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Chi sono gli Ebrei?

Gli ebrei non sono una nazione, né sono solo e soltanto una fede religiosa, né tanto
meno una razza, come hanno voluto far credere i loro persecutori.
Sono un popolo con un destino particolare, che ha vissuto una buona parte della sua
storia disperso tra altre genti, tra culture e lingue diverse, continuando però a
custodire la propria identità culturale, non solo religiosa ma etica, umana, storica e
ideologica.
Negli oltre duemila anni di vita nei Paesi più disparati, gli ebrei hanno mantenuto i
loro usi e costumi, la lingua (quella ebraica), la cucina, le preghiere e lo studio della
Bibbia.
Oggi, secondo la legge ebraica, è ebreo chiunque sia nato da madre ebrea o si sia
convertito all’ebraismo.
Pertanto, se proprio si vuole dare una risposta alla domanda “Chi sono gli ebrei?”
potremmo dire che sono i discendenti di quelle famiglie patriarcali, incontrate nella
Bibbia, che continuano a vivere secondo regole che lo stesso popolo ebreo si è dato
derivandole direttamente dalla Torah, la Legge (i primi cinque libri della Bibbia).
Gli Ebrei sono detti Israeliti, dal nome del loro patriarca Giacobbe, che fu chiamato
Israele, e anche Giudei, perché il centro della loro religione fu Gerusalemme, città
della Giudea in cui si trovava il Tempio, l’unico luogo in cui venivano offerti i
sacrifici.
Il mio nome è Daniele e
vivo con la mia famiglia a
Tel-Aviv. Vi voglio
Shalom!! raccontare qualcosa del
Pace a voi! mio popolo, gli Ebrei.

Se per ognuno la casa è un punto di riferimento, per noi


ebrei è qualcosa di più: di fronte a un ambiente esterno
pieno di stimoli e messaggi culturali così diversi, la casa
è l'approdo sicuro, il ritorno alle proprie radici. Prima di
uscire di casa, ogni ebreo pone la mano sulla mezuzah
che viene affissa sullo stipite della porta e prega. La
mezuzah è un piccolo astuccio in cui viene inserita una
pergamena su cui è scritta la preghiera biblica Shemà
Israel:

"Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno.


Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore,
con tutto te stesso e con tutti i tuoi averi.
Queste parole che io ti comando oggi, saranno sul tuo cuore:
le insegnerai ai tuoi figli e ne parlerai con essi stando in casa,
camminando per strada, quando ti corichi e quando ti alzi.
Le legherai come segno sul tuo braccio e come frontali tra i tuoi occhi.
Le scriverai sugli stipiti della tua casa e della tua città".

Queste parole sono prese così alla lettera che


gli ebrei più osservanti, durante la preghiera,
indossano delle scatolette di cuoio, dette
tefillin, fissandole con strisce anch’esse di
cuoio, che contengono dei piccoli rotoli di
pergamena con scritto lo Shemà Israel.
In una casa ebraica è difficile che manchino i due simboli di Israele, la stella di
Davide (Maghen David) e il candelabro a sette o otto bracci (menorah).
Il Maghèn Davìd - letteralmente: lo scudo di Davide - è formato da due triangoli
opposti e intrecciati, di cui quello con la base verso il basso rappresenta l'anelito
dell'uomo verso Dio e quello dall'alto verso il basso la ricerca di Dio verso l'uomo. La
loro forza, il loro essere scudo, consiste nel fatto che sono tra loro intrecciati e legati.

La menorah rappresenta la diffusione verso l'uomo della luce della sapienza


proveniente da Dio.
Noi crediamo che Dio ha sempre guidato la nostra storia e la guiderà ancora, fino a
quando manderà il Messia a portare la pace e la giustizia a Israele e a tutte le nazioni
della terra.
Ogni settimana festeggiamo il sabato, lo Shabbat, parola che deriva da shavath, che
vuol dire cessare. Questa giornata indica infatti la pausa completa dalle occupazioni
abituali. Tutti devono osservarlo, perfino gli animali devono riposare. Il sabato è la
più importante delle ricorrenze ebraiche ed è il giorno in cui l’ebreo cessa ogni
attività e consacra la giornata al Signore. Inizia al tramonto del venerdì e termina al
sabato sera.
Andiamo in sinagoga, che è il nostro luogo di preghiera, ma anche di studio e di
riunione, e il rabbino (maestro) guida la preghiera e commenta un brano della Sacra
Scrittura, in particolare la Torah.
La Toràh, che significa “insegnamento”, è il punto di partenza dell’ebraismo e
insieme ai Dieci Comandamenti costituisce la base della religione ebraica. E’ formata
da cinque libri e per questo è anche chiamata Pentateuco.
Nella sinagoga le donne sono divise dagli uomini e seguono le preghiere in una parte
separata della sala.

Abbiamo regole molto precise per preparare i cibi,


in modo che siano “kasher”, cioè regolamentari.
La carne, ad esempio, deve essere perfettamente
dissanguata e non va mai mescolata con i latticini.
Non è kasher il coniglio, né il maiale, né il
cavallo.
Tutta la storia e l’insegnamento ebraico si ritrova nelle feste religiose, attraverso le
quali si tramandano le tradizioni di generazione in generazione, mediante racconti,
gesti, cibi simbolici e canti. Molte feste si celebrano in casa, in una dimensione
familiare, perchè la famiglia è il mattone su cui poggia il sistema religioso ebraico.
Il calendario ebraico è lunare: i mesi sono a cavallo rispetto a quelli abituali e il
giorno comincia al calar della notte, quindi le feste iniziano sempre alla sera.

Rosh Hashanah è il Capodanno ebraico; cade tra settembre e ottobre e celebra il


giorno della creazione. È una festa solenne che si celebra anche con un pasto durante
il quale si consumano cibi simbolici: per esempio si intingono le mele nel miele quale
augurio di un anno dolce e felice.
Yom Kippur è il Giorno dell’espiazione: è caratterizzato dal digiuno completo ed è
considerato da tutti gli ebrei il giorno più sacro dell’anno, in cui ognuno si trova da
solo di fronte al Signore a rispondere delle proprie azioni e a chiedere perdono.
Chanukkah (Inaugurazione): è la festa delle luci che si celebra tra novembre e
dicembre e in cui si offrono doni ai bambini.
Purim celebra la storia di Ester, una regina ebraica che salvò il suo popolo dalle
insidie di Aman, un malvagio ministro del re persiano Assuero. E’ tradizione che in
questa festa ci si mascheri, soprattutto i bambini.
Pesach (Pasqua): è la festa più importante, che ricorda la liberazione degli Ebrei dalla
schiavitù dell’Egitto e il passaggio del mar Rosso. Gli Israeliti dovettero partire
precipitosamente, e quindi non fecero lievitare il pane. Per ricordare quella notte
durante gli otto giorni della festa si mangia soltanto pane azzimo (non lievitato) e
verdure amare, per ricordare la durezza e la difficoltà che gli Ebrei incontrarono nel
loro viaggio nel deserto.
Shavuot (Pentecoste) è la festa che ricorda la consegna delle tavole dei Dieci
Comandamenti a Mosè sul monte Sinai, ma è anche la festa del raccolto dei cereali.
Sukkoth, o festa delle Capanne, ricorda la traversata del deserto per rientrare nella
Palestina dopo la liberazione dall’Egitto. Le famiglie costruiscono capanne di foglie e
per sette giorni vivono e mangiano in esse.

Per noi Ebrei tutto ha un valore religioso. Prima di compiere qualsiasi azione
(mangiare, studiare, viaggiare…) pronunciamo una breve preghiera adatta all’attività
che si sta per compiere.
Sia benedetto Dio,
che ha creato il
frutto della vigna.
Benedetto tu sia, o
Signore, che fai
uscire il grano dalla
terra.

Chi consuma un prodotto della Creazione senza prima ringraziare il Creatore può
essere considerato un ladro!

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