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Lingua e letteratura latina
L-FIL-LET/04

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Periodo aureo

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Periodo aureo o classico

In questo periodo matura l’assimilazione della cultura ellenistica. È il secolo delle

guerre civili , detto anche di transizione dalla Repubblica all’Impero. Dura dal 78 a.C.

al 14 d.C. e si viene suddiviso in:

1. Età di Cesare (dal 78 a.C. al 31 d.C.9: è l’età in cui tramonta la Repubblica

romana inizia l’Impero Romano. L’opera oratoria è rappresentata in maniera eccelsa

da Cicerone. I poeti più importanti sono Lucrezio (poema epico-didascalico

d'argomento filosofico) e Catullo (rappresentante della lirica soggettiva e amorosa).

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Cicerone
Marco Tullio Cicerone fu un grande oratore, scrittore e

politico dell'antica Roma. Cicerone fu un importante uomo

politico romano del I secolo a.C., ma deve la sua fama

soprattutto alla sua straordinaria eloquenza e ai suoi scritti,

modelli di stile per le generazioni successive. Figura

complessa, teorizzò e cercò di realizzare un ideale di

humanitas: l'ideale cioè di un uomo di cultura capace di

coniugare sapienza teorica ed esperienza pratica, impegno di

studio e attività politica.

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Nato ad Arpino nel 106 a.C. da una famiglia agiata, Cicerone ebbe una solida

formazione filosofica e retorica. Le sue doti di eloquenza gli facilitarono la carriera

politica: fu sostanzialmente un conservatore, allineato sulle posizioni del Senato.

Durante il suo consolato (63 a.C.), represse duramente la congiura organizzata da

Catilina, capo dell'ala più radicale dei popolari, sostenendo la sua azione con quattro

veementi orazioni (Catilinarie).

Successivamente però gli fu contestato di aver mandato a morte i congiurati

senza processo e fu condannato all'esilio. Fu richiamato dopo appena un anno e

continuò a far sentire la sua autorevole voce in cause di grande rilievo politico.

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Dopo la morte di Cesare (44 a.C.), si schierò con Bruto e osteggiò Marco Antonio,

contro il quale scrisse le 14 Filippiche, orazioni che nel titolo richiamano i famosi

discorsi tenuti da Demostene in Atene contro Filippo di Macedonia.

Antonio non tardò a vendicarsi: dopo la costituzione del secondo triunvirato con

Ottaviano e con Lepido, i suoi sicari raggiunsero Cicerone presso la sua villa di

Formia e lo uccisero (43 a.C.).

La sua vastissima produzione comprende orazioni, opere filosofiche, opere

retoriche, epistole, oltre a vari scritti minori (tra cui traduzioni e componimenti

poetici).

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La sua prosa, soprattutto negli scritti della maturità, scorre nitida e armoniosa,

ricca ma non sovrabbondante, mostrandosi mirabilmente capace di adattarsi ai

diversi temi e ai differenti destinatari. Lo stile di Cicerone, oggetto di ammirazione

sin dall'antichità e durante l'Umanesimo, è stato per secoli assunto a modello

nell'insegnamento del latino nelle scuole.

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Orazioni e opere filosofiche

Tra le orazioni più famose ricordiamo, oltre alle Catilinarie e alle Filippiche, i

discorsi contro Verre, ex governatore della Sicilia, autore di ripetuti soprusi e

ruberie.

Le opere filosofiche documentano lo sforzo di divulgare a Roma la filosofia greca,

la cui conoscenza Cicerone riteneva importante per la formazione della classe

dirigente romana. Fu un eclettico, cercò, cioè, di conciliare filosofie diverse: polemizzò

con l'epicureismo, che predicava il disimpegno politico e sociale, e fu invece vicino alle

posizioni dello stoicismo, che tendeva a valorizzare le virtù civiche.

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Tra le opere filosofiche ricordiamo Le dispute accademiche, Il sommo bene e

il sommo male, Le tusculane (cioè le discussioni di Tuscolo, così chiamate dalla

villa di Tuscolo dove si immaginano tenute), Sulla natura degli dei, Dei doveri,

La vecchiaia, L'amicizia.

Opere più propriamente politiche, conservate solo in parte, sono Lo Stato e Le

leggi.

