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Lezione termodinamica.

05/05/2021.
Ripartiamo da dove ci siamo lasciati la scorsa volta, ovvero sull’aria umida che è
questa miscela di aria che a sua volta è una miscela di gas e di vapor d’acqua,
quindi acqua allo stato gassoso, quindi è una miscela di gas con la particolarità
che il vapor d’acqua può arrivare in condizioni di saturazioni all’interno di
questa miscela, quindi la temperatura a cui questa miscela può operare può
essere tale per cui il vapore d’acqua arriva alla temperatura di saturazione alla
pressione parziale a cui si trova all’interno della miscela, ricordiamo che ci
stiamo rifacendo ovviamente al modello di Gibbs-Dalton. Allora, quali possono
essere le grandezze che caratterizzano l’aria umida? La prima è l’umidità relativa
che è il rapporto tra massa di vapore e massa di vapore in condizioni di
saturazione, quindi se ho aria a 20°C e pressione atmosferica, in quell’aria umida
ho una certa quantità di vapore, se aumento la quantità di vapore nell’aria umida
causo un aumento della pressione parziale e quel aumento della pressione
parziale, lo abbiamo già visto la scorsa volta, può avvenire e poi arrivo alla
pressione parziale di saturazione alla temperatura a cui si trova la miscela,
ricordiamo che le condizioni di saturazione sono delle condizioni ben definite,
sono quelle che vengono identificate dalla curva limite e quindi tutti i punti della
curva limite corrispondono a saturazione. Questo è il caso in cui aumentiamo la
quantità di vapore nell’aria umida al fine di poterla portare alla saturazione, il
rapporto tra quella attuale e quella che porterebbe l’aria umida in saturazione è
l’umidità relativa e quindi una umidità relativa del 100% siamo in condizioni di
saturazione quindi inizia a gocciolare, quando per esempio piove, siamo davvero
molto vicini alla condizione di 100% di umidità all’esterno ovviamente non in
casa, però con un igrometro quando piove l’umidita relativa aumenta perché
l’aria interna risente che all’esterno vi è un notevole aumento della umidità. Se
ora noi immaginiamo questa massa riferita ad un volume che sta contenendo la
nostra aria umida ed è lo stesso sia che sia la massa di vapore sia che porti quella
che porta alla saturazione, allora possiamo scrivere questo come una densità di
vapore rispetto alla densità di vapore in condizioni di saturazione:

Poiché abbiamo detto che possiamo usare l’equazione dei gas reali per
esprimere il comportamento, a questo punto possiamo scrivere che questa
relazione è pari a:
Quindi vediamo subito che questo rapporto diventa un rapporto tra pressione
parziale del vapore nelle condizioni in cui siamo e pressione parziale del vapore
nelle condizioni di saturazione. Ricordiamoci che questa pressione parziale del
vapore in condizioni di saturazioni dipende solo dalla temperatura e quindi se
siamo a 20°C la pressione di saturazione è assolutamente definita.

Ora, un’altra grandezza che utilizziamo per caratterizzare lo stato dell’aria


umida è il titolo, usiamo la x come quando abbiamo parlato di titolo nel caso
delle miscele acqua vapore, però la differenza sta che il titolo qui è definito come
massa di vapore rispetto alla massa di aria secca della miscela. Quindi
ovviamente il titolo qui è sempre un numero molto piccolo perché la massa di
vapore rispetto alla massa d’aria è una quantità molto piccola rispetto alla massa
d’aria che è preponderante nell’aria umida:

Ora ricordiamo che il titolo acqua-vapore,


all’interno della curva limite era definito come la
massa di vapore presente rispetto a tutta l’acqua
presente quindi liquida più gassosa:
Ritorniamo al titolo dell’aria umida e faccio riferimento al volume che sta
contenendo l’aria umida e allora di nuovo posso scrivere:

poi di nuovo si comportano come gas ideali e allora posso scrivere con lo stesso
procedimento di prima, ovvero usando la legge dei gas:

Il risultato ovviamente è pari a (ricordiamo che Pa è la pressione parziale


dell’aria secca):

Il rapporto Ra*/Rv* se lo osserviamo nella tabella vista la scorsa volta vale 0,622
e quindi se noi sostituiamo quel rapporto abbiamo pressione parziale vapore su
pressione parziale dell’aria, ma ci ricordiamo che la pressione a cui opera la
miscela altro non è che la somma delle pressioni parziali e quindi al posto di P a
posso scrivere P-Pv e per me P è interessante metterla in evidenza in quanto è la
pressione a cui opera la miscela ed è anche la pressione che riesco a misurare
più facilmente, quindi può essere per esempio la pressione ambiente, invece le
pressioni parziali sono più difficili da determinare, io qui dovrei calcolarmi la
pressione parziale del vapore alla temperatura T, ma se ci ricordiamo il discorso
che abbiamo fatto con l’umidità relativa, io allora posso scrivere che:
Quindi, guardando l’ultima relazione, se io voglio calcolare il titolo devo
conoscere la temperatura dell’ambiente in cui opero, quindi quella temperatura
che misuriamo tranquillamente con un termometro o digitale o con il bulbo che
lo agito nell’ambiente facilitando lo scambio e portandolo in equilibrio con
l’ambiente, la P è la pressione ambiente non difficile da misurare e poi
dovremmo misurare l’umidità relativa che è più facile da misurare rispetto ad
una pressione parziale, perché basta avere un igrometro che mi da l’umidità
relativa dell’aria e allora posso capire quanta massa di vapore è presente.
Sicuramente ci interessano tutte le grandezze che avevamo già introdotte nel
corso come l’entalpia, l’energia interna che noi dovremmo essere in grado di
saper calcolare per caratterizzare l’aria umida, ma ve ne è una su cui spendiamo
qualche parola perché non è solo il fatto che l’entalpia è una grandezza che
abbiamo introdotto e conosciamo, ma nel caso dell’aria umida il suo calcolo è
fatto in una maniera standardizzata se vogliamo ed ha qualche approssimazione
accettabilissima. Per quanto riguarda l’entalpia il discorso può partire dicendo
che l’entalpia della miscela è l’entalpia dell’aria secca più l’entalpia del vapore:

Ora, ovviamente questa entalpia la posso scrivere anche come:

Se io voglio calcolare quale è l’entalpia specifica della miscela per che cosa
divideremmo noi, cioè se io voglio dire che h è l’entalpia specifica della miscela,
per che cosa divideremmo H? ovviamente la massa complessiva ma+mv e quindi
diciamo che questa h è H/m dove m=ma+mv. Questo è quello che verrebbe in
mente di fare, ma qui non si fa così. Ovviamente per parlare di entalpia specifica
devo dividere una entalpia diviso una massa ma la massa che prendo in esame
non è la massa complessiva ma la massa di aria secca e quindi questo h non è
definito in quel modo, ma viene definito nel seguente modo:
Ci chiederemo il perché? Il perché è legato ad una comodità operativa, perché
quando noi andiamo a fare una misura in un condotto, noi stabiliamo una
portata e quindi una massa integrata nel tempo di aria, cioè come se fosse secca,
quindi misuro delle velocità o delle temperature e trattandola come gas perfetto
posso trovare la massa come aria e quindi non riesco a stabilire quale è il titolo
soprattutto in una misura del genere, possiamo avere altre misure con cui posso
arrivare al titolo misurando l’umidità relativa, misurandola pressione e però
normalmente le misure che possediamo sono minori in un condotto e quindi
rimane comodo legare l’entalpia di tutta la miscela alla conoscenza della massa o
portata di aria secca e quindi si adotta questo sistema. Quindi proprio per
ricordarci che questa entalpia specifica noi la riferiamo ad 1 kg di aria secca, ma
in realtà è l’entalpia di un kilo di aria secca più x chili di vapore, ovviamente
questa x sarà 0 virgola qualche cosa come abbiamo fatto notare e quindi ecco
che abbiamo scelto un modo di valutare l’entalpia specifica che sicuramente non
è quello che sarebbe avvenuto spontaneo e più logico a prima istanza e quindi è
un modo di procedere che noi utilizzeremo perché in passato è stato molto
utilizzato ed ormai il modo di pensare è indirizzato in questa direzione:

quindi noi parleremo di questa entalpia specifica dell’aria umida di come


un’entalpia riferita alla massa di aria secca. Allora se andiamo ad applicare a
questa relazione ciò che abbiamo detto allora troviamo che l’entalpia specifica
dell’aria umida altro non è che:

A questo punto ci chiediamo come calcolare le entalpie specifiche dell’aria secca


e del vapore. Per quanto riguarda l’entalpia specifica dell’aria secca il discorso è
abbastanza banale perché sarà come qualsiasi entalpia una grandezza di stato e
qjuindi nota a mento di una costante, e quindi la trattiamo come un gas ideale e
partiamo dal fatto che dh=c P ∙ dT dove cPa è il calore specifico a pressione costante
a

dell’aria secca. Scriviamo che, andando ad adottare questa ipotesi che ha sarà
pari ad h0+cPa*(T-T0) e quindi ad una certa temperatura io posso dire, come è
ben risaputo che l’entalpia è data da una entalpia di riferimento più la variazione
di entalpia tra la temperatura T e T0:

Normalmente h0 lo mettiamo a zero e quindi considerando che questa differenza


di temperatura è corrispondente a T0 pari a 0°C, allora leggere quel T-T0 è come
leggere una temperatura in gradi centigradi che noi chiameremo θ ed allora
possiamo scrivere che:

Per quanto riguarda il vapore, innanzitutto noi ci siamo detti che il vapore
presente nell’aria umida lo posso descrivere nel suo comportamento come se
fosse un gas ideale a tutti gli effetti, però vogliamo capire, adesso il tema risolto
ha è come invece calcolare hv, e allora siccome trattiamo di acqua andiamo a
vedere il diagramma di Mollier per l’acqua e non per l’aria umida, quindi
tracciamo la curva limite ed adesso diciamo che noi stiamo valutando l’entalpia
dell’aria umida in un certo ambiente a cui sarà a pressione Pa, quindi le
condizioni ambiente sono Pa e Ta. Il vapore di cui ci stiamo occupando,
attenzione che il diagramma fa riferimento all’acqua, come si trova in questa aria
umida che è in questo ambiente ed in queste condizioni? Si trova alla pressione
parziale del vapore Pv e alla temperatura Ta. Quindi se io volessi trovare quanto
vale l’entalpia io dovrei trovare il punto caratterizzato da P v e Ta. Se
immaginiamo che questa sia una isoterma corrispondente a Ta (nella curva
limite la trasformazione oltre
ad essere isoterma ricordiamo
essere anche isobara), ma qui
parliamo di Pv che è la
pressione a cui si trova il
vapore ed immaginiamo
questa sia la pressione
parziale Pv ed allora queste
condizioni A per il vapore
sono identificate da questo
punto.
Adesso vado a considerare un’altra situazione, quella in cui io parto qua
dall’entalpia che vale zero ed ammettiamo che sia a 0°C, quindi il punto triplo, e
facciamo avvenire tutto il cambiamento di stato che sta avvenendo a quale
pressione? Avviene alla pressione Po e temperatura To che sono quelle del
riferimento, ovvero del punto triplo. Quando sono arrivato alla curva limite ho
gas che però è a pressione Po, se adesso innalzo la temperatura del gas e seguo
la isobara, seguo questo percorso e porto il vapor d’acqua alla temperatura T a.

Allora l’entalpia che io diciamo sto cercando è questa, quella che ottengo
seguendo questo percorso, ricordiamo che la parte dall’origine alla curva limite
è il calore latente di vaporizzazione ro, ovvero la variazione di entalpia che mi fa
passare dallo stato liquido al gas, l’altra differenza di entalpia invece corrisponde
a che cosa? Qui siamo a bassa pressione, il vapore si comporta da gas ideale
perché la pressione parziale del vapore è molto bassa e allora questo lo posso
scrivere esattamente come fatto per ha, ovvero:
hv=cPv*(Ta-To) =c Pv*θ
Questo percorso che è stato rappresentato ora è un percorso che è indipendente
da questa Pv, ovvero nota la Ta il percorso è sempre lo stesso perché passo
sempre da Po e allora corrisponde alla fine a questo hv, indubbiamente i due
punti sono diversi, ma ricordiamoci che stanno su una isoterma che se
ricordiamo quando abbiamo commentando il diagramma di Mollier, quando le
pressioni sono basse le isoterme diventavano isoentalpiche perché il gas si
comportava come ideale e quindi come vediamo questi due punti sono
praticamente alla stessa entalpia e quindi vedo che ha coincide con hb e questo
cosa vuol dire? Per dare un valore ad hv posso seguire questo percorso che è
stato descritto e quindi alla fine dirò che:
hv=ro+cPv*θ.

Quindi a questo punto posso unire ha ed hv ed ottenere h1+x, scrivendole in forma


estesa:
Adottando questi numeri l’entalpia dell’aria umida la si può scrivere con questa

espressione che normalmente viene utilizzata al fine di eseguire i vari calcoli:

Questa espressione se noi la guardiamo, notiamo che in un piano h-x una


isoterma, cioè theta costante è una retta e a diverse theta troviamo un fascio di
rette con un centro che possiamo facilmente calcolarci.
Bene quale è il passo successivo nello studio della psicometria? Ebbene abbiamo
calcolato il titolo, l’umidità relativa e poi dovremmo calcolarci tutte le altre
quantità quali ad esempio l’energia interna e così via, e allora vediamo che non è
agevole perché in realtà innanzitutto dobbiamo capire quanti gradi di libertà ho,
quindi quanti gradi di libertà, mi servono al fine di poter calcolare tutte le altre
quantità, ebbene se ricordiamo la regola delle fasi di Gibbs dice che il numero
delle coordinate intensive è pari a 2 più il numero di componenti meno il
numero di fasi, ovvero:

Ora nella situazione di cui abbiamo parlato fino ad ora con il vapore presente
come gas abbiamo numero di componenti due che sono aria secca ed acqua e
numero di fasi uno
e quindi come
vediamo abbiamo
tre

coordinate intensive e quindi sono tre quelle che normalmente dobbiamo


conoscere, dalla conoscenza di queste ricavo le altre, ma attraverso una serie di
relazioni che sono già subito complicate rispetto a maneggiare il gas ideale e che
quindi non richiedono una soluzione diciamo banale, infatti dovremmo scrivere
una serie di equazioni che con gli strumenti che abbiamo oggi non è una cosa
impossibile, ma in passato e comunque ancora oggi come uso più quotidiano
quello che si fa è usare dei diagrammi dove di queste tre grandezze, una è stata
assunto a priori come costante e dopodiché di queste tre grandezze ne
rimangono due come coordinate e quindi ho un piano dove posso tracciare i
valori di queste due grandezze ed il valore assunto da tutte le altre grandezze
assunte in funzione di quelle due coordinate indipendenti. Qui ovviamente viene
ricordato che nel momento in cui andiamo in saturazione e compare del liquido
ovviamente i gradi di libertà scendono a due perché le fasi sono due ora:

Questi diagrammi di cui stiamo parlando normalmente sono due quelli più
utilizzati, qui per completezza viene citato anche quello di Muller che è entalpia-
temperatura e questo t è quello che chiamiamo theta, ma quelli più noti sono
quelli di Mollier (h,x) e Carrier (t,x). Allora quello di Mollier ha come coordinate
indipendenti entalpia e titolo e quello di Carrier temperatura e titolo. Sono tutti
e due importanti e forse oggi come oggi è più utilizzato quello di Carrier, nelle
lezioni e nelle esercitazioni siamo invitati ad usare Carrier, ma molte delle
spiegazioni che noi faremo sono fatte come Mollier, in modo da avere confidenza
con tutti e due. Vediamo come è fatto il diagramma di Mollier. Abbiamo detto che
il

diagramma di Mollier, attenzione stiamo parlando di Mollier per l’aria umida e


quindi se uno mi chiede il diagramma
di Mollier o ci limitiamo a dire che è
un diagramma h-s per i diagrammi termodinamici in cui voglio rappresentare
dei cicli termodinamici, ma per l’aria umida è un diagramma con coordinate h-x,
quindi parlare solo di diagramma di Mollier è abbastanza ambiguo, è sempre
bene precisare se si parla di diagramma di Mollier per l’aria umida, oppure se si
parla di Mollier ad esempio del vapore o dei cicli termodinamici. Questo
diagramma di cui ci stiamo occupando adesso viene costruito, quindi abbiamo
detto coordinate sono h ed x, ma viene costruito prendendo l’asse h e quello x
che però non è ortogonale ma è inclinato, formando un angolo maggiore di 90°,
ma quanto inclinato? Se ci ricordiamo, nel piano h-x le isoterme risultavamo un
fascio di rette e quindi noi in questo piano abbiamo un fascio di rette ed il centro
di questo fascio è molto più lontano di come le rappresentiamo noi, quindi sono
isoterme con la temperatura che cresce verso la direzione indicata dalla freccia.
Questa inclinazione è scelta in maniera tale che l’isoterma perfettamente
perpendicolare ad h sia l’isoterma di θ=0°C. Una volta scelta così l’inclinazione il
diagramma non viene presentata in questo modo, perché l’asse delle x viene
proiettato proprio sull’asse delle temperature di 0°C e leggiamo lì il valore di x e
quindi sembra che l’asse x sia ortogonale ad h, ma da che cosa ci accorgiamo che
in realtà l’asse delle x non è ortogonale ad h? Perché nel momento in cui
cerchiamo una isoentalpica ci accorgiamo che l’isoentalpica la troviamo inclinata

e parallela a questo ipotetico asse x che non vediamo e questo quindi sono
entalpie costante.

