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LIBRO DI SELWYN

Selwyn utilizza un approccio analitico nell’esaminare la relazione tra educazione e


tecnologie digitali.
Egli afferma che l’uso delle tecnologie nei contesti educativi viene dato per scontato,
nonostante le tecnologie siano strettamente connesse con tematiche e fenomeni di
grande importanza per le società contemporanee.
In primis, chiarisce che il focus principale in un'analisi sociologica delle tecnologie
educative non può corrispondere alla tecnologia in sé come semplice artefatto.
Sottolinea soprattutto l’importanza di osservare le pratiche, le attività, i significati,
le relazioni sociali che le persone vi attribuiscono, collegate alle tecnologie.

Per termine apprendimento intendiamo quel processo nel quale un individuo


acquisisce competenze e comprensione.
Bloom descrive l'apprendimento in tre domini sovrapposti:
1. Psicomotorio legato alle abilità manuali o fisiche;
2. Affettivo legato alle emozioni e gli atteggiamenti;
3. Cognitivo legato alla conoscenza e alle capacità intellettuali;
Ci si è anche domandati se l’apprendimento vada inteso come un prodotto o un
processo. All’inizio del 20esimo secolo l’apprendimento veniva visto come un
prodotto finale, come un cambiamento rilevato dal comportamento (visione
comportamentista: cambiamento nel comportamento come risultato delle esperienze
di un individuo). Il processo di apprendimento nel senso comune viene riferito ad
attività educative in ambiti formali come quelle organizzate dalle istituzioni ma in
realtà, secondo Rogers, l’apprendimento può essere anche informale (quello che
apprendiamo individualmente senza tramiti istituzionali) o comunque essere un
processo inconscio.
Selwyn invita a dare importanza al concetto di social milieu ossia lo spazio sociale
all’interno del quale avviene il processo educativo.
L’apprendimento infine non va considerato come una mera questione tecnica.

Mentre per tecnologia troviamo una definizione base per cui essa è intesa come un
processo nel quale gli essere umani per soddisfare i propri bisogni e desideri,
modificano la natura. Infatti, in senso storico, questo concetto si riferisce all’uso di
strumenti per adattare e controllare l’ambiente umano.
La tecnologia si è sempre riferita ai processi e alle pratiche di comprendere, fare le
cose per sviluppare conoscenze.
Mackenzie e Wajcman suggeriscono tre modi di vedere la tecnologia:
1) attraverso gli oggetti fisici stessi; 2) attraverso le attività umane collegate agli
stessi; 3) attraverso l’essere umano e la sua conoscenza di queste attività;
Lievrouw e Livingstone invece descrivono il modo in cui si compone la
tecnologia:
1) artefatti e dispositivi; 2) attività e pratiche di fruizione (comprese quelle
culturali e relazionali); 3) il contesto (forme in cui si organizza com le
strutture culturali, sociali ed istituzionali);

I vantaggi delle tecnologie, in ogni caso, è quella di poter gestire in modo ordinato e
produttivo una grande mole di dati. Esse danno la possibilità di archiviare e
distribuire elettronicamente le informazioni digitali, attraverso la creazione di uno
spazio fisico.
Selwyn ritiene che per comprendere al meglio i dati digitali, occorre comprendere
quelli analogici ossia quelli che sono misurati come un valore che varia
continuamente (lancette orologio che muovendosi misurano il tempo).

CAPITOLO II

Nel secondo capitolo, Selwyn tratta del cambiamento subito nel mondo educativo
legato all’avvento delle tecnologie che viene presentato come inevitabile e propone
una serie di motivazioni legata appunto a questa sensazione di inevitabilità.
Successivamente dichiara che la vera sfida è quella di rivalutare la nostra idea di
scuola, insegnamento ed educazione in generale legato alle tecnologie.
Propone uno sguardo più attento, teso all’approfondimento e al punto di vista
sociologico.

L’imperativo interno è la capacità della tecnologia di cambiare il mondo


dell’educazione.
Le tecnologie se ben utilizzate possono migliorare molti aspetti dell’istruzione
(memoria, ortografia, apprendimento differenziato e diretto, lezioni più coinvolgenti
con contenuti vivi).
L’imperativo esterno invece, è la spinta della società, una richiesta della società di
introdurre la tecnologia all’interno della sfera educativa.
Nell’ambito educativo infatti è come se ci fosse un costante obbligo sociale di stare al
passo con i cambiamenti economici e sociali associati alle nuove tecnologie,
implementando le tecnologie digitali nell’ambito educativo.

Nel tempo si sono formulate delle ipotesi sull’istruzione e la tecnologia, una delle più
fuorvianti riguarda il determinismo tecnologico il quale presuppone che la
tecnologia determini il cambiamento sociale. La sua forma più estrema vede la
tecnologia come unico fattore di cambiamento sociale.
Questo lascia poco spazio di manovra, di azione sociale nell’implementazione e
nell’uso delle tecnologie, per cui gli insegnanti e altri soggetti coinvolti nell’istruzione
sono mezzi nelle condizioni di dover subire il cambiamento provando a farne il
miglior uso possibile.

