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#24(08%) esa i ede SA-4 CENTRO STUDI SANGUIS CHRISTI - 14 Il ATTI DELLA SETTIMANA SANGUE E ANTROPOLOGIA BIBLICA (Roma, 10-15 marzo 1980) PIA UNIONE PREZIOSISSIMO SANGUE VIA NARNI, 29 — 00181 ROMA caret “ ta, 5 % 2 Me wey, ee CARNE, ANIMA, E SANGUE Un lineamento fondamentale nella concezione biblica del vivente Nicotd Marra Loss Pitt che una comunicazione, questa @ una semplice annotazione, oun rilievo, che perd spero non si dimostri né inutile né ozioso. I tre testi che intendo toccare, cio Gen 9, 1-7, Lv 17, 10-14 e Dt 12, 23-25, affrontano il tema del sangue in una maniera assolutamente centrale quanto alla concezione che ne offre l’intero Antico Testa- mento. Ed & appunto per questa ragione che essi entrano nella trat- tazione di pit di una delle relazioni ¢ comunicazioni della presente settimana. Per evitare, quindi, di percorre sentieri gia da altri battuti, incappando in ripetizioni inutili ¢ noiose, mi propongo di sottoporre ad esame soltanto un particolare, che, essendo comune a tutti e tre i testi considerati, ritengo molto significativo e molto ricco di con- seguenze, benché abbastanza comunemente i traduttori lo trascurino e i commentatori lo tocchino solo di passaggio, quasi fosse cosa ov via e risaputa. I. I testi Premetto uno sguardo generale sui testi e sui loro contenuti. 1. Gen 9, 1-7 fa parte della conclusione del Codice Sacerdotale (Gen 9, 1-7) del racconto del diluvio (Gen 6, 5; 9, 17), ed & im- mediamente preceduto dalla conclusione dello strato « Jahwistico » (Gen 8, 20-22) dello stesso racconto. Esso contiene la « benedizione » pronunciata da Dio su Noé e sui suoi figli, considerati come T’inizio 1 403 della nuova umanit&; ed & seguito dal racconto della stipulazione del « patto » di Dio con il gruppo di No& e con V’intera umanita che esso. Tappresenta, Il testo della benedizione prende le mosse dalla benedizione pri- mordiale, pronunciata da Dio all’atto della creazione della prima umanita (Gen 1, 28-30). Di essa riprende alla lettera l’inizio; ma se ne stacca subito, legando all’idea della soggezione degli animali all’uomo quella della loro destinazione a suo alimento (1). Qui interviene il tema del sangue, che prende appunto le mosse dalla predetta destinazione, ed occupa i wv. 2-6. Ecco il testo dell’in- tera benedizione: Ed Elohim benedisse Nod ed i figli suoi, e disse loro: « Frutti- ficate e moltiplicatevi e riempite la terra. *Ed il vostro timore e la vostra paura sia sopra ogni bestia della terra, e sopra ogni volatile dei cieli, e in tutto cid che striscia sul suolo, e in tutti i pesci del mare. Nella vostra mano sono dati. * Ogni strisciante che sia vivente appartertd a voi come cibo: come il verde dei cereali ho dato a voi tutto questo. 4 Perd carne con V’anima sua, il suo sangue, non man- gerete. ® Anzi, il vostro sangue alle vostre anime io ricercherd; dalla mano di ogni bestia lo ricercherd; dalla mano dell’uomo, dalla mano di uno per uno, ricercherd V’anima dell’uomo. Chi sparge il sangue dell’uomo dall’uomo sara sparso il suo sangue, perché ad immagine di Dio ha fatto I'uomo. "Ma voi fate frutto e moltiplicatevi, pullulate sulla terra e mol- tiplicatevi in essa» (2) Nel v. 4 & messa in luce la connessione tra bajar « carne », nepheS «anima», e dam « sangue ». L’equazione tra « anima» ¢ « sangue » & ripresa nel v. 5, nel quale, senza dubbio, dimkem, « il vostro sangue » dell’inizio del versetto & equiparato con nephes ha- (1) Vi & tuttavia ancora il richiamo al jereq ‘efeb, al «verde dei ce- reali» (v. 3), che nella prima assegnazione del cibo (Gen 1,29-30) era desti- nato agli animali. La carne di questi, separata dal suo sangue (v. 4), 2 in qualche modo assimilata a cid che serve loro di nutrimento. E’ evidente che nella concezione in primo piano ci sono gli animali domestici, anche se il v. 3 parla esplicitamente di kol-reme$ « ogni strisciante ». Il senso @ proba- bilmente da riferirsi alla posizione prona con cui tutti gli animali si muovono. (2) Iv. 7 fa espressa inclusione con il v. 2, ¢ delimita percid una pe- ticopa perfettamente definita ed in sé conclusa. 