ἠἷὅὅὉὀἳΝὅὁvὄἳppὁὅiὐiὁὀἷΝὈὄἳΝἳὈὈivὁΝἷΝmἷἶiὁΝἶἳlΝmὁmἷὀὈὁΝἵhἷΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝὨΝimpiἷἹἳὈὁΝ
esclusivamente per segnalare la diatesi passiva.
I quattro medi sospetti si trovano in collocazione con (1) ππ υ , (2) υΝ
oppure (3) ὃὉἳὀἶὁΝilΝvἷὄἴὁΝὅiἹὀiἸiἵἳΝ“pὁὄὈἳὄἷΝviἳ,ΝὄὉἴἳὄἷ”έΝ
Il med. α α α Ν (1ἴ)Ν è iὅὁlἳὈὁΝ ἶiΝ ἸὄὁὀὈἷΝ ἳΝ ἂἁΝ ἷὅἷmpiΝ ἷpiἵiΝ iὀΝ ἵὉiΝ ἸiἹὉὄἳΝ l’ἳὈὈivὁ,
privo di contropartite in Erodoto è semanticamente vuoto: delle quattro categorie di
mἷἶiὁΝ ἶiΝ ἵὉiΝ ἶiὅpὁὀiἳmὁΝ pἷὄΝ iὀὈἷὄpὄἷὈἳὄἷΝ lἷΝ ἸὁὄmἷΝ “ἶiὀἳmiἵhἷ”,Ν l’ὉὀiἵἳΝ ἵhἷΝ ὅἳὄἷἴἴἷΝ
ἳppliἵἳἴilἷΝὃὉiΝὨΝὃὉἷllἳΝἶiΝmἷἶiὁΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἶiΝpὄὁpὄiἷὈὡΝ“ἵὁὀἶὉὄὄἷΝiΝ propri ἵἳvἳlli”,ΝmἳΝ
dal momento che in (1b) Nestore sente Odisseo e Diomede arrivare in sella ai cavalli
sottratti a Reso questa spiegazione decade.
Dal punto di vista metrico α α α Ν(1ἴ)Νpotrebbe in teoria essere rimpiazzato da
* α Ν ὁΝ * ,Ν mἳΝ ὃὉἷὅὈἷΝ ἶὉἷΝ ἸὁὄmἷΝ pὄὁἶὉὄὄἷἴἴἷὄὁΝ ὉὀὁΝ ὅpὁὀἶἷὁΝ ἵὁὀΝ Ἰine di
parola dopo il tempo debole, solitamente evitato. IὀὁlὈὄἷΝiὀΝὈὉὈὈiΝiΝpἳὅὅiΝἳll’ἳὈὈivὁΝiὀΝἵὉiΝ
metricamente sarebbero ammesse entrambe le diatesi – vd. (1a), Il. 10.499, 11.488,
12.62, 12.120, 15.259, 17.614, 23.356-357, 23.514 – l’ἳὈὈivὁΝὨΝὅἷmpὄἷΝpὄἷἸἷὄiὈὁέΝ
In definitiva è quindi molto più probabile che α α α Ν(1ἴ)ΝΝὅiἳΝun medio favorito
dal metro.
60
(2a) Od. 6.82
Ν ’Ν α · α α ’Ν Ν
“ἷΝἸὄὉὅὈάΝpἷὄΝἳὀἶἳὄἷἉΝἷΝἸὉΝὉὀΝὈὄὁὈὈἳὄἷΝἶiΝmὉlἷ”
cfr. Il. 11.562
61
Ancora una volta ilΝ mἷἶiὁΝ ὨΝ ὄἳὄὁΝ ὄiὅpἷὈὈὁΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ (med. 2x vs. att. 8x), sempre
insostituibile metricamente con forme attive corrispondenti e completamente assente
dalle Storie.
Ἔ’ἳὈὈivὁ, al contrario, è preferito ὀἷll’ὉὀiἵὁΝ ἵἳὅὁΝ iὀΝ ἵὉi la metrica tollererebbe
entrambe le diatesi, cioè in (3a-ἴ),Ν ἶὁvἷΝ ὅiΝ ὅὉὅὅἷἹὉὁὀὁΝ l’ἳὈὈέΝ υ α – e non
* υ α ’(α)Ν– e il med. α α.
Nonostante ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimἳΝ ἳὄἹὁmἷὀὈἳὐiὁὀἷΝ mἷὈὄiἵἳΝ ἵhἷΝ pἳὄrebbe schiacciante,
α α (3a-b) e α (3b) possono essere difesi come medi riflessivi indiretti
“ἵὁὀἶὉὄὄἷΝ viἳΝ per sé”Ν ρΝ “ὅὁὈὈὄἳὄὄἷ,Ν ὄὉἴἳὄἷ”Ν (ἵἸὄέΝ α ,Ν φ α ). Ce lo conferma
Platone in un passo chiarissimo: Νπ Ν Ν Ν Γ υ υΝ α Ν Ν
Ν(ἢlἳὈέΝGorg. 484b).
Il med. α α Ν può quindi essere sia affettivo di proprietà (1x) “ἵὁὀἶὉὄὄἷΝ
qualcosa di proprio”Ν– vd. (2b) – sia riflessivo indiretto (2x) “portarsi via”Ν– vd. (3a-b),
(3b). Solo in (1b) tutti i criteri a nostra disposizione hanno messo a nudo l’ἳὄὈiἸiἵiὁὅiὈὡΝ
del med. α α α , che deve quindi essere considerato una Augenblickform ὅἷὀὐ’ἳlὈὄὁΝ
ἸἳvὁὄiὈἳΝἶἳll’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝἶiΝὃὉἷὅὈiΝἳlὈὄiΝἁΝmἷἶi semanticamente giustificabili α Ν
(2b), α αΝ(3a-b), α Ν(3b).
2.18 Ν( ) :: υ α-
90
Vd. GARCÍA RAMÓN 2007, KÖLLIGAN 2007: 135-136.
62
II. In Erodoto la situazione è sensibilmente evolutaἈΝl’ἳὁὄ1. ( ὺ,Ν ὺ,Ν ὺ,Ν πὺ,Ν α ὺ,Ν
πα ὺ,Ν π ὺ)Ν υ (11x) è ormai una rarità, mentre (semplice e composto con
ὺ,Ν π°, ὺ,Ν πὺ,Ν ὺ,Ν α ὺ,Νπα ὺἈΝὈὁὈἳlἷΝηἂx, att. 51x vs. med. 1x) va dotandosi di un
paradigma completo. Dal punto di vista diatetico il medio non esiste e le forme di voce
media sono regolarmente di diatesi passiva.
ἣὉἷὅὈἷΝlἷΝἵiὀὃὉἷΝἵὁllὁἵἳὐiὁὀiΝὁmἷὄiἵhἷΝiὀΝἵὉiΝἳὈὈivὁΝἷΝmἷἶiὁΝὅiΝἳlὈἷὄὀἳὀὁἈΝ(1)Ν Ν
(ἷΝὅiὀὁὀimi),Ν(ἀ)Ν α( ), (ἁ)Ν υΝ(ἷΝὅiὀὁὀimi),Ν(ἂ)Ν , -α (e sinonimi), (5) ,Ν-αέ
63
La situazione descritta – il trascinamento del cadavere di un morto – è estremamente
ricorrente, e, considerando che il ricorre medio 10x ἷΝl’ἳὈὈivὁΝἁηx,ΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝsembra
la diatesi favorita.
In effetti constatiamo che ilΝmἷἶiὁΝὄiἵὁὄὄἷΝiὀΝἵὁὀὈἷὅὈiΝmἷὈὄiἵiΝiὀΝἵὉiΝl’ἳὈὈivὁΝsarebbe
impossibile o sconsigliabile (ma vd. infra per una possibile eccezione) – in (1c)
* α ΝὁΝ* ΝἵὁmpὁὄὈἷὄἷἴἴἷὄὁΝὉὀἳΝἸiὀἷΝἶiΝ pἳὄὁlἳΝἶὁpὁΝὉὀΝ biceps risolto con
una sillaba lunga –; in (1a), Il. 18.156, 18.176, 22.67, 24.417, che avrebbero potuto
ἳἵἵὁἹliἷὄἷΝ ἳὀἵhἷΝ ὉὀἳΝ ἸὁὄmἳΝ mἷἶiἳ,Ν l’ἳὈὈivὁΝ ὨΝ ὅὈἳὈὁΝ ἵὁὀὅἳpἷvὁlmἷὀὈἷΝ preferito; in (1a-
b.1) attivo e medio si susseguono in due versi consecutivi senza una differenza
semantica apparente (sia ’( )Ν ὅiἳΝ υ sono però metricamente
insostituibili).
ἑ’ὨΝpἷὄὁΝlἳΝἶiἸἸiἵὁlὈὡΝpὁὅὈἳΝἶἳΝ(1ἳ-b.2): il med. α , infinito finale-consecutivo
dipendente da , ὨΝ ὅὈἳὈὁΝ ἷviἶἷὀὈἷmἷὀὈἷΝ pὄἷἸἷὄiὈὁΝ ἳll’ἳὈὈέΝ α Ν (ἂxΝ iὀΝ
Hom.) e può essere interpretato sia come medio affettivo di tangenza (sogg. Achille, è la
scelta operata dal traduttore) sia come passivo (sogg. αἈΝ “pἷὄἵhὧΝ ἓὈὈὁὄἷΝ ἸὁὅὅἷΝ
ὈὄἳὅἵiὀἳὈὁ”).
Questo lascia aperta la possibilità che anche tutti gli altri medi siano reali e marcati
come affettivi di tangenza rispetto agli attivi corrispondenti, possibilità a cui noi ci
sentiamo di aderire: in collocazione con (1)Ν Ν (ἷΝ ὅiὀὁὀimi),Ν ἶὉὀὃὉἷ,Ν ὨΝ pὁὅὅiἴilἷΝ
ἳmmἷὈὈἷὄἷΝὉὀ’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝἳὈὈέΝὈὄἳὀὅέΝ“Ὀὄἳὅἵiὀἳὄἷ”ΝήΝmἷἶέΝἳἸἸέΝὈἳὀἹέΝ“ὈὄἳὅἵiὀἳὄἷΝa sé”91.
91
Vd. STAHL 1907: 55.
64
(2b) Od. 4.666
αΝ υ ,Ν α Ν ’Ν Ν υ
“ὈὄἳὈὈἳΝiὀΝmἳὄἷΝlἳΝὀἳvἷ,ΝὅἵἷlὈiΝiὀΝpἳἷὅἷΝiΝmiἹliὁὄi”
In collocazione con (ἀ)Ν α( )Ν ἳὈὈivὁΝ (33x) e medio (4x) sono impiegati per
descrivere la stessa azione e ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁ non apporta apparentemente nulla dal punto di
vista semantico92: si noti infatti che in (2a-b) l’ἳὈὈέ ,Νliberamente preferito a
* ’(α), è seguito dal med. υ α α, che può essere invece metricamente
93
indotto .
χlΝ ἵὁὀὈὄἳὄiὁΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅiΝ ὈὄὁvἳΝ ὅpἷὅὅὁΝ iὀΝ lὉὁἹhiΝ ἶἷlΝ vἷὄὅὁΝ ἵhἷΝ iὀΝ ὈἷὁὄiἳΝ pὁὈὄἷἴἴἷὄὁΝ
accogliere anche una forma media, vd. (2a), Il. 2.152, 2.165 (= 2.181), 9.683, 14.97,
14.106, Od. 3.153, 4.577, 5.261, 8.34, 10.423, 11.2, 16.348, Hes. Op. 631, 671-672,
817-818.
Infine le Storie (ἙἙἳ)ΝὁἸἸὄὁὀὁΝpἳὅὅἳἹἹiΝpἷὄἸἷὈὈἳmἷὀὈἷΝὅὁvὄἳppὁὀiἴiliΝiὀΝἵὉiΝl’ἳὈὈivὁΝὨΝ
l’ὉὀiἵἳΝἶiἳὈἷὅiΝimpiegata.
Questo suggerisce che i quattro medi υ α αΝ(2b), υ Ν(2c), ’Ν[…]
α Ν(2d), […] α Ν(2e) siano metricamente indotti, ma ancora una volta
è più prudente ammettere la realtà di questi medi, poiché nei passi in cui ricorrono una
ὈὄἳἶὉὐiὁὀἷΝ“tirare a sé”Ν(mἷἶέΝἳἸἸέΝὈἳὀἹέ)ΝὨΝὅἷmpὄἷΝpὁὅὅiἴilἷέΝἜ’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝἳὈὈέΝήΝmἷἶέΝiὀΝ
(2a-b) è quindi giustificabilἷΝἵὁmἷΝὉὀ’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝfavorita dal metro forma non marcata /
forma marcata.
92
Vd. CHANTRAINE 1927b: 155.
93
HUMBERT 20043: 104 propone una distinzione tra (2a) Ν ’Ν Ν αΝ α α Ν Ν Ν αΝ ῖα
e (2a-b) π αΝ Ν Ν υ α αΝ α Ν π α ΝiὀΝὃὉἷὅὈiΝὈἷὄmiὀiἈΝ«ἵ’ἷὅὈΝὉὀἷΝimἴἳὄἵἳὈiὁὀΝquelconque ὃὉ’ilΝ
[= Agamennone] enverra dans le premier cas,ΝὈἳὀἶiὅΝὃὉἷ,ΝἶἳὀὅΝlἷΝὅἷἵὁὀἶ,ΝilΝὅ’iὀὃὉiὨὈἷΝpersonnellement de
ses forces navales».
65
(3a-b) Il. 21.174-176
’Ν π Ν α ·Ν ’Ν αΝ Ν Ν
α ’Ν Ν ῖ Ν α πα ῃ.
Ν Ν Νπ Ν α α α Ν
“ἴἳlὐάΝἸὉὄiἴὁὀἶὁΝὅὉΝlὉiΞΝἷΝὃὉἷllὁΝilΝἸἳἹἹiὁΝἶ’χἵhillἷΝ|| non riusciva a strappar dal
pendio con la mano robusta: || lὁΝὅἵὁὅὅἷΝὈὄἷΝvὁlὈἷ,ΝvὁlἷὀἶὁΝὅὈὄἳppἳὄlὁ”
94
In Il. 4.213-ἀ1ἂΝα αΝ ’Ν Ν Ν Ν Ν ·Ν||Ν ’Ν Νπ Ν Ν Ν
ΝilΝpἳὄὈέ potrebbe essere a rigore interpretato sia come un genitivo assoluto con verbo
ἳlΝ mἷἶiὁΝ “ἶiὀἳmiἵὁ”Ν ἷΝ ὅὁἹἹἷὈὈὁΝ ἝἳἵἳὁὀἷΝ ( ) sia come participio con valore aggettivale e di diatesi
passivo concordato con [= ] e dipendente da . La seconda interpretazione è sicuramente
più lineare dal punto di vista grammaticale e perciò è quella accolta qui (vd. CHANTRAINE 1948-1953: II
181).
95
Vd. ELLENDT 1861: 14 «so dürfte nur mit Mühe ein Unterschied nachgewiesen werden zwischen Φ 175
α ’Ν ῖ α und 200 α, α ῖ α ». Vd. anche CHANTRAINE
1927b: 155.
66
(4b) Il. 11.582-583
[…]Να αΝ Ν
’ π’Ν υπ ,Ν α Ν Ν Ν Ν
“ὅὉἴiὈὁΝl’ἳὄἵὁΝ|| tese contro Euripilo, di freccia lo colse alla coscia”
In questa serie si ripropone la situazione osservata nella collocazione con (3) υΝ(ἷΝ
sinonimi): la scenἳΝἶἷll’ἷὄὁἷΝἵhἷΝiὀἵὁἵἵἳΝlἳΝἸὄἷἵἵiἳΝἷΝὈiὄἳΝlἳΝἵὁὄἶἳΝἶἷll’ἳὄἵὁΝὨΝἸὁὄmὉlἳὄἷ,
sicché, sulla base dei tre passi erodotei (IVa) ἵὁὀΝvἷὄἴὁΝἳll’ἳὈὈivὁ, si potrebbe credere
che i medi omerici siano ὀὉllἳΝpiὶΝἶiΝὉὀ’ἳlὈἷὄὀἳὈivἳΝmἷὈὄiἵἳΝἳll’ἳὈὈivὁ96.
Stavolta però la prova della libertà di scelta tra attivo (non marcato) e medio
(marcato) è evidente: in (5b) ἵ’Ὠ ’( )97 e non Ν(ἀxΝiὀΝἘὁmέ), il che assicura
che il medio affettivo – ἶiΝ ὈἳὀἹἷὀὐἳΝ “ὈἷὀἶἷὄἷΝ l’ἳὄἵὁΝ ὈiὄἳὀἶὁlὁΝ a sé”Ν o di proprietà
“ὈἷὀἶἷὄἷΝilΝproprio ἳὄἵὁ”Ν(ὅὁlὁΝiὀΝ(ἂἴ)ΝpὁiἵhὧΝiὀΝ(ἂἵ)ΝἦἷlἷmἳἵὁΝὈἷὀἶἷΝl’ἳὄἵὁΝἶiΝἡἶiὅὅἷὁ)Ν
– ὨΝiὀΝἡmἷὄὁΝiὀΝliἴἷὄἳΝἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝἵὁὀΝl’ἳὈὈivὁέΝ
Ἔ’ἳὀἳliὅiΝ mἷὈὄiἵἳΝ ἵiΝ ἶiἵἷΝ ἵhἷΝ i due versi tratti dagli Inni omerici costituiscono
evidentemente la coniugazione di una formuala e collocano ΝἳlΝὃὉiὀὈὁΝmetron, un
luogo del verso che privilegia i dattili: questo suggerisce che la forma media sia stata
indotta dalla sede metrica.
Anche in questo caso, però, non è possibile escludere che il medio sia reale sulla
ἴἳὅἷΝ ἶἷll’ἳὀἳliὅiΝ ὅiὀὈἳὈὈiἵὁ-ὅἷmἳὀὈiἵἳἈΝ l’ἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ spiegare le vele prevede che il
marinaio le sciolga e tiri la corda a sé, perciò un medio affettivo di tangenza è in ordine.
96
Vd. CHANTRAINE 1927b: 155.
97
Esiste anche anche la lectio facilior έ
67
Si confronti il sintagma sinonimo col verbo ,ΝἵhἷΝiὀΝἓὄὁἶὁὈὁΝὄiἵὁὄὄἷΝὅὁlὁΝἳlΝmἷἶiὁΝ
in questo contesto: Hdt. 6.14.2 Ν α,Ν ἘἶὈέΝ ἆέηἄ αΝ ,Ν ἘἶὈέΝ
8.94.1 αΝ έ Anche in questo caso il med. α Ν ὨΝ ἳἸἸἷὈὈivὁΝ ἶiΝ
tangenza, anche se il punto di vista è diverso rispetto a quello di : α Ν
vἳlἷΝ“iὅὅἳὄἷΝlἷΝvἷlἷΝ(ὈiὄἳὀἶὁΝlἳΝἵὁὄἶἳΝ a sé)”,Ν αΝ αΝ“ἳlὐἳὄἷΝle vele sopra di
sé”έ
In conclusione in tutte e cinque le collocazioni esaminate è sempre possibile
ἳmmἷὈὈἷὄἷΝ ἵhἷΝ l’ἳὈὈivὁΝ (ὀὁὀΝ mἳὄcato) sia in libera alternanza col medio affettivo di
tangenza (24x), interpretabile anche come medio affettivo di proprietà (6x) con (ἁ)Ν υΝ
(ἷΝ ὅiὀὁὀimi),Ν (ἂ)Ν , -α (e sinonimi): di conseguenza tutti i medi analizzati sono
linguisticamente reali.
2.18a
Ν“ὈὄἳὈὈἷὀἷὄἷ”, derivato con suffisso - - di (cfr. ΝἈἈΝ - - )98, ha
ὅiἳΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝilΝmἷἶiὁΝ(Il. 12.285 α ) transitivi:
a. att. “ὈὄἳὈὈἷὀἷὄἷ,ΝἸἷὄmἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. ἀ1έἅ,ΝἘἶὈέΝἂέ1ἀηέη)Ν||Ν“ὈἷὀἷὄἷΝlὁὀὈἳὀὁ”Ν
+ acc. (Il. 18.126, Soph. Tr. 121);
b. med. α “Ἰἷὄmἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 12.285).
I. Nei poemi omerici il verbo ricorre 84x (semplice e composto con πὺ,Ν α ὺ)ΝἷΝλxΝ
presenta la forma medio-passiva: 8x la diatesi è passiva, 1x media. ἣὉἷὅὈ’ὉὀiἵἳΝἸὁὄmἳΝ
media α Ν(Il. 1ἀέἆη,ΝmἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝὅὁὅὈiὈὉiἴilἷ),ΝἵὁmplἷὈἳmἷὀὈἷΝiὅὁlἳὈἳΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝ
ἶἷlΝpἳὄἳἶiἹmἳ,ΝὨΝὈὄἳὀὅiὈivἳΝἷΝἸἳΝἵὁὀἵὁὄὄἷὀὐἳΝἳll’ἳὈὈivὁέ
II. Erodoto attesta il verbo solo 5x (1x πὺ)Ἀ 4x la diatesi è attiva e 1x passiva.
Vediamo ora contrastivamente il verso in cui compara α e un altro passo
ὈὄἳὈὈὁΝἶἳll’Iliade ἵὁὀΝvἷὄἴὁΝἳll’ἳὈὈivὁέ
98
Vd. DELG 358 s.v. . Contra EDG 466 s.v. , che ricollega questo presente a υ αέ
68
frequente ὀἷll’ἷpiἵἳ. In questo caso Omero può dunque aver favorito una forma dattilica
per ragioni puramente metriche.
ἑiὁὀὁὀὁὅὈἳὀὈἷΝ l’ἳὀἳliὅiΝ ὅἷmἳὀὈiἵἳΝ ὀὁὀΝ pἷὄmἷὈὈἷΝ ἶiΝ ἵὁὀἶἳὀὀἳὄἷΝ ὃὉἷὅὈὁΝ mἷἶiὁἈΝ
α Ν(1ἴ)ΝpὉάΝiὀἸἳὈὈiΝἷὅὅἷὄἷΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἶiΝὈἳὀἹἷὀὐἳΝ“ὈὄἳὈὈἷὀἷὄἷΝlontano da sé”έ
Come in altri casi già visti (cfr. e.g. ,Ν φαφ α α ,Ν α ,Ν
),ΝilΝἵὁὀὈἷὅὈὁΝe il metro hanno quindi cooperato nel creare questo hapax.
2.19
(1b) Il. 1.469 (= 2.432, 7.323, 9.92, 9.222, 23.57, 24.678, Od. 1.150, 3.67, 3.473,
4.68, 8.72, 8.485, 12.308, 14.454, 15.143, 15.303, 15.501, 16.55, 16.480, 17.99,
HH. 3.513)
α Ν π π Ν α Ν Ν
“ἝἳΝὃὉἳὀἶὁΝlἳΝvὁἹliἳΝἶiΝἵiἴὁΝἷΝἴἷvἳὀἶἳΝἵἳἵἵiἳὄὁὀὁ”
cfr. Od. 24.489 ’Ν π φ , HH. 3.499 α Ν π
φ
ἑὁὀΝ ὈὉὈὈἳΝ ἷviἶἷὀὐἳΝ ὅiἳmὁΝ ἶiΝ ἸὄὁὀὈἷΝ ἳΝ ὉὀἳΝ ἸὁὄmὉlἳΝ ἸὁὄmἳὈἳΝ ἶἳll’ἳὁὄiὅὈὁΝ ἶiΝ in
tmesi e dal sostantivo ἵὁllὁἵἳὈἳΝὀἷll’ἳἶὁὀiὁΝἸiὀἳlἷ99.
99
Vd. CHANTRAINE 1927b: 157.
69
Dal punto di vista semantico entrambe le diatesi sono concepibili e la scelta dipende
dalla volontà di chi scrive di rimarcare o meno la sfumatura di affettività: quindi o
“mἳὀἶἳὄἷΝviἳΝilΝἶἷὅiἶἷὄiὁ”ΝὁΝ“ἳllὁὀὈἳὀἳὄἷΝda sé il ἶἷὅiἶἷὄiὁ”100.
Metricamente nessuna delle forme attestate è imposta: in ogni singolo caso la diatesi
potrebbe essere cambiata senza alterare lo schema metrico101.
Ciò significa che la scelta diatetica è libera e ἵhἷΝl’ἳὈὈέ Ν(non marcato) e il med.
aff. tang. α Ν(marcato) possono alternarsi liberamente.
2.20
La metrica offre qualche una buona spiegazione per il med. α Ν(1ἴ): come già
si è visto alcuni medi al quarto metron metricamente sostituibili coi corrispondenti attivi
sono preferiti per impedire la fine di parola dopo un biceps realizzato da una sillaba
lungaέΝἜ’ἳὈὈivὁΝὅἷmἴὄἳΝperciò la diatesi da attendersi e in effetti, sebbene (1a) sia
100
Vd. STAHL 1907: 56.
101
Vd. ELLENDT 1861: 14.
70
in linea di principio rimpiazzabile col medio equivalente * α ,Ν ἡmἷὄὁΝἳἶὁὈὈἳΝὃὉiΝ
l’ἳὈὈivὁέ
Ciononostante, è possibile difendere α Ν(1ἴ)ΝἵὁmἷΝmἷἶiὁΝὄἷἵipὄὁἵὁΝvὅέΝl’ἳὈὈivὁΝ
non marcato (così ALLAN 2003: 86 n. 140), cfr. e.g. α ,Ν α + dat..
χὀἵhἷΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimἳΝ ἵὁppiἳΝ miὀimἳΝ ὁἸἸὄἷΝ ἷὅἳὈὈἳmἷὀὈἷΝ ἹliΝ ὅὈἷὅὅiΝ ἷlἷmἷὀὈiΝ ἶiΝ
valutazione già visti, con in più il luogo erodoteo (IIIa) ἵὁὀΝvἷὄἴὁΝἳll’ἳὈὈivὁἈΝὄἷὅὈἳΝpἷὄάΝ
sempre possibile interpretare (3b) come un medio reciproco.
A conti fatti, quindi, le forme medie di soffrono tutte dello stesso
condizionamento metrico, ma per tutte vale la possibilità di porre un med. recip.
α . Ancora una volta metrica e semantica cooperano nella creazione di forme
medie isolate dal punto di vista paradigmatico.
71
2.20a α
α “ἵὁὀὈἷὀἶἷὄἷ”Ν hἳΝ ὉὀὁΝ status diverso rispetto a : è molto meno
attestato e proprio solo della poesia (Hom., Call., AP.) o della prosa di età imperiale
(ἜὉἵέ)έΝἙὀΝἓὄὁἶὁὈὁΝὀὁὀΝἵὁmpἳὄἷΝmἳiέΝἜὁΝὅiΝὈὄὁvἳΝἳll’ἳὈὈivὁΝ“ἵὁὀὈἷὀἶἷὄἷ,ΝliὈiἹἳὄἷ,ΝlὁὈὈἳὄἷ,Ν
ἹἳὄἷἹἹiἳὄἷ”Ν ἵὁὀΝ αΝ ήΝ π Ν + gen. (Il. 1.574) o con dat. (Il. 16.765) e al med.
α α “ἵὁmpἷὈἷὄἷ”ΝἵὁὀΝἶἳὈέ (Il. 23.792)έΝἙὀΝἡmἷὄὁΝἵὁmpἳὄἷΝἂxΝἳll’ἳὈὈivὁΝἷΝ1xΝἳlΝ
medio.
2.21
102
Vd. STAHL 1907: 60.
χὀἵhἷΝ “ἳὄὄivἳὄἷΝ ἳΝ Ὀὄὁvἳὄἷ”Ν pἷὄΝ STAHL 1907: 51, WACKERNAGEL 1926: I 127, DUHOUX 20002: 112,
103
72
imperfetto e aoristo – ἷΝ ὅἷmpὄἷΝ ἳll’ἳὁὄiὅὈὁ (Hdt. 9.26.3, 9.26.5 α, Hdt. 9.28.3
): si tratta in tutti e tre i casi di medi riflessivi indiretti.
Esaminiamo ora le collocazioni epiche con (1) e (2) α dove le due
diatesi coesistono.
104
ἓὅἷmpiΝ ὅimiliΝ iὀΝ ἵὉiΝ lἳΝ ὄiἸlἷὅὅiviὈὡΝ iὀἶiὄἷὈὈἳΝ ὨΝ iὀἶiἵἳὈἳΝ ἶἳlΝ pὄὁὀὁmἷΝ ὄiἸlἷὅὅivὁΝ ἷΝ ὅὁὈὈὁliὀἷἳὈἳΝ ἶἳll’ὉὅὁΝ
della diatesi media sono forniti da KÜHNER 1976-19783: II.1 109, COCK 1981: 8, ALLAN 2003: 114,
RIJKSBARON 20063: 148.
73
Anche in (2a) il medio avrebbe potuto essere adoperato in iunctura ἵὁὀΝl’ἳἹἹἷὈὈivὁΝ
π πα “ὈiὄἳὈὁΝὅὉΝἶiΝὅὧ”,ΝἵhἷΝpὁὅὅiἷἶἷΝἹiὡΝὉὀΝὅiἹὀiἸiἵἳὈὁΝiὀΝὃὉἳlἵhἷΝmὁἶὁΝὄiἸlἷὅὅivὁ,Ν
ma il metro hἳΝἸἳvὁὄiὈὁΝl’impiἷἹὁΝἶἷll’ἳὈὈivὁ.
Infine in Od. 19.403 υ ’,Να Ν Ν ’Ν Ν Ν Ν α Ν|| πα Νπα
φ il med. , favorito dal metro, è stato ἳὀἵhἷΝ iὀἶὁὈὈὁΝ ἶἳlΝ ὅiὀὈἳἹmἳΝ αΝ
α, che occorre sempre al medio (cfr. Od. 19.406 […]Ν ’Ν ’Ν Ν Ν π ,
ἘἶὈέΝ1έ1ίἅέ1Ν α Ν Ν υ ,Ν αΝ Ν α ).
Ricapitolando, quasi tutti i medi epici analizzati – Ν (1b), (2b) – sono
ἹiὉὅὈiἸiἵἳἴiliΝἵὁmἷΝmἷἶiΝὄiἸlἷὅὅiviΝiὀἶiὄἷὈὈiΝiὀἶiἵἳὀὈiΝl’iἶἷὀὈiὈὡΝὈὄἳΝilΝὅὁἹἹἷὈὈὁΝἳἹἷὀὈἷΝἷΝilΝ
ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷἉΝ ὅὁlὁΝ Ν (Od. 19.403) è piuttosto da intendersi come un
pὄὁἶὁὈὈὁΝ ἵὁὀἹiὉὀὈὁΝ ἶἷlΝ mἷὈὄὁΝ ἷΝ ἶἷll’ἳὀἳlὁἹiἳΝ ἷὅἷὄἵiὈἳὈἳΝ ἶἳlΝ ἵὁὁἵἵὁὄὄἷὀὈἷΝ ὅiὀὈἳἹmἳΝ ἳlΝ
mἷἶiὁΝ αΝ αέ
2.22 ,Ν ( )
74
(1a) Il. 13.157
α ,Νπ Ν ’Ν π αΝπ ’Ν Ν
“figlio di Priamo, ἶἳvἳὀὈiΝἳΝὅὧΝὄἷἹἹἷvἳΝlὁΝὅἵὉἶὁΝὈὉὈὈὁΝὄὁὈὁὀἶὁ”
cfr. Il. 4.113, 5.300 (= 17.7), 10.152, 11.527, 13.163, 13.715, 14.11, 14.376, 14.428,
16.107, 18.803, 20.162-163, 20.278
ἓὄὁἶὁὈὁΝhἳΝὅἷmpὄἷΝἷΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁΝὀἷlΝὅiὀὈἳἹmἳΝ ή - π α ὀἷlΝὅἷὀὅὁΝἶiΝ“ἳvἷὄἷ,Ν
pὁὄὈἳὄἷΝlὁΝὅἵὉἶὁ”, sicché (Ia), Hdt. 7.78, 7.79., 7.89.1, 7.91 sono paragonabili a (1a) con
vἷὄἴὁΝἳll’ἳὈὈέΝ ,ΝvὁlὉὈἳmἷὀὈἷΝpὄἷἸἷὄiὈὁΝἳlΝmἷἶέ ’( )Ν(4x in Hom.).
Dal canto loro i medi sarebbero ugualmente sempre metricamente sostituibili Ν
(4x in Hom.) e questo prova che sono stati scelti. In effetti è sempre loro attribuibile una
sfumatura di affettività dal momento che il guerriero tiene in mano il proprio scudo (aff.
prop.).
Il med. α (2b) è giustificabile: poiché si parla delle mani del soggetto, può
essere considerato un medio affettivo di proprietà (“ὈὄἳὈὈἷὀἷὄἷΝlἷΝproprie mἳὀi”)έΝ
ἠἷἹliΝ ἳlὈὄiΝ vἷὄὅiΝ iὀΝ ἵὉiΝ ὄiἵὁὄὄἷΝ l’ἳὈὈivὁΝ ἡmἷὄὁΝ hἳΝ iὀvἷἵἷΝ preferito la diatesi non
marcata e lo ha fatto libero da condizionamenti metrici almeno nel caso di (2a), al
ἵὉiΝpὁὅὈὁΝἳvὄἷἴἴἷΝpὁὈὉὈὁΝimpiἷἹἳὄἷΝ (2x in Hom.)
In conclusione, quindi, i med. om. (1b), (1c) e α (2b) si spiegano bene
come realizzazioni del medio affettivo di proprietà.
75
2.23
Ἔ’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝὈὄἳΝἳὈὈivὁΝἷΝmἷἶiὁΝὅiΝἹiὉὅὈiἸiἵἳΝpiἷὀἳmἷὀὈἷἈΝl’ἳὈὈivὁΝὨΝimpiἷἹἳὈὁΝὃὉἳὀἶὁΝ
chi scaglia la freccia non corrisponde a chi ne raddrizza il tiro – vd. (1a), il cui att.
υ Ν pὄἷvἳlἷΝ ἵὁἷὄἷὀὈἷmἷὀὈἷΝ ὅὉlΝ mἷἶέΝ * ’( ), e Il. 17.632 –, il medio riflessivo
indiretto quando il soggetto si raddrizza da solo il tiro della freccia a proprio vantaggio
– vd. Od. 22.8106.
Ν (1b) può peraltro essere interpretato anche come medio affettivo di
proprietà nel senso che il soggetto raddrizza la propria freccia.
ἑ’ὨΝὉὀἳΝὅὁlἳΝἷἵἵἷὐiὁὀἷἈΝiὀΝIl. 23.871 ·Ν Ν Ν Νπ α ,Ν Ν υ ΝἵiΝ
si aspetterebbe un medio poiché Teucro indirizza la propria freccia. In questo caso l’ἳὈὈ.
υ Ν(non marcato) è stato probabilmente favorito dalla posizione metrica.
106
Ciononostante MEISTER 1921: 19-20 e CHANTRAINE 1948-1953: I 97 suggeriscono che il med. Ν
(1b) sia dovuto anche al contesto metrico.
76
(2a) Il. 23.317
αΝ Ν Ν
“ὄἷἹἹἷΝlἳΝὄἳpiἶἳΝὀἳvἷ,ΝὅὃὉἳὅὅἳὈἳΝἶἳiΝvἷὀὈi”
cfr. Od. 5.255, 9.78 (= 14.256), 11.10 (= 12.152), 12.81-82, HH. 3.418-421
Ἔ’ἳὈὈivὁΝὅἷmἴὄἳΝlἳΝἸὁὄmἳΝὀὁὄmἳlἷἈΝὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝiὀΝἓὄὁἶὁὈὁΝἷΝὀἷll’ἷpiἵἳΝὨΝἶiΝἹὄἳὀΝlὉὀἹἳΝ
la diatesi più frequente (att. 8x vs. med. 1x).
ἙὀΝpἳὄὈiἵὁlἳὄἷ,Νὀἷll’ὉὀiἵὁΝἵἳὅὁΝiὀΝἵὉiΝlἳΝmἷὈὄiἵἳΝpἷὄmἷὈὈἷὄἷἴἴἷΝἶiΝὅἵἷἹliἷὄἷΝὈὄἳΝle due
diatesi, e cioè iὀΝ(ἀἳ),ΝὈὄὁviἳmὁΝl’ἳὈὈέΝ e non il med. * ’(α )έ
Nondimeno, sulla scorta del medio di (1b), è possibile intendere (2b) sia
come ὄiἸlἷὅὅivὁΝ iὀἶiὄἷὈὈὁΝ (“si ἹὉiἶἳvἳΝ lἳΝ ὐἳὈὈἷὄἳ”)Ν ὅiἳΝ ἵὁmἷΝ ἳἸἸἷὈὈivὁΝ ἶiΝ pὄὁpὄiἷὈὡΝ
(“ἹὉiἶἳvἳΝlἳΝpropria ὐἳὈὈἷὄἳ”)107.
77
verosimilmente come medio affettivo di proprietà: Esiodo non ci dice di chi fosse il
ἵἳὄὄὁ,ΝmἳΝὨΝἶiἸἸiἵilἷΝἵὄἷἶἷὄἷΝἵhἷΝὅiἳΝἶiΝpὄὁpὄiἷὈὡΝἶἷll’ἳὉὄiἹἳέ
A conti fatti, quindi, la soluzione che ci pare più ragionevole è considerare
(3b) un medio favorito dal metro, tanto più che ricorre esattamente nella stessa
posizione metrica in cui abbiamo trovato questa forma verbale in (1b) e (2b), dove era
contestualmente giustificabile.
Dunque il med. α Νin (1b), (2b) può essere nel contempo riflessivo indiretto e
affettivo di proprietà, mentre in (3b) è verosimilmente un prodotto del metro.
2.24
108
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: II 179.
78
cfr. Od. 12.402 Ν ’Ν αΝ υ ’Ν α Ν
I versi citati sono notevolmente simili, ciò che indurrebbe a credere che la
variazione diatetica non rifletta una differenza semantica.
ἜἳΝ mἷὈὄiἵἳΝ ὀὁὀΝ ἵiΝ ὨΝ ἶ’ἳiὉὈὁΝ pὁiἵhὧΝ ὈὉὈὈἷΝ lἷΝ ἸὁὄmἷΝ ἳὈὈἷὅὈἳὈἷΝ ὅὁὀὁΝ iὀὅὁὅὈiὈὉiἴiliΝ ἵὁὀΝ
quelle corrispondenti nella diatesi opposta.
Ciononostante tutti i medi attestati sono difendibili come riflessivi indiretti: i
marinai, infatti, noὀΝpὁὅὅὁὀὁΝὅἳlpἳὄἷΝὅἷΝὀὁὀΝpiἳὀὈἳὀὁΝl’ἳlἴἷὄὁ,ΝpἷὄἵiάΝl’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶiὁΝli
individua come beneficiari.
Questa conclusione trova conferma nel fatto che i versi formulari sinonimi di quelli
contenenti il sintagma α,Ν - ,Ν - Ν ἵὁmἷ Od. 4.578 Ν ’Ν Ν
αΝ α αΝ υ Ν ῃ ,ΝOd. 4.781 (= 8.52) Ν ’Ν Ν Ν Ν α αΝ
α ῃ, Od. 11.3 Ν ’Ν Ν αΝ α αΝ α ῃ mostrano senza
eccezione il verbo Ν al medio, che pὉάΝ ἳὀἵh’ἷὅὅὁΝ essere interpretato senza
difficoltà come riflessivo indiretto109.
In definitiva la diatesi attiva in (1a) costituisce la variante non marcata intromessasi
verosimilmente perché favorita dal metro.
ἢἷὄΝὃὉἳὀὈὁΝὄiἹὉἳὄἶἳΝl’ἷpiἵἳΝiΝἶὉἷΝpἳὅὅiΝiὀἶiviἶὉἳὀὁΝlἳΝmἷἶἷὅimἳΝἳὐiὁὀἷἈΝὅiΝpὁὀἹὁὀὁΝ
dei crateri dai quali attingere vino per libare agli dei. Dunque in entrambi i casi il medio
è difendibile come riflessivo indiretto dal momento che il soggetto (beneficiario primo)
109
Affettivo secondo KOWALECK 1887: 13, 22.
79
pὄὁἸiὈὈἳΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝ pἷὄΝ pὁiΝ ἵὁmpiἷὄἷΝ ὉὀΝ ἳὈὈὁΝ ἶiΝ ὁὅὅἷὃὉiὁΝ ἷΝ ὄiὅpἷὈὈὁΝ ὀἷiΝ ἵὁὀἸὄὁὀὈiΝ ἶἷllἳΝ
divinità (beneficiario secondo)110.
ἙὀΝ (ἙἙἳ),Ν iὀvἷἵἷ,Ν l’ἳὈὈivὁΝ ὄἳppὄἷὅἷὀὈἳΝ lἳΝ vἳὄiἳὀὈἷΝ ὀὁὀΝ mἳὄἵἳὈἳΝ iὀΝ ὉὀΝ ἵὁὀὈἷὅὈὁΝ ὅimilἷ,Ν
mentre in (2a), Il. 23.741-745 la situazione è completamente diversa e non potrebbe
ἹiὉὅὈiἸiἵἳὄἷΝl’impiἷἹὁΝἶἷlΝmἷἶiὁέ
In conclusione sia nella collocazione con (1) ,Ν - Ν sia in quella con (2)
α l’ἳὁὄ . med.
1
Νè difendibile come riflessivo indiretto.
2.25 ( π )
( π) “Ἰilἳὄἷ,Ν ἳὅὅἷἹὀἳὄἷΝ ἵὁmἷΝ ἶἷὅὈiὀὁΝ (Ἰilἳὀἶὁ)” hἳΝ ὅiἳΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅiἳΝ ilΝ mἷἶiὁΝ
(Il. 24.525, Od. 1.17, 8.579 π α ,ΝOd. 20.196 π α ) transitivi:
a. att. ( π ) “Ἰilἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Od. 3.208, Hdt. 5.12.2);
b. med. π α , π α “Ἰilἳὄἷ”Ν +Ν ἳἵἵέΝ (Od. 8.579) | + inf. (Il.
