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Migrazioni culturali: curricolo e integrazione.

Un’analisi sul campo di processi


e pratiche di alfabetizzazione e socializzazione
nella scuola primaria di Modena e Reggio Emilia

di Laura Cerrocchi, Giusi Casasanta*

1. L’irruzione della società multiculturale

La formazione di soggetti, singoli e collettivi, corrisponde a una transa-


zione bio-psicologica e socio-culturale; consiste, dunque, in un processo di
ristrutturazione e riorganizzazione delle esperienze che si dipana per tutta
la vita ed è concorso da differenti contesti fisici, sociali e culturali (Frabbo-
ni e Pinto Minerva, 2002).
L’irruzione inarrestabile e irreversibile di una società multiculturale am-
plifica e articola la reciprocità tra processi e pratiche di inculturazione (os-
sia di trasferimento del sistema simbolico-culturale e valoriale proprio
della cultura di origine) e di acculturazione (ossia di contaminazione/metic-
ciato tra differenti culture quale effetto di un contatto, diretto e/o mediato,
nonché di una vera e propria ibridazione) (Cerrocchi, 2011). Per le sue rica-
dute nel macrosistema (politiche internazionali e nazionali, legislazione e
welfare state, disposizioni normative e provvedimenti locali) e nel microsi-
stema (relazioni nei e/o con servizi/agenzie/attori parentali e professionali),
tale irruzione pone necessario rilevare e trattare opportunamente il profilo
quantitativo e qualitativo della migrazione (Cerrocchi, 2011).

* Laura Cerrocchi ha scritto le pp. 111-119, precisamente i paragrafi: Il profilo dei bam-
bini stranieri, L’alfabetizzazione riferita dai bambini, L’istruzione riferita dalle insegnan-
ti: tra insegnamento e apprendimento, La socializzazione riferita dai bambini, La dirigenza
scolastica: dalle disposizioni alle procedure, In conclusione: migrazioni culturali.
Giusi Casasanta ha scritto le pp. 105-110 e 119-120, precisamente i paragrafi: L’irruzio-
ne della società multiculturale: tra criticità e prospettive pedagogiche, Dalla multicultura-
lità, all’interculturalità e alla transculturalità, La migrazione contemporanea: un fenomeno
familiare che tende alla stabilizzazione, Il valore multiculturale del curricolo: l’integrazio-
ne tra istruzione ed educazione, Le finalità dell’indagine esplorativa, Il campo dell’indagi-
ne, Il campione, Bibliografia.

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Tratto da: Liliana Dozza, Vivere e crescere nella comunicazione. Educazione permanente
nei differenti contesti ed età della vita, © FrancoAngeli 2012 isbn 9788856849165.
Si ringrazia l’editore per la gentile concessione.
2. Dalla multiculturalità all’interculturalità e alla transcul-
turalità

La multiculturalità, come dato di fatto, può/deve essere analizzata, pro-


gettata e trattata – anche e soprattutto a livello pedagogico (cioè di forma-
zione multidimensionale e onnilaterale) e didattico (cioè di trasferimento e
generazione del/i sapere/i e/o del patrimonio etico-valoriale e simbolico-
culturale) – in direzione di una società democratica e pacifica, capace di
sventare gli estremi opposti del/della separatismo/ghettizzazione e dell’as-
similazionismo, particolarmente supportati da stereotipi e pregiudizi (fun-
zionali a discriminare l’“in-group” dall’“out-group”), nonché di garantire
un’integrazione ispirata all’interculturalità e alla transculturalità (Pinto Mi-
nerva, 2007; Cerrocchi, 2011).
Il separatismo/la ghettizzazione si realizza per effetto di un’esclusività
dei processi e delle pratiche di inculturazione; consiste nella compresenza
di fatto, ma nell’assenza di un reale scambio tra culture, per spinte difensi-
ve e di controllo da parte sia della cultura maggioritaria (che vede peraltro
nel migrante una minaccia) sia della cultura di approdo (che vede peraltro
nell’autoctono un rischio di svalorizzazione delle proprie origini), limitan-
do di conseguenza gli scambi all’assoluzione di obblighi amministrativi, la-
vorativi, ecc. e tutelando l’integrità della propria cultura nei soli scambi
privati (Cerrocchi, 2011).
L’assimilazionismo si realizza per effetto di un’esclusività dei processi e
delle pratiche di acculturazione; consiste nella contaminazione fra culture
portata agli estremi di una dominanza dell’una, solitamente quella autocto-
na, rispetto all’altra con effetti di appiattimento e omologazione; la cultura au-
toctona può tendere a confermare e garantire, in termini di difesa e controllo,
il proprio potere/valore mentre la cultura che immigra può, obbligata o per-
suasa, rinunciare, rifiutare, ma anche rinnegare e volgere verso l’assunzione di
modelli di riferimento propri del Paese di approdo (Cerrocchi, 2011).
Un’integrazione equilibrata si realizza quando – tra identità e apparte-
nenze – i soggetti (singoli o collettivi), direttamente o indirettamente, ven-
gono a mantenere e conservare la propria identità culturale (solitamente
nella e rispetto alla sfera privata) pur insediandosi e acquisendo usi e con-
suetudini del Paese di approdo (solitamente nella e rispetto alla sfera pubbli-
ca). L’integrazione, dunque, è possibile quando la multiculturalità (come da-
to di fatto inteso a indicare la compresenza di individui che provengono da
diverse culture sullo stesso territorio) volge in interculturalità (come recipro-
cità fra culture) e, più ampiamente e profondamente, in transculturalità (co-
me idea regolativa che si fonda sul riconoscimento dell’appartenenza a una
comune specie umana e a una comune madre-terra e che si realizza, invece,
attraverso la condivisione di un progetto di cittadinanza planetaria sorretto
dai principi e dai valori di un’etica cosmica) (Pinto Minerva, 2007).

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3. La migrazione contemporanea: un fenomeno familiare
che tende alla stabilizzazione

La migrazione (frattura/lacerazione e ricomposizione/ristrutturazione di


tempi, spazi e relazioni) (Grinberg e Grinberg, 1990; Cerrocchi, 2011) – co-
stante della filogenesi e dell’ontogenesi – è oggi, soprattutto, un fenomeno
familiare (in entrata, durante e in uscita; come propulsore, risorsa e/o costo
materiale e umano) che tende alla stabilizzazione (tramite differenti percor-
si di strutturazione del nucleo, con specifico riferimento al tradizionale, al
maschile, ricongiungimento al femminile, neocostitutivo, simultaneo, mo-
noparentale, biculturale, diasporico, di minori non accompagnati…), indu-
cendo significative trasformazioni nei ruoli e nei rapporti sia di genere sia
intergenerazionali (Balsamo, 2003; Cerrocchi, 2011). La famiglia si pone
come uno fra i principali osservatori di quel fenomeno migratorio in essere
che propone e/o si traduce in multi-appartenenze e pluri-identità.

4. Il valore multiculturale del curricolo: l’integrazione tra


istruzione ed educazione
Il ruolo potenziale che educazione e cultura (come prodotti delle culture) rivesto-
no nel garantire uguaglianza delle opportunità (scampando l’omologazione) e rico-
noscimento delle differenze (scampando la miseria materiale e umana) — alle età
della vita e/o dell’educazione — muove dalla consapevolezza del loro essere tra-
duzione del principio economico-collettivistico della condivisione sociale dei be-
ni (Cerrocchi, 2011: 21).

Il riconoscimento dei principi di uguaglianza e differenza, giustizia so-


ciale e libertà individuale è centrale nella scuola: unica agenzia del sistema
formale, pubblica e obbligatoria, responsabile dell’acquisizione consapevole
(come decodificazione-codificazione-ricodificazione) di schemi di pensie-
ro e di abiti comportamentali di soggetti singoli e/o collettivi. Questo trova
il suo contesto di applicazione nell’acquisizione curricolare, tramite proces-
si e pratiche di alfabetizzazione/istruzione e di socializzazione/educazione,
in linea con i principi di condivisione democratica della cultura (Cerrocchi,
2011), di accesso e successo o, meglio, ottimizzazione di processi formati-
vi, sventando quella separazione tra due culture/saperi riferibile e perpetua-
bile nella sperequazione tra fattori biologici e profili psicologici, tra classi
sociali e gruppi culturali (Frabboni, 2007). Una realtà plurale, sistemica e
dinamica necessita di una logica investigativa complessa, da perseguire at-
traverso processi e pratiche di educazione e di istruzione interdisciplinare
che riconoscano ciascuna disciplina indispensabile ma anche insufficiente.
Si tratta di formare ai saperi fra canone e ricerca (Baldacci, 2006). I saperi
– nel rapporto dialettico fra teoria e prassi, pensiero e linguaggio, persona-

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lizzazione e individualizzazione – andranno interpretati come sistemi orga-
nizzati della conoscenza con propria intenzionalità formativa; mentre una
trasposizione didattica articolata sui “problemi” (funzionali a individuare
concetti e metodologie appropriate e riferibili a concrete situazioni di vita)
pare utile a meglio consentire l’aderenza alla forma scientifica, nonché a dare
accessibilità didattica al sapere1 tramite esperienze storiche (come trasmissio-
ne dalla filogenesi all’ontogenesi dei sistemi simbolico-culturali), sociali (co-
me trasmissione e costruzione sociale della conoscenza tra pari) e duplica-
te (come cristallizzazione dell’immaginario sotto forma di rappresentazione
mentale che diventa realtà), capaci di trasporre contenuto e compito esecutivo
(ossia padronanza del mezzo che diventa skill in a medium) (Cerrocchi, 2011).

5. Le finalità dell’indagine esplorativa

La correlazione delle due indagini2 che s’intende presentare si è posta il


fine, sul piano della ricerca di base e/o descrittiva, di rilevare e comparare
le caratteristiche, i cambiamenti e le ricadute dell’/nell’integrazione dei mi-
nori stranieri (di prima e di seconda generazione) in età di scuola primaria
all’interno di una società multiculturale, con un interesse specifico al ruolo
e alle effettive funzioni svolte dal sistema formativo (formale, non forma-
le e informale). L’analisi si è avvalsa di una ricostruzione: del profilo socio-
anagrafico del campione; del campo a forte impatto migratorio, inclusivo
di un Istituto Comprensivo della provincia di Reggio Emilia e due scuole
primarie di un Circolo Didattico del territorio di Modena; degli strumen-
ti utilizzati, ossia scheda di sintesi dei dati d’archivio (per la ricostruzione
dei dati quantitativi relativi alla presenza degli alunni stranieri e per la ri-
levazione delle proporzioni con gli alunni italiani), questionario3 rivolto ad