Dopodiché l’interno di questo diagramma sono tracciate anche le linee dove


l’umidità relativa è costante.
Quindi fatte queste precisazioni, ne dobbiamo fare delle altre, ed in particolare
dobbiamo dire che sull’asse dell’entalpia h non leggiamo l’entalpia, ma essa
viene letta lungo le isoentalpiche, sull’asse troviamo solo i valori delle isoterme e
quindi leggiamo delle temperature e quindi classica confusione che uno può fare
è dire: “sì qui ho l’asse delle temperature e poi inclinato e poi qui ho l’asse delle x
che è ortogonale”, ebbene non è così. Detto questo sul procedimento riguardo a
come è costruito il diagramma di Mollier, andiamo a vederlo sulle slides. Allora
in questo ci viene ricordato il famoso asse inclinato, poi ci viene ricordato che
quello verticale è il famoso asse delle entalpie anche se poi ci vengono ricordate
lì delle temperature ed il valore di x non lo leggo lungo l’asse inclinato ma lungo
quello orizzontale ed i numeri sono molto piccoli come ovviamente già avevamo
anticipato.

Il diagramma finisce qui, finisce qui perché questa è la curva relativa ad umidità
relativa del 100%. Se io prendo un punto sulla curva 100% siamo già in
presenza di saturazione e quindi esiste già la gocciolina di vapore, ma oltre la
curva di saturazione non ha senso andare perché non esiste nulla, in realtà vi è
una regione subito dopo la curva che viene chiamata regione delle nebbie dove
ho anche goccioline di acqua in sospensione nell’aria, ma per noi che vogliamo
gestire l’aria umida senza che inizi a gocciolare questa parte del diagramma,
sotto l’umidità relativa del 100% non è interessante ed non è accessibile ed ecco
quindi che tutto ciò che andremo a dire sull’aria umida deve essere al di sopra di
phi=100%. Vi sono quindi tutte le curve ad umidità relativa costante (verde),
quelle blu sono le isoentalpiche e vediamo come vada di 20 in 20 e poi abbiamo
le isoterme che sono rosse tratteggiate e sembrano orizzonali ma in realtà ci
accorgiamo che sono leggermente inclinate e quindi questo è il diagramma,
quando lo prendiamo in mano è più probabile avere in mano qualcosa del
genere, dove non viene più detto di avere un’asse inclinato, leggiamo
direttamente il titolo e le linee blu leggermente inclinate sono le isoterme lungo
le quali possiamo leggere la temperatura corrispondente all’isoterma.
Per il diagramma di Carrier valgono ragionamenti analoghi ma non ha assi
inclinati, sono ortogonali e gli assi sono quelli della temperatura e quello del
titolo.

Anche qui possiamo leggere le diverse grandezze come l’umidità relativa,


l’entalpia e quindi noi comprendiamo che prendiamo un punto su questo
diagramma, troviamo il titolo, la temperatura del punto, poi l’umidità relativa,
l’entalpia e così via.
Ci sono all’interno di questi diagrammi alcuni punti particolari che rivestono un

interesse particolare. Se ci concentriamo su quello di Mollier, sulle slide viene


mostrato in Carrier, possiamo osservare questi punti particolari. Come
schematizziamo il diagramma di Mollier per trovare questi punti particolari?
Quello che semplicemente facciamo è di andare ad indicare h ed x sui due assi
ortogonali, anche se sappiamo che c’è tutto quel discorso dietro che abbiamo
fatto nelle pagine precedenti, e poi faccio vedere dove finisce il diagramma,
ovvero la φ e quindi questa superiormente è la regione in cui noi andiamo ad
operare e prendiamo un punto, per esempio è un punto che rappresenta le
condizioni dell’ambiente in cui siamo ed in questo ambiente posso misurare la
temperatura utilizzando un termometro, qui in particolare nel linguaggio che
utilizziamo si fa riferimento a termometri analogici e quindi con il bulbo e come
abbiamo visto immagino di portare quel bulbo in equilibrio con l’ambiente e
misuro quella che chiamerò temperatura a bulbo secco e quindi l’isoterma
sostanzialmente che passa per A è quella che io chiamo temperatura a bulbo
asciutto o secco.

Allora questa è la temperatura a bulbo secco, chiaramente secco perché è il


bulbo così come nello strumento di misura, allora noi immaginiamo di fare
questa misura, perché non è che se io prendo il diagramma in mano
automaticamente so la temperatura dell’ambiente in cui mi trovo e quindi la
temperatura la conosciamo perché l’abbiamo misurata e quindi il nostro
ambiente si trova lungo questa isoterma, ma in realtà non sappiamo quale punto
è e quindi immaginiamo che questo punto A rappresenti le nostri condizioni
ambiente, poi lo stabiliremo dopo come trovarlo, infatti la domanda è questa:
Dato il diagramma ed il termometro è possibile stabilire dove questo punto A si
trova? E la risposta è sì se facciamo le operazioni che ora dobbiamo
comprendere e quindi se noi facciamo la misura della temperatura come
abbiamo descritto, quella è quella che io chiamo temperatura a bulbo asciutto e
quindi io so che le mie condizioni ambiente stanno lungo quella isoterma e poi
dobbiamo capire di più affinché possiamo capire dove è il punto A. Se io faccio
invece una misura in cui prendo quello stesso termometro di prima, quindi con
lo stesso bulbo, ovvero lo stesso sensore, ma avvolgo il sensore su un batuffolo
di cotone bagnato e di nuovo prendo e faccio roteare il termometro in modo da
facilitare lo scambio termico con l’ambiente, allora abbiamo da un punto di vista
fisico che abbiamo aria con un vapor d’acqua all’interno ma una pressione
parziale molto piccola, abbiamo un batuffolo di cotone con acqua satura e con
pressione parziale decisamente superiore rispetto all’acqua nell’aria e quindi
questo fa sì che vi sia evaporazione, o tutta o in parte, in genere solo in parte
evapora, è difficile che asciughiamo il batuffolo. Noi ripetiamo questa operazione
affinché l’indicatore del nostro termometro non si posizioni su una posizione
costante e quindi vi è un equilibrio tra l’aria, il batuffolo di cotone ed anche il
sensore, ovvero il bulbo, che si trova ad essere posto all’interno del batuffolo di
cotone. La temperatura che io leggo in questo modo però è più bassa di quella
che leggevo quando usavo il termometro senza batuffolo, perché l’evaporazione
dell’acqua ha sottratto energia e l’ha sottratta al bulbo e quindi questo nuovo
stato di equilibrio che abbiamo descritto fra aria, batuffolo e bulbo si
contraddistingue però per una temperatura diversa e la temperatura che vado a
leggere è quella che viene chiamata temperatura a bulbo umido. Ora quindi devo
prendere l’isoterma e qui è la temperatura che ho letto, ricordiamoci che le
isoterme sono di poco inclinate l’una con l’altra.
Questa temperatura che è quella a bulbo umido è quella che ho letto ed il
sistema del batuffolo è sostanzialmente in condizioni di saturazione, allora si
può dimostrare, ma noi non lo facciamo, più avanti dimostreremo che la
umidificazione adiabatica è un processo dove l’entalpia rimane costante, ma si
può dimostrare che anche questa situazione, quella che vede l’abbassarsi della
temperatura perché sta evaporando l’acqua nel batuffolo è una trasformazione
isoentalpica e questo vuol dire che io sono partito da un certo valore di
temperatura ambiente e sono arrivato a questa nuova temperatura a bulbo
umido lungo una isoentalpica. Quindi se io misuro la temperatura bulbo asciutto
e quella a bulbo umido ecco allora che finalmente il punto A sono in grado di
determinarlo,
perché se pensiamo di percorrere operativamente le due misure, che cosa
succede? Ricostruiamo il diagramma come se fosse nella realtà, pensiamo di
avere i due termometri che mi permettono di effettuare le due misure, faccio la
prima misura con bulbo asciutto e trovo la temperatura a bulbo asciutto, poi
vado a misurare la temperatura a bulbo umido che come sappiamo viene
misurata avvolgendo il bulbo attorno ad un batuffolo bagnato di cotone e quindi
il mio ambiente deve stare sul segmento di retta superiore e deve stare anche
sulla isoentalpica che parte da questa condizione di saturazione, perché in
saturazione vi arrivo con una isoentalpica e quindi conosco Tasciutto, mi misuro
Tumido, mi muovo sulla isoentalpica affinché non trovo finalmente il punto A.
Questa temperatura, ovvero questa del punto A è quella che mi soddisfa sia la
temperatura a bulbo asciutto e sia il fatto di avere la temperatura a bulbo umido
e quindi abbiamo capito come da queste due misure di temperatura sia possibile
arrivare alla determinazione del punto ambiente.