24.525).
I. In tutto il nostro corpus epico il verbo è documentato solo nei poemi omerici,
dove ricorre 8x sempre composto con π ὺἈΝἂxΝὨΝἳὈὈivὁΝἷΝἂxΝmἷἶiὁΝ (mai metricamente
sostituibile) senza che alcuna distinzione semantica giustifichi il cambiamento di
diatesi111.
II. In Erodoto il verbo semplice vanta Ὁὀ’ὉὀiἵἳΝἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀἷΝἳll’ἳὈὈέ υ α Ν(Hdt.
5.12.2), il che suggerisce che il medio non sia usato normalmente in prosa.
Qui di seguito verranno analizzate tutte le ricorrenze del verbo per verificare se è
possibile identificare ὉὀἳΝἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝὀἷll’ὉὅὁΝἶἷllἷΝἶὉἷΝἶiἳὈἷὅi ὀἷll’ἷpiἵἳ.
80
“ἝἳΝiΝὀὉmiΝἳἸἸliἹἹὁὀὁΝἹliΝἷὄὄἳἴὁὀἶiΝmὁὄὈἳli,Ν|| e a volte anche ai sovrani filano
ἹἷmiὈi”
A prima vista Omero depone a favore del medio, contraddicendo Erodoto e il suo
unico part. att. υ α (Ia): in effetti in tutti i versi epici le forme verbali sono
mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝ iὀὅὁὅὈiὈὉiἴiliΝ ἵὁὀΝ ὃὉἷllἷΝ ἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈiΝ ὀἷll’ἳlὈὄἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ ὈὄἳὀὀἷΝ il med.
π α Ν(1b.2), in teoria rimpiazzabile con l’ἳὈὈέΝ* π έΝIl verso pare però
calcato su (1b.1), dove abbiamo il med. π α Ν ὀἷllἳΝ ὅὈἷὅὅἳΝ iἶἷὀὈiἵἳΝ pὁὅiὐiὁὀἷΝ
metrica seguito da Ν“ὄὁviὀἳ”,ΝἵhἷΝὄiἵhiἳmἳΝἳΝὅὉἳΝvὁlὈἳΝ Ν“ἹἷmiὈὁ”ΝἶiΝ(1b.2):
ἶὉὀὃὉἷΝl’iὀὈἷὄὁΝὅiὀὈἳἹmἳΝ π α Ν ’Ν (1b.1) deve essere stato alla base di
π αΝ (1b.2).
Smentita la realtà linguistica extra-poetica del medio di (1b.2) la situazione torna in
pἷὄἸἷὈὈὁΝἷὃὉiliἴὄiὁΝἷΝilΝὅὁlὁΝἷlἷmἷὀὈὁΝἶiὅἵὄimiὀἳὀὈἷΝὄimἳὀἷΝl’ἷὄὁἶὁὈἷὁΝ υ α (Ia),
sulla cui base non resta che etichettare i medi omerici come metricamente favoriti.
2.26
81
II. In Erodoto il verbo (semplice e composto con αὺ,Ν π ὺ,Ν αὺ,Ν ὺ,Νπα αὺ,Νπ ὺ,Ν
π ὺ,Ν υ ὺ,Ν π ὺἈΝὈὁὈἳlἷΝ1ίηx,Νmed. 40x) non offre collocazioni in cui attivo e medio
transitivo si sovrappongono e le due diatesi rimangono ben distinte.
Analizzeremo ora le due collocazioni epiche in cui attivo e medio ricorrono
alternativamente: (1) α, (2) α/ .
112
Un esempio simile in cui è evitata la cooccorrenza di medio e pron. rifl. al gen. è citato in § 2.8 φ ,Ν
φ .
82
Per quanto concerne questa seconda collocazione, la testimonianza erodotea (IIa)
non è dirimente poiché descrive la generica azione di portare una punta di freccia,
mentre in Omero si parla specificamente di una lancia portata nel proprio corpo.
Ἔ’ἳὈὈivὁΝ in Erodoto non desta quindi problemi, mentre, a rigore, in Omero ci si
aspetterebbe il medio affettivo di tangenza. Questo è attestato solo in α Ν(2b)113,
iὀΝ ὈἷὁὄiἳΝ mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝ ὅὁὅὈiὈὉiἴilἷΝ ἵὁὀΝ * α ,Ν mἷὀὈὄἷΝ iὀΝ Ν (2a) si ha una
forma attiva (non marcata) favorita dal metro.
In definitiva i medi epici α (1b) e α Ν(ἀἴ) sono il primo affettivo di
proprietà (e ὅiΝὀὁὈiΝl’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝ αΝ α Νvs. ’Να Ν αΝ ), il secondo
affettivo di tangenza.
2.27
113
Riflessivo indiretto per CHANTRAINE 1948-1953: II 177.
83
(Ia) Hdt. 7.161.3
Ν α Ὅ Ν π π Ν αΝ Ν φ Ν Ν Ν π αΝ αΝ Ν
α α α α Ν
“χὀἵhἷΝἡmἷὄὁ,ΝilΝpὁἷὈἳΝἷpiἵὁ,ΝἶiἵhiἳὄάΝἵhἷ ἷὄἳΝὉὀὁΝἶiΝὀὁiΝl’ὉὁmὁΝpiὶΝἳἴilἷ,ΝὈὄἳΝ
ὃὉἳὀὈiΝἳὀἶἳὄὁὀὁΝἳΝἦὄὁiἳ,ΝἳΝὅἵhiἷὄἳὄἷΝἷΝἳΝἶiὅpὁὄὄἷΝiὀΝὁὄἶiὀἷΝὉὀΝἷὅἷὄἵiὈὁ”
ÈΝ ὃὉἷὅὈὁΝ l’Ὁὀico passo fra quelli citati in cui Omero ha voluto marcare questa
sfumatura e il medio è stato adoperato a questo scopo; in tutti gli altri passi omerici e
nel luogo delle Storie (Ἑἳ),Ν iὀvἷἵἷ,Ν l’ἳὈὈέΝ Ν – che almeno in Il. 2.727 la metrica
prova essere stato volutamente preferito al medio metricamente equivalente:
per * α ’( ) – ha il significato non mἳὄἵἳὈὁΝἶiΝ“disporre iὀΝὁὄἶiὀἷ”115.
2.28
116
“ἳppἷὀἶἷὄἷ” oppone attivo transitivo / medio intransitivo ( ᾰ α)
o transitivo (Hes. Op. 629 α α ):
a. att. “ἳppἷὀἶἷὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 7.83, Aristoph. Ach. 58);
b. med. [a] intrans. ᾰ α “ἷὅὅἷὄἷΝἳppἷὅὁ,ΝἷὅὅἷὄἷΝὅὁὅpἷὅὁ,Νpἷὀἶἷὄἷ”Ν(Il. 15.21,
Hdt. 1.34.3) [b] trans. α α “ἳppἷὀἶἷὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(ἘἷὅέΝOp. 629).
I. In Omero Νe ᾰ α Νricorrono 9x ( Νsemplice e composto
con αὺ 1x, π ὺ 1x,Ν πα αὺ 1x) e i 2 soli medi sono forme di ᾰ α (Il. 15.18,
15.21 ). La distribuzione diatetica è perciò perfetta – Ν trans. /
ᾰ α Ν intrans. – ἷΝ iὀὈἳἵἵἳὈἳΝ ὅὁlὈἳὀὈὁΝ ἶἳll’ἳὁὄ . med. trans.
1
α α (Hes. Op.
629, metricamente insostituibile),ΝἵhἷΝὨΝὉὀἳΝἸὁὄmἳΝἳὀὁmἳlἳΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝἶἷlΝpἳὄἳἶiἹmἳ e
mal si distingue dalle forme attive117.
II. In Erodoto tra ° Νe ᾰ α Ν abbiamo 21 attestazioni complessive
(semplici e composti con αὺ,Ν π ὺ,Ν π ὺ,Ν α αὺ)ἈΝ viἹἷΝ lἳΝ ὄipἳὄὈiὐiὁὀἷΝ ἶiἳὈἷὈiἵἳΝ
ΝὈὄἳὀὅέΝήΝ ᾰ α Ν(11x) intrans., dunque il medio transitivo è assente.
Confrontiamo ora α α Ν (ἘἷὅέΝ Op. 629) con alcune forme ricorrenti in
contesti simili tratte da Omero e dalle Storie.
114
Contra CHANTRAINE 1948-1953: II 177 che vede in Ν(1ἴ) un medio riflessivo indiretto.
115
Pace STAHL 1907: 60, che non vede differenze semantiche fra (1b) e le altre forme
attive del verbo.
116
Tratto ἶἳll’ἳὁὄ1. trans. α αΝ “ἳppἷὅi”Ν (pἹὄέΝ * ma -n - ←Ν ἳὁὄέΝ *krema-s- ←Ν iἷέ m 2-
m 2-ˊ, cfr. ved. cong. ś amat), ὅὁὅὈiὈὉiὅἵἷΝilΝpὄἷὅἷὀὈἷΝὈὄἳὀὅiὈivὁΝpiὶΝἳὀὈiἵὁΝ Ν (vd. LIV2 337-338
s.v. * m 2-, DELG 558 s.v. , EDG 775 s.v. υ ).
117
Vd. JANSON 1868: 11 « α α […]ΝἳἵὈiviΝiὀὅὈἳὄΝἵὁllὁἵἳὈὉmΝἷὅὈ»έ
84
“ἷΝἳppἷὅἷΝἳΝὉὀΝἵhiὁἶὁΝlἳΝἵἷὈὄἳΝὅὁὀὁὄἳ”
cfr. Il. 8.19, Od. 1.439-440, HH. 3.8
2.29
118
In Od. 8.35-36 α π α || α l’ἳὁὄ1. med. deve
avere valore passivo come è suggerito dal confronto con Od. 8.48 α
π α, dove figura un inequivocabile aor. in - - (vd. KOWALECK 1887: 4, CHANTRAINE
1948-1953: II 181). Ciononostante stupisce che in Od. 8.36 non sia stata impiegata la forma di aor. in - -
,ΝpἷὄἸἷὈὈἳmἷὀὈἷΝὅὁvὄἳppὁὀiἴilἷΝἶἳlΝpὉὀὈὁΝἶiΝviὅὈἳΝmἷὈὄiἵὁΝἳΝ : che questo medio vada
ἶὉὀὃὉἷΝiὀὈἷὄpὄἷὈἳὈὁΝἵὁmἷΝὉὀΝὄiἸlἷὅὅivὁΝἶiὄἷὈὈὁΝ“ὅἷpἳὄiὀὁΝὅἷΝὅὈἷὅὅiΝ(scil. ἶἳἹliΝἳlὈὄi)”ς
85
(1a) Il. 1.309
Ν ’Ν αΝ Ν[…]Ν
“ὅἵἷlὅἷΝvἷὀὈiΝἳΝὄἷmἳὄἷ”
cfr. Il. 6.188, Od. 4.666, 9.90 (= 10.102), 9.195, 14. 217-218
Due soli sono gli esempi epici in cui la scelta tra attivo e medio è svincolata dagli
obblighi del metro, cioè (1a) e (1b). Nel primo passo Agamennone sceglie venti uomini
da imbarcare come rematori sulla nave destinata a riportare Criseide da suo padre e
decide che a guidarla sia Odisseo (vd. Il. 1.311): il re di Micene non partecipa alla
missione e ὈὄὁviἳmὁΝ l’ἳὈὈέΝ Ν (1ἳ)έΝ ἠἷlΝ ὅἷἵὁὀἶὁΝ pἳὅὅὁ,Ν iὀvἷἵἷ,Ν χὀὈiὀὁὁ,Ν vἷὀὉὈὁΝ ἳΝ
ἵὁὀὁὅἵἷὀὐἳΝἶἷllἳΝpἳὄὈἷὀὐἳΝἶiΝἦἷlἷmἳἵὁΝἶἳΝἙὈἳἵἳ,ΝἶἷἵiἶἷΝἶiΝpὄἷpἳὄἳὄἹliΝὉὀ’imἴὁὅἵἳὈἳΝpἷὄΝ
quando ritornerà e sceglie perciò venti uomini che lo accompagnino (vd. Od. 4.669-
672): lui stesso guida la spedizione e Omero adopera in questo caso il med. α ’( )Ν
(1f).
Da queste considerazioni emerge che la scelta tra attivo e medio nella sua massima
pregnanza è governata dal seguente principio: se chi sceglie i compagni resta poi al di
fuori del gruppo si richiede la diatesi attiva, se invece entra a farne parte la diatesi è
media. Dunque il medio è riflessivo indiretto e sottolinea il beneficio che il soggetto
agente trae dalla sua azione, dal momento che questi, una volta effettuata la scelta degli
uomini, si aggrega a loro e ne condivide le sorti120. Ovviamente anche Agamennone in
(1ἳ)ΝὈὄἳἷΝἴἷὀἷἸiἵiὁΝἶἳll’ἳὐiὁὀἷΝἵhἷΝἵὁmpiἷΝἶἳlΝmὁmἷὀὈὁΝἵhἷΝlἳΝmiὅὅiὁὀἷΝpἷὄmἷὈὈἷὄὡΝἶiΝ
scacciare la peste dal campo acheo, ma Omero preferisce in questo non esprimere
ἸὁὄmἳlmἷὀὈἷΝὃὉἷὅὈἳΝὅἸὉmἳὈὉὄἳΝἷΝpἷὄἵiάΝimpiἷἹἳΝl’ἳὈὈέ .
Questa spiegazione calza perfettamente per (1d), (1f) e α α (1e),
ma anche Ν(1ἵ), (1g) sono semanticamente giustificabili come medi riflessivi
indiretti poiché il soggetto compie comunque una scelta che va a suo vantaggio.
119
Non consideremὁΝὀἷll’ἳὀἳliὅiΝἘἷὅέΝἸὄέΝ1ἂ1έἀἀΝἝἷὄἽἷlἴἳἵh-ἩἷὅὈΝπ ] Ν ’Ν α Ν α ΝἶἳlΝmὁmἷὀὈὁΝ
che il contesto è estremamente lacunoso.
120
Vd. ALLAN 2003: 109.
86
(Ia.1) Hdt. 3.17.2
υ υ π α υ αυ α
π , π υ π π α α
“ἤiἸlἷὈὈἷὀἶὁΝ ὅὉΝ ὈἳliΝ pὄὁἹἷὈὈi,Ν ὅὈἳἴilìΝ ἶiΝ iὀviἳὄἷΝ ἵὁὀὈὄὁΝ iΝ ἑἳὄὈἳἹiὀἷὅiΝ lἳΝ ἸlὁὈὈἳ,Ν
ἵὁὀὈὄὁΝἹliΝχmmὁὀiΝὈὄὉppἷΝὅἵἷlὈἷΝἶiΝἸἳὀὈἷὄiἳ”
The active voice may be used in contexts in which it is clear that the subject
benefits from the action. Clear examples are those in which active and middle
forms are used alternately. If it is inferrable from the context that the action is
performed in the interest of the subject, the use of the middle form is not
ὁἴliἹἳὈὁὄyΝ[…]έ121
121
Vd. anche DUHOUX 20002: 125.
87
ἜἳΝἵὁὅὈἳὀὐἳΝὀἷll’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶiὁ122 è un segno inequivocabile che Erodoto ha voluto
insistere sul coinvolgimento personale di ἝἳὄἶὁὀiὁΝὀἷll’ἳὐiὁὀἷ,Νpἷὄἵiά (Ia.3) è
attivo semplicemente perché la prosa ionica non conosce più l’Ὁὅὁ del medio riflessivo
indiretto per il verbo ἷΝἶἷiΝὅὉὁiΝἵὁmpὁὅὈiΝἵὁlΝὅiἹὀiἸiἵἳὈὁΝἶiΝ“ὅἵἷἹliἷὄἷ”123.
In conclusione tutti i medi omerici sono giustificabili come riflessivi indiretti (6x).
In particolare, confrontando (1a) e (1b), è emerso che nella sua massima pregnanza
l’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶiὁΝiὀἶiἵἳ che chi compie la scelta dei compagni sperimenta poi su di sé le
conseguenza del suo gesto perché fa parte del gruppo che ha creato.
La realizzazione riflessiva indiretta del medio in questo verbo non si ritrova però più
nel greco successivo e le Storie la ignorano.
2.30 ,Ν ῠ
122
ἙlΝ pἳὄὈiἵipiὁΝ ἳὈὈivὁΝ α Ν ὀὁὀΝ pὉάΝ ἵὁὀἸὉὈἳὄἷΝ ὃὉἷὅὈἳΝ ἳὀἳliὅiἈΝ ὨΝ ἵὁllὁἵἳὈὁ infatti tra Νe
α (Hdt. 8.113.3), perciò non è stato impiegato per interrompere la catena di medi riflessivi indiretti
secondo il principio descritto da Allan e appena menzionato, ma semplicemente perché nel significato di
“ὅἵἷἹliἷὄἷ”ΝilΝvἷὄἴὁΝ α Ν(ἀxΝiὀΝἘἶὈέ)ΝὀὁὀΝἵὁὀὁὅἵἷΝilΝmἷἶiὁέ
123
Vd. anche Hdt. 1.70.1, 3.39.4, 6.130.1, 8.123.2, tutti passi col verbo (°) “ὅἵἷἹliἷὄἷ”Ν
ὄiἹὁὄὁὅἳmἷὀὈἷΝἳll’ἳὈὈivὁέ
88
cfr. Il. 3.23, 13.145, 23.428, 23.821, HH. 2.188-189, 5.173-174, Hes. Op. 216, 691, Sc.
426
2.31 π
124
Vd. CHANTRAINE 1927b: 158, SCHWYZER 1990-20056: II 232, ALLAN 2003: 207-208, HUMBERT
20043: 106.
89
La ἶiὅὈiὀὐiὁὀἷΝἶ’ὉὅὁΝὈὄἳΝἳὈὈivὁΝ ἵἳὉὅἳὈivὁΝ(e.g. Eur. Hel. 1131) e medio intransitivo
(e.g. Eur. Med. 1194) è una peculiarità di Euripide125, ma si tratta senza dubbio di una
distinzione artificiale dal momἷὀὈὁΝἵhἷΝl’ἳὈὈivὁΝὨΝἶiΝἹὄἳὀΝlὉὀἹἳΝlἳΝἶiἳὈἷὅiΝpiὶΝἳὈὈἷὅὈἳὈἳΝpἷὄΝ
questo verbo e che il medio si trova sempre e solo in poesia126. Inoltre Euripide è
notoriamente un poeta non nuovo a creazioni verbali127: questa constatazione
delegittima l’opposizione att. trans. caus. π / med. intrans. π α ,Ν ἵhe deve
perciò essere secondaria e non può essere presa in considerazione nella nostra analisi.
Qui di seguito presentiamo quattro coppie minime in cui il verbo occorre in
entrambe le diatesi in identiche collocazioni: (1) α , (2) α , (3) φ /
, (4) / .
90
(3a) Il. 13.474
φ Ν ’Ν αΝ πυ π · […]
“ἹliΝὁἵἵhiΝlἳmpἷἹἹiἳὀὁΝἸὉὁἵὁ”Ν
ϊἳlΝpὉὀὈὁΝἶiΝviὅὈἳΝὅἷmἳὀὈiἵὁΝὀὁὀΝἵ’ὨΝὉὀΝὅὁlὁΝmἷἶiὁΝἵhἷΝpὁὅὅἳΝἷὅὅἷὄἷΝἹiὉὅὈiἸiἵἳὈὁΝἳΝ
partire dalle categorie di cui disponiamo.
ϊ’ἳlὈὄὁΝἵἳὀὈὁΝnel caso di π Νè possibile ammettere che il med. intrans. φα α
(:: ἳὈὈέΝὈὄἳὀὅέΝφα ), un suo quasi-sinonimo, abbia in qualche modo favoὄiὈὁΝl’ὉὅὁΝἶἷllἷΝ
desinenze medie.
91
ϊἳlΝἵἳὀὈὁΝὅὉὁΝἓὄὁἶὁὈὁΝἵiΝmὁὅὈὄἳΝἵhἷΝἳὀἵhἷΝlἳΝpὄὁὅἳΝiὁὀiἵἳΝἵὁὀὁὅἵἷΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁΝpἷὄΝ
questo verbo.
La concordanza dei nostri tre parametri è totale e ci porta perciò a considerare il
med. π α come una creazione esametrica sopravvissuta solo in poesia e poi
ὅἸὄὉὈὈἳὈἳΝἶἳΝἓὉὄipiἶἷΝpἷὄΝἵὄἷἳὄἷΝὉὀ’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝἳὈὈέΝὈὄἳὀὅέΝἵἳὉὅέΝήΝmἷἶέΝiὀὈὄἳὀὅέΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝ
del paradigma di π .
2.32 α ,Ν
92
“di escogitare insieme un piano, affinché potesse celare la nascita del figlio suo,
e far pagare il debito dovuto alle Erinni del padre suo”
2.33 Ν:: π , ° α
128
Vd. KÖLLIGAN 2007: 228, il quale mostra che le collocaziὁὀiΝἶἷll’ἳὁὄέΝ π concordano soprattutto
con quelle del pres. έ
129
Vd. DELG 600 s.v. .
93
II. In Erodoto i due presenti e i due aoristi offrono 1648 attestazioni complessive
(semplici e composti con αὺ,Ν ὺ,Ν π ὺ,Ν αὺ,Ν ὺ,Ν π ὺ, α αὺ,Ν π ὺ,Ν π α αὺ,Ν
π ὺ,Νπ αὺ,Ν υ ὺ)ΝἵὁὀΝἁίἆΝἷὅἷmpi di medio. Quando il verbo vἳlἷΝ“ἶiὄἷ”, però, la
voce media è impiegata esclusivamente per esprimere la diatesi passiva.
Vediamo ora gli esempi in cui le due diatesi occorrono con (1)Ν ΝήΝ α αέΝ
94
8.142.5, 9.7, 9.9.2, 9.11.1, 9.11.2, 9.12.2, 9.13.1, 9.16.5, 9.18.3, 9.21.1, 9.26.1, 9.27.1,
9.34.1, 9.42.4, 9.45.1, 9.45.3, 9.46.1, 9.46.3, 9.48.1, 9.49.1, 9.59.1, 9.60.1, 9.76.1,
9.76.3, 9.78.1, 9.78.3, 9.89.2, 9.89.4, 9.94.3, 9.111.1, 9.111.3, 9.111.5, 9.116.3, 9.122.1
2.33a ΝἈἈΝ α
ἈἈΝ αΝ“raccogliere”ΝhἳΝὅiἳΝl’attivo sia il medio transitivi:
1. att. “ὄἳἵἵὁἹliἷὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Od. 23.239, Pind. Pyth. 8.53);
2. med. α “ὄἳἵἵὁἹliἷὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 8.507).
I. In Omero attivo e medio (1x, metricamente insostituibile) cooccorrono in
collocazione con α.
II. In Erodoto qὉἳὀἶὁΝ ilΝ vἷὄἴὁΝ ὅiἹὀiἸiἵἳΝ “ὄἳἵἵὁἹliἷὄἷ”Ν ὅiΝ ὈὄὁvἳΝ ἀxΝ ilΝ mἷἶiὁΝ iὀΝ ἘἶὈέΝ
ἀέλἂέἀΝ Ν[ α π ]Ν π Ν υ α ,ΝἘἶὈέΝἁέ1ἁίέηΝ α α Ν[…]Ν έ
Vediamo la collocazione con (1) α.
ἐἷὀἵhὧΝ Ν (1ἴ)Ν ὄiἵὁὄὄἳΝ iὀΝ ὉὀΝ lὉὁἹὁΝ ἶἷlΝ vἷὄὅὁΝ iὀΝ ἵὉiΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅἳὄἷἴἴἷΝ
inutilizzabile e Erodoto in un passaggio compἳὄἳἴilἷΝ impiἷἹhiΝ l’ἳὈὈέΝ υ α Ν (Ἑἳ),Ν lἳΝ
ἸὁὄmἳΝmἷἶiἳΝpὉάΝἷὅὅἷὄἷΝἶiἸἷὅἳΝἵὁmἷΝἳἸἸἷὈὈivἳΝἶiΝὈἳὀἹἷὀὐἳΝ“ὄἳἵἵὁἹliἷὄἷΝportando a sé”έ
130
Vd. JANSON 1868: 11, FOURNIER 1946a: 57.
95
2.34
Il confronto con Erodoto non è a favore dei quattro medi omerici, che non hanno
neppure un deciso conforto del metro. Infatti in (1a) è dimostrabile che Omero ha
preferito l’ἳὈὈέΝ Ν ἳl med. * α e questo esempio ha un peso maggiore di
(1ἴ),ΝἶὁvἷΝiὀΝὈἷὁὄiἳΝilΝmἷἶέΝ α ΝἳvὄἷἴἴἷΝpὁὈὉὈὁΝἷὅὅἷὄἷΝὄimpiἳὐὐἳὈὁΝἶἳΝ* :
sappiamo che una simile scelta, che comporterebbe una fine di parola dopo uno spondeo
al quarto metron, non è prediletta da Omero.
131
Vd. JANSON 1868: 12 « α ab activi significatu non abhorrens».
96
ϊ’ἳlὈὄἳΝpἳὄὈἷΝl’ἳὀἳliὅiΝὅἷmἳὀὈiἵἳΝὀὁὀΝὁἸἸὄἷΝἳppiἹliἈΝὈὉὈὈiΝiΝὈipiΝἶiΝmἷἶiὁΝἵὉiΝpὁὅὅiἳmὁΝ
richiamarci si adattano male a questo verbo.
Ἔ’iὀὅiἷmἷΝ ἶiΝ ὃὉἷὅὈiΝ ἷlἷmἷὀὈiΝ induce quindi a considerare α Ν (1ἴ) e
(1c), (1d), (1e) come creazioni esametriche.
2.35
97
I due medi υ α (1b.1), υ (1b.2) sono perciò in ordine e coerentemente
pὄἷἸἷὄiὈiΝἳἹliΝἳὈὈiviΝἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈiΝ (Il. 1ἄέ1ίί)ΝἷΝ* α .
Altrettanto coerentemente impiegati in contesti metrici neutri quanto alla scelta della
diatesi sono gli attivi α α (1a), υ (Il. 23.513): φ in (1a) rende
manifesta la mancata coincidenza tra soggetto agente e beneficiario e in Il. 23.513 è
Stenelo che scioglie i cavalli di Diomede132.
132
Ἔ’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ὈὄἳΝ mἷἶέΝ α Ν e att. Ν + dat. di vantaggio φ Ν (1a) è stata decisiva nel farci
pὄὁpἷὀἶἷὄἷΝpἷὄΝl’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝἶἷlΝmἷἶiὁΝiὀΝὃὉἷὅὈὁΝἵὁὀὈἷὅὈὁΝἵὁmἷΝὄiἸlἷὅὅivὁΝiὀἶiὄἷὈὈὁέΝἑiάΝὀὁὀΝὈὁἹliἷΝἵhἷΝ
iὀΝ mὁlὈiΝἵἳὅiΝlἳΝ mἷἶἷὅimἳΝἸὁὄmἳΝpὁὅὅἳΝὅἷὀὐ’ἳlὈὄὁΝἷὅὅἷὄἷΝἶiἸἷὅἳΝἳὀἵhἷΝἵὁmἷΝ mἷἶiὁΝἳἸἸἷὈὈivo di proprietà
(vd. BRUGMANN 19003: 460, BENVENISTE 1950: 126-127, HUMBERT 20043: 104, TRONCI 2005: 26).
98
ἥiΝὀὁὈiΝiὀΝ(ἁἳ)ΝlἳΝἵὁὁἵἵὁὄὄἷὀὐἳΝἶἷll’ἳὈὈέΝ ΝἷΝἶἷlΝἵὁmplέΝ π ΝἵὁlΝpὄὁὀέΝὄiἸlέΝἳlΝἹἷὀέ,ΝἵhἷΝcostituisce
Ὁὀ’ἳlὈἷὄὀἳὈivἳΝὅἷmἳὀὈiἵἳmἷὀὈἷΝiἶἷὀὈiἵἳΝὄiὅpἷὈὈὁΝἳll’impiἷἹὁΝἶἷlΝmἷἶέΝἳἸἸέΝὈἳὀἹέΝ π υ Ν(ἁἴ)έ
2.36
133
ϊἳΝὀὁὈἳὄἷΝpἷὄάΝἵhἷΝὀἷlΝpἳὄἳἶiἹmἳΝἶἷlΝἵὁmpὁὅὈὁΝ α ,ΝἵὁmplἷὈἳmἷὀὈἷΝἷὅὈὄἳὀἷὁΝἳll’ἷpiἵἳ,ΝilΝmἷἶiὁΝ
è frequente.
99
coniugazione del verbo e, nello stesso tempo, la conservazione della sua posizione
metrica dal momento chἷΝ (7x in Hom.) non può stare in explicit di esametro134.
2.37 ,
La diatesi media non dà problemi nei due passi iliadici (2b), (Il. 9.279) e sottolinea
che ilΝὅὁἹἹἷὈὈὁΝἵὁmpiἷΝl’ἳὐiὁὀἷΝἳΝpὄὁpὄiὁΝvἳὀὈἳἹἹiὁ (med. rifl. indir.): il sintagma nella
sua interezza signiἸiἵἳΝ“ἵἳὄiἵἳὄἷ la nave per sé”. In (1a), invece, ricorre la variante non
mἳὄἵἳὈἳΝἳὈὈέΝ α Ν(“ἵἳὄiἵἳὄἷΝlἳΝὀἳvἷ”)έ
134
Vd. MEISTER 1921: 31 « findet seine Erklärung nur durch den Vers». Vd. anche SCHWYZER
1990-20056: II 232.
135
AllἳΝἴἳὅἷΝἶiΝ può essere l’ἳὁὄ1έΝ α- ρΝ α-, vd. DELG 722 s.v. .
100
ἠὁὀΝ ὨΝ ἶἳΝ ἷὅἵlὉἶἷὄἷΝ pἷὄἳlὈὄὁΝ Ὁὀ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ Ν (1ἴ)Ν ἷΝ α α Ν (Il.
9.279) come medi ἳἸἸἷὈὈiviΝ ἶiΝ pὄὁpὄiἷὈὡΝ (“ἵἳὄiἵἳὄἷΝ lἳΝ propria ὀἳvἷ”), che sarebbe
ugualmente accettabile in questo contesto136.
Erodoto, invece, non impiegando mai Ν ὀἷlΝ ὅἷὀὅὁΝ ἶiΝ “ἵἳὄiἵἳὄἷΝ per sé”,Ν iἹὀὁὄἳΝ ilΝ
medio: nelle Storie,ΝiὀἸἳὈὈi,Νl’ἳὈὈέΝ ΝvἳlἷΝἹἷὀἷὄiἵἳmἷὀὈἷΝ“ἳmmὉἵἵhiἳὄἷ”ΝἷἶΝὨΝὅpἷὅὅὁΝiὀΝ
collocazione con Ν(vd. Hdt. 1.86.2, 2.107.1, 4.164.2, 6.80, 6.97.2, 7.107.2) secondo
un uso che è già omerico (vd. Il. 23.139, 23.163, 23.169, Od. 19.63-64).
2.38
Ν“vἷἶἷὄἷ,ΝἳἵἵὁὄἹἷὄὅi” hἳΝὅiἳΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝilΝmἷἶiὁΝὈὄἳὀὅiὈivi:
a. att. “pensare, ἴἳἶἳὄἷ”Ν+ΝiὀἸέΝ(Il. 5.665,ΝἘἶὈέΝἅέἆέαἀ)Ἁ
b. med α “pἷὀὅἳὄἷ,ΝmἷἶiὈἳὄἷ,ΝὄiἸlἷὈὈἷὄἷ”Ν+Νinf. (Il. 10.501, Soph. OT. 1487).
I. In Omero la proporzione numerica tra attivo e medio è massivamente a favore del
primo: su 144 attestazioni complessive ( Ν semplice e composto con ὺ, π ὺ)
l’ὉὀiἵἳΝἸὁὄmἳΝmἷἶiἳΝὨΝ α (Il. 10.501, metricamente sostituibile), apparentemente
indistinguibile dalle forme attive quanto al senso137. Si tratta evidentemente di
Ὁὀ’ἳὀὁmἳliἳΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝἶἷlΝpἳὄἳἶiἹmἳΝὁmἷὄiἵὁ e va spiegata.
II. Erodoto, per quanto riguarda i tempi interessati da questo studio (pres., impf.,
aor.), ἵὁὀὁὅἵἷΝ ὅὁlὁΝ l’ἳὈὈivὁἈΝ ὅὉΝ ἁἅΝ ὄiἵὁὄὄἷὀὐἷΝ ἵὁmplἷὅὅivἷΝ ( Ν semplice e composto
con ὺ,Ν π ὺ,Ν α αὺ,Ν π ὺ)Ν lἷΝ ἸὁὄmἷΝ ἳὈὈivἷΝ ὅὁὀὁΝ ἁἀ,Ν cui si aggiungono 3 (p)pf. med.-
pass. e 2 aor. in - -.
Fulcro della nostra analisi sarà quindi il med. α Ν(Il. 10.501), completamente
isolato nel paradigma epico e privo di una contropartita in Erodoto.
136
Vd. WACKERNAGEL 1926: I 125.
137
Vd. JANSON 1868: 12 « α […]ΝἳἵὈiviΝpἳὄ»έ
101
(Ia) ἘἶὈέΝἅέἆέαἀ
αΝ Ν υ α,Ν αΝ π Ν π αΝ ῖ
“ἢἷὄΝὃὉἷὅὈὁΝὁὄἳΝviΝhὁΝὄἳἶὉὀἳὈiΝὃὉi,ΝpἷὄΝἷὅpὁὄviΝiΝmiἷiΝpὄὁἹἷὈὈi”
cfr. Hdt. 1.27.1, 1.48.2, 2.150.3, 2.152.3, 3.31.2, 3.134.4, 5.24.2, 5.65.1, 8.97.1, 9.99.1
Dal punto di vista semantico α Ν(1b) non è inquadrabile in una delle tipologie
a nostra disposizione.
ἙὀὁlὈὄἷΝ ὉὀἳΝ ὅὁὅὈiὈὉὐiὁὀἷΝ ἵὁὀΝ Ν (ἅxΝ iὀΝ Ἐὁmέ)Ν ὀὁὀΝ ὨΝ pὄὁἴἳἴilἷΝ perché
provocherebbe una fine di parola dopo un biceps risolto con un elementum longum.
Infine Erodoto non conosce il medio per questo verbo al presente, imperfetto o
aoristo.
ἦὉὈὈiΝ ἷΝ ὈὄἷΝ iΝ ὀὁὅὈὄiΝ ἵὄiὈἷὄiΝ vἳὀὀὁΝ ἶὉὀὃὉἷΝ iὀΝ Ὁὀ’ὉὀiἵἳΝ ἶiὄἷὐiὁὀἷΝ ἷΝ inducono a
considerare α (1b) come una forma favorita dal metro138.
2.39 π ,Ν π
138
Vd. MEISTER 1921: 19-20. BECHERT 1964: 173 (anche n. 1), invece, difende α Ν(1ἴ) come un
arcaismo rispetto al ben più frequente attivo.
139
Probabilmente un errore della tradizione per π ῖ α ,Ν vἶέΝ CHANTRAINE 1948-1953: I 311, 351,
DELG 781 s.v. ὅπ , EDG 1092 s.v. ὅπ .
140
Vd. TRONCI 2005: 130.
102
(1a) Il. 4.344
ππ Ν αῖ αΝ υ Ν φ π α
“ὃὉἳὀἶὁΝἳἹliΝἳὀὐiἳὀiΝἸἳἵἵiἳmὁΝὉὀΝἴἳὀἵhἷὈὈὁΝὀὁiΝχἵhἷi”
cfr. Il. 23.55, Od. 19.418-419, 24.360
2.40 ,Ν
,Ν “Ὀἷὀἶἷὄἷ”ΝὁppὁὀἷΝἳὈὈivὁΝὈὄἳὀὅiὈivὁΝήΝmἷἶiὁΝὄiἸlἷὅὅivὁΝἶiὄἷὈὈὁἈ
a. att. , “Ὀἷὀἶἷὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 15.371, Hdt. 2.2.3);
b. med. α “Ὀἷὀἶἷὄὅi,ΝpὄὁὈἷὀἶἷὄὅi”Ν(Il. 13.20).
I. In Omero entrambi i verbi (2x part. ) ricorrono complessivamente 39x (1x
πὺ),Ν ἀἂΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ ἷΝ 1ηΝ ἳlΝ mἷἶiὁέΝ ἣὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝ ὨΝ ὅἷmpὄἷΝ iὀὈὄἳὀὅiὈivὁΝ ἵὁὀΝ l’ὉὀiἵἳΝ
eccezioni del med. trans. α Ν (Il. 24.506, metricamente insostituibile), che fa
ἵὁὀἵὁὄὄἷὀὐἳΝἳll’ἳὈὈivὁ in collocazione con (1)Ν ῖ α( ).
II. Erodoto impiega solo Ν3x in tutto (1x πὺ,Ν1xΝπ ὺ)ΝἷΝὄiὅpἷὈὈἳΝlὁΝὅἵhἷmἳΝ
oppositivo dal momento ἵhἷΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁΝὨΝὈὄἳὀὅiὈivὁΝ(ἘἶὈέΝἀέἀέἁ)έΝ
ἓὅἳmiὀiἳmὁΝlἳΝἵὁllὁἵἳὐiὁὀἷΝἵὁὀΝ(1)Ν ῖ α( )ἈΝἳΝἸὄὁὀὈἷΝdi 7 vἷὄὅiΝἵὁὀΝvἷὄἴὁΝἳll’ἳὈὈivὁΝ
in un caso ricorre il medio.
103
cfr. Il. 1.351, 22.37, 24.743, Od. 17.366
ἓὄὁἶὁὈὁΝhἳΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁΝiὀΝὃὉἷὅὈἳΝἵὁllὁἵἳὐiὁὀἷ,ΝὀὁὀἶimἷὀὁΝilΝmἷἶέΝ α (1b) è
perfettamente giustificabile: Priamo porta alla sua bocca (π α) la mano di
Achille, perciò il medio è affettivo di tangenza.
In tutti gli altri passi, invece, l’ἳὈὈivo è impiegato senza questa connotazione e il
sintagma ή -( )Ν ῖ α( )ΝvἳlἷΝὅἷmpliἵἷmἷὀὈἷΝ“ὈἷὀἶἷὄἷΝlἳή-e mano/-i”.
2.41
141
Vd. TRONCI 2005: 138-139.
104
Hdt. 9.99.2 Ν αΝ α α ,ΝἶὁvἷΝilΝvἷὄἴὁΝὨΝἵhiἳὄἳmἷὀὈἷΝmἷἶiὁΝἳἸἸἷὈὈivὁ di
tangenza.
Prenderemo in esame anzitutto tre collocazioni con (1) φ α α , (2) ῖ Ν (e
sinonimi), (3) π α in cui attivo e medio coesistono.
ϊἳlΝ pὉὀὈὁΝ ἶiΝ viὅὈἳΝ ὅἷmἳὀὈiἵὁΝ l’ἳὈὈivὁΝ sembra essere la diatesi attesa, come è
confermato da Erodoto (Ia).
Dal punto di vista metrico, invece, notiamo che (1e) ricorre in un luogo
del verso che potrebbe accogliere anche α (Il. 12.341)142. La tendenza dei
participi medio-pἳὅὅiviΝ ἳΝ ὄiἵὁὄὄἷὄἷΝ ἳll’iὀiὐiὁΝ ἶἷlΝ vἷὄὅὁΝ pἷὄΝ lἳΝ lὁὄὁΝ ἵὁmὁἶἳΝ ὅὈὄὉὈὈὉὄἳΝ
dattilica può però spiegare la preferenza qui accordata a (1e), il quale peraltro
può anche essere stato direttamente modellato su (1d), che è invece
metricamente obbligato.
ἑiὁὀὁὀὁὅὈἳὀὈἷΝὀὁὀΝἵ’ὨΝὄἳἹiὁὀἷΝpἷὄΝἷὅἵlὉἶἷὄἷΝὉὀ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝὄiἸlἷὅὅivἳΝiὀἶiὄἷὈὈἳΝἶiΝ
questi medi: il soggetto è individuato come ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝ ἷΝ lἷΝ ἶἷὅiὀἷὀὐe
medie sottolineano formalmente questa sfumatura143.
142
Vd. STAHL 1907: 60.
143
Stessa spiegazione in KÜHNER 1976-19783: II.1 109.
105
(2b) Il. 12.90
ῖ Ν ῃΝ π υ α
“ἳὈὈἷὄὄἳὈἷΝlἷΝmὉὄἳ, battersi intorno alle concave navi”
cfr. Il. 12.418 ῖ Ν α Νπα υ υ
In collocazione con (ἀ)Ν ῖ Ν (ἷΝ ὅiὀὁὀimi) ci sono ben 4 medi che metricamente
ἳmmἷὈὈἷὄἷἴἴἷὄὁΝὉὀἳΝὅὁὅὈiὈὉὐiὁὀἷΝἵὁὀΝl’ἳὈὈivὁΝἷΝἵhἷΝpἷὄἵiάΝvἳὀὀὁΝἹiὉὅὈiἸiἵἳὈiέΝ
Cominciamo da (2b), che ricorre in un luogo del verso che avrebbe
potuto accogliere anche α Ν (Il. 12.341). Il modo più elegante per giustificare
ὃὉἷὅὈὁΝmἷἶiὁΝiὀἳὈὈἷὅὁΝὨΝὄiἵhiἳmἳὄἷΝl’ἳὈὈἷὀὐiὁὀἷΝὅὉllἳΝἸὁὄὈἷΝὅὁmiἹliἳὀὐἳΝὈὄἳΝ Il. 12.418 e
Il. 12.411 ῖ Ν α α Ν πα υ υ έΝ ἙὀΝ ὃὉἷὅὈὁΝ ὅἷἵὁὀἶὁΝ
verso il medio, usato assolutamente, è metricamente insostituibile e ἵhἷΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅiἳΝ lἳΝ
diatesi attesa è garantito congiuntamente da Il. 15.617 ’Ν ’Ν Ν α Ν α αΝ
π Ν α e da Hdt. 6.113.1 α Ν Ν Ν α Ν α α Ν
Ν Ν Ν α α . Dunque, se si ammette che α non è un medio reale,
basta ipotizzare che Il. 12.418 sia stato modellato su Il. 12.411 per spiegare perché
(2b) abbia prevalso su α (Il. 12.341). Da Il. 12.418 è poi stata
estrapolata la formula ῖ Ν che è servita a costruire (2b).