Selwyn spiega chiaramente la presenza di un divario tra le aspettative di utilizzo


delle tecnologie e quello effettivamente riscontrato nella pratica.
Questo ci suggerisce che la tecnologia non va immaginata come una sorta di
“soluzione pronta” alle problematiche che sorgono all’interno del sistema educativo.
I sociologi hanno infatti introdotto una prospettiva chiamata “social shaping”, in
cui si accetta che nello sviluppo e implementazione delle tecnologie educative non c’è
alcuna certezza di ottenere predeterminati risultati.
Ogni artefatto tecnologico, secondo questa prospettiva, viene percepito in continua
relazione con una serie di interazioni e negoziazioni con i contesti sociali, economici,
politici e culturali.
La concezione della tecnologia viene definita di social shaped che permette di
rendere trasparente e aperto quel processo di uso della tecnologia nell’istruzione,
spesso considerato come nascosto. Tutto ciò se ci si pone le domande giuste sui
fattori organizzativi, economici, culturali che modellano la progettazione, lo sviluppo,
la produzione e quindi l’implementazione, l’uso finale di un artefatto tecnologico
nell’istruzione.
E’ solo attraverso lo studio e l’analisi di come si sono costruite, modellate e negoziate
le tecnologie in relazione con gli attori che possiamo averne maggiore comprensione.

III CAPITOLO

Selwyn nel terzo capitolo consolida la sua contrarietà ad un approccio astorico,


troppo proiettato al futuro che non considera il presente.
Lui sostiene uno sguardo storico che spinge ad evitare quelle spinte
deterministiche che tendono a considerare che debba essere solo la società ad
adattarsi ai cambiamenti tecnologici.
Propone uno sguardo in chiave relazionale e al modo in cui ogni tecnologia in
tempi diversi abbia influenzato ogni rango della società.
Parte quindi dalle principali tecnologie educative del 20esimo secolo (film, radio,
televisione e microcomputer).
Selwyn si domanda quindi su quali lezioni possiamo trarre se ci concentreremo sugli
usi precoci e predigitali delle tecnologie nelle scuole, nei college e nelle università dal
1900 in poi.
Inizia suggerendo che potremo scoprire che una tecnologia può trovare ramificazioni
in quella successiva che può a sua volta attingere o ridisegnare quella passata.
Il processo con il quale si integra una tecnologia non è un processo immediato ma
lungo e soprattutto invita ad andare oltre il clamore iniziali delle prime impressioni.
La storia in questo senso fornisce una visione chiara dei significati attribuiti alle
tecnologie prima ancora di essere percepite come inevitabili.

Parte dai film, dalle pellicole e dall’entusiasmo crescente che ebbe per inserire
un’istruzione visiva attraverso l’uso appunto di immagini a intervalli accompagnato
da testo narrativo.
Il cinema fu un mezzo potente che ebbe la capacità di dare vita all’apprendimento,
rappresentando la realtà in una nuova forma, quella visiva, dando vita e sentimento
all’oralità e alla scrittura.
L’insegnamento visivo si propose degli obiettivi: 1) impartire conoscenza dei fatti; 2)
insegnare abilità percettivo-motorie; 3) influenzare le motivazioni, atteggiamenti e
opinioni;
Alcuni sondaggi effettuati rilevarono la convinzione tra insegnanti ed educatori che
nelle scuole superiori si sarebbe potuto insegnare anche soltanto i film poichè
l’efficacia sarebbe stata la stessa. La realtà però fu ben diversa in quanto poi gli
insegnanti utilizzarono a malapena i film nelle lezioni.
Le ragioni di questo fallimento furono diverse: un pò la mancanza di capacità degli
insegnanti nell’uso dell’attrezzatura, il costo elevato della stessa (film, manutenzione
attrezzatura), la difficoltà nel trovare il materiale cinematografico adatto alla classe.

Per quanto riguarda, invece, la radio educativa, fece il suo primo esordio nel 1917,
negli Stati Uniti per poi pochi anni più tardi vennero rilasciate delle licenze per
trasmissioni educative per sostenere la creazione di stazioni educative radio per
trasmettere programmi educativi.
Un esempio lo ritroviamo nella RCA (educational hour), un programma musicale di
successo ma oltre esso più di sessanta università e college hanno offerto forme di
istruzione radiofonica ai loro studenti, istituendo anche dei distretti scolastici nei
quali svilupparono delle stazioni radio con programmi integrati alle lezioni
quotidiane.
Anche in questo caso ci fu molto entusiasmo, essendo che nella radio si individuò il
vantaggio di poter trasmettere contenuti educativi di alta qualità ad un numero
oneroso di classi a costi non elevati.
Ma alla fine degli anni 40 divenne chiaro che questo potenziale non si stava
realizzando, nello specifico nel mondo scolastico statunitense, in quanto l’uso da
parte degli insegnanti era sporadico.
Un sondaggio, proprio di quei anni, esaminò le motivazioni di questo poco uso nelle
scuole superiori statunitensi e i problemi rilevati erano di tipo logistico, tecnico ed
educativo: 1) in primis, la maggioranza non possedeva apparecchiature di ricezione
radio; 2) difficoltà nel combaciare le lezioni ordinare all’uso della radio; 3)
disinteresse da parte degli insegnanti, mancanza di informazioni o lavoro in classe
visto con maggiore importanza;

