di Filice
Generalità
I microrganismi sono batteri, protozoi, funghi, virus, prioni e parassiti (elminti e metazoi).
Si distinguono:
Flora residente
I soggetti sani vivono in armonia con la maggior parte dei microrganismi che colonizzano la pelle o
gli organi non sterili del corpo: si dice che si sviluppa una relazione di commensalismo.
Per microbiota si intende la popolazione di microrganismi che colonizzano un luogo.
Il microbioma è invece l’insieme di genomi del microbioma. Il core del microbioma è uguale nel
95% degli individui.
Si distingue un microbioma secondario, prodotto dalla singolarità di ogni individuo.
I postulati di Koch (vedere Meccanismi di patogenesi) sono basati sul concetto di causa/effetto tra
organismo e malattia. Solo dopo si è scoperto che nella malattia si riconoscono sia cause
endogene che esogene.
I batteri intestinali scindono carboidrati complessi per fornire acidi grassi a catena corta. Più sono
efficienti, più permettono di assimilare i nutrienti. Nella flora intestinale normale dei pazienti
obesi sono state rilevate quantità significative di Acinetobatteri, Bacteroides e Firmicutes.
Morfologia batterica
Mediamente i batteri hanno un diametro di 1 micron, tranne quelli del genere Clamidia (0,5
micron) e Rickettsia (0,1 micron).
Possono essere classifica in base:
La parete cellulare
impedisce lo shock osmotico, che altrimenti si verificherebbe per il rapporto
superficie/volume
essendo rigida, determina la forma del batterio
è mitogena, cioè induce la mitosi dei linfociti
interferisce con la fagocitosi
agisce da barriera per macromolecole idrofobiche come i sali biliari
Il componente principale della parete batterica è il peptidoglicano: è formato da un reticolo rigido
fatto da catene polisaccaridiche lineari unite da legami crociati peptidici, che comprendono:
gli acidi teicoici, ovvero dei polimeri di glicerolo o ribitolo (deriva dalla riduzione del ribosio
o del ribulosio) legati tramite un gruppo fosfato.
I suoi gruppi –OH legandosi a zuccheri, colina o D-alanina formano epitopi (porzione di
antigene che lega un anticorpo specifico). Gli epitopi permettono di identificare il
sierotipo batterico.
Agiscono anche da recettori e sono dei fattori di virulenza perché promuovo l’adesione.
gli acidi lipoteicoici sono strutturalmente identici agli acidi teicoici. La differenza è che
possiedono un acido grasso che li ancora alla membrana. Hanno attività endotossica e
pertanto è capace di stimolare l’immunità innata.
Come gli acidi teicoici agiscono anche da recettori e promuovono l’adesione cellulare.
lipopolisaccaride (LPS, anche detto endotossina): è un fattore di virulenza tipico dei batteri
Gram negativi.
È costituito da tre porzioni:
o lipide A: è un disaccaride di glucosamina fosforilata.
È responsabile della tossicità del LPS. È identico in batteri affini
o polisaccaride del core: è uguale per ogni specie.
È necessario per la struttura del batterio e per la sua vitalità
o antigene O: non tutti lo hanno, ma quando presente permette di distinguere i
sierotipi (ceppi) di una specie batterica
Colorazione di Gram
È una colorazione differenziale, in quanto utilizza più di un colorante per differenziare le strutture.
Prima di tutto le cellule vengono fissate, poi si usa il primo colorante (cristal-violetto), che colora
indistintamente in blu le componenti acide della parete di tutti i batteri, quindi si fa uso di un
decolorante a base di acetone. A questo punto i Gram + rimarranno colorati di blu, mentre i Gram
negativi verranno decolorati. Per mettere in evidenza i Gram – si fa uso di un secondo colorante,
come la fuxina o safranina, che li colora in rosso.
I batteri Gram + e Gram – differiscono per la permeabilità:
I batteri possono produrre una matrice polisaccaridica denominata biofilm che riveste l’intera
colonia batterica e rappresenta un vantaggio per la crescita perché li protegge
In condizioni ambientali avverse, come la mancanza di nutrienti, i batteri Gram + possono essere
sporigeni. I batteri Gram – non sono mai sporigeni.
La fosforilazione ossidativa richiede energia: se deriva dal Sole i batteri sono detti fotosintetici, se
deriva dall’ossidazione di alcuni substrati chemiosintetici.
la temperatura
o psicrofili (fra -5 gradi e 20 gradi) e psicrofili facoltativi (0-35 gradi)
o mesofili: crescono bene a temperatura ambiente, qui rientrano i patogeni
o termofili (45-80 gradi) e ipertermofili (tra 80 e 115)
l’ossigeno (come si è visto, si distinguono aerobi obbligati, anaerobi obbligati e aerobi
facoltativi)
il pH
la pressione osmotica (quella dell’ambiente deve essere preferibilmente minore alla
propria, ciò favorisce l’ingresso di acqua)
Genetica batterica
Elementi genetici presenti nei procarioti sono:
I batteri possono contenere anche il materiale genetico proveniente dai batteriofagi: sono virus
che infettano i batteri e possono determinarne la morte immediatamente per lisi (infezione litica)
o prima integrando il proprio genoma in quello dell’ospite (infezione lisogenica) e lasciare che il
batterio si moltiplichi, per poi provocarne la lisi in un secondo momento.
Meccanismi di ricombinazione
Si distinguono 3 meccanismi di ricombinazione batterica:
Naturalmente alcune sostanze possono appartenere all’una o all’altra classe in basa alla
concentrazione.
Sono disinfettanti organici:
gli alcoli: non sono tossici, infatti vengono facilmente resi inattivi dalla materia organica
(per cui la pelle deve essere pulita prima dell’applicazione): questo però significa anche che
non hanno attività antimicrobica persistente.
Tendono inoltre a seccare la pelle perché eliminano i lipidi
i composti iodofori (leggermente più tossici degli alcoli, comunque inattivati dalla materia
organica: hanno attività residua limitata)
la clorexidina (uccide lentamente i microbi, ha un’ottima attività residua)
il paraclorometaxilenolo è specifico per i Gram +
il triclosan: era presente in molti saponi e dentifrici, ormai viene poco usato perché è stato
correlato a disturbi del sistema endocrino e all’insorgere della resistenza agli antimicrobici
Meccanismi di patogenesi batterica
Secondo i postulati di Koch un microbo, per essere ritenuto l’agente eziologico di una determinata
malattia,
virulenti, se hanno meccanismi che promuovono la loro crescita nell’ospite creando danno
nei tessuti e negli organi dell’ospite
opportunisti, se approfittano di patologie preesistenti come l’immunosoppressione
Alcune definizioni
Epidemia: malattia infettiva limitata nel tempo e nello spazio
Pandemia: malattia infettiva ampiamente diffusa nel mondo. Secondo la revisione del
febbraio 2009 virulenza e letalità non vengono più prese in considerazione
Una malattia è endemica quando è costantemente presente in un territorio
Infezione: si ha quando un soggetto entra in contatto con il patogeno. Non correla con lo
stato clinico. Può durare tutta la vita senza causare malattia
Malattia: si ha quando un soggetto, dopo essere entrato in contatto con un patogeno,
sviluppa segni clinici
Virulenza: grado di patogenicità
Potere patogeno: risultato di
o Fattori di virulenza: caratteri genetici che aumentano la capacità di un batterio di
causare malattia
o Carica batterica: numero iniziale di batteri infettanti (se un individuo ha una carica
batterica iniziale bassa, se svilupperà malattia probabilmente sarà più mite)
o Stato di salute dell’ospite
Isole di patogenicità: ampi territori cromosomici contenenti geni che codificano per fattori
di virulenza
Fasi dell’infezione
1. Ingresso
a. Per via aerea
b. Per via oro-fecale, cioè tramite ingestione di cibi contaminati o anilingus
c. Per via parenterale apparente, ovvero attraverso trasfusioni di sangue o
emoderivati contaminati, o per tagli/punture con aghi/strumenti infetti
d. Per via parenterale inapparente: in questo caso la penetrazione del patogeno
proveniente da materiali biologici infetti (come lo sperma e le secrezioni vaginali)
attraverso microlesioni di cute o mucose
e. Per via transplacentare. La placenta, pur impedendo il passaggio di molti patogeni,
lascia passare per esempio il Treponema pallidum (agente eziologico della sifilide)
f. Per via perinatale da madre a figlio (immediatamente prima o dopo il parto)
2. Adesione: permette la crescita del batterio e la produzione di tossine. È fondamentale per
non essere eliminato, per esempio, tramite i movimenti peristaltici o la produzione di
muco. L’adesione permette la formazione di foci di infezione, ovvero la formazione di
aggregati batterici originati tutti dal primo batterio che ha aderito. Il biofilm facilita la
colonizzazione in quanto svolge un’azione protettiva per la nicchia batterica
a. Inizialmente i pili permettono un ancoraggio transitorio
b. In un secondo momento le adesine consentono un ancoraggio definitivo
3. Invasione: alcuni batteri possono penetrare dalla mucosa alla sottomucosa e, talvolta,
raggiungere il circolo ematico. Esistono due meccanismi di invasione:
a. Distruzione del tessuto tramite
i. ialuronidasi (prodotta per es. da Staphylococcus aureus)
ii. pneumolisina (prodotta dallo pneumococco)
iii. mucinasi (prodotta da Helicobacter pylori)
b. Rilascio di invasine: agiscono a livello dell’actina inducendone la
depolimerizzazione. Questo rende la cellula più lassa permettendo l’endocitosi del
batterio
4. Diffusione: alcuni batteri possono arrivare ai linfonodi, quindi nel circolo linfatico e per
finire nel sangue
a. Batteriemia: batteri responsabili di processi morbosi localizzati invadono
transitoriamente il circolo ematico. Non è una situazione patologica. I batteri non si
moltiplicano mai nel sangue
b. Setticemia: costante e massiccia presenza di batteri nel sangue, dove si
moltiplicano. È una situazione patologica estremamente grave
5. Danno. Può essere diretto, indiretto o su base immunitaria
Il danno
Può essere
Le esotossine
Sono di natura proteica, quindi sono termolabili.
Vengono prodotte dai Gram +, fatta eccezione per Shigella dysenteriae che è un Gram –
Vengono neutralizzate da anticorpi. Sono formate da:
una subunità A (Active), che media l’azione tossica e quindi entra nella cellula
una subunità B (Binding), che rappresenta il sito di legame altamente specifico per i
recettori (l’interazione tra tossina e recettore non è mai casuale)
Le esotossine possono essere classificate in base al loro bersaglio:
neurotrope, se hanno affinità per le cellule del SNC o del SNP (come le tossine prodotte da
C. tetani e C. botulinum)
enterotrope (come la tossina colerica o quella prodotta da S. aureus)
pantrope, se nei confronti di cellule appartenenti a diversi apparati o sistemi (come quella
prodotta da Bacillus anthracis)
Oppure in base al loro meccanismo d’azione:
tossine che agiscono sulla superficie cellulare (creano pori sulla membrana plasmatica)
o esotossina B di Streptococcus pyogenes -> bersaglia muscoli e guaine muscolari
o esotossine di C. perfringens (tossina alfa, una lecitinasi, tossina kappa, una
collagenasi, tossina mu, una ialuronidasi)
o tossine A e B di C. difficile -> la tossina A danneggia le cellule dell’epitelio intestinale
e attrae neutrofili distruggendoli, la tossina B danneggia solo la mucosa intestinale
tossine che modificano il contenuto intracellulare di cAMP. Ciò avviene in due modi:
o per attività enzimatica ADP-ribosilante, che agisce alterando le proteine G
adenilato ciclasi (quelle che catalizzano la trasformazione di ATP in ADP)
Tossina colerica e tossina termolabile di E. Coli attivano permanentemente
la subunità alfa delle proteine G che stimolano l’adenilato ciclasi e ciò
provoca fuoriuscita di acqua e di ioni con conseguente disidratazione
La tossina della pertosse attiva le subunità alfa delle proteine G che
inibiscono l’adenilato ciclasi: ciò determina sempre un aumento di cAMP
tossine che inibiscono la sintesi proteica, come tossina difterica, tossina A di Pseudomonas
aeruginosa, tossina Shiga di Shigella dysenteriae e Shiga-simile di E. coli enteroemorragici
tossine che interferiscono con il rilascio di neurotrasmettitori, come la tossina del tetano
e la tossina botulinica
Le endotossine
Sono di natura lipopolisaccaridica, quindi sono termostabili.
Sono meno immunogene rispetto le endotossine (non sono neutralizzabili da anticorpi).
Vengono rilasciate esclusivamente in seguito a lisi batterica dei Gram –
La frazione lipidica del lipopolisaccaride, detta lipide A, da sola è sufficiente a scatenare il quadro
settico. Provoca
Le anatossine
Vengono dette anche tossoidi. Sono delle tossine batteriche a cui è stato tolto artificialmente il
potere tossico preservando quello antigenico, quindi è stata tolta la subunità A, ma è stata fatta
rimanere subunità B. Vengono usate nei vaccini (es. antitetanico, antidifterico, antipertosse).
I superantigeni
Gli antigeni convenzionali non interagiscono con i linfociti T nella loro forma nativa, ma vengono
prima fagocitati dai fagociti professionali, processati e presentati, ovvero esposti in associazione
all’MHC. Un recettore transmembrana presente sui linfociti T, il TCR (T-cell receptor), sarà il
responsabile del riconoscimento degli antigeni presentati tramite MHC.
I superantigeni, invece, non hanno bisogno di essere processati per potersi associare alle molecole
MHC e, quando interagiscono con i TCR, reagiscono esclusivamente con una sola delle due
porzioni variabili, ovvero la porzione beta. Per questo motivo i linfociti T non verranno reclutati in
maniera specifica e ci sarà una iper-attivazione immunitaria, al punto che saranno in grado di
attivare 1 linfocita ogni 100 (mentre un comune antigene 1 ogni 100.000)
I superantigeni non attivano solo i linfociti T, ma anche i linfociti B e i macrofagi. Infatti, si legano
ai domini alfa 1 e beta 1 dell’MHC II.
Ciò determina la produzione di citochine infiammatorie (IL-1, IL-6, TNF-alfa e interferone gamma),
con conseguente danno tissutale perché innescano una reazione simile a quella autoimmunitaria.
I superantigeni batterici vengono distinti in:
superantigeni ad elevata potenza, che inducono l’apoptosi e il danno tissutale tramite
citochine, come
o la tossina-1 della sindrome da shock tossico, prodotta dallo stafilococco aureo
o le enterotossine stafilococciche
o la tossina esfoliativa stafilococcica
o le tossine pirogeniche streptococciche
superantigeni a moderata potenza, coinvolti in reazioni autoimmunitarie, come la proteina
M streptococcica
Meccanismi di difesa dell’ospite
Fra due organismi possono instaurarsi tre modalità di interazione:
Sono PAMP i lipopolisaccaridi (LPS), gli acidi teicoici e lipoteicoici, la flagellina, la pilina, sequenze
CpG non metilate tipiche del DNA batterico e RNA duplex, tipici dei genomi virali.
Via comune: C3b e C3b convertasi forma C5 convertasi che genera il clivaggio di C5
Si ha quindi formazione del complesso di attacco alla membrana (MAC, composto da C5b, C6, C7,
C8 e C9), con funzione citolitica
I monociti presentano
recettori per le opsonine
recettori per il complemento
lectine (che legano specifici carboidrati)
Toll-Like Receptor
il recettore CD14 per la proteina che lega il lipopolisaccaride
molecole di adesione che promuovono le interazioni intercellulari
molecole MHC di tipo II per presentare l’antigene
Una volta attivati in macrofagi
killing ossidativo, che prevede la fusione del fagosoma con vescicole contenenti radicali
dell’ossigeno tossici per la parete batterica
killing non ossidativo, che si verifica nei neutrofili e prevede la fusione tra fagolisosoma
con granuli azzurrofili ricchi di proteine cationiche e granuli specifici contenenti lisozima e
lattoferrina
I neutrofili possono emettere strutture di complessi cromatinici, conosciute come trappole
neutrofile extracellulari (NET), che circondano i batteri come una rete.
Antibiotici e resistenze
sono beta lattamici caratterizzati da una
tossicità molto bassa
legano le PBP, cioè transpeptidasi e DD-
carbossipeptidasi, determinando lassità e
Penicilline
shock osmotico
vengono usate insieme a inibitori delle
beta-lattamasi (es. acido clavulanico e
tazobactam)
sono beta lattamici
hanno lo stesso meccanismo d’azione delle
Cefalosporine penicilline, ma spettro più ampio
Inibitori della sintesi
sono resistenti a molte beta-lattamasi
della parete cellulare
hanno generalmente un’emivita più lunga
è un glicopeptide
nei Gram + altera la sintesi di
peptidoglicano interagendo con la D-
Vancomicina
alanina-D-alanina terminale
viene usata nei confronti di batteri
resistenti ai beta lattamici
è una miscela di polipeptidi per azione
topica usata per trattare Gram +
Bacitracina
interferisce con il riciclo del bactoprenolo e
può anche inibire la trascrizione dell’mRNA
attraversano la membrana esterna dei
Gram – con un processo che richiede
ossigeno (se ne deduce che gli anaerobi
Aminoglicosidi risultano resistenti a questi antibiotici)
(es. streptomicina) si legano irreversibilmente (quindi sono
batterici) alla subunità ribosomiale 30S
vengono utilizzano in combinazione con
inibitori della sintesi della parete cellulare
sono batteriostatici che inibiscono la sintesi
proteica legandosi alla subunità
Tetracicline
Inibitori della sintesi ribosomiale 30S bloccando il legame con gli
proteica amminoacil-tRNA
entrambi si legano alla subunità
Cloramfenicolo e ribosomiale 50S
clindamicina hanno un effetto soppressivo sul midollo
osseo
si legano reversibilmente all’rRNA 23S della
Macrolidi (es. subunità 50S del ribosoma
eritromicina) non si diffondono nel liquido
cerebrospinale
sono derivati semisintetici dell’eritromicina,
Chetolidi
agiscono allo stesso modo
nei Gram – si legano alla subunità A della
Chinoloni DNA girasi
nei Gram + si legano alla topoisomerasi IV
si lega all’RNA polimerasi impendendo la
Inibitori della sintesi
trascrizione
degli acidi nucleici Rifampicina
ha attività battericida nei confronti di
Mycobacterium tuberculosis
usato nei primi stadi della colite
Metronidazolo
pseudomembranosa
Antimetaboliti Sulfamidici impediscono la sintesi di acido folico
la vancomicina e la bacitracina sono troppo grandi per passare nelle porine presenti sulla
membrana esterna dei Gram negativi: non riusciranno mai a raggiungere il sottile strato di
peptidoglicano
i micobatteri sono sprovvisti di parete cellulare
gli anaerobi sono resistenti agli aminoglicosidi: quest’ultimi richiedono presenza di
ossigeno per attraversare la membrana esterna dei Gram – (ma gli anaerobi crescono in
assenza di ossigeno)
L’antibiogramma
Misura la sensibilità a un determinato antibiotico. Vengono eseguiti due tipi di test di sensibilità:
situazioni cliniche (per es. il paziente potrebbe avere un deficit di Ig, oppure non potrebbe
essere trascorso il periodo finestra)
difficoltà nell’isolamento (per es. le batteriemie sono intermittenti, i parassiti vengono
escreti con le feci periodicamente)
non utilizzo di tecniche elettive
germi non coltivabili (es. Mycobacterium tuberculosis)
Falsi positivi da
campione contaminato
situazioni cliniche (per es. produzione di anticorpi cross reattivi da parte di soggetti con
leucemie, linfomi o malattie autoimmuni)
terreni con struttura chimicamente definita: più costosi e usati esclusivamente per
l’identificazione di batteri con determinate esigenze nutrizionali
terreni con struttura chimica indefinita: contengono sostanze naturali quali siero,
peptone, liquido ascitico, sangue, estratto di lievito, etc.
I terreni vengono distinti in 5 classi:
terreni minimi: contengono carbonio, azoto, zolfo e fosforo sottoforma di sali inorganici
terreni di arricchimento: contengono sangue, siero, infusi di cuore e cervello, amminoacidi
e carboidrati
terreni selettivi: oltre ai nutrienti, contengono coloranti e antibiotici batteriostatici nei
confronti dei batteri che non sono oggetto di attenzione
terreni differenziali: oltre ai nutrienti, contengono indicatori di reazioni redox e indicatori
di pH. Permettono di distinguere la capacità di emolisi dei batteri
terreni di trasporto: sono semisolidi, vengono usati solo per il trasporto
Generalmente:
i campioni prelevati da siti normalmente sterili vengono inoculati in terreni non selettivi
arricchiti
i campioni contaminati da flora saprofita vengono inoculati in terreni selettivi e differenziali
se si sospetta una specifica infezione si ricorre a terreni specifici per l’isolamento di quel
patogeno
Possono essere classificati anche i tipi di coltura:
Streptococcus pyogenes
Determinano beta emolisi. Sono streptococchi di gruppo A secondo Rebecca Lancefield:
l’antigene A è un dimero di N-acetilglucosamina e ramnosio.
microscopio: in quanto Gram + facilmente colorabili, non si usa tuttavia nelle faringiti
perché fanno parte della comune flora residente
test sierologici
o il titolo antistreptolisinico (TAS) misura la quantità di anticorpi anti-streptolisina O
o lo Streptozyme test rivela la presenza di anticorpi contro alcuni antigeni esocellulari
dello streptococco beta emolitico A, ovvero streptolisina, ialuronidasi,
streptochinasi, DNAasi e NADasi. È più sensibile del titolo antistreptolisinico
test per valutare la sensibilità alla bacitracina
verifica della presenza dell’enzima PYR
Sono generalmente sensibili alla penicillina. Per infezioni ospedaliere complicate si possono usare
oxacillina e vancomicina in doppia terapia antibiotica. Siccome forti faringiti da streptococco
possono mimare la mononucleosi, è preferibile trattare i casi dubbi con claritromicina, un
macrolide (le penicilline semi sintetiche determinano forti effetti collaterali nei soggetti con
mononucleosi infettiva).