Il med. α (2c) può essere giustificato secondo il modello di (1e)
– participio medio in incipit possibilmente modellato su Ν (1ἶ) – dato che le
due forme sono metricamente perfettamente sovrapponibili.
Infine υ α Ν (ἀἶ) può essere confrontato con υ Ν (ἀἸ)ἈΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝ
medio è metricamente insostituibile e basta ammettere un trasferimento di υ Ν
ῖ Ν (ἀἸ)Ν ἳll’iὀiὐiὁΝ ἶἷlΝ vἷὄὅὁΝ ὀἷllἳΝ Ἰὁὄmἳ υ αΝ αΝ ῖ Ν (ἀἷ) per spiegare
pἷὄἵhὧΝl’ἳὈὈέΝ* α ΝὀὁὀΝ abbia prevalso qui, tanto più che non esistono forme di
presente attivo in collocazione con (2) ῖ Ν(ἷΝὅiὀὁὀimi)έ
ἜἳΝ mἷὈὄiἵἳ,Ν ὃὉiὀἶi,Ν ἶἷpὁὀἷΝ piὉὈὈὁὅὈὁΝ pἷὄΝ l’iὄὄἷἳlὈὡΝ ἶiΝ ὃὉἷὅὈiΝ mἷἶi,Ν mἳΝ lἳΝ ὅἷmἳὀὈiἵἳΝ
ὀὁὀΝ pὉάΝ ἵὁὀἶἳὀὀἳὄliἈΝ Ὁὀ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝ ἶi Ν (2b), αΝ (ἀἵ), υ αΝ
(2d), υ Ν(2f) come medi riflessivi indiretti è sempre possibile.
106
(3b.1) Il. 12.223-224
Ν ῖ ,Ν π Ν Νπ α Ν α ῖ Ν α Ν
α Ν ,Ν Ν ’Ν α
“ἓΝ ἵὁὅìΝ ὀὁi,Ν ὅἷΝ pὉὄΝ lἳΝ pὁὄὈἳΝ ἷΝ ilΝ mὉὄὁΝ ἶἷἹliΝ χἵhἷiΝ ||Ν ἵὁὀΝ ἸὁὄὐἳΝ ἹὄἳὀἶἷΝ ἸἳὄἷmὁΝ
ἵὄὁllἳὄἷ,ΝἷΝἹliΝχἵhἷiΝἵἷἶἷὄἳὀὀὁ”
χὀἵhἷΝ iὀΝ ὃὉἷὅὈ’ultima collocazione vale quanto detto finora: le forme medie sono
metricamente insostituibili – α Ν (3b.2) o sfavorite – α (3b.1) –, ma
intendere questi medi come riflessivi indiretti è sempre possibile.
Resta un ultimo medio transitivo da analizzare, che troviamo in Il. 20.55 α ,Ν
Ν ’Ν α ῖ Ν αΝ υ Ν α ῖα έΝ La forma media è metricamente insostituibile e
l’ἷὅpὄἷὅὅiὁὀἷ αΝ υ ,ΝlἷὈὈέΝ“ἷmἷὈὈἷὄἷ,ΝἸἳὄΝὉὅἵiὄἷΝὉὀἳΝliὈἷ”ΝρΝ“liὈiἹἳὄἷ”ΝpὉάΝἷὅὅἷὄἷΝ
vista come un rimodellamento del ben più comune sintagma Νφ Ν ήΝ α Ν
“ἷmἷὈὈἷὄἷΝὉὀἳΝvὁἵἷ”ΝρΝ“Ἱὄiἶἳὄἷ”Ν(cfr. Hdt. 1.85.4 φ , Eur. Suppl. 710
’Να ).
Nondimeno, come si è visto in § 2.20 ,Ν l’ἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ liὈiἹἳὄἷΝ ἴἷὀΝ ὅiΝ pὄἷὅὈἳΝ ἳΝ
ἷὅὅἷὄἷΝ ἷὅpὄἷὅὅἳΝ ἶἳΝ ὉὀΝ mἷἶiὁΝ ὄἷἵipὄὁἵὁ,Ν ἷΝ iὀΝ ὃὉἷὅὈὁΝ vἷὄὅὁΝ lἳΝ ὄἷἵipὄὁἵiὈὡΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝ ὨΝ
garantita dal compl. Ν[…] α ῖ Ν“ὈὄἳΝἶiΝlὁὄὁ”έΝἢἷὄἵiά il med. υ è difendibile.
ἙὀΝ ἵὁὀἵlὉὅiὁὀἷΝ l’ἳὁὄ . med. trans.
1
α (9x) e le forme med. υ α Ν (Il.
12.257), υ Ν(Il. 12.440), υ Ν(Il. 13.718, 20.55), transitive per analogia con
α , sono sempre giustificabili o come medi riflessivi indiretti (12x) o come
medi reciproci (1x).
2.42
107
II. Nelle Storie il verbo (semplice e composto con π ὺ,Ν ὺ,Ν π ὺ,Ν π ὺ)Ν ὨΝ
documentato 89x, 21x alla voce media, sempre con valore riflessivo diretto o
intransitivo.
Concentriamoci sulla collocazione con (1) α dal momento che entrambe le
diatesi vi ricorrono alternativamente.
2.43 φ
144
Vd. CHANTRAINE 1927b: 159.
108
Analizzeremo ora 5 le forme medie transitive, le quali ricorrono tutte nel medesimo
verso formulare Ν (/ ) αΝ π α Νπ ῖ έ
2.44 υ
109
Nella coppia minima che segue il verbo è in collocazione con un genitivo nel
significato “Ὁἶiὄἷ,ΝiὀὈἷὀἶἷὄἷ”ἈΝl’ἳὈὈivὁΝviΝὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝἂx,ΝilΝmἷἶiὁΝ1xέ
2.45
145
Vd. MEISTER 1921: 20.
146
ἡmἷὄὁΝiὀΝὄἷἳlὈὡΝhἳΝ1xΝ α Ν(Il. 1λέλλ)ΝἷΝ1xΝ Ν(Od. 11έἀἂλ)έΝἓἵἵἷὐiὁὀἳlἷΝl’iὀἸέΝmἷἶέΝ ῖ αΝ
in HH. 5.127, che è modellato analogicamente sui futuri contratti (e.g. φα ῖ α )έΝ
110
II. Erodoto impiega il verbo 46x (1x ὺ) ὅἷmpὄἷΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ ἷ iἹὀὁὄἳΝ l’ἳὁὄ2. med.
Ν(mentre impiega 21x ): come unica forma media ha l’iὀἸέΝἸὉὈέ αΝ
147
(Hdt. 7.49.5) .
Presentiamo ora due coppie minime in cui il soggetto di è il medesimo con
ambedue le diatesi: (1) / πα Ν Ν Ν Ν , (2) Ῥ α / Ῥ .
147
Ἔ’ἳὈὈέΝ ΝὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝἀxΝiὀΝἶὉἷΝὁὄἳἵὁliΝ(ἘἶὈέΝηέλἀέ ἀ,Νηέλἀέ ἁ)έ
111
2. con soggetto Elena Hes. fr. 204.94 Merkelbach-West Ν
α φυ [ ] Ν Ν Ν vὅέΝ Ἐes. fr. 175.1-2 Merkelbach-West ’
Ν υ · || π α Ν ’Ν α Ν Ν
Ἄ έ
Su questa alternanza att. / med. CHANTRAINE 1927: 162-163148 fa un appunto
impὁὄὈἳὀὈἷΝiὀΝὄἷlἳὐiὁὀἷΝἳlΝlἷἹἳmἷΝἵhἷΝὈἳlvὁlὈἳΝὅὉὅὅiὅὈἷΝὈὄἳΝilΝὅἷὅὅὁΝἷΝl’ἳὈὈὄiἴὉὐiὁὀἷΝἶἷllἳΝ
diatesi (cfr. att. α ΝἶἷὈὈὁΝἶἷll’ὉὁmὁΝ/ med. α α detto della donna)149:
1. iὀΝ ἡmἷὄὁΝ l’ἳὁὄ2έΝ ἳὈὈέΝ ,Ν ἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝ ἅ1x,Ν ὨΝ ὉὅἳὈὁΝ ηἄxΝ ὃὉἳὀἶὁΝ ilΝ ὅὁἹἹetto è la
madre e solo 15x quando il soggetto è il padre;
2. ὅὉΝ ἀ1Ν ἷὅἷmpiΝ ἶἷll’ἳὁὄ2έΝ mἷἶέΝ Ν ilΝ ὅὁἹἹἷὈὈὁΝ ὨΝ 1ἆxΝ ilΝ pἳἶὄἷΝ ἷΝ ὅὁlὁΝ ἁxΝ lἳΝ
150
madre .
ἥἷΝἷὅὈἷὀἶiἳmὁΝilΝἵἳmpὁΝἶ’iὀἶἳἹiὀἷΝἳlΝὄἷὅὈὁΝἶἷlΝὀὁὅὈὄὁΝcorpus, comprendendo quindi
anche gli Inni omerici e Esiodὁ,ΝἷΝἵὁὀὅiἶἷὄiἳmὁΝὈὉὈὈἷΝlἷΝἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀiΝἶἷlΝvἷὄἴὁΝ ΝiὀΝ
cui sia possibile stabilire il sesso del genitore, le cifre diventano queste:
1. l’aor2. att. ΝὄiἵὁὄὄἷΝ159x, 139x il soggetto è la madre e 20x il padre;
2. l’ἳὁὄ . med.
2
è documentato 35x, 24x il soggetto è il padre e 11x la madre.
Questa statistica induce a credere che la lingua epica conoscesse una reale
ἶiὅὈiὀὐiὁὀἷΝἶ’ὉὅὁΝὈὄἳΝl’ἳὈὈέ ,ΝἶἷὈὈὁΝpὄὁpὄiἳmἷὀὈἷΝἶἷllἳΝmἳἶὄἷ,ΝἷΝilΝmἷἶέ ,ΝἶἷὈὈὁΝ
del padre, che è poi andata persa nel greco posteriore,ΝἶὁvἷΝὅὉὅὅiὅὈἷΝὅὁlὁΝl’ἳὁὄiὅὈὁΝἳὈὈivὁ.
AMIGUES 1982: 31-ἁἁ,Ν iὀvἷἵἷ,Ν ἶἳll’ἳὀἳliὅiΝ ἶἷἹliΝ ὅὈἷὅὅiΝ dati trae una conclusione
differente:
«ἜἳΝ ἶiὅὈὄiἴὉὈiὁὀΝ ἶἷὅΝ ἸὁὄmἷὅΝ mὁyἷὀὀἷὅΝ ὀ’ἷὅὈΝ ἶὁὀἵΝ ὄὧἹiἷΝ pἳὄΝ ἳὉἵὉὀἷΝ
déterminisme. Les structὉὄἷὅΝ ὅὁἵiἳlἷὅΝ ἶἷΝ l’ὧpὁpὧἷΝ ὀἷΝ ἸὁὀὈΝ ὃὉἷΝ ἸἳvὁὄiὅἷὄΝ lἳΝ
pὄἷὅἷὀὈἳὈiὁὀΝἶὉΝpὨὄἷΝἵὁmmἷΝἵἷlὉiΝpἳὄΝὃὉiΝἷὈΝἷὀΝὃὉiΝὅ’ἷὅὈΝὁpὧὄὧἷΝlἳΝpἷὄpὧὈὉἳὈiὁὀΝ
de la lignée. La mère, exclue de la généalogie, peut avoir, aux yeux du poète ou
du locuteur, des mérites personnels remarquables: sa qualité de mère est alors
soulognée par la diathèse interne [scil. medio].»
148
Ripreso quasi ad verbum in CHANTRAINE 1948-1953: II 174-175.
149
Vd. WACKERNAGEL 1926: I 123, 128, 136, RUIPÉREZ 1988: 260.
150
I calcoli di Chantraine si basano su quelle ricorrenze in cui il contesto lasci intendere il sesso del
genitore, per le attestazioni complessive dei due aoristi vd. supra.
151
Questa sua lettura la porta a sostenere che la differenza di diatesi in HH. 3.323-324 π Ν Ν Ν
Ν αυ π ’Ν ἉΝ||Ν Ν Ν Ἁ sia significativa. La segue DUHOUX 20002: 119-120,
il quale in questo medesimo passo fa dipendere il med. (marcato) dalla necessità di rendere la
rabbia di Era contrapposta alla semplice constatazione del fatto che Zeus ha partorito Atena, espressa
iὀvἷἵἷΝἳll’ἳὈὈέΝ (non marcato).
112
A nostro parere, l’ἳὀἳliὅi di Chantraine è più verosimile poiché le poche eccezioni
alla distribuzione diatetica da lui delineata sono (quasi) tutte metricamente spiegabili
(vd. infra). Amigues, invece, fornisce una spiegazione meno solida, che non tiene quasi
mai in conto i dati metrici e richiede a volte interpretazioni troppo ardite152.
Ad ogni buon conto disponiamo di tre argomenti per criticare la realtà di
Ὁὀ’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝἶiἳὈἷὈiἵἳΝἳὈὈέΝ Ν/ med. basata sul sesso del genitore:
1. il primo è il commento di Eust. 1012 ad Hom. Il. 15.187 a proposito
ἶἷll’iὀὈἷὄἵἳmἴiἳἴiliὈὡΝ ἶiΝ Ν ἷΝ : Ν Ν Ν φ Νπ α
φα Ν α Ν α Ἁ
2. ilΝὀὁὅὈὄὁΝ α , Erodoto, conosce Νὅὁlὁ ἷἶΝἷὅἵlὉὅivἳmἷὀὈἷΝἳll’ἳὈὈivὁέΝἥiΝ
noti però che nelle Storie il verbo non ha mai come soggetto un uomo ma, nella
stragrande maggioranza dei casi, secondo una tendenza alla specializzazione
semantica di comune a tutta la prosa di età classica153, o una donna (27x) o
degli animali (17x);
3. lἳΝὅὈἷὅὅἳΝpὁἷὅiἳΝἷpiἵἳΝἹὄἷἵἳΝmὁὅὈὄἳΝἶἷllἷΝὁὅἵillἳὐiὁὀiΝἶ’ὉὅὁΝiὀὅpiἷἹἳἴiliΝἳΝpἳὄὈiὄἷΝ
dallo schema Ν(detto della madre) :: (detto del padre): in Il. 15.198,
Hes. Th. ἀίἆΝlἳΝἸὁὄmὉlἳΝ Ν Να ΝἵὁllὁἵἳὈἳΝdopo la dieresi bucolica ha un
soggetto maschile (rispettivamente Zeus e Urano), eppure in un contesto metrico
iὀἶiἸἸἷὄἷὀὈἷΝ ἳllἳΝ ὅἵἷlὈἳΝ ἶἷllἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ ἳll’ἳὈὈἷὅὁΝ mἷἶέΝ ’( )Ν ὨΝ ὅὈἳὈὁΝ pὄἷἸἷὄiὈὁΝ
l’ἳὈὈέΝ 154
; inoltre Esiodo ha sia [= ]Ν Ν Ν α φυ [ ] Ν
Ν Ν (ἘἷὅέΝ ἸὄέΝ ἀίἂέλἂΝ ἝἷὄἽἷlἴἳἵh-West) sia [= ]Ν ’Ν
Ν υ (Hes. fr. 175.1 Merkelbach-West).
Queste obiezioni sono consistenti, nondimeno è possibile considerare un
mἷἶiὁΝ ἵἳὉὅἳὈivὁἈΝ l’ὉὁmὁΝ iὀἶὉἵἷΝ la gravidanza nella donna, così come e.g. la donna
induἵἷΝ l’ὉὁmὁΝ ἳΝ ὅpὁὅἳὄlἳΝ ( α α )έΝ Ἑ ὀὉmἷὄiΝ ὄiὅἵὁὀὈὄἳὈiΝ ὀἷll’ἷpiἵἳ sono infatti
incontrovertibili e eviἶἷὀὐiἳὀὁΝ l’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝ ἶiΝ ὉὀἳΝ ἶiἵὁὈὁmiἳΝ ἶ’impiἷἹὁ reale delle due
ἶiἳὈἷὅiΝἳlmἷὀὁΝἳll’ἳὁὄ2έΝ ,Ν- έ
ἣὉἷὅὈ’ὉlὈimἳ,Νpἷὄά,ΝὨΝpian piano venuta meno nel greco postomerico. Lo dimostrano
l’iὀὈἷὄὁΝ corpus della prosa di età classica, che ha conservato solo l’ἳὈὈέΝ ,Ν ἷΝ ἹliΝ
ὉlὈimiΝpὁἷὈiΝἳΝimpiἷἹἳὄἷΝl’ἳὁὄ . med.
2
,ΝἵiὁὨΝPindaro (2x) e i tre tragici (8x).
Pindaro usa il medio tutto sommato coerentemente: in Pyth. ἂέηἀΝ α è
impiegato mἷὈὁὀimiἵἳmἷὀὈἷΝ ἵὁlΝ ὅiἹὀiἸiἵἳὈὁΝ ἶiΝ “pὄὁἶὉὄὄἷ”,Ν mἷὀὈὄἷ nel fr. 34 (9) Snell
ΝhἳΝὉὀΝὅὁἹἹἷὈὈὁΝmἳὅἵhilἷΝ(ZἷὉὅ)έΝ
152
Nella genealogia di Enea (Il. 20.215-240) ricorrono 5 medi , ’( ) e 2 attivi , ’( ),
ἵhἷΝχmiἹὉἷὅΝὅpiἷἹἳΝἵὁmἷΝvἳὄiἳὀὈiΝὀὁὀΝmἳὄἵἳὈἷΝ«pἳὄΝὉὀἷΝὄἳiὅὁὀΝἶἷΝὅἷὀὅΝἈΝl’iὀὅiὅὈἳὀἵἷΝὅὉὄΝlἷὅΝἳὄὈiἵὉlἳὈiὁὀὅΝ
de la généalogie devient superflue quand Enée mentionne son grand-père et son père, ainsi que Priam,
dont chἳἵὉὀΝ ὅἳiὈΝ ὃὉ’ilΝ ἷὅὈΝ lἷΝ pὨὄἷΝ ἶ’ἘἷἵὈὁὄ»Ν (AMIGUES 1982: 31-32). Se si segue Chantraine la
spiegazione di queste forme è infinitamente più semplice ed economica: i soggetti sono tutti maschi,
quindi il medio è atteso – difatti troviamo 2x ’( ) ἷΝὀὁὀΝl’ἳὈὈivo metricamente equivalente Ν–,
mἳΝὨΝὄimpiἳὐὐἳὈὁΝἀxΝἶἳll’ἳὈὈέ , ’( )ΝὀἷἹliΝὉὀiἵiΝvἷὄὅiΝiὀΝἵὉiΝὄiὅὉlὈἳΝmἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝiὀὉὈiliὐὐἳἴilἷέ
153
Vd. AMIGUES 1982: 33.
154
ἢὁὅὅiἴilἷΝὉὀ’iὀἸlὉἷὀὐἳΝἳὀἳlὁἹiἵἳΝἶiΝ Να (Il. 22.353) sempre in clausola?
113
I tragici, invece, usano le forme medie solo nelle parti corali – fatto che può essere
interpretato come un arcaismo poetico155 – e in maniera incoerente, violando il principio
di distribuzione epica: Euripide ha il medio indifferentemente 3x quando il soggetto è il
padre (Eur. Hel. 214, HF. 1023, 1183) e 3x quando lo è la madre (Eur. Or. 196, Phoen.
649, Tr. 265, anche Aesch. Ch. 419) e tutti e tre i tragici impiegano saltuariamente
l’ἳὈὈivὁΝἵὁὀΝὄiἸἷὄimἷὀὈὁΝἳlΝpἳἶὄἷΝ(χἷὅἵhέ Ch. 690, Eum. 660, Soph. OC. 1108, Eur. Cycl.
262 et al.). In più Eschilo crea sul mὁἶἷllὁΝἶἷll’ἳὁὄ2. med. Νun innovativo pres.
mἷἶέΝὈὄἳὀὅέΝ α Ν(ἀx)Νcha ha sempre come soggetto la terra ed è inserito nelle parti
156
recitative .
ἥὁὀὁΝ ὈὉὈὈiΝ ὃὉἷὅὈiΝ ὅiὀὈὁmiΝ ἶiΝ ὉὀΝ ὅiὅὈἷmἳΝ iὀΝ piἷὀὁΝ ἶiὅἸἳἵimἷὀὈὁἈΝ l’ὁppὁὅiὐiὁὀἷ
ἳll’ἳὁὄiὅὈὁ att. trans. / med. caus. osservata con rigore nella poesia epica è andata persa
nel greco successivo a vantaggio del solo att. dal momento che ha pian
piano smesso di essere impiegato con soggetti di sesso maschile, per i quali il medio era
la diatesi normale.
2.46 ,Ν
“ὁὀὁὄἳὄἷ,Νvἷὀἷὄἳὄἷ”ΝhἳΝὅiἳΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝilΝmἷἶiὁΝὈὄἳὀὅiὈiviἈ
a. att. [ἳ]Ν“ὁὀὁὄἳὄἷ,Νvἷὀἷὄἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 1.244, Aesch. Sept. ἅἅ)Ν[ἴ]Ν“vἳlὉὈἳὄἷ,Ν
ὅὈimἳὄἷ”Ν+ΝἶὁppiὁΝἳἵἵέΝ(Il. 23.703);
b. med. α “ὁὀὁὄἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 4.46).
Ν “ὁὀὁὄἳὄἷ”, invece, oppone attivo transitivo / medio transitivo o affettivo di
tangenza:
a. att. [ἳ]Ν“ὁὀὁὄἳὄἷ,ΝὅὈimἳὄἷ,ΝὄiὅpἷὈὈἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 2.4, Hdt. 2.29.7);
b. med. α [a] trans. om. “ὁὀὁὄἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 22.235) [b] aff. tang. “ὅtimare
il valore, assegnare il prezzo (in riferimento al proprio metro di valutazione)”Ν+Ν
acc. (Plat. Ap. 36b).
I. Omero offre in tutto 95 attestazioni dei due verbi (25x med.), così ripartite: Ν
att. 50x vs. med. 16x,Ν Νatt. 20x vs. med. 9x. In tre collocazioni entrambe le diatesi
reggono lo stesso complemento oggetto (med. 4x, sempre metricamente insostituibile),
ma apparentemente non si coglie alcuna sfumatura di senso che permetta di distinguerne
l’impiἷἹὁ157.
II. Erodoto usa Ν56x (semplice e composto con αὺ,Ν π ὺ,Ν π ὺ,Νπ ὺ),Ν1ἀxΝἳlΝ
medio (sempre passivo tranne π in Hdt. 5.77.3). , invece, che è un
verbo attestato solo in poesia, si trova 1xΝἳll’ἳὈὈivὁ in un oracolo (ἘἶὈέΝηέλἀέ ἀ).
155
Vd. AMIGUES 1λἆἀἈΝ ἁἁΝ «lἳΝ ὈὄἳἹὧἶiἷΝ ἳὈὈiὃὉἷΝ ἳΝ pὉΝ ἵὁὀὅἷὄvἷὄΝ lἷΝ mὁyἷὀΝ ὡΝ ὈiὈὄἷΝ ἶ’ἳὄἵhἳïὅmἷΝ ἶὉΝ ὅὈylἷΝ
noble». ἙὀΝὃὉἷὅὈὁΝὅἷὀὅὁΝvἳΝἳὀἵhἷΝl’ὉὀiἵὁΝἷὅἷmpiὁΝἶἷll’ἳὁὄ 2. med. in commedia, Aristoph. Av.
1193 αΝπ φ ,Ν Ν Ν ,ΝvἷὄὅὁΝὈὄἳὈὈὁΝἶἳΝὉn parte corale e in cui la mimesi dello stile
aulico è evidente (vd. AMIGUES 1982: 34 n.19).
156
Vd. AMIGUES 1982: 34.
157
Vd. BRUGMANN 19003: 460.
114
Analizzeremo ora tre collocazioni ἵὁὀΝ(1)Ν ῖ ,Ν(ἀ)Ν , (3) α ῖ / Ν
ἳllἳΝ ὄiἵἷὄἵἳΝ ἶiΝ ὉὀΝ ἵὄiὈἷὄiὁΝ ἶiὄimἷὀὈἷΝ ἵhἷΝ ἹiὉὅὈiἸiἵhiΝ lἳΝ ὅἵἷlὈἳΝ ὁὄἳΝ ἶἷll’ἳὈὈivὁΝ ὁὄἳΝ ἶἷlΝ
medio.
158
Vd. MEISTER 1921: 31.
115
Perciò la soluzione più ragionevole ci pare essere dubitare della realtà del med.
α Ν (ἀἴ) – miὀἳὈἳΝ ἳὀἵhἷΝ ἶἳlΝ pἳὅὅὁΝ ἷὄὁἶὁὈἷὁΝ (ἙἙἳ)Ν ἵὁlΝ vἷὄἴὁΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ –, che è
verosimilmente una forma metricamente condizionata.
2.47 φ
159
Vd. MEISTER 1921: 31. STAHL 1907: 56 vede in α (3b) un esempio di medio indicante un
attività mentale e paragona Il. 22.235 Ν ’Ν Ν α Ν Νφ α α έΝCHANTRAINE 1948-
1953: II 177 e KÜHNER 1976-19783: II.1 109-110, invece, considerano α ’( ) (1b) e α Ν
(3b) dei medi riflessivi indiretti.
160
Vd. MARGULIES 1929: 224, CHANTRAINE 1948-1953: I 390, 399, 415, TRONCI 2005: 146-147, DELG
1094 s.v. φ .
116
II. In Erodoto ( φ Ν semplice e composto con ὺ,Ν π ὺ: totale 32x) nulla è
cambiato: l’ἳὈὈivὁΝ (1λx)Ν ὨΝ ὈὄἳὀὅiὈivὁ,Ν ilΝ mἷἶiὁΝ (con l’ἳὁὄέΝ iὀΝ - - φ , totale: 13x)
intransitivo. Manca l’ἳὁὄ . med.
1
.
ἢἳὅὅiἳmὁΝ ἶὉὀὃὉἷΝ iὀΝ ὄἳὅὅἷἹὀἳΝ lἷΝ ἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀiΝ ἶἷll’ἳὁὄ1. med. (Hom. 1x,
HH. 2x) confrontandole con passi simili contenenti il verbo φ ἳll’ἳὈὈivὁ.
Ἔ’ὉὅὁΝ ὀὁὄmἳlἷΝ ὅἷmἴὄἳΝ pὄἷvἷἶἷὄἷΝ l’ἳὈὈivὁ,Ν ἵhἷΝ ὨΝ l’ὉὀiἵἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ ὀὁὈἳΝ ἳΝ ἓὄὁἶὁὈὁΝ iὀΝ
questi contesti. Inoltre gli attivi φ Ν (Od. 14.223), φ Ν (1a), φ (Hes. fr.
165.6 Merkelbach-West) sono stati deliberatamente preferiti ai medi corrispondenti
metricamente equivalenti, mentre α Ν(1b) è insostituibile con * α .
Proprio il medio odissiaἵὁΝ α (1b), però, si trova in un contesto in cui un
mἷἶiὁΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἶiΝpὄὁpὄiἷὈὡΝὀὁὀΝὨΝἸὉὁὄiΝpὁὅὈὁέΝἓὉὄiἵlἷἳ,ΝiὀΝὉὀ’ἳllὁἵὉὐiὁὀἷΝἳllἳΝὅἷἵὁὀἶἳΝ
persona diretta a Odisseo, ricorda gli atti pii che il suo padrone compiva in onore degli
117
dei per assicurarsi una tranquilla vecchiaia e la crescita di suo figlio Telemaco. Perciò
α Ν Ν φα Ν υ Ν pὉάΝ ὅἷὀὐ’ἳlὈὄὁΝ ἷὅὅἷὄἷΝ ὈὄἳἶὁὈὈὁΝ “ἵὄἷὅἵἷὄἷΝ ilΝ proprio figlio
Ἱlὁὄiὁὅὁ” .
161
2.48 φ
a fronte di 2 sole attestazioni del part. aor3έΝ ἳὈὈέΝ ὺφ (Il. 7.144, 22.197). A queste
vanno aggiunte altre 2 attestazioni di φ ᾰ Νin Hes. Op. 554, 570. Questo participio
medio (metricamente insostituibile) ὨΝὉὀ’ἳὅὅὁlὉὈἳΝἳὀὁmἳliἳΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝἶiΝὉὀΝpἳὄἳἶiἹmἳΝ
che è altrimenti quello di un verbo activum tantum.
II. In Erodoto il verbo, documentato 15x, è sempre attivo, compreso il part. aor3. att.
φ (Hdt. 3.71.5), φ Ν(Hdt. 9.46.3).
Presentiamo ora due serie di esempi in cui il part. att. ὺφ e il part. med. φ ᾰ Ν
ricorrono in versi paragonabili.
161
Vd. GROSSE 1891: 16 « α α und α α findet sich häufig von Vater, Mutter, Vaterland».
Vd. anche BRUGMANN 19003: 460, BAKKER 1994: 38. CHANTRAINE 1948-1953: II 179 identifica in (1b)
«ὉὀΝὅἷὀὅΝἶ’iὀὈὧὄêὈΝὀἷὈ»ΝἷἶΝὨΝὅἷἹὉiὈὁΝἶἳΝMOUSSY 1969: 59-60.
118
“qui lo sorprese Licurgo, || lo trapassò con l’ἳὅὈἳ,ΝἷἹliΝἵἳἶἶἷΝpἷὄΝὈἷὄὄἳΝὄivἷὄὅὁ”
cfr. Il. 16.314, 16.322, 22.91-92, 23.805, Od. 22.91-92
La situazione è chiarissima e i nostri primi due criteri di analisi vanno in una sola
direzione: nessuno dei tipi di medio di cui disponiamo può essere applicato per spiegare
la ricorrenza della diatesi marcata in (1b), (1c), (1d), (1e), (2b) e φ ᾰ Ν è sempre
insostituibile metricamente.
Anche Erodoto non offre elementi a sostegno della realtà del medio: ne deduciamo
che om. φ ᾰ Ν ἶἷvἷΝ ἷὅὅἷὄἷΝ ὉὀἳΝ ἸὁὄmἳΝ ἵὄἷἳὈἳΝ ἶἳΝ ὐἷὄὁ, probabilmente perché
metricamente più comoda e foneticamente più pesante del part. aor3έΝἳὈὈέΝφ ,ΝἵhἷΝὀὁὀΝ
ἳΝἵἳὅὁΝὀἷll’Iliade occorre solo nei due composti π φ Ν(1ἳ), πα αφ Ν(2a)162.
162
Vd. STAHL 1907: 60.
119
2.49 φ
totale 8x). Si noti che i due medi differiscono non solo semanticamente ma anche
morfologicamente: mentre il med. recip. φ α Ν ὨΝ ὈὄἳὈὈὁΝ ἶiὄἷὈὈἳmἷὀὈἷΝ ἶἳ φ ,Ν ilΝ
medio epico transitivo ὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝὅὁlὁΝὀἷllἳΝἸὁὄmἳΝἶἷll’ἳὁὄ . ( )φ α ΝξΝpgr. *e-p il-sa-
1 h
to, la cui antichità è garantita dal NP mic. pi-ra-me-no /Phillamenos/ (PY Jn 389.2, KN
ἓΝἁἄ)έΝἣὉἷὅὈἳΝἸὁὄmἳΝὨΝὃὉiὀἶiΝἳὀὁmἳlἳΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝἶἷlΝpἳὄἳἶiἹmἳΝὅiἳΝὅἷmἳὀὈiἵἳmἷὀὈἷΝὅiἳΝ
morfologicamente e va giustificata.
II. Erodoto impiega l’ἳὈὈέΝὈὄἳὀὅέΝφ (15x), il med. recipr. φ α Ν(1x) e il pass.
φ ,Ν φ ῖ αΝ (ἀx),Ν pἷὄΝ ὉὀΝ ὈὁὈἳlἷΝ ἶiΝ 1ἆΝ ἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀiέ ἙἹὀὁὄἳΝ iὀvἷἵἷΝ l’ἳὁὄ1. med.
( )φ α ,ΝἵhἷΝἶὁpὁΝἓὅiὁἶὁΝὀὁὀΝὨΝpiὶΝὉὅἳὈὁέ
Gli esempi che seguono servono a mostrare la perfetta sinonimia tra φ eφ -
(*p il-s-: ( )φ α , φ
h
α ) ὀἷlΝ ὅἷὀὅὁΝ ἶiΝ “ἴἷὀvὁlἷὄἷ,Ν pὄὁὈἷἹἹἷὄἷ”Ν ἵὁὀ soggetti (1)
/ (2) α,Ν-α ,Ν(ἁ) .
120
cfr. Od. 8.480-481
121
Come si vede ἶἳΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimἳΝ ἵὁppiἳ minima, infine,Ν l’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ἳὈὈέΝ ήΝ mἷἶέΝ iὀΝ
ἓὄὁἶὁὈὁΝὨΝἶiΝὈὉὈὈ’ἳlὈὄὁ tipo (att. trans. / med. recip.) e il med. φ α (IVb) non può in
alcun modo essere paragonato a ( )φ α .
Partendo da questi presupposti possiamo abbozzare la seguente ricostruzione:
( )φ α ΝὨΝlἳΝἸὁὄmἳΝpiὶΝἳὀὈiἵἳΝἷΝὀὁὀΝhἳΝmἳiΝἵὁὀὁὅἵiὉὈὁΝl’ἳὈὈivὁΝἵὁmἷΝἵὁὀἸἷὄmἳΝἳὀἵhἷΝilΝ
NP mic. pi-ra-me-no /Phillamenos/. Questo aoristo deve essere stato formato da un
lἷὅὅἷmἳΝφ -, sopravvissuto solo in poche forme (e.g. φ - ,Νφ - ,Νφ - ,Νφ -
α , NP Φ - ) perché sostituito, sulla base del derivato tematico φ - - ,Ν ἶἳΝ ὉὀΝ
lessema φ ή -, che è servito per creare il denom. φ 163
, da cui è stato tratto un
nuovo aoristo φ α. Questo spiega sia perché ( )φ α Ν ἷΝ φ αΝ abbiano
esattamente lo stesso significato e siano due forme sostanzialmente alternative
ὀἷll’ἷpiἵἳΝ sia perché ( )φ α Νnon esista più nella prosa164: la sua struttura prosodica
dattilica è estremamente comoda e questo ne ha garantito la sopravvivenza in poesia, ma
nella prosa, libera dai condizionamenti metrici, questa forma isolata è stata sostituita da
φ α,ΝἵhἷΝὨΝpiὶΝὈὄἳὅpἳὄἷὀὈἷΝὀἷllἳΝἸὁὄmἳὐiὁὀἷΝἷὅὅἷὀἶὁΝὈὄἳὈὈὁΝἶiὄἷὈὈἳmἷὀὈἷΝἶἳΝφ e,
iὀὁlὈὄἷ,ΝἳlliὀἷἳὈὁΝἳllἳΝἶiἳὈἷὅiΝἶiΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁέΝ
La diatesi di ( )φ α ΝἵὁὅὈiὈὉiὅἵἷΝiὀἸἳὈὈiΝl’ὉlὈimo enigma: come si è visto att. φ Ν
e med. ( )φ α Νsi corrispondono pἷὄἸἷὈὈἳmἷὀὈἷ,ΝἷppὉὄἷΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝὄiὅἳlἷΝἳlmἷὀὁΝἳlΝ
miceneo. Questo suggerisce che il verbo più antico era medium tantum e che è stato
quasi complἷὈἳmἷὀὈἷΝὅὁὅὈiὈὉiὈὁΝἶἳll’ἳὈὈέΝφ ΝἹiὡΝiὀΝἷpὁἵἳΝὁmἷὄiἵἳέΝ
ἧὀ’ἷvὁlὉὐiὁὀἷΝiἶἷὀὈiἵἳΝὨΝὁἵἵὁὄὅἳΝἳἶΝὉὀΝἳlὈὄὁΝvἷὄἴὁΝὅiἹὀiἸiἵἳὀὈἷΝ“ἳmἳὄἷ”ἈΝilΝmedium
tantum pres. atem. α α ΝὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝἶἳΝἡmἷὄὁΝ(7x) e Pindaro (10x) fino a Erodoto (5x
aor. , part. α ) ed Euripide (16x), ma successivamente si è imposto il pres.
165
tem. att. , già noto a Omero (Il. 16.208)166 e che negli altri tre autori menzionati
(1x Pind., 3x Hdt., 40x Eur.) non ha ancora esautorato definitivamente la variante
atematica più anticaέΝ ἣὉἷὅὈ’ὉlὈimἳΝ ὨΝ ἵὁmὉὀὃὉἷΝ ἶἷὅὈiὀἳὈἳΝ ἳΝ lἳὅἵiἳὄἷΝ ἶἷἸiὀiὈivἳmἷὀὈἷΝ ilΝ
passo a , che sarà l’ὉὀiἵἳΝforma a giungere fino alla koiné (e.g. Plut. Br. 29.3).
Essendo sia ( )φ α Ν ὅiἳΝ α α ἶὉἷΝ vἷὄἴiΝ iὀἶiἵἳὀὈiΝ Ὁὀ’ἳὈὈiviὈὡΝ mἷὀὈἳlἷΝ l’ὉὅὁΝ ἶἷlΝ
medio non stupisce affatto (cfr. e.g. α ,Ν ῠ α ,Ν α ,ΝὁmέΝ α )ΝἷΝlἳΝlὁὄὁΝ
sostituzione coi pres. att. tem. (ion. )eφ è parte della lenta recessione
del medio (e contemporaneamente della flessione atematica) ὀἷlΝ ἵὁὄὅὁΝἶἷll’ἷvὁlὉὐiὁὀἷΝ
della lingua greca.
163
Vd. DELG 1162 s.v. φ .
164
Vd. GROSSE 1891: 10.
165
Vd. ALLAN 2003: 67 n. 96.
166
ἥiΝ ὈὄἳὈὈἳΝ mὁlὈὁΝ pὄὁἴἳἴilmἷὀὈἷΝ ἶiΝ ὉὀΝ vἷὄὅὁΝ ἳppἳὄὈἷὀἷὀὈἷΝ ἳΝ ὉὀἳΝ ὅἷὐiὁὀἷΝ ὄἷἵἷὀὈἷΝ ἶἷll’Iliade (vd.
CHANTRAINE 1948-1953: I 83), ciò che può spiegare questo hapax ἶiΝἸὄὁὀὈἷΝἳll’ἳὈἷmέΝ α α ΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝἅxέ
122
2.50
167
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: II 182.
123
Due indizi portano a dubitare della genuinità del med. α Ν(2b): metricamente
α (1b) è insostituibile perché copre il dattilo del quinto metron, mentre in tutti i
versi in cui la scelta tra attivo e medio sarebbe svincolata dal metro viene preferito
ὅiὅὈἷmἳὈiἵἳmἷὀὈἷΝl’ἳὈὈivὁ,ΝvἶέΝ(ἀἳ),ΝIl. 16.386, 18.347, Od. 4.213-214, 8.436; inoltre le
Storie (Ia) ἵὁὀὁὅἵὁὀὁΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁΝὀἷlΝὅiὀὈἳἹmἳΝ(ὺ) ή - .
Ciononostante α (1b) è semanticamente difendibile come medio di
ὈἳὀἹἷὀὐἳΝ“ἹἷὈὈἳὄἷΝlontano da sé”Ν(ἵἸὄέΝώΝἀέ1ίΝ υ α Νπ ).
168
Vd. JANSON 1868: 15.
169
Invece CHANTRAINE 1948-1953: II 177 difende (2c) come medio riflessivo indiretto.
124
La situazione è esattamente la stessa vista nel caso di α (1b): il med.
π α Ν(3b) fornisce un comodo dattilo per il quinto metron e in tutti gli altri versi in
cui la scelta della diatesi è libera da imposizioni metriche – vd. (3a), Il. 6.147 – l’ἳὈὈivὁΝ
ha sistematicamente prevalso.
ἝἳΝἳὀἵhἷΝὃὉἷὅὈἳΝvὁlὈἳΝὉὀ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝἶἷlΝmἷἶiὁΝἵὁmἷΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἶiΝὈἳὀἹἷὀὐἳΝὀὁὀΝ
può essere esclusa.
In conclusione tutti i medi dinamici ἶiΝ Ν ὅὁὀὁΝdifendibili come medi affettivi di
tangenza (6x). Inoltre α ’( )Ν(ἀἴ), Ν(2c) in collocazione con αΝήΝ
possono essere interpretati anche come medi affettivi di proprietà (“ἹἷὈὈare le proprie
Ἰὄἷἵἵἷ”).
125
Cap. 3 Analisi dei verbi con medio “ἶiὀἳmiἵὁ”Νattestato in
Erodoto
I medi dinamici analizzati in questo capitolo hanno una contropartita nelle Storie,
cioè Erodoto adopera il medio in collocazioni paragonabili a quelle in cui il medio
compare nei passi epici esaminati. Tutti e tre i nostri criteri di analisi (sintattico-
semantico, metrico, confronto con Erodoto) sono perciò impiegabili.
3.1
170
Escluse le attestazioni delle formule di esortazione ’Ν ( ),Ν ’Ν ( ),Ν Ν ’Ν ( ),Ν ’Ν
( )ΝἶὁvἷΝilΝvἷὄἴὁΝpἷὄἶἷΝilΝὅὉὁΝὅiἹὀiἸiἵἳὈὁ,Νvd. DELG 16 s.v. ἄ .
