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IL 

PROCESSO. in quanto volte alla realizzazione di posizioni giuridiche certe : legis actio per manus

iniectionem; legis actio per pignoris capionem.
Per il diritto romano il rapporto tra il diritto sostanziale e il processo era diverso; le
Caratteristiche generali: fruibilità da parte dei soli cittadini romani; oralità; rigido 
norme processuali erano, infatti, primarie rispetto a quelle sostanziali. Ciò significa
formalismo in quanto si esigeva l’utilizzo di certa verba.
che   era   l’esistenza   del   mezzo   processuale   che   avrebbe   potuto   consentire   la
Ad eccezione della legis actio per pignoris capionem era richiesta la presenza di
configurazione di un diritto soggettivo, riconosciuto e tutelato. Per i romani, infatti,
entrambi i litiganti innanzi al magistrato, che, dal 367 a.C. con le leggi licine sestie,
il diritto soggettivo presupponeva l’azione.
fu il pretore.
Le   azioni   erano   tipiche,   ed   infatti,   venivano   considerate  actiones  solo   quelle
Questi dotato di  iuris dictio  aveva il potere di assegnare il possesso provvisorio,
riconosciute   espressamente   e   singolarmente:   una   situazione   giuridica   soggettiva
nominare il giudice, pronunziare addictio della persona del debitore.
era tutelabile soltanto se vi era un’apposita actio o altro strumento processuale.
Doveva esser cura dell’attore provvedere alla in ius vocatio, ossia alla chiamata in

giudizio, atto privato con cui una parte ingiungeva all’altra, mediante la pronuncia
TIPI  DI PROCESSO :
di   certa   verba,   di   seguirla   dinanzi   al   pretore.   A   tale   chiamata   non   ci   si   poteva
 legis actiones;
sottrarre;   l’attore   avrebbe   potuto   infatti   trascinare   con   forza   il   convenuto   in
 processo formulare;
giudizio.
 cognitiones extra ordinem;
Il procedimento delle legis actiones dichiarative era diviso in due fasi: in iure e apud
 processo post classico;
iudicem. La fase in iure si svolgeva dinanzi al magistrato e valeva a fissare i termini
 processo giustinianeo;
giuridici   della   lite.   Il   pretore   iudicem   dabat   (nominava   il   giudice);   le   parti

compivano la litis contestatio, ossia un atto solenne di invocazione di testimoni che
LEGIS ACTIONES
attestassero il rito compiuto; tale atto aveva effetto preclusivo per cui era vietato
Era l’unico processo privato fruibile dai soli cittadini romani durante l’età arcaica;
ripetere la lite circa lo stesso rapporto.
constava   di   5   riti   processuali,   tra   loro   diversi;   tre   erano   dichiarative,   volte
La   fase  apud   iudicem   si   svolgeva   dinanzi   al   giudice  nominato  dal  pretore,   che
all’accertamento di situazioni giuridiche incerte: leges actio sacramenti; legis actio per
poteva essere unico o collegiale: giudice unico poteva essere o un privato cittadino,
iudicis arbitrive postulationem; legis actio per condictionem; le altre due erano esecutive
o   un   arbitro   quando   erano   richieste   particolari   conoscenze   tecniche.   L’organo

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collegiale pubblico era richiesto nelle  liti di libertà  ove  giudicavano i decemviri toccava con la festuca. L’altra parte compiva gli stessi gesti e pronunziava la stessa

stlitibus iudicandis, e nelle liti ereditarie ove giudicavano i centumviri. formula. Alla vindicatio dell’attore seguiva la contravindicatio del convenuto.

Compito del giudice era di raccogliere le prove ed emanare la sentenza. A   questo   punto  interveniva   il  pretore   che  invitava   i   litiganti   a  deporre  la   cosa.

In tale fase si perde quel formalismo tipico delle legis actiones, non era nemmeno Questi   obbedivano   ma   si   sfidavano   al   sacramentum,   ossia   un   atto   pregno   di

necessaria la presenza di ambedue le parti. Nel caso in cui era presente una sola sacralità che comportava un solenne giuramento che divenne poi una scommessa

parte valeva la regola del post meridiem per cui trascorso mezzogiorno il giudice di pagare all’erario 50 o 500 assi a seconda del valore della lite.

avrebbe dovuto aggiudicare la lite alla parte presente.  Prestato   il   sacramentum,   il   pretore   vindicias   dicebat,   ossia   emanava   un

provvedimento   in   forza   del   quale   assegnava   il   possesso   provvisorio   della   cosa

controversa a quella delle parti che assicurasse l’intervento di garanti ritenuti più

idonei. Questi, avrebbero assunto il ruolo di praedes, perché garantivano che una

Legis actio sacramenti. volta soccombente,  la parte  alla  quale  il  magistrato  aveva  assegnato   il  possesso

Era   la   più   antica   e   di   più   largo  impiego,   era   qualificata  generalis  in   quanto   era provvisorio della cosa l’avrebbe restituita al proprietario insieme ai frutti.

utilizzabile per ogni pretesa per la quale non era prescritta espressamente altra legis Nominato il giudice e fatta la litis contestatio il pretore dava l’azione datio iudicis e

actio. si chiudeva la fase in iure.

Poteva essere di due tipi : in rem e in personam.  Il giudizio continuava apud iudicem. L’onere della prova gravava su entrambe le

Legis actio sacramenti in rem. parti.   Il   giudice   raccolte   le   prove   si   sarebbe   pronunziato   su   quale   dei   due

Era impiegata per il riconoscimento e la tutela di posizioni giuridiche soggettive sacramenta fosse iustum e quale iniustum; avrebbe detto iustum il sacramentum di

assolute, sostanzialmente per tutte le azioni reali; dunque, con essa il proprietario chi gli fosse risultato essere il proprietario della cosa. Solo indirettamente, allora,

perseguiva la cosa che affermava appartenergli. In questo caso il procedimento si avrebbe deciso il merito della lite.

svolgeva in questo modo: (fase in iure) presenti ambedue i contendenti dinanzi al Il soccombente, se aveva ottenuto in iure il possesso provvisorio della cosa, avrebbe

pretore e presente anche la cosa controversa, la parte attrice tenendo in mano una dovuto   restituirla;   se   non   l’avesse   restituita   la   parte   vittoriosa   avrebbe   potuto

bacchetta (festuca) faceva atto di apprensione della cosa, affermava solennemente procedere contro i praedes.

che la cosa gli apparteneva (hung ego hominem ex iure quiritium meum esse aio) e la

Legis actio sacramenti in personam.

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Con   essa   si   agiva   per   la   tutela   di   posizioni   giuridiche   soggettive   relative;   si Un’ipotesi di manus iniectio pura si dava in forza della lex Furia testamentaria,

perseguivano in sostanza i crediti. all’erede contro il legatario che avesse percepito dall’eredità a titolo di legato più di

Il creditore insoddisfatto avrebbe agito contro il proprio debitore chiedendo in iure 1000 assi.

di ammettere o negare l’esistenza di un vincolo obbligatorio nei suoi confronti. Se il Il   procedimento   si   svolgeva   innanzi   al   magistrato   giusdicente   alla   presenza   del

debitore avesse ammesso si sarebbe avuto una confessio in iure, con conseguente creditore e del debitore. Il preteso creditore, rivolgendosi al debitore, enunciava,

interruzione del rito; se avesse negato le parti si sarebbero sfidate al sacramentum. adottanto certa verba, la fonte del credito che pretendeva spettargli, ne indicava

Contro il soccombente riconosciuto debitore di una determinata somma di denaro, l’importo   e   dichiarava   di   manum   inicere   (afferrare   con   le   mani),   afferrando   il

il   creditore,   persistendo   l’inadempimento,   avrebbe   esercitato   la   legis   actio   per preteso debitore.

manus iniectionem ( esecutiva). Il debitore poteva sottrarsi alla manus iniectio indicando un vindex che lo avrebbe

liberato. Il vindex poteva negare il debito quindi contestare il diritto dell’attore di

Legis actio per manus iniectionem. procedere a manus iniectio.

Con essa si agiva per la tutela di posizioni giuridiche soggettive per le quali una Se   il   preteso   debitore   non   avesse   indicato   alcun   vindex   o   nessun   vindex   fosse

legge vi avesse fatto rinvio. intervenuto in suo favore, il pretore avrebbe pronunziato addictio del debitore in

Così poteva essere esperita, su disposizione delle XII tavole, per l’esecuzione di un favore dell’altra parte che avrebbe potuto trattenere in catene l’addictus per 60 gg.

giudicato; si parla in tal caso di manus iniectio iudicati, cui poteva fare ricorso il Durante   questo   periodo   il   creditore   avrebbe   dovuto   condurre   per   tre   volte

creditore   a   favore   del   quale   fosse   stata   emessa   una   sentenza   di   condanna   al l’addictus presso le nundinae (mercati che si svolgevano ogni 9 gg) e qui avrebbe

pagamento di una somma di denaro contro il debitore, sempre che quest’ultimo dovuto   proclamare   pubblicamente   l’importo   del   debito   affinché   qualcuno   lo

dopo 30 giorni dalla sentenza non avesse ancora adempiuto. riscattasse. In caso contrario avrebbe potuto venderlo trans tiberim (fuori roma)

Alla   manus   iniectio   si   faceva   ricorso   anche   in   assenza   di   iudicatum   in   ipotesi come schiavo, ovvero ucciderlo.

relative   a   situazioni   riconosciute   a   priori   come   certe:   con   manus   iniectio   pro Solo in caso di manu iniectio pura il convenuto poteva sottrarsi alla manus iniectio

iudicato e con manus iniectio pura. anche   se   nessun   vindex   fosse   intervenuto   per   lui,   contestando   il   debito   con   il

La manus iniectio pro iudicato si dava ad esempio in forza della lex publilia, allo rischio di subire il regime della litiscrescenza, che prevedeva la condanna al doppio

sponsor che avesse prestato garanzia e soddisfatto il debito, qualora il debitore non nel caso in cui la infitiatio risultasse infondata.

gli avesse rimborsato entro 6 mesi il relativo importo.

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IL PROCESSO FORMULARE

Con  lo   sviluppo  della   società romana  e   l’intensificarsi  del   commercio  si   diffuse

Legis actio per pignoris capionem. l’esigenza di nuove strutture processuali che sopperissero alle lacune del ius civile.

Si   svolgeva   senza   la   necessaria   presenza   del   magistrato   né   dell’avversario; A tal fine il pretore urbano consentì agli interessati di litigare per formulas; nacque

prevedeva che il creditore pronunziasse certa verba e contestualmente prendesse così il processo formulare. Accanto al pretore urbano, innanzi al quale si poteva

possesso di cose appartenenti al debitore e le tenesse in pignus. In genere vi si litigare   sia   per   legis   actiones   che   per   formulas,   nel   242   fu   istituito   il   praetor

faceva ricorso per i creditori riguardanti settori sacrali e  militari. peregrinus che aveva il compito di dicere ius tra cittadini e stranieri o tra stranieri.

Ben   presto   le   legis   actiones   non   vennero   più   utilizzate   fino   ad   essere

Legis actio per iudicis arbitrive postulationem. definitivamente   soppresse:  fecero   eccezione  le   liti  ereditarie  e l’azione  di   danno

Era esperibile per crediti nascenti da stipulatio; per la divisione dell’eredità e per la temuto.

divisione dei beni comuni. Con   la   lex   Iulia   iudiciaria   il   processo   formulare   divenne   il   processo   privato

L’attore  doveva   fare  riferimento   alla   fonte   dei  diritti   vantati,  e   poi   rivolgersi  al ordinario.

pretore chiedendo mediante l’uso di certa verba la nomina di un giudice o di un

arbitro. I caratteri del processo formulare.

A differenza delle legis actiones il processo formulare era costituito da un unico

Legis actio per condictionem. procedimento che poteva essere impiegato per l’esercizio delle varie actiones; al

Fu introdotta per i crediti aventi ad oggetto una certa pecunia e poi estesa ai crediti carattere dell’oralità si contrappose la scrittura; venne meno il rigoroso formalismo

aventi ad oggetto certa res. Davanti al pretore, in iure, l’attore con l’impiego di tipico delle legis actiones; il procedimento era fruibile sia dai cives Romani che dai

certa verba affermava il proprio credito senza la necessità di indicarne la fonte. peregrini.

La   pretesa   dell’attore   era   espressa   in   termini   di   oportere,   facendo,   quindi, Il procedimento era diviso in due fasi: in iure e apud iudicem.

riferimento all’esistenza di un vincolo riconosciuto dal ius civile. Se il convenuto L’attore procedeva alla in ius vocatio, un atto privato, senza alcuna solennità orale,

negava   l’attore   lo   invitava   a   ripresentarsi   innanzi   al   pretore   dopo   30   gg   per   la con cui invitava l’altra parte a seguirlo dinanzi al magistrato. Il convenuto vocatus

nomina del giudice che avrebbe deciso la controversia. non poteva più essere costretto con la forza a seguire l’attore; era il pretore che

avrebbe esercitato coazione indiretta mediante missio in bona, ossia l’immissione

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del   possesso   nei   beni   del   convenuto,   contro   il   vocatus   che   non   avesse   seguito giudizio con cui i termini giuridici della lite restavano definitivamente fissati così

l’attore.   Alla   in   ius   vocativo   si   affiancò   il   vadimonium,   che   comportava   che   il come espressi nella formula che non poteva più essere mutata. La litis contestatio

convenuto mediante stipulatio promettesse all’avversario di comparire dinanzi al era presupposto indispensabile per la prosecuzione del procedimento.

magistrato nel giorno concordato. La litis contestatio aveva effetti preclusivi, l’azione non avrebbe più potuto essere

ripetuta;   l’irripetibilità   dell’azione   dipendeva   dalla   litis   contestatio   e   non   dalla

Fase in iure. sentenza. 

In iure venivano fissati i termini giuridici della lite. Anche in tal caso era necessaria Altro   effetto   della   litis   contestatio   era   quello   conservativo,   in   quanto   la   pretesa

la presenza di entrambi le parti. dell’attore non sarebbe stata comunque pregiudicata da qualsiasi evento successivo

Il magistrato, dotato di iuris dictio, poteva essere il pretore urbano e peregrino, alla litis contestatio.

l’edile curule e i governatori provinciali. Condizione essenziale della litis contestatio era la collaborazione del convenuto, in

Dinanzi   al   pretore   le   parti   manifestavano   le   proprie   ragioni   :   l’attore   indicava quanto senza la sua defensio il giudizio non avrebbe avuto luogo, per cui non si

all’avversario la formula dell’azione che intendeva promuovere (editio actionis). sarebbe mai arrivati ad una sentenza che dichiarasse la fondatezza della pretesa

Ad essa faceva seguito la postulatio actionis che l’attore   rivolgeva al pretore con dell’attore.   Tuttavia   contro   il   convenuto   che   in   iure   avesse   assunto   un

cui   chiedeva   che   si   procedesse   con   la   formula   indicata   e   illustrava   le   proprie atteggiamento di non collaborazione (indefensio) erano previste sanzioni diverse,

pretese. più gravi se si trattava di azioni in personam.

Il pretore, qualora avesse ritenuto la pretesa di parte attrice palesemente infondata, Con la litis contestatio si chiudeva la fase in iure.

o se, fondata in diritto, sarebbe stato iniquo perseguirla, avrebbe denegato l’azione

(denegatio actionis) e il giudizio non avrebbe avuto seguito. La fase apud iudicem.

In caso contrario, la iuris dictio del pretore si esprimeva con la datio actionis, con la Essa si svolgeva dinanzi al giudice che avrebbe deciso la controversia. Questi era

quale approvava il testo della formula concordata tra le parti e concedeva l’azione un   privato   cittadino   che   veniva   scelto   dalle   parti   d’accordo   con   il   magistrato.

richiesta dando via libera per l’ulteriore procedimento. Poteva essere unico o collegiale (recuperatores).

Dunque, il pretore iudicium dabat, dava cioè la formula, l’attore iudicium dictabat, Il   procedimento   si   svolgeva   senza   alcuna   formalità   in   presenza   delle   due   parti

ossia ne recitava il contenuto, e il convenuto iudicium accipiebat, ossia la accettava. ciascuna delle quali esponeva le proprie ragioni : l’attore aveva l’onere di provare

Questa triade di atti volontari costituiva la litis contestatio, ossia l’atto istitutivo del la propria pretesa, mentre il convenuto l’onere di provare le eccezioni.

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Le prove erano apprezzate dal giudice secondo il suo libero convincimento; in ogni L’esecuzione poteva essere personale o patrimoniale. 

caso era vincolato ai termini della formula che lo invitava a condannare o assolvere Nell’esecuzione personale il pretore pronunziava addictio del debitore in favore

il convenuto nel caso in cui si fossero verificate determinate condizioni. del creditore autorizzandolo a condurre l’addictus nelle proprie carceri e tenerlo in

Tale fase si concludeva con la sentenza che era inappellabile. stato di assoggettamento fin quando lui o altri non avessero riscattato il debito.

La sentenza di condanna era sempre espressa in denaro e dava luogo alla obligatio

iudicati;   l’attore   avrebbe   potuto   procedere   contro   il   soccombente   che   si   fosse L’esecuzione   patrimoniale   culminava   nella   bonorum   venditio,   istituto   pretorio.

adeguato alla sentenza con l’actio iudicati. Iniziava con la missio in bona mediante la quale il pretore immetteva il creditore

Anche in tal caso vigeva la regola del post meridiem. nel   possesso   dei   beni   del   debitore   ai   fini   di   custodia   e   conservazione.

Contemporaneamente   il   pretore   disponeva   la   proscriptio   mediante   cui   rendeva

L’actio iudicati. nota la procedura in corso a tutti gli eventuali creditori al fine di consentire loro di

Si trattava di un’actio in personam che aveva come presupposti : un iudicatum con intervenire.

obligatio iudicati (sentenza di condanna espressa in denaro); l’inerzia del debitore Se dopo 30 gg dalla proscriptio il creditore non fosse stato soddisfatto, il debitore

protratta per almeno 30 gg. diveniva infame.

Avviata la fase in iure, se il convenuto riconosceva di essere tenuto al pagamento, il A questo punto il pretore poteva nominare un curator bonorum per gestire in via

pretore dava corso all’esecuzione; ma il convenuto poteva anche negare l’esistenza provvisoria il patrimonio del debitore. 

dei   presupposti   dell’actio   iudicati,   ossia   poteva   eccepire   che   non   vi   fosse   stata I  creditori   nominavano   un  magister  bonorum   che   avrebbe   preparato   la  vendita

alcuna valida sentenza di condanna ai suoi danni, o di avere adempiuto, o che il all’asta, stabilendone le condizioni, e alla quale si procedeva non appena questa

termine   di   30   gg   non   fosse   ancora   trascorso.   Il   suo   comportamento   in   tal   caso veniva approvata dal pretore.

costituiva infitatio che comportava la condanna al doppio in caso di contestazione Vinceva la gara chi offriva di pagare la più alta percentuale di debiti, e l’acquirente

infondata. Non era in ogni caso consentito al convenuto rimettere in discussione il era detto bonorum emptor.

contenuto del giudicato asserendo di essere stato ingiustamente accusato.  Questi   avrebbe   pagato   la   percentuale   offerta   al   creditore   che   aveva   promosso

Nel caso di ulteriore sentenza di condanna non era consentita altra actio iudicati e il l’actio iudicati, nonché, nella stessa percentuale, gli altri creditori concorsuali i cui

pretore doveva dare corso all’esecuzione. crediti  egli non contestava.   Esso, dunque, subentrava, dal lato  attivo  e passivo

nella situazione giuridica patrimoniale del debitore come un successore universale

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iure pretorio perché il pretore dava al bonorum emptor le azioni che sarebbero È   la   pretesa   vantata   dall’attore,   la   ragione   fatta   valere.   Era   necessaria   e

spettate al debitore adattandole al caso. caratterizzava   la   formula   consentendo,   quando   mancava   la   demonstratio,   di

L’adattamento   avveniva   in   due   modi:   o   attraverso   un’azione   ficticia   con   cui   si stabilire il tipo di azione.

invitava   il   giudice   a   giudicare   il   bonorum   emptor   come   se   fosse   l’erede   (actio

serviana), oppure per mezzo di una formula con trasposizione dei soggetti (actio La demonstratio 

rutiliana). Indicava la causa, la fonte o i fatti che vi avevano dato vita. Non era necessaria.

Era ammessa l’esecuzione in assenza del giudicato, come ad esempio nel caso del

convenuto che ricusasse di se difendere nelle azioni in personam. L’intentio poteva essere  certa   o incerta. Era  certa quando   la pretesa  attrice era

determinata. Era incerta in tutti i casi in cui la  formula era  con demostratio, in

Furono altresì ammesse delle deroghe all’esecuzione personale e patrimoniale, una quanto   indicava   tutto   quel   che   il   convenuto   era   tenuto   a   dare   nei   confronti

di queste era la cessio bonorum, una cessione volontaria di tutto il patrimonio del dell’attore per i fatti indicati nella demonstratio.

debitore ai creditori, quando l’insolvenza del debitore non fosse a lui imputabile Nel caso di formula con intentio certa, l’attore avrebbe potuto incorrere in pluris

sotto l’aspetto morale. Si aveva così la procedura concorsuale, la vendita all’asta e petitio qualora avesse chiesto più del dovuto e così avrebbe perso la lite; in tal caso,

l’acquisto   dei   beni   da   un   bonorum   emptor   ma   non   proscriptio   e   infamia   né infatti, il giudice, poiché il credito effettivo era inferiore a quello chiesto avrebbe

esecuzione personale. dovuto assolvere il convenuto rigettando l’azione, con l’ulteriore conseguenza della

Unʹaltra   ipotesi   fu   quella   degli   incapaci   ove   il   pretore   nominava   un   curator irripetibilità dell’azione per l’effetto preclusivo della litis contestatio.

bonorum     che   provvedeva   a   vendere   singolarmente   i   cespiti   patrimoniali   per

soddisfare con il ricavato i creditori. La condemnatio.

Era   quella   parte   della   formula   con   cui   si   invitava   il   giudice   ad   assolvere   o

La formula. condannare il convenuto se si fossero verificate le condizioni indicate nella stessa

La   formula   constava   di   più   parti   :   la   nomina   del   giudice   (iudicis   nominatio); formula.

l’intentio, la demonstratio, la condemnatio, l’adiudicatio, che erano le 4 parti ordinarie In   certi  casi  si   richiedeva   che   la  condemnatio  non   superasse  certi  limiti,  veniva

ma non tutte necessarie. allora integrata da una taxatio in modo che il giudice non avesse condannato il

L’intentio convenuto soccombente oltre una certa misura.

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L’exceptio   era   un   rimedio   pretorio,   escogitato   dal   pretore,   per   permettere   al

L’adiudicatio. convenuto di potere opporre circostanze iure civili non rilevanti. Essa era volta,

Stava solo nelle formule delle azioni divisorie e delle azioni per il regolamento dei dunque,   a   correggere   il   ius   civile   quando   la   sua   applicazione   al   caso   concreto

confini, e autorizzava il giudice ad aggiudicare ai partecipanti alla comunione o ai appariva iniqua.

confinanti, parti definite di quanto era oggetto della divisione o parti definite di A   fronte   dell’exceptio   l’attore   poteva   inserire   una   replicatio,   che   indicava

terreno a confine. circostanze   che,   se   verificate,   avrebbero   fatto   apparire   iniquo   dare   corso

all’exceptio.

La praescriptio. L’ordine delle parti della formula.

Era un rimedio che giovava all’attore per le pretese frazionabili, in forza del quale  Praescriptio (rimedio, non una vera parte)

l’oggetto dell’azione e, conseguentemente, l’effetto preclusivo della litis contestatio,  Iudicis nominatio (parte necessaria)

venivano limitati a quanto l’attore avesse o potesse intanto perseguire. Si  evitava  Demostratio (parte non necessaria)

così   che   il   creditore,   qualora   avesse   agito   per   una   sola   parte   del   credito,   non  Intentio (parte necessaria)

potesse più esigere il resto, stante l’irripetibilità dell’azione.  Exceptio (rimedio, non una vera parte)

 Replicatio (rimedio, non una vera parte)

L’exceptio.  Condemnatio (parte necessaria)

Era un rimedio a favore del convenuto ,una condizione negativa della condanna in  Adiudicatio (solo per alcune liti)

virtù   della   quale   il   giudice   avrebbe   dovuto   condannare   il   convenuto   solo   se   le Classificazioni delle azioni

circostanze   dedotte   nell’exceptio   non   fossero   risultate   vere;   in   caso   contrario Le actiones erano tipiche. 

avrebbe dovuto assolverlo.

L’exceptio veniva concessa dal pretore solo quando le circostanze in essa contenute                   Azioni civili           Azioni Onorarie

non   fossero   state   manifeste   e   venivano   contestate   dall’attore   si   che   occorreva Fondate sullo ius civile     Fondate   sul   diritto

procedere all’accertamento. onorario

L’exceptio era invece necessaria quando senza di essa il giudice non avrebbe potuto (erano fondate sul ius civile le pretese                           

tenere conto di fatti che si voleva venissero considerati. che si esprimevano in affermazioni di 

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‐ appartenenza ex iure quiritium Nelle azioni in factum si prescindeva invece dal ius civile (esse avevano intentio in

‐ spettanza di un ius factum  concepta),   pertanto   si   invitava   il  giudice  a condannare   o  ad  assolvere  a

‐ obbligazioni espresse col verbo oportere) seconda che verificasse o meno che certi eventi avevano avuto luogo.

ogni altra pretesa era di diritto onorario. Con le azioni utili l’estensione della tutela civilistica poteva realizzarsi mediante

Tra le azioni civili regime particolare avevano i iudicia bona fidei. diverse forme, una fra queste , la fictio. In tali azioni, dette actiones ficticiae, il

Si   tratta   di  azioni  in personam  con  una   intentio  incerta,  in  cui  all’oportere,  che giudice era invitato a giudicare sulla base di una finzione giuridica come esistesse

esprimeva l’obbligazione del convenuto, erano aggiunte le parole ex fide bona. Tali una   circostanza   in   effetti   mancante   ma   che   secondo   il   ius   civile   sarebbe   stata

parole   comportavano   che   il   giudice   stabiliva   secondo   criteri   di   buona   fede(una necessaria per dare luogo ad una situazione riconosciuta e tutelata.  Erano ficticiae

buona fede oggettiva) quali fossero gli obblighi a carico del convenuto. Buona fede l’actio Serviana e l’actio Publiciana.

s’intendeva correttezza nella vita di relazione. Nelle   azioni   con   trasposizioni   di   soggetti   ,   al   fine   di   consentire   al   giudice   di

A   queste   azioni   si   contrapponevano   i   iudicia   stricta,   ossia   quelle   azioni   in condannare il convenuto nonostante il difetto nell’attore di legittimazione attiva, si

personam in cui il dovere giuridico di adempiere da parte del debitore era espresso indicava   nell’intentio   il   nome   del   soggetto   effettivamente   legittimato   e   nella

nell’intentio con un oportere puro e semplice.  condemnatio il nome della parte che stava effettivamente in giudizio al posto del

legittimato. Ad esempio azione con trasposizione di soggetti era l’azione Rutiliana

Le Azioni pretorie. che si dava al bonorum emptor per la tutela di pretese per le quali era rimasto

Si trattava di rimedi volti a colmare le lacune di ius civile in quanto tutelavano titolare il debitore insolvente. 

rapporti non tutelati dal diritto civile.

Potevano essere  : utiles , con trasposizione di soggetti e in factum. Altra   distinzione   era  quella   tra   actiones   in   rem   e  actiones  in   personam.   Con  le

Nonostante sia le azioni  utili che quelle in factum avessero la stessa  funzione  , prime   si   realizzavano   diritti   reali,   con   le   actiones   in   personam   si   realizzavano

diversa era la struttura delle rispettive formule. invece   diritti   di   credito.   Nell’intentio   delle   azioni   reali   figurava   solo   il   nome

Nell’intentio delle azioni utili e con trasposizione di soggetti si faceva comunque dell’attore,   quello   del   convenuto   appariva   poi   nella   condemnatio,   in   quanto   la

espresso riferimento allo ius civile (tant’é che avevano intentio in ius concepta); si pretesa   dell’attore   era   erga   omnes   perché   si   affidava   al   giudice   il   compito   di

estendevano così azioni civili a situazioni iure civili non contemplate. accertare   la   spettanza   all’attore   di   un   potere   assoluto   sulla   cosa   di   cui   si

controverte.

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Nelle   azioni   in   personam   la   pretesa   dell’attore   è   specifica   verso   un   soggetto

determinato, per cui il nome del convenuto figura già nell’intentio oltre che nella Azioni arbitrarie.

condemnatio. Sono dette arbitrarie le azioni la cui formula conteneva una particolare clausola

Erano azioni in personam la condictio, i giudizi di buona fede e le azioni penali. secondo la quale il giudice, verificata l’intetio, prima di procedere alla condanna

Le azioni reali e le azioni in personam avevano diverso regime processuale. pecuniaria avrebbe dovuto invitare il convenuto a restituire, e condannarlo solo nel

Nel caso di indefensio erano diverse le conseguenze che ne scaturivano. In caso di caso   di   mancata   restituzione;   in   tal   caso   a   stabilire   l’importo   della   condanna

azioni   in   personam   il   pretore   poteva   dare   corso   all’esecuzione   sulla   persona pecuniaria   sarebbe   stato   l’attore,   sia   pure   sotto   il   vincolo   di   giuramento,

indefensus autorizzando l’attore a trascinare presso di se l’avversario e tenerlo in (giuramento estimatorio). Ciò comportava un temperamento al principio per cui la

stato di assoggettamento oppure dare corso all’esecuzione patrimoniale, missio in condanna doveva sempre essere espressa in denaro.

bona. Ad   avere   la   clausola   restitutoria   erano  soltanto   le  azioni  reali,  nonché   le   azioni

Nelle azioni reali il convenuto avrebbe potuto si rem non defendere, ma avrebbe penali de dolo e metus e l’actio aquae pluviae arcendae.

dovuto comunque consentire all’avversario l’esercizio di fatto del diritto che questi Quando la clausola restitutoria mancava il giudice avrebbe dovuto condannare il

reclamava, attraverso la translatio possessionis. convenuto   anche   se   questi   dopo   la  litis   contestatio  avesse   soddisfatto   le   pretese

Se   il   convenuto   non   avesse   nemmeno   soddisfatto   l’onere   del   trasferimento   del dell’avversario,  e  ciò in  quanto, per  la decisione  si  doveva  fare  riferimento  alla

possesso si davano sanzioni che erano volte alla translatio possessionis, ossia l’actio situazione giuridica esistente al tempo della litis contestatio.

ad exhibendum quando si trattava di beni mobili e l’interdictum quem fundum Per quanto riguarda invece i  iudicia bona fidei, in difetto di clausola arbitraria, si

quando si trattava di beni immobili. giunse ad ammettere che, se dopo la litis contestatio il convenuto avesse adempiuto

Azioni reali e azioni  in personam  avevano un diverso regime per quanto riguarda al suo obbligo, il giudice avrebbe dovuto assolverlo.

gli effetti preclusivi della litis contestatio. Ed infatti, se una prima volta si era agito

con  actio   in   personam,  iudicium   legitimum  la   cui   formula   avesse  intentio   in   ius Azioni penali e azioni reipersecutorie.

concepta,   la   lite   non   era   ripetibile   ipso   iure,   dunque   il   credito   fatto   valere   si Con le azioni penali, azioni in personam, il privato, vittima di un illecito, perseguiva

considerava estinto. Ma se uno di tali requisiti non sussisteva, l’azione era ipso iure dall’autore di esso una pena, che aveva una funzione affittiva, punitiva, che poteva

ripetibile ma il convenuto avrebbe opposto validamente l’execeptio rei iudicatae vel essere   corporale   o   pecuniaria;   se   corporale     veniva   inflitta   dalla   vittima,   se

in iudicium deductae. pecuniaria, era percepita dalla vittima stessa.

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Con   le   azioni   reipersecutorie   si   perseguiva   la   res,   intesa   come   ogni   interesse

patrimoniale   che   si   assumeva   leso   e   nel   quale   chi   agiva   pretendeva   di   essere I rimedi pretori.

reintegrato. Essa aveva pertanto una funzione risarcitoria. Erano rimedi pretori la  denegatio actionis, l’exceptio, le  actiones utiles, le azioni con

Poiché nel processo formulare la pena era sempre pecuniaria, la distinzione tra le trasposizione di soggetti e le actiones in factum, ma anche gli interdicta. Interdicta si

due azioni può basarsi sul differente regime giuridico. Le azioni penali, al contrario dissero gli ordini processuali che vietavano determinati comportamenti; tuttavia,

delle   azioni   reipersecutorie,   potevano   essere   esercitate   solo   contro   l’autore con la diffusione e l’affermazione del processo formulare, gli interdetti, da divieti

dell’illecito   e   non   anche   contro   i   suoi   eredi,   erano   in   sostanza   passivamente perentori   divennero   ordini   condizionati:   potevano   essere   infatti,   oltre   che

intrasmissibili. prohibitoria  (che   vietavano),   anche  restitutoria  (che   ordinavano   di   restituire)   ed

Le azioni penali, inoltre, si cumulavano : se più erano gli autori dell’illecito per cui exhibitoria  (che   ordinavano   di   esibire).   Questi   erano   emessi   su   domanda   di   un

sorgeva azione penale, questa avrebbe dovuto essere esercitata per l’intero contro privato contro un altro privato, generalmente dal pretore il quale, presenti i due

ognuno di essi, e l’azione contro uno non precludeva l’azione contro gli altri; si contendenti, procedeva ad un esame sommario delle ragioni degli interessati.

parli in tali ipotesi di azioni solidali cumulative. Sono inoltre cumulabili pena e Se l’intimato avesse riconosciuto l’esistenza dei presupposti dell’interdetto, avrebbe

risarcimento; se nascenti dallo stesso illecito, si possono cumulare l’azione penale e obbedito   all’ordine,   e   il   procedimento   si   sarebbe   concluso.   Se   l’intimato   non

l’azione   reipersecutoria,   mentre   è   impossibile   cumulare   per   lo   stesso   fatto   più ammetteva l’esistenza dei presupposti si dava luogo ad un procedimento volto ad

azioni reipersecutorie. accertare se le condizioni cui l’ordine era subordinato effettivamente sussistessero.

Nelle azioni reipersecutorie, l’interessato che esigeva una volta il risarcimento per Se l’esito era contrario all’intimato, contro di lui si davano all’attore gli strumenti

l’intero doveva ritenersi soddisfatto. processuali idonei alla realizzazione dell’interdictum.

Le azioni penali poteva essere esperite anche in via nossale. Le azioni nossali erano Essi furono largamente impiegati in materia possessoria.

le stesse azioni penali che si esercitavano per gli illeciti commessi dai soggetti a

potestà, quindi in sostanza da schiavi e filii familias, contro l’avente potestà, il quale, La in integrum restitutio.

se soccombente, era  posto dinanzi  all’alternativa  di  pagare la  pena  prevista  per Essa comportava il ripristino della situazione giuridica qual era prima dell’evento o

l’illecito o dare a nossa il colpevole soggetto a potestà. La noxae dedere si compiva dell’atto i cui effetti giuridici il pretore, per motivi di equità, voleva rimuovere. 

mediante mancipatio, per cui sul servo l’attore avrebbe acquistato il dominium o sul Il procedimento si svolgeva in contraddittorio tra le parti ed era lo stesso pretore

filius il mancipium. che accertava se sussistessero o meno le ragioni per la concessione della restitutio.

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In ogni caso il pretore non avrebbe potuto rendere nulli effetti giuridici già  iure

civili prodotti, ma concedeva all’istante i mezzi giudiziari idonei a neutralizzare tali Le missiones in possessionem. 

effetti anche senza annullarli formalmente. Erano   disposte   dal   pretore   con   decretum,   su   postulatio   dell’interessao   e   previa

La in integrum restitutio si compiva solitamente in forza dell’atto stesso del pretore cognitio pretoria per l’accertamento dei presupposti, mediante i quali l’istante era

che   concedeva   l’actio   ficticia  o   altro   strumento   idoneo,   ma   altre   volte   emanava autorizzato ad immettersi in possessionem o di un singolo bene, ad esempio per il

preliminarmente   un  decretum,   con   il   quale   si   affermava   l’esigenza   che   fosse danno temuto, o di un complesso patrimoniale, ad esempio in caso di esecuzione

reintegrata   la   precedente   situazione   giuridica;   solo   quando   l’avversario   non   si patrimoniale per debiti.

adeguava spontaneamente, concedeva allo stesso postulante l’actio ficticia  o altro Il missus tuttavia non acquistava il possesso ma la semplice detenzione, acquistava

strumento idoneo. Nel primo caso si parla del c.d. iudicium rescindens, nel secondo il   possesso   solo   nella   missio   in   possessionem   ex   secundo   decreto   per   il   danno

di iudicium rescissorium. temuto.

La   funzione   poteva   essere   o   di   custodia   e   conservazione   o   di   pressione   al

Le cautiones, o stipulationes praetoriae. compimento di un atto o all’assunzione di un comportamento.

