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Microbiologia

di Filice
Generalità
I microrganismi sono batteri, protozoi, funghi, virus, prioni e parassiti (elminti e metazoi).
Si distinguono:

 Posseggono una parete cellulare rigida


Batteri tipici  Esprimono annessi esterni (es. flagelli, pili)
 Riproducono per scissione binaria
Come micoplasmi, clamidie e rickettsie
Procarioti
 Sono privi di elementi strutturali o
Batteri atipici
metabolici condivisi dalla maggior parte
degli altri batteri
Archeobatteri Sono batteri ancestrali
Se unicellulari vengono definiti lieviti, se
pluricellulari muffe
Funghi  Generalmente sono saprofiti
Eucarioti  Producono spore
 Riproducono per via sessuale o asessuale
Protozoi
Alghe

Flora residente
I soggetti sani vivono in armonia con la maggior parte dei microrganismi che colonizzano la pelle o
gli organi non sterili del corpo: si dice che si sviluppa una relazione di commensalismo.
Per microbiota si intende la popolazione di microrganismi che colonizzano un luogo.
Il microbioma è invece l’insieme di genomi del microbioma. Il core del microbioma è uguale nel
95% degli individui.
Si distingue un microbioma secondario, prodotto dalla singolarità di ogni individuo.

Infatti, i fattori ambientali, come la dieta, l’uso di antibiotici e le condizioni igienico-sanitarie,


influenzano il tipo di flora residente di un dato soggetto, per questo la flora varia continuamente.
Comunque, se transitoriamente alterata, di solito si ricostituisce prontamente.
Tuttavia, l’uso prolungato di antibiotici, il ricovero ospedaliero e l’indebolimento del sistema
immunitario possono portare alcuni microrganismi a proliferare e causare una malattia.
Le ferite o talvolta gli interventi chirurgici possono consentire alla flora residente di entrare in
aree in cui la presenza di batteri non è prevista e causare infezioni. Esistono infatti:

 patogeni obbligati, come Mycobacterium tuberculosis, Neisseria gonorrhoeae e


Plasmodium, che determinano sempre malattia
 patogeni opportunisti, come Staphylococcus aureus, Escherichia coli e Candida albicans,
che non producono malattia se confinati nel loro ambiente abituale
Normalmente vie aeree inferiori, fegato, milza, pancreas, reni, vescica, utero e testicoli, sangue e
SNC rappresentano le zone sterili del corpo.
Le zone abitate da flora sono:

Rappresenta un ambiente ostile per via Staphylococcus aureus


del pH debolmente acido, delle Staphylococcus epidermidis
ghiandole sudoripare che secernono Corinebatteri
Cute
NaCl, delle ghiandole sebacee che Propionibacterium acnes
secernono sebo e del fatto che è asciutta
(i batteri preferiscono zone umide)
Stafilococchi
Pneumococco
Occhi
Lacrime e saliva contengono lisozima e Corinebatteri
immunoglobuline. Propionibacterium
Gli occhi possono essere colonizzati da Staphylococcus aureus
Neisseria gonorrhoeae e Chlamydia Staphylococcus epidermidis
Bocca e naso trachomatis e determinare malattia Streptococcus mutans (su
denti e gengive, causa carie)
Pneumococco
Viene colonizzato solo transitoriamente.
Esofago
Infezioni esofagee coinvolgono Candida spp e Herpes simplex
Produce HCl e pepsinogeno. Per questo motivo rappresenta un ambiente
ostile per quasi tutti i batteri.
Sopravvivo solo piccole quantità (103-105 per grammo di contenuto) di
Stomaco
acido tolleranti, come i batteri che producono acido lattico (Lactobacillus
e Streptococcus spp).
Solo Helicobacter pylori può determinare malattia.
Tenue È colonizzato da anaerobi (108-1010 per grammo di contenuto)
Sono presenti 1011 batteri per grammo di contenuto, che competono per i
nutrienti con eventuali patogeni e sintetizzano vitamina K.
Crasso È colonizzato da
 anaerobi come Bacteroides, Clostridium e Lactobacillus
 aerobi come Escherichia coli
Può essere colonizzata da batteri fecali Staphylococcus spp
Uretra anteriore come E. coli che possono provocare una Streptococcus spp
malattia Lactobacillus
Può essere colonizzata da Neisseria
Vagina gonorrhoeae, Candida albicans e Candida
glabrata

I postulati di Koch (vedere Meccanismi di patogenesi) sono basati sul concetto di causa/effetto tra
organismo e malattia. Solo dopo si è scoperto che nella malattia si riconoscono sia cause
endogene che esogene.

I batteri intestinali scindono carboidrati complessi per fornire acidi grassi a catena corta. Più sono
efficienti, più permettono di assimilare i nutrienti. Nella flora intestinale normale dei pazienti
obesi sono state rilevate quantità significative di Acinetobatteri, Bacteroides e Firmicutes.
Morfologia batterica
Mediamente i batteri hanno un diametro di 1 micron, tranne quelli del genere Clamidia (0,5
micron) e Rickettsia (0,1 micron).
Possono essere classifica in base:

 al terreno di coltura in cui crescono


 alla forma
o cocchi (sferici)
o bacilli (bastoncellari)
o spirochete (a spirale)
 alla presenza di antigeni caratteristici (tramite sierotipizzazione)
 al materiale genetico: la PCR può individuare sequenze altamente conservate (che
caratterizzano una famiglia o un genere) e sequenze variabili (tipiche di una specie o una
sottospecie)
Sono avvolti da una membrana plasmatica caratterizzata dall’assenza di steroli (tranne che nei
micoplasmi) e dalla presenza di enzimi che garantiscono: processi biosintetici, il trasporto di
elettroni, la fosforilazione ossidativa.
La membrana plasmatica contiene il mesosoma, un’invaginazione che rappresenta il punto di
ancoraggio e duplicazione del cromosoma batterico.

La parete cellulare
 impedisce lo shock osmotico, che altrimenti si verificherebbe per il rapporto
superficie/volume
 essendo rigida, determina la forma del batterio
 è mitogena, cioè induce la mitosi dei linfociti
 interferisce con la fagocitosi
 agisce da barriera per macromolecole idrofobiche come i sali biliari
Il componente principale della parete batterica è il peptidoglicano: è formato da un reticolo rigido
fatto da catene polisaccaridiche lineari unite da legami crociati peptidici, che comprendono:

 legami β 1-6: uniscono N-acetilglucosamina con altra N-acetilglucosamina appartenente a


filamenti paralleli
 legami β 1-4: uniscono N-acetilglucosamina a N-acetilmuramico (questi legami sono
attaccati dal lisozima. Il lisozima, in questo modo, indebolisce il reticolo del peptidoglicano
e rende la cellula suscettibile allo shock osmotico)
Quindi le catene glucidiche del peptidoglicano sono composte da N-acetilglucosamina e N-
acetilmuramico.
L’N-acetilmuramico è legato a un tetrapeptide insolito:

 ha AA sia destrogiri che levogiri


 è prodotto per via enzimatica anziché da un ribosoma
 il 3^ AA è sempre diaminico
 il 4^ AA è sempre D-alanina
La sintesi di peptidoglicano avviene in 5 fasi:
1. glucosamina + uridina trifosfato (UTP) → acido N-acetilmuramico + uridina difosfato (UDP)
2. viene assemblato il precursore UDP - acido N-acetilmuramico - pentapeptide
3. il precedente precursore viene associato al bactoprenolo, quindi l’UDP diventa uridina
monofosfato e l’N-acetilglucosamina resta associato al bactoprenolo
4. il bactoprenolo trasporta il precursore dal citoplasma all’esterno della cellula e viene riciclato
(la bacitracina blocca questo riciclo)
5. avviene la formazione del reticolo tramite la reazione di transpeptidazione (l’AA in 3^
posizione lega l’AA in 4^ posizione grazie all’enzima transpeptidasi e la D-alanina viene
rilasciata in 5^ posizione catalizzato da DD-carbossipeptidasi)
Transpeptidasi e DD-carbossipeptidasi sono detti proteine leganti le penicilline (PBP) perché
costituiscono i bersagli della penicillina.
La vancomicina interagisce con la D-alanina terminale impedendone l’eliminazione e quindi
interferendo con la formazione dei ponti.

Altre componenti della parete cellulare sono:

 gli acidi teicoici, ovvero dei polimeri di glicerolo o ribitolo (deriva dalla riduzione del ribosio
o del ribulosio) legati tramite un gruppo fosfato.
I suoi gruppi –OH legandosi a zuccheri, colina o D-alanina formano epitopi (porzione di
antigene che lega un anticorpo specifico). Gli epitopi permettono di identificare il
sierotipo batterico.
Agiscono anche da recettori e sono dei fattori di virulenza perché promuovo l’adesione.
 gli acidi lipoteicoici sono strutturalmente identici agli acidi teicoici. La differenza è che
possiedono un acido grasso che li ancora alla membrana. Hanno attività endotossica e
pertanto è capace di stimolare l’immunità innata.
Come gli acidi teicoici agiscono anche da recettori e promuovono l’adesione cellulare.
 lipopolisaccaride (LPS, anche detto endotossina): è un fattore di virulenza tipico dei batteri
Gram negativi.
È costituito da tre porzioni:
o lipide A: è un disaccaride di glucosamina fosforilata.
È responsabile della tossicità del LPS. È identico in batteri affini
o polisaccaride del core: è uguale per ogni specie.
È necessario per la struttura del batterio e per la sua vitalità
o antigene O: non tutti lo hanno, ma quando presente permette di distinguere i
sierotipi (ceppi) di una specie batterica

Il rilascio di LPS stimola la risposta innata:

 se rilasciato in modeste quantità può provocare febbre


 se rilasciato in grandi quantità può attivare la via alternativa del complemento,
determinare la produzione di anafilotossine (come C3a che viene scisso da C3) e causare
vasodilatazione e aumento della permeabilità capillare, il che a sua volta può determinare
la reazione di Shwartzman, quindi a coagulazione intravascolare disseminata

Colorazione di Gram
È una colorazione differenziale, in quanto utilizza più di un colorante per differenziare le strutture.
Prima di tutto le cellule vengono fissate, poi si usa il primo colorante (cristal-violetto), che colora
indistintamente in blu le componenti acide della parete di tutti i batteri, quindi si fa uso di un
decolorante a base di acetone. A questo punto i Gram + rimarranno colorati di blu, mentre i Gram
negativi verranno decolorati. Per mettere in evidenza i Gram – si fa uso di un secondo colorante,
come la fuxina o safranina, che li colora in rosso.
I batteri Gram + e Gram – differiscono per la permeabilità:

 i Gram + resistono alla decolorazione perché posseggono uno strato spesso di


peptidoglicano
 i Gram – sono suscettibili all’acetone perché lo strato di peptidoglicano è molto sottile
Più in particolare, i Gram + hanno una parete multistrato con uno spessore di 15-50 nm, costituita
da peptidoglicano, acidi teicoici, acidi lipoteicoici e polisaccaridi complessi (denominati
polisaccaridi C): durante un’infezione da Gram + queste componenti della parete vengono
rilasciate e stimolano la febbre.
I Gram – presentano una parete bistrato:

 un sottile strato di peptidoglicano (mancano l’acido lipoteicoico e teicoico ma sono


presenti polisaccaridi)
 una membrana esterna, asimmetrica e stratificata, che agisce da barriera di permeabilità
grazia alla presenza di porine
o il foglietto interno contiene FOS
o il foglietto esterno contiene il lipopolisaccaride
o fra i due foglietti si distingue uno spazio periplasmatico, che contiene enzimi
idrolitici e fattori di virulenza (ialuronidasi, collagenasi, beta-lattamasi) se il batterio
è patogeno
I micobatteri non sono né Gram + né Gram – perché la parete è costituita da uno strato
intrecciato di peptidoglicano circondato da cere, sulfolipidi e fattore cordale (quest’ultimo è un
fattore di virulenza per Mycobacterium tuberculosis e deriva dagli acidi micolici).
Questi batteri sono detti acido resistenti perché il colorante è respinto dai grassi e dalle cere, per
cui è possibile colorarli solo con il metodo di metodo di Ziehl-Neelsen (o dell’acido resistenza).
Tra questi batteri si annoverano: il Mycobacterium tuberculosis, il Mycobacterium leprae (agente
eziologico della lebbra), il Mycobacterium bovis (tubercolosi nei bovini) e i micobatteri non
tubercolari (detti anche atipici).
Altre strutture (capsula, spore):
 È incostante, ma può essere presente sia su Gram + che su Gram –
Capsula
 Consiste di uno strato proteico o polisaccaridico
 È scarsamente antigenica, questo conferisce al batterio mimetismo
immunitario
 Ha attività antifagocitaria
 È un importante fattore di virulenza, perché favorisce l’adesione ai
tessuti dell’ospite
 Agisce da barriera alle molecole idrofobiche tossiche per il batterio
Sono strutture elicoidali costituite da flagellina, che offrono mobilità alla cellula,
Flagelli permettendo ai batteri di muoversi per chemiotassi verso i nutrienti o lontano
da sostanze tossiche
Sono strutture lineari più piccole dei flagelli, costituite da pilina e generalmente
codificate da un plasmide.
Promuovono l’adesione del batterio perché le loro punte possono contenere
Pili o fimbrie lectine che si legano a zuccheri come il mannosio.
Si distinguono pili sessuali (pili F) che consentono la coniugazione batterica,
ovvero lo scambio di informazioni genetiche fra un batterio donatore e uno
ricevente

I batteri possono produrre una matrice polisaccaridica denominata biofilm che riveste l’intera
colonia batterica e rappresenta un vantaggio per la crescita perché li protegge

 da enzimi degradativi e da cambiamenti di pH


 dagli agenti antimicrobici
 dal complemento
Permette inoltre di invadere ampie zone di mucosa (le infezioni polmonari da Pseudomonas
aeruginosa sono ostiche anche per questo) e fasce connettivali intermuscolari.

In condizioni ambientali avverse, come la mancanza di nutrienti, i batteri Gram + possono essere
sporigeni. I batteri Gram – non sono mai sporigeni.

La spora è una struttura disidratata caratterizzata da un metabolismo estremamente ridotto e


scarsissimo citoplasma che ha:

 un rivestimento esterno proteico simile alla cheratina


 due strati di peptidoglicano
 una membrana interna
 uno spazio interno contenente una copia del cromosoma e caratterizzato da un’elevata
concentrazione di ioni calcio
Naturalmente conserva i meccanismi di sintesi proteica, altrimenti non potrebbe ritornare allo
stato vegetativo.
Questa struttura multistratificata resiste per anni a raggi gamma, al calore e alla penetrazione di
sostanze estranee.
Il passaggio dallo stato vegetativo allo stato dormiente prende il nome di sporulazione, dura 6-8
ore e prevede 3 fasi:
1. vengono trascritti gli mRNA sporali mentre altri mRNA vengono spenti e contestualmente
eliminate le tossine e gli antibiotici
2. viene duplicato il cromosoma, in modo tale che una delle due copie venga circondata dalla
membrana interna, da un primo strato di peptidoglicano, da quella che era la membrana
plasmatica (ora membrana del setto), dalla corteccia (ovvero un altro strato di
peptidoglicano) e da un ultimo strato di proteico simile alla cheratina
3. liberazione della spora
Il processo inverso è detto germinazione. Dura 90 minuti e solitamente è stimolato da
sollecitazioni meccaniche, pH favorevole o calore. Richiede acqua e un nutriente attivante.
Prevede anche qui tre fasi:

 una prima fase in cui la spora assume acqua


 una seconda in cui la spora si gonfia
 una terza in cui perde i rivestimenti esterni e produce una cellula vegetativa
La sterilizzazione elimina le spore. La disinfezione no!
Patologie trasmesse da spore sono: il Bacillus anthracis, il Clostridium tetani, il Clostridium
botulinum e il Clostridium perfringens (agente eziologico della gangrena gassosa).
Metabolismo batterico
Se i batteri usano la CO2 come sorgente di carbonio sono detti autotrofi. Se usano il carbonio
proveniente da composti organici, eterotrofi.
I batteri patogeni ricavano energia dal metabolismo di zuccheri, grassi e proteine. Necessitano
inoltre, come tutti i batteri, di acqua, azoto e ioni vari.
Alcuni batteri hanno bisogno di ossigeno, per altri la presenza di ossigeno è addirittura dannosa:

 gli aerobi obbligati, come Mycobacterium tuberculosis, ricorrono alla fosforilazione


ossidativa, quindi necessitano di ossigeno
 gli anaerobi obbligati, come Clostridium tetani, ricorrono solo alla fermentazione. Sono
inoltre privi di enzimi come catalasi e perossidasi, per cui vengono facilmente eliminati
dall’acqua ossigenata
 gli aerobi facoltativi sopravvivono in presenza di ossigeno, però non è necessario per la
loro sopravvivenza dato che possono ricorrere sia alla fermentazione, sia alla fosforilazione
ossidativa

La fosforilazione ossidativa richiede energia: se deriva dal Sole i batteri sono detti fotosintetici, se
deriva dall’ossidazione di alcuni substrati chemiosintetici.

La respirazione cellulare è detta

 aerobia se l’accettore finale della catena di trasporto di elettroni è l’ossigeno


 anaerobia se invece è un nitrato, un solfato o un fumarato
La divisione batterica dipende fortemente dalla sintesi di peptidoglicano, al punto che l’inibizione
di quest’ultimo processo inibisce il primo.
Nella crescita batterica si possono distinguere 4 fasi:

1. fase di latenza: i batteri aumentano di volume, ma non di numero


2. fase esponenziale: i batteri si moltiplicano con un tempo di duplicazione che dipende dal
ceppo e dall’ambiente. Vige l’equazione: Nt = N0 2n
3. fase stazionaria: la crescita si interrompe per la mancanza di metaboliti e l’accumulo di
sostanze tossiche
4. fase di morte: riduzione lineare del numero di cellule vitali
Fattori che influenzano la crescita batterica sono:

 la temperatura
o psicrofili (fra -5 gradi e 20 gradi) e psicrofili facoltativi (0-35 gradi)
o mesofili: crescono bene a temperatura ambiente, qui rientrano i patogeni
o termofili (45-80 gradi) e ipertermofili (tra 80 e 115)
 l’ossigeno (come si è visto, si distinguono aerobi obbligati, anaerobi obbligati e aerobi
facoltativi)
 il pH
 la pressione osmotica (quella dell’ambiente deve essere preferibilmente minore alla
propria, ciò favorisce l’ingresso di acqua)
Genetica batterica
Elementi genetici presenti nei procarioti sono:

 per il 50% è finalizzato a


 è unico meccanismi di resistenza e
 è libero nel citoplasma patogenicità
 è circolare  per il 20% ha funzioni metaboliche
Cromosoma  è superavvolto (per  per il 10% ha funzioni di trasporto
questo è importante la  per il 10% regola la replicazione
DNA girasi)  per il 5% ha un ruolo strutturale
 è privo di istoni  per il 5% è dedito alla sintesi
proteica
 sono elementi genetici extra cromosomici
 si replicano in maniera indipendente
 codificano per informazioni che conferiscono un vantaggio di
crescita (es. plasmidi R, che contengono geni di resistenza)
Plasmidi
 alcuni, i plasmidi F, mediano la coniugazione
 non tutti i plasmidi possono coesistere nella stessa cellula batterica,
per questo quelli che ci riescono fanno parte dello stesso gruppo di
compatibilità
Sono detti mobili perché sono in grado di trasferire il DNA da un punto
all’altro dello stesso genoma o tra due cromosomi diversi
 quelli più semplici sono detti sequenze di inserzione e contengono
solo le informazioni necessarie per il trasferimento
 quelli più complessi presentano anche altri geni, che possono
Elementi genetici
conferire al batterio resistenza e fattori di virulenza
trasponibili
In entrambi i casi il movimento è casuale. La trasposizione è mediata da
trasposasi.
 Sono elementi trasponibili anche gli elementi invertibili, i quali
codificano per l’enzima DNA-invertasi che permette loro di ruotare
di 180 gradi

I batteri possono contenere anche il materiale genetico proveniente dai batteriofagi: sono virus
che infettano i batteri e possono determinarne la morte immediatamente per lisi (infezione litica)
o prima integrando il proprio genoma in quello dell’ospite (infezione lisogenica) e lasciare che il
batterio si moltiplichi, per poi provocarne la lisi in un secondo momento.

Meccanismi di ricombinazione
Si distinguono 3 meccanismi di ricombinazione batterica:

 la coniugazione, ovvero il trasferimento unidirezionale di DNA tramite contatto cellula-


cellula da un batterio donatore detto F+ a un batterio accettore detto F-, che, quando
riceve il materiale genetico, diventa anch’esso F+.
Nei batteri Gram – il contatto è mediato dal pilo sessuale (questa è una prerogativa dei
soli batteri Gram –), mentre i Gram + secernono all’esterno molecole di adesione che
portano all’aggregazione fra batteri F+ ed altri F- (senza ricorrere al pilo che non c'è).
Siccome il DNA trasferito è a singolo elica, deve essere replicato e ciò avviene seguendo il
modello della replicazione a cerchio rotante
 la trasformazione: acquisizione dall’ambiente di DNA esogeno proveniente da batteri
lisati. Affinché ciò avvenga il batterio deve essere competente (la competenza per i Gram +
avviene solo verso la fine della fase logaritmica di crescita, mentre per i Gram – nell’intera
fase di crescita)
 la trasduzione: trasferimento di materiale genetico tramite un fago
Sterilizzazione, disinfezione, antisepsi
La sterilizzazione consente l’azzeramento della carica microbica.
La disinfezione prevede l’eliminazione della gran parte dei patogeni, ma non permette
l’eliminazione delle spore. Sterilizzazione e disinfezione non sono la stessa cosa.
Si distinguono sterilizzanti fisici da sterilizzanti chimici:

È uno strumento che utilizzando il vapore sotto


pressione permette di raggiungere temperatura tali
Autoclave
(121-132 gradi per un’ora) da denaturare le proteine
(calore umido,
microbiche.
tramite acqua)
Bisogna fare attenzione a non creare sacche d’aria, che
bloccherebbero la penetrazione del vapore
Non facendo uso di acqua, bisogna usare temperature
Calore secco più alte (160-170 gradi) perché l’aria conduce meno
Sterilizzanti fisici
efficacemente il calore
Fa utilizzo di filtri HEPA, che tuttavia lasciano passare
Filtrazione virus e batteri di piccole dimensioni, per cui non
permettono una sterilizzazione completa
Sono efficaci contro tutti i microbi, ma sono poco
Radiazioni UV
penetranti: non attraversano la superficie
Radiazioni Rappresentano il gold standard in materia di
ionizzanti sterilizzazione medica
È il più usato. Determina l’alchilazione dei gruppi
Ossido di
reattivi essenziali: in questo modo blocca i processi
etilene
metabolici. È cancerogeno per l’uomo
Il suo utilizzo è limitato alla sterilizzazione dei filtri
Formaldeide
HEPA. Se solubilizzata in acqua dà luogo alla formalina.
gassosa
Molto tossica
Viene utilizzato per sterilizzare strumenti. Se usato in
Perossido di
combinazione con gas plasma vengono prodotti
idrogeno
radicali liberi reattivi
Sterilizzanti chimici Acido Poco usato. È un agente ossidante. I suoi prodotti finali
peracetico non sono tossici (acido acetico e ossigeno)
Poco usata. È meno tossica rispetto la formaldeide, ma
Glutaraldeide
può comunque provocare ustioni
Elimina qualunque microbo. È utilizzato per smaltire i
Incenerimento
rifiuti ospedalieri
Prevede una doppia ebollizione (la prima fa subire alle
spore shock termico e quindi germinazione, la seconda
Tindalizzazione
permette di eliminare i batteri derivati da
germinazione delle spore)

La bollitura non permette la sterilizzazione. Ha permesso la diffusione dell’HCV.


I disinfettanti vengono distinti in base alla loro efficacia germicida:
 Trattamenti con calore umido
Permettono di ledere anche le  Glutaraldeide
Disinfettati ad
spore. Vengono usati su oggetti  Perossido di idrogeno
alto livello
necessari per procedure invasive  Acido peracetico
 Composti del cloro
 Alcoli (scarsamente attivi sulle
spore, molto efficaci contro i
Sono usati per pulire le superfici o
virus inviluppati)
Disinfettanti a strumenti non contaminati da
 Composti iodofori (permettono
medio livello spore come endoscopi,
anche l’eliminazione di spore e
laringoscopi e speculum vaginali
micobatteri, ma la loro efficacia
diminuisce su siero, feci e urina)
Sono usati per strumenti che non  Composti di ammonio
Disinfettanti a
penetrano nelle mucose o nei quaternario (denaturano le
basso livello
tessuti sterili membrane cellulari)

Naturalmente alcune sostanze possono appartenere all’una o all’altra classe in basa alla
concentrazione.
Sono disinfettanti organici:

 il perossido di idrogeno (acqua ossigenata), ottimale per le ferite lacero-contuse, che


possono creare un ambiente favorevole alla crescita dei batteri anaerobi
 gli alcoli, efficaci contro tutti i batteri e virus, fatta eccezione per i batteri tubercolari, i
virus non inviluppati e HBV
 i derivati dello iodio sono i migliori, ma molto corrosivi
o fra questi, lo iodopovidone è il meno corrosivo e viene usato per disinfettare i
tavoli chirurgici
 saponi vari: non sono universali (per esempio non sono validi per HBV) e possono essere
denaturati, quindi resi inefficaci
 mercurio: più efficace degli alcoli, meno dei derivati dello iodio, poco maneggevole
Gli antisettici sono agenti chimici che vengono usati sulla pelle o su altri tessuti viventi per ridurre
la carica microbica. Non hanno azione sporicida. Fra essi si distinguono:

 gli alcoli: non sono tossici, infatti vengono facilmente resi inattivi dalla materia organica
(per cui la pelle deve essere pulita prima dell’applicazione): questo però significa anche che
non hanno attività antimicrobica persistente.
Tendono inoltre a seccare la pelle perché eliminano i lipidi
 i composti iodofori (leggermente più tossici degli alcoli, comunque inattivati dalla materia
organica: hanno attività residua limitata)
 la clorexidina (uccide lentamente i microbi, ha un’ottima attività residua)
 il paraclorometaxilenolo è specifico per i Gram +
 il triclosan: era presente in molti saponi e dentifrici, ormai viene poco usato perché è stato
correlato a disturbi del sistema endocrino e all’insorgere della resistenza agli antimicrobici
Meccanismi di patogenesi batterica
Secondo i postulati di Koch un microbo, per essere ritenuto l’agente eziologico di una determinata
malattia,

 deve essere presente in tutti i casi riscontrati di quella malattia


 deve essere possibile isolarlo dall’ospite malato e farlo crescere in coltura pura
 ogni volta che da una coltura pura viene inoculato in un ospite sano (ma suscettibile alla
malattia) deve provocare malattia
 deve poter essere isolato nuovamente dall’ospite infettato sperimentalmente
Una prima critica che si può fare a questi postulati è che alcuni microrganismi danno malattia solo
in determinati soggetti che hanno una determinata condizione fisica (es. i batteri commensali nei
soggetti immunodepressi possono dare malattia, ma normalmente nei soggetti sani no, a patto
che siano confinati nel loro ambiente abituale).
Inoltre, ci sono malattie che sono il risultato di più patologie, come l’AIDS, che infatti viene
propriamente definito come “sindrome”.
Per questo si possono classificare

 patologie definite da un solo patogeno (come colera e difterite)


 patologie definite da più patogeni (come faringite, setticemia, meningite…)
I batteri possono essere:

 virulenti, se hanno meccanismi che promuovono la loro crescita nell’ospite creando danno
nei tessuti e negli organi dell’ospite
 opportunisti, se approfittano di patologie preesistenti come l’immunosoppressione

Alcune definizioni
 Epidemia: malattia infettiva limitata nel tempo e nello spazio
 Pandemia: malattia infettiva ampiamente diffusa nel mondo. Secondo la revisione del
febbraio 2009 virulenza e letalità non vengono più prese in considerazione
Una malattia è endemica quando è costantemente presente in un territorio

 Infezione: si ha quando un soggetto entra in contatto con il patogeno. Non correla con lo
stato clinico. Può durare tutta la vita senza causare malattia
 Malattia: si ha quando un soggetto, dopo essere entrato in contatto con un patogeno,
sviluppa segni clinici
 Virulenza: grado di patogenicità
 Potere patogeno: risultato di
o Fattori di virulenza: caratteri genetici che aumentano la capacità di un batterio di
causare malattia
o Carica batterica: numero iniziale di batteri infettanti (se un individuo ha una carica
batterica iniziale bassa, se svilupperà malattia probabilmente sarà più mite)
o Stato di salute dell’ospite
 Isole di patogenicità: ampi territori cromosomici contenenti geni che codificano per fattori
di virulenza

Fasi dell’infezione
1. Ingresso
a. Per via aerea
b. Per via oro-fecale, cioè tramite ingestione di cibi contaminati o anilingus
c. Per via parenterale apparente, ovvero attraverso trasfusioni di sangue o
emoderivati contaminati, o per tagli/punture con aghi/strumenti infetti
d. Per via parenterale inapparente: in questo caso la penetrazione del patogeno
proveniente da materiali biologici infetti (come lo sperma e le secrezioni vaginali)
attraverso microlesioni di cute o mucose
e. Per via transplacentare. La placenta, pur impedendo il passaggio di molti patogeni,
lascia passare per esempio il Treponema pallidum (agente eziologico della sifilide)
f. Per via perinatale da madre a figlio (immediatamente prima o dopo il parto)
2. Adesione: permette la crescita del batterio e la produzione di tossine. È fondamentale per
non essere eliminato, per esempio, tramite i movimenti peristaltici o la produzione di
muco. L’adesione permette la formazione di foci di infezione, ovvero la formazione di
aggregati batterici originati tutti dal primo batterio che ha aderito. Il biofilm facilita la
colonizzazione in quanto svolge un’azione protettiva per la nicchia batterica
a. Inizialmente i pili permettono un ancoraggio transitorio
b. In un secondo momento le adesine consentono un ancoraggio definitivo
3. Invasione: alcuni batteri possono penetrare dalla mucosa alla sottomucosa e, talvolta,
raggiungere il circolo ematico. Esistono due meccanismi di invasione:
a. Distruzione del tessuto tramite
i. ialuronidasi (prodotta per es. da Staphylococcus aureus)
ii. pneumolisina (prodotta dallo pneumococco)
iii. mucinasi (prodotta da Helicobacter pylori)
b. Rilascio di invasine: agiscono a livello dell’actina inducendone la
depolimerizzazione. Questo rende la cellula più lassa permettendo l’endocitosi del
batterio
4. Diffusione: alcuni batteri possono arrivare ai linfonodi, quindi nel circolo linfatico e per
finire nel sangue
a. Batteriemia: batteri responsabili di processi morbosi localizzati invadono
transitoriamente il circolo ematico. Non è una situazione patologica. I batteri non si
moltiplicano mai nel sangue
b. Setticemia: costante e massiccia presenza di batteri nel sangue, dove si
moltiplicano. È una situazione patologica estremamente grave
5. Danno. Può essere diretto, indiretto o su base immunitaria
Il danno
Può essere

 diretto, se il batterio o le tossine che produce colpiscono direttamente la cellula bersaglio.


Si verifica solo nel 20% dei casi
 indiretto (nel restante 80% dei casi), se il danno è conseguente alla risposta immunitaria
In taluni casi può essere mediato da immunocomplessi: i complessi formati dall’unione di un
antigene con il rispettivo anticorpo si depositano nei tessuti causando reazioni infiammatorie a
livello cutaneo, articolare, renale o dei piccoli vasi.
Le tossine vengono distinte in esotossine ed endotossine.

Le esotossine
Sono di natura proteica, quindi sono termolabili.

Vengono prodotte dai Gram +, fatta eccezione per Shigella dysenteriae che è un Gram –
Vengono neutralizzate da anticorpi. Sono formate da:

 una subunità A (Active), che media l’azione tossica e quindi entra nella cellula
 una subunità B (Binding), che rappresenta il sito di legame altamente specifico per i
recettori (l’interazione tra tossina e recettore non è mai casuale)
Le esotossine possono essere classificate in base al loro bersaglio:

 neurotrope, se hanno affinità per le cellule del SNC o del SNP (come le tossine prodotte da
C. tetani e C. botulinum)
 enterotrope (come la tossina colerica o quella prodotta da S. aureus)
 pantrope, se nei confronti di cellule appartenenti a diversi apparati o sistemi (come quella
prodotta da Bacillus anthracis)
Oppure in base al loro meccanismo d’azione:

 tossine che agiscono sulla superficie cellulare (creano pori sulla membrana plasmatica)
o esotossina B di Streptococcus pyogenes -> bersaglia muscoli e guaine muscolari
o esotossine di C. perfringens (tossina alfa, una lecitinasi, tossina kappa, una
collagenasi, tossina mu, una ialuronidasi)
o tossine A e B di C. difficile -> la tossina A danneggia le cellule dell’epitelio intestinale
e attrae neutrofili distruggendoli, la tossina B danneggia solo la mucosa intestinale
 tossine che modificano il contenuto intracellulare di cAMP. Ciò avviene in due modi:
o per attività enzimatica ADP-ribosilante, che agisce alterando le proteine G
adenilato ciclasi (quelle che catalizzano la trasformazione di ATP in ADP)
 Tossina colerica e tossina termolabile di E. Coli attivano permanentemente
la subunità alfa delle proteine G che stimolano l’adenilato ciclasi e ciò
provoca fuoriuscita di acqua e di ioni con conseguente disidratazione
 La tossina della pertosse attiva le subunità alfa delle proteine G che
inibiscono l’adenilato ciclasi: ciò determina sempre un aumento di cAMP
 tossine che inibiscono la sintesi proteica, come tossina difterica, tossina A di Pseudomonas
aeruginosa, tossina Shiga di Shigella dysenteriae e Shiga-simile di E. coli enteroemorragici
 tossine che interferiscono con il rilascio di neurotrasmettitori, come la tossina del tetano
e la tossina botulinica

Le endotossine
Sono di natura lipopolisaccaridica, quindi sono termostabili.
Sono meno immunogene rispetto le endotossine (non sono neutralizzabili da anticorpi).
Vengono rilasciate esclusivamente in seguito a lisi batterica dei Gram –
La frazione lipidica del lipopolisaccaride, detta lipide A, da sola è sufficiente a scatenare il quadro
settico. Provoca

 un aumento della concentrazione plasmatica di TNF-alfa, che determina febbre,


tachicardia, tachipnea (cioè respirazione accelerata) e leucocitosi, ma ad alte dosi anche
shock, coagulazione intravascolare disseminata e necrosi emorragica
 aumento di IL-1, con effetti simili al TNF-alfa
 produzione di IL-6, che può aumentare di oltre mille volte. Persiste a lungo e pertanto è
un importante parametro prognostico nelle setticemie
 attivazione delle proteine del complemento
 aumento della liberazione di prostaglandine e trombossani, determinando
vasodilatazione periferica e aggregazione piastrinica
 attivazione del fattore XII, che induce coagulazione intravasale disseminata

Le anatossine
Vengono dette anche tossoidi. Sono delle tossine batteriche a cui è stato tolto artificialmente il
potere tossico preservando quello antigenico, quindi è stata tolta la subunità A, ma è stata fatta
rimanere subunità B. Vengono usate nei vaccini (es. antitetanico, antidifterico, antipertosse).

I superantigeni
Gli antigeni convenzionali non interagiscono con i linfociti T nella loro forma nativa, ma vengono
prima fagocitati dai fagociti professionali, processati e presentati, ovvero esposti in associazione
all’MHC. Un recettore transmembrana presente sui linfociti T, il TCR (T-cell receptor), sarà il
responsabile del riconoscimento degli antigeni presentati tramite MHC.
I superantigeni, invece, non hanno bisogno di essere processati per potersi associare alle molecole
MHC e, quando interagiscono con i TCR, reagiscono esclusivamente con una sola delle due
porzioni variabili, ovvero la porzione beta. Per questo motivo i linfociti T non verranno reclutati in
maniera specifica e ci sarà una iper-attivazione immunitaria, al punto che saranno in grado di
attivare 1 linfocita ogni 100 (mentre un comune antigene 1 ogni 100.000)

I superantigeni non attivano solo i linfociti T, ma anche i linfociti B e i macrofagi. Infatti, si legano
ai domini alfa 1 e beta 1 dell’MHC II.

Ciò determina la produzione di citochine infiammatorie (IL-1, IL-6, TNF-alfa e interferone gamma),
con conseguente danno tissutale perché innescano una reazione simile a quella autoimmunitaria.
I superantigeni batterici vengono distinti in:
 superantigeni ad elevata potenza, che inducono l’apoptosi e il danno tissutale tramite
citochine, come
o la tossina-1 della sindrome da shock tossico, prodotta dallo stafilococco aureo
o le enterotossine stafilococciche
o la tossina esfoliativa stafilococcica
o le tossine pirogeniche streptococciche
 superantigeni a moderata potenza, coinvolti in reazioni autoimmunitarie, come la proteina
M streptococcica
Meccanismi di difesa dell’ospite
Fra due organismi possono instaurarsi tre modalità di interazione:

 nel mutualismo si hanno benefici per entrambi


 nel commensalismo il commensale riceve benefici, l’ospite non viene né danneggiato né
favorito (è il caso di E. coli)
 nel parassitismo l’ospite viene danneggiato

Alcuni effettori delle risposte immunitarie


Immature: tramite i recettori dell’immunità innata (PRR), in particolare i
Toll-like receptor, riconoscono i pattern molecolari associati ai patogeni
(PAMP). Hanno un’elevata attività fagocitaria e una bassa capacità di
Cellule dendritiche attivare i linfociti T
Mature: perdono l’attività fagocitaria, migrano nelle aree T dei linfonodi,
dove esprimono MHC di classe I per attivare i linfociti T citotossici e MHC
di classe II per attivare i linfociti T helper

Sono PAMP i lipopolisaccaridi (LPS), gli acidi teicoici e lipoteicoici, la flagellina, la pilina, sequenze
CpG non metilate tipiche del DNA batterico e RNA duplex, tipici dei genomi virali.