Vi è una terza temperatura che


diciamo ha un grande
interesse e questa
temperatura è quella che caratterizza, partendo dalle condizioni ambiente e
raffreddando, se io raffreddo sto abbassando la temperatura ma non cambio la x,
quindi mi muovo in verticale e raggiungo la situazione di saturazione in cui
compare la prima goccia di liquido e questa è una situazione che abbiamo spesso
visto come quando l’aria arriva in contatto con il vetro ed immediatamente
satura, oppure perché ci siamo svegliati al mattino e vediamo sulle foglie
appunto della rugiada e proprio diciamo legato a questo secondo effetto deriva
questa temperatura definita temperatura di rugiada.

A questo punto quello che ci rimane è andare a vedere quali operazioni noi
siamo in grado di fare sull’aria umida, perché in realtà come abbiamo visto il
trattamento dell’aria umida è legata a molti processi ambientali come
essiccazione, liofilizzazione, quindi tanti processi tecnologici che richiedono il
controllo dello stato dell’aria umida. Ora il tema è come faccio ad avere aria in
quelle determinate condizioni affinché possa fare avvenire quei determinati
processi come essicazioni o come posso fare sì che le persone vivano con una
certa condizione di benessere all’interno di un locale e quindi quali sono le
trasformazioni che possiamo fare? Un po' come quando abbiamo studiato le
macchine termiche, ci siamo detti che tutto sommato le trasformazioni che
sappiamo fare sono l’isobara, l’isoterma l’adiabatica. Una domanda: ha senso
utilizzare in questo caso un termometro digitale per effettuare le misure? La
risposta diciamo che è ni, nel senso che è più difficile realizzare quella condizioni
di batuffolo di cotone che immerge il sensore, quindi dipende da come è fatto il
termometro digitale perché alcuni hanno i sensori ed allora possiamo fare le
stesse considerazioni già fatte con il termometro classico, se il termometro per
esempio è quello del cellulare, beh le cose si fanno più complicate perché che
cosa dovrei fare, dovrei avvolgere il cellulare attorno il batuffolo umido? Quindi
con strumenti più professionali come quello dei laboratori è possibile fare ciò
facilmente, certe volte questa misura veniva fatta in aula con un termometro
apposta con un termometro che aveva i due bulbi, di cui uno quello umido
avvolto in batuffolo umido che poi si faceva roteare nell’ambiente e quindi la
misura quando la si fa è sempre stata riprodotta così come raccontato, teniamo
conto che il termometro digitale oggi spesso associata alla temperatura misurata
dà l’umidità relativa e quindi è presto fatto determinare le condizioni ambientali,
perché vi è associato un igrometro. Detto questo andiamo a vedere appunto
quali sono le trasformazioni che possiamo fare sull’aria umida e ci arriviamo di
nuovo attraverso le slide.
Ora noi facciamo riferimento a questa figura. Allora la prima possibilità di
operazione che possiamo fare sull’aria umida è proprio la miscelazione di due
portate di aria umida, infatti osserviamo chiaramente come G1 e G2 sono due
portate all’ingresso si miscelano qui dentro e poi esce una portata unica. Gli
strumenti che abbiamo a disposizione per fare analisi sono sempre gli stessi
come ad esempio la conservazione della massa, attenzione essendo una miscela,
possiamo scrivere sia conservazione della massa di aria secca e sia
conservazione della massa di vapore acqueo e quindi poi primo e secondo
principio, ma a noi basta applicare il primo principio per sistemi aperti, perché
questo è un sistema aperto adiabatico che non scambia né lavoro e né calore e
quindi ha due ingressi ed una uscita e quindi se scrivo la conservazione della
massa avrò che -G1-G2+G3=0 dove questa è riferita alla conservazione della
massa di aria secca, per la conservazione della massa di vapore basta scrivere
che -G1*x1-G2*x2+G3*x3=0 e quindi è chiaro che se moltiplico la quantità di
vapore che ho per ogni chilo di aria secca e moltiplico per la portata di aria secca
alla fine ho una portata di vapor d’acqua ed infine abbiamo primo principio della
termodinamica per sistemi aperti:

Allora siamo in un caso stazionario ed adiabatico, non vi è scambi o di lavoro e


trascurabili le variazioni di energia cinetica e potenziale e quindi quello che
troviamo è questo:

Ovviamente dalla conservazione dell’aria secca troviamo che G3=G1+G2 e poi


dalla seconda possiamo al posto di G3 andare a sostituire quello che abbiamo
prima scritto e quindi:

Quindi troviamo che G1*(x3-x1)=G2*(x2-x3) e allo stesso modo operando sul


primo principio e quindi sostituendo G3 troviamo che:
Questo ci porta a calcolarci G1/G2:

Che cosa ci dice questa relazione che abbiamo trovato? Che se io mi concentro di
nuovo sul diagramma di Mollier e diciamo 1 e 2 sono rappresentati da questi
due punti, ovvero gli stati 1 e 2, il punto che corrisponde allo stato di miscela 3 è
all’interno di questo segmento, perché notiamo che quello che abbiamo trovato
altro non è che l’appartenenza di un punto ad una retta e quindi 3 sta qui dentro,
dove? In modo tale da rispettare quelle proporzioni e per poterle rispettare, se
io costruisco da due un segmento che va verso l’alto proporzionale a G1 e da 1
un segmento diretto verso il basso che è proporzionale a G2 e allora unendo i
vertici di questi segmenti mi ritrovo il punto 3 perché i triangoli che andiamo a
generare sono triangoli simili che vanno a rispettare queste proporzioni:
questi sono dei metodi grafici che ci aiutano a trovare il punto se noi sappiamo
appunto quali sono le condizioni
uno e due e le due portate che stiamo
miscelando, questo quindi per
quanto riguarda la prima operazione
che consiste nel miscelare le due
portate. Poi possiamo pensare
di compiere la umidificazione
adiabatica che è una
trasformazione molto vicina ad
una trasformazione
isoentalpica:

Vediamo qui il processo quale è? Passa dell’aria e noi iniettiamo dell’acqua fin
quando non arriviamo al cento per cento di aria umida, ovvero lo mandiamo in
saturazione ed immaginiamo che questo sistema sia anche adiabatico e quindi se
facciamo l’evidenziazzione del sistema notiamo che siamo di nuovo in condizioni
stazionarie, non abbiamo né scambio di calore e di lavoro e ne tanto meno
abbiamo variazioni di energia cinetica e potenziale e quindi possiamo scrivere
che:
E qui di nuovo abbiamo conservazione della massa, del vapor d’acqua ed il
primo principio il quale sostanzialmente mi dice che (G1 ricordiamo essere la
massa di aria secca):

Osserviamo qui che dal punto di vista della massa d’aria è automaticamente
scritta la conservazione perché la massa di aria secca che abbiamo in 1 è uguale
a quella che abbiamo in due, come appunto massa di aria secca e quindi avremo
l’espressione scritta prima. La conservazione della massa ci dice appunto che G1
è uguale G1 e la conservazione della massa di vapor d’acqua mi dice che entra
G1*x1 entra una quantità di acqua liquida spruzzata GL ed esce G1*x2, dove questa
x2 è addirittura tale da andare a umidità relativa del 100%.