La patogenicità dello Streptococcus pyogenes dipende dalla sua capacità di
adesione (tramite l’acido lipoteicoico e la proteina F che facilitano il legame con la cellula
ospite legando la fibronectina e tramite la proteina M)
invasione (grazie alla proteina M e alla proteina F)
resistere all’opsonizzazione (per mezzo della proteina M che lega il fattore H)
resistere alla fagocitosi (tramite proteina M e simil-M)
Per il ruolo chiave della proteina M nella patogenicità dello Streptococco beta emolitico A, ceppi
che non esprimono la proteina M non sono patogeni.
Streptococcus agalactiae
Determinano generalmente beta emolisi (anche se si distinguono ceppi alfa o gamma emolitici).
Può provocare:
sepsi neonatale a esordio precoce che può degenerare anche in una meningite con una
bassa letalità ma alta probabilità di sequele neurologiche. Viene acquisita nell’utero o alla
nascita. I sierogruppi correlati a questa patologia sono l’Ia, il III e il V
sepsi neonatale tardiva. Viene acquisita da fonti esogene (da altri neonati o dalla madre,
dopo la nascita)
infezioni nelle donne in gravidanza, come cistiti, endometriti post-partum o infezioni sul
taglio cesareo
infezioni in uomini e donne non gravide che interessano la pelle e i tessuti molli.
Raramente urosepsi e polmoniti
Streptococchi viridanti
È un gruppo eterogeneo di streptococchi alfa e gamma emolitici, accomunati dal fatto che gli aloni
di emolisi si colorano di verde in quanto questi batteri presentano enzimi che convertono
l’emoglobina in metaemoglobina.
Come tutti gli streptococchi sono esigenti dal punto di vista nutrizionale e crescono in terreni
arricchiti con emoderivati.
Colonizzano principalmente l’orofaringe e possono essere responsabili di carie dentali.
Interventi odontoiatrici possono permettere il loro ingresso nel sangue e, da lì, andare a infettare
valvole cardiache native e protesi. Possono inoltre provocare endocarditi.
Il trattamento di elezione prevede l’utilizzo di penicillina.
Tra gli streptococchi viridanti si ricordano:
S. mutans, che forma un biofilm responsabile della formazione della placca dentaria
S. anginosus, che può avere attività beta emolitica
S. mitis, importante perché a questo sottogruppo appartiene S. pneumoniae
Streptococcus pneumoniae
Non è classificabile secondo Rebecca Lancefield.
In condizioni di aerobiosi è alfa emolitico: l’alfa emolisi è determinata dalla pneumolisina.
In condizioni di anaerobiosi è beta emolitico.
Cresce su terreni arricchiti con emoderivati. Fermenta gli zuccheri trasformandoli in acido lattico.
Si dispone in diplococchi.
I ceppi virulenti sono capsulati (questo peraltro permette loro di disseminare nel SNC).
catene oligopeptidiche
una forma esposta di acido teicoico detta polisaccaride C
una forma non esposta di acido teicoico detta antigene F
Una diagnosi rapida di polmonite o meningite da streptococco può essere effettuata mediante la
colorazione di Gram: se vengono visti diplococchi nel muco o nel liquido cerebrospinale è molto
probabile si tratti di pneumococco.
La diagnosi microscopica può essere confermata con la reazione quellung, che prevede l’utilizzo di
anticorpi anti-capsula che, in presenza di questi batteri, li fanno apparire come circondati da una
rifrangenza.
Si può fare diagnosi di pneumococco anche ricercando il polisaccaride C nelle urine concentrate in
quanto ha un’escrezione urinaria.
L’identificazione può avvenire anche tramite il test della bile, in quanto l’esposizione alla bile
attiva le autolisine batteriche con conseguente lisi, o valutando la sua sensibilità all’optochina
(valutando quindi la placca di inibizione).
La malattia pneumococcica si ha quando questi batteri, facenti parte della flora commensale orale
e nasale, si spostano in zone distali (polmoni, seni paranasali, orecchie e, tramite il sangue, le
meningi). La colonizzazione avviene grazie alle adesine. La successiva migrazione è solitamente
bloccata dalla corrente muco-ciliare, ma i batteri superano questo ostacolo grazie alle proteasi di
IgA secretorie e alla pneumolisina.
Possono indurre danno tissutale
Enterococchi
Erano classificati come streptococchi del gruppo D in quanto esprimono l’antigene D di Rebecca
Lancefield, costituito da un acido glicerol teicoico (associato alla membrana plasmatica).
Possono crescere in presenza di NaCl fino al 6,5%. La loro crescita richiede vitamina B
Tra le specie patogene per l’uomo si distinguono:
catene di pentaglicina
polisaccaride A, un acido teicoico che favorisce l’adesione del batterio interagendo con la
fibronectina
proteina A, affine al frammento Fc delle IgG1, IgG2 e IgG4, per cui, insieme alla capsula e
allo strato gelatinoso, impedisce la fagocitosi
coagulasi, tipica di S. aureus, che ne possiede una forma legata (che catalizza direttamente
la conversione del fibrinogeno in fibrina) e una forma libera (che reagisce con un fattore
delle globuline per formare stafilotrombina, un fattore trombina-simile che, come la
trombina, catalizza la conversione del fibrinogeno in fibrina)
ialuronidasi
fibrinolisina/stafilolisina (attiva il plasminogeno e scioglie i coaguli di fibrina favorendo la
diffusione del batterio)
lipasi, che permettono di invadere la cute e di sviluppare infezioni cutanee superficiali
penicillinasi, grazie al gene mecA
catalasi, che contribuisce alla virulenza perché impedisce il killing dei leucociti
polimorfonucleati
Staphylococcus aureus
Unico che produce coagulasi. Le colonie hanno un aspetto dorato.
La patogenesi va ricercata sia nella produzione di tossine, sia nella capacità del batterio di invadere
e necrotizzare tessuti.
mediante coltura in terreni solidi arricchiti con sangue di pecora, NaCl al 7,5% e mannitolo.
Entro 24 ore compare la colonia e si può notare attività emolitica dovuta alla presenza di
tossine citotossiche alfa
tramite il test per la coagulasi
avvalendosi di anticorpi contro gli acidi teicoici
Può essere causa di:
Endocardite.
S. epidermidis e S. lugdunensis possono infettare valvole cardiache sia naturali che
artificiali. L’infezione di valvole naturali si verifica in pazienti che presentano già delle
compromissioni a livello cardiaco (come malformazioni congenite). L’infezione di valvole
artificiali si verifica al momento dell’inserzione della valvola
Infezioni di cateteri, shunt e protesi.
L’adesione è mediata dallo strato gelatinoso che avvolge la capsula e che conferisce
protezione dagli antibiotici e dalle cellule immunocompetenti. Tipica di queste infezioni è la
batteriemia che può evolvere in sepsi o shock tossico. A volte bisogna ricorrere alla
sostituzione della protesi
Infezioni del tratto urinario. Tipiche di S. saprophyticus. Interessano quasi esclusivamente
giovani donne sessualmente attive. Provocano disuria (dolore al momento della minzione)
e piuria (presenza di pus nelle urine)
MRSA e VRSA Alcuni ceppi di Staphylococcus aureus hanno sviluppato una resistenza agli
antibiotici beta-lattamici, tra cui le penicilline. Questi ceppi sono noti con il nome di
Staphylococcus aureus meticillino-resistenti (MRSA). Si verificano sovente epidemie negli ospedali.
Possono essere efficacemente trattati con vancomicina.
I ceppi resistenti anche alla vancomicina vengono detti VRSA (vancomicina-resistenti).
Spirochete
Gram negativi
Esternamente alla membrana plasmatica presentano uno strato mucoso esterno, che
consente loro di sopravvivere nel fagosoma
Microaerofili (cioè richiedono O2 a bassa concentrazione)
Sensibili ai ROS
Sottili (al di sotto del micron, quindi al di sotto del potere di risoluzione del MO)
Labili (non sopravvivono né all’essicamento né ai disinfettati, anche a basse
concentrazioni)
Mobili (grazie a endoflagelli)
Alla famiglia delle spirochete appartengono tre generi: treponemi, leptospire e borrelie.
Treponemi
Non sono coltivabili in vitro perché privi di acidi tricarbossilici (essenziali per la sintesi di purine,
pirimidine e alcuni AA, per cui questi processi richiedono una dipendenza dalla cellula ospite).
Hanno un tempo di duplicazione di 30 ore.
Le specie patogene per l’uomo (e solo per l’uomo) sono:
Treponema pallidum
È privo di lipopolisaccaride (LPS). Non produce tossine. Ha poche lipoproteine esposte e quelle
esposte sono scarsamente antigeniche.
I meccanismi di patogenicità risiedono
Sifilide terziaria benigna gommosa: può interessare cute, ossa e visceri. Le gomme sono
masse morbide, infiammate e destruenti, tipicamente localizzate ma con capacità di
infiltrare diffusamente un organo o un tessuto; crescono e guariscono lentamente e
lasciano cicatrici
Sifilide terziaria benigna ossea: produce sia lesioni infiammatorie che destruenti associate
a dolore sordo e incessante che, caratteristicamente, peggiora durante la notte
Sifilide cardiovascolare: si manifesta solitamente 10-25 anni dopo l’infezione iniziale con
dilatazione aneurismatica dell’aorta ascendente, insufficienza della valvola aortica e
restringimento delle arterie coronarie
Neurosifilide (meningovascolare oppure parenchimatosa)
o se meningovascolare deriva da un’infiammazione delle grandi e medie arterie del
cervello o del midollo spinale. Provoca cefalea, rigidità nucale, vertigini, alterazioni
comportamentali, deficit di concentrazione, perdita della memoria, apatia, insonnia
e visione offuscata
o se parenchimatosa è dovuta alla meningoencefalite cronica, che causa la
distruzione del tessuto corticale. Provoca paresi generalizzata e demenza
Man mano che la malattia procede diventa meno contagiosa. I pazienti con sifilide terziaria non
sono più infettivi.
Il rischio di contagio transplacentare dipende dalla fase della malattia: è de 100% durante la sifilide
primaria, del 90% nella sifilide secondaria, del 30% in fase latente, nullo durante la sifilide terziaria.
Se viene trasmessa al feto prima dei tre mesi di sviluppo determina aborto.
Se viene trasmessa dopo e il lattante viene curato immediatamente ha buone probabilità di
sopravvivere, pur manifestando malformazioni tipiche, specialmente ai denti.
Si cura molto facilmente con la penicillina. Per i soggetti allergici si possono usare le tetracicline.
I test sierologici consistono in:
test di screening non troponemici: utilizzano antigeni lipidici per rilevare la reagina
(ovvero un anticorpo umano che si lega ai lipidi). Sono aspecifici: altre malattie possono
determinare falsi positivi. A questi test appartengono il VDRL e il RPR
test troponemici: rilevano gli anticorpi antitreponemici e sono molto specifici per la
sifilide. Comprendono:
o il TPHA (saggio di emoagglutinazione di T. pallidum)
o il TPI (Treponema pallidum immobilization)
Borrelie
Presentano una forma di elica lassa. Sono le uniche spirochete visibili al MO (tramite colorazione
Giemsa), pur essendo difficili da coltivare.
Vanno incontro a fenomeni di riarrangiamento genico, che terminano la comparsa di nuovi
antigeni, permettendo di evadere la risposta immunitaria umorale. Non producono tossine.
Parassitano alcuni artropodi. La proteina di superficie A (OspA) viene espressa da Borrelia
burgdorferi quando si trova nell’intestino medio di zecche a digiuno: questo gli permette di
aderire alle cellule intestinali. Quando la zecca fa un pasto l’espressione di OspA viene inibita, il
che permette al batterio di staccarsi dall’intestino e migrare verso le ghiandole salivari. Il batterio,
giunto nelle ghiandole salivarie, sovra-esprime OspC, che si lega a Salp 15, una proteina salivare
prodotta durante il pasto ematico.
La malattia di Lyme è un’infezione causata da Borrelia burgdorferi e trasmessa dalle zecche a
guscio duro, i cui principali serbatoi animali sono il topo dai piedi bianchi (soprattutto per le larve
e le ninfe) e il cervo dalla coda bianca (soprattutto per le zecche adulte).
Leptospira
Hanno una forma allungata caratterizzata dall’essere ripiegata ad uncino alle estremità.
Sono aerobi obbligati. Il loro ciclo di replicazione dura 1-16 ore.
La loro diffusione avviene tramite le acque dolci contaminate dalle feci dell’organismo infettato,
dove il batterio può sopravvivere fino a 6 settimane.
Negli ospiti serbatoio, ovvero roditori e piccoli mammiferi, determinano infezioni spesso
asintomatiche a carico dei tubuli renali (per cui sono riversate anche nelle urine).
Negli ospiti occasionali, fra cui l’uomo, dopo un periodo di incubazione di 1-2 settimane, la
malattia si manifesta in 2 fasi:
una prima fase caratterizzata da cefalea, gravi mialgie, brividi, febbre, tosse, faringite,
dolore toracico e in alcuni pazienti anche con emottisi. Di solito, fra il terzo e il quarto
giorno compare iperemia congiuntivale. In questa fase, le leptospire possono essere isolate
nel sangue e nel liquor (pur non provocando meningite). Segue poi una fase in cui il
paziente si sfebbra.
una seconda fase, che si verifica tra il sesto e il dodicesimo giorno di malattia, in
correlazione con la comparsa di anticorpi nel siero. La febbre e gli altri sintomi si
ripresentano, ma questa volta può svilupparsi una meningite asettica (spesso scambiata
per meningite virale)
Si fa diagnosi tramite emocoltura, test sierologici come il test di agglutinazione (che valuta la
capacità del siero del paziente di agglutinare leptospire vive) o talvolta PCR.
La terapia prevede la somministrazione di doxiciclina o penicillina.
Mycobacterium
Sono bacilli, aerobi, immobili (privi di ciglia)
Non sono colorabili con la colorazione di Gram
La struttura di base della parete è analoga a quella dei Gram positivi (ovvero una
membrana plasmatica interna ricoperta da uno strato di peptidoglicano), tuttavia
o nella membrana interna si trovano ancorati il fosfatidilinositolo mannoside e il
lipoarabinomannano (che ha una funzione analoga all’antigene O del LPS)
o sullo strato di peptidoglicano si inseriscono arabinogalattani e sulfolipidi, ma
soprattutto sono acidi micolici, delle cere che adiuvano la patogenicità del batterio
e da cui deriva il fattore cordale (un importante fattore di virulenza per
Mycobacterium tuberculosis)
L’elevata idrofobicità della parete determina
o l’acido resistenza (perché il colorante è respinto dalle cere), per cui ci si può
avvalere solo della colorazione di Ziehl-Neelsen
o una crescita lenta
o la resistenza ai detergenti e ai comuni disinfettanti
o l’antigenicità
Classificazione di Runyon
Se la specie sviluppa spontaneamente una colorazione giallastra se le colture sono tenute alla luce
viene detta fotocromogena (come M. kansasii e M. marinum).
Se la specie sviluppa tale colorazione anche al buio viene detta scotocromogena.
Se la specie non produce il pigmento è detta non cromogena. Le specie non cromogene possono
essere distinte in specie a lento accrescimento e specie a rapido accrescimento.
Mycobacterium tuberculosis
È privo di capsula e non produce tossine. Presenta il fattore cordale, un derivato degli acidi
micolici che costituisce un importante fattore di virulenza e, insieme ai lipidi di membrana, è
responsabile dell’attivazione dell’immunità cellulo-mediata.
Inibendo l’antigene endosomico precoce 1 impedisce la fusione del fagosoma con i lisosomi.
Allo stesso tempo, il fagosoma è in grado di fondersi con altre vescicole intracellulari, garantendo
l’accesso ai nutrienti e facilitando la replicazione dentro il vacuolo.
I batteri sono anche in grado di evadere il killing macrofagico trasformando cataliticamente gli
ossidanti che si formano.
In risposta all’infezione, i macrofagi alveolari secernono IL-12 e TNF-alfa, che permettono il
reclutamento in situ di linfociti T naive e linfociti natural killer, inducendo la differenziazione dei
linfociti T naive in linfociti T helper, con conseguente secrezione di interferone gamma:
infezione primaria: i bacilli che non vengono uccisi dai macrofagi si replicano al loro
interno, e in ultima fase, uccidono il macrofago (con l’aiuto di linfociti T citotossici); le
cellule infiammatorie sono attratte dal focolaio causando un addensamento polmonare
che dà origine ai caratteristici tubercoli riscontrabili all’esame istologico. Alcuni macrofagi
infetti migrano nei linfonodi regionali, da dove accedono al flusso sanguigno. I
microrganismi possono così diffondersi per via ematogena
infezione latente: nel circa 95% dei casi, dopo circa 3 settimane di diffusione incontrollata,
il sistema immunitario controlla la replicazione batterica, solitamente prima che si
sviluppino sintomi o segni. I focolai nel polmone o nelle altre sedi si trasformano in
granulomi a cellule epitelioidi, che possono avere centri caseosi o necrotici. I bacilli
tubercolari possono sopravvivere in queste lesioni per anni
malattia attiva: condizioni che compromettono l’immunità cellulare facilitano
notevolmente la riattivazione. Pertanto, i pazienti co-infetti da HIV e che non ricevono una
terapia antiretrovirale appropriata hanno circa un rischio annuo del 10% di sviluppare la
malattia attiva. Anche pazienti sotto terapia immunosoppressiva sono a forte rischio. La
tubercolosi danneggia i tessuti attraverso un meccanismo di ipersensibilità ritardata,
provocando tipicamente una necrosi granulomatosa con aspetto caseoso all’esame
istologico. I pazienti generalmente accusano tosse, malessere, inappetenza, perdita di peso
e astenia. La tubercolosi extrapolmonare provoca varie manifestazioni sistemiche e
localizzate a seconda degli organi colpiti
Si fa diagnosi di tubercolosi tramite:
RX torace
riscontro di bacilli acido-resistenti all’esame microscopico dell’escreato
test di Mantoux, che prevede un’iniezione intradermica di antigene tubercolinico che
induce una reazione di ipersensibilità di tipo IV (o cellulo-mediata). Il paziente viene
valutato dopo 48-72 ore e il test viene considerato positivo se si sviluppa un indurimento
di almeno 15 mm nei soggetti sani, di almeno 10 mm nei soggetti provenienti da zone a
rischio e di almeno 5 mm nei soggetti con AIDS
test di rilascio dell’interferone gamma (Quantiferon). Misura la quantità di interferone
prodotta dai linfociti T se stimolati da antigeni di Mycobacterium tuberculosis: se un
individuo è entrato in contatto con questo batterio si ha produzione di interferone
È importante sottolineare che spesso il Quantiferon è negativo in pazienti con infezione da
tubercolosi pregressa, mentre il Mantoux non fa differenza fra infezione latente e malattia attiva.
Inoltre, la precedente vaccinazione con bacillo di Calmette-Guérin (antitubercolare) non causa un
risultato del test falso positivo sul Quantiferon, a differenza del test cutaneo alla tubercolina.
La terapia prevede l’uso di
farmaci attivi sulla parete, come etionammide e isoniazide, che agiscono influenzando la
sintesi dell’acido micolico, o etambutolo (che invece agisce sulla sintesi di
arabinogalattano)
farmaci attivi sulla sintesi proteica, come rifampicina e levofloxacina (un fluorochinolone)
Il trattamento deve prolungarsi per almeno 6 mesi, fino a 12 per i soggetti esposti a
Mycobacterium tuberculosis farmaco-resistente.
Mycobacterium leprae
Ha un tropismo per i nervi periferici, la cute e le mucose del tratto respiratorio superiore. La
lebbra causa lesioni cutanee polimorfiche con anestesia e neuropatia periferica.
Anche in caso di contatto con i batteri, la maggior parte delle persone non contrae la lebbra: il 95%
delle persone immunocompetenti con infezione da M. leprae non sviluppa la malattia.
Nel restante 5%, M. leprae cresce lentamente e il periodo di incubazione generalmente varia da 6
mesi a 10 anni. Una volta che l’infezione si sviluppa, può verificarsi una disseminazione
ematogena.
La malattia viene classificata come paucibacillare (se si sviluppano fino a 5 lesioni cutanee e
prevale la risposta cellulo-mediata a sfavore di quella anticorpale) o multibacillare (se si
sviluppano almeno 6 lesioni cutanee e, al contrario, prevale la risposta anticorpale a sfavore di
quella cellulo-mediata).
Per la lebbra paucibacillare il trattamento è di almeno 6 mesi con rifampicina e dapsone, mentre
per la forma multibacillare di almeno un anno con rifampicina, dapsone e clofazimina.
Neisseria gonorrhoeae
Si trasmette per contatto sessuale.
Il maggior serbatoio per i gonococchi sono gli individui infetti asintomatici: si stima che più del 50%
delle donne e circa il 20% degli uomini infetti siano asintomatici.
Le manifestazioni cliniche della gonorrea compaiono dopo un periodo di incubazione di 1-7 giorni.
Nelle donne, la manifestazione clinica principale è un’uretrite, con disuria e stranguria, oppure
una cervicite con secrezioni giallo-verdastri, dolore durante o dopo i rapporti sessuali, prurito
vaginale e difficoltà a urinare.
Negli uomini, la gonorrea si manifesta con un’uretrite con secrezioni abbondanti, dense e di colore
giallo-verdastro, bruciori e difficoltà a urinare.
Se trasmessa attraverso un rapporto anale, la gonorrea spesso è asintomatica; tuttavia, in alcuni
casi si può sviluppare una proctite (caratterizzata da dolore anale con secrezioni dense purulente e
sanguinamento).
Se trasmessa attraverso un rapporto orale, la gonorrea può provocare una faringite.
