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05/05/2021.
Ripartiamo da dove ci siamo lasciati la scorsa volta, ovvero sull’aria umida che è
questa miscela di aria che a sua volta è una miscela di gas e di vapor d’acqua,
quindi acqua allo stato gassoso, quindi è una miscela di gas con la particolarità
che il vapor d’acqua può arrivare in condizioni di saturazioni all’interno di
questa miscela, quindi la temperatura a cui questa miscela può operare può
essere tale per cui il vapore d’acqua arriva alla temperatura di saturazione alla
pressione parziale a cui si trova all’interno della miscela, ricordiamo che ci
stiamo rifacendo ovviamente al modello di Gibbs-Dalton. Allora, quali possono
essere le grandezze che caratterizzano l’aria umida? La prima è l’umidità relativa
che è il rapporto tra massa di vapore e massa di vapore in condizioni di
saturazione, quindi se ho aria a 20°C e pressione atmosferica, in quell’aria umida
ho una certa quantità di vapore, se aumento la quantità di vapore nell’aria umida
causo un aumento della pressione parziale e quel aumento della pressione
parziale, lo abbiamo già visto la scorsa volta, può avvenire e poi arrivo alla
pressione parziale di saturazione alla temperatura a cui si trova la miscela,
ricordiamo che le condizioni di saturazione sono delle condizioni ben definite,
sono quelle che vengono identificate dalla curva limite e quindi tutti i punti della
curva limite corrispondono a saturazione. Questo è il caso in cui aumentiamo la
quantità di vapore nell’aria umida al fine di poterla portare alla saturazione, il
rapporto tra quella attuale e quella che porterebbe l’aria umida in saturazione è
l’umidità relativa e quindi una umidità relativa del 100% siamo in condizioni di
saturazione quindi inizia a gocciolare, quando per esempio piove, siamo davvero
molto vicini alla condizione di 100% di umidità all’esterno ovviamente non in
casa, però con un igrometro quando piove l’umidita relativa aumenta perché
l’aria interna risente che all’esterno vi è un notevole aumento della umidità. Se
ora noi immaginiamo questa massa riferita ad un volume che sta contenendo la
nostra aria umida ed è lo stesso sia che sia la massa di vapore sia che porti quella
che porta alla saturazione, allora possiamo scrivere questo come una densità di
vapore rispetto alla densità di vapore in condizioni di saturazione:
Poiché abbiamo detto che possiamo usare l’equazione dei gas reali per
esprimere il comportamento, a questo punto possiamo scrivere che questa
relazione è pari a:
Quindi vediamo subito che questo rapporto diventa un rapporto tra pressione
parziale del vapore nelle condizioni in cui siamo e pressione parziale del vapore
nelle condizioni di saturazione. Ricordiamoci che questa pressione parziale del
vapore in condizioni di saturazioni dipende solo dalla temperatura e quindi se
siamo a 20°C la pressione di saturazione è assolutamente definita.
poi di nuovo si comportano come gas ideali e allora posso scrivere con lo stesso
procedimento di prima, ovvero usando la legge dei gas:
Il rapporto Ra*/Rv* se lo osserviamo nella tabella vista la scorsa volta vale 0,622
e quindi se noi sostituiamo quel rapporto abbiamo pressione parziale vapore su
pressione parziale dell’aria, ma ci ricordiamo che la pressione a cui opera la
miscela altro non è che la somma delle pressioni parziali e quindi al posto di P a
posso scrivere P-Pv e per me P è interessante metterla in evidenza in quanto è la
pressione a cui opera la miscela ed è anche la pressione che riesco a misurare
più facilmente, quindi può essere per esempio la pressione ambiente, invece le
pressioni parziali sono più difficili da determinare, io qui dovrei calcolarmi la
pressione parziale del vapore alla temperatura T, ma se ci ricordiamo il discorso
che abbiamo fatto con l’umidità relativa, io allora posso scrivere che:
Quindi, guardando l’ultima relazione, se io voglio calcolare il titolo devo
conoscere la temperatura dell’ambiente in cui opero, quindi quella temperatura
che misuriamo tranquillamente con un termometro o digitale o con il bulbo che
lo agito nell’ambiente facilitando lo scambio e portandolo in equilibrio con
l’ambiente, la P è la pressione ambiente non difficile da misurare e poi
dovremmo misurare l’umidità relativa che è più facile da misurare rispetto ad
una pressione parziale, perché basta avere un igrometro che mi da l’umidità
relativa dell’aria e allora posso capire quanta massa di vapore è presente.
