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G. Berruto
Fondamenti di sociolinguistica
"Riassumendo, possiamo dire che vi sono due oggetti specifici della SL; da un lato, i
tratti del sistema sensibili al contesto sociale (dove la parte spettante alla SL, in
confronto a quella della linguistica teorica, è scarsa; ma dove la linguistica teorica, o
autonoma, e la SL lavorano sullo stesso piano); dall'altro, l'uso sociale e il valore
sociale (manifesto o latente) presso i parlanti di, in principio, ogni elemento
realizzato dalla lingua (dove la parte di ambito della SL può consistere in tutta la
lingua; ma dove la SL lavora dopo la linguistica teorica, autonoma)."
lingue servono determini caratteri specifici del modo in cui le lingue sono
fatte."
e in sociolinguistica
• Lingua Æ c.l. sarà l’insieme delle persone che usano una data lingua
(«common language»).
• Base socio-geografica Æ comunanza di lingua + comunanza di stanziamento.
• Modelli di interazione Æ c.l. come aggregato umano caratterizzato da
un’interazione regolare.
• Atteggiamenti Æ c.l. = comunità che condivide una serie di atteggiamenti
sociali (pragm.).
• Autoidentificazione Æ c.l è un gruppo che si identifca come tale (crit. un po’
fumoso)
“Ciò che individua una varietà di lingua è il co-occorrere […] di certi elementi, forme e
tratti di un sistema linguistico e di certe proprietà del contesto d’uso: […] una varietà
di lingua è designabile come il modo in cui parla un gruppo di persone o il modo
in cui si parla in date situazioni. […] «forme convenzionalizzate di realizzazione del
sistema» (Nabrings).
▲ Status: posizione di una certa persona (o, per estensione, di un gruppo, una lingua
etc.) all’interno di una struttura sociale. Gli status sociali sono in linea di principio
stratificati in una gerarchia che risponde alla disuguglianza sociale. Il ruolo sociale è
l’insieme di ciò che ci aspetta da un certo status (educatore è il ruolo sociale dello
status di insegnante, etc.).
Bell: lo stile di un parlante in una data situazione è una risposta all’immagine che
egli si fa dell’interlocutore, e ne imita tratti considerati caratteristici del gruppo di
appartenenza (mah!).
(parla anche del sesso dei parlanti, ma non è molto tenuto in considerazione, a parte
qualche rilevazione statistica: p. 99-100)
Ci sono poi varie reti di secondo ordine, formate da persone conosciute non dall’ego
ma dai membri della prima rete (gli ‘amici degli amici’)
▲Atteggiamenti: gli atteggiamenti linguistici sono tutti gli att. riguardanti lingue,
varietà di lingua e comportamenti linguistici, o che hanno comunque a che fare con la
comunità parlante (è un concetto un po’ vago, include giudizi, disposizione, schemi di
valutazione, composti da componeneti affettive e razionali etc.).
matched guise Æ ideato da W.Lambert, consiste nel far ascoltare a dei valutatori
alcuni brani letti con diverse voci e e nel chiedere a questi di esprimere la propria
opinione collocandole nella posizione che sembra loro adatta secondo diverse
categorie prestabilite (carattere, personalità, status economico etc.). Funziona perché
Bloomfield (1974): la più notevole linea di demarcazione nel nostro modo di parlare è
quella relativa alla lingua. (oggi pochi sottoscriverebbero questa affermazione)
Sociologia ’60-’70: sulla base dei mezzi a disposizione, dell’influenza e del potere
sociale divisione della società in: alto ceto alto, basso ceto alto, alto ceto medio, basso
ceto medio, alto ceto basso, basso ceto basso.
In Italia, Sylos Labini: premesso che la stratificazione sociale è terreno scivoloso e
incerto, propone una classificazione sulla base del modo attrvaerso cui si ottiene un
certo reddito: borghesia, classi media urbane, coltivatori diretti, classe operaia e
sottoproletariato.
