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31MARZO.

O uomo che
spesso agisci a seconda
delle circostanze, osserva
le api e impara la
sapienza! Le api non
passano da un fiore
all'altro saltandone
qualcuno, ma secondo il
bisogno fanno la raccolta
da un fiore e poi ritornano
all'alveare. Anche tu, non
prestare attenzione alle
molte parole che senti o
che leggi, né lasciare un
pensiero per rifugiarti in
un altro, come fanno i
superficiali, che rivoltano
sempre libri, ascoltano
discorsi, parole, e non
arrivano mai alla scienza.
Raccogli da uno ciò di cui
hai bisogno, e il succo
riponilo nell'alveare della
memoria. "Non diventa
rigogliosa - scrive un
filosofo - una pianta che
venga spesso
trapiantata".
Gennaio
1. La Vergine diede alla
luce il figlio. Quale figlio?
Il Figlio di Dio, Dio stesso.
O tu, donna più felice di
ogni altra, che hai avuto il
figlio in comune con Dio
Padre! Di quale gloria
risplenderebbe una misera
donna se avesse un figlio
da un imperatore di
questo mondo? Di gran
lunga più grande è la
gloria di Maria che ha
condiviso il Figlio con Dio
Padre. Il Padre ha dato la
divinità, la Madre
l'umanità; il Padre ha dato
la maestà, la Madre
l'infermità. Partorì il Figlio
suo, l'Emanuele, cioè il
"Dio con noi": chi dunque
sarà contro di noi?
2. "Apparve nel cielo un
segno grandioso: una
donna vestita di sole..."
(Ap 12,1-2). Questa
donna raffigura la chiesa,
che a buon diritto è
chiamata "donna", perché
feconda di molti figli, che
ha generato dall'acqua e
dallo Spirito Santo.
Questa è la donna vestita
di sole. Il sole è così
chiamato perché compare
da solo, dopo aver
oscurato con il suo fulgore
tutte le altre stelle. Il sole
è Gesù Cristo, che abita
una luce inaccessibile (cf.
1Tm 6,16), e il cui
splendore vela e oscura i
deboli raggi di tutti i santi,
se vengono a lui
paragonati, perché "non
c'è santo come il Signore"
(1Re 2,2).
3. Gesù, dolce è il tuo
nome, più del miele e di
ogni altra dolcezza. Che
cosa significa Gesù, se
non Salvatore? O buon
Gesù, proprio per te
stesso sii a noi Gesù,
affinché tu, che ci hai dato
l'inizio della dolcezza, cioè
la fede, ci dia anche la
speranza e la carità,
perché vivendo e
morendo in esse,
meritiamo di giungere fino
a te.
4. La dottrina di Cristo
non possiede la melodia
dell'adulazione, perché
non lusinga i peccatori,
non promette beni di
quaggiù, ma severamente
ammonisce e insegna a
mortificare la carne, a
disprezzare il mondo. Per
questo sono pochi quelli
che l'ascoltano.
5. Il Signore, scegliendo i
semplici e gli indotti,
dimostra che la sapienza
del mondo è arida e
insipida. La sapienza della
carne è il demonio
notturno: è cieca, per
quanto essa sia convinta
di vederci molto bene;
solo nella notte ha la vista
acuta, come il gatto. Tutta
la sapienza e la prudenza
di questo mondo consiste
nel nutrire e accontentare
la carne, nell'accumulare
ricchezze, che sono come
pietre con le quali i
sapienti e i prudenti del
mondo saranno lapidati
nel giorno del giudizio.
6. Come la stella attirò i
Magi dell'oriente a
Gerusalemme, così la
grazia divina richiama i
peccatori dalla vanità
mondana allo stato
penitente, per cercare il
Re neonato, e, trovatolo,
adorarlo. E dove lo
trovano? Nel buon
esempio di chi vive
cristianamente.
7. O misericordia di Dio,
che non si scorda mai di
aver pietà, e sempre è a
disposizione di chi ritorna
a lui! Si allieti dunque il
cuore di quelli che ti
cercano, o Gesù, e più
ancora di quelli che ti
trovano. Corri anche tu,
come i Magi, dietro alla
stella che ti conduce verso
la vita. Poco avrai da
faticare, presto giungerai
e troverai il Desiderio dei
santi, la Gioia degli angeli.
8. Nell'Antico e Nuovo
Testamento c'è la
pienezza di tutta quella
scienza che sola sa
insegnare, che sola fa
sapienti: le cui parole
sono simili alle ali stese
sopra l'Arca dell'alleanza,
perché ci proteggano
dall'arsura della
prosperità mondana, dalla
pioggia della
concupiscenza carnale,
dalla folgore della
suggestione diabolica.
Questa è la sola scienza
che insegna ad amare
Dio, a disprezzare il
mondo, a domare le
passioni.
9. Il penitente, giunto
alle altezze di una vita
incontaminata, trova i
pascoli della Sacra
Scrittura: e alimentandosi
con la lettura del Libro
santo, giunge alla gioia
della preghiera devota.
10. Abbi sempre Dio nella
tua mente. Se hai Dio hai
tutto, perché hai colui che
tutto ha creato, che da
solo è in grado di saziarti,
e senza il quale tutto ciò
che esiste è nulla. Abbi
dunque sempre Dio nella
tua mente.
11. Il cristallo, percosso
dai raggi del sole, li
riverbera. Così, il
credente, illuminato dal
fulgore di Cristo, deve
emettere scintille di
parole e di esempi che
siano in grado di
illuminare e accendere il
prossimo.
12. Chi segue il Signore,
desidera che anche gli
altri lo seguano, e perciò
egli si volge al prossimo
con animo premuroso,
con preghiera devota e
con l'annuncio della
parola di Dio.
13. Parla bene chi
testimonia con le azioni
ciò che annuncia con la
bocca. Chi con fedeltà
distribuisce il pane della
Parola di Dio e non tiene
nascosta la testimonianza
della verità. Questi sarà
benedetto nel presente e
nel futuro.
14. Cristo dice: "Io sono
la Verità". Chi predica la
verità, afferma Cristo; chi
tace la verità, rinnega
Cristo. Ma la verità
provoca l'odio; e perciò ci
sono di quelli che, per non
incorrere nell'odio degli
uomini, s'imbavagliano la
bocca col silenzio.
15. Maria è la stella del
mare. Se non risplende su
di te questa stella, sei un
cieco che va avanti a
tentoni, la tua navicella è
sconquassata dalla
burrasca e tu finisci col
naufragare in mezzo ai
flutti.
16. All'annunzio
dell'angelo, Maria si turbò.
Si turbò perché si sentiva
attribuire delle qualità che
non le pareva
minimamente di
possedere. Rara virtù, che
un'evidente santità resti
nascosta unicamente a chi
ne è rivestito!
17. L'anima, in cui Maria
prende dimora, è tutta
piena d'ogni fragranza di
virtù. Da lei emana
profumo di umiltà e di
castità. Da lei, infatti, è
nato Gesù Cristo, che
tutto il mondo riempie di
odore soave.
18. È un grande segno di
predestinazione l'ascoltare
volentieri la parola di Dio.
Come l'esule, il quale
cerca e sente con piacere
le notizie provenienti dalla
sua terra, dimostra di
amare la sua patria; così
si può dire che abbia già il
cuore rivolto al cielo, il
cristiano che ascolta con
interesse chi gli parla
della patria celeste.
19. Arrossisca l'insensato
orgoglio, si sgonfi la
tronfia arroganza, perché
la Sapienza di Dio è
discesa! Misero uomo,
strisciando con le mani e
coi piedi, tenti di
arrampicarti verso gli
onori, mentre Gesù, al
richiamo della pia Madre,
differì fino ai trent'anni la
missione redentrice che
aveva iniziato dodicenne
nel Tempio.
20. Cristo è verità: in
Cristo rifulsero povertà,
obbedienza, umiltà. Chi si
scandalizza di queste
virtù, si scandalizza di
Cristo. I veri poveri non si
scandalizzano, perché essi
soli si nutrono della verità
del vangelo, e sono il
popolo del Signore, i
poveri, le pecorelle che
egli conduce al pascolo.
21. I poveri in spirito
sono il popolo di Dio.
Staccati dalle cose
terrene, nelle altezze della
povertà, essi contemplano
il Figlio di Dio nei misteri
della sua vita e nella
gloria del cielo. Sono essi
che il Signore consola.
Privi di beni temporali,
egli li consola con i suoi
beni. E mentre crolla
l'edificio dei conforti
mondani, subito il Signore
erige in loro la casa della
sua gioia. Egli trasforma
la desolazione della
povertà in delizie di intima
soavità.
22. Il giusto è sempre
occupato in qualche cosa.
"Non stare mai con le
mani in mano -
ammonisce san Girolamo
-, così che il diavolo ti
trovi sempre occupato,
perché molta malizia
insegna l'oziosità". Perché
Egisto diventò adultero? -
si domanda l'antico poeta
-, e risponde: "Chiaro, era
un ozioso". Dall'oziosità
pullulano nell'anima le
superfluità; invece il
lavoro consuma i fluidi
superflui facendoli
evaporare. Si sa che certe
piante, se non sono
coltivate, ridiventano
selvatiche: così è
dell'uomo pigro e
indolente.
23. Di rado peccano
coloro ai quali mancano le
attrattive del peccato; e
più presto si rivolgono alla
grazia quelli che nulla
hanno al mondo con cui
sollazzarsi. Perciò, felice
la sofferenza che ci
orienta verso le cose
migliori! Così, quelli che
non godono l'abbondanza
delle cose mondane, quelli
che hanno una salute
fisica cagionevole, con
maggiore facilità
rispondono all'invito
divino. Succede che
qualcuno, fortemente
attaccato a questa terra,
a un certo momento, non
potendo tener dietro al
mondo, viene dal mondo
disprezzato e
abbandonato. E Cristo lo
incontra, perché egli va in
cerca di quelli che il
mondo copre di disprezzo
e di abbandono, e lo attira
al suo amore e lo nutre
con la sua divina parola.
24. Chi accumula
ricchezze è più povero dei
poveri, perché non è
padrone di se stesso: è il
denaro il suo signore;
sembra un possessore, in
realtà è dal denaro
posseduto. Per quanto
abbia, crede sempre di
avere troppo poco. Dice
un filosofo antico: "Chi
non è mai sazio, anche se
diventa padrone del
mondo, è un mendico". E
ancora: "Secondo me,
non è povero chi si
accontenta di quello che
ha, anche se è poco".
25. I sentieri della
rettitudine sono la povertà
e l'obbedienza, e per essi
Cristo, povero e
obbediente, ti guida con il
suo esempio. In essi non
c'è alcuna tortuosità, ma
solo rettitudine e
sincerità. La povertà
infatti rende ricchi e
l'obbedienza rende liberi.
Colui che corre dietro a
Gesù per questi sentieri,
non trova l'inciampo della
ricchezza e della propria
volontà.
26. Molti, privi di forza
d'animo, piangono sulla
perduta prosperità, sulla
loro povertà forzata, e
assai spesso perdono la
fede. Costoro non hanno
nelle vene il nobile sangue
di Cristo, il quale ci
insegna a essere lieti
anche nelle privazioni.
27. Quanto più l'uomo
allarga i suoi possessi,
tanto più si limita, perché
perde la sua libertà. La
smania delle ricchezze lo
rende schiavo, e,
facendosi servo di esse,
diventa meschino. Infelice
chi è più piccolo delle cose
che possiede! Ed è più
piccolo, quando si
subordina ai suoi beni,
anziché fare che questi
stiano subordinati a lui.
Tale soggezione servile
appare evidente nella
febbre che lo domina e
nel dolore che prova
quando perde i suoi averi.
La libertà vera non si
trova che nella povertà
volontaria.
28. Dice Isaia: "E farà del
suo deserto un luogo di
delizie" (Is 51,3). Infatti il
deserto della povertà
esteriore crea le delizie
della soavità interiore. Il
Signore definisce spine le
ricchezze di questo mondo
(cf. Mt 13,22), mentre
Isaia chiama delizie il
deserto della povertà. O
spine del mondo! O delizie
del deserto! Quanto è
lontana la verità dal falso,
la luce dalle tenebre e la
gloria dalla pena,
altrettanta è tra voi la
differenza. La natura ha
generato gli uomini
poveri, è la malizia che li
ha fatti ricchi. Ma la vera
povertà ama la solitudine
ed è sempre lieta.
29. Il cuore è come il re,
che dirige e governa
quello "stato" che è il
corpo. Questo re dispone
di cinque ministri
particolari, cioè dei cinque
sensi del corpo, due dei
quali gli sono
particolarmente vicini: gli
orecchi e la lingua. Con gli
orecchi percepisce le cose
esteriori, con la lingua
manifesta quelle interiori.
Ma se gli orecchi vengono
otturati dai sedimenti e la
lingua si inceppa, che
cosa potrà fare il re, che
cosa potrà fare il cuore? Il
suo regno viene distrutto
perché sono distrutti i
suoi ministri. Che cosa
resta da fare? Rimane un
solo e unico rimedio:
condurre il sordomuto da
Gesù, affinché gli
imponga la sua mano e lo
guarisca.
30. Richiama alla
memoria i più bei giorni
della tua vita, i giorni
della tua innocenza,
quando Dio illuminava con
la grazia la tua anima, e ti
parlava nella preghiera, e
ti guidava e custodiva in
tutto quello che ti
accingevi a fare. Vivevi
allora felice con lui nella
sua città; ma tu hai voluto
uscirne, e allora gli
assassini ti hanno
aggredito, ti hanno
coperto di ferite, ti hanno
spogliato di ogni bene.
Piangi e sospira la felicità
perduta, ora che giaci
quasi senza vita nella tua
miseria, incapace di
rialzarti.
31. Pensa che hai da
rendere conto a colui che
è autore e difensore della
legge da te calpestata.
Dovrai presentarti
colpevole a colui che fa
tremare l'universo, a colui
davanti al quale i reprobi
urleranno: "Montagne,
crollate su di noi,
seppelliteci vivi, che non
abbiamo a vederlo!". Sì, il
Signore ha taciuto, ha
lasciato correre per tanto
tempo; come un agnello,
si lasciò schiaffeggiare e
sputacchiare da te, dai
tuoi peccati, e non reagì.
Ma il suo volto pallido e
dissanguato sulla croce,
un giorno lo vedrai acceso
d'ira contro di te. Potrai tu
allora sostenere quel
terribile aspetto?
Febbraio
1. Non c'è angoscia più
grande di quella d'una
madre che abbia perduto
il suo unico figlio: e unico
figlio dell'anima è l'amore
di Dio, senza del quale la
fede è morta. Piangi
dunque, o cristiano,
questa perdita immensa.
2. Oggi i fedeli cristiani
portano in processione nel
tempio la candela accesa,
che è composta di cera e
di stoppino. Nella
fiammella è simboleggiata
la divinità, nella cera
l'umanità, nello stoppino
l'acerbità della passione
del Signore. In questi tre
elementi consiste la vera
penitenza: nel fuoco
l'ardore della contrizione,
che sradica le radici di
tutti i vizi; nella cera la
confessione del peccato,
che "fonde come la cera al
fuoco", nello stoppino
l'asprezza dell'espiazione.
3. La riconciliazione del
peccatore con Dio si può
chiamare uno sposalizio
dello Spirito Santo con
l'anima pentita. Da tale
unione germoglia il
cristiano nuovo, erede
della vita eterna.
4. Il contadino benda gli
occhi all'asino e lo batte
con il bastone, e così
l'asino trascina intorno
una mola di grande peso.
Il contadino è il diavolo e
il suo asino è l'uomo
mondano. Il diavolo gli
chiude gli occhi quando gli
acceca l'intelletto e la
ragione con il bagliore
delle cose terrene; e lo
colpisce con il bastone
della cupidigia perché
trascini con sé la mola
della vanità mondana.
5. Nessuno diventa
perfetto da un momento
all'altro. Perciò dobbiamo
staccarci un po' alla volta
dal mondo,
disprezzandone le
ricchezze e i piaceri.
Un'abitudine si elimina
con un'altra abitudine; e il
filosofo dice:
"Scompariranno i vizi, se
si prenderà l'abitudine di
abbandonarli per qualche
tempo".
6. Se uno vuole fare
veramente penitenza, non
confidi nei suoi meriti,
non abbia presunzione del
bene fatto; ma palesi in
confessione tutto il male
compiuto, con dolore e
rossore. E non basta che
si proclami peccatore, ma,
se qualcuno gli rinfaccia le
sue colpe, umilmente
sopporti; se no, dimostra
di non essere pentito
davvero.
7. Dobbiamo essere
sempre occupati intorno
alla nostra anima, perché
non ci avvenga quello che
dice Salomone: "Passai
accanto al campo del
pigro e presso la vigna
d'un tale scriteriato, ed
eccoli ingombri di
erbacce. Le ortiche ne
coprivano la superficie e il
muretto di pietre era
sgretolato" (Pro 24,30-
31).
8. L'anima che si pente
segue la povertà, l'umiltà,
la passione di Gesù
Cristo: esse ci parlano di
lui e ci dicono quale è
stata la sua vita in questo
mondo. E così l'anima
diviene sua sposa, con lui
impegnata, a lui legata
per mezzo dell'anello di
una fede perfetta.
9. "Guardate i gigli del
campo", dice il Signore.
Gigli sono i poveri di
spirito, nel cui cuore
l'umiltà reprime la tumida
superbia, il cui corpo è
candido di castità, dalla
cui vita emana il profumo
della buona fama. Essi
sono detti gigli del campo,
non gigli del giardino o del
deserto. Il campo è il
mondo: conservare il fiore
di virtù nel mondo è tanto
più meritorio, in quanto è
più difficile.
10. Gli eremiti fioriscono
nel deserto, lontani dalla
umana convivenza; in un
giardino chiuso fioriscono
i claustrali, anch'essi fuori
dal contatto col mondo.
Molto più degno è fiorire
in mezzo al mondo, dove
più facilmente la grazia
del fiore può perire.
11. "Ci fu poi il mormorio
di un vento leggero: ecco
la serva del Signore";
questo è il mormorio del
vento leggero. E lì c'era il
Signore. Osserva che il
mormorio si fa con le
labbra un po' strette. La
Vergine Maria "restrinse",
rimpicciolì se stessa: la
Regina degli angeli si
dichiarò serva, e così il
Signore guardò all'umiltà
della sua serva.
Guardiamoci dunque dal
vento gagliardo della
superbia, nel quale non
c'è il Signore, e
umiliamoci nel mormorio
della nostra confessione e
dell'accusa di noi stessi.
12. Vale più una sola
anima santa con la sua
preghiera, che
innumerevoli peccatori
con le armi in pugno: la
preghiera del santo
penetra i cieli!
13. Quand'è che la nostra
anima è alla presenza di
Dio? Quando è certa di
non avere niente da sé, in
se stessa e per sé, ma
tutto attribuisce a colui
che è ogni bene, il sommo
bene, dal quale sgorga
ogni grazia. Irradiata da
Dio, l'anima veramente
diviene un paradiso,
fragrante di carità, di
umiltà, di castità. In lei
discende e riposa il
Diletto.
14. La vita dell'uomo
giusto viene paragonata a
un organo musicale, dal
quale scaturisce la
melodia della buona fama,
in armonia con una vita
santa.