Sicuramente ci interessano tutte le grandezze che avevamo già introdotte nel
corso come l’entalpia, l’energia interna che noi dovremmo essere in grado di
saper calcolare per caratterizzare l’aria umida, ma ve ne è una su cui spendiamo
qualche parola perché non è solo il fatto che l’entalpia è una grandezza che
abbiamo introdotto e conosciamo, ma nel caso dell’aria umida il suo calcolo è
fatto in una maniera standardizzata se vogliamo ed ha qualche approssimazione
accettabilissima. Per quanto riguarda l’entalpia il discorso può partire dicendo
che l’entalpia della miscela è l’entalpia dell’aria secca più l’entalpia del vapore:
Se io voglio calcolare quale è l’entalpia specifica della miscela per che cosa
divideremmo noi, cioè se io voglio dire che h è l’entalpia specifica della miscela,
per che cosa divideremmo H? ovviamente la massa complessiva ma+mv e quindi
diciamo che questa h è H/m dove m=ma+mv. Questo è quello che verrebbe in
mente di fare, ma qui non si fa così. Ovviamente per parlare di entalpia specifica
devo dividere una entalpia diviso una massa ma la massa che prendo in esame
non è la massa complessiva ma la massa di aria secca e quindi questo h non è
definito in quel modo, ma viene definito nel seguente modo:
Ci chiederemo il perché? Il perché è legato ad una comodità operativa, perché
quando noi andiamo a fare una misura in un condotto, noi stabiliamo una
portata e quindi una massa integrata nel tempo di aria, cioè come se fosse secca,
quindi misuro delle velocità o delle temperature e trattandola come gas perfetto
posso trovare la massa come aria e quindi non riesco a stabilire quale è il titolo
soprattutto in una misura del genere, possiamo avere altre misure con cui posso
arrivare al titolo misurando l’umidità relativa, misurandola pressione e però
normalmente le misure che possediamo sono minori in un condotto e quindi
rimane comodo legare l’entalpia di tutta la miscela alla conoscenza della massa o
portata di aria secca e quindi si adotta questo sistema. Quindi proprio per
ricordarci che questa entalpia specifica noi la riferiamo ad 1 kg di aria secca, ma
in realtà è l’entalpia di un kilo di aria secca più x chili di vapore, ovviamente
questa x sarà 0 virgola qualche cosa come abbiamo fatto notare e quindi ecco
che abbiamo scelto un modo di valutare l’entalpia specifica che sicuramente non
è quello che sarebbe avvenuto spontaneo e più logico a prima istanza e quindi è
un modo di procedere che noi utilizzeremo perché in passato è stato molto
utilizzato ed ormai il modo di pensare è indirizzato in questa direzione:
dell’aria secca. Scriviamo che, andando ad adottare questa ipotesi che ha sarà
pari ad h0+cPa*(T-T0) e quindi ad una certa temperatura io posso dire, come è
ben risaputo che l’entalpia è data da una entalpia di riferimento più la variazione
di entalpia tra la temperatura T e T0:
Per quanto riguarda il vapore, innanzitutto noi ci siamo detti che il vapore
presente nell’aria umida lo posso descrivere nel suo comportamento come se
fosse un gas ideale a tutti gli effetti, però vogliamo capire, adesso il tema risolto
ha è come invece calcolare hv, e allora siccome trattiamo di acqua andiamo a
vedere il diagramma di Mollier per l’acqua e non per l’aria umida, quindi
tracciamo la curva limite ed adesso diciamo che noi stiamo valutando l’entalpia
dell’aria umida in un certo ambiente a cui sarà a pressione Pa, quindi le
condizioni ambiente sono Pa e Ta. Il vapore di cui ci stiamo occupando,
attenzione che il diagramma fa riferimento all’acqua, come si trova in questa aria
umida che è in questo ambiente ed in queste condizioni? Si trova alla pressione
parziale del vapore Pv e alla temperatura Ta. Quindi se io volessi trovare quanto
vale l’entalpia io dovrei trovare il punto caratterizzato da P v e Ta. Se
immaginiamo che questa sia una isoterma corrispondente a Ta (nella curva
limite la trasformazione oltre
ad essere isoterma ricordiamo
essere anche isobara), ma qui
parliamo di Pv che è la
pressione a cui si trova il
vapore ed immaginiamo
questa sia la pressione
parziale Pv ed allora queste
condizioni A per il vapore
sono identificate da questo
punto.