126
(1b) Il. 3.72 (= 3.93)
α ’Ν Ν π αΝ υ αῖ Ν α ’Ν
“pὄἷὀἶἷὀἶὁὅiΝὈὉὈὈiΝiΝἴἷὀiΝἷΝlἳΝἶὁὀὀἳ,Νli pὁὄὈiΝἳΝἵἳὅἳ”
Questa scelta diatetica è riflessa in altri passi iliadici rievocanti lo stesso episodio: in
Il. 7.350-351 ’Ν ’,Ν Ν Ν α α ’Ν ’Να ||Ν Ν ῃ Ν
Ν il focus è sui Troiani che pensano di restituire la donna e il verbo è all’ἳὈὈivὁ,Ν
mentre in (1c), (1d) il focus è su Alessandro e il verbo, di conseguenza, è al medio.
Nelle Storie la scelta tra attivo e medio è ugualmente demandata alla volontà
ἶἷll’ἳὉὈὁὄἷΝ ἶiΝ ὅὁὈὈὁliὀἷἳὄἷΝ ὁΝ mἷὀὁΝ l’iἶἷὀὈiὈὡΝ ὈὄἳΝ ilΝ ὅὁἹἹἷὈὈὁΝ ἳἹἷὀὈἷΝ ἷΝ ilΝ ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ
ἶἷll’ἳὐiὁὀἷέΝἜὁΝὅiΝvἷἶἷΝpἳὄὈiἵὁlἳὄmἷὀὈἷΝἴἷὀἷΝὅἷΝὅiΝἵὁὀἸὄὁὀὈἳὀὁΝ(Ἑἳ) e (Ib).
127
(Ia) Hdt. 2.114.2
υΝ Ν υ απα α Ν Ν υ αῖ αΝα Ν Ν α Νἄ Ν α
π αΝ αα
“hἳΝὅἷἶὁὈὈὁΝlἳΝmὁἹliἷΝἶἷlΝὅὉὁΝὁὅpiὈἷΝἷἶΝὁὄἳΝὨΝὃὉiΝἵὁὀΝὃὉἷllἳΝἶὁὀὀἳΝἷΝἵὁὀΝiὀἸiὀiὈiΝ
Ὀἷὅὁὄi”
cfr. Hdt. 3.97.3, 3.97.5, 6.135.1, 7.164.2, 9.106.1, 9.121
Si tratta di due passaggi molto simili ὄiἷvὁἵἳὀὈiΝ ἳὀἵὁὄἳΝ ὉὀἳΝ vὁlὈἳΝ l’ἷpiὅὁἶiὁΝ ἶἷlΝ
rapimento di Elena: Erodoto ha pὄἷἸἷὄiὈὁΝiὀΝὉὀΝἵἳὅὁΝl’ἳὈὈέ (Ia) e ὀἷll’ἳlὈὄὁΝilΝmἷἶέ
π α (Ib) con gli stessi compl. ogg. υ αῖ α, α α e con lo stesso soggetto
logico Alessandro. Notiamo che in (Ia) si stanno narrando in terza persona le malefatte
del principe troiano mentre in (Ib) il re Proteo lo rimprovera direttamente: questa
differenza contestuale può avere indotto Erodoto a scegliere il più incisivo med. rifl.
indir. π α.
In tutti gli altὄiΝἷὅἷmpi,Νiὀvἷἵἷ,ΝpὄἷvἳlἷΝl’ἳὈὈivὁ,ΝiὀΝpἳὄὈiἵὁlἳὄἷΝὃὉἳὀἶὁΝilΝἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ
è chiaramente differente dal soggetto agente, cioè in Hdt. 3.97.3, 3.97.5 – dove si parla
dei doni inviati dai popoli sottomessi al Gran re dei Persiani – e in Hdt. 6.135.1 (dat.
α ).
128
ὅὁὀὁΝmἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝiὀὅὁὅὈiὈὉiἴiliΝἷΝἵhἷΝὁvὉὀὃὉἷΝl’ἳὈὈivὁΝpὄἷἶὁmiὀἳΝἳὀἵhἷΝἶὁvἷΝilΝmἷὈὄὁΝ
pἷὄmἷὈὈἷὄἷἴἴἷΝl’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶiὁΝ– in (2a) troverebbe posto anche ’(α )Ν(Il. 6.455) e in
Od. 24.419 ’(α )Ν(ηxΝiὀΝἘὁmέ)Ν–, nondimeno sia αΝ(ἀἴέ1)ΝὅiἳΝ Ν(ἀἴέἀ)Ν
sono perfettamente interpretabili come medi riflessivi indiretti.
Le Storie ἵὁὀἸἷὄmἳὀὁΝ lἳΝ ὄἷἳlὈὡΝ ἶ’impiἷἹὁΝ ἶἷlΝ mἷἶiὁΝ ὄiἸlἷὅὅivὁΝ iὀἶiὄἷὈὈὁΝ iὀΝ ὃὉἷὅὈὁΝ
contesto.
In (IIb.1) la Pizia risponde agli Spartani che, se vogliono battere i Tegeati, devono
trasferire nella loro città lἷΝ ὁὅὅἳΝ ἶiΝ ἡὄἷὅὈἷἈΝ l’iὀὈἷὄἷὅὅἷΝ pἷὄὅὁὀἳlἷΝ ἶἷἹliΝ ἥpἳὄὈἳὀiΝ ὀἷlΝ
ἵὁmpiἷὄἷΝὃὉἷὅὈἳΝἳὐiὁὀἷΝὨΝἷviἶἷὀὐiἳὈὁΝἶἳll’ὉὅὁΝἶἷl medio riflessivo indiretto.
Allo stesso modo in (IIb.2) il trasferimento del cadavere di Melanippo a Sicione è
architettatὁΝἶἳΝἑliὅὈἷὀἷΝpἷὄΝὅὁὅὈiὈὉiὄἷΝὃὉἷὅὈὁΝἷὄὁἷΝἳll’ἳὄἹivὁΝχἶὄἳὅὈὁ,ΝἵhἷΝἹliΝè inviso: il
protagonista nutre un forte interesse personale nel compiere questa azione dal momento
che sta riprendendo ἶiὄἷὈὈἳmἷὀὈἷΝὉὀ’iὀiὐiἳὈivἳΝἶiΝὅὉὁΝὀὁὀὀὁΝἑliὅtene di Sicione.
ἥiΝ ὀὁὈiΝἳἶΝὁἹὀiΝ mὁἶὁΝ ἵhἷΝὅiἳΝiὀΝ (ἙἙἴέ1)ΝὅiἳΝiὀΝ (ἙἙἴέἀ)ΝὉὀ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝἶἷiΝ ὃὉἳὈὈὄὁΝ
medi come causativi è ugualmente possibile (mentre per ragioni contestuali è fuori
luogo nei due esempi omerici citati supra).
129
, π π υ ἤ α
“ἷΝiὁΝὈ’immὁlἷὄάΝὉὀἳΝἹiὁvἷὀἵἳΝἶ’ὉὀΝἳὀὀὁ,ΝvἳὅὈἳΝἸὄὁὀὈἷ,Ν|| non doma, che uomo
ὀὁὀΝὅpiὀὅἷΝmἳiΝὅὁὈὈὁΝilΝἹiὁἹὁ”
cfr. Il. 13.571-572, 24.784, Od. 3.439, 4.622, 14.105, 17.170-171, 17.213 (= 20.174),
18.278, 19.420, 20.186, 20.213-214, 21.266, 22.198-199
ἙὀΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimἳ serie, invece, la realtà del medio è minata sotto molti aspetti: l’attivo
è ubiquitario quando la mἷὈὄiἵἳΝ pἷὄmἷὈὈἷὄἷἴἴἷΝ iὀΝ ὈἷὁὄiἳΝ l’impiego del medio –
α ’( ) (4x in Hom) in (3a), * α Ν iὀΝ Il. 13.572, * ῖ α (vd. § 3.1a per
)Ν in Od. 20.213, ’(α ) (5x in Hom.) in Od. 21.266 –; inoltre
morfologicamente i due aor. misti medi , Ν sono poco affidabili perché
171
derivano dal tema del futuro ; infine mancano esempi di medio paragonabili in
Erodoto.
Ciononostante Ν(3b) e Ν(Il. 8.545) sono difendibili come medi riflessivi
indiretti: Ettore ordina ai Troiani di condurre buoi e montoni per la cena poiché ha
ἶἷἵiὅὁΝἵhἷΝl’ἷὅἷὄἵiὈὁΝὈὄἳὅἵὁὄὄἷὄὡΝlἳΝὀὁὈὈἷΝἸὉὁὄiΝἶἳllἳΝἵiὈὈὡέ
In conclusione α Ν(13x) è sempre difendibile come medio riflessivo indiretto in
tutte e tre le collocazioni epiche esaminate.
3.1a
Ἄ Ν ha un derivato sinonimo dalla struttura oscura 172
, che mostra
Ὁὀ’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ἳὈὈivὁΝ ὈὄἳὀὅiὈivὁΝ ήΝ mἷἶiὁ riflessivo indiretto: att. “ἵὁὀἶὉὄὄἷ,Ν
pὁὄὈἳὄἷ”Ν(Il. 18.493, Hdt. 3.89.3) / med. α “pὁὄὈἳὄἷΝἵὁὀΝὅὧ”Ν(ἘἶὈέΝἅέἁἁ)έ Omero
lo attesta 7x (1xΝ α ὺ)Νsempre ἳll’ἳὈὈivὁΝἷΝἓὄὁἶὁὈὁΝ23x (semplice e composto con πὺ,Ν
ὺ,Ν πὺ,Ν α ὺ, att. 22x vs. med. 1x). Si tratta di una variante molto più frequente in
poesia che non presenta forme medie ambigue interpretabili come dinamiche.
171
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: I 418, LEUMANN 1959: 234, 238-240.
172
Vd. DELG 17 s.v. ἄ , EDG 19 s.v. ἄ .
130
3.2 α ::
173
Vd. KÖLLIGAN 2007: 51-56.
174
Vd. KÖLLIGAN 2007: 65.
131
(1c) Il. 3.338 ’Ν Ν ,Ν πα φ Ν ,ΝIl. 10.135, 14.12, 15.482, Od.
1.99, 15.551, 17.4, 20.127 ’Ν Ν […],ΝHes. Sc. 135 ’Ν Ν
,Ν α Να π Ν α
(1d) Il. 10.24 (= 10.178) α π , ’Ν
(1e) Il. 10.31 […]Ν υΝ ’Ν πα ῃ
(1f) Il. 11.43 (= Od. 22.125) ’Ν αΝ Ν ,Ν υ αΝ α , Il. 16.139
’Ν αΝ ,Ν πα φ Ν
(1g) Il. 13.294-296 « Ν Ν Ν Ν υ Ν έ» || Ν φ ,Ν
Ν α ΝἌ Ν||Ν α πα Ν Ν Ν
(1h) Il. 16.140 Ν ’Ν Ν ’ Ν Ν α α
(1i) Od. 9.156-157 α αΝ α π αΝ αΝ α α α αΝ α υ Ν||Ν ’ Ν ,Ν
αΝ
(1l) Od. 16.295-297 Ν ’Ν Ν Νφ α αΝ α Ν Ν ||Ν α π Ν α
αΝ Ν α || Ν Ν π α Ν α· […]
(1m) Od. 22.25 Νπ υΝ π Ν Ν ’Ν Ν Ν α
IὀΝὈὉὈὈiΝiΝpἳὅὅἳἹἹiΝὅiΝἶἷὅἵὄivἷΝlἳΝὅἵἷὀἳΝἶἷll’ἷὄὁἷΝἵhἷΝpὄἷὀἶἷΝlἳΝlἳὀἵiἳΝpἷὄΝἵὁmἴἳὈὈἷὄἷ.
Il medio riflessivo indiretto è in questo caso al suo posto perché chi prende la lancia
se ne servirà personalmente una volta che sarà sul campo di battaglia.
Notiamo inoltre che gli attivi sono in netta minoranza numerica (att. 6x vs. med.
23x) e che non ne esiste un solo esempio svincolato dal metro; anzi, tranne Ν(1ἳ),ΝὅiΝ
2
tratta sempre dei part. aor . att. Ν(Od. 10.145, 12.229), αΝ(Il. 15.126, 21.397),
Ν(Il. 14.373) impiegati con ogni probabilità per sostituire i medi corrispondenti
ametrici * ,Ν * , * 175
. Al contrario i medi si trovano molto
spesso in contesti metrici che accoglierebbero il verbo in entrambe le diatesi, vd. (1b),
(1c), (1e), (1f), (1h), (1i), Od. 16.297 (1l).
Questo induce a pensare che il medio (marcato) sia favorito ogni volta che il metro
lὁΝἵὁὀὅἷὀὈἷΝἷΝἵhἷΝl’ἳὈὈivὁΝ(non marcato) intervenga solo come sostituto del primo.
Osserviamo infine che tutti questi medi potrebbero anche essere difesi come affettivi
ἶiΝpὄὁpὄiἷὈὡἈΝl’ἷὄὁἷΝpὄἷὀἶἷΝlἳΝpropria lancia.
175
Vd. GROSSE 1891: 13.
132
(2c) Il. 11.32 ’Ν ’ φ π υ α α π α
(2d) Od. 16.295-297 Ν ’Ν Ν Νφ α αΝ α Ν Ν ||Ν α π Ν α
αΝ Ν α || Ν Ν π α Ν α· […]
(2e) Od. 22.25 Νπ υΝ π Ν Ν ’Ν Ν Ν α
Si ripropone esattamente la stessa situazione vista nel caso della collocazione con
(1) α, Ν(e sinonimi): il medio riflessivo indiretto (e/o affettivo di proprietà) è
coerentemente impiegato poiché il guerriero prende lo scudo per difendere se stesso.
χὀἵhἷΝ lἷΝ ὁὅὅἷὄvἳὐiὁὀiΝ mἷὈὄiἵhἷΝ ὅὁὀὁΝ lἷΝ ὅὈἷὅὅἷἈΝ l’ἳὈὈivὁΝ (non marcato) è sempre
metricamente insostituibile, il medio (marcato) no, vd. (2b), (2c), Od. 16.297 (2d).
133
(4b) Od. 16.295-297
Ν ’Ν Ν Νφ α αΝ α Ν Ν
α π Ν α αΝ Ν α
Ν Ν π α Ν α· […]
“ἢἷὄΝnoi due soli due spade e due lance || lascia, e due scudi di cuoio, a portata
ἶiΝmἳὀὁ,Ν||ΝἵὁὅìΝἶ’ὉὀΝἴalzo le prenderemo”
Queste sono le due ultime coppie minime che descrivono l’ἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ ἳἸἸἷὄὄἳὄἷΝ
Ὁὀ’ἳὄmἳΝ ἷΝ confermano pienamente le conclusioni già enunciate: il medio riflessivo
indiretto (e/o affettivo di proprietà) è sempre preferito – vdέΝ Ν(ἂἵ)ΝpἷὄΝ Ν(1ίxΝiὀΝ
Hom.) – ἷΝ l’ἳὈὈivὁΝ (non marcato) interviene solo in contesti metrici in cui il medio è
inutilizzabile, vd. Ν(4a) per * ΝἷΝ Ν(5a) per α Ν(ἀἁxΝiὀΝἘὁmέ, 2x in
Hes.).
134
(6c) Il. 9.334-336 αΝ ’Ν Ν υΝ αΝ α α ,Ν ||Ν ῖ Ν π αΝ
ῖ α ,Ν ’Ν π υΝ α Ν||Ν ’, Ν ’Ν Ν υ α α·Ν[…]
(6d) Il. 9.367-368 […]Ν αΝ Ν ,Ν Ν π Ν ,Ν || α Ν φυ Ν Ν
α
(6e) Il. 16.53-54 ππ Ν Ν ῖ Ν Ν ῃ Ν α Ν || α αΝ Ν
φ α, Ν Νπ ῃ
ἙlΝ α ΝἶiΝἵὉiΝὅiΝpἳὄlἳΝὨΝὁvviἳmἷὀὈἷΝἐὄiὅἷiἶἷ,ΝὅὁὈὈὄἳὈὈἳΝἶἳΝχἹἳmἷὀὀὁὀἷΝἳἶΝχἵhillἷέΝ
Il capo degli Achei profitta di questa azione dal momento che la ragazza diviene sua
schiava, di conseguenza il medio riflessivo indiretto – in (6a-b) preferito a * , in
(ἄἴ),Ν(ἄἵ)ΝἳΝ Ν(10x in Hom.) – è perfettamente al suo posto.
E difatti l’ὉὀiἵἳΝ Ἰὁὄma attiva negli esempi citati (6a), Il. 1.139, Il. 9.111, (6a-b) è
ancora il part. aor2. att. ,ΝἵhἷΝὄimpiἳὐὐἳΝilΝmἷἶέΝ* Νinutilizzabile in poesia
esametrica.
In ogni passo citato chi prende le greggi ha un interesse personale nel farlo – vd.
(7c), (7d) ἶὁvἷΝ ’(α)ΝἷΝ ΝὅὁὀὁΝespressamente preferiti ἳΝ Ν(2x in Hom.)
ἷΝ Ν(10x in Hom.) – ἷΝὃὉἷὅὈὁΝἹiὉὅὈiἸiἵἳΝl’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶiὁΝὄiἸlἷὅὅivὁΝiὀἶiὄἷὈὈὁ.
χὀἵὁὄἳΝὉὀἳΝvὁlὈἳΝl’ὉὀiἵἳΝἷἵἵἷὐiὁὀἷΝὨΝὉὀΝpἳὄὈέΝἳὁὄ2. att., Ν(ἅἳ),ΝἵhἷΝὅὁὅὈiὈὉiὅἵἷΝ
l’ἳmἷὈὄiἵὁΝ* έ
ἕiὉὅὈiἸiἵἳἴilἷ,Νiὀvἷἵἷ,Νl’ἳὈὈivὁΝἶiΝOd. 9.159-160 Ν Ν Ν π Ν υ α,Ν Ν
Ν||Ν αΝ α Να ·Ν ’Ν Ν : il destinantario delle capre è
[…] e non coincide col soggetto.
135
(8a) Il. 23.736
’Ν φ · α ’Ν ’Ν
“lἳΝviὈὈὁὄiἳΝὨΝἶ’ἷὀὈὄἳmἴiἉΝpὄἷmiΝὉἹὉἳliΝpὄἷὀἶἷὀἶὁ”
cfr. Il. 23.551
La ripartizione tra attivo e medio è in questo caso perfetta e non conosce eccezioni:
quando soggetto ἳἹἷὀὈἷΝἷΝἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝὀὁὀΝἵὁὄὄiὅpὁὀἶὁὀὁΝὈὄὁviἳmὁΝl’ἳὈὈivὁΝ– ΝiὀΝ(λa)
ἷΝ Ν iὀ Od. 1.316 rendono manifesta questa mancata coincidenza –, quando invece
corrispondono abbiamo il medio riflessivo indiretto (9b), (9c).
136
cfr. HH. 3.318, 5.114-115
Identico è il contesto dei tre passi176: durante la traversata tra Scilla e Cariddi, il
primo mostro afferra alcuni compagni di Odisseo dalla nave per divorarseli.
Il medio riflessivo indiretto è quindi intellegibile e volutamente scelto sia nel caso di
α Ν(11b) per ῃ ( ) (4x in Hom.) sia in quello di ’( )Ν(11ἵ) per (13x in
Hom.).
176
Vd. CHANTRAINE 1927b: 156.
137
Il part. aor2. att. αΝ (11ἳ)Ν ὨΝ pἷὄἵiάΝ ὀiἷὀὈ’altro che il rimpiazzo dell’ἳmἷὈὄiἵὁΝ
med. * έ
Sia Efesto (13a) sia Agamennone (13b) afferrano il proprio scettro: il med. Ν
(13b) è dunque affettivo di proprietà e – si noti – è vὁlὉὈἳmἷὀὈἷΝpὄἷἸἷὄiὈὁΝἳΝ
177
Ν(10x
in Hom.), mentre in (13a) la scelta dell’ἳὈὈέ Ν(non marcato) è favorita dal metro.
177
Vd. BAKKER 1994: 35.
138
(14b) Il. 13.267-268
α πα ῃ α α ῃ
π ’Ν α αΝ ·Ν ’Ν Ν α
“χὀἵh’iὁΝὀἷllἳΝὈἷὀἳΝἷΝὀἷllἳΝὀἳvἷΝὀἷὄἳΝ|| ho molte spoglie di Teucri, ma non sono
viἵiὀἷ,ΝἶἳΝpὄἷὀἶἷὄlἷ”
139
2. può essere affettivo di proprietà (2x) e indicare che il soggetto afferra qualcosa
di proprio, vd. (10b), (13b) (si ricordi che i primi 23 dei medi che abbiamo
elencato tra i riflessivi indiretti potrebbero essere difesi anche come affettivi di
proprietà);
3. infine può essere affettivo di tangenza, nel qual caso il soggetto prende qualcosa
su di sé, vd. (12b), (12c).
3.3
(A) ἵὁmplέΝἳll’ἳἵἵέ
140
(1b.2) Il. 24.369 (= Od. 16.72, 21.133)
’ πα α α, Ν Νπ Ν α π ῃ
“ὀὁὀΝpὉάΝὄἷὅpiὀἹἷὄἷΝὉὀΝὉὁmὁ,ΝὃὉἳὀἶὁΝpἷὄΝpὄimὁΝὈiΝpὄὁvὁἵhi”
ἙΝpἳὅὅiΝὁmἷὄiἵiΝpὁὅὅὁὀὁΝὄiὅpὁὀἶἷὄἷΝἳll’ἷὅiἹἷὀὐἳΝὅἳlὈὉἳὄiἳΝἶiΝὅὁὈὈὁliὀἷἳὄἷΝὈὄἳmiὈἷΝl’ὉὅὁΝ
del medio affettivo di tangenza che il soggetto respinge qualcuno lontano da sé, vd.
’Ν πα α α (1b.2).
Diverso però il caso di α (1b.1): in questo passaggio, infatti, si racconta la
difesa del cadavere di Patroclo da parte degli Achei, perciò il verbo deve essere inteso
piuttosto come un medio affettivo di proprietà indicante che i soldati difendono il corpo
del loro compagno: per questa ragione questo infinito è stato preferito al pur attestato
att. υ α (6x in Hom.).
141
(IIIb.1) Hdt. 3.158.1
Ν Ν α υ Ν α Ν π ῖ Νἠ Ν α υΝ
α Νπ υ α
“Mentre i Babilonesi, saliti sulle mura, ὄἷὅpiὀἹἷvἳὀὁΝ l’ἳὈὈἳἵἵὁΝ ἶἷll’ἷὅἷὄἵiὈὁΝ ἶiΝ
ϊἳὄiὁ”
178
Ἔ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝἶiΝ α φ ΝἵὁmἷΝὉὀΝgen. si basa sul fatto che non sono attestate altre costruzioni di
α Ν+ΝἶἳὈ..
142
I luoghi omerici derivano tutti da passi inerenti a una medesima situazione: siamo
nei canti XII-XIII, cioè nel momento in cui i Troiani, fatta irruzione nel campo acheo,
minacciano di appiccare il fuoco alle navi. Il soggetto sono gli Achei e il medio affettivo
di proprietà è al suo posto poiché sottolinea la volontà dei difensori di salvare il loro
unico mezzo per tornare in patria: si noti infatti che υ Ν (ἂἴ),Ν (ἂἶ)Ν ὨΝ stato
volutamente preferito a Ν(ἘἷὅέΝSc. 240).
Sui generis la situazione di (4b), dove il verbo è anzitutto un medio riflessivo diretto
rafforzato enfaticamente dal pron. rifl. φ Ν […]Ν α Ν e solo dopo, quando i
complementi diventano Ν Ν ’Ν υπ , un medio affettivo di proprietà.
ἤἷὅὈἳΝἶἳΝὅpiἷἹἳὄἷΝl’ὉὅὁΝἶἷll’iὀἸiὀiὈὁΝἳὈὈivὁΝiὀΝ(4a) poiché la forma ’(α ) (6x
in Hom.) sarebbe metricamente possibile. In questi versi sta parlando Poseidone intento
ἳΝ ὅpὄὁὀἳὄἷΝ ἹliΝ χἵhἷiἉΝ mἳΝ mἷὀὈὄἷΝ iὀΝ pὄἷἵἷἶἷὀὐἳΝ ilΝ ἶiὁΝ ὅiΝ ὨΝ ὄivὁlὈὁΝ ἳll’ἷὅἷὄἵiὈὁΝ ἵὁὀΝ
Ὁὀ’ἳllὁἵὉὐiὁὀἷΝ ἳllἳΝ ὅἷἵὁὀἶἳΝ pἷὄὅὁὀἳ (vd. Il. 13.95), proprio ai vv. 108-110 egli si
rivolge indirettamente ai soldati descrivendo i loro casi alla terza persona. Assume
pἷὄἵiάΝ impὁὄὈἳὀὐἳΝ l’ὉὅὁΝ ἶἷll’ἳὈὈivὁ υ (4a), che, essendo non marcato, non
esprime formalmente la sfumatura di affettività e contribuisce ad allontanare il focus
dagli Achei.
143
significa che intenzionalmente ha voluto non marcare la sfumatura di affettività che,
invece, è messa bene in evidenza nel secondo caso.
In conclusione la diatesi media in α assume due funzioni differenti
ὀἷll’ἷpiἵἳ:
1. quando il soggetto difende se stesso – vd. (1b.2), (2b) – il med. α Ν ὨΝ
affettivo di tangenza (5x) ἷΝὅiἹὀiἸiἵἳΝ“ὄἷὅpiὀἹἷὄἷΝἶἳΝὅὧ”Ἁ
2. quando il soggetto difende qualcosa che gli appartiene o a cui tiene – vd. (1b.1),
(4b), (4c), (4d), (5b) – il med. α Νè affettivo di proprietà (5x) e significa
“ἶiἸἷὀἶἷὄἷΝὃὉἳlἵὁὅἳΝἶiΝpὄὁpὄiὁ”έ
3.4
144
(Ia) Hdt. 2.127.3
ὑπ α Νπ Ν Ν υΝ π π υ
“ἵὁὅὈὄὉìΝilΝpὄimὁΝὄipiἳὀὁΝiὀΝpiἷὈὄἳΝἷὈiὁpiἵἳΝἶiΝἶivἷὄὅiΝἵὁlὁὄi”
cfr. Hdt. 1.179.2, 1.179.3, 2.124.3, 3.117.3, 7.176.4, 9.10.2
179
Pace CHANTRAINE 1927b: 156 che ritiene α ’( )Ν (1ἴέἀ)Ν ὉὀΝ ἳὁὄiὅὈὁΝ mἷἶiὁΝ «ὅἳὀὅΝ ὀὉἳὀἵἷΝ
particulière» al pari di α (1b.1).
180
Contra KOWALECK 1887: 13, 22, secondo il quale α (1b.1) sarebbe un medio affettivo, STAHL
1907: 55, che reputa α Ν (1b.1) un medio causativo (lettura contestualmente improbabile e che
obbligherebbe a interpretare come causativi anche α ,π , α ’( )) e CHANTRAINE 1948-
1953: II 177, che vi vede un medio riflessivo indiretto.
145
3.5 παυ , παυ
differenza apparente tra attivo e medio tranne una di ordine sintattico: il medio non
conosce la costruzione assoluta181.
II. Erodoto usa παυ ΝὉὀ’ὉὀiἵἳΝvὁlὈἳ e al medio (Hdt. 7.180 πα ).
Qui di seguito studieremo le ricorrenze del verbo alla ricerca di un principio di
distribuzione diatetica ὈὄἳmiὈἷΝ l’ἳὀἳliὅiΝ ἵὁὀἹiὉὀὈἳΝ ἶiΝ ἷὅἷmpi in cui attivo e medio
ὄἷἹἹὁὀὁΝἹliΝὅὈἷὅὅiΝἵἳὅiἈΝ(χ)ΝἵὁmplέΝἳlΝἹἷὀέ,Ν(ἐ)ΝἵὁmplέΝἳll’ἳἵἵέέ
181
In Od. 18.107 […]Ν Νπ Ν Ν α Ν α ῖ Ν πα ῃ la forma verbale può essere interpretata in due
modi: se πα ῃ è una 2 pers. sg. med., allora il verbo è costruito transitivamente (ἵὁmplέΝὁἹἹέΝ Ν α );
se invece è una 3 pers. sg. att. (sogg. Ν α ), allora il verbo è usato assolutamente. Se si accoglie questa
seconda lettura, il medio non conosce neppure la costruzione transitiva + acc..
146
(ἐ)ΝΝΝΝΝΝἵὁmplέΝἳll’ἳἵἵέ
3.6
147
(1a.1) Il. 24.690
ῖ Ν ’Ν αΝ ’ ππ υ Ν υΝ Ν
“ἓὄmἷὈἷΝἳἹἹiὁἹάΝlὁὄὁΝiΝἵἳvἳlliΝἷΝlἷΝmὉlἷ”
ἜἳΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝ ἶ’ὉὅὁΝ ἸὄἳΝ ἳὈὈivὁΝ ἷΝ mἷἶiὁΝ ὨΝ ὀiὈiἶἳἈΝ ὃὉἳὀἶὁΝ l’ἳἹἷὀὈἷΝ ὨΝ ἶivἷὄὅὁΝ ἶἳlΝ
beneficiario (o non è menzionato) ὅiΝ impiἷἹἳΝ l’ἳὈὈivὁ,Ν ὃὉἳὀἶὁΝ ἳἹἷὀὈἷΝ ἷΝ ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ
ἵὁὄὄiὅpὁὀἶὁὀὁΝὅ’impiἷἹἳΝilΝmἷἶiὁΝὄiἸlἷὅὅivὁΝiὀἶiὄἷὈὈὁ (vd. in particolare Il. 24.277-282
ἶὁvἷΝἳὈὈέΝ α ΝἷΝmἷἶέΝ υ si susseguono usati entrambi a proposito)182.
Nel caso di Omero e degli Inni omerici il medio si uniforma perfettamente al
modello proposto – si noti υ ’(α )Ν(1ἶ)ΝἷΝὀὁὀΝ υ ’(α )Ν(Il. 3.260) –, mentre
pἷὄΝ ὃὉἷlΝ ἵhἷΝ ὄiἹὉἳὄἶἳΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅiΝ ὀὁὈἳὀὁΝ ἶἷllἷΝ ἷἵἵἷὐiὁὀi,Ν lἷΝ ὃὉἳliΝ pἷὄάΝ ὅὁὀὁΝ ὈὉὈὈἷΝ
mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝἹiὉὅὈiἸiἵἳἴiliἈΝ α ΝpἷὄΝ* α α ΝiὀΝIl. 23.130,Ν ΝpἷὄΝ* α Ν
in Il. ἀἂέ1ἂ,Ν α ’(α)Ν pἷὄΝ υ α Ν(HH. 32.9) in Od. 6.111. ἙὀΝὃὉἷὅὈiΝἵἳὅiΝ l’ἳὈὈivὁΝ
funge da variante non marcata.
ἧὀΝ pὁ’Ν ἶivἷὄὅἳΝ lἳΝ ὅpiἷἹἳὐiὁὀἷΝ pἷὄΝ υ α Ν (1ἳέἀ)Ν ἷΝ Ν (1a.3). In entrambi i
casi la forma media (marcata) corrispondente – ὄiὅpἷὈὈivἳmἷὀὈἷΝ * υ ’( )Ν ἷΝ
* α Ν – sarebbe stata impiegabile nella stessa posizione del verso, ma Omero ha
pὄἷἸἷὄiὈὁΝ ὉὈiliὐὐἳὄἷΝ l’ἳὈὈivὁΝ (ὀὁὀΝ mἳὄἵἳὈὁ)Ν perché il contesto permette di inferire il
ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝ(recte ALLAN 2003: 25, pἷὄΝilΝὈἷὅὈὁΝvἶέΝώΝἀέἀλΝ ), quindi il
medio riflessivo indiretto può essere omesso.
182
Vd. GROSSE 1891: 15, CHANTRAINE 1948-1953: II 177, GONDA 1960: 57.
148
In (1a.2) sono i Troiani stessi che aggiogano buoi e mule ai carri per recuperare la
legna necessaria a formare la pirἳΝ pἷὄΝ ἓὈὈὁὄἷ,Ν ἶὉὀὃὉἷΝ l’ὉὅὁΝ ἶἷlΝ mἷἶiὁΝ ὅἳὄἷἴἴἷΝ
appropriato; Priamo, però, pochi versi prima (vd. Il. 24.778) ha già ordinato ai suoi
sudditi di raccogliere la legna, perciò il med. * υ ’( ) (marcato) in questo caso
sarebbe stato superfluo dato che non possono essere che i Troiani stessi ad aggiogare gli
animali ai carri per ubbidire agli ordini del loro re.
In (1a.3) si ripropone la medesima situazione: da Od. 6.111 sappiamo che è
Nausicaa a guidare il carro, perciò è implicito che è sempre lei ad aggiogare le mule. Per
questo mὁὈivὁΝ ilΝ pὁἷὈὁΝ ὅἵἷἹliἷΝ l’ἳὈὈέ (non marcato) e non il med. * α
(marcato). Inoltre (1a.3) Ν ’Ν υ Ν α υ α Ν […] è molto simile a Il.
24.277 α Ν ’Ν υ Ν α υ αΝ : può quindi essere stato
modellato direttamente su α .
Anche in Erodoto, che usa le due diatesi esattamente al modo di Omero, troviamo
un att. ῃ (Ia-b) da spiegarsi contestualmente: è stato detto poche righe prima e col
med. υ Ν(marcato) che sono i cammellieri indiani ad aggiogare e a montare le
ἵἳvἳlἵἳὈὉὄἷ,ΝpἷὄἵiάΝl’impiἷἹὁΝἶἷllἳΝἸὁὄmἳΝmἷἶiἳΝὀἷlΝἵἳὅὁΝἶiΝ ῃ sarebbe superfluo.
ἙὀΝἵὁὀἵlὉὅiὁὀἷΝἳὈὈέΝ ΝἷΝmἷἶέΝ ῠ α sono usati correttamente nella lingua
ἷpiἵἳΝἷΝiΝpὁἵhiΝἵἳὅiΝiὀΝἵὉiΝl’ἳὈὈivὁΝἵὁmpἳὄἷΝἶὁvἷΝὉὀΝmἷἶiὁΝὅἳὄἷἴἴἷΝἳὈὈἷὅὁΝsono spiegabili
per motivi ἶ’ὁὄἶiὀἷΝmἷὈὄiἵὁΝὁΝἵὁὀὈἷὅὈὉἳlἷ183.
183
Si noti che anche ved. yunákti “ἳἹἹiὁἹἳὄἷ”,ΝἵὁὄὄἳἶiἵἳlἷΝἶiΝgr. (ie. * u -), offre esattamente la
stessa ripartizione att. trans. / med. rifl. indir.: RV 1.163.2ab: yaména dattáṃ tritá enam y nag || índra
enaṃ prathamó ádhi atiṣṭhat “ἦὄiὈἳΝhἳὄὀἷὅὅἷἶΝὈhἷΝhὁὄὅἷΝἹivἷὀΝἴyΝYἳmἳ,Ν||ΝἙὀἶὄἳΝwἳὅΝὈhἷΝἸiὄὅὈΝὈὁΝmὁὉὀὈΝiὈ”Ν
vs. RV 1.134.3a: vāyú yuṅkte ó tā […]Νráthe “ἨāyὉΝhἳὄὀἷὅὅἷἶΝἴὁὈhΝhiὅΝἵhἷὅὈὀὉὈΝhὁὄὅἷὅΝὈὁΝhiὅΝἵhἳὄiὁὈ”Ν
(i passi e la traduzione sono tratti da KἧἤYŁἡἩἙἑZ 1964: 75).
149
3.7
ἶiἳὈἷὈiἵἳΝ ὨΝ ὃὉiὀἶiΝ ἳlΝ pὄἷὅἷὀὈἷ,Ν ἶὁvἷΝ ὅiἳΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅiἳΝ ilΝ mἷἶiὁΝ (1x, metricamente
insostituibile)Ν pὁὅὅὁὀὁΝ ἷὅὅἷὄἷΝ ὉὅἳὈiΝ iὀὈὄἳὀὅiὈivἳmἷὀὈἷ,Ν ἷΝ ἳll’ἳὁὄiὅὈὁ,Ν ἶὁvἷΝ ἷὀὈὄἳmἴἷ le
diatesi vengono impiegate transitivamente (2x med., 1x metricamente sostituibile).
II. In Erodoto la distribuzione diatetica cambia e il medio è di gran lunga la forma
più frequente (med. 48x vs. att. 15x): il pres. att. Ν(iὀὈὄἳὀὅέΝἷΝὈὄἳὀὅέΝἵἳὉὅέ) è attestato
3x, il med. α (iὀὈὄἳὀὅέ)ΝἂἅxέΝἜ’ἳὁὄ έΝ 1
ΝὨΝinvece 1ἀxΝἳὈὈέΝ(1xΝὅἷmpliἵἷ,ΝλxΝ α ὺ,Ν
2x πὺ)ΝἷΝsolo 1xΝmἷἶέΝ Ν(ἘἶὈέΝ1έἄἄέ1)έΝἜ’ἳὁὄ2. ΝὀὁὀΝἷὅiὅὈἷΝpiὶΝἷΝἳlΝὅὉὁΝ
posto troviamo il raro pres. Ν(ἁx),ΝὅἷmpὄἷΝiὀὈὄἳὀὅiὈivὁΝἷΝὃὉiὀἶiΝallineato a ,Ν-
α έΝ ἑὁὀΝ iΝ ἵὁmpὁὅὈiΝ lἳΝ ἶiὅὈὄiἴὉὐiὁὀἷΝ ἶiἳὈἷὈiἵἳΝ ὨΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὈἷἈΝ α
188
Ν (1ἀx),Ν υ Ν
(1x), π Ν(ἀx)ΝὅὁὀὁΝὅἷmpὄἷΝἳὈὈivi,Νπ α Ν(ἁx) è più spesso attivo che medio (2x
ἳὈὈέΝvὅέΝ1xΝmἷἶέ),Νπα Ν(ἆx)ΝὨΝἳὈὈivὁΝὁΝmἷἶiὁΝ(ἂxΝἳὈὈέΝvὅέΝἂxΝmἷἶέ),Ν α α Ν(ἁx),Ν
α α Ν(1x),Νπ α Ν(ἂx),Νπ α Ν(1x)ΝὅὁὀὁΝἶἷpὁὀἷὀὈiέΝχlΝpὄἷὅἷὀὈἷ,Νpἷὄά,ΝlἳΝ
scelta della diatesi resta libera quando il verbo è usato intransitivamente, esattamente
come nel caso del semplice e come in Omero: attivo e medio sono intercambiabili.
χll’ἳὁὄiὅὈὁ,Ν iὀvἷἵἷ,Ν l’ἳὈὈέΝ Ν “ἸἳὄΝ ὅἷἶἷὄἷ”Ν ὨΝ ἴἷὀΝ ἶiὅὈiὀἹὉiἴilἷΝ ἶἳlΝ mἷἶέ Ν
“Ἰὁὀἶἳὄἷ” (in origine rifl. indir.).
184
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: II 179.
185
ἜἳΝ ἹὄἳἸiἳΝ ἶἷlΝ ἵὁmpὁὅὈὁΝ α Ν ἳll’ἳὁὄ1έΝ α α- ὨΝ mὁlὈὁΝ pὄὁἴἳἴilmἷὀὈἷΝ ὉὀΝ ἷὄὄὁὄἷΝ pἷὄΝ α α-, vd.
CHANTRAINE 1948-1953: I 416, DELG 299 s.v. α , EDG 376 s.v. α.
186
Vd. KÖLLIGAN 2007: 206 e n. 549, 210.
187
Così LIV2 514 n. 4 s.v. *sed-, KÖLLIGAN 2007: 225. Di diverso avviso EDG 376 s.v. α , che
compara direttamente α Ν ἳΝ ἳὀὁὄἶέΝ sitia, asass. sittian e aat. sizzen, tutti da ricondurre a un pres. ie.
* d- e/o-.
188
Vd. KÖLLIGAN 2007: 217-218.
150
Le due coppie minime che ora analizzeremo mostreranno (1) la perfetta equivalenza
di attivo e medio quando sono impiegati intransitivamente e, invece, (2) la realtà
ἶἷll’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝἳὈὈέΝήΝmἷἶέΝἳll’ἳὁὄiὅὈὁέ
ἠἷll’ὉὀiἵὁΝἷὅἷmpiὁΝἶiὄἷὈὈἳmἷὀὈἷΝpἳὄἳἹὁὀἳἴilἷΝἓὄὁἶὁὈὁΝhἳΝl’ἳὈὈέ πα υ α (Ia), ma
si tratta di un caso. La seguente coppia minima dimostra infatti che anche nelle Storie la
differenza tra attivo e medio è nulla.
Dunque le due diatesi sono perfettamente equivalenti sia in Omero sia in Erodoto. Si
noti però che ὀἷll’epos ὀὁὀΝἵ’ὨΝὀἷppὉὄἷΝὉὀΝἶὁppiὁὀἷΝmἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝἷὃὉivἳlἷὀὈἷἈΝὃὉἷὅὈὁΝ
ἶimὁὅὈὄἳΝ ἵhἷΝ l’iὀὈὄὉὅiὁὀἷΝ ἶἷlΝ mἷἶiὁΝ ὀὁὀΝ ὨΝ ὅὈἳὈa casuale ma ha obbedito a dei criteri
metrici ben precisi.
In seguito il medio ha teso a prevalere, come dimostrano le Storie, ma ancora nella
liὀἹὉἳΝἶἷllἳΝpὄὁὅἳΝiὁὀiἵἳΝἶἷlΝἨΝἳέἑέΝlἷΝἶὉἷΝἶiἳὈἷὅiΝὄἷὅiὅὈὁὀὁΝὉὀἳΝἳἸἸiἳὀἵὁΝἳll’ἳlὈὄἳΝὅἷὀὐἳΝ
che sia riconoscibile una differenziazione semantica.