Trudgill:
• Ricchezza
• Tipo di abitazione
• Luogo di abitazione
• Occupazione del padre
(Î media classe media, classe media inferiore, classe operaia superiore, media classe
operaia, media classe operaia, bassa classe operaia)
a pag. 134-135 c’è un esempio applicativo delle teorie di Bernstein (tanto alla fine B.
dice che alla sociolinguistica Bernstein non è granchè utile, il concetto di ‘codice’ è
oscillante e poco chiaro: “occorre riconoscere, dopo tutto, che Bernstein ha poco o
nulla da dire al sociolinguista”)
▲Sanga:
Sanga intende le classi sociali nel senso marxista-leninista ortodosso, come gruppi
distinti (oppressi ed oppressori)per il posto che occupano e la funzione che assolvono
nel sistema dei rapporti di produzione (distinzione marxista fra struttura [= rapporti
economico-produttivi] e sovrastruttura [= complesso di atteggiamenti, istituzioni, idee
politiche, religiose ed etiche che, prodotte dalla struttura socio-economica, portano la
classe dominante a impegnarsi per conservarla contro gli interessi della classe
subalterna])
“Una differenza importante fra le varietà diastratiche e quelle diafasiche è data dal
fatto che le prime sono legate univocamente al parlante […] mentre le seconde non
lo sono (ogni parlante avrà a sua disposizione più varietà diafasiche)”
ogni realizzazione concreta ha una collocazione sui tre assi (diastratia, diafasia,
diatopia [e anche diamesia, direi])
(fa un riferimento alla creolistica, analisi delle comunità in termini di continuum etc.,
p.154)
Due casi:
1. variazione libera: le variabili variano in maniera del tutto indipendente dal
contesto (caso raro e non pertinente alla SL) ;
2. variazione sociolinguisica: quelle che si trattano qui (legate al contesto).
(Labov: la v.s., per essere tale, deve 1) avere una frequenza elevata, 2) sfuggire al
padroneggiamento cosciente del parlante, 3) fare parte di una struttura
linguistica più ampia e 4) essere quantificabile su una scala lineare)
Due di problemi riguardo le variabili sociolinguistiche:
• problema metodologico:
la nozione di v.s. si regge sul postulato del mantenimento dell’uguaglianza
di significato (principio dell’equivalenza semantica), cioè implica che i
diversi valori assunti da una variabile non tocchino il significato o la funzione
dell’unità interessata: diventerebbe infatti problematico parlare di varianti se
una o l’altra delle forme alternative facesse mutare in qualche misura e per
qualche aspetto il significato o più genericamente la funzione dell’unità di cui
quelle forme sono realizzazioni. Questo non dà problemi al livello fonologico (si
lavora con allofoni di un fonema, che per definitionem non hanno valore
distintivo) né, tutto sommato, al livello morfologico (allomorfi di un morfema); il
problema sorge però ineluttabile in sintassi e in lessico, e a maggior ragione in
pragmatica; fino a che punto è possibile dire che le varianti hanno tutte lo
stesso significato, che «valgono la stessa cosa», e trattarle quindi allo stesso
livello delle varianti a livello fonologico?
Esempio: a livello morfologico è noto il caso della realizzazione del clitico di 3°
pers. sing. in italiano, che può variare da gli\le a gli generalizzato (con
neutralizzazione dell’opp.) a ci sovraesteso (e generalizzato con neutr.). Ė una
variabile sociolinguistica (quantificabile come covariante con tratti sociali)? Si
possono trattare metodologicamente allo stesso livello delle varianti fonologiche
(che di sicuro variano legate a tratti sociali, vedi Labov etc.) ? Il sistema è lo
stesso, o sono più legate al lato pragmatico (e quindi strettamente contestuale
e contingente)?