Adesso vado a considerare un’altra situazione, quella in cui io parto qua
dall’entalpia che vale zero ed ammettiamo che sia a 0°C, quindi il punto triplo, e
facciamo avvenire tutto il cambiamento di stato che sta avvenendo a quale
pressione? Avviene alla pressione Po e temperatura To che sono quelle del
riferimento, ovvero del punto triplo. Quando sono arrivato alla curva limite ho
gas che però è a pressione Po, se adesso innalzo la temperatura del gas e seguo
la isobara, seguo questo percorso e porto il vapor d’acqua alla temperatura T a.
Allora l’entalpia che io diciamo sto cercando è questa, quella che ottengo
seguendo questo percorso, ricordiamo che la parte dall’origine alla curva limite
è il calore latente di vaporizzazione ro, ovvero la variazione di entalpia che mi fa
passare dallo stato liquido al gas, l’altra differenza di entalpia invece corrisponde
a che cosa? Qui siamo a bassa pressione, il vapore si comporta da gas ideale
perché la pressione parziale del vapore è molto bassa e allora questo lo posso
scrivere esattamente come fatto per ha, ovvero:
hv=cPv*(Ta-To) =c Pv*θ
Questo percorso che è stato rappresentato ora è un percorso che è indipendente
da questa Pv, ovvero nota la Ta il percorso è sempre lo stesso perché passo
sempre da Po e allora corrisponde alla fine a questo hv, indubbiamente i due
punti sono diversi, ma ricordiamoci che stanno su una isoterma che se
ricordiamo quando abbiamo commentando il diagramma di Mollier, quando le
pressioni sono basse le isoterme diventavano isoentalpiche perché il gas si
comportava come ideale e quindi come vediamo questi due punti sono
praticamente alla stessa entalpia e quindi vedo che ha coincide con hb e questo
cosa vuol dire? Per dare un valore ad hv posso seguire questo percorso che è
stato descritto e quindi alla fine dirò che:
hv=ro+cPv*θ.
Ora nella situazione di cui abbiamo parlato fino ad ora con il vapore presente
come gas abbiamo numero di componenti due che sono aria secca ed acqua e
numero di fasi uno
e quindi come
vediamo abbiamo
tre
Questi diagrammi di cui stiamo parlando normalmente sono due quelli più
utilizzati, qui per completezza viene citato anche quello di Muller che è entalpia-
temperatura e questo t è quello che chiamiamo theta, ma quelli più noti sono
quelli di Mollier (h,x) e Carrier (t,x). Allora quello di Mollier ha come coordinate
indipendenti entalpia e titolo e quello di Carrier temperatura e titolo. Sono tutti
e due importanti e forse oggi come oggi è più utilizzato quello di Carrier, nelle
lezioni e nelle esercitazioni siamo invitati ad usare Carrier, ma molte delle
spiegazioni che noi faremo sono fatte come Mollier, in modo da avere confidenza
con tutti e due. Vediamo come è fatto il diagramma di Mollier. Abbiamo detto che
il
e parallela a questo ipotetico asse x che non vediamo e questo quindi sono
entalpie costante.