Si   trattava   di   espedienti   pretori   diretti   a   colmare   le   lacune   del   ius   civile.   In

particolare   vi   si   faceva   ricorso   quando   mancava   un   obbligo   giuridicamente Le cognitiones extra ordinem.

sanzionato al compimento di una certa prestazione e il pretore riteneva equo che Si   tratta   di   un   tipo   di   processo   cui   inizialmente   si   fece   ricorso   solo   per   le

tale   obbligo   vi   fosse;   ovvero   quando   pur   sussistendo   un   obbligo   si   riteneva controversie che avevano ad oggetto materie per le quali non era possibile agire né

opportuno tutelarlo in maniera più congrua. per  legis   actiones  né  per  formulas,  poi  anche per   altre  materie in  concorso con   il

In tali ipotesi, si istanza di un interessato il pretore imponeva alla parte, contro la processo formulare, fino alla abolizione di quest’ultimo ad opera degli imperatori

quale   era   stata   avanzata   l’istanza,   di   obbligarsi   con  stipulatio  con   la   quale Costanzo e Costante nel 342. 

prometteva all’avversario la prestazione del caso. In tal modo nasceva una obligatio Nella chiamata in giudizio interveniva un organo pubblico, per cui se il convenuto

iure civilis, sanzionata da un’azione civile. I mezzi cui il magistrato ricorreva per non   si   presentava   in   udienza   dopo   esservi   stato   chiamato,   era   considerato

indurre la parte a prestare la  stipulatio  erano o la  denegatio actionis  o la  missio  in contumace,  ossia  non  obbediente  all’invito dell’organo  pubblico,  e  il  giudizio   si

possessionem. sarebbe svolto anche in sua assenza, anche se il giudice avrebbe dovuto valutare le

ragioni dell’assente.

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Il processo non era diviso nelle due fasi in iure e apud iudicem, e si svolgeva dinanzi

ad   un   organo   pubblico   investito   del   potere   di   emanare   la   sentenza.   Organo

competente a giudicare extra ordinem nelle province era il governatore, mentre a

Roma competenti erano i magistrati dell’ordine costituzionale repubblicano ovvero

funzionari imperiali, direttamente nominati e dipendenti dal principe. Secondo una

prassi il princeps, su istanza degli interessati interveniva nei giudizi privati dando

pareri  vincolanti  nonché emanando  rescritti. Si trattava   di  costituzioni  imperiali

con cui il princeps risolveva una questione proposta da un privato, un magistrato, e Gli atti negoziali.

per cui pendeva controversia; questo vincolava il giudicante qualora fosse stata Per   fatto   giuridico   si   intende   ogni   evento   produttivo   di   fatti   giuridici,   ossia

verificata la corrispondenza al vero dei fatti prospettati all’imperatore. qualsiasi   evento   che   comporta   la   nascita   di   situazioni   giuridiche   nuove   o   la

Avverso le sentenze extra ordinem era ammesso appello innanzi al princeps. modificazione o estinzione di situazioni giuridiche preesistenti. 

Alla   sentenza  extra   ordinem  furono   attribuiti   effetti   pregiudiziali,   per   cui,   se   la Nell’ambito dei fatti giuridici si distinguono i fatti involontari, ossia i fatti naturali

questione già decisa fosse stata riproposta innanzi ad altro giudice, questi avrebbe cioè quegli eventi che si verificano indipendentemente dalla volontà dell’uomo, dai

dovuto conformarsi al precedente giudicato. fatti volontari, ossia le azioni umane volontarie, giuridicamente rilevanti in quanto

Il   processo   extra   ordinem   si   caratterizzava   inoltre   per   la   massima   libertà   di tali.

apprezzamento   del   giudice   sia   per   quanto   riguarda   il   merito   della   lite   che   la Gli atti giuridici si distinguono a loro volta in atti leciti e atti illeciti a seconda che

conduzione del procedimento;  era assente ogni formalismo, l’attore illustrava le siano   consentiti   o   vietati   dall’ordinamento;mentre   in   quest’ultimo   caso   l’effetto

proprie ragioni e il convenuto opponeva le sue difese. giuridico   dell’atto   è   l’applicazione   di   una   sanzione   a   carico   dell’autore,

La   condanna   avrebbe   potuto   anche   non   essere   espressa   in   denaro   e   lo   stesso l’ordinamento ricollega agli atti leciti gli effetti voluti dall’autore.

giudice poteva imporre l’esecuzione forzosa. Se la sentenza invece era di condanna Tra gli atti giuridici, la categoria più importante è costituita dai negozi giuridici,

pecuniaria si dava luogo, previa actio iudicati, alla procedura esecutiva. Il giudice ossia   manifestazioni   di   volontà   da   parte   di   privati   dirette   al   conseguimento   di

tuttavia   avrebbe   potuto   evitare   l’esecuzione   personale   e   bonorum   venditio risultati   pratici   giuridicamente   definibili   in   termini   di   acquisto,   perdita   o

disponendo il pignoramento e poi la vendita dei singoli beni nella misura in cui modificazione di situazioni giuridiche soggettive, garantiti dall’ordinamento.

erano sufficienti a soddisfare le ragioni dell’altra parte.

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Nelle   fonti   romane  si   riconoscono   effetti   giuridici   soltanto  a   determinati   negozi l’annullamento   con   una   pronunzia   costitutiva   che   muta   la   situazione   giuridica

giuridici singolarmente individuati e in numero definito. preesistente, ossia con essa il negozio cessa di produrre i suoi effetti.

Nella   struttura   dei   negozi   giuridici   si   distinguono   elementi   essenziali,   elementi Nelle   fonti   romane   il   concetto   di   annullabilità   non   è   espresso   ma   si   desume

naturali e elementi accidentali. attraverso   un’opera   di   interpretazione   ed   elaborazione   concettuale   dei   testi   del

Gli elementi essenziali sono quegli elementi fondamentali del negozio giuridico, Corpus Iuris, e in particolare dai casi di negozi iure civili validi, i cui effetti potevano

così   come   la   volontà.   Altri   elementi   sono   essenziali   solo   in   alcune   categorie   di venire   neutralizzati   con   rimedi   pretori:  denegatio   actionis,   exeptio,   in   integrum

negozio,   come   la   forma   che   è   necessaria   nei   negozi   formali,   ovvero   nei   negozi restituito. Il negozio così non veniva annullato e nemmeno diveniva inefficace, ma

causali è essenziale l’esistenza della causa. Vi sono poi elementi essenziali che sono gli effetti già prodotti restavano solo che se ne impediva la realizzazione oppure

specifici di singoli tipi negoziali, esempio il prezzo della compravendita. venivano sostanzialmente ignorati.

Sono naturali quegli elementi che conseguono automaticamente al negozio pur nel

silenzio delle parti, le quali potranno, con espresso patto contrario, escluderli, quali La   nullità,   in   generale,   era   conseguente   ad   un   negozio   giuridico   compiuto   in

ad esempio la responsabilità per evizione nella compravendita. violazione   di   un   precetto   giuridico.   Tuttavia   non   sempre   la   violazione   di   una

Sono   infine   accidentali   quelle   clausole   non   essenziali   che   le   parti   possono norma   comportava   la   nullità   del   negozio;   bisogna   infatti   distinguere   tra  leges

espressamente inserire; tali  sono la condizione, il termine e il modus. perfectae,   leges   minus   quam   perfectae  e  leges   imperfectae.   Le   prime   stabilivano   un

divieto  e la  nullità  dell’atto  compiuto nonostante il divieto; le  leges minus quam

Invalidità. perfecyae stabilivano un divieto e una sanzione contro i trasgressori senza sancire la

Il   negozio   è   invalido   quando   presenta   un   difetto   intrinseco   in   uno   dei   suoi nullità dell’atto compiuto in difformità; le  leges imperfectae  stabilivano un divieto

elementi. Tra i negozi invalidi si distinguono la nullità e l’annullabilità. È nullo il senza stabilire né nullità dell’atto contrario né sanzioni a carico dei trasgressori.

negozio che, per il difetto di uno dei suoi elementi essenziali, non produce i suoi

effetti.   Ne   consegue   che   qualunque   interessato   potrà   fare   valere   la   nullità,   e I negozi del più antico ius civile erano per lo più formali e solenni, nel senso che la

un’eventuale   sentenza   di   nullità   sarà   meramente   dichiarativa,   di   semplice volontà   doveva   essere   manifestata   mediante   l’impiego   di   forme   solenni,   e   le

accertamento. formalità   prescritte   erano   fondamentalmente   orali,   richiedendosi  l’uso   di   parole

È annullabile il negozio che presenta vizi meno gravi, ma produce ugualmente i stabilite, talvolta anche il compimento di gesti predeterminati, la presenza di cose o

suoi   effetti;   in   tal   caso   taluni   soggetti   potranno   impugnarlo   per   provocarne persone estranee agli effetti dell’atto. Le forme negoziali esprimevano pertanto in

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modo stilizzato i contenuti dei negozi che con esse si realizzavano. La mancata quest’uomo è mio ex iure Quiritium e sia a me acquistato in forza di questo metallo

adozione delle forme prescritte erano motivo di nullità. e di questa bilancia fatta dello stesso metallo” (hunc ego hominem ex iure quiritium

Tra i negozi formali e solenni si hanno la mancipatio e in iure cessio. meum   esse   aio   isque   mihi   emputus   esto   hoc   aere   aeneaque   libra).   Contestualmente   il

mancipio   accipiens  poneva   sulla   bilancia   il   metallo   che   il  libripens  provvedeva   a

La mancipatio. pesare e poi lo consegnava al mancipio dans. Così il mancipio accipiens acquistava la

La mancipato, negozio del ius civile e, quindi, fruibile solo dai cittadini romani, era proprietà sullo schiavo.

un atto impiegato per l’acquisto sulle res mancipi ( erano res mancipi i fondi sul suolo Per   quanto   riguarda   il   possesso,   bisogna   distinguere   tra   beni   mobili   e   beni

italico,   gli   schiavi,   gli   animali   da   tiro   e   da   soma   e   le   servitù   rustiche)   di   una immobili: sono beni immobili il suolo e ciò che vi inerisce stabilmente, mentre sono

posizione   giuridica   soggettiva   sostanzialmente   corrispondente   alla   proprietà, beni mobili gli animali e gli altri oggetti trasportabili e comunque amovibili, quindi

espressa dapprima in termini di appartenenza ex iure Quiritium poi di dominium ex anche   gli   schiavi.    Se   la  mancipatio  aveva  ad   oggetto   beni   mobili,   e   quindi  non

iure Quiritium e poi di proprietas. Era impiegata altresì per la costituzione di servitù potevano che essere schiavi e animali, trasferiva al contempo anche il possesso. 

rustiche, per l’acquisto della manus sulla donna, per l’acquisto sui filii familias altrui In   caso   di  mancipatio  di   un   fondo,   questa   inizialmente   doveva   compiersi

della   particolare   potestà   che   prende   il   nome   di  mancipium,   e,   con   i   alcuni necessariamente sul fondo stesso così che il mancipio accipiens potesse compiere un

adattamenti, anche per il testamento. gesto   che   ne   rappresentasse   la   presa   di   possesso,   per   cui   anche   in   tal   caso   il

Quindi sostanzialmente comportava l’acquisto di un potere su persone o cose in mancipio   accipiens  acquistava   la   proprietà   e   il   possesso.   In   età   classica   invece   la

favore del mancipio accipiens e la perdita di un potere sulle stesse nel mancipio dans. mancipatio  di   immobili   avrebbe   fatto   acquistare   al  mancipio   accipiens  solo   la

Essa si caratterizzava per il fatto che una parte conseguiva un vantaggio dietro proprietà e non anche il possesso, per l’acquisto del quale occorreva che il mancipio

pronunzia   di   parole   determinate,   dall’impiego   della   bilancia   e   del   metallo   che dans ne facesse ulteriore consegna mediante traditio.

veniva pesato, dalla presenza come testimoni di 5 cittadini romani puberi e da di Con la mancipatio sostanzialmente si realizzava uno scambio immediato di cosa

un  cittadino, il  libripens, che   reggeva  la  bilancia e  provvedeva  alla pesatura  del contro un corrispettivo in metallo, metallo che ha la stessa funzione di scambio che

metallo. avrà più tardi la moneta, quindi può dirsi uno scambio di cosa contro un prezzo,

Se a dover essere mancipato era uno schiavo, si procedeva, presenti il mancipante, quindi, una vendita.

lo schiavo e cinque cittadini romani puberi, nonché il libripens con la bilancia, con il

mancipante che teneva lo schiavo e pronunciava il rito formale, ossia “dico che

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Con   il   riconoscimento,   infatti,   in   età   preclassica,   del   contratto   consensuale   di l’acquisto   della  patria   potestas  nel   procedimento   di  adoptio,   per   la   cessione   della

compravendita con effetti soltanto obbligatori, la  mancipatio  perde la funzione di tutela mulieris e, a determinate condizioni, per la cessione di eredità.

vendita e fu definita imaginaria venditio, per significare che si trattava di un atto che Essa si compiva  in iure, ossia davanti a un magistrato con  iuris dictio, solitamente

della vendita aveva solo l’apparenza. Mantenne i suoi effetti, per cui se aveva ad innanzi al pretore. Le parti erano il cedente e il cessionario.

oggetto fondi italici, schiavi e animali trasferiva la proprietà, aveva pertanto effetti Quando   l’atto   aveva   ad   oggetto   uno   schiavo   sul   quale   il   cedente   intendeva

reali, ma la vendita figurava come un negozio a parte che si perfezionava con il trasferire al cessionario la proprietà, il cessionario, tenendo lo schiavo, pronunziava

solo consenso. la formula vindicatoria, “dico che quest’uomo è mio  ex iure Quiritium  (hunc ego

La  mancipatio  divenne, dunque, un negozio astratto che produceva i suoi effetti a hominem ex iure Quiritium meum esse aio); il pretore interrogava poi il cedente se

prescindere dall’esistenza di una causa e poteva essere compiuta anche per cause intendesse  contravindicare  e,   di   fronte   al   suo   diniego   o   silenzio,   pronunziava

diverse dalla vendita, come donazione, dote. l’addictio del servo in favore del cessionario.

La  iure in cessio  si presentava, dunque, formalmente come un finto processo, ma

Il   formulario   della  mancipatio  poteva   essere   integrato   da  leges   mancipii,  o  leges sostanzialmente era un negozio giuridico dove non emergeva alcun accordo ma un

mancipio dictae. Si tratta di leges privatae e in particolare di manifestazioni di volontà accordo vi era necessariamente presupposto.

espresse oralmente dal mancipio dans, ma anche dal mancipio accipiens, con l’impiego Anch’essa   aveva   effetti   reali   e   comportava,   oltre   al   trasferimento   di   proprietà,

di termini stabiliti, volte a limitare o integrare gli effetti tipici della mancipatio. Una anche il passaggio del possesso dal cedente al cessionario quando aveva ad oggetto

lex mancipii era ad esempio, l’exceptio servitutis con cui il proprietario di due fondi, beni mobili.

nell’alienarne uno, costituiva servitù a favore del fondo che tratteneva e a carico di

quello che alienava. La stipulatio.

Si tratta di un negozio formale bilaterale con effetti obbligatori. Le parti erano lo

La in iure cessio. stipulante e il promittente. In quanto contratto verbale, il consenso doveva essere

Anche la  in iure cessio  è un negozio formale e solenne del  ius civile  e come tale espresso mediante la pronuncia di certa verba secondo uno schema determinato; si

fruibile solo da cittadini romani. compiva   cioè   in   forza   di   una   interrogazione,   con   cui   lo   stipulante   chiedeva   al

Poteva   essere   impiegata   per   il   trasferimento   del  dominium  su  res   mancipi  e  nec promettente se assumesse l’impegno a tenere un determinato comportamento, e di

mancipi,   per   la   costituzione   e   la   rinunzia   di   servitù   prediali   ed   usufrutto,   per una   congrua   risposta,   data   cioè   con   lo   stesso   verbo   usato   nella   domanda,   del

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promittente   con   cui   assumeva   l’impegno   di   compiere   la   prestazione   indicata Nel 472 l’imperatore Leone dispose che la stipulatio potesse compiersi con l’impiego

dall’interrogante (es. “prometti….prometto”). di parole qualsiasi, fuori, dunque, dallo schema costituito di domanda e congrua

Si trattava tuttavia di un contratto tipico, ma la cui tipicità atteneva soltanto alla risposta.

forma; quanto al contenuto invece potevano essere dedotti vari tipi di prestazione.

In forza di tale negozio nasceva a carico del promittente, divenuto debitore, e in

favore dello stipulante, divenuto creditore, un’obbligazione sanzionata  iure civili Altre forme negoziali. 

avente ad oggetto la prestazione promessa; era pertanto un contratto unilaterale. Il diritto romano conosce anche altre forme negoziali, e non tutti esigevano delle

Si tratta  di un negozio astratto che consentiva di impiegarla per diverse  causae, solennità orali. Vi erano, infatti, negozi che richiedevano la forma scritta e mentre

sempre che l’effetto voluto fosse quello di rendere taluno obbligato al compimento in alcuni la scriptura era produttiva di effetti giuridici, in altri il documento scritto

di una prestazione. era   solo   un   involucro   esterno   contenente   le   volontà   che   con   il   negozio   si

La prestazione poteva avere ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, il manifestavano.

trasferimento della proprietà di cose, il risarcimento di danni futuri ed eventuali. Vi erano poi negozi non formali come la traditio. Si trattava di un negozio bilaterale

per il trasferimento del possesso, ma anche idoneo al passaggio della proprietà, che

Contro il debitore inadempiente era riconosciuta allo stipulante l’actio ex stipulatio, si compiva essenzialmente con la consegna informale della cosa che si intendeva

azione di stretto diritto che aveva formule diverse a seconda che la stipulatio fosse trasferire.

di dare o di facere: nel primo caso aveva una intentio certa, mentre nel secondo caso Altri negozi non formali furono i contratti consensuali e i patti. In tali negozi era

la formula era con demostratio e l’intentio era incerta. sufficiente che la volontà fosse in qualche modo manifestata, indipendentemente

dalle   modalità,   se   oralmente   o   per   iscritto,   tra   persone   vicine   o   lontane,

Le formalità della stipulatio erano verbali, ma dall’ultima età repubblicana si usò direttamente   o   tramite   intermediario,   espressamente   o   tacitamente,   mediante

attestare   il   compimento   in   documenti   scritti   che   avevano   soltanto   valore comportamenti concludenti, incompatibili con una volontà contraria.

probatorio, nel senso che fornivano la prova dell’avvenuta  solennità orale e dei

contenuti. Divergenza tra manifestazione e volontà.

Nel caso di divergenza consapevole tra voluto e dichiarato, si deve distinguere tra

negozi solenni del ius civile ed altri negozi.

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Nei   negozi   solenni   il   compimento   delle   formalità   richieste   era   considerato efficaci   anche   se   simulati.   Tuttavia,   in   caso   di   simulazione   relativa,

necessario   e   sufficiente   per   la   validità   dell’atto;   per   cui,   una   volta   effettuate   le riconosciuta tutela giuridica ai patti, l’interessato avrebbe potuto opporre

prescritte   formalità,   ad   esse   si   attribuivano   gli   effetti   loro   propri all’altra   parte   che   avesse   preteso   l’adempimento   del   negozio   simulato

indipendentemente dalla volontà delle parti. l’exceptio pacti conventi; in tal caso il negozio simulato, ancorché valido

Nei negozi non formali, la soluzione massima fu che la mancanza della volontà ne iure civili, sarebbe stato invalidato iure pretorio in forza di exceptio. Negli

comportasse la nullità. Il negozio era pertanto improduttivo di effetti giuridici. altri negozi, dove l’effettiva volontà non poteva mancare, la conseguenza

In età postclassica, con la scomparsa della mancipatio e della in iure cessio, la regola della simulazione sarebbe stata la nullità del negozio simulato.

della necessità della voluntas per la validità dei negozi assunse carattere generale. Il  negozio  dissimulato, cioè  quello   effettivamente   voluto  dalle  parti, era

valido purchè sussistessero i requisiti di forma e di sostanza. Ad es. se tra

Tuttavia, tali principi non valevano in alcuni casi. coniugi  fosse  stata   simulata una  vendita,  mentre in   effetti  si  voleva   una

a) per le dichiarazioni ioci causa, ossia fatte per scherzo, o nel contesto di una donazione,   la   vendita   era   invalida,   ma   era   anche   invalido   il   negozio

rappresentazione   teatrale,   oppure   a   scopo   di   esempio   e   di dissimulato perché era vietata la donazione tra coniugi pena la nullità.

ammaestramento.

b) Nel caso di riserva mentale, ossia il caso di chi, consapevolmente e senza

averlo concordato con altri, dichiari ciò che non vuole. In tal caso il negozio

era   valido,   di   qualunque   tipo   esso   fosse,   onde   evitare   di   frustrare

l’affidamento   che abbiano fatto sulla  manifestazione  del  tutto  regolare, i L’errore.

destinatari della manifestazione stessa, e perché non merita tutela chi abbia L’errore prende in considerazione una divergenza tra il dichiarato e il voluto non

consapevolmente provocato tale affidamento. consapevole, che si ha quando, per inconsapevole deviazione dal vero si attribuisce

c) Non valevano per la simulazione. In essa vi è la consapevolezza di non alla manifestazione di volontà, propria o a quella  dell’altra parte, un significato

volere   ciò   che   si   dichiara,   tale   consapevolezza   è   comune   alle   parti   del diverso da quello che obiettivamente essa ha. In tali casi l’errore esclude la volontà

negozio e l’intento di non volere il negozio dichiarato è tra esse concordato. e viene designato errore ostativo, che si contraddistingue dall’errore‐vizio che di

Si   ha,   dunque,   un   negozio   palese   simulato   e   un   accordo   simulatorio per sé non esclude la volontà.

occulto.   In   tali   ipotesi   i   negozi   solenni   del  ius   civile  restavano   validi   ed

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L’errore‐vizio   si   ha   quando   taluno,   convinto   di   circostanze   non   vere,   e   in Fu così ritenuto essenziale, quindi rilevante, l’error in negotio, ossia l’errore che cade

conseguenza di ciò, compie un negozio. In tali ipotesi il negozio è in sé voluto, ma sull’identità del negozio. L’error in persona, ossia l’errore che cade sull’identità di

l’autore non lo avrebbe compiuto o l’avrebbe compiuto a condizioni diverse se non una delle parti, era sempre ritenuto essenziale nei negozi  mortis causa, mentre nei

fosse stato in errore. Dunque, la volontà esiste ma è viziata, dunque non vi è una negozi inter vivos era rilevante solo se l’elemento della fiducia fosse determinante.

divergenza tra manifestazione e volontà. L’error   in   corpore,   ossia   l’errore   sull’identità   fisica   dell’oggetto   del   negozio,   era

I giuristi romani non distinguevano l’errore ostativo dall’errore vizio per cui erano sempre  rilevante.   L’error   in  substantia,  o  in  materia,  si  riferiva   alla  composizione

trattati congiuntamente. materiale dell’oggetto del negozio, mentre l’error in qualitate alla qualità di esso; il

Quando l’errore riguardava parti fisse dei negozi formali del ius civile l’errore era primo errore fu ritenuto essenziale mentre l’errore sulla qualità no.

irrilevante e il negozio valido; così compiuta la  stipulatio  si dava per scontato che L’errore che cade sui motivi, ossia sulle circostanze di fatto credute esistenti e per

stipulante e promittente avessero manifestato la volontà di fare sorgere a carico del cui taluno, nell’erronea convinzione della loro esistenza, è indotto a compiere un

promittente un’obbligazione avente per oggetto la prestazione promessa. negozio, è stato ritenuto dai romani irrilevante.

Quando l’errore riguardava le parti in bianco da riempire con i dati del negozio che

si andava a compiere, ad esempio l’oggetto della prestazione promessa o il nome Tra i vizi della volontà si prendono in considerazione anche il dolo e la violenza. 

dell’erede   nell’istituzione   di   erede,   l’errore,   in   generale   dava   in   genere   luogo   a Il   dolo  negoziale  può  essere  definito   come   una   macchinazione  volta   a  trarre   in

nullità. Ma non ogni errore comportava la nullità poiché bisognava contemperare inganno   altra   persona   in   modo   che   questa   compia   un   negozio   per   lei

due esigenze diverse, l’esigenza di certezza e l’esigenza di rispetto della volontà pregiudizievole   che   diversamente   non   avrebbe   compiuto   o   avrebbe   compiuto   a

effettiva. condizioni diverse. Si distingue dall’errore poiché esso non è imputabile all’autore

Così l’errore di diritto, ossia che dipende da ignoranza o fraintendimento di norme del negozio ma è indotto dall’altrui macchinazione.

o istituti giuridici, è irrilevante per cui il negozio è valido. Il dolo negoziale fu dapprima ritenuto irrilevante: per il ius civile il negozio viziato

L’errore   su   elementi   di   fatto   fu   ritenuto   rilevante   con   conseguente   nullità   del da dolo era pur sempre un negozio voluto e quindi valido ed efficace. Il principio

negozio,   sempre   che   esso   fosse   al   contempo   scusabile   ed   essenziale.   Non   è subì però una deroga per quei negozi che davano luogo a giudizi di buona fede. In

scusabile l’errore che deriva da negligenza, ovvero è essenziale l’errore che investe essi, dovendo il giudice stabilire a che cosa fosse tenuto il convenuto secondo criteri

il negozio sui suoi aspetti fondamentali. di   buona   fede,   se   l’impegno   assunto   dal   convenuto   era   conseguenza   del   dolo

dell’attore, il giudice avrebbe dovuto concludere che il convenuto non era tenuto a

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nulla,   e   pertanto   assolverlo.   Se   poi   la   vittima,   inconsapevole   del   dolo,   avesse exceptio doli praesentis  è quella che il possessore di buona fede convenuto con la

adempiuto all’altra parte, autore del dolo, prima di essere chiamata in giudizio, rivendica   avrebbe   potuto   opporre   all’attore   che   non   gli   rimborsava   le   spese

essa   avrebbe   potuto,   con   la   stessa   azione   di   buona   fede   agire   contro   l’altro necessarie e utili erogate sul bene rivendicato.

contraente e chiedere il ristoro per il danno subito.

L’actio de dolo era l’azione esperibile dalla vittima contro l’autore del dolo nel caso

L’exceptio doli. in cui, inconsapevole del raggiro subito, avesse dato esecuzione al negozio, dato

Fu   lo   strumento   giudiziario   di   difesa   del   convenuto   raggirato   di   fronte   ad che   l’exceptio   doli  era   solo   uno   strumento   giudiziario   di   difesa.   Si   trattava   di

un’eventuale   azione   per   l’adempimento   promossa   dall’autore   del   dolo.   Esso un’azione penale esperibile solo contro l’autore dell’inganno e all’occorrenza era

pertanto era diretto a invalidare i negozi dai quali nascevano azioni che non erano nossale;   l’importo   della   pena   corrispondeva   al   danno   subito.   Essa   comportava

di  buona   fede  e   in   virtù   dei   quali   la  vittima   del   raggiro   avrebbe   potuto  essere l’infamia a carico di chi fosse stato in essa condannato. Poiché si trattava in factum

chiamata in giudizio per l’adempimento, e la relativa azione sarebbe stata fondata. di   un’azione   penale   pretoria,   non   poteva   essere   esperita   oltre   un   anno   dalla

In virtù dell’exceptio doli il convenuto, accertato l’inganno, sarebbe stato assolto. commissione del dolo.

Si trattava di un’azione arbitraria, per cui il convenuto avrebbe potuto evitare la

L’exceptio doli generalis. condanna se prima della sentenza e su invito del giudice avesse risarcito il danno.

L’exceptio doli si applicava non solo al dolo negoziale, ma anche a una serie di casi L’actio de dolo era poi un’azione sussidiaria; il pretore la concedeva, infatti, solo in

in cui appariva comunque iniquo che l’attore conseguisse quanto iure civili gli era difetto di altro mezzo giudiziario in favore dell’ingannato.

dovuto. Il negozio non veniva pertanto invalidato, ma l’ingannato poteva solo ottenere la

Dunque, l’exceptio doli si applicava non solo al dolo commesso dall’attore prima del condanna dell’autore del dolo a una pena corrispondente alla stima del pregiudizio

giudizio, c.d. dolo  preterito, passato, che consiste nel raggiro perpetrato prima del subito.

giudizio e contestualmente al compimento del negozio per cui si agiva, ma anche al In età classica l’actio de dolo fu ammessa anche per una serie di comportamenti

dolo che l’attore commetteva nel momento stesso in cui agiva e per il fatto stesso iniqui, quindi anche al di fuori di dolo negoziale.

che agiva, dolo presente, ma non si tratta in tal caso di un inganno, bensì di un Ulteriore   rimedio   pretorio   contro   il   dolo   negoziale,   e   non   solo,   è   l’in   integrum

comportamento iniquo. Si parla in quest’ultimo caso di exceptio doli praesentis, detta restituito propter dolum.

exceptio   doli   generalis  per   la   molteplicità   delle   possibili   applicazioni.   Esempio   di

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violenza, era sufficiente che l’attore fondasse la sua pretesa su un negozio estorto al

Il metus (timore). convenuto   per   timore.   Proprio   perché   essa   aveva   valenza   generale,   ossia   non

Si   tratta   di   un   vizio   della   volontà   che   consiste   nel   timore   generato   dall’altrui limitata all’autore della vis, fu qualificata exceptio in rem scripta.

violenza morale, c.d. vis compulsiva o vis animo illata, ossia la minaccia di provocare

un male se il minacciato non compie un certo negozio. L’actio quod metus causa era invece l’azione consentita a chi avesse dato esecuzione

Il timore è rilevante quando la minaccia è diretta a indurre taluno a compiere un al   negozio   estorto   con   la   violenza,   prima   di   essere   chiamato   in   giudizio   per

negozio   per   lui   pregiudizievole,   che   altrimenti   non   avrebbe   voluto   o   avrebbe l’adempimento. Anche questa era un’azione penale che poteva essere esperita non

voluto   a   condizioni   diverse.   Deve   trattarsi   di   una   minaccia   grave,   ossia   di   un solo contro l’autore della vis ma anche contro terzi che si fossero avvantaggiati in

pregiudizio maggiore di quello rappresentato dalla conclusione del negozio. dipendenza del metus, per cui anch’essa era detta in rem scripta.

È inoltre necessario per la rilevanza giuridica del metus, che il male minacciato sia

ingiusto e la minaccia seria, ossia tale da spaventare anche un homo constantissimus. In alternativa all’actio quod metus causa, alla vittima della violenza era attribuito un

Anche in tal caso il negozio in sé è voluto ma la volontà si è formata per effetto del ulteriore   rimedio   pretorio   edittale,   la  in   integrum   restituito   propter   metum,   che

timore generato dalla vis; il timore non esclude la volontà ma la vizia. tendeva a neutralizzare gli effetti che iure civili si erano già prodotti.

Inizialmente   il   negozio   estorto   era  iure   civili  valido   ed   efficace.   Tuttavia,   il

convenuto   con   una   azione  ex   fide   bona  avrebbe   potuto   ottenere   l’assoluzione

opponendo che  il  negozio di cui l’altra  parte pretendeva  l’adempimento  gli era La causa.

stato estorto con la minaccia; ovvero una volta che avesse adempiuto, la vittima del Per causa di un negozio s’intende la funzione che si intende realizzare attraverso

metus avrebbe potuto, con la stessa azione ex fide bona, pretendere la restituzione; e gli effetti del negozio; essa è pertanto un elemento oggettivo che sta alla base del

ciò in quanto secondo i criteri della buona fede a nulla poteva essere tenuto colui negozio giuridico. Così ad esempio nella compravendita la causa negoziale sarà lo

che ha assunto un impegno per effetto di metus. scambio di cosa contro prezzo.

L’exceptio metus, introdotta con un editto del pretore del I secolo a.C., era appunto In alcuni negozi, come ad esempio la compravendita, il mutuo, la causa determina

l’eccezione   con   la   quale   la   persona   convenuta,   con   azioni   di   stretto   diritto,   per la struttura del negozio, quindi ne rappresenta un elemento costitutivo. Si parla in

l’adempimento   di   un   negozio   estorto   con   la   violenza   avrebbe   ottenuto tali casi di negozi causali. In essi il difetto di causa comporta la nullità del negozio.

l’assoluzione. L’eccezione era opponibile anche a persona diversa dall’autore della

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Ai negozi causali si contrappongono i negozi astratti; in essi la causa non è un proprietà di una  res  o di  una  certa pecunia; nel primo caso si parlava di  condictio

elemento costitutivo del negozio, ma è ad esso esterna, per cui i negozi dello stesso certae rei e nel secondo caso di actio certae creditae pecuniae; un dovere del convenuto

tipo potranno essere compiuti per cause diverse. di  dare   oportere,   inteso   nel   significato   di   trasferimento   della   proprietà,   ossia,

Erano astratti tra i negozi del  ius vivile, la  mancipatio, la  in iure cessio, la  stipulatio. l’obbligo del convenuto soccombente di trasferire all’attore la proprietà della stessa

Così  mancipatio  e  in iure cessio  erano traslative della proprietà, mentre la  stipulatio cosa ricevuta, se si trattava di cosa determinata, o dell’equivalente se si trattava di

era produttiva di obbligazioni; ma ciò erano gli effetti dell’atto e non la causa, per denaro o di altre cose fungibili.

cui   gli   stessi   negozi   potevano   essere   compiuti   per   cause   diverse,   a   scopo   di Carattere eccezionale ebbe la  condictio  ex causa furtiva  che non presupponeva una

donazione o di costituzione di dote. datio in senso tecnico né il convenuto soccombente era tenuto a una datio in senso

Ne consegue che i negozi astratti erano validi ed efficaci anche se la causa mancava tecnico.

o   era   illecita.   Tuttavia,   dall’età   preclassica,   si   ammette,   in   caso   di   mancanza   di Di   essa   si   dette   applicazioni   contrattuali   e   applicazioni   extracontrattuali.   Le

causa     o   causa   illecita,   il   ricorso   o   alla  condictio,   rimedio   civilistico   per   la applicazione   contrattuali   presupponevano   che   la  datio  fosse   stata   compiuta   con

restituzione di quanto già prestato, o all’exceptio, strumentio pretorio diretto alla l’intesa   che   quanto   si   trasferiva   sarebbe   stato   poi   restituito,   o   la   stessa   cosa   o

neutralizzazione degli effetti del negozio, a seconda che il negozio avesse o non l’equivalente.

avesse   avuto   esecuzione.   Così   ad   esempio   la   causa   veniva   a   mancare   quando, Le   applicazione   extracontrattuali   riguardavano  dationes  compiute   per   una   causa

promessa   una   somma   di   denaro   mediante  stipulatio  che   il   promittente   avrebbe inesistente o venuta a mancare.

dovuto ricevere a titolo di mutuo, non l’ottiene; in questo caso il promittente può Essa fu pertanto impiegata tra l’altro anche come rimedio contro il difetto di causa

opporre l’exceptio doli all’azione esercitata dallo stipulante. nei negozi astratti di trasferimento. Così, se qualcuno avesse trasferito la proprietà

di qualcosa nell’erronea convinzione di esservi obbligato, il falso creditore sarebbe

stato   perseguibile   con   la  condictio,   assumendo   in   tal   caso   la   denominazione   di

La condictio. condictio indebiti, e avrebbe dovuto restituire la stessa cosa o l’equivalente.

La condictio fu la versione formulare della legis actio per condictionem; si trattava di

un’azione, azione civile in personam e di stretto diritto, per la ripetizione del dato.

Essa presupponeva pertanto : una  datio, intesa nel significato di trasferimento di Elementi accidentali del negozio giuridico.

proprietà,  e,  quindi, che   l’attore  avesse   in precedenza  trasferito  al  convenuto la

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Si   tratta   delle   clausole   che   era   possibile   aggiungere   al   negozio   giuridico   per neanche   oggettivamente   incerti.   In   tal   caso  l’atto   sarebbe   stato   immediatamente

modificare   o   integrare   gli   effetti   tipici   del   negozio.   Tali   sono   la   condizione,   il efficace se l’evento dedotto risultava verificato, in caso contrario non sarebbe mai

termine e il modus. venuto ad esistenza.

Per   quanto   riguarda   invece   le   condizioni   impossibili,   siano   essi   materialmente

La condizione. impossibili   o   giuridicamente   impossibili,   la   conseguenza   era   l’invalidità   del

Per condizione s’intende un evento futuro e oggettivamente incerto dal quale si negozio se si trattava di atti inter vivos, in quanto l’atto non avrebbe mai prodotto i

fanno   dipendere   gli   effetti   del   negozio.   Il   negozio   soggetto   a   condizione   fu suoi effetti. Se si trattava di atti mortis causa invece, si affermò il principio della loro

denominato   dai   giureconsulti     romani  condicionalis,   e   “puro”   il   negozio   senza validità   ed   efficacia   anche   se   con   condizione   impossibile,   considerando   questa

condizioni. come non apposta.

Le condizioni si distinguono in sospensive e risolutive. Il negozio con condizione Nell’ipotesi di condizioni nelle quali l’evento dedotto fosse illecito, per i negozi

sospensiva non produce effetti se e fino a quando l’evento non si verifica; mentre il inter vivos bisognava distinguere da un lato i negozi che davano luogo a giudizi di

negozio   con   condizione   risolutiva   produce   i   suoi   effetti,   che   però   cesseranno buona   fede,   nei  quali  l’aggiunta   di  una   condizione   illecita  dava  luogo  a  nullità

automaticamente se e quando l’evento si verifica. dell’atto, e dall’altro la stipulatio, ove dapprima si parlava di invalidità iure pretorio e

Non   tutti   i   negozi   tolleravano   l’apposizione   di   condizioni.   L’aggiunta   di   una poi  ipso iure. In ordine ai negozi  mortis causa, inizialmente fu ritenuta come non

condizione nei c.d.  actus legitimi  comportava l’invalidità dell’intero negozio e non apposta perché illecita la sola condizione che subordinava l’acquisto al fatto che il

soltanto   della   clausola.   Si   trattava   di   negozi   che   si   compivano   mediante   la destinatario della disposizione testamentaria non contraesse matrimonio, poi tale

pronunzia di certa verba, e perciò detti legitimi, tali da risultare incompatibili con un regime   venne   esteso   ad   ogni   altro   caso   di   condizione   illecita   aggiunta   ad   una

rinvio degli effetti loro propri. Tali erano la mancipatio, la in iure cessio, l’acceptilatio, disposizione testamentaria.

la manumissio vendicta.