404 ; ‘adam « Vanima dell’uomo » della seconda meta. Nella successiva for- mulazione (v. 6) del diritto-dovere della vendetta del sangue, alla norma di schietto sapore legale del v. Gab & assegnata nel v. 6c una motivazione chiaramente teologica, la quale chiama in causa Yuomo « fatto ad immagine di Dio ». E’ questa una concezione che seca cia direttamente il testo del racconto del Codice Sacerdotale sulla creazione dell’uomo (Gen 1, 26-27). La stessa concezione verra ri- messa in gioco all’inizio della genealogia dei Setiti (Gen a Neal testo che appartiene del pari ‘alla linea delle tradizioni de —— con questi testi del Codice Sacerdotale - sara superfluo ‘ricordare che il quadro antropologico ee ai ae jahwistici sulle origini definisce invece l'uomo come « pl eae : 7 Dio a partire dalla « polvere del suolo », € da a irettaments dotato di nitmat hajjtm « respito di vita »; onde solo ha-'adam mo » diviene nephe3 hajjab « anima viva » (Gen 2,7). 2. Lv 17, 10-14 fa parte del capitolo iniziale della « Legee di sn» Ly 1726). Tne eno OE sorted PONE i i animali. Tutto il c te ae Sacerdotale (3). Nella sua ae principale esse sembra equiparare ogni macellazione di a ad un’ tan ao rituale, accompagnata da un’offerta sacrificale che ae : genere zebab "Selimim, « sactificio di vittime pacifiche are oS che ogni macellazione avvenga « all’ingresso della ten gno » (v. 4). Quanto al 10 Se qualsiasi_ vo! ’argomento specifico del sangue la legge recita: sno della casa d'Isracle, 0 degli ospiti imo 1 mbezo a voi, mangia qualsiasi genere di sangve, ia pom anti in mer7e atro Vanima che abbia mangiato il sanguc, ¢ Ia ree te mls farero. al suo popolo, *perché Vanime della came? 7 ¢ io ho destinato questo per voi all’altare per oe espia- sangue, © 1p Mime vostre: perché i sangue espierd per Tanima, vione per derto ai figi @Tsracle: «. fe i i determinare delimitazioni critica testuale @ arrivata a n r oy Se ea Si veda K. Exticer, Leviticus, Tubinga 1956, 66-67, che identifica in Lv 17 non meno di cinque stratt letterari, tutti comunque compresi all’interno del Codice Sacerdotale. 405 19E se qualsiasi uomo dei figli d’Israele 0 degli ospiti dimoranti in mezzo a voi cattura una preda viva o un volatile che si possa man- giare, spargerd il suo sangue e lo coprir’ con la terra, ™ perché Panima di ogni carne 2 il sangue di esso: nell’anima esso 2. E ho detto ai figli d’lsraele: «Non mangiate il sangue di nessuna carne, perché l'anima di ogni carne 2 il suo sangue. E ognuno che ne mangi sara reciso ». Il testo considera, accanto alla normale macellazione (vv. 10- 12), anche l’uccisione di un animale selvatico « che si possa man- giare » (vv. 13-14). La sacralita del sangue @ sottolineata anche quanto a quest’ultimo, sia nella prescrizione di spargerlo al suolo, sia nell’ordine di « coprirlo » con Ia terra (alla lettera « la polvere »). Sulla stessa linea proseguira (vv. 15-16) considerando il caso di chi mangiasse una bestia trovata morta o sbranata da una fiera (il cui sangue, pertanto, non poté essere « sparso a terra »). Una tale man- ducazione comporta impuritd rituale, con la necessita della corri- spondente abluzione. Quanto allo specifico tema del sangue, la legge & assai pit espli- cita che non il testo di Gen 9. In particolare non soltanto identifica con « il sangue di ogni carne » la sua « anima », proponendo questa affermazione sotto formulazioni variate, che ne accentuano la porta- ta precisa, ma ne deduce anche il valore espiatorio del sangue, usan- do il verbo tecnico Ripper « fare espiazione » (4). 