Il diagramma finisce qui, finisce qui perché questa è la curva relativa ad umidità
relativa del 100%. Se io prendo un punto sulla curva 100% siamo già in
presenza di saturazione e quindi esiste già la gocciolina di vapore, ma oltre la
curva di saturazione non ha senso andare perché non esiste nulla, in realtà vi è
una regione subito dopo la curva che viene chiamata regione delle nebbie dove
ho anche goccioline di acqua in sospensione nell’aria, ma per noi che vogliamo
gestire l’aria umida senza che inizi a gocciolare questa parte del diagramma,
sotto l’umidità relativa del 100% non è interessante ed non è accessibile ed ecco
quindi che tutto ciò che andremo a dire sull’aria umida deve essere al di sopra di
phi=100%. Vi sono quindi tutte le curve ad umidità relativa costante (verde),
quelle blu sono le isoentalpiche e vediamo come vada di 20 in 20 e poi abbiamo
le isoterme che sono rosse tratteggiate e sembrano orizzonali ma in realtà ci
accorgiamo che sono leggermente inclinate e quindi questo è il diagramma,
quando lo prendiamo in mano è più probabile avere in mano qualcosa del
genere, dove non viene più detto di avere un’asse inclinato, leggiamo
direttamente il titolo e le linee blu leggermente inclinate sono le isoterme lungo
le quali possiamo leggere la temperatura corrispondente all’isoterma.
Per il diagramma di Carrier valgono ragionamenti analoghi ma non ha assi
inclinati, sono ortogonali e gli assi sono quelli della temperatura e quello del
titolo.
A questo punto quello che ci rimane è andare a vedere quali operazioni noi
siamo in grado di fare sull’aria umida, perché in realtà come abbiamo visto il
trattamento dell’aria umida è legata a molti processi ambientali come
essiccazione, liofilizzazione, quindi tanti processi tecnologici che richiedono il
controllo dello stato dell’aria umida. Ora il tema è come faccio ad avere aria in
quelle determinate condizioni affinché possa fare avvenire quei determinati
processi come essicazioni o come posso fare sì che le persone vivano con una
certa condizione di benessere all’interno di un locale e quindi quali sono le
trasformazioni che possiamo fare? Un po' come quando abbiamo studiato le
macchine termiche, ci siamo detti che tutto sommato le trasformazioni che
sappiamo fare sono l’isobara, l’isoterma l’adiabatica. Una domanda: ha senso
utilizzare in questo caso un termometro digitale per effettuare le misure? La
risposta diciamo che è ni, nel senso che è più difficile realizzare quella condizioni
di batuffolo di cotone che immerge il sensore, quindi dipende da come è fatto il
termometro digitale perché alcuni hanno i sensori ed allora possiamo fare le
stesse considerazioni già fatte con il termometro classico, se il termometro per
esempio è quello del cellulare, beh le cose si fanno più complicate perché che
cosa dovrei fare, dovrei avvolgere il cellulare attorno il batuffolo umido? Quindi
con strumenti più professionali come quello dei laboratori è possibile fare ciò
facilmente, certe volte questa misura veniva fatta in aula con un termometro
apposta con un termometro che aveva i due bulbi, di cui uno quello umido
avvolto in batuffolo umido che poi si faceva roteare nell’ambiente e quindi la
misura quando la si fa è sempre stata riprodotta così come raccontato, teniamo
conto che il termometro digitale oggi spesso associata alla temperatura misurata
dà l’umidità relativa e quindi è presto fatto determinare le condizioni ambientali,
perché vi è associato un igrometro. Detto questo andiamo a vedere appunto
quali sono le trasformazioni che possiamo fare sull’aria umida e ci arriviamo di
nuovo attraverso le slide.