χll’ἳὁὄiὅὈὁΝlἳΝὅiὈὉἳὐiὁὀἷΝὨΝἶiἸἸἷὄἷὀὈἷέ
151
(3a) Il. 24.578
Ν ’Ν π φ υΝ α · […]
“ἷΝὅὉΝὉὀΝὅἷἹἹiὁΝl’ἳὅὅiὅἷὄὁ”
I due medi α Ν (3b.1) e φ α Ν(3b.2) non possono essere messi sullo stesso
piano. α (3b.1) non è giustificabile semanticamente a partire dai tipi di medio a
nostra disposizione e una sua sostituzione con * Ν ὨΝ impὄὁἴἳἴilἷΝ ἶἳὈὁΝ ἵhἷΝ
comporterebbe una fine di parola dopo uno spondeo al quarto metron. Si tratta perciò
verosimilmente di un medio favorito dal metro.
Invece φ α (3b.2) avrebbe potuto essere rimpiazzato da * φ ΝὅἷὀὐἳΝἶἳὀὀiΝ
per il metro, il che prova che si tratta di un medio deliberatamente scelto. In effetti
φ α Ν(ἁἴέἀ) conferisce una sfumatura da medio affettivo di proprietà (“fammi sedere
sulla tua ὀἳvἷ”)ΝἵhἷΝὨΝἳὅὅἷὀὈἷΝὀἷἹliΝἳlὈὄiΝἶὉἷΝpἳὅὅiέ
152
secondariamente transitivo189 per la pressione del nuovo aor1. att. trans. caus.
α,ΝmἷἶέΝ 190
(che ha affiancato il più antico aor2. intrans. < pgr.
e e 191
*e-sd- /o- o *se-sd- /o-) ;
2. l’iὀἸlὉἷὀὐἳΝ ἶἷlΝ pὄἷὅέΝ iὀὈὄἳὀὅέΝ ὅὈἳὈέΝ α Ν “ἷὅὅἷὄἷΝ ὅἷἶὉὈὁ” ←Ν ἳὁὄ2. 192
ἥiΝὀὁὈiΝl’ἷὀἸἳὅiΝἶἳὈἳΝἶἳllἳΝἵὁὁἵἵὁὄὄἷὀὐἳΝἶἷlΝmἷἶέ φ α ἷΝἶἷll’ἳἹἹέΝpὁὅὅέ .
3.8
“ἶἷὅiἶἷὄἳὄἷ,Νἴὄἳmἳὄἷ”ΝhἳΝὅiἳΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝilΝmἷἶiὁΝὈὄἳὀὅiὈivi:
a. att. “desiderare, ἴὄἳmἳὄἷ”Ν + gen. (Od. 10.555, Aesch. Ag. 940) | + inf.
(HH. 4.133, Aesch. Pers. 233) | ass. (Plat. Crat. 418d);
b. med. α “ἶἷὅiἶἷὄἳὄἷ,Ν ἴὄἳmἳὄἷ”Ν + inf. (Il. 14.163, Hdt. 6.120) | + gen.
(Od. 1.41, Hdt. 3.123.1).
I. Il verbo è attestato solo 10x in tutto il nostro corpus epico, 6x ἳll’ἳὈὈivὁΝἷΝἂx al
medio (2x metricamente sostituibile). In 5 casi , - α è costruito col gen. e in 5
ἵὁὀΝl’iὀἸέ: apparentemente non si coglie alcuna differenza semantica.
189
Vd. LIV2 514 n. 12 s.v. *sed-.
190
Vd. ALLAN ἀίίἁἈΝἀίλΝὀέΝἁἄἀέΝἥὉllἳΝὄἷἵἷὀὐiὁὄiὈὡΝἶἷll’ἳὁὄ 1. α, - e la sua indipendenza dal cong.
aor. sigm. ved. sátsat vd. CARDONA 1963.
191
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: I 336, RISCH 19742: 270, EDG 376 s.v. α.
192
Vd. ALLAN 2003: 78 n. 119. È però improbabile la sua tesi secondo cui è diventato causativo dopo
la creazione di α : è molto più probabile che sia stato l’aor1έΝἳὈὈέΝὈὄἳὀὅέΝἵἳὉὅέΝ α a spingere ad
acquisire anche il valore causativo e che solo a questo punto il med. α sia sorto come contropartita
iὀὈὄἳὀὅiὈivἳΝἶἷll’ἳὈὈέΝἵἳὉὅέΝ .
193
Vd. LIV2 514 n. 4 s.v. *sed-. Ma in vedico la forma corrispondente è attiva, ásadat.
194
Vd. EWAia I 181 s.v. S, LIV2 232 s.v. *h1eh1s-, EDH 252-255 s.v. š-a(ri) / aš-; š-zi / aš-, DELG 394
s.v. α , EDG. 518 s.v. α .
195
Vd. DELBRÜCK 1893-1900: II 187, CARDONA 1963: 15, ALLAN 2003: 78 n. 119, DELG 299 s.v.
α . Proprio dalla contaminazione paradigmatica con deriva a α l’ἳὅpiὄἳὐiὁὀἷΝiὀiὐiἳlἷ,ΝἵhἷΝὀὁὀΝ
è etimologica (< ie. *h1eh1s-, vd. CARDONA 1963: 15 n. 3, KÖLLIGAN 2007: 213, DELG 394 s.v. α ,
EDG. 518 s.v. α ).
153
II. Erodoto attesta il verbo solo 3x: 2x ricorre il medio e 1x l’ἳὁὄέΝ iὀΝ - - Ν
(Hdt. 7.44) che funziona come aoristo corrispondente al presente medio.
Le occorrenze del verbo verrano presentate qui di seguito a seconda che esso ricorra
con (A) compl. al gen. o con (B) inf..
Il passo erodoteo (Ib) mette in forse l’ἳὈὈἷὀἶiἴiliὈὡΝ ἶἷiΝ lὉὁἹhiΝ ἷpiἵiΝ ἵὁlΝ vἷὄἴὁΝ
ἳll’ἳὈὈivὁ,ΝὈἳὀὈὁΝpiὶΝἵhἷΝὈὉὈὈἷΝἷΝὃὉἳὈὈὄὁΝlἷΝἸὁὄmἷΝἳὈὈἷὅὈἳὈἷΝὀἷll’Odissea e in Esiodo sono
metricamente insostituibili con le corrispondenti forme del medio.
La diatesi media sembra quindi quella reale, ma si noti in (1b) la cooccorrenza
enfatica ἶἷll’ἳἹἹέΝpὁὅὅέΝ Νe del med. α , che potrebbe invece deporre a favore di
una reale alternanza tra attivo (non marcato) e medio riflessivo indiretto (e/o affettivo di
proprietà), interpretazione funzionante anche con (Ib).
(B) inf.
154
(2d) Od. 5.209-210 α ’Ν , π α || , α
α α απ α
196
Vd. KEWA III 548-549 s.v. smárati, DELG 446 s.v. , EWAia II 780-781 s.v. SMAR, LIV2 569
s.v. 1.*(s)mer-. Non rientrano nel conteggio le forme appartenenti alle coniugazioni derivate del
causativo, del desiderativo e, ovviamente, del passivo, per le quali vd. WHITNEY 1885: 199 s.v. √smṛ. In
indoiranico il tema del presente deriva da ie. *smér-e/o-, mentre un diverso tema * - m - - m -ˊ è
appunto alla base di av. rec. part. nom. pl. masch. (aipi-) šma əṇtō e di (ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝiὀΝὄἷἳlὈὡΝ
ὄiἸἳὈὈὁΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝἶἷlΝἹὄἷἵὁ secondo il modello molto produttivo dei presenti in jod: pgr. * - m - e/o-, vd.
RISCH 19742: 285). Diversa la ricostruzione di EDG 591 s.v. , che, se accettata, invalida tutti i
pἳὄἳllἷliΝἷὈimὁlὁἹiἵiΝἵὁὀΝl’iὀἶὁiὄἳὀiἵὁέΝ
155
rientra nel gruppo ben nutrito dei medi indicanti un processo mentale e può avere
risentito della loro pressione analogica fino a perdere la diatesi attiva, tanto più che tra i
membri di questo gruppo troviamo due suoi sinonimi, α e α 197.
3.9 α
197
Questa spiegazione fa cadere quella fornita da SCHWYZER 1990-20056: 232, DUHOUX 20002: 120,
ALLAN 2003: 207-208, i quali vedono in Ν ήΝ α Ν ὉὀἳΝ ἵὁppiἳΝ ὅὈiliὅὈiἵἳmἷὀὈἷΝ ἵὁὀὀὁὈἳὈἳ,Ν ἵὁὀΝ
l’ἳὈὈivὁΝpὄὁpὄiὁΝὅὁpὄἳὈὈὉὈὈὁΝἶἷllἳΝpὁἷὅiἳΝἷΝilΝmἷἶiὁΝpiὶΝἸὄἷὃὉἷὀὈἷΝiὀΝpὄὁὅἳέ Il fatto che in Plat. Crat. 418d si
trovi il part. att. υ Ν(ὉὅἳὈὁΝἳὅὅὁlὉὈἳmἷὀὈἷ)ΝὀὁὀΝὄἳppὄἷὅἷὀὈἳΝὉὀΝpὄὁἴlἷmἳἈΝCHANTRAINE 1927b: 164
e WACKERNAGEL 1926: I 123 hanno già messo in luce esempi in cui due o più dialetti divergono quanto
alla diatesi dello stesso verbo. ἠὁὀΝἸἳΝpἷὄἵiάΝἶiἸἸiἵὁlὈὡΝὅὉppὁὄὄἷΝἵhἷΝl’ἳὈὈiἵὁΝἶiΝἨ-IV a.C. abbia conservato
l’ἳὈὈέ , più antico, e che invece lo ionico di V a.C. conosca solo la forma più moderna med.
α . Vd. anche § 2.12 ,Ν per un altro caso in cui un dialetto si oppone agli altri quanto alla
diatesi dello stesso verbo.
198
Vd. JANSON 1868: 10, CHANTRAINE 1927b: 157, CHANTRAINE 1948-1953: II 175.
156
(1b) Il. 9.234
πυ π α α Ν[…]
“ἳὄἶὁὀὁΝmὁlὈiΝἸὉὁἵhiΝpἷὄΝlἳΝpiἳὀὉὄἳ”
199
STAHL 1907: 51 e GONDA 1960: 49 considerano rispettivamente α Νπ (1d) e αΝ π Ν
α Ν(1c) due esempi di «Medium der Beteiligung».
157
Il medio di più immediata comprensione è α α α Ν(Ib). Erodoto descrive un
particolare rito in uso presso gli ὉὁmiὀiΝἳἴiὈἳὀὈiΝlὉὀἹὁΝl’χὄἳὅὅἷἈΝἵὁὅὈὁὄὁΝἴὄὉἵiἳὀὁΝiΝἸὄὉὈὈiΝ
di una pianta per asprirarne i fumi, che inducono una sensazione di euforia. Si tratta
ἶὉὀὃὉἷΝ ἶiΝ Ὁὀ’ἳὐiὁὀἷΝ ἵhἷΝ individua nei soggetti agenti i beneficiari, ciò che motiva
l’impiἷἹὁ del med. α α α (Ib) col valore di medio riflessivo indiretto.
In (Ia-b), invece, lἳΝὅiὈὉἳὐiὁὀἷΝὨΝἴἷὀΝpiὶΝiὀὈὄiἵἳὈἳΝpὁiἵhὧΝὅiΝὅὉὅὅἷἹὉὁὀὁΝpὄimἳΝl’ἳὈὈivὁΝ
e poi il medio. Viene spiegato il piano di Temistocle ἳll’iὀἶὁmἳὀiΝἶἷllἳΝviὈὈὁὄiἳΝἹὄἷἵἳΝἳΝ
Capo Artemisio (480 a.C.): lo stratego ateniese invita gli alleati a immolare il bestiame
degli Euboici, sulla cui isola si trovano gli uomini della flotta, sia per cibarsene sia per
far credere ai Persiani che i Greci avrebbero trascorso la notte nei loro accampamenti,
anche se i comandanti non hanno ancora deciso con precisione quando evacuare
l’ἓὉἴἷἳ. Infatti l’ἷὅἷὄἵiὈὁΝἹὄἷἵὁΝsi ritirerà solo una volta appresa la notizia della disfatta
delle Termopili (vd. Hdt. 8.21.1-ἀ)έΝ Ἔ’ὉὀiἵἳΝ pὁὅὅiἴiliὈὡΝ ὅἷmἴὄἳΝ ἶiΝ ἳmmἷὈὈἷὄἷ che
Erodoto abbia ἳἶὁpἷὄἳὈὁΝ l’ἳὈὈέ α α nel descrivere il piano di Temistocle e poi il
med. rifl. indir. α αυ quando il piano è stato effettivamente messo in atto, dal
momento che solo in questo secondo caso ha senso sottolineare contrastivamente chi è il
ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷ. Ciò detto vale la pena ribadire l’ἷἵἵἷὐiὁὀἳliὈὡΝ ἶἷlΝ mἷἶέ
α αυ (Ia-b): quando parla di fuochi accesi dagli eserciti accampati, Erodoto
impiega solitamente l’ἳὈὈivὁΝ(vd. Hdt. 4.134.3, 4.135.3, 4.145.2, 8.19.2).
In conclusione per il sintagma α ή - π ΝήΝπυ l’ἳὈὈivὁΝpare l’ὁpὐiὁὀἷΝὀὁὄmἳlἷΝma
ἹiὡΝ ὀἷll’ἷpiἵἳΝ ὨΝ iὀΝ liἴἷὄἳΝ ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝ ἵὁlΝ mἷἶiὁΝ ὄiἸlἷὅὅivὁΝ iὀἶiὄἷὈὈὁΝ (ἂx),Ν ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝ ἵhἷΝ
resiste nel tempo ed è sfruttata in maniera pregnante – vd. (Ia-b) – anche da Erodoto.
3.10 α ,Ν
200
Vd. CHANTRAINE 1λἀἅἴἈΝ 1ηἅΝ «ὡΝ l’ἳὁὄiὅὈἷΝ lἳΝ ἸlἷxiὁὀΝ mὁyἷὀὀἷΝ ὀἷΝ ὅἷΝ ἶiὅὈiὀἹὉἷΝ pἳὅΝ pὁὉὄΝ lἷΝ ὅἷὀὅΝ ἶἷΝ
l’ἳἵὈiἸ»έ
158
α α α 201. ὺ α α Ν ὨΝ ἳἸἸἷὈὈivὁΝ di tangenza (in Hdt. 2.160.2, 3.79.1, 5.39.2,
6.79.1, 8.79.2 (2x)) e questa sfumatura di affettività si declina in vari modi: “ἵhiἳmἳὄἷΝ
iὀΝ ἳiὉὈὁ”Ν ( π α α Ν iὀ Hdt. 3.45.3, 5.63.3, 5.70.1, 5.80.2, 5.103.1, 5.108.2, 6.23.3,
6.92.1, 7.152.3, 7.203.1),Ν “iὀviὈἳὄἷ”Ν (in ἘἶὈέΝ ἄέἀἀέἀ,Ν ἅέἄέἀ,Ν ἶἷpέΝ π α α in Hdt.
1.69.2, 3.13.1, 4.201.2, 9.48.3) ὁΝ“ὅἸiἶἳὄἷ”Ν(in Hdt. 5.1.2).
“ἵhiἳmἳὄἷ”Ν ὁppὁὀἷΝ ἳὀἵh’ἷὅὅὁΝ ἳὈὈivὁΝ ὈὄἳὀὅiὈivὁΝ ήΝ mἷἶiὁΝ ἳἸἸἷὈὈivὁΝ ἶiΝ
tangenza:
a. att. “ἵhiἳmἳὄἷ,Νἵὁὀvὁἵἳὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 11.606);
b. med. α “ἵὁὀvὁἵἳὄἷ,ΝὄἳἶὉὀἳὄἷ a sé”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 10.300).
Ν – praticamente un sinonimo di α con le stesse costruzioni, l’ὉὀiἵἳΝ
ἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝ ὨΝ l’Aktionsart – è una neoformazione esclusivamente greca con
raddoppiamento e suffisso - - (ἵἸὄέΝ - - ,Ν - - ,Νπ -φα - ,Ν - - )Ν
confinata alla lingua poetica, perciò non è usato nelle Storie. In Omero lo si trova 14x
(att. 12x vs. x med. 2x), ma la distribuzione diatetica è poco perspicua e attivo e medio
(1x metricamente sostituibile) si possono sovrapporre.
Analizzeremo ora cinque ἵὁppiἷΝmiὀimἷΝiὀΝἵὉiΝiΝἶὉἷΝvἷὄἴiΝἵὁmpἳiὁὀὁΝὅiἳΝἳll’ἳὈὈivὁΝ
sia al medio in collocazione con (1) π α Ν υ , (2) υ , (3)Ν φ Ν
α ,Ν(4) υ , - ,Ν(ἄ) / Ν .
201
Ἔ’iὀἸέΝmἷἶέΝ α α α Νpotrebbe peraltro spiegarsi contestualmente come un doppione privo di π ὺΝ
(già presente in π - υ )ΝἶiΝ π α α ,ΝἵhἷΝlὁΝpὄὁἵἷἶἷΝἶiΝpὁἵὁΝὀἷllo stesso paragrafo.
159
(2b) Od. 22.435-436
α Ν α Ν α υ Ν υ Ν
Ν α π αΝπ αΝπ αΝ
“ἡἶiὅὅἷὁ,Ν iὀὈἳὀὈὁ,Ν ἦἷlἷmἳἵὁΝ ἷ il bovaro e il porcaio || chiamò a sé e parole
ἸὉἹἳἵiΝpἳὄlἳvἳ”
Odisseo (3a), Telemaco (Od. 19.15) e Eumeo (Od. 21.380) chiamano in disparte
Euriclea per parlarle tête-à-tête, perciò il med. Ν […]Ν α Ν (ἁb) è
giustificabile ἵὁmἷΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἶiΝὈἳὀἹἷὀὐἳΝ(“ἵhiἳmἳὄἷΝa sé”)έ
In (3a) il contesto è identico, ma si è preferito l’impvέΝ ἳὈὈέΝ Ν (ἁἳ)Ν ἳll’impvέΝ
mἷἶέΝ* α έΝἜἳΝὄἳἹiὁὀἷΝὅὈἳΝpὄὁἴἳἴilmἷὀὈἷΝὀἷllἳΝpὄἷὅἷὀὐἳΝἶἷl dat. ἷὈiἵὁΝ , il quale
svolge esattamente la stessa funzione di Ν […]Ν α Ν ὀἷlΝ ἵὁὀἸἷὄiὄἷΝ ὉὀἳΝ
sfumatura di affettività: perciò, al fine di non essere ridondante, Omero ha sorvolato
ὅὉll’ὉὅὁΝἶἷlΝmἷἶiὁέ
202
Vd. ALLAN 2003: 114: «The use of the indirect reflexive middle is an unemphatic way of expressing
that the subject is the beneficiary. If one wishes to emphasize that the subject benefits from the action, the
reflexive pronoun is used, and mostly with an active vἷὄἴΝἸὁὄmΝ[…]έ»
160
ἙlΝ ἵὁὀὈἷὅὈὁΝ pἳὄἷΝ ἳΝ pὄimἳΝ viὅὈἳΝ lὁΝ ὅὈἷὅὅὁΝ mἳΝ ὉὀἳΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝ ἵ’ὨΝ ἷΝ pὉάΝ ὅpiἷἹἳὄἷΝ lἳΝ
diversa scelta di diatesi: in (4a) Achille semplicemente invoca, chiama per nome
l’ἳὀimἳΝἶiΝἢἳὈὄὁἵlὁΝἷΝpἷὄἵiάΝὈὄὁviἳmὁΝl’ἳὈὈέ , invece in (4b) Ermes chiama a
sé lἷΝ ἳὀimἷΝ ἶἷiΝ pὄὁἵiΝ pἷὄΝ ἵὁὀἶὉὄlἷΝ ὀἷll’χἶἷΝ ἷΝ pἷὄΝ ὃὉἷὅὈὁΝ ἡmἷὄὁΝ impiἷἹἳΝ ilΝ mἷἶέΝ ἳἸἸέΝ
tang. α ῖ .
Questa coppia minima mostra molto bene che la ripartizione diatetica che agisce
nelle Storie è sostanzialmente la stessa che troviamo in Omero (con i dovuti distinguo
operati supra).
161
Ma in (6b) Achille, pur non essendo il comandante supremo, esercita il suo diritto di
capo di convocare l’ἳὅὅἷmἴlἷἳἈΝ iὀΝ ὃὉἷὅὈὁΝ ἵἳὅὁ,ΝἶὉὀὃὉἷ,ΝilΝmἷἶiὁΝὄἳppὄἷὅἷὀὈἳΝpiὉὈὈὁὅὈὁΝ
una forma metricamente comoda – Ν(ἀxΝiὀΝ Ἐὁmέ) provocherebbe una fine di
parola dopo un biceps risolto con una sillaba lunga, un caso di figura di solito evitato
nella poesia esametrica – aggiustata a una situazione contestuale in cui non dovrebbe
ricorrere.
ἙὀΝἵὁὀἵlὉὅiὁὀἷΝὈὉὈὈiΝiΝmἷἶiΝἷpiἵiΝἶiΝ α ,Ν ΝὅὁὀὁΝἶiἸἷὀἶiἴiliΝἵὁmἷΝἳἸἸἷὈὈiviΝ
di tangenza (6x), tranne α α Ν (ἄἴ),Ν che non è giustificabile dal punto di vista
semantica e contestuale. Ciò suggerisce che il medio in (6b) sia stato impiegato su
imitazione dei numerosi versi in cui invece la diatesi marcata ricorre a buon diritto.
3.11 ,Νἳὁὄέ α , , α
203
ἙlΝpὄἷὅἷὀὈἷΝpiὶΝἳὀὈiἵὁΝὨΝ ,ΝilΝἵὉiΝἳὁὄέ α αΝὨΝἳllἳΝἴἳὅἷΝἶiΝ υ Ν(ξΝpἹὄέΝ* a -n - ←ΝἳὁὄέΝ
*kera-s- ←ΝiἷέΝ* 2- / 2-ˊ,ΝἵἸὄέΝἹὄέΝiὀἸέΝὺ α in Od. 7.164) e di Ν( α ΝὨ una variante di
ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁ,Νvd. LIV2 238 s.v. 2. * 2-, DELG 497 s.v. υ , EDG 675 s.v. υ ).
162
“ἝἳΝὅὉ,ΝὈἳἹliἳὈἷΝlἷΝliὀἹὉἷΝἷΝmἷὅἵἷὈἷΝilΝviὀὁ”
ἜἳΝὄipἳὄὈiὐiὁὀἷΝὈὄἳΝἳὈὈivὁΝἷΝmἷἶiὁΝἶipἷὀἶἷΝἶἳlΝἶἷὅὈiὀἳὈἳὄiὁΝἶἷll’ἳὐiὁὀἷΝἶἷllἳΝmἷὅἵiὈἳἈΝ
ὃὉἳὀἶὁΝ ὃὉἷὅὈὁΝ ὨΝ ἶivἷὄὅὁΝ ἶἳll’ἳἹἷὀὈἷΝ (ὁΝ ὀὁὀΝ ὨΝ ἵhiἳὄὁΝ ἶἳlΝ ἵὁὀὈἷὅὈὁ)Ν ὅiΝ impiἷἹἳΝ l’ἳὈὈivὁ,Ν
ὃὉἳὀἶὁΝἵὁiὀἵiἶἷΝ ἵὁὀΝl’ἳἹἷὀὈἷΝ – ἳὀἵhἷΝὅἷΝl’ὁἴiἷὈὈivὁΝ ὀὁὀΝὨΝ poi bere il vino ma libarlo,
vd. (1b), (1d) – si impiega il medio riflessivo indiretto204.
Ἔ’ὉὀiἵἳΝ ἷἵἵἷὐiὁὀἷΝ ἳΝ ὃὉἷὅὈὁΝ pὄiὀἵipiὁΝ ἶiΝ distribuzione è in (1h)Ν ἶὁvἷΝ ilΝ ἶἳὈέΝ ῖ Ν
rende manifesta la mancata coincidenza tra soggetto agente e beneficiario. Il med.
α Ν ἳlΝ pὁὅὈὁΝ ἶἷll’att. α (Od. 3.390) deve quindi spiegarsi come forma
ἳὀἳlὁἹiἵἳmἷὀὈἷΝ iὀἶὁὈὈἳΝ ἶἳΝ α Ν (1ἶ),Ν ἵhἷΝ ὄiἵὁὄὄἷΝ ἷὅἳὈὈἳmἷὀὈἷΝ ὀἷllἳΝ ὅὈἷὅὅἳΝ
posizione del verso, e anche come forma metricamente più gradevole perché evita una
fine di parola dopo uno spondeo al quarto metron.
In Erodoto funziona una diversa opposizione att. / med. dal momento che in (Ib) è
evidente che chi mesce il cratere non è poi tra coloro che bevono, sicché il medio
riflessivo indiretto non avrebbe senso.
Ἔ’ἳὉὈὁὄἷ sottolinea espressamente che i capi di ogni distretto scitico preparano
personalmente la cerimonia descritta nel proprio distretto ( Ν υ ), quindi
il med. α α (Ib) è interpretabile come affettivo ἶiΝpὄὁpὄiἷὈὡἈΝiὀΝviὅὈἳΝἶἷll’impὁὄὈἳὀὈἷΝ
evento i capi sciti mescono il vino nei loro crateri.
204
Vd. GROSSE 1891: 15, CHANTRAINE 1948-1953: II 177.
163
Quindi i medi epici di ,Ν , α , salvo α Ν(1h) che è indotto
dal metro ἷΝ ἶἳll’ἳὀἳlὁἹiἳΝ ἵὁὀΝ (1ἶ), si spiegano come medi riflessivi indiretti (8x)
indicanti l’iἶἷὀὈiὈὡΝtra chi compie la mescita e chi poi ne beneficierà.
3.12 ,
205
Vd. GROSSE 1889: 11, STAHL 1907: 72, CHANTRAINE 1948-1953: I 405, TRONCI 2005: 128-129.
206
Vd. JANSON 1868: 12, CHANTRAINE 1927b: 158, ALLAN 2003: 207-208.
164
“mἳΝiὁΝὈiΝἶiἵhiἳὄὁ,ΝἷΝὅὁΝἵhἷΝὃὉἷὅὈὁΝἳvὄὡΝἵὁmpimἷὀὈὁ”
cfr. Od. 1.201 (= 15.173), 3.226, 22.215
ἙlΝ ἴἳὀἶὁlὁΝ ἶἷllἳΝ mἳὈἳὅὅἳΝ ὀὁὀΝ pὉάΝ ἷviἶἷὀὈἷmἷὀὈἷΝ ἷὅὅἷὄἷΝ ὈὄὁvἳὈὁΝ ἹὄἳὐiἷΝ ἳll’ἳὀἳliὅiΝ
semantica ed è piuttosto la metrica a fornirci Ὁὀ’iὀἶiἵἳὐiὁὀἷΝ pὄἷὐiὁὅἳ: Omero non
conserva doppioni metricamente equivalenti.
Ciò significa che è estremamente improbabile che entrambe le diatesi siano
originarie e che invece il paradigma di ,Ν ΝὅiΝὨΝvἷὀὉὈὁΝἳὄὄiἵἵhἷὀἶὁΝἵὁὀΝlἳΝὅἷἵὁὀἶἳΝ
diatesi di modo che il verbo potesse occorrere in un numero maggiore di luoghi del
verso.
Considerando che in epoca post-ὁmἷὄiἵἳΝ α è quasi ovunque deponente, è più
plausibile che il verbo fosse in origine un activum tantum207 e che, per influsso dei suoi
numerosi sinonimi medi come e.g. α α, α ,Ν α , abbia acquisito le
207
Vd. CHANTRAINE 1927b: 158, CHANTRAINE 1948-1953: II 175, il quale constata che in particolare la
formula αΝ ὅἷmἴὄἳΝ ἶἷpὁὄὄἷΝ ἳΝ ἸἳvὁὄἷΝ ἶἷll’ipὁὈἷὅiΝ ἵhἷΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅiἳΝ lἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ piὶΝ ἳὀὈiἵἳ,Ν
mantenutasi appunto nelle formule ma pian piano soppiantata dal più recente medio. Vd. anche ALLAN
2003: 67 n. 98.
165
desinenze medie – questa è la situazione omerica in cui attivo e medio cooccorrono –
fino a diventare un deponente in epoca classica (Aesch.+)208.
ἥiΝὀὁὈiΝpἷὄάΝl’iὀὈἷὄἷὅὅἳὀὈἷΝeccezione del lacone: Aristoph. Lys. 81, 156, 998 mette in
bocca a personaggi spartani ὈὄἷΝἸὁὄmἷΝ , le quali autorizzano a credere chἷΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝ
rimasta la forma corrente nella lingua di Sparta almeno fino alla fine del V a.C..
In conclusione la sinonimia di ,Ν Ν/ α ,Ν α ὄiὅἵὁὀὈὄἳὈἳΝ ὀἷll’ἷpiἵἳΝ
costituisce, se vista in prospettiva diacronica, la fase intermedia posta tra quella
originaria, in cui ,Ν Ν era activum tantum, e quella finale, in cui α ,Ν α Νè
medium tantum.
3.13 ::
208
Vd. DUHOUX 20002: 122.
209
Vd. KÖLLIGAN 2007: 261, 268.
210
Vd. KÖLLIGAN 2007: 280.
166
La distribuzione diatetica di ,Ν in Omero è stata spiegata essenzialmente in
due modi: WITTE 1913: coll. 2240-2241, WITTE 1972: 72-77211, che segue ELLENDT
1861: 15-17, vede nei med. α ,Ν ΝἶἷllἷΝἸὁὄmἳὐiὁὀiΝiὀὈἷὄἳmἷὀὈἷΝὅἷἵὁὀἶἳὄiἷΝ
utilizzate in principio al quinto e sesto metron perché più comode delle corrispondenti
forme attive, mentre BECHERT 1964: 424-426212, pur riconoscendo alcune zone di
sovrapposizione delle due diatesi, conclude che «Das Aktiv steht, wenn die Aktion
hervorgehoben ist; […] Das Medium steht, wenn das Subjekt und seine besondere
Beteiligung an der Handlung hervorgehoben ist»213, rigettando quindi la tesi di Witte214.
Entrambe le posizioni sono estreme e contengono solo una parte di verità: come
mostreranno gli esempi che seguono, una reale differenza diatetica (che specificheremo
caso per caso) si è sovrapposta agli obblighi imposti dal metro, portando alla situazione
piuttosto confusa ἳὈὈἷὅὈἳὈἳΝὀἷll’ἷpiἵἳ.
Le collocazioni che esamineremo sono le seguenti: (1) α( ) (2)Ν υ αῖ α (3),
υ , (4) , (5) υ , α υ , (6) υ α,Ν(7) ,Ν(8) , (9) α,
(10) ππ υ , (11) α,Ν (12)Ν α,Ν (13) φ Ν (e sinonimi), (14) αῖα (e sinonimi), (15)
, (16) Ν υ , -α 215.
211
Seguito da SCHWYZER 1990-20056: II 232.
212
Seguito da ALLAN 2003: 100-101, 206, 224 n. 383.
213
Già KOWALECK 1887: 19 («das Medium bezeichnet die Beteiligung des Gemüts»), CHANTRAINE
1948-1ληἁἈΝ ἙἙΝ 1ἅηΝ («l’ἷmplὁiἷΝ ἶὉΝ mὁyἷὀΝ ὅἷmἴlἷΝ ὅὁὉliἹὀἷὄ lἳΝ pἳὄὈΝ pὄiὅἷΝ pἳὄΝ lἷΝ ὅὉἼἷὈΝ ὡΝ lἳΝ “viὅiὁὀ”») e
KÜHNER 1976-19783: II.1 102 («das objektive Sehen mit den Augen ist mit einem subjektiven Sehen, d.
h. mit einer inneren Gemütsbewegung verbunden») avevano abbozzato questa conclusione.
214
BECHERT 1964: 352-357.
215
Non si forniranno invece esempi contrastivi di attivo e medio in collocazione con ( )Ν φ α ῖ dal
momento che il sintagma non costituisce il complemento fondamentale di ,Ν έΝἢἷὄΝὉὀ’ἳὀἳliὅiΝἳΝ
questo proposito vd. BECHERT 1964: 427, KÖLLIGAN 2007: 264-265.
167
(Ia) Hdt. 3.155.1
α ῖ Ν αΝ α Ν Ν αΝ α Ν
“ϊἳὄiὁΝὅiΝiὀἶiἹὀάΝmὁlὈὁΝἳlΝvἷἶἷὄἷΝἵὁὅìΝἵὁὀἵiἳὈὁΝὉὀΝὉὁmὁΝἵὁὅìΝillὉὅὈὄἷ”
cfr. Hdt. 1.87.1, 3.35.4, 3.157.1, 6.112.3, 7.208.3, 7.218.2
In Omero ὀὁὀΝ ἵ’ὨΝ ὄἳἹiὁὀἷΝ ἶiΝ ὅvὁlἹἷὄἷΝ Ὁὀ’ἳὀἳliὅiΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὈἷΝ da quella avanzata nel
caso della collocazione con (3) α( ). (2b), infatti, è praticamente identico a Od.
6.160-161 Νπ Ν Ν Ν φ α ῖ ,Ν||Ν ’Ν ’Ν Ν υ αῖ α·Ν α Ν
’Ν Ν α, il che rende molto improbabile che la variazione diatetica abbia un
valore reale.
216
Vd. BECHERT 1964: 25-27.
168
α (2b), inoltre, non è inquadrabile in nessuno dei tipi di medio che abbiamo a
disposizione, perciò, tenuto anche conto che ricorre in explicit ben 36x su 38 ricorrenze
complessive, è probabile che sia stato indotto dal metro.
169
(3c) Il. 6.365-366 α Ν Ν Ν α ,Ν φ αΝ α || αΝ Ν Νφ Ν
α π Νυ
(3d) Il. 1ἅέἄἆ1Ν π υΝ Νυ Ν Ν αΝ
217
ἢἷὄΝὉὀΝἵἳὅὁΝὅimilἷΝvἶέΝώΝἀέἀἄΝ έ
170
“ἷΝlἳΝὀὉὈὄiἵἷ,ΝvἷἶἷὀἶὁΝἵhἷΝἵiΝὈἷὀἷvἳΝὈἳὀὈὁΝἳΝἶἳὄlἷΝὉὀ’ὁἵἵhiἳὈἳ,ΝἳllἳΝἸiὀἷΝἹliἷlἳΝ[οΝ
ἴἳmἴiὀἳ]ΝmὁὅὈὄά”
Erodoto distingue le due diatesi in maniera simile: in (IIIb.1), infatti, è il fatto che il
soggetto ὅiἳΝ lἳΝ mἳἶὄἷΝ ἶἷiΝ ὈὄἷΝ ἴἳmἴiὀiΝ ἳἶΝ ἳvἷὄἷΝ iὀἶὁὈὈὁΝ l’ὉὅὁΝ ἶἷlΝ mἷἶiὁΝ ἳἸἸἷὈὈivὁ di
proprietà.
In (IIIb.2),Ν iὀvἷἵἷ,Ν l’ὉὅὁΝ ἶἷllἳΝ ἵiὄἵὁὀlὁἵὉὐiὁὀἷΝ π π π υ Ν α Ν ὨΝ
funzionale a quanto verrà narrato dopo: lo sguardo della donna non è affatto
disinteressato perché costei vuole avere la bambina, sfortunatamente molto brutta, per
renderla bellissima. α Ν(IIIb.2) deve quindi essere considerato un medio riflessivo
iὀἶiὄἷὈὈὁΝ(ἵἸὄέΝiὀΝὉὀΝἵὁὀὈἷὅὈὁΝἶ’ὉὅὁΝmὁlὈὁΝὅimilἷΝ Ν(IIb)).
Dal marcotipo α ή -, ή - α( ) / υ αῖ α discende tutta una serie di
collocazioni omeriche in cui attivo e medio sono utilizzati promiscuamente.
171
||ΝἥἷΝἵὁὀΝἵὉὁὄἷΝὅiὀἵἷὄὁΝἳΝἴἷὄἷΝἷΝἳΝmἳὀἹiἳὄἷΝm’iὀviὈi,ΝὅἵiὁἹlili,Ν||ΝἵhἷΝliΝvἷἶἳΝἵὁὀΝ
ἹliΝὁἵἵhi,ΝiΝἸἷἶἷliΝἵὁmpἳἹὀi”
218
BECHERT 1964: 75-76 istituisce in (5a-b) una differenza tra α «objektbetont» e «Betonung
der Aktion» per giustificare la discrepanza diatetica.
172
(9a) Il. 5.475
Ν Ν ’Ν έ α ’Ν α
“mἳΝὁὄἳΝὀὁὀΝὄiἷὅἵὁΝἳΝvἷἶἷὄὀἷΝὁΝἳΝὅἵὁvἳὄὀἷΝὀἷὅὅὉὀὁ”
In tutti gli questo versi l’alternanza tra attivo e medio pare semanticamente
irrilevante ἷΝl’ὉὅὁΝἶiΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝὀὁὀΝὨΝἹiὉὅὈiἸiἵἳἴilἷΝiὀΝἴἳὅἷΝἳllἷΝὈipὁlὁἹiἷΝἶiΝmἷἶiὁΝἶiΝ
cui disponiamo.
Un ulteriore indizio della artificiosità del medio si evince anche dal fatto che questo
ricorre sempre in contesti metrici in cui la forma attiva corrispondente sarebbe
inutilizzabile, mentre non vale il contrario: ὀἷll’Ὁὀiἵὁ passaggio in cui il medio sarebbe
metricamente possibile, cioè Od. 17.510-511 (compl. ogg. υ α), ὈὄὁviἳmὁΝl’ἳὈὈivὁ.
173
metrica, appunto dopo la dieresi bucolica ἶὁvἷΝl’ἳὈὈivὁΝὄiἵὁὄὄἷΝἴἷὀΝ27x su 46 ricorrenze
complessive.
Se a questo aggiungiamo la testimonianza erodotea (Xa) non possono esserci dubbi:
Ν(1ἀἴ) ἷΝ α Ν(Il. 23.495) sono medi nichtsprachwirklich.
174
(XIIa) Hdt. 8.92.2
Ν ῖ Ν αΝ Ν Ν
“ἢὁliἵὄiὈὁ,ΝἳppἷὀἳΝὅἵὁὄὅἷΝlἳΝὀἳvἷΝἳὈἷὀiἷὅἷ”
cfr. Hdt. 3.13.2, 7.147.2, 8.4.1, 8.10.1, 9.98.2
Ν (1ἁἴ)Ν ὀὁὀΝ ὅiΝ ἶiὅὈiὀἹὉἷ semanticamente in maniera chiara dagli esempi col
vἷὄἴὁΝἳll’ἳὈὈivὁΝ(1ἂx)Νed è spiegabile come metricamente condizionato a causa della ua
insostituibilità metrica con la forma attiva corrispondente.
In Erodoto, invece, la differenza tra α ῖ Ν(XἙἨa) e α Ν(XIVb) si percepisce
chiaramente: nel primo caso si tratta semplicemente di vedere il sole, ma nel secondo
l’ἷὅpὄἷὅὅiὁὀἷ Ν Ν Ν α rimarca nettamente che il soggetto è
iὀἶiviἶὉἳὈὁΝ ἵὁmἷΝ ἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷ e giustifica il medio riflessivo indiretto
α (XIVb).
175
Poiché però in Omero manca una simile giustificazione contestuale, è più prudente –
come si è fatto – considerare Ν(13b) una Augenblickform.
176
(15b) Il. 1.203
αΝ Ν ῃ α Ν α ἉΝ
“ἸὁὄὅἷΝἳΝvἷἶἷὄΝlἳΝviὁlἷὀὐἳΝἶ’χἹἳmἷὀὀὁὀἷΝχὈὄiἶἷς”
Il cong. aor2. med. ῃ (16b) si trova indebolito dal fatto che in generale il
ἵὁὀἹiὉὀὈivὁΝ ἳὁὄiὅὈὁΝ mἷἶiὁΝ ὨΝ ἴἷὀΝ piὶΝ ἸὄἷὃὉἷὀὈἷΝ ἶἷll’ἳὈὈivὁ (vd. supra). Questo può
spiegare perché, in un luogo del verso che avrebbe potuto accogliere comodamente
ἳὀἵhἷΝl’ἳὈὈέ ῃ (Od. 15.76)219, troviamo ῃ (7x in Hom.).
χΝὃὉἷὅὈὁΝὅiΝἳἹἹiὉὀἹἳΝl’iὀἵὁὀὅiὅὈἷὀὐἳΝἶiΝ ῃ (15b), che non è giustificabile secondo le
tipologie di medio a nostra disposizione, e la testimonianza erodotea con l’ἳὈὈέ
(XVa).
A conti fatti sembra perciò che la forma sia stata modellata analogicamente sulle
altre forme di congiuntivo aoristo medio piuttosto che indotta dal contesto.
ἙὀΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimἳΝ ἵὁllὁἵἳὐiὁὀἷ, infine, l’ἳὈὈivὁ ὨΝ lἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ ἵὁὄὄἷὈὈἳἈΝ l’ὉὅὁΝ ἶἷlΝ pὄὁὀέΝ
υ , -α garantisce che l’ἷὅpὄἷὅὅiὁὀἷΝ hἳΝ vἳlὁὄἷΝ ὄἷciproco, caso in cui in greco
ricorre o un verbo medio reciproco oppure un verbo attivo unito proprio a υ , la
220
cooccorrenza dei due essendo esclusa .
Il med. Ν (18b) è quindi metricamente indotto e sostituisce l’ἳὈὈέ (22x in
Hom.) inutilizzabile in questo contesto metrico.
219
Che esiste comunque come variante testuale, vd. ELLENDT 1861: 16, WITTE 1927: 75.
220
Vd. ALLAN 2003: 85, 87.
177
Siamo alle conclusione finali a proposito di ΝἈἈ , le quali ci dicono che la
maggioranza dei medi epici analizzati, ben 23 su 30, è il risultato della pressione
esercitata dal metro. I restanti 7 medi si spiegano come:
1. affettivi di proprietà (5x) in (3b.2), (3c), (4b), (4c), (5a-b);
2. riflessivi indiretti (2x) in (14b.1), (14b.2).
3.14 π
221
Vd. TRONCI 2005: 132-133, 135-136.
178
Gli esempi raccolti, e in particolare il passaggio delle Storie (Ib), testimoniano che il
medio è qui riflessivo indiretto: il costruttore delle navi è inquadrato come colui che poi
ne farà uso, quindi come beneficiario finale.
Questo significa che l’ἳὈὈέΝ π (1a) svolge il ruolo di variante non marcata favorita
dal metro oppure va inteso come causativo “ἸἷἵἷΝἵὁὅὈὄὉiὄἷ”.
3.15 π
222
Vd. COCK 1981: 23.
223
Vd. COCK 1981: 46.
179
(1b) Il. 12.4-5
φ Ν Ν Ν α α α ῖ π
, π α π […]
“resistere molto il fossato dei Danai e il muro ampio sopra, || che avevano fatto
ἳΝpὄὁὈἷἹἹἷὄΝlἷΝὀἳvi”
ἕliΝ ἷὅἷmpiΝ ὄipὁὄὈἳὈiΝ ὀὁὀΝ lἳὅἵiἳὀὁΝ ἳἶiὈὁΝ ἳΝ ἶὉἴἴiἈΝ ὅἷὀὐἳΝ ἳlἵὉὀἳΝ ἷἵἵἷὐiὁὀἷΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὨΝ
regolarmente usato quando il beneficiario del muro è diverso dal suo costruttore – vd.
(1a), Hes. fr. 235.4-5 Merkelbach-West – mentre il medio riflessivo indiretto è
adoperato quando benificiario e costruttore coincidono, cioè in (1b) gli Achei, in (Ib.1)
Mardonio e in (Ib.2) i Persiani.
180
(IIa) Hdt. 5.62.3
α α α ,
α πα α υ , α α υ υ φ
π υ υπ έ , α υΝ π Να π α
“ἢὁiἵhὧΝ ἷὄἳὀὁΝ ἴἷὀΝ pὄὁvviὅὈiΝ ἶiΝ ἶἷὀἳὄὁΝ ἷΝ ἹὁἶἷvἳὀὁΝ ἶiΝ ἹὄἳὀἶἷΝ pὄἷὅὈiἹiὁΝ ἸiὀΝ ἶἳiΝ
tempi più remoti, edificarono un tempio ancora più bello di quanto fosse
previsto nel progetto: in particolare, benché si fosse stabilito di costruirlo in
ὈὉἸὁ,ΝὀἷΝἷὄἷὅὅἷὄὁΝlἳΝἸἳἵἵiἳὈἳΝiὀΝmἳὄmὁΝpἳὄiὁ”
ἢἷὄΝ ὃὉἳὀὈὁΝ ὄiἹὉἳὄἶἳΝ l’ἷpiἵἳΝ lἳΝ ὅiὈὉἳὐiὁὀἷΝ ὨΝ iὀΝ ὈὉὈὈὁΝ ἷΝ pἷὄΝ ὈὉὈὈὁΝ sovrapponibile a
quanto appena visto nelle collocazioni con (1)Ν ῖ Ν ἷ (2) ,Ν - : il medio
π α ’( ) (3b) – pὄἷἸἷὄiὈὁΝἳll’ἳὈὈέΝπ Ν(Ἐὁmέ 2x, HH. 2.242) – ὅiΝὈὄὁvἳΝὀἷll’ὉὀiἵὁΝ
lὉὁἹὁΝiὀΝἵὉiΝilΝἵὁὅὈὄὉὈὈὁὄἷΝἶἷll’ἳlὈἳὄἷΝἷΝilΝὅὉὁΝἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝἸiὀἳlἷΝὅὁὀὁΝlἳΝὅὈἷὅὅἳΝpἷὄὅὁὀἳ,Ν
ovverosia Apollo, in tutti gli altri casi ricorre l’ἳὈὈivὁ.
Il passo erodoteo (IIIb), invece, presenta un medio inaspettato: essendo i Persiani i
ἵὁὅὈὄὉὈὈὁὄiΝ ἶἷἹliΝ ἳlὈἳὄiΝ ἶἷἶiἵἳὈiΝ ἳἹliΝ ἶὨiΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὅἳὄἷἴἴἷΝ piὶΝ ἵὁἷὄἷὀὈἷΝ ἵὁὀΝ ὃὉἳὀὈὁΝ viὅὈὁΝ
finora. Non dimentichiamo che in (IIa) figura π Ν Ν ἳll’ἳὈὈivὁ, sintagma
estremamente simile a Νπ α (IIIb).
181
Non resta che interpretare questo med. π α Ν(IIIb)ΝὉὀΝpὁ’ΝἶivἷὄὅἳmἷὀὈἷΝὄiὅpἷὈὈὁΝ
ἳΝπ α ’( )Ν(ἁἴ): mentre ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝindica l’iἶἷὀὈiὈὡΝὈὄἳΝilΝἵὁὅὈὄὉὈὈὁὄἷΝἶἷll’ἳlὈἳὄἷΝἷΝilΝ
suo beneficiario, Erodoto impiega π α (IIIa) pἷὄΝ iὀἶiἵἳὄἷΝ l’iἶἷὀὈiὈὡΝ Ὀὄa chi
ἵὁὅὈὄὉiὅἵἷΝl’ἳlὈἳὄἷΝἷΝἵhiΝlὁΝὉὈiliὐὐἷὄὡ, ovverosia solo il suo beneficiario più prossimo. Si
tratta in entrambi i casi di medi riflessivi indiretti, ma il loro focus è orientato in maniera
diversa: π α ’( )Ν(3b) ingloba con la sua desinenza media l’ὉὀiἵὁΝἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁ,ΝἵiὁὨΝ
Apollo che costruisce per sé il tempio, mentre π α Ν (ἙἙἙἴ) ingloba solo il
beneficiario primo, cioè i Persiani che costruiscono gli altari per poi utilizzarli in prima
persona, mentre il beneficiario secondo, cioè gli dei, che avrebbe potuto essere espresso
tramite un dativo di vantaggio224, è qui lasciato sottinteso.
3.16 π
224
Vd. COCK 1981: 52, ALLAN 2003: 115, i quali propongono due ulteriori esempi (rispettivamente Hdt.
ἄέ1ἀἄέἁΝἷΝἘἶὈέΝἀέ1ἅἆέ1)ΝiὀΝἵὉiΝὉἹὉἳlmἷὀὈἷΝilΝἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝpὄimὁΝὨΝἷὅpὄἷὅὅὁΝὈὄἳmiὈἷΝl’ὉὅὁΝἶἷllἷΝἶἷὅiὀἷὀὐἷΝ
medie e il beneficiario secondo da un dat. di vantaggio.
182
b. med. π α [ἳ]Ν“Ὀὄἳὄὄἷ,ΝὈiὄἳὄἷΝa sé”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Od. 10.166, Hdt. 3.29.1).
ἙέΝἙὀΝἡmἷὄὁΝ π ΝὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈὁΝ18x (1x αὺ,ΝἀxΝ ὺ), att. 4x vs. med. 13x, e sempre
ἳll’ἳὁὄ1έΝ πα ( )α- dal momento che il presente corrispondente è 225
. La
distribuzione diatetica appena illustrata è rispettata, ma nἷll’Iliade si riscontrano alcuni
vἷὄὅiΝ iὀΝ ἵὉiΝ l’ἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ ἷὅὈὄἳὄὄἷΝ Ὁὀ’ἳὄmἳΝ ὨΝ ὄἷὅἳΝ iὀἶiἸἸἷὄἷὀὈἷmἷnte ἳll’ἳὈὈivὁΝ e al medio
(7x, 5x metricamente sostituibile).
II. In Erodoto il verbo (semplice e composto con αὺ,Ν π ὺ,Ν αὺ,Ν α αὺ,Ν α αὺ),
ἵhἷΝὨΝἶivἷὀὈἳὈὁΝiὀἶipἷὀἶἷὀὈἷΝἷΝpὁὅὅiἷἶἷΝὉὀΝpὄὁpὄiὁΝpὄἷὅέΝ π , è impiegato 26x, att. 17x
vs. med. 7x. La distribuzione diatetica è la stessa presente in Omero.
Vediamo ora gli esempi in cui π , - α Ν ὄiἵὁὄὄἷΝ iὀΝ ἵὁllὁἵἳὐiὁὀἷΝ (1) con :
entrambe le diatesi sono usate alternativamente.
225
Sul sistema suppletivo piuttosto complesso formato da , ΝἷΝ π ΝvἶέΝGARCÍA RAMÓN 2004b:
141-142, GARCÍA RAMÓN 2007: 100-101, KÖLLIGAN 2007: 136-137.
183
Ἔ’ἷὅἷmpiὁΝἷὄὁἶὁὈἷὁΝ(Ib) insieme a tutti gli altri passaggi citati delle Storie offre un
parallelo perfetto solo per (1b.2) poiché conferma che quando π significa
“ὅἹὉἳiὀἳὄἷΝ(Ὁὀ’ἳὄmἳ)”ΝὨΝὄἷἹὁlarmente medio affettivo ἶiΝὈἳὀἹἷὀὐἳΝ(“ἷὅὈὄἳὄὄἷΝa sé”)έ
Negli altri luoghi, tutti contestualmente identici – l’ἷὄὁἷΝὈὄἳἷΝlἳΝlἳὀἵiἳΝἶἳlΝἵὁὄpὁΝἶἷlΝ
nemico trafitto –, la dicotomia tra attivo e medio è ineliminabile dal momento che, in
contesti metrici che permetterebbero di scegliere tra le due diatesi, troviamo sia l’ἳὈὈέ
π ,Ν πα in Il. 5.859, 12.395, 13.178 sia il med. (°) π ( )α ’( ) in (1d), (1e),
226
(1f), (1g) .
Questo significa che Omero ha libertà di scelta e che, a seconda della sua volontà di
conferire o meno una sfumatura di affettività, decide se utilizzare il medio (marcato) o
l’ἳὈὈivὁΝ(ὀὁὀΝmἳὄἵἳὈὁ).
Si noti infine che in tutti i passi epici esaminati tranne (1b.2) π α Ν potrebbe
contemporaneamente essere interpretato anche come medio affettivo di proprietà227 (cfr.
§ 2.18 ,Ν ).
3.17 π
226
Vd. CHANTRAINE 1927b: 155, 159.
227
Vd. BAKKER 1994: 35.
228
Vd. BRUGMANN 19003: 460.
184
(1b) Il. 19.317
α αΝ α α ,Ν π Ν π α ’ α
“pὄὁὀὈὁΝἷΝὄἳpiἶὁ,ΝὃὉἳὀἶὁΝἹliΝχἵhἷiΝὅ’ἳἸἸἳὀὀἳvἳὀὁ”
185
adoperabile; al contrario in (1g) il med. π υ , concordato con α υ
“ἵὁmpἳἹὀi”,ΝὨΝὅὈἳὈὁΝpὄἷἸἷὄiὈo al pur equivalente att. * π αέ
Per quanto riguardo il verbo semplice la situazione è quindi la seguente: con
soggetto [– Ὁmἳὀὁ]Ν π Ν vἳlἷΝ “iὀἸὉὄiἳὄἷ”Ν (ἶἷὈὈὁΝ ἶiΝ ἸἷὀὁmἷὀiΝ ὀἳὈὉὄἳli)Ν ἷΝ hἳΝ lἷΝ
desinenze attive a segnalare una maggiore spὁὀὈἳὀἷiὈὡΝ ἶἷll’ἳὐiὁὀἷ,Ν con soggetto [+
umano] vale “ἳἸἸὄἷὈὈἳὄὅi,Ν adirarsi”Ν e ha le desinenze medie che sottolineano
l’iὀὈἷὀὐiὁὀἳliὈὡ ἶἷll’ἳἹἷὀὈἷέ
ἧὀΝpὁ’ΝἶivἷὄὅἳΝlἳΝὅiὈὉἳὐiὁὀἷΝἶἷlΝἵὁmpὁὅὈὁΝ π π . Questi è sempre attivo in Il.
23.430, Od. 5.304, 22.451 perciò la distribuzione tra attivo e medio appena delineata per
π Ν si rivela ora inadeguata perché permette di spiegare solo π π υ Ν (Od.
5.304), il cui soggetto è ancora α έΝ ἠὁὈiἳmὁΝ ἵhἷΝ lἳΝ ἸὁὄmἳΝ ὨΝ ὅὈἳὈἳΝ ἶἷliἴἷὄἳὈἳmἷὀὈἷΝ
preferita al pur possibile med. * π π α.
Il participio π π Ν (Il. 23.430, Od. 22.451) deve invece essere giustificato
altrimenti. Bisogna ammettere che * π π sarebbe stato metricamente
impossibile e che quindi π π ΝpὁὈὄἷἴἴἷΝἷὅὅἷὄἷΝὉὀἳΝὅἷmpliἵἷΝvἳὄiἳὀὈἷΝmἷὈὄiἵἳ,ΝmἳΝ
probabilmente è meglio ragionare sul significato del verbo. Mentre π π υ Ν(Od.
5.304) ricalca il senso del semplice π ,ΝὀἷἹliΝἳlὈὄiΝἶue luoghi omerici il composto
vale “incitare” ed è transitivo, benché in ambedue i casi il complemento oggetto sia
sottinteso (in Il. 23.430 i cavalli di Antiloco, in Od. 22.451 i compagni di Odisseo). Le
desinenze attive possono quindi essere giustificate dal fatto che il verbo, entrando in
composizione con π ὺ, è divenuto transitivo (cfr. e.g. α ,Ν “ἶimἷὀὈiἵἳὄἷ”ΝἈἈΝ
π- α ,Ν° “ἸἳὄΝἶimἷὀὈiἵἳὄἷ”).
ἙὀΝἵὁὀἵlὉὅiὁὀἷΝἷὀὈὄἳmἴἷΝlἷΝἶiἳὈἷὅiΝὈὄὁvἳὀὁΝlἳΝlὁὄὁΝὄἳἹiὁὀΝἶ’ἷὅὅἷὄἷΝὀἷἹliΝὉὅiΝἳὈὈἷὅὈἳὈiΝ
di π ή -ἈΝ l’ἳὈὈέΝ π si trova con soggetti [– umani], il med. π α Ν con
soggetti [+ umani]; π π , invece, è sempre attivo o perché ha un soggetto [–
umano] o perché è usato transitivamente229.
La ripartizione di π ,Ν- α è particolarmente importante perché il tratto [+ / –
umano] è stato finora riconosciuto come decisivo nella scelta diatetica solo per il verbo
Ν (§ 2.3), nel quale però la distribuzione di attivo e medio era meno limpida. Il
caso di π ,Ν - α è invece evidente e permette di confermare le conclusioni già
avanzate a proposito della variazione / α , le quali costituiranno materia di
discussione nelle conclusioni.
229
Quindi è contestabile che π Ν/ π α siano due doppioni metrici intercambiabili come
pensano SCHWYZER 1990-20056: II 223, 232, ALLAN 2003: 207-208, HUMBERT 20043: 106. La possibilità
di applicare al verbo desinenze sia attive sia medie trova conferma nella comparazione: ved. ind. pres. 3
pers. pl. ayant “ἶἷὅiἶἷὄἳὀὁΝ vivἳmἷὀὈἷ”Ν ὨΝ ἳὈὈivὁΝ mἳΝ ἳἳvέΝ iὀἶέΝ impἸέΝ ἁΝ pἷὄὅ. sg. aspərəzatā “ὅiΝ
ὅἸὁὄὐἳvἳ”ΝὨΝmἷἶiὁ (vd. KEWA III 539-540 s.v. spṛhayanti, DELG 1001 s.v. πέ α , EWAia II 775 s.v.
SPARH, LIV2 581 s.v. h
-, EDG 1381 s.v. πέ α ).
186
3.18 Ν
187
GliΝ ἷὅἷmpiΝ ἶiΝ ἓὄὁἶὁὈὁΝ mὁὅὈὄἳὀὁΝ l’ἷἸἸἷὈὈivἳΝ pὁὅὅiἴiliὈὡΝ ἶiΝ ἳἶὁpἷὄἳὄἷΝ ilΝ mἷἶiὁΝ
riflessivo indiretto in contesti in cui chi scrive ritiene di dovere sottolineare che il
ὅὁἹἹἷὈὈὁΝἸiἹὉὄἳΝἵὁmἷΝἴἷὀἷἸiἵiἳὄiὁΝἶἷll’ἳὐiὁὀἷέΝ
ἙὀΝ (Ἑἴέ1)Ν l’ὉὅὁΝ ἶἷlΝ mἷἶέΝ α Ν mἷὈὈἷΝ iὀΝ ἷviἶἷὀὐἳΝ ἵhἷΝ ἹliΝ χὄmἷὀiΝ ἳἴἴἳὈὈὁὀὁΝ iΝ
salici per averne un profitto personale, cioè disporre del legname necessario a fabbricare
le loro tipiche imbarcazioni.
In (Ib.2), invece, gli Epidauri hanno bisogno degli olivi per costruire due statue a
ϊἳmiἳΝ ἷΝ χὉxἷὅiἳΝ pὁiἵhὧΝ ὃὉἷὅὈἳΝ ὨΝ lἳΝ ἵὁὀἶiὐiὁὀἷΝ ἵhἷΝ ὨΝ ὅὈἳὈἳΝ lὁὄὁΝ pὁὅὈἳΝ ἶἳll’ὁὄἳἵὁlὁΝ ἶiΝ
ϊἷlἸiΝ pἷὄἵhὧΝ lἳΝ lὁὄὁΝ ὈἷὄὄἳΝ ὈὁὄὀiΝ ἳΝ ἷὅὅἷὄἷΝ ἸἷὄὈilἷἈΝ ilΝ mἷἶέΝ α α Ν ὅἷὄvἷΝ ἳΝ ὄimἳὄἵἳὄἷΝ ilΝ
ruolo di beneficiario svolto dal soggetto .
Su questa base anche l’iὅὁlἳὈὁΝ Ν (1b) in Omero è difendibile come medio
riflessivo indiretto ἷΝl’ὁἵἵὁὄὄἷὀὐἳΝὀἷlΝmἷἶἷὅimὁΝἵἳὀὈὁΝἨ e nella medesima situazione
230
contestuale – ἑἳlipὅὁΝ ἷὅὁὄὈἳΝ ἡἶiὅὅἷὁΝ ἳΝ lἳὅἵiἳὄἷΝ l’iὅὁlἳΝ ἸἳἴἴὄiἵἳὀἶὁὅiΝ ὉὀἳΝ ὐἳὈὈἷὄἳΝ – del
part. att. α (Od. 5.162) non costituisce una controprova : il medio corrispondente
* α ΝὀὁὀΝἷὀὈὄἳΝὀἷll’ἷὅἳmἷὈὄὁέΝ
ἓὄὁἶὁὈὁΝἵὁὀὁὅἵἷΝὅὁlὁΝl’ἳὈὈivὁΝiὀΝὃὉἷὅὈὁΝἵὁὀὈἷὅὈὁΝἶ’Ὁὅὁ,ΝilΝἵhἷΝiὀἶὉἵἷΝἳΝἶὉἴiὈἳὄἷΝἶἷllἳΝ
genuinità dei due medi π α Ν(2b.1) e α υ Ν(2b.2).
ϊ’ἳlὈὄἳΝpἳὄὈἷ nessuno dei due è metricamente obbligatorio perché sia * π αΝ
per π α Ν (2b.1) sia * α Ν pἷὄ α υ Ν (2b.2) sarebbero possibili.
Ἔ’ἷὅἷmpiὁΝiliἳἶiἵὁΝ(2b.1) ὨΝἶiΝpiὶΝimmἷἶiἳὈἳΝὅpiἷἹἳὐiὁὀἷΝpὁiἵhὧΝὅiΝὈὄὁvἳΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝἶἷlΝ
ἴὁὈὈἳΝ ἷΝ ὄiὅpὁὅὈἳΝ ὈὄἳΝ χἵhillἷΝ ἷΝ ἓὈὈὁὄἷΝ ὃὉἳὀἶὁΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimὁ,Ν ὁὄmἳiΝ mὁὄἷὀὈἷ,Ν implὁὄἳΝ ilΝ
230
KOWALECK 1887: 13, 22 interpreta invece (1b) come un medio affettivo.
188
rivale di restituire il suo cadavere ai Troiani. Achille nel rifiutare arriva addirittura a
immaginarsi intento a squarciare e divorarsi il corpo di Ettore: il pathos del momento
deve essere stata la ragione principale che ha indotto Omero a preferire un medio
riflessivo indiretto in questa sede (cfr. Isocr. 5.122 α α Ν π Ν α ).
Ἔ’ἷὅἷmpiὁΝὁἶiὅὅiἳἵὁΝ(2b.2) è invece meno chiaro. Odisseo invita Laerte a seguirlo in
casa, dove già Telemaco e Eumeo stanno preparando il pranzo (vd. Od. 24.214-218):
questo sarà servito a tutti e non solo agli stessi Telemaco e Eumeo, perciò
Ὁὀ’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝ ἶἷlΝ mἷἶiὁΝ ἵὁmἷΝ ὄiἸlἷὅὅivὁΝ iὀἶiὄἷὈὈὁΝ ὨΝ ἶiἸἸiἵilmἷὀὈἷΝ ὅὁὅὈἷὀiἴilἷ.
Risulta perciò più economico giustificare α υ Ν (2c) secondo la tendenza
omerica ad aprire un verso con un participio medio-passivo, che metricamente è molto
comodo.
In conclusione mentre Ν(1ἴ) e π α Ν(ἀἴ.1) sono difendibili come
medi ὄiἸlἷὅὅiviΝiὀἶiὄἷὈὈi,Ν α υ Ν(ἀἴέἀ) è verosimilmente una creazione metrica.
3.19 α , α ,Ν
α ,Ν α ,Ν 231
“Ὀἷὀἶἷὄἷ”Νoppone attivo transitivo / medio intransitivo:
a. att. α , α , “Ὀἷὀἶἷὄἷ,ΝἶiὅὈἷὀἶἷὄἷ”Ν+ΝἳἵἵέΝ(Il. 17.390, Aesch. Ag.
364);
b. med. α α, α α, α “ὅὈἷὀἶἷὄὅi,ΝἶiὅὈἷὀἶἷὄὅi”Ν(Od. 9.298).
I. Omero attesta tutti e tre i verbi α Ν (74x, med. 12x),Ν α Ν (16x, med. 7x),
Ν (27x, med. 15x), i quali contano complessivamente 117 attestazioni (semplici e
composti con ὺ,Ν °, π ὺ)Νe 34 esempi di medio. Gli aor. in - - ὺ α (7x) e
(4x) sono tutti di diatesi media . Ἔ’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ἳὈὈέΝ ὈὄἳὀὅέΝ ήΝ mἷἶέΝ iὀὈὄἳὀὅέΝ ὨΝ
232
231
I tre presenti sono perfettamente sovrapponibili sia quanto a opposizione diatetica sia quanto a
costrutti, inoltre 2 su 3 ricorrono anche in Erodoto: per queste ragioni si è preferito trattarli insieme. Dal
punto di vista etimologico, inotre, essi sono corradicali, ma solo uno è antico e sicuramente di origine
indoeuropea ed è α , il quale ἵὁὅὈiὈὉiὅἵἷΝlἳΝἸὁὄmἳΝὈἷmἳὈiὐὐἳὈἳΝἶiΝ υ α Ν(Il. 17.393) da ie. *tn-n u- /
tn-nu-ˊ : ved. tanóti, av. rec. ott. tanuiiaέΝ α ΝpὉάΝἷὅὅἷὄἷΝὉὀΝὄiἸἳἵimἷὀὈὁΝἹὄἷἵὁΝἶiΝὉὀΝpὄἷὅέΝiἷέΝ*ti-tén- /
t -tn-ˊ →Νpgr. t tn- e/o- ὁppὉὄἷΝὉὀἳΝὀἷὁἸὁὄmἳὐiὁὀἷέΝ , invece, è sicuramente una creazione posteriore
interna al greco da pgr. *ten- e/o- e senza paralleli in altre lingue (vd. LIV2 626-627 s.v. *ten-, DELG
1053-1054 s.v. α υ-, EDG 1450 s.v. υ α , 1458 s.v. ).
232
Vd. GROSSE 1889: 10, TRONCI 2005: 142-143.
189
Presentiamo ora i versi in cui α ,Ν α ,Ν compaiono in collocazione con
(1) ,Ν -α (e sinonimi) per verificare se la coesistenza di attivo e medio risponde a
una reale differenza linguistica.
L’ἳὈὈivὁΝ ὅiΝ ὈὄὁvἳΝ ἶὁvὉὀὃὉἷΝ lἳΝ mἷὈὄiἵἳΝ ὀὁὀΝ ὀἷΝ iὀὈὄἳlci la presenza – vd. att.
α Ν (1ἳ),Ν α υ Ν (Od. 21.326) che in teoria Omero avrebbe potuto
sostituire rispettivamente coi med. * α α ,Ν* α α 233 –, ciononostante per
ὉὀΝvἷὄἴὁΝὅiἹὀiἸiἵἳὀὈἷΝ“Ὀἷὀἶἷὄἷ”ΝὨΝὅἷmpὄἷΝpὁὅὅiἴilἷΝimmἳἹiὀἳὄἷΝὉὀἳΝvἳὄiἳὀὈἷΝmἳὄἵἳὈἳΝἵὁlΝ
mἷἶiὁΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἶiΝὈἳὀἹἷὀὐἳΝ“ὈἷὀἶἷὄἷΝa sé”Ν(ἵἸὄέ § 2.18 Ν|| ’( )).
233
Vd. ELLENDT 1861: 14, MEISTER 1921: 19-20, WITTE 1972: 35.
190
(Ia.2) Hdt. 3.35.3
α αΝ π αΝ α α α α Ν α Νπαῖ α
“ἑiάΝἶἷὈὈὁ,ΝὈἷὅἷΝl’ἳὄἵὁΝἷΝἵὁlpìΝilΝὄἳἹἳὐὐὁ”
I medi erodotei possono rispondere al medesimo schema att. (non marcato) / med.
rifl. tang. (non marcato).
Per almeno uno di loro, cioè α Ν (Ib.2) è però possibile ammettere la
ἵὁὀἵὁὄὄἷὀὐἳΝἶiΝὉὀ’ἳlὈὄἳΝὅἸὉmἳὈὉὄἳΝmἷἶiἳlἷέ
Si noti infatti che il preverbo α° o ha un valore locale, e.g. α Ν “ἳὀἶἳὄἷ”Ν ἈἈΝ
α α Ν“ἳὈὈὄἳvἷὄὅἳὄἷ,ΝὁppὉὄἷ conferisce un senso di reciprocità al verbo, e.g. Ν
“lἳὀἵiἳὄἷ ὉὀΝἹiἳvἷllὁὈὈὁ”ΝἈἈΝἶἷpέΝ α α Ν“gareggiare ὀἷlΝlἳὀἵiὁΝἶἷlΝἹiἳvἷllὁὈὈὁ” , 234
3.20 °
234
Vd. ALLAN 2003: 86 n. 138.
235
α Ν(1x)ΝὨΝὅἷmpὄἷΝἳὈὈivὁΝἷΝπ α Ν(ηx)ΝὅἷmpὄἷΝmἷἶiὁέ
191
π Ν“iὀἹiὉὀἹἷὄἷ,Νὁὄἶiὀἳὄἷ”ΝhἳΝἳὈὈivὁΝἷΝmἷἶiὁΝὅiὀὁὀimi,ΝἳmἴἷἶὉἷΝὈὄἳὀὅiὈiviἈ
a. att. π “iὀἹiὉὀἹἷὄἷ,Νὁὄἶiὀἳὄἷ”Ν+Νacc. (Il. 11.782) | + acc. e dat. (Il. 9.179) |
+ dat. e inf. (Il. 4.229) | + dat. (Il. 10.63);
b. med. π α “iὀἹiὉὀἹἷὄἷ,Ν ὁὄἶiὀἳὄἷ”Ν +Ν ἳἵἵέΝ (Od. 1.327) | + acc. e dat. (Il.
19.192).
I. Omero attesta il verbo 62x, att. 44x vs. med. 18x, ma apparentemente non si
percepisce alcuna differenza semantica tra le due diatesi236: in tre collocazioni, infatti,
attivo e medio (8x, 1x da Hes. Sc. 94, 7x metricamente sostituibile) si alternano senza
che sia possibile individuare un principio di distribuzione.
II. Poiché π ,Ν - α è attestato solo in poesia237, la pietra di paragone in
Erodoto sarà un altro composto di ὅiἹὀiἸiἵἳὀὈἷΝ ὉἹὉἳlmἷὀὈἷΝ “ὁὄἶiὀἳὄἷ”,
α , attestato 91x sempre al medio.
ἢὄὁἵἷἶiἳmὁΝ ἳll’ἷὅἳmἷΝ ἵὁὀὈὄἳὅὈivὁΝ ἶἷlle due diatesi in collocazione con (1) /
/ α α,Ν(ἀ) π , (3) υ .
236
Vd. JANSON 1868: 14 « π α ab activi significatione haud diversum», MEISTER 1921: 20.
237
In prosa è documentato il verbo omofono e intransitivo π ,Ν - α Ν “ὅὁὄἹἷὄἷ,Νlἷvἳὄὅi”, che però
rimonta a una famiglia lessicale differente, vd. infra.
192
cfr. Il. 9.179, 11.782
ἧὀἳΝ ἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝ ὅἷmἳὀὈiἵἳΝ ὀἷll’ὉὅὁΝ ἶἷll’ἳὈὈivὁΝ ὁΝ ἶἷlΝ mἷἶiὁΝ ὀἷiΝ pἳὅὅiΝ ἷpiἵiΝ ὀὁὀΝ è
riconoscibile, il che ci obbliga a passare al nostro secondo criterio di analisi, cioè la
metrica.
Questa ci offre un dato interessante: in tutti i passi in cui la scelta diatetica è libera
da imposizione metriche ricorre il medio – vd. in particolare (2b), (3b), Hes. Sc. 94 –
con la sola eccezione di Hes. fr. 190.12 Merkelbach-West: π] [υ , che è
un perfetto doppione di π ’Ν υ (4b), (4c) .
238
Dal canto suo Erodoto ci offre un verbo che, anche quanto a collocazioni,
ὄἳppὄἷὅἷὀὈἳΝl’ἷὄἷἶἷΝἶiΝ π ή - nella prosa ionica239.
La situazione generale è simile a quella vista in § 3.12 ,Ν ἈΝilΝpἳὄἳἶiἹmἳΝἷpiἵὁΝ
di π ή - ospita forme sia attive sia medie senza nessun doppione metrico se non
ἳll’impἸέΝ ἁΝ pἷὄὅέΝ ὅἹέΝ ἵhἷΝ può essere sia π Ν (9x in Hom. e HH. 4.498) sia
π ’( ) (2x). Ciò suggerisce che il processo di sostituzione di una diatesi con
l’ἳlὈὄἳΝὅiἳΝiὀΝὉὀἳΝἸἳὅἷΝpiὶΝἳὀὈiἵἳΝὄiὅpἷὈὈὁΝἳΝquanto si è constatato nel caso di ,Ν , il
238
ἨἷὄὁΝ ὨΝ ἵhἷΝ lἳΝ lἷὈὈἷὄἳΝ Ν ἶiΝ π] nel frammento esiodeo si legge male, ma tutti gli editori la
riportano concordemente, perciò conviene ἳἵἵἷὈὈἳὄἷΝl’ἳὈὈivὁΝpἷὄΝὃὉἷὅὈἳΝἸὁὄmἳΝvἷὄἴἳlἷέ
239
La relazione tra i due verbi era già chiara a GROSSE 1889: 14, GROSSE 1891: 10.
193
paradigma del quale già in Omero non contempla più doppioni metricamente
equivalenti.
Considerando che in epoca successiva il continuatore di π ,Ν - α Ν è il
deponente α Ν è più ragionevole credere che ἳll’iὀiὐiὁΝ ilΝ vἷὄἴὁ fosse activum
tantum. Questa conclusione è suggerita anche da un appunto di WITTE 1913: col. 2232,
il quale nota che il med. π α Ν ὄiἵὁὄὄἷΝ ἷὅἵlὉὅivἳmἷὀὈἷΝ pὄimἳΝ ἶἷllἳΝ ἶiἷὄἷὅiΝ
bucolica, cioè in un luogo del verso in cui le forme attive sarebbero ametriche o
produrrebbero iati (e.g. * π in (1c), π ΝiὀΝ(1ἴ)).
Vale però la pena di notare che anche α Ν ὄiἵὁὄὄἷΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ ὀἷllἷΝ ὅὉἳΝ
attestazione più antica Pind. Ol. 7.40, ἷΝἵhἷΝὄiἵὁmpἳὄἷΝἳll’ἳὈὈivo anche in Soph. Ant. 218
( πὺ), fr. 269 Radt.
Questa constatazione ci permette di delineare la seguente evoluzione per l’ἳὈὈέΝ
π :
i. sviluppo del med. π α Νsotto la pressione del metro240;
ii. sostituzione con ,Ν - α come Ersatzkontinuante in una fase in cui
ancora entrambe le diatesi sono uὈiliὐὐἳὈἷΝ ὉὀἳΝ ἳἸἸiἳὀἵὁΝ ἳll’ἳlὈὄἳέΝ ἣὉἷὅὈ’ὉlὈimὁΝ
pὄὁὅἷἹὉἷΝὅὉllἳΝliὀἷἳΝἶἷlΝὅὉὁΝpὄἷἶἷἵἷὅὅὁὄἷΝἷἶΝἷὅἳὉὈὁὄἳΝἶἷἸiὀiὈivἳmἷὀὈἷΝl’ἳὈὈivὁέΝ
La ragione del trionfo del medio può ἷὅὅἷὄἷΝviὅὈἳΝὀἷll’iὀἸlὉἷὀὐἳΝἶἷiΝsinonimi medi di
ὺ ή - “ὁὄἶiὀἳὄἷ”Νcome φ α ΝἷΝ α.
C’Ὠ però un ulteriore elemento di natura etimologica che ha sicuramente favorito
questo incrocio tra forme attive e forme medie.
Mentre i composti di cui stiamo discutendo derivano tutti da ie. *telh2- “pὄἷὀἶἷὄἷΝὅὉΝ
ἶiΝ ὅὧ” (cfr. gr. ,Ν ,Ν α ,Ν α )241, tutta una serie di derivati
foneticamente quasi identici e prevalentemente medi deriva da ie. *kuelh1- “mὉὁvἷὄὅiΝ
ἵiὄἵὁlἳὄmἷὀὈἷ”: ἹὄέΝπ ,Ν- α 242 “ἷὅiὅὈἷὄἷ,Νἷὅὅἷὄἷ”Ν(ἵὁὀΝἷὅiὈὁΝἷὁliἵo *kue- ρΝπ -),Νπ -
α Ν “ὄὉὁὈἳὄἷΝ (ἶἷὈὈὁΝ ἶiΝ ἳὅὈὄi)”Ν (ἵὁὀΝ ἷὅiὈὁΝ non eolico *kue- ρΝ -), ἵὄἷὈέΝ iὀἸέΝ Ν
“ἵὁmpiἷὄἷ”Ν (ἵἸὄέΝ ἢiὀἶέΝ Ol. 2.70 α Ν […]Ν ), ἵὄἷὈέΝ α Ν “ὅἳὄά”, ciren. α
“ὅἳὄὡ” ,Ν
243
Ν “vἷὀiὄἷ,Ν ἷὅὅἷὄἷ”,Ν π ,Ν - α Ν “Ἱiὄἳὄἷ,Ν ἳἹἹiὄἳὄὅi”,Ν π α
“ἸὄἷὃὉἷὀὈἳὄἷ”.
La confusione si è ingenerata nei composti e, se da un parte ha favorito, insieme
ἳll’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝ ἶiΝ φ α Ν ἷΝ α , il passaggio di π ὺ,Ν “ὁὄἶiὀἳὄἷ” al medio,
240
Vd. STAHL 1907: 60.
241
Attraverso un presente ie. *t -né-h2- / *t -n-h2-ˊ (vd. LIV2 622-623 s.v. *telh2-) o *telh2- e/o- (DELG
1062 s.v. έ e EDG 1462 s.v. έ 2). Questa aporia è comunque ininfluente ai fini della nostra
ricerca.
242
Ἔ’ὉὅὁΝὅiὀὈἳὈὈiἵὁΝἷΝlἳΝἶiἸἸἷὄἷὀὐiἳὐiὁὀἷΝἶiἳὈἷὈiἵἳΝἶiΝ π ,Ν- α sono oggetto di studio in NEUBERGER-
DONATH 1980, la quale conclude che π ὨΝ ὅὈἳὈiἵὁΝ (“ἷὅὅἷὄἷ”)Ν ἷΝ π α ἶiὀἳmiἵὁΝ (“ἶivἷὀὈἳὄἷ)έΝ ἨἶέΝ
anche GROSSE 1891: 6-7. Il verbo non è invece trattato in queste sede perché in Erodoto è attestato
Ὁὀ’ὉὀiἵἳΝvὁlὈἳΝἳll’ἳὈὈivὁΝiὀΝὉὀΝὁὄἳἵὁlὁΝ(ἘἶὈέΝἅέ1ἂίέἀ)έ
243
Vd. LIV2 386-388 s.v. *k elh1-, DELG 846-847 s.v. π α , 1062 s.v. έ α , 1062-1063 s.v.
έ α , EDG 1168-1169 s.v. π α , 1461 s.v. έ α 1, 1462 s.v. έ 3, 1462-1463 s.v. έ α.
194
ἶἳll’ἳlὈὄἳΝὨΝlἳΝὄἷὅpὁὀὅἳἴilἷΝἶἷlΝpἳὅὅἳἹἹiὁΝἵὁὀὈὄἳὄio di π - α “ὄὉὁὈἳὄἷ”Νdal medio
ἳll’ἳὈὈivὁέΝ
ἙὀἸἳὈὈi,Ν ὅἷΝ ὀἷll’ἷpiἵἳΝ ὈὄὁviἳmὁΝ ἳὀἵὁὄἳΝ ὄἷἹὁlἳὄmἷὀὈἷΝ ilΝ presente medio in
π υΝ Ν (Od. 11.295, 14.294), π Ν αυ Ν (Il. 2.551),
π υ αυ Ν (Il. 8.404, 8.418), Ν […]Ν π (HH.
ἂέἁἅ1),Ν Ν α Ν π Ν (ἘἷὅέΝ Op. 383), Ν || Ν
π π Ν Ν Ν α ῖ Ν || π Ν πα φα Ν π αΝ φα (Hes.
Op. 565-567) – cfr. le costruzioni participiali all’ἳὁὄiὅὈὁΝ pἷὄἸἷὈὈἳmἷὀὈἷΝ ἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈiΝ
ππ Ν Ν (Od. 7.261), π π υ ’Ν αυ (Hes. Th. 493), π π
αυ (Hes. Sc. 87) –, i composti impiegati da Erodoto αὺ,Ν πα αὺ,Ν π
sono sinonimi di π - α ma ignorano completamente il medio244 e, di
conseguenza, ὀὁὀΝ hἳὀὀὁΝ piὶΝ ὀἷmmἷὀὁΝ l’ἳὁὄ2. om. med. π 245
ma il nuovo aor1.
ὺ α-.
ἙὀΝἵὁὀἵlὉὅiὁὀἷΝlἳΝpἷὄἸἷὈὈἳΝὅiὀὁὀimiἳΝἶiΝ ὺ Ν ήΝὺ α “ὁὄἶiὀἳὄἷ” riscontrabile
ὀἷll’ἷpiἵἳΝὀὁὀΝὨΝἵhἷΝilΝὄiὅὉlὈἳὈὁΝἶiΝὉὀΝpὄὁἹὄἷὅὅivὁΝὅpὁὅὈἳmἷὀὈὁΝἶἷlΝvἷὄἴὁΝἶἳll’ἳὄἷἳΝἶἷἹliΝ
activa tantum a quella dei media tantum.
3.21
244
Prima e contemporaneamente a Erodoto anche i tre tragici e PiὀἶἳὄὁΝὉὅἳὀὁΝl’ἳὈὈivὁΝ(e.g. Aesch. Ag. 27,
Ch. 282, Pr. 100, Soph. El. 699, OC. 1246, Eur. HF. 1053, Phaëth. 6, Suppl. 688, Pind. Ol. 8.28) più
spesso del medio (e.g. Aesch. Ag. 1133, Pind. Isthm. 4.65).
245
ἧὀ’ὉὀiἵἳΝἸὁὄmἳΝἳὈὈivἳΝ π ΝὨΝἳὈὈἷὅὈἳὈἳΝiὀΝIl. 12.11 accanto alla varia lectio Ν
195
voce media. Le due diatesi non si sovrappongono e la sfumatura affettiva o riflessivo-
indiretta data dal medio è sempre ben percepibile.
Le 9 collocazioni che esamineremo sono le seguenti: (1) α (e sinonimi), (2)
ῖπ (e sinonimi), (3) αῖ α (e sinonimi), (4) π α “ἳὈὈὄἷὐὐi”,Ν (η) α , (6)
υ , (7) α, (8) ῖ α( ), (9) π .
I passi al medio sono chiari: i proprietari delle armi sono gli Achei in (1b.1) e (1b.2)
oppure Odisseo e Telemaco (1b.3) e (1c) e figurano sempre come soggetto di α,
pἷὄἵiάΝilΝmἷἶiὁΝὨΝἳἸἸἷὈὈivὁΝἷΝὅὁὈὈὁliὀἷἳΝl’ἳppἳὄὈἷὀἷὀὐἳΝἶἷllἷΝἳὄmiέ
Si noti che questo è regolarmente prἷἸἷὄiὈὁΝ ἳll’ἳὈὈivὁΝ ὃὉἳὀἶὁΝ ἷὀὈὄἳmἴἷΝ lἷΝ ἶiἳὈἷὅiΝ
ὅἳὄἷἴἴἷὄὁΝ mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝ ἳmmἷὅὅἷἈΝ ὺ α Ν (1ἴέ1),Ν (1ἴέἁ)Ν pἷὄΝ ὺ ῖ α Ν (9x in Hom.),
ὺ α Ν(1ἴέἁ)ΝpἷὄΝ Ν(7x. in Hom.).
ἣὉἳὀἶὁΝiὀvἷἵἷΝὅiΝὈὄὁvἳΝl’ἳὈὈivὁΝὁΝἵhiΝἵὁmpiἷΝl’ἳὐiὁὀἷΝἶiΝἶἷpὁὄὄἷΝlἷΝἳὄmiΝὀὁὀΝὀἷΝὨΝilΝ
proprietario – vd. Il. 18.613-614, 19.12, Od. 11.546 – oppure dal contesto si inferisce
196
ἵhἷΝ l’ἳppἳὄὈἷὀἷὀὐἳΝ ἶἷllἷΝ ἳὄmiΝ ὨΝ vὁlὁὀὈἳὄiἳmἷὀὈἷΝ ὅὁὈὈἳἵiὉὈἳέΝ ἙὀΝ Od. 16.284-288 (1a),
19.4-7 Odisseo spiega a Telemaco il suo piano per nascondere le armi e si immagina i
pὄὁἵiΝiὀὈἷὀὈiΝἳΝἵhiἷἶἷὄἷΝἳΝὅὉὁΝἸiἹliὁΝἶὁvἷΝlἷΝἳἴἴiἳΝmἷὅὅἷἈΝiὀΝὉὀΝὅimilἷΝἵὁὀὈἷὅὈὁΝl’ἳὈὈivὁΝὨΝ
preferito perché, sottacendo l’ἳppἳὄὈἷὀἷὀὐἳΝ ἶἷllἷΝ ἳὄmiΝ ὀἷlΝ mὁmento in cui le stanno
nascondendo per preparare la loro vendetta, Odisseo e Telemaco non vogliono
insospettire i loro nemici.
ἜἳΝἶiὅὈὄiἴὉὐiὁὀἷΝἶiἳὈἷὈiἵἳΝiὀΝἡmἷὄὁΝὨΝἵhiἳὄἳἈΝl’ἳὈὈivὁΝὄiἵὁὄὄἷΝὃὉἳὀἶὁΝilΝὅὁἹἹἷὈὈὁΝἶἷlΝ
verbo prepara il banchetto a qualcuno espresso al dat. – in (2a),Ν φ ΝiὀΝIl. λέλί,Ν ΝiὀΝ
Od. 5.91 – il medio riflessivo indiretto quando il soggetto prepara il banchetto per sé246.
246
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: II 177.
197
Si noti che in (2b.2) la forma media attualmente attestata sarebbe stata metricamente
sostituibile con quella attiva corrispondente, cioè ῖ Ν(2x in Hom.).
Identica la distribuzione diatetica nelle Storie,ΝἵὁὀΝl’ὉὀiἵἳΝἶiἸἸἷὄἷὀὐἳΝἵhἷΝiὀΝὃὉἷὅὈὁΝ
ἵὁὀὈἷὅὈὁΝἶ’ὉὅὁΝἓὄὁἶὁὈὁΝimpiἷἹἳΝὅὁlὁΝilΝἵὁmpὁὅὈὁ π ήΝπ α.
Ἔ’ὉὀiἵἳΝἷἵἵἷὐiὁὀἷΝὨ πα α (2b.1), che è medio pur coocorrendo con 247
e
che quindi non può essere interpretato come medio riflessivo indiretto. Eppure l’ἳὈὈέ
Ν(1xΝiὀΝἘὁmέ) sarebbe stato impiegabile248 sicché questo medio deve essere stato
espressamente scelto.
Ἔ’ipὁὈἷὅiΝ ἵhἷΝ ἵiΝ pἳὄἷΝ piὶΝ plἳὉὅiἴilἷΝ ὨΝ ἳmmἷὈὈἷὄἷΝ ἵhἷ πα α sia un medio
affettivo di proprietà: Telemaco prepara una sua personale ὄiἵὁmpἷὀὅἳΝ ἶiΝ viἳἹἹiὁΝ (
π ) per i suoi ospiti, la quale consiste in un banchetto.
198
π ’Ν , φ υ
“ἳllὁὄἳΝὈὄἳὅὅἷΝiὀΝmἳὄἷΝl’ἳἹilἷΝὀἳvἷΝἷΝὈὉὈὈiΝἹliΝἳὈὈὄἷὐὐiΝ||ΝviΝpὁὅἷ,ΝἵhἷΝpὁὄὈἳὀΝlἷΝὀἳviΝ
ἴὉὁὀἳΝἵὁpἷὄὈἳ”
199
La soluzione più ragionevole è dunque ammettere che (5b) abbia rimpiazzato
Ν(27x in Hom.), inutilizzabile in questo verso.
La differenza semantica tra (6a) e (6b), Il. 12.417-418 è chiara: nel primo passo è il
muro che offre il passaggio ai guerrieri troiani, mentre negli altri due sono Sarpedonte e
i Lici ad aprirlo a loro stessi, dunque in questo secondo caso si ha una sfumatura di
ὄiἸlἷὅὅiviὈὡΝ iὀἶiὄἷὈὈἳΝ ἵὁἷὄἷὀὈἷmἷὀὈἷΝ ὅὁὈὈὁliὀἷἳὈἳΝ ἶἳll’ὉὅὁΝ ἶἷlΝ mἷἶέΝ α ,Ν pὄἷἸἷὄiὈὁΝ
ἳll’ἳὈὈέΝ ῖ α (3x in Hom.).
200
“iὀΝὃὉἷὅὈὁΝἹiὁὄὀὁΝὈὉΝἳἶἶὁmἷὅὈiἵἳΝiΝ montoni ed i buoi dalle corna ricurve e dal
passo ondeggiante, ed il cane dai denti aguzzi, ed i muli pazienti nel lavoro,
ἵἳὄἷὐὐἳὀἶὁliΝἵὁὀΝlἳΝmἳὀὁ”
Ἔ’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝὈὄἳΝἳὈὈivὁΝἷΝmἷἶiὁΝὀὁὀΝpὁὀἷΝpὄὁἴlἷmiΝiὀΝὃὉἷὅὈὁΝἵἳὅὁἈΝἷὅὅἷὀἶὁΝ ῖ α( )
il complemento oggetto, cioè una parte del corpo umano, l’ὉὅὁΝἶἷll’ἳὈὈέΝ π […] Ν
(ἆἳ)Ν ὄἳppὄἷὅἷὀὈἳΝlἳΝvἳὄiἳὀὈἷΝὀὁὀΝmἳὄἵἳὈἳΝ(“pὁὄὄἷΝ lἳΝmἳὀὁ”)ΝἷΝὃὉἷllὁΝ del med. π’Ν […]
Ν(ἆἴ)ΝlἳΝvἳὄiἳὀὈἷΝmἳὄἵἳὈἳΝ(“pὁὄὄἷΝlἳΝpropria mἳὀὁ”, med. aff. prop.).
χὈὈivὁΝ ἷΝ mἷἶiὁΝ ὅiΝ ἶiὅὈὄiἴὉiὅἵὁὀὁΝ ἵὁἷὄἷὀὈἷmἷὀὈἷΝ iὀΝ ὃὉἷὅὈ’ὉlὈimἳΝ ἵὁppiἳΝ miὀimἳἈΝ iὀΝ
(9a) l’ἳὈὈέΝ Νindica ἵhἷΝl’ἳὐiὁὀἷΝhἳΝὉὀἳΝἶiὄἷὐiὁὀἷΝὅὁlἳΝ(ilΝὅἷὄvὁΝpὄὁἵὉὄἳΝἳἸἸἳὀὀὁΝἳἹliΝ
uccelli), mentre in (9b) il med. ἷὅpὄimἷΝ Ὁὀ’ἳὐiὁὀἷΝ ἵhἷΝ ha due direzioni, dal
soggetto agli Ν υ e da questi ultimi al soggetto, perciò il medio è
reciproco.
Ἔ’ἳὀἳliὅiΝ mἷὈὄiἵἳΝ ἵiΝ ἵὁὀἸἷὄmἳΝ ἵhe il medio è stato deliberatamente scelto in (9b):
Omero non ha infatti impiegato l’ἳὈὈivὁΝ mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝ ἷὃὉivalente α Ν (ἅx), forma
analogica tipicamente ionica modellata sul sg. α, -α , - ( )έ
In conclusione il med. trans. α (ὀὁὀΝmἳὄἵἳὈὁ)ΝὄiὅpἷὈὈὁΝἳll’ἳὈὈέΝ (marcato)
è impiegato con valore:
1. affettivo di proprietà (14x) in (1b.1), (1b.2), (1b.3), (1c), (2b.1), (3b), (4a-b),
(4b), (7b), (8b);
2. riflessivo indiretto (5x) in (2b.2), (2c), (2d), (6b);
3. reciproco (1x) in (9b).
Alleghiamo infine una collocazione con υ in cui il medio affettivo di tangenza (marcato), atteso
qui dal momento che ilΝvἷὄἴὁΝἳὅὅὉmἷΝilΝὅiἹὀiἸiἵἳὈὁΝἶiΝ“pὁὄὄἷΝὅὉΝἶiΝὅὧ”ΝρΝ“iὀἶὁὅὅἳὄἷ”,ΝἳlὈἷὄὀἳΝἵὁὀΝl’ἳὈὈivὁΝ
(non marcato).
201
(7a) Il. 3.336 (= 15.480, 16.137, Od. 22.123, Hes. Sc. 136) α ’Ν π’Ν φ υ Ν
υ Ν
(7b) Il. 5.743 (= 11.41) α ’Ν π’Ν φ φα Ν υ Ν αφ Ν
cfr. Il. 10.30.31, 19.380-381
ἥiΝὀὁὈiΝἵhἷΝl’ἳὈὈivὁΝὨΝὅἷmpὄἷΝmἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝiὀὅὁὅὈiὈὉiἴilἷΝἵὁὀΝlἳΝἸὁὄmἳΝmἷἶiἳΝἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈἷέ
3.22 φ :: α
249
Vd. KÖLLIGAN 2007: 335.
250
Vd. KÖLLIGAN 2007: 340.
202
“ἷΝpὁὄὈἳΝἶἳllἳΝmiἳΝὈἷὀἶἳΝiΝἶὁὀi,ΝὃὉἳὀὈiΝἳἶΝχἵhillἷ”
cfr. Il. 9.515, 19.3, 19.172-173, 19.248, 19.278-279, 24.119 (= 24.147, 24.176, 24.196),
Od. 8.399 (= 18.291), 8.418, 8.428, 13.12, 15.51, 15.75, 16.327, 18.286, 18.301, Hes. fr.
240.11 Merkelbach-West
203
(2a) Il. 17.718
Ν α Νφέ ’ Νπ υΝ[…]
“ὅὁllἷvἳὈἷΝilΝἵἳἶἳvἷὄἷ,ΝὈὄἳἷὈἷlὁΝviἳΝἶἳllἳΝlὁὈὈἳ”
cfr. Il. 16.454, 17.121, 17.735, 17.746, 23.134, 24.697, 24.786, 16.668-669, 16.678-679,
Od. 12.9-10
La distribuzione delle due diatesi rispecchia esattamente quella vista nel caso della
ἵὁllὁἵἳὐiὁὀἷΝἵὁὀΝ(1)Ν ἈΝl’ἳὈὈivὁΝὅiἹὀiἸiἵἳΝ“pὁὄὈἳὄἷ”ΝἷΝhἳΝἵὁmἷΝὅoggetto chi trasporta
il morto, ilΝ mἷἶiὁΝ ὨΝ ὄiἸlἷὅὅivὁΝ iὀἶiὄἷὈὈὁΝ ἷΝ ὅiἹὀiἸiἵἳΝ “pὁὄὈἳὄὅiΝ viἳ”,Ν ἶὉὀὃὉἷΝ hἳΝ ἵὁmἷΝ
soggetto logico – spesso inespresso – chi ha ricevuto il cadavere.
La differenza è particolarmente chiara in Il. 16.668-671 (2b) α Ν π αΝ||Νπ Ν
π π φ Ν Νπ α ῖ Ν Ν ||Ν ῖ Ν ’Ν ῃ,Νπ ’Ν αΝ α αΝ
·Ν ||Ν π π Ν Ν π π ῖ Ν αΝ α π ῖ Ν φ α ,Ν vἷὄὅiΝ ὄipὄἷὅiΝ ὃὉἳὅiΝ ad
verbum in Il. 16.678-681: su ordine di Zeus, Apollo prima porta (att. φ )Ν lὁὀὈἳὀὁΝ
dalla battaglia il cadavere di Sarpedonte e poi, dopo averlo pulito e unto, lo consegna
agli uomini di una scorta perché se lo portino via (med. φ α )έ
204
Da questa constatazione possiamo infine dedurre che in Il. 16.454 π π Ν Ν
Θ α Ν Νφ Ν α υ ΝὝπ ΝἷΝOd. 12.9-10 ’Ν Ν υ Νπ Ν Ν
α αΝ Ν ||Ν αΝ Ν π αΝ αΝ l’ἳὈὈivὁΝ (non marcato)
sostituisce il medio (marcato) per due motivi differenti: nel primo caso perché φ αΝ
(15x in Hom.) sarebbe ametrico, nel secondo perché le forme di impv. aor. misto ,Ν
,Ν ,ΝiὀἸέΝ (α )ΝὈὄἳὈὈἷΝἶἳlΝἸὉὈέΝ ΝἷὅiὅὈὁὀὁΝὅὁlὁΝἳll’ἳὈὈivὁ .
252
252
Vd. CHANTRAINE 1948-1953: I 417-418.
205
“saprà respingere me dalle navi alle mura || o se lo trafiggo col bronzo e avrò le
ὅpὁἹliἷΝἵὄὉἷὀὈἷΞ”
Ἔ’ἳlὈἷὄὀἳὀὐἳΝ ὈὄἳΝ ἳὈὈivὁΝ ἷΝ mἷἶiὁΝ ὄἷὅὈἳΝ ὀἷlΝ ὅὁlἵὁΝ ἵhἷΝ ἳἴἴiἳmὁΝ ὈὄἳἵἵiἳὈὁἈΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὨΝ
impiegato quando il soggetto trasporta il premio, il medio riflessivo indiretto quando se
lo porta via, cioè lo vince,ΝvἶέΝφ αΝ(ηἴ)ΝἷΝφ Ν(ηἶ)ΝpὄἷἸἷὄiὈiΝἳΝφ Ν(1x in
Hom.) e *φ .
Uniche eccezioni Il. 23.785 Ν ’Ν αΝ φ ’Ν Ν ἷΝ ἘἷὅέΝ
Th. 437-438 α Ν Ν||Ν ῖαΝφ Ν α Ν : il contesto è esattamente il medesimo
che osserviamo in (5b), (5c), (5d), (5e) mἳΝilΝmἷἶiὁΝὨΝὅὈἳὈὁΝὄimpiἳὐὐἳὈὁΝἶἳll’ἳὈὈivὁΝ(ὀὁὀΝ
marcato) favorito dal metro.
206
(6b) Il. 13.486
α Ν Ν φέ αΝ Ν φ
“vἷἶὄἷmmὁΝpὄἷὅὈὁΝὅ’ἷἹliΝἳvὄἷἴἴἷΝἹὄἳὀΝὈὄiὁὀἸὁΝὁΝiὁΝl’ἳvὄἷi”
In tutti questi passaggi il medio riflessivo indiretto è atteso – in (6a-b), (6b) abbiamo
φ ΝἷΝὀὁὀΝ*φ – ed Erodoto lo conferma puntualmente in (VIb).
ἢἷὄΝὃὉἷὅὈἳΝὄἳἹiὁὀἷΝὄiὅὉlὈἳΝἶiἸἸiἵilἷΝἶἳΝὅpiἷἹἳὄἷΝφ ῃ Ν(ἄἳ)ΝiὀΝὉὀΝlὉὁἹὁΝἶἷlΝvἷὄὅὁΝἵhἷΝ
ἳvὄἷἴἴἷΝἳἵἵὁlὈὁΝὅἷὀὐἳΝpὄὁἴlἷmiΝφ α Ν(2x in Hom.).
Ἔ’ἳlὈὄἳΝἳpὁὄiἳΝὨ costituita dalla discrepanza nella scelta del modo verbale: mentre in
(6b), che è molto simile a (6a), i due ottativi sono al loro posto in un apodosi di un
periodo ipotetico della possibilità (con protasi al verso precedente […]Ν α),ΝiὀΝ
(6a) si alternano in due proposizioni disgiuntive […]Ν un congiuntivo equivalente a
un futuro Νφ ῃ Ν(cfr. Il. 1έ1ἁἅΝ Ν ,Ν Ν Να Ν α )Νe un
ottativo potenὐiἳlἷΝ Ν φ έΝ Ἔ’ἳlὈἷὄὀἳὈivἳ che si pone Ettore è la seguente: al
momento dello scontro vincerà Achille ( Νφ ῃ ) ὁΝpὁὈὄἷiΝ viὀἵἷὄἷΝiὁΝ ( Νφ ),Ν
ma la prima eventualità è enunciata come inevitabile perché Achille è notoriamente il
guerriero più forte in assoluto, mentre la seconda è data semplicemente come
ipotetica253.
FὁὄὅἷΝ ὃὉἷὅὈἳΝ ἶiἵὁὈὁmiἳΝ mὁἶἳlἷΝ pὉάΝ ἳiὉὈἳὄἷΝ ἳΝ ὅpiἷἹἳὄἷΝ ἳὀἵhἷΝ l’iὀἳὈὈἷὅὁΝ ἳὈὈέΝ φ ῃ
(6a-b)ἈΝlἳΝviὈὈὁὄiἳΝἶiΝχἵhillἷΝὨΝὁἹἹἷὈὈivἳmἷὀὈἷΝpiὶΝpὄὁἴἳἴilἷΝmἳΝἶiὄἷΝἵhἷΝlὉiΝ“riporterà la
vittoria”Ν (non marcato) ἷΝ ὀὁὀΝ “ὅiΝ pὄἷὀἶἷὄὡ la vittoria”Ν (marcato) è possibile che valga
come espressione edulcorata appositamente scelta da Omero e messa in bocca a Ettore
pἷὄΝὈὁἹliἷὄἷΝἸὁὄὐἳΝἳll’ἷvἷὀὈὉἳliὈὡΝἶiΝὉὀἳΝὅἵὁὀἸiὈὈἳ quasi certa.
253
Vd. WACKERNAGEL 1926: I 232 «Der Unterschied beider Modi besteht also bloss darin, dass der
Konjunktiv ein Wollen, der Optativ ein Wünschen ausdrückt. Beide Male handelt es sich um ein
Begehren. Was man will, glaubt man selber herbei führen zu können; was man wünscht, ist in die
Entscheidung anderer Mächte gestellt. Man kann demgemäss den Unterschied der beiden Modi auch so
definieren, dass beim Konjunktiv eine grössere Annäherung an die Wirklichkeit stattfindet.»
207
“ἦἷὉἵὄὁΝpὁὄὈάΝlἷΝὅἵὉὄiΝἳllἷΝἵὁὀἵἳvἷΝὀἳvi”
ἙὀΝ (ἅἴ)Ν χἵhillἷΝ pὄἷὅἷὀὈἳΝ lἳΝ ἹἳὄἳΝ ἶiΝ ὈiὄὁΝ ἵὁὀΝ l’ἳὄἵὁΝ ἷΝ annuncia che il vincitore si
porterà a casa dieci doppie scuri: il medio è riflessivo indiretto.
In (7a) Teucro, secondo classificato, vince le dieci scuri e se le porta alle navi.
Anche qui il medio sarebbe atteso, ma la metrica si è messa di mezzo e, vista
l’impossibilità di impiegare il med. *φ ’( )Ν iὀΝ ὃὉἷὅὈὁΝ vἷὄὅὁ,Ν ἡmἷὄὁΝ hἳΝ ὄipiἷἹἳὈὁΝ
ὅὉll’ἳὈὈivὁ (non marcato) ἵὁὄὄiὅpὁὀἶἷὀὈἷΝφ έ
ἠὉὁvἳmἷὀὈἷΝ l’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ὨΝ ἳὈὈέΝ ὈὄἳὀὅέΝ ήΝ mἷἶέΝ ὄiἸlέΝ iὀἶiὄέἈ l’ἳὈὈέΝ φ Ν (ἆἳ)Ν iὀἶiἵἳΝ
l’ἳὐiὁὀἷΝἶiΝpὁὄὈἳὄἷΝl’ἳὄἵὁΝἳΝὃὉἳlἵὉὀὁ,ΝilΝmἷἶέΝφ α Ν(ἆἴ)ΝὃὉἷllἳΝἶiΝpὁὄὈἳὄselo via dopo
averlo ricevuto.
ἥiΝ ὀὁὈiΝ ἳὀἵὁὄἳΝ ὉὀἳΝ vὁlὈἳΝ lἳΝ ἵὁὅὈὄὉὐiὁὀἷΝ ἵὁὀΝ Ν +Ν iὀἸέΝ mἷἶέΝ α Ν […]
φ α , la quale è garanzia della genuinità del medio.
208
cfr. Hdt. 1.196.4, 3.114
209
(11b.2) Od. 8.209-211
φ Ν ῖ Ν Ν α α Νπ Ν ,
Ν Ν αΝπ φ α Ν
Ν απ · Ν ’Να π αΝ Ν
“ἥὈὁlὈὁΝ ὅἳὄἷἴἴἷ,Ν ἳὀὐiΝ ὅpὄἷἹἷvὁlἷ,Ν l’ὉὁmὁΝ ||Ν ἵhἷΝ ἳΝ ἹἳὄἳΝ pὄὁvὁἵἳΝ ἵhiΝ ἹliΝ hἳΝ ἶἳὈὁΝ
ἳἵἵὁἹliἷὀὐἳΝ||ΝiὀΝὉὀΝpἳἷὅἷΝὅὈὄἳὀiἷὄὁἈΝὨΝὉὀΝmὉὈilἳὄὅiΝἶἳΝὅὁlὁ”
3.23 φ ,Νφ
254
Vd. ALLAN 2003: 85-86.
255
Vd. BRUGMANN 19003: 460, CHANTRAINE 1927b: 153-154, SCHWYZER 1990-20056: II 232-233,
ALLAN 2003: 207-208.
210
II. Nelle Storie lἳΝὅiὈὉἳὐiὁὀἷΝὨΝἶἷἵiὅἳmἷὀὈἷΝpiὶΝὅpὄὁpὁὄὐiὁὀἳὈἳΝἳΝἸἳvὁὄἷΝἶἷll’ἳὈὈivὁἈΝ
su 349 attestazioni totali del verbo il medio conta appena 50 esempi. Questo inoltre è
limitato ad alcune categorie con una distribuzione differente rispetto a Omero: impf.
φ Ν1xΝ(ἵὁὀὈὄὁΝ φ Νλἂx,Ν φα α Νἂλx: totale 144x),ΝpἳὄὈέΝφ Ν1ἂx,Νφ Ν1x,Ν
φα υΝηx,Νφα Νἂx,Νφ Ν1λx,Νφα ΝἄxΝ(totale: 49x ἵὁὀὈὄὁΝφ Νἁἂx,Νφ αΝ
1x,Ν φ αΝ ἁx,Ν φ Ν 1x: totale 39x)έΝ ἙὀΝ ὈὉὈὈἷΝ lἷΝ ἳlὈὄἷΝ ἸὁὄmἷΝ ἶἷlΝ pἳὄἳἶiἹmἳΝ l’ἳὈὈivὁΝ
sussiste da solo. Anche in Erodoto, comunque, attivo e medio si equivalgono
perfettamente.
ἢὄimἳΝἶiΝiὀiὐiἳὄἷΝl’ἳὀἳliὅiΝὨΝἴἷὀἷΝἸἳὄἷΝὉὀΝbreve excursus, dal momento che φ ΝὁἵἵὉpἳΝἳll’iὀὈἷὄὀὁΝἶiΝ
questo studio un posto del tutto particolare. A pἳὄὈiὄἷΝἶἳll’ἳὄὈiἵὁlὁΝἶiΝMEILLET 1923, nel quale lo studioso
ἸὄἳὀἵἷὅἷΝἶἷliὀἷἳvἳΝὉὀΝὅiὅὈἷmἳΝiὀΝἵὉiΝἳlΝpὄἷὅέΝiὀἶέΝἳὈὈέΝφ ΝὅiΝἵὁὀὈὄἳppὁὀἷvἳΝὉὀΝimpἸέΝmἷἶέΝ φα , molto si
è scritto per sostanziare la teoria secondo la quale le desinenze medie in indoeuropeo sarebbero servite
anche per creare dei preteriti accanto ai presenti 256.
Il nostro studio, però, prescinde da questa teoria dal momento che, dagli epocali articoli di
KἧἤYŁἡἩἙἑZ 1932 e STANG 1932 individuanti le relazioni etimologiche tra le desinenze del medio e del
perfetto, la ricostruzione oggi generalmente più accettata propone pἷὄΝlἳΝἸἳὅἷΝpiὶΝἳὀὈiἵἳΝἶἷll’iὀἶὁἷὉὄὁpἷὁΝ
un sistema desinenziale formato da una parte dalla serie dἷll’iὀἹiὉὀὈivὁΝ1ΝpἷὄὅέΝὅἹέΝ*-m, 2 pers. sg. *-s, 3
pers. sg. *-t, 3 pers. pl. *-(é)nt e ἶἳll’ἳlὈὄἳΝἶἳllἳΝὅἷὄiἷΝἶἷlΝἵὁὅiἶἶἷὈὈὁ medio-perfetto 1 pers. sg. *-h2e/o, 2
pers. sg. *-th2e/o, 3 pers. sg. *-e/o, 3 pers. pl. *-(é)rs257.
Secondo questa ricostruzione, quindi, nella fase più arcaica ἶἷll’iὀἶὁἷὉὄὁpἷὁ la ἵἳὈἷἹὁὄiἳΝἶἷll’ἳὅpἷὈὈὁΝ
ὨΝl’ὉὀiἵἳΝpἷὄὈiὀἷὀὈἷΝἷΝὃὉἷllἳ del tempo verbale è semplicemente inesistenteἉΝiὀὁlὈὄἷ,ΝὃὉἳὀἶὁΝὃὉἷὅὈ’ὉlὈimἳ
ἵὁmiὀἵiἳΝ ἳΝ ὅvilὉppἳὄὅi,Ν pὄὁἶὉἵἷΝ ἳὉὈὁmἳὈiἵἳmἷὀὈἷΝ iΝ ἶὉἷΝ ὈἷὄmiὀiΝ ἶἷll’ὁppὁὅiὐiὁne presente-preterito
poiché, nel momento in cui il primo viἷὀἷΝἵἳὄἳὈὈἷὄiὐὐἳὈὁΝἶἳll’ἳἹἹiὉὀὈἳΝἶἷllἳΝpἳὄὈiἵἷllἳΝhic et nunc *-i alle
due serie desinenziali, le desinenze che ne restano prive sono automaticamente individuate come forma di
preterito: pres. φ < ie. *bhéh2-m-i vs. impf. φ Ν←ΝiἷέΝ*h1e-bhéh2-m.
Presentiamo ora quattro serie di esempi in cui attivo e medio ricorrono in contesti
identici: (1) , (2) α ΝήΝ α (e altri inf.), (3) Ν(ἷΝὅiὀὁὀimi),Ν(ἂ)ΝὉὅὁΝἳὅὅὁlὉὈὁέ
256
Vd. RENOU 1925: 103-138, CHANTRAINE 1927a: 54, 56, CHANTRAINE 1927b, FOURNIER 1946: 35,
CHANTRAINE 1948-1953: I 291, II 172-175, BADER 1972, DUHOUX 20002: 119, MEILLET 20047: 147.
BADER 1972: 17-21, sempre nel tentativo di individuare antichi preteriti a desinenze medie, propone
anche di vedere in om. α,Ν α,Ν ΝὉὀΝimpἷὄἸἷὈὈὁΝἳΝἶἷὅiὀἷὀὐἷΝἶiΝmἷἶiὁ-perfetto, cioè disceso da *h1e-
h1és-h2e, *h1e-h1és-th2e, *h1e-h1és-e. Questa ricostruzione semplicemente non tiene perché non rende
conto di una forma sicuramente arcaica come dor., eol. 3 pers. sg. ,Ν lἳΝ ὃὉἳlἷΝ ὀὁὀΝ pὉάΝ ἵhἷΝ ἶἷὄivἳὄἷΝ
direttamente da ie. *h1e-h1és-t: da qui si può spiegare perché la 2 pers. sg. * Ν(ξΝiἷέΝ*h1e-h1és-s) sia stata
ricaratterizzata tramite la desinenza di perfetto - αΝ ἷΝ pἷὄἵhὧ,Ν ὅὉἵἵἷὅὅivἳmἷὀὈἷ,Ν lἳΝ ἁΝ pἷὄὅέΝ ὅἹέΝ ,Ν ὈὄὁppὁΝ
ἳmἴiἹὉἳ,ΝὅiἳΝὅὈἳὈἳΝὅὁὅὈiὈὉiὈἳΝἶἳll’ὁὄiἹiὀἳὄiἳΝἁΝpἷὄὅέΝplέΝ Ν(ξΝiἷέΝ*h1e-h1s-ént), a sua volta rimpiazzata dalla
neoformazione - α έΝ ἢἷὄΝ ὃὉἳὀto riguarda α,Ν iὀἸiὀἷ,Ν ὀὁὀΝ ἵ’ὨΝ ἳlἵὉὀΝ vἳὀὈἳἹἹiὁΝ ὀἷlΝ ἶἷὄivἳὄἷΝ lἳΝ ἸὁὄmἳΝ
da*h1e-h1és-h2e piuttosto che da *h1e-h1 -m,Ν ἵὁmἷΝ ὨΝ ὅἷὀὐ’ἳlὈὄὁΝ pὄἷἸἷὄiἴilἷέΝ Ἔ’iὀὈἷὄἳΝ ὈἷὁὄiἳΝ nata con
Meillet è criticata da MARGULIÉS 1929: 221-222, MARGULIÉS 1930: 115, GONDA 1960: 39.
257
Vd. CLACKSON 2011: 115-151 (con bibliografia) per una presentazione generale della teoria e
Ὁὀ’ἳὀἳliὅiΝἶἷllὁΝὅvilὉppὁΝἶἷlΝὅiὅὈἷmἳΝvἷὄἴἳlἷΝiὀἶὁἷὉὄὁpἷὁΝἳΝpἳὄὈiὄἷΝἶἳΝὃὉἷὅὈἷΝἴἳὅiέ
211
4.39, 4.278, 4.293, 4.409 Ν ’Ν φ , Il. 3.302, 10.295, Od. 10.67, 10.422, 10.475 Ν
φα , Il. 3.161, 3.324, 7.181, 7.206, Od. 9.413, 17.488, 18.75, 18.117, 21.404 Ν ’Ν
φα , Od. 2.337, 7.343 Νφ , Od. 10.46, 20.384, Hes. Th. 29 Ν φα α , Il. 2.278,
4.374, Od. 9.500, 12.192, 21.366 Νφ α
212
24.438, 24.450, 24.513, 24.520, HH. 2.76, 2.324, 2.370, 3.61, 3.462, 7.25, Hes. Th. 167,
173, 545, 561, 654, Sc. 115, fr. 278.5 Merkelbach-West Νφ , Il. 4.104, 4.514,
12.442, 20.364, 20.373, 21.161, 21.423, 22.224, 23.184, Od. 2.296, 10.321, 11.97,
22.210, 22.224, 24.533, 24.545, HH. 2.250, 2.357, 3.370, 4.387, Hes. Th. 664 Ν
φ ’( ), Il. 2.182, 10.148, 10.162, 10.177, 10.328, 10.512, 15.442, 15.478, Od. 4.37,
5.451, 8.499, 14.109, 16.46, 17.602, 21.181, 24.408, HH. 4.304, 5.180 Νφ ’( ), Il.
290 Νφ , Il. 5.835, 22.247, 22.460, Od. 11.150, 18.206, 23.85 Νφα , Od.
10.446 Νφ
213
(IIa) Hdt. 1.51.3
φα Ν φ Θ υΝ α υΝ Ν α ,Ν α · Ν
υ υ Νφα αΝ Ν α
“ἙΝϊἷlἸiΝἳὅὅἷὄiὅἵὁὀὁΝἵhἷΝὨΝὁpἷὄἳΝἶiΝἦἷὁἶὁὄὁΝἶiΝἥἳmὁΝἷΝiὁΝlὁΝἵὄἷἶὁ: non mi pare
ὉὀΝlἳvὁὄὁΝἷὅἷἹὉiὈὁΝἶἳlΝpὄimὁΝvἷὀὉὈὁέ”
cfr. Hdt. 1.1.1, 1.2.1, 1.19.3, 1.38.1, 1.39.2 (2x), 1.63.1, 1.82.6, 1.94.2, 1.97.1, 1.111.3,
1.117.4, 1.112.1, 1.113.2, 1.114.5, 1.116.4, 1.119.7, 1.122.2, 1.125.2, 1.126.4, 1.129.2,
1.133.2, 1.137.2 (2x), 1.138.1 (2x), 1.141.1, 1.156.2, 1.164.2 (2x), 1.170.2, 1.172.1,
1.172.2, 1.182.1, 1.202.1, 1.216.1, 2.13.2, 2.13.3, 2.15.1, 2.16.1, 2.18.3, 2.28.4, 2.32.1,
2.32.3, 2.36.4, 2.43.2, 2.44.3, 2.45.3, 2.46.1, 2.49.2, 2.50.2, 2.54.1, 2.54.2, 2.56.3,
2.63.3, 2.63.4, 2.72.1, 2.73.2, 2.74.1, 2.79.3, 2.86.2, 2.89.2, 2.91.5, 2.91.6, 2.104.2,
2.104.3, 2.110.2, 2.119.3, 2.122.2, 2.126.2, 2.132.3, 2.134.1, 2.145.2, 2.145.3, 2.146.1,
2.156.4, 2.160.2, 2.160.3, 2.160.4, 2.162.1, 2.172.4, 2.172.5, 2.175.5, 3.8.3, 3.18,
3.19.2, 3.20.2, 3.22.1, 3.22.4, 3.27.3, 3.28.1, 3.32.3, 3.34.2, 3.34.3, 3.35.2, 3.36.6,
3.38.3, 3.28.4, 3.39.4, 3.42.1, 3.43.2, 3.46.2, 3.51.1, 3.52.6, 3.53.5, 3.55.2 (2x), 3.63.1,
3.63.2, 3.67.1, 3.72.3, 3.87.1, 3.111.1, 3.120.4, 3.130.2, 3.133.2, 3.135.2 (2x), 3.133.3
(2x), 3.138.2, 3.140.1, 3.140.3, 3.144.1, 3.145.1, 3.148.2, 3.153.2, 3.155.3, 3.156.2,
4.2.1, 4.9.2, 4.13.1, 4.14.2, 4.15.2 (2x), 4.16.1 (2x), 4.30.1, 4.35.1, 4.43.2, 4.43.5,
4.68.2, 4.76.5, 4.77.1, 4.79.3, 4.84.1, 4.85.1, 4.96.1, 4.97.5, 4.103.3, 4.127.4, 4.131.2,
4.142.1, 4.144.2, 4.145.4, 4.147.3, 4.149.1 (2x), 4.151.2, 4.162.2, 4.162.4, 4.162.5,
4.178.1, 4.180.4, 4.180.5, 4.191.2, 4.201.2, 5.13.1, 5.29.1, 5.29.2, 5.36.3, 5.39.2, 5.43.1,
5.44.2, 5.50.2, 5.67.2 (2x), 5.73.3, 5.79.1, 5.80.2, 5.82.3, 5.84.2, 5.92. ἁ, 5.92. ἀ,
5.103.1, 5.111.4, 6.1.1, 6.5.3, 6.50.2, 6.52.4, 6.62.2, 6.65.3 (2x), 6.67.3, 6.68.2 (2x),
6.69.4, 6.76.2, 6.79.1, 6.80.1, 6.81.1, 6.84.1 (2x), 6.86.1, 6.86.α2, 6.86. ἀ, 6.99.2,
6.106.1, 6.106.3, 6.132.1, 6.133.2, 6.135.3, 7.10. 1, 7.10. 3, 7.16.α1, 7.16. 1, 7.16. ἀ,
7.38.2, 7.75.2, 7.101.3, 7.103.1, 7.104.3, 7.129.4 (2x), 7.136.1, 7.136.2, 7.143.1,
7.147.1, 7.149.3, 7.151.1, 7.161.3, 7.168.4, 7.222, 7.226.1, 7.226.2, 7.235.2, 8.2.2,
8.30.2, 8.36.1, 8.58.1, 8.65.1, 8.88.3, 8.101.1, 8.102.2, 8.113.2, 8.115.4, 8.116.1,
8.120.1, 8.122.1, 8.135.3, 8.137.4, 9.16.1, 9.26.6, 9.27.2, 9.27.3, 9.33.5, 9.34.2, 9.44.2,
9.53.2, 9.55.2, 9.77.1, 9.79.1, 9.79.2, 9.88.1, 9.90.3, 9.94.2, 9.107.1
“ἑὄἷὅὁΝ mἳὀἶάΝ ἳὀἵhἷΝ ὃὉἳὈὈὄὁΝ ὁὄἵiΝ ἶ’ἳὄἹἷὀὈὁ,Ν ἵhἷΝ ὅiΝ ὈὄὁvἳὀὁΝ ὀἷlΝ ὈἷὅὁὄὁΝ ἶἷiΝ
ἑὁὄiὀὐi,ΝἷΝἵὁὀὅἳἵὄάΝἶὉἷΝvἳὅiΝpἷὄΝl’ἳἵὃὉἳΝlὉὅὈὄἳlἷ,ΝὉὀὁΝἶ’ὁὄὁΝἷΝὉὀὁ ἶ’ἳὄἹἷὀὈὁἉΝὅὉΝ
ὃὉἷllὁΝἶ’ὁὄὁΝὉὀ’iὅἵὄiὐiὁὀἷΝἳἸἸἷὄmἳΝἵhἷΝὅiΝὈὄἳὈὈἳΝἶiΝὉὀΝἶὁὀὁΝvὁὈivὁΝἶἷlἹiΝἥpἳὄὈἳὀi,Ν
mἳΝὨΝἸἳlὅὁ”
cfr. Hdt. 1.37.1, 1.119.5, 2.18.2, 2.22.1, 2.28.2, 2.118.1, 2.143.4, 2.148.5, 2.174.1,
2.176.3, 3.2.1, 3.31.4, 3.32.1, 3.68.4, 3.69.4, 3.74.3, 3.75.1, 3.75.2, 3.99.1, 3.118.2,
4.16.1, 4.33.1, 4.45.3, 4.68.2, 4.81.2, 4.94.3, 4.130.2, 4.157.1, 4.179.2, 5.18.4, 5.22.2,
5.41.2, 6.58.3, 6.69.2, 6.80.1, 6.82.1 (2x), 6.86.α1, 6.130.2, 7.142.3, 8.5.1, 8.81.1
214
(3a) Od. 20.326
α φα
“χΝἦἷlἷmἳἵὁ,ΝpὉὄἷ,ΝἷΝἳllἳΝmἳἶὄἷΝvὁὄὄἷiΝἶiὄΝpἳὄὁlἳ”
cfr. Il. 2.81 (= 24.222)
cfr. Il. 1.361, 3.398, 5.372, 6.253, 6.406, 6.485, 7.108, 14.218, 14.232, 14.297, 15.552,
18.384, 18.423, 19.7, 21.356, 24.127, 24.286, Od. 2.302, 3.374, 4.311, 4.610, 5.181,
6.254, 7.330, 8.194, 8.291, 10.280, 10.319, 11.247, 14.52, 15.124, 15.530, 16.417,
17.215, 18.78, 18.163, 19.90, 19.402, 21.84, 21.167, 21.248, 21.287, 23.96, HH. 5.176
π Ν ’Ν φα ’ Ν ’Ν α , Il. 21.393, 21.471, 24.598, Od. 2.384, 6.148, 8.10, 13.37,
15.171, 21.67, Il. 11.788 ’Ν φ α πυ Ν π , Il. 18.17 φ ’Ν Ν
, Od. 4.370, 20.111, HH. 2.53 π Νφ , Od. 16.168, 18.171 πα π Ν
φ ’Ν π υ , Od. 17.584 Νπ Ν ῖ Νφ α π Ν ’Ν πα α , Od.
20.100 φ Ν Ν Νφ Ν π
Tutti i dati raccolti concorrono nel garantire la perfetta equivalenza delle due diatesi.
Occorre però operare una distinzione tra i dati epici e quelli erodotei: nel primo caso le
forme attive e le forme medie si distribuiscono interamente ed esclusivamente in base a
criteri metrici senza che alcun doppione sussista258, ciò che non è ovviamente possibile
in Erodoto.
Sulla base dei nostri criteri, dunque, il med. φ gode del conforto delle Storie ma
non trova appoggi ἶἳlΝpὉὀὈὁΝἶiΝviὅὈἳΝἶἷll’ἳὀἳliὅiΝὅiὀὈἳὈὈiἵὁ-semantica e metrica.
258
Vd. ELLENDT 1861: 13, FOURNIER 1946a: 33-35.
215
Il fatto che il medio sia la diatesi recessiva in Erodoto induce a riproporre il
ragionamento fatto per ,Ν ΝἷΝ π (vd. §§ 3.12, 3.20): una delle due diatesi è
quella originaria – ὀἷlΝ ἵἳὅὁΝ ἶiΝ φ Ν ὅἳὄἷἴἴἷΝ ilΝ mἷἶiὁΝ –, la seconda si è aggiunta
inizialmente per comodità metrica – l’ἳὈὈivὁΝ– e ha poi finito per prevalere per una serie
di circostanze. La situazione, però, è più complessa.
Se ci limitiamo al greco, infatti, dobbiamo constatare che nella sua primissima
ἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀἷΝ φ Ν ὨΝ ἳὈὈivὁἈΝ ilΝ miἵἷὀἷὁΝ ὁἸἸὄἷΝ iὀἸἳὈὈiΝ ὉὀἳΝ Ἰὁὄmἳ pa-si /phā / in PY Ep
704.5, cui segue una dipendente infinitiva secondo il costrutto più comune per questo
verbo259.
Quanto alle forme omeriche, la loro situazione è intricata dal punto di vista
paradigmatico. Quelle di diatesi attiva sono chiare e permettono di distinguere un pres.
φ Ν ἷΝὉὀΝ impf. φ ,ΝiὀvἷἵἷΝὃὉἷllἷΝἶiΝ ἶiἳὈἷὅiΝ mἷἶiἳΝὅὁὀὁΝἳmἴiἹὉἷέΝ ἙlΝ pὉὀὈὁΝ ὀὁἶἳlἷΝὨΝ
l’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ φ Ν (Od. 6.200, 10.562): FOURNIER 1946a: 19 lo ritiene un
presente medio ὄiὅpὁὀἶἷὀὈἷΝἳll’impἸέΝmἷἶέΝ φ 260
ma DEBRUNNER 1936261 un aoristo
senza aumento, e di conseguenza interpreta anche φ Ν ἵὁmἷΝ ὉὀΝ ἳὁὄiὅὈὁΝ pὁiἵhὧΝ
mἳὀἵἳΝ ἶiΝ ὉὀΝ pὄἷὅέΝ *φ α corrispondente. Questa seconda spiegazione è però
fortemente indebolita dalla constatazione seguente: non esiste né in greco né in
ὀἷὅὅὉὀ’altra lingua indoeuropea un verbo in cui la distinzione tra presente e aoristo sia
segnalata esclusivamente da una opposizione diatetica262. Di fronte a questa impasse
pἳὄἷΝ piὶΝ ὅἳἹἹiὁΝ ἳἴἴἳὀἶὁὀἳὄἷΝ l’iὀὈἷὄpὄἷὈἳὐiὁὀἷΝ ἶiΝ ϊἷἴὄὉὀὀἷὄΝ ἷΝ vἷἶἷὄἷΝ iὀΝ φ Ν un
semplice imperfetto medio e nelle altre formἷΝἶiΝimpvέΝφ , iὀἸέΝφ α , pἳὄὈέΝφ Ν
dei presenti medi.
Ciò detto la questione ἸὁὀἶἳmἷὀὈἳlἷΝὨΝὉὀ’ἳlὈὄἳἈΝἵὁmἷΝmostrato da FOURNIER 1946:
19-26, il preterito φ / φ è iὀἶiἸἸἷὄἷὀὈἷΝ ἳll’ἳὅpἷὈὈὁΝ ἷΝ impiἷἹἳὈὁΝ ὅiἳΝ ἵὁmἷΝ
imperfetto ἵὁlΝ vἳlὁὄἷΝ ἶiΝ “ἵὄἷἶἷὄἷ,Ν pἷὀὅἳὄἷ”Ν ὃὉἳὀἶὁΝ ὄἷἹἹἷΝ ὉὀΝ iὀἸiὀiὈὁ sia come aoristo
ὀἷllἷΝἸὁὄmὉlἷΝἷΝὀἷἹliΝiὀἵiὅi,ΝὃὉἳὀἶὁΝὅiἹὀiἸiἵἳΝpὄὁpὄiἳmἷὀὈἷΝ“ἶiὄἷ”263.
Proprio ὃὉἷὅὈἳΝἳmἴiἹὉiὈὡΝἶ’ὉὅὁΝἶἷlΝpὄἷὈἷὄiὈὁΝἶiΝφ Νha condotto alla creazione di un
nuovo imperfetto dalla morfologia inequivocabile come φα ,Ν ἶἳΝ ἵὉiΝ poi è stato
264
tratto in epoca postὁmἷὄiἵἳΝὉὀΝpὄἷὅέΝφ .
Dopo Omero altre forme medie si ricavano da Alceo (1x) Senofane (1x), Eschilo
(2x), Pindaro (4x), Ippocrate (4x), Lisia (1x), Senofonte (1x) e nella koiné a partire da
Aristotele265.
Al di fuori della lingua letteraria, invece, il medio ci è attestato in due regioni della
Grecia: in Arcadia troviamo ilΝἵὁὀἹέΝpὄἷὅέΝφ Ν(SEG 37.340.21, IV a.C.), in Tessaglia i
259
Vd. FOURNIER 1946a: 24-25.
260
Vd. anche FOURNIER 1946b: 59.
261
Preceduto da DELBRÜCK 1893-1900: II 281 n. 1, STAHL 1907: 59.
262
Vd. GARCÍA RAMÓN 2008: 112 n. 66.
263
Vd. FOURNIER 1946b: 42, 60-66.
264
Vd. FOURNIER 1946a: 23.
265
Vd. FOURNIER 1946a: 33, 36-37.
216
pἳὄὈiἵipiΝ pὄἷὅἷὀὈiΝ φ Ν (SEG 31.577.12, II a.C., 35.599.2,Ν ἙΝ ἳέἑέ),Ν φα Ν (SEG
35.599.8, I a.C.), φα υΝ(IG IX 2, 69.10, II a.C.). Queste attestazioni epigrafiche sono
importantissime perché garantiscono la realtà del medio oltre ogni ragionevole dubbio.
Se includiamo anche i dati indoeuropei la situazione già intricata che emerge ex Graeco ipso si
complica ulteriormente. Esistono infatti due radici ie. *bheh2-,Ν ὅiἹὀiἸiἵἳὀὈiΝ l’ὉὀἳΝ “ὅplἷὀἶἷὄἷ”Ν ἷΝ l’ἳlὈὄἳΝ
“ἶiὄἷ”,Ν lἷΝ ὃὉἳliΝ mὁlὈὁΝ pὄὁἴἳἴilmἷὀὈἷΝ ἵὁὅὈiὈὉivἳὀὁΝ iὀΝ ὁὄiἹiὀἷΝ Ὁὀ’ὉὀiἵἳΝ ὄἳἶiἵἷἈΝ *bheh2- “ἶiὄἷ”Ν ὅiΝ ὅἳὄἷἴἴἷΝ
sviluppato da *bheh2- “ὅplἷὀἶἷὄἷ”Ν ἳὈὈὄἳvἷὄὅὁΝ lἳΝ mἷἶἷὅimἳΝ ἷvὁlὉὐiὁὀἷΝ ὅἷmἳὀὈiἵἳΝ ἶiΝ lἳὈέΝ dēc ā ā , un
derivato di c ā u “ἵhiἳὄὁ,ΝlὉmiὀὁὅὁ”ΝἵhἷΝhἳΝἸiὀiὈὁΝpἷὄΝὅiἹὀiἸiἵἳὄἷΝ“ἵhiἳὄiὄἷ,Νἶiἵhiἳὄἳὄἷ” 266:
1. a *bheh2- “ὅplἷὀἶἷὄἷ”ΝὄimὁὀὈἳὀὁ,ΝὈὄἳmiὈἷΝὉὀΝpὄἷὅέΝ*bhéh2- / bhh2-ˊ, ved. āt , av. rec. fra-uuā t ,
ἹὄέΝ φ α·Ν π αΝ (ἘὅἵhέΝ φΝ 1ἂἄΝ ἜἳὈὈἷ)Ν ἷ,Ν ὈὄἳmiὈἷΝ ὉὀΝ pὄἷὅέΝ *bh-né-h2- / bh-n-h2-ˊ,Ν ἹὄέΝ φα ,Ν
arm. banam, alb. bënέΝἥiΝὀὁὈiΝἵhἷΝἹὄέΝmἷἶέΝφα α ΝὨΝl’Ersatzkontinuante del presente radicale
attestato da ved. āt , av. rec. fra-uuā t 267;
2. da *bheh2- “ἶiὄἷ”ΝἶἷὄivἳὀὁΝiὀvἷἵἷ,ΝὈὄἳmiὈἷΝὉὀΝpὄἷὅέΝ*bhéh2- / bhh2-ˊ,ΝἹὄέΝφ ,ΝἳὄmέΝ bay, lat. for,
fā ī, aing. ō( a)n, aruss. baju, bajati e, tramite un pres. *bh-né-h2- / bh-n-h2-ˊ, ved. bhánati268.
I presenti radicali atematici sono tutti attivi tranne lat. fo , fā ī, che è probabilmente derivato tramite
il suffisso *- e/o-269 ἷΝἵhἷΝὨΝἳὀἵhἷΝl’ὉὀiἵἳΝἸὁὄmἳΝἶἷpὁὀἷὀὈἷέΝ
I dati inerenti al greco che finora abbiamo fornito non sono facili a leggersi ma
almeno due considerazioni ci paiono in ordine:
1. il tessalico ὨΝl’ὉὀiἵὁΝἶiἳlἷὈὈὁΝἵhἷΝἳὈὈἷὅὈἷΝἸὁὄmἷΝmἷἶiἷΝfino alla tarda epoca della
koiné (I a.C.);
2. gli altri dialetti e in particolare lo ionico-attico sembrano invece
progressivἳmἷὀὈἷΝἷὅἳὉὈὁὄἳὄἷΝilΝmἷἶiὁΝἳΝvἳὀὈἳἹἹiὁΝἶἷll’ἳὈὈivὁέ
ἥἳppiἳmὁΝἵhἷΝiΝἶiἳlἷὈὈiΝpὁὅὅἳὀὁΝἵὁmpὁὄὈἳὄὅiΝἶiἸἸἷὄἷὀὈἷmἷὀὈἷΝὃὉἳὀὈὁΝἳll’ἳὈὈὄiἴὉὐiὁὀἷΝ
della diatesi a un medesimo verbo (cfr. §§ 3.8, 3.12), perciò su questa base potremmo
ἳvἳὀὐἳὄἷΝ l’ipὁὈἷὅiΝ ἵhἷ,Ν pἷὄΝ ὃὉἳὀὈὁΝ ὄiἹὉἳὄἶἳΝ l’ἷvὁlὉὐiὁὀἷΝ ἶiΝ φ Ν in area ionico-attica,
Omero rappresenti la fase antica: le due diatesi sono sinonime perché una più recente –
l’ἳὈὈivὁΝ– ha affiancato quella più antica – il medio – e ne sta lentamente prendendo il
posto. Erodoto e gli autori successivi ci testimonierebbero il graduale trionfo della
diatesi attiva.
ἥiΝὈὄἳὈὈἳΝἶiΝὉὀ’ipὁὈἷὅiΝazzardata a causa della presenza della forma attiva mic. pa-si
/p ā / a monte delle forme medie omeriche e anche inverificabile allo stato attuale delle
h
266
Vd. EWAia II 260 s.v. BH , LIV2 69 n.1 s.v. 1.*bheh2-, ALLAN 2003: 107 n. 187.
267
Vd. GARCÍA RAMÓN 2009a: 73-74.
268
Vd. DELL 245-246 s.v. fὁr, fāris, fātus sum, fārī, LIV2 68-70 s.vv. 1.*bheh2-, 2.*bheh2-, .DELG 1151-
1153 s.v. φ , EDG 1567 s.v. φ .
269
Vd. LIV2 69 n. 3 s.v. 2.*bheh2-.
270
È il caso di figura (i) tra quelli immaginati da Allan, vd. § 1.2.
217
opposizione rispeὈὈὁΝ ἳll’ἳὈὈivὁέΝ ἙὀὁlὈὄἷΝ ὀὁὀΝ ὨΝ ὉὀἳΝ ἸὁὄmἳΝ pὁἷὈiἵἳΝ mἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝ
condizionata dal momento che anche Erodoto ne fa uso: si tratta dunque di un vero e
pὄὁpὄiὁΝmἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”έ
3.24 φ
271
Vd. KÖLLIGAN 2007: 133-134.
218
cfr. Hdt. 8.7.1
(Ic) ἘἶὈέΝἆέη1έἀΝ φ α Ν π Ν ῃ Ν α Ν
Una simile interpretazione trova conforto nei dati forniti dalle Storie dove attivo e
medio si alternano secondo lo stesso criterio. In (Ib) i Persiani fortificano il muro di
lἷἹὀὁΝἶiἷὈὄὁΝἵὉiΝ ὅiΝ ὅὁὀὁΝ ὄiἸὉἹiἳὈiΝiὀΝ ἳὈὈἷὅἳΝἶἷll’ἳὄὄivὁΝἶἷἹliΝἥpἳὄὈἳὀiΝ ἳll’iὀἶὁmἳὀiΝἶἷllἳΝ
vittoria greca a Platea (479 a.C.) e in (Ic) i pochi Ateniesi rimasti in città fortificano
l’ἳἵὄὁpὁliΝἵὁὀὈὄὁΝl’invasore persiano. In entrambi i casi il medio è affettivo di proprietà:
il soggetto fortifica qualcosa qualcosa che gli appartiene.
In (Ia), Hdt. 8.7.1, invece, Erodoto opta per la diatesi non marcata (att.).
In conclusione, quindi, ὀἷll’ἷpiἵἳΝἷὅiὅὈἷΝὉὀἳΝliἴἷὄἳΝalternanza tra att. trans. φ
(non marcato) / med. aff. prop. φ α (marcato), che rappresentano due varianti
semanticamente connotate a disposizione di chi scrive.
3.25 φυ
219
“mἷἶiὈἳὀΝ ἸὉἹἳΝ ὈὄἳΝ lὁὄὁ,Ν ὄiἵὉὅἳὀὁΝ || di vegliare la notte, vinti dalla stanchezza
Ὀἷὄὄiἴilἷ”
cfr. Od. 5.466, 20.52-53
Dal punto di vista contestuale i quattro luoghi omerici (att. 3x vs. med. 1x) non
lasciano intravvἷἶἷὄἷΝἶiἸἸἷὄἷὀὐἷἈΝiὀΝὈὉὈὈiΝiΝἵἳὅiΝὅiΝpἳὄlἳΝiὀΝmἳὀiἷὄἳΝἹἷὀἷὄiἵἳΝἶἷll’ἳὐiὁὀe di
vegliare durante la notte e il med. φυ α (1b) non può essere giustificato
come riflessivo indiretto dal momento che chi monta la guardia di notte lo fa non a suo
beneficio ma a beneficio dei propri compagni.
Ἔ’ἳὈὈivὁΝ sembra dunque la diatesi regolare e questo è confermato da (1a), dove il
med. φυ α α Ν (1a) è stato preferito all’ἳὈὈέΝ φυ α Ν (Hes. Op. 694)
metricamente equivalente.
Inoltre Erodoto non ha esempi al medio in cui il verbo sia usato assolutamente.
ἙὀvἷἵἷΝ φυ α Ν (1ἴ)Ν Ὠ metricamente insostituibile col part. att.
*φυ υ ΝἷΝilΝvἷὄὅὁΝiὀΝἵὉiΝὨΝἵὁὀὈἷὀὉὈὁ,ΝἳlmἷὀὁΝfino alla cesura, pare calcato proprio
ὅὉΝ (1ἳ)ἈΝ φυ α Ν (1b) sembra essere stato scelto perché ritmicamente molto
prossimo a φυ α α (1a).
Perciò la soluzione che ci pare più ragionevole è considerare φυ α Ν(1ἴ)Ν
come un medio metricamente condizionato.
Nei passi epici notiamo che il medio ricorre solo con le espressioni φ (2b)
e Ν υ (2c), che rendono esplicito il significato marcato di φυ “ἵὉὅὈὁἶiὄἷΝ a
proprio vantaggio”: si tratta dunque di medi riflessivi indiretti.
220
Da notare soprattutto che in (2b) questa sfumatura è stata deliberatamente scelta dal
mὁmἷὀὈὁΝ ἵhἷΝ ἳὀἵhἷΝ l’impvέΝ ἳὈὈέΝ *φ α Ν ὅἳὄἷἴἴἷΝ ὅὈἳὈὁΝ ἳἵἵἷὈὈἳἴilἷΝ ἶἳlΝ pὉὀὈὁΝ ἶiΝ viὅὈἳΝ
metrico.
In Erodoto la dicotomia tra attivo e medio è la stessa ἷΝ l’ἳὉὈὁὄἷΝ ὅiΝ ὄiὅἷὄἴἳΝ lἳΝ
possibilità di scegliere la diatesi marcata (med. rifl. indir.) o non marcata (att.) a seconda
delle esigenze.
Dunque, mentre il med. φυ α (1b) è calἵἳὈὁΝὅὉll’iὀἸέΝἳὈὈέΝpὄὁὅὁἶiἵἳmἷὀὈἷΝ
molto simile φυ α α (1a), l’ὉὅὁΝ ἶἷllἳΝ vἳὄiἳὀὈἷΝ mἳὄἵἳὈἳΝ φυ α Ν “ἵὉὅὈὁἶiὄἷΝ
per sé”Ν +Ν φ Ν (2b), + Ν υ (2c) è il risultato di una libera scelta effettuata
sulla base di una reale alternanza att. / med. rifl. indir. garantita dalla testimonianza di
Erodoto.
3.26
221
Ecco le quattro collocazioni in cui attivo e medio ricorrono alternativamente
ὀἷll’ἷpiἵἳἈΝ(1) α (e sinonimi), (2) α (e compl. ogg. paragonabili), (3) π ΝήΝ
, (4) π έ
222
(3a) Il. 16.44-45
ῖαΝ Ν ’Ν Ν αΝ αΝ
ὤ α π υΝ Ν π Ν α Ν
“ἔἳἵilmἷὀte noi, freschi, uomini stanchi di lotta || respingeremmo in città, via
ἶἳllἷΝὀἳviΝἷΝἶἳllἷΝὈἷὀἶἷ”
Gli esempi tratti dalle Storie sono stati scelti per la presenza di un compl. di moto a
lὉὁἹὁ,ΝmἳΝiὀΝὄἷἳlὈὡΝὀὁὀΝhἳὀὀὁΝὀὉll’ἳlὈὄὁΝiὀΝἵὁmὉὀἷΝἵὁiΝpἳὅὅiΝὁmἷὄiἵi,ΝἶὁvἷΝilΝἵὁὀὈἷὅὈὁΝὨΝ
completamente diverso.
ἣὉἷὅὈὁΝ hἳΝ ἷἸἸἷὈὈiΝ ὅὉllἳΝ ὅἵἷlὈἳΝ ἶiἳὈἷὈiἵἳἈΝ iὀΝ ἓὄὁἶὁὈὁΝ l’ἳὈὈivὁΝ ὨΝ ἳlΝ ὅὉὁΝ pὁὅὈὁΝ pἷὄἵhὧΝ
l’ἳὐiὁὀἷΝἷὅpὄἷὅὅἳΝἶἳΝ ΝὨΝὅἷmpliἵἷmἷὀὈἷΝὃὉἷllἳΝἶiΝὅpiὀἹἷὄἷ,ΝmἳΝὀἷll’Iliade il medio
prevale sistematicamente – quando la metrica lo concede, vd. α Ν (ἁἴ) e non
* ( ),ΝΝ ’(α)Ν(ἁἵ)ΝἷΝὀὁὀ α Ν(1xΝiὀΝἘὁmέ),Ν α Ν(ἁἶ)ΝἷΝὀὁὀΝ* α –
perché, dato il contesto militare, ΝvἳlἷΝὅἷmpὄἷΝ“ὄἷὅpiὀἹἷὄἷΝda sé”ΝilΝὀἷmiἵὁΝ(mἷἶέΝ
aff. tang.), cfr. (IIb).
Ἔ’ὉὀiἵὁΝ ἷὅἷmpiὁΝ ἶiΝ ἳὈὈivὁ,Ν iὀἸἳὈὈi,Ν ἵiὁὨ α Ν (ἁἳ),Ν ὄiἵὁὄὄἷΝ iὀΝ ὉὀΝ ἶiὅὈiἵὁΝ che si
ripropone identico in (3d) e dove troviamo regolarmente il medio: α Ν(ἁἳ)ΝὨΝὅἷὀὐἳΝ
ἶὉἴἴiὁΝ ἶὁvὉὈὁΝ ἳll’impὁὅὅiἴiliὈὡΝ ἶiΝ impiἷἹἳὄἷΝ * α αΝ iὀΝ ὃὉἷὅὈὁΝ vἷὄὅὁ,Ν ἵἸὄέΝ α Ν
π υΝ(ἁἴ) e π Ν ’(α) (3c) .
272
272
Vd. ELLENDT 1861: 14.
223
(4b) Il. 11.802-803
ῖαΝ Ν ’Ν Ν αΝ αΝ
ὤ α π υΝ Ν π Ν α Ν
“ἔἳἵilmἷnte voi, freschi, uomini stanchi di lotta || respingereste in città, via dalle
ὀἳviΝἷΝἶἳllἷΝὈἷὀἶἷ”
224
CONCLUSIONI
273
Nel compilare questo bilancio statistico si è utilizzato un criterio diverso rispetto a quello seguito nei
capp. 2-3: mentre in precedenza si sono contate le singole occorrenze di una forma, ora i versi formulari o
le parti di un verso formulare conteranno per 1 a prescindere dal numero delle attestazioni complessive.
ἥἷpἳὄiἳmὁΝἵὁὀΝὉὀἳΝἴἳὄὄἳΝvἷὄὈiἵἳlἷΝ|ΝlἷΝἳὈὈἷὅὈἳὐiὁὀiΝἶἷlΝmἷἶiὁΝὀἷll’epos (sx) e nelle Storie (dx).
225
contemporaneamente nella stessa forma verbale, ragion per cui qualsiasi classificazione
deve tenere conto della malleabilità propria di questa diatesi.
b. I medi metricamente condizionati non sono solo con 205 (148x | 57x) ricorrenze
totali la categoria più rappresentata – il dato non è di per sé significativo –, ma
soprattutto quella più trasversale, cioè quella attestata per il maggior numero di lessemi,
33. Questo dato è invece fondamentale perché dimostra la libertà con la quale la lingua
epica può impiegare questi medi senza restrizione lessicale: abbiamo trovato forme di
medio “dinamico” per verbi transitivi (e.g. φ ) e intransitivi (e.g. π ), stativi
(e.g. ) e di movimento (e.g. π ), indicanti percezione sensoriale (e.g. φ ) o
visiva (e.g. ΝἈἈ ) oppure Ὁὀ’ἳὈὈiviὈὡΝmἷὀὈἳlἷΝ(e.g. ). Questa libertà non è
permessa alle reali tipologie di medio (e.g. i medi affettivi di proprietà non ricorrono coi
verbi intransitivi e i medi riflessivi indiretti non ricorrono coi verbi di movimento) ed è
Ὁὀ’ὉlὈἷὄiὁὄἷΝἵὁὀἸἷὄmἳΝἶἷll’iὄὄἷἳlὈὡΝlinguistica del cosiddetto mἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”: come si
è cercato di dimostrare nel corso del lavoro, infatti, esso non è un medio
semanticamente connotato ma semplicemente un sostituto metricamente più comodo
della forma attiva corrispondente, perciò può essere sviluppato a partire da qualsiasi
verbo.
c. Su 33 lessemi attestanti il medio metricamente condizionato 18 hanno offerto nel
corso di questo studio anche esempi in cui il medio è usato a proposito.
Dei restanti 15 verbi:
1. ,Ν α ,Ν φ sono impiegati correttamente al medio in passi epici che
non sono stati oggetto di analisi qui;
2. ,Ν ὺ , φ ,Ν φ Ν hἳὀὀὁΝ ὉὀΝ mἷἶiὁΝ metricamente condizionato solo dal
punto di vista sincronico, poiché in diacronia emerge che una delle due diatesi è
quella antica e che la seconda sta lentamente spodestando la prima (nel caso di
φ ΝΝsi tratta di una nostra ipotesi, vd. infra);
3. ,Ν Ν ή ,Ν φ impiegano regolarmente il medio in temi temporali
diversi da quello del presente e dell’ἳὁὄiὅὈὁέ
Rimangono quindi appena 5 lessemi (( π ) , ,Ν π ,Ν ,Ν ) per i
ὃὉἳliΝilΝὅὁlὁΝὈipὁΝἶiΝmἷἶiὁΝἵhἷΝl’epos presenta è quello metricamente condizionato.
Questo risultato è sintomatico e dimostra che i poeti epici tendenzialmente non
creano dal nulla forme linguisticamente irreali ἷΝ ἷὅὈὄἳὀἷἷΝ ἳll’ὁὄizzonte dei loro stessi
uditori: piuttosto sfruttano al loro massimo le possibilità offerte dalla lingua allargando
la zona di competenza del medio nei paradigmi di quei verbi che lo accettano in usi
contestuali differenti o in altri temi temporali. Si tratta di una scelta ragionevole se si
pensa che lo scopo del poeta non è affatto rendersi incomprensibile al suo uditorio: egli
non ha interesse a deformare eccessivamente la lingua e può al massimo nobilitarla o
variarla con forme inusuali, non irreali.
II. Durante lo studio l’ἳὀἳliὅiΝ Ὠ stata suddivisa in due momenti: prima i medi
“ἶiὀἳmiἵi”Ν sprovvisti di una contropartita in Erodoto (cap. 2), poi quelli che invece
226
presentano una contropartita in Erodoto (cap. 3). Verifichiamo ora in maniera
dettagliata i risultati ottenuti per ciascuno dei due gruppi in modo da valutare se
l’impὁὅὈἳὐiὁὀἷΝ ἶἷlΝ lἳvὁὄὁΝ basata sulla presenza o assenza del medio “ἶiὀἳmiἵὁ” in
Erodoto ha fatto emergere qualche dato interessante.
I lessemi analizzati in cui il cosiddetto mἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”ΝἵὁmpἳὄivἳΝὅὁlὁΝὀἷll’ἷpiἵἳΝ
sono stati in tutto 50 per un totale di 167 occorrenze del medio così ripartite:
1. medio affettivo di proprietà in 15 lessemi (27x): ,Ν (8x |), Ν
(1x |), (3x |), φ Ν (1x |), α (1x |), (2x |), υ (1x |),
(1x |), α , Ν (1x |), Ν (3x |), (1x |), (1x |),
(1x |), (1x |), φ (1x |);
2. medio affettivo di tangenza in 10 lessemi (37x): (3x |), (1x |),
(1x |), Ν( ) :: υ α- (21x |) e (1x |), (1x |),
(1x |),Ν Ν:: α (1x |), ,Ν (1x |), (1x |), (4x |);
3. medio riflessivo indiretto in 14 lessemi (41x): (1x |), (1x |),
(1x |) e υ (3x |), Ν (1x |), α , (2x |), (2x |),
(2x |), (4x |), (6x |), (2x |), Ν(1x |), π ,Ν π
(4x |), (10x |), υ (1x |);
4. medio reciproco in 4 lessemi (7x): (1x |), (3x |) e α (1x |),
ἈἈΝ π ,Νὺ α (1x |), (1x |);
5. medio causativo in 2 lessemi (8x): (1x |), (7x |);
6. medio metricamente condizionato in 20 lessemi (45x): φ Ν(3x |),Ν Ν(1x
|), Ν (ἂx |),Ν Ν (1x |), α , (1x |), (1x |), (1x |),
( π) (4x |), Ν (1x), π (4x |), α Ν (1x |),Ν :: π ,Ν
ὺ αΝ(1x |), (4x |),Ν Ν(1x |), (1x |),Ν φ Ν(1x |), ,Ν (3x
|), φ (2x |), φ (5x |), φ (5x |);
7. nel caso particolare di (3x |) la scelta del medio è vincolata alla presenza
del tratto [+ umano] nel soggetto.
I lessemi analizzati in cui i cosiddetti mἷἶiΝ “ἶiὀἳmiἵi” epici avevano una
contropartita in Erodoto sono stati invece 26 per un totale di 387 (273x | 114x)
occorrenze così ripartite:
1. medio affettivo di proprietà in 7 lessemi (25x | 5x)ἈΝα ΝἈἈ Ν(ἀx |), Ν
(5x |), Ν(1x |), ,ΝἳὁὄέΝ α ,Ν ,Ν α Ν(| 1x), ΝἈἈ Ν(ηxΝ
| 1x),Ν Ν(11x |), φ ΝἈἈ α (| 1x) φ (1x | 2x);
2. medio affettivo di tangenza in 6 lessemi (31x | 13x): α ΝἈἈ (2x |),
(ἀxΝ|Νἀx),Ν α Ν(ηxΝ|Ν1x),Ν π (6x | 6x), α ,Ν α ,Ν (7x | 1x),
(9x | 3x);
3. medio riflessivo indiretto in 16 lessemi (104x | 35x): (10x | 5x), α Ν ἈἈ
(35x | 1x), (1x | 1x), παυ (4x | 1x), (4x | 1x), (|
1x), Ν(ἂx | 2x), α (4x | 2x), ,ΝἳὁὄέΝ α ,Ν ,Ν α Ν(7x
227
|), ΝἈἈ (4x | 5x), π (1x | 1x), π (5x | 3x), (2x | 2x),
(ἂxΝ|Νἄx),Νφ ΝἈἈ α (18x | 4x), φυ (1x | 1x);
4. medio reciproco in 3 lessemi (2x | 1x): α ,Ν α ,Ν Ν(| 1x), Ν(1x |),
φ ΝἈἈ αΝ(1x |);
5. medio causativo in 0 lessemi;
6. medio metricamente condizionato in 13 lessemi (103x | 57x)ἈΝ Ν (1x |), Ν
(1x | 1x), α (1x |), ,ΝἳὁὄέΝ α ,Ν ,Ν α Ν(1x |), ,Ν
(13x | 1x), Ν:: (20x |), π (1x |), (1x |), ὺ (6x | 12x),
(1x |),Νφ ΝἈἈ α (1x |), φ Ν(55x | 43x), φυ (1x |);
7. nel caso particolare di π (8x | 2x) abbiamo invocato il tratto [+ umano] del
soggetto come elemento in favore della presenza del medio.
Due osservazioni si impongono a partire da questi dati più dettagliati.
a. Erodoto impiega il cosiddetto medio “dinamico” per soli 4 lessemi ( ή -,Ν ή -,
ὺ ή -, φ ) contro i 33 ἶἷll’ἷpiἵἳἈΝquesto conferma indirettamente la deduzione che
abbiamo fatto ἳΝ pἳὄὈiὄἷΝ ἶἳiΝ ἶἳὈiΝ ἵὁmplἷὅὅivi,Ν ἵiὁὨΝ l’ὉὅὁΝ ἷpiἵὁΝ ἶἷlΝ cosiddetto medio
“ἶiὀἳmiἵὁ”Ν ὨΝ ἳὄἴiὈὄἳὄiὁΝ ἷΝ ὈὄἳὅvἷὄὅἳlἷΝ ὃὉἳὀὈὁΝ ἳlΝ ὈipὁΝ ἶiΝ lἷὅὅἷmἳ (vd. Ib), mentre in
Erodoto è molto più circoscritto.
Inoltre se si abbandona il punto di vista sincronico adottato finora a vantaggio di una
prospettiva diacronica rivolta ai 4 lessemi in questione, si possono fare osservazioni
importanti.
a.1 Tre di questi lessemi sono ή -,Ν ή -,Ν ὺ ή -, cioè tutti verbi per i quali
l’ἳὀἳliὅiΝ hἳΝ mὁὅὈὄἳὈὁ che sincronicamente la cooccorrenza di forme attive e medie
sinonime è ineliminabile, ma diacronicamente è evidente un processo di progressiva
medializzazione. In Erodoto, lo ricordiamo, ή -eὺ ή -esistono solo al medio e
ή - prevalentemente al medio (compresi i composti att. 36x vs. med. 62x). In altre
pἳὄὁlἷΝlἳΝὀἳὈὉὄἳΝἶiΝmἷἶiΝ“ἶiὀἳmiἵi”ΝpὄὁpὄiἳΝἶiΝὃὉἷὅὈiΝvἷὄἴiΝὨΝdiversa da quella degli altri
29 lἷὅὅἷmiΝpἷὄΝiΝὃὉἳliΝἳἴἴiἳmὁΝvἷὄiἸiἵἳὈὁΝl’ἷὅiὅὈἷὀὐἳΝἶiΝὃὉἷὅὈὁΝὈipὁἈΝlὡΝὅiΝὈὄἳὈὈἳΝἶiΝvἷὄἷΝἷΝ
proprie creazioni linguisticamente aberranti imposte esclusivamente dal metro – prova
ὀἷΝ ὅiἳΝ ἵhἷΝ ὀἷὅὅὉὀὁΝ ἶiΝ ὃὉἷὅὈiΝ vἷὄἴiΝ ἵὁὀὅἷὄvἳΝ ἸὁὄmἷΝ “ἶiὀἳmiἵhἷ”Ν ὀἷllἷΝ Storie –, qui di
interi paradigmi che stanno attraversando una lenta evoluzione da activa tantum a media
tantum (nel caso di ΝὀὁὀΝἳὀἵὁὄἳΝἵὁmpiὉὈἳ)έ
a.2 ἙlΝἵἳὅὁΝὉὀΝpὁ’ΝἶivἷὄὅὁΝὨΝὃὉἷllὁΝἶiΝφ , poiché, come si è visto, i dati riguardanti
lἳΝ ὄiἵὁὅὈὄὉὐiὁὀἷΝ ἶiἳἵὄὁὀiἵἳΝ ἶἷll’ὁppὁὅiὐiὁὀἷΝ ἶiἳὈἷὈiἵἳΝ iὀὈἷὄὀἳΝ ἳlΝ pἳὄἳἶiἹmἳΝ ἶiΝ ὃὉἷὅὈὁΝ
verbo sono meno sicuri e le conclusioni che se ne possono trarre molto più opinabili.
Ciononostante, a nostro parere, le cifre suggeriscono che il processo che φ Ν sta
attraversando da Omero a Erodoto sia ἷὅἳὈὈἳmἷὀὈἷΝ l’iὀvἷὄὅὁ di quello visto per ή -,
ή -,Νὺ ή -,ΝἵiὁὨΝὉὀΝpὄὁἹὄἷὅὅivὁΝὅpὁὅὈἳmἷὀὈὁΝvἷὄὅὁΝl’ἳὅὅἷΝἶἷἹliΝ activa tantum: da
una situazione epica di sostanziale parità (att. 501x vs. med. 591),Ν l’ἳὈὈivὁΝ ἶiviἷὀἷ
nettamente maggioritario nelle Storie (att. 299x vs. med. 50x). Su questa base noi
pensiamo che il mἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”ΝἶiΝφ sia anomalo alla maniera di quello di ή -,
228
ή -,Νὺ ή -: la sinonimia di attivo e medio è infatti attesa nel momento in cui si sta
ἳὅὅiὅὈἷὀἶὁΝἳllἳΝpὄὁἹὄἷὅὅivἳΝὅὁὅὈiὈὉὐiὁὀἷΝἶiΝὉὀἳΝἶiἳὈἷὅiΝἵὁὀΝl’ἳlὈὄἳέ
ἑὁὀΝl’ἷὅἵlὉὅiὁὀἷΝἶiΝ ή -,Ν ή -,Νὺ ή -,Νφ Νper le ragioni appena viste, risulta
che i 29 lessemi ὀἷiΝὃὉἳliΝὄiἵὁὄὄἷΝilΝmἷἶiὁΝ“ἶiὀἳmiἵὁ”ΝὅὁὀὁΝἳὈὈἷὅὈἳὈiΝὈὉὈὈiΝesclusivamente
nel corpus epico. Perciò, se si ammette per questi ultimi una spiegazione in termini di
costrizione metrica come quella che è stata fornita qui, la loro assenza nelle Storie è ciò
che si aspetta: Erodoto scrive in prosa, quindi non ha bisogno di impiegare medi la cui
ὉὀiἵἳΝὄἳἹiὁὀΝἶ’ἷὅὅἷὄἷΝὨΝὄimpiἳὐὐἳὄἷΝἸὁὄmἷΝἳὈὈivἷΝmἷὈὄiἵἳmἷὀὈἷΝὅἵὁmὁἶἷ o inutilizzabili.
b. ἠἷlΝ ἵὁὄὅὁΝ ἶἷll’ἳὀἳliὅiΝ ἵiΝ ὅiἳmὁΝ pὄὁὀὉὀἵiἳὈiΝ pἷὄΝ lἳΝ ὄἷἳlὈὡΝ ἶiΝ ἳlἵὉὀἷΝ ἸὁὄmἷΝ mἷἶiἷΝ
basandoci esclusivamente sul criterio sintattico-ὅἷmἳὀὈiἵὁ,Ν ἶἳlΝ mὁmἷὀὈὁΝ ἵhἷΝ l’ἳὀἳliὅiΝ
metrica e il confronto con Erodoto non erano favorevoli a questa decisione. Pensiamo a
,Ν ,Ν φαφ α α ,Ν α ,Ν α ,Ν ,Ν α ,Ν α ,Ν
α ,Ν α α ,Ν α α ,Ν α,Ν ,Ν α ,Ν π α (vd.
cap. 2), ἵὉiΝἳἹἹiὉὀἹiἳmὁΝl’impvέΝἳὁὄέΝmiὅὈὁΝ ΝἷΝl’iὀἶέΝἳὁὄέΝmiὅὈὁ (vd. cap.
3), la cui morfologia, come si è visto, è tutta particolare trattandosi di aoristi tratti da un
tema del futuro. A nostro parere questi esempi vanno considerati forzature ammissibili
contestualmente rispetto al normale sistema verbale greco: i poeti epici se le possono
permettere perché sono costretti a rispettare gli obblighi del metro ma Erodoto – che
ἸὉὀἹἷΝἶἳΝὄἳppὄἷὅἷὀὈἳὀὈἷΝἶἷllἳΝliὀἹὉἳΝ“ὀὁὄmἳlἷ”ΝiὀΝὃὉἷὅὈἳΝὅἷἶἷΝ– le smaschera come tali.
Queste forme confermano perciò quanto abbiamo detto supra a proposito della
liἴἷὄὈὡΝ ἶ’impiἷἹὁΝ ἶἷlΝ cosiddetto mἷἶiὁΝ “ἶiὀἳmiἵὁ”Ν iὀΝ pὁἷὅiἳ (Ic): se possono gli aedi
evitano di creare queste forme, ma quando il metro li costringe cercano di farne uso in
contesti in cui un medio risulterebbe comunque comprensibile contestualmente e
sintatticamente.
III. I verbi ή - ἷΝ π ή - occupano un posto particolare poiché le categorie di
medio a nostra disposizione non sono state sufficienti per giustificare il tipo di
opposizione diatetica che li governa.
Come si è visto in maniera estremamente chiara nel caso di π ή -, infatti, la
distribuzione diatetica di attivo e medio – tralasciando le 3 occorrenze in cui il med.
α Ν ὨΝ ἳἸἸἷὈὈivὁΝ ἶiΝ ὈἳὀἹἷὀὐἳΝ ἷΝ l’ὉὀiἵἳΝ iὀΝ ἵὉiΝ π α Ν ὀὁὀΝ hἳΝ ἵὁmἷΝ ὅὁἹἹἷὈὈὁΝ ὉὀΝ
essere umano – corrisponde al tratto [+ / – umano] del soggetto.
Perciò noi proponiamo di aggiungere una quinta categoria di medio accanto a quello
affettivo (di proprietà o di tangenza), riflessivo indiretto, reciproco e causativo,
categoria per la quale definiamo queste due caratteristiche principali:
1. è propria esclusivamente dei verbi di movimento;
2. ilΝὈὄἳὈὈὁΝἶiὄimἷὀὈἷΝpἷὄΝl’ὉὅὁΝἶἷllἷΝἶἷὅiὀἷὀὐἷΝmἷἶiἷΝè l’ὉmἳὀiὈὡΝἶἷlΝὅὁἹἹἷὈὈὁέΝ
Si noti che stiamo descrivendo un tipo di medio comunque subordinato alle stesse
ὄἷἹὁlἷΝ ἵὉiΝ ὉἴἴiἶiὅἵὁὀὁΝ ἹliΝ ἳlὈὄiἈΝ iὀΝ pἳὄὈiἵὁlἳὄἷΝ l’ὉὅὁΝ ἶἷllἳΝ ἶiἳὈἷὅiΝ mἳὄἵἳὈἳΝ ὨΝ ὅἷmpὄἷΝ
facoltativo, come dimostra Erodoto nel caso di ή -,ΝὄiἵὁὄὄἷὀὈἷΝἳll’ἳὈὈivὁΝὅiἳΝὃὉἳὀἶὁΝ
229
il suo soggetto è [– umano] (ἘἶὈέΝ ἂέ1ἁἂέ1Ν α Ν Ν Ν )Ν ὅiἳΝ ὃὉἳὀἶὁΝ ὨΝ [+Ν
Ὁmἳὀὁ]Ν(ἘἶὈέΝλέἄἀέἁΝ[ α ]Νπ α )έ
Occorrerebbe uno studio approfondito sui verbi di movimento in greco per
individuare altri membri di questo gruppo, ma questo non era questo lo scopo del
presente lavoro: lo sarà forse per un altro in futuro.
IV. Ribadiamo infine quello che ci pare essere il risultato più importante di questa
ricerca.
ἡἵἵὁὄὄἷΝ ὄiὀὉὀἵiἳὄἷΝ ἶἷἸiὀiὈivἳmἷὀὈἷΝ ἳllἳΝ ἵἳὈἷἹὁὄiἳΝ ἶiΝ mἷἶiὁΝ “ἶiὀἳmiἵὁ”Ν come
l’hἳὀὀὁΝiὀὈἷὅἳΝDelbrück e altri dopo di luiἈΝl’analisi sintattico-semantica e il confronto
con gli autori in prosa (nel nostro caso Erodoto) dimostra infatti che quelle forme
verbali medie cui era stata attribuita una generica sfumatura di affettività-intensità non
meglio qualificata possono ricevere solo due tipi di giustificazione:
1. si tratta di forme reali, occorrenti anche in prosa e spiegabili linguisticamente
tramite uno dei tipi normali di medio;
2. si tratta di forme metricamente condizionate, esistenti esclusivamente in poesia e
perciò prive di realtà linguistica extra-poetica.
230
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