15. La natura ha posto
davanti alla lingua due
porte, cioè i denti e le
labbra, per indicare che la
parola non deve uscire
dalla bocca se non con
grande cautela... Ma la
lingua, male ribelle, piena
di veleno mortale, fuoco
che incendia la foresta
delle virtù, sfonda la
prima e la seconda porta,
esce in piazza come una
meretrice, loquace e
raminga, insofferente
della quiete, e porta
ovunque lo scompiglio.
Chi è perfetto nella lingua,
è perfetto in tutto.
16. Per mezzo delle
lingue del serpente, di Eva
e di Adamo la morte entrò
nel mondo. La lingua del
serpente inoculò il veleno
in Eva; la lingua di Eva lo
inoculò in Adamo, e la
lingua di Adamo tentò di
ritorcerlo contro il
Signore. La lingua è un
membro freddo, sempre
immersa nell'umidità, e
quindi è un male ribelle
ed è piena di veleno
mortale, del quale nulla è
più freddo. Per questo lo
Spirito Santo apparve in
forma di lingue di fuoco,
per opporre lingue a
lingue, e fuoco ardente a
veleno mortale.
17. L'ira ottenebra la
mente e non permette di
distinguere la vera realtà
delle cose; scompiglia
tutte le facoltà dell'anima;
riflette anche all'esterno
l'alterazione che c'è
all'interno: infatti, l'occhio
si rannuvola, la lingua
prorompe in minacce, la
mano si appresta a
percuotere. E così la
carità va distrutta.
18. La nascita di un santo
costituisce un bene per
tutti e perciò è motivo di
comune esultanza.
Nascono i santi per l'utilità
degli altri, essendo la
giustizia (la santità) una
virtù sociale che ridonda a
vantaggio di tutti.
19. Nel cuore dell'uomo
ci sono tre cose: c'è la
sede della sapienza; in
esso fu scritta la legge
naturale che dice: "Non
fare agli altri ciò che non
vuoi sia fatto a te". Il
cuore è l'organo dal quale
provengono lo sdegno, il
ribrezzo, l'avversione.
Così nei veri credenti c'è
la sapienza della
contemplazione, c'è la
legge dell'amore, e c'è il
ribrezzo e l'avversione per
il peccato.
20. Cristo tiene i santi
sotto il sigillo della sua
provvidenza, affinché non
appaiano quando vogliono
loro, ma stiano pronti per
l'ora stabilita da lui. E
quando sentiranno
risuonare nel cuore il suo
comando, escano dal
nascondiglio della vita
contemplativa verso le
attività richieste dalla
necessità.
21. Come il ragno cattura
le prede con i fili della sua
rete, così il diavolo,
tirando certi fili di pensieri
capziosi, studiando cioè i
difetti ai quali l'uomo è
più incline, lo avvolge con
la fitta rete delle sue
tentazioni e lo fa sua
preda.
22. La pazienza si
alimenta e si affina a
spese di chi ci perseguita;
la vera pazienza si
compiace dei duri
trattamenti. Si può a mala
pena purificare l'animo fra
le tribolazioni di questo
mondo, senza che resti
qualche macchia da
espiare in purgatorio.
23. Quando qualcuno ti
dice, in aria di plauso o di
adulazione: "Sei bravo e
sai molte cose", tu gli devi
rispondere: "Da me
stesso non so nulla,
nessun bene io possiedo,
ma onoro il Padre mio. A
lui tutto attribuisco, a lui
rendo grazie, perché fonte
di ogni sapienza, di ogni
potenza e scienza".
24. Considera quanto è
spaventoso un uomo
infiammato dall'ira.
Corruga la fronte, ha la
faccia pallida, le narici
frementi, gli occhi torvi, le
labbra livide, digrigna i
denti e ha i pugni stretti
pronti a colpire. Un uomo
così ridotto altro non
sembra che una belva
feroce... Preghiamo Cristo
Gesù che estirpi dal
nostro cuore il vizio
dell'ira, che infonda nel
nostro spirito la
tranquillità, per poter
amare il prossimo con la
bocca, con le opere e con
il cuore, e giungere così a
lui che è la nostra pace.
25. La pazienza è il muro
inespugnabile dell'anima,
che la difende da ogni
turbamento. L'anima unita
dallo Spirito Santo è tutta
umile e povera, e perciò
inclinata alla obbedienza e
alla pazienza. Senza
pazienza, non c'è
obbedienza.
26. Se ti risolvi a venire
al mercato delle
tribolazioni, dove si
acquistano le vere
ricchezze, bada bene,
prima, se hai a
disposizione un tesoro di
pazienza sufficiente per
fare buone compere:
altrimenti, io ti consiglio
di non andare verso le
tribolazioni volontarie,
perché ne ritorneresti a
mani vuote. Ma se sei
disposto a sborsare molta
pazienza, allora vieni: non
far caso alle difficoltà,
perché è certo cosa amara
il bere al calice delle
tribolazioni. Ma quando lo
avrai sorbito, ne sarai
felice, perché sarai
collocato alla destra del
Signore, dove è la vita
che non finisce mai.
27. Chi non ha pazienza
in mezzo alle tribolazioni
non è oro, ma è ferro
dorato; non ha la vera
virtù, ma virtù apparente.
Percosso, il ferro non
manda un suono
gradevole; così
l'impaziente, percosso dai
persecutori, si incollerisce
e viene meno.
28. La Scrittura parla
spesso per immagini, per
metafore, affinché ciò che
non si può vedere in una
cosa, si possa scoprire in
un'altra simile. Il ventre,
ad esempio, viene
paragonato a un dio
quando dice: "Il loro dio è
il ventre e la loro gloria è
una vergogna" (Fil 3,19),
cioè si gloriano di ciò di
cui dovrebbero
vergognarsi.
Il dio-ventre viene
soddisfatto con le vittime
di varie portate, tende
l'orecchio ai rumori, è
solleticato dalle varie
specie di sapori, si
commuove alle
chiacchiere e non alle
preghiere, è gratificato
dall'ozio e si abbandona
alle delizie della
sonnolenza. E questo dio-
ventre ha purtroppo
monaci, canonici e
conversi che lo servono
devotamente e sono quelli
che nella chiesa di Dio
vivono placidamente
nell'ozio, che non si danno
alla preghiera segreta, ma
sono curiosi di ascoltare i
fantasiosi racconti degli
oziosi, in cui si odono
risate, sghignazzi e i rutti
di un ventre rimpinzato.
29. La sapienza, così
chiamata da sapore,
consiste nel gusto della
contemplazione, la
prudenza nel prevedere e
cautelarsi dalle insidie, la
fortezza nel sopportare le
avversità, l'intelligenza
nel rifuggire dal male e
scegliere il bene.
Marzo
1. L'abituale
contemplazione di Cristo
paziente, il ricordo dei
suoi patimenti, rende
insensibile alle gioie e ai
piaceri della terra.
Quando il sole si eclissa,
tutte le cose perdono il
colore. E così il sole,
Gesù, soffrendo in croce
per noi, spegne tutte le
seduzioni del mondo.
Mentre con l'occhio della
fede vedo il mio Dio
sofferente in croce,
trapassato dai chiodi,
abbeverato di fiele e
aceto, coronato di spine,
tutte le cose di quaggiù
perdono per me ogni
attrattiva e sento
vivamente il mio nulla.
2. L'apostolo deve
possedere costanza e
pazienza: costanza
nell'annunciare la parola
di Dio, pazienza quando i
cani gli latrano contro. La
vera pazienza non è
sostenuta dalla
preoccupazione del favore
degli uomini o dalla paura
di essi, ma dalla sola
inflessibile carità. Al
contrario, la falsa
pazienza per vergogna del
mondo e per timore, più
che per amore di Dio, si
astiene dal vendicare
l'ingiuria ricevuta.
3. Come il raggio del sole
scendendo illumina il
mondo, e tuttavia dal sole
non si allontana mai, così
il Figlio di Dio, scendendo
dal Padre, illumina il
mondo, e tuttavia mai si
allontana dal Padre,
perché è una cosa sola
con il Padre. Infatti egli
stesso disse: "Io e il Padre
siamo una cosa sola" (Gv
10,30).
4. Nulla è più caro a Dio
e agli uomini dell'umiltà.
A ogni molestia e insulto
che ti venga fatto, devi
rispondere con
mansuetudine e con
umiltà. Se ti arriva
all'orecchio qualcosa di
sgradevole, guarda che
non salga subito a turbare
il tuo animo; tra l'orecchio
e la tua sensibilità ci deve
essere come una via
tortuosa e difficile, in
modo che le parole
offensive arrivino alla tua
sensibilità svigorite, e non
possano ferirti che
leggermente o per nulla.
È degno veramente di
essere chiamato uomo,
solo chi non si lascia
sconvolgere dal vento
delle chiacchiere.
5. È mite chi non ha
l'animo inasprito o
amareggiato; ma la fede
ha reso semplice il suo
cuore, tanto da
sopportare con pazienza
ogni ingiuria infertagli: se
gli altri sono agitati contro
di lui, il mite resta sereno.
E non ha paura di essere
disprezzato.
6. Quando vuoi innalzare
ed elevare qualcuno con
l'adulazione, abbassi te
stesso. Vuoi crescere?
Rendi ogni lode e ogni
gloria a Dio, non all'uomo,
al Creatore e non alla
creatura. Vuoi non cadere
nella maldicenza? Scorda
ogni rancore e ogni
invidia. Sparlando degli
altri, fai tuo il loro male.
Misericordioso è chi prova
dolore per la sofferenza
altrui. Ricorda che, come
triplice è la misericordia
del Padre celeste verso di
te, così triplice deve
essere la tua misericordia
verso il prossimo. Iddio,
nel tempo della
tribolazione, infonde una
grazia che refrigera
l'anima e perdona i
peccati; inoltre, la
misericordia di Dio con
l'avanzare del tempo si
dilata sempre più; alla
fine ti incorona di gloria
eterna. Anche tu sii buono
con il prossimo: perdona
se pecca contro di te;
istruiscilo, se lo vedi
allontanarsi dalla verità;
se è bisognoso, soccorrilo.
Sii dunque misericordioso,
come lo è il Padre tuo.
7. Siccome non sappiamo
che cosa diventerà nel
futuro colui che ora ci
sembra cattivo, non
dobbiamo perdere la
speranza che si corregga,
né considerarlo un'anima
perduta. Non bisogna
nutrire ingiustificata
fiducia nella propria virtù
e guardare gli altri
dall'alto in basso. A volte,
un'anima cade in qualche
colpa perché assalita e
stordita dai sensi; e se tu,
presuntuoso, oserai dir
male di essa, sappi che
incorrerai nel giudizio di
Dio, perché Gesù ha
detto: "Non giudicare e
non sarai giudicato".
8. Della morte di un
nemico non dobbiamo
godere, ma dolerci e
piangere. Così ha fatto
Gesù sulla croce, quando
piangeva sulla umanità
uccisa dal peccato: "Figlio
mio, potessi io morire per
te! Giovasse a te la mia
morte!". Quasi volendo
dire che nessuno vuol
concedere a Cristo di
morire per lui. Infatti,
grande dono reputa il
Signore, che il peccatore
gli permetta di morire per
lui.
9. Sappiamo sopportare
bene gli insulti ricevuti,
quando, nel segreto della
mente, ricordiamo i mali
da noi commessi. Leggero
ci sembrerà il dolore,
pensando che meritavamo
assai di peggio. Non
dovremmo essere adirati
contro chi ci fa del male,
ma riconoscenti, perché
con tali sofferenze
rendiamo più mite la
giustizia di Dio.
10. "Chi si umilia sarà
esaltato" (Lc 14,11).
Cristo si umiliò fino alla
morte e fu esaltato nella
risurrezione. Preghiamolo
che imprima nei nostri
cuori il suo vangelo di
umiltà.
11. Il vangelo predicato
da Cristo e dagli apostoli,
è l'umiltà: "Imparate da
me che sono mite e umile
di cuore". Dov'è umiltà, ivi
è stabilità e salvezza: il
fariseo non era umile, e
per questo cadde, e
proprio mentre volle
apparire giusto, si rivelò
peccatore.
12. Senza Dio nulla
possiamo fare o avere, e
senza di lui neppure
conservare ciò che
abbiamo avuto. Perciò
dopo la grazia è
necessario che il Signore
sia con noi e custodisca e
conservi ciò che egli solo
ha dato. Poiché egli ci
previene dandoci la sua
grazia, nel conservarla
diventiamo suoi
cooperatori: egli non
veglia su di noi, se
insieme con lui non
vegliamo anche noi.
13. L'uomo dedito alle
cose dello spirito, dopo
aver accudito alle
necessità materiali, e
dopo essersi liberato da
pensieri e preoccupazioni,
rientra nella sua casa,
cioè nella sua coscienza, e
chiusa la porta dei sensi,
riposa con la sapienza,
dedicandosi alla
contemplazione divina,
nella quale assapora la
dolcezza della quiete
spirituale.
14. Sono tre le parti del
corpo dalle quali proviene
la vita o la morte: il
cuore, la lingua, la mano.
Dal cuore proviene il
consenso, dalla lingua la
parola, dalla mano
l'azione. Se con queste tre
parti abbiamo offeso il
Signore, da esse deve
venire la riparazione e la
professione di fede.
15. Lo Spirito di Dio è
l'umiltà: chi ne è animato
è vero figlio di Dio. Più
dolce del miele è lo spirito
di umiltà, poiché chi ne è
pervaso produce frutti di
dolcezza.
16. Se darai onore al
Signore, egli sarà la tua
forza. Se con te stesso
userai cautela e
diffidenza, il Signore sarà
il tuo rifugio di salvezza.
Se amerai il prossimo
come te stesso, egli
salverà il tuo fratello
insieme con te.
17. Il digiuno purifica:
Mosè, dopo il digiuno di
quaranta giorni, meritò di
ricevere la legge perfetta
del Signore, legge che
converte e purifica
l'anima. Elia meritò di
sentire il soffio di una
brezza leggera. La saliva
dell'uomo digiuno uccide i
serpenti. Grande è la
potenza del digiuno, che
guarisce la peste
dell'anima e smaschera le
insidie dell'eterno nemico.
18. Quelli che sperano
non in sé, ma nel Signore
che è il Dio della
speranza, riacquisteranno
forza, per essere forti in
lui e deboli di fronte al
mondo. Metteranno le ali
della duplice carità, con le
quali volare nel cielo come
aquile. Correranno per
conquistare il premio
dell'eterna felicità e non si
stancheranno, perché per
colui che ama nulla è
difficile.
19. Un angelo del
Signore apparve in sogno
a Giuseppe (nome che
significa crescente), e gli
disse: "Alzati, prendi con
te il Bambino e sua
Madre, e fuggi in Egitto".
Giuseppe nel suo sonno è
lontano dal frastuono
delle cose del secolo, e
riposa senza il tumulto dei
pensieri. Perciò gli appare
un angelo, e gli dice:
"Alzati", cioè tendi all'alto,
perché tu sia veramente
uno che cresce verso
l'alto, non verso il basso,
come la rapa che cresce
nella terra e sotto terra,
ma come la palma che si
spinge verso l'alto.
20. Copre di sputi il volto
di Cristo chi copre di
disprezzo e di maldicenza
i prelati e i pastori della
chiesa. E perché i pastori
della chiesa dobbiamo
considerarli come il volto
del Signore? Perché per
mezzo dei loro
insegnamenti noi veniamo
a conoscere Gesù Cristo.
21. Nel fiore si notano:
bellezza di colori, soavità
di profumo, speranza del
frutto. Così nella vera
umiltà c'è bellezza di vita
santa, c'è soavità di
buona fama. Come il
fiore, emanando il suo
profumo, non si guasta,
così l'autentico umile,
sebbene lodato per la sua
buona vita, non
s'inorgoglisce. Vedendo il
fiore, spero nel frutto:
quando vedo un vero
umile, spero che sarà
beato nel cielo.
22. Seguimi! - invita
Gesù -, perché io conosco
la strada buona per la
quale condurti. Solo la via
dell'umiltà è via della
sapienza: ogni altra via è
via di stoltezza, perché
via di superbia.
23. Mettiamoci all'ultimo
posto! Ultimo posto è il
pensiero della morte, e
chi vi si applica, non
brama di salire al primo
posto; e san Girolamo
dice: "Facilmente tutto
disprezza, chi sempre
pensa che deve morire".
Va', fratello, raccogliti in
questo ultimo posto, da
lungi guardando e
salutando la celeste
Gerusalemme. Ben
convinto che sei di
passaggio e ospite sulla
terra, a nessuno ti
preporrai, e ti stimerai più
indegno degli altri. E
allora Gesù ti dirà:
"Amico, vieni più su;
dall'umiltà ti riconosco per
mio amico".
24. Davvero una
battaglia, una tentazione
continua è la vita d'un
uomo. Corrotti come
siamo, da noi stessi
scaturiscono parecchie
delle nostre molestie, e
perfino nel bene che
compiamo fa capolino il
male, come per esempio
la vanagloria e la pigrizia.
25. L'angelo entrò da
Maria e la salutò: "Ave,
piena di grazia!" perché,
la prima fra tutte le
donne, offrì a Dio il dono
sublime della verginità, e
perciò fu degna di godere
della visione dell'angelo e
del suo colloquio, e diede
al mondo l'autore di tutta
la grazia. "Piena di
grazia", perche il profumo
del tuoi unguenti supera
tutti gli aromi. Un favo
stillante sono le tue
labbra, sulle quali è
diffusa la grazia.
26. Spesso si usa dire a
persone buone: "Prega
per me, che sono un
povero peccatore". Certo,
chiedere che si preghi per
noi, è umiltà. Eppure c'è
pericolo che vi s'insinui la
pigrizia, aspettandoci da
un altro ciò che è invece
dovere nostro.
27. Nessuno faccia poco
conto del tempo sciupato
in parole oziose: perché
prezioso è il tempo e da
esso dipendono i giorni
della salvezza. Parola
detta non torna più
indietro, tempo perduto,
non si recupera mai più.
Alcuni dicono: "Ma è lecito
conversare, per far
passare il tempo". Fa'
passare il tempo che la
bontà del Signore ci
concede per ottenere il
perdono, per acquistare
grazia, per fare penitenza,
per meritare la gloria!
28. Considera che la
scala ha due braccia (i
montanti) e sei scalini, sui
quali si fa la salita. La
scala raffigura la
santificazione del
penitente, della quale
l'Apostolo nell'epistola di
oggi dice: "Questa è la
volontà di Dio, la vostra
santificazione, affinché
ognuno di voi sappia
mantenere il proprio
corpo con onore e santità"
(1 Ts 4,3-4). Le braccia di
questa scala sono la
contrizione e la
confessione. I sei scalini
sono quelle sei virtù, nelle
quali consiste tutta la
santificazione dell'anima e
del corpo: cioè la
mortificazione della
propria volontà, il rigore
della disciplina, la virtù
dell'astinenza, la
considerazione della
propria fragilità, l'esercizio
della vita attiva e la
contemplazione della
gloria celeste.
29. "Anche se
disponessimo di molto
tempo, dovremmo usarlo
con oculatezza e
parsimonia", scriveva
Seneca. Ora poi, avendo
un tempo così misurato,
cosa non dovremmo fare?
Figlio, tieni conto del
tempo come di cosa
sacra!