Negli adulti, si può avere anche una congiuntivite dovuta a contaminazione accidentale attraverso
le mani infette. Nei neonati il batterio può essere trasmesso durante il parto e provocare una
congiuntivite purulenta nota proprio come oftalmia neonatorum: i neonati sviluppano una grave
infiammazione delle palpebre e spurgo di pus dagli occhi. Senza trattamento, può causare cecità.
Invece, un rara complicanza della gonorrea è l’infezione gonococcica disseminata, caratterizzata
da dolore articolare, eruzioni cutanee, dolore muscolare, infiammazione dei tendini, endocardite e
meningite.
Si fa diagnosi di infezione gonococcica ricorrendo alla colorazione di Gram oppure coltivando il
microrganismo su terreni di Agar sangue. Comunque, l’identificazione definitiva è guidata dal
pattern di ossidazione dei carboidrati: il gonococco ossida il glucosio e non il maltosio.
Generalmente, i pazienti vengono trattati in doppia terapia antibiotica con ceftriaxone e
azitromicina, oppure, i pazienti allergici, con un fluorochinolone più azitromicina. La monoterapia
a base di fluorochinoloni non è più raccomandata a causa dell’aumento della resistenza ai farmaci.
Neisseria meningitidis
I meningococchi colonizzano l’orofaringe. La trasmissione avviene tramite goccioline di Flugge,
ovvero microgocce di saliva in grado di rimanere sospese in aria.
La meningite da meningococco è caratterizzata da febbre, vomito, cefalea, fotofobia e rigidità
nucale, confusione, delirio e sonnolenza.
La rigidità del collo e la fotofobia sono spesso assenti nei neonati e nei bambini piccoli, che
possono presentare segni aspecifici come irritabilità, pianto inconsolabile, difficoltà di
alimentazione, fontanella pulsante.
I pazienti che sopravvivono possono sviluppare sequele neurologiche che comprendono sordità,
crisi epilettiche, spasticità, deficit dell’attenzione e disabilità intellettiva.
N. meningitidis può provocare una sepsi, definita meningococcemia, che esordisce con un rash
petecchiale che non schiarisce o con un rash purpureo. Un’infezione grave può provocare
pericolosi abbassamenti della pressione arteriosa (quindi shock), tendenza al sanguinamento e
scompenso di molti organi (come i reni e il fegato).
La setticemia può esitare anche in gangrena a livello delle dita delle mani, delle dita dei piedi o
degli arti, che può richiedere l’amputazione.
Si fa diagnosi di infezione meningococcica tramite coltura dei campioni di sangue e del liquido
cerebrospinale (ottenuto tramite puntura lombare).
Il batterio risponde ancora molto bene al ceftriaxone, anche in monoterapia.
La profilassi post-esposizione richiede la somministrazione di rifampicina.
è priva di peptidoglicano, ma al suo posto presenta la proteina OMP 2, che crea dei ponti
disolfuro stabilizzando i corpi elementari
pur presentando LPS (come tutti i Gram –), ha una debole attività endotossica
presenta la proteina maggiore della membrana esterna (MOMP), caratteristica di ciascuna
specie
Hanno un ciclo vitale dimorfico, cioè possono presentarsi:
come corpi elementari, ovvero forme metabolicamente inerti che non possono replicare,
ma sono infettive, in quanto capaci di legarsi alla cellula ospite tramite la proteina MOMP
come corpi reticolati, forme non infettive, ma metabolicamente attive e con la capacità di
replicarsi. Queste forme risultano labili in quanto sono prive della proteina OMP 2
Dopo 48-72 ore dall’infezione, i corpi elementari prodotti lisano la cellula ospite.
Le clamidie sono prive di tossine e le loro patologie tendono a cronicizzare, perché questi batteri
non evocano una risposta immunitaria efficace.
Tre specie sono patogene per l’uomo: Chlamydia trachomatis, Chlamydophila psittaci e
Chlamydophila pneumoniae.
Chlamydia trachomatis
In base alla proteina MOMP sono stati definiti 15 sierotipi:
A, B, Ba e C provocano tracoma
da D a K sono responsabili di infezioni genitali
L1, L2, e L3 causano malattie a trasmissione sessuale che portano a malattia invasiva dei
linfonodi (linfogranuloma venereo)
C. trachomatis, date le dimensioni ridotte, riesce a penetrare nel tessuto attraverso le microlesioni
che si sviluppano durante l’atto sessuale.
Si lega ai recettori delle cellule epiteliali colonnari (endometrio, tube di Falloppio, tratto
ano-rettale, tratto respiratorio e congiuntiva) o di transizione (la porzione dell’uretra in
prossimità del collo vescicale)
Non si lega all’epitelio squamoso (quindi la mucosa vaginale è risparmiata)
Negli uomini provoca epididimite e uretrite non gonococcica.
Nelle donne è causa di cervicite, uretrite e malattia infiammatoria pelvica.
In entrambi i sessi provoca proctite (se trasmessa per via anale), linfogranuloma venereo e artrite
reattiva (sindrome di Reiter).
La trasmissione materno-fetale causa congiuntivite neonatale e polmonite interstiziale.
Il tracoma è una congiuntivite cronica caratterizzata da progressive esacerbazioni e remissioni.
Rappresenta la causa principale di cecità prevenibile nel mondo. I sintomi iniziali sono iperemia
congiuntivale, edema, fotofobia e lacrimazione. Successivamente, compaiono cicatrizzazioni a
livello della congiuntiva, della cornea e delle palpebre.
Il linfogranuloma venereo è caratterizzato da una lesione cutanea spesso asintomatica, seguita da
linfoadenopatia regionale inguinale o pelvica.
La clamidia, se diagnosticata, è facilmente curabile con tetracicline o eritromicina.
Chlamydophila pneumoniae
È stato identificato un solo sierotipo di questa specie denominato TWAR (Taiwan Acute
Respiratory), che può causare una polmonite (specialmente nei bambini e nei giovani adulti)
clinicamente indistinguibile dalla polmonite da Mycoplasma pneumoniae.
Chlamydophila psittaci
Mentre Chlamydia trachomatis e Chlamydophila pneumoniae riconoscono come unico serbatoio
l’uomo, Chlamydophila pneumoniae psittaci può infettare qualunque tipo di uccello e l’uomo
rappresenta solo un ospite a vicolo cieco (cioè non può trasmettere il batterio).
Il batterio è presente nelle feci e nelle ali del volatile e può passare all’uomo per inalazione.
Nell’uomo provoca la psittacosi, una malattia primariamente polmonare, ma che può coinvolgere
anche fegato, milza e cornea.
Per diagnosticare la psittacosi, bisogna analizzare se nel campione sanguigno del paziente ci sono
anticorpi contro Chlamydophila psittaci.
Pseudomonas
Sono bacilli debolmente ricurvi, Gram negativi, aerobi obbligati e mobili per la presenza di flagelli
e pili. Sono ubiquitari: fanno semplici richieste nutrizionali e riescono a utilizzare come fonti di
carbonio composti molto variegati, addirittura possono crescere in soluzioni disinfettanti a base di
ammonio quaternario.
Alcune specie producono pigmenti diffusibili:
Fattori di virulenza
Componenti strutturali
o Presentano una capsula composta da alginato, un esopolisaccaride viscoso che
protegge il batterio dalla fagocitosi e blocca alcuni farmaci
o Le adesine mediano, insieme ai flagelli, ai pili, al LPS e all’alginato, l’adesione del
batterio alla cellula
o La neuraminidasi batterica scinde l’acido sialico dai recettori dei pili per potenziare
l’adesione alle cellule epiteliali
Tossine
o Il LPS, ovvero l’endotossina prodotta da tutti i Gram negativi
o L’esotossina A è uno dei più importanti fattori di virulenza di P. aeruginosa.
Interrompe la sintesi proteica bloccando l’elongazione della catena polipeptidica
nelle cellule eucariotiche, in modo molto simile alla tossina difterica, anche se meno
potente. Contribuisce alla necrosi del derma che si verifica nelle ferite ustionate, al
danno corneale nelle infezioni oculari e al danno tissutale nelle infezioni
polmonari
o Le esotossine S e T, prodotte da P. aeruginosa, che vengono introdotte nella cellula
bersaglio e portano alla riorganizzazione dell’actina con alterazione del
citoscheletro, danno tissutale e diffusione del batterio
Enzimi
o Le elastasi LasA e LasB agiscono sinergicamente degradando l’elastina a danno dei
tessuti contenenti elastica e del parenchima polmonare, determinando emorragie.
Le infezioni croniche da Pseudomonas sono caratterizzate dalla formazione di
anticorpi anti-LasA e anti-LasB, con deposizione di immunocomplessi nei tessuti
infettati
o La fosfolipasi C è un’emolisina termolabile che scinde i lipidi e la lectina, facilitando
la distruzione dei tessuti
o la piocianina, il pigmento che colora la coltura in blu prodotto da P. aeruginosa
Pseudomonas aeruginosa
Causa frequentemente infezioni nosocomiali, soprattutto nei pazienti con ventilazione assistita,
ustioni o fortemente debilitati. Ha la capacità di infettare molte sedi:
può determinare infezioni della cute e dei tessuti molli, in particolare negli ustionati, la
regione al di sotto dell’escara può essere estesamente infiltrata dai microrganismi e
fungere da focolaio per una successiva batteriemia con complicanze spesso fatali
può provocare infezioni polmonari
nei nuotatori può causare un’otite esterna, che nei diabetici può arrivare a essere causa di
un’osteomielite dell’osso temporale
nei cateterizzati infezioni urinarie
in soggetti che hanno subito un trauma alla cornea infezioni oculari
molte infezioni da Pseudomonas possono provocare una batteriemia
invece di rado Pseudomonas provoca endocardite, in genere sulle protesi valvolari di
pazienti che hanno subito un intervento a cuore aperto
Le infezioni da P. aeruginosa sono coadiuvate spesso dalla produzione di biofilm: è grazie al
biofilm che il batterio riesce a colonizzare stabilmente le protesi, gli endoscopi, i cateteri e i
respiratori artificiali.
Alcuni sono capsulati, altri sono circondati semplicemente da uno strato gelatinoso lasso.
Sono ubiquitari e responsabili del 30% delle batteriemie e del 70% di tutte le infezioni urinarie.
In base alla loro patogenicità possono essere distinti in:
enterobatteri sempre patogeni per l’uomo (Salmonella typhi, Shigella spp e Yersinia pestis)
patogeni opportunisti, ovvero batteri commensali che sono in talune condizioni provocano
malattia (come Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae e Proteus mirabilis)
batteri commensali che diventano patogeni in seguito all’acquisizione di fattori genetici di
virulenza veicolati da plasmidi (ad esempio, E. coli)
Le infezioni da enterobatteri possono essere veicolate
ai polisaccaridi somatici O, infatti in ogni genere e specie sono presenti antigeni O del LPS
ceppo-specifici, anche se si possono avere reazioni crociate tra generi correlati (per
esempio tra Salmonella e Citrobacter, o tra Escherichia e Shigella)
agli antigeni capsulari K, non usati normalmente per la tipizzazione dei ceppi, ma
importanti perché possono interferire con la ricerca degli antigeni O
agli antigeni H, proteine flagellari termolabili con un importante significato clinico
Nella famiglia degli enterobatteri sono stati identificati molti fattori di virulenza:
Escherichia coli
Deve rimanere confinato nella propria sede: se acquista fattori di virulenza e si diffonde, per
esempio a seguito di perforazione intestinale, nel peritoneo, allora diventa patogeno.
Possono essere distinti in 5 ceppi:
La diagnosi di laboratorio si basa sulla ricerca delle tossine TL, TS o Shiga-like o tramite la
coprocoltura.
Anche se particolarmente debilitati (e nei paesi in via di sviluppo possibile causa di morte per
disidratazione), non è necessaria la terapia antibiotica.
Le infezioni extraintestinali riguardano
le vie urinarie: grazie alle adesine i batteri non vengono eliminati con la minzione e grazie
alle emolisine lisano gli eritrociti. Generalmente sono trattabili con D-mannosio
nei neonati le meningi
Salmonella
Viene trasmessa per ingestione di acqua o cibi infetti.
Attacca la mucosa dell’intestino tenue, invadendo sia le cellule M delle placche di Peyer sia gli
enterociti. Le Salmonelle si replicano all’interno dei vacuoli endocitici, solo che
L’attacco, la fagocitosi e la replicazione sono tutti processi mediati principalmente dalle isole di
patogenicità I e II:
sierotipi adattati all’uomo, come Salmonella typhi e Salmonella paratyphi, che possono
sopravvivere nella colecisti generando dei portatori cronici. Questi rappresentano
importanti serbatoio della malattia
sierotipi adattati agli animali
La forma più comune di salmonellosi è la gastroenterite. Si manifesta entro 6-48 ore dal consumo
di alimento o acqua contaminati ed è caratterizzata da nausea, vomito e diarrea non emorragica.
Bastano poche copie di Salmonella typhi per infettare l’uomo, addirittura si stima bastino cento
batteri. Invece, per quanto riguarda le altre Salmonelle enteriche, possono essere necessarie
anche milioni di copie. Spesso il paziente manifesta anche febbre, crampi addominali, mialgie e
cefalea. Comunque, i sintomi si risolvono spontaneamente dopo 2-7 giorni.
Salmonella typhi causa la febbre tifoide. Invece, Salmonella paratyphi una forma più lieve, la
febbre paratifoide. Questi batteri attraversano l’epitelio intestinale e vengono fagocitati dai
macrofagi, dove peraltro si replicano, e questo permette loro di diffondersi per via ematogena e
determinare una prima batteriemia.
Vengono quindi trasportati nel fegato, nella milza e nel midollo osseo, per questo spesso
provocano epatosplenomegalia.
Dopo 10-14 giorni dall’ingestione dei batteri i pazienti sviluppano una febbre “a scalini” (cioè sale
progressivamente arrivando fino ai 39-40 gradi) e sintomi aspecifici come cefalea, malessere e
inappetenza, che persistono per più di una settimana.
Un segno caratteristico è la bradicardia relativa (cioè si ha un incremento della frequenza
cardiaca, ma in misura minore di quanto sarebbe atteso sulla base della febbre).
Nei casi più gravi sono presenti anche sintomi a carico del SNC, come delirium, stupor (mancanza
della funzione cognitiva critica) e coma. Nel 10-20% circa dei pazienti compaiono sulla cute
macchie isolate di colorito roseo che scompaiono alla digitopressione.
Dopo essere stati trasportati in fegato, milza e midollo i batteri determinano una seconda
batteriemia e riescono a colonizzare la colecisti, a questo punto:
possono permanere nella colecisti, facendo diventare l’individuo portatore sano per più di
un anno
tramite la bile possono raggiungere nuovamente l’intestino tenue. A questo punto il
paziente accusa spesso dolore a tutti i quadranti addominali e diarrea, talvolta emorragica
Esistono tre vaccini, che comunque non danno immunità permanente, quindi è consigliabile
sottoporsi a vaccinazione in caso di eventuale partenza in zone a rischio.
Si fa diagnosi di Salmonella tramite prelievo ematico o fecale e coltivando il batterio in terreno
MacConkey.
Il trattamento antibiotico generalmente si basa su ceftriaxone, ciprofloxacina o cloramfenicolo.
Shigella
Se ne individuano 4 sierotipi in base all’antigene O: Shigella dysenteriae e Shigella flexneri,
Shigella boydii, Shigella sonnei. L’uomo è l’unico serbatoio di Shigelle.
Le specie di Shigella sembrano incapaci di aderire alle cellule mucose differenziate, mentre
aderiscono alle cellule M delle placche di Peyer e le invadono.
Tramite il sistema di secrezione di tipo III iniettano quattro proteine (IpaA, IpaB, IpaC e IpaD) nelle
cellule epiteliali non differenziate e nei macrofagi, determinando l’increspamento della membrana
della cellula bersaglio e favorendo l’internalizzazione dei batteri.
Altra differenza con Salmonella consiste nel fatto che le Shigelle lisano i vacuoli fagocitici e si
replicano nel citoplasma, mentre le Salmonelle si replicano direttamente all’interno dei vacuoli.
Producono un’esotossina, la tossina Shiga, identica alla variante Stx-1 della tossina Shiga-like di E.
coli enteroemorragici.
La shigellosi non determina mai batteriemia. È caratterizzata da crampi addominali, diarrea,
febbre e talvolta feci emorragiche. Ha un periodo di incubazione di 1-3 giorni e generalmente è
autolimitante.
Yersinia
Sono le responsabili di zoonosi in cui l’uomo è un ospite accidentale. La loro patogenicità è dovuta
alla resistenza al killing fagocitario. Questa è determinata dalla capacità dei batteri di iniettare tre
diverse proteine nel fagocita professionale tramite il sistema di secrezione di tipo III:
Corynebacterium diphtheriae
Si possono individuare 4 biotipi: Belfanti, Gravis, Intermedium e Mitis. Ad eccezione di Belfanti,
tutti possono produrre la tossina difterica, che costituisce il principale fattore di virulenza della
specie.
L’esotossina difterica è codificata dal gene tox, che viene introdotto in C. diphtheriae da un fago
lisogeno (quindi un ceppo avirulento può diventare virulento). È una tipica esotossina A-B, cioè
possiede una subunità A in cui è presente una regione catalitica, che blocca la sintesi
proteica della cellula ospite inattivando il fattore di allungamento 2 (EF-2)
una subunità B in cui sono presenti una regione che lega il recettore e una regione di
traslocazione
L’esotossina difterica si lega al fattore di crescita EGF-simile legante l’eparina, espresso sulle
cellule cardiache e nervose (questo spiega le complicanze della difterite in queste regioni).
Produce anche fosfolipasi D, ureasi, neuraminidasi e alcuni fattori di resistenza agli antibiotici.
La difterite può causare
Bordetella pertussis
La sua patogenicità risiede:
esordisce con una fase tracheale, in cui presenta una sintomatologia respiratoria non
specifica
segue con una fase parossistica, caratterizzata da tosse spasmodica che termina
solitamente con un’inspirazione prolungata. Gravi parossismi con conseguente anossia
possono determinare la comparsa di emorragie cerebrali, oculari, cutanee e mucose.
Addirittura, a volte si verificano ernie ombelicali e prolasso rettale
Si fa diagnosi di pertosse
Vibrioni
Necessitano di NaCl per svilupparsi, quindi colonizzano anche acque salate. Solo Vibrio cholerae
può svilupparsi su quasi tutti i terreni senza aggiungere cloruro di sodio.
Vibrio cholerae
In base all’antigene O del LPS si possono distinguere oltre 200 sierogruppi di V. cholerae.
Di questi solo i sierogruppi O1 e O139 producono la tossina colerica.
Il sierogruppo O1 viene ulteriormente suddiviso in
tre sierotipi
o Inaba (caratterizzato dagli antigeni A e C)
o Ogawa (antigene A e B)
o Hikojima (rappresenta uno stato di transizione in cui gli antigene Inaba e Ogawa
risultano co-espressi, quindi A, B e C)
due biotipi (Classico ed El Tor)
I fattori di virulenza di Vibrio cholerae sono:
la tossina colerica, una tossina di tipo A-B codificata dal fago CTX-phi e formata
o da cinque subunità ctxB che legano i recettori gangliosidici GM1
o da due subunità ctxA, di cui una al seguito del legame con il recettore si stacca,
determinando l’azione tossica sulla cellula con produzione costante di cAMP che
causa ipersecrezione di elettroliti e acqua
il pilo co-regolato con la tossina, che svolge la duplice funzione di
o recettore per permettere l’attacco del fago CTX-phi (che inietterà i geni per la
tossina colerica)
o mediare l’adesione agli enterociti
le proteine chemiotattiche, che coadiuvano l’adesione cellulare
la tossina della zonula occludens, che degrada le giunzioni strette che tengono uniti gli
enterociti aumentando la permeabilità intestinale
l’enterotossina accessoria del colera, che determina un incremento della secrezione dei
liquidi da parte dell’intestino
le neuraminidasi, che modificano la superficie cellulare aumentando la disponibilità dei siti
di legame GM1 per la tossina colerica
Il periodo di incubazione per il colera va da 1 a 3 giorni.
Il colera si può presentare
non può essere effettuata al microscopio, perché i vibrioni del colera sarebbero
indistinguibili dagli enterobatteri
viene confermata dalla coprocoltura utilizzando terreni selettivi
Il trattamento si basa
Vibrio vulnificus produce una capsula polisaccaridica acida particolarmente virulenta che ha un
ruolo importante nella diffusione ematogena del batterio. Può essere causa di
setticemia con un tasso di letalità del 50% se non trattata. Provoca shock, lesioni cutanee
bollose e spesso manifestazioni di coagulazione intravascolare disseminata (come
trombocitopenia e conseguenti emorragie)
infezione da ferite, che si sviluppano in seguito al contatto con acqua contaminata
Aeromonas
Comprendono più di 30 specie. A. hydrophila, A. caviae e A. veronii sono patogene per l’uomo.
In soggetti sani possono causare enteriti diarroiche autolimitanti e infezioni sulle ferite. Nei
soggetti immunocompromessi anche infezioni sistemiche.
Le specie di Aeromonas sono resistenti alle penicilline, all’eritromicina e alla maggior parte delle
cefalosporine. Per questo la terapia generalmente si basa sui fluorochinoloni.
Campylobacter e Helicobacter
Esistono due famiglie di batteri Gram negativi spiraliformi con rilevanza clinica: Campylobacter e
Helicobacter. Entrambi sono microaerofili e incapaci di fermentare o ossidare i carboidrati.
Campylobacter
Sono bacilli Gram negativi a virgola, piccoli (0,2-0,5 micron di diametro) e mobili (per la presenza
di un flagello polare).
Possono presentare una capsula esterna polisaccaridica, i cui polisaccaridi contribuiscono alla
virulenza. Inoltre, per essere dei Gram negativi presentano una peculiarità: nella membrana
esterna il LPS è sostituito da un lipo-oligo-saccharide (LOS).