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Opere sulla retorica

Di rilievo anche la trattazione delle teorie retoriche: fondamento dell'eloquenza è

il talento naturale, integrato e affinato dall'ars, cioè dallo studio della retorica e

dall'applicazione delle sue regole. Ricordiamo, tra l'altro, Sull'oratore, Bruto

(importante per la storia dell'eloquenza romana), L'oratore, La retorica per

Erennio.

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Epistole

La personalità di Cicerone, la sua dimensione privata ‒ a volte diversa

dall'immagine che lo scrittore ci propone nelle orazioni in cui parla di sé ‒ emerge con

tutti i suoi pregi e le sue contraddizioni dalle circa mille lettere che ci rimangono del

suo ricchissimo epistolario. Le epistole sono raggruppate in quattro raccolte: Ai

familiari; Ad Attico; Al fratello Quinto; A Marco Bruto.

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Le testimonianze del latino:
Lucrezio (94 a.C. – 50 a.C)
Tito Lucrezio Caro (Titus Lucretius Caru) è stato un poeta romano, seguace

dell’epicureismo. Tre i principi fondamentali del suo epicureismo: il sensismo ( i

sensi come criterio di verità e di bene), l’atomismo (le cose mutano all’unirsi e

disunirsi degli atomi) ed un semiateismo (gli dei esistono ma non sono autori del

mondo).

Di Lucrezio si sa poco, se non le informazioni che derivano dal Chronicon di

Girolamo, il quale ci informa della composizione del poema epico-didascalico del De

rerum natura (Sulla natura) da parte di Lucrezio, e di una sua condizione mentale

problematica, caratterizzata da scarsa lucidità e da disturbi psichici.

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Ma quest’ultima precisazione potrebbe essere un’invenzione dei cristiani ostili

all’epicureismo.

De rerum natura è dedicato all’aristocratico Gaio Memmio ed espone la fisica e

la canonica epicuree. Si tratta del primo grande esempio di genere didascalico.

Il poema filosofico è suddiviso in 3 diadi:

1. I Libri I-II sono incentrati sugli atomi e contengono l’inno a Venere, le

caratteristiche degli atomi e il clinamen;

2. I Libri III-IV vertono sull’antropologia trattando l’anima e la morte, la

conoscenza e i simulacri, l’amore e l’attrazione fisica;

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3. I Libri V-VI trattano i temi della cosmologia, spaziando dalla mortalità del

mondo ai moti dei corpi celesti, dalle origini dell’umanità alla storia del progresso,

dalla spiegazione dei fenomeni atmosferici e terrestri alle cause della peste di Atene.

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Catullo (84 a.C.–54 a.C.)

Gaio Valerio Catullo (Gaius Valerius Catullus) fu amico di Cesare e legato a

personaggi di spicco dello scenario politico e letterario. Ebbe una relazione amorosa

con Clodia (chiamata Lesbia nelle sue poesie), sorella del tribuno della plebe Clodio.

Catullo è uno dei rappresentanti dei poeti nuovi, che si ispiravano al poeta greco

Callimaco, che rappresentava uno stile poetico nuovo che si distaccava dalla poesia

epica. La sua poesia non esaltava eroi ed azioni grandiose, ma si concentrava su

episodi semplici e quotidiani.

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Il Liber è la raccolta delle poesie di Catullo: 116 poesie organizzate in 3 sezioni:

1. Carmi 1-60: Nugae, le bazzecole, brevi carmi dai contenuti realistici, spesso

incentrati sull’amore per Lesbia. Qui la poesie è intesa come soggettivismo, lirismi,

cioè espressione del vissuto personale;

2. Carmi 61-68: Carmina docta, vari nella metrica è più impegnati stilisticamente,

con riferimento al mito. La poesia è breve e raffinata, ricca di una grande erudizione;

3. Carmi 69-116: Epigrammi ed elegie, distici elegiaci di vario argomento, spesso di

carattere satirico o sentimentale, che mostrano un rifiuto per l’impegno politico.

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La poesia di Catullo è caratterizzata da:

➢ Brevitas → L’uso di componimenti brevi;

➢ Erudizione → Questi componimenti sono ricchi di riferimenti alle opere poetiche

greche;

➢ Labor limae → Ogni componimento è sottoposto a cura formale e stilistica.