Ora che cosa possiamo diciamo scrivere in questo caso? Possiamo scrivere che
G1*(x2-x1)=GL così come da primo principio troviamo che G1*(h2-h1)=GL*hL e
quindi se al posto di GL sostituiamo G1*(h2-h1), troviamo che G1*(h2-h1)=G1*(x2-
x1)*hL, semplificando i due G1 troviamo che il nostro Δh che come abbiamo visto
è molto piccolo ma noi lo assimileremo a zero, quindi come se fosse una
isoentalpica perché l’entalpia del liquido è sicuramente piccola rispetto alla
entalpia dell’aria umida e quindi come valore l’entalpia dell’aria umida possiamo
vedere quei valori sul diagramma di prima, mentre per il liquido dobbiamo
andare sulla curva limite o sulla tabella che descrive la curva limite e quindi se
prendiamo un ambiente magari di 20°C, 25°C, insomma temperature di questo
tipo ed andiamo a
vedere l’entalpia
del liquido a quella

temperatura, troviamo dei valori decisamente piccoli rispetto l’entalpia del


vapor d’acqua e dell’aria, ma ciò che è importante è che già questa differenza sia
piccola, perché di per sé il numero x2 è piccolo come già detto, si parla di
grammi/kilo di aria secca e a maggiore ragione stiamo facendo una differenza su
due punti e quindi questo incremento sarà di qualche decina di grammi su kilo e
quindi questo fa sì che questa differenza sia molto piccola tale da poter essere
trascurata e come possiamo vedere su questo diagramma di Carrier,
l’isoentalpica è quella blu e la 1-2 non è proprio una isoentalpica perché si
differenzia un pochino perché questa differenza non è proprio zero, ma si tende
ad assumerla come una isoentalpica. Quindi se sono in 1 e voglio capire come
sarà la condizione di questa aria qua, seguo la isoentalpica e poi se mi voglio
fermare ad umidità relativa del 100% o prima; quindi questo è quanto riguarda
l’umidificazione adiabatica.
Poi abbiamo il riscaldamento dove è abbastanza semplice capire in sostanza
quello che succede: qua noi abbiamo un canale dove vi è uno scambiatore e
forniamo calore all’aria e nel momento in cui io fornisco calore all’aria ho come
un Φ che entra che è ceduto dall’acqua calda all’aria che entra con entalpia h 1 ed
esce con entalpia h2 ed è sempre aria umida. Ricordiamo che G è sempre la
portata di aria secca ed ora poiché questa operazione, se la vediamo nel
diagramma di Mollier questa operazione qua, noi siamo in un certo punto e
stiamo riscaldando ovvero ci muoviamo in verticale e la x non cambia e quindi
questo h2-h1 dipende solo dalla variazione di temperatura ed infatti viene fatta
vedere qui che in prima approssimazione è possibile calcolare la temperatura in
uscita dell’aria:

Questo qui deriva da applicazioni del primo principio. Se noi andiamo a fare il
processo opposto, ovvero il raffreddamento, la scrittura è analoga se da uno
stato andiamo verso un altro dove la φ è minore del 100% ed è quello che viene
chiamato come raffreddamento senza deumidificazione, ovvero viene sottratto
solamente il Φ, ma non cambia assolutamente nulla con quello che abbiamo
appena visto.

Un po' più interessante, diciamo con qualche variazione rispetto a quello che ci
siamo detti è il caso del raffreddamento con deumidificazione che possiamo
guardare meglio. In questo caso abbiamo sia una portata di aria umida
contraddistinta da questa portata di aria secca G che entra, viene raffreddata ma
viene raffreddata così tanto e quindi osserviamo cosa accade nel diagramma di
Mollier, cioè io sono partito dalla situazione 1, raffreddo arrivo alla situazione
del 100% e continuo a raffreddare ed arrivo alla situazione che io chiamo 3.

Ora, è ovvio che da quando arrivo al punto 3 l’acqua condensa e quindi devo
prelevare l’acqua e rimuoverla, ma se io scrivo il primo principio che cosa trovo?
Trovo che entra la portata G di aria e la moltiplico per le condizioni dell’aria
umida nel punto 1, poi esce la portata di acqua che viene condensata per
l’entalpia del liquido ed esce sempre la portata di aria secca nelle condizioni 3 e
tutto deve essere pari a zero.
La conservazione della massa di aria secca è sempre la stessa ma posso scrivere
quella di conservazione della massa di vapore e quindi trovo che:

Il modo di procedere è sempre lo stesso, l’entalpia la scriviamo in quel modo, qui


posso ricavare GL e poi lo sostituisco nel primo principio e quindi io noto che se
io mi spingo fino ad arrivare al 100% di umidità relativa e quindi alla
saturazione ebbene posso continuare a raffreddare ma devo tenere conto che ho
dell’acqua liquida e la devo sottrarre, ma in queste condizioni posso portare a
saturazione la mia aria umida.
Adesso andiamo a vedere la situazione in cui andiamo a realizzare il
condizionamento dell’aria. Ricordiamo che non tutti i deumidificatori
funzionano su questi principi, alcuni hanno dei sali, una sostanza che assorbe
l’aria e delle resistenze che rigenerano quella sostanza quando è troppo satura e
quindi è troppo carica di umidità e quindi ora poi vedremo come si fa la
deumidificazione e non solo in un impianto di condizionamento vero e proprio e
quindi non solo il caso della pompa di calore che uso come climatizzatore
durante il funzionamento estivo, noi lo chiamiamo condizionatore ma non è
condiziona molto, abbassa la temperatura e basta e in quei casi se noi notiamo
che accade proprio la deumidificazione così come l’abbiamo descritta e d’estate
succede che quando ci sono delle giornate particolarmente umide, nel fan coil
alla parete li dentro vi è uno scambiatore in cui circola fluido freddo e l’aria
viene fatta passare su quel scambiatore e quindi può subire un processo
esattamente come quello visto: si raffredda, va a saturarsi, va a raffreddarsi, si
forma dell’acqua liquida che viene raccolta in appositi sistemi di raccolta della
condensa per poterla portare fuori perché poi la porto fuori e la smaltisco.
Quindi andiamo ora a questo caso che è abbastanza frequentt nella edilizia, più
che altro nel terziario, nel residenziale:

Quindi questi sistemi split o


comunque che vengono usati sia
come pompe di calori e come
frigoriferi hanno sia una unità
interna e sia una unità esterna,
invece per capirci non gestiscono
l’aria che rimane sempre in
ambiente facendola passare
su degli scambiatori.
Invece nei sistemi
condizionamento, diciamo più importanti sicuramente ospedali o anche in molti
grandi palazzi ed uffici, si hanno questi sistemi che abbinano anche il controllo
dell’aria e quindi ci sono queste canalizzazioni che portano l’aria in ambiente e la
grossa differenza che ci permette di riconoscere questo tipo di impianto è che a
parete o a soffitto trovo delle griglie o dei diffusori. Lì devo portare in ambiente
l’aria nelle condizioni giuste, affinché lì in ambiente ci siano condizioni di
benessere. Se le condizioni di benessere sono queste, io devo capire quali
condizioni che sono chiamate io devo introdurre per raggiungere le condizioni di
benessere.
Come esempio delle trasformazioni che possono essere eseguite sull’aria, qui
abbiamo un edificio o un ambiente dove voglio mantenere le condizioni indicate
con A e quindi noi sappiamo quali sono le condizioni di temperatura, quale è il
valore dell’umidità relativa che vogliamo mantenere e all’interno di questo
ambiente vi può essere produzione di vapore dovuto sia alla nostra respirazione,
o perché si cucina, o in un ambiente industriale vi possono essere produzione di
vapori per via dei vari trattamenti che si fanno e quindi i motivi per cui c’è una
produzione di vapore nell’ambiente possono essere moto diversi e noi
genericamente diciamo che vi è anche uno scambio di calore fra ambiente ed
esterno che può essere in ambo le direzione: se siamo in estate di sicuro vi sarà
un flusso termico che dall’esterno va verso l’interno e viceversa invece in
inverno. La domanda a cui dobbiamo rispondere è a quali condizioni a cui
dobbiamo introdurre l’aria in ambiente affinché l’ambiente rimanga nelle
condizioni A? Certo non posso introdurre l’aria nelle condizioni A, altrimenti
arriva il vapore, arriva il flusso termico scambiato e quindi mi sposto subito
dalla condizione ideale, per ottenere le condizioni ideali, devo partire da
condizioni diverse che io chiamo condizioni di introduzione i. Queste condizioni
di introduzione devono essere ottenute in un sistema di trattamento dell’aria
dove si prende l’aria e la si porta alle condizioni. Normalmente si prende aria
esterna, si fanno le trasformazioni che abbiamo visto e poi cerco di arrivare in
condizioni i. Siccome spesso è molto costoso portare l’aria dalle condizioni
ambiente a quelle i, io non ho tutta questa portata di poterla mettere poi tutta
all’esterno, quindi una parte la riprendo e la riporto all’unità trattamento aria e
quindi solo una quota la prendo all’esterno garantendo in questo modo dei
ricambi di aria nell’ambiente. Questa portata che arriva all’ambiente che è nelle
condizioni A si miscela con la portata che arriva dall’esterno al fine di dare
origine ad una portata di aria umida che entra nell’unità di trattamento aria
nelle condizioni M e poi l’unità di trattamento aria dovrà compiere una serie di
operazioni al fine di arrivare alle condizioni I. Questo è quello di cui stiamo
discutendo e allora prendiamoci l’immagine e facciamo l’approssimazione di
quello che succede ed incominciamo a dire che sull’ambiente, cioè quello giallo,
iniziamo a scrivere il bilancio di massa ed il primo principio dell’energia. Quindi
la portata di aria, non ci sono produzioni o sottrazioni di aria dall’ambiente e
quindi G entra e G esce, se consideriamo il caso del vapore entra la quantità G*x I,
poi la quantità Gv e poi esce la quantità G*xA e quindi:

Adesso applicando le solite ipotesi deve essere che:

Dove Φ può essere positiva o negativa a seconda se siamo in estate o in inverno


e quindi dalla prima relazione troviamo che:

Anche la stessa persona che suda


scambia vapore con l’ambiente,
oppure la persona che sta cucinando e
quindi lavorando sulla seconda relazione troviamo in sostanza che:

Quindi queste sono le due relazioni che riusciamo a scrivere facendo i bilanci che
sappiamo fare. Il punto I è dato da queste due, poi io ho fissata x a ed ha, ovvero le
condizioni ambiente e osservando
l’ambiente potrò stabilire Gv e Φ.
Quindi che cosa è che non conosco in
queste due? xI, hI ed anche G, ovvero
la portata di aria, non è detto quanta
ne devo fare girare qua e quindi ho
due equazioni e tre incongnite e
quindi non è che riesco completamente a risolvere il problema, però è ovvio che
se io scelgo diciamo hI e quindi se fisso hI, allora noi capiamo che xI in qualche
modo deve rimanere determinato, perché nel momento in cui io fisso h I, posso
calcolarmi G e ricavondomi G trovo hI. Un modo di ragionare è il seguente: se io
faccio il rapporto tra la seconda e la prima e quindi elimino G io ottengo che:

Ora, quello che ci interessa in genere è questo rapporto e quindi il punto I deve
in realtà soddisfare una certa condizione espressa sopra e quindi il punto I sta su
una retta che ha l’inclinazione pari al rapporto (hA-hI)/(xA-xI), io quindi non
posso scegliere un punto I qualsivoglia e quindi questa R è anche detta
inclinazione della retta di carico, quindi io vado a scegliere il punto I su tale retta
di carico e quindi se questo è il nostro punto ambiente, ad esempio in estate, il
punto I si trova sotto e se per A costruisco una retta con inclinazione R, qualsiasi
punto lì dentro è un potenziale punto I. Sta poi al progettista di poter decidere di
andare a temperature basse o di avere un punto I più vicino alla temperatura
ambiente. Che cosa cambia se prendo un punto più vicino o più lontano da A?

Teniamo conto che le hI sono date da queste isoentalpiche che vediamo


rappresentate sopra e quindi se io la portata è data dal termine G v*hv+Φ il quale
non cambia, diviso il salto di entalpia (hA-hI) e quindi se il salto di entalpia lo
scelgo piccolo allora scelgo un punto I più vicino ad A, tanto più mi allontano
come punto di introduzione più piccola sarà la portata con il vantaggio di avere
passaggi dell’aria più piccoli, quindi maggiore semplificazione ed economicità,
però mando in ambiente a temperatura molto più bassa, alla fine l’ambiente si
posiziona alle condizioni che io voglio, ma probabilmente questa volta l’aria che
entra è percepita molto di più dalle persone e quindi si ha una sensazione di
sconfort non proprio trascurabili e quindi bisogna mediare tra il fare canali
grandi ed andare con temperature vicine ad A e fare canali piccoli ed andare con
temperature lontane da quelle di A e quindi lì sta il ruolo dell’ingegnere. Quindi
non si risolve tutto attraverso un algoritmo, quindi qui bisogna fare delle scelte.
Una volta che abbiamo scelto il punto di introduzione che cosa accade? Come
facciamo? Immaginiamo che siamo in estate alla condizione A e E sia la
condizione esterna con temperatura maggiore ed umidità relativa maggiore, poi
ho preso la mia retta di carico ed ho scelto anche il punto I. Quindi prendo A ed E
e li miscelo, viene miscelata la portata che esce dall’ambiente con quella che
viene prelevata dall’esterno, ammettiamo che questa condizione mi porti in un
punto di miscela che noi chiamiamo M. Questo punto M, l’aria entra nell’unità di
trattamento aria e che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo raggiungere I, ma ci
siamo detti che io non posso fare quel percorso che da M vado direttamente ad I,
noi quello che sappiamo fare sono le cose che abbiamo elencato e quindi
dobbiamo raffreddare, deumidificare, fino ad arrivare al titolo che corrisponde
ad I e quindi una volta raggiunto quel punto che è a pari titolo di x effettuo un
riscaldamento.

Quindi osserviamo che è abbastanza


costoso perché ho questo Δh per
raffreddare.
Ma vi è anche un Δh per riscaldare, che
quindi vuol dire comunque energia che io
metto in gioco. Per il caso invernale invece
dobbiamo pensarci noi, ovviamente la retta
di carico nel caso invernale è inclinata in
modo opposto rispetto alla retta del caso
estivo, in quanto il calore è uscente.
Detto questo, chiudiamo sostanzialmente la parte di termodinamica. Ora
apriamo il secondo grande capitolo che è quello legato invece alla termocinetica.
Ora, nelle slide troviamo una serie di slide introduttive e discorsive, sono cose
che abbiamo già detto nel corso delle varie lezioni. Qui diciamo che abbiamo le
leggi che usiamo che sono sempre le solite così come gli strumenti a nostro
possesso. La grande differenza tra termodinamica e termocinetica sta in questo:
in termodinamica noi abbiamo sempre preteso di riuscire ad impostare il
ragionamento in modo che dal cambiamento di stato del corpo noi arrivavamo a
raggiungere le grandezze scambiate tra lavoro e calore, ma non ci siamo mai
posti il problema di come questo scambio di calore potesse avvenire. Quando noi
dicevamo qui in questa trasformazione il sistema, un fluido, riceva Q1 o Q2 non
ci siamo mai posti il problema di come facciamo a trasferire quella quantità,
come avviene quel trasferimento e cosa abbiamo bisogno in termini di
dimensioni per scambiare tot MW di flusso termico? Ovviamente quel problema
prima non ce lo siamo posti, perché l’ottica del nostro problema era diverso, ma
noi ora vogliamo capire quali sono le modalità per cui l’energia si sposta
all’interno di un corpo o tra un corpo ed un altro e per fare questo bisogna
scardinare l’ipotesi di omogeneità che non ci va più bene, anzi dovremmo
proprio andare a considerare che le diverse variabili sono grandezze di campo e
quindi espresse da grandezze che tengono conto sia della posizione e del tempo.
La parte di termocinetica è dedicata a come viene trasferito il calore e poi
concluderemo con due esempi molto utilizzati in cui queste modalità di
trasmissioni vengono utilizzati che sono alette e scambiatori. Noi abbiamo tre
modalità attraverso le quali il calore può muoversi da un corpo ad un altro e
sono la conduzione, la convenzione e l’irraggiamento. Per quanto riguarda la
conduzione vediamo che primo elemento da mettere in evidenza è che questo
trasferimento di energia termica avviene senza trasferimento di materie e
quindi l’energia termica si muove come ben sappiamo da una zona a
temperatura maggiore ad una zona a temperatura minore. Nel caso della
conduzione questo trasferimento di energia che avviene senza trasferimento
macroscopico di materia è proporzionale all’aria di passaggio che viene
attraversata da questo flusso di calore, proporzionale alla differenza di
temperatura e di inversamente proporzionale alla distanza tra i due valori di
temperatura che sto considerando.

Quindi detto questo, sulla convezione siamo invece nella situazione in cui
abbiamo un trasferimento di energia legato al movimento relativo tra un fluido e
la parete di un solido normalmente e quindi la convezione viene quantificata con
una relazione molto semplice, quindi la quantità di energia termica scambiata è
pari ad un coefficiente di scambio termico convettivo, per la superfice coinvolta
per la differenza di temperatura tra superficie e fluido.
Ora la relazione è molto semplice, perché tutti gli elementi di convezione sono
concentrati su questo elemento qua, ovvero alpha perché questo è l’elemento
difficile da valutare ma da cui dipende il calcolo, perché noi abbiamo sia un
fluido che si muove, sia una parete e quindi abbiamo elementi di trasferimento

di una quantità di moto e sia elementi di trasferimento di una energia termica e i