Poi ritroviamo la televisione educativa avviata nel 1952 che ricevette un cospicuo
finanziamento federale, accompagnato dal sostegno di organizzazioni commerciali
(in particolare finanziamento dalla Fondazione Ford).
Ciò portò ad una crescita esponenziale e alla creazione da parte di alcune università e
college di stazioni televisive educative.
Nella televisione, si intravedeva la possibilità di risorse didattiche uniche nel suo
genere, che offrisse una finestra sul mondo, mescolando elementi di divertimento e
apprendimento.
Come le precedenti tecnologie, anche questa durante gli anni ottanta subì il suo
declino riguardo l’impatto sull’istruzione (soprattutto paragonando al forte uso che si
faceva in casa).
Un sondaggio di quei anni condotto in Inghilterra mise in risalto le cause: 1) costo
apparecchiature; 2) mancanza di formazione degli insegnanti sull’uso; 3)
incompatibilità tra contenuti televisivi e scolastici; 4) qualità bassa contenuti tv;
Soprattutto riguardo i contenuti televisivi è come se fossero stati concepiti contro gli
insegnanti, essendo creati da figure non facenti parte del mondo educativo.

In ultimo abbiamo la microelettronica/microcomputer e nello specifico nel


1966 in cui emerse la figura del tutor informatico, visto come un salvatore
dell’istruzione, essendo che in modo individualizzato poteva fornire istruzioni a
qualsiasi persona.
Alla fine degli anni sessanta infatti, si svilupparono:
● tutorial e istruzioni di coaching (presenza di materiale didattico
computerizzato, tutor che monitora l’interazione e interviene).
● istruzione drill and practice (computer aiuta attraverso la pratica ripetitiva lo
studente ad acquisire abilità come l’ortografia, la grammatica, l’aritmetica).
● risoluzione dei problemi (allo studente viene assegnato un problema e ne
discute con il computer).
● sistemi di dialogo (computer elabora dialoghi elaborati per esercitarsi su una
lingua parlata tipo inglese).
● simulazione laboratorio (computer fornisce esperimenti simulati).
● uso database (tanti file informatici da poter usufruire) e giochi educativi.

Tra gli anni settanta e ottanta ci fu un'enorme crescita di computer nelle scuole
statunitensi, anche grazie al supporto economico di aziende come Apple e IBM.
Martin e Norman, osservarono che attraverso il computer il processo di istruzione
è centrato sull’allievo e non sull’istruttore o la macchina, essendo che quest’ultima
adatta i ritmi digitali a quelli dello studente.
Per cui l’impatto tra anni sessanta e ottanta nell’introduzione dei computer fu
nettamente positiva anche se nonostante ciò, gli insegnanti fecero richiesta di un uso
migliore, in quanto era per loro molto difficili staccare soprattutto i bambini dalle
macchine per riportarli a lezione.
L’uso del computer quindi non venne fortemente sostenuto nel sistema scolastico,
diventando sempre più sporadico.

Selwyn alla fine di questa analisi storica mette in risalto che tutti e quattro esempi di
tecnologia evidenziano una forte tendenza a considerare queste tecnologie come una
soluzione alla ricerca di un problema, una soluzione tecnica ai problemi sociali che sono
molto più complessi di quelli tecnologici.
Nella storia della tecnologia educativa si può chiaramente tracciare un ciclo di eventi che si
è ripetuto in ogni ondata di una nuova tecnologia.
Il ciclo inizia su promesse basate sulla potenziale trasformazione che può apportare la nuova
tecnologia, accompagnata da prove scientifiche e ricerche che rendano credibile la tecnologia
stessa. Ma nonostante l’entusiasmo iniziale, gli educatori ne fanno un uso incoerente per
ragioni di tipo tecnico, professionale o personale.
Le motivazioni proposte sono varie come risorse, finanziamenti o comunque una generale
resistenza degli insegnanti nei confronti delle tecnologie, i quali una volta crollata una
tecnologia e introdotta un’altra, si ritrovano venduti a questo ciclo redditizio infinito.
La fase dell’implementazione come abbiamo visto è un processo incontrollabile e
imprevedibile in quanto è il risultato di azioni umane, aspettative, processi decisionali e
istituzioni.
L’approccio applicato è legato al contesto ossia contestualista che ha messo in risalto come
la natura di questi cambiamenti sia prettamente sociale oltre che tecnica.

IV CAPITOLO

Negli ultimi dieci anni, gli neuroscienziati hanno documentato dei possibili collegamenti tra
l’uso della tecnologia e le capacità dei giovani in senso di apprendimento ed elaborazione
delle informazioni.
Oggi infatti si ritiene che le tecnologie digitali come Internet stiano ristrutturando ed
estendendo le strutture mentali (capacità di apprendimento).
Secondo Selwyn quindi dobbiamo analizzare i modi in cui le tecnologie possono
effettivamente associarsi all'apprendimento e come possiamo dirlo.
Per farlo lui propone una rivisitazione delle teorie chiave dell’apprendimento sviluppate
all’inizio del 21esimo secolo.

● TEORIE COMPORTAMENTISTE (inizi 900)

Questa teoria si basa su una concezione associazionista, ovvero intende


l’apprendimento come il risultato di associazioni nuove tra stimoli e
comportamenti in risposta agli stimoli stessi.
Quando un essere umano va ad interfacciarsi con uno stimolo risponderà in un
determinato modo e quel modo sarà lo stesso con il quale si interfaccerà con gli stessi
che hanno causato quel modo.
Se la conseguenza del comportamento viene ricompensata o punita, è probabile che
venga ripetuta o ridotta in base alla natura del rinforzo.
Il soggetto in questa visione è essenzialmente passivo e a causa di ciò viene
considerata più come una teoria dell’insegnamento che dell’apprendimento.
Il comportamentismo divenne presto la motivazione che spinse ad alcune riforme
educative come ad esempio negli anni 50 molti comportamentisti iniziarono a
sostenere un sistema di insegnamento e di apprendimento che venne noto come
istruzione programmata sostenuto dallo sviluppo di tecnologie educative.
Come detto nel precedente capitolo nonostante l’iniziale successo l’istruzione
programmata decadde negli anni 60.

Ci sono stati alcuni esperimenti a sostegno di queste teorie come gli esperimenti di
Pavlov e Watson basati su una serie di interazioni stimolo-risposta basate sulla
punizione. Nel tempo però l’idea che l’apprendimento sia radicato nelle reazioni alla
punizione è stata gradualmente superato dal modello di apprendimento attraverso il
condizionamento operante basato invece sul fatto che l’apprendimento era
collegato ad un meccanismo di ricompensa ad ogni risposta esatta.
Altri esperimenti citabili sono quelli di Skinner basati sul comportamento di una
serie di animali che ha dimostrato come alcuni comportamenti sono generali da un
processo di risposta-stimolo, feedback e di rinforzo.
La ricerca di Skinner sul condizionamento operante ha evidenziato l’importanza del
cambiamento del comportamento come il concatenamento comportamentale
attraverso una serie di esperimenti con animali che imparano a svolgere determinati
compiti al fine di procurarsi del cibo (ricompensa o non ricompensa in base al fatto se
la sequenza di azioni veniva correttamente interiorizzata o meno).

● TEORIE COGNITIVISTE (anni 50)

A differenza delle teorie comportamentiste, nelle cognitiviste l’apprendimento


viene concepito come un processo interno di azione mentale.
Le teorie cognitiviste cercano di descrivere i processi mentali che sono alla
base dell’atto di apprendimento. Le descrizioni proposte sono complesse in
quanto si basano sulle rappresentazioni memorizzate che vengono poi
elaborate e processate mentalmente.
Nella seconda metà del 20esimo secolo, gli psicologi cognitivi sono diventati
sempre più interessati allo sviluppo di metafore computazionali della
mente ossia allo schema che nasce da quei processi mentali nei quali le
informazioni vengono confrontate con le strutture cognitive esistenti.
Questo orientamento della psicologia cognitiva ha portato allo sviluppo di
modelli della mente che possono essere comparabili ad un computer che
affronta tre fasi: 1) elaborazione delle informazioni (input) 2) elaborazione
informazioni nella memoria a breve termine 3) trasferimento informazioni in
quella a lungo termine 4) con conseguente archiviazione e recupero.
(mente e computer componenti familiari)

La teoria cognitivista ha permesso lo sviluppo e la progettazione, dagli anni


60 in poi, di un apprendimento basato sulla tecnologia.
Lo scambio di insegnamento avviene tra un soggetto e un sistema intelligente
nel quale la performance del discente viene confrontata al modello ideale.
Questo sistema riconosce dove le azioni mentali della persona hanno deviato
rispetto al percorso ideale, il sistema fornisce quindi un feedback intelligente
e guida lo studente per altri tentativi.
Questa tecnologia si basa sull’idea che un computer sia in grado di pensare
come una mente umana (intelligenza artificiale).
Infatti l’intelligenza artificiale ha sostenuto anche una serie di tecnologie
implementate nell’istruzione negli ultimi 50 anni (programmi di risoluzione
dei problemi).
Questo approccio ha però ottenuto maggiore popolarità nell’apprendimento
di tipo professionale, dedicato agli adulti.

Le teorie cognitiviste però sono state criticate per aver incoraggiato con un
approccio troppo individualistico all’apprendimento e al sapere, perdendo di
vista la natura sociale dell’apprendimento umano.

● TEORIE COSTRUTTIVISTE (80-90)


Negli ultimi trent’anni si sono evidenziati maggiormente l’aspetto sociale dei
sistemi educativi, soprattutto attraverso le teorie costruttiviste
dell’apprendimento, che dominarono la scena tra gli anni Ottanta e Novanta.
Secondo queste teorie, l’apprendimento avviene al meglio quando ci si basa su
problemi, sulle precedenti conoscenze ed esperienze del soggetto discente.
I costruttivisti quindi vedono l’apprendimento come un processo molto più
attivo rispetto ai comportamentisti e cognitivisti.
Papert fu il primo a definire il concetto di costruzionismo come estensione
dell’approccio costruttivista, il quale si basa sull’assunto per cui
l’apprendimento avviene al meglio attraverso la costruzione di oggetti che
sono essi stessi in grado di fare qualcosa.
I costruzionisti, infatti, incoraggiano molto lo studente alla conversazione con
un artefatto, ritenendo che la tecnologia sia uno strumento attraverso cui
poter apprendere.
Questa corrente introduce il concetto di artefatti cognitivi ossia di oggetti e
dispositivi di cui l’uomo necessita essendo che facilitano l’apprendimento.
La figura dello studente quindi viene considerata in correlazione alla
concezione dell’apprendimento considerato di natura esplorativa ed
interrativa, variabile in base alle capacità dello studente di risoluzione dei
problemi in situazioni svantaggiose.
I costruttivisti quindi danno molta importanza alla capacità del singolo di
riflettere sul proprio apprendimento.a
Piaget infatti descrive la mente come un processo in continua maturazione
basato su una ricerca di un equilibrio tra ciò che è già stato appreso e ciò che
si sta sperimentando.
Per cui i costruttivisti, rispetto ai cognitivisti e i comportamentisti, basano i
modelli di apprendimento su attività come il problem risolving che varia in
base ai soggettivi livelli di assimilazione, adattamento e conoscenze regresse.
L’insegnante in questa visione ha il compito di guidare e supportare lo
studente in questa esplorazione, fornendogli un’istruzione legata alla
tecnologia, che gli faciliti il processo di costruzione della conoscenza.

● TEORIE SOCIO-CULTURALI

Tutte le teorie fino ad ora dimostrano un apprendimento accentrato


sull’individuo.
Alcuni psicologi però ha posto attenzione anche su ciò che circonda
l’apprendimento e lo sviluppo di un individuo come gli ambienti
sociali e culturali.
Per questo ch il Virtual Learning (apprendimento virtuale) viene
considerato come un processo profondamente sociale.
Per cui nelle teorie socio-culturali l’attenzione viene posta su come i
processi di apprendimento sono collocati all’interno di un determinato
ambiente socio-culturale.
L’apprendimento quindi è un processo che viene relegato ad un tipo di
istruzione formalizzata mentre lo studente ad esempio viene concepito
come socializzato su base informale, da altre persone coinvolte nel
processo di ricerca e trasferimento del sapere.
L’atto di apprendimento e interiorizzazione di specifiche competenze e
pratiche socio-culturali è considerato un processo tacito che coinvolge
lo studente che imita osservando le azioni dei suoi simili.
Quindi vi è un rapporto di co-costruzione della conoscenza,
attraverso tra discente e soggetto più esperto.
Un importante tratto distintivo di queste teorie è che l’apprendimento
si indentifica in un ambiente di vita vera, nel quale appunto si
svolgono pratiche e attività basate sulla partecipazione.

V CAPITOLO

Questo capitolo, proprio come gli altri, parte da un interrogativo di Selwyn che è “l’avvento
delle tecnologie renderanno più giusta l’educazione?”.
In primis bisogna stabilire cosa intendiamo per giuste ed eque, termini solitamenente
accostati alle diseguaglianze sociali e quindi all’inequa distribuzione di potere, prestiti e
risorse tra individui e gruppi sociali.
Partendo proprio dall’acquisizione di potere e risorse, la possibilità di accedere alla
conoscenza o a delle qualifiche sono fattori essenziali.
L’istruzione è un elemento importante per l’inclusione sociale che è un modo per misurare la
partecipazione alla società e di controllare il proprio avvenire di individui e gruppi.
L’educazione quindi è quindi il cuore di come è più o meno giusta la vita sociale per una
persona.

Grant ritiene che l’istruzione sia un processo che amplia le opportunità e le scelte di un
individuo soprattutto possibilità di maggiore impiego che sia gratificante.
L’istruzione è un processo che consente alle persone di far sentire la propria voce, per
costruire la propria fiducia e il senso delle capacità individuali.
L’istruzione possiamo quindi dire che sia uno strumento per combattere gli effetti della
privazione, dello svantaggio e della limitazione di opportunità data la presenta di
diseguaglianze tra paesi maggiormente sviluppati in cui il sistema educativo è più sviluppato
da quelli meno sviluppati.
Questa distanza ha portato ad alcuni accademici a ritenere che l’educazione sia un processo
molto ingiusto ed inequo. Anche e soprattutto per questo che le tecnologie digitali e le
loro qualità trasformazionali creano un forte entusiasmo, vengono viste come salvifiche, in
grado di superare queste problematiche.
In quanto le tecnologie digitali consentono agli individui più svantaggiati di usufruire di
benefici legati all’istruzione e all’educazione.

In questo dibattito vi sono due approcci differenti di comprensione di queste disuguaglianze:


il primo approccio vede la tecnologia come uno strumento per affrontare le diseguaglianze e
apportare opportunità educazionali. Questo approccio si basa sull’assunto per cui la società
dovrebbe dare uguali diritti di raggiungimento del successo, al di la del contesto attuale e
di appartenenza.
Il secondo approccio, è più radicalista, la tecnologia viene concepita come mezzo a supporto
degli interventi progressivi mirati alla redistribuzione di risorse, potere. E si ricollega ad una
visione mirata alla giustizia sociale e di creazione di una società con un grado maggiore di
equità in ternimi di ciò che le persone realmente possiedono.

Negli anni 60-70-80 ci fu come abbiamo visto in precedenza una diffusa fiducia nel potere
che hanno le tecnologie di trasformare il sociale.
Lo sviluppo delle IT ha genera un senso di libertà e giustizia. Internet per come è
architettato da ampia possibilità di collaborazione attraverso la sua capacità connettiva.
Internet permette di espandere la proprietà intellettuale di ognuno e questo presupposto
parte dall’idea che ogni individuo possa acquisire un potere, un controllo da parte di utenti e
consumatori che può arrivare al controllo delle istituzioni.
La partecipazione tecnologia si dovrebbe dipersonalizzare ossia dovrebbe plasmarsi sulle
necessità e gli interessi dei suoi fruitori.

I vantaggi che le tecnologie apportano all’individuo sono principalmente tre:


1. maggiore diversificazione del sistema educativo;
2. abbattimento delle barriere educative;
3. maggior controllo del sistema educativo da parte del fruente studente;
Il discente può accedere ad un ampia diversificazione di sistemi educativi,
confrontarsi con altri soggetti, apprendere in modo informale (auto apprendimento).
Ci sono anche degli esperimenti per promuovere la giustizia sociale nell’istruzione
come gli open source per l’istruzione, progetti di programmazione e codifica.
Questo però non significa che queste iniziative siano sempre calzanti con il contesto
nelle quali sono inserite, ad esempio vi è una bassissima percentuale di utenti
disposta a creare contenuti creativi.

VI CAPITOLO

In questo capitolo Selwyn esamina il rapporto tra innovazione tecnologica e


trasformazione del ruolo/lavoro dell’insegnante.
Di base, per insegnante intendiamo una persona che educa gli altri attraverso il
processo di apprendimento solitamente all’interno di un ambiente istituzionale
organizzato.
Sono presenti tre differenti aspettative sul rapporto tra insegnamento e tecnologia:
riduzione dei carichi di lavoro degli insegnanenti, monitoragio dei progressi degli
studenti, gestione dei materiali di apprendimento e fornimento di una valutazione
degli studenti.

Alcuni accademici sostengono che la tecnologia digitale rappresenti una minaccia per
il ruolo degli insegnanti e per la sua natura.
Sia pedagogisti che tecnologi si sono serviti di tutte le teorie di cui abbiamo prima
parlato, per rendere centrale la figura del discente nel processo educativo a discapito
della figura del docente.
Keller addirittura descrive l’insegnante come un intrattenitore della classe data la
mancanza di pensiero critico e dibattito costruttivo.
E’ necessario quindi riformulare le aspettative intorno al ruolo dell’insegnante
seguendo delle linee che mantengano incluso l’uso delle tecnologie nell’istruzione.
Ad esempio, recentemente, si è pensato ad un inserimento di mediator esperti o di
assistenti tramite recupero delle informazioni anche se questo porta a pensare a
quanto poi diventi marginare il ruolo dell’insegnante.
Nelle migliori delle ipotesi l’insegnante è tenuto ad adotare un’impostazione di
facilitazione attiva con un alto grado di partecipazione e coinvolgimento
nell’assistenza.

La tecnologia si ritiene che comunque possa fornire un supporto prezioso


all’insegnante:
● supporto nella pianificazione e progettazione dell’insegnamento (riduzione
carico lavoro, monitoraggio progressi, gestione del materiale e fornitura di
valutazioni);
● Internet permette l’accesso e la condivisione di risorse didattiche;
● supporto all’interno dell’aula come la lavagna interattiva;

La reazione dei docenti alla contaminazione tecnologica è stata di riluttanza a carattere


personale data dal legame con l’insegnamento tradizionale.
Nel complesso la sensazione dei docenti è che le tecnologie digitali limitino la libertà
accademica.
Anche gli studenti spesso ritengono gli insegnanti troppo vecchi, disinteressati e
incompetenti da non poter integrare la tecnologia nel loro insegnamento.

Nel dibattito ritroviamo comunque due posizioni dicotomiche: una che esprime le aspettive
di miglioramento e l’altra che è più legata ai timori di vedere svalutata, se non addirittura
sostituita la figura dell’insegnante (cosa sostenuta da Skinner: insegnamento programmato
su base digitale induce a totale sostituzione dell’insegnante).

VII CAPITOLO

Nel settimo capitolo Selwyn si interroga sul rapporto tra scuola e tecnologie digitali e discute
di come queste ultime abbiano la capacità di sovvertire la natura delle cose.
Si interroga anche su come le istituzioni scolastiche rispondono e modificano la loro
struttura in base alle richieste tecnologiche. Si domanda anche se la figura istituzionale verrà
meno una volta scontratasi con le tecnologie.
Selwyn quindi cita nuove concezioni della scuola e delle tecnologie confrontando i vantaggi e
gli svantaggi.
Inizia distinguendo tre modalità con le quali la tecnologia digitale viene utilizzata in tutto il
mondo:
1) virtual schooling (riprodurre): per riprodurre strutture e processi scolastici;
2) reschooling (ricostruire): per ricostruire strutture e processi della scuola e
dell’istruzione
3) deshooling- desccolarizzazione (sostituire): per sostituire processi e strutture
scolastiche.

Nello specifico il concetto di virtual shooling si prefigge l’obiettivo di scolarizzare in modo


libero da confini fisici e spaziale l’edificio scolastico, mantenendo inalterate le principali
strutture e processi di scolarizzazione come curriculum, valutazione etc.
Queste scuole virtuali permesso per l’accesso online alla scuola ttadizionale con la differenza
che non hanno uno spazio fisico.
Vi sono inoltre forme di scuola virtuale che permettono la fruizione di contenuti o crediti
completare da integrare nelle scuole tradizionali. Questa modalità è spesso motibata da
interessi economici.
Vi è anche un crescente numero di compagnie commerciali che forniscono corsi e licenze per
utilizzare dei materiali. Come se si fosse creato una sorta di mercato dell’insegnamento che
rende più competitivo il sistema educae tivo.
Mentre per quanto riguarda la riscolarizzazione-deshooling è un approccio diverso teso
al remixare le maggiori strutture ed i processi dell’educazione, all’interno degli spazi fisici e
dei confini delle scuole.
Ossia anche se dall’esterno le scuole sembrano le stesse, al loro interno potrennero essere
differenti in quanto cambia l’assetto come il curriculum.
Il fine è quello di riprogettare e ricostruire l’ambiente fisico nelle scuole, in modo tale che
possano cogliere al meglio le tecnologie, ottimizzando il loro potenziale.
A tal proposito c’è Flipnet che è un ente che offre corsi di formazione con formatori
qualificati, esso permette agli insegnanti di diversificare i propri metodi proponendo una
didattica attiva, più tesa ad un sentimento di empatia. Gli svantaggi sono che potrebbe
escludere una parte di studenti che non hanno la possibilità di accedervi per cause
economiche o risorse.
In ultimo per quanto riguarda la descolarizzazione, è un processo più radicale mirata a
sostituire la tecnologica ai confini fisici delle scuole, apportando sostanziali modifiche
all’impianto scolastico.
Un esempio è l’homeschooling dove lo studente viene seguito dai genitori nel suo percorso
formativo, venendo sostituita la figura degli insegnanti e permettono un'educazione
personalizzata.
I vantaggi sono appunto quelli di natura religiosa, linguistica, spesso i genitori preferiscono
l’homeshooling in quanto vogliono proteggerli da atti di bullismo o un clima oppressivo della
classe. Alle volte semplicemente non vogliono delegare ad altri l’educazione del proprio
figlio.
Un genitore quando sceglie l’homeschooling istruendo i propri figli si ritengono al pari degli
insegnanti.
Gli svantaggi sono la mancata socializzazione e condivisione di spazi, ricezione di contenuti
di scarsa qualità, genitore manchevole nella formazione o problemi causati dall’obbligo di
frequenza scolastica.

Ritroviamo come sempre una dicotomia di pensiero che vede alcuni osservare il fenomeno
della tecnologia come un modo migliore per fare istruzione, che non significa per forza
sostituire la scuola tradizionale in toto ma che possano convivere entrambe. Degli esempi
sono l’istruzione domestica, l’istruzione a distanza o sul posto di lavoro.
Questa visione nasce dalla convinzione che possa donare maggiore libertà individuale e che
gli studenti possano assumere maggiore controllo della gestione e l’accesso alla conoscenza
per se stessi.
Parallelamente, come già accennato, ci sono una serie di preoccupazioni sui fallimenti dei
sistemi scolastici formali a causa ad esempio della rigida organizzazione, gli accordi e le
relazioni sociali all’interno delle scuole.
Ma non soltanto, molti accademici, sono preoccupati per l’apparente incompatibilità tra
tecnologia digitale e il modello educativo di Ford, ed essendo che il mondo è cambiato e le
scuole rimangono ferme ai presupposti dell’era industriale, si percepisce una forte
disconnessione tra studenti e scuole.

Ivan Illich scrisse un libro sulla società dell’istruzione dove sfidò le strutture, i miti e i
rituali che sono alla base della società capitalistica e quindi anche delle istituzioni educative.
La sua tesi principale si basa sull’idea che gli studenti diventino troppo dipendenti dalle
istituzioni educative ed è come divenissero complici di un curriculum nascosto per il
quale c’è un perpetuarsi della società dei consumi mercificata basata su disuguaglianze tra
privilegiati sempre più privilegiati.
A causa di ciò gli individui sono meno incoraggiati all’impegno ed Ivich propose di passare
da un modello manipolativo ad uno conviviale per facilitare l’attività piuttosto che di
limitarsi ad organizzare la produzione.
Propose anche reti di apprendimento e di opportunità basate sulla comunità di individui,
risorse e strumenti a cui si può attingere per imparare attraverso il confronto di capacità ed
interessi.

VII CAPITOLO

Ciò che abbiamo analizzato sin ad ora ha posto in rilievo degli aspetti importanti:
1. per comprendere appieno le tecnologie educative occorre considerare molteplici
fattori che influiscono nel suo uso come il social milieu, caratteristiche
individuali e sociali dello studente (imperativi interni), le influenze di
potenze economiche, politiche e commerciali (imperativi esterni).
2. Un cambiamento tecnologico non garantisce un cambiamento positivo e associare
progresso e tecnologia come risoluzione dei problemi è ingannevole.
3. Le conseguenze date dall’introduzione di una tecnologia educativa non sono
prevedibili, per cui possiamo tener conto degli effetti collaterali.
4. Il ruolo delle istituzioni e degli insegnanti rimane un ruolo cruciale per
l’istruzione, pur essendo stato messo in discussione. Le tecnologie possono essere
ritenuti degli strumenti di integrazione.

C’è anche una prospettiva futurista, nata tra gli anni 60 e 70, composta da Alvin, Toffler
etc.,
i quali hanno prodotto studi dettagliati sugli artefatti tecnologici ed il loro sviluppo,
soffermandosi meno su quelli che potevano essere gli effetti e le pratiche che avrebbero
prodotto tali tecnologie.
Ci sono anche alcune teorie di questo approccio, le quali affermano che:
● Nei prossimi venti anni, il monopolio della scuola/università sarà sfidato;
● Ci sarà un apprendimento in rete che consentirà di formarsi per scopi sociali,
educativi e civici;
● Forse si dovrà cambiare l’attività dell’insegnamento da professione a tutoraggio e
lavoro in rete;
Queste supposizioni, più che predizioni, sono delle aspettative basate sulla credenza di uno
sviluppo di forme migliori di società.
Zepke suggerisce tre categorie concettuali per analizzare meglio le diverse teorie:
1) La scienza del probabile (basata su precedenti tendenze).
2) L’arte del possibile (basata sull'immaginazione creativa di futuristi alternativi).
3) La politica del preferibile (basata su valori, ipotesi, preferenze di specifici gruppi di
persone).

Selwyn infatti esorta a non cercare risposte definitive sulle prospettive futuristiche, al
contrario propone di analizzare con scetticismo e dubbio ogni proposta futuristica.
Ritiene che sia molto più costruttivo porre attenzione alla realtà dei nostri giorni e da anche
delle linee guida: utilizzare prospettiva soggetti coinvolti nel mondo educativo nel presente,
interrogarsi sugli effettivi cambiamenti, sviluppare senso critico scostandosi da concetti
come novità o cambiamento.
(E’ NECESSARIO ESSERE IMPLACABILMENTE REALISTICI E OCCASIONALMENTE
OTTIMISTI RIGUARDO IL RAPPORTO TRA ISTITUZIONE E TECNOLOGIA).
Selwyn infine ritiene che sia interesse di pochi il tema dell’educazione e che sia di interessi di
politici, scienziati e industriali.
E’ necessario che gli studenti e tutti i soggetti coinvolti possano far sentire la loro voce,
discutere per le loro richieste di cambiamento.

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