Normalmente dimorano nel tratto gastrointestinale di molti animali domestici e volatili.
Il contagio avviene per contatto con animali infetti o per ingestione di alimenti contaminati, quindi
le infezioni da Campylobacter sono zoonosi.
Nell’uomo costituiscono la principale causa di gastroenterite batterica, sia nei Paesi sviluppati, sia
nei Paesi in via di sviluppo.
Nelle gastroenteriti provocate da C. jejuni si hanno delle lesioni istologiche della mucosa
digiunale, ileale e colica.
Helicobacter
Hanno una forma bacillare o a spirale nelle colture fresche.
Sono molto mobili e producono ureasi in abbondanza. Si ritiene che questa proprietà sia
importante per sopravvivere nell’ambiente acido dello stomaco e per spostarsi rapidamente,
attraversando lo strato viscoso di muco, verso ambienti a pH neutro.
La maggior parte delle specie di Helicobacter è catalasi positiva e ossidasi positiva; non fermenta
né ossida i carboidrati, ma metabolizza gli AA per fermentare.
La specie più importante è H. pylori. La membrana esterna contiene il LPS, tuttavia
dall’inibizione della secrezione acida gastrica da parte di una proteina batterica acido-
inibitoria
dalla neutralizzazione dell’acidità gastrica da parte dell’ammoniaca prodotta dall’ureasi
batterica
I batteri attraversano quindi lo strato di muco dello stomaco e aderiscono all’epitelio gastrico
attraverso molteplici proteine adesive di membrana.
Le proteine della membrana batterica, inoltre, si legano alle proteine dell’ospite consentendo ai
batteri di evadere il sistema immunitario.
Le lesioni della mucosa gastrica sono mediate
I geni cag-PAI stimolano anche la produzione di IL-8, un fattore chemiotattico per i neutrofili. Le
proteasi e i ROS rilasciati dai neutrofili sembrano contribuire alla patogenesi della gastrite e delle
ulcere peptiche.
Nei Paesi industrializzati la prevalenza dell’infezione da H. pylori è del 40%. L’uomo rappresenta il
serbatoio primario. La maggior parte delle infezioni si ha per trasmissione oro-fecale.
Esiste un’associazione chiara tra H. pylori e gastriti, ulcere gastriche, adenocarcinoma gastrico e
linfomi gastrici MALT.
Tuttavia, esiste una complessa relazione tra H. pylori e ospite, al punto che la colonizzazione da H.
pylori sembra proteggere dalla malattia da reflusso gastroesofageo e dagli adenocarcinomi della
giunzione esofago gastrica, pertanto l’eliminazione di H. pylori nei pazienti asintomatici è
sconsigliata.
L’isolamento colturale richiede terreni complessi.
Si fa diagnosi di infezione da H. pylori tramite esame istologico della biopsia gastrica, avvalendosi
dell’impregnazione argentica.
Tuttavia, vista l’invasività della biopsia, a volte si preferisce usare il test del respiro. Viene fatta
ingerire al paziente una soluzione di urea marcata con radioisotopi e nel respiro vengono valutati i
prodotti di degradazione dell’ureasi. Questo test è caratterizzato da sensibilità e specificità
superiori al 95%.
La terapia prevede l’associazione di un inibitore della pompa protonica (ad esempio, omeprazolo)
con un macrolide e un beta-lattamico (come l’amoxicillina).
Il trattamento è ripetuto se l’H. pylori non risulta eradicato, eventualmente con l’aggiunta di
metronidazolo. Se due cicli sono inefficaci, è raccomandato eseguire un esame endoscopico per
ottenere colture per i test di sensibilità.
Clostridi
Sono Gram positivi, strettamente anaerobi, sporigeni, ubiquitari e presenti anche nella flora
commensale. Catalasi- e ossidasi-negativi.
Per la maggior parte sono saprofiti.
Clostridium perfringens
È un bacillo Gram positivo, immobile e frequentemente capsulato.
La produzione delle quattro principali tossine viene utilizzata per suddividere i ceppi di C.
perfringens in 5 tipi tossinogenici (A, B, C, D, E).
Tutti producono la tossina alfa, una lecitinasi, ovvero una fosfolipasi C, che causa la lisi di
eritrociti, piastrine, leucociti e cellule endoteliali. Provoca un’emolisi massiva e un aumento della
permeabilità vascolare con emorragie (causate dalla distruzione delle piastrine) e danno tissutale.
infezioni dei tessuti molli, tra cui cellulite, miosite suppurativa e mionecrosi con
formazione di gas nei tessuti molli (gangrena gassosa). L’esordio della gangrena gassosa è
caratterizzato da dolore intenso a cui segue rapidamente un’estesa necrosi muscolare,
shock, insufficienza renale e morte
tossinfezioni alimentari. Il periodo di incubazione va da 8 a 12 ore e la sintomatologia
clinica, che dura meno di 24 ore, è rappresentata da crampi addominali e diarrea acquosa,
generalmente in assenza di febbre, nausea o vomito
enterite necrotizzante, un raro processo necrotizzante a carico del digiuno, caratterizzato
da dolore addominale ingravescente, vomito, diarrea sanguinolenta e perforazione della
parete intestinale che può portare a peritonite e shock. La responsabile è la tossina beta
la setticemia è tipicamente secondaria a mionecrosi o enterite necrotizzante. Si ha
un’emolisi massiva e uno shock settico particolarmente severo
La terapia antibiotica si basa sull’uso di penicilline ad alte dosi. Miosite suppurativa e mionecrosi
devono essere trattate in modo aggressivo con sbrigliamento chirurgico.
La diagnosi di laboratorio è solo di conferma. La terapia deve essere iniziata immediatamente.
Generalmente basta riscontrare bacilli Gram positivi in assenza di leucociti (a causa delle tossine)
per confermare la diagnosi clinica. Comunque, C. perfringens cresce su Agar sangue, quindi si può
fare diagnosi certa mediante colture.
Clostridium tetani
È un bacillo Gram positivo e mobile. Non fermenta gli zuccheri, ha attività proteolitica e durante la
sporulazione produce endospore rotonde che si localizzano ad un’estremità, conferendogli un
aspetto a “bacchetta di tamburo”.
È ubiquitario, spesso colonizza il terreno di erbivori come equini.
La virulenza è ascrivibile alla produzione di due tossine:
lo sbrigliamento del tessuto necrotico della ferita (che può anche sembrare innocua)
l’uso di penicillina o metronidazolo per uccidere i batteri
l’immunizzazione passiva con immunoglobuline antitetaniche umane
la vaccinazione con anatossina tetanica (perché l’infezione non conferisce immunità)
Clostridium botulinum
È un bacillo Gram positivo e mobile, esigente dal punto di vista metabolico. La spora prodotta da
questi microrganismi si localizza in posizione centrale o sub-terminale.
Vengono suddivisi in quattro gruppi sulla base delle differenze fisiologiche (temperatura minima
di crescita, capacità di resistere al NaCl e resistenza delle spore al calore) e in sette tipi (da A a G)
sulla base del sierotipo di neurotossina prodotta.
La malattia nell’uomo è associata ai tipi A, B, E e F.
Come la tossina tetanica, la tossina botulinica è una tossina A-B costituita da una catena leggera A,
che agisce coma una zinco endopeptidasi, e una catena pesante B, priva di attività tossica.
La porzione C-terminale della catena pesante B si lega a specifici recettori di acido sialico e
glicoproteine (diverse da quelle che costituiscono il bersaglio della tetanospasmina) presenti sulla
superficie dei neuroni motori e stimola l’endocitosi della molecola di tossina. Tuttavia, rimane a
livello della giunzione neuromuscolare.
A questo punto la catena leggera viene rilasciata e inattiva le proteine che regolano il rilascio
dell’acetilcolina, bloccando la neurotrasmissione nelle sinapsi colinergiche periferiche.
Il botulismo può verificarsi con infezione (se il batterio infetta una ferita o colonizza il tratto
gastrointestinale dei lattanti) o senza infezione (se la tossina viene ingerita). Determina quindi
paralisi flaccida.
La diagnosi è clinica e mediante identificazione della tossina in laboratorio.
La terapia è di supporto e con antitossina eptavalente equina.
Clostridium difficile
Si ritrova come commensale nell’intestino umano in circa il 5-20% degli individui.
In caso di prolungate terapia antibiotiche, che riducono la flora normale dell’intestino, il
microrganismo può crescere rapidamente e provocare da una lieve diarrea alla colite
pseudomembranosa.
La patogenicità è dovuta
all’enterotossina A, che svolge un’azione chemiotattica sui neutrofili e distrugge le
giunzioni intercellulari, quindi determina un aumento della permeabilità della parete con
conseguente diarrea
alla citotossina B, che causa la depolarizzazione dell’actina con conseguente distruzione del
citoscheletro cellulare
alle proteine dello strato superficiale (SLP), importanti per il legame di C. difficile
all’epitelio intestinale
La terapia si basa:
Bacillus anthracis
È aerobio facoltativo, immobile e capsulato.
La tossina carbonchiosa viene codificata dal plasmide pXO1. È costituita da tre subunità proteiche:
antigene protettivo (PA), necessario per il legame della tossina ai recettori della cellula
bersaglio. È immunogena
fattore dell’edema (EF), con attività adenilato-ciclasica, calmodulina- e calcio-dipendente,
responsabile, appunto, dell’ipersecrezione di liquido e ioni dalle cellule
fattore letale (LF), una metallo-proteasi zinco-dipendente, che digerisce alcune MAP
chinasi portando alla morte della cellula
Singolarmente queste tre proteine non sono tossiche, ma lo diventano nel momento in cui si
combinano. Il legame avviene perché l’antigene protettivo si lega al suo recettore posto sulla
cellula ospite, la quale degrada l’antigene protettivo in due frammenti. Il primo frammento è
trattenuto e si lega ad altri sei frammenti, formando una struttura eptamerica detta preporo.
A questo punto:
Bacillus cereus
È acapsulato. Questa caratteristica permette appunto di distinguerlo da B. anthracis.
Produce
l’enterotossina termostabile, resistente alla proteolisi, che provoca la forma emetica della
malattia, caratterizzata da vomito, nausea e dolori addominali dopo 1-5 ore dall’ingestione
dell’alimento contaminato (generalmente riso) dalla tossina
l’enterotossina termolabile provoca la forma diarroica. È simile alle enterotossine prodotte
da Escherichia coli e Vibrio cholerae. È in grado di stimolare il sistema adenilato ciclasi-
cAMP nelle cellule epiteliali intestinali causando una profusa diarrea acquosa
Raramente, a seguito dell’ingestione di una grande quantità di tossina emetica, può insorgere
un’epatite fulminante data dalla compromissione del metabolismo mitocondriale degli acidi
grassi.
È in grado di determinare una grave forma di endoftalmite, dovuta all’accidentale introduzione dei
batteri nel segmento posteriore dell’occhio (ad es. a seguito di chirurgia oftalmica).
La produzione da parte del germe di fosfolipasi, cereolisina e altre tossine determina una rapida
(24-48 ore) degenerazione dei tessuti e porta, nella maggior parte dei casi, alla cecità.
La diagnosi di laboratorio si basa sull’isolamento del microrganismo nei prodotti alimentari
potenzialmente contaminati o nei campioni non fecali.
Il trattamento è a base di vancomicina, clindamicina, ciprofloxacina o gentamicina.
Haemophilus
Sono coccobacilli Gram negativi pleomorfi, immobili e asporigeni.
Possono essere aerobi obbligati o facoltativi. A volte capsulati.
Crescono su Agar cioccolato perché hanno bisogno di sangue riscaldato, in particolari di due
fattori stimolanti contenuti nel sangue:
fattore X, ovvero il gruppo eme, necessario alla sintesi di enzimi eminici, quali citocromo-
ossidasi, catalasi e perossidasi
il NAD, o fattore V
Haemophilus influenzae
La capsula polisaccaridica
La diagnosi viene generalmente effettuata mediante ricerca diretta del microrganismo nei
campioni biologici. La sua presenza in distretti anatomici in cui non è solitamente presente una
flora respiratoria residente ha quasi sempre una rilevanza clinica.
Nelle forme invasive vengono impiegate penicilline con un inibitore delle β-lattamasi (vista la
crescente resistenza alle penicilline), fluorochinoloni, cefalosporine di seconda e terza generazione
o carbapenemici.
I vaccini Hib coniugati sono disponibili per i bambini di almeno 2 mesi e hanno ridotto le infezioni
invasive del 99%. Un primo ciclo è prescritto all’età di 2, 4, e 6 mesi. Il richiamo è indicato all’età di
12-15 mesi.
Haemophilus ducreyi è l’agente eziologico del cancroide, un’infezione della pelle o delle
mucose genitali. Si caratterizza per la presenza di papule e ulcere dolorose e per l’ingrossamento
dei linfonodi inguinali fino alla suppurazione.
Pasteurella
È un coccobacillo Gram negativo immobile anaerobio facoltativo correlato a Haemophilus.
È un commensale dell’orofaringe degli animali e, infatti, la maggior parte delle infezioni umane
deriva da morsi, graffi o scambi di cibo con questi animali.
I principali patogeni per l’uomo sono P. multocida (presente in volatili domestici) e P. canis.
Nei soggetti sani possono causare cellulite e linfoadenite, in corrispondenza del morso o del
graffio. Nei soggetti immunodepressi infezioni sistemiche.
Crescono bene su Agar sangue o Agar cioccolato e le infezioni severe vengono trattate con
penicillina.
Micoplasmi
Sono Gram negativi, perlopiù anaerobi facoltativi (solo Mycoplasma pneumoniae è aerobio
obbligato), caratterizzati dall’essere le cellule più piccole capaci di vita autonoma (diametro 0,2-0,3
micron): per questo non sono visibili al microscopio ottico.
Sono privi di parete cellulare, quindi intrinsecamente resistenti alle penicilline e alle
cefalosporine, e la loro membrana plasmatica è caratterizzata dalla presenza di steroli.
Crescono solo su terreni arricchiti con vitamine, precursori degli acidi nucleici e steroli.
Sono patogeni extracellulari che esprimono due importanti fattori di virulenza:
la proteina P1, che agisce da adesina nei confronti dell’epitelio ciliato della mucosa
respiratoria
l’emolisina, che causa un alone di beta-emolisi. È un superantigene che può indurre
fenomeni autoimmunitari
Mycoplasma pneumoniae
A differenza degli altri micoplasmi, è l’unico a essere anaerobio obbligato.
Rappresenta una causa frequente di polmonite, in particolare polmonite atipica non nosocomiale.
I sintomi e i segni comprendono febbre, tosse produttiva, dolore toracico di tipo pleuritico,
dispnea, tachipnea e tachicardia.
L’esame colturale è tecnicamente difficile (spesso all’espettorato non viene rilevato, bisogna
ricorrere a un lavaggio broncoalveolare). Allora si preferisce ricercare gli acidi nucleici con la PCR o
fare diagnosi indiretta rilevando la presenza di IgM con metodo ELISA.
I macrolidi sono di solito gli antibiotici di scelta, tuttavia sempre più frequentemente si riscontrano
batteri resistenti. Pertanto, in pazienti con malattia refrattaria devono essere considerati
fluorochinoloni o tetracicline.
Brucella melitensis, che infetta principalmente capre e pecore (ma anche bovini)
Brucella abortus, che colpisce bovini e bufali
Brucella suis, ovvero la brucellosi suina
Brucella canis, che colpisce canidi domestici e selvatici
In base all’antigene O del LPS, le colonie possono assumere una forma liscia oppure una rugosa.
Le due forme non interagiscono fra loro.
Non producono esotossine e l’endotossina è meno tossica rispetto a quella prodotta da altri bacilli
Gram negativi.
La virulenza di B. melitensis dipende:
delle colture del sangue, del midollo osseo e del liquido cerebrospinale, che, visti i tempi di
crescita lenti, devono essere incubate per 2 settimane prima di essere considerate negative
della PCR
del test di Wright, ovvero un test di agglutinazione che ricerca gli anticorpi per la Brucella
nel siero del paziente. Questo test permette di fare diagnosi presuntiva in fase acuta e in
convalescenza (tranne per B. canis), ma se l’infezione è di vecchia data generalmente
risulta negativo
I tassi di recidiva con la monoterapia sono alti, per questo generalmente la brucellosi si tratta in
doppia terapia con doxiciclina (una tetraciclina) per 6 settimane associata a streptomicina
(aminoglicoside) per 14 giorni.
I bambini con meno di 8 anni sono trattati con trimetoprim/sulfametossazolo e rifampicina per 4-6
settimane.
Listeria monocytogenes
È un coccobacillo Gram positivo, anaerobio facoltativo, acapsulato, che ha una caratteristica
motilità “a capriola”.
È ubiquitario e rappresenta un importante patogeno opportunista intracellulare. La sua crescita
viene controllata dall’immunità cellulo-mediata, pertanto pazienti immunodepressi, neonati e
anziani sono da considerarsi ad alto rischio di sviluppare la malattia.
Può trasmettersi
di sopravvivere all’esposizione degli enzimi proteolitici, degli acidi grassi e dei sali biliari
di aderire alle cellule ospite attraverso l’internalina A e l’internalina B, che agiscono
legando le caderine e inducendo la fagocitosi
di rispondere, una volta che viene internalizzato, all’acidità del fagosoma con l’attivazione
della citotossina batterica (ovvero della listeriolisina O), in grado di formare pori sulle
membrane, e due fosfolipasi C, che causeranno il rilascio dei batteri nel citosol
di replicarsi nel citosol
di infettare la cellula adiacente. Infatti, il batterio, tramite la proteina ActA media
l’assemblaggio coordinato di actina che porta a dei movimenti di scivolamento che gli
permettono di arrivare alla membrana della cellula ospite e, da lì, alla cellula adiacente
Raramente determina batteriemia primaria, che generalmente è causa di brividi, febbre e
ipotensione. Solo nei pazienti fortemente immunodepressi e nei neonati figli di donne con sepsi
può avere un esito nefasto.
Nei neonati e nei pazienti anziani, la Listeria monocytogenes è l’agente eziologico del 20% delle
meningiti. Alcuni casi evolvono in encefalite, che si presenta con alterazione dello stato di
coscienza, paralisi dei nervi cranici e perdita sensitiva e motoria.
La listeriosi oculoghiandolare può causare oftalmite e linfoadenomegalia regionale.
Può essere coltivato utilizzando terreni selettivi e conservando il campione in frigo. Tuttavia,
appare facilmente confondibile con S. pneumoniae, enterobatteri e corinebatteri, per cui trovare
coccobacilli Gram positivi nel liquor o nel sangue non basta a fare diagnosi.
L’identificazione definitiva dei patogeni si fa solo tramite test biochimici, come l’elettroforesi su
gel in campo pulsato.
La meningite viene trattata con ampicillina e gentamicina, mentre l’endocardite e la batteriemia
primaria solo tramite monoterapia a base di ampicillina. Le infezioni oculoghiandolari rispondono
bene all’eritromicina.
Legionelle
Sono bacilli Gram negativi pleomorfi.
Non si colorano con i comuni coloranti, ma possono essere osservati con la tecnica
dell’impregnazione argentica.
Sono aerobi obbligati particolarmente esigenti: necessitano di terreni addizionati con L-cisteina e
la loro crescita è ottimizzata aggiungendo ferro.
Nelle acque sono saprofiti ubiquitari, mentre nell’uomo sono parassiti intracellulari facoltativi.
La trasmissione avviene attraverso aerosol infettivi: nei condizionatori, infatti, possono svilupparsi
ristagni d’acqua o condense sulle griglie di uscita dell’aria.
Si moltiplicano nei macrofagi alveolari, nei monociti e nelle cellule epiteliali degli alveoli.
Riescono a infettare i macrofagi legando il componente C3b del complemento: in questo modo,
quando il C3b legherà i recettori CR3 sulla superficie del macrofago, anche il batterio potrà entrare
nella cellula per endocitosi.
Nella cellula ospite, i batteri
Un test antigenico urinario ha una sensibilità del 60-95% e una specificità di oltre il 99% se
eseguito 3 giorni dopo la comparsa dei sintomi, ma identifica solo L. pneumophila (sierogruppo 1),
che rappresenta comunque fino all’80% dei casi.
La diagnosi della malattia del legionario si basa sulla coltura dell’espettorato o del liquido di
lavaggio broncoalveolare. Purtroppo, crescendo lentamente nei terreni di coltura sono necessari
3-5 giorni per l’identificazione.
Il trattamento si basa sull’utilizzo di fluorochinoloni nelle forme gravi e macrolidi,
preferenzialmente azitromicina, per le polmoniti lievi.
Rickettsia
Sono Gram negativi, ma
presentano uno strato di peptidoglicano molto sottile (infatti meglio usare le colorazioni di
Giemsa e Gimenez)
l’LPS ha solo una debole attività endotossinica
Hanno un metabolismo aerobio.
La loro caratteristica principale è quella di essere parassiti intracellulari obbligati: crescono solo
nel citoplasma delle cellule eucariotiche, dove si trovano liberi.
Il farmaco di prima scelta per il trattamento di tutte le infezioni da rickettsie è la doxiciclina.
In alternativa, visto che la doxiciclina è controindicata in gravidanza e nei bambini piccoli, si può
usare il cloramfenicolo (però il suo uso è associato a una maggiore incidenza delle recidive).
Dopo 2-14 giorni di incubazione, l’esordio della malattia è annunciato da febbre alta associata a
una sintomatologia simil-influenzale. Dopo 3 giorni, nella maggior parte dei casi si sviluppa un
esantema maculare.
La risposta immunitaria dell’ospite all’infezione si basa sul killing intracellulare mediato da
citochine e sull’attivazione dei linfociti CD8 citotossici.