due sono combinati e vanno ad interagire, quindi il trasporto della quantità di
moto va ad influire sul trasporto dell’energia termica ed il trasporto dell’energia
termica va ad influire sul trasporto della quantità di moto. La difficoltà sta qua,
perché il calcolo è molto semplice.
L’irraggiamento è legato al fatto che tutti i corpi con temperatura assoluta
differente dallo zero assoluto emettono onde elettromagnetiche e quindi stiamo
parlando di onde elettromagnetiche che trasportano energia, partono da un
corpo e arrivano nell’altro, si trasmettono anche nel vuoto e quindi questa è
l’unica forma di scambio termico che può avvenire anche in assenza di materia, a
differenza di conduzione e convezione che richiedono la presenza di materia. La
questione caratterizzante l’irraggiamento è che in realtà noi proprio perché sono
onde elettromagnetiche che partono perché emesse da corpi che hanno
temperatura assoluta diversa da zero, se T1>T2 anche il corpo T2 emette onde
che raggiungono T1 e quindi esiste anche un flusso che va dal corpo T2 al corpo
T1. Questo però non contraddice quello che ci siamo detti fino ad ora, perché
non è tanto che sia l’emissione di un corpo più freddo che raggiunge il corpo più
caldo che va a scardinare il principio per cui l’energia termica non si muove
spontaneamente da un corpo freddo ad un corpo caldo ed era anche uno dei
modi con cui inizialmente era stato esposto il secondo principio, però al di là di
questa precisazione, qui l’energia che si muove è legata al bilancio netto dei
flussi che si muovono tra i due corpi, quindi a noi interessa il flusso netto, ovvero
il bilancio delle due quantità e questo sarà sempre dal corpo più caldo verso il
corpo più freddo. Quindi quanto vale questo flusso netto? Questa è una delle
cose che caratterizza questo flusso netto perché come vediamo la
quantificazione del flusso è legata alle quarte potenze delle t-emperature e
quindi a mano a mano che la temperatura del corpo si innalza l’effetto viene
risentito alla quarta potenza, ecco perché il fenomeno dell’irraggiamento è molto
più sensibile tanto più la temperatura del corpo è alta.

Rimuoviamo come già detto l’ipotesi corpo omogeneo e lo andiamo a sostituire


con l’ipotesi di corpo continuo che è un corpo dove l’ipotesi per quanto piccolo
vado a considerare l’elemento di volume in quel corpo io sempre troverò
materia e quindi la densità che possiamo definire come il limite di ΔV che tende
a zero dell’elementino di massa sul volume è sempre diverso da zero e quindi
non vi è mai un buco, un vuoto di materia, nel corpo continuo ogni punto del
dominio occupato dal nostro corpo continuo contiene materia e questa è proprio
la definizione di corpo continuo e questa è la definizione di densità che possiamo
enunciare per un corpo continuo.
In un corpo continuo le grandezze diventano delle grandezze di campo, cioè
sono funzione sia della posizione e del tempo, avremo sia grandezze scalari e
vettoriali e per ognuno di queste grandezze sia scalari che vettoriali è possibile
parlare di un gradiente spaziale che è già noto come concetto.
Le grandezze che ci interessano sono temperatura, densità di massa ed energia
interna specifica che sono tutte grandezze scalari, viceversa la velocità di una
particella è una quantità vettoriale cosi come la densità di flusso termico, questa
q è
un

phi su superficie e quindi è una potenza termica su unità di aria, questo termine
lo usiamo per indicare una grandezza di cui ancora non abbiamo parlato, anche
perché è un artificio quello che noi andiamo a fare: noi stiamo parlando di corpo
continuo e quindi abbiamo aumentato la nostra risoluzione rispetto a quella del
corpo omogeneo, ma comunque rimaniamo a livello macroscopico di
descrizione. Vi sono degli eventi che si riescono a descrivere solo scendendo a
livello microscopico, a livello macroscopico ne avverto solo l’esistenza di quel
fenomeno ma non ne riesco a spiegarne l’esistenza, facciamo un esempio: se io
ho un solido al cui interno sono annegate tante resistenze termiche, a livello
macroscopico è come se all’interno di quel volume viene prodotta energia se non
penso alle resistenze all’interno, quindi mi viene più semplice dire che vi sono in
quel corpo dei punti nei quali viene prodotta energia, in realtà sappiamo che
l’energia non si genera e quindi non dobbiamo pensare che questo modo di dire
sottintenda che abbiamo la generazione di energia, l’energia rispetta sempre il
primo principio, quindi deriva dai fili elettrici che però io non rappresento nel
mio schema. Altro esempio interessante è quello del filo elettrico: se io studio il
filo elettrico io vedo un filo di rame, dopodiché voglio analizzare la T a cui si
porta il filo di rame che magari ha attorno un isolante e come sappiamo vi è un
massimo di amperaggio e di tensione per cui quel filo può essere utilizzato
all’interno di un certo ambito e uno dei motivi è che se faccio passare una
corrente maggiore di quella prevista il filo si scalda più del previsto e quindi
anche l’isolante potrebbe cedere e perdere la sua funzione, come faccio a
calcolare la temperatura a cui il filo si porta quando viene utilizzato? Ora noi
vedremo, ma ricordiamo che per risolvere questo problema non solo dovremo
fare riferimento ad un problema di conduzione all’interno di un sistema
cilindrico, ma dobbiamo tenere conto che a mano a mano che la corrente passa
nel conduttore abbiamo l’effetto joule, ma nella nostra rappresentazione non
abbiamo l’effetto Joule e quindi come facciamo a dire che c’è questo fatto che
mano a mano si continua, cioè per noi è come se quel calore fosse
continuamente prodotto all’interno del filo e quindi noi diremo che c’è
produzione di energia per unità di volume dovuta a qualche cosa che noi con lo
schema che abbiamo costruito non riusciamo a far vedere, ma ricordiamo bene
che l’energia non viene prodotta! Noi trasformiamo energia, l’energia
complessivamente parlando è sempre quella.
Fatto questo commento sulle grandezze, entriamo un po' più nel dettaglio del
primo metodo di trasmissione ovvero la conduzione, per poi vedere gli altri. Per
quanto riguarda la conduzione dobbiamo arrivare ad una equazione che ci
permette di descrivere che cosa succede quando io ho dell’energia che vien
trasmessa per conduzione e quindi quale è il campo di temperatura che si
instaura all’interno del corpo, o viceversa se io conosco il campo di temperatura
che si insatura all’interno del corpo. Quindi ci serve lo strumento base che si
chiama equazione della conduzione, partendo dal primo principio della
termodinamica, dove sono possibili due approcci: quello integrale in cui
l’equazione finale rimane una equazione integrale o avere alla fine una
equazione differenziale. Noi partendo dal primo principio inizieremo con una
visione integrale ma poi alla fine arriveremo ad una scrittura differenziale che è
quella che ci interessa maggiormente.
Abbiamo quindi un sistema termodinamico in cui, ricordiamo che partiamo dal
primo principio, che sta scambiando calore, ovvero il nostro Φ e quindi scrivo il
primo principio della termodinamica:
Ora per questo sistema, abbiamo che Φ il quale è dato da due contributi: Φ s sarà
quello scambiato attraverso la superficie più quel termine che è legato alla
generazione di volume, che come abbiamo detto è legata a fenomeni che non
riusciamo a spiegare con il nostro modello, ovviamente non è detto che vi sia
sempre questo ΦV, ma in una formulazione generale ne dobbiamo tenere conto,
poi molte volte diremo che questo valore non c’è.

Per quanto riguarda il lavoro delle forze interne ci sembra chiaro che la
conduzione è un fenomeno particolarmente importante nei solidi, in un corpo
solido immaginiamo che non vi siano deformazioni e quindi non abbiamo lavoro
delle forze, sicuramente non abbiamo lavoro delle forze normali e quindi quello
che era Li,r, ovvero il lavoro interno reversibile, ma se non vi è deformazione non
vi è neanche il lavoro di attrito e quindi Wi=0. Il secondo termine lo possiamo
scrivere anche come:

ma quanto vale dm/dt? Ovviamente vale zero per tutti i discorsi sulla
conservazione della massa e quindi a questo punto con questo termine Φs, noi

possiamo dire che è l’integrale sulla superficie di quel flusso di cui abbiamo
parlato che è un vettore e quindi su ogni elementino di superficie avrò una Φ s e
la normale a quella superficie e quindi questo mi rappresenta integrando su
tutta la superficie il Φs.

Per quanto riguarda il Φv andiamo a prendere la generazione per unità di volume


ed integrare su tutto il volume. Per quanto riguarda l’altro termine la massa è
l’integrale di volume della densità per dv.