Non costituiva invece condizione negoziale la condicio iuris, che si aveva quando gli Le condizioni possono infine essere potestative, casuali e miste.

effetti dell’atto erano di per sè subordinati al verificarsi di determinati eventi : ad Per condizioni potestative si intendono quelle il cui avveramento dipende da un

esempio il legato sarebbe stato efficace se fosse stato efficace il testamento; non atto volontario di una persona interessata; per condizione casuale si intende quella

erano poi condizioni in senso proprio le condizioni in  praesens vel in praeteritum il cui avveramento dipende dal caso o dalla volontà di terzi; miste quelle il cui

conlatae, che facevano dipendere gli effetti del negozio da eventi passati o attuali, e avveramento dipende sia dalla volontà di persona interessata sia dal caso o dalla

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volontà   di   terzi.   Era   ritenuto   nullo   il   solo   negozio   sottoposto   a   condizione dell’avveramento   della   condizione,   ma   nel   diritto   giustinianeo   si   manifesta   la

potestativa il cui avveramento dipendesse dalla volontà della parte che vi aveva tendenza ad attribuire all’avveramento della condizione efficacia retroattiva.

interesse contrario.

Le   condizioni   potestative   possono   essere   negative.   In   tal   caso   la   condizione   si Condizione risolutiva.

verifica se la persona che dal negozio trarrebbe vantaggio non adotti in futuro un Il principio generale era di non ammettere che ai negozi giuridici si aggiungessero

determinato comportamento.  condizioni risolutive, ciò in quanto non si ammetteva che effetti giuridici potessero

In tali casi, se la condizione è a sua volta soggetta a termine, ad esempio se non cessare automaticamente per il verificarsi di un evento qualsiasi; così ad esempio la

affrancherai alcun servo per il prossimo biennio, non si pone alcun problema. Se la proprietà   si   trasmetteva   e   si   acquistava   per   effetto   di   atti   appositi   e   non

condizione non sia soggetta a termine, per essere certi che la condizione si verifichi, diversamente.

bisognerà attenderà la morte dell’interessato, potendo questo far verificare l’evento In caso contrario, gli  actus legitimi  sarebbero stati interamente invalidati, mentre

fino  all’ultimo istante  di  vita. Da ciò  si andò affermando  la  cautio Muciana, c.d. negli altri negozi la condizione risolutiva si considerava come non apposta.

perché   suggerita   da   Quinto   Mucio   Scevola,   con   la   quale   si   dava   esecuzione   al Il pretore tuttavia concedeva l’exceptio pacti conventi contro l’azione esercitata dallo

legato previa prestazione da parte del legatario di una  stipulatio  con la quale lo stipulante dopo l’avveramento della condizione. Era pertanto considerata come un

stesso legatario prometteva all’erede che gli avrebbe restituito quanto ottenuto a patto,   nella   specie   risolutivo,   e   subordinato   all’avveramento   di   una   condizione

titolo di legato se la condizione fosse mancata. sospensiva.

Patti risolutivi sospensivamente condizionati si poterono così aggiungere ad altri

negozi, non però alla manumissio né a negozi con cui si acquistavano o perdevano

In  pendenza  della  condizione  il  negozio  è   in   sé   valido,   ma  non  produce  i  suoi potestà familiari.

effetti.   Il   debitore   che   avesse   adempiuto   la   prestazione   in   pendenza   della

condizione avrebbe potuto, con la condictio indebiti, pretenderne la restituzione. Il termine.

Quando   la   condizione   viene   a   mancare,   per   cui   il   negozio   si   è   certi   che   non Anche   il   termine   era   un   elemento   accidentale   del   negozio   giuridico,   ma   a

produrrà mai i suoi effetti, esso cade nel nulla. differenza   della   condizione   si   tratta   di   un   evento   futuro   e   certo,   dal   quale

Se   la   condizione   si   è   verificata,   il   negozio   comincia   a   produrre   i   suoi   effetti. dipendono gli effetti del negozio; poteva trattarsi di un evento che vi era certezza

Inizialmente   il   negozio   cominciava   a   produrre   i   suoi   effetti   dal   momento sia che si sarebbe verificato sia quando si sarebbe verificato,ad esempio di una data

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del calendario, ovvero di un evento per cui la certezza verteva solo sul se e non sul Consiste   nell’imposizione   al   destinatario   di   un   atto   di   liberalità   di   adottare   un

quando. comportamento   determinato.   Esso   si   differenzia   dalla   condizione   potestativa   in

Il termine poteva essere poi iniziale o finale. Il negozio con termine iniziale non quanto   quest’ultima   subordina   gli   effetti   del   negozio   all’avveramento   della

produce effetti, ma li avrebbe prodotti alla scadenza. Al contrario il negozio con condizione,   mentre   il   negozio   modale   è   immediatamente   efficace,   ed   efficace

termine finale produceva immediatamente i suoi effetti che sarebbero però cessati rimane a prescindere dall’adempimento del modus; il beneficiario sarà obbligato a

alla scadenza. compiere quanto il modus gli impone, ma tale obbligo non subordina gli effetti

Anche  in   tal  caso,  alcuni   negozi  non   tolleravano  l’apposizione   di  termini:   negli dell’atto. 

actus   legitimi  dava   luogo   a   nullità   dell’atto,   mentre   negli   altri   casi   il   termine   si Dato che il modus non subordina gli effetti dell’atto, si suggerì che prima di dare

considerava come non apposto e l’atto restava valido. esecuzione   ad   un   legato   modale   si   facesse   obbligo   al   legatario   di   prestare   una

La traditio e la stipulatio non tolleravano l’apposizione di termine finale, per cui si stipulatio  con cui promettere all’erede l’esecuzione del modus. Così il legatario il

considerava come non apposto. quale   avesse  preteso   che   si   desse   corso   al   legato   senza   prima   avere  prestato   la

Tuttavia,   come   per   la   condizione   risolutiva,   nella  stipulatio,   il   pretore   diede cautio, sarebbe stato respinto in forza di exceptio doli.

rilevanza al termine finale, concedendo l’exceptio pacti conventi contro lo stipulante Tuttavia,   si   è   rilevato   che   il   modus   aggiunto   a   un   legato   potesse   comportare

che avesse agito dopo la scadenza del termine. prestazioni in favore di terzi, per cui l’erede avrebbe potuto non avere interesse ad

Prima   della   scadenza   i   negozi   con   termine   iniziale   non   producevano   gli   effetti opporre   l’exceptio   doli  al  legatario.  Così,  su  impulso  di  Settimio  Severo,  tali  casi

tipici. Tuttavia, data la certezza che l’evento si sarebbe verificato, il debitore che furono assimilati ai fedecommessi, ossia disposizioni di ultima volontà in favore di

avesse   adempiuto   prima   della   scadenza   non   avrebbe   potuto   pretendere   la terzi che il testatore rimetteva per l’esecuzione alla fides dell’erede o del legatario,

restituzione di quanto prestato. con l’applicazione della petitio fideicommissi del terzo contro l’onerato.

Scaduto   il   termine   iniziale   il   negozio   cominciava   a   produrre   i   suoi   effetti Nel   caso   invece   di   modus   posto   all’istituzione   di   erede,   se   erano   più   gli   eredi,

automaticamente dal momento della scadenza. Nei negozi con termine finale gli ciascuno di essi avrebbe potuto pretendere l’adempimento del modus al momento

effetti già prodotti cessavano alla scadenza. della  divisione   dell’eredità.   In  ogni  caso  non   era   escluso,  quando  sussisteva  un

interesse   della   collettività   all’adempimento   del   modus,   l’intervento   dell’autorità

Il modus. pubblica per costringere l’onerato al rispetto della volontà del testatore.

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Per quanto riguarda la donazione modale, in particolare la donazione reale con cui Non costituisce eccezione alla regola il caso del nuntius (messaggero) che è soltanto

il   donante   trasferiva   al   donatario   la   proprietà   del   bene   che   donava   con   negozi colui   che   riferisce   puntualmente   quanto   è   stato   invitato   a   riferire;   questi   non

astratti,   quali   la  mancipatio,   la  in   iure   cessio,   la  traditio.  Quando   contestualmente dichiara   una   volontà   propria   per   cui   non   può   essere   considerato   l’autore   del

all’atto traslativo della proprietà si stabiliva un modus a carico del donatario, questo negozio. E colui che si avvale del nuntius non può essere considerato terzo estraneo

poteva   essere   tale   da   apparire   come   causa   dell’atto   di   trasferimento,   cosicché al   negozio   poiché   è   egli   stesso   l’autore,   perciò   è   a   lui   che   se   ne   collegano

avrebbe dato luogo ad un trasferimento di proprietà per una causa che, se fosse direttamente gli effetti del negozio.

venuta a mancare, avrebbe legittimato il donante all’esercizio della condictio per la I   negozi   formali   e   solenni   non   potevano   essere   compiuti   mediante  nuntius,   in

restituzione del donato. quanto esigevano la presenza delle parti.

Quando ad avere interesse all’adempimento era un terzo, inizialmente questi non

poteva agire per il principio che negava la validità a patti e contratti in favore di Diverso   è   il  caso   delle   persone   fisiche   che   agiscono,   quindi   concludono   negozi,

terzi.   Una   serie   di   costituzioni   imperiali   diedero   però   successivamente   al   terzo quali organi di collettività alle quali viene riconosciuta soggettività giuridica; in tali

beneficiario del modus, contro il donatario, un’actio utilitis per l’adempimento. casi la dottrina moderna parla di rappresentanza organica, e le persone fisiche che

agiscono per l’ente giuridico sono comunemente dette rappresentanti legali. 

Il   rappresentante   legale   esprime   una   volontà   propria   ma   gli   effetti   dell’atto   si

producono direttamente ed esclusivamente in capo all’ente. Essi però non agiscono

quali soggetti autonomi ma quali organi dell’ente che per sua natura non potrebbe

operare   nel   mondo   giuridico.   Ciò   contraddistingue   la   rappresentanza   organica

dalla rappresentanza diretta.

Rientra nello schema della rappresentanza organica l’ipotesi dei negozi di acquisto

conclusi da soggetti alieni iuris, ossia soggette ad altrui potestà, sia in nome proprio

La rappresentanza. sia in nome dell’avente potestà. Questi atti erano validi ed efficaci ma gli effetti

Gli   effetti   principali   del   negozio   giuridico   vengono   solitamente   imputati   in   via dell’atto si producevano direttamente ed esclusivamente in capo all’avente potestà,

diretta ed esclusiva alle parti del negozio. dunque ad acquistare era il dominus o il pater familias.

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I   soggetti  alieni   iuris  erano   inseriti   nell’organizzazione   della   famiglia,   sotto   la trasferire al terzo, per conto del quale aveva concluso il negozio, i diritti con esso

potestas del pater familias, del quale erano sostanzialmente organi di acquisto. acquistati; a tale dovere corrispondeva il dovere del terzo di addossarsi gli obblighi

In presenza di determinate circostanze, era possibile che gli effetti principali del assunti con lo stesso negozio in nome del dichiarante.

negozio si imputassero agli autori del negozio, soggetti alieni iuris, ma vincolassero

anche l’avente potestà (responsabilità addietizia). I Romani tuttavia ammisero la rappresentanza diretta in determinati casi.

Il   potere   di   rappresentanza   fu   attribuito   al  curator   furiosi,   coloro   cioè   cui   era

Rappresentanza diretta. attribuito il potere di amministrare il patrimonio dell’infermo di mente; il curator

Si   ha   rappresentanza   in   senso   proprio   nel   caso   in   cui   un   soggetto   autonomo, furiosi   poteva   acquistare   e   trasferire   il   possesso   nonché   trasferire   e   acquistare

giuridicamente capace, detto rappresentante, conclude un negozio in nome e per proprietà di res nec mancipi per l’infermo di mente; si riconosce inoltre al curator

conto   di   un   altro   soggetto,   detto   rappresentato,   in   capo   al   quale   si   producono furiosi il potere di alienare, con mancipatio e in iure cessio, cose appartenenti al

direttamente ed esclusivamente gli effetti del negozio concluso dal rappresentante. furiosus.

In questo caso, il  rappresentante,   esprime  una  propria volontà,  ma a  differenza Un potere di rappresentanza fu anche riconosciuto al  tutor impuberis  e al  curator

della rappresentanza organica a concludere il negozio è un soggetto autonomo. prodigi  (prodigi erano coloro che erano ritenuti incapaci di amministrare i propri

Essa si distingue in rappresentanza volontaria, quando i poteri al rappresentante beni per inettitudine pratica) legittimati ad acquistare e trasferire il possesso con

sono conferiti dal rappresentato con un suo atto volontario, e in rappresentanza effetti   diretti   in   capo   agli   amministrati,   ma   cui   non   fu   riconosciuto   il   potere   di

legale in tutti gli altri casi. alienare beni del pupillo o del prodigo.

L’istituto della rappresentanza in senso proprio non fu all’inizio riconosciuta dai La   stessa   legittimazione   si   riconobbe   anche   al  procurator   omnium   bonorum

Romani,   e   ciò   per   il   carattere   solenne   e   formale   dei   negozi   del  ius   civile  che (procuratore di tutti i beni), ossia un amministratore generale cui il  pater familias

esigevano la presenza delle persone partecipi degli effetti dell’atto che si compiva. affidava l’amministrazione del proprio patrimonio e che sceglieva dapprima tra i

propri liberti e poi anche tra estranei vicini all’ambito familiare.

Alla rappresentanza diretta si contrappone la rappresentanza indiretta che costituì In età classica, la legittimazione ad acquistare e trasferire il possesso con effetti in

un espediente per ovviare al divieto di rappresentanza diretta, che consisteva nel capo a terzi   fu estesa anche al  procurator  nominato di volta in volta per singoli

concludere un negozio per conto altrui ma in nome proprio, con effetti, dunque, negozi (procurator unius rei).

che   si  imputavano  al  dichiarante  salvo  poi  il  dovere dello  stesso  dichiarante  di

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Il   fatto   che   la   proprietà   di  res   nec   mancipi  si   trasmetteva   con   la  traditio  che   si Così tra depositario e deponente si conviene che il depositario restituisca a un terzo

effettuava con la consegna materiale della cosa che comportava il trasferimento del la cosa depositata; tra il costituente la dote e il marito si conviene che il marito, in

possesso dal tradens all’accipiens, deve desumersi che per tramite del procuratore o caso di scioglimento del matrimonio, restituisca la dote alla moglie. 

del tutore si potesse acquistare o trasferire la proprietà di res nec mancipi.

In età postclassica, venendo meno la distinzione tra res nec mancipi e res mancipi, la Sostituti processuali.

traditio  divenne   il   modo   generale   di   trasferimento   per   ogni   bene   suscettibile   di La figura  del sostituto processuale fu riconosciuta solo nell’ambito del processo

proprietà. Ne conseguì allora il riconoscimento che la proprietà di qualsiasi cosa formulare.

potesse trasferirsi e acquistarsi tramite rappresentante. Il  cognitor  era   appunto   un   sostituto   processuale   nominato   dalla   persona   che

intendeva   farsi   sostituire   nel   processo,   con   pronunzia   orale   e   solenne   rivolta

Patti e contratti a favore di terzi. all’avversario. Esso partecipava al giudizio “nomine alieno”, ossia in nome altrui;

Il   principio   generale,   inizialmente,   fu   di   un   divieto,   pena   la   nullità,   di   patti   e contestava la lite con l’adozione di una formula con trasposizione di soggetti, per

contratti in favore di terzi; per cui le parti non potevano convenire che dal negozio cui nell’intentio stava il nome del dominus litis mentre il nome del cognitor figurava

che  stavano  compiendo  nascessero  crediti in favore di terzi estranei al  negozio, nella condemnatio. Dunque, la eventuale condanna del giudice era rivolta a favore o

“alteri stipulari nemo potest” (nessuno può stipulare in favore di altro). contro il cognitor, anche se gli effetti preclusivi della litis contestatio si producevano

La regola era che da una stipulatio, non nasceva azione né a favore dello stipulante, direttamente   nei   confronti   del  dominus   litis.   A   quest’ultimo,   o   contro   di   esso,

perché questi non aveva interesse affinché il promittente adempisse a un terzo, né a sarebbe spettata l’actio iudicati una volta emanata la sentenza.

favore   del   terzo,   poiché   questi   non   aveva   partecipato   alla  stipulatio.   Dunque, La   nomina   del  procurator   ad   litem  aveva   invece   luogo   informalmente,   anche   in

negando che il terzo potesse agire direttamente nei confronti del promittente, si assenza   dell’avversario.   In   tal   caso   la   formula   sarebbe   stata   sempre   con

negava che un negozio obbligatorio potesse avere effetti direttamente in capo a un trasposizione   di   soggetti   ma   la  litis   contestatio  e   la   sentenza   inizialmente   non

terzo. avrebbero avuto effetti nei confronti del dominus litis. Tuttavia il convenuto avrebbe

A tale divieto si derogò nel tardo diritto romano concedendo  actiones utiles  e  in preteso che il procurator promettesse con stipulatio che il dominus avrebbe ratificato

factum a terzi in materia di donazioni, deposito, dote e pegno. l’iniziativa del procurator, e quindi non avrebbe riproposto l’azione. Se l’avversario

intraprendeva la lite col ruolo di attore, avrebbe preteso dal  procurator  la  cautio

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iudicatum solvi, promettendo,  sempre  con  stipulatio, che la  eventuale sentenza di

condanna sarebbe stata comunque adempiuta. Le persone.

In età classica la figura del  procurator ad litem  venne però equiparata a quella del Nel diritto romano la capacità di agire, ossia l’idoneità a compiere personalmente

cognitor. atti giuridici era riconosciuta solo, ma non necessariamente, alle persone fisiche

intellettualmente   capaci,   ma,   a   differenza   della   dottrina   moderna,   essa   non

presupponeva   necessariamente   la   capacità   giuridica,   ossia   l’idoneità   ad   essere

titolari   di   diritti   e   doveri.   Così   un  pater   familias  adulto   e   sano   di   mente   era

giuridicamente capace e al contempo capace di agire; schiavi e filii familias adulti e

sani   di   mente   erano   capaci   di   agire,   per   cui   compivano   atti   i   cui   effetti   si

imputavano al dominus o al pater familias, ma era loro negata la capacità giuridica.

Aveva la piena capacità giuridica la persona che si trovava in una certa posizione

giuridica rispetto a tre diversi status : status libertatis, status civitatis e status familiae.

In   particolare   aveva  la  piena   capacità  giuridica  la  persona   che   era  al  contempo

libera, cittadina romana e pater familias, o comunque non soggetta a potestà, e per

questo detta sui iuris, al contrario delle persone soggette alla altrui potestà, e quindi

giuridicamente incapaci, e dette alieni iuris.

  Dunque la prima condizione   per potere godere della capacità giuridica era  lo

status libertatis, ossia l’essere uomo libero.

Liberi   si   nasceva   o   si   diventava.   Nascevano   liberi   i   nati   da   madre   libera,   detti

ingenui; mentre diventavano liberi gli schiavi liberati, detti liberti.

La schiavitù.

La nascita da madre schiava era dunque una delle cause della schiavitù.

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L’altra   causa   era   la   cattura   del   nemico.   Con   la   cattura   il   prigioniero   diventava Per gli atti di disposizione e di assunzione di debiti compiuti da schiavi, avrebbero

schiavo e successivamente un’autorità pubblica avrebbe provveduto alla vendita in dovuto essere del tutto inefficaci, in quanto il servo nulla aveva di proprio per cui

modo che gli schiavi si acquistassero in proprietà ai privati. La regola valeva tanto di   nulla   poteva   disporre;   non   era   giuridicamente   capace   quindi   non   poteva

per i nemici catturati dai romani quanto per i romani catturati dai nemici. Tuttavia assumere obblighi; non poteva peggiorare la situazione patrimoniale del  dominus,

secondo un antico istituto, il ius postliminii, il cittadino romano catturato e divenuto per cui nessun negozio da lui compiuto avrebbe potuto generare obligatio a carico

schiavo   del   nemico   avrebbe   riacquistato   la   libertà   e   la   cittadinanza   una   volta dello stesso dominus. Tuttavia, già nell’età arcaica si affermò la prassi di concedere

tornato in patria. ai servi un  peculio, consistente dapprima in un gruzzoletto di denaro, poi anche

In   età   postclassica   fu   poi   consentita   e   regolamentata   la   vendita   dei   figli   ancora beni di diversa natura, anche schiavi e persino immobili.

neonati, che sarebbero divenuti schiavi del compratore, lasciando però ai genitori Il   peculio   era   comunque   di   proprietà   del  dominus,   ma   gli   schiavi   potevano

la possibilità di riscatto in modo da restituire al figlio la condizione di libertà; tale disporne, trasferendone il possesso e, quindi, anche la proprietà quando si trattava

facoltà era tuttavia consentita solo in casi di estrema indigenza. di  res   nec   mancipi,   salva   la   facoltà   del  dominus  di   revocare   il   peculio   in   ogni

Dunque,   i   servi,   quali   esseri   umani,   sono   fatti   rientrare   tra   le  personae,   ma   si momento.

considerano cose, o meglio res mancipi in quanto possibili oggetti di proprietà o di Spendere   il   peculio   significava   fare   onore   agli   impegni   assunti,   e   da   qui   il

altri diritti soggettivi. Non sono  giuridicamente capaci, per cui non possono far riconoscimento che i servi potessero adempiere gli obblighi assunti con atto lecito,

capo   ad essi   né diritti soggettivi  né obblighi  giuridici.  Non   hanno  alcun  rilievo anche se i terzi non avrebbero potuto costringerli, in quanto i servi non stavano in

giuridico né le unioni tra servo e serva né i vincoli tra genitori e figli, da qui nasce il giudizio, né il dominus rispondeva degli obblighi loro.

potere dei proprietari di separare le famiglie servili che possano di fatto essersi Si negò così al dominus il diritto di pretendere dal terzo la restituzione di quanto il

costituite. servo gli avesse dato in adempimento di un proprio obbligo.

Gli schiavi erano persone  alieni iuris,  assoggettati alla potestà del proprietario, il In età classica venne poi riconosciuto al servo la facoltà di assumere obligationes da

quale esercitava su di essi un potere assoluto, pure il diritto di vita e di morte. atto   lecito;   si   trattava   però   di  obligationes   naturales  che   non   davano   luogo   ad

Tuttavia ai servi si riconobbe, dall’età arcaica, una sorta di capacità di agire; essi actiones,   e   non   di  obligationes   civiles  che   attribuivano   al   creditore   un’actio   in

fungevano da organo di acquisto del dominus, ossia partecipavano validamente a personam per convenire il debitore in giudizio.

negozi   che   comportassero   l’acquisto   di   diritti   soggettivi,   ma   ad   acquistare   la Tuttavia il creditore, non potendo costringere il servo, né il dominus ad adempiere,

proprietà, il credito, non era il servo ma il suo proprietario. avrebbe potuto trattenere quanto ricevuto in adempimento (soluti retentio).

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debiti contratti dallo schiavo nell’ambito dell’incarico, si dava ai creditori l’actio

Le azioni adiettizie. exercitoria contro il dominus.

I terzi creditori, dunque dovevano contare su un atto di spontaneo adempimento Con   l’actio   institoria  il   dominus   rispondeva   dei   debiti   contratti   dal   servo

da parte dello schiavo. nell’espletamento dei compiti a lui affidati quale institor (direttore) con riguardo ad

All’esigenza di riconoscere ai terzi strumenti giudiziari idonei che garantissero loro un settore di attività economica.

l’adempimento si rispose con il riconoscimento, a partire dal II secolo, da parte del L’actio de peculio et de in rem verso era caratterizzata dall’esistenza di due taxationes:

pretore ai terzi creditori da atto lecito di un servo altrui di una serie di  actiones una   era  de   peculio,   e   presupponeva   che   il   servo   avesse   un   peculio,   per   cui   la

contro il dominus dette actiones adiecticiae qualitatis. responsabilità del dominus per i debiti contratti dal servo verso terzi nella gestione

Nei casi in cui il dominus in via preliminare si fosse assunto esplicitamente, o per le del peculio non andava oltre il valore del peculio stesso; l’altra taxatio era de in rem

quali era dato pensare che si fosse assunto implicitamente, la responsabilità di certe verso  che presupponeva un arricchimento del  dominus, secondo la quale, lo stesso

operazioni finanziarie compiute dal servo vi era una responsabilità aggiunta del dominus, mancando o risultando insufficiente il peculio, rispondeva dei debiti del

dominus sanzionata da actio, che si aggiungeva a quella “naturale” del servo. servo   nei   limiti   di   quanto   lo   stesso   si   fosse   concretamente   avvantaggiato   in

Erano azioni adiettizie, l’actio quos iussu, l’actio exercitoria, l’actio institoria, nelle quali dipendenza dell’obbligazione assunta dal servo.

il dominus rispondeva dell’intero debito contratto dallo schiavo, e l’actio de peculio Ciò presupponeva che si procedesse alla stima del peculio, il quale si calcolava al

et de in rem verso,  alle quali si accosta l’actio tributaria, nelle quali la responsabilità netto   dei   debiti   che   il   servo   avesse   verso   il   proprio   padrone,   il   quale   pertanto

del dominus non andava oltre certi limiti. Nell’intentio  della formula era sempre veniva considerato come un creditore privilegiato.

indicato quale debitore il servo, ma la condemnatio era contro il dominus. I terzi creditori, venivano così soddisfatti man mano che promuovevano l’azione,

L’actio quod iussu  presupponeva che l’impegno  del  servo nei confronti del terzo con   il   rischio,   nel   caso   in   cui   si   fosse   esaurito   il   peculio   e   non   ci   fosse   un

fosse stato  assunto in seguito  ad  autorizzazione del  dominus rivolta  al terzo di arricchimento del dominus, che i creditori restassero insoddisfatti.

negoziare con il servo, assumendosi così il dominus ogni rischio. L’actio tributaria, presupponeva anch’essa la concessione di un peculio, nonché che

L’actio exercitoria presupponeva che il proprietario dello schiavo fosse un exercitor il servo avesse compiuto negozi e assunto obbligazioni in ordine a beni peculiari

navis, ossia un armatore, il quale poteva affidare la gestione e l’amministrazione affidatigli   dal   dominus   perché   ne   commerciasse,   e   che   i   terzi   creditori,   avendo

della nave ad un proprio schiavo proponendolo ad essa quale magister navis. Per i fondate  ragioni   di   temere   un   dissesto   finanziario   del   servo,   si   fossero   rivolti   al

pretore   e   questi   avesse   conseguentemente   invitato   il   dominus   a   procedere   alla

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ripartizione dell’importo delle merci peculiari tra i creditori, attribuendo agli stessi La persona sul cui  status  si verteva, non era dal punto di vista formale soggetto

una   quota   proporzionale   al   credito   di   ciascuno   nel   caso   in   cui   il   peculio   fosse della lite, bensì l’oggetto. Ad essere parte nel giudizio era l’adsertor in libertatem,

insufficiente, partecipando egli stesso alla ripartizione sullo stesso piano degli altri colui cioè che rappresentava con il ruolo di attore o convenuto gli interessi della

creditori. persona il cui status era contestato, e il preteso dominus. Ciò in quanto il servo non

Dunque, in tal caso, si realizzava una par condicio dei terzi creditori tra loro e con il aveva capacità di stare in giudizio e lo stato di libero o di servo sarebbe rimasto

dominus. incerto fino alla sentenza.

L’actio tributoria poteva pertanto essere esperita contro il dominus dai creditori che Tuttavia,   l’esigenza   dell’adsertor  fu   abolita   da   Giustiniano   e   si   consentì

lamentassero di avere avuto fraudolentemente attribuita una quota minore rispetto all’interessato, presunto servo o presunto libero, di litigare personalmente  pro sua

a quella loro dovuta. libertate.

Le liti di libertà. Cessazione dello stato di schiavitù.

Lo status libertatis poteva essere oggetto di contestazione. A tal fine si istaurava un Lo stato di schiavitù poteva cessare con l’atto di affrancazione, detto  manumissio,

processo di libertà che poteva essere o una  vindicatio in libertatem ex servitute, nel che poteva essere validamente compiuto solo dal dominus, e con il quale lo schiavo

caso del libero che viveva come schiavo, o una vindicatio in servitutem ex libertate nel acquistava la libertà e la cittadinanza.

caso opposto. Si  avevano tre  tipi diversi  di  manumissio, la  manumissio vindicta  e la  manumissio

Il rito adottato fu dapprima quello della legis actio sacramenti in rem. Nel processo censu, che erano atti inter vivos, e la manumissio testamento, che era una disposizione

formulare si adottarono formule ricalcate su quella della rei vindicatio e a giudicare mortis causa. 

erano   i  recuperatores.   Durante   l’età   preclassica   poi   si   inserisce   la   concorrente La manumissio vindicta era un negozio solenne e formale che si svolgeva innanzi al

competenza dei consoli, e poi del praetor de liberalibus causis, che giudicavano extra magistrato,  in   iure,   presenti   il  dominus  e   lo   schiavo.   Un  adsertor   in   libertatem

ordinem. dichiarava   libero   il   servo   toccandolo   con   una   bacchetta   (festuca   o   vindicta);   il

Nel processo postclassico poi la forma processuale adottata fu quella dei praeiudicia, dominus  non   si   opponeva,   così   il   magistrato   pronunciava   l’addictio  secundum

azioni   meramente   dichiarative   che   si   concludevano   con   una   sentenza   di libertatem, acquistando così il servo la libertà.

accertamento, senza condanna. Nel diritto giustinianeo la  manumissio vindicta  si compirà mediante una semplice

dichiarazione della volontà di affrancare il servo resa dal dominus al magistrato.

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Alla  manumissio   censu  vi   si   ricorreva   in   occasione   delle   operazioni   di   redazione La manumissio fedecommissaria.

delle   liste   del   censo   che   il   censore   compiva  ogni   5   anni.   Essa   si   realizzava  con Si   aveva   la  manumissio   fedecommissaria  quando   il   testatore   avesse   fatto   carico,

l’iscrizione   del   servo   nelle   liste   del   censo,   quindi   tra   i  cives   Romani,   dietro all’erede o altro onerato, di manomettere un servo. Era, dunque, una manumissio

autorizzazione del dominus espressa con parole solenni. indiretta rispetto alla manumissio testamento. 

Venuta meno la magistratura censoria, prima fu compiuta con la cooperazione di L’erede era obbligato a procedere alla manumissio, con uno dei tipi conosciuti, e in

altri funzionari pubblici fino a cadere in desuetudine in età postclassica. caso di rifiuto l’onerato avrebbe potuto esservi costretto  extra ordinem, prima dal

La  manumissio   testamento  era   una   disposizione   testamentaria,   aveva   pertanto console e poi dal praetor fideicommissarius, su iniziativa dello stesso schiavo.

efficacia dopo la morte del testatore, per la quale occorreva l’impiego di termini Per   effetto,   tuttavia,   di   disposizioni   contenute   in   senatoconsulti   e   costituzioni

imperativi e vi potevano essere apposte condizioni sospensive o termini iniziali; imperiali   si   ammise   che   l’organo   giudiziario,   su   iniziativa   dello   stesso   schiavo,

durante la pendenza della condizione o prima della scadenza del termine il servo persistendo   il   rifiuto   dell’onerato,   potesse   attribuire   direttamente   la   libertà   allo

era detto statuliber. schiavo.

Dall’ultima età repubblicana si usò affrancare i servi in altre forme, si tratta in tal In   età   postclassica   si   riconobbe   anche   la  manumissio   in   sacrosanctis   ecclesiis,

caso di manomissioni pretorie. dichiarazione   di   volontà   di   voler   liberare   il   servo   resa   dal  dominus  dinanzi

E   cioè,  inter   amicos,  ossia   con   dichiarazione   informale   resa   dal  dominus  a   più all’assemblea dei fedeli presieduta dal vescovo.

persone appartenenti ad una circoscritta cerchia di “amici”; e  per epistulam, ossia Più avanti fu riconosciuta anche la distruzione, dinanzi a testimoni, dei documenti

per iscritto mediante una semplice lettera. da cui risultava la proprietà del servo.

Tali   forme   però   non   erano   riconosciute   dal  ius   civile,   per   cui   i   manomessi   non

acquistavano inizialmente la libertà, ma il pretore tutelava la libertà di cui di fatto Acquistava   la   libertà   in   modo   diverso   dalla   manomissione,   il   cittadino   romano

godevano negando al Dominus la vindicatio in servitutem. La Lex Iunia Norbana del 19 prigioniero   di   guerra   che   tornava   in   patria;   ovvero   diventava   libera   la   schiava

d.C. li parificò ai Latini Coloniarii, (la giurisprudenza parla di Latini Iuniani) ossia in venduta a patto che non venisse prostituita, quando il patto fosse stato violato.

posizione   di   liberi   ma   non   di   cittadini   romani.   Giustiniano   li   equiparò   ai

manomessi nelle forme civili. Limiti alle manumissioni furono introdotte dalla lex Fufia Caninia del 2 a.C. e la lex

Aelia   Sentia  del   4   d.C.,   che   rispettivamente   disposero   un   limite   percentuale   alle

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manumissioni testamentarie e il divieto di manumissione degli schiavi di condotta giuramento veniva rinnovato o il servo manomesso prometteva le operae mediante

turpe e le manumissioni in frode ai creditori; la seconda inoltre subordinò a speciali stipulatio,   in   tal   caso   al   patrono   sarebbe   spettata,   per   l’adempimento,   l’actio

garanzie le manumissioni compiute dai domini minori di 20 anni e quelle di servi di operarum.

età inferiore a 30 anni. Il ius patronatus comportava inoltre una aspettativa successoria del patrono sui beni

Le   due   leggi   vennero   però   abolite   da   Giustiniano,   ad   eccezione   del   divieto   di del liberto, nonché il diritto del patrono alla tutela legittima.

manumissione in frode ai creditori. Inoltre, patrono e liberto avevano anche diritti e doveri reciproci, potendo ognuno

pretendere dall’altro la prestazione di alimenti in caso di indigenza.

Gli schiavi liberati acquistavano la libertà e la cittadinanza romana, e divenivano

sui  iuris,   quindi   giuridicamente  capaci,  ma  la loro  condizione  non  era  uguale  a Le personae in causa mancipii.

quella degli ingenui. Essi erano esclusi dall’esercizio di attività riservate agli ingenui Si trovavano nella condizione giuridica di  personae in causa mancipi  i  filii familias

(artes liberales), nonché erano esclusi dalle cariche pubbliche. mancipati dal loro pater familias. Per effetto della mancipatio, essi erano assoggettati

L’ex dominus assumeva la qualifica di patrono e godeva nei confronti del liberto del alla potestà, che assumeva in questo caso la qualifica di mancipium, di altra persona,

ius   patronatus  (diritto   di   patronato),   trasmissibile  mortis   causa  ai   discendenti. ossia del mancipio accipiens.

Inizialmente   il   diritto   di   patronato   comportava   poteri   di   coercizione   personale La mancipatio dei filii familias era in età arcaica una vendita ma diventata desueta in

sufficienti al patrono per esigere dal liberto la prestazione di  operae, ossia servizi età preclassica, anche se si continuò a farvi ricorso, fino però all’età postclassica, ai

giornalieri e artigianali. Tali poteri si andarono però attenuando sino a riassumersi, fini dell’adoptio e dell’emancipatio come strumento per il passaggio, nel primo caso,

in età classica, nel dovere del liberto di prestare al patrono  obsequium  e reverentia, del filius ad altra famiglia, o per l’acquisto dello status di sui iuris nell’emancipatio.

che comportavano ad esempio il divieto per il liberto di chiamare in giudizio il Alla mancipatio si  fece poi  ricorso per  la dazione a nossa, ma  in tal  caso i filii

proprio   patrono   senza   la   preventiva   autorizzazione   del   magistrato;   al   liberto   il dovevano essere liberati una volta scontato il debito.

pretore avrebbe comunque denegato  actiones  infamanti contro il proprio patrono. Le personae in causa mancipi, erano liberi e cittadini romani per cui potevano vivere

Con il ridimensionamento di tali poteri   si affermò la prassi secondo cui il servo, in matrimonio ed avere figli legittimi; erano però soggetti a potestà, per cui non

prima della manumissione faceva al dominus un giuramento con cui prometteva avevano capacità giuridica per i rapporti patrimoniali; a differenza dei filii familias,

che   avrebbe   prestato   le  operae  richieste   una   volta   liberato;   ma   in   tal   caso   egli morta la persona che su di essi esercitava il mancipium non diventavano sui iuris e

sarebbe stato vincolato solo sul piano religioso; così dopo la manumissione o il cadevano sotto il mancipium dell’erede. 