30. Sempre dobbiamo
essere all'opera attorno
alla nostra anima, affinché
non ci avvenga ciò che
dice Salomone: "Sono
passato attraverso il
campo del pigro, ed ecco
che i rovi lo coprivano
interamente". Infatti,
dove è il torpore della
pigrizia, subito crescono
le spine dei cattivi
pensieri. Simile a un
campo la nostra anima
deve essere seminata con
la parola di Dio, piantata
dagli alberi delle virtù,
fornita di pascoli e cioè di
desideri della vita eterna,
abbellita di fiori diversi e
cioè dagli esempi dei
santi.
31. O uomo che spesso
agisci a seconda delle
circostanze, osserva le api
e impara la sapienza! Le
api non passano da un
fiore all'altro saltandone
qualcuno, ma secondo il
bisogno fanno la raccolta
da un fiore e poi ritornano
all'alveare. Anche tu, non
prestare attenzione alle
molte parole che senti o
che leggi, né lasciare un
pensiero per rifugiarti in
un altro, come fanno i
superficiali, che rivoltano
sempre libri, ascoltano
discorsi, parole, e non
arrivano mai alla scienza.
Raccogli da uno ciò di cui
hai bisogno, e il succo
riponilo nell'alveare della
memoria. "Non diventa
rigogliosa - scrive un
filosofo - una pianta che
venga spesso
trapiantata".
Aprile
1. "Il quinto giorno Dio
creò i pesci del mare...".
La quinta virtù che si
riferisce a questo giorno
della creazione è la
pratica della vita attiva...
In essa l'uomo attivo
percorre, come il pesce, le
vie del mare di questo
mondo, per poter
assistere il prossimo
sofferente nelle sue
necessità.
2. Il mondo è sempre in
movimento: nessun
riposo è concesso agli
elementi che lo
compongono. Allo stesso
modo, i mondani non
hanno mai posa dalla loro
agitazione, nelle loro
preoccupazioni per le cose
terrene.
3. Veri uomini, cioè
facenti uso della ragione,
sono quelli che si
sottomettono alla fatica
dell'apostolato, si
espongono ai rischi per il
bene del prossimo, con la
parola e l'esempio
predicano la vita eterna e
sono vigilanti su se stessi
e sulle anime loro
affidate.
4. Le virtù sono chiamate
giustamente "sostanza",
perché sono il sostegno
dell'uomo e fanno sì
ch'egli non cada e non si
distacchi dalle cose
eterne. E per essere in
grado di conservare le
virtù, è necessario che il
giusto, come Tobia, se ne
fugga con moglie e figlio e
viva nascosto e nudo, cioè
privo di tutto.
5. Sai dove trovare la
bellezza della tua anima?
Nell'amore del prossimo,
che devi confortare, con
l'elemosina dell'amore,
nel corpo e nello spirito.
6. Come il ladro veglia di
notte e ruba dalla casa di
chi dorme, asportando le
cose con una verga sulla
cui punta c'è un uncino,
così Cristo con la verga
della sua umanità e con
l'uncino della sua croce
ruba le anime al diavolo.
Infatti ha detto: "Quando
sarò elevato da terra,
attirerò tutti a me" (Gv
12,32).
7. L'angelo disse alle
donne: "Voi cercate Gesù
nazareno, crocifisso: è
risorto, non è qui. Ecco il
luogo dove lo hanno
deposto...". È scomparsa
l'amara radice della croce,
è sbocciato il fiore della
vita con i suoi frutti. Chi
giaceva nella morte è
risorto nella gloria. Al
mattino è risorto, chi alla
sera era stato sepolto,
affinché si adempisse la
parola del salmo: "Alla
sera perdura il pianto, ma
al mattino ecco la gioia"
(Sal 29,6).
8. Cresci e sviluppati
verso l'alto; non come la
rapa che s'ingrossa dentro
e sotto la terra, ma come
la palma che si slancia in
altezza. Devi essere come
le rondini, che non
prendono cibo standosene
ferme a terra, ma
beccano gli insetti
sfrecciando nell'aria.
9. "Ecco il tuo re che
viene a te", vale a dire
per la tua salvezza; "che
viene mite", per essere
accolto. Non viene con
potenza e splendore, per
essere temuto, ma umile
povero, "seduto su un
asino", per essere amato.
Viene "Giusto e
Salvatore".
10. Gesù Cristo, con gli
occhi della sua
misericordia, guardò
fissamente il genere
umano malato, e questo
fu il segno della nostra
salvezza; si avvicinò a
noi, prese su di sé la
nostra infermità, salì sulla
croce e lì, nel fuoco
ardente della sua
passione, consumò e
distrusse i nostri peccati.
11. Chi si affanna dietro
le ricchezze e gli onori di
questo mondo, diventa
casa del diavolo, mentre
era destinato ad essere
tempio di Dio.
12. "Cantate al Signore
un canto nuovo". Tutte le
scienze mondane e
lucrative sono il canto
vecchio, il canto di
Babilonia. Solo la teologia,
la scienza di Dio, è il
canto nuovo, che risuona
soavemente agli orecchi
di Dio e rinnova lo spirito.
13. Paradiso terrestre e
terra di benedizione è il
Signore: ogni bene che
avremo seminato nel suo
nome e nella sua parola,
produrrà il centuplo.
14. Gesù risorto ha
salutato i discepoli
dicendo per ben tre volte:
"Pace, pace, pace". Ha
messo pace tra l'uomo e
Dio versando il suo
sangue; tra l'uomo e
l'angelo elevando la
natura umana al di sopra
degli angeli; tra uomo e
uomo facendo di due
popoli un popolo solo:
ebrei e pagani, un solo
popolo di Dio.
15. Il torpore della
negligenza è sentina di
tutti i vizi. L'accidia non ci
lascia salire verso le
altezze, ma vuole sempre
camminare per vie
comode.
16. Dall'inerzia e dalla
tiepidezza nasce la
concupiscenza della
carne, e i cattivi pensieri
imperversano. Come dice
sant'Isidoro: "Più
petulante brucia la libidine
quando la scintilla si
appicca a un ozioso".
17. Credere vuol dire
"dare il cuore" (dal latino
credo, cor do). "Figlio mio
- dice Gesù -, dammi il
tuo cuore!" (cf. Pro
23,26). Chi dà il cuore dà
tutto. Perciò crede colui
che con la devozione del
suo cuore si sottomette
totalmente a Dio. Invece
chi non crede, non dà il
cuore a Dio, e se non lo
dà a Dio, necessariamente
lo darà al diavolo o alla
carne o al mondo. E chi
avrà fatto questo "sarà
condannato".
18. Se si gode sempre
della protezione di Dio, si
comincia a crederla meno
necessaria. Ecco perché
conviene che talvolta ci
sia sottratta: per
mostrarci che senza di
essa siamo un nulla.
19. I mattoni si
solidificano al fuoco: allo
stesso modo l'anima
debole e fiacca viene
rassodata al fuoco della
tribolazione, affinché non
si sgretoli e si sbricioli
nell'amore delle cose
mondane. Dice Salomone:
"Ciò che fa la fornace
all'oro, la lima al ferro e la
trebbia al grano, la stessa
cosa fa la tribolazione al
giusto" (Sap 3,6).
20. "Non meravigliatevi
se il mondo vi odia" (1Gv
3,13). Chi ama la terra,
come può amare i
cittadini del cielo? A ben
guardare, i peccatori
odiano se stessi, in
quanto cercano il proprio
male; e chi è cattivo con
se stesso, può mai essere
buono con gli altri?
21. Non v'è angoscia
paragonabile a quella
dell'uomo giusto
bersagliato dalla
tentazione. La tentazione,
cioè l'attrattiva del
peccato, non vi
sorprenda, o figli della
luce, cioè non induca la
vostra volontà, la vostra
coscienza al consenso.
22. Vento rapinoso che si
scatena dal deserto è la
repentina incursione del
diavolo, che talvolta
irrompe improvvisa e così
violenta, da scuotere fino
alle fondamenta l'anima
dell'uomo giusto, e in certi
casi ahimè facendolo
cadere in peccato grave.
23. Lo scorpione è figura
del diavolo che, mentre
blandisce, lusinga con la
suggestione, e alla fine
colpisce con i due
pungiglioni della coda:
infatti nella vita presente
avvelena con il peccato il
corpo e l'anima, e poi in
quella futura manda
entrambi all'eterna
punizione. Beato colui che
nel compiere le sue opere
è sempre guidato dalla
retta intenzione, contro la
quale il diavolo non è in
grado di agire.
24. Leale è Dio e verace
nelle sue promesse: egli
non permette che voi,
tribolati per lui, siate
tentati al di sopra delle
vostre forze. Egli, che dà
al tentatore licenza, dà al
tentato misericordia: vi
concederà un aumento di
forza, affinché non siate
sconfitti, ma vincitori.
25. "Liberati dal peccato,
fatti servi di Dio, avete il
vostro frutto che vi porta
alla santificazione, e come
destino avete la vita
eterna" (Rm 6,22).
L'uscita dal vizio prepara
l'ingresso delle virtù... La
liberazione dal peccato
porta al servizio di Dio, il
servizio di Dio porta alla
santificazione, la
santificazione della vita
presente conquista la vita
eterna.
26. Quando un'anima
comincia a vivere
seriamente il vangelo, nel
suo cuore scoppia la
tempesta: l'orgoglio cerca
di gonfiarla, l'ambizione si
precipita a farla uscire dai
suoi limiti, si addensa
come nuvolaglia la
tempesta, la agitano
pensieri vani,
spumeggiano lussuria e
golosità.
27. Solo il Signore può
dire "basta" all'amarezza
della persecuzione e della
tentazione diabolica. Egli,
secondo la sua volontà,
permette che le tentazioni
vengano, si allontanino o
cessino del tutto. Alla
presenza della
misericordia di Gesù
Cristo, la prova ha
termine. Perciò quando
siamo tentati dal diavolo,
dobbiamo con mente
devota dire: Nel nome di
Gesù, io ti comando, o
spirito maligno, di
andartene da me.
28. Ora della tentazione
è la prossimità della
morte, quando il diavolo
s'impegna con tutti i
mezzi a tentare l'uomo e
a pervertire tutti i suoi
sentimenti: è quello il
momento decisivo in cui
irreparabilmente
conquista o perde la
nostra anima. Soprattutto
ci tenta di incredulità,
affinché non crediamo e
non riceviamo i
sacramenti della chiesa, e
vuole precipitarci nella
disperazione, affinché non
riponiamo la nostra
speranza nella
misericordia divina.
29. Nella scuola della vita
terrena si pongono
diverse questioni: chi è
tanto abile da poterle
risolvere tutte? Tante le
tentazioni quanti sono i
problemi; e non v'è
maniera più saggia di
vincerle, che il
disprezzarle.
30. L'anima pentita è,
davanti a Dio, come un
novello paradiso terrestre.
Quale più grande felicità e
giocondità per la nostra
anima, che il trovarsi alla
presenza di colui, col
quale e nel quale tutto ciò
che si vede in questo
mondo è nulla, e tutto ciò
che sembra abbondanza è
miseria?

Maggio
1. Una donna alzò
la voce di mezzo
alla folla e disse:
"Beato il grembo
che ti ha portato e il
seno dal quale hai
succhiato il latte!".
Beato è come dire
bene auctus,
riccamente fornito.
Beato è colui che ha
tutto ciò che vuole,
e non vuole nulla di
male. Beato è colui
che vede realizzarsi
tutti i suoi desideri.
Beato quindi il
grembo della
gloriosa Vergine
Maria, che meritò di
portare per nove
mesi tutto il Bene, il
sommo Bene, la
beatitudine degli
angeli e la
riconciliazione dei
peccatori.
2. L'umiltà è il
fondamento e la
custode di tutte le
virtù... Se tu ti
metti all'ultimo
posto dell'umiltà, tu
conservi il timor di
Dio, mantieni la
fede in lui, e pratichi
in modo perfetto il
precetto della carità.
3. Memori della
propria viltà e della
futura
decomposizione, i
penitenti si scrollano
di dosso la gloria di
questo mondo.
4. Dopo che
l'umiltà se n'è
andata dal cuore, vi
irrompono i desideri
mondani e, come
lupi con gli agnelli,
vi annientano i
buoni pensieri e le
buone aspirazioni.
5. "Ninive con le
sue acque e le sue
fontane è come una
pozzanghera..." (Na
2,9). Ninive si
interpreta
"seducente", e
raffigura il mondo,
bello di una bellezza
falsa. Le sue acque,
cioè le ricchezze e i
piaceri, sono come
le pozzanghere che
d'estate si
prosciugano.
Quando infatti arriva
la fiamma della
morte, le ricchezze
e i piaceri
svaniscono. "Alla
morte di un uomo si
rivelano le sue
opere" (Eccli 11,27).
6. Se discendi
nell'umiltà, i sensi ti
obbediranno: a
cuore umile, corpo
sottomesso, perché
dall'umiltà sgorga
l'obbedienza. O
umiltà! Se hai fatto
sì che la Divinità
s'incarnasse nel
grembo di una
Vergine poverella,
cosa c'è di così alto
che tu non possa
umiliare?
7. Dall'umiltà
interiore procede la
limpidezza della
coscienza, dalla
quale nasce il
gaudio nello Spirito
Santo.
8. La Vergine
Maria, mentre era
quaggiù nella chiesa
militante,
possedette e praticò
le virtù di tutti i
giusti. È scritto
infatti: "In me ogni
grazia di via e di
verità, in me ogni
speranza di vita e di
virtù" (Eccli 24,25).
Ebbe anche
un'immensa pietà
per i penitenti;
infatti disse: "Non
hanno più vino",
come per dire:
Riversa, o Figlio, sui
penitenti la grazia
del tuo amore,
perché non hanno il
vino della
compunzione.
9. "Un grande
segno apparve nel
cielo: una donna
vestita di sole!".
Questa donna è
anzitutto figura della
chiesa. Ma in essa
noi vediamo
raffigurata anche la
Vergine Maria.
Nostra Signora,
unica speranza,
illumina la nostra
mente con lo
splendore della tua
grazia, purificala
con il candore della
tua purezza,
riscaldala con il
calore della tua
presenza. Riconcilia
tutti noi con il tuo
figlio Gesù.
10. I raggi del sole
rivelano il pulviscolo
dell'aria: allo stesso
modo i nostri difetti
appaiono nella luce
che si sprigiona
dalla vita dei santi.
Per quale motivo
noi, ciechi volontari,
non scorgiamo i
nostri difetti, se non
perché trascuriamo
di guardare alla vita
dei santi?
11. Quanto più
profonda è nel cuore
la radice d'umiltà,
tanto più in alto
salirà la perfezione
delle tue opere.
12. Il giusto, fin
che vive quaggiù, si
stima da meno di
quello che è. Egli
nelle lotte della vita
trova costanza
nell'umiltà, che è
madre della pura
semplicità.
13. Maria, nel
concepimento del
Figlio, divenne
"arcobaleno
splendente".
L'arcobaleno si
forma con il sole
che entra in una
nube. Il Figlio di
Dio, sole di
giustizia, entrò nella
nube, cioè nel seno
della Vergine
gloriosa, e questa
diventò quasi un
arcobaleno, segno
dell'alleanza, della
pace e della
riconciliazione, tra le
nubi della gloria,
cioè tra Dio e i
peccatori.
14. L'orto, in
qualunque stagione,
produce sempre
qualcosa. Mentre gli
altri terreni
producono di solito
una sola volta
all'anno, l'orto non è
mai senza frutti.
Così l'anima del
giusto produce
continuamente, e
non la trovi mai
senza qualche buon
frutto. E ad essa
discende, raggiante
di grazia, il Diletto,
il Figlio di Dio, che
nella sua purezza
trova il suo riposo.
15. Chi si è
convenito
veramente, è assai
timoroso. Per la
triste esperienza
fatta, teme che
sotto ogni esca si
nasconda l'amo;
teme perché dubita
di non avere nel
cuore tanta vivezza
di pentimento e
tanto slancio di
amore, da potere
senza rischio esporsi
alla tentazione e alle
occasioni di peccato.
E io, per mio conto,
consiglio colui che
sa di trovarsi in
simile stato, di
temere e fuggire i
luoghi e le persone
che lo possano
mettere in pericolo.
16. Con la
preghiera
purifichiamo il cuore
dai pensieri cattivi e
con il digiuno
freniamo l'arroganza
della carne. Coltiva
l'umiltà del cuore,
perché la preghiera
dell'umile penetra le
nubi, e non si ferma
finché non ha
conseguito ciò che
domanda.
17. Non bisogna
voltarsi a destra o a
sinistra, ma
camminare per la
Via Regia, avendo
davanti a sé
soltanto se stesso.
Tu non guardare la
vita e il
comportamento di
questo e di
quell'altro, perché
se fermi lo sguardo
in altri che non sia
Dio e te stesso, corri
pericolo di perderti.
Non voltarti,
dunque, ma tieni
fisso il volto alla
celeste
Gerusalemme, alla
quale sei
incamminato:
custodisci in cuore
questa speranza, e
sarai sempre amico
di Dio.
18. Quando vivevi
nella colpa, il tuo
cuore era avvolto
nelle tenebre: tutto
in esso era
confusione,
ignoranza di Dio e
della propria
fragilità, incoscienza
del valore morale di
certe azioni.
19. Dove c'è
disordine, bisogna
portare la luce, e
abituarsi a
distinguere ciò che è
mondo da ciò che è
immondo, la
malattia dalla
sanità, il vile dal
prezioso, il chiaro
dall'oscuro, la virtù
dal vizio. E questo si
ottiene riflettendo
su quale è il fine di
tutte le cose e di
ogni nostra singola
azione.
20. Gesù ha
affermato che il suo
"giogo, cioè il
servizio di Dio, è
soave"; ma soltanto
l'anima che, vivendo
alla presenza di Dio,
teme con affetto
filiale di recargli
offesa, ne gusta
tutta la dolcezza.
21. Il timore di Dio
ci rende diffidenti di
noi stessi, delle
nostre deboli forze,
e ci incita a essere
cauti contro i
pericoli di ricaduta:
pericoli possibili per
tutti, ma molto
probabili per i
principianti.
22. Della bellezza
della Madre sua,
Maria, il Figlio
stesso dice: "Tu sei
bella, amica mia,
soave e leggiadra
come
Gerusalemme" (Ct
6,4). Bella per
l'umiltà, amica per
la carità, soave per
la contemplazione,
leggiadra per la
verginità, come la
Gerusalemme
celeste nella quale
abita Dio. E la
Vergine è la sua
abitazione, poiché
sta scritto: "Chi mi
ha creata, riposò
nella mia tenda"
(Eccli 24,13), cioè
nel mio grembo.
23. Dove regna il
torpore della
pigrizia, crescono le
erbe pungenti dei
cattivi pensieri. Per
questo l'anima,
simile a un campo,
deve essere
seminata con la
semente della
predicazione, vi si
devono piantare gli
alberi delle virtù,
devono verdeggiarvi
i pascoli delle
speranze celesti,
deve essere allietata
dai fiori più vari con
l'imitazione degli
esempi dei santi.
24. Sisara, ucciso
da una donna,
Giaele, è figura del
diavolo. Il suo nome
significa "esclusione
dalla gloria"; infatti
l'eterno nemico
tenta sempre di
privare gli uomini
della salvezza
eterna. Questo
nemico fu ucciso
dalla verginità di
Maria e dalla
passione del suo
Figlio: dalla loro
potenza fu privato
dei suoi nefasti
poteri. Ben a
ragione quindi si
può dire di Maria ciò
che la Scrittura dice
di Giaele: sei
benedetta fra tutte
e sopra tutte le
donne, tu che hai
portato lo sgomento
e lo scompiglio nella
casa del diavolo,
che hai troncato la
testa del tiranno e ci
hai riportato la
pace.