Si ha il clivaggio spontaneo di C3, che viene scisso


in C3a e C3b.
Via alternativa C3b si lega ai patogeni e svolge funzione
opsonizzante.
Poi prosegue con la via comune
Il C1q si lega alla porzione Fc delle
immunoglobuline, quindi attiva C1r, che cliva a sua
volta C1s.
Il C1s attivo scinde C4 nella frazione C4a e nella
Via classica frazione C4b. Stessa cosa con C2 che viene scisso
Complemento da C1s in C2a e C2b.
C4b e C2b costituiscono l’enzima C3 convertasi,
che lega C3 e lo scinde in C3a e C3b.
Poi prosegue con la via comune
Coinvolge la lectina legante il mannosio (MBL), che
lega i residui non ridotti di mannosio sulla parete
batterica e svolge un ruolo analogo a C1q.
Via della lectina Si ha sempre scissione di C4 in C4a e C4b e di C2 in
C2a e C2b. C4b e C2b costituiscono l’enzima C3
convertasi, che lega C3 e lo scinde in C3a e C3b.
Quindi parte la via comune

Via comune: C3b e C3b convertasi forma C5 convertasi che genera il clivaggio di C5

Si ha quindi formazione del complesso di attacco alla membrana (MAC, composto da C5b, C6, C7,
C8 e C9), con funzione citolitica
I monociti presentano
 recettori per le opsonine
 recettori per il complemento
 lectine (che legano specifici carboidrati)
 Toll-Like Receptor
 il recettore CD14 per la proteina che lega il lipopolisaccaride
 molecole di adesione che promuovono le interazioni intercellulari
 molecole MHC di tipo II per presentare l’antigene
Una volta attivati in macrofagi

 potenziano l’infiammazione locale producendo chemochine che attraggono altre cellule


immunocompetenti in situ
 hanno attività microbicida tramite fagocitosi e killing sia ossigeno dipendente sia non
ossigeno dipendente
 attivano i linfociti T
 provocano danno tissutale, ma intervengono anche nella riorganizzazione del tessuto
Per quanto riguarda invece gli anticorpi, una volta legati all’antigene

 impediscono l’adesione del patogeno


 ne promuovono l’opsonizzazione
 determinano l’attivazione del complemento
 promuovono la neutralizzazione delle tossine
Quando un batterio viene fagocitato si ha internalizzazione tramite estroflessione della membrana
plasmatica, formazione del fagosoma e fusione del fagosoma con i lisosomi primari (nei macrofagi)
o con i granuli (nei neutrofili).
La fase di fusione è detta killing, ma non necessariamente avviene (per esempio i micobatteri
resistono al killing macrofagico). Se avviene, si possono avere due tipi di killing:

 killing ossidativo, che prevede la fusione del fagosoma con vescicole contenenti radicali
dell’ossigeno tossici per la parete batterica
 killing non ossidativo, che si verifica nei neutrofili e prevede la fusione tra fagolisosoma
con granuli azzurrofili ricchi di proteine cationiche e granuli specifici contenenti lisozima e
lattoferrina
I neutrofili possono emettere strutture di complessi cromatinici, conosciute come trappole
neutrofile extracellulari (NET), che circondano i batteri come una rete.
Antibiotici e resistenze
 sono beta lattamici caratterizzati da una
tossicità molto bassa
 legano le PBP, cioè transpeptidasi e DD-
carbossipeptidasi, determinando lassità e
Penicilline
shock osmotico
 vengono usate insieme a inibitori delle
beta-lattamasi (es. acido clavulanico e
tazobactam)
 sono beta lattamici
 hanno lo stesso meccanismo d’azione delle
Cefalosporine penicilline, ma spettro più ampio
Inibitori della sintesi
 sono resistenti a molte beta-lattamasi
della parete cellulare
 hanno generalmente un’emivita più lunga
 è un glicopeptide
 nei Gram + altera la sintesi di
peptidoglicano interagendo con la D-
Vancomicina
alanina-D-alanina terminale
 viene usata nei confronti di batteri
resistenti ai beta lattamici
 è una miscela di polipeptidi per azione
topica usata per trattare Gram +
Bacitracina
 interferisce con il riciclo del bactoprenolo e
può anche inibire la trascrizione dell’mRNA
 attraversano la membrana esterna dei
Gram – con un processo che richiede
ossigeno (se ne deduce che gli anaerobi
Aminoglicosidi risultano resistenti a questi antibiotici)
(es. streptomicina)  si legano irreversibilmente (quindi sono
batterici) alla subunità ribosomiale 30S
 vengono utilizzano in combinazione con
inibitori della sintesi della parete cellulare
 sono batteriostatici che inibiscono la sintesi
proteica legandosi alla subunità
Tetracicline
Inibitori della sintesi ribosomiale 30S bloccando il legame con gli
proteica amminoacil-tRNA
 entrambi si legano alla subunità
Cloramfenicolo e ribosomiale 50S
clindamicina  hanno un effetto soppressivo sul midollo
osseo
 si legano reversibilmente all’rRNA 23S della
Macrolidi (es. subunità 50S del ribosoma
eritromicina)  non si diffondono nel liquido
cerebrospinale
 sono derivati semisintetici dell’eritromicina,
Chetolidi
agiscono allo stesso modo
 nei Gram – si legano alla subunità A della
Chinoloni DNA girasi
 nei Gram + si legano alla topoisomerasi IV
 si lega all’RNA polimerasi impendendo la
Inibitori della sintesi
trascrizione
degli acidi nucleici Rifampicina
 ha attività battericida nei confronti di
Mycobacterium tuberculosis
 usato nei primi stadi della colite
Metronidazolo
pseudomembranosa
Antimetaboliti Sulfamidici  impediscono la sintesi di acido folico

Meccanismi di resistenza ai farmaci


Modificazione della Riduzione dei canali di entrata Tetracicline
permeabilità di membrana Pompe di efflusso Eritromicina e tetracicline
Beta lattamasi Penicilline e cefalosporine
Aminoglicosidi e
Produzione di enzimi Acetiltransferasi
cloramfenicolo
inattivanti
Fosfotransferasi
Aminoglicosidi
Adeniltransferasi
Modificazione delle PBP Penicilline
Modificazione del sito di
Modificazione delle RNA
attacco Rifampicina
polimerasi
Attivazione di vie
Enzimi modificati Sulfamidici
metaboliche alterative

Ovviamente ci sono batteri intrinsecamente resistenti a un farmaco per le sue caratteristiche


metaboliche e strutturali:

 la vancomicina e la bacitracina sono troppo grandi per passare nelle porine presenti sulla
membrana esterna dei Gram negativi: non riusciranno mai a raggiungere il sottile strato di
peptidoglicano
 i micobatteri sono sprovvisti di parete cellulare
 gli anaerobi sono resistenti agli aminoglicosidi: quest’ultimi richiedono presenza di
ossigeno per attraversare la membrana esterna dei Gram – (ma gli anaerobi crescono in
assenza di ossigeno)

L’antibiogramma
Misura la sensibilità a un determinato antibiotico. Vengono eseguiti due tipi di test di sensibilità:

 test per diluizione in brodo: misura la resistenza batterica


 test per diffusione in agar: misura la sensibilità a un antibiotico
Nel primo l’antibiotico viene solubilizzato nel brodo di crescita a concentrazioni scalari 2-fold.
Il sistema viene incubato a 37 gradi per 16-20 ore e viene letta la MIC, ovvero la più bassa
concentrazione di antibiotico in grado di inibire la crescita batterica visibile. Da qui si può dedurre
la MBC (concentrazione battericida minima): le provette vengono prese a partire dalla prima in cui
la crescita non c’è stata, gli eventuali batteri vengono fatti crescere su terreni.
Se non cresce nulla, significa che l’antibiotico ha avuto un’azione battericida.
Nel test di diffusione in agar l’antibiotico (sempre a concentrazioni scalari 2-fold) viene incluso in
agar Müller e viene misurato l’alone che si viene a formare:

 alone di 1-9 mm: batterio resistente


 alone di 10-18 mm: batterio con resistenza intermedia
 alone di 19-30 mm: batterio sensibile
Diagnosi microbiologica
 Diagnosi diretta: isolamento e identificazione del patogeno
 Diagnosi indiretta: cerca la presenza del microrganismo tramite anticorpi
Per la diagnosi diretta è necessario tenere conto della provenienza del campione:

 pus, liquido cefalorachidiano e sangue generalmente, se infetti, contengono un solo


microrganismo patogeno
 feci, urina e tamponi oro-faringei, invece, oltre al patogeno o ai patogeni responsabili
dell’infezione generalmente contengono altri microrganismi contaminanti
I campioni devono essere raccolti in quantità sufficienti, nel momento adatto (ovvero raccolti nella
fase acuta e prima dell’inizio della terapia), possibilmente intervallati e in numero maggiore di
uno. Essendo un test operatore dipendente i risultati possono variare (per es. non corretto
strofinamento sulle mucose). Bisogna anche fare attenzione a non contaminare il campione e
tenerlo in condizioni di temperatura ideale (4 gradi o al massimo a temperatura ambiente).
Falsi negativi possono essere determinati da

 situazioni cliniche (per es. il paziente potrebbe avere un deficit di Ig, oppure non potrebbe
essere trascorso il periodo finestra)
 difficoltà nell’isolamento (per es. le batteriemie sono intermittenti, i parassiti vengono
escreti con le feci periodicamente)
 non utilizzo di tecniche elettive
 germi non coltivabili (es. Mycobacterium tuberculosis)
Falsi positivi da

 campione contaminato
 situazioni cliniche (per es. produzione di anticorpi cross reattivi da parte di soggetti con
leucemie, linfomi o malattie autoimmuni)

Tappe della diagnostica


1. Esame al microscopio
a. A fresco. Il campione viene sospeso in acqua o in una soluzione salina a cui si
aggiunge un reagente basico. Viene usato per microrganismi difficilmente colorabili,
ma evidenziabili in campo oscuro
b. Dopo fissazione e colorazione. Si possono usare colorazioni semplici (prevedono
l’uso di un solo colorante), colorazioni differenziali (come la colorazione di Gram e
la colorazione di Ziehl-Neelsen, prevedono due coloranti) e colorazioni per batteri
acido-resistenti (la più vecchia è quella di Ziehl-Neelsen)
2. Isolamento e coltura. L’isolamento su piastra permette di evidenziare fattori di virulenza
e di patogenicità, la sensibilità agli antibiotici e le caratteristiche del ceppo batterico in
esame. Prevede l’utilizzo di terreni di coltura.
In base alla composizione fisica si distinguono:
Sono costituiti da un brodo
nutritivo formato da:
 peptone (prodotto  Gli aerobi formano una patina
intermedio della scissione (affinché possano avere a
enzimatica delle proteine) disposizione ossigeno)
Terreni liquidi
 estratto di carne  Gli anaerobi rendono il liquido
 NaCl (per renderlo torbido (perché tendono a
isotonico) depositarsi sul fondo)
 tampone fosfato (pH 7)
 acqua
Qualsiasi tipo di terreno liquido
Permettono di ottenere colonie isolate e
può essere reso solido mediante
Terreni solidi colture pure, derivate da un’unica cellula
l’aggiunta di una sostanza
iniziale
gelificante che è l’agar

In base alla composizione chimica possono essere distinti in:

 terreni con struttura chimicamente definita: più costosi e usati esclusivamente per
l’identificazione di batteri con determinate esigenze nutrizionali
 terreni con struttura chimica indefinita: contengono sostanze naturali quali siero,
peptone, liquido ascitico, sangue, estratto di lievito, etc.
I terreni vengono distinti in 5 classi:

 terreni minimi: contengono carbonio, azoto, zolfo e fosforo sottoforma di sali inorganici
 terreni di arricchimento: contengono sangue, siero, infusi di cuore e cervello, amminoacidi
e carboidrati
 terreni selettivi: oltre ai nutrienti, contengono coloranti e antibiotici batteriostatici nei
confronti dei batteri che non sono oggetto di attenzione
 terreni differenziali: oltre ai nutrienti, contengono indicatori di reazioni redox e indicatori
di pH. Permettono di distinguere la capacità di emolisi dei batteri
 terreni di trasporto: sono semisolidi, vengono usati solo per il trasporto
Generalmente:

 i campioni prelevati da siti normalmente sterili vengono inoculati in terreni non selettivi
arricchiti
 i campioni contaminati da flora saprofita vengono inoculati in terreni selettivi e differenziali
 se si sospetta una specifica infezione si ricorre a terreni specifici per l’isolamento di quel
patogeno
Possono essere classificati anche i tipi di coltura:

 colture continue, se viene prolungata la fase esponenziale fornendo continuamente


nutrienti
 colture sincrone, se composte da batteri nella stessa fase di crescita. Ciò si può ottenere
rimuovendo la timina, in modo da inibire la sintesi del DNA, e poi aggiungendola
nuovamente così che tutti i batteri si trovino contemporaneamente nella stessa fase
 colture cellulari, fanno uso di cellule, servono per coltivare patogeni intracellulari
3. Esami sierologici
a. Reazione di agglutinazione: se è presente l’antigene e si usano anticorpi diretti
contro quest’ultimo, si ha formazione di immunocomplessi, che precipitano
mettendo in evidenza la reazione di agglutinazione
b. Immunofluorescenza, che può essere diretta (utilizzando un anticorpo, coniugato
con un fluorocromo, specifico per l’antigene) o indiretta (l’anticorpo specifico per
l’antigene non è coniugato, ma è riconosciuto da un secondo anticorpo coniugato
diretto contro le regioni costanti del primo anticorpo)
c. Saggio immunoenzimatico (ELISA): gli antigeni da individuare vengono posizionati
sul fondo di un pozzetto; viene aggiunta la soluzione in cui si cerca la presenza
dell’anticorpo specifico; eventuali anticorpi diretti contro l’antigene andranno a
legarsi con quelli presenti sul fondo; si effettua un primo lavaggio; vengono aggiunti
anticorpi secondari, coniugati a un enzima, diretti contro le regioni costanti degli
anticorpi; viene effettuato un secondo lavaggio; si immerge in soluzione un
substrato per l’enzima; se il substrato viene consumato allora il test è positivo
i. Western blot: viene usato per confermare il test ELISA. È più attendibile (ma
più costoso) perché inizialmente fa uso dell’elettroforesi per separare le
proteine nella soluzione in cui si cerca la presenza dell’anticorpo specifico
d. Sonde molecolari: vengono utilizzate sequenze di DNA a singolo filamento marcate
che quando incontrano la sequenza complementare (che si ricerca) danno
fluorescenza
e. Limulus test: viene fatto uso di un estratto acquoso proveniente dagli amebociti del
genere Limulus. Questo estratto ha la caratteristica di reagire con le endotossine
presenti nelle membrane dei batteri Gram negativi, coagulandosi
4. PCR per ricercare la presenza del materiale genetico del patogeno
Streptococchi
Gram positivi, anerobi facoltativi, crescono in terreni arricchiti con sangue o siero.
Sono provvisti di capsula (che gli conferisce mimetismo immunologico), immobili, asporigeni e
catalasi negativi (a differenza degli stafilococchi che sono provvisti dell’enzima catalasi).
Si differenziano in

 Alfa emolitici, se determinano emolisi incompleta


 Beta emolitici, se provocano emolisi completa
 Gamma emolitici, se non determinano emolisi

Streptococcus pyogenes
Determinano beta emolisi. Sono streptococchi di gruppo A secondo Rebecca Lancefield:
l’antigene A è un dimero di N-acetilglucosamina e ramnosio.

Proteine della parete


 Classe I: possiede antigeni
esposti con sequenze
 lega il fattore H del
omologhe alle proteine
complemento, un inibitore
dell’ospite (solo ceppi con
della via alterna del
proteine di questa classe
complemento, che si lega con
Proteina M determinano febbre
C3b. In questo modo inibisce
reumatica)
la fagocitosi
 Classe II: non ha antigeni
 media l’adesione e l’invasione
esposti
della cellula ospite
 È un importantissimo
fattore di virulenza
Svolge anch’essa un ruolo inibitorio
È codificata, come la proteina M, nei confronti della fagocitosi perché
Proteina tipo-M
sempre dal gene emm lega il frammento Fc di IgA e IgG e la
macroglobulina alfa 2
Proteina F Lega la fibronectina, in questo modo facilita l’adesione e l’invasione
Proteina T È così chiamata perché risulta resistente alla tripsina
Altri fattori di virulenza
Inattiva il C5a (responsabile del richiamo per chemiotassi di neutrofili e
C5a peptidasi
mononucleati)
 È solubile nel siero e
Streptolisina S ossigeno-stabile
 Non è immunogena
Determina beta-emolisi
 È ossigeno-labile
Streptolisina O  È immunogena (si usa per il
titolo antistreptolisinico)
Degrada il plasminogeno, per cui lisa i coaguli di sangue e facilitano la
Streptochinasi
diffusione tissutale dei batteri
Ialuronidasi Degrada acido ialuronico

I ceppi lisogeni producono tossine quali esotossine pirogene streptococciche (Spe).


 SpeA, SpeB e SpeC agiscono da superantigeni, per cui mediano lo shock e il collasso
multiorgano (determinando il rilascio di citochine)
 SpeF
Sono responsabili anche dell’eritema nella scarlattina.

Si fa diagnosi di laboratorio di infezione da streptococco piogeno tramite:

 microscopio: in quanto Gram + facilmente colorabili, non si usa tuttavia nelle faringiti
perché fanno parte della comune flora residente
 test sierologici
o il titolo antistreptolisinico (TAS) misura la quantità di anticorpi anti-streptolisina O
o lo Streptozyme test rivela la presenza di anticorpi contro alcuni antigeni esocellulari
dello streptococco beta emolitico A, ovvero streptolisina, ialuronidasi,
streptochinasi, DNAasi e NADasi. È più sensibile del titolo antistreptolisinico
 test per valutare la sensibilità alla bacitracina
 verifica della presenza dell’enzima PYR
Sono generalmente sensibili alla penicillina. Per infezioni ospedaliere complicate si possono usare
oxacillina e vancomicina in doppia terapia antibiotica. Siccome forti faringiti da streptococco
possono mimare la mononucleosi, è preferibile trattare i casi dubbi con claritromicina, un
macrolide (le penicilline semi sintetiche determinano forti effetti collaterali nei soggetti con
mononucleosi infettiva).
La patogenicità dello Streptococcus pyogenes dipende dalla sua capacità di

 adesione (tramite l’acido lipoteicoico e la proteina F che facilitano il legame con la cellula
ospite legando la fibronectina e tramite la proteina M)
 invasione (grazie alla proteina M e alla proteina F)
 resistere all’opsonizzazione (per mezzo della proteina M che lega il fattore H)
 resistere alla fagocitosi (tramite proteina M e simil-M)
Per il ruolo chiave della proteina M nella patogenicità dello Streptococco beta emolitico A, ceppi
che non esprimono la proteina M non sono patogeni.

Malattie suppurative da S. pyogenes


 Faringotonsillite. Compare più frequentemente fra i 5 e 15 anni. I soggetti si presentano
con faringodinia, febbre, essudato tonsillare purulento, talvolta linfoadenite cervicale e
sottomascellare. La faringite streptococcica può esitare in ascesso peritonsillare e può
evolvere in febbre reumatica
 Scarlattina. È una malattia prevalentemente dell’infanzia. È causata da ceppi produttori di
una tossina eritrogenica, capace di determinare una diffusa colorazione cutanea rosa-
rossastra che si sbianca alla pressione. I rash consistono in caratteristiche numerose piccole
elevazioni papulari (da 1 a 2 mm) che conferiscono una qualità di carta vetrata alla pelle.
L’esantema dura in genere 2-5 giorni. La lingua presenta un aspetto “a fragola”
 Piodermite o impetigine. È un’infezione cutanea superficiale che causa croste o bolle
 Erisipela. È un tipo di cellulite superficiale con interessamento linfatico. I pazienti
presentano lesioni lucenti, arrossate, rilevate e indurite con margini netti
 Cellulite. Coinvolge lo strato più profondo della cute e può irradiarsi rapidamente a causa
dei numerosi enzimi litici e delle tossine streptococciche
 Fascite necrotizzante. È un’infezione profonda del tessuto sottocutaneo caratterizzata da
una distruzione estensiva del muscolo e del grasso che si diffonde lungo il piano fasciale. È
dovuta a ceppi produttori di tossine eritrogeniche. Il trattamento richiede l’intervento
chirurgico
 Osteomielite acuta. Infezione dell’osso
 Sindrome streptococcica da shock tossico. È causata da esotossine stafilococciche o
streptococciche. I sintomi comprendono febbre alta, ipotensione, rash eritematoso diffuso
e disfunzione multiorgano che può rapidamente progredire verso uno shock grave e
intrattabile

Malattie non suppurative da S. pyogenes


 Febbre reumatica. È una malattia infiammatoria multisistemica, che si manifesta come
sequela post-infettiva della faringite non trattata da Streptococcus pyogenes. È frequente
per lo più in soggetti tra i 5 e i 15 anni. Può interessare il tessuto connettivo del cuore, delle
articolazioni, della cute e dei vasi. I segni di esordio più comuni sono la febbre, la poliartrite
migrante e la cardite (che si differenzia dall’endocardite stafilococcica in quanto, quella da
S. pyogenes, è su base autoimmune). La diagnosi è suggerita dall’anamnesi e confermata
dal titolo antistreptolisinico elevato
 Glomerulonefrite acuta. La sintomatologia varia da un’ematuria asintomatica e una lieve
proteinuria a una nefrite conclamata con micro o macroematuria (color coca cola),
proteinuria, oliguria, edema, ipertensione e insufficienza renale. La febbre è insolita. La
diagnosi è suggerita dall’anamnesi e dalle analisi delle urine e confermata dalla presenza di
ipocomplementemia
 Eritema nodoso. Si caratterizza per la presenza di noduli eritematosi a livello degli arti
inferiori. È dovuta alla deposizione di complessi antigene-anticorpo a livello dei capillari del
derma e del tessuto sottocutaneo con conseguenti processi infiammatori localizzati e
vasculite

Streptococcus agalactiae
Determinano generalmente beta emolisi (anche se si distinguono ceppi alfa o gamma emolitici).

Sono streptococchi di gruppo B secondo Rebecca Lancefield: l’antigene B è un trisaccaride


ramnosio – N-acetilglucosammina – galattosio (questo permette di distinguerli da S. pyogenes).
Crescono bene su terreni arricchiti.

I ceppi di S. agalactiae possono essere distinti tra di loro mediante:

 nove polisaccaridi capsulari tipo-specifici


 proteine di superficie, tra cui la più comune è l’antigene C
Vengono facilmente eliminati attivando il complemento, per questo tali batteri provocano
malattie preferibilmente nei neonati prematuri, perché questi presentano fisiologicamente bassi
livelli di attività del complemento.
Fattori di virulenza sono
 la capsula polisaccaridica che interferisce con la fagocitosi
 l’acido sialico, che può inibire l’attivazione della via alternativa del complemento
La diagnosi prevede la ricerca del carboidrato specifico tramite una sonda molecolare, oppure,
ancora meglio, il CAMP test, per valutare la presenza del fattore CAMP, una proteina prodotta
solo dallo Streptococcus agalactiae.

Può provocare:

 sepsi neonatale a esordio precoce che può degenerare anche in una meningite con una
bassa letalità ma alta probabilità di sequele neurologiche. Viene acquisita nell’utero o alla
nascita. I sierogruppi correlati a questa patologia sono l’Ia, il III e il V
 sepsi neonatale tardiva. Viene acquisita da fonti esogene (da altri neonati o dalla madre,
dopo la nascita)
 infezioni nelle donne in gravidanza, come cistiti, endometriti post-partum o infezioni sul
taglio cesareo
 infezioni in uomini e donne non gravide che interessano la pelle e i tessuti molli.
Raramente urosepsi e polmoniti

Sono ancora sensibili alla penicillina.


Per la prevenzione delle malattie neonatali, tutte le donne gravide devono sottoporsi a screening
per la ricerca di streptococchi del gruppo B. In caso di donne colonizzate, si ricorre alla
chemioprofilassi (penicillina per EV almeno 4 ore prima del parto).

Streptococchi viridanti
È un gruppo eterogeneo di streptococchi alfa e gamma emolitici, accomunati dal fatto che gli aloni
di emolisi si colorano di verde in quanto questi batteri presentano enzimi che convertono
l’emoglobina in metaemoglobina.
Come tutti gli streptococchi sono esigenti dal punto di vista nutrizionale e crescono in terreni
arricchiti con emoderivati.
Colonizzano principalmente l’orofaringe e possono essere responsabili di carie dentali.
Interventi odontoiatrici possono permettere il loro ingresso nel sangue e, da lì, andare a infettare
valvole cardiache native e protesi. Possono inoltre provocare endocarditi.
Il trattamento di elezione prevede l’utilizzo di penicillina.
Tra gli streptococchi viridanti si ricordano:

 S. mutans, che forma un biofilm responsabile della formazione della placca dentaria
 S. anginosus, che può avere attività beta emolitica
 S. mitis, importante perché a questo sottogruppo appartiene S. pneumoniae

Streptococcus pneumoniae
Non è classificabile secondo Rebecca Lancefield.
In condizioni di aerobiosi è alfa emolitico: l’alfa emolisi è determinata dalla pneumolisina.
In condizioni di anaerobiosi è beta emolitico.
Cresce su terreni arricchiti con emoderivati. Fermenta gli zuccheri trasformandoli in acido lattico.
Si dispone in diplococchi.
I ceppi virulenti sono capsulati (questo peraltro permette loro di disseminare nel SNC).

La parete batterica si caratterizza per la presenza di:

 catene oligopeptidiche
 una forma esposta di acido teicoico detta polisaccaride C
 una forma non esposta di acido teicoico detta antigene F
Una diagnosi rapida di polmonite o meningite da streptococco può essere effettuata mediante la
colorazione di Gram: se vengono visti diplococchi nel muco o nel liquido cerebrospinale è molto
probabile si tratti di pneumococco.

La diagnosi microscopica può essere confermata con la reazione quellung, che prevede l’utilizzo di
anticorpi anti-capsula che, in presenza di questi batteri, li fanno apparire come circondati da una
rifrangenza.

Si può fare diagnosi di pneumococco anche ricercando il polisaccaride C nelle urine concentrate in
quanto ha un’escrezione urinaria.

L’identificazione può avvenire anche tramite il test della bile, in quanto l’esposizione alla bile
attiva le autolisine batteriche con conseguente lisi, o valutando la sua sensibilità all’optochina
(valutando quindi la placca di inibizione).

La malattia pneumococcica si ha quando questi batteri, facenti parte della flora commensale orale
e nasale, si spostano in zone distali (polmoni, seni paranasali, orecchie e, tramite il sangue, le
meningi). La colonizzazione avviene grazie alle adesine. La successiva migrazione è solitamente
bloccata dalla corrente muco-ciliare, ma i batteri superano questo ostacolo grazie alle proteasi di
IgA secretorie e alla pneumolisina.
Possono indurre danno tissutale

 indirettamente, richiamando cellule immunocompetenti in situ e provocando


infiammazione, in quanto
o l’acido teicoico e il peptidoglicano attivano la via alternativa del complemento
o la pneumolisina attiva la via classica del complemento
o la fosforilcolina si lega ai recettori del fattore attivante le piastrine (espresso sulle
cellule endoteliali, sui leucociti, sulle piastrine e sulle cellule delle meningi e del
polmone)
 direttamente, producendo perossido di idrogeno
Inoltre, è resistente alla fagocitosi, grazie alla capsula e alla pneumolisina (che sopprime il killing
ossigeno-dipendente).
È causa di
 bronchite
 broncopolmonite che può sfociare in una polmonite lobare (la polmonite si apprezza
all’auscultazione come scomparsa del murmure vescicolare)
 sinusite
 otite media
 meningite (meno letale del meningococco, ma lascia più spesso sequele invalidanti; il
batterio raggiunge le meningi per via ematogena)
Esiste un vaccino

 coniugato 13-valente per i lattanti e i bambini fino a 5 anni


 polisaccaridico 23-valente, utilizzato negli adulti, in quanto T-dipendente (stimolando i T
helper i bambini rispondono poco)
Negli ultimi anni ha sviluppato resistenza alla penicillina. La terapia di elezione consiste nel
trattamento con fluorochinoloni (es. ciprofloxacina).

Enterococchi
Erano classificati come streptococchi del gruppo D in quanto esprimono l’antigene D di Rebecca
Lancefield, costituito da un acido glicerol teicoico (associato alla membrana plasmatica).

Sono generalmente alfa o gamma emolitici, raramente beta emolitici.


Si dispongono a coppie a formare catene corte, come Streptococcus pneumoniae, da cui possono
essere distinti:

 sono resistenti all’optochina, mentre Streptococcus pneumoniae è sensibile


 resistono alla bile, mentre Streptococcus pneumoniae va incontro a lisa
 possiedono la molecola PYR posseduta da Streptococcus pyogenes (si distinguono perché
comunque la forma delle colonie è totalmente diversa)

Possono crescere in presenza di NaCl fino al 6,5%. La loro crescita richiede vitamina B
Tra le specie patogene per l’uomo si distinguono:

 Enterococcus faecalis, che appartiene alla flora commensale del colon


 Enterococcus faecium, anch’esso facente parte della normale flora colica, ma meno
frequente
 Enterococcus gallinarum
 Enterococcus casseliflavus
Hanno adesine che permettono l’adesione alle cellule della mucosa intestinale e vaginale.

Non producono tossine o altri fattori di virulenza specifici.


Tipicamente infettano il tratto urinario delle donne, passando dall’ano alla vagina.
Possono infettare le ferite, soprattutto intraddominali, o essere causa di endocardite: in questo
caso la letalità è molto alta, perché sono molto difficili da trattare e prevenire.
Stafilococchi
Gram positivi, anerobi facoltativi, immobili, asporigeni e catalasi positivi (a differenza degli
streptococchi).
Sono capsulati e la maggior parte degli stafilococchi produce anche uno strato gelatinoso.
Con la capsula possono eludere la fagocitosi, mentre lo strato gelatinoso media l’adesione a
cateteri, valvole artificiali, shunt e protesi.
Crescono in presenza di NaCl al 10%.
Le specie patogene per l’uomo sono: S. aureus (l’unico patogeno dell’uomo che produce l’enzima
coagulasi), S. epidermidis (colonizza l’epidermide), S. lugdunensis e S. saprophyticus.
Oltre al peptidoglicano, la loro parete cellulare presenta:

 catene di pentaglicina
 polisaccaride A, un acido teicoico che favorisce l’adesione del batterio interagendo con la
fibronectina
 proteina A, affine al frammento Fc delle IgG1, IgG2 e IgG4, per cui, insieme alla capsula e
allo strato gelatinoso, impedisce la fagocitosi
 coagulasi, tipica di S. aureus, che ne possiede una forma legata (che catalizza direttamente
la conversione del fibrinogeno in fibrina) e una forma libera (che reagisce con un fattore
delle globuline per formare stafilotrombina, un fattore trombina-simile che, come la
trombina, catalizza la conversione del fibrinogeno in fibrina)
 ialuronidasi
 fibrinolisina/stafilolisina (attiva il plasminogeno e scioglie i coaguli di fibrina favorendo la
diffusione del batterio)
 lipasi, che permettono di invadere la cute e di sviluppare infezioni cutanee superficiali
 penicillinasi, grazie al gene mecA
 catalasi, che contribuisce alla virulenza perché impedisce il killing dei leucociti
polimorfonucleati

Staphylococcus aureus
Unico che produce coagulasi. Le colonie hanno un aspetto dorato.

La patogenesi va ricercata sia nella produzione di tossine, sia nella capacità del batterio di invadere
e necrotizzare tessuti.

Si integra nelle regioni idrofobiche della membrana


formando pori che permettono l’afflusso di sodio e
Tossina alfa calcio e l’efflusso di potassio con conseguente shock
osmotico della cellula. Ha come bersaglio eritrociti,
leucociti e piastrine. Può causare necrosi
Citotossine
Determina la lisi dei lipidi di membrana attaccando la
Tossina beta o sfingomielina. È tossica per eritrociti, leucociti,
sfingomielinasi C macrofagi e fibroblasti. È responsabile della
formazione di ascessi
Tossina delta
Lisa eritrociti e linfoblasti. È formata da una catena S e
Tossina gamma
una catena F
Lisa i leucociti formando dei pori che permettono il
Leucocidina di
passaggio di molecole cationiche, ma non ha attività
Panton-Valentine
emolitica. È formata da una catena S e una catena F
Sono 5 tossine sierologicamente distinte da A a E.
Sono resistenti all’idrolisi degli enzimi gastrici e
Enterotossine
favoriscono la peristalsi intestinali. L’enterotossina A
Sono è tipica delle intossicazioni alimentari
Tossina-1 della superantigeni,
È un’esotossina che determina la sindrome dello
sindrome da quindi legano MHC
shock tossico
shock tossico di classe II
Sono due, ET-A (termostabile) e ET-B (termolabile).
Tossine
Sono le responsabili della sindrome della cute
esfoliative
ustionata da stafilococco

Si può fare diagnosi di infezione stafilococcica

 mediante coltura in terreni solidi arricchiti con sangue di pecora, NaCl al 7,5% e mannitolo.
Entro 24 ore compare la colonia e si può notare attività emolitica dovuta alla presenza di
tossine citotossiche alfa
 tramite il test per la coagulasi
 avvalendosi di anticorpi contro gli acidi teicoici
Può essere causa di:

 Intossicazione alimentare. La malattia è dovuta esclusivamente all’ingestione di


enterotossine che hanno contaminato il cibo. I sintomi tipici includono dolori addominali,
diarrea, nausea, vomito anche violento, ma mai febbre. Ha un tempo di incubazione di 2-8
ore. Si risolve spontaneamente
 Sindrome dello shock tossico. È caratterizzata da esordio improvviso, febbre elevata che
non risponde al paracetamolo, ipotensione, rash eritematoso diffuso e coinvolgimento di
almeno due organi. L’insufficienza renale è comune. Donne che abbiano avuto una
preesistente colonizzazione stafilococcica della vagina e che lasciano tamponi o altri
dispositivi inseriti nella vagina sono da considerare ad alto rischio
 Endocardite. La percentuale di letalità è del 50%. Inizialmente il paziente accusa sintomi
simil-influenzali, poi si aggrava rapidamente, fino a manifestare emboli settici periferici
(cioè emboli dovuti all’occlusione dei vasi da parte delle colonie batteriche), ma
soprattutto distruzione della valvola cardiaca infetta. L’adesione dello stafilococco aureo
alle valvole cardiache è mediata dal clumping factor e dalla collagen binding protein
 Polmonite. Si contrae per diffusione ematica del batterio, tipica in pazienti con batteriemia
o endocardite
 Osteomielite acuta. Il batterio può arrivare alle ossa per via ematogena o per
contaminazione diretta attraverso ferite o fratture. Si manifesta con forte dolore all’osso
coinvolto e febbre elevata. Nei bambini interessa solitamente le metafisi delle ossa lunghe,
mentre negli adulti più frequentemente le vertebre. Sull’osso il batterio può produrre
biofilm e determinare osteomielite cronica
 Osteomielite cronica. Si ha febbre di scarsa entità, dolore locale pressante che può essere
saltuario o continuo, presenza di fistole con rifornimento purulento, tumefazione dura o
alterazione del trofismo cutaneo e discromia tissutale
 Artrite settica. È un’infezione dovuta a disseminazione del batterio nelle grandi
articolazioni. L’articolazione infetta si presenta dolente, eritematosa e con liquido
purulento
Endocardite, polmonite, osteomielite e artrite settica sono caratterizzate da batteriemia
persistente, che può degenerare in sepsi o shock settico.
Infezioni cutanee comprendono:

 Morbo di Ritter (sindrome della cute ustionata da stafilococco).


È un’epidermolisi acuta causata dalle tossine esfoliative. I più colpiti sono i neonati e i
bambini. I sintomi sono rappresentati da bolle diffuse con desquamazione dell’epitelio. Il
segno di Nikolsky è positivo (vescicole intatte si estendono lateralmente con la pressione
lieve). Le colture non devono essere prelevate dalle bolle perché sono sterili (a differenza
dell’impetigine bollosa), ma da possibili aree di infezione primaria
 Impetigine bollosa. È un’infezione cutanea superficiale caratterizzata da vescicole che
tipicamente confluiscono fino a formare delle bolle. Le colture del liquido della bolla
evidenzieranno un agente patogeno (quindi è altamente contagiosa). La pelle non si
desquama. Il segno di Nikolsky è negativo
 Follicolite, ovvero un’infezione dei follicoli piliferi. Se interessa i follicoli ciliari prende il
nome di orzaiolo
 Favi. Sono gruppi di foruncoli collegati tra loro nel tessuto sottocutaneo, che causano una
suppurazione e cicatrizzazione più profonda. Possono essere accompagnati da febbre
 Infezioni da ferite

Stafilococchi coagulasi negativi


Sono molto difficili da identificare. Possono determinare:

 Endocardite.
S. epidermidis e S. lugdunensis possono infettare valvole cardiache sia naturali che
artificiali. L’infezione di valvole naturali si verifica in pazienti che presentano già delle
compromissioni a livello cardiaco (come malformazioni congenite). L’infezione di valvole
artificiali si verifica al momento dell’inserzione della valvola
 Infezioni di cateteri, shunt e protesi.
L’adesione è mediata dallo strato gelatinoso che avvolge la capsula e che conferisce
protezione dagli antibiotici e dalle cellule immunocompetenti. Tipica di queste infezioni è la
batteriemia che può evolvere in sepsi o shock tossico. A volte bisogna ricorrere alla
sostituzione della protesi
 Infezioni del tratto urinario. Tipiche di S. saprophyticus. Interessano quasi esclusivamente
giovani donne sessualmente attive. Provocano disuria (dolore al momento della minzione)
e piuria (presenza di pus nelle urine)
MRSA e VRSA Alcuni ceppi di Staphylococcus aureus hanno sviluppato una resistenza agli
antibiotici beta-lattamici, tra cui le penicilline. Questi ceppi sono noti con il nome di
Staphylococcus aureus meticillino-resistenti (MRSA). Si verificano sovente epidemie negli ospedali.
Possono essere efficacemente trattati con vancomicina.
I ceppi resistenti anche alla vancomicina vengono detti VRSA (vancomicina-resistenti).
Spirochete
 Gram negativi
 Esternamente alla membrana plasmatica presentano uno strato mucoso esterno, che
consente loro di sopravvivere nel fagosoma
 Microaerofili (cioè richiedono O2 a bassa concentrazione)
 Sensibili ai ROS
 Sottili (al di sotto del micron, quindi al di sotto del potere di risoluzione del MO)
 Labili (non sopravvivono né all’essicamento né ai disinfettati, anche a basse
concentrazioni)
 Mobili (grazie a endoflagelli)
Alla famiglia delle spirochete appartengono tre generi: treponemi, leptospire e borrelie.

Treponemi
Non sono coltivabili in vitro perché privi di acidi tricarbossilici (essenziali per la sintesi di purine,
pirimidine e alcuni AA, per cui questi processi richiedono una dipendenza dalla cellula ospite).
Hanno un tempo di duplicazione di 30 ore.
Le specie patogene per l’uomo (e solo per l’uomo) sono:

 Treponema pallidum → sifilide


 Treponema pallidum endemicum → sifilide endemica (di Bejel)
 Treponema pallidum pertenue → framboesia
 Treponema carateum → pinta

Treponema pallidum
È privo di lipopolisaccaride (LPS). Non produce tossine. Ha poche lipoproteine esposte e quelle
esposte sono scarsamente antigeniche.
I meccanismi di patogenicità risiedono

 nella produzione di ialuronidasi


 nella capacità di aderire la fibronectina che li protegge dalla fagocitosi
 nella presenza di glicosaminoglicani (che interferiscono con l’attivazione della via classica
del complemento) e di acido sialico (che interferisce con l’attivazione della via alternativa
del complemento)
 nella presenza dello strato mucoso
Sifilide primaria → Dopo un periodo di incubazione di 3-4 settimane si sviluppa una lesione
primaria (sifiloma) nella sede di inoculo. Se strofinata, produce liquido chiaro che contiene
numerose spirochete. I linfonodi viciniori possono essere ingranditi, fissi e non dolenti. Il sifiloma
di solito guarisce in 3-12 settimane
Sifilide secondaria → La spirocheta si diffonde nel sangue, producendo lesioni muco-cutanee
diffuse, slargamento linfoghiandolare e, meno comunemente, sintomi in altri organi.
La sintomatologia di solito compare 6-12 settimane dalla comparsa del sifiloma.
Comunque, tutte le lesioni vanno alla fine incontro a remissione, in genere senza lasciare cicatrici.
Febbre, perdita di appetito, nausea e stanchezza sono frequenti.
Periodo di latenza → La sintomatologia è assente, ma gli anticorpi, rilevati dai test sierologici per
la sifilide, persistono. I pazienti sottoposti a terapie antibiotiche per altre patologie spesso vedono
curata la sifilide. Ciò può spiegare la rarità della sifilide terziaria nei paesi industrializzati
Sifilide terziaria → Circa 1/3 delle persone non trattate sviluppa la sifilide terziaria, anche se non
prima di decenni dall’infezione iniziale. Le lesioni possono essere classificate come:

 Sifilide terziaria benigna gommosa: può interessare cute, ossa e visceri. Le gomme sono
masse morbide, infiammate e destruenti, tipicamente localizzate ma con capacità di
infiltrare diffusamente un organo o un tessuto; crescono e guariscono lentamente e
lasciano cicatrici
 Sifilide terziaria benigna ossea: produce sia lesioni infiammatorie che destruenti associate
a dolore sordo e incessante che, caratteristicamente, peggiora durante la notte
 Sifilide cardiovascolare: si manifesta solitamente 10-25 anni dopo l’infezione iniziale con
dilatazione aneurismatica dell’aorta ascendente, insufficienza della valvola aortica e
restringimento delle arterie coronarie
 Neurosifilide (meningovascolare oppure parenchimatosa)
o se meningovascolare deriva da un’infiammazione delle grandi e medie arterie del
cervello o del midollo spinale. Provoca cefalea, rigidità nucale, vertigini, alterazioni
comportamentali, deficit di concentrazione, perdita della memoria, apatia, insonnia
e visione offuscata
o se parenchimatosa è dovuta alla meningoencefalite cronica, che causa la
distruzione del tessuto corticale. Provoca paresi generalizzata e demenza
Man mano che la malattia procede diventa meno contagiosa. I pazienti con sifilide terziaria non
sono più infettivi.
Il rischio di contagio transplacentare dipende dalla fase della malattia: è de 100% durante la sifilide
primaria, del 90% nella sifilide secondaria, del 30% in fase latente, nullo durante la sifilide terziaria.
Se viene trasmessa al feto prima dei tre mesi di sviluppo determina aborto.
Se viene trasmessa dopo e il lattante viene curato immediatamente ha buone probabilità di
sopravvivere, pur manifestando malformazioni tipiche, specialmente ai denti.

Si cura molto facilmente con la penicillina. Per i soggetti allergici si possono usare le tetracicline.
I test sierologici consistono in:

 test di screening non troponemici: utilizzano antigeni lipidici per rilevare la reagina
(ovvero un anticorpo umano che si lega ai lipidi). Sono aspecifici: altre malattie possono
determinare falsi positivi. A questi test appartengono il VDRL e il RPR
 test troponemici: rilevano gli anticorpi antitreponemici e sono molto specifici per la
sifilide. Comprendono:
o il TPHA (saggio di emoagglutinazione di T. pallidum)
o il TPI (Treponema pallidum immobilization)
Borrelie
Presentano una forma di elica lassa. Sono le uniche spirochete visibili al MO (tramite colorazione
Giemsa), pur essendo difficili da coltivare.
Vanno incontro a fenomeni di riarrangiamento genico, che terminano la comparsa di nuovi
antigeni, permettendo di evadere la risposta immunitaria umorale. Non producono tossine.
Parassitano alcuni artropodi. La proteina di superficie A (OspA) viene espressa da Borrelia
burgdorferi quando si trova nell’intestino medio di zecche a digiuno: questo gli permette di
aderire alle cellule intestinali. Quando la zecca fa un pasto l’espressione di OspA viene inibita, il
che permette al batterio di staccarsi dall’intestino e migrare verso le ghiandole salivari. Il batterio,
giunto nelle ghiandole salivarie, sovra-esprime OspC, che si lega a Salp 15, una proteina salivare
prodotta durante il pasto ematico.
La malattia di Lyme è un’infezione causata da Borrelia burgdorferi e trasmessa dalle zecche a
guscio duro, i cui principali serbatoi animali sono il topo dai piedi bianchi (soprattutto per le larve
e le ninfe) e il cervo dalla coda bianca (soprattutto per le zecche adulte).

La malattia viene distinta in tre possibili stadi:

 durante l’infezione precoce localizzata si ha eritema migrante. Si tratta di una lesione


cutanea che insorge dopo un periodo di incubazione di 3-32 giorni dal morso. Inizia come
una macula o una papula che progressivamente tende a espandersi, assumendo forma
rotondeggiante, di colorito rosso acceso con un’area centrale più chiara. Si può avere
astenia, febbre, artromialgie e cefalea
 l’infezione precoce disseminata può presentarsi con lesioni cutanee multiple, simili
all’eritema migrante iniziale, ma di dimensioni inferiori. In questi casi compare spesso
linfoadenopatia generalizzata. Un coinvolgimento neurologico può essere osservato anche
alcuni mesi dopo l’avvenuta infezione
 l’infezione tardiva, che può comparire anche a distanza di molti decenni, si manifesta
spesso con artrite a carico delle grosse articolazioni e talvolta manifestazioni neurologiche
e complicazioni cardiache

La diagnosi si avvale di test sierologici (come la ricerca di anticorpi anti-Borrelia) e PCR.


La terapia prevede l’uso di doxiciclina (una tetraciclina), amoxicillina o cefuroxima.
La febbre ricorrente è causata da diverse specie di Borrelia. Viene trasmessa da pidocchi o zecche.
La malattia prende questo nome perché i pazienti non trattati hanno 2-10 ricadute ad intervalli di
1-2 settimane; le ricadute si manifestano con una brusca ricomparsa della febbre.
Oltre alla febbre, i pazienti manifestano brividi improvvisi, forte cefalea, nausea, vomito, dolore
muscolare e articolare e spesso delirio e rash sul tronco o alle estremità.
Talvolta si può avere ittero, epatosplenomegalia, miocardite e insufficienza cardiaca, specialmente
in casi di malattia da pidocchi (che trasmettono Borrelia recurrentis).
Si fa diagnosi utilizzando la microscopia in campo oscuro o strisci di sangue colorati con
colorazione Giemsa; purtroppo, i test sierologici sono inaffidabili.
Il trattamento prevede tetraciclina, doxiciclina o eritromicina.

Leptospira
Hanno una forma allungata caratterizzata dall’essere ripiegata ad uncino alle estremità.
Sono aerobi obbligati. Il loro ciclo di replicazione dura 1-16 ore.