Ora noi facciamo riferimento a questa figura. Allora la prima possibilità di
operazione che possiamo fare sull’aria umida è proprio la miscelazione di due
portate di aria umida, infatti osserviamo chiaramente come G1 e G2 sono due
portate all’ingresso si miscelano qui dentro e poi esce una portata unica. Gli
strumenti che abbiamo a disposizione per fare analisi sono sempre gli stessi
come ad esempio la conservazione della massa, attenzione essendo una miscela,
possiamo scrivere sia conservazione della massa di aria secca e sia
conservazione della massa di vapore acqueo e quindi poi primo e secondo
principio, ma a noi basta applicare il primo principio per sistemi aperti, perché
questo è un sistema aperto adiabatico che non scambia né lavoro e né calore e
quindi ha due ingressi ed una uscita e quindi se scrivo la conservazione della
massa avrò che -G1-G2+G3=0 dove questa è riferita alla conservazione della
massa di aria secca, per la conservazione della massa di vapore basta scrivere
che -G1*x1-G2*x2+G3*x3=0 e quindi è chiaro che se moltiplico la quantità di
vapore che ho per ogni chilo di aria secca e moltiplico per la portata di aria secca
alla fine ho una portata di vapor d’acqua ed infine abbiamo primo principio della
termodinamica per sistemi aperti:
Che cosa ci dice questa relazione che abbiamo trovato? Che se io mi concentro di
nuovo sul diagramma di Mollier e diciamo 1 e 2 sono rappresentati da questi
due punti, ovvero gli stati 1 e 2, il punto che corrisponde allo stato di miscela 3 è
all’interno di questo segmento, perché notiamo che quello che abbiamo trovato
altro non è che l’appartenenza di un punto ad una retta e quindi 3 sta qui dentro,
dove? In modo tale da rispettare quelle proporzioni e per poterle rispettare, se
io costruisco da due un segmento che va verso l’alto proporzionale a G1 e da 1
un segmento diretto verso il basso che è proporzionale a G2 e allora unendo i
vertici di questi segmenti mi ritrovo il punto 3 perché i triangoli che andiamo a
generare sono triangoli simili che vanno a rispettare queste proporzioni:
questi sono dei metodi grafici che ci aiutano a trovare il punto se noi sappiamo
appunto quali sono le condizioni
uno e due e le due portate che stiamo
miscelando, questo quindi per
quanto riguarda la prima operazione
che consiste nel miscelare le due
portate. Poi possiamo pensare
di compiere la umidificazione
adiabatica che è una
trasformazione molto vicina ad
una trasformazione
isoentalpica:
Vediamo qui il processo quale è? Passa dell’aria e noi iniettiamo dell’acqua fin
quando non arriviamo al cento per cento di aria umida, ovvero lo mandiamo in
saturazione ed immaginiamo che questo sistema sia anche adiabatico e quindi se
facciamo l’evidenziazzione del sistema notiamo che siamo di nuovo in condizioni
stazionarie, non abbiamo né scambio di calore e di lavoro e ne tanto meno
abbiamo variazioni di energia cinetica e potenziale e quindi possiamo scrivere
che:
E qui di nuovo abbiamo conservazione della massa, del vapor d’acqua ed il
primo principio il quale sostanzialmente mi dice che (G1 ricordiamo essere la
massa di aria secca):
Osserviamo qui che dal punto di vista della massa d’aria è automaticamente
scritta la conservazione perché la massa di aria secca che abbiamo in 1 è uguale
a quella che abbiamo in due, come appunto massa di aria secca e quindi avremo
l’espressione scritta prima. La conservazione della massa ci dice appunto che G1
è uguale G1 e la conservazione della massa di vapor d’acqua mi dice che entra
G1*x1 entra una quantità di acqua liquida spruzzata GL ed esce G1*x2, dove questa
x2 è addirittura tale da andare a umidità relativa del 100%.
Ora che cosa possiamo diciamo scrivere in questo caso? Possiamo scrivere che
G1*(x2-x1)=GL così come da primo principio troviamo che G1*(h2-h1)=GL*hL e
quindi se al posto di GL sostituiamo G1*(h2-h1), troviamo che G1*(h2-h1)=G1*(x2-
x1)*hL, semplificando i due G1 troviamo che il nostro Δh che come abbiamo visto
è molto piccolo ma noi lo assimileremo a zero, quindi come se fosse una
isoentalpica perché l’entalpia del liquido è sicuramente piccola rispetto alla
entalpia dell’aria umida e quindi come valore l’entalpia dell’aria umida possiamo
vedere quei valori sul diagramma di prima, mentre per il liquido dobbiamo
andare sulla curva limite o sulla tabella che descrive la curva limite e quindi se
prendiamo un ambiente magari di 20°C, 25°C, insomma temperature di questo
tipo ed andiamo a
vedere l’entalpia
del liquido a quella
Questo qui deriva da applicazioni del primo principio. Se noi andiamo a fare il
processo opposto, ovvero il raffreddamento, la scrittura è analoga se da uno
stato andiamo verso un altro dove la φ è minore del 100% ed è quello che viene
chiamato come raffreddamento senza deumidificazione, ovvero viene sottratto
solamente il Φ, ma non cambia assolutamente nulla con quello che abbiamo
appena visto.