Se non trattata, la febbre delle Montagne Rocciose ha una letalità compresa fra il 10 e il 25%.
parte vegetativa (ife vegetative, anucleate, localizzate sul o nel substrato per ottenerne i
nutrienti)
parte riproduttiva (ife aeree)
Rispetto ai batteri, i funghi hanno una crescita lenta, con tempi di duplicazione nell’ordine delle
ore, piuttosto che nei minuti, sono tutti immobili e più grandi.
La maggior parte sono aerobi obbligati. Alcuni sono anaerobi facoltativi e, in condizioni di
anaerobiosi, utilizzano gli zuccheri attraverso la fermentazione alcolica.
I funghi sono eucarioti che caratteristicamente hanno ergosterolo al posto di colesterolo a
costituire la membrana cellulare.
L’ergosterolo rappresenta il bersaglio:
dei farmaci azolici (che inibiscono la lanosterolo demetilasi, enzima che converte il
lanosterolo in ergosterolo)
dell’amfotericina B, che si lega all’ergosterolo creando un poro polare attraverso il quale
ioni e altre molecole fuoriescono dalla cellula causandone la morte
Il nucleo presenta cromosomi multipli.
Dermatofitosi
I dermatofiti sono muffe che richiedono cheratina per nutrirsi e per sopravvivere devono
albergare nello strato corneo, nei peli o nelle unghie.
Le infezioni umane sono causate da Epidermophyton, Microsporum, e Trichophyton spp.
La trasmissione avviene da persona a persona, da animale a persona e, raramente, dal terreno alla
persona. Il microrganismo può persistere indefinitamente.
Tinea barbae, che interessa la barba e la maggior parte dei casi sono provocati da
Trichophyton
Tinea capitis, se coinvolge cuoio capelluto, sopracciglia e ciglia. Può essere causata da
Trichophyton o Microsporum
Tinea corporis, se si localizza sul corpo. Cause frequenti sono Trichophyton o Microsporum
Tinea cruris, se interessa l’inguine. Frequentemente è provocata da Trichophyton
Tinea pedis, causata da Trichophyton
Tinea unguium (onicomicosi)
La diagnosi di dermatofitosi si basa sull’aspetto clinico e sulla localizzazione dell’infezione e può
essere confermata dall’identificazione delle ife in preparati a fresco con idrossido di potassio
(KOH) di campioni cutanei prelevati attraverso scarificazione.
Gli antifungini topici sono generalmente adeguati alle infezioni della pelle.
Gli antifungini orali sono usati soprattutto nelle infezioni ungueali e del cuoio capelluto o nelle
infezioni cutanee resistenti.
Dermatomicosi
Sono micosi cutanee non sostenute da dermatofiti.
Generalmente sono causate da Candida.
Micosi sottocutanee
Coinvolgono gli strati cutanei più profondi, compresi la cornea e i tessuti muscolari e connettivi
sottostanti.
Solitamente i funghi accedono ai tessuti più profondi per inoculazione traumatica e vi rimangono
localizzati, causando la formazione di ascessi e ulcere non cicatrizzanti.
Il decorso clinico è cronico e insidioso. Una volta stabilitesi, le infezioni sono refrattarie alla
maggior parte delle terapie antimicotiche.
Sporotricosi
È causata da Sporothrix schenckii, un fungo dimorfo ubiquitario nel suolo.
Le infezioni linfocutanee sono le più frequenti. Tipicamente coinvolgono una mano e il braccio,
sebbene possano verificarsi ovunque sul corpo.
La lesione primaria può apparire come una piccola papula non dolente.
Tipicamente, pochi giorni o settimane più tardi, la catena di linfonodi che drenano l’area
interessata comincia ad ingrossarsi, lentamente ma progressivamente, formando noduli
sottocutanei mobili.
Se non trattata, la cute sovrastante si arrossa e può successivamente necrotizzare, alcune volte
causando un ascesso, un’ulcerazione e, quindi, una sovrainfezione batterica.
Cromoblastomicosi
È un’infezione sostenuta da diverse specie di funghi pigmentati.
La lesione più precoce è un piccolo nodulo o una placca sottocutanea, non dolorosa, che cresce
lentamente di dimensioni, ma in maniera progressiva. Mentre il micetoma si sviluppa, l’area
infetta si allarga gradualmente e si deturpa a causa dell’infiammazione cronica e della fibrosi.
Nel tempo appaiono fistole sulla superficie della cute che drenano un liquido siero-sanguinolento,
spesso contenente granuli visibili.
L’infezione distrugge localmente muscoli e ossa.
Il trattamento è di solito inefficace. Risposte promettenti sono state riportate usando terbinafina e
del posaconazolo.
L’amputazione spesso è l’unico trattamento definitivo, a seconda della velocità di progressione,
della sintomatologia, della disponibilità di protesi adeguate e delle condizioni individuali del pz (di
solito, a causa della progressione lenta dell’infezione, la terapia antifungina può ulteriormente
rallentarla).
Entomoftoromicosi sottocutanea
È causata da mucormiceti con elementi ifali sparsi e spesso frammentati, circondati da materiale
intensamente eosinofilo.
Feoifomicosi sottocutanea
È un gruppo eterogeneo di infezioni fungine causate da funghi pigmentati presenti nel tessuto in
forma di ife irregolari piuttosto che di cellule muriformi.
Tutti gli agenti eziologici crescono in coltura come muffe nere e appaiono nel tessuto come forme
ifali o lieviti formi dalla parete scura, irregolari.
Possono essere presenti protuberanze vescicolari irregolari, dalla parete spessa.
La malattia si presenta come una cisti infiammatoria isolata generalmente su piedi e gambe, ma
possono anche essere coinvolte mani e altri parti del corpo. Le lesioni crescono lentamente e si
espandono in un periodo di mesi o anni. Possono essere compatte o mobili e di solito non
dolorose. Se localizzate vicino ad un’articolazione, è possibile che vengano scambiante per una
cisti sinoviale e possono diventare abbastanza larghe da interferire con il movimento.
Il trattamento principale è infatti l’escissione chirurgica.
Micosi sistemiche da funghi dimorfi
Blastomicosi
È causata dal patogeno dimorfo Blastomyces dermatitidis.
In quanto fungo termicamente dimorfo, produce cellule lievitiformi non incastonate nel tessuto,
colonie in colture su terreni arricchiti a 37° e muffe filamentose a 25° su terreni micologici
standard.
La forma miceliare produce conidi da rotondi a ovali localizzati su lunghe ramificazioni ifali
terminali. La forma lievito si osserva nei tessuti a 37°: le cellule sono sferiche, ialine, multinucleate
e con spesse pareti a doppio contorno; si riproducono attraverso la formazione di gemme o
blastoconidi.
La via di ingresso dell’infezione è l’inalazione dei conidi; come nella maggior parte delle micosi
endemiche. La gravità dei sintomi e il decorso della malattia dipendono dal grado di esposizione,
ma soprattutto dallo stato immunitario dell’individuo esposto.
La malattia clinica si può presentare come malattia polmonare o disseminata extrapolmonare.
I due terzi dei pazienti presentano coinvolgimento di ossa e cute.
Altri siti di disseminazione ematica sono prostata, fegato, milza, rene, SNC.
La blastomicosi polmonare può essere asintomatica oppure presentarsi come una blanda
sindrome simil-influenzale.
L’infezione più severa può ricordare la polmonite batterica con esordio acuto, febbre alta, infiltrati
lobari e tosse; si può verificare distress respiratorio.
La blastomicosi può provocare anche lesioni cutanee croniche, che possono essere papulari,
pustolose o indolenti, ulcerative-nodulari o verrucose, con superfici incrostate e bordi rialzati,
principalmente su viso, mani, collo e cuoio capelluto.
Se non trattata, assume un decorso cronico, con remissioni, esacerbazioni e un graduale aumento
dell’entità delle lesioni.
L’amfotericina B rappresenta il gold standard per il trattamento della forma meningea o di altre ad
esito parzialmente fatale. La malattia moderata o blanda può essere trattata con itraconazolo.
Coccidioidomicosi
È una micosi endemica causata da Coccidioides immitis e C. posadasii.
La malattia è dovuta a inalazione di artroconidi infetti e può variare da un’infezione asintomatica
nella maggior parte dei casi, a malattia progressiva fino alla morte.
Come sifilide e tubercolosi, causa un’ampia varietà di lesioni ed è stata chiamata “il grande
imitatore”.
C. immitis è un fungo dimorfo che esiste come muffa in natura e in laboratorio a 25° e come
sferula con endospore nei tessuti e in condizioni molto particolari in vitro. In coltura si sviluppano
rapidamente abbonanti miceli aerei e la colonia si allarga in una infiorescenza circolare. A livello
microscopico, le ife vegetative danno vita a ife fertili che producono artroconidi ialini alternati che,
quando rilasciati, risultano a forma di barile e presentano un collare ad anello su entrambe le
estremità. Dopo l’inalazione, gli artroconidi diventano rotondi mentre si trasformando in sferule
nel polmone; quando maturano, le sferule producono endospore mediante un processo di
clivaggio progressivo. La rottura delle pareti delle sferule rilascia le endospore che a loro formano
nuove sferule.
C. immitis è probabilmente il più virulento di tutti i miceti patogeni per l’uomo. L’inalazione solo di
pochi artroconidi produce una coccidioidomicosi primaria che può includere una pneumopatia
primaria o una sindrome simil-influenzale autolimitante, caratterizzata da tosse, dolore toracico e
perdita di peso.
I pz con coccidioidomicosi possono sviluppare risposte allergiche come risultato della formazione
di immunocomplessi.
La malattia primaria si risolve di solito senza terapia e conferisce una forte immunità specifica alla
reinfezione.
Nei pz sintomatici per più di 6 settimane, la malattia progredisce in coccidioidomicosi secondaria,
con noduli, malattia cavitaria o pneumopatia progressiva. I siti extrapolmonari includono cute,
tessuti molli, ossa, articolazioni e meningi.
Paracoccidioidomicosi
È causata dal patogeno dimorfo Paracoccidioides brasiliensis.
È la più importante malattia fungina dimorfa endemica in Sudamerica.
La forma miceliare cresce lentamente in vitro a 25°.
L’identificazione richiede la conversione alla forma di lievito. Essa si osserva tipicamente nei
tessuti o in coltura a 37°. I blastoconidi sono connessi alla parete parentale da uno stretto istmo e
da una singola cellula possono esserne prodotti sei o più di varie grandezza. La variabilità della
grandezza e il numero dei blastoconidi e la loro connessione alla cellula parentale sono
caratteristiche utilizzate per l’identificazione.
La paracoccidioidomicosi può essere subclinica o progressiva, con forme di pneumopatia acute o
croniche oppure forme disseminate acute, subacute o croniche. La maggior parte delle infezioni
croniche sono autolimitanti; tuttavia, l’agente può restare quiescente per lunghi periodi e
riattivarsi per causare malattia clinica contemporaneamente ad una diminuzione delle difese
dell’ospite. L’infezione può disseminarsi in siti extrapolmonari che includono la cute e le mucose, i
linfonodi, le ghiandole surrenali, il fegato, la bocca, le labbra, le gengive e il palato.
L’itraconazolo è il trattamento di elezione.
Per le infezioni più severe si preferisce amfotericina B seguita da una terapia con itraconazolo o
sulfamidici.
Istoplasmosi
È causata da due varietà di Histoplasma capsulatum: capsulatum e duboisii.
Entrambe sono funghi termicamente dimorfi che esistono come muffe ialine in natura e in coltura
a 25° e come lieviti intracellulari gemmanti nei tessuti e in coltura a 37°.
Le muffe crescono lentamente e si sviluppano come colonie ifali.
macroconidi sferici a parete spessa, con proiezioni a punta (macroconidi tubercolati) che
emergono da corti conidiofori
piccoli macroconidi ovali con pareti lisce, sessili e poggianti su corti steli
Le cellule lievito hanno parete sottile, sono intracellulari e mononucleate.
La via di infezione più comune per entrambe le varietà è l’inalazione di microconidi, i quali
germinano in lieviti all’interno del polmone e possono restare localizzati o disseminarsi per via
ematica o linfatica. Vengono rapidamente fagocitati dai macrofagi polmonare e dai neutrofili e la
conversione nella forma lievito in grado di parassitare avviene all’interno della cellula.
Histoplasma capsulatum capsulatum nel 90% dei casi è asintomatica e si verifica in seguito
ad un’esposizione a bassa intensità. Tuttavia, in caso di esposizione elevata, possono
comparire dei sintomi. La forma polmonare acuta, autolimitante, è caratterizzata da
malattia pseudo influenzale con febbre, brividi, cefalea, tosse, mialgie e dolore toracico.
La maggior parte delle infezioni acute si risolve spontaneamente con terapia di supporto e
non richiede terapia antifungina specifica.
In casi rari, si può sviluppare sindrome da distress respiratorio.
Un’altra rara complicazione è la fibrosi mediastinica, nella quale una persistente risposta
dell’ospite può portare ad una fibrosi massiccia con una costrizione del mediastino,
compreso cuore e grandi vasi.
L’istoplasmosi disseminata acuta invece è un processo fulminante, che si osserva per lo più
in paziente gravemente immunocompromessi: può presentarsi con un quadro clinico simile
ad uno shock settico, con febbre, ipotensione, infiltrati polmonari e stress respiratorio
acuto, ulcerazioni orali e gastrointestinali con sanguinamento, insufficienza surrenalica,
meningite ed endocardite. Se non trattata, è fatale nell’arco di giorni o settimane.
Histoplasma capsulatum duboisii: causa l’istoplasmosi africana, in cui le lesioni polmonari
sono rare. Si tratta di una malattia cronica caratterizzata da linfadenopatia regionale, con
lesioni della cute e delle ossa. Le lesioni possono essere papulari o nodulari e
successivamente evolvono in ascessi ulceranti. Le sedi più frequentemente colpite sono
cranio, sterno, coste, vertebre e ossa lunghe.
Spesso è autolimitante. Invece, i pazienti immunocompromessi possono giovare del
trattamento con itraconazolo. Pazienti con distress respiratorio acuto ricevono
somministrazione di amfotericina B, usata anche per l’istoplasmosi disseminata
Micosi opportunistiche
Candidosi
Candida spp. rappresenta il più importante gruppo di patogeni fungini opportunisti.
Costituiscono la terza causa più comune di infezioni ematiche.
Tutte le specie di Candida sono organismi lievitiformi che producono gemmazioni o blastoconidi.
Ad eccezione di C. glabrata, producono anche pseudoife e ife vere.
Inoltre, C. albicans forma tubi germinativi e clamidioconidi terminali con parete spessa.
In coltura, la maggior parte delle specie di candida forma colonie lisce, bianche, cremose e a
cupola. C. albicans e altre specie possono anche subire switching fenotipico nel quale un singolo
ceppo di Candida può cambiare reversibilmente tra differenti morfotipi, oscillando dalla tipica
colonia liscia, bianca composta da cellule lieviti formi prevalentemente gemmanti, a colonie molto
rugose e pelose composte principalmente da forme ifali e pseudoifali.
Lo switching agisce come una specie di sistema dominante in C. albicans e altre specie per una
risposta rapida a livello delle singole cellule per cambiamenti del microambiente locale.
Il sito primario di colonizzazione è il tratto gastrointestinale che va dalla bocca al retto.
Possono anche essere presenti come commensali nella vagina e nell’uretra, sulla cute e sotto le
unghie delle mani e dei piedi.
Si stima che il 25-50% delle persone sane sia portatore di Candida nella normale popolazione
microbica della bocca.
La maggior parte delle candidosi è costituita da infezioni endogene in cui la popolazione microbica
residente dell’ospite approfitta dell’opportunità di causare infezione.
Nei casi di infezioni ematiche, il trasferimento del microrganismo dalla mucosa gastrointestinale al
torrente circolatorio richiede una precedente crescita del numero di lieviti nel loro habitat
commensale associato a perdita dell’integrità della mucosa gastrointestinale.
C. albicans è predominante tra le varie specie di candida in grado di causare infezione nell’uomo,
soprattutto a carico delle aree genitali, orali o cutanee.
Le conseguenze delle infezioni ematiche da Candida nei pz ospedalizzati sono gravi: i pz
ospedalizzati con candidemia presentano un doppio rischio di morte in ospedale rispetto ai pz con
infezioni ematiche non causate da Candida.
Nelle condizioni appropriate, le specie di Candida possono virtualmente causare infezione in ogni
organo.
Le infezioni oscillano da candidosi superficiali mucosali e cutanee alla disseminazione ematica
diffusa coinvolgente organi bersaglio come fegato, milza, rene, cuore ed encefalo.
Le infezioni mucosali (mughetto) possono essere limitate all’orofaringe o estendersi all’interno
tratto gastrointestinale.
Nelle donne, la mucosa vaginale è un comune tratto di infezione. Le infezioni si presentano di
solito come chiazze bianche tipo “fiocchi di latte” sulla superficie mucosale.
Inoltre, le specie di Candida possono causare infezione cutanea localizzata nelle aree dove la
superficie cutanea è occlusa e umida
I campioni ottenuti da raschiamenti delle lesioni mucosali o cutanee vengono piastrati su
CHROMagar Candida (è un terreno che presenta substrati cromogeni).
Il trattamento varia in base alla gravità dell’infezione.
Aspergillosi
Le specie di Aspergillus crescono in coltura come muffe ialine.
Crescono come ife ramificate, settate, che producono conidiofori quando esposti all’aria.
Un conidioforo è costituito da una vescicola terminale, sulla quale crescono uno o due strati di
fialidi o sterigmati. I fialidi allungati a loro volta producono colonne di conidi sferici che sono i
propaguli infettanti dai quali si sviluppa la fase miceliale del fungo.
Le ife sono omogenee, di grandezza uniforme con contorni paralleli, settate in modo regolare e
ramificate in modo progressivo e alberiforme.
I conidi sono ubiquitari nell’aria, nel terreno e nel materiale in decomposizione.
Le manifestazioni allergiche dell’aspergillosi comprendono una vasta gamma di manifestazioni
cliniche basate sul grado di ipersensibilità agli antigeni di Aspergillus. Nella forma
broncopolmonare, si possono osservare asma, infiltrati polmonari, eosinofilia periferica, IgE
elevate nel siero ed evidenza di ipersensibilità agli antigeni di Aspergillus tramite test cutaneo.
Sia i seni paranasali che le basse vie aeree possono essere colonizzate da Aspergillus,
determinando aspergillosi bronchiale ostruttiva ed un vero e proprio aspergilloma (micetoma).
Nell’aspergillosi bronchiale ostruttiva, si formano aggregati mucosi bronchiali e ammassi composti
da elementi ifali e materiale mucoso.
Un aspergilloma (visualizzabile all’esame radiografico) si può anche formare nei seni paranasali o
in cavità polmonare preformata in seguito ad una vecchia tubercolosi o ad altre malattie
polmonari cavitarie.
Forme di aspergillosi invasiva oscillano da una malattia invasiva superficiale che può verificarsi nel
quadro di una moderata immunosoppressione all’aspergillosi distruttiva, localmente invasiva,
polmonare o disseminata, infezioni devastanti osservabili in pz severamente neutropenici e
immunocompromessi (essi devono infatti soggiornare in ambienti dove l’aria è filtrata per
prevenire l’infezione).
Criptococcosi
È una micosi sistemica causata da Cryptococcus neoformans e C. gattii.
Sono funghi capsulati, basidiomiceti, lievitiformi, sferici o ovali.
La replicazione avviene con gemmazione da una base relativamente stretta; di solito, si formano
singole gemmazioni, ma a volte sono presenti catene di cellule gemmanti.
La capsula è un marker distintivo, che può avere un diametro fino a 5 volte quello della cellula
fungina ed è prontamente individuata con una colorazione per la mucina.
La criptococcosi di solito si acquisisce inalando dall’ambiente un aerosol di cellule di C. neoformans
o C. gattii. Essa può presentarsi come un processo polmonare o, più comunemente, come
infezione del SNC secondaria alla diffusione ematica e linfatica dal focolaio primario polmonare.
Meno spesso si osserva un’infezione disseminata più diffusa con interessamento cutaneo, muco
cutaneo, osseo e viscerale.
Può avere manifestazioni variabili, che vanno da un processo asintomatico ad una polmonite
bilaterale fulminante. Gli infiltrati nodulari possono essere unilaterali o bilaterali.
C. neoformans e C. gatti sono molto neurotropici e la forma più comune della malattia è quella
meningea, con decorso variabile e fatale se non curata.
Tutti i pz dovrebbero ricevere amfotericina B più flucitosina in modo intensivo per due settimane.