La loro diffusione avviene tramite le acque dolci contaminate dalle feci dell’organismo infettato,
dove il batterio può sopravvivere fino a 6 settimane.
Negli ospiti serbatoio, ovvero roditori e piccoli mammiferi, determinano infezioni spesso
asintomatiche a carico dei tubuli renali (per cui sono riversate anche nelle urine).
Negli ospiti occasionali, fra cui l’uomo, dopo un periodo di incubazione di 1-2 settimane, la
malattia si manifesta in 2 fasi:

 una prima fase caratterizzata da cefalea, gravi mialgie, brividi, febbre, tosse, faringite,
dolore toracico e in alcuni pazienti anche con emottisi. Di solito, fra il terzo e il quarto
giorno compare iperemia congiuntivale. In questa fase, le leptospire possono essere isolate
nel sangue e nel liquor (pur non provocando meningite). Segue poi una fase in cui il
paziente si sfebbra.
 una seconda fase, che si verifica tra il sesto e il dodicesimo giorno di malattia, in
correlazione con la comparsa di anticorpi nel siero. La febbre e gli altri sintomi si
ripresentano, ma questa volta può svilupparsi una meningite asettica (spesso scambiata
per meningite virale)
Si fa diagnosi tramite emocoltura, test sierologici come il test di agglutinazione (che valuta la
capacità del siero del paziente di agglutinare leptospire vive) o talvolta PCR.
La terapia prevede la somministrazione di doxiciclina o penicillina.
Mycobacterium
 Sono bacilli, aerobi, immobili (privi di ciglia)
 Non sono colorabili con la colorazione di Gram
 La struttura di base della parete è analoga a quella dei Gram positivi (ovvero una
membrana plasmatica interna ricoperta da uno strato di peptidoglicano), tuttavia
o nella membrana interna si trovano ancorati il fosfatidilinositolo mannoside e il
lipoarabinomannano (che ha una funzione analoga all’antigene O del LPS)
o sullo strato di peptidoglicano si inseriscono arabinogalattani e sulfolipidi, ma
soprattutto sono acidi micolici, delle cere che adiuvano la patogenicità del batterio
e da cui deriva il fattore cordale (un importante fattore di virulenza per
Mycobacterium tuberculosis)
 L’elevata idrofobicità della parete determina
o l’acido resistenza (perché il colorante è respinto dalle cere), per cui ci si può
avvalere solo della colorazione di Ziehl-Neelsen
o una crescita lenta
o la resistenza ai detergenti e ai comuni disinfettanti
o l’antigenicità

Classificazione di Runyon
Se la specie sviluppa spontaneamente una colorazione giallastra se le colture sono tenute alla luce
viene detta fotocromogena (come M. kansasii e M. marinum).
Se la specie sviluppa tale colorazione anche al buio viene detta scotocromogena.
Se la specie non produce il pigmento è detta non cromogena. Le specie non cromogene possono
essere distinte in specie a lento accrescimento e specie a rapido accrescimento.

Mycobacterium tuberculosis
È privo di capsula e non produce tossine. Presenta il fattore cordale, un derivato degli acidi
micolici che costituisce un importante fattore di virulenza e, insieme ai lipidi di membrana, è
responsabile dell’attivazione dell’immunità cellulo-mediata.
Inibendo l’antigene endosomico precoce 1 impedisce la fusione del fagosoma con i lisosomi.
Allo stesso tempo, il fagosoma è in grado di fondersi con altre vescicole intracellulari, garantendo
l’accesso ai nutrienti e facilitando la replicazione dentro il vacuolo.
I batteri sono anche in grado di evadere il killing macrofagico trasformando cataliticamente gli
ossidanti che si formano.
In risposta all’infezione, i macrofagi alveolari secernono IL-12 e TNF-alfa, che permettono il
reclutamento in situ di linfociti T naive e linfociti natural killer, inducendo la differenziazione dei
linfociti T naive in linfociti T helper, con conseguente secrezione di interferone gamma:

 in presenza di interferone gamma, i macrofagi infettati potenziano la fusione fagosoma-


lisosoma e il killing intracellulare
 in presenza di TNF-alfa, viene stimolata la produzione di ossido nitrico e intermedi reattivi
dell’azoto, portando a un killing intracellulare più efficace
Se la carica batterica è bassa, l’infezione si risolve con danno tissutale minimo.
Se la carica batterica è alta, la risposta immunitaria determina necrosi tissutale.

La tubercolosi si può manifestare in 3 fasi:

 infezione primaria: i bacilli che non vengono uccisi dai macrofagi si replicano al loro
interno, e in ultima fase, uccidono il macrofago (con l’aiuto di linfociti T citotossici); le
cellule infiammatorie sono attratte dal focolaio causando un addensamento polmonare
che dà origine ai caratteristici tubercoli riscontrabili all’esame istologico. Alcuni macrofagi
infetti migrano nei linfonodi regionali, da dove accedono al flusso sanguigno. I
microrganismi possono così diffondersi per via ematogena
 infezione latente: nel circa 95% dei casi, dopo circa 3 settimane di diffusione incontrollata,
il sistema immunitario controlla la replicazione batterica, solitamente prima che si
sviluppino sintomi o segni. I focolai nel polmone o nelle altre sedi si trasformano in
granulomi a cellule epitelioidi, che possono avere centri caseosi o necrotici. I bacilli
tubercolari possono sopravvivere in queste lesioni per anni
 malattia attiva: condizioni che compromettono l’immunità cellulare facilitano
notevolmente la riattivazione. Pertanto, i pazienti co-infetti da HIV e che non ricevono una
terapia antiretrovirale appropriata hanno circa un rischio annuo del 10% di sviluppare la
malattia attiva. Anche pazienti sotto terapia immunosoppressiva sono a forte rischio. La
tubercolosi danneggia i tessuti attraverso un meccanismo di ipersensibilità ritardata,
provocando tipicamente una necrosi granulomatosa con aspetto caseoso all’esame
istologico. I pazienti generalmente accusano tosse, malessere, inappetenza, perdita di peso
e astenia. La tubercolosi extrapolmonare provoca varie manifestazioni sistemiche e
localizzate a seconda degli organi colpiti
Si fa diagnosi di tubercolosi tramite:

 RX torace
 riscontro di bacilli acido-resistenti all’esame microscopico dell’escreato
 test di Mantoux, che prevede un’iniezione intradermica di antigene tubercolinico che
induce una reazione di ipersensibilità di tipo IV (o cellulo-mediata). Il paziente viene
valutato dopo 48-72 ore e il test viene considerato positivo se si sviluppa un indurimento
di almeno 15 mm nei soggetti sani, di almeno 10 mm nei soggetti provenienti da zone a
rischio e di almeno 5 mm nei soggetti con AIDS
 test di rilascio dell’interferone gamma (Quantiferon). Misura la quantità di interferone
prodotta dai linfociti T se stimolati da antigeni di Mycobacterium tuberculosis: se un
individuo è entrato in contatto con questo batterio si ha produzione di interferone
È importante sottolineare che spesso il Quantiferon è negativo in pazienti con infezione da
tubercolosi pregressa, mentre il Mantoux non fa differenza fra infezione latente e malattia attiva.
Inoltre, la precedente vaccinazione con bacillo di Calmette-Guérin (antitubercolare) non causa un
risultato del test falso positivo sul Quantiferon, a differenza del test cutaneo alla tubercolina.
La terapia prevede l’uso di
 farmaci attivi sulla parete, come etionammide e isoniazide, che agiscono influenzando la
sintesi dell’acido micolico, o etambutolo (che invece agisce sulla sintesi di
arabinogalattano)
 farmaci attivi sulla sintesi proteica, come rifampicina e levofloxacina (un fluorochinolone)
Il trattamento deve prolungarsi per almeno 6 mesi, fino a 12 per i soggetti esposti a
Mycobacterium tuberculosis farmaco-resistente.

Mycobacterium leprae
Ha un tropismo per i nervi periferici, la cute e le mucose del tratto respiratorio superiore. La
lebbra causa lesioni cutanee polimorfiche con anestesia e neuropatia periferica.

Anche in caso di contatto con i batteri, la maggior parte delle persone non contrae la lebbra: il 95%
delle persone immunocompetenti con infezione da M. leprae non sviluppa la malattia.
Nel restante 5%, M. leprae cresce lentamente e il periodo di incubazione generalmente varia da 6
mesi a 10 anni. Una volta che l’infezione si sviluppa, può verificarsi una disseminazione
ematogena.

La malattia viene classificata come paucibacillare (se si sviluppano fino a 5 lesioni cutanee e
prevale la risposta cellulo-mediata a sfavore di quella anticorpale) o multibacillare (se si
sviluppano almeno 6 lesioni cutanee e, al contrario, prevale la risposta anticorpale a sfavore di
quella cellulo-mediata).
Per la lebbra paucibacillare il trattamento è di almeno 6 mesi con rifampicina e dapsone, mentre
per la forma multibacillare di almeno un anno con rifampicina, dapsone e clofazimina.

La prognosi è favorevole, se il trattamento è tempestivo. In caso contrario, la malattia esita in


disabilità neurologiche irreversibili.

Mycobacterium avium complex


Comprende due specie: M. avium (che determina malattia anche nei soggetti sani) e M.
intracellulare (che provoca malattia solo nei soggetti immunodepressi).
La trasmissione del batterio avviene tramite ingestione: i batteri colonizzano in via asintomatica
l’intestino e si riproducono nei linfonodi loco-regionali per poi diffondere per via sistemica.
Possono causare broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e linfoadenopatia generalizzata.
Il trattamento si basa su azitromicina, etambutolo e rifampicina.
Neisserie
Sono diplococchi Gram – aerobi, asporigeni, immobili (perché privi di ciglia).
N. gonorrhoeae è catalasi positivo, N. meningitidis è catalasi negativo.
Sono entrambi ossidasi positivi:

 il gonococco ossida il glucosio


 il meningococco glucosio e maltosio
N. gonorrhoeae cresce su Agar sangue, N. meningitidis su Agar cioccolato.
Il meningococco possiede una vera e propria capsula polisaccaridica che costituisce un importante
fattore di virulenza e che ha permesso di identificare 13 diversi sierogruppi, di cui però solo 5 (A,
B, C, W 135 e Y) sono i responsabili della maggior parte delle patologie.
Il gonococco non ha una vera e propria capsula, ma comunque presenta una carica negativa
pseudo-capsulare.
Entrambe le specie presentano:

 pili e pili sessuali. I pili mediano l’adesione e la motilità, i pili F la coniugazione.


Le proteine piliniche hanno
o una regione N-terminale altamente conservata
o una regione C-terminale esposta e iper-variabile, associata alla proteina PilC che
contribuisce alla sua variabilità genica. Proprio da questa variabilità genica dipende
l’assenza di immunità nei confronti di una reinfezione da gonococco
 proteine poriniche, ovvero delle proteine integrali della membrana esterna che formano
pori per l’ingresso dei nutrienti e la fuoriuscita di cataboliti.
I geni che codificano per le porine sono PorA e PorB:
o nel meningococco sono espressi entrambi
o nel gonococco è espresso solo PorB
PorB è un fattore di virulenza che ha la capacità di interferire con la degranulazione dei
neutrofili, favorire l’adesione e l’invasione delle cellule epiteliali e rendere il batterio
resistente alle proteine del complemento
 proteine Opa: sono una famiglia di proteine di membrana che mediano il legame con le
cellule epiteliali. Conferiscono opacità
 proteine Rmp: proteggono gli antigeni superficiali dal riconoscimento da parte di anticorpi
specifici
 Tbp1, Tbp2 e Tbp3 legano la transferrina della cellula ospite competendo con essa per il
ferro. La specificità del legame per la transferrina umana è probabilmente la regione per
cui questi batteri sono altamente patogeni
 lipo-oligosaccaride (LOS): è composto da lipide A e da un oligosaccaride centrale, ma è
privo del polisaccaride O-antigenico che si riscontra nel LPS.
La porzione del lipide A possiede attività endotossinica. Sia il meningococco che il
gonococco rilasciano spontaneamente vescicole di membrana esterna contenenti il LOS
 IgA1 proteasi: scinde la regione cerniera nelle IgA1
 Beta-lattamasi (prodotto solo da alcuni ceppi)
La patogenesi delle Neisserie dipende:

 dalle proteine piliniche, poriniche e opache, che mediano l’adesione e la penetrazione


 dal rilascio delle vescicole contenenti il LOS, durante la replicazione del batterio
 dal rilascio di TNF-alfa da parte delle cellule immunocompetenti in risposta al LOS

Neisseria gonorrhoeae
Si trasmette per contatto sessuale.
Il maggior serbatoio per i gonococchi sono gli individui infetti asintomatici: si stima che più del 50%
delle donne e circa il 20% degli uomini infetti siano asintomatici.
Le manifestazioni cliniche della gonorrea compaiono dopo un periodo di incubazione di 1-7 giorni.
Nelle donne, la manifestazione clinica principale è un’uretrite, con disuria e stranguria, oppure
una cervicite con secrezioni giallo-verdastri, dolore durante o dopo i rapporti sessuali, prurito
vaginale e difficoltà a urinare.
Negli uomini, la gonorrea si manifesta con un’uretrite con secrezioni abbondanti, dense e di colore
giallo-verdastro, bruciori e difficoltà a urinare.
Se trasmessa attraverso un rapporto anale, la gonorrea spesso è asintomatica; tuttavia, in alcuni
casi si può sviluppare una proctite (caratterizzata da dolore anale con secrezioni dense purulente e
sanguinamento).
Se trasmessa attraverso un rapporto orale, la gonorrea può provocare una faringite.
Negli adulti, si può avere anche una congiuntivite dovuta a contaminazione accidentale attraverso
le mani infette. Nei neonati il batterio può essere trasmesso durante il parto e provocare una
congiuntivite purulenta nota proprio come oftalmia neonatorum: i neonati sviluppano una grave
infiammazione delle palpebre e spurgo di pus dagli occhi. Senza trattamento, può causare cecità.
Invece, un rara complicanza della gonorrea è l’infezione gonococcica disseminata, caratterizzata
da dolore articolare, eruzioni cutanee, dolore muscolare, infiammazione dei tendini, endocardite e
meningite.
Si fa diagnosi di infezione gonococcica ricorrendo alla colorazione di Gram oppure coltivando il
microrganismo su terreni di Agar sangue. Comunque, l’identificazione definitiva è guidata dal
pattern di ossidazione dei carboidrati: il gonococco ossida il glucosio e non il maltosio.
Generalmente, i pazienti vengono trattati in doppia terapia antibiotica con ceftriaxone e
azitromicina, oppure, i pazienti allergici, con un fluorochinolone più azitromicina. La monoterapia
a base di fluorochinoloni non è più raccomandata a causa dell’aumento della resistenza ai farmaci.

Neisseria meningitidis
I meningococchi colonizzano l’orofaringe. La trasmissione avviene tramite goccioline di Flugge,
ovvero microgocce di saliva in grado di rimanere sospese in aria.
La meningite da meningococco è caratterizzata da febbre, vomito, cefalea, fotofobia e rigidità
nucale, confusione, delirio e sonnolenza.
La rigidità del collo e la fotofobia sono spesso assenti nei neonati e nei bambini piccoli, che
possono presentare segni aspecifici come irritabilità, pianto inconsolabile, difficoltà di
alimentazione, fontanella pulsante.
I pazienti che sopravvivono possono sviluppare sequele neurologiche che comprendono sordità,
crisi epilettiche, spasticità, deficit dell’attenzione e disabilità intellettiva.
N. meningitidis può provocare una sepsi, definita meningococcemia, che esordisce con un rash
petecchiale che non schiarisce o con un rash purpureo. Un’infezione grave può provocare
pericolosi abbassamenti della pressione arteriosa (quindi shock), tendenza al sanguinamento e
scompenso di molti organi (come i reni e il fegato).
La setticemia può esitare anche in gangrena a livello delle dita delle mani, delle dita dei piedi o
degli arti, che può richiedere l’amputazione.
Si fa diagnosi di infezione meningococcica tramite coltura dei campioni di sangue e del liquido
cerebrospinale (ottenuto tramite puntura lombare).
Il batterio risponde ancora molto bene al ceftriaxone, anche in monoterapia.
La profilassi post-esposizione richiede la somministrazione di rifampicina.

Esistono tre tipi di vaccino anti-meningococco:

 il vaccino coniugato contro il meningococco di sierogruppo C


 il vaccino coniugato tetravalente, che protegge dai sierogruppi A, C, W e Y
 il vaccino contro il meningococco di sierogruppo B
Clamidie
Sono Gram – (anche se vengono evidenziate meglio con la colorazione Giemsa).
Hanno una forma rotonda e un diametro inferiore a 0,5 micron.
Sono parassiti endocellulari obbligati: non producono ATP e devono necessariamente ricavarlo
dalla cellula ospite.
La parete cellulare delle clamidie:

 è priva di peptidoglicano, ma al suo posto presenta la proteina OMP 2, che crea dei ponti
disolfuro stabilizzando i corpi elementari
 pur presentando LPS (come tutti i Gram –), ha una debole attività endotossica
 presenta la proteina maggiore della membrana esterna (MOMP), caratteristica di ciascuna
specie
Hanno un ciclo vitale dimorfico, cioè possono presentarsi:

 come corpi elementari, ovvero forme metabolicamente inerti che non possono replicare,
ma sono infettive, in quanto capaci di legarsi alla cellula ospite tramite la proteina MOMP
 come corpi reticolati, forme non infettive, ma metabolicamente attive e con la capacità di
replicarsi. Queste forme risultano labili in quanto sono prive della proteina OMP 2

Dopo 48-72 ore dall’infezione, i corpi elementari prodotti lisano la cellula ospite.
Le clamidie sono prive di tossine e le loro patologie tendono a cronicizzare, perché questi batteri
non evocano una risposta immunitaria efficace.
Tre specie sono patogene per l’uomo: Chlamydia trachomatis, Chlamydophila psittaci e
Chlamydophila pneumoniae.

Chlamydia trachomatis
In base alla proteina MOMP sono stati definiti 15 sierotipi:

 A, B, Ba e C provocano tracoma
 da D a K sono responsabili di infezioni genitali
 L1, L2, e L3 causano malattie a trasmissione sessuale che portano a malattia invasiva dei
linfonodi (linfogranuloma venereo)
C. trachomatis, date le dimensioni ridotte, riesce a penetrare nel tessuto attraverso le microlesioni
che si sviluppano durante l’atto sessuale.

 Si lega ai recettori delle cellule epiteliali colonnari (endometrio, tube di Falloppio, tratto
ano-rettale, tratto respiratorio e congiuntiva) o di transizione (la porzione dell’uretra in
prossimità del collo vescicale)
 Non si lega all’epitelio squamoso (quindi la mucosa vaginale è risparmiata)
Negli uomini provoca epididimite e uretrite non gonococcica.
Nelle donne è causa di cervicite, uretrite e malattia infiammatoria pelvica.
In entrambi i sessi provoca proctite (se trasmessa per via anale), linfogranuloma venereo e artrite
reattiva (sindrome di Reiter).
La trasmissione materno-fetale causa congiuntivite neonatale e polmonite interstiziale.
Il tracoma è una congiuntivite cronica caratterizzata da progressive esacerbazioni e remissioni.
Rappresenta la causa principale di cecità prevenibile nel mondo. I sintomi iniziali sono iperemia
congiuntivale, edema, fotofobia e lacrimazione. Successivamente, compaiono cicatrizzazioni a
livello della congiuntiva, della cornea e delle palpebre.
Il linfogranuloma venereo è caratterizzato da una lesione cutanea spesso asintomatica, seguita da
linfoadenopatia regionale inguinale o pelvica.
La clamidia, se diagnosticata, è facilmente curabile con tetracicline o eritromicina.

Si fa diagnosi su campione ottenuto tramite tampone o rettoscopia, sottoponendolo alla


colorazione Giemsa, oppure ricercando gli antigene tramite saggio ELISA utilizzando anticorpi anti-
MOMP, oppure utilizzando test basati sull’amplificazione degli acidi nucleici.

Chlamydophila pneumoniae
È stato identificato un solo sierotipo di questa specie denominato TWAR (Taiwan Acute
Respiratory), che può causare una polmonite (specialmente nei bambini e nei giovani adulti)
clinicamente indistinguibile dalla polmonite da Mycoplasma pneumoniae.

Può causare anche sinusiti, faringiti e bronchiti.


Comunque, si ritiene che la maggior parte delle infezioni siano asintomatiche o lievi e causino solo
tosse persistente e malessere.
Sembrerebbe abbia un ruolo nella patogenesi dell’aterosclerosi, in quanto il batterio può essere
isolato da biopsie di lesioni aterosclerotiche, ma il suo ruolo non è ancora ben definito.
Per il trattamento sono raccomandati i macrolidi, la doxiciclina o la levofloxacina.

Chlamydophila psittaci
Mentre Chlamydia trachomatis e Chlamydophila pneumoniae riconoscono come unico serbatoio
l’uomo, Chlamydophila pneumoniae psittaci può infettare qualunque tipo di uccello e l’uomo
rappresenta solo un ospite a vicolo cieco (cioè non può trasmettere il batterio).
Il batterio è presente nelle feci e nelle ali del volatile e può passare all’uomo per inalazione.
Nell’uomo provoca la psittacosi, una malattia primariamente polmonare, ma che può coinvolgere
anche fegato, milza e cornea.

I pazienti possono avere delle manifestazioni esantematiche patognomoniche della psittacosi: le


macchie di Horder. Generalmente manifestano epatosplenomegalia, febbre e tosse.

Per diagnosticare la psittacosi, bisogna analizzare se nel campione sanguigno del paziente ci sono
anticorpi contro Chlamydophila psittaci.
Pseudomonas
Sono bacilli debolmente ricurvi, Gram negativi, aerobi obbligati e mobili per la presenza di flagelli
e pili. Sono ubiquitari: fanno semplici richieste nutrizionali e riescono a utilizzare come fonti di
carbonio composti molto variegati, addirittura possono crescere in soluzioni disinfettanti a base di
ammonio quaternario.
Alcune specie producono pigmenti diffusibili:

 la piocianina colora la coltura in blu, è prodotto da Pseudomonas aeruginosa e


rappresenta un fattore di virulenza perché catalizza la formazione di perossido di idrogeno
e ione superossido e stimola il rilascio di IL-8 (un fattore chemiotattico per i neutrofili)
 la pioverdina è un pigmento verde, oltre che un fattore di virulenza perché un sideroforo,
cioè un chelante di ferro
 la piorubina è un pigmento rosso, la fluoresceina giallo e la piomelanina nero
Vengono considerati patogeni opportunisti e la maggior parte delle infezioni si verifica in pazienti
con fibrosi cistica (fra l’altro Pseudomonas aeruginosa può colonizzare anche i respiratori di
terapia intensiva).
Pseudomonas aeruginosa è intrinsecamente resistente a molti antibiotici:

 muta le porine (le quali permettono all’antibiotico di entrare nella cellula)


 presenta meccanismi di espulsione (per i farmaci che sono riusciti a entrare nonostante la
mutazione delle porine)
 produce beta-lattamasi e acetiltransferasi (in modo da inattivare gli aminoglicosidi)
 altera dei bersagli specifici di alcuni farmaci

Fattori di virulenza
 Componenti strutturali
o Presentano una capsula composta da alginato, un esopolisaccaride viscoso che
protegge il batterio dalla fagocitosi e blocca alcuni farmaci
o Le adesine mediano, insieme ai flagelli, ai pili, al LPS e all’alginato, l’adesione del
batterio alla cellula
o La neuraminidasi batterica scinde l’acido sialico dai recettori dei pili per potenziare
l’adesione alle cellule epiteliali
 Tossine
o Il LPS, ovvero l’endotossina prodotta da tutti i Gram negativi
o L’esotossina A è uno dei più importanti fattori di virulenza di P. aeruginosa.
Interrompe la sintesi proteica bloccando l’elongazione della catena polipeptidica
nelle cellule eucariotiche, in modo molto simile alla tossina difterica, anche se meno
potente. Contribuisce alla necrosi del derma che si verifica nelle ferite ustionate, al
danno corneale nelle infezioni oculari e al danno tissutale nelle infezioni
polmonari
o Le esotossine S e T, prodotte da P. aeruginosa, che vengono introdotte nella cellula
bersaglio e portano alla riorganizzazione dell’actina con alterazione del
citoscheletro, danno tissutale e diffusione del batterio
 Enzimi
o Le elastasi LasA e LasB agiscono sinergicamente degradando l’elastina a danno dei
tessuti contenenti elastica e del parenchima polmonare, determinando emorragie.
Le infezioni croniche da Pseudomonas sono caratterizzate dalla formazione di
anticorpi anti-LasA e anti-LasB, con deposizione di immunocomplessi nei tessuti
infettati
o La fosfolipasi C è un’emolisina termolabile che scinde i lipidi e la lectina, facilitando
la distruzione dei tessuti
o la piocianina, il pigmento che colora la coltura in blu prodotto da P. aeruginosa

Pseudomonas aeruginosa
Causa frequentemente infezioni nosocomiali, soprattutto nei pazienti con ventilazione assistita,
ustioni o fortemente debilitati. Ha la capacità di infettare molte sedi:

 può determinare infezioni della cute e dei tessuti molli, in particolare negli ustionati, la
regione al di sotto dell’escara può essere estesamente infiltrata dai microrganismi e
fungere da focolaio per una successiva batteriemia con complicanze spesso fatali
 può provocare infezioni polmonari
 nei nuotatori può causare un’otite esterna, che nei diabetici può arrivare a essere causa di
un’osteomielite dell’osso temporale
 nei cateterizzati infezioni urinarie
 in soggetti che hanno subito un trauma alla cornea infezioni oculari
 molte infezioni da Pseudomonas possono provocare una batteriemia
 invece di rado Pseudomonas provoca endocardite, in genere sulle protesi valvolari di
pazienti che hanno subito un intervento a cuore aperto
Le infezioni da P. aeruginosa sono coadiuvate spesso dalla produzione di biofilm: è grazie al
biofilm che il batterio riesce a colonizzare stabilmente le protesi, gli endoscopi, i cateteri e i
respiratori artificiali.

La diagnosi è semplicissima: P. aeruginosa cresce in terreni di coltura comuni, purché esposti


all’ossigeno. Le colonie sono caratterizzate da beta-emolisi e da una pigmentazione verde.
Per la terapia è consigliabile valutare l’esito dell’antibiogramma. Nell’attesa è consigliabile iniziare
la terapia empirica con un aminoglicoside più un beta-lattamico.
Enterobatteri
Sono bacilli Gram negativi, aerobi facoltativi, asporigeni.
La loro famiglia comprende più di 50 generi.
Possono essere sia mobili, per la presenza di più flagelli sparsi su tutta la superficie, sia immobili.
Presentano sia fimbrie comuni, sia pili sessuali.
Hanno la caratteristica di fermentare il glucosio; sono catalasi positivi, ma ossidasi negativi.

Alcuni sono capsulati, altri sono circondati semplicemente da uno strato gelatinoso lasso.
Sono ubiquitari e responsabili del 30% delle batteriemie e del 70% di tutte le infezioni urinarie.
In base alla loro patogenicità possono essere distinti in:

 enterobatteri sempre patogeni per l’uomo (Salmonella typhi, Shigella spp e Yersinia pestis)
 patogeni opportunisti, ovvero batteri commensali che sono in talune condizioni provocano
malattia (come Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae e Proteus mirabilis)
 batteri commensali che diventano patogeni in seguito all’acquisizione di fattori genetici di
virulenza veicolati da plasmidi (ad esempio, E. coli)
Le infezioni da enterobatteri possono essere veicolate

 da un serbatoio animale (come la maggior parte delle Salmonelle e delle Yersinie)


 da un portatore umano (come le Shigelle e Salmonella typhi)
 da una diffusione endogena (per esempio E. coli che nelle donne passa agevolmente
dall’ano all’uretra e da qui alla vescica)
Dal punto di vista epidemiologico vengono classificati in base

 ai polisaccaridi somatici O, infatti in ogni genere e specie sono presenti antigeni O del LPS
ceppo-specifici, anche se si possono avere reazioni crociate tra generi correlati (per
esempio tra Salmonella e Citrobacter, o tra Escherichia e Shigella)
 agli antigeni capsulari K, non usati normalmente per la tipizzazione dei ceppi, ma
importanti perché possono interferire con la ricerca degli antigeni O
 agli antigeni H, proteine flagellari termolabili con un importante significato clinico
Nella famiglia degli enterobatteri sono stati identificati molti fattori di virulenza:

 il LPS, comune a tutti i Gram –


 la capsula, che li protegge dalla fagocitosi e conferisce loro mimetismo antigenico
 gli antigeni somatici O, gli antigeni capsulari K e gli antigeni flagellari H possono essere
alternativamente espressi o non espressi, proteggendo il batterio dall’effetto citotossico
degli anticorpi: questo meccanismo si definisce variazione di fase antigenica
 posseggono sistemi di secrezione di tipo III, un sistema effettore che agisce come una
siringa molecolare per introdurre i fattori di virulenza nelle cellule eucariotiche bersaglio
 i batteri possono competere con l’emoglobina e la transferrina producendo composti
siderofori al fine di accaparrarsi il ferro, che è per loro un importante nutriente
 i batteri capaci di indurre infezioni sistemiche sono spesso resistenti al killing sierico,
impedendo il legame con le proteine del complemento
I batteri sviluppano resistenza ai farmaci molto rapidamente. La resistenza può essere veicolata
da plasmidi perfino tra famiglie batteriche diverse.

Escherichia coli
Deve rimanere confinato nella propria sede: se acquista fattori di virulenza e si diffonde, per
esempio a seguito di perforazione intestinale, nel peritoneo, allora diventa patogeno.
Possono essere distinti in 5 ceppi:

 enterotossigeni (ETEC). Non provocano alterazioni istologiche: la sintomatologia è dovuta


esclusivamente all’effetto delle tossine, non alla capacità citotossica del batterio che è
assente. Possono portare la cosiddetta diarrea del viaggiatore (scariche diarroiche e
crampi addominali). Esprimono
o le tossine termolabili LT-1 e LT-2, di cui solo la prima è patogena per l’uomo.
LT-1 è caratterizzata da una subunità A circondata da 5 subunità B identiche, che si
legano al ganglioside GM1, lo stesso recettore della tossine colerica. Questo
determina un aumento dei livelli di cAMP, che stimola la secrezione di cloro e
riduce l’assorbimento di sodio e cloro, causando diarrea acquosa
o le tossine termostabili STa e STb. Anche in questo caso solo la prima è patogena
per l’uomo. STa è un peptide che si lega ai recettori transmembrana guanilato
ciclasi determinando un incremento del cGMP. Questo provoca un trasporto
alterato di cloruro di sodio e quindi diarrea
 enteropatogeni (EPEC). Distruggono i microvilli quindi causano alterazioni istologiche.
Aderiscono agli enterociti grazie ai pili e tramite il sistema di secrezione di tipo III viene
iniettato il recettore traslocato dell’intimina che permette il legame con un’adesina
batterica. Ciò determinando la polimerizzazione dell’actina e l’accumulo di proteine
citoscheletriche con conseguente distruzione dell’epitelio
 enteroaggreganti (EAEC), così chiamati perché posseggono fimbrie di adesione aggreganti
di tipo I che mediano l’adesione del batterio alla parete intestinale, inducendo la
secrezione di muco che avvolge i batteri formando biofilm. Per questo motivo possono
persistere perché resistono agli antibiotici e alla fagocitosi e determinare un ritardo nella
crescita nei bambini in via di sviluppo. Inoltre, questi ceppi producono due tossine, capaci
di stimolare la secrezione di fluidi:
o la tossina termostabile enteroaggregante (simile alla tossina termostabile dei ceppi
enterotossigeni)
o la tossina plasmidica
 enteroemorragici (EHEC): provocano una malattia che va da una lieve diarrea a una colite
emorragica. Questi ceppi producono la tossina Shiga-like, di cui ne esistono due varianti:
o la variante Stx-1, identica alla tossina di Shigella
o la variante Stx-2, omologa per il 60%
Entrambe sono formate da una subunità A e 5 subunità B. Le subunità B si legano al GB 3 e
quando ciò avviene la subunità A si scinde in due molecole, di cui una blocca la sintesi
proteica. In circolo questa tossina può interagire con i recettori posti sulle cellule
endoteliali di colon, SNC e rene (determinando la sindrome uremico-emolitica,
caratterizzata da insufficienza renale acuta, trombocitopenia e anemia)
 enteroinvasivi (EIEC): molto rari. Invadono e distruggono l’epitelio del colon tramite vari
geni Inv inseriti in un plasmide

La diagnosi di laboratorio si basa sulla ricerca delle tossine TL, TS o Shiga-like o tramite la
coprocoltura.
Anche se particolarmente debilitati (e nei paesi in via di sviluppo possibile causa di morte per
disidratazione), non è necessaria la terapia antibiotica.
Le infezioni extraintestinali riguardano

 le vie urinarie: grazie alle adesine i batteri non vengono eliminati con la minzione e grazie
alle emolisine lisano gli eritrociti. Generalmente sono trattabili con D-mannosio
 nei neonati le meningi

Salmonella
Viene trasmessa per ingestione di acqua o cibi infetti.
Attacca la mucosa dell’intestino tenue, invadendo sia le cellule M delle placche di Peyer sia gli
enterociti. Le Salmonelle si replicano all’interno dei vacuoli endocitici, solo che

 Salmonella enterica generalmente resta confinata nella sottomucosa


 Salmonella typhi arriva al circolo ematico trasportata all’interno dei macrofagi, dove
peraltro si replica

L’attacco, la fagocitosi e la replicazione sono tutti processi mediati principalmente dalle isole di
patogenicità I e II:

 l’isola di patogenicità I codifica le proteine di invasione secrete dalle Salmonelle (Ssps) e un


sistema di secrezione di tipo III che inietta le proteine nella cellula ospite
 l’isola di patogenicità II contiene geni che permettono l’evasione della sorveglianza
immunitaria
La maggior parte delle specie che infettano l’uomo appartengono a Salmonella enterica. Sono
stati scritti migliaia di sierotipi di Salmonella enterica, tuttavia vengono comunemente classificati
come specie diverse (per esempio Salmonella typhi e Salmonella paratyphi).
Si distinguono:

 sierotipi adattati all’uomo, come Salmonella typhi e Salmonella paratyphi, che possono
sopravvivere nella colecisti generando dei portatori cronici. Questi rappresentano
importanti serbatoio della malattia
 sierotipi adattati agli animali
La forma più comune di salmonellosi è la gastroenterite. Si manifesta entro 6-48 ore dal consumo
di alimento o acqua contaminati ed è caratterizzata da nausea, vomito e diarrea non emorragica.
Bastano poche copie di Salmonella typhi per infettare l’uomo, addirittura si stima bastino cento
batteri. Invece, per quanto riguarda le altre Salmonelle enteriche, possono essere necessarie
anche milioni di copie. Spesso il paziente manifesta anche febbre, crampi addominali, mialgie e
cefalea. Comunque, i sintomi si risolvono spontaneamente dopo 2-7 giorni.
Salmonella typhi causa la febbre tifoide. Invece, Salmonella paratyphi una forma più lieve, la
febbre paratifoide. Questi batteri attraversano l’epitelio intestinale e vengono fagocitati dai
macrofagi, dove peraltro si replicano, e questo permette loro di diffondersi per via ematogena e
determinare una prima batteriemia.
Vengono quindi trasportati nel fegato, nella milza e nel midollo osseo, per questo spesso
provocano epatosplenomegalia.
Dopo 10-14 giorni dall’ingestione dei batteri i pazienti sviluppano una febbre “a scalini” (cioè sale
progressivamente arrivando fino ai 39-40 gradi) e sintomi aspecifici come cefalea, malessere e
inappetenza, che persistono per più di una settimana.
Un segno caratteristico è la bradicardia relativa (cioè si ha un incremento della frequenza
cardiaca, ma in misura minore di quanto sarebbe atteso sulla base della febbre).
Nei casi più gravi sono presenti anche sintomi a carico del SNC, come delirium, stupor (mancanza
della funzione cognitiva critica) e coma. Nel 10-20% circa dei pazienti compaiono sulla cute
macchie isolate di colorito roseo che scompaiono alla digitopressione.
Dopo essere stati trasportati in fegato, milza e midollo i batteri determinano una seconda
batteriemia e riescono a colonizzare la colecisti, a questo punto:

 possono permanere nella colecisti, facendo diventare l’individuo portatore sano per più di
un anno
 tramite la bile possono raggiungere nuovamente l’intestino tenue. A questo punto il
paziente accusa spesso dolore a tutti i quadranti addominali e diarrea, talvolta emorragica
Esistono tre vaccini, che comunque non danno immunità permanente, quindi è consigliabile
sottoporsi a vaccinazione in caso di eventuale partenza in zone a rischio.
Si fa diagnosi di Salmonella tramite prelievo ematico o fecale e coltivando il batterio in terreno
MacConkey.
Il trattamento antibiotico generalmente si basa su ceftriaxone, ciprofloxacina o cloramfenicolo.

Shigella
Se ne individuano 4 sierotipi in base all’antigene O: Shigella dysenteriae e Shigella flexneri,
Shigella boydii, Shigella sonnei. L’uomo è l’unico serbatoio di Shigelle.

Le specie di Shigella sembrano incapaci di aderire alle cellule mucose differenziate, mentre
aderiscono alle cellule M delle placche di Peyer e le invadono.

Tramite il sistema di secrezione di tipo III iniettano quattro proteine (IpaA, IpaB, IpaC e IpaD) nelle
cellule epiteliali non differenziate e nei macrofagi, determinando l’increspamento della membrana
della cellula bersaglio e favorendo l’internalizzazione dei batteri.
Altra differenza con Salmonella consiste nel fatto che le Shigelle lisano i vacuoli fagocitici e si
replicano nel citoplasma, mentre le Salmonelle si replicano direttamente all’interno dei vacuoli.
Producono un’esotossina, la tossina Shiga, identica alla variante Stx-1 della tossina Shiga-like di E.
coli enteroemorragici.
La shigellosi non determina mai batteriemia. È caratterizzata da crampi addominali, diarrea,
febbre e talvolta feci emorragiche. Ha un periodo di incubazione di 1-3 giorni e generalmente è
autolimitante.

Yersinia
Sono le responsabili di zoonosi in cui l’uomo è un ospite accidentale. La loro patogenicità è dovuta
alla resistenza al killing fagocitario. Questa è determinata dalla capacità dei batteri di iniettare tre
diverse proteine nel fagocita professionale tramite il sistema di secrezione di tipo III:

 la chinasi YopH che fosforila le proteine necessarie alla fagocitosi


 la proteina YopE che distrugge i filamenti di actina
 la proteina YopJ/P che induce l’apoptosi nei macrofagi
Yersinia pestis

 codifica una capsula proteica per proteggersi dalla fagocitosi


 presenta il gene pla che attiva il plasminogeno, capace di degradare i fattori del
complemento C3b e C5a
 è trasmessa dalle pulci
 provoca
o peste bubbonica, che determina iperpiressia, linfoadenopatia con formazione di
veri e propri bubboni, epatosplenomegalia, delirium e stupor. Spesso si ha
setticemia che ha un esisto infausto nel 60% dei casi
o peste polmonare: spesso è una complicanza della diffusione ematogena della peste
bubbonica. Se non trattata esita in morte in 48 ore
La diagnosi si basa sulla colorazione e sulla coltura del microrganismo, tipicamente mediante
agoaspirazione di un bubbone (il drenaggio chirurgico può provocare disseminazione), ma anche
tramite emocolture o colture dell’escreato.

La terapia è a base di streptomicina.


Yersinia enterocolitica causa enterocolite a livello dell’ileo terminale. Generalmente è
autolimitante.
Corinebatteri (difterite)
Sono Gram +, presentano una caratteristica forma a clava e sono sprovvisti di ciglia, flagelli e
acapsulati.
Metabolicamente sono batteri aerobi, catalasi positivi e la maggior parte hanno la capacità di
fermentare i carboidrati, producendo acido lattico.
La maggior parte delle specie presentano l’acido corynemicolico (quasi identico al fattore cordale
dei micobatteri).

Corynebacterium diphtheriae
Si possono individuare 4 biotipi: Belfanti, Gravis, Intermedium e Mitis. Ad eccezione di Belfanti,
tutti possono produrre la tossina difterica, che costituisce il principale fattore di virulenza della
specie.
L’esotossina difterica è codificata dal gene tox, che viene introdotto in C. diphtheriae da un fago
lisogeno (quindi un ceppo avirulento può diventare virulento). È una tipica esotossina A-B, cioè

 possiede una subunità A in cui è presente una regione catalitica, che blocca la sintesi
proteica della cellula ospite inattivando il fattore di allungamento 2 (EF-2)
 una subunità B in cui sono presenti una regione che lega il recettore e una regione di
traslocazione

L’esotossina difterica si lega al fattore di crescita EGF-simile legante l’eparina, espresso sulle
cellule cardiache e nervose (questo spiega le complicanze della difterite in queste regioni).

Produce anche fosfolipasi D, ureasi, neuraminidasi e alcuni fattori di resistenza agli antibiotici.
La difterite può causare

 infezioni cutanee aspecifiche indistinguibili da patologie cutanee croniche come la psoriasi


 una faringite pseudomembranosa potenzialmente capace di ostruire le vie aeree
Il danno del tessuto miocardico e nervoso è secondario all’esotossina, in particolare la miocardite
può svilupparsi quando i sintomi faringei stanno già migliorando: nel 20-30% dei casi si verificano
variazioni irrilevanti dell’ECG, ma possono manifestarsi insufficienza cardiaca, aritmie ventricolari e
addirittura blocco cardiaco completo.
Esiste anche uno stato di portatore asintomatico. Il batterio è trasmesso tramite il contatto con la
pelle e le goccioline di Flügge.
La diagnosi nella forma respiratoria è clinica e confermata:

 tramite esame microscopico ricorrendo alla colorazione Giemsa


 tramite l’isolamento su Agar sangue al tellurito di potassio
La terapia prevede antitossine e penicillina o eritromicina.
La vaccinazione in età infantile è obbligatoria. È un vaccino coniugato contro la difterite, il tetano e
la pertosse. Vengono somministrate 5 dosi a 2 mesi, 4 mesi, 6 mesi, 15-18 mesi e 4-6 anni.
Bordetella (pertosse)
Sono coccobacilli Gram negativi strettamente aerobi ed estremamente piccoli (0,2-0,5 micron di
diametro), asporigeni e immobili.