Ora qui abbiamo tutti integrali di volume tranne uno, ma usando il teorema della
divergenza di Gauss lo posso fare diventare un integrale di volume e quindi lo
posso scrivere come:

in du=cdT, non mettiamo cv perché nei solidi cv e cp tendono a coincidere quindi


scriviamo solo calore specifico. Ecco che allora questa equazione possiamo
trasformare in una equazione differenziale perché non solo deve essere valida
su tutto il volume ma anche su ogni singolo volumetto e quindi passiamo a
questa scrittura. Il meno davanti al gradiente va messo perché il vettore qs
notiamo essere uscente ed in termodinamica sappiamo che quanto un flusso è
uscente va con il segno meno. Quindi possiamo passare alla scrittura
differenziale:
Questa è una equazione differenziale che noi non siamo ancora in grado di
risolvere, perché in realtà abbiamo una variabile T e questo q s non è legata a T e
quindi è come se fino a questo momento sono due variabili indipendenti e quindi
è impensabile risolvere una sola equazione con incognita sia qs sia la funzione T.
Il passaggio che ci permette di risolvere questa situazione è quello di introdurre
l’ipotesi o legge di Fourier. Fourier ci dice che nel caso della conduzione, il flusso
trasmesso è uguale ad un termine che indica la proporzionalità, quel famoso
proporzionale posto all’inizio quando abbiamo introdotto la conduzione, che
non è altro che una proprietà del materiale all’interno del quale sta avvenendo la
conduzione ed è chiamato conduttività termica λ e quindi noi abbiamo λ, la
sezione come abbiamo già visto e la derivata della temperatura fatta lungo una
certa ascissa curvilinea:

Questo è quello che ci dice Fourier e lo illustra in molti modi e questo è il


messaggio che noi andiamo ad utilizzare per legare quel flusso perché
osserviamo che:

questo ovviamente è lungo una certa


coordinata S qualsiasi e se noi
andiamo a riportarla in uno
spazio cartesiano, possiamo scrivere
che qui abbiamo gradiente di T scalare una normale n:
Ora, in particolare modo questa espressione se io la penso in un sistema di
coordinate cartesiane, ricordiamo che qs è un vettore con componenti qx, qy e qz
ed in ognuna di queste direzioni sostanzialmente avrei come si propaga in quella
direzione, quindi quale è la caratteristica del materiale che permette di
propagarsi in quella direzione:

quindi quello che sinteticamente nella slide troviamo scritto come il prodotto di
una matrice lambda per un gradiente di temperatura T, dove T è appunto sono le
tre componenti di T ognuna per il versore ed invece affinché il prodotto sia
fattibile affinché ci dia il vettore qs deve essere scritta in questo modo, però
contiene appunto le tre componenti.

Fourier dice che nella formula di qs (vettore) si necessità il segno meno, perché
se questa è la direzione s e qui abbiamo T1 e lì T2, Φ si muove nella direzione di S
se T1>T2 e quindi dT/ds qui è negativo, mentre la direzione di Φ è positiva e
quindi devo correggere dT/ds ovviamente con un
meno.
Se adesso torniamo a quello che abbiamo scritto
prima, ovvero alla rappresentazione di prima e
quindi ritorniamo alla equazione scritta prima,
ovvero quella in forma differenziale ottenuta dal primo principio in forma
integrale, al posto di qs andiamo ad introdurre quello che abbiamo ottenuto
appena prima e quindi otteniamo che:

Questa è sostanzialmente quella che diventa l’equazione della conduzione e


quindi se andiamo ad esplicitare quello che abbiamo appena scritto, troviamo
che:

poi se la esplicitiamo in coordinate cartesiane, ovviamente troveremo:

Bene, questa è quella che appunto chiamiamo equazione della conduzione in uno
spazio cartesiano ed è una equazione differenziale del secondo ordine ed ha le
derivate parziali e non si risolve analiticamente ed è una equazione dove la
soluzione di questa equazione è data dalla conoscenza di T in funzione di x,y,z e
del T e quindi il campo di temperatura all’interno del dominio che stiamo
analizzando e quindi risolvere questa equazione non è assolutamente cosa
immediata, per risolverla bisogna discretizzare il dominio e bisogna conoscere
anche le condizioni al contorno per poter risolvere l’equazione e quindi noi
diciamo che non andremo a risolvere l’equazione in questa forma, questo
appartiene a corsi successivi, ma a mano a mano avremo capacità di gestire
software che permettono di risolvere equazioni differenziali discretizzando il
dominio, diciamo che questo diventa solo una applicazione di questi software,
l’importante è non dimenticare il significato anche fisico che c’è dietro. Noi
andremo a scegliere dei casi in cui tale equazione si semplifica molto così da
permetterci una soluzione analitica. Se troniamo sulle slide, leggiamo che
innanzitutto l’unità di misura della conduttività è W/m*K facile da ricavare dalla
equazione.

Λ di cui un corpo dato, cioè se mi muovo in un sistema cartesiano x, y, z e prendo


un punto del corpo che sto considerando, il corpo può offrire più o meno
resistenza alla trasmissione del calore in modo differenziato in base alle
posizioni che prendo in esame, per questo noi abbiamo parlato di λ x, λy e λz, poi
vi sono i casi particolari citati anche nella slide.

Però prima di andare ai casi particolari, quello che ci dice questa espressione è
che non solo nelle tre direzioni può comportarsi in modo diverso ma anche da
punto a punto e quindi λx,y,z possono essere diversi da un punto ad un altro e così
via e quindi λ è funzione dello spazio e della temperatura. Se il corpo è
omogeneo, ovviamente allora λ in ogni punto deve essere lo stesso, potrebbe
comunque avere λx, λy, λz diversi, cioè comportarsi lungo le tre direzioni in modo
diverso ma essere comunque omogeneo e quindi in ogni punto è sempre uguale,
è sempre quello ed infine chiamiamo isotropo il caso in cui in tutte e tre le
direzioni si comporta allo stesso modo. Qui sono casi particolari che sono per
esempio quello della equazione di Poisson, quello della equazione di Laplace e
quello della equazione di Fourier, l’equazione di Fourier è quello che ci permette
di definire la diffusività termica che è un parametro che poi noi useremo. Ma si
parte dall’equazione scritta prima. Qui invece il fatto che oltre scrivere il
Laplaciano, possiamo non solo vederlo in coordinate cartesiane ma anche in
coordinate cilindriche:

E quindi con le coordinate cilindriche possiamo pensare al filo, ma lì ci


metteremo sempre nelle condizioni in cui riusciremo a risolvere l’equazione in
maniera analitica e quindi noi rimarremo sulla visione monodimensionale
quando arriveremo a scrivere il caso. Abbiamo già detto che la soluzione che
andiamo a trovare è una soluzione numerica se andiamo a trovare l’equazione di
conduzione e ci sono delle condizioni al contorno che dobbiamo considerare, che
anche in questo caso conosciamo già, perché sappiamo che una possibilità, il
modo di porre la condizione al contorno ci è nota, posso imporre sul contorno il
valore della variabile, ovvero della T, oppure posso imporre il valore della
derivata prima, della variabile, perché ricordiamo che questo q s è legato ad un
meno lambda dT su ds, cioè rispetto alla normale sul contorno e quest’ultimo è
ancora un modo per esprimere una condizione sulla derivata, pero io metto una
condizione sulla derivata attraverso però legata al valore che la variabile assume
in quel punto e quindi sono condizioni che sicuramente abbiamo visto e ci sono
state spiegate in analisi e noi sostanzialmente utilizzeremo la prima, ovvero
Dirichlet e la terza ovvero Fourier, tanto è vero che in Fourier abbiamo messo
alpha perché quando imponiamo che un certo flusso è legato alla conduzione,
poniamo allora quella condizione al contorno.
Qui adesso ci sono alcune cose legate alla fenomenologia: la conduzione avviene
principalmente per due motivi fondamentali: l’energia vibrazionale che gli atomi
trasmettono tra l’uno e l’altro mediante questi legami pseudoelastici e quindi
dove la temperatura è maggiore l’atomo ha energia vibrazionale maggiore e
trasmette questa energia al successivo e così via, l’altra modalità di trasmissione
invece sono proprio gli elettroni liberi che invece si spostano proprio all’interno
del nostro sistema proprio come avviene per la corrente, infatti un buon
conduttore termico è anche un buon conduttore elettrico e quindi si parla in
genere di una conduzione fononiche ed una conduzione elettronica, anche se alla
fine si da il valore della conduttività complessiva. Qui abbiamo una tabella della
conduttività di alcuni materiali con un range che va da zero e qualcosa al rame
che ha una conducibilità di 400 W/mK e quindi il range della conduttività è
ampio, nelle domande a risposta multipla spesso si inserisce la domanda la
conduttività dell’isolante è compreso tra non so un centesimo, un decimo, dieci,
cento e così via, quindi almeno l’ordine di grandezza è da conoscere. Il motivo
per cui il diamante presenta un valore di conduttività davvero molto alta è
perché, così come anche le fibre di carbonio, è che hanno λx, λy, λz diversi, per
cui vi è una direzione lungo cui sono molto conduttive ed altre direzioni in cui λ
è molto basso, quindi quel valore elevato lo raggiungono in una sola direzione,
non è che diciamo in qualsiasi direzioni solleciti il materiale trovi quel valore.

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