Per ricapitolare
Microbiota intestinale di interesse: Candida albicans, Clostridium, Enterococcus, E. Coli,
Staphylococcus faecium
Actinobacteria (es. Bifidobacterium), Bacteroidetes e Firmicutes
Biofilm: Pseudomonas aeruginosa, Streptococcus mutans, Staphylococcus aureus, Staphylococcus
epidermidis, Vibrio colera, E. Coli, Legionella
Trasmissione madre feto: sifilide e Listeria
i rotavirus hanno un doppio capside che conferisce loro un caratteristico aspetto a ruota
gli adenovirus presentano un’estroflessione del capside che funge da recettore virale
gli arenavirus hanno un aspetto sabbioso perché durante il ciclo replicativo inglobano
ribosomi
Classificazioni dei virus (Baltimore)
Possono essere classificati in base
alle caratteristiche morfologiche (per es. i togavirus hanno un pericapside che somiglia a
una toga romana)
al tessuto in cui sono stati isolati per la prima volta (per es. gli adenovirus nelle adenoidi)
alla localizzazione geografica (per es. il virus di Norwalk è stato identificato per la prima
volta nell’omonima città)
La classificazione più importante è quella di Baltimore, che si basa sulla natura e sulla polarità dei
genomi virali. Si distinguono così sette classi. I virus possono avere
La trascrizione può svolgersi
Adenovirus
solo nel nucleo perché avviene
Herpesvirus
tramite RNA polimerasi DNA
dipendenti Papovavirus
DNA a doppio filamento La trascrizione può avvenire
direttamente nel citoplasma
(unico caso nei virus a DNA) Poxvirus
perché sfrutta una polimerasi
veicolata dal virione
La trascrizione e la traduzione
DNA a singolo filamento avvengono nel nucleo per Parvovirus B19
opera di enzimi cellulari
RNA a doppio filamento La catena negativa viene
(caratterizzati da avere un trascritta per mezzo di una
Reovirus
filamento positivo e un trascrittasi virale. In questo
filamento negativo) modo si formano molecole di
RNA con polarità positiva che
possono agire Orthomyxovirus
RNA a singolo filamento con
da mRNA Paramyxovirus
polarità negativa
da stampo per gli RNA Rhabdovirus
con polarità negativa
Non hanno bisogno di
trascrivere il proprio genoma Coronavirus
RNA a singolo filamento con perché può essere Picornavirus
polarità positiva direttamente tradotto, per Togavirus
questo questi virus vengono Flavivirus
detti acidi nucleici infettivi
RNA a singolo filamento con
polarità positiva che tramite
una trascrittasi inversa viene Retrovirus
convertito in DNA a doppio La trascrittasi inversa permette
filamento di sintetizzare DNA a partire da
DNA a doppio filamento che RNA
tramite una trascrittasi inversa
Epadnavirus (HBV)
convertono l’RNA prodotto
nuovamente in DNA
Replicazione virale
Nella replicazione si distinguono tre fasi:
una fase precoce, in cui il virus deve riconoscere una cellula bersaglio, aderirvi, penetrare
la membrana plasmatica, essere internalizzato, rilasciare il proprio genoma nel citoplasma
e, se necessario, traslocarlo al nucleo
una fase tardiva, che comincia con l’avvio della replicazione genomica e procede
attraverso la traduzione, l’assemblaggio della particella virale e il rilascio del virus
Il periodo che intercorre tra la liberazione del genoma virale nella cellula e la comparsa di nuovi
virioni conseguenti all’assemblaggio virale viene definito periodo di eclissi, non essendo il virus più
reperibile come entità morfologica nella cellula. La fase latente inizia dal periodo di eclissi e
termina con il rilascio di nuovi virus
L’infezione può essere:
i virus che usano DNA polimerasi DNA dipendenti presentano una bassa frequenza di
mutazione, comparabile a quella della DNA polimerasi cellulare
i virus che usano DNA polimerasi RNA dipendenti (sintetizzano DNA a partire da RNA), e
quindi le trascrittasi inverse di HBV e HIV, presentano la più alta frequenza di mutazione
i virus che usano RNA polimerasi (indipendentemente se DNA o RNA dipendenti)
presentano un’elevata frequenza di mutazione in quanto l’RNA pol è priva dell’attività di
correzione delle bozze
le mutazioni nei geni essenziali possono inattivare il virus (si parla di mutazioni letali)
mentre le mutazioni negli altri geni possono produrre resistenza a farmaci antivirali
(mutanti farmaco resistenti) oppure alterare l’antigenicità o la patogenicità del virus
Esistono anche:
mutanti di delezione, che derivano dalla perdita o dalla rimozione selettiva di una porzione
di genoma e della funzione corrispondente da esso codificata
mutanti di placca, che differiscono dal tipo selvaggio nelle dimensioni o nella morfologia
delle cellule infettate
mutanti dello spettro di ospite, che differiscono nel tipo di tessuto o nella specie animale
della cellula bersaglio che può essere infettata
mutanti attenuati, ossia varianti che causano malattie meno gravi
mutanti condizionati, che presentano una mutazione in un gene che codifica per una
proteina che permetteva al virus di resistere a certe temperature
Genetic drift, shift e ricombinazione
Si definisce deriva antigenica il progressivo e continuo cambiamento delle caratteristiche
antigeniche virali dovuto ad un continuo, lento e graduale accumulo di mutazioni puntiformi.
Il fenomeno della deriva antigenica riguarda particolarmente
i virus influenzali di tipo A e B, anche se negli A avviene in modo più marcato e frequente
l’HIV e l’HCV. Proprio per HIV e HCV nasce il concetto di quasi specie secondo cui si ha una
continua evoluzione del virus sia per effetto delle mutazioni spontanee sia per la pressione
selettiva esercitata dal sistema immunitario dell’ospite e dall’eventuale terapia
farmacologica
Lo shift antigenico consiste nello scambio drastico di parti del genoma virale che codificano per
antigeni di superficie tra virus antigenicamente diversi. Riveste un ruolo estremamente
importante nella nascita delle pandemie da virus influenzali di tipo A, infatti spesso si verifica tra
virus influenzali umani e animali (aviari o suini) e determina la formazione di un virus
antigenicamente nuovo, che la popolazione non ha mai incontrato e che, quindi, può diffondersi
con estrema facilità.
La ricombinazione virale consiste nello scambio di tratti più o meno ampi di materiale genetico
tra genomi virali diversi che si trovano all’interno della stessa cellula. Accade spesso tra i sottotipi
di HIV (specie nel gene env) a causa della sovrapposizione geografica che ha permesso la co-
infezione con più sottotipi.
Si definiscono virus satelliti quelli che, sfruttando le proteine di un altro virus che co-infetta la
cellula, riescono a replicarsi. Per esempio, HDV riesce a replicarsi solo grazie a co-infezione con
HBV, che lo fornisce della proteina HBs.
Il mescolamento fenotipico si ha quando due virus anche diversi infettano la stessa cellula e,
durante l’assemblamento, uno dei due incorpora parte del pericapside dell’altro virus. Ovviamente
le caratteristiche fenotipiche vengono perse con il successivo ciclo replicativo.
Si ha interferenza quando la presenza di un virus in una cellula impedisce la replicazione di un
altro virus che super-infetta la stessa cellula.
Cenni di immunologia
Interferone. La produzione di interferone è indotta dall’RNA a doppia elica, dall’inibizione della
sintesi proteica cellulare e dai virus rivestiti. Gli IFN alfa e beta (interferoni di classe I) inducono lo
stato antivirale nelle cellule circostanti, che blocca la replicazione dei virus. L’IFN gamma
(interferone di classe II) attiva i NK e i macrofagi.
Cellule NK. Sono attivate dall’IFN-alfa e dall’IL-12 prodotto dai macrofagi. Stimolano a loro volta i
macrofagi producendo IFN-gamma. Riconoscono e lisano le cellule infettate da virus (soprattutto
da quelli dotati di pericapside).
Febbre. Molti virus con la febbre diventano più instabili (come herpes simplex) o incapaci di
replicarsi (come i rinovirus).
Farmaci antivirali
Esistono una serie di eventi replicativi sostenuti da strutture virali che rappresentano potenziali
bersagli per i farmaci antivirali.
Si distinguono:
Possono essere
analoghi peptidici o polisaccaridici
del recettore virale: questi farmaci si
legano alla VAP virale impedendo
Inibitori della
l’interazione con il recettore della
fusione
cellula bersaglio
analoghi della VAP: si legano al
recettore cellulare impendendo che si
leghi la VAP virale
Inibitori dell’entrata Alcuni virus per entrare all’interno della
cellula ospite richiedono che la VAP
interagisca non solo con il recettore cellulare,
ma anche con altre molecole definite come
Inibitori dei co- co-recettori.
recettori Per esempio: gp120 di HIV lega CD4
interagendo con CXCR4 o CCR5.
Maraviroc si lega al CCR5
inducendone un cambiamento
conformazionale
Agiscono bloccando il canale ionico costituito dalla proteina virale
M2, in modo da ostacolare la migrazione degli ioni H+ verso l’interno
della particella virale. Di conseguenza si ha un’inibizione
Inibitori della
dell’acidificazione. L’acidificazione è un processo indispensabile per
scapsidazione
la liberazione dell’acido nucleico virale.
Per esempio: l’amantadina e la rimantadina possono essere
utilizzati per il trattamento dell’influenzavirus A
Sono inibitori della DNA polimerasi virale.
Questi composti dopo essere stati fosforilati
da chinasi cellulari o virali possono essere
inseriti nella catena nascente del DNA e
bloccarne l’allungamento.
L’aciclovir è un analogo aciclico della
guanosina. Mancando dell’ossidrile 3′ non
Inibitori della sintesi Analoghi
permette l’aggiunta del nucleotide
degli acidi nucleici virali nucleosidici
successivo. È attivo nei confronti di EBV, HSV-
1, HSV-2 e VZV.
Anche il ganciclovir è un analogo aciclico
della guanosina. Differisce dall’aciclovir per la
sola aggiunta di un gruppo idrossimetilico.
Inibisce tutti i virus erpetici, ma ha una
spiccata attività verso il CMV.
Come gli analoghi nucleosidici, sono inibitori
della DNA polimerasi virale.
Non necessitano della prima fase di
fosforilazione e risultano quindi attivi su quei
virus a DNA che non codificano per enzimi
Analoghi come la timidina chinasi virale (TK).
nucleotidici Il cidofovir è un analogo della citidina-
monofosfato. Ha efficacia contro adenovirus,
poliomavirus e herpesvirus.
Il foscarnet è un analogo inorganico del
pirofosfato efficace contro HBV e virus
erpetici
Vengono distinti in:
Analoghi nucleosidici: come
l’azidotimidina (AZT), analogo della
timidina in cui il gruppo ossidrile in 3′
è sostituito con il gruppo azidico, in
questo modo non permette
l’elongazione della catena nascente di
Inibitori della DNA virale
trascrittasi inversa Farmaci non nucleosidici, derivati
principalmente delle benzodiazepine.
Sono inibitori allosterici e
interagiscono con la trascrittasi
inversa legandosi a una tasca
idrofobica dell’enzima. Questi
composti sono estremamente
selettivi contro HIV
Il sofosbuvir è un analogo
nucleotidico dell’uridina che dopo
essere stato fosforilato nella forma
trifosfato si incorpora nella catena
nascente di RNA portando alla sua
Inibitori della RNA terminazione. È un importante
polimerasi-RNA farmaco anti-HCV
dipendente La ribavirina svolge la sua azione
antivirale inibendo la RNA polimerasi
virale e bloccando l’attività dell’RNA
messaggero (introducendo mutazioni
al suo interno). È efficace sia contro i
virus a DNA, sia contro i virus a RNA
Sono capaci di inibire la fase di strand transfer, ovvero quella fase in
Inibitori dell’integrasi cui l’integrasi catalizza l’associazione tra DNA virale e DNA cellulare.
Raltegravir, dolutegravir e elvitegravir vengono usati per HIV
Mimano il substrato delle proteasi, ovvero il precursore della
proteina virale che deve essere tagliata, quindi inibiscono l’azione
Inibitori delle proteasi
della proteasi mediante un meccanismo di tipo competitivo.
Il ritonavir è efficace contro HIV
Durante la fase di gemmazione alcuni virus possono rimanere
attaccati alla superficie della cellula ospite a causa di interazioni che
si vengono a stabilire tra glicoproteine virali di superficie e
glicoproteine cellulari.
Il virus influenzale dopo essere gemmato dalla cellula rimane
attaccato ad essa a seguito del legame dell’emagglutinina virale con
Inibitori del rilascio le molecole di acido sialico presenti sul recettore cellulare. Il virus
riesce a superare questo blocco grazie all’azione dell’enzima virale
neuraminidasi, che scinde le molecole di acido sialico e permette il
rilascio dei virioni.
Gli inibitori della neuraminidasi, come oseltamivir e
zanamivir, bloccano questo processo impedendo così la
diffusione del virus
Farmaci ad alta varietà genetica: per indurre la resistenza del virus nei confronti del
farmaco sono necessarie più mutazioni
Farmaci a bassa varietà genetica: basta anche solo una mutazione affinché il virus diventi
resistente al farmaco
I vaccini
Sono dei farmaci che permettono l’immunizzazione attiva verso un patogeno, inducendo nella
maggior parte dei casi una risposta umorale nel soggetto vaccinato o, come nel caso dei vaccini a
DNA, stimolando le risposte cellulo-mediate.
La vaccinazione di una popolazione blocca la diffusione degli agenti infettivi riducendo il numero di
ospiti sensibili, tramite il fenomeno che viene detto immunità di branco (o di gregge).
L’immunizzazione attiva si differenzia dall’immunizzazione passiva, che si ottiene tramite l’utilizzo
di sieri o anticorpi monoclonali, che hanno l’obiettivo di prevenire l’insorgenza della malattia
dopo un’esposizione nota e migliorare la sintomatologia della mattia in corso.
I sieri possono essere umani, ovvero di soggetti che hanno superato la malattia e sviluppato una
risposta umorale, oppure animali: i sieri umani sono da preferire perché hanno un minor rischio di
reazioni di ipersensibilità.
I vaccini possono essere:
Anti-poliomielitica
Anti-difterica 3 dosi nel primo anno di vita
Anti-tetanica un richiamo a 6 anni
Anti-pertosse
Anti-epatite B
3 dosi nel primo anno di vita
Anti-Haemophilus influenzae tipo b
Anti-morbillo, parotite, rosolia e una prima dose nel secondo anno di vita
varicella una seconda dose a 6 anni
L’obbligatorietà del vaccino MPRV è soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati
epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte.
anti-meningococcica B
anti-meningococcica C
anti-pneumococcica
anti-rotavirus
Nella gravidanza sono raccomandate le vaccinazioni contro difterite, tetano, pertosse e influenza.
Patogenesi virale
Dopo l’ingresso nell’organismo, il virus si replica nelle cellule suscettibili e permissive, che esprimo
cioè recettori per l’ingresso del virus e che hanno un adeguato sistema biosintetico.
Il virus
Il SNC può essere raggiunto a partire dal circolo ematico, oppure attraverso le meningi o il liquido
cerebrospinale, la migrazione di macrofagi infetti o l’infezione di neuroni periferici.
Quando un virus infetta una cellula l’infezione può essere:
abortiva, se fallisce. Infatti, una cellula può essere suscettibile, cioè possedere il recettore
che permette al virus di entrare, ma non permissiva
litica, se la cellula muore
persistente, se si ha replicazione virale senza morte cellulare
latente-ricorrente: in questo si caso si ha la presenza del genoma virale nella cellula, che
intanto replica normalmente insieme al genoma virale, ma senza produrre nuovi virus.
Ovviamente l’infezione può riattivarsi
Danni diretti
La replicazione del virus può dare inizio a modificazioni cellulari che possono alterare l’aspetto
della cellula, le proprietà funzionali o le caratteristiche antigeniche.
L’effetto citopatico può manifestarsi come:
shut off, ovvero inibizione della sintesi delle macromolecole che riparano il danno
cellulare. Si verifica in infezione da virus influenzale e poliovirus
modificazioni delle membrane citoplasmatiche, che determinano un maggiore afflusso di
ioni sodio. Questo favorisce la traduzione degli mRNA virali a discapito di quelli cellulari.
È un meccanismo adottato dal poliovirus
I virus possono favorire o inibire l’apoptosi:
viene inibita per continuare a sfruttare gli apparati cellulari
o EBV e gli adenovirus hanno come bersaglio p53 e Bcl-2 (responsabile
dell’attivazione dell’apoptosi secondo la via alternativa)
o CMV, HPV e HBV bersagliano solo p53
viene favorita per agevolare la liberazione del virus dopo la lisi cellulare
o HIV bersaglia Blc-2 e il recettore del TNF, in particolare il recettore di morte FAS
o HBV e HCV solo il recettore di morte FAS
In presenza di virus oncogeni, che causano il 15% dei tumori umani, si può assistere a perdita del
controllo nella proliferazione cellulare.
I virus oncogeni a DNA sono
HBV, che codifica per la X protein, la quale si lega a p53 e gli impedisce di svolgere le sue
funzioni. È associato al carcinoma primario epatocellulare
EBV, correlato al linfoma di Burkitt. Agisce tramite traslocazione dell’oncogene Myc nel
cromosoma 14 (normalmente si trova nel cromosoma 8)
Herpes simplex di tipo 2 e CMV, associati ai tumori della cervice uterina
HSV-8, che può provocare il sarcoma di Kaposi in soggetti con AIDS
il papillomavirus. L’integrazione del genoma virale in quello della cellula ospite necessita di
una linearizzazione con una rottura che solitamente porta al taglio del gene E2. Questo
gene controlla negativamente l’espressione dei geni trasformanti E6 e E7, di conseguenza
un’inattivazione di E2 causa un’espressione incontrollata dei due geni trasformanti.
E6 inibisce p53 e E7 interagisce con Rb (la proteina del retinoblastoma).
Il papilloma è responsabile del 95% dei tumori della cervice uterina
Per quanto riguarda i virus oncogeni a RNA, solo HTLV-1 agisce direttamente. Produce la proteina
TAX, che può attivare la trascrizione di geni cellulari coinvolti nella proliferazione e nella
differenziazione delle cellule T. È responsabile della leucemia nelle cellule T.
HIV e HCV agiscono solo in modo indiretto: HIV inducendo uno stato di immunosoppressione che
favorisce la proliferazione neoplastica e HCV aumentando la proliferazione cellulare degli epatociti
sani per riparare il danno.
Danni indiretti
Dipendono dal coinvolgimento del sistema immunitario, in particolare
un DNA a doppio filamento lineare nella fase di quiescenza, ma circolare durante quella di
replicazione
un capside icosadeltaedrico racchiuso in un pericapside lipidico
tra capside e pericapside è presente un tegumento che accoglie proteine che favoriscono
l’inizio della replicazione
Il ciclo replicativo consiste
Alfa herpesvirus
Infettano cellule di derivazione ectodermica (cute, mucose) e neuroectodermica (SNC).
L’effetto citopatico si manifesta molto rapidamente.
Quasi nella totalità dei pazienti infettati la latenza avviene e si verifica a livello dei gangli
sensoriali. Può verificarsi anche a livello dei gangli motori: per esempio HSV-1 latentizza nel
ganglio genicolato e, anche se molto raramente, può dare patologia paretica non sensoriale
(Sindrome di Ramsay Hunt di II tipo).
Il virus persiste in forma episomale, cioè non integrato nel genoma, per cui è facile che si riattivi:
bastano semplici eventi stressogeni, addirittura l’esposizione prolungata ai raggi solari.
Sono gli unici a possedere la timidina chinasi. Quest’enzima si può bersagliare con aciclovir.
Agli alfa herpesvirus appartengono HHV-1, HHV-2 e HHV-3.
L’esantema può essere generalizzato coinvolgendo il tronco, gli arti e il viso, o più limitato,
coinvolgendo quasi esclusivamente la parte superiore del tronco.
Si possono usare anticorpi monoclonali per trattare i pazienti, o i canonici valaciclovir, famciclovir
o aciclovir. È disponibile un vaccino vivo attenuato (che non deve essere usato in soggetti con
grave immunodepressione).
Beta herpesvirus
Infettano cellule di derivazione mesenchimale, specialmente le cellule del midollo osseo e del
sistema reticolo-endoteliale.
Il citomegalovirus (HHV-5) infetta fibroblasti, cellule epiteliali, i macrofagi e le cellule del tubulo
renale distale. Riesce a sfuggire al controllo del sistema immunitario perché, come EBV, produce
un analogo dell’IL-10. La sede di latenza non è stata accertata, ma sembrano essere i monociti e le
cellule endoteliali.
Nei soggetti immunocompetenti l’infezione solitamente è asintomatica, o tuttalpiù si manifesta
sottoforma di una sindrome simil-mononucleosica caratterizzata da febbre, linfoadenopatie e
faringite. Talvolta epatomegalia.
Nell’individuo immunodepresso causa polmoniti, retiniti, encefaliti, esofagiti che mimano
l’esofagite da Candida, epatiti e nefriti.
Tipicamente le cellule infettate diventano citomegaliche e contengono un’inclusione a occhio di
gufo. Questo naturalmente permette di fare diagnosi. Altrimenti il virus può essere coltivato in
fibroblasti (però ciò significa aspettare 6 settimane), oppure possono essere rilevati gli antigeni
virali nel siero del paziente tramite immunofluorescenza o ELISA.
Il trattamento è a base di ganciclovir: il CMV non produce una timidina chinasi, ma produce una
proteina che fosforila il ganciclovir e lo attiva, cosicché inibisce le DNA polimerasi con un’affinità
30 volte maggiore per quelle virali (ciononostante è soppressivo sul midollo osseo).
È responsabile del fallimento di molti trapianti, specialmente di fegato.
La trasmissione avviene per via sessuale, tramite trasfusioni di sangue e, appunto, trapianti di
organi solidi. Può verificarsi trasmissione verticale, in particolare nel primo mese di gravidanza il
virus può infettare il sinciziotrofoblasto e da qui disseminarsi nell’embrione.
HHV-6 replica nei linfociti T e causa la sesta malattia (detta anche roseola, febbre dei tre
giorni o esantema critico). Causa appunto rash generalizzato. Negli adulti può causare una
sintomatologia simil-mononucleosica
HHV-7 usa come recettore CD4. Per il momento non causano alcuna patologia nota
Gamma herpesvirus
Sono virus trasformanti (ossia in grado di trasformare una cellula sana in tumorale) e
immortalizzanti (provocano una replicazione cellulare incontrollata).
Infettano quasi esclusivamente cellule di derivazione linfocitaria.
EBV (HHV-4) lega principalmente i linfociti B attraverso il recettore CD21 (è lo stesso recettore a
cui si lega il frammento C3d del complemento). La trasmissione è orofaringea.
L’infezione da EBV può andare incontro a tre decorsi:
1. il virus può replicare nei linfociti B o nelle cellule epiteliali permissive per la replicazione di
EBV e produrre virus
2. in presenza di linfociti T competenti, il virus può determinare un’infezione latente dei
linfociti B della memoria
3. il virus può stimolare e immortalizzare i linfociti B
La patogenesi è legata al fatto che i linfociti T vengono circondati da linfociti B infetti e vengono
attivati dai peptidi antigenici virali associati alle MHC, quindi i linfociti T vanno incontro a
proliferazione all’esame al microscopio assumono un citoplasma più basofilo e ricco di vacuoli
(linfociti atipici, cellule di Downey).