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Odi et amo (carme 85)

Odi et amo. Quare Id

faciam,fortasse requiris.

Nescio,sed fieri sentio et

excrucior.

[Odio e amo. Forse mi chiedi

come io faccia.

Non lo so, ma sento che ciò

accade, e mi tormento.]

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Periodo Augusteo (30 a.C. – 14 d.C.)

Questo periodo inizia con la morte di Cesare e termina con la morte di Augusto.

All’interno di questo periodo distinguiamo due generazioni di scrittori e poeti:

• quella di Virgilio, Orazio e Livio, interpreti dei contenuti della civiltà romana;

• quella di Tibullo e di Properzio, campioni della poesia elegiaca.

• Virgilio, rifacendosi all’epica di Omero, offre un'interpretazione mitologica

dell‘Impero Romano, attraverso l'Eneide: con essa crea il modello linguistico del

poema epico.

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Il poeta maggiore fu Ovidio:

ricordiamo la sua Ars amatoria, un

poema didascalico ironico in tre libri

sull'arte della conquista amorosa e

soprattutto le Metamorfosi, poema

epico-mitologico, incentrato sul fenomeno

della metamorfosi.

Busto di Augusto

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Virgilio (70 a.C. – 19 a.C.)

Publio Virgilio Marone (Publius Vergilius Maro) fu un poeta romano. Le sue

opere si dividono essenzialmente in 3 fasi cronologiche:

1. Bucoliche (42-39 a.C.): si tratta di 10 ecloghe composte in esametri, di

ambientazione agreste e di contenuto pastorale;

2. Georgiche (67-29 a.C.): poema didascalico in 4 libri sull’agricoltura e

sull’allevamento;

3. Eneide (30-19 a.C.): narra la fuga di Enea da Troia, le sue peregrinazioni,

l’arrivo nel Lazio e la sconfitta di Turno, in 12 libri (canti).

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Le bucoliche
L’opera si compone di 10 ecloghe (ovvero,

poesie scelte) composte in esametri che

cantano la vita di pastori, le loro vicende,

i loro canti, i loro amori.

All’interno di queste composizioni non

mancano riferimenti alla realtà storica e

politica, ciò costituisce un elemento di

modernizzazione per il poeta.

Le Bucoliche sono state scritte in un

latino semplice e lineare, privo di tratti

rustici o di espressioni marcate. www.icotea.it - icotea@icotea.it


Le Georgiche

Si tratta di un poema epico didascalico suddiviso in 4 libri dedicati al lavoro nei

campi, all’arboricoltura, all’allevamento e all’apicoltura.

Per quanto riguarda lo stile, risulta molto più ricco e ricercato rispetto a quello

utilizzato nelle Bucoliche.

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L’Eneide è senza dubbio il capolavoro virgiliano. Ricostruisce la ‘preistoria

mitica’ di Roma, esaltando la figura di Augusto e teorizzando la missione

civilizzatrice dell’Impero Romano nel mondo.

Dal tema centrale della fuga di Enea, si diramano le altre tematiche:

• la fondazione di Roma, predetta da Giove a Giunone;

• la potenza romana e lo scontro con Cartagine: Vulcano forgia per Enea uno scudo

simbolo della potenza di Roma;

• le origini divine di Augusto, la gens Iulia: Anchise mostra ad Enea nei Campi

Elisi le anime che si reincarneranno nelle più gradi personalità romane, tra le

quali Augusto.

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Ovidio (43 a.C. – 18 d.C)

Publio Ovidio Nasone (Publius Ovidius Naso) nacque a Sulmona nel 43 a.C. da

famiglia equestre. A Roma frequentò con profitto le scuole di declamazione e certo

l’arte della retorica gli giovò molto perché gli consentì di conseguire quella scioltezza

di linguaggio che fu poi un pregio notevole della sua poesia.

Alla fine degli studi, però, preferisce seguire la propria vocazione di poeta e si

afferma con una serie di opere di grande originalità, che riscuotono immediatamente

uno strepitoso successo: gli Amores (Amori), una raccolta in tre libri di 49 elegie,

componimenti nei quali il poeta canta i propri amori, veri o immaginari.