1. Le scuole – reputa Taylor (1998) – debbono modificare il “canone” (in cui rientrano
anche autori e cultura) che si tende a trasmettere, allargandolo anche a produzioni di altre
culture. Si pone, così, il problema di un giudizio di merito e/o di valore attendibile e valido
per far confluire nel canone produzioni culturali dei cui significati e della cui portata sia-
mo ignari ovvero manchiamo di una profonda e onesta conoscenza (Cerrocchi, 2011).
2. Le indagini a cui viene fatto riferimento sono state messe a punto con la supervi-
sione di Laura Cerrocchi e realizzate tramite due tesi di laurea; si rimanda a: Corsini V.
(2011). Integrazione culturale e curricolo. Un’indagine esplorativa sul campo nella Scuola
Primaria di Casalgrande. In L. Cerrocchi, A. Contini (a cura di). Culture migranti. Luo-
ghi fisici e mentali d’incontro. Trento: Erickson: 169-184; Molinari B., Curricolo e integra-
zione scolastica: un’analisi sul campo nella scuola primaria modenese, Tesi di Laurea in
Scienze della Formazione Primaria (indirizzo Scuola Primaria), Università degli Studi di
Modena e Reggio Emilia, a.a. 2009/2010.
3. Il questionario somministrato ai bambini stranieri e agli insegnanti è stato diviso in
quattro sezioni. Le prime tre (a, b, c) prevedevano risposte da parte degli alunni intervi-
stati, la quarta (d) prevedeva risposte da parte sia degli insegnanti con presa a riferimento

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alunni e insegnanti (per conoscere dati socio-anagrafici, condizioni, auto-
percezioni e rappresentazioni relative ai processi e alle pratiche di alfabetiz-
zazione e socializzazione curricolarmente afferite e proposte ai minori nelle/
dalle differenti agenzie e attori parentali e professionali del sistema formati-
vo), intervista al dirigente scolastico (per rilevare gli interventi disposti a so-
stegno dell’integrazione da parte della scuola e in rapporto con l’extra-scuo-
la). Il fine di conoscere le condizioni che presenta la società multiculturale e
i cambiamenti che ha apportato alle realtà scolastiche si pone in ricorsività
con un contributo nella riprogettazione degli interventi pedagogico-didattici
di inserimento, di accoglienza, di orientamento e di integrazione. In questa
sede verranno restituite le linee interpretative facendo dei riferimenti gene-
rali ai risultati dell’indagine senza entrare nel merito dei dati quantitativi
per i quali si rimanda ai lavori originali.

5.1. Il campo dell’indagine


Il campo dell’indagine, in entrambi i casi, è stato scelto anche sulla base
della forte connotazione multiculturale e circoscritto dapprima (a.s. 2008-
2009) a un Istituto Comprensivo della provincia di Reggio Emilia (da ora
indicato come I.C.) e poi (a.s. 2010-2011) in due scuole primarie della città
di Modena (da ora rispettivamente indicate come S.1 e S.2).
L’I.C. è nato nel 1999 e si situa in provincia di Reggio Emilia, nel cuo-
re del distretto ceramico di Sassuolo. La collocazione territoriale e la pro-
duttività industriale del luogo, dagli anni ’50 e ’60, hanno indotto profonde
modifiche nel tessuto socio-economico e culturale, quindi in tempi, spazi e
modi di vita della famiglia come della più estesa rete sociale, con una for-
te immigrazione prima dal Sud Italia e, successivamente, dall’estero. La
composizione scolastica rispecchia questi cambiamenti strutturali. Le scuo-
le primarie S.1 e S.2 entrambe appartenenti a un medesimo Circolo Didat-
tico di Modena, nella zona Est della città, sono state inaugurate tra gli an-
ni ’70 e ’80 collocandosi in un contesto simile a quello appena riferito che
consente di inferire riflessioni analoghe.
L’I.C. e le scuole S.1 e S.2 propongono tutte, sia pure con specificità ri-
feribili alle risorse e all’autonomia, un POF che pone particolare rilievo
all’accoglienza, all’inserimento, all’orientamento e all’integrazione tramite
strumenti di rilevazione e/o monitoraggio, curricoli (segnati anche da pra-
tiche laboratoriali) e continuità sinergica e strategica di alfabetizzazione e
di socializzazione con agenzie formative dell’extra-scuola, in linea con un
modello di democrazia cognitiva e sociale.

delle schede di valutazione, sia dei bambini tramite la compilazione trascritta dal ricerca-
tore, in ragione della difficoltà nella lettura e nella comprensione dei quesiti.

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5.2. Il campione
Il campione dell’indagine ha coinciso con tutti i bambini stranieri di pri-
ma e seconda generazione frequentanti l’I.C. e le scuole S.1 e S.2, ed è sta-
to trattato con la scheda di sintesi dei dati d’archivio. La sezione dell’in-
dagine riguardante la somministrazione del questionario è stata rivolta
soltanto ai bambini del campione che frequentavano i plessi di Scuola Pri-
maria. Sebbene il questionario sia stato proposto a tutti, soltanto 50 sog-
getti (26 maschi e 24 femmine) sul totale di 112 per l’I.C., 35 soggetti su
70 per la scuola S.2 e 22 soggetti su 50 per la scuola S.1 (complessivamen-
te 31 maschi e 26 femmine) sono stati autorizzati dai genitori a partecipare
all’indagine. La diffidenza circa lo strumento e il timore che i dati raccolti
potessero essere utilizzati a loro svantaggio sono tra i motivi più verosimili
per spiegare le mancate autorizzazioni. Dei bambini autorizzati a risponde-
re al questionario: per l’I.C. 34 sono risultati immigrati di seconda genera-
zione, quindi nati in Italia, mentre 16 sono risultati provenire direttamente
dai loro Paesi d’origine, nei quali 9 avevano già iniziato un percorso scola-
stico, frequentando un tipo di scuola che nel nostro sistema può essere rap-
portata a quella dell’Infanzia o, in alcuni casi, la Scuola Primaria; per le
scuole di S.1 e di S.2 complessivamente 35 sono risultati immigrati di se-
conda generazione, quindi nati in Italia, mentre 22 sono risultati provenire
direttamente dai loro Paesi d’origine, nei quali 4 avevano iniziato un per-
corso scolastico, alcuni frequentando una scuola simile alla Scuola Prima-
ria. La prevalenza di bambini stranieri di seconda generazione appare in li-
nea con le tendenze nazionali (Caritas Migrantes, 2010).
Nell’I.C., ad esempio, la somministrazione della scheda di sintesi dei da-
ti d’archivio ha rilevato la presenza di 1.529 alunni, dei quali 234 (15,3%)
stranieri, originari di Paesi sia comunitari sia extracomunitari; nello speci-
fico:

• 61 (19,2%) dei 317 alunni che frequentavano i Plessi di Scuola dell’Infanzia;


• 112 (15,3%) dei 734 alunni che frequentavano i Plessi di Scuola Primaria;
• 61 (12,8%) dei 478 alunni che frequentavano la Scuola Secondaria di pri-
mo grado.

Il dato interessante è la maggiore concentrazione di bambini stranieri in


età di Scuola Primaria, perché potrebbe mettere in evidenza come la mi-
grazione familiare degli anni scorsi sia stata più forte; oggi, probabilmente,
la crisi economica ha ridotto i flussi nel territorio e ha disincentivato l’am-
pliamento della famiglia. Mentre in tutte e tre le realtà scolastiche (I.C., S.1
e S.2) la prevalenza del campione complessivo è risultata di seconda gene-
razione, confermando come le famiglie migrate nel territorio nei decen-
ni scorsi si caratterizzino per un insediamento stabile. Se consideriamo che

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questi bambini procederanno nella scolarizzazione, è possibile attendersi
un rispettivo aumento futuro della popolazione straniera nei gradi scolasti-
ci superiori.

5.3. Il profilo dei bambini stranieri

Il campione dell’indagine è risultato composto prevalentemente da bam-


bini nati in Italia, soprattutto nelle province di Reggio Emilia e Modena e
mostra una migrazione precedente (con una proiezione permanente) dell’in-
tero nucleo familiare all’interno del territorio emiliano (avvenuta partico-
larmente tra il 2005 e il 2008). La maggior parte del campione complessi-
vo è risultato nato nel 2003 e provenire da un Paese del continente africano
(soprattutto a Nord) e, a seguire, dall’Est Europa (prevalentemente Roma-
nia) e dal continente Asiatico (con ovvio riferimento all’India e alla Cina).
La ricezione del campione da parte del campo dell’indagine ha mostrato
di rispecchiare l’andamento politico e socio-economico dei flussi migrato-
ri inter-nazionali. Il concetto/fenomeno delle culture migranti è sintesi di
pauperismo sociale e differenza antropologica. I bambini risultano in pre-
valenza, ma non esclusivamente, di prima e unica scolarizzazione italiana,
anche perché giunti in età prescolare. Mentre le famiglie si dividono pres-
soché equamente tra quelle trasferite da altre città italiane durante gli anni
di scolarizzazione o prima che i bambini iniziassero a frequentare le istitu-
zioni scolastiche.

5.4. L’alfabetizzazione riferita dai bambini

La maggior parte dei bambini del campione ha dichiarato una percezio-


ne positiva e/o abbastanza positiva delle proprie capacità di comprensione
ed esposizione orale della lingua italiana, prevalentemente sostenuta dal-
la nascita in Italia e quindi dal contatto diretto e scolarizzato con la lingua
del Paese. Tuttavia la maggior parte del campione ha dichiarato, ancor più,
di saper leggere abbastanza e molto bene un testo in lingua italiana, meno,
ovviamente, di saperlo studiare e scrivere. Solitamente, invece, le compe-
tenze nella lingua orale appaiono superiori a quelle nella lettura. Sempre la
maggior parte del campione ha dichiarato di conoscere un’altra lingua oltre
l’italiano, con una moda riferibile all’arabo (di cui era stato offerto un cor-
so particolarmente gradito dai frequentanti dell’I.C. e previsto ma revocato
nella scuola modenese per mancanza di fondi e scarsa adesione); mentre la
conoscenza bilingue ha riguardato figli con genitori di differenti naziona-
lità. Nell’insieme la conoscenza della lingua del paese di origine propria o
dei genitori lascia ipotizzare che le famiglie si siano adoperate per mante-

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nere viva l’identità della propria cultura. Tuttavia la maggior parte dei bam-
bini che conosceva un’altra lingua, preferiva parlare soprattutto l’italiano,
seguiti da quelli che preferivano parlare soprattutto un’altra lingua (dato
prevalentemente riferibile ai bambini nati in altri paesi) e in modo uguale
entrambe, invitando alla riflessione sulle ricadute nella costruzione dell’i-
dentità dovute alla multi-appartenenza ovvero alla ricorsività fra processi
e pratiche di inculturazione e di acculturazione. I bambini sono apparsi di-
visi fra coloro che hanno fornito un riscontro più o meno positivo circa le
proprie competenze nell’esecuzione delle operazioni di matematica, ad ec-
cezione che per la risoluzione dei problemi; più positivo, invece, è stato il
riscontro per quelle aree del sapere di carattere artistico-espressivo, nel-
le quali l’uso di linguaggi plurimi può compensare eventuali incompetenze
nella lingua orale e scritta.

5.5. L’istruzione riferita dalle insegnanti: tra insegnamento e


apprendimento

Il docente è stato importante testimone del tema indagato su due fron-


ti: il rapporto emerso fra le competenze del bambino nelle varie discipli-
ne riscontrate in entrata e il modo in cui queste sono state valutate dalle in-
segnanti in funzione dei tempi e dei modi per l’inserimento; il confronto
fra restituzione fornita dal bambino e dall’insegnante. Le insegnanti han-
no rilevato le competenze in entrata dei bambini stranieri come per gli au-
toctoni (questionario di rilevazione delle capacità di letto-scrittura, colloqui
svolti insieme alle insegnanti del ciclo precedente per garantire migliore
continuità educativa, schede di valutazione degli anni precedenti e prove
d’ingresso, soprattutto di lingua italiana e matematica, preparate per tutta
la classe) monitorando, più in particolare, i primi mesi al fine di verificare
se i soggetti riuscivano a seguire la programmazione.
Nella lingua italiana la maggior parte del campione ha ottenuto in fase
iniziale delle valutazioni positive, buone, sufficienti ma anche insufficienti;
pochi bambini hanno raggiunto risultati eccellenti. La mancata conoscen-
za e pratica della lingua italiana da parte della famiglia costituisce un ele-
mento determinate d’insuccesso. Le migliori valutazioni in termini di com-
petenze iniziali in lingua italiana, cioè di soggetti che non necessitavano
di alfabetizzazione primaria, sono state conseguite da stranieri di seconda
generazione, ossia soggetti che nelle agenzie educative prescolari avevano
avuto occasione di pre-alfabetizzarsi e nella socializzazione diffusa di eser-
citarsi per immersione culturale. Risultano significative migliori valutazio-
ni ottenute in casi specifici e ovvi in lingua inglese, ma anche in matemati-
ca (nonostante permanessero diverse insufficienze), in scienze, in storia, in
geografia e, soprattutto, in musica, in educazione motoria, in arte e imma-

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gine ossia discipline in cui, per certi versi, l’incompetenza nella lingua vei-
colare ha minori ricadute per compensazione di altri linguaggi. Per alcuni
soggetti, tuttavia, non risultano valutazioni in alcuni di questi ambiti disci-
plinari, perché il monte-orario previsto per tali aree del sapere è stato dedi-
cato all’alfabetizzazione linguistica.
Gli interventi attuati nell’ambito della lingua italiana, come in matema-
tica e nelle altre discipline hanno mostrato miglioramenti complessivi; lad-
dove sono rimaste criticità queste hanno sempre riguardato le discipline
che nello studio come nella verifica risentono della padronanza linguistica,
con particolare riferimento alla storia forse perché più fortemente ed esclu-
sivamente proposta e valutata attraverso la produzione linguistica.
Sono emerse talune correlazioni fra paesi di provenienza e miglioramen-
ti; quando non è stato possibile rintracciare spiegazioni nell’affinità del-
la struttura linguistica è parsa rilevante la conoscenza pregressa di una ter-
za lingua più affine (è il caso del francese parlato dai bambini tunisini) ma
anche nel valore attribuito all’istruzione scolastica da parte delle famiglie,
dal grado di motivazione dei bambini e di apertura ai processi d’accultura-
zione.
Il confronto tra la restituzione delle competenze fornita dagli allievi e
dall’insegnante – appare opportuno riferire – ha presentato una significa-
tiva congruenza, con una differenza soltanto – come ovvio – nella formu-
la con cui è esplicitata, lasciando emergere i rischi ma anche la potenzialità
(all’interno di una comunicazione ecologica che dovrebbe segnare i setting
pedagogico-didattici) del rapporto di ricorsività che viene a instaurarsi fra
processi di rappresentazione sociale e di autopercezione.
Il ricorso a figure quali insegnanti di sostegno alla classe in presenza di
disabilità, educatori o insegnante volontaria, durante primo inserimento e
approccio alla lingua, e mediatore culturale è parso molto circoscritto per
sistema d’ipotesi ma anche per carenze economiche nel finanziamento alla
scuola. La presenza della famiglia – seppur con percentuali diverse per ti-
pologia – è parsa significativa nelle riunioni e nei colloqui individuali pre-
visti dalla scuola, mostrando interesse all’alfabetizzazione e all’educazio-
ne dei figli e al modo in cui la scuola gestisce il proprio mandato. Il fatto
lascia sperare in potenziali positivi risvolti sull’impegno nell’attività scola-
stica così come in termini di autostima e costruzione delle identità e del-
le appartenenze da parte dei figli stessi. Le famiglie sono risultate – nel ri-
scontro fornito dalle insegnanti – equamente divise fra quelle che aiutano e
quelle che non aiutano nello svolgimento dei compiti i bambini, soprattut-
to per i limiti dovuti alla mancata o scarsa padronanza della lingua italia-
na. Questo punto è apparso in contraddizione con le dichiarazioni dei bam-
bini di un sostegno quasi al novanta per cento, probabilmente per un senso
di pudore e di difesa da eventuali giudizi di valore che i figli hanno inte-
so adoperare nei confronti dei genitori. Le difficoltà linguistiche rilevate a

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scuola sono fortemente legate alla padronanza della lingua italiana da parte
delle famiglie, con un’evidente influenza sull’isolamento cognitivo e socia-
le, sull’apprendimento dei bambini e il rischio di danneggiare il loro inseri-
mento nella realtà sociale.

5.6. La socializzazione riferita dai bambini

Il campione dichiara di avere amici nella propria classe, frequentati an-


che fuori dall’ambito scolastico, ad eccezione per una piccola componente
di S.1, che avrebbe palesato certa condizione di emarginazione e/o di scar-
sa integrazione. Si tratterebbe prevalentemente di amici sia italiani sia stra-
nieri o solo italiani. Il campione riferisce di parlare l’italiano con i propri
amici e la lingua del proprio paese di origine con connazionali e famiglia,
dunque nella sfera privata: confermando un dato particolarmente sensibi-
le a interpretazioni. La maggior parte dei genitori, soprattutto arabi e a se-
guire albanesi, infatti, si rivolgerebbero ai figli nella lingua del proprio Pae-
se d’origine. I bambini incontrano quasi nella totalità dei casi i propri amici
e compagni di classe nel tempo libero, lasciando ipotizzare una disponibi-
lità delle famiglie ad aprirsi (o almeno a consentire ai figli l’apertura) alle
famiglie e alla cultura autoctona. Tuttavia, la maggior parte di questi bam-
bini dichiara di non praticare attività pomeridiane con i coetanei al di fuo-
ri della scuola. I motivi potrebbero essere riconducibili ad aspetti sui qua-
li occorre riflettere e intervenire sia a livello di macro che di microsistema;
fra questi: problemi economici (ossia eventuali condizioni di indigenza fa-
miliare che non permettono di usufruire di servizi a pagamento diversa-
mente fruibili dagli altri), mancanza di tempo da parte dei genitori (ossia,
sempre per motivi economici, padre e/o madre sono impegnati in lavori pe-
santi e tempi pieni e non possono accompagnare i figli) e motivi culturali
(ossia diffidenza nei confronti delle proposte culturali, sportive e soprattut-
to di natura religiosa, provenienti dal Paese d’immigrazione, nonché, parti-
colarmente in alcune culture, alle madri impegnate nella cura dei figli non
è consentito di uscire da casa). Fra coloro che dichiarano di praticare atti-
vità sportive le femmine sono in netta minoranza e, questo, probabilmen-
te sempre per motivi culturali. La maggior parte delle famiglie dei bambi-
ni del campione sembra aver sviluppato relazioni con famiglie connazionali
presenti nel territorio e che incontra in feste, riunioni e incontri informa-
li soprattutto per condivisione religiosa e/o culturale. L’incontro con quan-
ti appartengono alla propria cultura aiuta a rinsaldare le proprie radici e a
condividere i propri bisogni nel Paese d’accoglienza, quindi a vivere meno
la solitudine. Le differenze culturali piuttosto che incentivare l’incontro in-
ducono chiusura nella condivisione di tempi, spazi e relazioni tra famiglie
immigrate e italiane soprattutto per mancanza di fiducia. Diversamente i fi-

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Si ringrazia l’editore per la gentile concessione.
gli nati in Italia o arrivati in età infantile si prestano più automaticamente a
forti processi d’acculturazione, tramite la scuola, le altre agenzie educative
del territorio, il gruppo dei pari, i mass e personal media.
Il telefono – per motivi economici ma anche di analfabetismo tecno-
logico – resta il mezzo principale, perché diretto e immediato, di contat-
to (mensile e/o settimanale) con la famiglia d’origine e gli amici rimasti in
patria; le famiglie rimangono molto legate ai propri gruppi etnici, auspi-
cando ricongiungimenti che con la nascita dei figli avverranno quasi neces-
sariamente in Italia.
Per i bambini, la famiglia appare significativamente presente nel suppor-
to allo svolgimento dei compiti scolastici a casa, soprattutto tramite le figu-
re della madre, dei fratelli e delle sorelle, ma meno del padre sia per i suoi
possibili impegni lavorativi sia per modelli culturali che attribuiscono al-
la donna o al tutorato fraterno la loro cura. In alcuni casi, appare interes-
sante, si segnalano anche situazioni di sostegno extra-familiare nei compi-
ti, spontaneo o socialmente organizzato. I bambini dichiarano di avere forti
possibilità di poter consultare a casa per lo studio soprattutto libri e riviste
italiane oltre che, in molti casi, quelli della propria cultura di origine. Tut-
ti dichiarano il possesso casalingo di almeno un televisore, con cui appaio-
no in percentuali circa, pari famiglie che preferiscono guardare programmi
del proprio Paese d’origine e di entrambi i Paesi e meno, ma comunque si-
gnificative, che dichiarano di guardare solo programmi italiani, segnale –
per certi versi – di volgimento verso l’integrazione; diversamente la qua-
si totalità dei bambini riferisce di preferire programmi italiani. Mentre le
famiglie tendono a rimanere legate alle proprie origini anche attraverso la
fruizione della televisione, strumento che – non inficiato dalla padronanza
linguistica (come, ad esempio, la lettura e la scrittura richiesta da altri mez-
zi) e da un pagamento ulteriore – consente di mantenere vivi i contatti con
il proprio Paese d’origine attraverso l’informazione e conferma la propria
identità tramite esperienze duplicate.
La maggior parte dei bambini sono nati in Italia e vivono una forte ri-
corsività tra processi di inculturazione e acculturazione, per cui questi se-
condi influenzano in modo significativo il loro stile di vita rendendolo più
vicino a quello dei coetanei italiani.
Sebbene una percentuale del campione non abbia saputo rispondere alla
domanda e non è detto che quanti lo hanno fatto abbiano piuttosto riferito
le loro speranze, le famiglie sembrerebbero dividersi equamente tra quelle
che vorrebbero rimanere permanentemente in Italia e quelle che vorrebbe-
ro tornare nel Paese d’origine. Tuttavia, in caso di bisogno, sempre secondo
quanto riferiscono i bambini, la maggior parte delle famiglie chiede aiuto a
parenti (che hanno raggiunto o da cui sono state raggiunte), accordando fi-
ducia, e a seguire ad amici italiani piuttosto che a connazionali, lasciando
pensare a una prima integrazione con gli italiani stessi (anche se per neces-
sità: perché più esperti o con maggior risorse) e nel territorio.

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5.7. La dirigenza scolastica: dalle disposizioni alle procedure

L’accoglienza e l’inserimento riguardano, ovviamente, l’integrazione dei


bambini immigrati di prima generazione, che necessitano di corsi di alfa-
betizzazione e supporti specifici; ma anche le seconde generazioni richie-
dono particolare cura nei processi e nelle pratiche di acculturazione, che
possono confliggere con quelle di inculturazione familiare.
La dirigenza scolastica, pur tenuta a rapportarsi con le disposizioni rela-
tive alle classi ponte e al tetto di presenza degli alunni stranieri, supporta-
ta dagli insegnanti, con particolare riferimento ai referenti di plesso e agli
insegnanti di scuola secondaria di primo grado con funzioni strumentali
sull’inserimento:

• progetta l’inserimento tenendo conto dell’età anagrafica (evitando, per


quanto possibile, di collocare il bambino in una classe inferiore a quella
che dovrebbe frequentare), della biografia linguistica acquisita dalla fami-
glia, delle schede di valutazione degli anni scolastici precedenti e, se som-
ministrate, delle prove oggettive (che solitamente riguardano la matemati-
ca e non altre discipline);
• realizza l’inserimento fornendo informazioni e garantendo progressività e
compresenza fra colleghi, ma garantisce anche alfabetizzazione primaria
promuovendo la realizzazione operativa di progetti e fornendo laboratori
per l’integrazione strutturati sulla base dei plessi e delle classi;
• promuove osservazione e/o monitoraggio in progress delle competenze,
particolarmente in lingua italiana, matematica e lingua straniera, predispo-
nendo eventuali programmazioni diversificate/individualizzate per il primo
anno di transizione, e valutazione che tenga conto degli obiettivi preposti
dalla programmazione differenziata;
• cura e monitora la rete di relazioni dei bambini al fine di garantire opportu-
na socializzazione fra pari;
• si avvale di insegnanti in ruolo con ore aggiuntive come di insegnanti vo-
lontarie (in pensione) che supportano i processi di alfabetizzazione e del
mediatore culturale del Comune in funzione della casistica. I tagli eco-
nomici non consentono di attivare corsi di alfabetizzazione in orario ex-
tra-scolastico per bambini e adulti, ma per le famiglie che lo richiedono la
scuola informa e invia ai corsi attuati dai Centri Territoriali Permanenti. Se,
da un lato, gli insegnanti intervengono in modo significativo affinché le fa-
miglie dei bambini stranieri conoscano e facciano frequentare ai figli i ser-
vizi extra-scolastici del territorio (culturali, sportivi, confessionali, ricreati-
vi ecc.), dall’altro lato, la scuola collabora con i servizi del territorio (anche
tramite una rete di collegamento con i centri rivolti agli stranieri) per mi-
gliorare la conoscenza, l’accesso e la sinergia fra agenzie e attori del si-
stema formativo e, in generale, l’integrazione delle famiglie immigrate, che
cerca di mettere in contatto con gli uffici per ottenere informazioni e do-
cumenti funzionali all’inserimento in Italia, ma anche per ottenere supporto
economico in casi di significativa indigenza.

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6. In conclusione: migrazioni culturali

Il Novecento corrisponde ad un secolo, insieme, frattura e cerniera con


la tradizione (Cambi, 2005), contrassegnato in tal senso: da un lato dal pro-
gresso scientifico-tecnologico ovvero da una laicizzazione e razionaliz-
zazione della realtà sfociate poi anche in una crisi della scienza; dall’al-
tro lato dai movimenti sociali con le loro richieste di uguaglianza, libertà
e fraternità sfociate poi anche in una crisi delle ideologie. Sotto un profilo
pedagogico e didattico, la migrazione contemporanea – come spostamen-
to reale e virtuale, particolarmente contrassegnato, peraltro, dal forte in-
cremento del fenomeno dell’immigrazione irregolare e clandestina, favorito
dalle politiche internazionali e locali, dal crescente divario economico fra
nord e sud, ovest ed est del mondo, dalla globalizzazione dei mercati, del-
la cultura e delle menti – richiede pensiero e azione di continuità come di
discontinuità (cioè di riconoscimento dello specifico formativo) di proces-
si e pratiche di istruzione e di educazione in differenti età e contesti di vita.
Il contributo teorico e di metodo delle scienze (con particolare riferimen-
to a quelle dell’educazione) appare fondamentale per comprendere il con-
cetto/fenomeno delle culture migranti. Una pedagogia interculturale non
può che muovere da una conoscenza della cultura dell’altro, quanto meno e
per quanto possibile, nei termini delle teorie e delle prassi che – in manie-
ra esplicita e/o latente – contrassegnano i processi e le pratiche di incultu-
razione, ciò per meglio progettare e/o orientare l’acculturazione, sceglien-
do approcci e traducendo in strategie d’integrazione sostenute da sintesi fra
pensiero paradigmatico e pensiero narrativo. Tale sintesi è irrinunciabile
per riflettere e gestire schemi di pensiero e abiti comportamentali.
La migrazione come fenomeno famigliare che tende alla stabilizzazio-
ne (producendo profondi cambiamenti anche e soprattutto nelle relazioni di
genere e intergenerazionali) richiede, nello specifico, riflessione e azione –
di macrosistema e di microsistema – su:

• processi di trasmissione e di riproduzione culturale come pure di organiz-


zazione economica e lavoro. La lingua e il lavoro sono e restano i princi-
pali strumenti di integrazione psicosociale;
• organizzazione politica e sistemi religiosi come pure rapporti tra religione
e magia. Si pensi ai risvolti riferibili al rapporto tra finzione mimico-rituale e
costruzione di nuovi schemi di pensiero e di azione, dunque a riti colletti-
vi e routine organizzative (che scandiscono/regolano entrate e uscite), bio-
logiche (che scandiscono/regolano, come cura personale, alimentazione,
sonno e bisogni corporali) e funzionali (che scandiscono/regolano attività
libere e organizzate) e nuovi abiti.

La scuola come agenzia formativa – sul piano strutturale e curricolare –,


da un lato, deve contribuire ad affrancarsi e/o a rimuovere stereotipi e pre-

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giudizi, che segnano il sistema d’ipotesi e la cornice organizzativa degli in-
terventi producendo viziosi determinismi fra sistemi di rappresentazioni
sociali, autopercezioni e conoscenze, competenze e abilità e, dall’altro lato,
deve prevedere percorsi di riflessione per ri-orientare e progettare, tramite
la loro revisione, gli interventi formativi. Ciò in termini sia di programmi,
programmazione e curricoli, di didattiche disciplinari ma anche di organiz-
zazione dei tempi, degli spazi e delle professionalità degli insegnanti sia di
alleanza e ricorsività pedagogica e didattica fra agenzie e attori della for-
mazione. Il curricolo dovrebbe essere progettato in senso inter/disciplina-
re e/o interculturale, congruente e funzionale al contesto storico-sociale in
cui operano le istituzioni scolastiche, valorizzato nella sua dimensione mul-
ticulturale come contributo al progetto di una società interculturale e tran-
sculturale; questo impone consapevolezza circa il ruolo dell’alfabetizzazio-
ne/istruzione, ovvero del sapere come cultura e cura di sé, dell’altro e del
mondo e della socializzazione/educazione, ovvero del gruppo come sog-
getto, luogo fisico e mentale e metodo di costruzione delle identità attra-
verso le appartenenze tramite la messa a punto di setting gruppali contras-
segnati da decentramento, coordinazione e metacognizione, negoziazione,
mediazione e cooperazione. Il gruppo come sistema dinamico in conti-
nua evoluzione deve prevedere: definizione chiara e coerente del contrat-
to pedagogico-didattico (che regola la relazione fra soggetti in condizioni
asimmetriche e simmetriche, artefatti e fattori organizzativi); congruenza
fra occupazione-organizzazione-dinamica; ciascuno e tutti i soggetti attivi
e consapevoli (facendo particolarmente perno su interazione promoziona-
le faccia a faccia inclusiva di feedback reciproci, insegnamento diretto del-
le competenze sociali, interdipendenza/e positiva/e, responsabilità indivi-
duale e di gruppo, restituzione, revisione finale, valutazione individuale e di
gruppo).
Il riferimento è a una proposta formativa di sistema contrassegnata da
democrazia cognitiva e sociale funzionale a orientarsi in modo critico “lun-
go, largo e in profondità nella vita” (Dozza, 2007) e supportata da una re-
visione dei programmi d’insegnamento tramite l’adozione di una prospet-
tiva curricolare che sappia valorizzare gli effetti formativi delle singole
discipline, ma anche del valore che assumono nella loro globalità; il riferi-
mento è ad un curricolo esplicito — legato alla dimensione cognitiva del-
la formazione scolastica e quindi all’apprendimento delle discipline — e
da un curricolo implicito — legato alla dimensione etico-sociale e affetti-
va — che producono due diversi livelli logici, relativi all’istruzione e all’e-
ducazione, non separati né separabili: l’apprendimento di conoscenze e abi-
lità e l’acquisizione di abitudini astratte. Insieme, entrambi questi livelli
logici concorrono a perseguire e conseguire una forma d’intuizione tran-
scontestuale (Baldacci, 2006; Cerrocchi, 2011). La relazione scuola-fami-
glia – promossa da un clima di rispetto e di fiducia - consente al gruppo di

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origine di sentirsi e di rendersi partecipe del percorso d’istruzione e socia-
lizzazione attuato a scuola (nello scambio sui bisogni e sulle potenzialità
dei figli e delle famiglie stesse) ovvero parte integrante del progetto forma-
tivo. Un ruolo imprescindibile è svolto dalla collegialità insegnante e dalle
altre figure (parentali e professionali) nei termini di una sinergica continu-
ità, pur sempre e necessariamente circoscrivendo lo specifico professionale
di contesti, agenzie e attori altri.

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