• problema sostanziale:
quali tipi di unità o elementi del sistema linguistico, e a quali livelli di analisi,
sono preferibilmente suscettibili di variazione e si prestano a funzionare da
variabili sociolinguistiche? È casuale che siano certi tipi a variare e non altri, o
c’è una spiegazione? Ad oggi, pare proprio che i tratti linguistici suscettibili di
recare significato sociale siano largamente casuali e arbitrari; questo
fondamentalmente perché la marcatezza sociale non è una proprietà
inerente alle manifetsazioni del sistema linguistico, bensì è mediata dal
gruppo sociale che realizza tali manifestazioni.
B. propone di considerare tendenzialmente più favorita a livello ‘basso’ la
variante più semplice, più naturale, meno linguisticamente marcata, e il
contrario al livello alto.
▲Regole variabili: regola della stessa natura formale delle regole grammaticali
generative, la cui forma generale è: X Æ <Y>\Z , che vale «riscrivere
variabilmente X (o: X diventa variabilmente) come Y nel contesto Z» (Æ
fotocopia)
(alla fine liquida il tutto tacciando il metodo - e chi lo sostiene - di scarsa attualità e di
utilità meramente quantificativa e non esplicativa)
▲ Status: (potenziale, de jure) quello che si può fare con un sistema linguistico, dal
punto di vista pratico, legale, culturale, economico etc. all’interno di una certa entità
di riferimento.
(nb: ‘funzione’ si intende ‘del sistema linguistico nella società’, nulla a che vedere con
le ‘funzioni della lingua’ o dei segni linguistici.)
Fasold Æ ▲Attributi proprietà che un sistema linguistico deve avere per poter
svolgere una certa funzione e per poter godere quindi di un certo status.
Discrepanze fra status e funzione ci sono, ad esempio, quando un sistema linguistico
(in un certo paese, o altra entità socio-politica) non possiede, o possiede in misura
insufficiente, (tutti) gli attributi necesari all’adempimento di una certa funzione. Per
es., l’italiano in Svizzera (dove è lingua ufficiale) non può contare, a livello della
Confederazione Elvetica, su quadri di cittadini colti che lo padroneggino bene
comparabili con i quadri che padroneggiano bene le altre due lingue ufficiali della
confederazione, tedesco e francese.
Dimensione geo-politica:
Dimensione socio-demografica:
• grado di standardizzazione:
fatto che esista un codice di riferimento (manuali,
norme etc.);
contiene almeno una varietà standard;
▲ Kloss
1) lingue sia per Abstand che per Ausbau: italiano, francese, tedesco, cinese.
2) lingue solo per Abstand: in Italia il romani.
3) lingue solo per Ausbau: Kloss cita il gallego rispetto al portoghese, lo
slovacco rispetto al ceco e il còrso rispetto all’italiano.
Per Ausbau il discorso è chiaro, per Abstand è un po’ più problematico, resta da
definire la norma: quanto devono essere distanti due lingue perché si parli di
Abstand, ovvero per essere due lingue diverse e non due varietà della stessa
lingua?
lingue abbiano in comune. Secondo certi autori, due lingue con in comune
più dell’81% di lessico fondamentale dovrebbero essere considerate varietà
della stessa lingua.
• Differenza strutturale vera e propria: a tutti i livelli di analisi del sistema
linguistico, ma è un metodo pressochè impraticabile (la mole sarebbe immensa
e complicata da mettere in relazione).
• Stabilità flessibile;
• Intellettualizzazione;
• Funzione di modello di riferimento;
• Funzione di prestigio;
• Funzione unificatrice (interna);
• Funzione separatrice (esterna);
• Complementarietà funzionale
o Sovrapposizione minima \ media \ massima delle funzioni
o Rigidità, media \ minima \ massima
o Stabilità minima \ media \ massima della ripartizione funzionale
• Standardizzazione
o Sviluppo di una scrittura (non scritta \ varietà scritta non letteraria)
o Elaborazione (Ausbau)
o Istituzione di una norma prescrittiva (minima \ massima)
▲ Gumperz e le funzioni del code-switching (ci sono anche sul G-S, ma qui sono
più chiare):
Pizzolotto aggiunge: