Figura 5-4. A, Sinistra, Test del cassetto anteriore per l’instabilità legamentosa. Afferrare il
tallone del paziente e tirare in
avanti mentre l’altra mano, posta davanti alla faccia anteriore, fissa la tibia. Una traslazione
superiore a 3 mm o una differenza rispetto al lato sano indicano una rottura del LAPA. Destra,
Un’eccessiva traslazione anteroposteriore (AP) della tibia sull’astragalo nel test del cassetto
indica che il paziente ha una lesione del LAPA.
• L’esame obiettivo rivela una lieve tumefazione nelle
distorsioni di grado 1 e una tumefazione diffusa, da
modesta a importante, nelle distorsioni di grado 2 e
3.
Esame obiettivo
• La dolorabilità di solito viene rilevata sul bordo
anteriore del perone nelle lesioni del LAPA e sull’apice
del perone nelle lesioni del LCP. Si devono palpare
anche la regione della sindesmosi e la base del quinto
metatarso per escludere danni a queste strutture.
• Per individuare segni di instabilità articolare
vengonodi solito utilizzati il test del cassetto anteriore e il
test di inclinazione dell’astragalo (tilt astragalico) (Fig. 5-4A
e B).
L’esame obiettivo rivela una lieve tumefazione nelle distorsioni di grado 1 e una tumefazione
diffusa, da modesta a importante, nelle distorsioni di grado 2 e 3. La dolorabilità
di solito viene rilevata sul bordo anteriore del perone nelle lesioni del LAPA e sull’apice del
perone nelle lesioni del LCP. Si devono palpare anche la regione della sindesmosi e la base del
quinto metatarso per escludere danni a queste strutture.
• Presentazione
• La modalità più comune con la quale si presenta
il neuroma interdigitale (di Morton) è un dolore
localizzato tra la testa del terzo e quella del
quarto metatarso (nel terzo spazio interdigitale)
(Fig. 5-79) che si irradia al terzo e quarto dito. I
pazienti spesso lo descrivono come un dolore
urente che in modo intermittente “si sposta”. Di
solito, il dolore è esacerbato da scarpe strette o
con il tacco alto oppure da un aumento
dell’attività del piede. Il dolore è spesso alleviato
dal togliersi le scarpe e dallo sfregamento
dell’avampiede.
• Occasionalmente, questi sintomi si presentano
nel secondo spazio interdigitale con irradiazione
al terzo e quarto dito. Di rado, i neuromi si
presentano contemporaneamente in entrambi gli
spazi interdigitali.
• La Tabella 5-11 presenta (in percentuale) una
lista dei sintomi preoperatori dichiarati dai
pazienti con neuroma interdigitale nella casistica
di Mann (1997).
Figura 5-79. A,
Il neuroma di Morton consiste in
una proliferazione del tessuto fibroso che circonda
il nervo plantare dove le branche del plantare
mediale e laterale si avvicinano alla zona tra le
teste del terzo e del quarto metatarso. Il nervo è
irrigidito prossimalmente dal tendine del flessore
breve delle dita e si tende intorno al legamento
trasversale dei metatarsi quando le dita si
dorsiflettono, come avviene naturalmente nel
cammino. Questo trauma, ripetuto, provoca
un’infiammazione e un’irritazione localizzate
nell’area del terzo e quarto spazio. B, Distribuzione
tipica dei disturbi della sensibilità dovuta al
neuroma di Morton nel terzo spazio interdigitale
(ma esiste una certa variabilità).
Anatomia e fisiopatologia
Il neuroma di Morton “classico” è una lesione del
nervo digitale comune che innerva il terzo e il
quarto dito . Non è un vero neuroma, ma
piuttosto una fibrosi perineurale irritata dove il
nervo passa sotto al legamento trasverso dei
metatarsi (Fig. 5-80).
È stato ipotizzato che, poiché il nervo digitale
comune a livello del terzo spazio interdigitale
riceve branche dal nervo plantare mediale e
laterale (e ciò ne aumenta lo spessore), questo
spieghi perché il terzo spazio interdigitale è il più
coinvolto. Il coinvolgimento meno frequente del
secondo interspazio può essere il risultato di una
variazione anatomica della distribuzione dei nervi
digitali comuni.
L’incidenza del neuroma interdigitale è 8 volte su
10 più frequente nelle donne.
Paratendinite dell’achilleo
Premessa
L’infiammazione è limitata al parate non senza che sia associata una tendinosi dell’achilleo. Il
fluido spesso si accumula vicino al tendine; il paratenon è ispessito e aderente al tessuto
tendineo normale. Le paratendiniti dell’achilleo compaiono più frequentemente negli atleti
maturi coinvolti in attività in cui si corre e si salta: generalmente non progrediscono in una
degenerazione. L’istologia della paratendinite mostra cellule infiammatorie e una proliferazione
di capillari e di fibroblasti nel paratenon o tessuto areolare peritendineo.
• Il trattamento conservativo per i pazienti nei quali l’intervento non è indicato richiede un periodo di
immobilizzazione per permettere il consolidamento dell’ematoma.
• Viene utilizzata l’ecografia per confermare che l’apposizione dell’estremità del tendine avviene con 20° o
meno di flessione plantare. Il trattamento conservativo è più indicato per le piccole rotture parziali. La
riparazione chirurgica è indicata se la diastasi permane quando il piede è in flessione plantare di 20°. Per
8 settimane viene utilizzato un gesso di gamba con una flessione plantare di 20° senza carico (preferito)
o uno stivale amovibile (non deve essere tolto dal paziente) con il tallone in elevazione. Il paziente con il
tutore non può caricare per 8 settimane.
• Tra la 6a e l’8a settimana, la flessione plantare del gesso viene gradatamente ridotta (più agevole con
uno stivale a camme in commercio con angolo della caviglia regolabile).
• Viene applicato un rialzo iniziale di 2-2,5 cm a livello del tallone per 1 mese, quando si inizia
progressivamente a caricare.
• Si dà inizio a esercizi attivi per il ROM in scarico e allo stretching passivo con il tubolare elastico. A 10- 12
settimane il rialzo viene ridotto a 1 cm; nell’arco del mese successivo viene ulteriormente ridotto in
modo che in 3 mesi il paziente ritorna a camminare senza rialzo.
• A 8-10 settimane si deve dare inizio agli esercizi contro resistenza progressiva per il polpaccio. Si può
tornare a correre dopo 4-6 mesi se la forza è al 70% del lato sano. La potenza massima nella flessione
plantare può non tornare per 12 mesi o più.
Metatarsalgia
Premessa
• Con il termine metatarsalgia si indica un assortimento di condizioni che provocano
dolore plantare all’avampiede in corrispondenza delle articolazioni MTF.
• Metatarsalgia non è di per sé una diagnosi, ma piuttosto una definizione
anatomica del posto dove il paziente avverte dolore.
• Un trattamento efficace per questa condizione ha come cardine l’identificazione
della causa. Per fare ciò sono necessari una chiara comprensione della sua
eziologia e un approccio sistematico alla valutazione. La metatarsalgia è
soprattutto caratterizzata dal dolore sotto la testa dei metatarsi esacerbato dal
carico. Il cuscinetto adiposo dell’avampiede è un tessuto altamente specializzato. I
setti fibrosi sotto il derma dividono il grasso sottocutaneo in compartimenti.
Quando si carica, si crea dentro i compartimenti la pressione idrostatica che
smorza e disperde le forze impresse sulla cute della pianta del piede. Questo
meccanismo agisce come un cuscino che protegge la zona da una concentrazione
focale di pressione potenzialmente dannosa.
• L’artrite infiammatoria, un trauma o disturbi neuromuscolari possono provocare
uno squilibrio delle forze di flessione ed estensione sulle piccole articolazioni delle
dita. La deformità delle dita è una conseguenza di questo squilibrio.
L’iperestensione delle MTF è una componente comune di queste deformità: tira il
cuscino adiposo dell’avampiede distalmente e dorsalmente con la falange
prossimale