25. Lode e gloria a
te, o Vergine beata,
che oggi ci hai
colmati di bontà,
dandoci il Figlio tuo.
Prima eravamo
vuoti, ed eccoci
ricolmi; eravamo
infermi, ed eccoci
risanati; eravamo
maledetti, e ora
siamo benedetti.
Ecco la bontà, ecco
il Paradiso: il Figlio
tuo!
26. L'uomo giusto è
ammirabile nella
chiara conoscenza
che ha del proprio
cuore e nell'assiduo
controllo della sua
coscienza;
consigliere nelle
necessità spirituali e
corporali del
prossimo; forte nel
resistere alle
tentazioni; padre
del mondo futuro
nella predicazione
della parola e
dell'esempio;
principe della pace
nella serenità dello
spirito e del corpo.
27. Come l'uragano
sradica l'albero, così
la superbia strappa
l'uomo da Dio. Non
c'è da meravigliarsi:
superbia vuol dire
andar sopra, umiltà
significa curvarsi a
terra.
28. Il superbo vuol
salire mentre Dio
discende: c'è
qualcosa di più
contrastante e
opposto? L'uno va in
su, l'altro discende.
Come la radice è
vita dell'albero, così
l'umiltà è vita
dell'uomo. Quale
sventura, quando
l'anima nostra viene
sradicata
dall'uragano della
superbia: perché
Dio sopra tutte le
cose detesta
l'orgoglio.
29. La sapienza
mondana insegna a
cercare i più alti
onori, a godere nelle
vanità dell'esistenza
terrena, a rendere
male per male, a
non cedere quando
si può resistere. È
una sapienza piena
di orgoglio, di
vanità, d'inganno.
30. O felice
quell'anima, in cui
splende la bellezza
di una coscienza
serena e la
confidenza d'una
vita santa e la
giocondità
dell'amore fraterno.
31. Ti preghiamo,
santa Vergine Maria,
nostra Signora,
nostra speranza. Tu
che sei la stella del
mare, brilla su di noi
sbattuti dalle
tempeste di questo
mare del mondo e
guidaci al porto. Nel
momento del nostro
"passaggio"
difendici con la tua
presenza
consolatrice,
affinché senza
timore possiamo
uscire dal carcere
del corpo e
meritiamo di salire
lieti al gaudio
infinito.

Giugno
1. Il Signore preparerà
per tutti i popoli su questo
monte (di Sion) un
banchetto di carni
grasse... e di vini prelibati
(cf. Is 25,6). È ciò che fa
oggi la chiesa, per la
quale Cristo ha preparato
un banchetto splendido e
sontuoso, di una duplice e
abbondante ricchezza:
diede il suo vero corpo e il
suo vero sangue, e
comandò che fosse dato
anche a tutti quelli che
avrebbero creduto in lui.
Perciò si deve credere
fermamente e confessare
con la bocca che quel
corpo che la Vergine
partorì, che fu inchiodato
sulla croce, che giacque
nel sepolcro, che risuscitò
il terzo giorno, che salì
alla destra del Padre, egli
lo diede realmente agli
apostoli, e la chiesa ogni
giorno lo "prepara" e lo
distribuisce ai suoi fedeli.
2. Il contemplativo,
quando si alza alle sfere
superiori, non percorre
una via stabilita o diritta,
perché la contemplazione
non è in potere del
contemplativo, ma
dipende dalla volontà del
creatore, il quale elargisce
la dolcezza della
contemplazione a chi
vuole, quando vuole e
come vuole.
3. Il gaudio della
speranza del cielo e
l'ascolto dei divini precetti
seppelliscono il giusto
nella duplice spelonca
della vita attiva e
contemplativa, perché sia
protetto al riparo del volto
di Dio, nascosto agli
intrighi degli uomini e
lontano dalle lingue che
contraddicono (cf. Sal
30,21).
4. Nella penitenza, come
nella mandorla, ci sono
tre elementi: la corteccia
amara, il guscio solido, il
seme dolce. Nella
corteccia amara è indicata
l'amarezza della
penitenza, nel guscio
solido la costanza della
perseveranza e nel seme
dolce la speranza del
perdono.
5. Benché l'albero, cioè il
corpo dell'uomo, venga
tagliato dalla scure della
morte, sia invecchiato,
decomposto nella terra e
ridotto in polvere, tuttavia
l'uomo deve avere la
speranza ch'esso rifiorirà,
cioè risorgerà, e che le
sue membra
ricresceranno e che, al
sentore dell'acqua, cioè
per la munificenza della
sapienza divina,
germoglierà di nuovo e
ritornerà al suo splendore,
come nel paradiso
terrestre.
6. Colui che nutre la
speranza dei beni eterni è
pieno dell'umore della
devozione. Invece la
speranza posta nei beni
terreni non produce il
frutto della carità; è
piccola e meschina perché
non cresce in Dio; è
insipida perché la sua
sapienza non è condita
con il divino sapore.
7. Quando all'inizio della
conversione e della nuova
vita scoppiano i tuoni,
cioè le tentazioni della
prosperità o delle
avversità, queste riescono
spesso a guastare le uova
della speranza e dei santi
propositi. Quindi il figlio
della grazia deve
domandare al Padre della
misericordia l'uovo della
speranza dei beni eterni
perché, come dice
Geremia, "benedetto è
l'uomo che confida nel
Signore: il Signore stesso
sarà la sua speranza"
(Ger 17,7).
8. Come si deve aver
paura del pungiglione che
lo scorpione ha sulla coda,
così è un atto contrario
alla speranza guardare
indietro, cioè al passato:
la speranza è la virtù che
si protende in avanti, che
aspira cioè ai beni futuri.
9. Leggiamo in Giobbe:
"Il legno (l'albero) ha una
speranza: se viene
tagliato, ancora ributta"
(Gb 14,7). Così l'uomo ha
e deve avere la speranza
che il legno, cioè il suo
corpo, dopo essere stato
tagliato dalla scure della
morte, rifiorirà nella
risurrezione finale.
10. Dove ci sono timore e
speranza, lì c'è una vita
impegnata in Dio. E
considera ancora che l'olio
galleggia su tutti i liquidi,
e per questo simboleggia
la speranza, che ha per
oggetto le cose eterne, le
quali sono al di sopra di
ogni bene transitorio.
Infatti si chiama
speranza, in latino spes,
perché è il piede, in latino
pes, per camminare verso
il Signore. Speranza è
attesa dei beni futuri, ed
essa esprime il
sentimento dell'umiltà e
un'attenta dedizione di
sudditanza.
11. Quelli che non
sperano in se stessi ma
solo nel Signore, che è il
Dio della speranza,
riacquisteranno forza, per
essere forti in lui, anche
se sono deboli in questo
mondo.
12. Come l'uccello è
fornito di due ali, così
nell'anima c'è la fede e la
speranza. La fede e la
speranza riguardano le
cose invisibili, e quindi
dalle cose visibili
innalzano a quelle
invisibili. Ma coloro che
hanno la fede solo a
parole, che pongono la
loro speranza solo in se
stessi e nelle loro cose e
pongono la fiducia
nell'uomo, costoro
bramano avidamente le
cose terrene, gustano solo
quelle e solo su quelle si
fermano.
13. La virtù dei santi è
come il piombino del
muratore che controlla la
perpendicolarità dei
muri... Quando si
celebrano le feste dei
santi, viene teso questo
piombino sulla vita dei
peccatori; e quindi
celebriamo le loro feste
per avere dalla loro vita
una norma per la nostra.
È ridicolo perciò nelle
solennità dei santi, volerli
onorare con i cibi (con
grandi pranzi), quando
sappiamo che essi hanno
conquistato il cielo con i
digiuni.
14. Giuseppe e Maria
sono figura della speranza
e del timore, che sono
come i "genitori" del
giusto. La speranza è
l'attesa dei beni futuri,
che genera un sentimento
di umiltà e una pronta
disponibilità di servizio. La
speranza è detta in latino
spes, quasi pes, piede,
passo di avanzamento:
ecco l'aumento,
l'accrescimento. Al
contrario si dice
disperazione, quando non
c'è nessuna possibilità di
andare avanti, poiché
quando uno ama il
peccato non spera certo
nella gloria futura. E
perché la speranza non
degeneri in presunzione,
dev'essere unita al
timore, che è principio
della saggezza (Sal
110,10; Eccli 1,16), al cui
possesso nessuno può
giungere se prima non ha
assaporato l'amarezza del
timore. Per questo è detto
nell'Esodo che i figli
d'Israele, prima di
arrivare alla dolcezza della
manna, trovarono
l'amarezza dell'acqua di
Mara (cf. Es 15,23).
Bevendo una medicina
amara si arriva alla gioia
della guarigione.
15. "Ogni ipocrita è
malvagio" (Is 9,17), dice
Isaia; e Michea: "Il
migliore tra di essi è come
un pruno, e il più retto
come le spine della siepe"
(Mic 7,4). Veramente oggi
molti sono ipocriti, pruni e
spine. L'ipocrita è colui
che finge di essere ciò che
non è; è come il cespuglio
di pruni, che sembra
morbido nelle parole, ma
punge con i fatti; è come
le spine che feriscono i
passanti per succhiarne il
sangue della lode e del
denaro.
16. Gesù Cristo darà il
premio della vita eterna a
colui che avrà sconfitto
l'appetito della carne,
avrà imitato gli esempi dei
santi, e avrà scacciato gli
zoppi e i ciechi, cioè i
prelati e i sacerdoti che
zoppicano da entrambi i
piedi, vale a dire nei
sentimenti e nelle opere,
e che sono ciechi da
entrambi gli occhi, vale a
dire nella vita e nella
scienza. Costoro hanno in
odio la vita di Gesù Cristo,
poiché vendono al diavolo
la loro anima, per la quale
Cristo ha dato la sua vita.
17. Come nelle mani ci
sono dieci dita, così dieci
sono le specie di
flagellazione, cioè di
mortificazione che
dobbiamo praticare: la
rinuncia alla propria
volontà, l'astinenza dal
cibo e dalla bevanda, la
rigorosità del silenzio, le
veglie di preghiera
durante la notte,
l'effusione delle lacrime, il
dedicare un congruo
tempo alla lettura, il
lavoro materiale, la
generosa partecipazione
alle necessità del
prossimo, il vestire
dimessamente, il
disprezzo di sé. Con
queste dieci dita
dobbiamo afferrare il
flagello e colpirci senza
pietà, senza misericordia,
quasi con ferocia, perché
nel giorno del castigo che
spezzerà le ossa,
possiamo trovare
misericordia.
18. Come l'oro è
superiore a tutti i metalli,
così la scienza sacra è
superiore a ogni altra
scienza: non sa di lettere
chi non conosce le "lettere
sacre".
19. Gesù Cristo fu
misericordioso
nell'Incarnazione, forte e
valoroso nella Passione e
sarà sommamente
desiderabile per noi nella
beatitudine eterna.
Parimenti è misericordioso
nell'infusione della grazia.
20. La nostra anima è il
giardino nel quale Cristo,
come un giardiniere,
mette a dimora i misteri
della fede e poi la irriga
quando le infonde la
grazia della compunzione.
Egli l'ha generata nei
dolori della sua Passione.
21. Il giusto,
nell'abbondanza della
grazia che gli è elargita,
entra nel sepolcro della
vita contemplativa; come
a suo tempo il mucchio di
grano viene portato nel
granaio, così, soffiata via
la paglia delle cose
temporali, la sua mente si
rinchiude nel granaio della
pienezza celeste e così
rinchiusa si sazia della sua
dolcezza.
22. Il volto del Padre è il
Figlio. Come infatti una
persona si riconosce dal
volto, così per mezzo del
Figlio conosciamo il Padre.
Quindi la luce del volto di
Dio è la conoscenza del
Figlio e l'illuminazione
della fede, che nel giorno
della Pentecoste fu
segnata e impressa nel
cuore degli apostoli.
23. L'edera che da se
stessa non può spingersi
in alto, ma lo fa
attaccandosi ai rami di
qualche albero, sta a
significare il ricco di
questo mondo, il quale
può elevarsi al cielo non
per se stesso, ma con le
elemosine elargite ai
poveri, che lo sollevano a
modo di braccia.
24. Giovanni (Battista) è
detto "cervo slanciato",
cioè agile e veloce, che
scavalca luoghi spinosi e
scoscesi, perché
incrementa la corsa con i
salti. Così il beato
Giovanni scavalcò
rapidamente le ricchezze
del mondo, raffigurate
nelle spine, e i piaceri
della carne, paragonati
alle scabrosità del suolo.
Se egli, santificato già nel
grembo materno e del
quale, a testimonianza del
Signore, uno più grande
non ci fu tra i nati di
donna, si tormentò con
vesti così rozze e visse
con cibo così povero, cosa
possiamo dire noi, miseri
peccatori, concepiti nei
peccati, pieni di vizi, che
detestiamo ogni asprezza
e cerchiamo delicatezze e
comodità?
25. Quando nel cuore
dell'uomo ci sono le
tenebre del peccato
mortale, l'uomo è in preda
alla mancanza della
conoscenza di Dio e
all'ignoranza della propria
fragilità, e non sa
distinguere il bene dal
male. Invece la luce che
illumina l'anima è la
contrizione del cuore, che
produce la conoscenza di
Dio e della propria
infermità, e mostra la
differenza tra l'uomo retto
e quello malvagio.
26. Come l'aurora segna
la fine della notte e l'inizio
del giorno, così la
contrizione segna la fine
del peccato e l'inizio della
penitenza.
27. L'anima fedele che in
Matteo viene chiamata
"vigna", deve essere
sarchiata con il sarchio (la
zappa) della contrizione,
potata con la falce della
confessione e sostenuta
con i paletti della
penitenza (o
soddisfazione).
28. Cingiti con la cintura
della confessione e
raccogli i tuoi vestiti
perché non scendano a
toccare le cose immonde
della strada. E non voler
passare per l'abbondanza
dei beni terreni, dove
molti si sono perduti, ma
scegli di passare per la
semplicità e le strettezze
della povertà.
29. Coloro che rinnegano
Cristo tre volte nelle
tenebre dei peccati, al
canto del gallo, cioè alla
predicazione della parola
di Dio, si pentano, per
essere poi capaci, nella
luce della penitenza,
insieme con il beato
Pietro, di dichiarare per
tre volte: "Amo, amo,
amo". Amo con il cuore
per mezzo della fede e
della devozione; amo con
la lingua con la
professione della verità e
con l'edificazione del
prossimo; amo con la
mano mediante la purezza
delle opere.
30. Ogni giorno il ventre
esige ad alta voce il
tributo della gola; ma il
penitente non lo ascolta
per nulla, perché gli
obbedisce non per il
piacere, ma solo per
necessità.
Luglio
1. Dice Mosè nel suo
cantico: "E bevano sangue
di uva, purissimo" (Dt
32,14). L'uva è l'umanità
di Cristo, la quale,
spremuta nel torchio della
croce, sparse da ogni
parte il sangue, che diede
da bere agli apostoli:
"Questo è il mio sangue,
che per voi e per molti
sarà versato in remissione
dei peccati". O carità del
Diletto! O amore dello
Sposo per la sua sposa, la
chiesa! Quel sangue che il
giorno dopo avrebbe
dovuto versare per lei per
mano degli infedeli, glielo
offrì lui stesso con le sue
mani santissime
nell'ultima cena.
2. L'uomo attivo, come il
pesce, percorre le vie del
mare, cioè del mondo, per
poter assistere il prossimo
sofferente nelle sue
necessità; e l'uomo
contemplativo, come un
uccello, innalzato al cielo
sulle ali della
contemplazione, nella
misura delle sue capacità,
contempla "il re nel suo
splendore" (Is 33,17).
3. La mente del
contemplativo, se si
allarga a molti e svariati
pensieri, viene troppo
ostacolata nel volo della
contemplazione; se invece
la sua mente incomincia a
volare raccolta e
concentrata in una cosa
sola, fruirà veramente del
gaudio della
contemplazione.
4. La vita contemplativa
si riferisce all'Uno, perché
ha per oggetto Dio solo,
unico gaudio; invece la
vita attiva si riferisce ai
dieci precetti del
decalogo, nei quali essa
stessa raggiunge la sua
pienezza nel tempo di
questo esilio terreno.
5. Mediante la
perseveranza finale,
l'immagine e la
somiglianza di Dio, che
mai deve essere
deturpata o macchiata, o
cancellata, si imprime
eternamente nel volto
dell'anima, come avvenne
nel sesto giorno della
creazione, quando Dio
disse: "Facciamo l'uomo a
nostra immagine e
somiglianza".
6. Cristo uscì dal seno del
Padre e venne nel mondo
per seminare e costruire
la sua chiesa, nella quale
fosse conservata una
semente non corruttibile
(cioè la sua Parola),
destinata a durare nei
secoli dei secoli.
7. La gente maledetta
degli usurai, forte e
innumerevole, è cresciuta
sulla terra: essi si sono
ormai impadroniti di tutto
il mondo. L'usuraio è duro
e inflessibile, perché non
si piega davanti a Dio e
non teme l'uomo; i suoi
denti puzzano, perché
nella sua bocca c'è
sempre il letame del
denaro e lo sterco
dell'usura. Ruba,
distrugge e ingoia i beni
dei poveri, degli orfani e
delle vedove.
8. Ti preghiamo, Signore
Gesù, di renderci terra
buona, adatta ad
accogliere la semente
della tua grazia e
produrre il frutto degno di
penitenza, affinché
meritiamo così di vivere
eternamente nella tua
gloria.
9. Il Figlio di Dio è stato
umiliato nel grembo della
Vergine, è stato povero
nel presepio, nella stalla
degli animali; è stato
pellegrino andando al
patibolo della croce. Nulla
è in grado di umiliare la
superbia del peccatore
quanto l'umiliazione
dell'umanità di Gesù
Cristo.
10. Le labbra del
sacerdote sono due: la
vita e la fama; esse
devono custodire la
scienza, affinché ciò che il
sacerdote sa e predica
custodisca la sua vita, per
quanto riguarda lui
stesso, e la sua scienza,
per quanto riguarda il
prossimo. Da queste due
labbra infatti procede la
scienza di una
predicazione fruttuosa. E
se nel prelato ci sono
queste qualità, dalla sua
bocca i sudditi
ricercheranno la legge di
Cristo, cioè la carità.
11. Le donne, quando
vogliono uscire in
pubblico, si mettono
davanti allo specchio e se
scoprono nel loro viso
qualche macchia, la
lavano con l'acqua. Così
anche tu, guarda nello
specchio della tua
coscienza, e se vi trovi la
macchia di qualche
peccato, corri
immediatamente alla
sorgente della
confessione. Quando nella
confessione si lava con
lacrime il viso del corpo,
anche il volto dell'anima
viene deterso e
illuminato.
12. La soddisfazione, cioè
la penitenza, consiste in
tre cose: nell'orazione per
quanto riguarda Dio;
nell'elemosina per quanto
riguarda il prossimo; nel
digiuno per quanto
riguarda se stessi,
affinché la carne che nel
piacere ha condotto al
peccato, nell'espiazione
conduca al perdono.
13. Come l'uomo
esteriore vive di pane
materiale, così l'uomo
interiore vive del pane
celeste, che è la Parola di
Dio.
14. La confessione
dev'essere privata,
segreta, nascosta a ogni
conoscenza di uomo e
rinchiusa nel tesoro della
memoria del solo
confessore sotto
inviolabile sigillo, e
occulta per ogni umana
coscienza, tanto che, se
anche tutti gli uomini che
sono nel mondo
conoscessero il peccato
del peccatore che si è
confessato da te, tu devi
ugualmente tenerlo
nascosto e chiuderlo sotto
la chiave del tuo perpetuo
silenzio.
15. Il peccatore deve fare
in modo che la
confessione corrisponda
esattamente alla colpa, in
modo da non dire di meno
per vergogna o timore, né
aggiungere di più sotto
l'apparenza di umiltà, di
come stanno realmente le
cose. Neppure per umiltà
infatti è lecito mentire.
16. Il profeta Elia,
prostrato a terra, sul
monte Carmelo, pregò il
Signore perché mandasse
la pioggia. Mandò sette
volte Giezi a guardare
verso il mare. La settima
volta vide levarsi una
nuvoletta, grande come
l'orma di un piede... e ben
presto tutto il cielo fu
coperto di nubi e cadde
una grande pioggia (cf.
1Re 18,42-45). Nella
nuvoletta è raffigurata la
compunzione del cuore
che attira la grazia di Dio.
E quando la grazia viene
infusa nello spirito del
peccatore, incomincia a
cadere la grande pioggia
del sincero pentimento e
delle opere di penitenza.
17. Quando vuoi pregare
o fare qualcosa di bene -
e in questo consiste il
"pregare senza
interruzione" - entra nella
tua stanza, cioè nel
segreto del tuo cuore, e
chiudi la porta dei cinque
sensi, per non bramare di
essere né visto, né
ascoltato, né lodato.
18. Oggi non ci sono
mercati, non si fanno
adunanze civili o
ecclesiastiche, nelle quali
non si trovino monaci e
religiosi. Comprano e
rivendono, "edificano e
distruggono, arrotondano
ciò che era quadrato"
(Orazio, Epistole), cioè
mutano e rimutano ogni
cosa. Nelle cause
convocano le parti,
litigano davanti ai giudici,
assoldano legisti e
avvocati, trovano
testimoni pronti a giurare
insieme ad essi per cose
effimere e vane. Ditemi, o
fatui religiosi, se nei
profeti e nei vangeli di
Cristo, o nelle lettere di
Paolo, e nella regola di
san Benedetto o di
sant'Agostino avete
trovato questi dibattiti e
questi clamori per cose
effimere e caduche (...).
Vedi con quanto scrupolo
osservano la loro regola in
ciò che è prescritto a
vantaggio del corpo, ma
la regola di Gesù Cristo,
senza la quale non
possono salvarsi, la
osservano poco o nulla.
19. Se un vescovo o un
prelato della chiesa fa
qualcosa contro una
decretale di Alessandro o
di Innocenzo, o di qualche
altro papa, viene subito
accusato, l'accusato viene
convocato, il convocato
viene convinto del suo
crimine e dopo essere
stato convinto, viene
deposto. Se invece
commette qualcosa di
grave contro il vangelo di
Gesù Cristo, che è tenuto
a osservare sopra tutte le
cose, non c'è nessuno che
lo accusi, nessuno che lo
riprenda, nessuno che lo
castighi.
20. Quanto pochi sono
oggi coloro che guardano
nella giusta direzione;
quasi tutti guardano nella
direzione sbagliata, come
fossero strabici. Guarda
certamente nella giusta
direzione colui che
riconosce la sua iniquità,
proprio come l'ha
commessa, e la confessa
subito, a puntino, con
esattezza, come è
avvenuta. Alza dunque i
tuoi occhi nella giusta
direzione e non in quella
sbagliata; non
vergognarti, non aver
timore!
21. Dio detesta la
superbia più di tutti i
peccati. Il superbo non
può prendere in
considerazione la
mangiatoia del Signore,
cioè il fatto che il Signore
Gesù sia stato adagiato,
per nostro amore, in una
mangiatoia.
22. La mente dell'uomo è
davanti a Dio quando si
convince che nulla di
buono può avere da se
stessa, in se stessa e per
se stessa, ma attribuisce
tutto a lui, che è tutto il
bene, il sommo bene, e
dal quale, come dal
centro, si dipartono tutti i
raggi della grazia.
23. Quando la mente
dell'uomo sta davanti al
volto di Dio,
contemplando la sua
beatitudine, gustando la
sua dolcezza, allora è
veramente un giardino di
delizie. Quando invece la
sventurata non vuole
stare davanti a lui, ma
dietro a lui, vuole cioè
guardare le cose del
mondo, allora il giardino
di delizie si trasforma
nella desolazione del
deserto.
24. La misericordia di Dio
è superiore a ogni malizia
del peccatore. "Guardai,
ed ecco una porta era
aperta nel cielo" (Ap 4,1).
La porta aperta è la
misericordia di Dio,
sempre pronta ad
accogliere coloro che si
pentono.
25. La misericordia del
Signore ci ha dato il nome
di Maria come rifugio di
misericordia. Presso di lei
si rifugi il peccatore e sarà
salvato. Nome dolce,
nome che conforta il
peccatore, nome di beata
speranza!
26. Nell'acqua torbida e
agitata non vede il suo
volto chi vi si specchia. Se
vuoi che appaia in te il
volto di Cristo che ti
guarda, distenditi e
riposa. Gesù appare solo
a chi è disteso nella
quiete, nella pace e
nell'umiltà. Perciò bisogna
fermarsi nella propria
coscienza e tenersi
lontano dal chiasso
esteriore.
27. Tutte le nostre opere
sono inutili nei riguardi
della vita eterna, se non
sono guidate dalla retta
intenzione e profumate
con il balsamo della
carità.
28. La parola di Dio,
seminata nel cuore del
peccatore, produce
dapprima l'erba della
contrizione, della quale è
detto nella Genesi: "La
terra, cioè la mente del
peccatore, germogli l'erba
verdeggiante" (Gn 1,11);
la contrizione poi produce
la spiga della confessione,
che si spinge verso l'alto
per la speranza della
remissione, cioè del
perdono e il chicco pieno
della soddisfazione, cioè
di un'opera penitenziale
proporzionata alla colpa.
29. Un prelato indegno è
un tronco inutile: con il
suo cattivo esempio
precipita la fraternità dei
fedeli prima nel peccato e
poi nell'inferno; con la sua
stoltezza, giacché è anche
inetto, sconcerta i fedeli;
con la sua avarizia divora
il popolo. Costui non solo
non vede l'angelo del
Signore, ma vi dico che
vede il diavolo pronto a
precipitarlo nell'inferno.
Invece il popolo semplice,
che ha una fede retta e si
comporta onestamente,
vede l'angelo del Sommo
Consiglio, riconosce e
ama il Figlio di Dio.
30. La confessione è
chiamata anche "porta del
cielo". O vera porta del
cielo, o vera porta del
paradiso! Per essa, infatti,
come attraverso una
porta, il peccatore pentito
viene introdotto al bacio
dei piedi della divina
misericordia, viene
sollevato al bacio delle
mani della grazia celeste,
viene innalzato al bacio
del volto della
riconciliazione con il
Padre.
31. Il Signore manda
ogni giorno l'acqua della
grazia nel cuore dei fedeli,
affinché i loro affetti
vengano purificati da ogni
impurità.
Agosto
1. La ruota che ritorna
allo stesso punto dal
quale è partita, è il
simbolo della natura
umana, della vita
dell'uomo, al quale fu
detto: "Sei terra e in terra
ritornerai" (cf. Gn 3,19).
2. La Vergine Maria, dopo
che il figlio suo Gesù fu
deposto nel sepolcro, mai
se ne allontanò, ma restò
sempre lì a vegliare in
lacrime, finché per prima
lo vide risorgere: per
questo i fedeli festeggiano
in suo onore il giorno di
sabato.
3. Nella miseria del
pellegrinaggio terreno
Cristo è per noi frumento,
perché ristora, ed è
roccia, perché accoglie
coloro che si rifugiano in
lui e li difende.
4. Cristo, risorto dai
morti, si fermò in mezzo
ai discepoli; e Pietro, che
per primo era caduto
rinnegandolo, si alzò in
mezzo ai fratelli,
indicando con questo a
noi che, rialzandoci dal
peccato, ci dobbiamo
fermare in mezzo ai
fratelli, perché al centro
c'è la carità che si estende
sia all'amico che al
nemico.
5. Si dice degli elefanti
che quando devono
affrontare un
combattimento, hanno
una cura particolare dei
feriti: infatti li chiudono al
centro del gruppo insieme
con i più deboli. Così
anche tu accogli nel
centro della carità il
prossimo debole e ferito.
6. "E fu trasfigurato
davanti a loro. Il suo volto
brillò come il sole" (Mt
17,2). Imprimi te stesso
come molle cera su
questa figura, per poter
ricevere la figura di Gesù
Cristo. Risplenda come il
sole anche il volto della
nostra anima, affinché ciò
che vediamo con la fede
brilli nelle opere; e il bene
che ben comprendiamo
all'interno si traduca nella
testimonianza delle opere
all'esterno, e ciò che
gustiamo nella
contemplazione di Dio si
accenda di calore
nell'amore del prossimo.
Solo così il nostro volto
risplenderà come il sole.
7. I fulmini dell'ira divina
furono tramutati in
pioggia di misericordia
quando il Verbo si fece
carne. Infatti nell'umanità
di Gesù il sangue dell'ira
fu tramutato nel latte
della misericordia.
8. La predicazione
dev'essere solida, vale a
dire comprovata da
abbondanza di buone
opere; e deve presentare
parole vere, non false,
non ridicole, non frivole o
lusinghiere, ma parole che
muovano alla commozione
e al pianto.
La predicazione
dev'essere retta e
coerente, in modo che il
predicatore non
contraddica con le sue
opere ciò che dice con la
bocca. L'autorità della
parola viene annullata,
quando non è sorretta
dalle opere.
9. Cristo ci nutre ogni
giorno con la sua carne e
il suo sangue nel
sacramento dell'altare.
Come buon pastore ci
pasce ogni giorno con gli
insegnamenti del vangelo
e con i sacramenti della
chiesa.
10. "Accumulatevi dei
tesori nel cielo" (Mt 6,20).
Grande tesoro è
l'elemosina. Disse il
martire san Lorenzo a
quelli che volevano
impossessarsi dei "tesori"
della chiesa: "Le ricchezze
della chiesa sono state
riposte nel tesoro celeste
dalle mani dei poveri".
Accumula tesori in cielo
chi dà a Cristo. Dà a
Cristo chi largisce al
povero: "Ciò che avete
fatto a uno di questi più
piccoli, l'avete fatto a me"
(cf. Mt 25,40).
11. Il volto di Cristo sono
i degni prelati della chiesa
e tutti i santi, per mezzo
dei quali, come per mezzo
del volto, conosciamo
Cristo. Come le stelle, così
anche i prelati devono
risplendere di fronte a
tutti con la parola e con
l'esempio: e il Signore li
tiene nella sua destra,
cioè li considera i suoi
doni più grandi.
12. La bilancia è così
chiamata perché pende in
equilibrio con un'asticella
al centro di due piatti (bi-
lancia, dal latino lanx,
piatto). I due piatti sono il
disprezzo del mondo e il
desiderio del regno dei
cieli. L'asticella al centro è
l'amore di Dio e del
prossimo. Questa è la
vera bilancia che pesa
esattamente, dando a
ognuno quanto gli spetta
di diritto: al mondo il
disprezzo, a Dio
l'adorazione, al prossimo
l'amore.
13. La mente dell'uomo
deve accogliere la parola
di Dio, accoltala deve
quasi digerirla con la
meditazione, e dopo
averla bene meditata,
deve metterla in pratica
nell'esercizio delle varie
virtù.
14. Non deve
meravigliare che la parola
di Dio amareggi la mente,
giacché annuncia la
distruzione di tutte le cose
temporali, la brevità della
vita presente, l'amarezza
della morte, l'asprezza
delle pene dell'inferno. Ma
tutto ciò che è difficile
come comando, che è
amaro nelle parole della
predicazione, diviene
leggero e dolce per colui
che ama; è amaro in
questa vita, perché
stimola alla penitenza, ma
sarà dolce nella patria,
perché condurrà alla
gloria.
15. Ti preghiamo, o
nostra Signora, inclita
madre di Dio, Assunta in
cielo ed esaltata al di
sopra dei cori degli angeli,
di riempire il vaso del
nostro cuore con la grazia
celeste, di farci splendere
dell'oro della sapienza, di
sostenerci con la potenza
della tua intercessione, di
ornarci con le pietre
preziose delle tue virtù, di
effondere su di noi, o
oliva benedetta, l'olio
della tua misericordia con
il quale coprire la
moltitudine dei nostri
peccati, ed essere così
trovati degni di venir
innalzati alle altezze della
gloria celeste, e vivere
felici in eterno con Te e
con i beati comprensori.
16. Il giusto deve
seppellire la sua anima
nell'umiltà del cuore e in
quella del corpo, fuori dal
tumulto delle cose
temporali, e deve
guardare verso lo
splendore della vita
eterna, e non a quello
della gloria mondana.
17. Il pellegrino è colui
che va lontano dalla sua
patria. Tutti siamo
forestieri, perché veniamo
da un altro luogo: dal
gaudio del paradiso
terrestre siamo arrivati
alla misera condizione di
questo esilio; siamo anche
pellegrini perché, cacciati
dal volto e dagli occhi di
Dio, ce ne andiamo
mendicando, lontani dalla
patria del cielo.
18. Tutte le cose che
opera in noi il Signore,
quando ci infonde la
grazia, sono buone; ma
quando "vede", cioè
quando mantiene in noi
ciò che ha operato, allora
sono molto buone, cioè
perfette.
19. Il cuore è la fonte del
calore e il principio del
sangue, ed è anche il
principio dei moti delle
cose piacevoli e di quelle
dannose; e in generale i
moti di tutti i sensi hanno
inizio dal cuore e ad esso
ritornano. E l'energia dello
spirito rimane nel cuore
fino all'ultimo istante; e la
consunzione di tutte le
membra precede quella
del cuore, il quale per
primo incomincia a
pulsare e per ultimo si
arresta. Poiché dunque il
cuore è l'organo più nobile
degli altri, dice di esso il
Signore: "Godrà il vostro
cuore", perché come la
vita da esso procede, così
ne proceda anche il
gaudio.
20. Oggi la dottrina di
Cristo non ha la voce
melodiosa dell'adulazione,
perché non blandisce i
peccatori e non promette
vantaggi temporali; ma
risuona aspramente,
perché insegna a
castigare la carne e a
disprezzare il mondo: e
quindi non è ascoltata
volentieri.
21. La vera umiltà non
può soffrire, cioè non può
dolersi dell'ingiuria
ricevuta né star male per
la prosperità altrui. E
questo è giusto, perché se
l'umiltà è falsa, crolla
anche l'edificio delle altre
virtù. Dice infatti
Gregorio: "Chi pensa di
poter acquistare virtù
senza l'umiltà, è come
colui che getta la polvere
contro il vento".
22. Leggiamo nel libro di
Ester: "Quando il Re
Assuero vide la regina
Ester in piedi davanti a
lui, piacque ella ai suoi
occhi e stese verso di lei,
in segno di clemenza, lo
scettro d'oro che teneva
in mano. Ed ella,
avanzando, baciò la
sommità dello scettro"
(Est 5,2). Assuero, nome
che significa
"beatitudine", è figura di
Dio, beatitudine degli
angeli, ai cui occhi
piacque Maria, la nostra
Regina, Ester, nome che
vuol dire "preparata nel
tempo", cioè per il tempo
della nostra salvezza. Lo
scettro d'oro è la grazia
celeste che Dio infuse in
lei, quando la riempì di
grazia più di tutte le altre
donne; e lei, che di sì
grande grazia non fu certo
ingrata, si avvicinò con
l'umiltà, e baciò con la
carità.
23. Il vero penitente
deve confessarsi colpevole
di tre cose: di aver offeso
il Signore, di aver ucciso
se stesso e di aver
scandalizzato il prossimo,
omettendo di dare a
ciascuno secondo la
debita giustizia. A Dio
l'onore, a se stesso la
diffidenza, al prossimo
l'amore.
24. Ogni uomo dovrebbe
essere pronto per natura
ad ascoltare e lento a
parlare. La natura stessa
ha insegnato questo,
quasi chiudendo la lingua
a doppia porta, perché
non uscisse liberamente.
La natura infatti ha posto
davanti alla lingua come
due porte, cioè i denti e le
labbra, per indicare che la
parola non deve uscire se
non con grande cautela.
25. La statua che
Nabucodonosor vide in
sogno è anche immagine
della sorte che attende il
peccatore che non si
converte. Infatti nel fango
(argilla) è indicata la
nostra carne miseranda,
la quale, al cadere del
sasso, cioè all'arrivo della
morte ineluttabile, sarà
colpita e distrutta. E allora
l'oro della sapienza,
l'argento dell'eloquenza, il
bronzo delle ricchezze, il
ferro del potere saranno
frantumati, ridotti a nulla
e dispersi dal vento,
perché la carne andrà ai
vermi, le ricchezze ai
parenti, l'anima sarà
consegnata al diavolo e
così dei peccatori non
resterà traccia alcuna.
26. La preghiera è il
sentimento dell'uomo che
si mette in rapporto con
Dio, è un colloquio pio e
familiare, la sosta della
mente illuminata per
godere di lui, per quanto
all'uomo è possibile.
27. Lo specchio, o il
vetro, simboleggiano la
Sacra Scrittura, nel cui
splendore sta il volto della
nostra origine: da dove
siamo nati, quali siamo
nati e a che scopo siamo
nati. Da dove siamo nati
si riferisce alla meschinità
della nostra origine fisica;
quali (di che natura)
siamo nati, riguarda la
fragilità della nostra
sostanza; a che scopo
siamo nati, si riferisce alla
dignità della gloria, nella
quale, se saremo stati
esecutori della parola, per
la vicinanza con il vero
sole, come il sole
risplenderemo.
28. I lussuriosi sono
come le rane che,
nell'acqua del piacere
carnale, si incitano
vicendevolmente alla
lussuria con segni e
richiami. I loro occhi sono
pieni di adulterio, accesi
di libidine e, come i ragni,
si attraggono con certi fili
di parole e di promesse.
Si attraggono e infine si
congiungono nell'abisso
della loro perdizione.
29. Dio nulla ricerca e
nulla ama maggiormente
nell'uomo come il suo
cuore, nel quale c'è la
legge dell'amore e quindi,
come dice il salmo, "non
vacilleranno i suoi passi"
(Sal 36,31). I passi del
giusto sono le sue opere e
i suoi pensieri, che mai
vacilleranno, cioè non
saranno colti nel laccio
della suggestione
diabolica.
30. Il Figlio è uscito da
Dio, perché tu uscissi dal
mondo; è venuto da te,
perché tu andassi da lui.
Che cosa significa uscire
dal mondo e andare a
Cristo, se non soggiogare
i vizi e legare l'anima a
Dio con i vincoli
dell'amore?
31. Le stelle raffigurano i
santi, che Cristo mette
sotto il sigillo della sua
provvidenza; affinché non
compaiano in pubblico
quando vogliono, ma
siano sempre pronti per il
tempo stabilito da Dio, e
quando udranno con
l'orecchio del cuore la
voce di colui che
comanda, escano dal
segreto della
contemplazione per
compiere ciò a cui sono
deputati.
Settembre
1. L'orazione purifica
l'anima... Le lacrime della
vedova non scendono
forse sulle sue guance, e
il suo grido non si alza
forse contro chi gliele fa
versare? E dalle sue
guance salgono fino al
cielo, e il Signore che
esaudisce, certamente
non si diletterà di esse.
Chi adora Dio sarà accolto
con benevolenza, e la sua
supplica giungerà fino alle
nubi. La preghiera di chi si
umilia penetrerà i cieli.
2. Ricordati che ci sono
tre specie di orazione:
l'orazione mentale, quella
vocale e quella manuale.
Della prima è scritto:
"L'orazione di colui che si
umilia penetra i cieli" (Sir
35,21).
Della seconda parla il
Salmo 87,3: "La mia
orazione entri al tuo
cospetto". Sulla terza
l'apostolo Paolo dice:
"Pregate senza
interruzione" (1Ts 5,17).
Non cessa mai di pregare,
colui che non cessa mai di
compiere il bene.
3. Come Dio è il principio
di tutte le cose, così la
carità, virtù
fondamentale, si deve
conquistare prima di tutte
le altre; e se sarà
reciproca e costante,
coprirà tutto il cumulo dei
peccati. La carità deve
essere vicendevole, cioè
reciproca e fatta in
comune; dev'essere
continua: non deve cioè
mai mancare, né quando
le cose vanno male, né
quando vanno bene, ma
essere incessante e
perseverare sino alla fine.
4. Chi predica la verità,
professa Cristo. Chi invece
nella predicazione tace la
verità, rinnega Cristo. La
verità genera l'odio e
quindi alcuni, per non
incorrere nell'odio di certe
persone, si coprono la
bocca con il velo del
silenzio; ma non è lecito
rinunciare alla verità per
timore dello scandalo.
5. Il vero amico nostro è
Gesù Cristo, che ci ha
amati tanto da dare per
noi la sua vita. Pensa
quale amico fedele
sarebbe colui che,
vedendoti in punto di
morte, si offrisse per te e
prendesse volentieri su di
sé la tua malattia e la tua
morte!
6. Ogni volta che la
nostra anima va in giro
alla ricerca delle cose
temporali, si allontana da
noi; ritorna poi quando
medita sulle verità eterne
e brama rifocillarsi con il
nutrimento celeste. Dopo
essere stata nelle
tenebre, nulla più piace
all'anima se non pensare,
parlare e guardare a Dio
soltanto.
7. La fede viene
paragonata al pesce
perché, come esso è
continuamente sbattuto
dalle onde del mare, ma
non ne viene ucciso, così
anche la fede non viene
scossa dalle avversità.
8. "Bellezza del cielo è la
gloria delle stelle, gloria
che illumina il mondo"
(Eccli 43,10). Queste
parole mettono in risalto
la purezza della natività di
Maria. Come ogni stella si
distingue dalle altre per il
suo splendore, così la
natività della beata
Vergine Maria si distingue
da quella di tutti gli altri
santi. La natività di Maria
riempì di luce il mondo,
che prima era coperto
dalla caligine e dall'ombra
della morte.
9. "Seguimi!", dice Gesù,
e ti mostrerò "ciò che
occhio non vide, né
orecchio udì, né mai entrò
in cuore d'uomo" (1Cor
2,9). Vedrai Dio faccia a
faccia, come egli è; sarai
ricco di delizie, il tuo
cuore si gonfierà di gioia e
proromperà nel canto
dell'esultanza e della lode.
Dunque, "seguimi!".
10. A chi è amico di Dio
viene manifestata talvolta
una certa luce nella
coscienza, una luce di
interiore letizia, come un
lume che, rinchiuso tra le
mani, si vede e si occulta
ad arbitrio di colui che lo
tiene: e questo perché
l'animo si infiammi per
giungere al possesso della
luce eterna e all'eredità
della piena visione di Dio.
11. La Vergine Maria non
rifugge da nessun
peccatore, anzi accoglie
tutti coloro che si
rivolgono a lei e per
questo è chiamata Madre
della misericordia:
misericordia ai miseri,
speranza ai disperati.
12. "Il nome della
Vergine era Maria" (Lc
1,27). Una torre
inespugnabile è il nome di
Maria. Presso di lei si
rifugi il peccatore, e sarà
salvato. Nome dolce,
nome che conforta il
peccatore, nome di beata
speranza. "Signora, il tuo
nome è anelito
dell'anima". "Il tuo nome
è profumo olezzante". Il
nome di Maria è giubilo al
cuore, miele alla bocca,
melodia all'orecchio.
13. Quando vedo una
pianta in fiore, penso e
spero nel frutto; così
quando vedo un vero
umile, spero e penso che
egli sarà beato nei cieli.
Nel vero umile c'è la
speranza di raccogliere il
frutto dall'abbondanza
della casa del Signore.
14. Mosè, per ordine di
Dio, fece un serpente di
rame, lo pose sopra
un'asta di legno. Chi
veniva morso da un
serpente, guardando il
serpente di rame, restava
in vita (cf. Nm 21,9). Il
serpente di rame sull'asta
è figura di Cristo innalzato
sulla croce. Contempliamo
il Signore nostro appeso
alla croce, confitto con i
chiodi... Su questo legno
e per mezzo di questo
legno della croce, Cristo
ha salvato l'umanità, che
prima l'acqua del diluvio
aveva distrutto.
15. A Maria che
presentava al Tempio il
figlio Gesù, il vecchio
Simeone disse: "E a te
una spada trafiggerà
l'anima". Il dolore che la
beata Vergine soffrì nella
passione del Figlio suo, fu
come una spada che
trapassò la sua anima.
Come dobbiamo
partecipare al suo gaudio
quando diede alla luce il
Figlio nel suo parto
verginale, così dobbiamo
partecipare alle sue
sofferenze durante la
passione del Figlio. Quello
fu il secondo parto,
doloroso e ricolmo di ogni
amarezza. Vedeva suo
figlio appeso alla croce
con i chiodi, in mezzo a
due ladroni. Come
meravigliarsi se una
spada le trapassò l'anima?
Considerate e vedete se
c'è un dolore simile al suo
dolore (cf. Lam 1,12).
16. Senza la cena della
penitenza non si arriva
alla cena della gloria, che
indica il convito nel quale i
santi si sazieranno tutti
insieme nella visione di
Dio, poiché sarà data
un'unica ricompensa a
coloro che lavorano nella
vigna del Signore (cf. Mt
20,2).
17. Come con la farina e
con l'acqua si impasta il
pane che sostenta il cuore
dell'uomo, così con le
opere buone mescolate
alle lacrime si nutre e si
arricchisce la coscienza
dell'uomo.
18. La letizia della mente
consiste in tre cose: nel
testimonio della buona
coscienza,
nell'edificazione del
prossimo e nella speranza
della felicità eterna.
19. Nel fico, che è il più
dolce di tutti i frutti, è
indicata la dolcezza che i
santi proveranno nella
visione della Trinità. In
verità, dolce come il miele
è la contemplazione delle
cose celesti. La loro
dolcezza è tenuta
nascosta, perché venga
ricercata con più ardore,
cercandola venga trovata,
e trovatala venga amata
intensamente, e con
l'amore venga posseduta
in eterno.
20. Come nel melograno
tutti i grani sono nascosti
sotto la stessa corteccia e
tuttavia ogni grano ha la
sua piccola cella distinta,
così nella vita eterna tutti
i santi hanno la stessa
gloria, e tuttavia ognuno
di essi riceverà una
ricompensa proporzionata
al bene compiuto.
21. Il Signore è divenuto
il mio sostegno quando,
nella sua passione, ha
steso le braccia sulla
croce; mi ha portato al
largo con l'invio dello
Spirito Santo; mi ha
salvato dalla distruzione
dei nemici, perché ha
voluto che io entrassi alla
cena della vita eterna.
22. Sappiamo che siamo
passati dalla morte del
peccato alla vita e alla
cena della penitenza,
perché amiamo i fratelli.
L'amore ai fratelli
costituisce veramente
l'ingresso alla cena della
vita eterna.
Preghiamo dunque il
Signore Gesù che ci
introduca alla cena della
penitenza, e da essa ci
faccia poi passare alla
cena della gloria celeste.
23. La vera sapienza
consiste nell'amore e nella
contemplazione di Dio. La
sapienza appaga e sazia
completamente, mentre il
piacere lascia il vuoto. La
sapienza procura
dolcezza, il piacere lascia
amarezza. Chi serve la
sapienza è libero, chi
serve il piacere è un
misero schiavo.
24. L'avaro è povero: non
è lui che comanda a se
stesso, ma è il denaro che
lo domina; non è
possessore, ma
posseduto, e anche
quando ha molto, è
sempre convinto di avere
troppo poco. Al contrario,
come dice Seneca: "Non
reputo povero colui che,
per quanto poco abbia,
quel poco gli basta".
25. Chi ha ricchezze di
questo mondo, e dopo
aver trattenuto da esse
ciò che gli è necessario
per il vitto e il vestito,
vede che il suo fratello,
per il quale Cristo è
morto, si trova nel
bisogno, deve dargli ciò
che gli sopravanza. E se
non glielo dà, se chiude il
suo cuore di fronte al
fratello che è
nell'indigenza, io affermo
che pecca mortalmente,
perché non c'è in lui
l'amore di Dio; se ci fosse
in lui questo amore,
darebbe volentieri al suo
fratello.
26. Guai a coloro che
hanno la cantina piena di
vino e il granaio pieno di
frumento, e che hanno
due o tre paia di vestiti,
mentre i poveri di Cristo
con il ventre vuoto e il
corpo seminudo gridano
aiuto alla loro porta. E se
qualcosa si dà loro, si
tratta sempre di poco, e
non delle cose migliori ma
delle più scadenti.
Verrà, sì, verrà l'ora,
quando anch'essi
grideranno, stando fuori
alla porta: "Signore,
Signore, aprici!". Ed essi,
che non vollero ascoltare i
lamenti dei poveri, si
sentiranno dire: "In
verità, in verità, vi dico: io
non vi conosco" (cf. Mt
25,11-12).
27. Il Signore ha posto in
mezzo al popolo cristiano
la predicazione, perché
fosse a disposizione di
tutti e si estendesse sia al
giusto che al peccatore e
riunisse con l'amore tutti i
credenti in Cristo.
28. Il predicatore
dev'essere figlio della
scienza e della
conoscenza. In primo
luogo deve sapere che
cosa, a chi e quando
predicare; in secondo
luogo deve controllare se
stesso per vedere se la
sua vita è coerente con
ciò che predica agli altri.
29. Che cosa intende il
mondo per "sapienza"?
Ecco: irretire il cuore nei
desideri, abbuiare il senso
delle parole, mostrare
vero il falso e far apparire
falso il vero. Questa è la
nociva prudenza che i
giovani imparano nella
vita, che i bambini
apprendono a scuola.
Quelli che la sanno, ne
vanno superbi e
disprezzano gli altri che la
ignorano; quelli che non
la sanno, sottomessi e
timidi, l'ammirano negli
altri. A coloro che la
seguono, la sapienza
mondana insegna a
cercare i più alti onori, a
godere nelle vanità
dell'esistenza terrena, a
rendere male per male, a
non cedere quando si può
resistere e, quando le
forze non bastano, allora
quello che per mala
volontà non si riesce a
sgretolare, ci si sforza di
sopportarlo. Una sapienza
piena di orgoglio, di
vanità, d'inganno.
30. Le cose terrene si
possono accumulare solo
per essere distribuite ai
poveri, e vengono messe
a fuoco quando nel
fervore dello spirito sono
considerate soltanto come
polvere e cenere. La fede
invece viene distrutta
dall'abbondanza delle
cose materiali.
Ottobre
1. Al giusto non viene
imposta la legge, perché è
proprio lui legge a se
stesso. Ha infatti la carità,
vive sottomesso alla
ragione e quindi va dove
vuole e fa ciò che vuole.
2. Secondo l'Apocalisse di
Giovanni, a ogni singola
chiesa presiede in
generale un angelo, il
quale, o viene encomiato
per il buon
comportamento del
popolo, oppure viene
interrogato sui delitti che
sono stati commessi.
Questo fatto mi induce
all'ammirazione dello
stupendo mistero, che ci
sia in Dio tanta
sollecitudine nei nostri
riguardi da permettere
che anche i suoi angeli
siano interrogati e anche
rimproverati per noi (cf.
Ap 1,20-3,22). Avviene
infatti come quando si
affida un fanciullo a un
educatore: se risulta
istruito in materie meno
convenienti ne viene
incolpato l'educatore, a
meno che il fanciullo,
testardo, protervo e
insolente, non abbia
disprezzato le salutari
ammonizioni
dell'educatore. Dio ha
maggior sollecitudine
della salvezza di
un'anima, che il diavolo
della sua dannazione.
3. Dice il salmo: "È
impressa su di noi,
Signore, la luce del tuo
volto" (Sal 4,7). Per volto
di Dio s'intende la nostra
ragione, perché come
attraverso il volto uno
viene riconosciuto, così
per mezzo dello specchio
della ragione si conosce
Dio.
4. In cielo c'erano tutti i
beni, e in grande
abbondanza: mancava
solo la povertà. Invece
sulla terra questa "merce"
c'era in grande
abbondanza, ma l'uomo
ignorava il suo valore.
Allora venne il Figlio di Dio
a cercarla, per renderla
preziosa con il suo
apprezzamento... Gli
uccelli hanno il loro nido,
le volpi hanno la loro
tana, ma il Figlio
dell'uomo non ha un luogo
dove posare il capo...
Ebbe solo la croce, sulla
quale, chinato il capo,
spirò (cf. Gv 19,30).
5. Il genere umano ha
qualcosa in comune con
tutte le creature, con gli
angeli, con gli animali,
con le piante, con le
pietre, con il fuoco e con
l'acqua, con il caldo e con
il freddo, con l'umido e
con il secco: perciò l'uomo
è chiamato microcosmo,
cioè un mondo in piccolo.
Quando l'apostolo,
obbedendo al comando
del Signore, annuncia la
buona novella all'uomo,
l'annuncia praticamente
anche a tutta la
creazione.
6. Dall'inizio alla fine
della sua vita, l'uomo è
sempre in movimento e
mai riposa finché non
arriva al suo "luogo", cioè
a Dio. Dice infatti
Agostino: "Inquieto è il
nostro cuore, o Signore,
finché non riposa in te". E
il salmo aggiunge: "Nella
pace è il suo luogo" (Sal
75,3). Il "luogo" dell'uomo
è Dio: non ci sarà mai
pace se non in lui, e
quindi a lui si deve
tornare.
7. Dice la Storia naturale
che l'ape genera senza
amplesso. L'ape di buona
razza è piccola, rotonda,
solida e compatta. L'ape è
la più linda tra tutti i
volatili: il cattivo odore la
disturba, quello buono
l'attrae. Così la Vergine
Maria generò il Figlio di
Dio senza carnale
congiungimento, perché lo
Spirito Santo scese su di
lei e la potenza
dell'Altissimo stese su di
lei la sua ombra (Lc 1,35).
Questa buona ape fu
piccola per l'umiltà,
rotonda, cioè perfetta, per
la contemplazione della
gloria celeste, solida per
la carità - colei che per
nove mesi portò in
grembo l'Amore non
poteva essere senza
amore -, compatta per la
povertà, più pura di tutti
per la verginità. Perciò il
fetido odore della lussuria
- neanche a dirlo - le fa
ribrezzo, mentre la delizia
il soave profumo della
purezza e della castità.
8. A chi è amico di Dio
viene manifestata talvolta
una certa luce nella
coscienza, una luce di
interiore letizia, come un
lume che, rinchiuso tra le
mani, si vede e si occulta
ad arbitrio di colui che lo
tiene; e questo perché
l'animo s'infiammi per
giungere al possesso della
luce eterna e all'eredità
della piena visione di Dio.
9. La giustizia consiste
nel rendere a ciascuno il
suo, e cioè noi dobbiamo
rendere la fede a Dio, la
carità al prossimo e la
pratica della disciplina a
noi stessi.
10. Senza Dio nulla
possiamo fare o avere, e
senza di lui neppure
conservare ciò che
abbiamo avuto. Perciò
dopo la grazia è
necessario che il Signore
sia con noi e custodisca e
conservi ciò che egli solo
ha dato. Poiché ci
previene dandoci la sua
grazia, nel conservarla
diventiamo suoi
cooperatori: egli non
veglia, su di noi, se
insieme con lui non
vegliamo anche noi.
11. L'accumulo delle
ricchezze non è altro che
amarezza, tribolazione e
dolore. Il fango
accumulato in casa
manda fetore; invece, se
è sparpagliato, rende
feconda la terra. Così le
ricchezze, quando si
accumulano, e soprattutto
se sono di provenienza
furtiva, emanano fetore di
peccato e di morte. Se
invece vengono distribuite
ai poveri e restituite ai
loro proprietari, rendono
feconda la terra della
mente e la fanno
fruttificare.
12. La lingua è viva
quando parlano le opere.
Vi scongiuro: cessino le
parole e parlino le opere.
Siamo pieni di parole, ma
vuoti di opere, e perciò
siamo maledetti dal
Signore, perché egli ha
maledetto il fico nel quale
non trovò frutti, ma solo
foglie. Dice san Gregorio:
"C'è una legge data al
predicatore, che metta in
pratica ciò che predica.
Inutilmente fa conoscere
la legge colui che con le
opere, con la sua vita,
distrugge quanto ha
insegnato".
13. La nostra anima deve
seguire la povertà,
l'umiltà e la passione di
Gesù Cristo: esse ci
parlano di lui e ci dicono
quale è stata la sua vita in
questo mondo. E così
l'anima diviene sua sposa,
con lui impegnata, a lui
legata per mezzo
dell'anello di una fede
perfetta.
14. Nella mano è
raffigurata la grazia dello
Spirito Santo, che viene
data come aiuto e difesa
ai fedeli, i quali ne
vengono sostentati e resi
capaci di operare il bene.
15. La sapienza, così
chiamata da "sapore",
consiste nell'amore e nella
contemplazione di Dio, il
quale sostiene il sapiente,
cioè l'anima che gusta il
sapore dell'amore. La
sapienza appaga e sazia
completamente, mentre il
piacere lascia il vuoto. La
sapienza procura
dolcezza, il piacere lascia
l'amarezza. Chi serve la
sapienza è libero, chi
serve il piacere è un
misero schiavo.
16. Chi ha ricchezze di
questo mondo, e dopo
aver trattenuto da esse
ciò che gli è necessario
per il vitto e il vestito,
vede che il suo fratello,
per il quale Cristo è
morto, si trova nel
bisogno, deve dargli ciò
che gli sopravanza. E se
non glielo dà, se chiude il
suo cuore di fronte al
fratello che è
nell'indigenza, io affermo
che pecca mortalmente,
perché non c'è in lui
l'amore di Dio; se ci fosse
in lui questo amore,
darebbe volentieri al suo
fratello.
Guai perciò a coloro che
hanno la cantina piena di
vino e il granaio pieno di
frumento, e che hanno
due o tre paia di vestiti,
mentre i poveri di Cristo
con il ventre vuoto e il
corpo seminudo gridano
aiuto alla loro porta.
17. Il penitente è colui
che, facendosi più vicino a
Dio con la contrizione del
cuore e fiducioso nella sua
misericordia, fa sentire
con fiducia la parola della
confessione alle orecchie
del suo confessore.
18. I penitenti devono
fare come le api.
Leggiamo nella Storia
naturale che quando la
loro regina (il Santo scrive
"re") vola fuori
dall'alveare, volano via
con lei e la circondano
tutte ammassate: la
regina sta al centro e le
api tutte all'intorno. Così
Gesù Cristo, nostro re, è
volato fino a noi, fuori
dall'alveare, cioè fuori dal
seno del Padre. E noi,
come buone api,
dobbiamo seguirlo e
volare con lui; dobbiamo
metterlo al centro, cioè
conservare nel cuore la
fede in lui e difenderla con
la pratica di tutte le virtù.
19. Siamo misericordiosi,
imitando le gru, delle
quali si dice che, quando
vogliono arrivare a un
dato luogo, volano
altissime per meglio
individuare da un
osservatorio più alto il sito
da raggiungere. Quella
che conosce il percorso
precede lo stormo, ne
scuote la fiacchezza del
volo, lo incita con la voce;
e se la prima perde la
voce o diventa rauca,
subito ne subentra
un'altra. Tutte si prendono
cura di quelle stanche, in
modo che se qualcuna
viene meno, tutte si
uniscono, sostengono
quelle stanche finché con
il riposo ricuperano le
forze.
Siamo dunque
misericordiosi come le
gru: posti in un più alto
osservatorio della vita,
preoccupiamoci per noi e
per gli altri; facciamo da
guida a chi non conosce la
strada; con la voce della
predicazione stimoliamo i
pigri e gli indolenti; diamo
il cambio nella fatica,
perché senza alternare il
riposo alla fatica non si
resiste a lungo;
carichiamoci sulle spalle i
deboli e gli infermi,
perché non vengano
meno lungo la via; siamo
vigilanti nell'orazione e
nella contemplazione del
Signore.
20. Preghiamo il Signore
Gesù Cristo, che è padre
misericordioso, perché
infonda in noi la sua
misericordia, affinché
anche noi la usiamo verso
noi stessi e verso gli altri,
non giudicando mai
nessuno, non
condannando mai
nessuno, perdonando
sempre a chi ci offende e
dando sempre noi stessi e
le nostre cose a chi ce le
domanda.
21. Essendo l'uomo
fragile per natura e incline
al peccato, e
macchiandosi di peccati
ogni giorno, e avendo poi
una memoria così debole
che a mala pena si ricorda
alla sera di ciò che ha
fatto al mattino, perché -
sventurato! - rimanda la
confessione di un anno?
Anzi, perché la rimanda
anche di un sol giorno, se
non sa che cosa porterà il
giorno seguente? Oggi
sei, domani forse non
sarai. Vivi dunque oggi,
come se tu dovessi
morire. Niente infatti è più
certo della morte, niente
più incerto dell'ora della
morte.
22. Se vuoi rimproverare
qualcuno, vedi prima se
tu non sia come lui. E se
lo sei, piangi insieme con
lui, non pretendere che
egli ti obbedisca, ma
comandagli e ammoniscilo
che insieme con te si
sforzi di emendarsi. Se
invece non sei come lui,
ricordati che forse lo sei
stato in passato o saresti
potuto esserlo, e quindi sii
indulgente, e rimproveralo
non spinto dall'odio, ma
dalla misericordia.
23. I rimproveri e le
correzioni non si devono
fare se non raramente,
quando sono
assolutamente necessari,
e solo nell'interesse di
Dio, dopo però aver
rimosso la trave dal
proprio occhio.
24. Come il timone tiene
la barca nella giusta
direzione e le impedisce di
deviare, e in esso è
riposta la maggiore
capacità di condurre in
porto la barca, così
l'amore fraterno guida la
comunità dei fedeli
affinché non devii, e la
conduce al porto della
sicurezza: perché dov'è
carità e amore, lì c'è
anche la comunità dei
santi.
25. La veste dell'anima è
la fede, che è una veste
d'oro se è illuminata dalla
luce della carità. Nella
veste della fede che opera
per mezzo della carità ci
devono essere tutti i
quattro elementi di cui è
formato il mondo intero: il
fuoco della carità, l'aria
della contemplazione,
l'acqua della compunzione
e la terra dell'umiltà.
26. Ti preghiamo, Padre,
che tu ci faccia alberi
buoni, che tu ci conceda
di produrre frutti degni di
penitenza, di modo che,
radicati e fondati nella
radice dell'umiltà, e
liberati dal fuoco eterno,
meritiamo di poter
cogliere il frutto
dell'eterna vita.
27. Quando duole il capo,
anche tutte le altre
membra soffrono. Se si
secca la radice, si seccano
anche i rami; se viene
meno l'esempio della vita
e l'insegnamento della
verità da parte del prelato
della chiesa, anche il
popolo si corrompe,
perché vengono
dimenticati i giudizi di Dio
e viene tradita la causa
dei poveri.
28. La prudenza si
riferisce alle cose umane,
invece la sapienza a
quelle divine. Fanno parte
della prudenza la
conoscenza degli affari
civili, l'arte militare, la
conoscenza della terra,
l'arte della navigazione.
Parimenti la prudenza è la
scienza (la conoscenza)
sia delle cose buone che
di quelle cattive, e di essa
fanno parte la memoria,
l'intelligenza e la
previdenza.
29. La pace è la libertà
nella tranquillità
(Cicerone). Pace viene da
patto: prima si
stabiliscono i patti e poi si
consegue la pace. Chi
stabilisce quaggiù il patto
di riconciliazione con il
Signore, siederà poi in
una pace meravigliosa nel
regno celeste.
30. Gesù Cristo è il sole
che vivifica e illumina
tutto il creato con la
potenza e lo splendore
della grazia spirituale: egli
sorge per il fedele e
tramonta invece per
l'infedele.
La vita dei religiosi è una
regola d'oro che corregge
l'uomo fuorviato e
difettoso, lo riporta alla
norma del retto vivere e
stabilisce la giusta misura
in tutte le cose. Quasi
tutti i religiosi hanno
trasgredito questa regola,
perché non camminano
più secondo la verità del
vangelo, non vivono
secondo gli insegnamenti
dei padri, ma conducono
una vita depravata e
falsa. I monaci
trasgrediscono l'aurea
regola del beato
Benedetto, i canonici
quella del beato Agostino,
e così è anche dei singoli
religiosi i quali curano i
propri interessi e non gli
interessi di Cristo.
31. Come non esiste
dolore più grande di
quello della donna che
vede morire il suo unico
figlio, che ama sopra tutte
le cose, così non ci deve
essere dolore più grande
di quello dell'anima
penitente che, avendo un
unico figlio, cioè la fede
che opera per mezzo
dell'amore, la perde a
causa del peccato
mortale. L'anima della
fede è la carità, che la
tiene viva: venendo meno
la carità, la fede muore.
Novembre
1. Poiché non c'è istante
nel quale l'uomo non
fruisca o non abbia
bisogno della bontà di
Dio, così Dio dev'essere
sempre presente nella
nostra memoria. L'uomo è
fatto a somiglianza di Dio,
perché, come Dio è
amore, è buono, giusto,
benigno, misericordioso,
così l'uomo deve avere
anche lui l'amore, essere
buono, giusto, benigno,
misericordioso. Chi è
misericordioso verso gli
altri, Dio è misericordioso
verso di lui.
2. Come l'ancora
trattiene la barca perché
non affondi negli scogli,
così il pensiero della
morte trattiene la nostra
vita perché non precipiti
nei peccati. Infatti il
passaggio della morte è
così stretto, che a stento
vi può passare l'anima
nuda e sola. Quando si
arriva a questo passaggio
ogni carico di cose
temporali dev'essere
lasciato: solo i peccati,
che non sono sostanza
materiale, vi passano
agevolmente insieme con
l'anima.
3. L'uomo è portato al
sepolcro (alla dannazione)
dai quattro elementi dei
quali è composto. È
portato dalla terra quando
pensa solo alle cose
terrene; dall'acqua
quando si lascia vincere
dalla lussuria; dall'aria
quando agisce per
vanagloria; dal fuoco
quando si lascia
trasportare dall'ira.
4. Fa' attenzione a
queste tre cose: diversità
di carismi, diversità di
ministeri, diversità di
operazioni. Le grazie, dice
l'Apostolo, sono le virtù
stesse infuse da Dio
gratuitamente, cioè la
fede, la speranza e simili,
i cui effetti sono, nei
riguardi del prossimo, i
ministeri, e nei riguardi di
noi stessi le opere di
bene. Dio infonde,
prestiamo servizio e Dio
stesso, che infonde, è poi
colui che opera, che
agisce.
5. L'uomo dedito alle
cose dello spirito, dopo
aver accudito alle
necessità materiali e dopo
essersi liberato da
pensieri e preoccupazioni,
rientra nella sua casa,
cioè nella sua coscienza, e
chiusa la porta dei sensi,
riposa con la sapienza
dedicandosi alla
contemplazione divina,
nella quale assapora la
dolcezza della quiete
spirituale.
6. La grazia di Dio,
quando è sopra l'uomo, gli
infonde un così grande
aiuto che, cinti i fianchi,
può correre per mezzo
della castità e seguire
Cristo nudo e povero,
anche lui nudo e povero,
per il distacco dai beni
terreni.
7. Se darai onore al
Signore, il Signore sarà la
tua forza. Se con te
stesso, per quanto è
possibile, userai cautela e
prudenza, egli sarà tuo
rifugio di salvezza. Se
amerai il prossimo, egli
salverà lui e te. Se
disprezzerai il mondo, il
Signore benedirà te, che
sei la sua eredità.
8. O curioso, che ti
affanni e allarghi la tua
attività in tante direzioni,
va', non dico dalla
formica, ma dall'ape e
impara la saggezza. L'ape
non si posa su tante
specie di fiori, e dal suo
esempio impara a non
dare ascolto ai vari fiori di
parole, ai vari libercoli; e
non lasciare un fiore per
passare a un altro, come
fanno gli schizzinosi, che
sempre sfogliano libri,
criticano le prediche,
soppesano le parole, ma
non arrivano mai alla vera
scienza. Tu invece raccogli
da un libro ciò che ti serve
e collocalo nell'alveare
della tua memoria, per
richiamarlo al tempo
opportuno.
9. Il fabbro è figura del
santo predicatore della
chiesa, che fabbrica le
armi dello spirito. Egli
deve sedere vicino
all'incudine, deve cioè
applicarsi allo studio e alla
pratica della Sacra
Scrittura, appunto per
mettere in pratica per
primo ciò che predica agli
altri.
10. L'uomo è dotato di
tre specie di denti: gli
incisivi, detti in latino
praecisores, che troncano;
i canini e i molari...
Queste tre specie di denti
raffigurano gli avari nelle
ruberie da essi praticate.
Alcuni sono come gli
incisivi: troncano, perché
non rubano tutto ma solo
una parte; altri, i giuristi e
i legulei, sono come i
canini, che nelle cause e
nei tribunali latrano, per
denaro, come i cani; altri
infine, i potenti e gli
usurai, sono come i
molari, i quali macinano,
cioè stritolano i poveri. Ma
il Signore spezzerà i denti
dei peccatori e i molari dei
leoni (cf. Sal 57,7).
11. La vita del giusto è
come la stella del mattino
tra le nebbie, cioè in
mezzo alle vanità del
mondo. Osserva che nella
nebbia si ha paura del
brigante; dissolta la
nebbia, splende più
luminoso il sole; se tenti
di toccarla, non senti
niente; quando si alza è
segno di bufera, quando si
dissolve è segno di bel
tempo. Nella nebbia le
cose sembrano più
grandi; si diffonde su
tutta la terra e non si sa
più per dove andare. Così
tra le vanità del mondo,
nel lusso del mondo, si
nasconde il brigante, cioè
il diavolo; e il giusto nutre
un grande timore quando
gli arride il favore delle
cose temporali.
12. Nella nebbia le cose
sembrano più grandi.
Quando uno è circonfuso
di gloria mondana,
sembra più grande di
quanto non sia in realtà. È
come una vescica gonfia
di vento, che sembra più
grande di quanto non sia,
ma basta una puntura di
spillo, cioè la morte, per
far vedere quanto è
meschino. Ahimè, tutta la
terra è ricoperta di
nebbia, e perciò gli uomini
non vedono Dio.
13. Parla correttamente
colui che testimonia con le
opere ciò che predica con
la bocca. Chi distribuisce
fedelmente il pane della
parola di Dio e non
nasconde la testimonianza
della verità, sarà
benedetto nel presente e
nel futuro.
14. Ama Dio con tutto te
stesso e non con una sola
parte di te. Dio infatti non
ha parti, ma è tutto
dovunque, e quindi non
vuole una parte di ciò che
è tuo, perché tu sei tutto
in ciò che è suo. Se tu
riservi per te una parte di
te, sei tuo e non suo.
Vuoi avere tutto? Da'
tutto a lui ed egli darà a
te tutto ciò che è suo; e
così nulla avrai di te
stesso, perché avrai tutto
lui con tutto te stesso.
Amerai dunque il Signore,
Dio tuo, con tutto il tuo
cuore.
15. Ti preghiamo,
Signore Gesù, che tu ci
leghi con l'amore verso di
te e verso il prossimo in
modo tale da riuscire ad
amarti "con tutto il
cuore", cioè così
profondamente da non
essere mai distratti dal
tuo amore; "con tutta
l'anima", cioè con
sapienza, per non essere
ingannati da altri amori;
"con tutte le forze e con
tutta la mente", cioè con
grande tenerezza per non
essere mai indotti a
separarci dal tuo amore, e
amare poi il prossimo
come noi stessi.
Accordacelo tu, che sei
benedetto nei secoli dei
secoli. Amen.
16. Per mostrare che ami
veramente il prossimo
come te stesso, fa' con
amore tutto ciò che è in
tuo potere per alleviare le
sue necessità corporali e
spirituali.
Chi vive nell'unità e nella
concordia si alza per
compiere le opere buone.
Chi si premunisce con la
pratica dell'umiltà, va
tranquillo e sicuro
dovunque. Chi come
straniero in questo mondo
si orna del segno
distintivo della povertà, la
fede in Gesù Cristo, che fu
povero e pellegrino, lo
farà salvo.
17. Raccontano che un
lupo, vedendo la luna nel
pozzo, la credeva una
forma di formaggio.
Allora, su consiglio della
volpe scese nel pozzo, ma
non vi trovò nulla e vi
restò dentro deluso e
avvilito. Quando i
contadini ve lo trovarono,
lo massacrarono con una
tempesta di pietre.
C'è anche qualche
religioso che nel pozzo
della vanità mondana
vede la luna che sorge
luminosa. Crede lo stolto,
su consiglio della volpe,
cioè della concupiscenza
della carne, che ciò che è
passeggero e instabile sia
invece duraturo e
autentico. E il povero
illuso scende da
Gerusalemme a Gerico,
dall'altezza della
contemplazione al pozzo
della cupidigia, e così
incappa nei briganti che lo
spogliano, lo coprono di
ferite e se ne vanno
lasciandolo mezzo morto.
18. L'ametista è una
pietra preziosa molto
singolare, di colore viola,
che manda dei bagliori
dorati e presenta dei
puntini color rosso vivo.
Questa pietra simboleggia
la vita di Gesù Cristo che
fu color viola per la
povertà e l'umiltà; che
mandò fiamme e bagliori
dorati nella sua
predicazione e nel
compimento dei miracoli,
e presentò dei punti color
rosso vivo nella sua
passione. Questa ametista
il giusto deve racchiuderla
nel nido della sua
coscienza.
19. Nudo, spiritualmente,
è colui che nulla
attribuisce a se stesso,
ma tutto a Dio, e che non
si nasconde come Adamo
dietro alle foglie di fico; è
colui che non si copre con
il mantello della scusa di
sé e dell'accusa degli altri.
Parimenti, vive nascosto
colui che dimora tranquillo
nel segreto della sua
coscienza, lontano dal
chiasso delle cose
temporali e dei cattivi
pensieri. È colui che
sopporta con pazienza le
ingiurie, non si lamenta
nelle avversità e non si
vanta quando le cose
vanno bene.
20. Vuoi avere sempre
Dio nella mente? Abbi
sempre te stesso di fronte
a te. Dove c'è l'occhio, lì
c'è la mente: abbi sempre
l'occhio fisso su te stesso.
Tre cose ti faccio presenti:
la mente, l'occhio e te
stesso. Dio è nella mente,
la mente è nell'occhio,
l'occhio è in te. Quindi se
guardi te, hai Dio in te.
Vuoi avere sempre Dio
nella mente? Abbi te
stesso, quale egli ti ha
fatto. Non andare in cerca
di un te stesso diverso da
ciò che sei. Non voler fare
te stesso diverso da
quello che lui ti ha fatto, e
così avrai sempre nella
tua mente Dio.
21. In genere siamo soliti
dare conforto a tre
categorie di persone: il
malato, l'afflitto, il
pauroso. Il genere umano
era tutte e tre queste
cose: era malato da oltre
cinquemila anni e non
trovava alcun rimedio; era
afflitto perché privo delle
delizie del paradiso
terrestre; viveva nella
paura del diavolo, il quale
con una mano lo colpiva e
con l'altra lo trascinava
all'inferno.
Ma, grazie a Dio, fu
mandato finalmente il
conforto, che risanò il
malato, consolò l'afflitto e
rese intrepido il pauroso.
Fu mandato l'angelo
Gabriele, il fausto
messaggero di una terra
lontana, fresca acqua
all'anima assetata, ormai
allo stremo per l'arsura
della sete. Fu mandato a
una Vergine di nome
Maria... "Concepirai e
darai alla luce un figlio...
lo chiamerai Gesù, che
significa salvatore, perché
salverà il genere umano e
lo libererà da tutti i suoi
mali".
22. Quando servi al tuo
fratello, stendi i tuoi piedi
davanti a te e impegna
con lui tutto te stesso, con
gli affetti e i sentimenti
con cui si provvede alle
necessità del prossimo.
Quando invece ti rivolgi a
Dio, stendi i tuoi piedi
all'indietro, perché il tuo
volo sia libero. Incurante
di ciò che sarà, del
servizio e delle opere
buone, di ciò che hai fatto
e di ciò che farai, lascia da
parte ogni fantasticheria
quando sei in preghiera: è
proprio in quel momento
infatti che arrivano tutti i
pensieri inutili che
disturbano l'animo del
contemplativo.
23. Il regno di Dio è il
bene supremo: per questo
dobbiamo cercarlo. Lo si
cerca con la fede, con la
speranza e con la carità.
La giustizia di questo
regno consiste nel
mettere in pratica tutto
ciò che Cristo ha
insegnato. Cercare il
regno di Dio vuol dire
praticare questa giustizia
con le opere. Cercate
quindi prima di tutto il
regno di Dio, cioè
ponetelo al di sopra di
tutte le cose: tutto deve
essere fatto in vista di
esso, nulla dev'essere
cercato all'infuori di esso,
e ad esso deve essere
ordinato tutto ciò che
cerchiamo.
24. Credere a Dio
significa credere vero ciò
che egli dice, e questo lo
fanno anche i cattivi;
anche noi crediamo
all'uomo, ma non
crediamo nell'uomo.
Credere Dio significa
credere che Dio esiste, ciò
che fanno anche i demoni.
Infine credere in Dio vuol
dire credere e amarlo,
credere e andare a lui,
credere e aderire a lui e
venire così incorporati
nelle sue membra. Questa
è la fede che giustifica
l'empio. Quindi dove c'è
questa fede, c'è la fiducia
nella misericordia di Dio e
c'è anche la remissione
della colpa.
25. Ti preghiamo,
Signore Gesù, di aiutarci a
rifiutare ogni menzogna
per mezzo dell'umiltà, a
distruggere la nostra
avarizia per mezzo della
povertà, a vincere l'ira per
mezzo della pazienza e a
eliminare la disobbedienza
imitando la tua
obbedienza nella
passione; e così
meritiamo di essere
presentati a te, di ricevere
il perdono dei peccati e
godere con te senza fine.
26. Sono queste le virtù
che rendono l'uomo
sapiente e saggio: il
consiglio per fuggire il
mondo; la giustizia per
rendere a ciascuno il suo;
la prudenza per guardarsi
dai pericoli e la fortezza
per mantenersi saldo nelle
avversità.
27. Il vero penitente, per
timore e amore di Dio, fa
di se stesso causa,
giudizio e giustizia. Fa
causa a se stesso con la
contrizione, la quale è
origine di ogni cosa giusta
ed è un impulso
dell'animo a fare il bene;
fa il giudizio nella
confessione, nella quale
mette in discussione se
stesso e si esamina; fa la
giustizia nella riparazione,
con la quale dà a ciascuno
il suo: a Dio la preghiera,
a se stesso il digiuno, al
prossimo l'elemosina. In
questo infatti consiste la
soddisfazione, o
riparazione.
28. La statua che
Nabucodonosor vide in
sogno, aveva il capo di
oro purissimo, il petto e le
braccia d'argento, il
ventre e le cosce di
bronzo, le gambe di ferro
e i piedi in parte di ferro e
in parte d'argilla (cf. Dn
2,31-33).
Questa statua è figura
della santa chiesa, che
negli apostoli ebbe il capo
d'oro. Le braccia e il petto
di argento, parti del corpo
nelle quali risiede la forza
più grande, la chiesa li
ebbe nel tempo dei
martiri, che affrontarono
eroicamente tutte le
battaglie. Similmente la
chiesa ebbe il bronzo e il
ferro dei confessori della
fede, che con il suono
della loro predicazione
spezzarono la malvagità
degli eretici. Infine, la
chiesa di Cristo, poverella,
sconvolta dalla tempesta,
tra i rifiuti del mondo, ha
per così dire nei piedi il
ferro e il fango, sia nei
chierici che nei laici. Nel
ferro è simboleggiata
l'avarizia, nel fango la
lussuria. Ecco quali
membra si trovano nel
corpo di Cristo che è la
chiesa: gli avari e i
lussuriosi, i quali non sono
la chiesa di Cristo, ma la
sinagoga di satana.
29. La penitenza è la
seconda tavola di salvezza
dopo il naufragio del
peccato. Il peccatore che,
esteriormente, può anche
essere splendido, sublime
in alto perché superbo e
ricco in basso, è però
lebbroso nel suo interno,
cioè nell'anima; e se
vuole che la sua anima
ricuperi la salute, deve
accostarsi al fiume del
giudizio, cioè a una
confessione bagnata dalle
lacrime, con la quale egli
deve giudicarsi, e
condannare ciò che ha
fatto di male.
30. Il giusto si solleva
dalla terra con la fune
dell'amore divino e resta
come sospeso in aria per
la dolcezza della
contemplazione, e allora
si trasforma, per così dire,
tutto in aria, come se non
avesse più il corpo e non
fosse più oppresso dalla
carnalità. È detto infatti di
Giovanni Battista che era
"voce di uno che grida nel
deserto" (Mt 3,3). La voce
è aria, e Giovanni era aria
e non carne, perché non
aveva più il gusto delle
cose terrene, ma solo di
quelle celesti.
Dicembre
1. Considera che quattro
sono gli "avventi" (le
venute) del Signore. Il
primo "avvento" fu nella
carne. Il secondo
"avvento" avviene nella
mente; è detto infatti:
"Verremo a lui e
prenderemo dimora
presso di lui" (Gv 14,23).
Il terzo "avvento" si
verificherà al momento
della nostra morte, come
sta scritto: "Beato quel
servo che il Signore al suo
ritorno troverà al lavoro"
(Lc 12,43). Infine il
quarto "avvento" sarà
nella gloria, come
leggiamo nell'Apocalisse:
"Ecco, verrà sulle nubi e
ogni occhio lo vedrà" (Ap
1,7).
2. Nella sua prima venuta
Gesù fu umile; nella
seconda sarà terribile,
amabile, soave e
desiderabile e benedetto
nei secoli. Ogni uomo
infatti, nel giudizio finale,
vedrà Gesù Cristo. Gli
empi a loro confusione
"vedranno colui che hanno
trafitto" (Gv 19,37).
Invece i giusti vedranno la
salvezza di Dio.
3. Chi piange per i propri
peccati o per quelli del
prossimo o per la miseria
di questo esilio terreno, o
per il ritardo di giungere
al regno dei cieli, viene
consolato dal Signore, il
quale consolò la madre
sua che piangeva durante
la sua passione,
dicendole: "Donna, ecco il
tuo figlio!".
4. Considera che l'olio
condisce tutti i cibi, così
anche noi dobbiamo
condire con il timore di
Dio tutto ciò che
facciamo, perché il salmo
dice: "Servite il Signore
nel timore" (Sal 2,11) e
chi è in piedi stia attento
a non cadere (cf. 1Cor
10,12).
5. O Israele, cioè o anima
fedele, che per mezzo
della fede vedi Dio,
preparati all'incontro con
il suo Figlio, perché è
vicino il suo avvento, che
si celebra nelle prossime
feste. Il Figlio di Dio,
venendo in mezzo a noi
con l'incarnazione, valicò i
cori degli angeli e giunse
"saltando per i monti e
balzando per le colline"
(Ct 2,8).
6. Quando ascoltiamo la
parola di Dio, prima
veniamo illuminati nel
cuore, per poter poi
camminare sul retto
sentiero. Mentre
camminiamo, dobbiamo
tenere in mano la
lampada accesa, il che
avviene quando
mostriamo al prossimo le
opere buone, fatte con
retta intenzione, la quale
deve illuminare ogni
nostra azione.
7. Osserva che nella
confessione il peccatore
deve compiere tre atti:
pentirsi dei peccati
commessi, avere il fermo
proposito di non ricadervi,
obbedire a tutto ciò che
gli comanda il confessore.
Se la nostra barca viene
legata al legno della croce
del Signore con questa
fune, non potrà mai venir
strappata.
8. La Beata Vergine Maria
è paragonata alla luna
piena, perché è perfetta
sotto ogni aspetto. Mentre
la luna nel suo ciclo è
talvolta incompleta,
quando è dimezzata e
quando è falcata, la
gloriosa Vergine Maria mai
ebbe delle imperfezioni:
né nella sua nascita,
perché fu santificata
ancora nel grembo
materno e custodita dagli
angeli; né durante i giorni
della sua vita, perché mai
peccò di superbia: sempre
rifulse di pienezza di
perfezione. Ed è detta
luce perché dissolve le
tenebre.
Ti preghiamo dunque, o
nostra Signora, perché tu,
che sei la stella del
mattino, scacci con il tuo
splendore la nuvola della
suggestione diabolica, che
copre la terra della nostra
mente. Tu che sei la luna
piena, riempi la nostra
vuotezza, dissolvi le
tenebre dei nostri peccati,
affinché meritiamo di
giungere alla pienezza
della vita eterna e alla
luce della gloria infinita.
9. Quando un vaso è
pieno, tutto ciò che vi si
versa in più va perduto.
Chi è pieno delle cose
temporali, non può venir
riempito della conoscenza
della volontà di Dio. Chi
ne vuole essere pieno, è
necessario che venga
prima condotto nel
deserto: là potrà sentire il
soffio di una brezza
leggera che penetra nel
suo cuore, e così sarà
riempito della conoscenza
della divina volontà.
10. La cattiveria trova
tutto stretto; invece la
povertà e l'obbedienza,
proprio per il fatto che
sono strette, danno la
libertà: perché la povertà
rende ricchi e
l'obbedienza rende liberi.
11. Dobbiamo confidare
solo in colui che ha fatto
noi, e non in quello che
noi abbiamo fatto. Colui
che ha fatto noi è tutto il
Bene, il sommo Bene;
invece il bene che
abbiamo fatto noi è
sempre inquinato dai
nostri peccati. Tu stesso
perciò devi distinguere in
quale bene si deve
confidare: unicamente nel
"buon" Signore Gesù.
12. Cristo con le braccia
aperte sulla croce, quasi
come due ali, accoglie
coloro che a lui accorrono,
e nel rifugio delle sue
piaghe li nasconde dalla
minaccia dei demoni.
Infatti le piaghe di Gesù
Cristo parlano di noi al
Padre non per ottenere
vendetta, ma per
impetrare misericordia.
Con l'apertura del costato
del Signore, venne aperta
la porta del paradiso,
dalla quale rifulse a noi lo
splendore della luce
eterna.
13. Il sacco fatto di crine,
il cilicio, i miseri pannicelli
nei quali Gesù fu avvolto,
l'umile luogo del presepio
nel quale fu adagiato, ci
invitano a svegliarci dal
sonno e a scacciare le
vane fantasie sulle cose di
questo mondo.
14. La luce splendente si
ebbe nell'incarnazione del
Verbo, dalla quale scaturì
la fede; il giorno pieno si
verificò nella passione,
con la quale fu più vicina
la salvezza. "Che cosa ci
sarebbe servito l'essere
nati, se non fossimo stati
redenti?" (cf. Exultet della
veglia pasquale).
15. "Godete sempre nel
Signore! Ve lo ripeto:
godete". Per ben due
volte l'Apostolo ripete
l'invito a godere, e questo
a motivo del duplice dono
della prima e della
seconda venuta del
Signore. Dobbiamo
godere perché nella prima
venuta ci ha portato le
ricchezze della
redenzione, e nella
seconda ci darà la
ricompensa e la gloria.
16. Il Signore tacque
come un agnello quando
fu condotto alla passione;
e anche ora sta in
silenzio, perché non
interviene con minacce o
castighi. È paziente,
aspetta che ognuno faccia
penitenza. Ma nel giorno
del giudizio griderà come
una partoriente, lasciando
libero corso al rammarico
sì a lungo represso. Allora
disperderà tutte le
ricchezze accumulate
iniquamente e distruggerà
il loro potere; renderà
deserti i monti e i colli,
cioè abbatterà la superbia
sia dei prelati che dei
sottoposti, e farà inaridire
ogni germe di gola e di
lussuria.
17. L'"opera del Signore"
è la creazione, la quale,
ben considerata, porta
colui che l'osserva
all'ammirazione del suo
Creatore. Se c'è tanta
bellezza nella creatura,
quanta ce ne sarà nel
Creatore? La sapienza
dell'artefice risplende
nella materia. Ma coloro
che sono schiavi dei sensi
non comprendono tutto
questo.
18. La sintesi di tutte le
cose che sono state
scritte per nostro
ammaestramento consiste
soprattutto in tre cose:
nella creazione, nella
redenzione e nel giudizio
dell'ultimo giorno. La
creazione e la redenzione
ci insegnano ad amare
Dio, l'ultimo giudizio a
temerlo, "affinché in virtù
della perseveranza e della
consolazione che ci
vengono dalle Scritture,
teniamo viva la nostra
speranza" (Rm 15,4).
19. O profondità della
divina clemenza, che va
ben oltre il fondo
dell'umana intelligenza,
perché la sua misericordia
è senza numero. Sta
scritto nel libro della
Sapienza: "Dio, avendo
tutto disposto con misura,
calcolo e peso" (Sap
11,20), non volle
rinchiudere la sua
misericordia entro queste
leggi, entro questi
termini, anzi è la sua
misericordia che tutto
racchiude e tutto
abbraccia. La sua
misericordia è dovunque,
anche nell'inferno, perché
neppure il dannato viene
punito nella misura che la
sua colpa esigerebbe.
20. Oggi sono i poveri, i
semplici, gli indotti, i rozzi
e le vecchierelle che
hanno sete della parola
della vita, dell'acqua della
sapienza salvatrice.
Invece i cittadini di
Babilonia che si ubriacano
al calice d'oro della
grande meretrice, i
sapienti consiglieri del
faraone, credete a me,
costoro sono pieni di
parole vuote.
21. Cristo è la verità. In
Cristo ci fu la povertà,
l'umiltà e l'obbedienza.
Chi si scandalizza di
queste cose, si
scandalizza di Cristo. I
veri poveri non si
scandalizzano, perché
solo essi vengono
evangelizzati, cioè nutriti
con la parola del vangelo,
perché essi sono il popolo
del Signore e le pecore
del suo pascolo (cf. Sal
94,7).
22. Come Cristo ha
accolto i ciechi per
illuminarli, gli zoppi per
farli camminare, i lebbrosi
per mondarli, i sordi per
restituire loro l'udito, i
morti per risuscitarli e i
poveri per evangelizzarli,
così noi dobbiamo
accoglierci
scambievolmente.
23. Disse l'angelo ai
pastori: "Questo sarà per
voi il segno: troverete un
Bambino avvolto in fasce
e adagiato in una
mangiatoia". Il Salvatore
viene nell'umiltà e nella
povertà. Beato colui che
avrà questo segno sulla
fronte e sulla mano, cioè
nella fede e nelle opere.
24. Come il profeta Isaia,
anche noi oggi
desideriamo che i cieli si
squarcino per poter
contemplare, visibile nella
carne, colui che è
invisibile. Si squarci il
cielo, discenda il Verbo e
di fronte a lui si dissolva
la superbia dei monti (i
grandi di questo mondo)
alla presenza della sua
umanità. Chi sarebbe
ancora così superbo, così
arrogante e pieno di sé,
se riflettesse a fondo sulla
Maestà annientata, sulla
Potenza resa debole e
sulla Sapienza che
balbetta?
25. Chi è tanto superbo,
arrogante e orgoglioso,
che, contemplando nel
presepio la Maestà
annichilita, la Potenza
diventata debolezza, la
Sapienza balbettante, non
senta il cuore fondere
come cera al fuoco?... E
chi è tanto attaccato alle
cose terrene e al denaro
che, contemplando il
Figlio di Dio avvolto in
poveri panni, adagiato in
una greppia, non senta il
desiderio di liberarsi dalla
schiavitù delle cose di
questo mondo?
26. Ieri è nato il Signore,
oggi viene lapidato il
servo; ieri il Re è stato
avvolto in fasce, oggi il
soldato è stato spogliato
della veste corruttibile;
ieri il Salvatore è stato
adagiato nel presepio,
oggi Stefano viene
portato in cielo.
Stefano s'interpreta
"regola", o "coronato",
oppure anche "che fissa lo
sguardo". Regola
dev'essere per noi il suo
esempio: "Piegate le
ginocchia" pregò per
quelli che lo lapidavano:
"Signore, non imputar
loro questo peccato" (At
7,60). Fu coronato con il
suo stesso sangue, e fissò
lo sguardo nel Figlio di
Dio: "Vedo i cieli aperti e
Gesù che sta alla destra di
Dio" (At 7,56.60).
27. "Il discepolo che
Gesù amava". Pur senza
essere nominato, con
queste parole Giovanni
viene come distinto dagli
altri, non perché Gesù
amasse solo lui, ma
perché lo preferiva agli
altri. Amava anche gli
altri, ma questo "più
intimamente". Lo gratificò
di una maggiore
tenerezza del suo amore
perché l'aveva chiamato
quando era ancora
vergine, e perché vergine
era rimasto: anche per
questo gli affidò la Madre.
E questo discepolo,
durante l'ultima cena,
posò il capo sul petto del
Signore. Fu un grande
segno di amore che lui
solo posasse il capo sul
petto di Gesù, "nel quale
sono racchiusi tutti i tesori
della sapienza e della
scienza" (Col 2,3). E
questo fatto era come il
presagio di quanto
avrebbe scritto sugli
"arcani" della divinità,
molto meglio degli altri.
28. Oggi Cristo è
benedetto e lodato nei
bambini Innocenti, che
per lui e al suo posto sono
stati oggi uccisi da Erode.
Un Bambino è cercato,
vengono uccisi dei
bambini, nei quali nasce
l'immagine, la figura del
martirio e nei quali viene
consacrata a Dio l'infanzia
della chiesa. E la chiesa
per bocca di Isaia dice:
"Chi mi ha generato
costoro? Io ero priva di
figli e sterile, espatriata e
condotta schiava: questi
chi li ha allevati? Io ero
abbandonata e sola, e
questi dov'erano?" (Is
49,21).
O strazio, o pietà! I bimbi
sorridevano alla spada
dell'uccisore e si
divertivano, i pargoletti!
Gli agnellini, come
afferrati per i piedi,
vengono condotti al
macello per essere uccisi
per Cristo. Le olive nuove
vengono portate al torchio
per estrarne l'olio. Ecco la
passione dei pargoli!
Quale il loro premio?
"Sono attorno alla mensa
del Signore, e cantano un
canto nuovo". Per le
preghiere dei santi
Innocenti, conceda questo
anche a noi, colui che è
benedetto nei secoli.
29. La giustificazione
dell'uomo si effettua in
due modi: con la propria
decisione e con
l'ispirazione divina. Il
Creatore coopera
all'azione della sua
creatura. Perciò,
nell'opera della nostra
giustificazione, egli esige
il nostro volontario
assenso. Sono necessari
sia il nostro impegno sia
la grazia divina. Invano
uno si appoggia al libero
arbitrio, se non è
sostenuto dall'aiuto
divino. Fa' dunque ciò che
tocca a te, offrendo la tua
volontà, e Dio farà quello
che a lui compete,
infondendoti la sua grazia.
30. Il Signore parla come
una madre amorosa che,
quando vuole abituare il
figlioletto a camminare,
gli mostra un pane o una
mela: "Vieni", gli dice, "e
te lo do!". E quando il
bambino si avvicina che
quasi lo prende, la madre
a poco a poco si allontana
e, sempre mostrando ciò
che ha in mano, continua
a dirgli: "Vieni, se vuoi
prenderlo!". Anche alcuni
uccelli tirano fuori dal nido
i loro piccoli e con il loro
volo insegnano loro a
volare e a seguirli
nell'aria.
La stessa cosa fa Cristo:
per indurci a seguirlo,
propone se stesso come
esempio e ci promette il
premio nel suo regno.
31. Niente è più prezioso
del tempo, e, purtroppo,
nulla si trova oggi che sia
meno apprezzato.
Passano i giorni della
salvezza e nessuno
riflette, nessuno si
preoccupa di perdere un
giorno, che non gli
ritornerà mai più. Come
non cadrà un capello dal
capo, così neppure un
istante di tempo andrà
perduto... Dice
l'Ecclesiastico: "O figlio,
abbi cura del tempo!"
(Eccli 4,23) perché è un
dono sacrosanto...
O peccatore, il Signore ti
ha concesso (imprestato)
il tempo per guadagnarti
la salvezza, e tu ti sei
appropriato del tempo che
ti è stato accordato, e
l'hai sprecato. Ma, credi a
me! Il Signore ti
richiederà ciò che è suo, e
farà giustizia. O Signore,
se tu giudicherai
severamente i giusti, che
cosa ne sarà degli
ingiusti?

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