Le proteine trasformanti e di latenza includono:
linfoadenopatia
splenomegalia (che spesso si associa a epatomegalia)
faringite essudativa
febbre alta
Bisogna stare attenti a non scambiare questo quadro con un’infezione streptococcica, perché se
vengono date al paziente penicilline semisintetiche può insorgere un rash maculopapulare. Nel
dubbio, in attesa dei risultati di laboratorio, bisogna prescrivere claritromicina!
I test si basano sui valori di: VCA-IgM, VCA-IgG, EA-D e EBNA.
Se EBNA e VCA-IgG risultano positivi e VCA-IgM e EA-D negativi significa che il paziente ha avuto e
superato l’infezione da EBV, sviluppando anticorpi protettivi.
linfociti atipici (che costituiscono il 30% dei leucociti mononucleati, da qui il termine
mononucleosi)
anticorpi eterofili prodotti in risposta alla proliferazione dei linfociti B (il MONO test si basa
su questo)
EBV può essere anche causa di:
linfoma di Burkitt, un tumore dei linfociti B che invade il midollo osseo, le meningi e le
sierose. In oltre il 75% dei casi esiste una traslocazione patognomonica dell’oncogene Myc
dal cromosoma 8 al cromosoma 14, capace di inibisce l’apoptosi. Questo non potrebbe
bastare per provocare il cancro, in quanto la proliferazione dei linfociti B normalmente
viene controllata dai linfociti T, tuttavia il virus produce un analogo dell’IL-10 (BCRF-1) che
inibisce la risposta dei linfociti T
carcinoma orofaringeo
leucoplachia orale (in soggetti HIV positivi)
Le infezioni da EBV possono essere trattate con cidofovir.
HHV-8 viene trasmesso per via sessuale. Infetta preferibilmente i linfociti B, ma ha tropismo
anche per le cellule endoteliali. Produce proteine omologhe a proteine umane, che stimolano la
crescita e impediscono l’apoptosi, come IL-6 (stimola la proliferazione e funge da antiapoptotico) e
Bcl-2 (antiapoptotico). Provoca il sarcoma di Kaposi, un tumore vascolare tipicamente associato
all’AIDS. Nelle forme associate ad AIDS, i farmaci antiretrovirali danno il miglior risultato.
Virus epatici
Infettano elettivamente gli epatociti.
I virus dell’epatite A e dell’epatite E provocano epatiti acute di solito benigne, senza sequele.
I virus dell’epatite B, dell’epatite C e dell’epatite D dopo una fase acuta tendono a cronicizzare.
Virus dell’epatite A
La trasmissione è oro-fecale.
È un Picornavirus, quindi un virus a RNA a singolo filamento con polarità positiva nudo,
icosaedrico, resistente agli acidi, ai detergenti e alla temperatura superiori a 60 °C.
Si replica in epatociti e cellule di Kupffer. Ha un periodo di incubazione di due settimane.
Non ha effetti citolitici, viene rilasciato per esocitosi. Il danno cellulare viene provocato dai
linfociti natural killer e dai linfociti T citotossici, che lisano le cellule infettate.
Il virus viene rilasciato nelle feci 2 settimane prima e 2 settimane dopo la comparsa dell’ittero.
È causa del 40% delle epatiti acute; si diffonde rapidamente anche perché la stragrande
maggioranza dei bambini e una buona fetta degli adulti sviluppano una forma asintomatica o
paucisintomatica della malattia.
Il gene ORF-X, che codifica per la X protein: lega e blocca p53, per cui aumenta la proliferazione
cellulare.
i ceppi HBeAg positivi si replicano molto più attivamente, la viremia è tipicamente molto
alta, ma sono più immunogeni, quindi vengono più agevolmente eliminati dal sistema
immunitario
i ceppi HBeAg negativi hanno una ridotta capacità replicativa, quindi il paziente
tipicamente non ha una viremia molto elevata. Tuttavia, vengono riconosciuti più
difficilmente dal sistema immunitario, quindi i pazienti infettati hanno una maggiore
probabilità di sviluppare un epatocarcinoma
Il ciclo replicativo consiste
se si rilevano alti livelli di IgM anti-HBc e la presenza del DNA virale con metodica PCR,
allora il paziente ha un’epatite B acuta
se si rilevano bassi livelli di IgM anti-HBc e tuttalpiù la presenza del virus in poche copie,
allora il paziente ha un’epatite B cronica
Il trattamento per l’epatite acuta si basa sulla somministrazione di sieri iperimmuni.
Il trattamento di prima linea per l’epatite cronica in genere si basa su
un farmaco antivirale orale, come per esempio entecavir (un analogo nucleosidico) o
tenofovir (un analogo nucleotidico)
interferone alfa pegilato
Virus dell’epatite C
È un Flavivirus, quindi un virus a RNA singolo con polarità positiva, inviluppato. È l’unico di questa
famiglia a non essere trasmesso da un vettore. La trasmissione infatti è parenterale.
Ha un ciclo virale brevissimo, perché l’ssRNA a polarità positiva può essere subito tradotto nel
citoplasma. Dopo che lega il recettore CD81, tutte le dieci proteine virali derivano da una
poliproteina codificata dal gene ORF:
le proteine strutturali sono E1 ed E2. Queste proteine sono immunogene, ma allo stesso
tempo sono caratterizzate da regioni ipervariabili che provocano la cronicizzazione del
virus nell’85% dei casi
le proteine non strutturali sono p7, NS2, NS3, NS4A, NS4B, NS5A e NS5B. Tra queste
proteine rientrano delle serin-proteasi (come NS3 e NS4A) che vengono bersagliate da
farmaci antivirali come il grazoprevir
Queste proteine inibiscono anche l’apoptosi, quindi hanno un ruolo nella patogenesi del
carcinoma epatocellulare.
Esistono 6 genotipi di HCV: 1a, 1b, 2, 3, 4, 5 e 6. In Italia il genotipo prevalente è l’1b, che infetta
oltre il 50% dei soggetti con HCV, mentre il restante è suddiviso tra genotipo 2 (meno del 30%), 3
(meno del 10%) e 4 (meno del 5%). 5 e 6 sono praticamente assenti nel territorio italiano.
Molti pazienti sono asintomatici e non hanno ittero.
Infatti, l’epatite C è una causa frequente di epatite cronica, che evolve in cirrosi nel 20-30% dei
pazienti; la cirrosi impiega spesso decenni per manifestarsi. Il carcinoma epatocellulare può
seguire una cirrosi correlata a virus dell’epatite C, ma solo di rado consegue a un’infezione cronica
senza cirrosi (a differenza di quanto accade nell’epatite B).
Fino al 20% dei pazienti con epatopatia alcolica ha una sovrainfezione da virus dell’epatite C. Le
ragioni di questa frequente associazione non sono chiare, perché il concomitante abuso di alcol e
droga è presente solo in una parte dei casi. Naturalmente, in questi casi il virus dell’epatite C e
l’alcol agiscono sinergicamente nel peggioramento dell’infiammazione epatica e della fibrosi.
Si fa diagnosi di infezione da HCV
tramite test sierologici, ricercando con metodo ELISA la proteina del core c22, NS3 e NS4
tramite RIBA test (è un Western Blot) per conferma
ricercando il DNA virale con PCR
Negli ultimi anni il trattamento con sofosbuvir (un inibitore della polimerasi), somministrato in
combinazione con ledipasvir o velpatasvir+voxilaprevir ha permesso di curare l’infezione da HCV in
oltre il 95% dei casi.
Virus dell’epatite D
È un Deltavirus, quindi ha RNA circolare a singolo filamento con polarità negativa.
È inviluppato e presenta l’antigene delta sul capside icosaedrico, che peraltro è l’unica proteina
prodotta dal genoma di HDV.
Fa parte dei virus difettivi. Infatti, il genoma di HDV non contiene geni che codificano per le
proteine del pericapside, per cui deve sfruttare la proteina HBs di HBV per sopravvivere.
La replicazione avviene nel nucleo:
RNA pol-II della cellula ospite sintetizza una copia di RNA virale
il ribozima che viene a formarsi taglia l’RNA circolare per produrre mRNA dell’antigene
delta piccolo
il gene per l’antigene viene mutato in modo da permettere la produzione dell’antigene
delta grande
Non ha effetto citopatico. Il danno cellulare avviene a causa del sistema immunitario o per shut
off proteico (cioè gli apparati biosintetici della cellula vengono sfruttati solo dal virus, quindi la
cellula non è più in grado di provvedere al proprio sostentamento).
Essendo un virus a RNA non può andare incontro a latenza (HIV fa eccezione per la trascrittasi
inversa). Può risvegliare la replicazione di HBV:
Il pericapside contiene
I sintomi respiratori possono essere lievi all’inizio (mal di gola e tosse non produttiva), ma in
seguito i disturbi a carico delle vie respiratorie inferiori diventano dominanti: la tosse può essere
persistente, aspra e produttiva.
vaccini trivalenti che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e un virus di tipo B
vaccini quadrivalenti che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e 2 virus di tipo B
Non è vero che l’allergia alle proteine dell’uovo sia una controindicazione per la somministrazione
del vaccino antinfluenzale. Basta che il soggetto non abbia manifestato reazioni anafilattiche alle
proteine dell’uovo. Il vaccino è indicato anche in gravidanza e durante l’allattamento.
Secondo un recente studio del 2016 pubblicato sul British Medical Journal, la vaccinazione
antinfluenzale ha dimostrato di avere un’efficacia nel prevenire l’infarto del miocardio
paragonabile addirittura all’abolizione di fattori di rischio tradizionali come il fumo di sigaretta.
Il virus dell’influenza aviaria H5N1 è un virus atipico perché non presenta geni riassortanti, è
altamente virulento e può trasmettersi all’uomo solo tramite stretto contatto con gli uccelli. La
trasmissione interumana non avviene.
Paramyxovirus
Inizialmente erano classificati insieme agli Orthomyxovirus per alcune caratteristiche che li
accomunano; anche loro presentano:
nell’adsorbimento che
o per i virus parainfluenzali è mediato dall’emoagglutinina che si lega all’acido sialico
o per gli altri virus ha come target recettori proteici
nella fusione tra pericapside e membrana plasmatica (tramite proteina F)
in una fase di replicazione che avviene nel citoplasma
nell’inserimento della proteina F, dell’emoagglutinina e della neuraminidasi nel bilayer
fosfolipidico (come avviene per gli Orthomyxovirus)
nella liberazione per gemmazione, che, come per gli Orthomyxovirus, permette di
recuperare le glicoproteine virali
Ha effetto citopatico.
È capace di indurre fusione cellulare, con conseguente formazione di cellule giganti, in modo da
passare da una cellula all’altra sfuggendo al controllo del sistema immunitario.
È altamente contagioso e si diffonde tramite aerosol.
Dopo la replicazione nelle cellule epiteliali del tratto respiratorio, infetta i monociti e i linfociti e si
diffonde attraverso il sistema linfatico e per mezzo di una viremia cellulo-associata.
Può causare infezioni a livello: della congiuntiva, delle vie respiratorie, delle vie urinarie, dei
capillari sanguigni, del sistema linfatico e del SNC.
Il morbillo è caratterizzato da febbre, tosse, rinite, congiuntivite, un enantema patognomonico
(macchie di Koplik) a livello della mucosa orale e da un esantema maculopapulare, che si estende
in senso cranio-caudale, ed è dovuto ai linfociti T che bersagliano le cellule endoteliali che
delimitano i piccoli vasi, infettate dal virus.
La letalità è pari a circa 2 casi su 1000 negli Stati Uniti:
Un recente studio pubblicato su Science nel 2019 dimostra che il morbillo cancella la memoria
immunitaria lasciando l’organismo vulnerabile per anni.
isolandolo dalla saliva, dalle urine, dalla faringe, dalle secrezioni del dotto di Stenone e dal
liquido cerebrospinale e coltivandolo in cellule di rene di scimmia
rilevando i genomi virali tramite PCR
rilevando gli anticorpi tramite metodo ELISA
È disponibile un vaccino vivo attenuato.
Virus parainfluenzali
Comprendono 4 sierotipi patogeni per l’uomo:
Pneumovirus
Sono stati isolati relativamente di recente, perché è difficile coltivarli in laboratorio, nonostante
siano virus ubiquitari, tant’è che arrivano a infettare quasi tutti i bambini.
Generalmente provocano problemi respiratori lievi, anche se talvolta nei bambini possono
causare gravi bronchioliti. Vengono trasmessi per via aerea, entrando dal naso e dagli occhi.
Come il virus del morbillo, non hanno né emoagglutinina né neuraminidasi.
Hanno effetto citopatico e formano sincizi.
A questo genere appartiene il virus respiratorio sinciziale umano. Un’infezione grave può portare
al distress respiratorio.
La ribavirina è raccomandata soltanto nei bambini che hanno un sistema immunitario gravemente
indebolito e nei neonati.
Retrovirus (HIV e HTLV)
Presentano due copie di RNA a singolo filamento, entrambe con polarità positiva
Entrambi i filamenti di RNA hanno un cap di 7-metilguanosina in 5’ e una coda poli-A in 3’
Il genoma è costituito da tre geni principali:
o gag, un antigene gruppo-specifico, in cui sono contenute le istruzioni per le
proteine del capside, della matrice e per le proteine che legano l’acido nucleico
o pol, che codificano per le polimerasi, le proteasi e le integrasi
o env, che codifica per le glicoproteine
A ciascuna estremità del genoma sono presenti le sequenze terminali lunghe e ripetute
LTR, che contengono promotori, enhancer e altre sequenze utilizzate per legare diversi
fattori trascrizionali cellulari
HTLV e HIV esprimono proteine precoci e tardive complesse, che richiedono lo splicing
Sono dotati di un pericapside, che contiene glicoproteine virali e viene acquisito per
gemmazione
Le glicoproteine vengono prodotte a seguito di un taglio proteolitico di env:
o la gp160 di HIV viene a sua volta tagliata per generare
gp120: è responsabile del tropismo tissutale, è altamente glicosilata, viene
riconosciuta da immunoglobuline neutralizzanti, ma muta spesso
gp41: promuove la fusione intracellulare
I virioni hanno una forma sferica e contengono
o da 10 a 50 copie degli enzimi trascrittasi inversa e integrasi
o due tRNA, che vengono utilizzati come primer della trascrittasi inversa
Gli enzimi essenziali per tutti i retrovirus sono
o la trascrittasi inversa (codificata dal gene pol): non corregge le bozze ed è
altamente imprecisa (addirittura commette un errore ogni 2000 paia di basi in
alcuni generi)
o l’integrasi
Si distinguono
o i Deltaretrovirus (di cui fanno parte gli HTLV)
o i Lentivirus (di cui fa parte HIV)
la trascrittasi inversa
o utilizza il tRNA del virione come primer e sintetizza un filamento di DNA
complementare a polarità negativa (cDNA), quindi la trascrittasi inversa è una DNA
polimerasi RNA dipendente
o agisce come una ribonucleasi H, degradando l’RNA virale
o sintetizza il filamento positivo di DNA, quindi è anche una DNA polimerasi DNA
dipendente
o in HIV commette un errore ogni 2000 paia di basi (5 mutazioni ogni ciclo replicativo)
il cDNA entra nel nucleo della cellula ospite attraverso i pori nucleari:
o se rimane nel nucleo senza essere integrato non c’è replicazione virale
o se viene integrato dalla integrasi inizia la fase tardiva dell’infezione
Una volta integrato, il DNA virale (provirus) viene trascritto come un gene cellulare dalla RNA
polimerasi II, quindi la sua replicazione dipende dal grado di metilazione del DNA virale, dal ritmo
di crescita cellulare e dalla produzione da parte della cellula dei fattori di trascrizione NF-kB e SP1.
Per questo motivo le citochine e altri stimoli che attivano i linfociti T e i macrofagi potenziano la
trascrizione dei geni virali.
A seguito di trasmissione sessuale, l’HIV entra e infetta rapidamente il tessuto linfoide associato
alla mucosa (MALT), compreso l’intestino.
Infezione primaria. Il paziente ha una spiccata viremia (105-107 copie per mm3), che
costituisce la principale causa della disseminazione del virus negli organi linfoidi, e può
sviluppare una sintomatologia simil-mononucleosica. In questa fase, che inizia
solitamente entro 1-4 settimane dall’infezione avviene la sieroconversione
Periodo di latenza clinica. Si ha graduale deterioramento del sistema immunitario:
nonostante la viremia è relativamente bassa, negli organi linfoidi sono evidenziabili livelli
elevati di DNA provirale
Fase sintomatica, che può essere associata a sintomi aspecifici quali perdita di peso e
astenia. È caratterizzata generalmente da una conta di linfociti CD4 compresa fra 200 e 500
per mm3. Già in questa fase è facile che il Mycobacterium tuberculosis si riattivi
AIDS. Una conta inferiore a 200 linfociti CD4 per mm3 è indicativa di AIDS. In questa fase
può sviluppare gravi infezioni opportunistiche, in particolare
o quando la conta è sopra le 100 cellule per mm3 è facile che il paziente sviluppi una
polmonite da Pneumocystis jirovecii, la criptosporidiosi e una candidosi orale che
non risponde ai normali trattamenti antimicotici
o quando la conta scende sotto le 100 cellule per mm3, ma è comunque al di sopra
delle 50 cellule per mm3, il paziente può sviluppare un’encefalite da Toxoplasma,
nonché esofagiti da Candida, HSV e CMV
o se la conta scende al di sotto delle 50 cellule per mm3 la malattia è drammatica e il
paziente è suscettibile a praticamente qualsiasi infezione, specialmente gravi
infezioni sistemiche da CMV, criptococcosi e infezioni disseminate da
Mycobacterium avium complex
producendo Tax, un regolatore trascrizionale in grado di attivare specifici geni cellulari che
promuovono la crescita, come IL-2 e il suo recettore IL-2R
integrando la regione LTR virale, che contiene sequenze promotori e sequenze enhancer,
in prossimità di geni che controllano la crescita cellulare
HTLV-1 è stato fortemente correlato
alla leucemia acuta a cellule T dell’adulto. Le cellule maligne sono definite “cellule a fiore”
perché sono pleomorfe e contengono nuclei lobulati
a una malattia neurologica non oncogena, la mielopatia associata all’HTLV-1, una
paraparesi spastica
HTLV-2 ha tropismo per i linfociti CD8 e sembrerebbe avere un ruolo nella leucemia a cellule
capellute. HTLV-5 pare correlato a un linfoma cutaneo maligno.
Si fa diagnosi di infezione da HTLV-1 con metodo ELISA mediante il reperimento di antigeni virus-
specifici nel sangue (come gp46), oppure con RT-PCR per la ricerca dell’RNA virale.
In alcuni casi di pazienti affetti da leucemia a cellule capellute è risultata efficace una
combinazione di AZT e interferone-alfa.
Papillomavirus
Sono stati identificati un centinaio di tipi di HPV, che vengono classificati in 16 gruppi (da A a P):
virus appartenenti a un determinato gruppo causano lo stesso tipo di verruche.
Sulla base della loro tessuto-specificità, possono essere distinti in cutanei e mucosi: all’interno
della classe dei mucosi ci sono i tipi associati al carcinoma della cervice uterina. Esiste una forte
correlazione fra carcinoma della cervice e infezione da HPV, al punto che il DNA virale è stato
identificato in più del 99,7% dei carcinomi cervicali.
Vengono considerati ad alto rischio HPV-16, HPV-18, 31, 33, 45, 52 e 58.
I Papillomavirus sono virus nudi che presentano un capside icosaedrico.
Il genoma è costituito da DNA circolare che codifica per setto o otto geni precoci (da E1 a E8), a
seconda del virus, e due geni strutturali o tardivi (L1 e L2). Tutti questi geni sono sul filamento
positivo e il ciclo di replicazione di HPV è correlato al ciclo vitale dei cheratinociti:
E1 lega il DNA virale a livello della sequenza ori (origine di replicazione) e grazie all’aiuto
della proteina E2 forma un’elicasi esamerica. Inoltre, è capace di reclutare numerose
proteine cellulari implicate nella replicazione, come la DNA polimerasi alfa (che sintetizza i
primer di RNA) e la Proteina A della replicazione. Permette il mantenimento in forma
episomiale del genoma virale
E2 è il principale regolatore trascrizionale di HPV, può promuovere o arrestare la
trascrizione di geni virali. Quando il DNA virale viene integrato con quello cellulare, la sua
funzione viene persa: a questo punto i geni E6 ed E7 non verranno più controllati e saranno
espressi in grande quantità, contribuendo alla progressione maligna in caso di HPV ad alto
rischio. Quindi, nelle forme maligne, il DNA è integrato, nelle forme benigne non lo è
E4 lega le cheratine appartenenti al citoscheletro intracitoplasmatico: è capace di
disgregare la struttura cellulare promuove il rilascio dei virioni maturi
E5 è classificata come proteina oncogena in quanto incrementa la crescita cellulare tramite
attivazione e stabilizzazione del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGF-R).
Sembra avere un ruolo anche nella down-regolazione di MHC I e II aumentando così la
capacità di evasione dal sistema immunitario, soprattutto negli HPV ad alto rischio
E6 lega p53 e ne favorisce l’ubiquitinazione e la conseguente disgregazione. Interferisce
quindi con i meccanismi di riparazione del DNA e con l’innesco dell’apoptosi. Inoltre, è
capace di inattivare le telomerasi
E7 lega la proteina Rb inattivandola: questo impedisce il blocco del ciclo cellulare e la
riparazione del DNA della cellula ospite
Per quanto riguarda i geni strutturali tardivi:
la proteina capsidica maggiore (L1) lega i proteoglicani eparinici, l’integrina alfa 6 e altri
recettori cellulari che ritroviamo a livello basale, quindi rappresenta la VAP
la proteina capsidica minore (L2) è capace di legare il DNA virale permettendo
l’incapsidamento
Gli HPV hanno tropismo per le cellule di origine ectodermica: infettano l’epitelio squamoso, ma
non il cilindrico.
La replicazione del DNA virale è mediata dalla DNA polimerasi cellulare, pertanto avviene solo
quando la cellula stessa replica, quindi il virus non può replicare quando vuole ma può soltanto
stimolare la proliferazione della cellula (tramite E5).
Il virus ha trasmissione cutanea, sessuale o perinatale:
Replicazione virale
Le proteine VP1 ai vertici del virione formano una struttura “a canyon”, con cui i virus
appartenenti a questa famiglia possono legare recettori presenti sulla cellula ospite.
In particolare
Enterovirus
Non causano malattie enteriche, ma si moltiplicano nel tratto intestinale e sono trasmessi per via
oro-fecale.
Sono resistenti all’acidità dello stomaco, alle proteasi e alla bile.
La replicazione
inizia nella mucosa e nel tessuto linfoide delle tonsille e della faringe
successivamente a livello delle cellule M, dei linfociti delle placche del Peyer e degli
enterociti
Poliovirus
I poliovirus si suddividono in 3 sierotipi. Il tipo 1 è quello che più virulento.
L'uomo è l’unico ospite naturale.
La maggior parte (70-75%) delle infezioni non causa sintomi.
La malattia sintomatica è classificata come
Le manifestazioni più comuni della poliomielite paralitica, oltre alla meningite asettica,
comprendono dolore muscolare profondo, iperestesie (cioè eccessivo aumento della sensibilità a
stimoli tattili, termici o dolorifici), parestesie e spasmi muscolari.
Il paziente può sviluppare una paralisi flaccida asimmetrica degli arti.
Inoltre, se il bulbo è particolarmente colpito, possono essere compromessi i centri respiratori del
tronco encefalico, con conseguente compromissione respiratoria.
Alcuni pazienti sviluppano una sindrome postpoliomielitica anni o, addirittura, decenni dopo una
poliomielite paralitica. Questa sindrome è caratterizzata da debolezza e atrofia muscolare.
Nella poliomielite paralitica, circa i due terzi dei pazienti presentano una debolezza residua
permanente.
Si fa diagnosi definitiva con coltura virale su feci, faringe e liquido cerebrospinale.
Si usano cellule di rene di scimmia.
Non esiste terapia antivirale. La terapia è solo di supporto.
Il vaccino Salk è quello inattivo. Il vaccino Sabin è vivo attenuato e si usa solo nei Paesi dove la
polio è endemica.
Coxsackievirus
I coxsackievirus A sono associati a lesioni vescicolari. Provocano:
Echovirus
Possono provocare meningite asettica.
Il virus dell’epatite A appartiene agli echovirus.
Rhinovirus
Costituiscono la causa principale del raffreddore comune. Si legano al recettore ICAM-1, espresso
su cellule epiteliali e fibroblasti.
Non sono in grado di replicarsi nel tratto gastrointestinale. Sono instabili a pH acido.
Crescono meglio a una temperatura di 33 °C. Questo in parte spiega perché rimangono confinati
negli ambienti relativamente freddi della mucosa nasale.
Le cellule infettate secernono bradichinina e istamina, responsabili della rinorrea.
di pericapside
di un nucleocapside isometrico
di una molecola di RNA a singolo filamento lineare a polarità positiva
La moltiplicazione è citoplasmatica.
I Togavirus sono dotati di un mRNA subgenomico e gemmano dalla membrana plasmatica.
I Flavivirus differiscono dai Togavirus per la presenza di una proteina di matrice, per la mancanza
di mRNA subgenomico e perché gemmano dal reticolo endoplasmatico e non dalla membrana
plasmatica.
Alla famiglia dei Togavirus appartengono due generi:
gli Alfavirus, che provocano encefaliti, sindromi febbrili con eruzioni cutanee e poliartrite
(come la chikungunya, trasmessa dalle zanzare Aedes)
i Rubivirus, a cui appartiene il Rubella virus, ovvero il virus della rosolia
o la rosolia può provocare linfadenopatie, esantema (simile a quello del morbillo, ma
meno esteso e più evanescente), e, talvolta, sintomi sistemici, che solitamente sono
lievi e di breve durata. L’infezione contratta nelle fasi precoci della gravidanza può
provocare aborto spontaneo, natimortalità o anomalie congenite
Ai Flavivirus appartengono molti virus trasmessi con le zanzare:
Poxvirus
Sono virioni icosaedrici di grandi dimensioni.
Formano strutture complesse che racchiudono uno o due corpi laterali e un core biconcavo, con
tutti gli enzimi necessari per la sintesi di mRNA. Per questo la moltiplicazione avviene nel
citoplasma.
Presentano una molecola di DNA lineare a doppio filamento.
Alla famiglia dei poxvirus appartengono:
il virus del vaiolo, eradicato. La variante major, dopo un periodo di incubazione di 10-12
giorni, si manifesta con sintomi prodromici per 2-3 giorni. Dopo compaiono lesioni maculo-
papulari sulla mucosa orofaringea, sul volto e sulle braccia, che si diffondono rapidamente
al tronco e alle gambe. Dopo 1-2 giorni, le lesioni cutanee diventano vescicolari e poi
pustolose. Le lesioni cutanee del vaiolo, a differenza di quelle della varicella, si trovano
tutte al medesimo stadio di evoluzione in una determinata parte del corpo. Il tasso di
mortalità è di circa il 30%. La variola minor determina sintomi simili ma molto meno gravi,
con un esantema meno esteso e una letalità inferiore all’1%
il virus del mollusco contagioso, sessualmente trasmissibile.
È caratterizzato da gruppi di papule a superficie liscia, rosee, con un aspetto perlaceo, a
forma di cupola e di diametro compreso tra 2 e 5 mm.
Per rimuovere le lesioni si usano raschiamento, crioterapia o laser terapia.
Parvovirus
Sono particelle icosaedriche, molto piccole, prive di involucro e di enzimi.
Hanno una molecola di DNA a singolo filamento lineare a polarità sia positiva che negativa.
La replicazione è nucleare. I parvovirus devono infettare cellule mitoticamente attive perché non
codificano né i fattori necessari per stimolare la crescita, né una polimerasi.
Il parvovirus B19 provoca la quinta malattia (eritema infettivo).
Il periodo d’incubazione è di 4-14 giorni. Inizialmente si sviluppa una sintomatologia simil-
influenzale. Dopo alcuni giorni, a livello delle guance, compare un eritema confluente e rilevato (è
tipico l’aspetto “a guance schiaffeggiate”). Compare anche un’eruzione maculo-papulare
simmetrica a livello delle braccia, delle gambe e del tronco.
L’eruzione dura tipicamente 5-10 giorni.
La diagnosi è clinica. La viremia da parvovirus B19 può anche essere rilevata con la PCR.
La terapia è di supporto.
Reovirus
Sono particelle icosaedriche prive di involucro e contenenti un nucleocapside isometrico.
Contengono RNA a doppio filamento e una RNA polimerasi RNA-dipendente associata al virione.
La moltiplicazione è citoplasmatica.
A questa famiglia appartiene il genere dei rotavirus, che possono sopravvivere nell’ambiente acido
dello stomaco e provocare infezioni gastrointestinali.
L’infezione da rotavirus ostacola l’assorbimento di acqua, causando una perdita netta di ioni, con
conseguente diarrea acquosa. La proteina NSP4 agisce in maniera simile a quella di una tossina,
favorendo l’afflusso dello ione calcio all’interno degli enterociti e danneggiando il citoscheletro e
le tight junctions con conseguenti perdite e anche rilascio di citochine e attivatori neuronali che
alterano l’assorbimento di acqua.
Nelle feci si può rilevare l’antigene virale. La RT-PCR è utile per distinguere i genotipi del rotavirus.
Non è disponibile una terapia antivirale. Sono disponibili vaccini.
Filovirus
Sono lunghe particelle filamentose provviste di pericapside e di nucleocapside elicoidale.
Hanno una molecola di RNA a singolo filamento a polarità negativa.
Rhabdovirus
Sono grandi particelle a forma di proiettile provviste di pericapside, contenenti una molecola di
DNA a singolo filamento lineare a polarità negativa.
La moltiplicazione avviene nel citoplasma. Gemmano dalla membrana plasmatica.
La rabbia si trasmette tramite il morso di animali infetti. Nella sede del morso possono svilupparsi
dolori o parestesie. La rapidità della progressione si basa sull'inoculazione virale e sulla vicinanza
della ferita al cervello. Il periodo di incubazione è in media di 1 o 2 mesi.
I sintomi iniziali della rabbia sono aspecifici: febbre, cefalea e malessere.
In pochi giorni, però, si sviluppa
Entamoeba histolytica
Le cisti vengono ingerite
Il pH acido le apre, quindi viene rilasciata l’ameba tetranucleata
L’ameba nel duodeno si divide in trofozoiti che continuano a moltiplicarsi
I trofozoiti attaccano la parete dell’intestino crasso causando necrosi tissutale
Si sviluppano ulcere nella mucosa intestinale a fiasco, dette “a bottone di camicia”
La maggior parte delle infezioni si verifica in America Centrale, Sud America occidentale,
Africa occidentale e meridionale e nel subcontinente indiano.
I trofozoiti aderiscono e uccidono
le cellule epiteliali
i leucociti polimorfonucleati
Possono causare dissenteria, che tipicamente si manifesta con emissione di feci
semiliquide, contenenti spesso sangue e muco.
Secernono anche proteasi che degradano la matrice extracellulare e permettono
l’invasione della parete intestinale e oltre.
I trofozoiti possono diffondere attraverso la circolazione portale e causare ascessi epatici
necrotici. L’infezione poi può diffondersi dal fegato per contiguità allo spazio pleurico
destro e al polmone, oppure, più raramente, attraverso il flusso ematico al cervello e ad
altri organi.
Nell’intervallo tra le recidive di dissenteria, la clinica potrebbe mimare un’appendicite.
Anche la chirurgia può causare una diffusione dei trofozoiti a livello peritoneale.
Le cisti sono maggiormente presenti nelle feci formate e sono resistenti nell’ambiente
esterno. Possono diffondersi direttamente da persona a persona, o indirettamente
attraverso cibi o acqua. Anche l’anilingus è da considerarsi una pratica a rischio.
L’infezione cronica, caratterizzata da diarrea intermittente, dolore addominale e perdita di
peso può far pensare anche al morbo di Crohn o alla celiachia.
La diagnosi di amebiasi si basa sul riscontro dei trofozoiti amebici, delle cisti o di entrambi
nelle feci o nei tessuti.
Il trattamento è basato
inizialmente con metronidazolo o tinidazolo (per eliminare i trofozoiti)
poi diiodoidrossichinolina, paromomicina o diloxanide furoato per eliminare le cisti
Naegleria
Naegleria fowleri vive in organismi delle acque dolci calde e ha una diffusione universale.
Nuotare in acque contaminate espone la mucosa nasale al microrganismo, che può
penetrare nel SNC attraverso il neuroepitelio olfattivo e la lamina cribrosa.
Provoca la meningoencefalite amebica primaria.
Dopo un periodo di incubazione di 1-2 settimane, si manifesta una meningoencefalite
fulminante, caratterizzata da cefalea, meningismo e alterazione dello stato mentale, che
progredisce fino al decesso entro 10 giorni, di solito per erniazione cerebrale.
Solo pochi pazienti sono sopravvissuti.
Per fare diagnosi si deve effettuare l'osservazione del liquido cerebrospinale a fresco, per
dimostrare trofozoiti amebici mobili.
Acanthamoeba
L’Acanthamoeba è universalmente presente nelle acque, nel suolo e nella polvere.
Le cisti sono a doppia parete, in questo modo resistono all’eradicazione.
Cisti e trofozoiti possono entrare nel corpo attraverso gli occhi, le mucose nasali e le ferite
cutanee. Quando penetra negli occhi, può provocare gravi cheratiti.
Le lesioni nei pazienti con cheratite amebica sono tipicamente molto dolorose e causano
una sensazione di corpo estraneo.
Inizialmente, le lesioni hanno un aspetto dendriforme simile alla cheratite da herpes
simplex
Successivamente compaiono infiltrati stromali irregolari e talvolta caratteristiche
lesioni ad anello
La diagnosi della cheratite amebica è confermata da strisci corneali colorati con Giemsa.
Flagellati
A differenza delle amebe, la maggior parte dei flagellati si muove tramite ondulazione del
flagello che spinge il protozoo in ambienti fluidi.
Le patologie causate dai flagellati derivano in primo luogo da irritazione meccanica e da
infiammazione.
Giardia duodenalis
L’infezione inizia con l’ingestione delle cisti (la dose minima infettante è stimata tra
le 10 e le 25 cisti)
L’acido gastrico provoca il rilascio dei trofozoiti nel duodeno e nel digiuno, dove
aderiscono ai villi intestinali tramite il disco ventrale che agisce per aspirazione
Gli organismi si moltiplicano tramite fissione binaria
Le cisti e i trofozoiti vengono escreti con le feci
Trichomonas vaginalis
Esiste solo come trofozoite.
Il movimento è assicurato da 4 flagelli e da una corta membrana ondulante.
Ha distribuzione cosmopolita e viene trasmesso per via sessuale. Causa infezioni
urogenitali e si localizza nell’uretra, nella vagina e nella prostata.
Gli uomini sono essenzialmente portatori asintomatici.
Le donne o sono asintomatiche o presentano moderate secrezioni vaginali acquose.
Possono verificarsi vaginiti con minzione dolorosa.
Si fa diagnosi tramite esame microscopico delle secrezioni vaginali o uretrali per la ricerca
dei trofozoiti caratteristici.
Il farmaco d’elezione è il metronidazolo.
Apicomplexa (sporozoi)
Gli Apicomplexa, detti anche sporozoi, comprendono
specie parassite intestinali
specie parassite del sangue e dei tessuti
Presentano un complesso apicale, ovvero una struttura costituita da fibrille, microtubuli o
altri organelli cellulari con il quale questi organismi si introducono nelle cellule degli
animali ospiti.
Tutti gli sporozoi si riproducono per alternanza di generazione, ovvero nel corso del ciclo
biologico si assiste all’alternarsi di una o più riproduzioni asessuate (schizogonia) con una
sessuata (gametogonia).
Queste modalità di riproduzione possono avvenire sia all’interno di un solo ospite che di
ospiti diversi.
Cryptosporidium
Dopo l’ingestione, si posiziona appena all’interno dell’orletto a spazzola dell’epitelio
intestinale.
Plasmodium
I plasmodi sono sporoozi, appartenente alla sottoclasse dei coccidi dixeni.
Sono capaci di parassitare gli eritrociti.
Il loro ciclo biologico si svolge in due ospiti: le zanzare Anopheles, dove si compie la
riproduzione sessuata, e l’uomo, dove si compie quella asessuata.
L’infezione umana ha inizio con la puntura di una zanzara infetta, che, attraverso la saliva,
permette il passaggio degli sporozoiti in circolo.
Gli sporozoiti raggiungono le cellule parenchimali del fegato dove avviene la riproduzione
asessuata (schizogonia). Questa fase è detta ciclo esoeritrocitico e dura 8-25 giorni.
Alcune specie possono instaurare una fase epatica quiescente, nella quale gli sporozoiti
(ovvero gli ipnozoiti o forme dormienti) non si dividono e rimangono in uno stato di
latenza. Queste forme possono riattivarsi e determinare la malattia a distanza di mesi o
anni dalle manifestazioni cliniche iniziali.
Gli epatociti, quindi, si rompono, liberando i plasmodi (merozoiti), che subito si legano a
specifici recettori sulla parete degli eritrociti e penetrano nelle cellule, iniziando il ciclo
eritrocitico.
La replicazione asessuata procede attraverso una serie di stadi che culmina nella rottura
dell’eritrocita, liberando fino a 24 merozoiti che avviano un altro ciclo di replicazione
infettando altri eritrociti.
Alcuni merozoiti, poi, si sviluppano in gametofiti maschili (microgametociti) e femminili
(macrogametociti). Se una zanzara ingerisce i gametociti maturi durante il pasto di sangue,
questi nello stomaco dell’insetto maturano in gameti e danno inizio al ciclo riproduttivo
sessuato della malaria, con produzione finale di sporozoiti infettanti per l’uomo.
Plasmodium falciparum
Non mostra selettività per gli eritrociti dell’ospite, quindi invade ogni globulo rosso
indipendentemente dallo stadio in cui si trova.
Il periodo di incubazione è il più breve tra i plasmodi (7-10 giorni).
Gli strisci di sangue periferico di pazienti con malaria da P. falciparum in genere
contengono soltanto trofoiziti giovani ad anello e talvolta gametofiti semilunari,
diagnostici per la specie.
Provoca la malaria terzana maligna.
Dopo una iniziale sintomatologia simil-influenzale, causa rapidamente febbre,
brividi, forte nausea, vomito e diarrea.
In seguito, la febbre diventa periodica. Il paziente manifesta attacchi febbrili
ternani, cioè attacchi che vanno e vengono ogni 36-48 ore. Questo succede in modo
fulminante.
Se non trattata, è la più letale. Si osserva spesso un coinvolgimento del cervello e
insufficienza renale acuta. Anche perché i globuli rossi parassitati aderiscono
all’endotelio vascolare provocando ostruzione dei capillari.
Esistono test diagnostici rapidi che permettono di individuare gli antigeni del
plasmodio
Si può trattare con la clorochina, tuttavia bisogna chiedere sempre al paziente in
quale zona ha viaggiato, perché la resistenza alla clorochina è sempre più frequente.
Plasmodium knowlesi
È un parassita malarico delle scimmie del vecchio mondo
Esibisce una ridotta specificità di ospite (quindi è permissivo anche nell’uomo)
Non è selettivo nei confronti degli eritrociti
Il suo ciclo vitale ha una durata breve (circa 24 ore)
Non provoca sequele neurologiche
È presente tipicamente uno stato febbrile aspecifico con febbre e tremori
quotidiani, cefalea, malessere e dolore addominale
La complicanza più frequente è la sindrome da distress respiratorio, associata a
insufficienza epato-renale
La gestione dell’infezione è analoga a P. falciparum
Plasmodium vivax
È selettivo: invade solo gli eritrociti giovani e immaturi
Usa l’antigene di gruppo sanguigno Duffy presente sugli eritrociti come recettore
primario, anche se sono stati descritti casi in pazienti Duffy-negativi
Solitamente gli eritrociti infetti appaiono ipertrofici e contengono numerose
granulazioni rosa-rossastre definite granulazioni di Schuffner
Causa malaria terziaria benigna.
Dopo un periodo di incubazione di 10-17 giorni, il paziente presente una
sintomatologia simil-influenzale.
Quando l’infezione progredisce, la lisi eritrocitaria provoca il rilascio di merozoiti in
circolo, emoglobina e residui tossici. Questi fattori determinano il tipico quadro
malarico: brividi, febbre e rigor malarico
La clorochina è il farmaco d’elezione
Plasmodium ovale
Molto simile a P. vivax (hanno un quadro clinico molto simile e anche il regime
terapeutico è uguale)
Le differenze sono poche:
o i trofozoiti di P. vivax sono spesso ameboidi, mentre P. ovale tende ad essere
più compatto
o P. ovale appare più grande
Plasmodium malariae
Può infettare soltanto eritrociti maturi, in quanto hanno membrane relativamente
rigide. Non determina allungamento o distorsione del globulo rosso
Lo schizonte è solitamente disposto a rosetta
Talvolta sono presenti granuli rossastri detti granuli di Ziemann
Il periodo di incubazione è il più lungo, variando da 16 a 60 giorni
Si manifesta con sintomi simil influenzali e febbre ricorrente ogni 72 ore
Il trattamento è uguale a quello di P. vivax (quindi clorochina)
Toxoplasma gondii
Tripanosomi
Trypanosoma brucei provoca la tripanosomiasi africana (malattia del sonno).
o T. brucei gambiense
Lo stadio infettivo del microrganismo è il tripomastigote, presente nelle
ghiandole salivari delle mosche tse-tse, che ha un flagello libero e una
membrane ondulante.
I tripomastigoti penetrano nella ferita creata dalla puntura di insetto e si
immettono nel circolo sanguigno e linfatico, per poi invadere il SNC.
La riproduzione avviene per fissione binaria.
Durante il pasto ematico delle mosche tse-tse, i tripomastigoti migrano nelle
ghiandole salivari dove si trasformano prima in epimastigoti e poi nello stadio
infettivo di tripomastigoti.
La malattia del sonno del Gambia si manifesta con un’ulcera al sito di puntura
dell’insetto; con il proseguimento della malattia, i parassiti invadono i
linfonodi e compaiono febbre, mialgia, artralgia e ingrossamento linfocitario.
La tumefazione dei linfociti cervicali posteriori è denominata segno di
Winterbottom. La malattia cronica progredisce invadendo il SNC.
Il trattamento prevede somministrazione di suramina e, nel caso di
coinvolgimento di SNC, melarsoprolo.
o T. brucei rhodesiense
Simile al gambiense: la malattia acuta si manifesta con febbre, brividi e
mialgia, ma in modo più rapido.
Il parassita è più virulento, trovandosi nel sangue in cariche maggiori.
Gli stadi cronici non si osservano perché, oltre alla rapida invasione del SNC, i
protozoi causano la morte a seguito del danno renale e miocardico.
Il protocollo di trattamento è lo stesso di quello previsto per T. b. gambiense.
Trypanosoma cruzi provoca la tripanosomiasi americana (malattia di Chagas).
Il ciclo si differenzia da quello di T. brucei per la produzione di un morfotipo
denominato amastigote, ovvero una forma intracellulare priva di flagello e di
membrana ondulante.