3. Dt 12, 23-25 fa parte della trattazione che la legislazione del Dt riserva alla materia medesima: Dt 12 segna appunto I'inizio di tale legislazione (Dt 12-26), e riafferma anzitutto molto forte- mente l’unita del luogo di culto (vv. 1-12). Nel che si & voluto iden- tificare il centro stesso della legge « Deuteronomistica » (5). (4) Il valore espiatorio sata attribuito al sangue degli animali atti al sactificio. Ma per la cura sistematica che & propria del Codice Sacerdotale, questo punto primitivo della storia, di tanto anteriore alla « legge » mosaica, tale precisazione non @ ancora introdotta. Per la stessa ragione la distinzione tra animali puri ed impuri nella narrazione del diluvio ricorre soltanto nei testi di origine jahwista (che nella conclusione lo Jahwista, Gen 8,20-22, ricordera l’olo- causto offerto da Nod), e non invece nei testi di origine del Codice Sacerdotale. (5) Anche all'interno dello strato deuteronomistico ¢ della rispettiva le- gislazione la critica letteraria ha indicato una stratificazione molto complessa. Per il passo che qui ci occupa si pud vedere O. Erssrexpr, Einleitung in das Alten Testament, Tubinga 1964°, 230 e 300. 406 i Checché sia da dire su tale identificazione, che indubbiamente & molto semplicistica e superficiale (I’anima del Dt non & infatti I af. fermazione dell’unita del luogo di culto, bens ’affermazione dell’uni- t& di Dio e del suo popolo), la centralizzazione del culto ripropone, naturalmente, la questione del come regolarsi nella macellazione del- le carni destinate all’uso ordinario. _ et Questa materia viene trattata con critetl notevolmente pit lar- ghi di quelli indicati da Lv 17. Gli animali possono essere macellati dovunque occorra, ¢ le loro carni possono essere consumate da tutti: « L’impuro ed il puro ne potranno mangiate, come avviene per la gazzella o per il cervo » (v. 15), cio® per le bestie selvatiche cattu- rate occasionalmente, le quali possono essere consumate come ali mento, pur non essendo atte all’uso sactificale. = : Perd quanto al sangue & fedelmente ripetuta la restrizione che gid conosciamo: « Solo, non potrete mangiare il sangue: lo os a terra, come acqua » (v. 16). Poi i vv. 20-22, riprendendo l’argo- i i isposizioni. Ed il testo mento, ripetono nella sostanza le medesime disposizioni. Ed prosegue: ii saldo, si da non mangiare il sangue, perché it Saat hae ‘anima con la carne. *Non Io > Panima, e non mangerai Vanima con . mangetti affinché sia bene te e ai tuoi figli dopo di te, perché avrai fatto cid che @ retto agli occhi di Jahweh. Il testo continua determinando I’uso del sangue oo rate «il sangue dei tuoi sacrifici sara sparso : altare di Jahweh tuo Dio, e tu mangerai la carne di essi» (v. 27). ant Nonostante il tenore diverso della legge, quanto alla proibizio- ne del sangue la coerenza dei testi citati 2 totale ed evidente. Il. Collocazione dei testi e loro significato L’appartenenza dei tre testi che consideriamo a due he a letterari principali del Pentateuco, 1 quali con ogni fal s ane specchiano condizioni di tempi e di ambienti ra ent a is ; tra loro (6), dimostra che la disposizione fondamentale sul sangue, iri i Ita probabilita ra- te spitituale che sfocia nel Dt ha con mol hi dici ie eee ae sotto I’influsso del grande profetismo, e sta in rea- zione con le tendenze ivi assai forti nei ceti dirigenti, e soprattutto nelle varie 3 407 e presumibilmente quindi anche l’ideologia religiosa che la regge, era diffusa in Israele tanto nel sud quanto nel nord, e che persistette inalterata lungo i secoli. Non si pud, @ vero, stabilire con assoluta certezza la rispettiva antichita dei tre passi legali. E’ opinione certamente ammessa come pacifica e comune che i testi del Codice Sacerdotale siano di reda- zione assai pil recente che i testi del Deuteronomista, e che il loro arcaismo quasi sistematico sia dovuto, in fondo, alla connessione che si @ posta tra tali testi e ambiente del deserto al tempo di Mosé. Né qui s’intende contestare che in parecchi casi non sia ragionevole ammettere un atteggiamento volutamente arcaizzante. Perd Vipotesi della composizione letteraria del Pentateuco (che in realta resta sol- tanto una buona ipotesi: buona, ma ipotesi), quando la s’intenda, come da taluno si fa, in maniera pressoché meccanica e rigida, non sembra fare giustizia ai dati di fatto: intendo dire proprio ai dati letterari, quali risultano dall’esame spassionato dei testi. Che lo strato del Codice Sacerdotale possa essere stato sistematizzato al momento della sua redazione scritta (che si suppone avvenuta in eta postesilica) 2 possibile e comprensibile. Perd che gli elementi arcaici che eviden- temente contiene non siano autenticamente arcaici, ma rispondano ad un artefatto sforzo di arcaizzazione (come si potrebbe supporre, ad esempio, per l’uso del nome divino Saddaj in Giobbe), non solo @ indimostrato, ma @ indimostrabile, ed @ fondamentalmente irragio nevole. Che dire, per citare solo un caso, della menzione dei sacri- fici offerti ai « satiri » nel deserto, di cui Lv 17, 7? Ci sono troppi elementi palesemente arcaici, ed evidentemente mantenuti per ri- spetto alla tradizione, nelle leggi rituali di Lv, perché questa speci- fica componente possa essere ritenuta un’intrusione recente. E’ in fatti da aspettarsi che la legge del Codice Sacerdotale, proprio per la tendenza conservatrice che il sacerdozio, custode della legge, sviluppa quasi per una specie d’istinto, sia davvero, nel suo complesso, pid antica che I’adattamento del Deuteronomista della stessa legge. dinastie succedutesi al potere, e contaminare la religione jahwistica con varie infiltrazioni sincretistiche di stampo specialmente cananeo, ed @ percid il ri- flesso di uno stadio abbastanza avanzato dello sviluppo religioso d’Israele. La corrente che sfocia nel Codice Sacerdotale & invece legata al sacerdozio del regno del sud (di Gerusalemme), e nel suo fondo @ assai pid arcaica che la corrente deuteronomistica. 408 : Resta, in ogni caso, che i tre passi che abbiamo esaminati te- stificano un modo di pensare costante in Israele, quanto al sangue quanto al suo valore. III. Gli elementi del quadro Dei tre termini principali che sono in gioco, cio’ basar « an » nephes « anima », € dam « sangue », 1 piu importanti sono gli ul timi due. I testi concordano nell’affermare os teense eal alla « carne », e che l’anima della carne & il suo « sangue eee - tima equazione @ fondamentale: ed @ su di essa che oa ed ail Lattenzione, perché (e questo non & cosa aa Hea al ort ear comprensione del valore attribuito al sangue dalla anal oe e pit ancora dalla mentalita propriamente eer ell ee Nuovo Testamento. Cid che voglio sottolineare = te la della che consideriamo (che sono, poi, gli unici in wd Termini del bi- quale ci occupiamo 2 esplicitamente formulata) i NG ae indi nomio sono nephes « anima » € dam « sangue ». an as a oe ritenere metodologicamente corretto lo SpOstae sms ‘dol lo ad sensum termini, come invece correntemente si fa, Aaa leerlegia con un suo supposto sinonimo. hey aera di allontanarsi dalla nemente cadono i traduttori, quando se ix immediatamente lettera delloriginale, nellintenro di Fendsse Pi ibile ai lettori le loro ve cade ciaette Sore al che le versioni antiche . mi ee a tamente al greco dei LXX, al siriaco della hie iy ee delVort Volgata Geronimiana) rimangono del ae i: le! 2 Ito per rendere ginale ebraico, quanto al vocabolario da loro Wa ri ee dei nephes (e anche basar € dam). Quanto eta i" dalle divergenze. nessi sintattici presenti nel testo ebraico, fu ee eouia wel loro Il che rivela che anche per gli antichi trsdutto™ Bmore lavoro le difficolta che ogni traduttore Po ode ae statiamo una Se consideriamo ai *difuse oe nepheS con comun : ‘ nies Lire affermazione continuamente ripetuta € trita il siriaco ricalca i ico. Il greco 10 il siriaco ricalea il testo ebtaico. < alte ob gayeode, € il latino omette sempli- nguine non comedetis. (7) Per esempio in re legge: ndtv xptag ev alpatt cemente « anima »: excepto quod carnem cur 50 409 che nella concezione ebraica dell’essere vivente il « sangue » sarebbe « sede della vita » (o qualcosa di simile). Perfino il testo, general- mente cosi accurato, della « Bible de Jérusalem » (8), tanto nella prima quanto nella seconda edizione (1974) manca in cid di coe- renza, rendendo nephes con « Ame » nel passo di Gen e di Dt, ma con « vie » in quello di Lv. Tra le versioni che ho esaminato ho tro- vato perfettamente congruenti con originale solo quella di Osty e quella di Dhorme in francese, e quella di Buber-Rosenzweig in te- desco, La questione potrebbe sembrare del tutto oziosa, se non si ri- flettesse al fatto che nephes, naphia’, vX%, anima, in nessuna delle quattro lingue corrisponde davvero a « vita», in nessuno dei due sensi principali dell’ebraico hajjim: wi «energia vitale », e Blog «durata dell’esistenza ». Semmai nephe§ risponde all’idea di « re- spiro ». Lo si pud desumere dall’uso (raro del resto) del corrispon- dente verbo, nella forma riflessiva, che vale « prendere respiro » (Es 23, 12; 31, 17; 2 Sam 16, 14); da un « hapax » di Gb 41, 13, dove sembra sopravvivere, per nephe¥ appunto, il senso di « respi- ro»; da due testi in cui lo stesso nome sembra avere il senso di « odore, profumo » (Is 3, 20; Pr 27, 9); e ancora da Sal 69, 2, dove si @ d’accordo nel rendere nephe¥ con « gola » (9). Pertanto il riprodurre idea semitica di nepheS-dam con la dici- tura « il sangue sede della vita » (o simili) &, quanto meno, un’ap- prossimazione abbastanza grossolana. E’ una parafrasi, pit che una traduzione, e al limite pud risultare fuorviante, proprio quanto alla ricostruzione della concezione del sangue che si ha nell’ambiente bi- blico, nella sua religione e nella sua liturgia. A rincalzo del fin qui detto osserverd pure che in un solo luogo, in tutto Antico Testamento, pare ci sia una specie di identificazione tra nephes e hajjim. Il che & abbastanza degno di nota, data la fre- quenza che tutti e due i termini vi hanno. II passo @ in Sal 26, 9: «Non rapire con i peccatori la mia anima (naphii), con gli uomini sanguinari la mia vita (hajjaj) ». Si tratta di un parallelismo. Perd nel parallelismo la sinonimia non & necessariamente di tipo lessicale, come ben sanno gli studiosi di questa struttura; ma @ anzitutto di (8) Cito la « Bible de Jérusalem », a causa della grandissima diffusione che ha avuto nelle principali lingue del mondo. (9) Cfr G. R. CasTELuino, Il libro dei Salmi, Torino 1955, 186. 410 8 tipo reale, e consiste nell’accostamento di due termini che si tichia- mano a vicenda per qualsiasi tipo di vincolo effettivo, anche senza che essi necessatiamente coincidano nel significato. IV. Conclusioni Nell’accostamento dell’« anima » con il « sangue », che i testi sopra esaminati operano, mi pare che sia in gioco soprattutto Ja con- sistenza stessa della realta della nephes. In essi percid accade qual- cosa di nettamente diverso da quanto si nota nel caso della niimat hajjim « anima viva », « persona viva ». In ogni caso (cosi mi sem- bra ragionevole ritenere) nephes dice non tanto « vita », quanto « in- dividuo vivente ». Pertanto nella connessione del dam con la nephes & da vedere una specie d’identificazione tra i due termini. I] « san- gue » non @ semplicemente il portatore della « vita », ma @ in qual- che modo il costitutivo dell’individualita, onde il basar, la « carne », di un animale o di un uomo, pud venir detto nephes. ies E’, evidentemente, una raffigurazione dalla quale non si pud pretendere la precisione di contorni che a aspetteremmo da una « de- finitio formalis per genus proximum et differentiam specificam ». Una simile precisione 2 possibile solo dopo la decantazione filosofica di una determinata concezione, ed avviene soltanto in rarissimi casi, ill pit classico dei quali @ quello della definizione dell’uomo come « animal rationale ». : La connessione tra dam e nephes risponde non tanto ad un ra- gionamento astrattamente condotto, quanto piuttosto ad un’intui- zione ancora fortemente irretita nelle maglie della fantasia, ma che non per questo @ priva di una sua carica espressiva molto potente. Chi versa il sangue di qualsiasi « carne » distrugge con tale suo atto Vindividualitd concreta di un essere vivente, ne distrugge la nephe§; e tocca per cid stesso un ambito che é il pit sacro € il pid esclusivo dell’essere colpito a morte: quello che lo fa lui stesso nella sua completezza. E, dal momento che ogni creatura appartiene ne- cessariamente a Dio nel proprio esistere, a Dio appartiene in modo pid specifico ancora, se cost si pud dire, tanto la sua nephek quanto il suo dam, che appunto la fa essere nepbe§. Da qui dipende anche il valore sacrificale del sangue, che i testi asseriscono ripetutamente. icolare rituale. Nell’atto del sacrificio di un Aggi ‘un parti act n Volfere la sua solidarieta con la vittima che of- animale l’offerente esprime 9 411 fre attraverso un gesto, detto semikab, « appoggio », cioé attraverso Pimposizione della propria mano sul capo della vittima (10). IL san. gue di questa, che verra versato ¢ presentato a Dio, accostandolo al- Paltare, e trattandolo a seconda che il diverso tipo di sacrificio ri- chiede, « sta in vece » dell’offerente, della sua persona tutta intera. Se infine passiamo dall’ideologia sacrificale dell’Antico Testa- mento a quella redentiva del Nuovo, si avra una conseguenza che credo molto rilevante, e che @ la ragione ultima di questa mia inda- gine. Ed & che anche nel Nuovo Testamento il tema dell’atpa si ri- vela, in forza di cid che abbiamo detto, inscindibile da quello della gvx7; e che pertanto l’espressione tHévat thy poyxiy, o Sbévar thy vyyv assume, da questa connessione, un valore specifico. Non ei semplice e ieiunum « dare la vita », ma & il « cedere interamente se stesso », 0, se si vuole, il « rinunciare alla propria personalita ». E il binomio adpE xai alua, o cpa xat ala (che nell’Antico Testamento ricorre, per quanto vedo, solo in Sir 14, 18; 17, 31) assume tutt’altro spessore, tanto nella descrizione della struttura della natura umana, quanto nella formulazione del tema della redenzione, e specificamente del tema dell’aljta di Cristo in funzione di tu « prezzo » di essa (cfr 1 Pt 1,19; 1 Cor 6, 20; 7, 23), quanto anche nella proposizione del tema dell’eucaristia. (10) Cfr Lv 1,4; 3,2.8. 13; 4,4. 24.29. 33; ete. 412 10

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