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Come gli schiavi, erano liberati dalla soggezione al mancipium,diventando sui iuris, Diventavano   cittadini   romani   gli   schiavi   liberati;   ovvero,   per   concessione   dello

con la  manumissio; l’avente potestà che li liberava acquistava nei loro confronti la Stato romano, che poteva riguardare sia singoli individui sia intere collettività. Le

qualifica di patrono. concessioni di più ampia portata furono quella riguardante gli alleati italici, in esito

alla guerra sociale al tempo di Silla, e quella attuata con la Constitutio Antoniniana

Situazione di dipendenza personale che non comportò la privazione della capacità del 212 d.C. in favore di tutti gli abitanti liberi dell’impero romano, ad eccezione

giuridica fu il colonato. I coloni erano persone libere di umile condizione, piccoli dei peregrini dediticii, condizione giuridica abolita da Giustiniano.

affittuari di terre, ovvero  umili  liberi  lavoratori giornalieri  dei campi che dietro Perdevano la cittadinanza romana i cives che fossero stati ridotti in schiavitù; quelli

compenso si obbligavano a un lavoro subordinato.  che si fossero stabiliti in colonie di nuova costituzione; i cittadini che, liberamente o

Con l’attuazione di una politica di tendenziale irrigidimento delle classi, legata ad per sfuggire alla pena capitale, avessero scelto l’esilio presso altro stato sovrano

una grave crisi che travagliò l’impero romano, i coloni subirono una limitazione legato a Roma da trattato; i cittadini che per i crimini commessi avessero subito la

della   propria   capacità   giuridica   e   di   agire.   Essi   furono   vincolati   alla   terra   che condanna all’esilio.

coltivavano   al   punto   da   non   poter   essere   distaccati   neanche   dai   proprietari,   e

venivano alienati insieme al fondo. I loro beni furono considerati quasi come un Ai  cives   Romani  si   contrapponevano   i  peregrini,   ossia   gli   stranieri   liberi.   Per   i

peculio servile, alienabile solo con il consenso del proprietario del fondo; era inoltre rapporti   privati   si   applicava   loro   il   diritto   proprio   della   collettività   cui

disapprovato il matrimonio con persone di ceto diverso e si ammise che su di essi il appartenevano. Talora veniva ad essi concesso il ius commercii, che comportava la

proprietario terriero potesse esercitare legittimamente atti di coercizione fisica. capacità di alienare ed acquistare con mancipatio, e il ius connubii, ossia la capacità di

contrarre iustae nuptiae con cittadini romani.

Status civitatis. Tra i peregrini, una categoria privilegiata era quella dei Latini. In particolare i latini

Il possesso della  civitas  romana presupponeva lo stato di libertà e costituiva una prisci,   ossia   i   cittadini   delle   città   laziali   vincolate   a   Roma   da   antica   alleanza   e

delle condizioni per la piena  capacità  di diritto  privato. Soltanto i cives romani formalmente   sovrane,   godevano   del  ius   migrandi,   per   cui   diventavano   cittadini

potevano fruire del ius civile. romani trasferendosi stabilmente a Roma ed iscrivendosi in una delle tribù in cui

Cittadini romani si nasceva o si diventava. Nascevano cittadini romani  sia i nati da era divisa la popolazione. Essi mantenevano le loro istituzioni di diritto pubblico e

padre   cittadino   purchè   procreati   in   matrimonio   legittimo,   sia   i   nati   fuori   dal privato e godevano del  ius commercii  e del  ius connubii, e potevano ricevere per

matrimonio da madre cittadina.  testamento da cittadini romani.

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Ai  Latini prisci  furono assimilati coloro che si stabilivano nelle colonie fondate da La familia era pertanto un gruppo unitario composto da una sola persona sui iuris e,

Roma e che vennero detti Latini coloniarii. quando questa era di sesso maschile, anche da  filii familias  e dalle donne  in manu

Ai  Latini coloniarii  vennero a loro volta assimilati  gli schiavi liberati nelle forme assoggettati alla sua potestà.

pretorie e i minori di 30 anni manomessi senza le garanzie della  lex Aelia Sentia, Presupposto per l’esercizio delle potestà familiari era il matrimonio.

detti Latini Iuniani.

I peregrini dediticii erano membri di collettività straniere che si erano arrese a Roma Il   matrimonio   era   preceduto   dalla   promessa   di   matrimonio   che   si   compiva

senza   condizioni     all’interno   delle   quali   il   vincitore   aveva   abrogato   ogni mediante  sponsio,   per   mezzo   della   quale   il  pater   familias  della   donna   faceva   al

ordinamento   nazionale.   Ad   essi   era   negata   ogni   capacità   di   diritto   privato fidanzato promessa di matrimonio, appunto detta  sponsalia. Da ciò ne nasceva un

nazionale, fruivano solo del ius gentium. vincolo giuridico all’adempimento. Poteva anche trattarsi di  sponsiones  reciproche

tra i due fidanzati, se sui iuris, o tra i rispettivi patres familias.

Status familiae. Dall’età preclassica  la   promessa si  compì mediante semplice  reciproco  consenso

Ulteriore   condizione   per   il   riconoscimento   della   piena   capacità   giuridica   era   il comunque espresso, e da essa non nascevano vincoli giuridici; continuò a parlarsi

possesso dello status familiae di sui iuris, ossia di persona non soggetta a potestà. di  sponsalia,   ma   essi   davano   luogo   a   conseguenza   giuridiche   minori,   così   ad

Ai  sui iuris  si contrapponevano gli  alieni iuris, ossia le persone soggette a potestà, esempio  una volta rotto il fidanzamento dava luogo all’obbligo di restituire i doni.

che poteva essere  dominium, cui erano soggetti  gli schiavi,  mancipium,  cui erano

soggette le personae in causa mancipii,  patria potestas, cui erano soggetti i filii familias, Per le  iustae  (ossia  secundum ius)  nuptiae  era richiesto il  connubium, che gli sposi

e manus, cui erano soggette le donne per le quali avesse avuto luogo   conventio in fossero almeno in età pubere e il consenso reciproco degli sposi.

manum.

Le   persone  sui   iuris  potevano   essere   maschi   o   femmine,   indipendentemente Il  connubium  era l’attitudine a vivere in matrimonio legittimo con l’altro coniuge.

dall’età.   I   maschi   sono   pure   chiamati   nelle   fonti   giuridiche  patres   familias,   che Era, cioè, una  sorta di capacità civile con  riferimento  all’altro  coniuge, e che di

esprimeva l’attitudine a esercitare la  patria potestas. Solo i  patres familias, e quindi regola   sussisteva  tra  cittadini  romani.  Così ad esempio  sussisteva  un   divieto  di

solo i sui iuris maschi potevano avere filii sotto la loro potestà. Le donne, se sui iuris, connubium tra parenti in linea retta e in linea collaterale fino al quarto grado e tra

potevano essere titolari di diritti e doveri giuridici, ma non di potestà familiari. affini in linea retta e in linea collaterale fino al secondo grado; ovvero il divieto di

connubium tra patrizi e plebei, rimosso dalla lex Canuleia del 445 a.C.

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La mancanza di tali requisiti era di impedimento all’esistenza di iustae nuptiae.  In età arcaica e nella prima età preclassica i matrimoni  cum manu  costituivano la

Non comportava impedimento la violazione del lutto vedovile, che consisteva nel regola,   ma   già   nell’età   della   repubblica   i   matrimoni  sine   manu  finirono   per

divieto per la vedova di contrarre un nuovo matrimonio prima del decorso del prevalere su quelli cum manu che scomparvero del tutto nell’epoca del principato.

tempus lugendi che era di 10 mesi dalla morte del marito. La violazione dava luogo,

prima a sanzioni di carattere sacrale e poi l’editto pretorio comminò l’infamia  per Il   momento   a   partire   dal   quale   il   matrimonio   si   costituiva   era   l’inizio   della

quanti   avessero   responsabilità   nel   prematuro   matrimonio   della   vedova;   in   età convivenza   quando   era   accompagnata   dall’affectio   maritalis.  Questa,   dato   che   si

postclassica fu poi sancito per la vedova la perdita dei lasciti disposti in suo favore trattava  di  un dato  soggettivo,  poteva   desumersi  dalla  preesistenza  di  sponsali,

nel testamento del marito e la perdita della capacità di acquistare  mortis causa  da dalla circostanza che si era proceduto a costituzione di dote, o a conventio in manum;

terzi.  e,con la diffusione del Cristianesimo, dall’avvenuta benedizione nuziale in Chiesa. 

Il matrimonio romano consisteva nel fatto in sé della convivenza stabile di due Per quanto riguarda gli effetti del matrimonio, in primo luogo solo i figli nati da

persone di sesso diverso, con la volontà costante di vivere in unione monogamica iustae nuptiae  erano detti legittimi e potevano ricadere sotto la  patria potestas  del

come marito e moglie, atteggiamento soggettivo detto affectio maritalis, in difetto del padre; la donna acquistava la dignità sociale e giuridica del marito; tra coniugi vi

quale vi sarebbe stato concubinato, con la conseguenza che non sarebbero prodotti era il dovere reciproco di fedeltà. L’infedeltà dava luogo a sanzioni patrimoniali

gli effetti giuridici collegati al matrimonio. Dunque, per i Romani il matrimonio era costituite,   sciolto   il   matrimonio,   dalla   restituzione   della   dote.   L’infedeltà   della

un   fatto   sociale   e   non   un   negozio   giuridico.   Non   si   esigeva   alcun   rito,   ma, moglie   era   giuridicamente   configurata   come   adulterio,   e   comportava   che   essa

sussistendo tutti i requisiti di validità, era sufficiente che tra due persone di sesso potesse   essere   impunemente   uccisa   dal   marito,   e,   dalla  lex   Iulia   de   adulteris,   si

diverso si stabilisse convivenza. incorreva nel crimen adulterii punito con pene severe;

Al matrimonio poteva accompagnarsi, o meno, la  conventio in manum, per effetto dall’ultima età repubblicana furono vietate le donazioni tra coniugi, pena la nullità

della quale la moglie cadeva sotto la manus del marito, per cui veniva incorporata dell’atto   compiuto   nonostante   il   divieto;   tra   marito   e   moglie   fu   sempre   esclusa

di diritto nella famiglia del marito, con la conseguente perdita di ogni legame con i l’azione penale di furto; tuttavia, per le cose che la moglie avesse sottratto al marito

parenti di prima.  in   vista   del   divorzio,   poi   estesa   ad   ogni   altra   ipotesi,   l’editto   pretorio   previde

Il   matrimonio   poteva,   dunque,   essere  cum   manu  e  sine   manu  dove   la   moglie un’actio rerum amotarum, reipersecutoria e non infamante; contro l’actio rei uxoriae;

manteneva lo  status familiae  di prima, per cui se  sui iuris  restava tale, altrimenti per la restituzione della dote ,e contro ogni altra azione contrattuale della moglie, al

continuava a sussistere su di lei la patria potestas del suo pater familias. marito   era   concesso   il  beneficium   competentiae,   poi   esteso   anche   in   favore   della

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moglie   contro   le   azioni   contrattuali   esperite   dal   marito,   che   comportava   che   il matrimonio cum manu, affinché si estinguesse la manus sulla moglie e uscisse dalla

debitore   non   potesse   subire   condanna   oltre   il   limite   delle   sue   possibilità familia  del marito si doveva ricorrere ai negozi formali, che riguardavano però la

economiche. manus e non il matrimonio. In particolare la cessazione della manus sulla moglie era

conseguente alla morte del marito o in seguito al procedimento della emancipatio.

La conventio in manum si compiva mediante confarreatio, coemptio, usus. Nel caso in cui la manus si fosse costituita mediante confarreatio, la cessazione della

L’usus consisteva nel fatto in sé della convivenza coniugale protratto per un anno. manus avveniva anche mediante il negozio della diffarreatio, rito uguale e contrario

La donna avrebbe potuto interromperlo allontanandosi dalla casa del marito per alla confarreatio.

tre notti consecutive. Il divorzio determinava lo scioglimento del matrimonio, qualunque fosse la causa,

La confarreatio era un rito religioso che esigeva la pronunzia di parole determinate ma il comportamento del coniuge che vi avesse dato causa veniva sanzionato: in

in   presenza   di   10   testimoni;   il   rito   prevedeva   l’intervento   degli   sposi   e   la età   repubblicana  con  la  nota  censoria,  con   la  quale   il  censore   avrebbe  potuto  ad

partecipazione di sacerdoti di rango elevato e nel quale si consumava un sacrificio esempio rimuovere taluno dal Senato o non ammetterlo ad esso, ovvero collocare il

a Giove; veniva inoltre impiegato pane di farro. Tale istituto scomparve del tutto cittadino  in una posizione più debole  nell’ambito delle assemblee popolari; in età

alla fine dell’età classica. classica   con   l’aggravamento   della   posizione   del   coniuge   colpevole   nell’actio   rei

La  coemptio  era una mancipatio adattata all’acquisto della  manus. Oggetto era la uxoriae per la restituzione della dote.

donna; alienante la donna stessa se sui iuris o il suo pater familias; acquirente era il In età postclassica, per l’influsso del cristianesimo, si ostacolò il divorzio, anche se

marito, se sui iuris, o il suo pater familias.  non venne mai abolito.

Così, mentre nessun ostacolo si oppose al divorzio per mutuo consenso, il ripudio

fu ritenuto lecito solo in alcuni casi tassativi, c.d. di divortium bona gratia, ossia per

Il divorzio. motivi non imputabili ad alcuno dei coniugi, come l’impotenza, la scomparsa, la

Il matrimonio si scioglieva, oltre che per morte di uno dei coniugi o per la perdita deportazione   o   prigionia   di   guerra   dell’altro   coniuge;   ovvero   in   ipotesi   di

della   libertà   o   cittadinanza   o  connubium,   anche   quando   in   uno   o   in   ambedue   i comportamento gravemente colpevole dell’altro coniuge, come l’adulterio o altro

coniugi fosse venuta meno l’affectio maritalis e conseguentemente si fosse interrotta comportamento   moralmente   disdicevole   per   quanto   riguarda   la   moglie;   avere

la   convivenza;   si   parla   di  divortium,   e   nei   casi   di   divorzio   unilaterale   anche   di tentato   di   prostituire   la   moglie,   tenere   una   concubina,   per   quanto   riguarda   il

repudium. Non era richiesta alcuna formalità per il divorzio; soltanto nel caso di marito.

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In altre ipotesi, il ripudio sarebbe stato sine causa, quindi illecito; il matrimonio però moglie, essa adempiva anche alla funzione di mantenimento della moglie una volta

si scioglieva ugualmente ma il coniuge che avesse divorziato sarebbe stato colpito vedova o divorziata.

da sanzioni diverse, che andavano dalla perdita della dota alla deportatio in insulam.

Anche per quanto riguarda le forme del divorzio si ebbero novità; si richiese, per il La dote si costituiva mediante datio, promissio, dictio.

divorzio unilaterale, che la volontà di divorziare venisse manifestata per iscritto e, La datio dotis era un trasferimento di proprietà in favore del marito, che si compiva

se   possibile,   notificata   all’altro   coniuge   mediante   l’invio   di   un  libellus   repudii; a titolo di dote. La datio dotis non era però un negozio, ma un effetto, l’effetto reale

oppure   manifestata   dinanzi   a   testimoni.   In   caso   contrario,   pur   venendo   meno della costituzione  di  dote.   Il  trasferimento  di  proprietà  si  realizzava  con  negozi

l’affectio maritalis e la convivenza, il matrimonio sarebbe rimasto valido. astratti quale mancipatio, in iure cessio e traditio.

Il   matrimonio   viene   considerato   da   tale   epoca   come   vincolo   giuridico   che,   una La  promissio dotis  era una  stipulatio,  quindi un negozio giuridico,  compiuta  dotis

volta   costituito,   può   durare   a   prescindere   dalla   persistente   volontà   di   marito   e causa. A stipulare era il marito che di seguito alla promissio dell’altra parte diveniva

moglie di vivere in matrimonio. creditore,   e   non   proprietario.   Essa,   pertanto,   era   una   forma   obbligatoria   di

costituzione di dote.

Forma obbligatoria era anche la dotis dictio, negozio solenne che si compiva con la

La dote. pronuncia   da   parte   del   costituente,   di  certa   verba.  Il   marito   divenuto   creditore,

La dote consisteva in una o più cose o diritti che la moglie, il di lei pater familias, o avrebbe avuto per l’adempimento un’actio in personam.

un terzo, conferivano al marito espressamente come dote. Era detta  profecticia  se La dote poteva essere costituita sia prima che durante il matrimonio. Se costituita

costituita dal pater familias, o adventicia negli altri casi. prima,  dotis   dictio  e  promissio   dotis  si   intendevano   compiute   sotto   condizione

Si pensa che la funzione originaria della dote consistesse nel compensare la figlia sospensiva, esplicando i loro effetti a matrimonio avvenuto, con la conseguenza

delle aspettative ereditarie che perdeva rispetto alla famiglia di origine per il fatto che, se il marito avesse agito prima del matrimonio o a matrimonio mancato, la sua

di uscire da essa ed entrare a far parte della familia del marito. azione sarebbe stata respinta ipso iure.

Tuttavia,   i   giuristi   classici   ritennero   che   poiché   la   dote   riguardava   anche   i La  datio   dotis  invece,   produceva   immediatamente   i   suoi   effetti   traslativi,   ma   il

matrimoni sine manu,  essa rappresentava allora un contributo per sostenere i pesi costituente, se le nozze non avessero più avuto luogo, avrebbe potuto pretendere la

del   matrimonio;   e   dato   che   sciolto   il   matrimonio   la   dote   andava   restituita   alla restituzione, di quanto dato a titolo di dote, con la condictio.

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In conseguenza della dote, era lo stesso marito che diventava titolare dei beni e Si trattava delle retentiones propter liberos e propter mores; la retentio propter liberos

diritti   dotali.   Tuttavia   anche   se   da   un   punto   di   vista   sociale   la   dote   fu   sempre spettava se  il  matrimonio  si era sciolto  ad opera  del  pater   familias  di  lei o  per

considerata cosa della moglie; e ciò in considerazione innanzitutto dell’obbligo del divorzio determinato da colpa della moglie, ed era nella misura di 1/6 della dote

marito di restituire la dote dopo lo scioglimento del matrimonio, e  poi dal divieto per ciascun figlio. La  retentio propter mores  spettava se il matrimonio si era sciolto

in   capo   al   marito,   introdotto   da   una  lex   Iulia   de   fundo   dotali,  di   alienare   beni per motivi a lei imputabili ed era o di 1/6 dell’ammontare della dote in caso di

immobili   dotali   senza   il   consenso   della   moglie.   I   beni   dotali   hanno   allora   una adulterio, di 1/8 per colpe meno gravi. Altre retentiones erano poi la retentio propter

condizione giuridica ibrida, in quanto si consideravano al contempo del marito e amotas, propter res donatas, propter impensas, che avevano carattere patrimoniale e

della moglie. riguardavano rispettivamente le cose che la donna avesse sottratto dalla casa del

marito in vista del divorzio, le cose donate alla moglie durante il matrimonio e le

L’obbligo del marito di restituire la dote una volta sciolto il matrimonio fu sancito spese erogate dal marito sui beni dotali.

dall’actio   rei   uxoriae,   anche   se   tale   obbligo   veniva   spesso   assunto   dal   marito Giustiniano   abolì   l’actio   rei   uxoriae  e   la   sostituì   con   un’actio   ex   stipulatio  che

mediante  stipulatio; in tali casi allora il costituente o i suoi eredi avrebbero fatto prescindeva da una antecedente stipulatio; abolì inoltre il sistema delle retentiones.

ricorso all’actio ex stipulatu.

In mancanza, dunque, di una precedente espressa promessa di restituzione, per la

restituzione della dote, la moglie o il di lei pater familias, quando la dote era stata da I filii familias.

lui costituita, potevano esperire l’actio rei uxoriae; un’azione in personam e in ius.  Erano filii familias i nati da matrimonio legittimo, i quali, con la nascita, cadevano

Essa tuttavia presupponeva che il matrimonio fosse stato sine manu. sotto la  patria potestas del proprio padre, se sui iuris, ovvero, se anche il padre era

L’azione   era  intrasmissibile,   per  cui, morta  la  moglie,   la  dote  restava al  marito, filius familias, sotto la patria potestas dell’avo paterno.

salvo che il pater familias di lei fosse ancora vivente. Si diveniva filii familias per adrogatio, che era l’adozione di un sui iuris, o per adoptio

In sede di  actio rei uxoriae  il marito godeva del  beneficium competentiae. Se la dote che era l’adozione di un alieni iuris.

aveva ad oggetto denaro o altre cose fungibili si consentiva al marito di restituirla

gradatamente, in più rate. L’adrogatio si compiva con la partecipazione dei comitia curiata, articolati in 30 curie.

Il   marito   avrebbe   potuto   trattenere   parte   della   dote   in   presenza   di   determinate L’assemblea era presieduta dal pontefice, il quale, compiute le necessarie indagini

circostanze. di   legittimità   e   di   merito,   interrogava   i   due   soggetti   interessati   circa   la   volontà

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rispettivamente   di   adrogare   e   di   essere   adrogato;   ricevuta   risposta   positiva,   il la morte del  pater familias.  Tale procedimento era basato su un precetto delle XII

pontefice rivolgeva altra  rogatio  al popolo, per questo detta  ad  rogatio, che dava il tavole che sanzionava con la perdita della patria potestas, la condotta del padre che

proprio assenso.  avesse per tre volte venduto (mancipato) il figlio.

In   età   classica   si   riconobbe   che   in   certi   casi   l’adrogatio  potesse   compiersi   anche Dunque,   il   padre   mancipava   per   tre   volte   il   figlio   all’adottante   il   quale,

mediante   rescritto   dell’imperatore;   tale   forma   finì   per   soppiantare   la   complessa acquistandolo  in   causa   mancipi,   dopo   la   prima   e   la   seconda   mancipatio   lo

forma  per populum,  fino a che all’età di Diocleziano l’adrogatio  si compirà solo per manometteva. Con la terza  mancipatio, il padre perdeva la  patria potestas, per cui,

rescriptum principis. quando   alla   terza   volta  l’adottante   lo   rimancipava,   il   padre   naturale   acquistava

L’adrogato diveniva filius familias, per cui passava da una condizione di sui iuris a l’adottato   non   più   come  filius  ma   nella   posizione   di  persona   in   causa   mancipii.

una condizione di alieni iuris, sotto la potestas del pater familias adrogante; e con lui, Successivamente dinanzi a un magistrato  si compiva, alla presenza dell’adottante,

cadevano sotto la potestas dell’adrogante anche i filii familias e le donne in manu già dell’adottato e del padre naturale, una sorta di in iure cessio: l’adottante rivendicava

sotto la potestà dell’adrogato.  come   propria   la   persona   che   voleva   adottare   affermando   che   si   trattava   di   un

I beni, e tutti i diritti soggettivi che facevano capo all’adrogato, erano acquistati proprio  filius;   il  pater   naturalis,   interrogato   dal   magistrato,   taceva,   per   cui   il

dall’adrogante; si realizzava così una successione universale inter vivos. magistrato pronunciava l’addictio in favore dell’adottante. Questi acquistava così la

I debiti in precedenza contratti dall’adrogato si estinguevano, anche se il pretore patria potestas sull’adottando.

intervenne   concedendo   ai   creditori   contro   l’adrogato   un’actio   ficticia   (actio   utilis Giustiniano   semplificò   il   procedimento,   rendendo   sufficienti   le   dichiarazioni   di

rescissa   capitis   deminutione),   nella   quale   il   giudice   avrebbe   giudicato   come   se voler   dare   e   voler   ricevere   in   adozione   rese   dal  pater   naturalis  e   dall’adottante

l’adrogatio non vi fosse stata. innanzi ad un funzionario imperiale, e presente e non contraddicente l’adottato.

L’adoptio  riguardava   invece   un  alieni   iuris   fiius   familias,   il   quale,   per   effetto Da età postclassica fu riconosciuta la legittimazione per successivo matrimonio, per

dell’adoptio  passava   dalla   famiglia   di   origine   alla   famiglia   dell’adottante;   ossia cui i figli nati fuori dal matrimonio divenivano figli legittimi, e cadevano sotto la

cessava su di lui la patria potestas del padre e su di lui acquistava la patria potestas potestà   del   loro   padre   naturale   una   volta   che   i   genitori   si   fossero   uniti   in

l’adottante. matrimonio.

L’effetto  si conseguiva attraverso un complesso procedimento che consentiva di

superare l’antico principio che stabiliva che la patria potestas si estinguesse solo con

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La patria potestas comportava un potere del pater che si esprimeva con la formula

del  ius   vitae   ac   necis,   ossia   diritto   di   vita   e   di   morte,   anche   se   fin   dall’età Ben presto, ad opera di Augusto, fu ammesso ai  filii   familias  militari, di avere, e

repubblicana fu sanzionato con pene severe l’abuso del ius vitae ac necis; la sanzione quindi di disporne validamente sia mortis causa sia con atti inter vivos, beni propri,

era la sacertas : il pater divenuto sacer, avrebbe potuto essere impunemente ucciso da costituiti dai proventi del servizio militare e dei beni con tali proventi acquistati; si

chiunque. configurò così il peculio castrense nel quale ben presto furono ricompresi anche

I filii familias erano privi della capacità giuridica, non erano sostanzialmente titolari beni   comunque   acquistati   in   relazione   al   servizio   militare.   Il   peculio   castrense

né di diritti né di doveri giuridici. apparteneva pertanto al filius e il pater non avrebbe potuto avocarlo a sé.

Ai  filii,   tuttavia,   poteva   essere   concesso   un   peculio,   con   conseguente   facoltà   di In età postclassica il peculio castrense venne esteso ai guadagni e ai beni e diritti

disporre a titolo oneroso del possesso delle cose peculiari e, trattandosi di  res nec acquistati dal  filius  coi proventi ricavati dall’esercizio di funzioni civili a servizio

mancipi,   di   trasferirne   la   proprietà.   Essi   poterono   contrarre   inoltre  obligationes dello stato, dall’esercizio di attività forensi e del sacerdozio. In tali casi si parlò di

naturales. peculio quasi castrense.

A   differenza   degli   schiavi,   nell’ultima   età   repubblicana,   fu   riconosciuta   ai   filii

familias   la   capacità   di   assumere,   con   atto   lecito   e   rispetto   ai   terzi,   obligationes Sempre in età classica si attribuì ai filii familias la proprietà dei beni provenienti da

civiles, capacità che fu tuttavia riconosciuta soltanto ai figli maschi. I terzi creditori successione materna, poi anche beni comunque provenienti dal lato materno anche

avrebbero   potuto   procedere   con   l’azione   di   cognizione   per   l’accertamento   del se non direttamente dalla madre, beni acquistati in occasione del matrimonio e beni

credito, ma non avrebbero potuto procedere esecutivamente essendo preclusa sia in ogni modo acquistati dal filius purchè non provenienti dal padre.

l’esecuzione   personale,   in  quanto   il  filius  non   poteva  essere   sottratto   alla   patria Si parla  in tali casi di  bona adventicia; il regime giuridico  era  diverso rispetto  al

potestas,   sia   l’esecuzione   patrimoniale,   in   quanto   il  filius  non   disponeva   di   un peculio   ordinario   e   castrense;   i   beni   infatti   appartenevano   al   figlio,   ma

proprio   patrimonio.   Dunque,   per   l’esecuzione   della   sentenza   non   adempiuta l’amministrazione   e   il   godimento   spettavano   al   pater   familias   che   non   poteva

spontaneamente, i creditori avrebbero dovuto attendere che sul  filius  cessasse la disporne.

patria potestas.

Naturalmente ciò presupponeva che il filius avesse capacità di stare in giudizio, e Il figli potevano essere mancipati, divenendo  personae in causa mancipii, potevano

tale   capacità   gli   venne   riconosciuta   dall’ultima   età   repubblicana   nel   processo essere adottati, cadendo in tal caso sotto la patria potestas di un altro pater familias; la

formulare.

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figlia poteva cadere sotto la manus del marito, ma solo in due casi cessava la patria Si distinse tra capitis deminutio maxima, che conseguiva alla perdita dello status

potestas con conseguente acquisto da parte del filius della qualifica di sui iuris. libertatis;   media,   che   conseguiva   alla   perdita   dello   status   civitatis;   minima   che

Essa si estingueva generalmente  con la morte del pater. I figli maschi diventavano conseguiva a un mutamento dello status familiae.

patres familias e la potestas si estendeva anche ai propri figli e ai nipoti,e ciò anche se Alla capitis deminutio erano ricollegati particolari effetti giuridici diversi a seconda

il loro padre non fosse più soggetto alieni iuris ma fosse premorto all’avo. del mutamento di status; così il testamento diveniva invalido se il testatore avesse

La  patria   potestas  si   estingueva   anche   in   caso   di   perdita   della   libertà   o   della subito capitis deminutio.

cittadinanza,   in   quanto   la   patria   potestas era  istituto   del   ius  civile,  per  cui  non

avrebbe potuto essere esercitata da un non civis. L’agnatio era il vincolo tra i più componenti della stessa famiglia. Essa prescindeva

dal   vincolo   di   sangue;   questo   difatti   poteva   mancare   tra   pater   familias   e   figli

Il pater familias perdeva la patria potestas anche nel caso in cui avesse per tre volte adottivi, tra questi e gli altri filii.

mancipato il  filius. A tale principio, sancito da una norma delle XII tavole, si fece Con la morte del pater familias la familia si spezzava in tante familiae quanti erano

ricorso come procedimento che consentiva a un  filius  di uscire dalla famiglia di i filii familias. L’agnatio tuttavia non si estingueva, essa si estingueva soltanto per

appartenenza e diventare sui iuris quant’anche fosse stato vivo il pater. effetto   di   emancipatio,   datio   in   adoptionem,   coemptio   di   una   filia   familias,

Tale procedimento fu detto emancipatio : in seguito a tre mancipationes successive a adrogatio.

persona di fiducia, seguite da manumissione,  si estingueva la patria potestas, per La cognatio era parentela di sangue sia in linea maschile che femminile.

cui il filius, alla terza mancipatio, si trovava  in causa mancipi  del terzo fiduciario;

questi   lo   rimancipava   al   padre,   il   quale   lo   acquistava  in   causa   mancipi  e   lo Limitazioni della capacità giuridica.

manometteva   diventando   in   tal   modo  sui   iuris.   Il   figlio   emancipato   cessava   di Una grave capacità di diritto pubblico era sancita per gli infames e gli ignominiosi,

appartenere alla famiglia d’origine e subiva capitis deminutio minima. ossia   coloro   che   erano   dediti   a   mestieri   turpi,   quali   prostitute,   commedianti   e

gladiatori, i condannati per taluni crimina e quanti avessero subito condanna per

La capitis deminutio era un mutamento di status che comportava una rottura dei responsabilità   propria   in   actiones   infamanti.   Erano   inoltre   colpiti   da   infamia   i

precedenti vincoli di agnatio. debitori che persistevano nell’inadempimento nonostante la proscriptio.

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Tale   incapacità   comportava   un’incapacità   di   assumere   cariche   pubbliche,   di Gli impuberi sui iuris furono soggetti a tutela impuberum che poteva essere legitima,

proporre istanze giudiziarie nell’interesse altrui, di nominare ed essere essi stessi testamentaria e dativa.

cognitores e procuratores ad litem. La tutela legitima era prevista dalle XII tavole che attribuivano la tutela all’agnatus

proximus dell’impubere, ossia all’agnatio di grado più vicino. Era inoltre legitima la

Ulteriore   limitazione   riguardava   le   donne   cui   fu   negata   ogni   capacità   tanto   di tutela   del   patrono   sul   liberto   e   quella   del  parens   manumissor  sull’emancipato

diritto pubblico quanto di diritto privato.  impuberi. 

La   tutela  legitima  presupponeva che  il  pater  familias  non  avesse   provveduto  alla

Capacità di agire.  nomina di un tutore mediante disposizione testamentaria; in tal caso si parlava di

Il riconoscimento della capacità d’agire dipendeva dall’età. tutela testamentaria.

Si distingueva tra puberi ed impuberi. Gli impuberi erano coloro che non avessero La tutela dativa aveva fondamento in una lex Atilia del 210 a.C. che attribuì al

raggiunto la capacità fisiologica di generare. Si distinguevano tra infantes e infantia pretore il potere di nominare, su istanza della madre o di altri congiunti, un tutore

maiores. I primi erano coloro che non avessero compiuto il settimo anno di età, cui all’impubere sui iuris.

era negata del tutto la capacità d’agire; gli  infantia maiores  erano gli impuberi che La   tutela   era   un   istituto   potestativo   e   protettivo;   da   un   lato,   infatti,   il   tutore

avessero   superato   l’infantia,   cui   venne   riconosciuto   il   potere   di   compiere esercitava   un   potere   nell’interesse   della  familia  alla   buona   conservazione   del

validamente senza alcuna assistenza soltanto i negozi giuridici che comportavano patrimonio familiare e al contempo adempiva al dovere di assistenza e protezione

acquisto di un diritto; in ogni caso essi non poterono compiere senza l’assistenza del pupillo. Il tutore esercitava allora un potere‐dovere.

del   tutor   impuberum   alcun   atto   di   disposizione   né   atti   di   assunzione   di

obbligazioni. Poteri del tutore.

I puberi erano coloro che avessero raggiunto la capacità fisiologica di generare; tale Il tutor impuberum era legittimato ad intervenire nei negozi compiuti dal pupillo

capacità si riteneva raggiunta al compimento del dodicesimo  anno di età per le infantia maior  interponendo la  sua auctoritas, ossia una  dichiarazione di volontà

femmine, e al compimento del quattordicesimo anno di età per i maschi. integrativa a quella espressa dal pupillo. L’auctoritas era necessaria per gli atti di

La piena capacità di agire era riconosciuta ai puberi maschi, mentre alle femmine alienazione,   e   comunque   per   tutti   gli   atti   di   disposizione,   e   per   gli   atti   di

venne riconosciuta con alcune limitazioni. assunzione di obbligazioni.

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Il tutore era inoltre legittimato a gestire il patrimonio del pupillo, sia infantes che Azione penale era invece l’actio rationibus distrahendis che spettava all’ex pupillo nei

infantia maiores: poteva acquistare e trasferire il possesso e, quindi, la proprietà di confronti dell’ex tutore per gli abusi compiuti dolosamente a danno del patrimonio

res   nec   mancipi  nell’interesse   del   pupillo,   dunque   con   effetti   che   si   imputavano pupillare.

direttamente   all’impubere;   egli   agiva   pertanto   quale   rappresentante   diretto.   Ad

esso fu fatto divieto di alienare, pena la nullità dell’atto, sulla base dell’oratio severi Una  lex Laetoriae  del 200 a.C. istituì l’actio legis Laetoriae  esperibile contro quanti,

(un   senatoconsulto   fatto   approvare   da   Settimio   Severo   nel   195   d.C.)   e   con negoziando con un minore di 25 anni pubere e  sui iuris, l’avessero raggirato. Si

successive costituzioni imperiali, i beni del pupillo, salvo che si trattasse di beni di trattava di azione penale, infamante e  populares, per  cui essa spettava, oltre  che

scarsissimo valore. all’interessato, a qualunque cittadino.

I negozi che avevano ad oggetto acquisto e alienazione di res mancipi e negozi con Essa cadde in desuetudine in età postclassica, ma nell’ultima età repubblicana, il

effetti   obbligatori,   compiuti   dal   solo   tutore,   avevano   effetti   in   capo   allo   stesso pretore riconobbe ai minori di 25 anni l’exceptio legis Laetoriae, qualora il negozio

tutore,  anche   se  questi  agiva  nell’interesse  del  pupillo,   salvo  poi la  necessità  di non aveva ancora avuto esecuzione, e la in integrum restitutio propter aetatem in caso

compiere i reciproci atti di trasferimento una volta cessata la tutela; in questo caso contrario al fine di vanificare gli effetti già prodotti.

il tutore agiva allora quale rappresentante indiretto.

Al   pupillo   era   riconosciuta   l’actio   tutelae,   esperibile   una   volta   cessata   la   tutela, Il pretore provvide inoltre alla istituzione di un curatore del minore adolescente

contro   il   tutore   per   la   trasmissione   degli   acquisti   fatti   a   nome   proprio   e con il compito di assisterlo nella gestione degli affari. Ma in tal caso il mancato

nell’interesse del pupillo; il tutore inoltre rispondeva per i pregiudizi patrimoniali consenso del curatore non comportava l’invalidità del negozio, ma rappresentava

derivanti al pupillo dalla gestione della tutela e imputabili a suo dolo o colpa. Si una garanzia per i terzi, non potendo il minore invocare l’exceptio  o l’in integrum

trattava di un’azione reipersecutoria, di buona fede e infamante. restitutio per  vanificare gli effetti dell’atto compiuto.

Al tutore era invece riconosciuta l’actio tutelae contraria, azione non infamante, con Il   curatore   avrebbe   anche   potuto   gestire   il   patrimonio   dell’adolescente,   ma   gli

la quale il tutore agiva contro il pupillo per il rimborso delle spese , e comunque effetti   degli   atti   compiuti,   pur   se   nell’interesse   del   minore,   erano   imputati   al

per il risarcimento dei pregiudizi patrimoniali subiti in occasione della gestione. curatore stesso. I loro rapporti erano disciplinati secondo la negotiorum gestio, con

la facoltà di ricorrere alle relative azioni negotiorum gestorum.

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Dall’età classica si riconobbe  ai minori di 25 anni la venia aetatis secondo la quale il assunzione   di  obbligazioni,  pena   la  nullità   dell’atto   stesso.  In  ogni  caso  il  tutor

minore avrebbe amministrato liberamente il proprio patrimonio ma non avrebbe mulieris non è legittimato a gestire il patrimonio della donna.

potuto invocare i rimedi pretori. Dall’ultima età repubblicana la tutela muliebre perde di significato.

Il pater familias avrebbe potuto in testamento, anziché nominare egli stesso il tutore,

La capacità di agire era negata ai furiosi, gli infermi di mente; era poi negata, ma dare alla figlia divenuta  sui iuris  alla sua morte, di scegliere il tutore, per il quale

soltanto   parzialmente   ai   prodigi,   ossia   coloro   che   erano   ritenuti   incapaci   di cioè essa avesse fatto optio.

amministrare il proprio patrimonio per inettitudine pratica. In tal caso l’incapacità La  lex Iulia et Papia Poppaea  riconobbe alle donne con tre figli, se ingenue, o con

derivava   a  interdictio  magistratuale,   e   comportava   il   divieto   di   compiere quattro figli, se liberte, il ius liberorum, ossia la piena capacità di agire.

validamente atti di alienazione  e ad assumere obbligazioni. Si ammise poi che il pretore potesse, su istanza della donna, costringere il tutore

testamentario o dativo a prestare l’auctoritas.

Sia i furiosi che i prodigi erano soggetti a cura, generalmente dell’agnatus proximus, La tutela  legitima  dell’agnatus proximus, ad eccezione di quella del patrono e del

ma in mancanza era nominato dal magistrato.  parens manumissor, venne abolita da una lex Claudia.

Il curator furiosi e il curator prodigi avevano i medesimi poteri del tutor impuberum, La   tutela   muliebre   scompare   del   tutto   nel   410   d.C.   allorché   Onorio   e   Teodosio

ma   al  curator   furiosi  le   XII   tavole   riconobbero   anche   il   potere   di   alienare,   con concessero il ius liberorum a tutte le donne.

mancipatio  e  in  iure   cessio,   cose   appartenenti   ai   furiosi.   In   ogni   caso   non   era

riconosciuto ai furiosi né ai prodigi il potere di compiere atti con l’assistenza del Persone giuridiche.

curator. La capacità giuridica è riconosciuta alle persone giuridiche che si distinguono tra

corporazioni,   ossia   una   aggregazione   di   persone   con   propria   organizzazione

La tutela muliebre. interna   cui   possono   far   capo   diritti   e   doveri;   e   fondazioni,   ossia   un   complesso

La donna pubere una volta cessata su di lei la patria potestas, ovvero la donna patrimoniale   volto   a   uno   scopo   considerato   esso   stesso   titolare   dei   beni   che   lo

impubere sui iuris una volta raggiunta la pubertà, era soggetta alla tutela del tutor compongono.

mulieris. Aggregazioni simili alle corporazioni riconosciuti dai Romani erano le civitates e i

Il tutor mulieris interpone la propria auctoritas, ossia integra la volontà espressa collegia.

dalla donna nel compimento di atti di disposizione dei propri beni e nei negozi di

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Il   termine   civitates   designava   i   municipia,   composti   da   cittadini   romani,   e   le Autonoma   soggettività   venne   inoltre   riconosciuta   alle  piae   causae,  ossia

colonie,  composte   da   Latini   coloniarii,  che   erano  agglomerati   urbani  fuori  della corporazioni   religiose   create   in   seguito   a   lasciti   o   donazioni,   il   cui   reddito   era

città di Roma e con autonomia amministrativa. vincolato a scopi di culto o di beneficenza.

I   collegia   erano   delle   associazioni   di   minore   importanza,   di   artigiani,   di

commercianti   o   di   povera   gente   al   fine   di   provvedere   ai   riti   funebri   e   al

seppellimento dei propri membri.

Ad   essi   fu   riconosciuta   una   capacità   di   diritto   privato:   i   loro   rappresentanti

potevano   compiere   validamente   compravendite,   locazioni   e   mutui,   e   il   pretore

consentì loro di stare in giudizio tramite actores. Essi pertanto potevano avere beni

in possesso e in proprietà e ad essi avrebbero potuto far capo crediti e debiti.

I giuristi classici cercano di costruire la teoria del patrimonio titolare di se stesso, e

quindi della fondazione come persone giuridica, nell’istituto dell’eredità giacente. LE COSE.

Si   tratta   del   complesso   ereditario   nell’intervallo   tra   la   morte   dell’ereditando   e Si distingue tra res corporales e res incorporales; le prime erano le cose che si possono

l’accettazione da parte dell’erede. toccare,   dunque,   entità   materiale;   le  res   incorporales  erano   invece   taluni   diritti

Si presupponeva che l’eredità giacente non appartenesse a nessuno, per cui la loro soggettivi,   o   comunque   posizioni   giuridiche   soggettive;   tali   erano   l’eredità,

sottrazione   non   fu   considerata   furto   in   quanto   il   furto   presupponeva l’usufrutto, le obbligazioni. Non era una  res incorporales  il diritto di proprietà, in

l’individuazione della persona del derubato. quanto esso era identificato con il suo oggetto e, quindi, res corporalis.

Tuttavia,   riconoscendo   agli   eredi   la   legittimazione   all’esercizio   dell’actio   legis

Aquiliae  per   il   danneggiamento   subito   dalle   cose   ereditarie   nel   periodo   della Si distingue poi tra res mancipi e res nec mancipi. Le prime erano le cose di maggior

giacenza, prevalse l’idea per cui l’eredità avrebbe fatto le veci della persona del pregio nella società romana arcaica, in particolare furono dette res mancipi i fondi

defunto, onde l’imputazione agli eredi dei rapporti giuridici attinenti all’eredità che sul suolo italico, gli schiavi, gli animali da tiro e da soma e le servitù rustiche. Tutte

si erano costituiti durante la giacenza. le altre cose furono dette res nec mancipi.

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Per il trasferimento della proprietà delle res mancipi era necessario il rito solenne Il diritto di proprietà, che è il diritto reale per eccellenza, attribuisce al titolare una

della mancipatio o della in iure cessio; mentre per il trasferimento della proprietà signoria   generale   sulla   cosa   che   ne   forma   oggetto,   ossia   un   potere   generale

delle res nec mancipi era sufficiente la traditio. potenzialmente illimitato al godimento e alla disposizione del bene.

Tale distinzione perdette valore con la decadenza della mancipatio e della in iure Sulla   stessa   cosa   possono   gravare   altri   diritti   reali   classificati   in   diritti   reali   di

cessio, ma fu formalmente abolita da Giustiniano. godimento e diritti di garanzia. I primi attribuiscono sulla cosa, di cui altri ne è il

proprietario,   facoltà   di   godimento   più   o   meno   limitate;   i   diritti   di   garanzia

Beni immobili sono il suolo e tutto ciò che vi inerisce stabilmente; beni mobili sono conferiscono al titolare il diritto di soddisfare un proprio credito rivalendosi su una

tutti gli oggetti inanimati trasportabili e comunque amovibili. cosa altrui in caso di inadempimento.

La   costituzione   di   diritti   reali   di   godimento   su   cosa   altrui   comportano   una

Diritti reali. limitazione volontaria, in quanto la costituzione avviene ad opera del proprietario,

Diritti   reali   sono   diritti   soggettivi   su   una   cosa,   a   carattere   assoluto   e,   quindi, del diritto di proprietà, e in particolare della facoltà di godimento. Una volta estinti

opponibili a tutti i membri della collettività. Tutti i consociati sono potenzialmente tali diritti le facoltà di godimento del proprietario tornano ad espandersi sino a

obbligati a tenere un comportamenti negativo, ad astenersi cioè da azioni che con riacquistare   pienezza.   Tale   carattere   della   proprietà   è   definito   con   il   termine   di

quel diritto siano in contrasto. elasticità della proprietà.

Ai  diritti  reali  si  contrappongono  invece i  diritti  di  credito  : diritti patrimoniali

relativi,   in   quanto   la   parte   attiva   e   quella   passiva   sono   soggetti   precisamente La proprietà privata fu dapprima espressa con un’affermazione di appartenenza,

individuati. A differenza dei diritti reali dove obbligati a tenere un comportamento “dico   che   questa   cosa   è   mia”,   e   per   significare   che   si   trattava   di   un   potere

negativo sono potenzialmente tutti i consociati, nei diritti relativi obbligata è l’altra legittimamente acquistato e riconosciuto dal ius più antico, si aggiungeva “ex iure

parte   precisamente   individuata.   Questa   è   tenuta   in   favore   dell’altra quiritium”.

all’adempimento di una prestazione. Nella tarda età repubblicana la proprietà romana fu poi indicata con l’espressione

I diritti reali erano tipici, per cui è sottratto all’autonomia negoziale il potere di “dominium ex iure quiritium”, e con il termine “dominus” si indicò il proprietario; si

crearne di nuovi. trattava   di   istituto   del   ius   civile,   ossia   da   esso   riconosciuto   e   tutelato,   per   cui

potevano esserne titolari esclusivamente i cittadini romani.

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Poteva avere ad oggetto res corporales, sia mancipi sia nec mancipi, mobili e immobili Il dominium comportava un potere assoluto e illimitato, espresso con la formula ius

ma solo se res mancipi. utendi et abutendi re sua, ossia diritto di usare e abusare della cosa propria.

Il  dominium ex iure quiritium  su beni immobili si fa risalire all’età regia allorché si Nel diritto romano vigeva il principio del “chi esercita un proprio diritto non lede

procedette   ad   assegnazioni   a   carattere   definitivo   di   porzioni   di   ager   publicus, nessuno”; esso non   riconosce alcun divieto generale dei c.d. atti emulativi, ossia

cosicché   i   beni   in   tal   modo   acquistati   divenivano   propri     dei   privati  ex   iure quei comportamenti del proprietario di un fondo, nell’esercizio di un diritto, diretti

quiritium;   all’assegnazione   si   procedeva   mediante  limitatio,   un   rito   che   aveva a nuocere al vicino.

connotazioni   sacrali   e   che   si   compiva   con   l’intervento   del   magistrato   e   di   un Tuttavia limitazioni legali alla proprietà erano previste dal diritto: dovevano, ad

agrimensore : si tracciavano sul suolo parallele e perpendicolari che incrociandosi esempio, essere tollerate le immissioni di fumo, acqua e simili dall’immobile del

stabilivano i confini tra gli appezzamenti da assegnare. Tra fondi contigui veniva vicino al proprio purché dipendenti dall’uso normale del fondo.

lasciato  libero  uno  spazio  di  almeno  5  piedi,  detto  limer  o  iter  limitare, che   non

poteva essere acquistato per usucapione.

Anche   per   gli   edifici   le   XII   tavole   stabilirono   che   tra   gli   aedes   dovesse   essere Modi di acquisto.

lasciato   un   ambitus,   ossia   uno   spazio   di   almeno   5   piedi   di   larghezza   che   non I   modi   di   acquisto   del   dominium   ex   iure   quiritium   potevano   distinguersi

poteva essere acquistato per usucapione. innanzitutto in modi di acquisto iure civilis, con effetti riservati ai soli cittadino

Tuttavia, il fatto che da età repubblicana si procedette anche ad assegnazioni di romani, e modi di acquisto iuris gentium con effetti estesi anche ai non cittadini.

terre senza il rito della  limitatio, e la possibilità di procedere a divisione tra più Sono modi di acquisto iuris civilis: la mancipatio, la in iure cessio, la usucapio; sono

comproprietari   di   terreni,   comportarono   la   possibilità   di   fondi   direttamente modi   di   acquisto   iuris   gentium:   l’occupazione,   l’accessione,   la   specificazione,   la

confinanti,   detti  agri   arcifinii.  Anche   per   gli   edifici   si   finì   per   ammettere   la traditio.

derogabilità dell’ambitus. Essi  si distinguevano inoltre tra  modi  di acquisto originari, che prescindono da

In ogni caso nello stabilire i confini tra fondi si tendeva comunque ad assicurare ai ogni   relazione   tra   chi   acquista   e   il   precedente   proprietario,   e   modi   di   acquisto

proprietari   l’accesso   indipendente;   e   ciò   giustifica   il   fatto   che   non   esisteva   nel derivativi, ossia quei modi in cui l’acquisto dipende dalla trasmissione che ne fa il

diritto romano un precetto che imponesse l’obbligo ai proprietari di consentire il proprietario.

passaggio   sul   proprio   fondo   al   proprietario   del   fondo   vicino,   né   di   costituire L’ampiezza   del   diritto   acquistato   può   essere   diversa   a   seconda   che   si   tratti   di

servitù di passaggio in suo favore. acquisto   originario   o   a   titolo   derivativo:   nei   modi   derivativi   la   proprietà   viene

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acquistata così com’era presso colui che l’ha trasmessa; il proprietario di un bene L’accessione è un incremento, un completamento, un arricchimento, di una cosa

gravato da diritti reali limitati lo trasmetterà con gli stessi pesi. corporale, detta principale in quanto determina la funzione di tutto, per l’aggiunta

Il   dominio   quiritario   si   acquistava   a   titolo   originario   per   occupazione,   per di   unʹaltra   che   non   appartiene   allo   stesso   proprietario   e   detta   accessoria.

accessione e per specificazione; si acquistava a titolo derivativo per  mancipatio,  in L’incremento si verifica a vantaggio del proprietario della cosa principale anche se

iure   cessio,   traditio,   legato   per  vindicationem,  adiudicatio,   pagamento   della  litis non   possessore   e   anche   se   ignaro.   L’acquisto   è   a   titolo   originario   in   quanto

contestatio. prescinde dal consenso del dominus della cosa accessoria.

L’unione è organica allorché ha luogo per compenetrazione di corpi in modo che la

cosa accessoria diventa un tutt’uno con la cosa principale.

Costituiscono accessione gli incrementi fluviali, ossia : l’alveo abbandonato, per cui

L’occupazione. i proprietari dei fondi rivieraschi, non limitati, estendevano il dominium sino alla

L’occupazione era, dunque, un modo di acquisto del dominio quiritario a titolo linea mediana del fiume; la porzione di terra affiorata nel mezzo del fiume che

originario e iuris gentium (con effetti cioè estesi anche ai non cittadini romani). cadeva in proprietà dei domini dei fondi rivieraschi opposti, con confine segnato

Consisteva nella presa di possesso di cose che non appartenevano a nessuno. Tali dalla linea mediana del fiume.

erano gli animali allo stato selvatico, le cose trovate sulla riva del mare, le cose dei

privati sottratte al nemico in tempo di guerra, l’isola formatasi nel letto del fiume, Anche la  inaedificatio  è un’ipotesi di accessione e consiste nella costruzione di un

sempre che i fondi rivieraschi fossero stati limitati, le cose abbandonate purchè res edificio con materiale appartenente a persona diversa.

nec mancipi; il dominio delle  res mancipi  abbandonate si acquistava dall’occupante Secondo   il   principio   per   cui   il   dominio   quiritario   si   estendeva   senza   limiti   in

per usucapione. profondità   e   in   altezza,   il   proprietario   del   suolo   diveniva   automaticamente

Per quanto riguarda il tesoro, consistente in denaro e preziosi rimasti sepolti in un proprietario dell’edificio nel suo complesso; poiché nel mondo antico i materiali di

fondo da epoca tanto lontana da non conservarne memoria, spettava al proprietario costruzione   non   perdevano   con   l’utilizzazione   le   connotazioni   originarie,   questi

del   fondo,   e   se   rinvenuto   da   persona   diversa   dal   proprietario   del   fondo,   esso avrebbero continuato ad appartenere a colui al quale appartenevano prima.

spettava per metà al dominus fundi e per metà a chi l’avesse scoperto. Tuttavia,   il   proprietario   dei   materiali   non   avrebbe   potuto   rivendicarli   fino   a

quando l’edificio non fosse stato demolito; demolizione che non avrebbe potuto

L’accessione. pretendere. Fino ad allora il suo diritto di proprietà sarebbe rimasto quiescente.

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Fino a che durava la costruzione il  dominus fundi  non avrebbe potuto usucapire i Essa   si   realizzava   mediante   la   consegna   materiale   della   cosa.   Tuttavia   in

materiali; per cui, anche se la costruzione fosse durata per lungo tempo, una volta determinati casi la  consegna materiale poteva  anche mancare: in tali ipotesi era

avvenuta la demolizione, il proprietario dei materiali avrebbe potuto pretendere la sufficiente che il  tradens  facesse comunque conseguire all’accipiens  la disponibilità

restituzione mediante rei vindicatio. della  cosa. Così  mancava  la consegna materiale  nel caso di  traditio simbolica, ad

Nel caso invece di costruzione con materiali propri su suolo altrui, il proprietario esempio mediante la consegna delle chiavi del magazzino in cui erano contenute le

dei materiali ne manteneva la proprietà quiescente solo se all’atto della costruzione merci da trasferire; con la  traditio longa manu, ad esempio mediante l’indicazione

fosse stato in buona fede. dei confini dall’alienante all’acquirente e contemporanea dichiarazione di volere

trasferire il fondo; con la traditio brevi manu, che si realizzava quando l’acquirente

La specificazione. teneva già la cosa che l’alienante gli trasmetteva, ad esempio quando il deponente

La specificazione è la trasformazione di una cosa altrui sino a farne altra cosa che, vendeva la cosa depositata al depositario; ovvero nel caso di costituto possessorio,

nel comune apprezzamento, appare nuova; ad esempio dalle olive si ricava olio. cioè quando l’alienante tratteneva presso di se come affittuario la cosa che vendeva,

Due opposte concezioni erano espresse  dai proculiani,  i quali ritenevano che lo per cui al compratore non veniva fatta consegna materiale anche se si intendeva a

specificatore avrebbe dovuto acquistare la proprietà della res nova, e dai sabiniani i lui tradita.

quali   invece   ritenevano   che   il   proprietario   della   materia   avrebbe   mantenuto   il Per   il   passaggio  del   possesso  occorreva   inoltre   la   concorde  volontà   di  tradens  e

dominio   anche   dopo   la   specificazione.   In   età   classica   prevalse   invece   una   tesi accipiens, ossia che le parti fossero d’accordo di volere rispettivamente trasferire e

intermedia   che   distingueva   a   seconda   che   la   specificazione   fosse   o   meno acquistare il possesso. Non era traditio la consegna della cosa a scopo di custodia, in

reversibile: se era reversibile il dominus materiae ne avrebbe mantenuto la proprietà, tali casi la persona che riceveva ne acquistava soltanto la detenzione.

in caso contrario lo specificatore avrebbe acquistato la proprietà della res nova. Nel caso in cui avesse ad oggetto  res nec mancipi, per il passaggio di proprietà si

richiedeva   la   volontà   delle   parti   di   fare   acquistare   all’accipiens  il   possesso  uti

La traditio. dominus, cioè quale proprietario, in modo che esso tenesse la cosa come propria.

Si tratta di negozio bilaterale non formale per il trasferimento del possesso. Poteva

avere ad oggetto soltanto res corporales, in quanto le sole suscettibili di possesso, Poteva   procedersi  a  traditio  per   più  causae.  Le  iustae  causae  traditionis,  ossia  le

sia  res   mancipi  che  res   nec  mancipi.  Quando  aveva   ad  oggetto  res   nec   mancipi,  la ragioni per le quali si procedeva a traditio, erano in un numero definito: la  causa

traditio trasferiva al contempo la proprietà e il possesso. vendendi, nel caso del venditore che consegnava al compratore la cosa venduta; la

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causa donandi; la causa solvendi, nel caso del debitore che adempiva un’obbligazione Per effetto dell’adiudicatio i comproprietari o i coeredi di quote ideali cessavano di

di dare). essere tali e diventavano proprietari esclusivi di beni determinati.

Si è incerti se ai fini dell’effetto traslativo dovesse effettivamente sussistere la iusta

causa o se bastava che le parti la credessero esistente.

Si ritiene prevalente la seconda ipotesi, basti pensare che la  traditio  dava luogo a

passaggio   della   proprietà   nella  solutio   indebiti  pure   in   difetto   di   un   debito   da

solvere; ed ancora, con la  traditio la proprietà passava anche se compiuta per una La litis aestimatio.

causa illecita. La litis aestimatio era il valore della cosa oggetto di rivendica nel processo formulare

da   parte   del   proprietario   nei   confronti   del   possessore.   Poiché   nel   processo

Legato per vindicationem. formulare l’eventuale condanna poteva essere espressa solo in denaro, il possessore

Si tratta di un modo di acquisto derivativo e a titolo particolare del dominium, ma convenuto, una volta rimasto soccombente, anziché restituire subiva la condanna

a differenza degli altri negozi è un atto mortis causa. Si trattava, infatti, di una pecuniaria, il cui importo equivaleva alla litis aestimatio. Una volta offerto di pagare

disposizione testamentaria con la quale il testatore attribuiva, con l’impiego delle la litis aestimatio il convenuto manteneva il possesso della cosa rivendicata, e, se nec

parole  do lego, una cosa propria a un terzo, detto legatario, il quale acquistava la mancipi,  ne acquistava anche la proprietà  ex iure quiritium. Se invece si trattava di

proprietà civile una volta che il testamento fosse divenuto efficace. res   mancipi,   il   convenuto   acquistava   la   proprietà   pretoria,   in   quanto   gli   veniva

riconosciuto un possesso valido ai fini dell’usucapione.

L’adiudicatio.

L’adiudicatio  era la pronunzia del giudice formulare con la quale esercitava il suo L’usucapione.

potere   di  adiudicare,   ossia   di   attribuire   con   efficacia   costitutiva   ai   litiganti   parti


L’usucapione   trovava   fondamento   nelle   XII   tavole   e   comportava   l’acquisto   del
definite   di   quanto   fosse   oggetto   di   divisione   giudiziale   o   parti   del   terreno
dominium ex iure quiritium  in presenza di determinati requisiti:  res habilis,  titulus,
confinante. Tale potere era attribuito al giudice dalla parte della formula, pure essa
fides, possessio e tempus.
detta adiudicatio, dei giudizi divisori e dalla formula dell’azione per il regolamento
Res habilis. Erano usucapibili le cose suscettibili di dominium ex iure quiritium che
dei confini.
fossero al contempo anche res habilis, ossia idonee ad essere usucapite. Non erano

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res habilis in virtù di un precetto delle XII, le res furtivae, ossia le cose rubate, e, in Titulus o iusta causa.  Requisito essenziale era inoltre la sussistenza di un  titulus  o

virtù   di  una   lex  plautia,  le  res   vi possessae, ossia   le  cose  di  cui taluno  si   fosse iusta  causae,   ossia   una   ragione   oggettiva   per   l’acquisto   del   possesso   tale   da

impossessato con violenza. giustificare l’acquisto della proprietà per effetto del possesso continuato.

Mantenevano la non usucapibilità anche presso eventuali terzi acquirenti in buona Il   titolo   più   ricorrente   era   quello   del   possesso  pro   emptore,   che   sussisteva   nelle

fede; queste sarebbero state di nuovo usucapibili una volta tornate nel possesso del ipotesi in cui il venditore avesse trasmesso il possesso della cosa venduta ma non la

proprietario. proprietà; e ciò perchè, o il venditore non era proprietario della cosa venduta o,

trattandosi di res mancipi, avesse fatto solo traditio e non anche mancipatio o in iure

Possessio.  Era   essenziale   inoltre   per   l’acquisto   del   dominium   sulla   cosa   il   suo cessio. Allo stesso modo ad esempio acquistava possessio cum iusta causa il marito

possesso;   in   particolare   era   essenziale   che   il   possessore   tenesse   la   cosa   come cui   fosse   stata   costituita   dote   mediante   datio;   l’attore   di   un   giudizio   nossale

propria, uti dominus. Non si poterono pertanto usucapire le res incorporales in possedeva cum iusta causa il servo datogli a nossa da un non proprietario.

quanto non suscettibili di possesso.

Fides.  Ai   fini   dell’usucapione   era   inoltre   richiesta   la   buona   fede,   ossia   la

Tempus.  A   norma   delle   XII   tavole,   il   dominium   si   acquistava   con   il   possesso convinzione   del  possessore  di  non  arrecare   ad  altri   con il   proprio   possesso,  un

ininterrotto protratto per 2 anni in caso di beni immobili e per un anno in caso di pregiudizio ingiusto. La buona fede doveva sussistere al tempo dell’acquisto del

altre cose. possesso; se veniva meno dopo l’usucapione si compiva ugualmente.

In caso di morte del possessore, si applicava il principio della successio possessionis,

secondo   il   quale   il  tempus  usucapionis  non   subiva   interruzioni   per   cui   l’erede

subentrava all’ereditando nella sua stessa posizione possessoria.

Si   applicava   inoltre   il   principio   dell’accessio  possessionis,   per   cui   il   compratore Vi erano due casi di usucapione speciale : l’usureceptio e l’usucapio pro erede.

avrebbe potuto sommare il proprio possesso a quello del dante causa in modo che L’usucapio pro erede si verificava nel caso in cui taluno avesse preso possesso,

l’usucapione iniziata presso il venditore avrebbe potuto essere portata a termine anche in difetto di titolo e anche in mala fede, di una cosa ereditaria appartenente

dal compratore, ma a condizione che il possesso di quest’ultimo fosse stato della ad una eredità giacente; in tal caso, trascorso un anno, avrebbe acquistato l’eredità

stessa qualità, ossia di buona fede e con giusta causa, di quello del compratore. nel suo complesso.

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In età preclassica gli effetti dell’usucapio pro erede furono limitate alle sole cose volta   acquistato   la   proprietà   a  domino.   Tuttavia,   bastava   che   il   proprietario

ereditarie possedute.  dimostrasse   di   avere   posseduto   la   cosa,   o   che   alcuno   dei   danti   causa   l’avesse

Successivamente   si  diede   all’erede  che   avesse  acquistato  l’eredità   una  hereditatis posseduta in buona fede e con iusta causa per il tempo necessario a usucapirla. Ciò

petitio ficticia  contro il possessore in male fede che avesse usucapito pro erede, in comportava   che   il   convenuto   sarebbe   stato   assolto   qualora   l’attore   non   avesse

modo che il giudice giudicasse come se l’usucapione non vi fosse stata. raggiunto   la   prova   della   proprietà.   Una   volta   assunto,   il   convenuto   avrebbe

mantenuto il possesso.

Qualora   il   convenuto   possessore   avesse   erogato   sulla   cosa   delle   spese,   questi

La rei vindicatio. avrebbe potuto opporre l’exceptio doli  se l’attore avesse insistito nell’azione senza

La rei vindicatio era l’azione reale a tutela del dominium ex iure quiritium che tendeva avere rimborsato prima le spese. Verificata l’exceptio, si riconosceva al convenuto il

a far conseguire al proprietario il possesso. Essa, infatti, spettava al proprietario ius retentionis, ossia sarebbe stato assolto, per cui avrebbe trattenuto la cosa.

non possessore contro il possessore non proprietario. Doveva   tuttavia   trattarsi   di   spese   necessarie,   quando   cioè   senza   di   esse   la   cosa

Per la rei vindicatio nel processo formulare si agiva con una formula con clausola sarebbe perita o deteriorata, o di spese utili se avessero migliorato la redditività

arbitraria secondo cui il giudice avrebbe condannato il convenuto solo se questi della cosa; le prime erano rimborsate per intero mentre le spese utili nella misura

non   avesse   ottemperato   all’invito   di   restituire   la   cosa   e   se   questa   risultava minore tra lo speso e il migliorato.

appartenere all’attore. Il   convenuto   non   avrebbe   invece   potuto   pretendere   il   rimborso   delle   spese

La condanna doveva essere in ogni caso pecuniaria e sarebbe stata commisurata al voluttuarie, ma avrebbe potuto portare via gli oggetti relativi a tali spese solo se

valore della cosa al tempo della sentenza.  fosse possibile senza danneggiare il bene rivendicato.

Il   convenuto   possessore   avrebbe   mantenuto   il   possesso   della   cosa   durante   il Nessun rimborso era dovuto al possessore di mala fede.

giudizio, in quanto non vi era, a differenza della legis actio sacramenti in rem, in

iure   alcun   provvedimento   pretorile   di   assegnazione   provvisoria   del   possesso. Il   convenuto   soccombente   avrebbe   dovuto   restituire   anche   i   frutti   percepiti   e   i

L’onere della prova incombeva sull’attore; questi avrebbe dovuto dimostrare non danni che la cosa avesse subito per suo dolo o colpa dopo la litis contestatio.

solo di avere acquistato in forza di un adeguato negozio traslativo della proprietà,

ma anche di avere acquistato dal proprietario, ossia che il dante causa avesse a sua

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Inoltre,   poiché   l’esercizio   della   rivendica   non   interrompeva   l’eventuale   decorso Le legis actiones rimasero in vigore per il danno temuto, ossia il danno non ancora

dell’usucapione, il convenuto soccombente che avesse usucapito la cosa dopo la verificato ma che si aveva fondato timore che potesse in seguito verificarsi. 

litis contestatio avrebbe dovuto ritrasferire la proprietà all’attore. L’azione per il danno temuto era riconosciuta al proprietario di un fondo quando

dal fondo vicino si manifestava un pericolo al proprio fondo.

Presto tale azione cadde però in desuetudine e si ritenne più comodo il rimedio

della cautio damni infecti, che era una stipulatio pretoria con la quale il proprietario

del   fondo   da   cui   si   temeva   il   danno   prometteva   al   proprietario   del   fondo

Altre azioni a difesa della proprietà. minacciato che se il danno si fosse verificato l’avrebbe risarcito. Se questi avesse

Al  dominus ex iure quiritium  erano inoltre riconosciute a difesa della proprietà, le negato di prestare la cautio il pretore avrebbe dovuto emettere decreto di missio in

azioni negatorie di servitù e l’azione negatoria di usufrutto. Erano azioni del ius possessionem  con   il   quale   si   attribuiva   al   proprietario   del   fondo   minacciato   la

civile,  di  natura   reale  e  con   clausola   restitutoria,  date  al  proprietario   possessore detenzione del fondo dal quale si temeva il danno, sia ai fini di sorveglianza e

contro quanti esercitassero illegittimamente sulla cosa servitù o usufrutto. prevenzione, sia per premere sulla volontà dell’avversario affinché si decidesse a

prestare la  cautio. Se questi non l’avesse prestata entro un certo tempo il pretore

Al proprietario di un fondo rustico era poi riconosciuta dalle XII tavole, l’actio avrebbe emanato una seconda missio, detta missio in possessionem ex secondo decreto,

aquae pluviae arcendae contro il proprietario del fondo vicino qualora questi o altri con la quale il missus avrebbe ottenuto il possesso idoneo ai fini dell’usucapione.

avessero alterato lo scorrere naturale delle acque piovane in modo da confluire più

copiose e oltre misura nel fondo dell’attore.  Il proprietario di un fondo poteva fare ricorso all’operis novi nuntiatio qualora sul

Si trattava di un’actio in personam e con clausola restitutoria; per cui il giudice fondo vicino erano in corso opere di demolizione o costruzione che si ritenevano

avrebbe invitato il convenuto a restituire, o meglio a rimettere le cose in pristino, lesive   di   un   proprio   diritto;   si   pensi   al   caso   del   proprietario   del   fondo   vicino,

qualora fosse questi l’autore delle opere; ovvero, se autore delle opere fosse stata gravato da servitù di non sopraelevare, che inizi a costruire.

altra persona, ad esempio la persona dalla quale il convenuto aveva acquistato il Essa si concretizzava in un atto con il quale si intimava al vicino la sospensione

fondo, il convenuto sarebbe stato tenuto a consentire che l’attore ripristinasse lo dell’opera.   Se   l’intimato   avesse   continuato,   il   pretore,   senza   alcuna   indagine   di

stato dei luoghi. merito sul diritto dell’intimante, e dietro sua istanza, avrebbe emesso l’interdictum

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demolitorium, per cui l’intimato fosse stato tenuto a demolire quanto costruito dopo A   differenza   della   rivendica,   dunque,   legittimato   all’azione   publiciana   era   chi

la nuntiatio. possedeva la cosa in maniera utile all’usucapione, e non il proprietario; pertanto il

Gli effetti sospensivi cessavano dopo un anno, termine entro il quale il  nuntians giudice avrebbe dovuto accertare se, prima di perdere il possesso, l’attore avesse

avrebbe dovuto provocare l’accertamento del suo diritto di proibire l’opera. posseduto la cosa cum iusta causa e in buona fede.

Si  trattava   di  un’actio  ficticia, per cui il giudice, una volta  accertato  il  possesso

dell’attore, avrebbe dovuto fingere trascorso il tempo per l’usucapione.

Con l’interdictum quod vi aut clam, il proprietario del fondo avrebbe ottenuto la

demolizione della costruzione che taluno avesse realizzato “vi”, ossia nonostante il Il   possessore   ad   usucapionem   avrebbe   potuto   esperire   l’actio   publiciana   nei

suo   divieto,   o  clam,   ossia   clandestinamente,   senza   chiedere   autorizzazione,   sul confronti di ogni possessore attuale, quindi, anche contro il proprietario quiritario

fondo dell’attore. possessore; in tal caso però quest’ultimo avrebbe opposto l’exceptio iusti dominii,

che avrebbe annientato gli effetti dell’actio publiciana.

Si procedeva con l’actio finium regundorum quando, per alterazione dello stato dei Risolvere   in   favore   del   proprietario   quiritario   un   eventuale   conflitto   con   il

luoghi per cause naturali, non si scorgessero più i confini tra due fondi rustici e possessore   ad   usucapionem,   sarebbe   stato   giusto   nel   caso   in   cui   quest’ultimo

sorgesse   controversia.   In   tal   caso   la   pronunzia   del   giudice,   detta   adiudicatio, avesse acquistato il possesso da un terzo non proprietario; diverso era il caso in cui

ristabiliva i confini. il venditore di res mancipi non avesse fatto al compratore mancipatio o in iure cessio

ma solo  traditio. In tale ipotesi intervenne il pretore che concesse al compratore

contro la eventuale  rei vindicatio  del  dominus  alienante, una  exceptio rei venditae ac

traditae e una replicatio doli per potere neutralizzare l’exceptio iusti dominii esercitata

dal proprietario quiritario contro l’actio publiciana dello stesso compratore.

L’azione publiciana.

L’azione   publiciana   era   l’azione   riconosciuta,   per   il   recupero   del   possesso,   ai

possessori   di   buona   fede   e   cum   iusta   causa   di   una   cosa,   suscettibile   di   essere

usucapita, che avessero perso il possesso prima del compimento dei termini per

l’usucapione.

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Proprietà pretoria.

Nei casi in cui il possessore ad usucapionem aveva tutela assoluta (come nel caso di

res   mancipi   tradita),   ossia   anche   di   fronte   al   proprietario   civile,   il   diritto   del

proprietario civile fu qualificato nudum ius Quiritium, e si disse che il possessore ad

usucapionem  teneva la cosa  in bonis; tale posizione del possessore fu definita dai

classici duplex dominium, e dagli studiosi moderni “proprietà pretoria”. La praescriptio longi temporis.

La  praescriptio   longi   temporis  era   uno   strumento   di   difesa   del   convenuto,

riconosciuto nell’ambito della cognitio extra ordinem delle province. Era opponibile,

infatti, dal convenuto possessore per lungo tempo di un fondo, nei confronti di chi,

Proprietà provinciale. assumendosene proprietario, con l’azione reale ne reclamava la restituzione.

Le terre dei paesi assoggettati dai romani e organizzati in province furono lasciate Essa pertanto non era utile per il recupero del possesso, né era un modo di acquisto

nella disponibilità dei  privati che già  le detenevano, ma il dominium  si ritenne della proprietà.

competere   al   populus   romanus,   nelle   province   senatorie,   e   all’imperatore,   nelle Fu recepita nell’ordinamento romano nel 199 d.C. estendendo ad essa i requisiti

province imperiali. Il potere dei privati su di esse fu qualificato possessio, ma di richiesti per l’usucapione, ad eccezione per il tempus che fu stabilito in 10 anni se le

fatto   si   trattava   di   proprietà,   qualificata   come   proprietà   provinciale,   in   quanto parti vivevano nella stessa città e in 20 se le parti vivevano in città diverse.

contenuti   e   tutela   di   tale   possessio   erano   simili   a   quelli   del   dominium   ex   iure A   differenza   dell’usucapione,   ove   l’azione   di   rivendica   non   ne   interrompeva   i

quiritium sui fondi italici: era, dunque, trasmissibile mortis causa, per atto inter termini,   l’esercizio   dell’azione   reale   interrompeva   il   decorso   dei   termini   della

vivos ed era tutelata con un’actio in rem e comunque con strumenti analoghi a praescriptio.

quelli spettanti al proprietario civile. 

I   fondi   provinciali   rientravano   tra   le   res   nec   mancipi,   per   cui   si   trasmettevano L’imperatore Costantino istituì una  longissimi temporis praescriptio, quarantennale

mediante   traditio.   Esse,   inoltre,   non   essendo   suscettibili   di   dominium   ex   iure opponibile dal possessore di un immobile, a prescindere da titolo e  da buona fede.

quiritium non si acquistavano per usucapione. Successivamente Giustiniano ne ridusse il termine a 30 anni e dispose la fusione

dell’usucapio e della longi temporis praescriptio, riferendo la prima ai soli beni mobili

e la  longi temporis praescriptio  ai beni immobili. A quest’ultima allora l’imperatore

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estese il medesimo effetto acquisitivo proprio dell’usucapione. I termini, suscettibili Alla   sua   scomparsa,   prima   dell’età   repubblicana,   si   riconosce   un   altro   tipo   di

di essere interrotti dall’esercizio della rivendica, si stabilirono in 3 anni per i beni comproprietà,   detta   semplicemente  communio,   che   poteva   essere   volontaria,   in

mobili, e in 10 o 20 anni per i beni immobili a seconda che le parti abitassero o quanto si costituiva per volontà dei comproprietari, o incidentale, ad esempio per

meno nella stessa provincia. effetto di un legato per vindicationem in favore di più persone in ordine alla stessa

res.

Con Giustiniano fu soppressa la qualifica “ex iure quiritium” del dominium e ad Si   differenzia  dal  consortium  in  quanto  ciascun  partecipante  era   titolare   di  una

esso fu assimilata la proprietà pretoria; si eliminò ogni distinzione tra fondi italici e quota ideale del bene, con la conseguenza che ogni comproprietario potesse, senza

fondi provinciali, assoggettati tutti a imposta fondiaria, e tutti oggetto di dominium il consenso degli altri, alienare solo la propria quota, poteva costituire su di essa

senza ulteriore qualifica. pegno,   usufrutto,   e   partecipava   alle   spese   nella   misura   corrispondente   alla   sua

quota; pro quota rispondeva inoltre dei danni che la cosa comune avesse provocato

Consortium “ercto non cito”. a terzi.