Bordetella pertussis
La sua patogenicità risiede:

 nella capacità di aderire all’epitelio ciliato tramite la pertactina e l’emoagglutinina


filamentosa, le quali promuovono il legame alle integrine
 nella capacità di produrre 4 esotossine:
o la tossina della pertosse è una classica esotossina A-B caratterizzata
 da una subunità tossica S1, che produce un aumento di cAMP, il quale
determina un aumento della produzione di muco
 da 5 subunità di legame, in particolare S2 lega il lattosilceramide, ovvero un
glicolipide particolarmente abbondante nelle cellule epiteliali ciliate, e S3 si
lega ai macrofagi
o l’emolisina, un’adenilato ciclasi che converte l’ATP in cAMP e che inibisce la
chemiotassi dei leucociti
o la tossina dermonecrotica, termolabile (provoca ischemia localizzata)
o la citotossina tracheale, che inibisce il movimento ciliare ed è causa della tosse
asina caratteristica
In quanto Gram – possiede il LPS.
La pertosse

 esordisce con una fase tracheale, in cui presenta una sintomatologia respiratoria non
specifica
 segue con una fase parossistica, caratterizzata da tosse spasmodica che termina
solitamente con un’inspirazione prolungata. Gravi parossismi con conseguente anossia
possono determinare la comparsa di emorragie cerebrali, oculari, cutanee e mucose.
Addirittura, a volte si verificano ernie ombelicali e prolasso rettale

La convalescenza inizia dopo 2-4 settimane. I parossismi diminuiscono, ma possono verificarsi


complicanze secondarie quali otite media, broncopolmonite e convulsioni.

Si fa diagnosi di pertosse

 tramite coltura su terreno Bordet-Gengou


 tramite microscopia avvalendosi dell’immunofluorescenza diretta
I macrolidi sono efficaci per eradicare gli organismi. Nei neonati si usa il trimetoprim associato al
sulfametossazolo (un sulfamidico).
La vaccinazione in età infantile è obbligatoria. È un vaccino coniugato contro la difterite, il tetano e
la pertosse. Vengono somministrate 5 dosi a 2 mesi, 4 mesi, 6 mesi, 15-18 mesi e 4-6 anni.
Invece, Bordetella parapertussis è responsabile del 10-20% dei casi di pertosse lieve.
Vibrioni e Aeromonas
Sono bacilli Gram – fermentanti, anerobi facoltativi e asporigeni.
Inizialmente venivano classificati come enterobatteri, tuttavia sono stati distinti sia perché
ossidasi positivi, sia perché presentano flagelli polari.
Poi l’analisi genetica ha permesso di capire che vibrioni e Aeromonas sono solo lontanamente
imparentati.

Vibrioni
Necessitano di NaCl per svilupparsi, quindi colonizzano anche acque salate. Solo Vibrio cholerae
può svilupparsi su quasi tutti i terreni senza aggiungere cloruro di sodio.

Sono molto sensibili agli acidi grassi.

Vibrio cholerae
In base all’antigene O del LPS si possono distinguere oltre 200 sierogruppi di V. cholerae.
Di questi solo i sierogruppi O1 e O139 producono la tossina colerica.
Il sierogruppo O1 viene ulteriormente suddiviso in

 tre sierotipi
o Inaba (caratterizzato dagli antigeni A e C)
o Ogawa (antigene A e B)
o Hikojima (rappresenta uno stato di transizione in cui gli antigene Inaba e Ogawa
risultano co-espressi, quindi A, B e C)
 due biotipi (Classico ed El Tor)
I fattori di virulenza di Vibrio cholerae sono:

 la tossina colerica, una tossina di tipo A-B codificata dal fago CTX-phi e formata
o da cinque subunità ctxB che legano i recettori gangliosidici GM1
o da due subunità ctxA, di cui una al seguito del legame con il recettore si stacca,
determinando l’azione tossica sulla cellula con produzione costante di cAMP che
causa ipersecrezione di elettroliti e acqua
 il pilo co-regolato con la tossina, che svolge la duplice funzione di
o recettore per permettere l’attacco del fago CTX-phi (che inietterà i geni per la
tossina colerica)
o mediare l’adesione agli enterociti
 le proteine chemiotattiche, che coadiuvano l’adesione cellulare
 la tossina della zonula occludens, che degrada le giunzioni strette che tengono uniti gli
enterociti aumentando la permeabilità intestinale
 l’enterotossina accessoria del colera, che determina un incremento della secrezione dei
liquidi da parte dell’intestino
 le neuraminidasi, che modificano la superficie cellulare aumentando la disponibilità dei siti
di legame GM1 per la tossina colerica
Il periodo di incubazione per il colera va da 1 a 3 giorni.
Il colera si può presentare

 in forma subclinica, come un episodio diarroico lieve e non complicato


 come una malattia fulminante, potenzialmente letale
I sintomi iniziali sono in genere una diarrea acquosa improvvisa, non dolorosa e vomito. Negli
adulti la perdita di feci può essere superiore a 1 L/h. Spesso le feci consistono di liquido bianco
privo di materiale fecale (per questo vengono dette “ad acqua di riso”).
Se non viene rapidamente trattato il paziente può sviluppare

 un’acidosi metabolica grave con deplezione di potassio a cui segue il collasso


cardiocircolatorio con cianosi e stupor
 un’ipovolemia prolungata che può provocare necrosi tubulare renale
La diagnosi

 non può essere effettuata al microscopio, perché i vibrioni del colera sarebbero
indistinguibili dagli enterobatteri
 viene confermata dalla coprocoltura utilizzando terreni selettivi
Il trattamento si basa

 sulla reidratazione EV con soluzioni isotoniche


 sulla somministrazione di doxiciclina, azitromicina o ciprofloxacina
o nei neonati si può usare il trimetoprim in combinazione con il sulfametossazolo
o nelle donne in gravidanza il furazolidone
È disponibile un vaccino, che tuttavia non conferisce immunità permanente.

Vibrio parahaemolyticus provoca enteriti mediate dall’azione di un’emolisina termostabile


detta TDH (emolisina di Kanagawa).

Vibrio vulnificus produce una capsula polisaccaridica acida particolarmente virulenta che ha un
ruolo importante nella diffusione ematogena del batterio. Può essere causa di

 setticemia con un tasso di letalità del 50% se non trattata. Provoca shock, lesioni cutanee
bollose e spesso manifestazioni di coagulazione intravascolare disseminata (come
trombocitopenia e conseguenti emorragie)
 infezione da ferite, che si sviluppano in seguito al contatto con acqua contaminata

Aeromonas
Comprendono più di 30 specie. A. hydrophila, A. caviae e A. veronii sono patogene per l’uomo.
In soggetti sani possono causare enteriti diarroiche autolimitanti e infezioni sulle ferite. Nei
soggetti immunocompromessi anche infezioni sistemiche.
Le specie di Aeromonas sono resistenti alle penicilline, all’eritromicina e alla maggior parte delle
cefalosporine. Per questo la terapia generalmente si basa sui fluorochinoloni.
Campylobacter e Helicobacter
Esistono due famiglie di batteri Gram negativi spiraliformi con rilevanza clinica: Campylobacter e
Helicobacter. Entrambi sono microaerofili e incapaci di fermentare o ossidare i carboidrati.

Campylobacter
Sono bacilli Gram negativi a virgola, piccoli (0,2-0,5 micron di diametro) e mobili (per la presenza
di un flagello polare).
Possono presentare una capsula esterna polisaccaridica, i cui polisaccaridi contribuiscono alla
virulenza. Inoltre, per essere dei Gram negativi presentano una peculiarità: nella membrana
esterna il LPS è sostituito da un lipo-oligo-saccharide (LOS).
Normalmente dimorano nel tratto gastrointestinale di molti animali domestici e volatili.
Il contagio avviene per contatto con animali infetti o per ingestione di alimenti contaminati, quindi
le infezioni da Campylobacter sono zoonosi.
Nell’uomo costituiscono la principale causa di gastroenterite batterica, sia nei Paesi sviluppati, sia
nei Paesi in via di sviluppo.

 C. jejuni ha come serbatoio principale il pollame e può provocare gastroenteriti, sindrome


di Guillain-Barré e artrite reattiva
 C. coli ha come serbatoio i maiali e causa gastroenterite
 C. fetus bovini e pecore e provoca principalmente endocarditi e sepsi
 C. upsaliensis i cani ed è causa di gastroenteriti
I meccanismi patogenici di C. jejuni non sono ancora noti, benché sia stata riscontrata la presenza
di adesine, enzimi citotossici ed enterotossine.

Le gastroenteriti generalmente sono auto-limitanti. Anche se il quadro clinico potrebbe mimare


un’appendicite acuta. In ogni caso generalmente i pazienti manifestano diarrea, febbre e forti
dolori addominali.

Nelle gastroenteriti provocate da C. jejuni si hanno delle lesioni istologiche della mucosa
digiunale, ileale e colica.

A seguito di gastroenterite da C. jejuni, tuttavia, in 1 caso su 1000 si può sviluppare la sindrome di


Guillain-Barré, una polinevrite autoimmune caratterizzata dalla paralisi simmetrica e progressiva
degli arti. Si ritiene che la patogenesi della malattia sia legata alla reattività antigenica crociata dei
LPS di membrana di alcuni ceppi con i gangliosidi dei nervi periferici. Il recupero generalmente
richiede anni.
Un’altra complicanza è l’artrite reattiva, caratterizzata da tumefazione dolorosa delle articolazioni
di mani, caviglie e ginocchia. La sintomatologia può protrarsi per periodi che vanno da una
settimana fino a diversi mesi.
In virtù delle loro dimensioni ridotte, questi microrganismi possono essere isolati per filtrazione
dei campioni fecali (visto che i Campylobacter passano attraverso i filtri, mentre gli altri batteri
no). Poi si fa diagnosi tramite osservazione al microscopio avvalendosi della colorazione di Gram.
Essendo la resistenza alla ciprofloxacina in aumento, generalmente bisogna ricorrere ai macrolidi.

Helicobacter
Hanno una forma bacillare o a spirale nelle colture fresche.
Sono molto mobili e producono ureasi in abbondanza. Si ritiene che questa proprietà sia
importante per sopravvivere nell’ambiente acido dello stomaco e per spostarsi rapidamente,
attraversando lo strato viscoso di muco, verso ambienti a pH neutro.
La maggior parte delle specie di Helicobacter è catalasi positiva e ossidasi positiva; non fermenta
né ossida i carboidrati, ma metabolizza gli AA per fermentare.
La specie più importante è H. pylori. La membrana esterna contiene il LPS, tuttavia

 il lipide A ha una bassa attività endotossinica


 la catena laterale O è antigenicamente simile agli antigeni del gruppo sanguigno di Lewis:
questo potrebbe proteggere i batteri dalla sorveglianza immunitaria
La colonizzazione iniziale è favorita

 dall’inibizione della secrezione acida gastrica da parte di una proteina batterica acido-
inibitoria
 dalla neutralizzazione dell’acidità gastrica da parte dell’ammoniaca prodotta dall’ureasi
batterica
I batteri attraversano quindi lo strato di muco dello stomaco e aderiscono all’epitelio gastrico
attraverso molteplici proteine adesive di membrana.
Le proteine della membrana batterica, inoltre, si legano alle proteine dell’ospite consentendo ai
batteri di evadere il sistema immunitario.
Le lesioni della mucosa gastrica sono mediate

 dai sottoprodotti dell’ureasi


 dalla mucinasi
 dalle fosfolipasi
 dalla citotossina vacuolante A (VacA), che penetra nelle cellule dell’epitelio gastrico
inducendo la formazione di vacuoli
Un altro fattore di virulenza di H. pylori è il gene citotossina associato (cagA), contenuto in
un’isola di patogenicità di circa 30 geni. Questi ultimi codificano per il sistema di secrezione di tipo
IV che funziona come una siringa molecolare, iniettando nelle cellule epiteliali dell’ospite la
proteina CagA che induce alterazioni citoscheletriche.

I geni cag-PAI stimolano anche la produzione di IL-8, un fattore chemiotattico per i neutrofili. Le
proteasi e i ROS rilasciati dai neutrofili sembrano contribuire alla patogenesi della gastrite e delle
ulcere peptiche.

Nei Paesi industrializzati la prevalenza dell’infezione da H. pylori è del 40%. L’uomo rappresenta il
serbatoio primario. La maggior parte delle infezioni si ha per trasmissione oro-fecale.
Esiste un’associazione chiara tra H. pylori e gastriti, ulcere gastriche, adenocarcinoma gastrico e
linfomi gastrici MALT.
Tuttavia, esiste una complessa relazione tra H. pylori e ospite, al punto che la colonizzazione da H.
pylori sembra proteggere dalla malattia da reflusso gastroesofageo e dagli adenocarcinomi della
giunzione esofago gastrica, pertanto l’eliminazione di H. pylori nei pazienti asintomatici è
sconsigliata.
L’isolamento colturale richiede terreni complessi.
Si fa diagnosi di infezione da H. pylori tramite esame istologico della biopsia gastrica, avvalendosi
dell’impregnazione argentica.
Tuttavia, vista l’invasività della biopsia, a volte si preferisce usare il test del respiro. Viene fatta
ingerire al paziente una soluzione di urea marcata con radioisotopi e nel respiro vengono valutati i
prodotti di degradazione dell’ureasi. Questo test è caratterizzato da sensibilità e specificità
superiori al 95%.
La terapia prevede l’associazione di un inibitore della pompa protonica (ad esempio, omeprazolo)
con un macrolide e un beta-lattamico (come l’amoxicillina).
Il trattamento è ripetuto se l’H. pylori non risulta eradicato, eventualmente con l’aggiunta di
metronidazolo. Se due cicli sono inefficaci, è raccomandato eseguire un esame endoscopico per
ottenere colture per i test di sensibilità.
Clostridi
Sono Gram positivi, strettamente anaerobi, sporigeni, ubiquitari e presenti anche nella flora
commensale. Catalasi- e ossidasi-negativi.
Per la maggior parte sono saprofiti.

Clostridium perfringens
È un bacillo Gram positivo, immobile e frequentemente capsulato.

La produzione delle quattro principali tossine viene utilizzata per suddividere i ceppi di C.
perfringens in 5 tipi tossinogenici (A, B, C, D, E).
Tutti producono la tossina alfa, una lecitinasi, ovvero una fosfolipasi C, che causa la lisi di
eritrociti, piastrine, leucociti e cellule endoteliali. Provoca un’emolisi massiva e un aumento della
permeabilità vascolare con emorragie (causate dalla distruzione delle piastrine) e danno tissutale.

 Tipo A: tossine alfa e teta


 Tipo B: tossine alfa, beta ed epsilon
 Tipo C: tossine alfa e beta
 Tipo D: tossine alfa ed epsilon
 Tipo E: tossine alfa e iota
La tossina beta è responsabile di stati intestinale, perdita della mucosa con formazione di lesioni
necrotiche e progressione verso l’enterite necrotizzante.
La tossina epsilon aumenta la permeabilità vascolare della parete gastrointestinale.
La tossina iota ha attività necrotizzante e aumenta la permeabilità vascolare.
C. perfringens produce un’enterotossina che viene attivata dalla tripsina.
Si lega ai recettori posti sull’orletto a spazzola dell’epitelio del tenue a livello dell’ileo e del digiuno
e altera la permeabilità di membrana, perché provoca un’ipersecrezione di fluidi ed elettroliti.
Funge anche da superantigene.
È responsabile di:

 infezioni dei tessuti molli, tra cui cellulite, miosite suppurativa e mionecrosi con
formazione di gas nei tessuti molli (gangrena gassosa). L’esordio della gangrena gassosa è
caratterizzato da dolore intenso a cui segue rapidamente un’estesa necrosi muscolare,
shock, insufficienza renale e morte
 tossinfezioni alimentari. Il periodo di incubazione va da 8 a 12 ore e la sintomatologia
clinica, che dura meno di 24 ore, è rappresentata da crampi addominali e diarrea acquosa,
generalmente in assenza di febbre, nausea o vomito
 enterite necrotizzante, un raro processo necrotizzante a carico del digiuno, caratterizzato
da dolore addominale ingravescente, vomito, diarrea sanguinolenta e perforazione della
parete intestinale che può portare a peritonite e shock. La responsabile è la tossina beta
 la setticemia è tipicamente secondaria a mionecrosi o enterite necrotizzante. Si ha
un’emolisi massiva e uno shock settico particolarmente severo
La terapia antibiotica si basa sull’uso di penicilline ad alte dosi. Miosite suppurativa e mionecrosi
devono essere trattate in modo aggressivo con sbrigliamento chirurgico.
La diagnosi di laboratorio è solo di conferma. La terapia deve essere iniziata immediatamente.
Generalmente basta riscontrare bacilli Gram positivi in assenza di leucociti (a causa delle tossine)
per confermare la diagnosi clinica. Comunque, C. perfringens cresce su Agar sangue, quindi si può
fare diagnosi certa mediante colture.

Clostridium tetani
È un bacillo Gram positivo e mobile. Non fermenta gli zuccheri, ha attività proteolitica e durante la
sporulazione produce endospore rotonde che si localizzano ad un’estremità, conferendogli un
aspetto a “bacchetta di tamburo”.
È ubiquitario, spesso colonizza il terreno di erbivori come equini.
La virulenza è ascrivibile alla produzione di due tossine:

 la tetanolisina, un’emolisina ossigeno-labile simile alla streptolisina O di S. pyogenes, che


ha un’elevata affinità per il colesterolo e altri steroli. Determina la lisi di numerosi tipi
cellulari (ad es. eritrociti, polimorfonucleati, macrofagi, fibroblasti e piastrine)
 la tetanospasmina. È una tossina A-B prodotta durante la fase stazionaria della crescita e
rilasciata quando la cellula va incontro a lisi
o la porzione C-terminale della subunità pesante B si lega a specifici recettori di
acido sialico e a glicoproteine adiacenti localizzate sulla superficie dei neuroni
motori a livello delle giunzioni neuromuscolari
o questo permette alla tossina di migrare, per via retrograda intra-assonale, alle
corna anteriori del midollo spinale, dove raggiunge i neuroni inibitori, quindi viene
rilasciata la subunità leggera A, che blocca il rilascio dei neurotrasmettitori
prodotti da queste cellule

Generalmente il tetano si sviluppa a seguito della contaminazione di ferite lacero-contuse con


spore di C. tetani che, in condizioni di bassa tensione di ossigeno, vanno incontro a germinazione.
L’infezione rimane localizzata al sito di inoculo, ma i batteri producono la tetanospasmina.
L’assenza di inibizione sui motoneuroni determina uno spasmo simultaneo dei muscoli agonisti e
antagonisti che provoca rigidità muscolare e convulsioni, quindi si ha paralisi spastica.
Nei soggetti non immunizzati, la tossina non viene assorbita completamente dalle terminazioni
nervose periferiche vicine al sito di infezione ed entra nel sangue e nei linfatici, che la trasportano
a tutte le terminazioni nervose periferiche. Il soggetto sviluppa così il tetano generalizzato. Si ha
spasmo dei masseteri (trisma) che dà al volto del paziente un aspetto caratteristico (riso
sardonico), seguito da spasmi a livello della laringe, della parete addominale, del diaframma e
della parete toracica, che causano asfissia, quindi morte per insufficienza respiratoria.
I soggetti non vaccinati adeguatamente possono sviluppare il tetano localizzato, caratterizzato da
spasmi in area vicine al sito di infezione. Il tetano cefalico è una forma di tetano localizzato che
colpisce i nervi cranici.
Cresce difficilmente in laboratorio, perché è estremamente sensibile all’ossigeno e non richiede
una carica infettante elevata (che invece è richiesta per C. perfringens), quindi la diagnosi
generalmente è clinica.
Il trattamento del tetano richiede

 lo sbrigliamento del tessuto necrotico della ferita (che può anche sembrare innocua)
 l’uso di penicillina o metronidazolo per uccidere i batteri
 l’immunizzazione passiva con immunoglobuline antitetaniche umane
 la vaccinazione con anatossina tetanica (perché l’infezione non conferisce immunità)

Clostridium botulinum
È un bacillo Gram positivo e mobile, esigente dal punto di vista metabolico. La spora prodotta da
questi microrganismi si localizza in posizione centrale o sub-terminale.
Vengono suddivisi in quattro gruppi sulla base delle differenze fisiologiche (temperatura minima
di crescita, capacità di resistere al NaCl e resistenza delle spore al calore) e in sette tipi (da A a G)
sulla base del sierotipo di neurotossina prodotta.
La malattia nell’uomo è associata ai tipi A, B, E e F.
Come la tossina tetanica, la tossina botulinica è una tossina A-B costituita da una catena leggera A,
che agisce coma una zinco endopeptidasi, e una catena pesante B, priva di attività tossica.
La porzione C-terminale della catena pesante B si lega a specifici recettori di acido sialico e
glicoproteine (diverse da quelle che costituiscono il bersaglio della tetanospasmina) presenti sulla
superficie dei neuroni motori e stimola l’endocitosi della molecola di tossina. Tuttavia, rimane a
livello della giunzione neuromuscolare.
A questo punto la catena leggera viene rilasciata e inattiva le proteine che regolano il rilascio
dell’acetilcolina, bloccando la neurotrasmissione nelle sinapsi colinergiche periferiche.
Il botulismo può verificarsi con infezione (se il batterio infetta una ferita o colonizza il tratto
gastrointestinale dei lattanti) o senza infezione (se la tossina viene ingerita). Determina quindi
paralisi flaccida.
La diagnosi è clinica e mediante identificazione della tossina in laboratorio.
La terapia è di supporto e con antitossina eptavalente equina.

Clostridium difficile
Si ritrova come commensale nell’intestino umano in circa il 5-20% degli individui.
In caso di prolungate terapia antibiotiche, che riducono la flora normale dell’intestino, il
microrganismo può crescere rapidamente e provocare da una lieve diarrea alla colite
pseudomembranosa.
La patogenicità è dovuta
 all’enterotossina A, che svolge un’azione chemiotattica sui neutrofili e distrugge le
giunzioni intercellulari, quindi determina un aumento della permeabilità della parete con
conseguente diarrea
 alla citotossina B, che causa la depolarizzazione dell’actina con conseguente distruzione del
citoscheletro cellulare
 alle proteine dello strato superficiale (SLP), importanti per il legame di C. difficile
all’epitelio intestinale

Nella colite pseudomembranosa, l’accumulo di fibrina, muco e detriti cellulari determina la


formazione di uno strato giallastro (pseudomembrana) che, progressivamente, copre una regione
sempre più estesa della mucosa.

La diagnosi viene confermata dalla dimostrazione dell’enterotossina o della citotossina in un


campione fecale.

La terapia si basa:

 sull’uso di metronidazolo o vancomicina


 sul trapianto di feci. Le feci di un donatore sano vengono introdotte per via buccale con
l’obiettivo di ripopolare l’intestino del paziente malato
Bacillus
Sono Gram positivi, aerobi stretti o facoltativi e sporigeni.

Bacillus anthracis
È aerobio facoltativo, immobile e capsulato.

La capsula è costituita da un polimero di acido D-glutammico e viene codificata dal plasmide


pXO2. Ha attività antifagocitaria.

La tossina carbonchiosa viene codificata dal plasmide pXO1. È costituita da tre subunità proteiche:

 antigene protettivo (PA), necessario per il legame della tossina ai recettori della cellula
bersaglio. È immunogena
 fattore dell’edema (EF), con attività adenilato-ciclasica, calmodulina- e calcio-dipendente,
responsabile, appunto, dell’ipersecrezione di liquido e ioni dalle cellule
 fattore letale (LF), una metallo-proteasi zinco-dipendente, che digerisce alcune MAP
chinasi portando alla morte della cellula
Singolarmente queste tre proteine non sono tossiche, ma lo diventano nel momento in cui si
combinano. Il legame avviene perché l’antigene protettivo si lega al suo recettore posto sulla
cellula ospite, la quale degrada l’antigene protettivo in due frammenti. Il primo frammento è
trattenuto e si lega ad altri sei frammenti, formando una struttura eptamerica detta preporo.
A questo punto:

 preporo + fattore dell’edema formano la tossina edematosa


 preporo + fattore letale formano la tossina letale
L’antrace è una malattia spesso mortale negli animali. Viene trasmessa all’uomo attraverso il
contatto con animali infetti o con i loro prodotti.

 Nell’uomo, l'infezione è generalmente acquisita attraverso la cute.


L’antrace cutaneo inizia con una papula rosso-marrone, indolore, pruriginosa, che
aumenta progressivamente di dimensioni. Il paziente ha edema marcato. Dopo qualche
giorno, si sviluppa un’ulcerazione centrale, con essudato sanguinolento e formazione di
un’escara nera. Potrebbero essere necessarie alcune settimane affinché la ferita guarisca
 L’antrace da inalazione inizia in maniera insidiosa come una malattia simil-influenzale.
Entro qualche giorno, la febbre peggiora e compaiono dolore toracico e grave distress
respiratorio, seguiti da cianosi, shock e coma. Possono insorgere meningo-encefalite
emorragica o antrace gastrointestinale
 L’antrace gastrointestinale varia da forme asintomatiche a forme fatali. Sono frequenti
febbre, nausea, vomito, dolore addominale e diarrea ematica. Può essere presente ascite.
Il paziente può sviluppare necrosi intestinale e setticemia
 L’antrace orofaringea si manifesta con lesioni edematose con ulcere necrotiche centrali
sulle tonsille, sulla parete posteriore della faringe, o sul palato duro. Può verificarsi
ostruzione delle vie aeree
La terapia empirica si basa sulla ciprofloxacina o sulla doxiciclina. È disponibile un vaccino,
disponibile per le persone ad alto rischio.
Cresce bene in coltura. La sua presenza può essere facilmente dimostrata nelle ferite, nei linfonodi
coinvolti e nel sangue. Bisogna tuttavia distinguere le infezioni da B. anthracis da quelle di B.
cereus: il primo è capsulato, il secondo è sprovvisto di capsula.

Bacillus cereus
È acapsulato. Questa caratteristica permette appunto di distinguerlo da B. anthracis.

Produce

 l’enterotossina termostabile, resistente alla proteolisi, che provoca la forma emetica della
malattia, caratterizzata da vomito, nausea e dolori addominali dopo 1-5 ore dall’ingestione
dell’alimento contaminato (generalmente riso) dalla tossina
 l’enterotossina termolabile provoca la forma diarroica. È simile alle enterotossine prodotte
da Escherichia coli e Vibrio cholerae. È in grado di stimolare il sistema adenilato ciclasi-
cAMP nelle cellule epiteliali intestinali causando una profusa diarrea acquosa

Raramente, a seguito dell’ingestione di una grande quantità di tossina emetica, può insorgere
un’epatite fulminante data dalla compromissione del metabolismo mitocondriale degli acidi
grassi.

È in grado di determinare una grave forma di endoftalmite, dovuta all’accidentale introduzione dei
batteri nel segmento posteriore dell’occhio (ad es. a seguito di chirurgia oftalmica).

La produzione da parte del germe di fosfolipasi, cereolisina e altre tossine determina una rapida
(24-48 ore) degenerazione dei tessuti e porta, nella maggior parte dei casi, alla cecità.
La diagnosi di laboratorio si basa sull’isolamento del microrganismo nei prodotti alimentari
potenzialmente contaminati o nei campioni non fecali.
Il trattamento è a base di vancomicina, clindamicina, ciprofloxacina o gentamicina.
Haemophilus
Sono coccobacilli Gram negativi pleomorfi, immobili e asporigeni.
Possono essere aerobi obbligati o facoltativi. A volte capsulati.
Crescono su Agar cioccolato perché hanno bisogno di sangue riscaldato, in particolari di due
fattori stimolanti contenuti nel sangue:

 fattore X, ovvero il gruppo eme, necessario alla sintesi di enzimi eminici, quali citocromo-
ossidasi, catalasi e perossidasi
 il NAD, o fattore V

Haemophilus influenzae
La capsula polisaccaridica

 è costituita soprattutto da poliribitol fosfato


 ha permesso di identificare 6 sierotipi antigenici diversi (indicati con le lettere a-f), di cui il
sierotipo b è quello maggiormente responsabile di meningiti nella prima infanzia
 rappresenta il principale fattore di virulenza, perché ha una potente azione antifagocitaria
I ceppi acapsulati colonizzano il nasofaringe del 70% dei soggetti sani e alla colture si presentano
rugosi, mentre i ceppi virulenti appaiono lisci.
Altri fattori di virulenza sono:

 il lipooligosaccharide (LOS), che inibisce le ciglia vibratili dell’epitelio respiratorio


 le proteasi IgA1-specifiche, capaci di tagliare e inattivare le IgA: in questo modo la
colonizzazione della mucosa è agevolata
 recettori per la lattoferrina e la transferrina, che conferiscono al batterio la capacità di
sequestrare il ferro
Gli H. influenzae diversi dal sierotipo b possono causare sinusiti, polmoniti, otiti, epiglottiti,
celluliti e congiuntiviti.
Mentre l’H. influenzae di sierotipo b una volta adeso alla superficie dell’epitelio, può passare nella
sottomucosa attraversando gli spazi intercellulari dell’epitelio stesso e, in alcuni casi, diffondere
attraverso il circolo ematico fino a raggiungere le meningi. Specie nei lattanti e nei bambini è causa
di meningiti meno letali di quelle meningococciche, ma potenzialmente invalidanti.

La diagnosi viene generalmente effettuata mediante ricerca diretta del microrganismo nei
campioni biologici. La sua presenza in distretti anatomici in cui non è solitamente presente una
flora respiratoria residente ha quasi sempre una rilevanza clinica.

Nelle forme invasive vengono impiegate penicilline con un inibitore delle β-lattamasi (vista la
crescente resistenza alle penicilline), fluorochinoloni, cefalosporine di seconda e terza generazione
o carbapenemici.
I vaccini Hib coniugati sono disponibili per i bambini di almeno 2 mesi e hanno ridotto le infezioni
invasive del 99%. Un primo ciclo è prescritto all’età di 2, 4, e 6 mesi. Il richiamo è indicato all’età di
12-15 mesi.
Haemophilus ducreyi è l’agente eziologico del cancroide, un’infezione della pelle o delle
mucose genitali. Si caratterizza per la presenza di papule e ulcere dolorose e per l’ingrossamento
dei linfonodi inguinali fino alla suppurazione.

Haemophilus aegyptius è l’agente eziologico della congiuntivite purulenta acuta. Un ceppo è


responsabile della febbre purpurea brasiliana, caratterizzata sempre da congiuntivite, ma
potenzialmente mortale.

Pasteurella
È un coccobacillo Gram negativo immobile anaerobio facoltativo correlato a Haemophilus.
È un commensale dell’orofaringe degli animali e, infatti, la maggior parte delle infezioni umane
deriva da morsi, graffi o scambi di cibo con questi animali.
I principali patogeni per l’uomo sono P. multocida (presente in volatili domestici) e P. canis.
Nei soggetti sani possono causare cellulite e linfoadenite, in corrispondenza del morso o del
graffio. Nei soggetti immunodepressi infezioni sistemiche.
Crescono bene su Agar sangue o Agar cioccolato e le infezioni severe vengono trattate con
penicillina.
Micoplasmi
Sono Gram negativi, perlopiù anaerobi facoltativi (solo Mycoplasma pneumoniae è aerobio
obbligato), caratterizzati dall’essere le cellule più piccole capaci di vita autonoma (diametro 0,2-0,3
micron): per questo non sono visibili al microscopio ottico.
Sono privi di parete cellulare, quindi intrinsecamente resistenti alle penicilline e alle
cefalosporine, e la loro membrana plasmatica è caratterizzata dalla presenza di steroli.
Crescono solo su terreni arricchiti con vitamine, precursori degli acidi nucleici e steroli.
Sono patogeni extracellulari che esprimono due importanti fattori di virulenza:

 la proteina P1, che agisce da adesina nei confronti dell’epitelio ciliato della mucosa
respiratoria
 l’emolisina, che causa un alone di beta-emolisi. È un superantigene che può indurre
fenomeni autoimmunitari

I micoplasmi comprendono i generi:

 Mycoplasma. Nell’uomo sono state identificate 6 specie


 Ureaplasma, di cui solo Ureaplasma urealyticum è patogeno per l’uomo

Mycoplasma pneumoniae
A differenza degli altri micoplasmi, è l’unico a essere anaerobio obbligato.

Rappresenta una causa frequente di polmonite, in particolare polmonite atipica non nosocomiale.
I sintomi e i segni comprendono febbre, tosse produttiva, dolore toracico di tipo pleuritico,
dispnea, tachipnea e tachicardia.
L’esame colturale è tecnicamente difficile (spesso all’espettorato non viene rilevato, bisogna
ricorrere a un lavaggio broncoalveolare). Allora si preferisce ricercare gli acidi nucleici con la PCR o
fare diagnosi indiretta rilevando la presenza di IgM con metodo ELISA.
I macrolidi sono di solito gli antibiotici di scelta, tuttavia sempre più frequentemente si riscontrano
batteri resistenti. Pertanto, in pazienti con malattia refrattaria devono essere considerati
fluorochinoloni o tetracicline.

Le altre cinque specie appartenenti al genere Mycoplasma sono:

 Mycoplasma hominis: è un commensale dell’apparato urogenitale, che talvolta può


provocare infezioni urogenitali nei maschi (le femmine sono spesso asintomatiche). Può
essere trasmesso durante il parto e causare infezioni respiratorie nel neonato
 Mycoplasma salivarium: si trova nelle tasche gengivali, può provocare infezioni
parodontali
 Mycoplasma genitalium (commensale dell’apparato urogenitale)
 Mycoplasma orale (commensale dell’orofaringe)
 Mycoplasma incognitus: non si sa molto di questo batterio; sembrerebbe essere associato
a prognosi sfavorevole nei pazienti con AIDS
Ureaplasma urealyticum
È ureasi positivo. La patogenicità dipende dalla fosfolipasi C che, idrolizzando i FOS di membrana,
permette il rilascio di acido arachidonico e quindi quello di prostaglandine, in questo modo ha
inizio la cascata infiammatoria.
È responsabile di

 Aborto spontaneo, parto prematuro e mortalità perinatale, perché le prostaglandine


prodotte stimolano la contrazione del miometrio
 Uretriti non gonococciche
 Meningiti asintomatiche nel neonato
Tuttavia, non è trasmesso da madre a figlio.
Brucelle
Sono coccobacilli Gram negativi di piccole dimensioni, strettamente aerobi, immobili e raramente
capsulati.
Crescono lentamente in coltura e richiedono terreni di crescita complessi, talvolta addizionati di
anidride carbonica.
Sono ossidasi e catalasi positivi. Non fermentano i carboidrati, ma sono in grado di metabolizzarli:
negli animali (ma non negli umani), le Brucelle infettano gli organi riproduttori perché sono ricchi
di eritritolo, ovvero uno zucchero che usano come substrato energetico in alternativa
preferenziale al glucosio.
Il genere è suddiviso in 10 specie, di cui 4 patogene per l’uomo:

 Brucella melitensis, che infetta principalmente capre e pecore (ma anche bovini)
 Brucella abortus, che colpisce bovini e bufali
 Brucella suis, ovvero la brucellosi suina
 Brucella canis, che colpisce canidi domestici e selvatici
In base all’antigene O del LPS, le colonie possono assumere una forma liscia oppure una rugosa.
Le due forme non interagiscono fra loro.

Non producono esotossine e l’endotossina è meno tossica rispetto a quella prodotta da altri bacilli
Gram negativi.
La virulenza di B. melitensis dipende:

 dall’espressione della capsula


 dalla catena O del LPS: a tal proposito i ceppi lisci sono molto virulenti, mentre i ceppi
rugosi lo sono di meno
 dal fatto che sono parassiti intracellulari del sistema reticoloendoteliale. Dopo che
penetrano nell’organismo, le Brucelle sono fagocitate da macrofagi e monociti, in cui
sopravvivono e si replicano (e in questo modo, peraltro, riescono a sfuggire all’immunità
umorale). I batteri fagocitati vengono condotti alla milza, al fegato, al midollo osseo, ai
linfonodi e ai reni e liberano proteine che inducono la formazione di granulomi in questi
organi, che in pazienti con malattia avanzata portano a distruzione dei tessuti interessati
La brucellosi nell’uomo può essere acquisita attraverso

 il contatto diretto con animali infetti (infatti è una zoonosi)


 ingestione (specie di prodotti caseari non pastorizzati)
 aerosol di materiale infetto
Il periodo di incubazione per la brucellosi va da 5 giorni a diversi mesi, ma generalmente la
sintomatologia compare 1-3 settimane dopo l’esposizione.
L’esordio può essere improvviso, con brividi, febbre, cefalea grave, dolori articolari e talvolta
diarrea, oppure insidioso, con lievi sintomi prodromici e febbricola.
Con il progredire della malattia, si ha la fase febbrile: tipicamente il paziente manifesta una febbre
intermittente per 1-5 settimane, ma poi si risolve. In alcuni casi, la fase febbrile va in contro a una
o più ondate e remissioni nell’arco di mesi o anni.
La temperatura sale fino a 40-41 gradi, per poi tornare gradualmente normale o vicino alla
norma con sudorazioni profuse al mattino.
Nei pazienti che manifestano febbre di origine sconosciuta la brucellosi andrebbe indagata.
Dopo la fase febbrile iniziale, possono comparire inappetenza, perdita di peso, dolore addominale
e articolare, cefalea, lombalgia, debolezza e instabilità emotiva. Spesso la stipsi è spiccata.
Compare splenomegalia, linfoadenopatia e nel 50% anche epatomegalia.
Le complicanze della brucellosi sono rare ma comprendono endocardite subacuta, encefaliti,
meningiti e osteomieliti.
Per fare diagnosi ci si avvale

 delle colture del sangue, del midollo osseo e del liquido cerebrospinale, che, visti i tempi di
crescita lenti, devono essere incubate per 2 settimane prima di essere considerate negative
 della PCR
 del test di Wright, ovvero un test di agglutinazione che ricerca gli anticorpi per la Brucella
nel siero del paziente. Questo test permette di fare diagnosi presuntiva in fase acuta e in
convalescenza (tranne per B. canis), ma se l’infezione è di vecchia data generalmente
risulta negativo
I tassi di recidiva con la monoterapia sono alti, per questo generalmente la brucellosi si tratta in
doppia terapia con doxiciclina (una tetraciclina) per 6 settimane associata a streptomicina
(aminoglicoside) per 14 giorni.
I bambini con meno di 8 anni sono trattati con trimetoprim/sulfametossazolo e rifampicina per 4-6
settimane.
Listeria monocytogenes
È un coccobacillo Gram positivo, anaerobio facoltativo, acapsulato, che ha una caratteristica
motilità “a capriola”.
È ubiquitario e rappresenta un importante patogeno opportunista intracellulare. La sua crescita
viene controllata dall’immunità cellulo-mediata, pertanto pazienti immunodepressi, neonati e
anziani sono da considerarsi ad alto rischio di sviluppare la malattia.
Può trasmettersi

 per via verticale (e determinare aborto o morte precoce infantile)


 tramite il consumo di cibo contaminato (che, proprio perché il batterio è ubiquitario, è
facile da contaminare)
È capace di crescere in presenza di una concentrazione salina elevata e a basse temperature,
perciò riesce a sopravvivere alle temperature del frigo.

Esibisce una debole beta emolisi quando cresce su Agar Sangue.


La patogenesi si basa sulla sua capacità

 di sopravvivere all’esposizione degli enzimi proteolitici, degli acidi grassi e dei sali biliari
 di aderire alle cellule ospite attraverso l’internalina A e l’internalina B, che agiscono
legando le caderine e inducendo la fagocitosi
 di rispondere, una volta che viene internalizzato, all’acidità del fagosoma con l’attivazione
della citotossina batterica (ovvero della listeriolisina O), in grado di formare pori sulle
membrane, e due fosfolipasi C, che causeranno il rilascio dei batteri nel citosol
 di replicarsi nel citosol
 di infettare la cellula adiacente. Infatti, il batterio, tramite la proteina ActA media
l’assemblaggio coordinato di actina che porta a dei movimenti di scivolamento che gli
permettono di arrivare alla membrana della cellula ospite e, da lì, alla cellula adiacente
Raramente determina batteriemia primaria, che generalmente è causa di brividi, febbre e
ipotensione. Solo nei pazienti fortemente immunodepressi e nei neonati figli di donne con sepsi
può avere un esito nefasto.
Nei neonati e nei pazienti anziani, la Listeria monocytogenes è l’agente eziologico del 20% delle
meningiti. Alcuni casi evolvono in encefalite, che si presenta con alterazione dello stato di
coscienza, paralisi dei nervi cranici e perdita sensitiva e motoria.
La listeriosi oculoghiandolare può causare oftalmite e linfoadenomegalia regionale.
Può essere coltivato utilizzando terreni selettivi e conservando il campione in frigo. Tuttavia,
appare facilmente confondibile con S. pneumoniae, enterobatteri e corinebatteri, per cui trovare
coccobacilli Gram positivi nel liquor o nel sangue non basta a fare diagnosi.
L’identificazione definitiva dei patogeni si fa solo tramite test biochimici, come l’elettroforesi su
gel in campo pulsato.
La meningite viene trattata con ampicillina e gentamicina, mentre l’endocardite e la batteriemia
primaria solo tramite monoterapia a base di ampicillina. Le infezioni oculoghiandolari rispondono
bene all’eritromicina.
Legionelle
Sono bacilli Gram negativi pleomorfi.
Non si colorano con i comuni coloranti, ma possono essere osservati con la tecnica
dell’impregnazione argentica.
Sono aerobi obbligati particolarmente esigenti: necessitano di terreni addizionati con L-cisteina e
la loro crescita è ottimizzata aggiungendo ferro.
Nelle acque sono saprofiti ubiquitari, mentre nell’uomo sono parassiti intracellulari facoltativi.

La trasmissione avviene attraverso aerosol infettivi: nei condizionatori, infatti, possono svilupparsi
ristagni d’acqua o condense sulle griglie di uscita dell’aria.

Si moltiplicano nei macrofagi alveolari, nei monociti e nelle cellule epiteliali degli alveoli.
Riescono a infettare i macrofagi legando il componente C3b del complemento: in questo modo,
quando il C3b legherà i recettori CR3 sulla superficie del macrofago, anche il batterio potrà entrare
nella cellula per endocitosi.
Nella cellula ospite, i batteri

 inibiscono la fusione del fago-lisosoma


 proliferano nel loro vacuolo intracellulare
 producono enzimi proteolitici (fosfatasi, lipasi e nucleasi) che uccidono la cellula ospite
I batteri non vengono uccisi fino a quando i linfociti T helper (cellule TH1 sensibilizzate) non
attivano i macrofagi infetti. Anche la produzione di IFN-gamma è un fattore decisivo per
l’eliminazione delle Legionelle dall’organismo.
Spesso l’infezione è asintomatica.
Le infezioni sintomatiche, invece, possono presentarsi sotto due forme:

 una in assenza di polmonite, chiamata febbre di Pontiac, caratterizzata da una


sintomatologia simil-influenzale autolimitante nel giro di 2-7 giorni. La patogenesi di questa
sindrome è sconosciuta, anche se si ritiene che sia provocata da una reazione di
ipersensibilità all’LPS
 una in presenza di polmonite, chiamata malattia dei legionari, che può manifestarsi anche
con un coinvolgimento multiorgano (quindi possono essere interessati il tratto
gastrointestinale, il SNC, fegato e reni). La letalità è del 5%, ma può raggiungere il 40% nei
pazienti con infezioni nosocomiali, negli anziani e nei pazienti immunocompromessi.
L’RX torace mostra infiltrati irregolari e rapidamente progressivi asimmetricamente, con o
senza piccoli versamenti pleurici

Un test antigenico urinario ha una sensibilità del 60-95% e una specificità di oltre il 99% se
eseguito 3 giorni dopo la comparsa dei sintomi, ma identifica solo L. pneumophila (sierogruppo 1),
che rappresenta comunque fino all’80% dei casi.
La diagnosi della malattia del legionario si basa sulla coltura dell’espettorato o del liquido di
lavaggio broncoalveolare. Purtroppo, crescendo lentamente nei terreni di coltura sono necessari
3-5 giorni per l’identificazione.
Il trattamento si basa sull’utilizzo di fluorochinoloni nelle forme gravi e macrolidi,
preferenzialmente azitromicina, per le polmoniti lievi.
Rickettsia
Sono Gram negativi, ma

 presentano uno strato di peptidoglicano molto sottile (infatti meglio usare le colorazioni di
Giemsa e Gimenez)
 l’LPS ha solo una debole attività endotossinica
Hanno un metabolismo aerobio.

La loro caratteristica principale è quella di essere parassiti intracellulari obbligati: crescono solo
nel citoplasma delle cellule eucariotiche, dove si trovano liberi.
Il farmaco di prima scelta per il trattamento di tutte le infezioni da rickettsie è la doxiciclina.
In alternativa, visto che la doxiciclina è controindicata in gravidanza e nei bambini piccoli, si può
usare il cloramfenicolo (però il suo uso è associato a una maggiore incidenza delle recidive).

Gruppo delle febbri maculose


Rickettsia rickettsii esprime OmpA sulla membrana esterna, che gli permette di aderire alle cellule
endoteliali. Una volta che i batteri penetrano nella cellula, vengono rilasciati dal fagosoma, si
moltiplicano liberamente nel citoplasma e nel nucleo e si spostano da una cellula a quella
adiacente.
Provoca la febbre delle Montagne Rocciose.
L’uomo è un ospite accidentale. I serbatoi sono i roditori e i vettori le zecche del cane.
La manifestazione clinica primaria deriva dalla replicazione dei batteri nelle cellule endoteliali, con
conseguenti danni cellulari e aumento della permeabilità vascolare.
L’ipovolemia e l’ipoproteinemia causate dall’efflusso di plasma nei tessuti possono portare a una
ridotta perfusione di vari organi (cuore, reni e polmoni) e a insufficienza d’organo.

Dopo 2-14 giorni di incubazione, l’esordio della malattia è annunciato da febbre alta associata a
una sintomatologia simil-influenzale. Dopo 3 giorni, nella maggior parte dei casi si sviluppa un
esantema maculare.
La risposta immunitaria dell’ospite all’infezione si basa sul killing intracellulare mediato da
citochine e sull’attivazione dei linfociti CD8 citotossici.

Se non trattata, la febbre delle Montagne Rocciose ha una letalità compresa fra il 10 e il 25%.

Rickettsia akari provoca la rickettsiosi vescicolare.


I roditori sono i serbatoi e viene trasmessa dagli acari (da qui il nome).
L’infezione clinica è bifasica:
1. prima si sviluppa una papula nel punto in cui l’acaro punge l’ospite
2. dopo circa 1 settimana la lesione si ulcera e si forma un’escara
Fra la prima e la seconda fase, le rickettsie si diffondono a livello sistemico. Dopo un periodo di
incubazione di 9-14 giorni, la seconda fase della malattia si sviluppa improvvisamente, con febbre
alta e cefalea grave.
Clinicamente si osserva a una progressione simile a quella del vaiolo (si distinguevano perché il
vaiolo non forma escare).
In ogni caso, nonostante le manifestazioni dermatologiche, la rickettsiosi vescicolare è
generalmente lieve e non presenta complicazioni. La guarigione completa si osserva entro 2-3
settimane.

Gruppo del tifo


Rickettsia prowazekii è l’agente eziologico del tifo epidemico.
Il principale serbatoio è l’uomo, mentre i vettori sono i pidocchi.
La malattia ha un’incubazione di 2-30 giorni. La maggior parte dei pazienti inizialmente presenta
sintomi prodromici, ma entro 1-3 giorni compaiono febbre alta e cefalea grave.
Si può sviluppare anche una polmonite e ci può essere un coinvolgimento neurologico (delirium,
stupor e coma).
In molti pazienti si sviluppa un esantema petecchiale o maculare.
Il tasso di letalità in assenza di trattamento è del 20-30%.
Le rickettsie possono restare quiescenti per anni e riattivarsi causando tifo epidemico
recrudescente o malattia di Brill-Zinsser.

Rickettsia typhi provoca il tifo endemico (o murino).


Riconosce come serbatoi gatti, opossum, procioni e roditori. I vettori sono le pulci.
Clinicamente è simile al tifo epidemico, ma è più lieve e il rash iniziale è scarso e non confluente.
Gardnerella vaginalis
È un piccolo coccobacillo pleiomorfo, Gram variabile, immobile, aerobio facoltativo, di gran lunga
il più frequente responsabile di vulvovaginite.
Il microrganismo tende a sostituire la flora protettiva costituita dai lattobacilli, che abitualmente
ne limitano la crescita, producendo perossido di idrogeno.
Il quadro clinico è caratterizzato dall’assenza di sintomi generali, mentre è dominato dalla
presenza di irritazione vulvare e soprattutto di abbondanti secrezioni vaginali maleodoranti
descritte dai pazienti generalmente come “odore di pesce”.
All’analisi delle urine si rileva scarsa neutrofilia.
Si fa diagnosi tramite esame microscopico dell’essudato a fresco.
Si ricorre spesso al metronidazolo per applicazione intravaginale.
Micologia generale
I funghi sono ubiquitari, eucarioti, generalmente aerobi.
Il corpo del fungo è detto tallo e può essere:

 unicellulare, come nei lieviti


 pluricellulare, come nelle muffe
Molti funghi di rilevanza medica sono dimorfi, perché possono esistere sia sotto forma di lievito
che di muffa.
I lieviti si riproducono per gemmazione o scissione: la cellula madre estroflette una porzione di sé
per produrre la cellula figlia.
Solitamente su Agar producono colonie arrotondate, pastose o mucoidi.
Le muffe riproducono per germinazione (grazie alla produzione di spore).
Nei pluricellulari la spora dà origine al micelio. Il micelio è l’insieme delle ife (ovvero tubuli
filiformi). Le ife possono essere cave o settate (cioè divise da pareti).
Quando si sviluppano su Agar, il micelio è organizzato in

 parte vegetativa (ife vegetative, anucleate, localizzate sul o nel substrato per ottenerne i
nutrienti)
 parte riproduttiva (ife aeree)
Rispetto ai batteri, i funghi hanno una crescita lenta, con tempi di duplicazione nell’ordine delle
ore, piuttosto che nei minuti, sono tutti immobili e più grandi.
La maggior parte sono aerobi obbligati. Alcuni sono anaerobi facoltativi e, in condizioni di
anaerobiosi, utilizzano gli zuccheri attraverso la fermentazione alcolica.
I funghi sono eucarioti che caratteristicamente hanno ergosterolo al posto di colesterolo a
costituire la membrana cellulare.
L’ergosterolo rappresenta il bersaglio:

 dei farmaci azolici (che inibiscono la lanosterolo demetilasi, enzima che converte il
lanosterolo in ergosterolo)
 dell’amfotericina B, che si lega all’ergosterolo creando un poro polare attraverso il quale
ioni e altre molecole fuoriescono dalla cellula causandone la morte
Il nucleo presenta cromosomi multipli.

La parete fungina è costituita:

 da uno strato interno, fibrillare, che contiene glucani, chitina e cellulosa


 da uno strato esterno, omogeneo, che contiene chitosano, mannano, lipidi e proteine
Micosi superficiali
Sono infezioni limitate agli strati più superficiali della pelle e dei capelli.
Micosi superficiali
Non sono distruttive e hanno solo importanza estetica
 Si trasmette tramite cheratinociti infetti
 È un fungo lipofilo, che tipicamente appare d’estate agevolato
dalla sudorazione e dall’uso di oli solari
 Provoca la pitiriasi versicolor
Malassezia furfur  È caratterizzata da discromia o depigmentazione e
desquamazione della pelle
 Viene trattato con shampoo ai solfati o creme a basa di azoli
 Si fa diagnosi tramite la lampada di Wood, che evidenzia una
fluorescenza dorata chiara
 Non è contagioso
 Provoca la tinea nigra
Hortaea werneckii  Si sviluppano chiazze maculari pigmentate marroni o nere
localizzate principalmente sul palmo delle mani
 Si tratta con creme a base di azoli
 È causa della pietra nera
 Si presenta come noduli piccoli, scuri, che circondano l’asse del
Piedraia hortae
capello
 Il trattamento consiste nel taglio dei capelli e in lavaggi regolari
 Causa la pietra bianca
Trichosporon  Colpisce i peli dell’inguine e delle ascelle, formando noduli
cutaneum soffici con una colorazione che varia dal bianco al marrone
 Si tratta o con creme a base di azoli, o tagliando i peli
Micosi cutanee (dermatofitosi)
Sono infezioni sostenute da funghi dermatofitici (dermatofitosi) e non dermatofitici
(dermatomicosi).

Dermatofitosi
I dermatofiti sono muffe che richiedono cheratina per nutrirsi e per sopravvivere devono
albergare nello strato corneo, nei peli o nelle unghie.
Le infezioni umane sono causate da Epidermophyton, Microsporum, e Trichophyton spp.

La trasmissione avviene da persona a persona, da animale a persona e, raramente, dal terreno alla
persona. Il microrganismo può persistere indefinitamente.

La maggior parte delle persone non sviluppa clinicamente l’infezione.


Il più delle volte, l’infiammazione è scarsa o assente; scompaiono e ricompaiono in modo
intermittente lesioni asintomatiche o lievemente pruriginose con un bordo desquamante e
lievemente sollevato.
Occasionalmente, l’infiammazione è più grave e si manifesta come una malattia vescicolare o
bollosa improvvisa (di solito a livello dei piedi) o come una lesione molle infiammata del cuoio
capelluto.
A seconda del sito anatomico o delle strutture implicate prendono i nomi di:

 Tinea barbae, che interessa la barba e la maggior parte dei casi sono provocati da
Trichophyton
 Tinea capitis, se coinvolge cuoio capelluto, sopracciglia e ciglia. Può essere causata da
Trichophyton o Microsporum
 Tinea corporis, se si localizza sul corpo. Cause frequenti sono Trichophyton o Microsporum
 Tinea cruris, se interessa l’inguine. Frequentemente è provocata da Trichophyton
 Tinea pedis, causata da Trichophyton
 Tinea unguium (onicomicosi)
La diagnosi di dermatofitosi si basa sull’aspetto clinico e sulla localizzazione dell’infezione e può
essere confermata dall’identificazione delle ife in preparati a fresco con idrossido di potassio
(KOH) di campioni cutanei prelevati attraverso scarificazione.

Gli antifungini topici sono generalmente adeguati alle infezioni della pelle.
Gli antifungini orali sono usati soprattutto nelle infezioni ungueali e del cuoio capelluto o nelle
infezioni cutanee resistenti.

Dermatomicosi
Sono micosi cutanee non sostenute da dermatofiti.
Generalmente sono causate da Candida.
Micosi sottocutanee
Coinvolgono gli strati cutanei più profondi, compresi la cornea e i tessuti muscolari e connettivi
sottostanti.
Solitamente i funghi accedono ai tessuti più profondi per inoculazione traumatica e vi rimangono
localizzati, causando la formazione di ascessi e ulcere non cicatrizzanti.
Il decorso clinico è cronico e insidioso. Una volta stabilitesi, le infezioni sono refrattarie alla
maggior parte delle terapie antimicotiche.

Sporotricosi
È causata da Sporothrix schenckii, un fungo dimorfo ubiquitario nel suolo.
Le infezioni linfocutanee sono le più frequenti. Tipicamente coinvolgono una mano e il braccio,
sebbene possano verificarsi ovunque sul corpo.
La lesione primaria può apparire come una piccola papula non dolente.

Tipicamente, pochi giorni o settimane più tardi, la catena di linfonodi che drenano l’area
interessata comincia ad ingrossarsi, lentamente ma progressivamente, formando noduli
sottocutanei mobili.
Se non trattata, la cute sovrastante si arrossa e può successivamente necrotizzare, alcune volte
causando un ascesso, un’ulcerazione e, quindi, una sovrainfezione batterica.

La sintomatologia sistemica di infezione è tipicamente assente.


Nei pazienti immunodepressi può disseminare per via ematogena nelle articolazioni periferiche,
alle ossa, alle meningi o agli organi interni.
L’inalazione di spore può provocare una polmonite cronica.
La sporotricosi deve essere differenziata da infezioni locali causate da Mycobacterium tuberculosis
o micobatteri atipici.
La coltura di tessuto proveniente dalla sede dell’infezione fornisce la diagnosi definitiva.
Il trattamento è basato su itraconazolo per via orale.

Cromoblastomicosi
È un’infezione sostenuta da diverse specie di funghi pigmentati.

Di solito, la cromoblastomicosi inizia dai piedi o dalle gambe.


All’inizio si formano delle piccole papule, che si estendono a formare chiazze rosso scuro o
violacee, dai margini demarcati con base indurita.
Diverse settimane o mesi dopo, possono apparire nuove lesioni lungo il decorso delle vie
linfatiche.

La colorazione di Fontana-Masson conferma la presenza di corpi sclerotici (corpi di Medlar), che


sono patognomonici. La coltura è necessaria per identificare la specie responsabile della patologia.

Si trattano con itraconazolo per via orale o crioterapia.


Micetomi eumicotici
I micetomi eumicotici sono quelli causati da funghi veri, a differenza dei micetomi actinomicotici,
che sono causati da actinomiceti aerobi (batteri).
Tra gli agenti eziologici, ricordiamo Madurella, Biatrophia e Exophiala.
Un micetoma è definito clinicamente come un processo infettivo, cronico, granulomatoso
localizzato che coinvolge i tessuti cutanei e sottocutanei.
È caratterizzato dalla formazione di granulomi e ascessi multipli che contengono ampi aggregati di
ife fungine noti come granuli o chicchi. Questi chicchi contengono cellule che presentano marcate
modificazioni della struttura interna ed esterna, che vanno dalla duplicazione della parete cellulare
alla formazione di una matrice extracellulare compatta.
Il processo può essere abbastanza esteso o deformante, con distruzione di muscoli, fasce
muscolari e ossa.
I granuli dei micetomi sono composti da ife settate, dematiacee (chicco nero) o ialine (chicco
bianco o pallido), di forme irregolari. Sono spesso presenti clamidioconidi larghi, sferici e con
parete spessa. Le ife possono essere avvolte da una sostanza amorfa compatta. Il materiale di
Splendore-Hoeppli (corpo asteroide) si interdigita tra gli elementi miceliali alla periferia dei
granuli. I granuli possono essere differenziati da quelli actinomicotici sulla base della morfologia e
della colorazione.
I pz si presentano frequentemente con un’infezione di vecchia data.

La lesione più precoce è un piccolo nodulo o una placca sottocutanea, non dolorosa, che cresce
lentamente di dimensioni, ma in maniera progressiva. Mentre il micetoma si sviluppa, l’area
infetta si allarga gradualmente e si deturpa a causa dell’infiammazione cronica e della fibrosi.

Nel tempo appaiono fistole sulla superficie della cute che drenano un liquido siero-sanguinolento,
spesso contenente granuli visibili.
L’infezione distrugge localmente muscoli e ossa.
Il trattamento è di solito inefficace. Risposte promettenti sono state riportate usando terbinafina e
del posaconazolo.
L’amputazione spesso è l’unico trattamento definitivo, a seconda della velocità di progressione,
della sintomatologia, della disponibilità di protesi adeguate e delle condizioni individuali del pz (di
solito, a causa della progressione lenta dell’infezione, la terapia antifungina può ulteriormente
rallentarla).

Entomoftoromicosi sottocutanea
È causata da mucormiceti con elementi ifali sparsi e spesso frammentati, circondati da materiale
intensamente eosinofilo.

La risposta infiammatoria è granulomatosa e ricca in eosinofili.


Nell’infezione da Basidiobolus ranarum, masse mobili a forma di disco ed elastiche si riscontrano
sulle spalle, sul bacino, sui fianchi e sulle cosce.
L’infezione da Conidiobolus coronatus è invece confinata all’area rinofacciale e spesso non giunge
all’attenzione del medico finché non si verifichi un gonfiore del labbro superiore o del viso.
Il gonfiore è compatto e non doloroso e può progredire fino a coinvolgere il setto nasale e la parte
superiore e inferiore del viso, comprese le orbite.
Entrambi i tipi di infezione possono essere curati con itraconazolo e ioduro di potassio in
soluzione satura per via orale. A volte può rendersi necessaria la chirurgia faccia ricostruttiva.

Feoifomicosi sottocutanea
È un gruppo eterogeneo di infezioni fungine causate da funghi pigmentati presenti nel tessuto in
forma di ife irregolari piuttosto che di cellule muriformi.
Tutti gli agenti eziologici crescono in coltura come muffe nere e appaiono nel tessuto come forme
ifali o lieviti formi dalla parete scura, irregolari.
Possono essere presenti protuberanze vescicolari irregolari, dalla parete spessa.
La malattia si presenta come una cisti infiammatoria isolata generalmente su piedi e gambe, ma
possono anche essere coinvolte mani e altri parti del corpo. Le lesioni crescono lentamente e si
espandono in un periodo di mesi o anni. Possono essere compatte o mobili e di solito non
dolorose. Se localizzate vicino ad un’articolazione, è possibile che vengano scambiante per una
cisti sinoviale e possono diventare abbastanza larghe da interferire con il movimento.
Il trattamento principale è infatti l’escissione chirurgica.
Micosi sistemiche da funghi dimorfi
Blastomicosi
È causata dal patogeno dimorfo Blastomyces dermatitidis.
In quanto fungo termicamente dimorfo, produce cellule lievitiformi non incastonate nel tessuto,
colonie in colture su terreni arricchiti a 37° e muffe filamentose a 25° su terreni micologici
standard.
La forma miceliare produce conidi da rotondi a ovali localizzati su lunghe ramificazioni ifali
terminali. La forma lievito si osserva nei tessuti a 37°: le cellule sono sferiche, ialine, multinucleate
e con spesse pareti a doppio contorno; si riproducono attraverso la formazione di gemme o
blastoconidi.
La via di ingresso dell’infezione è l’inalazione dei conidi; come nella maggior parte delle micosi
endemiche. La gravità dei sintomi e il decorso della malattia dipendono dal grado di esposizione,
ma soprattutto dallo stato immunitario dell’individuo esposto.
La malattia clinica si può presentare come malattia polmonare o disseminata extrapolmonare.
I due terzi dei pazienti presentano coinvolgimento di ossa e cute.
Altri siti di disseminazione ematica sono prostata, fegato, milza, rene, SNC.

La blastomicosi polmonare può essere asintomatica oppure presentarsi come una blanda
sindrome simil-influenzale.
L’infezione più severa può ricordare la polmonite batterica con esordio acuto, febbre alta, infiltrati
lobari e tosse; si può verificare distress respiratorio.
La blastomicosi può provocare anche lesioni cutanee croniche, che possono essere papulari,
pustolose o indolenti, ulcerative-nodulari o verrucose, con superfici incrostate e bordi rialzati,
principalmente su viso, mani, collo e cuoio capelluto.
Se non trattata, assume un decorso cronico, con remissioni, esacerbazioni e un graduale aumento
dell’entità delle lesioni.
L’amfotericina B rappresenta il gold standard per il trattamento della forma meningea o di altre ad
esito parzialmente fatale. La malattia moderata o blanda può essere trattata con itraconazolo.

Coccidioidomicosi
È una micosi endemica causata da Coccidioides immitis e C. posadasii.
La malattia è dovuta a inalazione di artroconidi infetti e può variare da un’infezione asintomatica
nella maggior parte dei casi, a malattia progressiva fino alla morte.
Come sifilide e tubercolosi, causa un’ampia varietà di lesioni ed è stata chiamata “il grande
imitatore”.
C. immitis è un fungo dimorfo che esiste come muffa in natura e in laboratorio a 25° e come
sferula con endospore nei tessuti e in condizioni molto particolari in vitro. In coltura si sviluppano
rapidamente abbonanti miceli aerei e la colonia si allarga in una infiorescenza circolare. A livello
microscopico, le ife vegetative danno vita a ife fertili che producono artroconidi ialini alternati che,
quando rilasciati, risultano a forma di barile e presentano un collare ad anello su entrambe le
estremità. Dopo l’inalazione, gli artroconidi diventano rotondi mentre si trasformando in sferule
nel polmone; quando maturano, le sferule producono endospore mediante un processo di
clivaggio progressivo. La rottura delle pareti delle sferule rilascia le endospore che a loro formano
nuove sferule.
C. immitis è probabilmente il più virulento di tutti i miceti patogeni per l’uomo. L’inalazione solo di
pochi artroconidi produce una coccidioidomicosi primaria che può includere una pneumopatia
primaria o una sindrome simil-influenzale autolimitante, caratterizzata da tosse, dolore toracico e
perdita di peso.

I pz con coccidioidomicosi possono sviluppare risposte allergiche come risultato della formazione
di immunocomplessi.

La malattia primaria si risolve di solito senza terapia e conferisce una forte immunità specifica alla
reinfezione.
Nei pz sintomatici per più di 6 settimane, la malattia progredisce in coccidioidomicosi secondaria,
con noduli, malattia cavitaria o pneumopatia progressiva. I siti extrapolmonari includono cute,
tessuti molli, ossa, articolazioni e meningi.

Il trattamento delle coccidioidomicosi secondarie si basa su amfotericina B seguita da un azolo


come terapia di mantenimento.

Paracoccidioidomicosi
È causata dal patogeno dimorfo Paracoccidioides brasiliensis.
È la più importante malattia fungina dimorfa endemica in Sudamerica.
La forma miceliare cresce lentamente in vitro a 25°.
L’identificazione richiede la conversione alla forma di lievito. Essa si osserva tipicamente nei
tessuti o in coltura a 37°. I blastoconidi sono connessi alla parete parentale da uno stretto istmo e
da una singola cellula possono esserne prodotti sei o più di varie grandezza. La variabilità della
grandezza e il numero dei blastoconidi e la loro connessione alla cellula parentale sono
caratteristiche utilizzate per l’identificazione.
La paracoccidioidomicosi può essere subclinica o progressiva, con forme di pneumopatia acute o
croniche oppure forme disseminate acute, subacute o croniche. La maggior parte delle infezioni
croniche sono autolimitanti; tuttavia, l’agente può restare quiescente per lunghi periodi e
riattivarsi per causare malattia clinica contemporaneamente ad una diminuzione delle difese
dell’ospite. L’infezione può disseminarsi in siti extrapolmonari che includono la cute e le mucose, i
linfonodi, le ghiandole surrenali, il fegato, la bocca, le labbra, le gengive e il palato.
L’itraconazolo è il trattamento di elezione.

Per le infezioni più severe si preferisce amfotericina B seguita da una terapia con itraconazolo o
sulfamidici.
Istoplasmosi
È causata da due varietà di Histoplasma capsulatum: capsulatum e duboisii.
Entrambe sono funghi termicamente dimorfi che esistono come muffe ialine in natura e in coltura
a 25° e come lieviti intracellulari gemmanti nei tessuti e in coltura a 37°.
Le muffe crescono lentamente e si sviluppano come colonie ifali.

La forma miceliare produce due tipi di conidi:

 macroconidi sferici a parete spessa, con proiezioni a punta (macroconidi tubercolati) che
emergono da corti conidiofori
 piccoli macroconidi ovali con pareti lisce, sessili e poggianti su corti steli
Le cellule lievito hanno parete sottile, sono intracellulari e mononucleate.
La via di infezione più comune per entrambe le varietà è l’inalazione di microconidi, i quali
germinano in lieviti all’interno del polmone e possono restare localizzati o disseminarsi per via
ematica o linfatica. Vengono rapidamente fagocitati dai macrofagi polmonare e dai neutrofili e la
conversione nella forma lievito in grado di parassitare avviene all’interno della cellula.

 Histoplasma capsulatum capsulatum nel 90% dei casi è asintomatica e si verifica in seguito
ad un’esposizione a bassa intensità. Tuttavia, in caso di esposizione elevata, possono
comparire dei sintomi. La forma polmonare acuta, autolimitante, è caratterizzata da
malattia pseudo influenzale con febbre, brividi, cefalea, tosse, mialgie e dolore toracico.
La maggior parte delle infezioni acute si risolve spontaneamente con terapia di supporto e
non richiede terapia antifungina specifica.
In casi rari, si può sviluppare sindrome da distress respiratorio.
Un’altra rara complicazione è la fibrosi mediastinica, nella quale una persistente risposta
dell’ospite può portare ad una fibrosi massiccia con una costrizione del mediastino,
compreso cuore e grandi vasi.
L’istoplasmosi disseminata acuta invece è un processo fulminante, che si osserva per lo più
in paziente gravemente immunocompromessi: può presentarsi con un quadro clinico simile
ad uno shock settico, con febbre, ipotensione, infiltrati polmonari e stress respiratorio
acuto, ulcerazioni orali e gastrointestinali con sanguinamento, insufficienza surrenalica,
meningite ed endocardite. Se non trattata, è fatale nell’arco di giorni o settimane.
 Histoplasma capsulatum duboisii: causa l’istoplasmosi africana, in cui le lesioni polmonari
sono rare. Si tratta di una malattia cronica caratterizzata da linfadenopatia regionale, con
lesioni della cute e delle ossa. Le lesioni possono essere papulari o nodulari e
successivamente evolvono in ascessi ulceranti. Le sedi più frequentemente colpite sono
cranio, sterno, coste, vertebre e ossa lunghe.
Spesso è autolimitante. Invece, i pazienti immunocompromessi possono giovare del
trattamento con itraconazolo. Pazienti con distress respiratorio acuto ricevono
somministrazione di amfotericina B, usata anche per l’istoplasmosi disseminata
Micosi opportunistiche
Candidosi
Candida spp. rappresenta il più importante gruppo di patogeni fungini opportunisti.
Costituiscono la terza causa più comune di infezioni ematiche.

Tutte le specie di Candida sono organismi lievitiformi che producono gemmazioni o blastoconidi.
Ad eccezione di C. glabrata, producono anche pseudoife e ife vere.
Inoltre, C. albicans forma tubi germinativi e clamidioconidi terminali con parete spessa.
In coltura, la maggior parte delle specie di candida forma colonie lisce, bianche, cremose e a
cupola. C. albicans e altre specie possono anche subire switching fenotipico nel quale un singolo
ceppo di Candida può cambiare reversibilmente tra differenti morfotipi, oscillando dalla tipica
colonia liscia, bianca composta da cellule lieviti formi prevalentemente gemmanti, a colonie molto
rugose e pelose composte principalmente da forme ifali e pseudoifali.
Lo switching agisce come una specie di sistema dominante in C. albicans e altre specie per una
risposta rapida a livello delle singole cellule per cambiamenti del microambiente locale.
Il sito primario di colonizzazione è il tratto gastrointestinale che va dalla bocca al retto.
Possono anche essere presenti come commensali nella vagina e nell’uretra, sulla cute e sotto le
unghie delle mani e dei piedi.
Si stima che il 25-50% delle persone sane sia portatore di Candida nella normale popolazione
microbica della bocca.
La maggior parte delle candidosi è costituita da infezioni endogene in cui la popolazione microbica
residente dell’ospite approfitta dell’opportunità di causare infezione.
Nei casi di infezioni ematiche, il trasferimento del microrganismo dalla mucosa gastrointestinale al
torrente circolatorio richiede una precedente crescita del numero di lieviti nel loro habitat
commensale associato a perdita dell’integrità della mucosa gastrointestinale.
C. albicans è predominante tra le varie specie di candida in grado di causare infezione nell’uomo,
soprattutto a carico delle aree genitali, orali o cutanee.
Le conseguenze delle infezioni ematiche da Candida nei pz ospedalizzati sono gravi: i pz
ospedalizzati con candidemia presentano un doppio rischio di morte in ospedale rispetto ai pz con
infezioni ematiche non causate da Candida.
Nelle condizioni appropriate, le specie di Candida possono virtualmente causare infezione in ogni
organo.
Le infezioni oscillano da candidosi superficiali mucosali e cutanee alla disseminazione ematica
diffusa coinvolgente organi bersaglio come fegato, milza, rene, cuore ed encefalo.
Le infezioni mucosali (mughetto) possono essere limitate all’orofaringe o estendersi all’interno
tratto gastrointestinale.
Nelle donne, la mucosa vaginale è un comune tratto di infezione. Le infezioni si presentano di
solito come chiazze bianche tipo “fiocchi di latte” sulla superficie mucosale.
Inoltre, le specie di Candida possono causare infezione cutanea localizzata nelle aree dove la
superficie cutanea è occlusa e umida
I campioni ottenuti da raschiamenti delle lesioni mucosali o cutanee vengono piastrati su
CHROMagar Candida (è un terreno che presenta substrati cromogeni).
Il trattamento varia in base alla gravità dell’infezione.

Aspergillosi
Le specie di Aspergillus crescono in coltura come muffe ialine.

Crescono come ife ramificate, settate, che producono conidiofori quando esposti all’aria.
Un conidioforo è costituito da una vescicola terminale, sulla quale crescono uno o due strati di
fialidi o sterigmati. I fialidi allungati a loro volta producono colonne di conidi sferici che sono i
propaguli infettanti dai quali si sviluppa la fase miceliale del fungo.
Le ife sono omogenee, di grandezza uniforme con contorni paralleli, settate in modo regolare e
ramificate in modo progressivo e alberiforme.
I conidi sono ubiquitari nell’aria, nel terreno e nel materiale in decomposizione.
Le manifestazioni allergiche dell’aspergillosi comprendono una vasta gamma di manifestazioni
cliniche basate sul grado di ipersensibilità agli antigeni di Aspergillus. Nella forma
broncopolmonare, si possono osservare asma, infiltrati polmonari, eosinofilia periferica, IgE
elevate nel siero ed evidenza di ipersensibilità agli antigeni di Aspergillus tramite test cutaneo.
Sia i seni paranasali che le basse vie aeree possono essere colonizzate da Aspergillus,
determinando aspergillosi bronchiale ostruttiva ed un vero e proprio aspergilloma (micetoma).
Nell’aspergillosi bronchiale ostruttiva, si formano aggregati mucosi bronchiali e ammassi composti
da elementi ifali e materiale mucoso.
Un aspergilloma (visualizzabile all’esame radiografico) si può anche formare nei seni paranasali o
in cavità polmonare preformata in seguito ad una vecchia tubercolosi o ad altre malattie
polmonari cavitarie.
Forme di aspergillosi invasiva oscillano da una malattia invasiva superficiale che può verificarsi nel
quadro di una moderata immunosoppressione all’aspergillosi distruttiva, localmente invasiva,
polmonare o disseminata, infezioni devastanti osservabili in pz severamente neutropenici e
immunocompromessi (essi devono infatti soggiornare in ambienti dove l’aria è filtrata per
prevenire l’infezione).

In genera una specifica terapia antifungina per l’aspergillosi implica la somministrazione di


amfotericina B. Se possibile, è raccomandata la resezione chirurgica delle aree coinvolte.
Le aflatossine sono prodotte principalmente da Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus.
Sono associate sia a tossicità sia a cancerogenicità nella popolazione umana e animale.
L’aflatossicosi acuta causa morta, mentre l’aflatossicosi cronica determina cambiamenti patologici
più prolungati, inclusi il cancro e l’immunosoppressione.
Il fegato è il target primario; nell’uomo, l’aflatossicosi acuta si manifesta come epatite acuta.
La principale via di esposizione umana è il consumo di cibi contaminati, come arachidi e cereali.
Sembra essere coinvolta nell’attivazione di proto-oncogeni e nella mutazione del gene
oncosoppressore TP53.

Criptococcosi
È una micosi sistemica causata da Cryptococcus neoformans e C. gattii.
Sono funghi capsulati, basidiomiceti, lievitiformi, sferici o ovali.
La replicazione avviene con gemmazione da una base relativamente stretta; di solito, si formano
singole gemmazioni, ma a volte sono presenti catene di cellule gemmanti.
La capsula è un marker distintivo, che può avere un diametro fino a 5 volte quello della cellula
fungina ed è prontamente individuata con una colorazione per la mucina.
La criptococcosi di solito si acquisisce inalando dall’ambiente un aerosol di cellule di C. neoformans
o C. gattii. Essa può presentarsi come un processo polmonare o, più comunemente, come
infezione del SNC secondaria alla diffusione ematica e linfatica dal focolaio primario polmonare.
Meno spesso si osserva un’infezione disseminata più diffusa con interessamento cutaneo, muco
cutaneo, osseo e viscerale.
Può avere manifestazioni variabili, che vanno da un processo asintomatico ad una polmonite
bilaterale fulminante. Gli infiltrati nodulari possono essere unilaterali o bilaterali.
C. neoformans e C. gatti sono molto neurotropici e la forma più comune della malattia è quella
meningea, con decorso variabile e fatale se non curata.
Tutti i pz dovrebbero ricevere amfotericina B più flucitosina in modo intensivo per due settimane.
Per ricapitolare
Microbiota intestinale di interesse: Candida albicans, Clostridium, Enterococcus, E. Coli,
Staphylococcus faecium
Actinobacteria (es. Bifidobacterium), Bacteroidetes e Firmicutes
Biofilm: Pseudomonas aeruginosa, Streptococcus mutans, Staphylococcus aureus, Staphylococcus
epidermidis, Vibrio colera, E. Coli, Legionella
Trasmissione madre feto: sifilide e Listeria

Meningiti settiche: Meningococco, Emofilo, Pneumococco, E. Coli, Streptococcus agalactiae


Meningiti asettiche: Listeria, micobatterio e treponema
Batteri capsulati: Bacillus, streptococchi, stafilococchi, Salmonella, Pseudomonas aeruginosa,
Neisseria meningitidis, Haemophilus influenzae, alcuni ceppi di E. Coli
Struttura dei virus
Rappresentano gli elementi biologici più semplici.
Sono parassiti endocellulari obbligati (perché incapaci di replicarsi autonomamente) e specifici (in
base al loro tropismo cellulare possono infettare solo determinate cellule che espongono
determinati recettori).
Sono visibili solo al microscopio elettronico e vengono detti agenti filtrabili, in quanto capaci di
attraversare i filtri che trattengono i batteri.
Quando non si trovano all’interno di una cellula ospite o nella fase di infettarne una, i virus
vengono detti virioni. La struttura dei virioni comprende:

 un genoma costituito da DNA o RNA


o il DNA può essere a doppia o singola elica, lineare o circolare
o l’RNA può essere a doppio o singolo filamento e, in quest’ultimo caso, può avere
una polarità positiva o una polarità negativa
 in alcuni casi proteine necessarie per facilitare l’inizio della replicazione all’interno della
cellula
 un capside, formato dall’assemblaggio di unità dette capsomeri. I capsomeri a loro volta
sono costituiti da subunità strutturali proteiche, i protomeri, che si auto-assemblano
formando una struttura simmetrica elicoidale, icosaedrica o complessa. Il capside è una
struttura rigida in grado di resistere all’essicamento, agli acidi e ai detergenti
 talvolta un pericapside, una struttura di membrana simile a quella delle membrane
cellulari. Infatti, è costituito da lipidi, proteine e glicoproteine.
Le glicoproteine
o spesso hanno un’importante funzione antigenica
o alcune vengono definite VAP (proteine virali di attacco, o anti-recettori virali)
perché sono capaci di legarsi a strutture presenti sulle cellule bersaglio
o altre permettono la fusione con la cellula ospite
I virus provvisti solo di capside vengono detti nudi: escono dalla cellula infettata per lisi.
I virus provvisti anche di pericapside vengono detti rivestiti: durante la replicazione, le proteine
virali deputate alla formazione del pericapside si inseriscono sulla membrana cellulare e, in questo
modo, quando il nucleocapside si avvicinerà alla membrana modificata, inizierà il processo di
gemmazione.
Lo spazio interstiziale compreso tra nucleocapside (l’insieme di capside e acido nucleico) e
pericapside è chiamato tegumento e contiene enzimi, altre proteine e anche RNA che facilitano
l’infezione virale.
Alcune famiglie di virus sono strutturalmente caratteristiche:

 i rotavirus hanno un doppio capside che conferisce loro un caratteristico aspetto a ruota
 gli adenovirus presentano un’estroflessione del capside che funge da recettore virale
 gli arenavirus hanno un aspetto sabbioso perché durante il ciclo replicativo inglobano
ribosomi
Classificazioni dei virus (Baltimore)
Possono essere classificati in base

 alle caratteristiche morfologiche (per es. i togavirus hanno un pericapside che somiglia a
una toga romana)
 al tessuto in cui sono stati isolati per la prima volta (per es. gli adenovirus nelle adenoidi)
 alla localizzazione geografica (per es. il virus di Norwalk è stato identificato per la prima
volta nell’omonima città)
La classificazione più importante è quella di Baltimore, che si basa sulla natura e sulla polarità dei
genomi virali. Si distinguono così sette classi. I virus possono avere
La trascrizione può svolgersi
 Adenovirus
solo nel nucleo perché avviene
 Herpesvirus
tramite RNA polimerasi DNA
dipendenti  Papovavirus
DNA a doppio filamento La trascrizione può avvenire
direttamente nel citoplasma
(unico caso nei virus a DNA)  Poxvirus
perché sfrutta una polimerasi
veicolata dal virione
La trascrizione e la traduzione
DNA a singolo filamento avvengono nel nucleo per  Parvovirus B19
opera di enzimi cellulari
RNA a doppio filamento La catena negativa viene
(caratterizzati da avere un trascritta per mezzo di una
 Reovirus
filamento positivo e un trascrittasi virale. In questo
filamento negativo) modo si formano molecole di
RNA con polarità positiva che
possono agire  Orthomyxovirus
RNA a singolo filamento con
 da mRNA  Paramyxovirus
polarità negativa
 da stampo per gli RNA  Rhabdovirus
con polarità negativa
Non hanno bisogno di
trascrivere il proprio genoma  Coronavirus
RNA a singolo filamento con perché può essere  Picornavirus
polarità positiva direttamente tradotto, per  Togavirus
questo questi virus vengono  Flavivirus
detti acidi nucleici infettivi
RNA a singolo filamento con
polarità positiva che tramite
una trascrittasi inversa viene  Retrovirus
convertito in DNA a doppio La trascrittasi inversa permette
filamento di sintetizzare DNA a partire da
DNA a doppio filamento che RNA
tramite una trascrittasi inversa
 Epadnavirus (HBV)
convertono l’RNA prodotto
nuovamente in DNA
Replicazione virale
Nella replicazione si distinguono tre fasi:

 una fase precoce, in cui il virus deve riconoscere una cellula bersaglio, aderirvi, penetrare
la membrana plasmatica, essere internalizzato, rilasciare il proprio genoma nel citoplasma
e, se necessario, traslocarlo al nucleo
 una fase tardiva, che comincia con l’avvio della replicazione genomica e procede
attraverso la traduzione, l’assemblaggio della particella virale e il rilascio del virus
Il periodo che intercorre tra la liberazione del genoma virale nella cellula e la comparsa di nuovi
virioni conseguenti all’assemblaggio virale viene definito periodo di eclissi, non essendo il virus più
reperibile come entità morfologica nella cellula. La fase latente inizia dal periodo di eclissi e
termina con il rilascio di nuovi virus
L’infezione può essere:

 produttiva, se una cellula permissiva è infettata da un virione completo e produce una


progenie formata da un numero variabile di virioni a seconda del tipo di virus e di cellula
 abortiva, se non si completa perché il virus è difettivo (i virus difettivi, come HDV, mancano
di elementi genetici importanti per la replicazione)
 restrittiva: se la cellula ospite è permissiva solo in una determinata fase del proprio ciclo
vitale
Le infezioni abortive e restrittive sono infezioni latenti (da non confondere con la fase latente),
cioè il virus rimane integrato nella cellula ospite, che quindi darà origine a una progenie di cellule
infette e, solo quando le condizioni diventano favorevoli, il genoma virale può dare inizio al
processo di trascrizione.

La replicazione virale prevede:


1. una fase di assorbimento, in cui avviene il legame delle VAP (nei virus rivestiti) o delle
strutture superficiali del capside (nei virus nudi) con i recettori presenti sulla cellula
2. una fase di penetrazione
a. i virus nudi entrano per micropinocitosi
b. i virus inviluppati fondono il pericapside con la membrana plasmatica
3. una fase di liberazione, che prevede il trasporto del nucleocapside al sito di replicazione e
la rimozione del capside e del pericapside
a. il genoma dei virus a DNA deve essere trasportato nel nucleo (a eccezione dei
poxvirus)
b. il genoma della maggior parte dei virus a RNA rimane nel citoplasma
4. una fase di sintesi. Le strategie di replicazione del genoma dipendono dalla classe a cui il
virus, secondo la classificazione di Baltimore, appartiene. Per quanto riguarda la
traduzione, tutti i virus dipendono dai ribosomi della cellula ospite, dal tRNA e dai
meccanismi di modifica post-traduzionale. I virus possono utilizzare diverse tecniche per
promuovere la traduzione preferenziale del loro mRNA, per esempio
a. in molti casi la concentrazione di mRNA virale all’interno della cellula è così grande
da occupare la maggior parte dei ribosomi
b. l’infezione da adenovirus blocca l’uscita dell’mRNA cellulare dal nucleo
c. l’herpes simplex virus induce la degradazione del DNA e dell’mRNA cellulare
5. una fase di assemblaggio, che nei virus a DNA (tranne nei poxvirus) si verifica nel nucleo,
mentre nei virus a RNA nel citoplasma. I virus nudi possono essere assemblati in procapsidi,
ovvero strutture vuote, che verranno successivamente riempite dal genoma
6. una fase di liberazione
a. i virus nudi sono rilasciati dopo la lisi della cellula
b. i virus rivestiti sono rilasciati per gemmazione
Genetica virale
Nei genomi virali le mutazioni avvengono in maniera spontanea e rapida. Gli errori che
avvengono durante la replicazione sono causati sia dalla scarsa precisione della polimerasi virale,
sia proprio dalla rapidità con cui il processo avviene.
Solitamente

 i virus che usano DNA polimerasi DNA dipendenti presentano una bassa frequenza di
mutazione, comparabile a quella della DNA polimerasi cellulare
 i virus che usano DNA polimerasi RNA dipendenti (sintetizzano DNA a partire da RNA), e
quindi le trascrittasi inverse di HBV e HIV, presentano la più alta frequenza di mutazione
 i virus che usano RNA polimerasi (indipendentemente se DNA o RNA dipendenti)
presentano un’elevata frequenza di mutazione in quanto l’RNA pol è priva dell’attività di
correzione delle bozze

Le mutazioni possono essere:

 puntiformi (se consistono nella sostituzione di un nucleotide). Possono essere distinte in


o mutazioni silenti, se la sostituzione del nucleotide codifica per lo stesso AA
o mutazioni consenso, se il nucleotide viene sostituito con un altro che codifica per
un diverso AA. Possono essere a loro volta
 mutazioni conservative, se i due AA sono simili
 mutazioni non conservative, se i due AA non si somigliano
o mutazioni non senso, se il nucleotide viene sostituito con un codone non senso che
agisce da codone di stop
 frame-shift (se la delezione o l’inserzione di un nucleotide comporta lo slittamento della
lettura del gene)
La maggior parte delle mutazioni non ha effetto oppure è dannosa per il virus. In particolare:

 le mutazioni nei geni essenziali possono inattivare il virus (si parla di mutazioni letali)
 mentre le mutazioni negli altri geni possono produrre resistenza a farmaci antivirali
(mutanti farmaco resistenti) oppure alterare l’antigenicità o la patogenicità del virus

Esistono anche:

 mutanti di delezione, che derivano dalla perdita o dalla rimozione selettiva di una porzione
di genoma e della funzione corrispondente da esso codificata
 mutanti di placca, che differiscono dal tipo selvaggio nelle dimensioni o nella morfologia
delle cellule infettate
 mutanti dello spettro di ospite, che differiscono nel tipo di tessuto o nella specie animale
della cellula bersaglio che può essere infettata
 mutanti attenuati, ossia varianti che causano malattie meno gravi
 mutanti condizionati, che presentano una mutazione in un gene che codifica per una
proteina che permetteva al virus di resistere a certe temperature
Genetic drift, shift e ricombinazione
Si definisce deriva antigenica il progressivo e continuo cambiamento delle caratteristiche
antigeniche virali dovuto ad un continuo, lento e graduale accumulo di mutazioni puntiformi.
Il fenomeno della deriva antigenica riguarda particolarmente

 i virus influenzali di tipo A e B, anche se negli A avviene in modo più marcato e frequente
 l’HIV e l’HCV. Proprio per HIV e HCV nasce il concetto di quasi specie secondo cui si ha una
continua evoluzione del virus sia per effetto delle mutazioni spontanee sia per la pressione
selettiva esercitata dal sistema immunitario dell’ospite e dall’eventuale terapia
farmacologica

Lo shift antigenico consiste nello scambio drastico di parti del genoma virale che codificano per
antigeni di superficie tra virus antigenicamente diversi. Riveste un ruolo estremamente
importante nella nascita delle pandemie da virus influenzali di tipo A, infatti spesso si verifica tra
virus influenzali umani e animali (aviari o suini) e determina la formazione di un virus
antigenicamente nuovo, che la popolazione non ha mai incontrato e che, quindi, può diffondersi
con estrema facilità.

La ricombinazione virale consiste nello scambio di tratti più o meno ampi di materiale genetico
tra genomi virali diversi che si trovano all’interno della stessa cellula. Accade spesso tra i sottotipi
di HIV (specie nel gene env) a causa della sovrapposizione geografica che ha permesso la co-
infezione con più sottotipi.

La complementazione si ha quando due virus difettivi utilizzando le proteine codificate dall’altro


virus riescono entrambi a replicarsi. Altrimenti, nessuno dei due potrebbe replicarsi da solo. Non
sono interessati i genomi ma solo le proteine dei due virus, non si genera un genoma diverso.

Si definiscono virus satelliti quelli che, sfruttando le proteine di un altro virus che co-infetta la
cellula, riescono a replicarsi. Per esempio, HDV riesce a replicarsi solo grazie a co-infezione con
HBV, che lo fornisce della proteina HBs.
Il mescolamento fenotipico si ha quando due virus anche diversi infettano la stessa cellula e,
durante l’assemblamento, uno dei due incorpora parte del pericapside dell’altro virus. Ovviamente
le caratteristiche fenotipiche vengono perse con il successivo ciclo replicativo.
Si ha interferenza quando la presenza di un virus in una cellula impedisce la replicazione di un
altro virus che super-infetta la stessa cellula.
Cenni di immunologia
Interferone. La produzione di interferone è indotta dall’RNA a doppia elica, dall’inibizione della
sintesi proteica cellulare e dai virus rivestiti. Gli IFN alfa e beta (interferoni di classe I) inducono lo
stato antivirale nelle cellule circostanti, che blocca la replicazione dei virus. L’IFN gamma
(interferone di classe II) attiva i NK e i macrofagi.

Cellule NK. Sono attivate dall’IFN-alfa e dall’IL-12 prodotto dai macrofagi. Stimolano a loro volta i
macrofagi producendo IFN-gamma. Riconoscono e lisano le cellule infettate da virus (soprattutto
da quelli dotati di pericapside).

Macrofagi e DC presentano l’antigene CD4. I macrofagi filtrano le particelle virali circolanti e


fagocitano le particelle virali opsonizzate. Le DC producono IFN-alfa e attivano i linfociti T.

Linfociti T. Controllano le infezioni virali da virus provvisti di pericapside e non citolitici.


Riconoscono i peptidi virali presentati dalle molecole MHC espresse sulle membrane cellulari.
I linfociti T citotossici CD8 rispondono a peptidi virali complessati con molecole MHC I.

Anticorpi. Neutralizzano i virus extracellulari, bloccando per esempio le proteine di adesione e


destabilizzando la struttura virale. Opsonizzano i virus inducendone la fagocitosi. Le IgM sono
indice di infezione recente o in corso. Le IgG di infezione passata. Le IgA secretorie hanno un ruolo
importante nella protezione delle mucose.

Febbre. Molti virus con la febbre diventano più instabili (come herpes simplex) o incapaci di
replicarsi (come i rinovirus).
Farmaci antivirali
Esistono una serie di eventi replicativi sostenuti da strutture virali che rappresentano potenziali
bersagli per i farmaci antivirali.
Si distinguono:

Possono essere
 analoghi peptidici o polisaccaridici
del recettore virale: questi farmaci si
legano alla VAP virale impedendo
Inibitori della
l’interazione con il recettore della
fusione
cellula bersaglio
 analoghi della VAP: si legano al
recettore cellulare impendendo che si
leghi la VAP virale
Inibitori dell’entrata Alcuni virus per entrare all’interno della
cellula ospite richiedono che la VAP
interagisca non solo con il recettore cellulare,
ma anche con altre molecole definite come
Inibitori dei co- co-recettori.
recettori  Per esempio: gp120 di HIV lega CD4
interagendo con CXCR4 o CCR5.
Maraviroc si lega al CCR5
inducendone un cambiamento
conformazionale
Agiscono bloccando il canale ionico costituito dalla proteina virale
M2, in modo da ostacolare la migrazione degli ioni H+ verso l’interno
della particella virale. Di conseguenza si ha un’inibizione
Inibitori della
dell’acidificazione. L’acidificazione è un processo indispensabile per
scapsidazione
la liberazione dell’acido nucleico virale.
 Per esempio: l’amantadina e la rimantadina possono essere
utilizzati per il trattamento dell’influenzavirus A
Sono inibitori della DNA polimerasi virale.
Questi composti dopo essere stati fosforilati
da chinasi cellulari o virali possono essere
inseriti nella catena nascente del DNA e
bloccarne l’allungamento.
L’aciclovir è un analogo aciclico della
guanosina. Mancando dell’ossidrile 3′ non
Inibitori della sintesi Analoghi
permette l’aggiunta del nucleotide
degli acidi nucleici virali nucleosidici
successivo. È attivo nei confronti di EBV, HSV-
1, HSV-2 e VZV.
Anche il ganciclovir è un analogo aciclico
della guanosina. Differisce dall’aciclovir per la
sola aggiunta di un gruppo idrossimetilico.
Inibisce tutti i virus erpetici, ma ha una
spiccata attività verso il CMV.
Come gli analoghi nucleosidici, sono inibitori
della DNA polimerasi virale.
Non necessitano della prima fase di
fosforilazione e risultano quindi attivi su quei
virus a DNA che non codificano per enzimi
Analoghi come la timidina chinasi virale (TK).
nucleotidici Il cidofovir è un analogo della citidina-
monofosfato. Ha efficacia contro adenovirus,
poliomavirus e herpesvirus.
Il foscarnet è un analogo inorganico del
pirofosfato efficace contro HBV e virus
erpetici
Vengono distinti in:
 Analoghi nucleosidici: come
l’azidotimidina (AZT), analogo della
timidina in cui il gruppo ossidrile in 3′
è sostituito con il gruppo azidico, in
questo modo non permette
l’elongazione della catena nascente di
Inibitori della DNA virale
trascrittasi inversa  Farmaci non nucleosidici, derivati
principalmente delle benzodiazepine.
Sono inibitori allosterici e
interagiscono con la trascrittasi
inversa legandosi a una tasca
idrofobica dell’enzima. Questi
composti sono estremamente
selettivi contro HIV
 Il sofosbuvir è un analogo
nucleotidico dell’uridina che dopo
essere stato fosforilato nella forma
trifosfato si incorpora nella catena
nascente di RNA portando alla sua
Inibitori della RNA terminazione. È un importante
polimerasi-RNA farmaco anti-HCV
dipendente  La ribavirina svolge la sua azione
antivirale inibendo la RNA polimerasi
virale e bloccando l’attività dell’RNA
messaggero (introducendo mutazioni
al suo interno). È efficace sia contro i
virus a DNA, sia contro i virus a RNA
Sono capaci di inibire la fase di strand transfer, ovvero quella fase in
Inibitori dell’integrasi cui l’integrasi catalizza l’associazione tra DNA virale e DNA cellulare.
 Raltegravir, dolutegravir e elvitegravir vengono usati per HIV
Mimano il substrato delle proteasi, ovvero il precursore della
proteina virale che deve essere tagliata, quindi inibiscono l’azione
Inibitori delle proteasi
della proteasi mediante un meccanismo di tipo competitivo.
 Il ritonavir è efficace contro HIV
Durante la fase di gemmazione alcuni virus possono rimanere
attaccati alla superficie della cellula ospite a causa di interazioni che
si vengono a stabilire tra glicoproteine virali di superficie e
glicoproteine cellulari.
Il virus influenzale dopo essere gemmato dalla cellula rimane
attaccato ad essa a seguito del legame dell’emagglutinina virale con
Inibitori del rilascio le molecole di acido sialico presenti sul recettore cellulare. Il virus
riesce a superare questo blocco grazie all’azione dell’enzima virale
neuraminidasi, che scinde le molecole di acido sialico e permette il
rilascio dei virioni.
 Gli inibitori della neuraminidasi, come oseltamivir e
zanamivir, bloccano questo processo impedendo così la
diffusione del virus

Gli antivirali possono essere distinti in:

 Farmaci ad alta varietà genetica: per indurre la resistenza del virus nei confronti del
farmaco sono necessarie più mutazioni
 Farmaci a bassa varietà genetica: basta anche solo una mutazione affinché il virus diventi
resistente al farmaco
I vaccini
Sono dei farmaci che permettono l’immunizzazione attiva verso un patogeno, inducendo nella
maggior parte dei casi una risposta umorale nel soggetto vaccinato o, come nel caso dei vaccini a
DNA, stimolando le risposte cellulo-mediate.
La vaccinazione di una popolazione blocca la diffusione degli agenti infettivi riducendo il numero di
ospiti sensibili, tramite il fenomeno che viene detto immunità di branco (o di gregge).
L’immunizzazione attiva si differenzia dall’immunizzazione passiva, che si ottiene tramite l’utilizzo
di sieri o anticorpi monoclonali, che hanno l’obiettivo di prevenire l’insorgenza della malattia
dopo un’esposizione nota e migliorare la sintomatologia della mattia in corso.
I sieri possono essere umani, ovvero di soggetti che hanno superato la malattia e sviluppato una
risposta umorale, oppure animali: i sieri umani sono da preferire perché hanno un minor rischio di
reazioni di ipersensibilità.
I vaccini possono essere:

 Basati su microrganismi interi


o Vaccini inattivati. Contengono batteri, virus o tossine rese inattive avvalendosi di
metodi chimici (come la formalina), radioterapici o fisici (come il calore).
Questo significa che non causano la malattia, nemmeno in forma
paucisintomatica; d’altra parte, stimolano solo la risposta umorale, non quella
cellulo-mediata, hanno bisogno di essere somministrati in più dosi affinché siano
efficaci e la risposta umorale prodotta non dura per sempre: spesso c’è bisogno di
un richiamo. Vengono usati per patogeni che non possono essere attenuati, che
causano infezioni ricorrenti o con potere oncogeno. Esempi sono il vaccino antipolio
Salk e i vaccini contro epatite A, influenza e rabbia
o Vaccini vivi attenuati. Vengono utilizzati ceppi del patogeno con virulenza ridotta,
che comunque si riproducono nell’ospite, determinando una forma leggera della
malattia. Questo permette di stimolare sia la risposta umorale, sia la risposta
cellulo-mediata. D’altra parte, non possono essere usati in soggetti
immunocompromessi e sono particolarmente suscettibili al calore, quindi possono
essere inattivati con facilità.
Questi vaccini possono fare uso di:
 Ceppi animali appartenenti alla stessa specie, ma meno virulenti, del
patogeno umano (es. virus del vaiolo vaccino)
 Ceppi mutanti attenuati del patogeno selvaggio. Esempi sono il vaccino
MPRV e il polio orale tipo Sabin
 Basati su parti di microrganismo, detti anche vaccini a subunità. Gli antigeni possono
essere purificati a partire da colture di microrganismi, oppure prodotti in ospiti eterologhi
mediante le tecniche del DNA ricombinante (vaccini ricombinanti). Naturalmente bisogna
sviluppare il vaccino su una molecola immunogena, spesso antigeni di superficie, in
quanto le cellule immunocompetenti entrano in contatto con essi.
Questi sono i vaccini più sicuri, tuttavia spesso sono meno immunogeni, per cui
generalmente hanno bisogno di adiuvanti: i sali di alluminio hanno la capacità di
potenziare la risposta immunitaria.
Un esempio di vaccino a subunità, e in particolare di vaccino ricombinante, è il vaccino
contro l’epatite B, che contiene l’antigene HBs purificato fatto produrre da una specie del
genere Saccharomyces
 Vaccini a DNA. Sono costituiti da una molecola di DNA che codifica per un antigene
vaccinale. Il loro funzionamento dipende dall’espressione genica e dalla sintesi
dell’antigene nelle cellule dell’ospite e, ovviamente, da una successiva risposta
immunitaria. Tipicamente il vaccino a DNA è costituito da un plasmide ricombinante
purificato da colture di Escherichia coli.
Sono ancora in una fase di stadio sperimentale, ma sono molto promettenti, perché più
sicuri, poco costosi e facilmente conservabili. Inoltre, non necessitano di adiuvanti
 Vaccini basati su vettori transgenici. Batteri e virus possono essere ingegnerizzati e resi in
grado di produrre antigeni vaccinali. Questi vaccini sono ancora a uno stadio sperimentale
In ogni caso, tutti i vaccini devono avere

 Efficacia immunizzante, ovvero stimolare la risposta immunitaria. È valutata in rapporto


alla risposta anticorpale. Un soggetto è immune se ha una concentrazione di anticorpi nel
siero superiore a 10 UI/mm^3
 Efficacia protettiva, espressa dalla resistenza all’infezione di una popolazione a rischio
Spesso si fa ricorso a vaccini combinati, ovvero formulazioni che contengono più vaccini (quindi
più antigeni di patogeni diversi). Essi permettono di potenziare la risposta immunitaria, ridurre il
numero di iniezioni e ridurre la quantità totale di additivi somministrati.
Gli esempi più noto sono il vaccino MPRV (morbillo, parotite, rosolia e varicella) e il
POLIOBOOSTRIX (indicato per la vaccinazione di richiamo contro difterite, tetano, pertosse e polio).
In Italia sono obbligatorie le vaccinazioni:

Anti-poliomielitica
Anti-difterica  3 dosi nel primo anno di vita
Anti-tetanica  un richiamo a 6 anni
Anti-pertosse
Anti-epatite B
 3 dosi nel primo anno di vita
Anti-Haemophilus influenzae tipo b
Anti-morbillo, parotite, rosolia e  una prima dose nel secondo anno di vita
varicella  una seconda dose a 6 anni

L’obbligatorietà del vaccino MPRV è soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati
epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte.

Inoltre, sono consigliate le vaccinazioni:

 anti-meningococcica B
 anti-meningococcica C
 anti-pneumococcica
 anti-rotavirus
Nella gravidanza sono raccomandate le vaccinazioni contro difterite, tetano, pertosse e influenza.
Patogenesi virale
Dopo l’ingresso nell’organismo, il virus si replica nelle cellule suscettibili e permissive, che esprimo
cioè recettori per l’ingresso del virus e che hanno un adeguato sistema biosintetico.
Il virus

 può replicare e rimanere a livello del sito primario


 può diffondersi per contiguità
 può raggiungere l’organo bersaglio attraverso il circolo ematico e il sistema linfatico (il
trasporto dei virus in circolo viene detto viremia). La viremia può essere
o primaria, se precede l’infezione del sistema reticolo endoteliale
o secondaria, se appunto succede l’infezione di fegato, milza e midollo osseo e
precede quella degli organi bersaglio

Il SNC può essere raggiunto a partire dal circolo ematico, oppure attraverso le meningi o il liquido
cerebrospinale, la migrazione di macrofagi infetti o l’infezione di neuroni periferici.
Quando un virus infetta una cellula l’infezione può essere:

 abortiva, se fallisce. Infatti, una cellula può essere suscettibile, cioè possedere il recettore
che permette al virus di entrare, ma non permissiva
 litica, se la cellula muore
 persistente, se si ha replicazione virale senza morte cellulare
 latente-ricorrente: in questo si caso si ha la presenza del genoma virale nella cellula, che
intanto replica normalmente insieme al genoma virale, ma senza produrre nuovi virus.
Ovviamente l’infezione può riattivarsi

Danni diretti
La replicazione del virus può dare inizio a modificazioni cellulari che possono alterare l’aspetto
della cellula, le proprietà funzionali o le caratteristiche antigeniche.
L’effetto citopatico può manifestarsi come:

 arrotondamento delle cellule con successiva lisi


 formazione di sincizi, grazie alle proteine di fusione specifiche del virus (es. paramyxovirus,
herpesvirus e HIV), che consentono la fusione tra le cellule. Questo peraltro permette al
virus di replicarsi sfuggendo al riconoscimento anticorpale
 formazione di inclusioni (es. herpes simplex), ovvero ammassi di costituenti virali e
strutture cellulari alterate. Le inclusioni possono essere citoplasmatiche o nucleari
Il blocco dei processi cellulari può consistere in:

 shut off, ovvero inibizione della sintesi delle macromolecole che riparano il danno
cellulare. Si verifica in infezione da virus influenzale e poliovirus
 modificazioni delle membrane citoplasmatiche, che determinano un maggiore afflusso di
ioni sodio. Questo favorisce la traduzione degli mRNA virali a discapito di quelli cellulari.
È un meccanismo adottato dal poliovirus
I virus possono favorire o inibire l’apoptosi:
 viene inibita per continuare a sfruttare gli apparati cellulari
o EBV e gli adenovirus hanno come bersaglio p53 e Bcl-2 (responsabile
dell’attivazione dell’apoptosi secondo la via alternativa)
o CMV, HPV e HBV bersagliano solo p53
 viene favorita per agevolare la liberazione del virus dopo la lisi cellulare
o HIV bersaglia Blc-2 e il recettore del TNF, in particolare il recettore di morte FAS
o HBV e HCV solo il recettore di morte FAS
In presenza di virus oncogeni, che causano il 15% dei tumori umani, si può assistere a perdita del
controllo nella proliferazione cellulare.
I virus oncogeni a DNA sono

 HBV, che codifica per la X protein, la quale si lega a p53 e gli impedisce di svolgere le sue
funzioni. È associato al carcinoma primario epatocellulare
 EBV, correlato al linfoma di Burkitt. Agisce tramite traslocazione dell’oncogene Myc nel
cromosoma 14 (normalmente si trova nel cromosoma 8)
 Herpes simplex di tipo 2 e CMV, associati ai tumori della cervice uterina
 HSV-8, che può provocare il sarcoma di Kaposi in soggetti con AIDS
 il papillomavirus. L’integrazione del genoma virale in quello della cellula ospite necessita di
una linearizzazione con una rottura che solitamente porta al taglio del gene E2. Questo
gene controlla negativamente l’espressione dei geni trasformanti E6 e E7, di conseguenza
un’inattivazione di E2 causa un’espressione incontrollata dei due geni trasformanti.
E6 inibisce p53 e E7 interagisce con Rb (la proteina del retinoblastoma).
Il papilloma è responsabile del 95% dei tumori della cervice uterina
Per quanto riguarda i virus oncogeni a RNA, solo HTLV-1 agisce direttamente. Produce la proteina
TAX, che può attivare la trascrizione di geni cellulari coinvolti nella proliferazione e nella
differenziazione delle cellule T. È responsabile della leucemia nelle cellule T.
HIV e HCV agiscono solo in modo indiretto: HIV inducendo uno stato di immunosoppressione che
favorisce la proliferazione neoplastica e HCV aumentando la proliferazione cellulare degli epatociti
sani per riparare il danno.

Danni indiretti
Dipendono dal coinvolgimento del sistema immunitario, in particolare

 dalla produzione di interferoni e citochine, che determinano febbre, malessere, cefalea e


produzione di muco
 dalla formazione e dall’accumulo di immunocomplessi
 dall’infiammazione indotta dalla risposta cellulo-mediata

Progressione della malattia


Dopo che il virus è penetrato nell’organismo si ha:
 un periodo di incubazione, che può procedere del tutto in assenza di sintomi, oppure può
causare sintomi precoci aspecifici quali febbre, cefalea, dolori addominali o brividi, definiti
prodromi
 una fase acuta, in cui si hanno i sintomi della malattia, provocati dalla o dalle lesioni
tissutali e dal sistema immunitario
 una fase di declino, con diminuzione dei sintomi e risoluzione dell’infezione
 la convalescenza, in cui si recuperano le forze
Diagnostica virologica
L’indagine sierologica permette di identificare indirettamente il virus, ricercando gli anticorpi
specifici contro gli antigeni virali. Viene effettuata principalmente per screening, per rilevare la
presenza di virus difficili da isolare e virus che determinano malattie a decorso lento

 è sensibile, ma non specifica, a causa dei fenomeni di cross-reattività che si possono


verificare, specialmente in corso di altre infezioni virali o in pazienti con patologie
autoimmuni
 è necessario un periodo finestra affinché il test diventi positivo
 un test negativo non necessariamente significa mancata immunità verso quel virus (per
esempio, in una fetta di pazienti che risultano sieronegativi nonostante la vaccinazione
contro l’epatite B, basta somministrare un boost, senza rieffettuare l’intero ciclo vaccinale,
per fare in modo che l’immunità contro il virus si palesi)
 soggetti immunodepressi, nonostante la malattia in corso e passato il periodo finestra,
potrebbero non sviluppare un titolo anticorpale adeguato

I test che si usano sono:

 i saggi immunoenzimatici come il test ELISA: gli antigeni da individuare vengono


posizionati sul fondo di un pozzetto; viene aggiunta la soluzione in cui si cerca la presenza
dell’anticorpo specifico; eventuali anticorpi diretti contro l’antigene andranno a legarsi con
quelli presenti sul fondo; si effettua un primo lavaggio; vengono aggiunti anticorpi
secondari, coniugati a un enzima, diretti contro le regioni costanti degli anticorpi; viene
effettuato un secondo lavaggio; si immerge in soluzione un substrato per l’enzima; se il
substrato viene consumato allora il test è positivo
 il Western blot: viene usato per confermare il test ELISA. È più attendibile (ma più costoso)
perché inizialmente fa uso dell’elettroforesi per separare le proteine nella soluzione in cui
si cerca la presenza dell’anticorpo specifico
 il saggio di fissazione del complemento: il siero viene fatto reagire con una quantità nota
di antigeni virali e proteine del complemento. Se il paziente è sieropositivo si formano
immunocomplessi che attivano il complemento, con il risultato che quest’ultimo liserà le
cellule presentanti l’antigene
L’indagine virologica permette di identificare direttamente la presenza del virus

 isolandolo, cioè coltivandolo in laboratorio e valutando gli eventuali effetti citopatici


prodotti dal virus
 verificando la presenza di antigeni virali tramite
o la reazione di agglutinazione: se è presente l’antigene e si usano anticorpi diretti
contro quest’ultimo, si ha formazione di immunocomplessi, che precipitano
mettendo in evidenza la reazione di agglutinazione
o l’immunofluorescenza, che può essere diretta (utilizzando un anticorpo, coniugato
con un fluorocromo, specifico per l’antigene) o indiretta (l’anticorpo specifico per
l’antigene non è coniugato, ma è riconosciuto da un secondo anticorpo coniugato
diretto contro le regioni costanti del primo anticorpo)
o elettroforesi
 verificando la presenza degli acidi nucleici virali
o tramite semplice PCR, che amplifica gli acidi nucleici
o tramite PCR real time che amplifica e quantifica
o tramite test NAT (anch’esso permette di amplificare e quantificare)
Herpesvirus
Nei soggetti sani generalmente provocano infezioni benigne, che negli immunodepressi possono
avere esiti nefasti.
Sono caratterizzati da latenza attiva (cioè indotta dal sistema immunitario), quindi provocano
infezioni ricorrenti in caso di squilibri al sistema immunitario.
HHV-8 e EBV sono associati a neoplasie.
Hanno

 un DNA a doppio filamento lineare nella fase di quiescenza, ma circolare durante quella di
replicazione
 un capside icosadeltaedrico racchiuso in un pericapside lipidico
 tra capside e pericapside è presente un tegumento che accoglie proteine che favoriscono
l’inizio della replicazione
Il ciclo replicativo consiste

 in una fase di adsorbimento tra glicoproteine virali e recettori cellulari


 nella fusione del pericapside con il plasmalemma
 nel rilascio del nucleocapside, il quale raggiunge il nucleo
 nella replicazione ad opera di una DNA polimerasi virale che utilizza il filamento interno
come stampo
 in una fase di trascrizione che avviene in tre momenti diversi
o dalla trascrizione del DNA parentale si ottengono inizialmente mRNA precoci
immediati che codificano per proteine funzionali come i fattori di trascrizione
o in un secondo momento, ma sempre durante la trascrizione del DNA parentale, si
ottengono mRNA precoci ritardati che codificano per proteine regolatrici come la
DNA polimerasi e la timidina chinasi (solo negli alfa herpesvirus; questo enzima ha il
compito di fosforilare i deossiribonucleotidi)
o dalla trascrizione del DNA replicato si ottengono mRNA tardivi, che codificano per
proteine strutturali
Si distinguono tre piccole sottofamiglie in base alla struttura del genoma, al tropismo tissutale,
alla citopatologia e alla sede dell’infezione.

Alfa herpesvirus
Infettano cellule di derivazione ectodermica (cute, mucose) e neuroectodermica (SNC).
L’effetto citopatico si manifesta molto rapidamente.
Quasi nella totalità dei pazienti infettati la latenza avviene e si verifica a livello dei gangli
sensoriali. Può verificarsi anche a livello dei gangli motori: per esempio HSV-1 latentizza nel
ganglio genicolato e, anche se molto raramente, può dare patologia paretica non sensoriale
(Sindrome di Ramsay Hunt di II tipo).
Il virus persiste in forma episomale, cioè non integrato nel genoma, per cui è facile che si riattivi:
bastano semplici eventi stressogeni, addirittura l’esposizione prolungata ai raggi solari.
Sono gli unici a possedere la timidina chinasi. Quest’enzima si può bersagliare con aciclovir.
Agli alfa herpesvirus appartengono HHV-1, HHV-2 e HHV-3.

HHV-1 e HHV-2 posseggono:


 le glicoproteine gB, gC, gD e gH, che fungono da VAP
 gB, che agisce da proteina di fusione
 gC lega il frammento C3 del complemento e lo elimina, gE e gI legano la porzione Fc delle
immunoglobuline mascherando la presenza del virus: quindi queste tre proteine eludono il
sistema immunitario
Causano:

 Infezioni litiche nelle cellule ectodermiche e neuroectodermiche


 Infezioni persistenti in linfociti e macrofagi
 Infezioni latenti. Finché vengono prodotti trascritti associati alla latenza (senza essere
tradotti) il virus rimane latente. Quando si ha la trascrizione degli mRNA precoci immediati
il virus rientra nel ciclo replicativo
La diagnosi di laboratorio si basa sull’osservazione dei corpi acidofili di Cowdry, anche se spesso si
osservano anche sincizi.
Il trattamento è a base di aciclovir, che bersaglia la timidina chinasi. Talvolta si riscontrano mutanti
timidina chinasi negativi, quindi il trattamento con aciclovir fallisce.

HSV-1 latentizza nel ganglio trigemino. La trasmissione è oro-cutanea. Provoca


 Herpes labiale. Si sviluppano ulcere fredde sul bordo vermiglio del labbro o, meno
frequentemente, sulla mucosa del palato duro
 Gengivo-stomatite erpetica. Le vescicole normalmente si rompono in un tempo che va da
qualche ora fino a 1-2 giorni, lasciando un’ulcera. Si manifestano spesso febbre e dolore,
con difficoltà nell’alimentarsi e nel bere. Dopo la risoluzione, il virus resta quiescente nel
ganglio semilunare
 Cheratocongiuntivite
 Patereccio erpetico. Una lesione rigonfia, dolorosa ed eritematosa a carico del dito
 Encefalite. Si manifesta come un’encefalite necrosante acuta temporale. L’esordio è rapido
(meno di 48 ore) con febbre a 40 °C, cefalee, problemi comportamentali, di linguaggio e di
memoria. Questi segni iniziali sono seguiti da uno stato confusionale e dal coma, che può
associarsi a convulsioni o paralisi

HSV-2 latentizza nei gangli sacrali. Si trasmette sessualmente. Provoca


 Infezioni genitali. Le lesioni, associate a forte prurito, nei maschi si sviluppano a livello del
glande, nelle femmine nella vulva, nella vagina e nella cervice uterina. Se l’infezione è
secondaria spesso si ha febbre, mialgie e malessere
 Infezioni nei neonati, dovute al passaggio nel canale del parto. I neonati possono
sviluppare una meningite asettica
 Anche se più raramente di HHV-1, patereccio e gengivo-stomatite erpetica
HHV-3 (cioè VZV) sviluppa latenza a livello dei gangli sensoriali dorsali.
Nell’infezione primaria si replica in fibroblasti e linfociti T a livello delle tonsille palatine, dei
linfonodi, della milza, dei reni e del fegato. Poi dissemina diffondendosi nell’epidermide e
provocando macule che evolvono in papule, vescicole e pustole.
Provoca la varicella. Nell’infanzia non è ingravescente, ma negli adulti una risposta cellulo-mediata
troppo energica può causare danno cellulare esteso e manifestazioni gravi a livello polmonare,
quindi una polmonite interstiziale.
Ha un periodo di incubazione di 7-21 giorni. Si caratterizza per esantema maculo-papulare
accompagnato da febbre. Nel giro di poche ore alla base di ciascuna lesione si sviluppa una
vescicola dai bordi sottili e su base eritematosa tipica della varicella. Entro 12 ore la vescicola si
trasforma in pustola e inizia a formare una crosta.

L’esantema può essere generalizzato coinvolgendo il tronco, gli arti e il viso, o più limitato,
coinvolgendo quasi esclusivamente la parte superiore del tronco.

Fuoco di Sant’Antonio. La riattivazione dell’herpes zoster determina il trasferimento del virus


lungo l’assone. Il paziente sviluppa un dolore acuto nell’area innervata che precede la comparsa di
un esantema, tipicamente a fascia, infatti si sviluppa nel dermatomero a cui si distribuisce il nervo
in cui il virus ha latentizzato. Può persistere per mesi una sindrome caratterizzata da dolore
cronico detta nevralgia postepatica. Naturalmente il virus può infettare soggetti non immunizzati
e provocare la varicella.

Si possono usare anticorpi monoclonali per trattare i pazienti, o i canonici valaciclovir, famciclovir
o aciclovir. È disponibile un vaccino vivo attenuato (che non deve essere usato in soggetti con
grave immunodepressione).

Beta herpesvirus
Infettano cellule di derivazione mesenchimale, specialmente le cellule del midollo osseo e del
sistema reticolo-endoteliale.

Il citomegalovirus (HHV-5) infetta fibroblasti, cellule epiteliali, i macrofagi e le cellule del tubulo
renale distale. Riesce a sfuggire al controllo del sistema immunitario perché, come EBV, produce
un analogo dell’IL-10. La sede di latenza non è stata accertata, ma sembrano essere i monociti e le
cellule endoteliali.
Nei soggetti immunocompetenti l’infezione solitamente è asintomatica, o tuttalpiù si manifesta
sottoforma di una sindrome simil-mononucleosica caratterizzata da febbre, linfoadenopatie e
faringite. Talvolta epatomegalia.
Nell’individuo immunodepresso causa polmoniti, retiniti, encefaliti, esofagiti che mimano
l’esofagite da Candida, epatiti e nefriti.
Tipicamente le cellule infettate diventano citomegaliche e contengono un’inclusione a occhio di
gufo. Questo naturalmente permette di fare diagnosi. Altrimenti il virus può essere coltivato in
fibroblasti (però ciò significa aspettare 6 settimane), oppure possono essere rilevati gli antigeni
virali nel siero del paziente tramite immunofluorescenza o ELISA.
Il trattamento è a base di ganciclovir: il CMV non produce una timidina chinasi, ma produce una
proteina che fosforila il ganciclovir e lo attiva, cosicché inibisce le DNA polimerasi con un’affinità
30 volte maggiore per quelle virali (ciononostante è soppressivo sul midollo osseo).
È responsabile del fallimento di molti trapianti, specialmente di fegato.
La trasmissione avviene per via sessuale, tramite trasfusioni di sangue e, appunto, trapianti di
organi solidi. Può verificarsi trasmissione verticale, in particolare nel primo mese di gravidanza il
virus può infettare il sinciziotrofoblasto e da qui disseminarsi nell’embrione.

I Roseolovirus sono HHV-6 e HHV-7:


2

 HHV-6 replica nei linfociti T e causa la sesta malattia (detta anche roseola, febbre dei tre
giorni o esantema critico). Causa appunto rash generalizzato. Negli adulti può causare una
sintomatologia simil-mononucleosica
 HHV-7 usa come recettore CD4. Per il momento non causano alcuna patologia nota

Gamma herpesvirus
Sono virus trasformanti (ossia in grado di trasformare una cellula sana in tumorale) e
immortalizzanti (provocano una replicazione cellulare incontrollata).
Infettano quasi esclusivamente cellule di derivazione linfocitaria.

EBV (HHV-4) lega principalmente i linfociti B attraverso il recettore CD21 (è lo stesso recettore a
cui si lega il frammento C3d del complemento). La trasmissione è orofaringea.
L’infezione da EBV può andare incontro a tre decorsi:
1. il virus può replicare nei linfociti B o nelle cellule epiteliali permissive per la replicazione di
EBV e produrre virus
2. in presenza di linfociti T competenti, il virus può determinare un’infezione latente dei
linfociti B della memoria
3. il virus può stimolare e immortalizzare i linfociti B

La patogenesi è legata al fatto che i linfociti T vengono circondati da linfociti B infetti e vengono
attivati dai peptidi antigenici virali associati alle MHC, quindi i linfociti T vanno incontro a
proliferazione all’esame al microscopio assumono un citoplasma più basofilo e ricco di vacuoli
(linfociti atipici, cellule di Downey).
Le proteine trasformanti e di latenza includono:

 gli antigeni nucleari di Epstein Barr (EBNA) 1, 2, 3A, 3B e 3C


 proteine latenti
 proteine di membrana latenti 1 e 2
Le proteine virali durante l’infezione produttiva sono:

 antigene precoce (EA)


 antigene del capside virale (VCA)
 glicoproteine dell’antigene di membrana
La mononucleosi infettiva è caratterizzata da

 linfoadenopatia
 splenomegalia (che spesso si associa a epatomegalia)
 faringite essudativa
 febbre alta
Bisogna stare attenti a non scambiare questo quadro con un’infezione streptococcica, perché se
vengono date al paziente penicilline semisintetiche può insorgere un rash maculopapulare. Nel
dubbio, in attesa dei risultati di laboratorio, bisogna prescrivere claritromicina!
I test si basano sui valori di: VCA-IgM, VCA-IgG, EA-D e EBNA.
Se EBNA e VCA-IgG risultano positivi e VCA-IgM e EA-D negativi significa che il paziente ha avuto e
superato l’infezione da EBV, sviluppando anticorpi protettivi.

Oltre ai test di laboratorio, la diagnosi si basa sulla clinica e sul riscontro di

 linfociti atipici (che costituiscono il 30% dei leucociti mononucleati, da qui il termine
mononucleosi)
 anticorpi eterofili prodotti in risposta alla proliferazione dei linfociti B (il MONO test si basa
su questo)
EBV può essere anche causa di:

 linfoma di Burkitt, un tumore dei linfociti B che invade il midollo osseo, le meningi e le
sierose. In oltre il 75% dei casi esiste una traslocazione patognomonica dell’oncogene Myc
dal cromosoma 8 al cromosoma 14, capace di inibisce l’apoptosi. Questo non potrebbe
bastare per provocare il cancro, in quanto la proliferazione dei linfociti B normalmente
viene controllata dai linfociti T, tuttavia il virus produce un analogo dell’IL-10 (BCRF-1) che
inibisce la risposta dei linfociti T
 carcinoma orofaringeo
 leucoplachia orale (in soggetti HIV positivi)
Le infezioni da EBV possono essere trattate con cidofovir.

HHV-8 viene trasmesso per via sessuale. Infetta preferibilmente i linfociti B, ma ha tropismo
anche per le cellule endoteliali. Produce proteine omologhe a proteine umane, che stimolano la
crescita e impediscono l’apoptosi, come IL-6 (stimola la proliferazione e funge da antiapoptotico) e
Bcl-2 (antiapoptotico). Provoca il sarcoma di Kaposi, un tumore vascolare tipicamente associato
all’AIDS. Nelle forme associate ad AIDS, i farmaci antiretrovirali danno il miglior risultato.
Virus epatici
Infettano elettivamente gli epatociti.
I virus dell’epatite A e dell’epatite E provocano epatiti acute di solito benigne, senza sequele.
I virus dell’epatite B, dell’epatite C e dell’epatite D dopo una fase acuta tendono a cronicizzare.

HAV, HEV e HDV hanno un esordio improvviso.


In HBV e HCV la fase acuta può passare anche inosservata.
Esistono anche virus epatici minori, che infettano anche gli epatociti, ma non elettivamente; sono:
CMV, EBV, Coxsackie, HSV, mumpsvirus (parotite) e rubella virus (rosolia).

Virus dell’epatite A
La trasmissione è oro-fecale.
È un Picornavirus, quindi un virus a RNA a singolo filamento con polarità positiva nudo,
icosaedrico, resistente agli acidi, ai detergenti e alla temperatura superiori a 60 °C.
Si replica in epatociti e cellule di Kupffer. Ha un periodo di incubazione di due settimane.
Non ha effetti citolitici, viene rilasciato per esocitosi. Il danno cellulare viene provocato dai
linfociti natural killer e dai linfociti T citotossici, che lisano le cellule infettate.
Il virus viene rilasciato nelle feci 2 settimane prima e 2 settimane dopo la comparsa dell’ittero.

È causa del 40% delle epatiti acute; si diffonde rapidamente anche perché la stragrande
maggioranza dei bambini e una buona fetta degli adulti sviluppano una forma asintomatica o
paucisintomatica della malattia.

I pazienti sintomatici manifestano:

 inizialmente sintomi prodromici (febbre, astenia, nausea e anoressia)


 poi compaiono urine scure, a causa dell’elevata concentrazione di bilirubina, feci
ipocoliche (color argilla, perché appunto la bilirubina non scarica nelle feci) e ittero
Queste manifestazioni possono essere evitate o mitigate somministrando durante il periodo di
incubazione una profilassi a base di immunoglobuline. Questa casistica riguarda soprattutto
omosessuali che praticano anilingus e vengono avvisati dal partner che hanno sviluppano intanto i
sintomi dell’epatite acuta.
Nella maggior parte dei casi, comunque, la prognosi è assolutamente benigna, entro 2-4 settimane
dall’esordio della malattia.
La diagnosi si basa principalmente sulla rilevazione delle IgM anti-HAV mediante ELISA. Il virus
non può essere isolato perché non è disponibile un sistema di coltura efficace.
Esiste un vaccino ucciso contro HAV, che non lascia immunità permanente e a cui si ricorre in
caso di viaggi nella aree in cui la malattia è endemica (quindi Africa, Centro e Sud America, Medio
Oriente e Asia).
Virus dell’epatite B
È un Hepadnavirus, quindi un virus a DNA a doppio filamento incompleto (il filamento positivo è
più corto del filamento negativo), dotati di inviluppo.
Presenta tropismo, oltre che per gli epatociti, anche per i reni e il pancreas.
Ne sono stati identificati 10 sierotipi: i sierotipi A e C hanno una componente oncogena maggior
rispetto ad A e D e l’interferone ha un effetto massimo su A e minimo su D.
Il gene ORF-S codifica per tre forme dell’antigene glicoproteine di superficie HBsAg:

 L-HBsAg, che lega a ponte il pericapside al capside e il pericapside all’epatocita


 M-HBsAg
 S-HBsAg (è rilasciato dalle cellule infettate in sovrannumero)
Il gene ORF-C che codifica per HBcAg (antigene del core). Non è mai secreto, per cui non viene mai
rilevato nel sangue. Lo si può rilevare in un campione proveniente da biopsia epatica

Il gene ORF-X, che codifica per la X protein: lega e blocca p53, per cui aumenta la proliferazione
cellulare.

Il gene ORF-P, che codifica per la trascrittasi inversa.


Il nucleocapside è associato a HBeAg. Si può usare come indicatore della replicazione virale:

 i ceppi HBeAg positivi si replicano molto più attivamente, la viremia è tipicamente molto
alta, ma sono più immunogeni, quindi vengono più agevolmente eliminati dal sistema
immunitario
 i ceppi HBeAg negativi hanno una ridotta capacità replicativa, quindi il paziente
tipicamente non ha una viremia molto elevata. Tuttavia, vengono riconosciuti più
difficilmente dal sistema immunitario, quindi i pazienti infettati hanno una maggiore
probabilità di sviluppare un epatocarcinoma
Il ciclo replicativo consiste

 nell’adesione HBV-epatociti tramite HbsAg al recettore per la transferrina


 nel completamento del filamento positivo del DNA grazie agli enzimi di riparo
 nella formazione di cccDNA (DNA circolare chiuso covalentemente), che può rimanere nel
nucleo cellulare e determinare la latenza della malattia
 nella formazione di 4 molecole di mRNA: ciò accade perché il DNA virale è particolarmente
corto e quando avviene la trascrizione il quadro di lettura è sfalsato
 quindi, nella traduzione e nell’assemblaggio delle proteine
 nel rilascio per esocitosi (quindi il virus non è citopatico)
Dalla replicazione avranno origine tre prodotti:

 virioni completi (detti particelle di Dane)


 particelle sferiche
 forme tubulari
Gli ultimi due prodotti derivano da un eccesso di HBsAg (questo è importante per le infezioni
sostenute da HDV).
La trasmissione è perinatale, parenterale e sessuale.
La sintomatologia è molto varia: può provocare da uno stato subclinico di portatore fino
all’insufficienza epatica acuta, in particolare negli anziani, nei quali la letalità può raggiungere il
10-15%.
La maggior parte dei pazienti manifestano inappetenza, malessere, febbre, nausea e vomito,
seguiti da ittero. Questi sintomi possono durare poche settimane, oppure persistere fino a 6 mesi.
Il 5-10% di tutti i pazienti con infezione acuta sviluppa un’epatite B cronica o acquisisce lo stato di
portatore inattivo. Nei bambini l’infezione è generalmente meno grave, tuttavia più giovane è
l’età in cui si verifica l’infezione acuta, maggiore è il rischio di sviluppare infezione cronica:

 90% per i neonati


 25-50% per i bambini da 1 a 5 anni
 5% per gli adulti
Se l’epatite B diventa cronica, può svilupparsi un carcinoma epatocellulare passando prima per la
cirrosi (anche se non necessariamente).
HBV induce il carcinoma

 sia promuovendo un continuo processo di riparazione e crescita epatocellulare in risposta


al danno tissutale
 sia tramite integrazione del genoma virale nel cromosoma della cellula (che potrebbe
causare riarrangiamenti)
 sia tramite la X protein che lega e blocca p53
Si fa diagnosi di infezione da HBV andando a ricercare gli antigeni HBs, HBc (quest’ultimo solo
negli epatociti, mai nel sangue) e HBe e i loro relativi anticorpi.
I soggetti vaccinati sviluppano anticorpi anti-HBs.

HBs Ag deve essere negativo, altrimenti, se positivo

 se si rilevano alti livelli di IgM anti-HBc e la presenza del DNA virale con metodica PCR,
allora il paziente ha un’epatite B acuta
 se si rilevano bassi livelli di IgM anti-HBc e tuttalpiù la presenza del virus in poche copie,
allora il paziente ha un’epatite B cronica
Il trattamento per l’epatite acuta si basa sulla somministrazione di sieri iperimmuni.
Il trattamento di prima linea per l’epatite cronica in genere si basa su

 un farmaco antivirale orale, come per esempio entecavir (un analogo nucleosidico) o
tenofovir (un analogo nucleotidico)
 interferone alfa pegilato
Virus dell’epatite C
È un Flavivirus, quindi un virus a RNA singolo con polarità positiva, inviluppato. È l’unico di questa
famiglia a non essere trasmesso da un vettore. La trasmissione infatti è parenterale.
Ha un ciclo virale brevissimo, perché l’ssRNA a polarità positiva può essere subito tradotto nel
citoplasma. Dopo che lega il recettore CD81, tutte le dieci proteine virali derivano da una
poliproteina codificata dal gene ORF:

 le proteine strutturali sono E1 ed E2. Queste proteine sono immunogene, ma allo stesso
tempo sono caratterizzate da regioni ipervariabili che provocano la cronicizzazione del
virus nell’85% dei casi
 le proteine non strutturali sono p7, NS2, NS3, NS4A, NS4B, NS5A e NS5B. Tra queste
proteine rientrano delle serin-proteasi (come NS3 e NS4A) che vengono bersagliate da
farmaci antivirali come il grazoprevir
Queste proteine inibiscono anche l’apoptosi, quindi hanno un ruolo nella patogenesi del
carcinoma epatocellulare.
Esistono 6 genotipi di HCV: 1a, 1b, 2, 3, 4, 5 e 6. In Italia il genotipo prevalente è l’1b, che infetta
oltre il 50% dei soggetti con HCV, mentre il restante è suddiviso tra genotipo 2 (meno del 30%), 3
(meno del 10%) e 4 (meno del 5%). 5 e 6 sono praticamente assenti nel territorio italiano.
Molti pazienti sono asintomatici e non hanno ittero.
Infatti, l’epatite C è una causa frequente di epatite cronica, che evolve in cirrosi nel 20-30% dei
pazienti; la cirrosi impiega spesso decenni per manifestarsi. Il carcinoma epatocellulare può
seguire una cirrosi correlata a virus dell’epatite C, ma solo di rado consegue a un’infezione cronica
senza cirrosi (a differenza di quanto accade nell’epatite B).
Fino al 20% dei pazienti con epatopatia alcolica ha una sovrainfezione da virus dell’epatite C. Le
ragioni di questa frequente associazione non sono chiare, perché il concomitante abuso di alcol e
droga è presente solo in una parte dei casi. Naturalmente, in questi casi il virus dell’epatite C e
l’alcol agiscono sinergicamente nel peggioramento dell’infiammazione epatica e della fibrosi.
Si fa diagnosi di infezione da HCV

 tramite test sierologici, ricercando con metodo ELISA la proteina del core c22, NS3 e NS4
 tramite RIBA test (è un Western Blot) per conferma
 ricercando il DNA virale con PCR
Negli ultimi anni il trattamento con sofosbuvir (un inibitore della polimerasi), somministrato in
combinazione con ledipasvir o velpatasvir+voxilaprevir ha permesso di curare l’infezione da HCV in
oltre il 95% dei casi.
Virus dell’epatite D
È un Deltavirus, quindi ha RNA circolare a singolo filamento con polarità negativa.
È inviluppato e presenta l’antigene delta sul capside icosaedrico, che peraltro è l’unica proteina
prodotta dal genoma di HDV.
Fa parte dei virus difettivi. Infatti, il genoma di HDV non contiene geni che codificano per le
proteine del pericapside, per cui deve sfruttare la proteina HBs di HBV per sopravvivere.
La replicazione avviene nel nucleo:

 RNA pol-II della cellula ospite sintetizza una copia di RNA virale
 il ribozima che viene a formarsi taglia l’RNA circolare per produrre mRNA dell’antigene
delta piccolo
 il gene per l’antigene viene mutato in modo da permettere la produzione dell’antigene
delta grande
Non ha effetto citopatico. Il danno cellulare avviene a causa del sistema immunitario o per shut
off proteico (cioè gli apparati biosintetici della cellula vengono sfruttati solo dal virus, quindi la
cellula non è più in grado di provvedere al proprio sostentamento).
Essendo un virus a RNA non può andare incontro a latenza (HIV fa eccezione per la trascrittasi
inversa). Può risvegliare la replicazione di HBV:

 se HBV e HDV vengono trasmessi simultaneamente, allora si ha co-infezione: in questo


caso il quadro clinico è autolimitante e ha generalmente una prognosi benigna
 se un soggetto HBV positivo con epatite cronica viene infettato in un secondo momento da
HDV, si parla di super-infezione: in questo caso il quadro clinico è drammatico
 se HDV penetra nell’organismo di un individuo HBV negativo, ovviamente l’infezione non
ha modo di avvenire

La diagnosi avviene ricercando:

 l’antigene D del core


 le IgM anti-HDV, che se presenti insieme alle IgG indicano riattivazione dei linfociti della
memoria, altrimenti infezione primaria
 la ricerca dell’RNA virale con metodica PCR
Non esiste né un vaccino, né dei farmaci, perché:

 il vaccino per HBV è necessario a proteggere anche da HDV ovviamente


 i farmaci per HBV finiscono per inibire anche HDV, anche se non sempre, perché talvolta
l’HBV non replica per intero, ma replica solo HBs, quindi l’infezione da HDV può andare
avanti. Se ciò accadesse potrebbe essere necessario un trapianto
Virus dell’epatite E
Appartiene ai Calicivirus, quindi è un virus a RNA a singolo filamento con polarità positiva.
Infezioni da HEV si registrano soprattutto in Asia.
La trasmissione è diffusa per via oro-fecale. L’esordio è improvviso, il periodo di incubazione va da
15 a 64 giorni. La malattia è lieve nei soggetti sani, ma ha un tasso di mortalità elevato per le
donne in gravidanza.
La diagnosi prevede la ricerca di IgM anti-HEV.
Sono in corso studi clinici sperimentali per la commercializzazione di due vaccini.
Orthomyxovirus
Sono virioni pleomorfi, infatti generalmente sono di forma rotondeggiante, ma se ne osservano
anche di filamentosi.
Si distinguono tre tipi di virus influenzali: A, B e C.
Hanno un capside elicoidale e un RNA segmentato a polarità negativa.
I segmenti di RNA sono 8, ciascuno dei quali contiene un frammento di RNA associato con una
nucleoproteina e una trascrittasi.

Il pericapside contiene

 emoagglutinina, che rappresenta la proteina di attacco. Si lega all’acido sialico dell’epitelio


respiratorio. In particolare, i virus influenzali di tipo A umani si legano all’acido sialico che
presenta un legame alfa in posizione 2,6, mentre quelli aviari all’acido sialico con legame
2,3. Da qui è spiegata la difficoltà dei ceppi aviari di infettare l’uomo. Il maiale può
rappresentare la specie in cui avviene il riassortimento genico, perché esprime sia legami
alfa 2,6, sia legami alfa 2,3.
Inoltre, l’emoagglutinina ha la capacità di legare e aggregare (quindi agglutinare) gli
eritrociti. Lega anche i mucopolisaccaridi degli essudati. È fortemente antigenica,
purtroppo l’influenzavirus A gode dello shift antigenico: per questo causa pandemie e non
esiste un vaccino universale
 neuraminidasi, taglia i residui di acido sialico, liberando i virioni terminato il ciclo
replicativo. Inoltre, permette al virus di staccarsi dal muco, infettando le cellule sottostanti.
Rappresenta il bersaglio di zanamivir e oseltamivir

Il ciclo replicativo consiste:

 nell’adsorbimento mediato dall’emoagglutinina che si lega all’acido sialico


 nell’ingresso del virus nella cellula mediante endosoma
 nella degradazione dell’endosoma da parte della proteina canale M2, che tramite
l’amminoacido istidina lega due idrogeni all’esterno e li rilascia all’interno, acidificando il
contenuto del pericapside e promuovendo la scapsidazione
 nel trasporto del genoma nel nucleo, dove viene trascritto in mRNA grazie alle trascrittasi
virali che utilizzano come innesco il CAP-5’ degli mRNA cellulari
 nella traduzione delle proteine virali nel citoplasma. A questo punto
o le emoagglutinine e le neuraminidasi verranno glicosilate nel RE e nel Golgi e
andranno a sostituire le proteine della membrana plasmatica
o le proteine virali strutturali associate agli acidi nucleici verranno assemblate nel
nucleo
 nella liberazione per gemmazione: a questo punto i virioni potranno essere rivestiti dalle
emoagglutinine e dalle neuraminidasi, quindi quest’ultime taglieranno i residui di acido
sialico
Le epidemie stagionali sono causate da entrambi i virus dell’influenza A e B, specialmente dal virus
influenzale A H3N2.
Le pandemie sono molto meno frequenti. Riguardano solo il virus influenzale di tipo A che gode
dello shift antigenico, ovvero nello scambio drastico di parti del genoma virale che codificano per
antigeni di superficie tra virus antigenicamente diversi (quindi la popolazione si trova senza
immunità e riesce a diffondere molto rapidamente).
Pandemie di influenza:

 1889: influenza russa (H2N2)


 1900: vecchia influenza di Hong Kong (H3N8)
 1918: influenza spagnola (H1N1)
 1957: influenza asiatica (H2N2)
 1968: influenza di Hong Kong (H3N2)
 2009: influenza suina (H1N1) → deriva dal riassortimento di 4 ceppi (uno umano, uno
aviario e due suini). È stato caratterizzato da una sintomatologia lieve, che fra l’altro ha
permesso al virus di diffondersi con estrema rapidità
La trasmissione avviene per via aerea.

L’influenza ha un periodo di incubazione di 1-4 giorni.


La patogenesi deriva

 dall’effetto citopatico sulle cellule epiteliali e mucipare


 dalla capacità di desquamare l’epitelio bronchiale, che può ridursi nei casi più severi fino a
uno strato basale monocellulare o alla membrana basale
 dal sistema immunitario che rilascio in circolo importanti mediatori dell’infiammazione tra
cui IL-1, IL-6 e TNF-alfa (che peraltro sono causa della febbre e sintomi prodromici)
Tipicamente negli adulti è caratterizzata dall’insorgenza improvvisa di brividi, febbre,
prostrazione, tosse, malessere e dolori generalizzati (specialmente alla schiena e alle gambe). La
cefalea è importante, spesso associata a fotofobia e dolore retrorbitario.

I sintomi respiratori possono essere lievi all’inizio (mal di gola e tosse non produttiva), ma in
seguito i disturbi a carico delle vie respiratorie inferiori diventano dominanti: la tosse può essere
persistente, aspra e produttiva.

Possono verificarsi sintomi gastrointestinali, specialmente nei bambini.


I sintomi acuti regrediscono rapidamente dopo 2-3 giorni, sebbene la febbre possa persistere fino
a 5 giorni. Tosse, debolezza, sudorazione e affaticabilità possono persistere per diversi giorni e
talvolta per settimane.
Possibili complicazioni sono rappresentate

 da una superinfezione batterica che provoca polmonite (che generalmente compare


quando l’influenza sembra in via di risoluzione)
 nei bambini sindrome di Reye, una rara forma di encefalopatia acuta e infiltrazione grassa
del fegato che insorge dopo alcune infezioni virali acute (tra cui influenzavirus A, B e VZV)
 nei soggetti immunodepressi, encefalite, miocardite, mioglobinuria e a volte insufficienza
renale
Si fa diagnosi

 isolando il virus nelle secrezioni nasali o nell’escreato, coltivandolo in cellule di rene di


scimmia o uova
 tramite immunofluorescenza
 tramite test ELISA
 amplificando gli acidi nucleici con PCR
I casi gravi vengono trattati con:

 rimantadina o amantadina, che bersagliano la proteina M2 del virus A (il virus B ne


possiede una diversa), quindi inibiscono lo scapsidamento
 oseltamivir o zanamivir, che inibiscono le neuraminidasi, quindi il virus non può lasciare la
cellula ospite
Attualmente in Italia sono disponibili

 vaccini trivalenti che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e un virus di tipo B
 vaccini quadrivalenti che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e 2 virus di tipo B
Non è vero che l’allergia alle proteine dell’uovo sia una controindicazione per la somministrazione
del vaccino antinfluenzale. Basta che il soggetto non abbia manifestato reazioni anafilattiche alle
proteine dell’uovo. Il vaccino è indicato anche in gravidanza e durante l’allattamento.

Secondo un recente studio del 2016 pubblicato sul British Medical Journal, la vaccinazione
antinfluenzale ha dimostrato di avere un’efficacia nel prevenire l’infarto del miocardio
paragonabile addirittura all’abolizione di fattori di rischio tradizionali come il fumo di sigaretta.

Il virus dell’influenza aviaria H5N1 è un virus atipico perché non presenta geni riassortanti, è
altamente virulento e può trasmettersi all’uomo solo tramite stretto contatto con gli uccelli. La
trasmissione interumana non avviene.
Paramyxovirus
Inizialmente erano classificati insieme agli Orthomyxovirus per alcune caratteristiche che li
accomunano; anche loro presentano:

 un capside elicoidale e un RNA segmentato a polarità negativa


 un pericapside in cui sono contenute
o le emoagglutinine (che permettono anche loro di legare i mucopolisaccaridi)
o le neuraminidasi (che gli consentono di staccarsi dal muco)
Inoltre, il pericapside contiene la proteina F, che lisa gli eritrociti quando il virus adsorbisce sui
globuli rossi. È responsabile della formazione di sincizi.
Invece, il nucleocapside è associato

 alla proteina grande L, una RNA polimerasi virale


 alla fosfoproteina polimerasi P, che coopera alla sintesi dell’RNA
 alla nucleoproteina N, la principale proteina strutturale del genoma
 alla proteina della matrice M, che riveste internamente il pericapside
Nella famiglia si differenziano tre generi patogeni per l’uomo:

 morbillivirus, rappresentato dal virus del morbillo


 paramyxovirus, rappresentato dai virus parainfluenzali da 1 a 4 e dal virus della parotite
 pneumovirus, in cui è presente il virus respiratorio sinciziale
Il ciclo replicativo consiste

 nell’adsorbimento che
o per i virus parainfluenzali è mediato dall’emoagglutinina che si lega all’acido sialico
o per gli altri virus ha come target recettori proteici
 nella fusione tra pericapside e membrana plasmatica (tramite proteina F)
 in una fase di replicazione che avviene nel citoplasma
 nell’inserimento della proteina F, dell’emoagglutinina e della neuraminidasi nel bilayer
fosfolipidico (come avviene per gli Orthomyxovirus)
 nella liberazione per gemmazione, che, come per gli Orthomyxovirus, permette di
recuperare le glicoproteine virali

Virus del morbillo


Non ha né emoagglutinina né neuraminidasi, infatti si lega al recettore CD46, una glicoproteina
ubiquitaria, che limita la deposizione della frazione C3b del complemento.

Ha effetto citopatico.
È capace di indurre fusione cellulare, con conseguente formazione di cellule giganti, in modo da
passare da una cellula all’altra sfuggendo al controllo del sistema immunitario.
È altamente contagioso e si diffonde tramite aerosol.
Dopo la replicazione nelle cellule epiteliali del tratto respiratorio, infetta i monociti e i linfociti e si
diffonde attraverso il sistema linfatico e per mezzo di una viremia cellulo-associata.
Può causare infezioni a livello: della congiuntiva, delle vie respiratorie, delle vie urinarie, dei
capillari sanguigni, del sistema linfatico e del SNC.
Il morbillo è caratterizzato da febbre, tosse, rinite, congiuntivite, un enantema patognomonico
(macchie di Koplik) a livello della mucosa orale e da un esantema maculopapulare, che si estende
in senso cranio-caudale, ed è dovuto ai linfociti T che bersagliano le cellule endoteliali che
delimitano i piccoli vasi, infettate dal virus.
La letalità è pari a circa 2 casi su 1000 negli Stati Uniti:

 la polmonite è responsabile del 60% delle morti causate da morbillo


 l’encefalite acuta, che si manifesta nello 0,5% delle persone infettate, è letale nel 15% dei
casi in cui si manifesta

Un recente studio pubblicato su Science nel 2019 dimostra che il morbillo cancella la memoria
immunitaria lasciando l’organismo vulnerabile per anni.

La diagnosi è clinica. La conferma di laboratorio è necessaria per ragioni di salute pubblica e


controllo epidemiologico.

La diagnosi viene facilmente posta mediante

 anticorpi IgM contro il morbillo


 coltura virale o PCR su tamponi faringei, campioni di sangue, tamponi nasofaringei, o
campioni di urina
Non esiste una terapia antivirale farmacologica. Tuttavia, è stato dimostrato che la
supplementazione con vitamina A è in grado di ridurre la morbilità e la mortalità legate al
morbillo nei bambini dei Paesi in via di sviluppo.
È disponibile un vaccino vivo attenuato.

Virus della parotite


Se ne conosce un unico sierotipo. Viene trasmesso tramite aerosol.
Causa un’infezione litica e la formazione di cellule giganti, anche se i sintomi sono riferibili
principalmente alla risposta infiammatoria.
Prima infetta le cellule epiteliali delle vie respiratorie superiori, poi attacca la parotide
attraversando il dotto di Stenone o raggiungendola tramite viremia.
Fra l’altro per viremia raggiunge i testicoli (e da qui provocare un’orchite), le ovaie, il pancreas, la
tiroide e le meningi, che infetta nel 50% dei casi (nel 10% di questi può manifestarsi sottoforma di
lieve meningite, ma in 5 casi su 1000 provoca encefalite).
Si fa diagnosi:

 isolandolo dalla saliva, dalle urine, dalla faringe, dalle secrezioni del dotto di Stenone e dal
liquido cerebrospinale e coltivandolo in cellule di rene di scimmia
 rilevando i genomi virali tramite PCR
 rilevando gli anticorpi tramite metodo ELISA
È disponibile un vaccino vivo attenuato.

Virus parainfluenzali
Comprendono 4 sierotipi patogeni per l’uomo:

 i tipi 1, 2 e 3 sono generalmente associati a laringiti, tracheiti e bronchiti


 il tipo 4 causa solo un’infezione lieve delle vie respiratorie superiori
Hanno attività emoagglutinante e neuraminidasica.
Vengono trasmessi mediante contatto interpersonale, o tramite aerosol.
Possono indurre la formazione di cellule giganti e lisi cellulare. Anche la risposta cellulo-mediata
causa danno cellulare.
A differenza dei virus del morbillo e della parotite, raramente causano viremia. Specialmente gli
adulti godono di una parziale immunità residua: manifestazioni severe sono estremamente rare.

Pneumovirus
Sono stati isolati relativamente di recente, perché è difficile coltivarli in laboratorio, nonostante
siano virus ubiquitari, tant’è che arrivano a infettare quasi tutti i bambini.
Generalmente provocano problemi respiratori lievi, anche se talvolta nei bambini possono
causare gravi bronchioliti. Vengono trasmessi per via aerea, entrando dal naso e dagli occhi.
Come il virus del morbillo, non hanno né emoagglutinina né neuraminidasi.
Hanno effetto citopatico e formano sincizi.
A questo genere appartiene il virus respiratorio sinciziale umano. Un’infezione grave può portare
al distress respiratorio.
La ribavirina è raccomandata soltanto nei bambini che hanno un sistema immunitario gravemente
indebolito e nei neonati.
Retrovirus (HIV e HTLV)
 Presentano due copie di RNA a singolo filamento, entrambe con polarità positiva
 Entrambi i filamenti di RNA hanno un cap di 7-metilguanosina in 5’ e una coda poli-A in 3’
 Il genoma è costituito da tre geni principali:
o gag, un antigene gruppo-specifico, in cui sono contenute le istruzioni per le
proteine del capside, della matrice e per le proteine che legano l’acido nucleico
o pol, che codificano per le polimerasi, le proteasi e le integrasi
o env, che codifica per le glicoproteine
 A ciascuna estremità del genoma sono presenti le sequenze terminali lunghe e ripetute
LTR, che contengono promotori, enhancer e altre sequenze utilizzate per legare diversi
fattori trascrizionali cellulari
 HTLV e HIV esprimono proteine precoci e tardive complesse, che richiedono lo splicing
 Sono dotati di un pericapside, che contiene glicoproteine virali e viene acquisito per
gemmazione
 Le glicoproteine vengono prodotte a seguito di un taglio proteolitico di env:
o la gp160 di HIV viene a sua volta tagliata per generare
 gp120: è responsabile del tropismo tissutale, è altamente glicosilata, viene
riconosciuta da immunoglobuline neutralizzanti, ma muta spesso
 gp41: promuove la fusione intracellulare
 I virioni hanno una forma sferica e contengono
o da 10 a 50 copie degli enzimi trascrittasi inversa e integrasi
o due tRNA, che vengono utilizzati come primer della trascrittasi inversa
 Gli enzimi essenziali per tutti i retrovirus sono
o la trascrittasi inversa (codificata dal gene pol): non corregge le bozze ed è
altamente imprecisa (addirittura commette un errore ogni 2000 paia di basi in
alcuni generi)
o l’integrasi
 Si distinguono
o i Deltaretrovirus (di cui fanno parte gli HTLV)
o i Lentivirus (di cui fa parte HIV)

Ciclo replicativo di HIV


gp120 e gp41 si legano in primo luogo al recettore CD4, poi

 al co-recettore CCR5 espresso dai macrofagi (virus R5 tropici) oppure


 al co-recettore CXCR4 espresso dai linfociti T (virus X4 tropici)
I virus R5X4 sono detti “a doppio tropismo” perché possono utilizzare entrambi i recettori.
A questo punto gp41 è libera di promuovere la fusione tra le due membrane.
Una volta che il genoma viene rilasciato nel citoplasma, inizia la fase precoce della replicazione:

 la trascrittasi inversa
o utilizza il tRNA del virione come primer e sintetizza un filamento di DNA
complementare a polarità negativa (cDNA), quindi la trascrittasi inversa è una DNA
polimerasi RNA dipendente
o agisce come una ribonucleasi H, degradando l’RNA virale
o sintetizza il filamento positivo di DNA, quindi è anche una DNA polimerasi DNA
dipendente
o in HIV commette un errore ogni 2000 paia di basi (5 mutazioni ogni ciclo replicativo)
 il cDNA entra nel nucleo della cellula ospite attraverso i pori nucleari:
o se rimane nel nucleo senza essere integrato non c’è replicazione virale
o se viene integrato dalla integrasi inizia la fase tardiva dell’infezione
Una volta integrato, il DNA virale (provirus) viene trascritto come un gene cellulare dalla RNA
polimerasi II, quindi la sua replicazione dipende dal grado di metilazione del DNA virale, dal ritmo
di crescita cellulare e dalla produzione da parte della cellula dei fattori di trascrizione NF-kB e SP1.
Per questo motivo le citochine e altri stimoli che attivano i linfociti T e i macrofagi potenziano la
trascrizione dei geni virali.

Inoltre, la replicazione di HIV è regolata da sei geni:

 Vpr lega e trasporta i cDNA nel nucleo


 Tat è un transattivatore della trascrizione dei geni virali e cellulari
 Rev lega e trasporta mRNA virali dal citoplasma al nucleo
 Vif promuove l’assemblaggio e la maturazione dei virioni e fa in modo di evitare che il
cDNA vada incontro a mutazione
 Vpu aumenta il rilascio di virioni
 Nef sembrerebbe essere correlato alla progressione dell’HIV in AIDS
Quando il virus è rilasciato porta con sé molecole di MHC.

Patogenicità e manifestazioni cliniche di HIV


HIV induce immunosoppressione determinando una riduzione del numero dei linfociti T CD4, che
riduce la capacità di attivare e controllare le risposte immunitarie.

A seguito di trasmissione sessuale, l’HIV entra e infetta rapidamente il tessuto linfoide associato
alla mucosa (MALT), compreso l’intestino.

La privazione della popolazione di linfociti T CD4 intestinali devasta il meccanismo di regolazione


immunitaria della normale flora intestinale e di mantenimento dell’epitelio della mucosa
intestinale stessa, determinando permeabilità e diarrea.

I macrofagi, le cellule dendritiche e i linfociti T della memoria vengono infettati in maniera


persistente e determinano i serbatoi del virus: i linfociti T possono contrarre l’infezione anche per
trasmissione cellula-cellula del virus in sede di legame con le cellule dendritiche.
L’uccisione dei linfociti T CD4 può derivare da lisi indotta da HIV o mediata dai linfociti T
citotossici. Il decorso della malattia da HIV va di pari passo

 alla riduzione del numero di linfociti T CD4


 alla quantità di virus nel sangue
Le manifestazioni cliniche di HIV sono associate alle 4 fasi dell’infezione:

 Infezione primaria. Il paziente ha una spiccata viremia (105-107 copie per mm3), che
costituisce la principale causa della disseminazione del virus negli organi linfoidi, e può
sviluppare una sintomatologia simil-mononucleosica. In questa fase, che inizia
solitamente entro 1-4 settimane dall’infezione avviene la sieroconversione
 Periodo di latenza clinica. Si ha graduale deterioramento del sistema immunitario:
nonostante la viremia è relativamente bassa, negli organi linfoidi sono evidenziabili livelli
elevati di DNA provirale
 Fase sintomatica, che può essere associata a sintomi aspecifici quali perdita di peso e
astenia. È caratterizzata generalmente da una conta di linfociti CD4 compresa fra 200 e 500
per mm3. Già in questa fase è facile che il Mycobacterium tuberculosis si riattivi
 AIDS. Una conta inferiore a 200 linfociti CD4 per mm3 è indicativa di AIDS. In questa fase
può sviluppare gravi infezioni opportunistiche, in particolare
o quando la conta è sopra le 100 cellule per mm3 è facile che il paziente sviluppi una
polmonite da Pneumocystis jirovecii, la criptosporidiosi e una candidosi orale che
non risponde ai normali trattamenti antimicotici
o quando la conta scende sotto le 100 cellule per mm3, ma è comunque al di sopra
delle 50 cellule per mm3, il paziente può sviluppare un’encefalite da Toxoplasma,
nonché esofagiti da Candida, HSV e CMV
o se la conta scende al di sotto delle 50 cellule per mm3 la malattia è drammatica e il
paziente è suscettibile a praticamente qualsiasi infezione, specialmente gravi
infezioni sistemiche da CMV, criptococcosi e infezioni disseminate da
Mycobacterium avium complex

Diagnosi, genotipizzazione e trattamento dell’infezione da HIV


La ricerca degli anticorpi anti-HIV è sensibile e specifica, tranne che nelle prime settimane dopo
l’infezione (periodo finestra). Attualmente, è raccomandato un dosaggio immunoenzimatico di
quarta generazione: rileva anticorpi sia per l’HIV-1 che per l’HIV-2 e anche per l’antigene p24 (è un
antigene del core che indica elevata replicazione virale).
In caso di positività, si procede alla RT-PCR per amplificare e quantificare l’RNA virale.

Prima di somministrare la terapia farmacologica bisogna effettuare la genotipizzazione dell’HIV, in


modo da identificare le mutazioni note che causano resistenza a determinati farmaci
antiretrovirali e aiutare a selezionare un regime farmacologico efficace.

Esistono infatti 4 genotipi di HIV-1:

 M (Major), responsabile del 90% delle infezioni, diviso in 11 sottotipi da A a K


 N, O e P
I farmaci antiretrovirali si dividono in:

 inibitori dell’entrata (Maraviroc)


 inibitori della fusione (enfuvirtide)
 inibitori della trascrittasi inversa
o nucleosidici (es. abacavir, lamivudina e AZT)
o nucleotidici (tenofovir)
o non nucleosidici (es. efavirenz e rilpivirina)
 inibitori dell’integrasi (raltegravir, dolutegravir e elvitegravir)
 inibitori della proteasi (es. darunavir e ritonavir)
L’HAART, ovvero terapia antiretrovirale altamente attiva, è un trattamento basato su due o tre
farmaci in contemporanea, in grado di inibire fortemente la replicazione di HIV.
La PrEP (profilassi pre-esposizione) è composta da un inibitore nucleosidico della trascrittasi
inversa e un inibitore nucleotidico della trascrittasi inversa.
La PEP (profilassi post-esposizione) bisogna prenderla entro 48 ore dal possibile contagio per un
periodo di 4 settimane. È composta da 2 inibitori della trascrittasi inversa con un inibitore della
proteasi o un inibitore dell’integrasi.

Virus T-linfotropici umani


Sono virus oncogeni, che inducono la formazione di tumori dopo un periodo di latenza di almeno
30 anni. Non hanno effetto citolitico. Si trasmettono in seguito a trasfusione di sangue, rapporti
sessuali e allattamento.

HTLV-1 ha tropismo per i linfociti T CD4 e per i neuroni. Agisce

 producendo Tax, un regolatore trascrizionale in grado di attivare specifici geni cellulari che
promuovono la crescita, come IL-2 e il suo recettore IL-2R
 integrando la regione LTR virale, che contiene sequenze promotori e sequenze enhancer,
in prossimità di geni che controllano la crescita cellulare
HTLV-1 è stato fortemente correlato

 alla leucemia acuta a cellule T dell’adulto. Le cellule maligne sono definite “cellule a fiore”
perché sono pleomorfe e contengono nuclei lobulati
 a una malattia neurologica non oncogena, la mielopatia associata all’HTLV-1, una
paraparesi spastica
HTLV-2 ha tropismo per i linfociti CD8 e sembrerebbe avere un ruolo nella leucemia a cellule
capellute. HTLV-5 pare correlato a un linfoma cutaneo maligno.
Si fa diagnosi di infezione da HTLV-1 con metodo ELISA mediante il reperimento di antigeni virus-
specifici nel sangue (come gp46), oppure con RT-PCR per la ricerca dell’RNA virale.
In alcuni casi di pazienti affetti da leucemia a cellule capellute è risultata efficace una
combinazione di AZT e interferone-alfa.
Papillomavirus
Sono stati identificati un centinaio di tipi di HPV, che vengono classificati in 16 gruppi (da A a P):
virus appartenenti a un determinato gruppo causano lo stesso tipo di verruche.
Sulla base della loro tessuto-specificità, possono essere distinti in cutanei e mucosi: all’interno
della classe dei mucosi ci sono i tipi associati al carcinoma della cervice uterina. Esiste una forte
correlazione fra carcinoma della cervice e infezione da HPV, al punto che il DNA virale è stato
identificato in più del 99,7% dei carcinomi cervicali.
Vengono considerati ad alto rischio HPV-16, HPV-18, 31, 33, 45, 52 e 58.
I Papillomavirus sono virus nudi che presentano un capside icosaedrico.
Il genoma è costituito da DNA circolare che codifica per setto o otto geni precoci (da E1 a E8), a
seconda del virus, e due geni strutturali o tardivi (L1 e L2). Tutti questi geni sono sul filamento
positivo e il ciclo di replicazione di HPV è correlato al ciclo vitale dei cheratinociti:

 E1 lega il DNA virale a livello della sequenza ori (origine di replicazione) e grazie all’aiuto
della proteina E2 forma un’elicasi esamerica. Inoltre, è capace di reclutare numerose
proteine cellulari implicate nella replicazione, come la DNA polimerasi alfa (che sintetizza i
primer di RNA) e la Proteina A della replicazione. Permette il mantenimento in forma
episomiale del genoma virale
 E2 è il principale regolatore trascrizionale di HPV, può promuovere o arrestare la
trascrizione di geni virali. Quando il DNA virale viene integrato con quello cellulare, la sua
funzione viene persa: a questo punto i geni E6 ed E7 non verranno più controllati e saranno
espressi in grande quantità, contribuendo alla progressione maligna in caso di HPV ad alto
rischio. Quindi, nelle forme maligne, il DNA è integrato, nelle forme benigne non lo è
 E4 lega le cheratine appartenenti al citoscheletro intracitoplasmatico: è capace di
disgregare la struttura cellulare promuove il rilascio dei virioni maturi
 E5 è classificata come proteina oncogena in quanto incrementa la crescita cellulare tramite
attivazione e stabilizzazione del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGF-R).
Sembra avere un ruolo anche nella down-regolazione di MHC I e II aumentando così la
capacità di evasione dal sistema immunitario, soprattutto negli HPV ad alto rischio
 E6 lega p53 e ne favorisce l’ubiquitinazione e la conseguente disgregazione. Interferisce
quindi con i meccanismi di riparazione del DNA e con l’innesco dell’apoptosi. Inoltre, è
capace di inattivare le telomerasi
 E7 lega la proteina Rb inattivandola: questo impedisce il blocco del ciclo cellulare e la
riparazione del DNA della cellula ospite
Per quanto riguarda i geni strutturali tardivi:

 la proteina capsidica maggiore (L1) lega i proteoglicani eparinici, l’integrina alfa 6 e altri
recettori cellulari che ritroviamo a livello basale, quindi rappresenta la VAP
 la proteina capsidica minore (L2) è capace di legare il DNA virale permettendo
l’incapsidamento
Gli HPV hanno tropismo per le cellule di origine ectodermica: infettano l’epitelio squamoso, ma
non il cilindrico.
La replicazione del DNA virale è mediata dalla DNA polimerasi cellulare, pertanto avviene solo
quando la cellula stessa replica, quindi il virus non può replicare quando vuole ma può soltanto
stimolare la proliferazione della cellula (tramite E5).
Il virus ha trasmissione cutanea, sessuale o perinatale:

 entra nell’organismo tramite abrasioni


 arriva fino alle cellule dello strato basale e dello strato spinoso, in quanto ha bisogno del
nucleo per replicarsi, nonché della DNA polimerasi cellulare (che è presente solo nelle
cellule dello strato basale e dello strato spinoso)
 nello strato granuloso il virus matura (l’assemblaggio avviene nel nucleo). Tuttavia, quando
l’infezione da HPV procede nel corso del tempo, grazie al gene E5, viene stimolato il fattore
di crescita epidermico: grazie all’incremento di questo fattore di crescita il virus può
replicarsi anche nello strato granuloso
 nello strato corneo il virus viene rilasciato
I Papillomavirus possono provocare:

 le verruche cutanee, ovvero delle proliferazioni benigne autolimitanti. Si possono


rimuovere con la crioterapia
 le verruche ano-genitali (condilomi acuminati), che colpiscono l’epitelio squamoso
genitale. Raramente diventano maligne, tuttavia le verruche anali e peniene possono
progredire a tumori se causate da ceppi ad alto rischio
 i papillomi, dei tumori benigni della cavità orale e laringea. In genere non recidivano dopo
l’intervento chirurgico. Nei bambini possono ostruire il tratto respiratorio
 carcinomi della cervice uterina. Si sviluppano attraverso un continuum di alterazioni
cellulari progressive, dalla displasia lieve, a quella moderata, fino alla neoplasia grave.
Questa sequenza di eventi può realizzarsi in un periodo variabile di 1-4 anni
Le cellule che hanno subito una serie di modificazioni strutturali causate da HPV vengono dette
coilociti. Il Pap test permette di riscontrare queste cellule, caratterizzate da ipercromasia e nucleo
centrale bilobato. Nelle donne di età compresa fra 25 e 30 anni deve essere effettuato ogni 3 anni,
mentre nelle donne tra i 30 e i 64 ogni 5.
Comunque, il metodo di elezione per la diagnosi e la tipizzazione dell’infezione da HPV consiste
nell’utilizzo di sonde molecolari di DNA e nella PCR su tamponi cervicali e su campioni istologici.
I Papillomavirus non crescono su colture cellulari e non si usano test sierologici anticorpali.
Sono disponibili tre vaccini, basati sull’antigene L1, raccomandati per tutte le ragazze e i ragazzi a
partire dagli 11 anni prima che avvenga l’inizio dell’attività sessuale:

 vaccino tetravalente (per HPV-6, -11, -16 e -18)


 vaccino nonavalente (per HPV-6, -11, -16, -18, -31, -33, -45, -52 e -58)
 vaccino bivalente (per HPV-11 e -18)
Le verruche possono essere trattate con cidofovir.
Gli stimolatori della risposta innata e infiammatoria, come l’imiquimod e l’interferone possono
favorire una guarigione più rapida.
L’assetto immunologico del paziente gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo delle neoplasie
HPV correlate. I linfociti T sono capaci di riconoscere ed eliminare le cellule infette e le cellule
neoplastiche tramite il riconoscimento di antigeni esposti sul complesso maggiore di
istocompatibilità di tipo I (MHC I). Quindi, soggetti con una deficienza di linfociti T (come soggetti
HIV-positivi) hanno un rischio aumentato di trasformazione neoplastica.
Poliomavirus
In passato facevano parte, insieme ai Papillomavirus, della famiglia dei Papovavirus. Attualmente
vengono classificati come famiglia a parte.
Sono anch’essi virus nudi, caratterizzati da un capside icosaedrico e con un genoma costituito da
DNA circolare a doppio filamento.
Rispetto ai Papillomavirus sono meno complessi, infatti contengono geni che codificano per sole
due proteine non strutturali e tre proteine strutturali.
Le proteine precoci non strutturali sono:

 l’antigene T grande, che regola la trascrizione di mRNA precoci e tardivi, controlla la


replicazione del DNA e promuove la crescita cellulare e la trasformazione legandosi agli
oncosoppressori p53 e Rb e inattivandoli
 l’antigene t piccolo, che è implicato nella replicazione del DNA virale
Le proteine tardive strutturali sono:

 la VP1, ovvero la proteina capsidica maggiore, che costituisce la VAP


 la VP2 (proteina capsidica minore)
 la VP3 (un’altra proteina capsidica minore)
Questa famiglia è costituita: dal poliomavirus BK, dal poliomavirus JC e dall’SV40, un poliomavirus
delle scimmie).
La replicazione virale richiede il macchinario trascrizionale e replicativo fornito dalla cellula in
crescita. I virus si assemblano nel nucleo e vengono rilasciati per lisi cellulare.
JCV e BKV probabilmente penetrano attraverso il tratto respiratorio o le tonsille, infettando i
linfociti e quindi il rene con un effetto citopatico minimo.
La replicazione è soppressa dai linfociti T. Nei soggetti con AIDS, BKV e JCV vengono riattivati a
livello renale

 BKV provoca gravi infezioni del tratto urinario


 JCV causa viremia con possibile infezione del SNC, infatti è capace di attraversare la
barriera ematoencefalica replicandosi nelle cellule endoteliali dei capillari
Al momento, comunque, non sono associati ad alcun tumore umano.
Si fa diagnosi di JCV

 mediante PCR, per la presenza di DNA virale nel liquido cerebrospinale


 in seguito a esami citologici urinari che evidenziano l’eventuale presenza di cellule
ingrossate con dense inclusioni basofile intranucleari
Naturalmente, BKV non è presente nel liquor, quindi bisogna sottoporre il paziente a esami
citologici urinari, che mostrano le stesse alterazioni.
Il trattamento è a base di cidofovir.
Picornavirus
Possiedono un genoma a RNA a singolo filamento positivo, caratteristicamente molto simile a un
RNA messaggero, infatti presenta una sequenza poli A all’estremità 3’, che aumenta l’infettività
dei virus appartenenti a questa famiglia.
All’estremità 5’, invece, posseggono la proteina virale associata al genoma (VPg), importante
probabilmente per l’inizio della sintesi dell’RNA virale e per l’incorporazione del genoma nel
capside.
Sono virus nudi, molto piccoli (da qui il nome).
Presentano un capside icosaedrico composto da 4 polipeptidi (VP1, VP2, VP3 e VP4).

Replicazione virale
Le proteine VP1 ai vertici del virione formano una struttura “a canyon”, con cui i virus
appartenenti a questa famiglia possono legare recettori presenti sulla cellula ospite.

In particolare

 i rhinovirus e diversi coxsackievirus, legano ICAM-1 (ovvero la molecola di adesione


intercellulare 1), espressa sulle cellule epiteliali, sui fibroblasti e sulle cellule endoteliali
 il poliovirus lega da CD155
Avvenuto il legame, viene rilasciata VP4, in modo da indebolire il capside.
A questo punto, la proteina VP1 stessa crea un canale di membrana attraverso cui viene
introdotto il genoma nella cellula ospite.
Visto che l’RNA virale è molto simile a una molecola di mRNA, nonostante l’assenza di un
cappuccio in posizione 5’, viene immediatamente tradotto. Al termine della traduzione, viene
sintetizzata una poliproteina contenente tutte le sequenze proteiche virali.
Questa poliproteina è tagliata da una proteasi virale per ottenere le diverse proteine enzimatiche
e strutturali.
Il genoma virale si replica grazie a una RNA polimerasi RNA-dipendente che produce uno stampo
di RNA a polarità negativa, dal quale può essere sintetizzato nuovo mRNA.
La quantità di mRNA virale prodotta è così elevata che inibisce la sintesi di RNA e proteine da parte
della cellula ospite.
Questo è importante per l’effetto citopatico di questi virus: infatti, l’RNA virale prevale su quello
cellulare, al punto che la cellula non riesce più a sintetizzare le proteine di cui ha bisogno e va
incontro a lisi.

Enterovirus
Non causano malattie enteriche, ma si moltiplicano nel tratto intestinale e sono trasmessi per via
oro-fecale.
Sono resistenti all’acidità dello stomaco, alle proteasi e alla bile.
La replicazione

 inizia nella mucosa e nel tessuto linfoide delle tonsille e della faringe
 successivamente a livello delle cellule M, dei linfociti delle placche del Peyer e degli
enterociti

La viremia primaria diffonde il virus verso i tessuti bersaglio e le cellule reticolo-endoteliali di


linfonodi, milza e fegato, per iniziare una seconda fase viremica.
La maggior parte degli enterovirus sono citolitici.
Agli enterovirus appartengono:

 il virus del polio


 i coxsackievirus
 gli echovirus

Poliovirus
I poliovirus si suddividono in 3 sierotipi. Il tipo 1 è quello che più virulento.
L'uomo è l’unico ospite naturale.
La maggior parte (70-75%) delle infezioni non causa sintomi.
La malattia sintomatica è classificata come

 Poliomielite abortiva, se si verifica una sindrome simil-influenzale che non coinvolge il SN


 Poliomielite non paralitica, se il paziente sviluppa una meningite asettica che non lascia
sequele invalidanti e si risolve spontaneamente dopo 2-10 giorni
 Poliomielite paralitica, in meno dell’1% dei casi
In caso di infezioni paralitiche, il poliovirus entra nel SNC (non è chiaro se tramite viremia
secondaria o mediante migrazione verso i nervi periferici).

Le manifestazioni più comuni della poliomielite paralitica, oltre alla meningite asettica,
comprendono dolore muscolare profondo, iperestesie (cioè eccessivo aumento della sensibilità a
stimoli tattili, termici o dolorifici), parestesie e spasmi muscolari.
Il paziente può sviluppare una paralisi flaccida asimmetrica degli arti.

Inoltre, se il bulbo è particolarmente colpito, possono essere compromessi i centri respiratori del
tronco encefalico, con conseguente compromissione respiratoria.
Alcuni pazienti sviluppano una sindrome postpoliomielitica anni o, addirittura, decenni dopo una
poliomielite paralitica. Questa sindrome è caratterizzata da debolezza e atrofia muscolare.
Nella poliomielite paralitica, circa i due terzi dei pazienti presentano una debolezza residua
permanente.
Si fa diagnosi definitiva con coltura virale su feci, faringe e liquido cerebrospinale.
Si usano cellule di rene di scimmia.
Non esiste terapia antivirale. La terapia è solo di supporto.
Il vaccino Salk è quello inattivo. Il vaccino Sabin è vivo attenuato e si usa solo nei Paesi dove la
polio è endemica.

Coxsackievirus
I coxsackievirus A sono associati a lesioni vescicolari. Provocano:

 l’erpangina, caratterizzata da lesioni vescicolari ulcerate attorno al palato molle e all’ugola,


febbre, mal di gola, dolore nella deglutizione, inappetenza e vomito
 la malattia mani-bocca-piedi, in cui si hanno lesioni vescicolari alle mani, ai piedi, alla
bocca e alla lingua e lieve stato febbrile. Generalmente è provocata dal coxsackievirus A16
Comunque, sono entrambe patologie autolimitanti.

I coxsackievirus B sono associati

 alla pleurodinia, caratterizzata da improvviso attacco febbrile e dolore di tipo pleurico,


anche particolarmente acuto. Persiste per 4 giorni
 a infezioni miocardiche e pericardiche, molto pericolose nei neonati, che sviluppano una
malattia febbrile e collasso cardiaco improvviso. I sintomi ricordano quelli dell’infarto del
miocardio
 a meningite asettica

Echovirus
Possono provocare meningite asettica.
Il virus dell’epatite A appartiene agli echovirus.

Rhinovirus
Costituiscono la causa principale del raffreddore comune. Si legano al recettore ICAM-1, espresso
su cellule epiteliali e fibroblasti.
Non sono in grado di replicarsi nel tratto gastrointestinale. Sono instabili a pH acido.
Crescono meglio a una temperatura di 33 °C. Questo in parte spiega perché rimangono confinati
negli ambienti relativamente freddi della mucosa nasale.
Le cellule infettate secernono bradichinina e istamina, responsabili della rinorrea.

L’interferone limita l’infezione, ma può contribuire alla sintomatologia.


Non provocano mai febbre.
Lasciano immunità transitoria, per la presenza di un vasto numero di sierotipi.
Togavirus e Flavivirus
Sono particelle provviste

 di pericapside
 di un nucleocapside isometrico
 di una molecola di RNA a singolo filamento lineare a polarità positiva
La moltiplicazione è citoplasmatica.
I Togavirus sono dotati di un mRNA subgenomico e gemmano dalla membrana plasmatica.

I Flavivirus differiscono dai Togavirus per la presenza di una proteina di matrice, per la mancanza
di mRNA subgenomico e perché gemmano dal reticolo endoplasmatico e non dalla membrana
plasmatica.
Alla famiglia dei Togavirus appartengono due generi:

 gli Alfavirus, che provocano encefaliti, sindromi febbrili con eruzioni cutanee e poliartrite
(come la chikungunya, trasmessa dalle zanzare Aedes)
 i Rubivirus, a cui appartiene il Rubella virus, ovvero il virus della rosolia
o la rosolia può provocare linfadenopatie, esantema (simile a quello del morbillo, ma
meno esteso e più evanescente), e, talvolta, sintomi sistemici, che solitamente sono
lievi e di breve durata. L’infezione contratta nelle fasi precoci della gravidanza può
provocare aborto spontaneo, natimortalità o anomalie congenite
Ai Flavivirus appartengono molti virus trasmessi con le zanzare:

 la dengue, che si manifesta generalmente con la comparsa improvvisa di febbre alta,


cefalea, mialgie, artralgie e linfadenopatie generalizzate, seguite da un rash cutaneo che
compare in associazione a un secondo rialzo termico, dopo un periodo di apiressia. Può
anche causare febbre emorragica potenzialmente fatale
 la febbre gialla provoca febbre a esordio brusco, bradicardia relativa, cefalea, e, in casi
gravi, ittero, emorragia e insufficienza multiorgano
 il West Nile virus
 il virus Zika, antigenicamente simile ai virus che causano la dengue, la febbre gialla e la
febbre del Nilo occidentale. L’infezione da Zika però generalmente è asintomatica, pur
potendo causare febbre, eruzioni cutanee, dolori articolari, o congiuntivite. È di interesse
perché, se contratta durante la gravidanza, può portare a microcefalia e anomalie oculari
Coronavirus
Sono virus a RNA a polarità positiva, provvisti di envelope, a livello del quale è presente la
gliproteina S (spike), immunogena.
Tranne i betacoronavirus, genere a cui appartengono SARS-CoV, MERS-CoV e SARS-CoV-2,
provocano tutti infezioni respiratorie autolimitanti.
SARS-CoV-2 usa il recettore ACE2 per penetrare all’interno delle cellule alveolari.
Dal punto di vista clinico, i pazienti presentano febbre (in quasi tutti i casi), tosse, dolori muscolari
e stanchezza.
All’inizio delle manifestazioni può manifestarsi un coinvolgimento gastrointestinale.

La polmonite è interstiziale bilaterale.


Molti pazienti sono linfopenici e alcuni possono sviluppare la sindrome di Kawasaki, una vasculite.
Nei pazienti con sindrome respiratoria clinicamente rilevante si osserva un’alta concentrazione di
citochine nel plasma, in particolare di interleuchine (IL-2, IL-7, IL-10), interferone gamma e TNF-
alfa. In alcuni casi, si sviluppa una vera e propria tempesta citochinica, che provoca distress
respiratorio.
Al momento solo il remdesivir pare avere una modesta efficacia.
Il desametasone è associato a una riduzione della mortalità del 20% dei pazienti intubati.
Virus minori
Adenovirus
Sono particelle icosaedriche di 60-90 nm prive di involucro e provviste di proteine fibrose in
corrispondenza di ciascun vertice.
Presentano una molecola di DNA lineare a doppio filamento.
Una proteina si lega covalentemente all’estremità 5’ e forma un genoma pseudocircolare
mediante legame non covalente con l’estremità 3’.

Replicazione e assemblaggio avvengono all’interno del nucleo.


L’infezione può essere asintomatica o causare lievi infezioni respiratorie, cheratocongiuntivite,
gastroenterite, cistite o polmonite primaria.
La diagnosi è clinica. Per condizioni severe, laddove è necessario fare una diagnosi certa, PCR.
Il trattamento è sintomatico. Nei casi gravi, la ribavirina e il cidofovir hanno dimostrato un’efficacia
variabile.

Poxvirus
Sono virioni icosaedrici di grandi dimensioni.
Formano strutture complesse che racchiudono uno o due corpi laterali e un core biconcavo, con
tutti gli enzimi necessari per la sintesi di mRNA. Per questo la moltiplicazione avviene nel
citoplasma.
Presentano una molecola di DNA lineare a doppio filamento.
Alla famiglia dei poxvirus appartengono:

 il virus del vaiolo, eradicato. La variante major, dopo un periodo di incubazione di 10-12
giorni, si manifesta con sintomi prodromici per 2-3 giorni. Dopo compaiono lesioni maculo-
papulari sulla mucosa orofaringea, sul volto e sulle braccia, che si diffondono rapidamente
al tronco e alle gambe. Dopo 1-2 giorni, le lesioni cutanee diventano vescicolari e poi
pustolose. Le lesioni cutanee del vaiolo, a differenza di quelle della varicella, si trovano
tutte al medesimo stadio di evoluzione in una determinata parte del corpo. Il tasso di
mortalità è di circa il 30%. La variola minor determina sintomi simili ma molto meno gravi,
con un esantema meno esteso e una letalità inferiore all’1%
 il virus del mollusco contagioso, sessualmente trasmissibile.
È caratterizzato da gruppi di papule a superficie liscia, rosee, con un aspetto perlaceo, a
forma di cupola e di diametro compreso tra 2 e 5 mm.
Per rimuovere le lesioni si usano raschiamento, crioterapia o laser terapia.

Parvovirus
Sono particelle icosaedriche, molto piccole, prive di involucro e di enzimi.
Hanno una molecola di DNA a singolo filamento lineare a polarità sia positiva che negativa.
La replicazione è nucleare. I parvovirus devono infettare cellule mitoticamente attive perché non
codificano né i fattori necessari per stimolare la crescita, né una polimerasi.
Il parvovirus B19 provoca la quinta malattia (eritema infettivo).
Il periodo d’incubazione è di 4-14 giorni. Inizialmente si sviluppa una sintomatologia simil-
influenzale. Dopo alcuni giorni, a livello delle guance, compare un eritema confluente e rilevato (è
tipico l’aspetto “a guance schiaffeggiate”). Compare anche un’eruzione maculo-papulare
simmetrica a livello delle braccia, delle gambe e del tronco.
L’eruzione dura tipicamente 5-10 giorni.
La diagnosi è clinica. La viremia da parvovirus B19 può anche essere rilevata con la PCR.

La terapia è di supporto.

Reovirus
Sono particelle icosaedriche prive di involucro e contenenti un nucleocapside isometrico.
Contengono RNA a doppio filamento e una RNA polimerasi RNA-dipendente associata al virione.
La moltiplicazione è citoplasmatica.
A questa famiglia appartiene il genere dei rotavirus, che possono sopravvivere nell’ambiente acido
dello stomaco e provocare infezioni gastrointestinali.
L’infezione da rotavirus ostacola l’assorbimento di acqua, causando una perdita netta di ioni, con
conseguente diarrea acquosa. La proteina NSP4 agisce in maniera simile a quella di una tossina,
favorendo l’afflusso dello ione calcio all’interno degli enterociti e danneggiando il citoscheletro e
le tight junctions con conseguenti perdite e anche rilascio di citochine e attivatori neuronali che
alterano l’assorbimento di acqua.
Nelle feci si può rilevare l’antigene virale. La RT-PCR è utile per distinguere i genotipi del rotavirus.
Non è disponibile una terapia antivirale. Sono disponibili vaccini.

Filovirus
Sono lunghe particelle filamentose provviste di pericapside e di nucleocapside elicoidale.
Hanno una molecola di RNA a singolo filamento a polarità negativa.

Gemmano dalla membrana plasmatica.


La famiglia include i virus Ebola e Marburg. Le manifestazioni sono molto simili (anche se Marburg
è associato a maggiore letalità) e comprendono febbre emorragica associata prima a delirium, poi
a coma, indicando un coinvolgimento del SNC.

Rhabdovirus
Sono grandi particelle a forma di proiettile provviste di pericapside, contenenti una molecola di
DNA a singolo filamento lineare a polarità negativa.
La moltiplicazione avviene nel citoplasma. Gemmano dalla membrana plasmatica.
La rabbia si trasmette tramite il morso di animali infetti. Nella sede del morso possono svilupparsi
dolori o parestesie. La rapidità della progressione si basa sull'inoculazione virale e sulla vicinanza
della ferita al cervello. Il periodo di incubazione è in media di 1 o 2 mesi.
I sintomi iniziali della rabbia sono aspecifici: febbre, cefalea e malessere.
In pochi giorni, però, si sviluppa

 l’encefalite, che provoca la “rabbia furiosa” nell’80% dei casi. È caratterizzata da


inquietudine, confusione, agitazione, comportamento bizzarro, allucinazioni e insonnia. La
salivazione è eccessiva e anche i tentativi di bere provocano spasmi dolorosi dei muscoli
laringei e faringei (idrofobia)
 la paralisi, che causa la “rabbia muta” nell’20% dei casi. Nella forma paralitica si sviluppa
una paralisi ascendente e tetraplegia senza delirium e idrofobia
Parassitologia generale
I parassiti vengono classificati
 in base alla morfologia delle strutture intra-citoplasmatiche
o i protozoi sono unicellulari eucarioti
o i metazoi comprendono tutti gli animali che presentano una condizione
monocellulare allo stadio di germe, ma che durante lo sviluppo raggiungono
una condizione pluricellulare, al punto da specializzare i vari tessuti
o i cromisti
o i funghi
 in base alle dimensioni
o i macroparassiti causano infestazioni
o i microparassiti causano infezioni
 in ectoparassiti o endoparassiti
o ectoparassiti se vivono sulla superficie dell’ospite (come Ixodes ricinus, la
zecca dei boschi, che trasmette la malattia di Lyme)
o endoparassiti se vivono all’interno dell’ospite
 in endocellulari o ectocellulari
o endocellulari se vivono all’interno della cellula (come il Plasmodium
falciparum, che causa la malaria)
o ectocellulari se vivono all’esterno della cellula (come le filarie)
I parassiti generalmente prediligono l’ambiente entozoico, quindi preferiscono vivere
all’interno dell’organismo nei liquidi, e causano infezioni o infestazioni croniche che
possono durare anni.
La loro riproduzione può essere
 asessuata (o agamica), tramite
o schizogonia, tipica del trofozoite (cioè della cellula allo stadio vegetativo) di
molti protozoi sporozoi, in cui il nucleo viene diviso ripetutamente per mitosi
o sporogonia, in cui vengono prodotte spore per meiosi
 sessuata, se la specie produce gameti tramite meiosi, che si fondono per dare vita a
un nuovo organismo
Il ciclo biologico comprende
 un ospite definitivo, in cui avviene l’accoppiamento sessuato (quindi la produzione
delle uova)
 l’ambiente
 uno o più ospiti intermedi, nei quali può avvenire la moltiplicazione e il rilascio delle
larve, che non si evolvono
 un vettore, che può essere
o biologico, se permette al parassita di compiere una fase dello sviluppo
o meccanico, se il parassita viene solo trasportato
Il ciclo è altamente specifico per l’ospite e si definisce
 monoxeno, se viene completato in un solo ospite
 eteroxeno, se è completato in più ospite di diverse specie
Nell’infezione si possono distinguere 3 tappe:
 l’adesione, che può essere
o aspecifica, se avviene per semplice contatto meccanico con parti della bocca
del parassita (per es. Giardia lamblia aderisce all’epitelio intestinale tramite
un meccanismo simile alla suzione)
o specifica, ovvero mediata dall’interazione di adesine con glicoproteine
 la replicazione
 il danno cellulare o tissutale, che possono essere dovuti alla produzione di tossine,
alle dimensioni del parassita e al sistema immunitario
I parassiti riescono a eludere il sistema immunitario
 mutando gli antigeni
 per mimetismo, producendo cioè antigeni che mimano quelli dell’ospite
 per mascheramento, acquisendo cioè molecole dell’ospite che nascondono il sito
antigenico
Le zoonosi vengono distinte in:
 gli antropoparassitosi, se hanno un’alta specificità per l’uomo (in altre parole,
l’uomo è l’ospite obbligato)
 gli zooparassitosi, se non sono trasmissibili all’uomo
 gli antropozooparassitosi, se hanno una scarsa specificità per l’ospite e infatti sono
in grado di infettare sia l’uomo che altri animali
Visto che i segni e sintomi sono generalmente aspecifici per la maggior parte delle
parassitosi, fare diagnosi è tipicamente molto difficile.
Nel caso dei parassiti la diagnosi si effettua quasi esclusivamente tramite la ricerca e
l’individuazione morfologica, tramite microscopio, dei parassiti nel materiale biologico.
Amebe
Sono unicellulari primitivi.
Il loro ciclo biologico comprende due stadi:
 lo stadio trofico attivamente mobile (trofozoite)
 lo stadio di resistenza quiescente, ma infettante (cisti)
La replicazione si compie per fissione binaria o per sviluppo di trofozoiti all’interno della
cisti matura multinucleata.
Per muoversi posseggono uno pseudopode.

Entamoeba histolytica
 Le cisti vengono ingerite
 Il pH acido le apre, quindi viene rilasciata l’ameba tetranucleata
 L’ameba nel duodeno si divide in trofozoiti che continuano a moltiplicarsi
 I trofozoiti attaccano la parete dell’intestino crasso causando necrosi tissutale
 Si sviluppano ulcere nella mucosa intestinale a fiasco, dette “a bottone di camicia”

La maggior parte delle infezioni si verifica in America Centrale, Sud America occidentale,
Africa occidentale e meridionale e nel subcontinente indiano.
I trofozoiti aderiscono e uccidono
 le cellule epiteliali
 i leucociti polimorfonucleati
Possono causare dissenteria, che tipicamente si manifesta con emissione di feci
semiliquide, contenenti spesso sangue e muco.
Secernono anche proteasi che degradano la matrice extracellulare e permettono
l’invasione della parete intestinale e oltre.
I trofozoiti possono diffondere attraverso la circolazione portale e causare ascessi epatici
necrotici. L’infezione poi può diffondersi dal fegato per contiguità allo spazio pleurico
destro e al polmone, oppure, più raramente, attraverso il flusso ematico al cervello e ad
altri organi.
Nell’intervallo tra le recidive di dissenteria, la clinica potrebbe mimare un’appendicite.
Anche la chirurgia può causare una diffusione dei trofozoiti a livello peritoneale.
Le cisti sono maggiormente presenti nelle feci formate e sono resistenti nell’ambiente
esterno. Possono diffondersi direttamente da persona a persona, o indirettamente
attraverso cibi o acqua. Anche l’anilingus è da considerarsi una pratica a rischio.
L’infezione cronica, caratterizzata da diarrea intermittente, dolore addominale e perdita di
peso può far pensare anche al morbo di Crohn o alla celiachia.
La diagnosi di amebiasi si basa sul riscontro dei trofozoiti amebici, delle cisti o di entrambi
nelle feci o nei tessuti.
Il trattamento è basato
 inizialmente con metronidazolo o tinidazolo (per eliminare i trofozoiti)
 poi diiodoidrossichinolina, paromomicina o diloxanide furoato per eliminare le cisti

Naegleria
Naegleria fowleri vive in organismi delle acque dolci calde e ha una diffusione universale.
Nuotare in acque contaminate espone la mucosa nasale al microrganismo, che può
penetrare nel SNC attraverso il neuroepitelio olfattivo e la lamina cribrosa.
Provoca la meningoencefalite amebica primaria.
Dopo un periodo di incubazione di 1-2 settimane, si manifesta una meningoencefalite
fulminante, caratterizzata da cefalea, meningismo e alterazione dello stato mentale, che
progredisce fino al decesso entro 10 giorni, di solito per erniazione cerebrale.
Solo pochi pazienti sono sopravvissuti.
Per fare diagnosi si deve effettuare l'osservazione del liquido cerebrospinale a fresco, per
dimostrare trofozoiti amebici mobili.
Acanthamoeba
L’Acanthamoeba è universalmente presente nelle acque, nel suolo e nella polvere.
Le cisti sono a doppia parete, in questo modo resistono all’eradicazione.
Cisti e trofozoiti possono entrare nel corpo attraverso gli occhi, le mucose nasali e le ferite
cutanee. Quando penetra negli occhi, può provocare gravi cheratiti.
Le lesioni nei pazienti con cheratite amebica sono tipicamente molto dolorose e causano
una sensazione di corpo estraneo.
 Inizialmente, le lesioni hanno un aspetto dendriforme simile alla cheratite da herpes
simplex
 Successivamente compaiono infiltrati stromali irregolari e talvolta caratteristiche
lesioni ad anello
La diagnosi della cheratite amebica è confermata da strisci corneali colorati con Giemsa.
Flagellati
A differenza delle amebe, la maggior parte dei flagellati si muove tramite ondulazione del
flagello che spinge il protozoo in ambienti fluidi.
Le patologie causate dai flagellati derivano in primo luogo da irritazione meccanica e da
infiammazione.

Giardia duodenalis
 L’infezione inizia con l’ingestione delle cisti (la dose minima infettante è stimata tra
le 10 e le 25 cisti)
 L’acido gastrico provoca il rilascio dei trofozoiti nel duodeno e nel digiuno, dove
aderiscono ai villi intestinali tramite il disco ventrale che agisce per aspirazione
 Gli organismi si moltiplicano tramite fissione binaria
 Le cisti e i trofozoiti vengono escreti con le feci

Molti casi di giardiasi sono asintomatici.


I sintomi della giardiasi acuta compaiono generalmente 7 giorni dopo l’infezione.
Sono solitamente moderati e comprendono diarrea acquosa maleodorante, crampi
addominali, distensione addominale, flatulenza, nausea intermittente, dolore epigastrico e
a volte, lieve malessere e anoressia.
La malattia acuta di solito si protrae per 1-3 settimane.
Nei casi più gravi il malassorbimento dei grassi e degli zuccheri può portare a una
significativa perdita di peso. Nelle feci, comunque, non sono presenti né sangue né globuli
bianchi.
Alcuni pazienti possono sviluppare diarrea cronica con feci maleodoranti, distensione
addominale e flatulenza. Può verificarsi una sostanziale perdita di peso.
Visto che l’eliminazione del parassita con le feci è intermittente, il test immunoenzimatico
per rilevare il suo antigene nelle feci è più sensibile dell’esame microscopico.
Per la giardiasi sintomatica si somministra metronidazolo.

Trichomonas vaginalis
Esiste solo come trofozoite.
Il movimento è assicurato da 4 flagelli e da una corta membrana ondulante.
Ha distribuzione cosmopolita e viene trasmesso per via sessuale. Causa infezioni
urogenitali e si localizza nell’uretra, nella vagina e nella prostata.
Gli uomini sono essenzialmente portatori asintomatici.
Le donne o sono asintomatiche o presentano moderate secrezioni vaginali acquose.
Possono verificarsi vaginiti con minzione dolorosa.
Si fa diagnosi tramite esame microscopico delle secrezioni vaginali o uretrali per la ricerca
dei trofozoiti caratteristici.
Il farmaco d’elezione è il metronidazolo.
Apicomplexa (sporozoi)
Gli Apicomplexa, detti anche sporozoi, comprendono
 specie parassite intestinali
 specie parassite del sangue e dei tessuti
Presentano un complesso apicale, ovvero una struttura costituita da fibrille, microtubuli o
altri organelli cellulari con il quale questi organismi si introducono nelle cellule degli
animali ospiti.
Tutti gli sporozoi si riproducono per alternanza di generazione, ovvero nel corso del ciclo
biologico si assiste all’alternarsi di una o più riproduzioni asessuate (schizogonia) con una
sessuata (gametogonia).
Queste modalità di riproduzione possono avvenire sia all’interno di un solo ospite che di
ospiti diversi.

Cryptosporidium
Dopo l’ingestione, si posiziona appena all’interno dell’orletto a spazzola dell’epitelio
intestinale.

I coccidi penetrano tra la membrana cellulare e il citoplasma e, racchiusi in un vacuolo


parassitoforo, si replicano tramite una serie di processi che portano alla produzione di
nuove oocisti infettanti.
Dopo la sporogonia, le oocisti mature possono
 essere rilasciate all’interno del tratto digerente dell’ospite, portando all’infezione di
nuove cellule
 oppure essere escrete tramite feci
Il periodo di incubazione per la criptosporidiosi è di circa 1 settimana.
La malattia clinica si verifica in > 80% delle persone infette. L’esordio è in genere brusco,
con profusa diarrea acquosa, crampi addominali e, meno comunemente, nausea,
anoressia, febbre e malessere.
Nei pazienti immunodepressi l’infezione può persistere, causando una profusa diarrea
intrattabile per tutta la vita. In alcuni pazienti con AIDS sono state descritte perdite di
liquidi > 5-10 L al giorno.
L’escrezione di oocisti è intermittente, per cui sono necessari più campioni fecali.
Il trattamento è a base di nitazoxanide.

Plasmodium
I plasmodi sono sporoozi, appartenente alla sottoclasse dei coccidi dixeni.
Sono capaci di parassitare gli eritrociti.
Il loro ciclo biologico si svolge in due ospiti: le zanzare Anopheles, dove si compie la
riproduzione sessuata, e l’uomo, dove si compie quella asessuata.
L’infezione umana ha inizio con la puntura di una zanzara infetta, che, attraverso la saliva,
permette il passaggio degli sporozoiti in circolo.
Gli sporozoiti raggiungono le cellule parenchimali del fegato dove avviene la riproduzione
asessuata (schizogonia). Questa fase è detta ciclo esoeritrocitico e dura 8-25 giorni.
Alcune specie possono instaurare una fase epatica quiescente, nella quale gli sporozoiti
(ovvero gli ipnozoiti o forme dormienti) non si dividono e rimangono in uno stato di
latenza. Queste forme possono riattivarsi e determinare la malattia a distanza di mesi o
anni dalle manifestazioni cliniche iniziali.
Gli epatociti, quindi, si rompono, liberando i plasmodi (merozoiti), che subito si legano a
specifici recettori sulla parete degli eritrociti e penetrano nelle cellule, iniziando il ciclo
eritrocitico.
La replicazione asessuata procede attraverso una serie di stadi che culmina nella rottura
dell’eritrocita, liberando fino a 24 merozoiti che avviano un altro ciclo di replicazione
infettando altri eritrociti.
Alcuni merozoiti, poi, si sviluppano in gametofiti maschili (microgametociti) e femminili
(macrogametociti). Se una zanzara ingerisce i gametociti maturi durante il pasto di sangue,
questi nello stomaco dell’insetto maturano in gameti e danno inizio al ciclo riproduttivo
sessuato della malaria, con produzione finale di sporozoiti infettanti per l’uomo.

Plasmodium falciparum
 Non mostra selettività per gli eritrociti dell’ospite, quindi invade ogni globulo rosso
indipendentemente dallo stadio in cui si trova.
 Il periodo di incubazione è il più breve tra i plasmodi (7-10 giorni).
 Gli strisci di sangue periferico di pazienti con malaria da P. falciparum in genere
contengono soltanto trofoiziti giovani ad anello e talvolta gametofiti semilunari,
diagnostici per la specie.
 Provoca la malaria terzana maligna.
Dopo una iniziale sintomatologia simil-influenzale, causa rapidamente febbre,
brividi, forte nausea, vomito e diarrea.
In seguito, la febbre diventa periodica. Il paziente manifesta attacchi febbrili
ternani, cioè attacchi che vanno e vengono ogni 36-48 ore. Questo succede in modo
fulminante.
Se non trattata, è la più letale. Si osserva spesso un coinvolgimento del cervello e
insufficienza renale acuta. Anche perché i globuli rossi parassitati aderiscono
all’endotelio vascolare provocando ostruzione dei capillari.
 Esistono test diagnostici rapidi che permettono di individuare gli antigeni del
plasmodio
 Si può trattare con la clorochina, tuttavia bisogna chiedere sempre al paziente in
quale zona ha viaggiato, perché la resistenza alla clorochina è sempre più frequente.
Plasmodium knowlesi
 È un parassita malarico delle scimmie del vecchio mondo
 Esibisce una ridotta specificità di ospite (quindi è permissivo anche nell’uomo)
 Non è selettivo nei confronti degli eritrociti
 Il suo ciclo vitale ha una durata breve (circa 24 ore)
 Non provoca sequele neurologiche
 È presente tipicamente uno stato febbrile aspecifico con febbre e tremori
quotidiani, cefalea, malessere e dolore addominale
 La complicanza più frequente è la sindrome da distress respiratorio, associata a
insufficienza epato-renale
 La gestione dell’infezione è analoga a P. falciparum
Plasmodium vivax
 È selettivo: invade solo gli eritrociti giovani e immaturi
 Usa l’antigene di gruppo sanguigno Duffy presente sugli eritrociti come recettore
primario, anche se sono stati descritti casi in pazienti Duffy-negativi
 Solitamente gli eritrociti infetti appaiono ipertrofici e contengono numerose
granulazioni rosa-rossastre definite granulazioni di Schuffner
 Causa malaria terziaria benigna.
Dopo un periodo di incubazione di 10-17 giorni, il paziente presente una
sintomatologia simil-influenzale.
Quando l’infezione progredisce, la lisi eritrocitaria provoca il rilascio di merozoiti in
circolo, emoglobina e residui tossici. Questi fattori determinano il tipico quadro
malarico: brividi, febbre e rigor malarico
 La clorochina è il farmaco d’elezione
Plasmodium ovale
 Molto simile a P. vivax (hanno un quadro clinico molto simile e anche il regime
terapeutico è uguale)
 Le differenze sono poche:
o i trofozoiti di P. vivax sono spesso ameboidi, mentre P. ovale tende ad essere
più compatto
o P. ovale appare più grande
Plasmodium malariae
 Può infettare soltanto eritrociti maturi, in quanto hanno membrane relativamente
rigide. Non determina allungamento o distorsione del globulo rosso
 Lo schizonte è solitamente disposto a rosetta
 Talvolta sono presenti granuli rossastri detti granuli di Ziemann
 Il periodo di incubazione è il più lungo, variando da 16 a 60 giorni
 Si manifesta con sintomi simil influenzali e febbre ricorrente ogni 72 ore
 Il trattamento è uguale a quello di P. vivax (quindi clorochina)

Toxoplasma gondii

È un tipico parassita coccide appartenente al phylum degli sporozoi.


Può parassitare un’ampia gamma di animale a sangue caldo, compreso l’uomo.
Il gatto rappresenta l’ospite definitivo: in esso avviene la riproduzione sessuata:
 Il gatto ingerisce la cisti o l’oocisti
o L’oocisti rilascia sporozoiti che si differenziano in tachizoiti invadendo i
tessuti
o La cisti rilascia bradizoiti nello stomaco e nell’intestino
 I bradizoiti invadono gli enterociti e iniziano a moltiplicarsi
 I bradizoiti si differenziano in tachizoiti (asessuati) e gametociti
 I gametociti si fondono, formando lo zigote, che matura in oocisti
 Le oocisti vengono rilasciate con le feci
Nell’uomo e in altri animali:
 I bradizoiti differenziano in tachizoiti (senza formare i gametociti)
 I tachizoiti invadono pressoché tutti i tipi cellulari, moltiplicandosi e lisandoli,
rilasciando un numero maggiore di tachizoiti
 I tachizoiti si differenziano in bradizoiti, formando cisti in particolare nell’encefalo,
nel fegato e nel muscolo
L’infezione acuta è di solito asintomatica, ma il 10-20% dei pazienti manifesta una
linfoadenopatia cervicale o ascellare bilaterale, non dolorosa alla palpazione.
Alcuni di questi manifestano anche una lieve sindrome simil-influenzale con febbre,
malessere, mialgia, epato-splenomegalia, e meno comunemente, faringite, che può
simulare la mononucleosi infettiva.
Sono comuni linfocitosi atipica, anemia moderata, leucopenia e lieve rialzo degli enzimi
cardiaci.
La maggior parte dei pazienti con AIDS o altri pazienti immunocompromessi sviluppano
un’encefalite con lesioni cerebrali intracraniche a forma di anello osservate sulla TC o RM,
entrambe con contrasto. Il rischio è più grande tra coloro che hanno CD4 <50 per mm^3. In
questi pazienti tipicamente si verifica cefalea, alterazione dello stato mentale, convulsioni,
coma, febbre, e talvolta deficit neurologici focali, come per esempio deficit motori o di
sensibilità, paralisi dei nervi cranici, anomalie visive, e convulsioni focali.
La toxoplasmosi congenita deriva da un’infezione primaria spesso asintomatica acquisita
dalla madre durante la gravidanza. Possono manifestarsi aborto spontaneo e difetti
congeniti. La percentuale di sopravvivenza dei feti nati con toxoplasmosi dipende da
quando si acquisisce l'infezione materna: aumenta dal 15% nel corso del 1^ trimestre al
30% durante il secondo al 60% durante il 3^.
È tipica la tetrade: retino-coroidite bilaterale, calcificazioni cerebrali, idrocefalo o
microcefalia e ritardo psicomotorio.
La toxoplasmosi oculare deriva generalmente da un’infezione congenita riattivata, spesso
durante l’adolescenza e il 3^ decennio di vita.
Si fa diagnosi tramite test sierologici e PCR.
Il trattamento è a base di:
 Pirimetamina e sulfadiazina più leucovorin (per prevenire la soppressione del
midollo osseo)
 Clindamicina o atovaquone più pirimetamina quando il paziente è allergico ai
sulfonamidi o non tollera la sulfadiazina
Tripanosomatidi (Emoflagellati)
Leishmania
Sono intracellulari obbligati.

Vengono trasmessi tramite punture del pappatacio (pungono solo le femmine).


Nella saliva dei vettori infetti è presente lo stadio di promastigote (sottile, con un flagello
libero), quindi i promastigoti vengono iniettati nella cute e, dopo aver perso il flagello, si
trasformano nello stadio maturo di amastigote, che invade le cellule reticolo-endoteliali.
La trasformazione da promastigote ad amastigote gioca un ruolo importante nell’elusione
della risposta immunitaria, infatti il protozoo cambia gli antigeni di superficie.
All’interno della cellula parassitata, gli amastigoti si dividono fino a causare la lisi della
cellula e conseguente distruzione dei tessuti specifici (tessuti cutanei, organi viscerali come
fegato e milza, etc.).
Lo stadio di amastigote è diagnostico per leishmaniosi e rappresenta la forma infettante
per il pappatacio.
Gli amastigoti ingeriti dalla femmina del flebotomo si trasformano nello stadio di
promastigote, che si moltiplica nel vettore per fissione binaria. Dopo lo sviluppo, questo
stadio migra nella proboscide dell’insetto, da dove la nuova infezione potrà diffondere
all’uomo durante il pasto ematico.
Nella leishmaniosi cutanea si sviluppa una lesione cutanea nella sede di inoculo che
consiste in una papula che si ingrandisce lentamente, si ulcera centralmente e sviluppa una
lesione a bordi eritematosi, sollevati, dove si concentrano i parassiti intracellulari. Le ulcere
sono in genere indolenti e non causano sintomi sistemici a meno che non si infettano
secondariamente. Le lesioni di solito guariscono spontaneamente dopo alcuni mesi ma
possono persistere per anni. Lasciano una cicatrice depressa, simile a una bruciatura. Il
decorso dipende dallo stato immunitario dell’ospite.
La leishmaniosi cutanea diffusa è una sindrome rara che si manifesta con lesioni cutanee
nodulari diffuse che ricordano quelle della lebbra lepromatosa. Ciò è dovuto a uno stato di
anergia cellulo-mediata verso il microrganismo.
La leishmaniosi mucosale inizia con un’ulcera cutanea primaria. Questa lesione guarisce
spontaneamente. Tuttavia, nel corso del tempo (anche anni), l’infezione può progredire,
causando mutilazioni grossolane del naso, del palato, o di altre aree del volto.
Nella leishmaniosi viscerale (Kala Azar) si manifestano febbre irregolare,
epatosplenomegalia e pancitopenia.
In alcuni pazienti compaiono due picchi febbrili al giorno. Le lesioni cutanee si verificano
raramente. Cachessia e decesso si verificano entro pochi mesi o anni nei pazienti con
infezioni progressive. I pazienti con infezioni asintomatiche, autolimitanti e i sopravvissuti
(dopo trattamento efficace), diventano resistenti a successivi attacchi a meno che non
presentino una compromissione dell’immunità cellulo-mediata (per esempio, causata
dall’AIDS). Si può verificare una recidiva anni dopo l’infezione iniziale.
Si fa diagnosi avvalendosi della microscopia ottica su campioni di tessuto, su strisci ematici,
o su agoaspirati midollari. Oppure PCR. Per la leishmaniosi viscerale titoli anticorpali.
Per la leishmaniosi viscerale e mucosale ci si avvale dell’amfotericina B.
Per il trattamento di piccole lesioni cutanee iniezione intralesionale di stibogluconato
sodico.

Tripanosomi
 Trypanosoma brucei provoca la tripanosomiasi africana (malattia del sonno).
o T. brucei gambiense
Lo stadio infettivo del microrganismo è il tripomastigote, presente nelle
ghiandole salivari delle mosche tse-tse, che ha un flagello libero e una
membrane ondulante.
I tripomastigoti penetrano nella ferita creata dalla puntura di insetto e si
immettono nel circolo sanguigno e linfatico, per poi invadere il SNC.
La riproduzione avviene per fissione binaria.
Durante il pasto ematico delle mosche tse-tse, i tripomastigoti migrano nelle
ghiandole salivari dove si trasformano prima in epimastigoti e poi nello stadio
infettivo di tripomastigoti.
La malattia del sonno del Gambia si manifesta con un’ulcera al sito di puntura
dell’insetto; con il proseguimento della malattia, i parassiti invadono i
linfonodi e compaiono febbre, mialgia, artralgia e ingrossamento linfocitario.
La tumefazione dei linfociti cervicali posteriori è denominata segno di
Winterbottom. La malattia cronica progredisce invadendo il SNC.
Il trattamento prevede somministrazione di suramina e, nel caso di
coinvolgimento di SNC, melarsoprolo.
o T. brucei rhodesiense
Simile al gambiense: la malattia acuta si manifesta con febbre, brividi e
mialgia, ma in modo più rapido.
Il parassita è più virulento, trovandosi nel sangue in cariche maggiori.
Gli stadi cronici non si osservano perché, oltre alla rapida invasione del SNC, i
protozoi causano la morte a seguito del danno renale e miocardico.
Il protocollo di trattamento è lo stesso di quello previsto per T. b. gambiense.
 Trypanosoma cruzi provoca la tripanosomiasi americana (malattia di Chagas).
Il ciclo si differenzia da quello di T. brucei per la produzione di un morfotipo
denominato amastigote, ovvero una forma intracellulare priva di flagello e di
membrana ondulante.

Il tripomastigote infettante è presente nelle feci di una “cimice baciante” e penetra


attraverso la ferita creata dall’insetto con la puntura, per poi migrare in altri tessuti,
quindi perde il flagello e la membrana ondulante e in sede intracellulare assume la
forma più piccola di amastigote.
A seguito di fissione binaria, il microrganismo causa lisi cellulare e diffonde in un
altro tessuto.
La malattia di Chagas può essere asintomatica, acuta o cronica. Uno dei segni più
precoci è lo sviluppo di una zona eritematosa e indurita detta chagoma, spesso
seguita da un rash e da un edema intorno agli occhi e al volto (segno di Romana).
Spesso coinvolge il SNC.
L’infezione acuta è caratterizzata anche da febbre, brividi, malessere, mialgia e
affaticamento; dopo due settimane può insorgere morte.
La malattia cronica è caratterizzata da splenomegalia, epatomegalia, miocardite e
dilatazione di esofago e colon come risultato della distruzione delle cellule nervose
del plesso di Auerbach.
I farmaci elettivi sono il benznidazolo e il nifurtimox.

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