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Tali componimenti si caratterizzano per la costante presenza di un elemento di

ironia riguardo al tema trattato, ironia assente o comunque assai rara negli altri

poeti elegiaci, i contemporanei Albio Tibullo e Sesto Properzio.

Il tema dell’amore ricorre anche nelle opere successive: le Heroides (Lettere di

eroine), 15 lettere che si immaginano scritte da altrettante eroine del mito al proprio

amato (Penelope a Ulisse, Arianna a Teseo, e altre); tre poemi didascalici, cioè che

intendono insegnare qualcosa: l’Ars Amatoria (in latino arte amatoria), in 3 libri,

che istruisce i lettori su come conquistare una donna o un uomo e come conservarne

l’amore; i Remedia amoris (i rimedi contro l’amore ), che insegnano come liberarsi

dalla passione amorosa; De medicamine faciei (i cosmetici), che spiegano alle

donne come truccarsi.

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La poesia della maturità
Tra il 2 e l’8 d.C. Ovidio compone la seconda serie delle Heroides – tre coppie di

lettere, ciascuna formata da una prima lettera scritta da un eroe mitologico alla

donna amata e dalla risposta di quest’ultima (per esempio Paride a Elena, Elena a

Paride) – e le due opere maggiori: le Metamorfosi e I fasti.

Le Metamorfosi, l’opera più celebre e amata del poeta, sono un ampio poema

epico in 15 libri. In essi Ovidio racconta un enorme numero di miti di trasformazione

(Narciso trasformato in fiore, Dafne trasformata in alloro, e così via) che nell’insieme

configurano un’originalissima storia dell’Universo, che va dalla creazione del mondo e

dal diluvio universale fino al tempo di Augusto (metamorfosi).

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I Fasti (alla lettera «giorni fasti», cioè quelli nei quali si amministra la giustizia;

nell’uso il termine prese a significare «calendario») sono un poema che descrive i culti

e le feste celebrati dai Romani nel corso dell’anno: avrebbe dovuto comprendere 12

libri, uno per ogni mese, ma ne abbiamo soltanto 6, forse perché Ovidio non ha potuto

completare l’opera o forse perché la seconda parte è andata perduta.

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La poesia dell’esilio

Nell’8 d.C. Ottaviano Augusto manda Ovidio in esilio a Tomi (l’odierna città di

Costanza di Romania), sul Mar Nero, forse come tardiva punizione per il carattere

‘immorale’ dell’Arte di amare o forse perché il poeta era indirettamente implicato in

uno scandalo di corte. In esilio Ovidio compone Tristia (Tristezze), in 5 libri, e

Epistulae ex Ponto (cioè Lettere dal Mar Nero), in 4 libri – due raccolte di elegie

nelle quali il poeta lamenta la propria condizione di esule in un paese remoto e

barbaro e prega gli amici rimasti a Roma di supplicare Augusto affinché lo faccia

ritornare.

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Scrive infine l’Ibis (un uccello che nell’antichità aveva pessima fama), poemetto

di invettive contro un individuo di cui non si conosce l’identità. Le suppliche rivolte

da Ovidio ad Augusto non hanno però esito: a Tomi, infatti, il poeta muore nel 17 o 18

d.C.

Ovidio è considerato uno dei poeti latini più apprezzati e più letti sia per i

contenuti che per lo stile: egli è infatti capace di affrontare con successo argomenti

assai vari – dalla mitologia alle proprie vicende personali – adattando a ciascuno di

essi uno stile brillante e facile nella sua immediatezza. Questa sua caratteristica gli

ha garantito un’enorme popolarità presso i suoi contemporanei e nelle età successive.

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Ovidio non ha avuto soltanto uno straordinario successo in vita, ma anche nelle

età successive è stato, insieme a Virgilio, il poeta latino di gran lunga più amato e

imitato: ne riprendono i temi o ne imitano lo stile, tra gli altri, Dante, Petrarca,

Boccaccio, Ariosto, Shakespeare, Giambattista Marino e D’Annunzio. Inoltre,

innumerevoli sono gli spunti che le Metamorfosi hanno fornito a pittori e scultori

italiani ed europei.

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