Il consortium, detto ercto non cito (dominio non diviso), fu la prima manifestazione Tuttavia ciascun comproprietario, anche senza il consenso preventivo degli altri,

di comproprietà, per cui più soggetti sono riconosciuti proprietari di uno stesso poteva   gestire   e   fruire   della   cosa   comune;   a   ciascun   partecipante   era   tuttavia

bene. Esso si costituiva automaticamente alla morte del pater familias tra più heredes riconosciuto il diritto di veto (ius prohibendi), per le innovazioni.

sui; ovvero si poteva costituire tra estranei mediante il ricorso a una legis actio. Se   un   socio   avesse   rinunciato   alla   sua   quota,   questa   si   sarebbe   accresciuta   a

Ciascun consorte avrebbe potuto, anche senza il concorso degli altri, gestire e fruire ciascuna delle altre quote in proporzione della misura del suo diritto sulla cosa

delle cose comuni, nonché alienarle o comunque disporne per l’intero, con effetti comune.  Da  ciò  si  è  ritenuto   che  anche   la  communio  contenga  in  se  l’idea  della

verso tutti gli appartenenti al  consortium. Ciascun partecipante ala comunione era proprietà   plurima   integrale,   ritenendo   che   il   comproprietario   è   potenzialmente

pertanto considerato proprietario dell’intero (proprietà plurima integrale). proprietario per l’intero, per cui il suo diritto si espande naturalmente una volta

Alla divisione tra heredes sui si procedeva, a norma delle XII tavole, mediante l’actio che non è più compresso dal concorrente diritto degli altri contitolari.

familiare   erciscundae;   mentre   tra   estranei,   in   forza   della  lex   Licinna,   con   l’actio Anche nel caso di manumissione del servo da parte di uno dei socii, non si rendeva

communi dividendo. libero   lo   schiavo,   ma   comportava   accrescimento   in   favore   degli   altri

comproprietari; lo schiavo si rendeva libero solo nel caso in cui tutti i soci avessero

compiuto l’atto di affrancazione. Tuttavia, nel caso in cui gli altri comproprietari

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non intendessero rinunciare al servo, Giustiniano impose loro di vendere la propria I due fondi devono appartenere a proprietari diversi e, se non contigui, devono

quota al socius che intendesse procedere alla manumissione. almeno essere vicini, in quanto la servitù deve essere oggettivamente utile al fondo

dominante.

Per   la   divisione   dei   beni   comuni   era   esperibile   l’actio   communi   dividundo   con Guardando   dal   lato   attivo   del   rapporto,   le   servitù   si   distinguono   in   positive   e

adiudicatio e una condemnatio che consentiva al giudice di procedere a conguagli negative.   Sono   positive   le   servitù   per   il   cui   esercizio   il   proprietario   del   fondo

in denaro e al regolamento di dare e avere reciproco tra i comproprietari per spese, dominante   deve   tenere   un   comportamento   attivo,   ad   esempio   la   servitù   che   si

frutti   e   danni   relativi   alla   communio.   In   ogni   caso,   almeno   inizialmente,   l’actio esercita attraverso il passaggio sul fondo servente; ad esse corrisponde un obbligo

communi   dividundo   non   poteva   essere   esperita   soltanto   per   esigere   dagli   altri di pati del dominus del fondo servente. Sono negative le servitù il cui esercizio non

contitolari il dovuto in relazione alla gestione, ma si doveva pertanto attendere la comporta in se alcuna attività, ad esempio la servitù di non sopraelevare; ad esse

divisione giudiziale. Tale possibilità fu però ammessa dal diritto giustinianeo. corrisponde un obbligo del proprietario del fondo servente di non facere. Dunque,

dal   lato   passivo,   la   servitù   non   può   consistere   in   un   fare   (servitus   in   facendo

consistenere nequit).

Le servitù prediali. Le   servitù   erano   tipiche;   le   prime   ad   essere   riconosciute   furono   le   servitù   di

Le servitù prediali possono essere definite diritti soggettivi di natura reale (rientra passaggio   iter   e   actus,   rispettivamente   passaggio   a   piedi   e   con   carri   o   animali,

tra i diritti reali di godimento), per cui il proprietario di un fondo può pretendere mentre   altre   se   ne   andarono   riconoscendo   gradualmente   per   l’opera   congiunta

dal proprietario di un fondo vicino un comportamento determinato di tolleranza della  giurisprudenza  e   del  pretore,  ma   furono  qualificate   “iura”  e  come   tali  res

(pati) o di omissione (non facere).  incorporalis.

Esse, pertanto, riguardano solo beni immobili: fondi rustici (servitù rustiche che si Nel diritto giustinianeo la terminologia delle servitutes fu estesa anche ad usufrutto

fecero rientrare tra le res mancipi), o edifici (servitù urbane che si fecero rientrare tra e   uso,   che   si   dissero   servitù   personali,   nella   considerazione   che,   come   in   ogni

le res nec mancipi); spettano al proprietario di un fondo in quanto tale e hanno come servitù, vi era anche in tal caso un assoggettamento, e in particolare di una res a

obbligato il proprietario in quanto tale di un fondo vicino. una persona.

Le   servitù,   dunque,   seguono   i   due   fondi,   detti   rispettivamente   dominante   e

servente;   per   cui,   nel   caso   di   vendita   di   uno   o   dell’altro,   la   servitù   passa Le servitù si costituivano mediante negozi con effetti reali, dunque, con mancipatio

necessariamente in capo o a carico del nuovo acquirente. le servitù rustiche e con in iure cessio sia le servitù rustiche che urbane.

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Le servitù si costituivano anche mediante pactio et stipulatio, un patto accompagnato Sempre perché res incorporales e quindi non suscettibili di possesso, le servitù non

da stipulatio aventi ad oggetto il contenuto di una servitù. si potevano costituire neanche mediante usucapione.

In età classica a pactiones et stipulationes  si fece ricorso alla costituzione, in relazione

ai fondi provinciali, di rapporti di natura analoga alle servitù, tutelati iure onorario Le servitù si estinguevano: per confusione; rinunzia, o remissivo servitutis, che si

con azioni reali in factum. Ad essi, dunque, si attribuirono effetti reali ma di diritto effettuava   mediante   in  iure  cessio;  e   per   il  non  usus,  ossia  il  mancato   esercizio

onorario. continuato per 2 anni.

Nel   diritto   giustinianeo,   venute   meno  mancipatio  e  in   iure   cessio,  pactiones   et Nel   caso   di   servitù   negative,   in   quanto   non   richiedevano   un   comportamento

stipulationes divennero il modo generale di costituzione delle servitù. positivo del titolare, il momento in cui la servitù poteva considerarsi non esercitata

Si costituivano anche mediante exceptio servitutis (più comunemente detta deductio coincideva con il momento in cui il  dominus  del fondo servente avesse tenuto un

servitutis), che aveva luogo quando il proprietario di due fondi, nell’alienarne uno comportamento incompatibile con l’esercizio della servitù. Si ritenne, infatti, che il

costituiva   una   servitù   a   carico   del   fondo   che   alienava   e   a   favore   di   quello   che proprietario del fondo gravato con il suo comportamento usucapisce la libertà del

tratteneva, o viceversa.  fondo liberandolo dalla servitù.

Le   servitù   si   costituivano   anche   mediante  adiudicatio.   Il   giudice,   quando   ne

ravvisava   l’opportunità   poteva   stabilire   servitù   tra   fondi   che,   con   la   divisione, A difesa della servitù vi era la vindicatio servitutis, anche detta, in età classica, actio

venivano assegnati a comproprietari o coeredi diversi. confessoria.

Altro modo di costituzione era il legato per vindicationem. Presupponeva che il Con Giustiniano, venuta meno la distinzione tra fondi italici e fondi provinciali,

legatario   fosse   proprietario   di   un   fondo   e   che   l’altro   fondo   destinato   a   essere l’actio in rem in factum, esperibile per la difesa giudiziaria dei rapporti analoghi alle

servente fosse del testatore e da costui si trasmettesse all’erede o ad altro legatario servitù che si costituivano sui fondi provinciali, non si distinguerà più dall’azione

per vindcationem. confessoria.

Le servitù non si costituivano invece mediante traditio, in quanto si trattava di res

incorporales, quindi non suscettibili di possesso e neanche di traditio. L’usufrutto.

Tuttavia, venuta meno l’applicazione di mancipatio e di in iure cessio, ed essendo Si tratta di diritto soggettivo reale di usare e percepire i frutti di una cosa altrui

la traditio l’atto di trasferimento di tutti i beni, si ammise exceptio servitutis in seno senza alterarne la destinazione economica.

alla traditio.

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Oggetto dell’usufrutto potevano essere beni mobili e immobili, res mancipi e res

nec   mancipi,   purchè   inconsumabili   e   fruttifere,e   sempre   che   si   trattasse   di   res L’usufrutto si poteva costituire principalmente mediante legato per vindicationem,

corporalis. ma si ammise la costituzione anche mediante in iure cessio, nella quale il cessionario

L’usufruttuario poteva usare la cosa gravata da usufrutto e percepirne i frutti; gli avrebbe affermato “ius mihi esse fundo Corneliano utendi fruendi aio” (dico che a me

acquisti   dello   schiavo   gravato   da   usufrutto   andavano   all’usufruttuario   se spetta il diritto di usare e percepire i frutti del fondo Corneliano).

dipendevano   da   un   esborso   dello   stesso   usufruttuario   o   dall’attività   lavorativa Furono inoltre riconosciuti come modi di costituzione dell’usufrutto l’adiudicatio e

dello   schiavo;   diversamente   andavano   al   nudo   proprietario.   L’usufruttuario la deductio.

doveva curare la manutenzione ordinaria della cosa a sue spese; non poteva in ogni Si   costituiva   con  adiudicatio  nelle   azioni   divisorie   quando   il   giudice   lo   riteneva

caso mutare la destinazione quale era al momento della costituzione dell’usufrutto. opportuno   e   utile   in   sede   di   determinazione   delle   quote   da   attribuire   ai

A   garanzia   dell’adempimento   degli   obblighi   dell’usufruttuario,   si   imponeva   a partecipanti della divisione.

quest’ultimo la prestazione di una cautio fructuaria, , una stipulatio pretoria con la Si costituiva per deductio quando taluno, nell’alienare la cosa propria con mancipatio

quale l’usufruttuario prometteva al nudo proprietario sia la restituzione del bene, o  in iure cessio, tratteneva l’usufrutto; si integravano a tal fine i relativi formulari

una volta estinto l’usufrutto, sia un uso della cosa con criteri di correttezza. con   l’aggiunta   delle   parole   “deducto   usu   fructu”.   Scomparse  mancipatio  e  in   iure

Quando l’usufrutto si costituiva con legato per vindicationem, il pretore denegava cessio, si ammise deductio usus fructus in seno alla traditio.

al legatario la  vindicatio usus fructus  finchè non avesse prestato la  cautio  al nudo Si   potè   costituire   anche   con  patio   et   stipulatio  ma   inizialmente   limitata   ai   fondi

proprietario, generalmente l’erede. provinciali e con  effetti  iure honorario. Giustiniano  ne  fece  un modo  generale di

L’usufrutto   aveva   carattere   personale,   era   pertanto   inalienabile   e   intrasmissibile costituzione dell’usufrutto.

agli eredi. L’usufruttuario poteva tuttavia cederne l’esercizio; in ogni caso sarebbe Anche in tal caso l’usufrutto, in quanto res incorporalis, non poteva essere costituito

rimasto usufruttuario e direttamente responsabile verso il proprietario. In tal caso mediante traditio né per usucapione.

l’usufrutto si estingueva comunque con la morte dell’usufruttuario originario.

Aveva, infatti, una durata limitata nel tempo, e se indeterminata si estingueva con Il quasi usufrutto.

la morte dell’usufruttuario. Si ammise che il testatore potesse legare l’usufrutto di tutti i suoi beni (omnium

Se costituito in favore di civitates (persone giuridiche), si estingueva non oltre cento bonorum). Potevano allora costituire beni oggetto di usufrutto anche denaro e altre

anni dopo la sua costituzione. cose consumabili. In tal caso delle cose consumabili il legatario avrebbe acquistato

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la proprietà, salvo ad obbligarsi per la restituzione dell’equivalente: il legatario era Il  pretore  riconobbe  al  superificiario  una   tutela  aggiuntiva rispetto  a   quella   che

obbligato   a   prestare   una  cautio  con   la   quale   promettere   la   restituzione derivava   dai   singoli   contratti   di   locazione   o   vendita   :   con   l’interdictum   de

dell’equivalente. Si parlò in tali casi di quasi usufrutto. superficiebus  in   caso   di   turbative   al   godimento     della   superficie,   anche   se

provenienti da terzi, e per il recupero della superficie contro l’autore dello spoglio;

con un’azione reale in factum, esperibile contro chiunque tenesse il godimento della

superficie al posto del superficiario.

L’usus. Si trattava in ogni caso di diritto reale di godimento su cosa altrui, trasmissibile

Con l’usus il titolare avrebbe avuto il diritto di usare direttamente e personalmente mortis causa e inter vivos; poteva essere oggetto di pegno e, iure pretorio, di usufrutto

la  cosa, ma non di percepirne  i frutti; così se  l’usufrutto avrebbe avuto oggetto e servitù. Si riconobbe inoltre al superficiario l’operis novi nuntiatio e la cautio damni

animali, l’usuario avrebbe potuto utilizzarne l’attività lavorativa ma non i prodotti; infecti.

l’usuario   di   fondi   rustici   consumarne   i   frutti   limitatamente   alle   esigenze   del

proprio consumo quotidiano.

L’usus non era divisibile, a differenza dell’usufrutto, per cui più usuari l’avrebbero Gli agri vectigales.

esercitato indivisamente e sull’intero bene. Gli agri vectigales erano le terre pubbliche date in concessione ai privati. Erano

Il regime dell’usus ricalca quello dell’usufrutto. generalmente qualificate locazioni; si parlò di “ius in agro vectigali”, parificato ad un

diritto reale di godimento su cosa altrui, trasmissibile sia mortis causa che inter

Il diritto di superficie. vivos e su di esso fu possibile costituire diritti limitati in favore di terzi.

Il dominus di un fondo poteva dare in locazione o vendere la superficie, ossia tutto Tali concessioni potevano essere a termine, quinquennale quelle censorie e fino a

ciò   che   stava   organicamente   sopra   il   suolo.   Il   superficiario   avrebbe   in   tal   caso cento anni le altre, ed erano revocabili per mancato pagamento del canone.

acquistato solo un diritto di credito al godimento dell’edificio già esistente o da lui Al   concessionario   fu   inoltre   riconosciuto   il   potere   di   esercitare   talune   azioni

stesso   costruito;   locazione   e   vendita   davano   luogo,   infatti,   a   effetti   obbligatori. spettanti al dominus, come l’actio pluviae arcendae.

Dunque, sull’edificio il superifciario non avrebbe acquistato la proprietà né altro I possessores erano inoltre tutelati con interdica contro turbative e spossessamenti.

diritto reale.

L’enfiteusi.

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Altri tipi di concessioni di terre pubbliche, che si svilupparono in età postclassica effettuava   la   consegna,   mentre   il   creditore   acquistava   sulla   cosa   il   possesso   ad

una volta venute meno le concessioni di agri vectigales, furono il ius perpetuum e ius interdicta (era legittimato a esercitare gli interedetti possessori), non utile invece ai

emphiteuticum, unificate dall’imperatore Zenone dando luogo ad un  tertium genus fini dell’usucapione.

rispetto alla vendita e alla locazione, detto enfiteusi. Lo stesso imperatore estese La conventio pignoris consisteva in un patto tra creditore e proprietario di una cosa

tale tipo di concessione anche alle terre in proprietà privata. con   il   quale  si   conveniva   che   il   creditore   ne   avrebbe   preso   possesso   in  caso   di

L’enfiteuta era obbligato, oltre a pagare un canone annuo, al miglioramento del inadempimento e fino all’estinzione del debito. In tal caso, dunque, a differenza

fondo. Avrebbe potuto vendere il fondo enfiteutico ma avrebbe dovuto, a parità di della  datio pignoris, si prescindeva dalla consegna della cosa; per cui il creditore

condizioni, preferire il concedente, in caso contrario quest’ultimo aveva diritto al acquistava il possesso della cosa solo dopo l’apprensione.

2% del prezzo o del valore del fondo. In   età   classica,   limitatamente   alla  conventio   pignoris,   fu   talvolta   impiegata   una

Si estingueva per mancato pagamento del canone o dell’imposta fondiaria per oltre locuzione di derivazione greca : hypotheca, mentre per indicare l’azione Serviana si

tre   anni;   per   alienazione   del   fondo   a   terzi   omettendo   gli   adempimenti   verso   il usò anche l’espressione actio hypothecaria.

concedente; per confusione.

A   tutela   del   creditore   pignoratizio   nella  conventio   pignoris,   il   pretore   concesse

l’interdictum Salvianum contro il conduttore di fondi rustici che non avesse pagato la

mercede convenuta, diretto a prendere possesso, a titolo di pegno a garanzia del

pagamento della mercede, degli invecta et illata, ossia attrezzi di lavoro e quant’altro

il conduttore avesse portato nel fondo per la coltivazione.

Pegno e ipoteca. Al conduttore  di immobili  fu  invece concesso  l’interdictum  de  migrando  contro il

Il   pegno   è   un   diritto   reale   di   garanzia   che   attribuisce   al   creditore   il   diritto   di locatore che gli impedisse di portare via le cose ivi immesse.

rivalersi su una cosa altrui in caso di inadempimento. Al   creditore   pignoratizio   fu   inoltre   riconosciuta  l’actio   Serviana,   in   factum   e   di

Si distingueva tra datio pignoris e conventio pignoris. La datio pignoris consisteva nella natura   reale,   esperibile   contro   il   possessore   attuale   della   cosa,   diretta   al

consegna di una cosa al creditore in modo che la detenesse finché il credito non conseguimento del possesso, tanto nel caso in cui non avesse mai avuto il possesso

fosse   stato  soddisfatto.   Non   si   trattava   tuttavia   di   una  datio  in   senso   tecnico   di della cosa pignorata quanto nel caso in cui l’avesse avuto e poi perduto.

trasferimento di proprietà; la cosa rimaneva sempre di proprietà della persona che

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Il   pegno   aveva   ad   oggetto   generalmente   cose   corporali,   ma   anche   servitù, Il   patto   commissorio   fu   vietato   da   Costantino,   pena   la   nullità   dell’atto   di

usufrutto, superficie. Era validamente costituito da chi avesse la cosa  in bonis, e, costituzione   di   pegno,   mentre   il  ius   vendendi  divenne   un   elemento   naturale   del

quindi, tanto dal proprietario quiritario quanto dal proprietario pretorio. rapporto, inerendo al pegno automaticamente, salvo patto contrario.

Il   creditore   pignoratizio   aveva   il   possesso   della   cosa   utile   ai   fini   della   difesa Dato che la conventio pignoris non comportava l’acquisto del possesso immediato in

possessoria interdettale, ma non il godimento e neanche l’uso. I frutti potevano capo al creditore, la stessa cosa poteva essere convenuta in pegno a più creditori

essere   percepiti   dal   creditore   stesso   salvo   imputarli   in   conto   interessi   prima   e per obbligazioni diverse. In tali casi si stabiliva, in capo ai vari creditori, un rango

capitale dopo. di precedenze basato sul criterio della priorità temporale; per cui, era considerato

di rango maggiore, con precedenza nel diritto al possesso e a procedere alla vendita

Furono ritenuti validi ed efficaci, se aggiunti all’atto della costituzione del pegno, al fine di soddisfarsi per primo, il creditore in favore del quale l’ipoteca fosse stata

tanto   il   patto   commissorio   quanto   il  ius   vendendi.   Con   il   patto   commissorio   il convenuta prima.

creditore avrebbe acquistato la proprietà della cosa in caso di inadempimento del Ai creditori di rango inferiore era riconosciuto il ius offerenti; questi cioè potevano

debitore. offrire di pagare quanto dovuto al creditore di rango superiore subentrandogli così

Con il ius vendendi si attribuiva al creditore facoltà di vendere la cosa e soddisfarsi nel rango.

col ricavato, salvo restituire al debitore quanto eventualmente avanzato. Tuttavia il

creditore era sì autorizzato a vendere la cosa, ma non a manciparla né a farne in iure Il   pegno   si   estingueva   con   l’estinzione   del   debito   garantito,   generalmente   per

cessio; avrebbe potuto solo farne traditio, con la conseguenza che, se la res fosse stata effetto dell’adempimento; ovvero per il perimento della cosa data in pegno; ovvero

mancipi, il  compratore  avrebbe  acquistato solo il  possesso  ad  usucapionem  e, con per   confusione   e   per   vendita   in   esecuzione   del  ius   vendendi.   La   rinunzia   del

esso, la proprietà pretoria; se la res fosse stata  nec mancipi  il compratore avrebbe creditore   estingueva   il   pegno   per   effetto   dell’exceptio   pacti   conventi  opponibile

acquistato la proprietà quiritaria. all’azione Serviana. 

Nel caso in cui il creditore non fosse riuscito a trovare acquirenti, si ammise che All’azione Serviana era inoltre opponibile la  longi temporis praescriptio, una volta

esso potesse acquistare la proprietà del pegno previa istanza rivolta all’imperatore. trascorso  il tempo  stabilito, costituendo in tal  caso  un modo  di  estinzione della

garanzia.

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Il rapporto obbligatorio che, per effetto della datio pignoris si istituiva tra chi da la possessio  in   quanto   si   trattava   di   un   possesso   naturale,   ossia   senza   gli   effetti

cosa  in   pegno   e   il   creditore   che   la   riceve,   trovava   la   sua   fonte   nel   contratto   di giuridici   propri   del   possesso   (tali   erano   i   coloni,   gli   inquilini,   i   depositari,

pegno, un contratto reale bilaterale imperfetto, per cui l’oppignorante, a garanzia di comodatari, usufruttuari, servi e filii familias). Ad essi, dunque, non si riconosceva

un debito proprio o altrui, consegna al creditore una cosa con l’intesa che, estinto il pertanto un possesso qualificato, né ad interdicta né ad usucapionem.

debito, la cosa gli venga restituita. 

Il creditore risponde per custodia del perimento e del deterioramento della cosa; ha Dai   possessori   uti   domini   si   distinsero   altri   possessores,   quali   i   creditori

il diritto al rimborso di eventuali spese necessarie e dei danni. pignoratizi,   sequestratari   che   non   possedevano   la   cosa   uti   domini,   ossia   come

Al debitore era riconosciuta un’actio pigneraticia directa in factum e in personam per la propria, ma tenevano la cosa per se e nel proprio interesse. Tale distinzione aveva

restituzione della cosa data in pegno, mentre al creditore pignoratizio fu data l’actio rilevanza in merito ai due diversi effetti del possesso, che rispondevano a esigenze

pigneraticia  contraria,  anch’essa  in   factum,   per  la  restituzione  delle  spese   e  danni diverse: 1) possesso ad usucapionem, che tendeva a garantire quanti si curavano dei

cagionati dalla cosa. propri affari a preferenza di quanti invece li trascuravano. In tal caso il possesso

avrebbe fatto acquistare, in presenza degli altri requisiti richiesti, la proprietà della

cosa posseduta; 2) possesso  ad interdicta, che tendeva a garantire il mantenimento

Il possesso. dell’ordine e della pace sociale. In tal caso si attribuiva a chi teneva la cosa la difesa

Il possesso è la situazione soggettiva di fatto riconosciuta a coloro che tenevano una possessoria interdettale.

cosa uti domini, ossia come cosa propria. Mentre i possessori  uti domini  possedevano sia  ad interdicta  sia ad usucapionem; gli

Il possesso si configurava, dunque, in presenza di due presupposti essenziali: 1) la altri possessores avevano invece solo il possesso ad interdicta.

effettiva disponibilità della cosa, o comunque il controllo; 2) e il fatto di detenere la I possessori erano difatti tutelati   mediante interdicta che potevano essere volti o

cosa quale proprietario. alla   conservazione   del   possesso   o   al   recupero   dello   stesso.   Erano   volti   alla

Vi rientravano: il locatore, il deponente, il comodante, il nudo proprietario, dominus conservazione   del   possesso  l’interdictum   uti  possidetis  e  l’interdictum   utrubi;   al

e pater familias. recupero del possesso l’interdictum unde vi e l’interdictum de vi armata.

Non avevano invece il possesso ma la semplice detenzione coloro che pur avendo

una relazione materiale con la cosa questi non la tenevano uti domini, per cui non  L’interdictum uti possidetis .

furono riconosciuti dai romani come  possessores. Si parlò al riguardo di  naturalis

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Tale  interdictum  riguardava gli immobili  ed  era   volto  a fare  cessare   le  molestie; Tale   interdictum   non   conteneva  l’exceptio   vitiosae   possessionis,   per   cui   tutelava

doveva essere esperito entro un anno dal giorno in cui queste avessero avuto inizio. comunque   la   vittima   della   spossessamento   anche   se   si   trattava   di   possessor

Ne   era   parte   integrante   la  exceptio   vitiosae   possessionis,   per   cui   fra   due   litiganti iniustus.

avrebbe dovuto prevalere colui che possedeva la cosa in modo  non violento, non

clandestino e non precario, cioè un possesso senza vizi che avesse pertanto una Legittimati   all’esercizio   degli   interdetti   possessori   erano   coloro   che   tenevano   la

possessio   iusta  rispetto   all’avversario.   Ne   conseguiva   pertanto   che   chi   aveva cosa uti domini; da ciò ne consegue che il possesso è uno stato di fatto che prescinde

acquistato il possesso con violenza, clandestinamente o con precario, godeva della pertanto dallo stato di diritto.

difesa possessoria con l’uti possidetis, ma non però nei confronti della persona che Il   possessore  uti   dominus  era   pertanto   legittimato   all’esercizio   degli   interdetti

era stata spossessata. possessori   tanto   nei   confronti   dei   terzi,   quanto   nei   confronti   dello   stesso

proprietario della cosa qualora fosse stato questi a violare il suo possesso.

L’interdictum utrubi. Il  dominus  non   possessore   avrebbe   dovuto   ricorrere   alla   rivendica   per   avere   il

A differenza dell’interdictum uti possidetis, tale interdictum si applicava agli animali, possesso della cosa propria. Se avesse sottratto  vi aut clam  la cosa al possessore

schiavi   e   altre   cose   mobili   e,   nel   conflitto   tra   due   litiganti,   prevaleva   colui   che attuale,   avrebbe   dovuto   anzitutto   ripristinare   lo   stato   di   fatto   quo   ante.   È   per

avesse posseduto la cosa per maggior tempo durante l’ultimo anno. questo che si dice che gli interdetti mantenevano la la pace e l’ordine sociale.

L’interdictum unde vi.

Tale   interdictum   riguardava   i   soli   beni   immobili   ed   era   volto   al   recupero   del I giuristi romani individuarono nel possesso due elementi: un corpus possessionis e

possesso   perduto.   Si   dava   entro   l’anno   alla   persona   che   fosse   stata   spossessata un animus possidendi. Il corpus possessionis sussisteva in capo a chi avesse un contatto

violentemente. Anche in tal caso prevaleva il possessor iustus. materiale   con   la   cosa   e   la   effettiva   disponibilità   della   stessa,   o   comunque   il

controllo.

 L’interdictum de vi armata . L’animus possidendi fu inteso come intenzione di tenere la cosa per se e nel proprio

Anche tale interdictum era volto al recupero del possesso ed era dato senza limiti interesse,   o   comunque   in   maniera   indipendente.   Dunque,  l’animus   possidendi

di   tempo   a   chi   avesse   subito   spoglio   violento   contro   la   persona   che   avesse sussisteva sia in capo a coloro che tenevano la  res  come proprietari, ma anche in

commesso lo spoglio avvalendosi di una banda armata.  capo ai creditori pignoratizi, sequestratari, possessores di agri publici.

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Tali   elementi   tuttavia,   furono   ritenuti   rilevanti   ai   fini   della   determinazione Soltanto   i   giuristi   bizantini   riconobbero   l’esercizio   di   tali   diritti   come   una   vera

dell’acquisto,   della   conservazione   e   della   perdita   del   possesso.   Il   possesso   si possessio e Giustiniano poi estese a servitù e usufrutto la longi temporis praescriptio,

acquista dal momento in cui taluno, con l’animus possidendi, aveva la possibilità di riconoscendo così l’usucapione dei diritti di usufrutto e servitù.

disporre della cosa; si conservava finchè perdurava tale possibilità senza smettere

l’animus; si perdeva quando venivano meno la possibilità di disporre della cosa e

l’animus possidendi, o anche soltanto uno di tali elementi.

Non aveva in ogni caso rilevanza la interversione del possesso allorché si compiva

senza l’intervento di altra persona o comunque senza manifestarsi all’esterno.

Dunque, chi iniziava a tenere una cosa in forza di un titolo, ad esempio a titolo di

deposito, non può pretendere di possederla ad altro titolo, ossia uti dominus, per

avere mutato da se il proprio animus. Affinchè il depositario diventi possessore uti

dominus occorre che il deponente gli venda la cosa o che un terzo che si affermi

proprietario gliela alieni.

Potevano costituire oggetto del possesso soltanto res corporales. Ciò comportava che

quanti esercitavano usufrutto e servitù non furono ritenuti possessori; il possesso

rimaneva al nudo proprietario o al proprietario del fondo servente. Ciò significava

anche   però   negare   loro   la   difesa   interdittale   possessoria   contro   molestie   e LE OBBLIGAZIONI.

impedimenti nonché l’acquisto per usucapione del diritto di usufrutto o di servitù. Per obbligazione si intende il vincolo giuridico per cui un soggetto, detto debitore,

La tutela contro molestie ed impedimenti venne però loro riconosciuta dal pretore è   tenuto   nei   confronti   di   un   altro   soggetto,   detto   creditore,   ad   un   determinato

concedendo a quanti esercitavano usufrutto su immobili gli interdetti uti possidetis e comportamento, che può consistere in un dare, un fare o un non fare. Il debitore

unde   vi,   mentre   tutelò   con   speciali  interdicta  simili   all’uti   possidetis  coloro   che inadempiente, se l’inadempimento è a lui imputabile, è soggetto ad una sanzione

esercitavano talune servitù. In tali ipotesi si parlò di “quasi possessio”. che consiste nella esecuzione patrimoniale.

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L’obbligazione   nasce   nel   diritto   romano   dall’evoluzione     di   determinate   figure Tale struttura venne successivamente estesa ad altri rapporti che nascevano da atti

giuridiche. leciti  ma anche a rapporti  che avevano la loro causa in atti  illeciti; tale  schema

Così, il nexum era uno dei gesta per aes et libram, ossia uno degli atti che si compiva venne indicato con il termine obligatio.

con   il   rame   o   bronzo   e   con   la   bilancia   alla   presenza   come   testimoni   di   cinque Il   vincolo   giuridico   che   nasceva   dalla  sponsio  venne   indicato   con   il   termine   di

cittadini romani puberi, e di un libripens che reggeva la bilancia e provvedeva alla “oportere”,   facendo   riferimento   alla   necessità   per   l’obbligato   di   adempiere   la

pesatura del metallo. prestazione . 

Al   nexum   vi  si   ricorreva   in   relazione   a   prestito  di   denaro;   si   procedeva   con   la Successivamente,   ad   opera   del   pretore,   si   riconosce   di   procedere,   in   alternativa

pesatura del denaro dato in prestito e successivamente il creditore pronunziava all’esecuzione   personale,   a   esecuzione   patrimoniale.   Ciò   comportava   un

parole solenni con le quali affermava per sé il potere che si andava a costituire assoggettamento alla potestà del creditore del patrimonio del debitore, anzicchè

sull’altra parte e contemporaneamente ne faceva atto di apprensione. della persona.

Con il nexum il debitore, pur restando persona libera, era assoggettato al creditore,

il   quale   lo   teneva   presso   di   sé,   esercitando   su   di   lui   materiale   coercizione A ogni  obligatio  corrispondeva un’actio in personam. I rapporti non sanzionati da

utilizzandolo per attività lavorative sino a quando il nexus non avesse con il suo azioni   vennero   qualificati   come  obligationes   naturales,   intendendo   per   tali

lavoro scontato il debito, ovvero fino a quando il nexus o un terzo non avessero obbligazioni   di   fatto   più   che   di   diritto,   per   contrapporle   dalle  obligatione   civili

soddisfatto il creditore col pagamento. perché sanzionate da actiones.

Si distingueva pertanto dalla classica obligatio, in quanto dava luogo a un vincolo Si trattava di quei rapporti in cui, pur mancando un negozio idoneo a produrre

attuale, materiale anzicchè ad un vincolo giuridico e potenziale. obbligazioni, si riteneva tuttavia sussistente un dovere morale all’adempimento.

Il difetto di azione comportava che il debitore non avrebbe potuto essere costretto

La struttura dell’obligatio classica si riscontrava invece nella sponsio che consisteva all’adempimento; tuttavia il creditore avrebbe potuto trattenere quanto adempiuto

in   una   domanda   e   in   una   congrua   risposta,   alla   quale   partecipavano   un spontaneamente dal debitore (soluti retentio).

interrogante e un promittente, il quale rimaneva vincolato alla promessa, quindi ad I possibili contenuti della prestazione erano : dare, facere, praestare.

una   prestazione   futura,   ed   era   egli   stesso   responsabile   in   caso   di   mancato “Dare” era inteso in senso tecnico di trasferimento della proprietà o di costituzione

adempimento. di altro diritto reale; non era, tuttavia, sufficiente che il debitore facesse mancipatio,

in iure cessio o traditio, ma era essenziale che il creditore ne acquistasse la proprietà.

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Ciò che era necessario era l’effetto e non l’atto; per cui sarebbe stato considerato Ciò deriva dal principio generale secondo cui sono vietati i contratti in favore di

inadempiente   il   debitore   che   avesse   compiuto   l’atto   traslativo   senza   essere terzi. Infatti, tale divieto comportava non solo che il terzo non avesse azione per

proprietario della cosa. l’adempimento in quanto terzo estraneo al contratto, ma che non avesse azione lo

stesso stipulante, ossia il creditore, e ciò in quanto era necessario che il creditore

Poteva   costituire   oggetto   dell’oportere  un  “facere”,   che   comprendeva   ogni avesse un interesse all’adempimento della prestazione, che si riteneva invece in tali

comportamento diverso dal “dare”: poteva consistere in un’attività materiale o nel casi insussistente.

compimento   di   un   negozio   giuridico,   ma   poteva   anche   consistere   in   un  “non Anche in tal caso, il divieto di  stipulationes  in favore di terzi si eludeva mediante

facere”. una stipulazione penale.

Il termine praestare come oggetto dell’oportere, indicava ogni possibile prestazione. 

Altro requisito essenziale della prestazione consisteva nel fatto per cui il debitore

Requisiti della prestazione. non   poteva   assumere   l’impegno   che   un   terzo   estraneo   al   negozio   tenesse   un

La   prestazione   doveva   avere   carattere   patrimoniale,   ossia   suscettibile   di   essere determinato  comportamento;  ciò   per   il  principio   per   cui   debito   e  responsabilità

valutata in denaro.  dovevano fare capo alla stessa persona.

Il   principio   per   cui   la   prestazione   doveva   essere   suscettibile   di   valutazione Anche in tal caso il principio poteva essere aggirato con una stipulazione penale,

pecuniaria,   poteva   essere   aggirato   mediante   una   stipulazione   penale,   ossia   una per   cui   una   parte   si   faceva   promettere   dall’altra   una   somma   di   denaro  il   terzo

stipulatio con la quale una parte prometteva all’altra di pagare una certa somma di estraneo non avesse tenuto quel determinato comportamento.

denaro, poena, nel caso in cui la prestazione non venisse effettuata come e quando

convenuto. In tal modo, la prestazione avrebbe avuto carattere patrimoniale, ma il La   prestazione   doveva   essere,   pena   la   nullità   del   negozio,   possibile,   lecita   e

risultato atteso dal creditore, che aveva natura personale, era contemplato in una determinata o determinabile.

condizione sospensiva del negozio.

Tale   pena   convenzionale   era   inoltre   perseguibile   con   l’actio   ex   stipulatu,   che   era Era in ogni caso vietato che l’obbligazione avesse inizio dalla persona dell’erede, e

reipersecutoria. ciò sia dal lato attivo che dal lato passivo. Il negozio era in tal caso nullo.

Fu   tuttavia   ritenuta   valida   una  stipulatio  per   la   quale   il   promittente   avrebbe

Il creditore doveva avere interesse alla prestazione. adempiuto in punto di morte. 

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Al fine di eludere la regola per cui l’obbligazione non poteva avere inizio con la Alle obbligazioni indivisibili si applicò il regime delle obbligazioni solidale elettive,

persona dell’erede, si fece ricorso all’adstipulator. Questi era un secondo stipulante per cui l’adempimento nei confronti di un creditore o da parte di un condebitore

che, avendone avuto incarico dal primo, vi si affiancava rivolgendo anche lui al estingueva l’obbligazione per tutti.

promissor  invito a compiere in suo favore la stessa prestazione promessa all’altro.

Con   la   risposta   positiva   del   promittente   si   dava   luogo   a   due  stipulationes  che Obbligazioni alternative.

avevano uguale oggetto ma due distinti creditori, ognuno dei quali era legittimato Le obbligazioni alternative erano obbligazioni con più prestazioni, in cui il debitore

ad agire ex stipulatu. In tal modo la promessa di adempiere dopo la morte dello era liberato  con  l’adempimento  di  una. La scelta  spettava di  regola  al  debitore,

stipulante sarebbe stata valida nei confronti dell’adstipulator, il quale avrebbe poi salvo   che   le   parti   non   avessero   espressamente   previsto   il   contrario.   Con

riversato agli eredi dello stipulante quanto percepito. l’impossibilità sopravvenuta di una di esse, il debitore era tenuto ad adempiere la

prestazione   ancora   possibile;   tuttavia,   se   la   scelta   spettava   al   creditore   e

Obbligazioni indivisibili. l’impossibilità   sopravvenuta   della   prestazione   fosse   imputabile   al   debitore,   il

Le   obbligazione   possono   essere   divisibile   o   indivisibili,   a   seconda   che   la creditore avrebbe potuto scegliere tra la prestazione possibile e la stima di quella

prestazione   ad   oggetto   sia   o   meno   suscettibile   di   essere   frazionata   in   più divenuta impossibile.

prestazioni   omogenee.   Erano   normalmente   divisibili   le   obbligazioni   di   dare,

mentre erano sempre indivisibili le obbligazioni di fare. Le obbligazioni di dare Obbligazioni generiche.

erano   indivisibili   non   tanto   quando   la   res   era   indivisibile,   bensì   quando   era Le obbligazioni si distinguevano inoltre tra obbligazioni generiche e obbligazioni

indivisibile   il   diritto   oggetto   della   prestazione;   erano   pertanto   indivisibili   le specifiche,   a   seconda   che   la   prestazione   ad   oggetto   fosse   individuata   solo   nel

obbligazioni   di   costituire   una   servitù   o   il   diritto   reale   di  usus,   per   la   loro genere, ovvero si trattava di una cosa determinata individuata nella specie.

indivisibilità.   Potevano   pertanto   essere   divisibili   le   obbligazioni   di   dare   che Solitamente le obbligazioni generiche avevano ad oggetto cose fungibili. In ogni

avevano ad oggetto una cosa individuata, anche se indivisibile; in tali casi, infatti, il caso era necessario, pena la nullità dell’atto di costituzione dell’obbligazione, che

condebitore   avrebbe   potuto   adempiere   mediante   il   trasferimento   di   una   quota nelle   obbligazioni   generiche   l’oggetto   della   prestazione   fosse   comunque

indivisa. ragionevolmente   determinato;   non   si   poteva   avere   come   oggetto   “lo   schiavo”,

poiché si trattava di un genere troppo ampio; diverso era il caso in cui oggetto della

prestazione era uno schiavo di Tizio, o il vino della mia cantina.

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Sempre   per   le   obbligazioni   generiche,   e   specificamente   quando   il  genus comunque   la   prestazione   diveniva   impossibile   per   caso   fortuito   o   di   forza

comprendeva  res  di varia qualità, la scelta doveva orientarsi sulle cose di media maggiore; eventi che sfuggivano a ogni sua possibilità di controllo. Il debitore in tal

qualità. caso, sarebbe stato responsabile anche se l’oggetto gli fosse stato rubato.

Una   caratteristica   delle   obbligazioni   generiche   consisteva   nel   fatto   che   la Il depositario, invece, poiché teneva la cosa depositata non a vantaggio proprio ma

prestazione non potevano divenire impossibile, sempre che si trattava di un genere del deponente, ne rispondeva per dolo; era pertanto responsabile solo il depositario

ampio. che volontariamente avesse provocato il perimento della cosa.

Responsabilità. Nell’ambito   dei  iudicia   bona   fidei,   la   discrezionalità   attribuita   al   giudice   nella

In   caso   di   inadempimento   imputabile   al   debitore,   quest’ultimo   incorre   in formula, consentiva di adeguare la circostanza al caso concreto.

responsabilità   contrattuale,   c.d.   in   quanto   l’inadempimento   è   conseguente   alla Così, per determinati rapporti, si ritenne conforme ai criteri della buona fede che il

violazione   di   un   obbligo   inerente   un   precedente   rapporto   obbligatorio.   Essa   si debitore   rispondesse   dell’impossibilità   sopravvenuta   sulla   base   del   criterio

contrappone   alla   responsabilità   extracontrattuale   derivante   da   un   atto   illecito “custodia”. In altre ipotesi invece il grado di responsabilità del debitore fu limitato

extracontrattuale,   ossia   conseguente   alla   violazione   di   un   generico   obbligo   di al dolo o alla colpa, inteso come un comportamento negligente o imprudente.

neminem laedere, gravante su tutti i consociati. Nell’ambito della colpa si distinguono poi gradazioni diverse.

L’inadempimento non era a lui imputabile in caso di sopravvenuta impossibilità Così si distingue tra culpa lata, ossia la colpa grave in cui incorre il debitore che non

della prestazione dovuta. I criteri per determinare l’imputabilità al debitore della intende quel che tutti intendono, equiparata, quanto agli effetti, al dolo; e  culpa

sopravvenuta   impossibilità   della   prestazione,   furono   stabiliti   in   via   di levis,  che   consiste   nel   non   adoperare   la  diligentia  propria   dell’uomo   medio.

interpretazione dalla giurisprudenza. Quest’ultima è anche detta culpa in abstracto che si contrappone alla culpa in concreto

Così,   nelle   obbligazioni   di   dare   cose   determinate,   il   debitore   rispondeva che è quella di chi non cura le cose altrui come quelle proprie.

dell’impossibilità   sopravvenuta   se   essa   fosse   stata   conseguente   a   un   suo

comportamento positivo e cosciente, indipendentemente dal fatto che fosse voluto A tali criteri le parti potevano, tuttavia, derogarvi con patto contrario. Avrebbero

o meno. così potuto limitare al dolo la responsabilità del comodatario; in ogni caso sarebbe

Quando il debitore teneva una cosa altrui a vantaggio proprio, ne rispondeva per stato nullo il patto che esonerava il debitore da qualunque responsabilità.

“custodia”;   ciò   comportava   che   il   debitore   era   liberato   solo   se   la   cosa   periva,   o

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L’imputabilità   della   sopravvenuta   impossibilità   al   debitore,   comportava   che   nei quando, dunque, il debitore era in mora il  periculum  sarebbe sempre stato a suo

confronti di questo il creditore avrebbe potuto esperire la stessa azione esercitatile carico. Si applicava inoltre in tale ipotesi il principio della perpetuatio obligationis.

se la prestazione fosse ancora possibile; si parlò in tal caso di perpetuatio obligationes, Tuttavia,   si   ammise   che   il   debitore   moroso   poteva   liberarsi   dall’obbligazione

in quanto l’obbligazione nel caso di responsabilità del debitore non si estingueva. qualora   avesse   dimostrato   che,   anche   se   avesse   tempestivamente   adempiuto   la

Nel   processo   formulare   poi   la   condanna   era   in   ogni   caso   pecuniaria,   per   cui   il prestazione, la cosa sarebbe perita ugualmente.

creditore avrebbe comunque ottenuto l’equivalente in denaro. La mora inoltre comportava l’obbligo per il debitore di corrispondere al creditore i

frutti della cosa dovuti dal momento in cui fosse caduto in mora; nel caso di debiti

Il rischio del perimento della res, detto periculum, e non imputabile a nessuna delle pecuniari, erano dovuti gli interessi da liquidare ad opera del giudice.

parti, era di regola a carico del proprietario della res stessa. Nei rapporti obbligatori Tali   conseguenze   della   mora   del   debitore   venivano   meno   una   volta   che

il  periculum  era posto a carico del creditore, indipendentemente dal fatto che esso quest’ultimo avesse “purgato” la mora offrendo di eseguire la prestazione.

fosse il proprietario o meno.

Il creditore cadeva in mora nel caso in cui rifiutasse la prestazione che il debitore

gli offriva. In tal caso, il debitore rispondeva della sopravvenuta impossibilità della

La mora. prestazione solo per dolo.

la mora conseguiva al ritardo colpevole nell’adempimento della prestazione, che Dunque,   se   le   cose   che   il   debitore   offriva   in   pagamento,   e   non   accettate   dal

poteva essere imputabile tanto al debitore, mora solvendi, quanto al creditore, mora creditore,   perivano   per   cause   non   riconducibili   al   dolo   del   debitore,   questi   era

accipiendi. liberato, nei giudizi di stretto diritto, in forza di exceptio.

Il debitore cadeva in mora quando, consapevole e senza alcuna giustificazione, non Per le obbligazioni pecuniarie, se il debitore avesse depositato in luogo pubblico la

adempiva il proprio debito. Il debitore era considerato in mora dal momento della pecunia,   sarebbe   cessato   il   corso   di   eventuali   interessi.   Secondo   un   principio

interpellatio, ossia dal momento in cui il creditore invitava il debitore ad adempiere. introdotto da Diocleziano, il debitore in tale situazione sarebbe stato liberato dal

L’interpellatio era superflua in presenza di due casi: nel caso di obbligazioni con suo debito.

termine iniziale e nel caso di obbligazioni nascenti da furto. La   mora  accipiendi  sarebbe   cessata   una   volta   che   il   creditore   manifestasse   la

Il   primo   effetto   della   mora   del   debitore   era   la   sua   responsabilità   nel   caso   di disponibilità a ricevere la prestazione.

sopravvenuta impossibilità della prestazione, qualunque ne fosse stata la causa; fin

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Si distinguono ancora i contratti reali, verbali, letterali e consensuali.

I CONTRATTI. In   quest’ultimi   il   consenso,   comunque   manifestato,   era   sufficiente   per   la

Le fonti di obbligazioni (cusae obligationum) erano nel diritto romano tipiche, come costituzione   del   rapporto   obbligatorio;   erano   consensuali   la   compravendita,   la

erano tipiche le azioni che le sanzionavano. Esse possono derivare da contratto o da locazione, la società.

delitto.  Essi,   finchè   non   avesse   avuto   inizio   l’esecuzione,   si   scioglievano   per   mutuo

Per contratto si intende un negozio giuridico bilaterale nel quale sia ravvisabile un consenso.

accordo delle parti volto a far nascere un’obbligazione.

I contratti del diritto romano avevano tutti effetti soltanto obbligatori; gli effetti Nei contratti reali gli effetti obbligatori si producevano per effetto della consegna di

reali erano riconosciuti ad altri negozi giuridici bilaterali, quali la  mancipatio,   in una cosa e a partire da quel momento. In essi il consenso si manifestava con la

iure cessio e traditio, che non furono mai qualificati contractus. consegna stessa.

Anche i contratti, dunque, erano tipici, essendo tipici le fonti  delle obbligazioni

come conseguenza della tipicità delle azioni che sanzionavano. Nei contratti verbali l’obbligazione nasceva per effetto della pronunzia di parole

Tuttavia alla tipicità dei contratti erano posti alcuni temperamenti: nella stipulatio, determinate,   come   nella  stipulatio;   mentre   nei   contratti   letterali   l’obbligazione

la tipicità stava nella forma e non nei contenuti, che potevano essere i più diversi ed nasceva   con   la   materiale   registrazione   per   iscritto   di   certe   operazioni   contabili.

eterogenei;   il   riconoscimento   dell’efficacia   dei   patti   aggiunti   a   contratti   da   cui Dunque, mentre  nei contratti verbali  il  consenso era  manifestato  mediante  certa

derivavano   azioni   di   buona   fede,   con   i   quali   si   potevano   apportare   deroghe, verba, in quelli letterali era espresso mediante scriptura. 

modifiche o integrazioni al contenuto tipico di tali contratti.

Il mutuo.

Dal punto di vista degli effetti, si distinguono i contratti unilaterali dai contratti Il mutuo per il diritto romano era un contratto reale unilaterale, per cui una parte,

bilaterali,   a   seconda   se   sorgono   obbligazioni   a   carico   di   una   sola   parte   o   di mutuante,   consegna   all’altra,   mutuatario,   una   somma   di   denaro   o   di   altre   cose

ambedue le parti. Vi sono poi i contratti bilaterali imperfetti nei quali ad essere fungibili   con   l’impegno   del   mutuatario   di   restituire   al   mutuate   altrettante   cose

obbligata è soltanto una parte, ma eventualmente potevano sorgere obbligazioni dello stesso genere.

anche per l’altra parte, es. deposito e comodato.

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Si tratta, dunque, di un contratto unilaterale, poiché ne nasceva un’obbligazione Tuttavia, per gli interessi si faceva ricorso, contestualmente al mutuo, a una distinta

soltanto   a   carico   del   mutuatario   che   avrebbe   dovuto   restituire   l’equivalente   di stipulatio.

quanto ricevuto. Un primo limite massimo agli interessi fu stabilito dalle XII tavole che avevano

Si trattava anche di un contratto reale in quanto con la consegna, che consisteva in previsto   il   fenus   unciarium   pari   a   un   dodicesimo   del   capitale   per   ogni   mese.

una traditio, il mutuatario acquistava la proprietà del denaro o delle altre cose, e per Successivamente venne stabilito un tasso massimo del 12% che Giustiniano ridusse

effetto di essa, dunque, che nasceva l’obbligazione per il mutuatario di restituire al 6%.

l’equivalente. Una specie particolare di mutuo era costituito dal  fenus nauticum, un prestito che

Era un istituto del ius civile, riconosciuto e tutelato però anche nei confronti dei aveva ad oggetto somme di denaro che venivano date in prestito per operazioni

peregrini; è in tal senso che fu qualificato iuris gentium. commerciali d’oltre mare. La caratteristica di tali mutui consisteva nella deroga al

Per   la   restituzione   il   mutuante   avrebbe   agito   con   la  condictio  detta  actio   certae principio  res perit domino: se il denaro trasportato, o le merci acquistate con quel

crediatae pecuniae, qualora aveva ad oggetto una somma di denaro,  condictio certae denaro, perivano, il rischio del perimento era a carico del mutuante, il debitore era

rei, se l’oggetto era diverso. liberato. Per questo erano previsti alti tassi di interesse anche altre i limiti legali.

Il debitore era tenuto a restituire l’equivalente. Ed infatti, nell’intentio della formula Il deposito.

vi era dedotto un dare oportere a carico del convenuto, ma la quantità di denaro o di Il   deposito   era   il   contratto   reale   per   cui   una   parte,   il   deponente,   consegnava

altre cose fungibili in essa indicati, doveva essere la stessa che era stata oggetto all’altro, il depositario, una cosa mobile, con l’intesa che il depositario la custodisse

della datio. Ciò significa che il debitore non era tenuto al pagamento di interessi, né gratuitamente e la restituisse al deponente a semplice richiesta.

avrebbe   avuto   efficacia   una   espressa   pattuizione   di   interessi;   ai   patti   aggiunti, Con la consegna il depositario acquistava soltanto la detenzione della cosa, per cui

infatti,   il   pretore   riconobbe   una   efficacia   limitata,   nel   senso   che   erano   tutelati non avrebbe potuto usarla. Questi era responsabile per dolo del perimento o del

soltanto   in   via   di  exceptio,   in   particolare   mediante   l’exceptio   pacti   conventi.   Ciò semplice deterioramento della cosa.

significa che tali patti non davano luogo a obbligazione, pertanto la parte che ne Si trattava tuttavia di un contratto bilaterale imperfetto, in quanto il deponente era

traeva vantaggio non avrebbe potuto promuovere giudizio; ma solo se convenuta tenuto a rimborsare al depositario le eventuali spese che questi avesse erogato su

in violazione del patto avrebbe potuto opporre l’exceptio pacti conventi al fine di quanto   depositato,   nonché   al   risarcimento   dei   danni   che   la   cosa   gli   avesse

essere assolta una volta verificata l’esistenza del patto. procurato.

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Il deposito aveva una doppia tutela, pretoria e civile. Al deponente si diedero per la dunque, l’accipiente ne diveniva proprietario, per cui avrebbe potuto mescolarlo

restituzione   della   cosa   due   azioni   dirette,     un’actio   depositi   in   factum  e   un’actio con   il   proprio   e   dunque   utilizzarlo.   La   causa   era   sempre   la   custodia,   come   nel

depositi in ius ex fide bona; tali azioni erano infamanti per il convenuto che avesse deposito   regolare,   anche   se   il   depositario   acquistava   la   proprietà   del   denaro

subito condanna. Al depositario si diede invece, per la restituzione di eventuali depositato come nel mutuo; tuttavia i due istituti differivano in quanto il mutuo era

spese e per il risarcimento dei danni, un’actio depositi contraria. un   prestito   di   consumo,   quindi   sollecitato   dal   mutuatario,   mentre   nel   deposito

Il   depositario   avrebbe   potuto   recuperare   spese   e   danni   anche   in   sede   di  actio irregolare l’iniziativa era del deponente. Si preferì inoltre assimilarlo al deposito e

depositi in factum diretta opponendo exceptio doli, che aveva un effetto simile a quello non al mutuo in quanto il primo era sanzionato da un’azione di buona fede che

del ius retentionis. riconosceva l’efficacia dei patti aggiunti, e quindi anche del patto di interessi.

Il sequestro. Il comodato.

Fu qualificato come un tipo speciale di deposito il sequestro, al quale vi si faceva Il   comodato   era   un   contratto   reale   e   bilaterale   imperfetto,   per   cui   una   parte,

ricorso quando sull’appartenenza della cosa vi era controversia. In tali casi le parti comodante,   consegnava   ad   unʹaltra   parte,   comodatario,   una   cosa   mobile   con

affidavano a un terzo, il sequestratario, la cosa perché la custodisse, con l’intesa che l’impegno del comodatario di restituire la stessa cosa. Si trattava  di un prestito

l’avrebbe   restituita   a   quello   tra   i   deponenti   che   ne   fosse   stato   riconosciuto d’uso   nell’interesse   del   comodatario:   questi,   dunque,   poteva   usare   la   cosa

proprietario. comodata  anche  se  ne  acquistava   soltanto  la   detenzione.  Non  era  dovuto   alcun

Tuttavia, il regime del sequestro differiva dal deposito in quanto, il sequestratario compenso, ma il comodatario aveva l’obbligo di restituire la stessa cosa.

acquistava la possessio ad interdicta e non la semplice detenzione. Perita o deteriorata la cosa, il comodatario ne rispondeva per  custodia. Questi in

Contro   il   sequestratario   per   la   restituzione   della   cosa   era   riconosciuta   l’actio ogni caso aveva diritto al rimborso delle eventuali spese erogate sulla cosa e al

sequestrataria in factum; mentre al sequestratario era riconosciuta la medesima tutela risarcimento dei danni che la cosa gli avesse procurato.

data al depositario. Anche   al   comodato   era   riconosciuta   una   doppia   tutela:   civile   e   pretoria.   Al

comodante per la restituzione della cosa furono riconosciute un’azione diretta  in

Deposito irregolare. factum e una  in ius ex fide bona; al comodatario fu riconosciuta un’azione contraria

Il deposito irregolare consisteva invece nell’affidamento ad altri di denaro contante in factum per il rimborso delle spese e il risarcimento dei danni.

con   l’obbligo   di   restituire   l’equivalente   su   richiesta   del   deponente.   In   tal   caso,

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La fiducia. Al fiduciante fu data un’actio fiduciae, in personam, reipersecutoria e infamante per il

L’effetto   pratico   dei   negozi   di   deposito,   comodato   e   pegno,   si   conseguiva riacquisto di proprietà e possesso. Al fiduciario fu data un’actio fiduciae contraria per

inizialmente con il ricorso alla fiducia, qualificato come negozio fiduciario in quanto la restituzione di eventuali spese e danni. Questi inoltre avrebbe potuto fare valere

rientrante   tra   quegli   atti   che   eccedono,   negli   effetti,   lo   scopo   che   si   intende con exceptio doli le proprie pretese per spese e danni.

raggiungere, ma al contempo le parti stringono un’intesa che, una volta attuata, In ogni caso si attribuiva al creditore fiduciario il  ius vendendi, per cui, in caso di

consentirà di realizzare esattamente lo scopo.  inadempimento   del   fiduciante,   avrebbe   potuto   soddisfare   il   proprio   credito

La fiducia, infatti, era quel negozio giuridico per cui una parte, detta fiduciante, vendendo la cosa.

trasferiva   ad   un’altra   parte,   il   fiduciario,   la   proprietà   di   una   cosa,   mediante

mancipatio   o   in   iure   cessio,   con   il   patto   (pactum   fiduciae)   che,   verificate   certe Dotis dictio e promissa iurata liberti.

condizioni, la stessa cosa sarebbe stata ritrasferita in proprietà al fiduciante. Si tratta di contratti verbali con effetti obbligatori che si compivano, a differenza

Dunque, se e quando la cosa dovesse tornare in proprietà al sfiduciante dipendeva della stipulatio, unoloquente, ossia con dei verba pronunciati da una sola parte, ossia

dalla causa negoziale. dalla parte che si obbligava.

La fiducia poteva essere  cum creditore  e  cum amico. Nella fiducia  cum creditore, il

passaggio di proprietà era a garanzia di un credito del fiduciario, per cui solo dopo I contratti letterali.

l’estinzione del debito il creditore avrebbe dovuto ritrasferire la proprietà della res I contratti letterali sono quei contratti per cui l’obbligazione nasceva per il fatto in

fiduciae data al fiduciante. se della scrittura che, in ogni caso, presupponeva il consenso già manifestato tra le

Nella fiducia cum amico la causa poteva essere la custodia o un prestito d’uso, per parti.

cui il fiduciario avrebbe restituito la cosa all’altra parte su richiesta di questa. I romani conobbero soltanto, come contratto letterale, il nomen transscripticium. Esso

Mancipatio  e  in   iure   cessio  di   immobili   non   comportavano   tuttavia   di   per   sé   il si realizzava mediante una operazione contabile eseguita dal pater familias nel codex

passaggio del possesso, per cui, nella  fiducia cum creditore, il sfiduciante avrebbe accepti   et   expensi,   e   poteva   essere   o   una  transscriptio   a   re   in   personam  o   una

potuto   trattenere   il   possesso   ;   in   tal   caso   avrebbe   riacquistato   la   proprietà   per transscriptio a persona in personam. La transscriptio a re in personam consisteva in due

effetto di usureceptio, un tipo speciale di usucapione che si compiva con il decorso distinte   registrazioni   effettuate,   nel  codex   accepti  e   nel  codex   expensi,   dal  pater

di un anno a prescindere dalla sussistenza di una iusta causa. Il fiduciario tuttavia familias,  creditore di una somma di denaro, d’accordo con il proprio debitore; nel

poteva evitare l’usureceptio lasciando all’altra parte la cosa a titolo di locazione. codex accepti il creditore registrava quanto dovutogli come se l’avesse incassato; e al

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contempo   registrava   nel  codex   expensi  la   stessa   somma   come   se   l’avesse   data   a Si trattava di contratto bilaterale, in quanto con esso si obbligavano ambedue le

mutuo   allo   stesso   debitore.   Si   costituiva   in   tal   modo   a   carico   del   debitore   una parti. Era fruibile sia da cittadini che da peregrini, per cui fu considerato del ius

obligatio litteris, della quale era più facile provare l’esistenza. gentium, ma era sanzionata da azioni in ius di buona fede, per cui quanto agli

effetti era di ius civile.

Nella  transscriptio   a   persona   in   personam,   il  pater   familias,   su   delega   del   proprio Il consenso poteva essere manifestato in qualsiasi modo, anche tacitamente, per cui

debitore e d’intesa con una terza persona indicata dal debitore, segnava nel codex fu solo per esigenze probatorie che si procedeva alla redazione per iscritto di un

accepti la somma che il debitore gli doveva, come se l’avesse incassata; al contempo documento   che   attestasse   l’accordo   concluso   e   le   condizioni   della   vendita.

registrava nel codex expensi la stessa somma come se l’avesse data a mutuo al terzo; Giustiniano lasciò alle parti di decidere se la vendita dovesse essere compiuta per

in tal modo si estingueva il debito verso il primo debitore e nasceva una obligatio iscritto o oralmente.

litteris a carico della terza persona. Era, pertanto, un contratto con effetti esclusivamente obbligatori: il compratore era

Al creditore si dava l’actio certae crediate pecuniae.   tenuto   a   pagare   il   prezzo,   mentre   il   venditore   era   tenuto   a   fare   conseguire   al

compratore il pacifico godimento della merx, quindi a fare traditio, una traditio detta

La compravendita. vacuae possessionis, ossia libero da persone e cose.    

La compravendita era un contratto consensuale con effetti soltanto obbligatori, per La caparra, versata al momento della stipulazione del contratto, inizialmente ebbe

cui una parte, il venditore, si obbligava a fare conseguire all’altra, il compratore, il soltanto   valore   di   conferma   del   consenso   prestato;   nel   diritto   giustizianeo

pacifico godimento di una cosa, e al contempo il compratore si obbliga a pagare al limitatamente alla vendita in scripts , la caparra ebbe funzione penitenziale: versata

venditore un corrispettivo in denaro. prima della redazione del documento, consentiva a ciascuna parte di recedere dal

Con il riconoscimento della compravendita come contratto consensuale con effetti contratto con la conseguenza di perderla o di doverla restituire nella misura del

obbligatori, la  mancipatio  perde la sua originaria funzione di vendita e diviene un doppio.

negozio   astratto;   ciò   significa   che   la  mancipatio  produce   soltanto   l’effetto   della La   vendita   poteva   avere   ad   oggetto,   detto  merx,   tanto   cose   corporali   quanto

vendita, ossia l’effetto traslativo della proprietà, a prescindere dall’esistenza di una incorporali, eredità, superficie, enfiteusi, usufrutto, crediti.

causa.  Era anche ammessa la vendita di cose future che poteva essere emptio rei speratae o

La   vendita,   ossia   lo   scambio   di   cosa   contro   prezzo   si   realizzava   con   la emptio spei. Nel primo caso la vendita era soggetta alla condizione sospensiva che le

compravendita. cose   vendute   venissero   ad   esistenza   e   il   prezzo   era   commisurato   alla   quantità.

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L’emptio spei, era una  vendita aleatoria, non condizionata, per cui  il compratore Tale responsabilità sussisteva allorché il venditore, pur non avendone obbligo (in

avrebbe dovuto pagare il prezzo forfetario stabilito indipendentemente al fatto che quanto era obbligato soltanto a trasferire il possesso libero da cose o persone), ne

le cose venissero ad esistenza o meno.  facesse mancipatio. In tal caso il venditore incorreva in responsabilità già per il fatto

della minacciata evizione; era, infatti, tenuto a prestare la propria  auctoritas, ossia

Il   prezzo   doveva   essere   necessariamente   espresso   in   denaro,   ciò   in   quanto   era ad assistere il compratore, nel giudizio di rivendica.

necessario distinguere quale delle due prestazioni fosse il prezzo e quale la merce, Contro il mancipante che non avesse prestato auctoritas o che, essendo intervenuto,

al fine di identificare il venditore e il compratore, poiché diverse erano le azioni che non avesse potuto evitare l’evizione,   si dava al  mancipio accipiens  l’actio auctoritas

spettavano all’uno e all’altro e diverse erano le responsabilità. per la restituzione del doppio del prezzo.

A partire da Diocleziano, se il prezzo fosse stato inferiore alla metà del valore reale Se la  mancipatio  non avesse avuto luogo, il compratore poteva garantirsi facendo

della   cosa,   il   venditore   avrebbe   potuto   chiedere   la   rescissione   della   vendita   e, promettere al venditore, con una  stipulatio duplae, il doppio del prezzo in caso di

conseguentemente, la restituzione della cosa dietro rimborso del prezzo pagato; il evizione.

compratore avrebbe potuto evitare la rescissione pagando la differenza. La prestazione della  stipulatio duplae, fu ritenuta conforme alla  bona fides, per cui

ogni venditore avrebbe dovuto prestarla, con la conseguenza che la responsabilità

Contro il  venditore  inadempiente  il  compratore   poteva  esperire   l’actio  empti  di di questi discendeva direttamente dal contratto consensuale di vendita, per cui il

buona fede. compratore che avesse subito evizione avrebbe potuto agire con l’actio empti. Le

Se la merce non veniva consegnata contestualmente alla vendita e questa periva, il parti avrebbero potuto escluderla con patto contrario.

venditore   ne   rispondeva   per   custodia.   Tuttavia   il  periculum  era   a   carico   del Vizi occulti.

compratore; ciò significa che, perita la cosa accidentalmente o per causa di forza Il   venditore   inizialmente   non   era   responsabile   per   i   vizi   occulti,   ossia   i   difetti

maggiore, il compratore era tenuto a pagare ugualmente il prezzo. materiali della cosa non manifesti al compratore all’atto della vendita. Soltanto nel

caso in cui il venditore avesse, con una lex mancipi, precisato l’estensione del fondo,

L’evizione. qualora il fondo stesso fosse risultato di estensione inferiore, il compratore avrebbe

Il venditore era inoltre responsabile per evizione, qualora cioè un terzo rivendicava potuto agire contro il venditore con l’actio de modo agri  per il doppio del minor

con successo la cosa venduta presso il compratore. valore del fondo.

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Era inoltre uso che il venditore promettesse con stipulatio che la cosa aveva certe Tuttavia, in merito ai patti aggiunti a contratti dai quali derivavano azioni di buona

qualità o era esente da certe vizi; in tal caso, verificata l’assenza di tali qualità o la fede, l’exceptio pacti conventi  era superflua, poiché il giudice, nella considerazione

presenza dei vizi dichiarati inesistenti, il venditore sarebbe stato convenibile con che è conforme a buona fede  mantenere gli impegni assunti, avrebbe tenuto conto

l’actio ex stipulatio. del patto anche se la relativa formula non ne avesse fatto menzione.

Fu   ad   opera   degli   edili   curuli,   magistrati   con  ius   edicendi  e   con   giurisdizione Si distinsero tra pacta adiecta in continenti e pacta adiecta ex intervallo, a seconda

nell’ambito   dei   mercati,   che,   con   un   loro   editto,   fecero   obbligo   ai   venditori   di che   fossero   stati   aggiunti   al   contratto   contestualmente   o   successivamente   alla

schiavi di dichiarare preliminarmente i vizi degli schiavi o degli animali, dando al stipulazione del contratto.

compratore l’actio redhibitoria,  esperibile entro 6 mesi dalla vendita, con la quale I pacta adiecta in continenti potevano  essere  fatti valere con la stessa  azione di

avrebbe riavuto il prezzo previa restituzione del servo o dell’animale; ovvero, in buona fede propria del contratto cui ineriva. Questi ebbero effetti obbligatori, per

alternativa,   l’actio   quanti   minoris,   esperibile   entro   un   anno   dalla   vendita,   con   la cui avrebbero potuto modificare o integrare il contenuto tipico.

quale avrebbe ottenuto il minor valore dello schiavo o dell’animale.  I patti cui si fece più frequentemente ricorso in materia di compravendita furono: il

Con   Giustiniano   l’editto   fu   dichiarato   applicabile   alla   vendita,   ammettendo   il patto commissorio, l’in diem addictio, il pactum displicentiae. 

ricorso all’actio empti. Si   trattava   di   patti   che   sottoponevano   la   vendita   ad   una   condizione   risolutiva;

questi,  infatti, prevedevano che  al  verificarsi di  una certa  condizione la  vendita

I patti aggiunti. dovesse considerarsi come non avvenuta.

Inizialmente non si attribuì alcun effetto ai patti aggiunti se non in materia di iniura Nel   patto   commissorio   la   condizione   consisteva   nel   non   pagamento   del   prezzo

e di furto. entro il termine convenuto; nell’in diem addictio la condizione consisteva nel fatto

Solo con l’editto pretorio  de pactis  si diede efficacia ai patti aggiunti. Si trattava che   il   venditore   non   ricevesse   un’offerta   migliore   entro   un   certo   termine;   nel

tuttavia di una efficacia limitata: questi erano, infatti, tutelati non mediante actiones pactum diplicentiae  la condizione consisteva nella dichiarazione del compratore di

ma per mezzo di exceptio, in particolare mediante l’exceptio pacti conventi. Tali patti non avere trovato la cosa di suo gradimento.

pertanto non davano luogo a obbligazioni, per cui la parte che ne traeva vantaggio  Giustiniano riconobbe efficacia obbligatoria al patto con cui due parti convenivano

non avrebbe potuto promuovere giudizio, ma, convenuta in violazione del patto, di rimettere all’arbitrato di un terzo scelto di comune accordo la controversia tra

avrebbe opposto l’exceptio con il risultato di essere assolta una volta che il giudice loro.   L’effetto   di   tale   patto,   detto  compromissum,   fu   inizialmente   perseguito

avesse verificato l’esistenza del patto.  mediante   reciproce  stipulationes  penale   con   le   quali   ciascuna   parte   prometteva

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all’altra   una   pena   pecuniaria   qualora   non   si   fosse   adeguata   alla   pronunzia Nella   locatio   rei   il   locatore   assumeva   l’obbligo   di   consegnare   una   cosa,   idonea

dell’arbitro. all’uso convenuto, e di assicurarne il godimento al conduttore, il quale assumeva

l’obbligo di pagare la mercede alle scadenze stabilite, di mantenere la cosa nelle

Con   Giustiniano   si   riconobbe   efficacia   obbligatoria   ai   patti   aggiunti condizioni in cui gli era stata consegnata e di restituirla alla scadenza.

contestualmente   ai   contratti  anche  se  non  di   buona   fede.   In  questo  modo,   ogni Il   conduttore   acquistava   solo   la   detenzione   della   cosa,   ed   era   responsabile   per

patto,   purché   lecito,   avrebbe   potuto   essere   detto   contratto   ed   avere   effetti custodia nel caso di perimento o deterioramento della cosa locata. Dunque, per il

obbligatori. mancato   godimento  della  cosa   dipendente   da  caso  fortuito   o  forza   maggiore,  il

locatore non era responsabile ma il conduttore sarebbe stato liberato dall’obbligo di

La locazione. pagare la mercede.

La   locatio   conductio   era   un   contratto   consensuale   e   bilaterale   per   cui,   dietro

corrispettivo,   una   parte,   il   locatore,   si   impegnava   a   mettere   a   disposizione   di Locatio operis.

unʹaltra parte, il conduttore, una cosa, mobile o immobile, per un periodo di tempo Nella  locatio operis  il locatore si obbligava a consegnare una cosa; il conduttore al

limitato   e   con   uno   scopo   preciso;   al   contempo   il   conduttore   si   impegnava   a contempo si obbligava a esercitare autonomamente una certa attività, relativamente

prenderla   in   consegna   e   restituirla   una   volta   scaduto   il   termine   convenuto   o alla cosa stessa, nell’interesse del locatore per poi restituirla a questi stesso; così ad

raggiunto lo scopo previsto. esempio   il   conduttore   poteva   assumere   l’impegno   di   trasportare   la   cosa   locata;

Le   obbligazioni   erano   sanzionate   dalle  actiones   locati,   in   favore   del   locatore,   e ovvero, se aveva ad oggetto uno schiavo, poteva assumere l’impegno di istruirlo. 

conducti, in favore del conduttore; azioni  in ius ex fide bona. Esse erano esperibili Il conduttore poteva anche assumere l’impegno di trasformare la res che gli sarebbe

anche nei confronti dei peregrini, per cui furono qualificate sotto questo aspetto stata   consegnata,   impiegando   eventualmente   anche   materiali   propri,   e   di

iuris gentium, ma quanto agli effetti erano iuris civilis. consegnare   al   locatore   l’opus  convenuto:   il   costruttore,   ad   esempio,   assumeva

Nell’ambito della locatio conducti vi rientravano varie fattispecie di locazione; la l’impegno di costruire sull’area dello stesso locatore un edificio.

locatio rei, locatio operis e locatio operarum. In ogni caso la mercede era dovuto dal locatore.

Il   conduttore   era   responsabile   della   cosa,   sulla   quale   acquistava   soltanto   la

Locatio rei. detenzione, per custodia, nel caso in cui la res periva o si deteriorava. Era inoltre

responsabile per imperizia nel caso di cattiva esecuzione dell’opera.

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Nel caso di sopravvenuta impossibilità della prestazione per caso fortuito o forza La società si scioglieva: per il reciproco dissenso o per recesso di uno dei soci, per

maggiore,   il   conduttore   era   liberato,   ma   il   locatore   avrebbe   dovuto   comunque esaurimento   dello   scopo   o   per   impossibilità   sopravvenuta   di   raggiungerlo,   per

pagare la mercede. morte o capitis deminutio anche di uno solo dei soci.

Le   parti   potevano   aggiungere   al   contratto   dei   patti   con   i   quali   limitavano   la

Uno speciale regime era stabilito dalla  lex rhodia de iactu  che riguardava le merci partecipazione dei soci ai soli utili; al contrario era nullo il patto che limitava la

trasportate per mare; nel caso in cui per difficoltà della navigazione si era costretti a partecipazione del scio alle sole perdite, c.d. società leonina.

gettarle in mare   il rischio si ripartiva proporzionalmente tra tutti i locatori delle

merci che erano state imbarcate sulla stessa nave. Il mandato.

Era un contratto consensuale bilaterale imperfetto, di  ius gentium  e insieme di  ius

Locatio operarum. civile,   per   il   quale   una   parte,   il   mandante,   conferiva   un   incarico   all’altra   parte,

Con la locatio operarum un uomo libero assumeva l’impegno di prestare la propria mandatario, che si impegnava ad eseguirlo. Al mandatario non era dovuto alcun

attività lavorativa nei confronti di unʹaltra persona, la quale si obbligava a pagare compenso.

come corrispettivo una certa mercede. In questo caso il lavoratore era il locatore e il Il  mandatario aveva l’obbligo  di  eseguire  fedelmente l’incarico  e di trasferire al

datore di lavoro il conduttore. mandante  ciò  che  aveva  acquistato  in  relazione  al   mandato;   il  mandante  aveva

Il periculum era a carico del conduttore, il quale era tenuto a pagare la mercede l’obbligo di rimborsare al mandatario le spese e risarcirlo di eventuali danni.

anche se il lavoratore non avesse prestato le opere per cause a lui non imputabili. Contro   il   mandatario   si   dava   al   mandante   l’actio   mandati   directa,   e   contro   il

mandante si dava al mandatario l’actio mandati contraria, entrambe  in ius ex fide

La società. bona. 

La societas era un contratto consensuale bilaterale di iuris gentium e insieme di ius Il mandato si estingueva per revoca del mandante, per rinunzia del mandatario,

civile (in quanto sanzionato da una azione in ius), potenzialmente plurilaterale, per per reciproco dissenso o per morte di una delle parti.

cui   due   o   più   soci   mettevano   in   comune   beni   e   attività   di   lavoro   al   fine   di

conseguire un lucro, previa divisione di profitti e perdite. I contratti innominati.

Era necessario non soltanto che le parti manifestassero il loro consenso, ma che Si riconobbe valore obbligatorio a certi  negotia, convenzioni non definibili con un

questo perseverasse nel tempo (affectio societatis). nomen   in   cui   una   prestazione   si   compie   in   vista   di   una   controprestazione;   vi

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rientravano quelli che avevano lo schema: do ut des, do ut facias, facio ut des, facio ut Sempre   al   fine   di   consentire   al   concedente   il   recupero   della   cosa,   il   pretore

facias. predispose un interdictum quod precario.

Tali convenzioni furono tutelati dal pretore con delle  actiones in factum decretales. Con Giustiniano si diede per la restituzione l’actio praescriptis verbis. 

Successivamente   si   affermò   il   principio   per   cui   la   parte   che   avesse   fatto   la

prestazione   avrebbe   potuto   avanzare   la   pretesa,   a   mezzo   di   un’azione   con La transazione.

un’intentio preceduta da una praescriptio, alla controprestazione espressa col verbo La transazione consisteva in una pattuizione di reciproche attribuzioni o rinuncie

oportere. l’azione fu detta praescriptis verbis. Fu così che tali convenzioni divennero fra due o più parti per porre fine ad una lite o alla prospettiva di liti future. Essa,

vere e proprie fonti di obligationes e poterono essere qualificate contractus. pertanto, presupponeva una lite in corso o anche solo un’incertezza sui diritti e i

In alternativa alla  actio praescriptis verbis, i negozi del tipo  do ut des  e  do ut facies doveri reciproci delle parti.

erano tutelati dalla  condictio causa data causa non secuta; la parte che compiva una Per le attribuzioni si assumeva un impegno mediante stipulatio, ove la transazione

datio avrebbe potuto esperire la condictio per ripetere quanto prestato nel caso in cui ne   costituiva   la   causa;   per   le   rinunzie   il   pactum   transactionis   era   sufficiente   e

la controprestazione fosse mancata. poteva essere fatto valore mediante exceptio.

Soltanto successivamente, esso si fece valere mediante l’actio praescriptis verbis.

Ai contratto innominati furono presto assimilati la transazione e il precario.

Il precario.

Esso consisteva nella concessione di un bene immobile che il precario dans faceva al

precario   accipiens  perché   ne   godesse   gratuitamente   e   lo   restituisse   a   semplice

richiesta.

Il precario accipiens fu tutelato contro terzi con l’interdictum uti possidetis, per questo

qualificato come possessore. Tuttavia, non aveva uguale tutela contro il concedente

per la presenza della  exceptio vitiosae possessionis, per cui prevaleva quello dei due

litiganti che possedeva la cosa in modo non precario. Ne conseguiva che il precario

dans avrebbe potuto riprendere possesso della cosa in ogni momento, anche contro

la volontà del precarista.

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inerenti   la   gestione   stessa.   Contro   il   gerito,   il   gestore   avrebbe   potuto   esercitare

l’actio negotiorum gestorum contraria.

Erano   considerati   atti   leciti   non   contrattuali,   fonti   di   obbligazioni,   la  tutela

impuberum,   la   gestione   della   cosa   comune   (communio   incidens),   la   gestione

Obligationes quasi ex contractu. dell’eredità comune.

Gaio   nella   sua   classificazione   delle   fonti   delle   obbligazioni,   distinse,   oltre   ai Il tutore è, infatti, tenuto a trasmettere i beni e i diritti acquisiti nonché a risarcire i

contratti e ai delitti, una terza fonte di obbligazioni :  variae causarum figurae, che danni   all’ex   pupillo   una   volta   cessata   la   tutela,   e   che   questi   ha   l’obbligo   di

ricomprendevano   tutti   gli   atti   leciti   con   effetti   obbligatori   ma   che   non   erano rimborsare all’ex tutore le spese e a sollevarlo dai debiti assunti per la gestione.

classificabili contratti per difetto dell’accordo diretto a far nascere l’obbligazione Anche  la   gestione   di   cosa comune   o  dell’eredità comune   dava  luogo  a  diritti   e

(definite poi da Giustiniano obbligazioni quasi ex contractu). doveri reciproci tra i comproprietari e coeredi, che nascevano in sede di divisione.

Tra le variae causarum figurae inoltre ricompresse anche certi illeciti meno gravi già

sanzionati dal pretore  con azioni penali e definite dalle Istitutiones di Giustiniano I legati obbligatori e i fedecommessi.

obligationes quasi ex delictu. I legati obbligatori si distinguevano in legato per damnationem e sinendi modo,

davano luogo a obbligazioni tra erede e legatario.

Negotiorum gestio. Il legato per damnationem consisteva in una disposizione successoria particolare in

Si   trattava   della   gestione   di   affari   altrui   senza   mandato,   intrapresa   con   la virtù del quale il testatore, usando certa verba, onerava l’erede di compiere una

convinzione che si trattasse di affari altrui e iniziata utilmente, indipendentemente prestazione   di   dare   o   di   fare   in   favore   del   legatario,   dando   così   luogo   a   una

dal fatto che l’esito fosse stato realmente utile o meno per il gerito. obligatio.

Il gestore era tenuto a portare a termine l’affare intrapreso e di trasferire al gerito i Nel   legato   per   sinendi   modo   il   testatore,   usando   certa   verba,   poneva   a   carico

beni e i diritti che conseguivano alla gestione; il gerito poteva esperire contro il dell’erede un’obbligo di non fare, in modo da consentire al legatario di fare una

gestore l’actio negotiorum gestorum directa. determinata cosa.

In   capo   al   gerito   gravava   l’obbligo   di   assumere   su   di   se   le   obbligazioni   che   il

gestore avesse contratto in merito alla gestione e di rimborsargli le spese e i danni

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Contro l’erede inadempiente si dava al legatario l’actio ex testamento in personam, dall’inadempmento delle obbligazioni, perciò detti atti illeciti extracontrattuali; essi

in   ius   e   di   stretto   diritto,   che   comportava   la   condanna   al   doppio   in   caso   di pertanto erano tipici. 

contestazione infondata (infitiatio) per effetto della litis crescenza. L’obligatio che ne derivava era rappresentata dal vincolo giuridico che si creava tra

offensore ed offeso per cui l’uno era tenuto verso l’altro al pagamento di una pena

I fedecommessi. pecuniaria   perseguibile   con   un’azione   penale   nell’ambito   del   processo   privato.

Si   trattava   di   disposizioni   che   contenevano   raccomandazioni   informali   che   il Inizialmente si trattava soltanto di azioni di ius civile, ma successivamente furono

testatore   faceva   all’erede   in   favore   di   terzi   rimettendosi,   per   l’esecuzione   delle anche concesse azioni penali in factum per tutte quelle fattispecie per cui appariva

stesse, alla sua fides. equo comminare una sanzione.

Il fedecommesso fu inizialmente tutelato in sede di cognitio extra ordinem; si dava Inizialmente il delitto era imputabile al suo autore solo nel caso in cui questi agiva

al fidecommissario la petitio fideicommissi in virtù della quale il giudice avrebbe con dolo, ossia col deliberato intento di provocare all’offeso il danno che gli era

dovuto giudicare con criteri di equità e con ampia discrezionalità. derivato. Ma, con riguardo al damnum iniura datum, il delitto fu imputabile anche a

chi l’avesse provocato per negligenza o imprudenza.

Solutio indebiti.

La   solutio   indebiti   ricorreva   ogni   qual   volta   un   soggetto   eseguisse   una  datio

nell’erronea convinzione di esservi tenuto e, l’altra parte, ricevesse la prestazione Il furto.

inconsapevole che non fosse dovuta. Inizialmente per furto si intese la sottrazione illecita di cosa mobile altrui (amotio

Si applicava in tali ipotesi la  condictio indebiti  per la restituzione del dato. Da ciò rei). Successivamente però vennero in tale nozione compresi ogni comportamento

sorgeva   l’obbligazione   dell’accipiens  di   restituire   al  solvens  quanto   ricevuto doloso     che   provocasse   ad   altri   una   perdita,   o   anche   solo   uno   svantaggio

indebitamente. relativamente ad una cosa mobile o immobile.

Infine la nozione di furto venne limitata alle sole cose mobili e si richiese sotto il

I delitti. profilo oggettivo la contrectatio rei, ossia il contatto fisico con la cosa, mentre sotto

Le   obligationes   derivavano   anche   dai  delicta.   Erano   considerati   delitti   quei il profilo soggettivo che si trattasse di una contrectatio fraudulosa; il furto cioè veniva

comportamenti volontari determinati ritenuti riprovevoli dall’ordinamento diversi considerato come la manipolazione fraudolenta a scopo di lucro o della stessa cosa

o del suo uso o del possesso.

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Si distingueva  il furtum manifestum,  ossia il furto commesso dal ladro preso o convenuto agire con la rei vindicatio in quanto, se la cosa era integra e reperibile,

catturato dal derubato sul fatto, dal furtum nec manifestum, ossia ogni furto non l’avrebbe recuperata per intero, mentre se avesse agito con la condictio  sarebbe

manifesto. stato soddisfatto nella misura della percentuale offerta dal bonorum emptor.

I due tipi di furto furono diversamente sanzionati: l’autore del furtum manifestum Se il ladro fosse stata una persona solvibile, al proprietario sarebbe convenuto la

poteva essere fustigato e poi addictus dal magistrato al derubato; se il furto veniva condctio   poiché   questa   era   esperibile   nei   confronti   del   ladro   anche   se   non   più

commesso   di   notte   o   se   il   ladro   avesse   provato   a   difendersi   con   delle   armi   la possessore   o   se   la   cosa   fosse   perita,   a   differenza   della   rei   vindicatio   dove

vittima,   invocata   la   testimonianza   dei   vicini   (endoploratio),   avrebbe   potuto legittimato   passivamente   era   il   solopossessore   attuale   al   tempo   della   litis

ucciderlo. Presto queste pene furono sostituite dall’actio furti manifesti, un’azione contestatio.

penale pretoria mediante la quale il derubato perseguiva il quadruplo del valore

della cosa rubata.

Per il furtum nec manifestum si applicava inizialmente una pena pecuniaria per il La rapina.

doppio del valore della cosa rubata, perseguita con l’actio furti nec manifesti. La bona vi rapta consisteva nella sottrazione di cose altrui commessa con violenza.

All’actio   furti,   manifesti   e   non,   era   legittimato   colui   che   aveva   un   interesse Era sanzionata con l’actio vi bonorum raptorum, azione penale e infamante, la cui

giuridicamente apprezzabile a che la cosa non venisse rubata. pena   era  commisurata al  quadruplo  del valore della   cosa sottratta, se esercitata

Con   l’actio   furti   concorreva   e   si   cumulava   la  condictio   ex   causa   furtiva,   la   quale entro l’anno, o al semplice valore delle cose se esperita dopo un anno.

spettava al proprietario della cosa rubata in quanto tale. L’azione esercitata entro l’anno fu qualificata da Giustiniano come reipersecutoria e

In questo caso si trattava di una singolare applicazione della condictio, poiché la penale   insieme  (mista),  per   cui   si   distingueva   nella   condanna  al   quadruplo,   un

condictio presupponeva una datio ed era diretta a una datio, ma nel caso del furto simplum diretto al risarcimento e un triplum a titolo di pena.

non vi era alcuna datio, né l’azione era volta ad una datio.

Il   proprietario   godeva   di   una   doppia   tutela,   con   azione   reale   mediante   la   rei Il danneggiamento.

vindicatio e con un’azione personale mediante la condictio. Per  damnum iniuria datum (danneggiamento) si intendeva il danno ingiusto, ossia

Questa   doppia   tutela   garantiva   maggiormente   il   proprietario   della   cosa   rubata. contra   ius,   prodotto   direttamente   e   immediatamente   dalla   forza   muscolare

Questi, infatti, poteva scegliere se agire con la rei vindicatio o con la condictio, a dell’agente   all’integrità   fisica   di   una   cosa   (corpore   corpori   datum);   anche   se

seconda   che   il   ladro   fosse   solvibile   o   meno.   In   quest’ultimo   caso   gli   sarebbe successivamente   il   Pretore   diede   delle   azioni   utili   ed   in   factum   nelle   ipotesi   di

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danno   causato   da   omissione   o   di   danno   senza   lesione   materiale   delle   cose.   Il sarebbe stata reipersecutoria; nell’ipotesi in cui il danno fosse stato provocato nel

damnum iniuria datum era previsto dalla lex Aquilia de damno che era articolata in tre momento del minor valore della  res  nell’ultimo anno o nell’ultimo mese l’azione

capitoli.   Il  primo   capitolo  riguardava   l’uccisione  iniuria  di   schiavi   e  pecudes sarebbe stata mista, poiché la parte della condanna che eccedeva il valore della res

(quadrupedi   da   gregge   o   armento)   altrui;   il  secondo   capitolo  riguardava era ritenuta a titolo di pena.

l’adstipulator,   il   quale   in   frode   allo   stipulante   avesse   estinto   il   credito   mediante Successivamente   si   diede   rilievo   nella   valutazione   del   danno   all’interesse

acceptilatio; il terzo capitolo riguardava il ferimento di schiavi e pecudes, l’uccisione e dell’attore all’integrità fisica della cosa.

il ferimento di animali che non fossero pecudes, la distruzione o il danneggiamento L’iniuria.

di cose inanimate. La legge delle XII tavole prevedeva pene diverse per determinate offese arrecate

Le pene, che consistevano nel  simplum  del pregiudizio arrecato, erano diverse a all’integrità fisica di una persona. Per il membrum ruptum, ossia la lesione fisica con

seconda   dell’illecito   commesso:   per   il  primo   capitolo  la   pena   consisteva   nel perdita definitiva della funzionalità di un organo, la pena consisteva nella legge del

maggior   valore   che   schiavi   e  pecudes  avessero   avuto   nell’anno   precedente taglione, alla quale però l’autore poteva sottrarsi concordando con la vittima una

l’uccisione; per il secondo capitolo la pena era commisurata all’importo del credito composizione   pecuniaria.   Per   os   fractum,   ossia   la   frattura   di   un   osso   che   non

estinto;   nel  terzo   capitolo  era   comminata   nella   misura   del   maggior   valore   di comportava perdita della funzionalità di un organo, la pena era di 300 o 150 assi a

schiavi, animali e cose inanimate nei 30 giorni precedenti l’evento dannoso. seconda che la vittima fosse libera o servo.

L’azione contro l’autore del danno era l’actio legis Aquiliae, che era penale e in ius e a Per le lesioni e violenze fisiche minori la pena era di 25 assi.

cui   era   in   un   primo   momento   attivamente   legittimato   il   proprietario   delle   cose Successivamente il pretore istituì per la persecuzione degli atti dolosi e ingiusti di

perite o danneggiate, e poi esteso dal pretore mediante actiones utiles, anche ai non violenze   fisiche   alle   persone   l’actio   iniuriarum   aestimatoria,  un’azione   penale   e

proprietari. infamante   la   cui   pena   era   pecuniaria   nella   misura   stabilita   caso   per   caso   dai

Considerando che la pena era commisurata al simplum del pregiudizio arrecato, si recuperatores (giudice collegiale) secondo l’entità dell’offesa sulla base di criteri di

ritiene che essa avesse sostanzialmente una funzione reipersecutoria, pur essendo equità.

sempre un’azione penale. La   condemnatio   della   formula   era   con   taxactio,   di   modo   che   la   condanna   non

Nelle Istituzioni Giustinianee l’actio legis aquiliae venne considerata reipersecutoria superasse il limite in essa indicato.

o mista in base a due criteri: nel caso in cui il  danno fosse stato  provocato nel L’actio   iniuriarum   era   intrasmissibile   agli   eredi,   sia   dal   lato   attivo   che   dal   lato

momento del maggior valore  della res nell’ultimo anno o nell’ultimo mese, l’azione passivo.

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d) Actiones   adversus   nautas,   caupones,   stabularius.  Riguardavano   i   furti   e   i

Altri illeciti extracontrattuali. danneggiamenti a passeggeri che si verificavano sulle navi, nelle locande e

Actio de pauperie, faceva riferimento ai danni prodotti da pecudes, conseguenti a nelle stazioni per il cambio di cavalli. Si trattava di azioni penali, in factum

comportamenti spontanei e innaturali. L’azione si dava contro il proprietario delle e   in   duplum   contro   gli   armatori   (nautae),   gli   albergatori   (caupones)   e   i

bestie che poteva decidere o di risarcire il danno o di dare a nossa l’animale. gestori (stabularii).

Era legittimato attivamente il danneggiato che vi avesse interesse.

Si trattava di un’azione nossale ma non penale, stante che l’alternativa alla dazione

a nossa non era il pagamento della pena ma il risarcimento del danno.

Obbligazioni quasi ex delicto.

Si trattava di illeciti pretori non dolosi e vi rientravano: 

a) iudex   qui   litem   suam   fecerit,   era   il   caso   del   giudice   che   avesse   giudicato

malamente per imperizia; si dava alla vittima un’actio in factum penale con

pena stabilita secondo criteri di equità.

b) Effusum vel deiectum. Riguardava i danni arrecati a persone da cose lasciate

cadere   dai   piani   alti   degli   edifici.   Il   pretore   diede   contro   l’abitator

un’azione penale in factum.

c) Positum aut sospensum. Riguardava il pericolo derivante dalla cosa posata

sul   tetto   o   sul   cornicione   di   una   casa.   L’azione   penale,   in   factum   e

popularis, fu concessa contro l’habitator per il semplice fatto del pericolo di

provocare danni ai passanti. Estinzione delle obbligazioni.

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L’adempimento.

L’adempimento (solutio) della prestazione non sempre fu sufficiente a estinguere

l’obbligazione, era, infatti, necessario un particolare rito che si compiva mediante

gesta per aes et libram  (solutio per aes et libram); soltanto in età preclassica la  solutio

estingueva l’obbligazione ipso iure. La remissione del debito.

La   prestazione   doveva   essere  adempiuta   per   l’intero,   salvo   che   il  creditore   non La remissione per il diritto romano era effettuata mediante solutio per aes et libram,

accettasse   un   adempimento   parziale,   al   creditore,   ovvero   al   procurator   del acceptilatio e pactum de non petendo.

creditore, a persona indicata dal creditore o anche all’adiectus solutionis causa.

Il debitore poteva effettuare un adempimento parziale nel caso in cui godesse del Solutio per aes et libram.

beneficium competentiae in virtù del quale il debitore non poteva subire condanna Era il rito, simmetrico e contrario rispetto al nexum, compiuto mediante  gesta per

oltre il limite delle sue possibilità economiche. Il beneficium si realizzava in forza di aes et libram.  Il debitore dichiarava solennemente, secondo un preciso schema, di

taxatio  nella  condemnatio  formulare,   in   tal   modo   il   debitore   avrebbe   evitato liberare   se   stesso   dal   potere   del   creditore,   contemporaneamente   gettava   sulla

l’esecuzione per debiti e l’infamia che ne conseguiva. bilancia il metallo dovuto e il libripensi provvedeva alla pesatura.

Qualora il debitore era tenuto verso il creditore per più debiti omogenei, doveva Dunque, la solutio per aes et libram era necessaria per liberare i nexi dal potere del

precisare   per   quale   debito   compiva   solutio;   in   caso   contrario   il   pagamento   si debitore, per lo scioglimento del vincolo a carico del condannato in un giudizio

imputava   nell’ordine:  al   debito   scaduto,   a  quello   più   oneroso   per   il   debitore,   a privato e per l’estinzione delle obbligazioni pecuniarie da legato per damnationem. 

quello   più   antico;   nel   caso   in   cui   non   ricorresse   nessuna   di   tali   condizioni   si Riconosciuto effetto liberatorio alla solutio, essa, ferma restando l’applicazione alle

imputava proporzionalmente a tutti i debiti. sole obbligazioni pecuniarie da iudicatum e da legato per damnationem, mantenne

soltanto  l’effetto   estintivo   ipso   iure,  diventando  un  negozio   astratto   idoneo  alla

Il   debitore   era   tenuto   ad   adempiere   esattamente   la   prestazione   dovuta.   Questi, remissione del debito.

tuttavia, avrebbe potuto compiere, con il consenso del creditore, una prestazione

diversa, effettuando una datio in solutum (dazione in pagamento).  L’ acceptilatio
   .

Mediante   l’acceptilatio  si   estinguevano   le   obbligazioni   sorte   da  stipulatio  o

comunque nate verbis.

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Era un atto simmetrico e contrario rispetto alla stipulatio; il debitore usando certa Dunque, per effetto della novazione la prima obbligazione si estingueva ipso iure, e

verba rivolgeva al creditore la domanda “hai ricevuto quel che ti ho promesso?” il con   essa   si   estinguevano   anche   eventuali   garanzie   personali   e   reali,   nonché   si

creditore rispondeva affermativamente.  interrompeva il corso di eventuali interessi.

Anche in tal caso si ritiene che inizialmente le obbligazioni verbis si estinguevano, Presupposti   essenziali   perché   avesse   luogo   la   novazione   erano:  l’


  idem   debitum;

non per il fatto dell’adempimento della prestazione, ma era necessario procedere   aliquid novi, ossia la nuova obbligazione doveva presentare un elemento nuovo
l’

ad  acceptilatio;   una   volta   riconosciuto   effetto   liberatorio   alla   solutio   mantenne rispetto all’antica obbligazione, e tale elemento poteva essere oggettivo, ad esempio

l’effetto   estintivo   dell’obbligazione   a   prescindere   dall’effettivo   adempimento;   fu la causa (si estingueva ad esempio un’obbligazione contratta “consensu”  e se ne

così adoperata per la remissione del debito. costituiva un’altra contratta “verbis”),  o termini, condizioni o garanzie personali,

 Il  pactum de non petendo. ovvero soggettivo, che riguardava la persona del creditore o del debitore; l’animus

Il creditore poteva rimettere il debito mediante un patto (pactum de non petendo) a novandi, ossia l’intenzione delle parti di procedere a novazione.

non pretendere l’adempimento della prestazione.

Tale patto aveva l’efficacia propria dei patti, pertanto poteva essere fatto valere con  La  stipulatio Aquiliana.

l’exceptio pacti conventi, salvo che si trattasse di iudicia bona fidei. Il patto estingueva Si   tratta   di   un   particolare   tipo   di   novazione   per   cui   in   un’unica  stipulatio  si

l’obbligazione ope exceptionis, in quanto la parte per essere assolta avrebbe dovuto deduceva   in   maniera   generica   il   corrispettivo   pecuniario   di   ogni   obbligo   del

opporre l’exceptio. promettente verso lo stipulante, in modo che, compiuta la stipulatio, il promettente

Il patto avrebbe inoltre estinto ipso iure le obbligazioni perseguibili con le azioni fosse tenuto verso lo stipulante ad una sola prestazione che era quella pecuniaria,

penali furti e iniuriarum. incerta nel suo ammontare, assunta con la stipulatio. In tal modo l’obbligazione

avrebbe potuto essere estinta con una semplice acceptilatio.

La novazione.

Per novazione si intende la sostituzione di una obbligazione con unʹaltra cosicché  La  delegatio promittendi
   .

la prima si estingue e al suo posto sorge la nuova. La novazione soggettiva faceva generalmente seguito a una  delegatio promittendi,

Essa, si verificava sostanzialmente per effetto di una stipulatio che aveva ad oggetto che poteva essere attiva o passiva.

la   stessa   prestazione   (idem   debitum)   dell’obbligazione   che   con   essa   si   voleva Con   la  delegatio   promittendi  attiva,   il   creditore,   delegante,   invitava   il   proprio

estinguere. debitore, delegato, a promettere con una stipulatio a un terzo (delegatario) quel che

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lo   stesso   debitore   doveva   al   delegante.   Per   effetto   della  stipulatio  si   estingueva Nel   diritto   romano   non   era   previsto   l’istituto   della   compensazione   legale   e

l’obbligazione tra delegante e delegato e se ne costituiva una nuova, con lo stesso inizialmente neanche quello della compensazione giudiziale. Tuttavia, in merito a

oggetto, tra delegato e delegatario. quest’ultima   si   ammisero   delle   deroghe.   La   prima   riguardò   le   obbligazioni

Nella  delegatio   promittendi  passiva,  su  invito   del  debitore,  il   terzo   prometteva   al perseguibili con azioni di buona fede, per le quali non si ritenne giusto chiedere

creditore   ciò   che   allo   stesso   doveva   il   delegante.   In   tal   modo   si   estingueva l’adempimento di una prestazione se la parte non aveva adempiuto la propria; per

l’obbligazione tra delegante e delegatario e se ne costituiva una nuova tra questi e il cui   il   giudice   avrebbe   dovuto   tenere   conto   dei   controcrediti   del   convenuto   e

terzo delegato. procedere   così   a   compensazione   giudiziale   e   condannare   eventualmente   al

pagamento della differenza.

 Litis contestatio  e sentenza. Condizione indispensabile affinché il giudice potesse disporre la compensazione

Alla   litis   contestatio   del   processo   formulare   si   attribuiva   l’effetto   di   estinguere era che i due crediti fossero  ex eadem causa, dipendessero cioè dalla stessa fonte.

l’obbligazione dato il suo effetto preclusivo della lite. Tuttavia, una volta estinta, Non occorreva invece che i crediti fossero omogenei.

per effetto della litis contestatio l’obbligazione, si verificava una sorta di novazione: Altra deroga riguardò gli argentarii, ossia i banchieri, qualora fossero stati debitori e

il debitore convenuto non poteva ritenersi liberato, ma era tenuto, se non più in al tempo stesso creditori dei propri clienti, avrebbero potuto agire contro di essi

virtù del vincolo originario, in forza di un vincolo di natura processuale, espresso cum compensatione. I due crediti però, dell’argentarius e del cliente, dovevano essere

con il termine di condemnari oportere.  omogenei e potevano non derivare ex eadem causa.

La sentenza di condanna, poi, avrebbe fatto estinguere il condemnari oportere e Si fece, poi, obbligo al bonorum emptor di agire cum deductione contro i debitori del

dato luogo ad obligatio iudicati. La sentenza di condanna dava, pertanto, luogo ad fallito qualore questi fossero stati creditori del fallito stesso; tale obbligo in capo al

una ulteriore novazione. bonorum  emptor si rese necessario per ragioni di equità, poichè  questi avrebbe

potuto esigere l’intero e pagare in percentuale.

In tali casi l’obbligazione si estingueva  ope iudicis,  ossia per effetto della sentenza

La compensazione. del giudice.

Oggi per compensazione si intende il fenomeno per cui se il creditore è al tempo

stesso debitore del proprio debitore, crediti e debiti reciproci si estinguono nella

misura in cui concorrono. Essa può essere legale o giudiziale.

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volta notificata, il debitore non avrebbe più potuto pagare al cedente con efficacia

Cessione dei crediti. liberatoria. Si realizzava in tal modo una vera e propria cessione di crediti.

Il diritto romano non riconosceva la possibilità giuridica di procedere a cessione di

crediti e trasferimento di debiti. Tuttavia si fece ricorso a taluni espedienti.

In particolare, per la cessione di crediti si fece ricorso alla novazione soggettiva Trasferimento di debiti.

previa  delegatio promittendi  attiva, per  cui  il  creditore‐delegante cedeva il credito I medesimi espedienti furono utilizzati per il trasferimento dei debiti; così su invito

vantato nei confronti del proprio debitore‐delegato ad un terzo delegatario. del debitore il creditore stipulava e il terzo prometteva quanto dovuto dal debitore;

Tuttavia in tale ipotesi non aveva luogo una vera cessione, poiché il cessionario non ovvero   il   debitore   nominava   il   terzo   procurator   ad   litem   perché   sostenesse   in

subentrava   nella   identica   posizione   del   cedente:   con   la   prima   obbligazione   si giudizio con il ruolo di convenuto la lite con il creditore; si poteva anche procedere

estingueano, infatti, le relative garanzie e cessava il corso di eventuali interessi. a transscriptio a persona in personam.

Si fece allora ricorso ad un altro espediente; il cedente avrebbe nominato cognitor o

procurator ad litem il cessionario perché agisse in giudizio contro il debitore, salvo Obbligazioni parziarie.

poi trattenere quanto ricavato (cognitor  o  procurator ad litem in rem suam, ossia nel Si   tratta   di   obbligazioni   con   una   pluralità   di   creditori   o   debitori   in   cui   ciascun

proprio interesse). creditore aveva il diritto di pretendere, o ciascun debitore il dovere di prestare, una

In   tal   caso   tuttavia   il   cessionario   era   garantito   solo   dal   momento   della   litis parte soltanto dell’oggetto della prestazione. In tal caso, dunque, si dava luogo a

contestatio, poiché prima di allora il debitore avrebbe potuto adempiere, con effetto più obbligazioni ciascuna con una propria prestazione corrispondente alla parte

liberatorio, direttamente al cedente, ovvero quest’ultimo  avrebbe potuto  in ogni dovuto da ciascuno.

modo estinguere l’obbligazione.

Soltanto   nell’ipotesi   di   vendita   dell’eredità   e   conseguente   cessione   dei   crediti Obbligazioni solidali.

ereditari si diedero al compratore‐cessionario, ma poi estese a tutti i cessionari di Nelle obbligazioni solidali invece ciascun creditore avevano il diritto di pretendere,

singoli crediti, delle actiones utiles proprio nomine in modo che il cessionario potesse o ciascun debitore il dovere di prestare, l’intero (in solidum).

agire   come   per   un   credito   proprio.   Secondo   una   prassi   diffusa   il   cessionario Le obbligazioni solidali si distinguevano in cumulative, in cui la prestazione era

avrebbe   dovuto   notificare   con  denuntiatio  al   debitore  l’avvenuta   cessione   e,   una dovuta   tante   volte   quanti   erano   i   creditori   o   i   debitori,   e   elettive,   in   cui

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l’adempimento nei confronti di un creditore, o da parte di un debitore, estingueva Nel   caso   di  pactum   de   non   petendo  l’obbligazione   solidale   si   estingueva,  ope

l’obbligazione per tutti. exceptionis, per tutti, se era  in rem,  ovvero solo tra le parti tra le quali il patto era

intervenuto, se in personam.

Le obbligazioni cumulative ricorrevano nei legati per damnationem e nei delicta. Nel caso di estinzione dell’obbligazione per litis contestatio, bisogna distinguere tra

Nei legati per damnationem potevano verificarsi casi di solidarietà cumulativa attiva, iudicia stricta  e  iudicia bonae fidei. Soltanto nei primi la  litis contestatio  dell’azione

ossia   con   pluralità   di   creditori,   qualora   la   stessa   cosa   era   legata   dal   testatore promossa da un concreditore o contro un condebitore estingueva l’obbligazione nei

disgiuntamente   a   più   persone.   In   tal   caso   l’erede   avrebbe   dovuto   prestare,   e confronti   di   tutti;   nei   giudizi   di   buona   fede   finchè   il   creditore,   nella   solidarietà

ciascun   legatario pretendere, l’intero, senza che l’adempimento della prestazione passiva   ma   anche   in   quella   attiva,   non   fosse   stato   soddisfatto   sussisteva

in favore di uno liberasse l’erede rispetto agli altri legatari. l’obbligazione   a   carico   dei   condebitori   non   ancora   chiamati   in   giudizio.   Tale

Nei  delicta  poteva invece configurasi un’ipotesi di solidarietà cumulativa passiva principio fu poi esteso da giustiniano a tutte le obbligazioni solidali elettive.

quando   più   erano   gli   autori   dell’illecito.   In   tal   caso   tutti   erano   tenuti   a   pagare

l’intera pena. In materia di iniuria invece poteva anche configurarsi un’ipotesi di Il   diritto   romano   non   prevedeva   le   azioni   di   rivalsa   o   di   regresso,   ma   le   parti

solidarietà cumulativa attiva allorché taluno, con uno stesso atto, avesse offeso più avrebbero   potuto   agire   mediante   le   azioni   che   sanzionavano   il   loro   rapporto

persone; tutte avrebbero potuto esigere l’intera poena. interno.

La solidarietà elettiva, sia attiva che passiva, poteva ad esempio configurarsi in una Garanzie personali.

stipulatio e necessariamente nel caso di obbligazioni indivisibili. Le garanzie personali si realizzavano con l’intervento di un terzo, il garante, che

L’adempimento della prestazione da parte di uno dei debitori o nei confronti di assumeva di adempiere la stessa obbligazione del debitore principale.

uno dei creditori, estingueva l’obbligazione per tutti.

Essa inoltre si estingueva nei confronti di tutti i con creditori o condebitori nei casi La più antica garanzia personale delle obbligazioni fu la sponsio; si compiva verbis

di   acceptilatio,   novazione   o   impossibilità   sopravvenuta   della   prestazione   non ed era idonea a garantire soltanto obbligazioni contratte verbis. Era prestata subito

imputabile al debitore. dopo la promissio del debitore principale mediante intervendo dello sponsor, o degli

Nel caso di confusione o di  capitis deminutio  l’obbligazione si estingueva solo nei sponsores, quali adpromissores accanto al promissor.

confronti del creditore o debitore cui i fatti estintivi si riferivano. La garanzia si estingueva con la morte dello sponsor.

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Una lex Publia attribuì allo sponsor una azione di regresso (la legis actio per manus Sempre   a   tutela   del   creditore   furono   previsti   dei   rimedi   pretori   :   una  denegatio

iniectionem pro iudicato, prima, l’actio depensi, dopo) contro il debitore che entro actionis, una in integrum restitutio ob fraudem, e un’interdictum fraudatorium. 

sei mesi non gli avesse restituito quanto pagato al creditore. La   denegatio   actionis   riguardava   le   obbligazioni   assunte   dal   debitore   con   il

La garanzia personale delle obbligazioni successiva alla sponsio fu la fidepromissio. Si proposito di accrescere la situazione di insolvibilità. In tal caso il pretore avrebbe

trattava di una stipulatio, per la quale si esigeva l’impiego del verbo fidepromittere, denegato l’azione al creditore contro il bonorum emptor.

il cui regime era sostanzialmente quello della sponsio, ad eccezione del fatto che era Con   la  in   integrum   restitutio   ob   fraudem  venivano   revocati   gli   atti   compiuti   dal

fruibile da cives e peregrini e ad essa non fu estesa l’azione di regresso.  debitore   che   avevano   ridotto   il   patrimonio.   In   particolare,   il   curator   bonorum

Per   entrambe   le   garanzie   la  lex   Furia   de   sponsu  stabilì   che,   trascorsi   due   anni proponeva l’istanza di in integrum restitutio contro il terzo acquirente; il pretore

dall’assunzione della garanzia i garanti erano liberati; e che, se più erano i garanti, emanava   il   decreto   relativo   e   il   magister   bonorum   considerava   il   bene   alienato

la prestazione andava divisa tra essi in parti uguali, c.d. beneficium divisionis. come se fosse ancora ricompreso nel patrimonio del debitore; per cui, una volta

L’obbligazione di garanzia più recente era la fideiussione, anch’essa una stipulatio, effettuata la bonorum venditio e assegnato il patrimonio del debitore al bonorum

con   la   quale   però   si   potevano   garantire   anche   obbligazioni   diverse   da   quelle emptor, questi avrebbe recuperato la cosa direttamente presso l’acquirente. 

contratte   verbis.   Ad   essa   non   si   estesero   né   le   disposizioni   della  lex   Publilia  né Si realizzava così un’actio ficticia, ossia come se l’alienazione non vi fosse stata.

quelle della lex Furia. Con la morte del fideiussore l’obbligazione passava gli eredi. L’interdictum   fraudatorium   si   dava   al   creditore   contro   gli   atti   di   riduzione

Tra debitore principale e garanti da un lato e creditore dall’altro si costituiva il dell’attivo patrimoniale che il debitore avesse fatto in frode ai creditori. L’azione

regime di solidarietà elettiva passiva, per cui debitore principale e garanti erano era restitutoria ed era esperibile contro il terzo in favore dei quali gli atti erano stati

tenuti in solidum verso il creditore. Le stipulazioni di garanzia presupponevano compiuti.

l’esistenza dell’obbligazione principale; per cui erano nulle le stipulazioni prestate Requisiti comuni erano: l’eventus damni, per cui l’atto del debitore doveva avere

per importi superiori a quelli del debito principale; l’esinzione dell’obbligazione recato un effettivo pregiudizio ai creditori riducendo il patrimonio in misura tale

principale comportava l’estinzione dell’obbligazione di garanzia, non il contrario. da non essere più sufficiente per soddisfare i creditori; il consilium fraudis, ossia

l’intento di realizzare l’eventus damni; la scientia fraudis, ossia la conoscenza da

Gli atti in frode ai creditori. parte del terzo del consilium fraudis del debitore.

A tutela dei creditori contro la insolvibilità del debitore, la lex Aelia Sentia sancì la

nullità della manumissione dei servi fatta dal debitore in frode ai creditori.   F‐I‐N‐E  (PRIMA PARTE)

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