Un po' più interessante, diciamo con qualche variazione rispetto a quello che ci
siamo detti è il caso del raffreddamento con deumidificazione che possiamo
guardare meglio. In questo caso abbiamo sia una portata di aria umida
contraddistinta da questa portata di aria secca G che entra, viene raffreddata ma
viene raffreddata così tanto e quindi osserviamo cosa accade nel diagramma di
Mollier, cioè io sono partito dalla situazione 1, raffreddo arrivo alla situazione
del 100% e continuo a raffreddare ed arrivo alla situazione che io chiamo 3.
Ora, è ovvio che da quando arrivo al punto 3 l’acqua condensa e quindi devo
prelevare l’acqua e rimuoverla, ma se io scrivo il primo principio che cosa trovo?
Trovo che entra la portata G di aria e la moltiplico per le condizioni dell’aria
umida nel punto 1, poi esce la portata di acqua che viene condensata per
l’entalpia del liquido ed esce sempre la portata di aria secca nelle condizioni 3 e
tutto deve essere pari a zero.
La conservazione della massa di aria secca è sempre la stessa ma posso scrivere
quella di conservazione della massa di vapore e quindi trovo che:
Quindi queste sono le due relazioni che riusciamo a scrivere facendo i bilanci che
sappiamo fare. Il punto I è dato da queste due, poi io ho fissata x a ed ha, ovvero le
condizioni ambiente e osservando
l’ambiente potrò stabilire Gv e Φ.
Quindi che cosa è che non conosco in
queste due? xI, hI ed anche G, ovvero
la portata di aria, non è detto quanta
ne devo fare girare qua e quindi ho
due equazioni e tre incongnite e
quindi non è che riesco completamente a risolvere il problema, però è ovvio che
se io scelgo diciamo hI e quindi se fisso hI, allora noi capiamo che xI in qualche
modo deve rimanere determinato, perché nel momento in cui io fisso h I, posso
calcolarmi G e ricavondomi G trovo hI. Un modo di ragionare è il seguente: se io
faccio il rapporto tra la seconda e la prima e quindi elimino G io ottengo che:
Ora, quello che ci interessa in genere è questo rapporto e quindi il punto I deve
in realtà soddisfare una certa condizione espressa sopra e quindi il punto I sta su
una retta che ha l’inclinazione pari al rapporto (hA-hI)/(xA-xI), io quindi non
posso scegliere un punto I qualsivoglia e quindi questa R è anche detta
inclinazione della retta di carico, quindi io vado a scegliere il punto I su tale retta
di carico e quindi se questo è il nostro punto ambiente, ad esempio in estate, il
punto I si trova sotto e se per A costruisco una retta con inclinazione R, qualsiasi
punto lì dentro è un potenziale punto I. Sta poi al progettista di poter decidere di
andare a temperature basse o di avere un punto I più vicino alla temperatura
ambiente. Che cosa cambia se prendo un punto più vicino o più lontano da A?
Quindi detto questo, sulla convezione siamo invece nella situazione in cui
abbiamo un trasferimento di energia legato al movimento relativo tra un fluido e
la parete di un solido normalmente e quindi la convezione viene quantificata con
una relazione molto semplice, quindi la quantità di energia termica scambiata è
pari ad un coefficiente di scambio termico convettivo, per la superfice coinvolta
per la differenza di temperatura tra superficie e fluido.
Ora la relazione è molto semplice, perché tutti gli elementi di convezione sono
concentrati su questo elemento qua, ovvero alpha perché questo è l’elemento
difficile da valutare ma da cui dipende il calcolo, perché noi abbiamo sia un
fluido che si muove, sia una parete e quindi abbiamo elementi di trasferimento
phi su superficie e quindi è una potenza termica su unità di aria, questo termine
lo usiamo per indicare una grandezza di cui ancora non abbiamo parlato, anche
perché è un artificio quello che noi andiamo a fare: noi stiamo parlando di corpo
continuo e quindi abbiamo aumentato la nostra risoluzione rispetto a quella del
corpo omogeneo, ma comunque rimaniamo a livello macroscopico di
descrizione. Vi sono degli eventi che si riescono a descrivere solo scendendo a
livello microscopico, a livello macroscopico ne avverto solo l’esistenza di quel
fenomeno ma non ne riesco a spiegarne l’esistenza, facciamo un esempio: se io
ho un solido al cui interno sono annegate tante resistenze termiche, a livello
macroscopico è come se all’interno di quel volume viene prodotta energia se non
penso alle resistenze all’interno, quindi mi viene più semplice dire che vi sono in
quel corpo dei punti nei quali viene prodotta energia, in realtà sappiamo che
l’energia non si genera e quindi non dobbiamo pensare che questo modo di dire
sottintenda che abbiamo la generazione di energia, l’energia rispetta sempre il
primo principio, quindi deriva dai fili elettrici che però io non rappresento nel
mio schema. Altro esempio interessante è quello del filo elettrico: se io studio il
filo elettrico io vedo un filo di rame, dopodiché voglio analizzare la T a cui si
porta il filo di rame che magari ha attorno un isolante e come sappiamo vi è un
massimo di amperaggio e di tensione per cui quel filo può essere utilizzato
all’interno di un certo ambito e uno dei motivi è che se faccio passare una
corrente maggiore di quella prevista il filo si scalda più del previsto e quindi
anche l’isolante potrebbe cedere e perdere la sua funzione, come faccio a
calcolare la temperatura a cui il filo si porta quando viene utilizzato? Ora noi
vedremo, ma ricordiamo che per risolvere questo problema non solo dovremo
fare riferimento ad un problema di conduzione all’interno di un sistema
cilindrico, ma dobbiamo tenere conto che a mano a mano che la corrente passa
nel conduttore abbiamo l’effetto joule, ma nella nostra rappresentazione non
abbiamo l’effetto Joule e quindi come facciamo a dire che c’è questo fatto che
mano a mano si continua, cioè per noi è come se quel calore fosse
continuamente prodotto all’interno del filo e quindi noi diremo che c’è
produzione di energia per unità di volume dovuta a qualche cosa che noi con lo
schema che abbiamo costruito non riusciamo a far vedere, ma ricordiamo bene
che l’energia non viene prodotta! Noi trasformiamo energia, l’energia
complessivamente parlando è sempre quella.
Fatto questo commento sulle grandezze, entriamo un po' più nel dettaglio del
primo metodo di trasmissione ovvero la conduzione, per poi vedere gli altri. Per
quanto riguarda la conduzione dobbiamo arrivare ad una equazione che ci
permette di descrivere che cosa succede quando io ho dell’energia che vien
trasmessa per conduzione e quindi quale è il campo di temperatura che si
instaura all’interno del corpo, o viceversa se io conosco il campo di temperatura
che si insatura all’interno del corpo. Quindi ci serve lo strumento base che si
chiama equazione della conduzione, partendo dal primo principio della
termodinamica, dove sono possibili due approcci: quello integrale in cui
l’equazione finale rimane una equazione integrale o avere alla fine una
equazione differenziale. Noi partendo dal primo principio inizieremo con una
visione integrale ma poi alla fine arriveremo ad una scrittura differenziale che è
quella che ci interessa maggiormente.
Abbiamo quindi un sistema termodinamico in cui, ricordiamo che partiamo dal
primo principio, che sta scambiando calore, ovvero il nostro Φ e quindi scrivo il
primo principio della termodinamica:
Ora per questo sistema, abbiamo che Φ il quale è dato da due contributi: Φ s sarà
quello scambiato attraverso la superficie più quel termine che è legato alla
generazione di volume, che come abbiamo detto è legata a fenomeni che non
riusciamo a spiegare con il nostro modello, ovviamente non è detto che vi sia
sempre questo ΦV, ma in una formulazione generale ne dobbiamo tenere conto,
poi molte volte diremo che questo valore non c’è.
Per quanto riguarda il lavoro delle forze interne ci sembra chiaro che la
conduzione è un fenomeno particolarmente importante nei solidi, in un corpo
solido immaginiamo che non vi siano deformazioni e quindi non abbiamo lavoro
delle forze, sicuramente non abbiamo lavoro delle forze normali e quindi quello
che era Li,r, ovvero il lavoro interno reversibile, ma se non vi è deformazione non
vi è neanche il lavoro di attrito e quindi Wi=0. Il secondo termine lo possiamo
scrivere anche come:
ma quanto vale dm/dt? Ovviamente vale zero per tutti i discorsi sulla
conservazione della massa e quindi a questo punto con questo termine Φs, noi
possiamo dire che è l’integrale sulla superficie di quel flusso di cui abbiamo
parlato che è un vettore e quindi su ogni elementino di superficie avrò una Φ s e
la normale a quella superficie e quindi questo mi rappresenta integrando su
tutta la superficie il Φs.
Ora qui abbiamo tutti integrali di volume tranne uno, ma usando il teorema della
divergenza di Gauss lo posso fare diventare un integrale di volume e quindi lo
posso scrivere come:
quindi quello che sinteticamente nella slide troviamo scritto come il prodotto di
una matrice lambda per un gradiente di temperatura T, dove T è appunto sono le
tre componenti di T ognuna per il versore ed invece affinché il prodotto sia
fattibile affinché ci dia il vettore qs deve essere scritta in questo modo, però
contiene appunto le tre componenti.
Fourier dice che nella formula di qs (vettore) si necessità il segno meno, perché
se questa è la direzione s e qui abbiamo T1 e lì T2, Φ si muove nella direzione di S
se T1>T2 e quindi dT/ds qui è negativo, mentre la direzione di Φ è positiva e
quindi devo correggere dT/ds ovviamente con un
meno.
Se adesso torniamo a quello che abbiamo scritto
prima, ovvero alla rappresentazione di prima e
quindi ritorniamo alla equazione scritta prima,
ovvero quella in forma differenziale ottenuta dal primo principio in forma
integrale, al posto di qs andiamo ad introdurre quello che abbiamo ottenuto
appena prima e quindi otteniamo che:
Bene, questa è quella che appunto chiamiamo equazione della conduzione in uno
spazio cartesiano ed è una equazione differenziale del secondo ordine ed ha le
derivate parziali e non si risolve analiticamente ed è una equazione dove la
soluzione di questa equazione è data dalla conoscenza di T in funzione di x,y,z e
del T e quindi il campo di temperatura all’interno del dominio che stiamo
analizzando e quindi risolvere questa equazione non è assolutamente cosa
immediata, per risolverla bisogna discretizzare il dominio e bisogna conoscere
anche le condizioni al contorno per poter risolvere l’equazione e quindi noi
diciamo che non andremo a risolvere l’equazione in questa forma, questo
appartiene a corsi successivi, ma a mano a mano avremo capacità di gestire
software che permettono di risolvere equazioni differenziali discretizzando il
dominio, diciamo che questo diventa solo una applicazione di questi software,
l’importante è non dimenticare il significato anche fisico che c’è dietro. Noi
andremo a scegliere dei casi in cui tale equazione si semplifica molto così da
permetterci una soluzione analitica. Se troniamo sulle slide, leggiamo che
innanzitutto l’unità di misura della conduttività è W/m*K facile da ricavare dalla
equazione.
Però prima di andare ai casi particolari, quello che ci dice questa espressione è
che non solo nelle tre direzioni può comportarsi in modo diverso ma anche da
punto a punto e quindi λx,y,z possono essere diversi da un punto ad un altro e così
via e quindi λ è funzione dello spazio e della temperatura. Se il corpo è
omogeneo, ovviamente allora λ in ogni punto deve essere lo stesso, potrebbe
comunque avere λx, λy, λz diversi, cioè comportarsi lungo le tre direzioni in modo
diverso ma essere comunque omogeneo e quindi in ogni punto è sempre uguale,
è sempre quello ed infine chiamiamo isotropo il caso in cui in tutte e tre le
direzioni si comporta allo stesso modo. Qui sono casi particolari che sono per
esempio quello della equazione di Poisson, quello della equazione di Laplace e
quello della equazione di Fourier, l’equazione di Fourier è quello che ci permette
di definire la diffusività termica che è un parametro che poi noi useremo. Ma si
parte dall’equazione scritta prima. Qui invece il fatto che oltre scrivere il
Laplaciano, possiamo non solo vederlo in coordinate cartesiane ma anche in
coordinate cilindriche: