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Luca Ronchi

Università di Pavia
Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali
Corso di Laurea in Musicologia
Storia Moderna
(professoressa Miriam Turrini),
a.a. 2021/2022
7 settembre 2022

Titolo: il telescopio di Galileo come paradigma di un nuovo modo di vedere.

Indice
Presentazione
Svolgimento
1. Presentazione dei testi
2. Contesto storico
3. L’invenzione del telescopio e la sua iniziale diffusione
4. Il telescopio di Galileo e il suo utilizzo
5. Pregiudizi e contrarietà
6. Dalla parte di Galileo
7. I difficili rapporti con la Chiesa
Conclusione
Bibliografia

Presentazione
La nascita della scienza moderna è un argomento su cui si sono versati letteralmente fiumi di
inchiostro. Come risulta evidente fin da subito, il tema è notevolmente complicato e articolato, basti
solo considerare che «non c’è, in Europa, un “luogo di nascita” di quella complicata realtà storica
che chiamiamo oggi scienza moderna. Quel luogo è l’intera Europa»1. Tuttavia, l’importanza che la
scienza moderna riveste nel panorama culturale seicentesco (non solo quindi per la storia della
scienza stessa) è tale da giustificare continue ricerche, sempre più approfondite.

1
P. ROSSI, La nascita della scienza moderna in Europa, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. IX.
1
Il termine “nuova scienza” o “scienza moderna” ha diverse sfaccettature poiché racchiude in sé una
moltitudine di scienze diverse (matematica, fisica, biologia, geologia…). Potremmo comunque
individuare un tratto comune a tutte nella frase dei premi Nobel per la fisica Einstein e Infeld:
Con l’aiuto delle teorie fisiche cerchiamo di aprirci un varco attraverso il groviglio dei fatti osservati, di
ordinare e d’intendere il mondo delle nostre impressioni sensibili. Aneliamo a che i fatti osservati
discendano logicamente dalla nostra concezione della realtà. Senza la convinzione che con le nostre
costruzioni teoriche è possibile raggiungere la realtà, senza convinzione nell’intima armonia del nostro
mondo, non potrebbe esserci scienza2.
Vista l’ampiezza di orizzonte di questa tematica, occorre individuare un punto di vista particolare in
grado, però, di aggiungere una sfumatura diversa al quadro complessivo. La prospettiva scelta in
questo elaborato coincide con la storia del cannocchiale e, soprattutto, il suo utilizzo da parte di
Galileo. Sono questi due fatti che secondo gli autori della ricerca contribuiscono in massima misura
al cambiamento del paradigma del vedere, essenziale per la nuova scienza. Il celebre astronomo
Keplero, per introdurre l’Astronomia Nova del 1609, usa un paragone che ben si applica a
descrivere il metodo scelto per seguire questa prospettiva:
Quando Cristoforo Colombo, Magellano, i Portoghesi raccontano come persero la strada
nei loro viaggi, noi non solo perdoniamo loro, ma saremmo dispiaciuti di non disporre
della loro narrazione, senza la quale tutto il divertimento andrebbe perduto. Pertanto non
sarò oggetto di biasimo se, spinto da uno stesso affetto per i miei lettori, seguirò lo
stesso loro metodo3.
Ripercorrere la storia del cannocchiale significa svolgere un viaggio in tutta l’Europa di inizio
Seicento, senza trascurare nessun dettaglio seppur minimo. Attraverso la descrizione della
diffusione dello strumento e dei contrasti che ha creato, si comprende la sua importanza per la
nascita della scienza moderna.

Svolgimento
1. Presentazione dei testi
Nel primo testo assegnato4, gli autori affrontano il tema della nuova scienza attraverso una
prospettiva che potrebbe sembrare quasi ininfluente all’interno del vasto campo di ricerca in
questione: l’invenzione (e l’utilizzo) da parte di Galileo del cannocchiale. Tuttavia, fin dalle prime
pagine viene ribadita con forza la centralità e l’assoluta importanza di questo evento: «E il
Cinquecento, il lungo Cinquecento europeo, non termina nel 1600, con il rogo di Giordano Bruno,
ma nel 1610, con il Sidereus»5. Partendo da una descrizione approfondita e rigorosamente fondata
sulle fonti disponibili (come lettere, opuscoli, opere a stampa, manoscritti e anche appunti scritti
2
A. EINSTEIN – L. INFELD, L’evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai concetti iniziali alla relatività e ai quanti,
Torino, Bollati Boringhieri, 2007, p. 272
3
Citato in ROSSI, La nascita della scienza moderna in Europa, p. 1.
4
M. BUCCIANTINI – M. CAMEROTA – F. GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, Torino, Einaudi, 2012
5
Ivi, p. XX.
2
sopra a buste di carta) della nascita dei primi cannocchiali, il testo prosegue mostrando l’utilizzo
che ne fece Galileo e che lo portò alla pubblicazione del celebre Sidereus nuncius nel 1610. Il resto
del libro ripercorre le tappe (geografiche più che cronologiche) delle conseguenze che il
cannocchiale e il Sidereus hanno avuto sulla cultura del XVII secolo, da Venezia fino alla lontana
Cina6.
L’ampio affresco disegnato dal precedente libro può venire integrato e in un certo senso specificato
dal breve saggio di Paolo Rossi7. Al posto di articolare il tema relativo ai cambiamenti scientifici
del XVII secolo sul Sidereus, l’autore mantiene una prospettiva leggermente più ampia,
richiamando in breve anche le tappe principali della storia dell’astronomia, per meglio inquadrare i
lavori di Galileo. Dopo aver mostrato l’importanza del telescopio nel cambio di paradigma del
“vedere” nella scienza (citando doverosamente il Sidereus), l’attenzione di Paolo Rossi si concentra
su un altro libro pubblicato da Galileo: il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo,
pubblicato nel 1632 (si veda infatti il titolo). La conclusione tocca quindi anche la delicata dinamica
tra scienza e potere (in questo caso religioso) su cui tanto si è scritto, con un giudizio chiaro e
sintetico.
L’autorità di Paolo Rossi è fuori discussione8, ma nel saggio considerato si sente la mancanza di un
rigoroso apparato di note che permettano di approfondire le diverse citazioni.

2. Contesto storico
La situazione politica italiana a cavallo tra Cinquecento e Seicento è dominata dal dominio della
Spagna e dalle pressioni del papato. Tuttavia, «l’affermazione della monarchia di Enrico IV di
Francia dava agli stati italiani nuove opportunità politiche»9. Un esempio che interessa
particolarmente l’argomento dell’elaborato è il cosiddetto “Interdetto di Venezia”. Come è noto, la
scomunica di papa Paolo V della Repubblica di Venezia del 1606 poté essere risolta solo con
l’intervento francese. In questo contesto è utile ricordare che un ruolo centrale di questa vicenda fu
giocato dal frate servita, amico di Galileo, Paolo Sarpi, che difese la repubblica veneta. La vicenda
dell’Interdetto mostra anche l’ingerenza della Chiesa nel territorio italiano. Come vedremo in
seguito, attraverso l’organo dell’Inquisizione (costituito nel 1542) la Chiesa arrivava a controllare
anche il pensiero culturale e scientifico, creando non poche difficoltà. La scienza, tuttavia, stava

6
«La storia dell’occhiale non ha un unico vettore e non è unidirezionale ma, come Venezia sta a dimostrare, è un
arcipelago di vicende umane e intellettuali che si incrociano tra loro: una storia plurale, che per essere ricostruita e
montata pezzo per pezzo ha bisogno che si racconti in tutta la sua simultaneità» (ivi, p.43)
7
P. ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna in Gli anni di Firenze, Roma-Bari, Laterza, 2009. Il medesimo saggio si
trova anche pubblicato singolarmente in formato e-book.
8
Basta considerare anche solo La rivoluzione scientifica. Da Copernico a Newton, Torino, Loescher, 1973 o gli otto
volumi di Storia della scienza, Roma, L’Espresso, 2006.
9
M. ROSA, M. VERGA, La storia moderna: 1450-1870, Milano, Mondadori, 2003, p. 82.
3
vivendo uno sviluppo senza pari, tanto che «nella cultura europea del Seicento non si può non
sottolineare la rilevanza della scienza»10. Per convincersi di questo basta anche solo considerare i
nomi degli scienziati attivi in questi decenni: Copernico, Bacone, Harvey, Newton, Cartesio,
Fermat, Pascal, Brahe, Paracelso, Keplero, Leibniz, Huygens, Galilei, Torricelli e così via.
La ricerca storica proposta dai testi considerati nell’elaborato si muove così all’interno di questo
complesso panorama politico e culturale.

3. L’invenzione del telescopio e la sua iniziale diffusione


«Come è stato possibile che dei tanti segreti di cui erano disseminate le corti europee tra la fine del
Cinquecento e i primi anni del Seicento fosse proprio un oggetto talmente comune [il telescopio] e
in sé poco attraente a produrre una così radicale trasformazione del mondo?» 11. Per rispondere a
questa domanda, Bucciantini, Camerota e Giudice ricostruiscono con rigore e precisione la nascita e
i primi sviluppi del telescopio. Per la prima volta nella storia della scienza, per capire una tematica
metodologica occorre partire dallo studio di un oggetto concreto, costruito con conoscenze pratiche
se non addirittura empiriche:
La sfida non sarebbe più stata tra libri e libri, tra commentatori e commentatori, da svolgere tutta
nel chiuso delle aule universitarie, ma tra filosofi in libris e nuovi produttori di conoscenza, che
sono al tempo stesso matematici e filosofi, ma anche abili costruttori di nuovi oggetti. Gente
capace di lavorare con le mani oltre che con la mente12.
In effetti, la nascita stessa del cannocchiale sembra rispecchiare questa dinamica tra teoria e pratica.
Erano infatti già note le proprietà ottiche delle lenti, in grado anche di provocare forti
ingrandimenti. Tuttavia rimaneva da superare una serie di difficoltà tecniche per ottenere delle
immagini accettabilmente nitide: «era sul piano materiale che si giocava la partita» 13. Questa forte
componente pratica è il motivo per cui, nonostante l’eccezionalità dell’invenzione del cannocchiale,
i nomi dei protagonisti non sono noti al pari di quelli dei grandi scienziati coevi (Galileo, Cartesio,
Keplero, Torricelli e così via). Galileo stesso, come ben è documentato in Il telescopio di Galileo14,
ha passato molto tempo a sfruttare le sue abilità artigianali per tornire e levigare ad arte le lenti
necessarie al perfezionamento del telescopio, per non parlare delle sue doti artistiche, che furono
sfruttate per produrre delle tavole della luna realizzate magistralmente15.

10
Ivi, p. 200.
11
BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p. XVIII.
12
Ivi, p. XXII.
13
Ivi, p.10.
14
Si veda il terzo capitolo.
15
Galileo «eseguì sette splendidi acquerelli che colpiscono sia per il loro aspetto realistico, sia per il modo in cui
riescono a rendere la plasticità della superficie lunare» (ivi, p.62)
4
Non è facile stabilire chi è stato il primo costruttore del cannocchiale. Sicuramente a fine settembre
del 1608 il costruttore di occhiali Hans Lipperhey presentò lo strumento al conte Maurizio di
Nassau16. Nel momento in cui però Lipperhey fece domanda per una patente esclusiva, si fecero
avanti altri pretendenti17. Era ormai chiaro che «lo strumento non aveva più niente di segreto, il suo
meccanismo era ormai noto e facile da riprodurre»18.
Fin da subito gli Stati Generali riuniti all’Aia si interessarono al cannocchiale perché ne intuirono le
potenzialità militari e le possibilità diplomatiche. Un cannocchiale venne infatti regalato al re di
Francia Enrico IV. Un tale strumento era innegabilmente un simbolo di potenza, tanto che
l’arciduca Alberto d’Austria (fratello dell’imperatore Rodolfo II) si fece ritrarre nel 1611 da Brugel
il Vecchio proprio mentre scrutava l’orizzonte con un telescopio19.
Così, in breve tempo, il potente oggetto si iniziò a diffondere nelle corti europee. Ciò che però lo
trasformò da strumento militare o di svago in qualcosa capace di rivoluzione l’impostazione stessa
della scienza fu l’utilizzo che ne fece Galileo Galilei: «con spirito metodico e con mentalità
scientifica egli lo volge verso il cielo, lo trasforma in uno strumento scientifico»20.

4. Il telescopio di Galileo e il suo utilizzo


Il celebre scienziato toscano venne a conoscenza del cannocchiale tramite il suo amico Paolo Sarpi,
mentre lavorava a Venezia. Nel testo Il telescopio di Galileo21, gli autori ricostruiscono in modo
convincente la cronologia del passaggio di informazioni, fino al perfezionamento da parte di Galileo
dello strumento. La cosa essenziale da sottolineare, però, è che anche la classe politica veneziana
sfruttò lo strumento come segno di potere: «Non vi è dubbio infatti che i modi, solenni e pubblici,
scelti da Venezia per premiare il suo matematico vadano letti anche come un atto di
autocelebrazione della Serenissima sul versante dell’innovazione tecnologica»22, cosa che, come
vedremo, avrà delle ripercussioni anche nei rapporti tra Galileo e Paolo Sarpi.
Ma la volontà di Galileo non era primariamente contribuire alla gloria di Venezia, quanto quella di
utilizzare il cannocchiale per guardare il cielo. E così facendo, fece delle scoperte che misero in
profonda discussione le idee astronomiche ereditate da Tolomeo. In estrema sintesi, tali scoperte
possono essere brevemente riassunte nei seguenti tre punti:
- osservazione della luna, che lo portò a considerarla analoga alla Terra

16
Ivi, pp.5-13
17
Bucciantini, Camerota e Giudici nominano in particolare Jacob Metius, artigiano ad Alkmaar, ma provano che ci
fossero almeno quattro artigiani in possesso di un cannocchiale costruito da loro.
18
Ivi, p.14
19
Una descrizione e una riproduzione del dipinto si trovano in ivi, pp.1-5.
20
ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna, p.114.
21
Si vedano i primi tre paragrafi del secondo capitolo.
22
BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p. 31.
5
- scoperta dei satelliti di Giove, dedicati alla famiglia Medici
- risoluzione della Via Lattea in stelle.
Esse vennero raccolte e stampate rapidamente in un piccolo libretto dal titolo Sidereus nuncius (le
prime osservazioni sono datate settembre-ottobre 1609 e la stampa avvenne il 13 marzo 1610) 23.
Come dice Rossi, «quasi sempre le “scoperte scientifiche” mostrano che il mondo è diverso da
come si riteneva prima: affermano e contemporaneamente negano»24. Nel caso in questione, Galileo
mostra che non c’è un solo centro nell’universo (contraddicendo la fisica aristotelica) ed elimina la
«differenza di essenza fra il mondo celeste e il mondo terrestre»25.
Nel Sidereus, tuttavia, si può trovare anche una volontà politica. Innanzitutto, la dedica alla famiglia
Medici delle Medicea Sidera, ma anche l’assenza consapevole di richiami alla scienza veneta
coeva26. Il motivo è presto detto: Galileo voleva «lasciare Venezia e tornare nella bigotta Firenze
per godere dell’“ozio” necessario per ultimare le sue opere “grandi”» 27, opere di cui parleremo
brevemente nell’ultimo paragrafo.
Il successo editoriale del Sidereus non fece che allontanare sempre più Sarpi da Galileo, tanto che
stupisce il comportamento del teologo veneziano, che si rifiuta di leggere l’opuscolo galileiano. Lo
stesso tono usato in una lettera a Leschassier è emblematico:
Ti parlo ora della luna. Per dirti la verità, non ho letto ciò che ha scritto il nostro matematico
[Galileo], ma ne trattai spesso con lui, e molte cose furono dette da una parte e dall’altra. Sulla
luna ti dirò quel che penso e, com’è mio costume, parlerò soltanto delle cose da me osservate 28.

5. Pregiudizi e contrarietà
Le difficoltà nell’accettare la rivoluzione proposta da Galileo va ben al di là delle questioni
politiche: «far entrare gli strumenti nella scienza, concepirli come fonti di verità non fu una facile
impresa»29. Innanzitutto, occorreva scardinare «il pregiudizio secondo il quale la scienza deve
essere pura speculazione ed elaborazione di teorie e non deve avere rapporti con il mondo dei
meccanici». Lo stesso Galileo era al corrente di questo passo, poiché lo ha esplicitato in una lettera
a Keplero: «questo genere di uomini ritiene che la filosofia sia un libro come l’Eneide e l’Odissea e
che la verità debba cercarsi non nel mondo reale o nella natura, ma (uso le loro parole) nel
confronto dei testi»30. In quest’ottica risulta evidente quanto questi anni siano stati fondamentali non
23
Si veda ivi, p. 61. Il testo prosegue datando le principali osservazioni fatte da Galileo.
24
ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna, p.117
25
Ivi, p.119
26
Addirittura gli autori di Il telescopio di Galileo parlano di «sistematica e consapevole operazione di occultamento di
persone, testi e vicende.» (BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p. 38).
27
BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p. 40.
28
Citato in ivi, p.36
29
ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna, p.118.
30
Citato in BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p. 100.
6
solo per lo sviluppo del pensiero scientifico, ma più in generale per il nuovo tipo di rapporto che
l’uomo sta iniziando ad instaurare con la realtà. «Vedere, nella scienza del nostro tempo [ma ormai
anche nella vita quotidiana], – dice Rossi – vuol dire quasi esclusivamente interpretare segni
generati da strumenti»31, basti pensare al permeante uso della tecnologia a cui siamo assuefatti.
Superato questo scoglio, occorre affrontare la tematica dell’utilizzo di uno strumento che si
frapponga tra la realtà da osservare e i nostri occhi. Lo storico della scienza Rossi sintetizza
efficacemente la questione:
Per prestare fede a ciò che si vede con il cannocchiale bisogna credere che quello strumento serva
non a deformare, ma a potenziare la vista. Bisogna abbandonare l’antico, radicato punto di vista
antropocentrico che considera il guardare naturale degli occhi umani come un criterio assoluto di
conoscenza32.
Numerosi sono stati gli scienziati e uomini di cultura del tempo che hanno espresso la stessa
perplessità, a cominciare dall’amico e collega Cesare Cremonini, che «non crede che Galileo abbia
visto qualcosa e protesta contro quegli “occhiali” che “imbalordiscono la testa”» 33. Giovanni
Antonio Magini, per esempio, afferma: «quanto al libro et stromento del Gallilei, io credo che sia
un inganno, perché quando con occhiali colorati, fatti da me, guardavo l’ecclipsi solare, mi faceva
vedere 3 soli»34. Oppure il medico e astrologo Ottavio Brenzoni riporta che «l’occhiale è caggione
di quelle apparenze nella luna et di quelle stelle et pianeti non più veduti» 35. Tra le opposizioni più
tenaci ci fu quella dell’astronomo Martin Horky, il quale sostiene che il telescopio «sulla terra fa
cose meravigliose, ma in cielo è fallace, poiché mostra le stelle fisse come duplicate» 36. Neanche
una dimostrazione pubblica di Galileo riuscì a fargli cambiare parere, se afferma addirittura che
«erano infatti presenti più di 20 uomini dottissimi, e nessuno tuttavia poté distintamente vedere i
nuovi pianeti»37. Horky non si limitò solo ad esprimere i suoi giudizi nella sua corrispondenza, ma
scrisse e pubblicò (a sue spese38) un breve libretto dal titolo Brevissima peregrinatio contra
Nuncium Sidereum. Tuttavia, l’esito di queste «grossolane e approssimative» 39 obiezioni fu
solamente quello di attirare disprezzo su di sé40.
Anche se oggi può sembrare impossibile una tale resistenza verso l’utilizzo di uno strumento, la
svolta del metodo scientifico effettuata grazie all’utilizzo del cannocchiale è, come già detto in

31
ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna, p.116.
32
Ivi, p.114
33
Ibidem.
34
Citato in BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p.88.
35
Citato in ivi, p. 106.
36
Citato in ivi, p. 89.
37
Citato in ivi, p. 91.
38
Cfr. BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p.94.
39
Ivi, p.98.
40
Keplero, per esempio, scriverà a Galileo che sono «pagine indegne su cui perdi solo tempo» (ibidem).
7
precedenza, epocale. La breve rassegna riportata poco sopra è sufficiente per comprenderne la non
scontatezza. Paolo Rossi afferma, infatti, che:
la storia, anche quella della scienza, serve a mostrarci che le cose che ci appaiono ovvie un tempo
non furono affatto tali e che dietro molte apparenti ovvietà sono nascoste difficili conquiste 41.
Bucciantini, Camerota e Giudici propongono a questo proposito un parallelo con la scoperta e
colonizzazione americana, usato molte volte dagli stessi scienziati del XVII secolo:
Se Cortés scriveva dei templi atzechi come se si trattasse di moschee, allo stesso modo molti
puntarono il telescopio verso il cielo ma restarono prigionieri della loro immagine del mondo42.

6. Dalla parte di Galileo


Gran parte della comunità scientifica europea era in attesa del pronunciamento del celebre
astronomo Giovanni Keplero, la cui autorità, rispettata da tutti, avrebbe sancito l’accoglimento o il
rifiuto dei lavori di Galileo. In realtà, però, Keplero era già a favore di Galileo («ma come non
credere a un matematico così profondo, di cui perfino lo stile palesa chiaramente la rettitudine del
giudizio?»43), nonostante fosse consapevole, come altri scienziati, della carenza teorica del Sidereus
(mancava infatti una seria trattazione ottica). Keplero compilò la Dissertatio cum Nuncius Sidereus,
pubblicata in ottobre 1610, nella quale inseriva il lavoro di Galileo nella prospettiva storica,
mostrando le novità, ma anche citando gli scienziati contemporanei che erano arrivati a conclusioni
analoghe. Infine, espone anche quali potrebbero essere degli eventuali complementi a quanto fatto
da Galileo (per esempio utilizzare il cannocchiale per precisare le distanze e le grandezze di terra,
luna e sole)44. Tuttavia, contrariamente alle aspettative, la Dissertatio non riuscì nell’intento di
convincere la totalità della comunità scientifica, forse perché molte delle “novità” introdotte da
Galileo, seppur non quelle fondamentali, venivano ricondotte ad altri.
Anche solo dalla vicenda di Keplero è facile capire che l’affermazione del cannocchiale (e
soprattutto della rivoluzione metodologica causata da esso) non avvenne tramite scontri diretti e
prese di posizione esplicite. A questo punto, allora, è utile cambiare punto di vista: più che
investigare le strategie di attacco e difesa nei confronti di Galileo, è interessante ricostruire invece
come il cannocchiale si diffuse grazie alla passione e all’interesse di alcuni scienziati.
In Francia, per esempio, già a luglio del 1610 la regina Maria de’ Medici aveva fatto richiesta del
cannocchiale di Galileo, che era ormai considerato «uno dei doni più ricercati e desiderati» 45 a

41
ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna, p.115.
42
BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p.275.
43
Citato in ivi, p.113.
44
Per maggiori dettagli si veda l’articolo LAURA SIMONI VARANINI, La “Dissertatio cum Nuncio Sidereo” tra Galileo e
Bruno, «Bruniana & Campanelliana», IX (2003), n°1, pp.207-215
45
BUCCIANTINI – CAMEROTA – GIUDICE, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, p.177.
8
Parigi. Dopo qualche traversìa46, ad agosto del 1611 arrivò l’agognato strumento. L’ambasciatore
fiorentino Matteo Botti informava in seguito Galileo che attraverso l’uso del cannocchiale «tutto è
stato approvato per verissimo»47 dai gesuiti del collegio di La Flèche48. Le potenzialità astronomiche
del cannocchiale interessarono non solo scienziati professionisti: un esempio ne è il consigliere del
parlamento di Aix-en-Provence Nicolas Fabri de Peiresc, che già conosceva Galileo 49. Peiresc, dopo
aver cercato invano di procurarsi un buon telescopio, riuscì a costruirsene uno di buona fatta, col
quale non solo confermò le osservazioni di Galileo, ma addirittura completò «il più grande archivio
dell’età moderna che ci sia rimasto su Giove e i suoi satelliti»50.
Anche in Inghilterra ci fu un gruppo di scienziati che adottarono il nuovo strumento all’interno delle
loro ricerche: il Northumberland Circle51. Anzi, è stato provato52 che uno dei suoi membri, Thomas
Harriot, osservò il cielo notturno con un cannocchiale costruito da lui prima di Galileo. Con
profondo spirito scientifico, tuttavia, accolse il Sidereus senza desiderio di rivalsa né volontà di
rivendicare il primato delle sue osservazioni. Anzi, Harriot sfruttò le osservazioni di Galileo per
costruire un’interpretazione efficace del proprio lavoro. D’altra parte è vero che «non bastava
osservare un fenomeno per coglierne la vera natura, ma bisognava anche saperlo interpretare»53.
Concludiamo questa carrellata di esempi con un personaggio italiano: il cardinale Federico
Borromeo. La sua passione per l’astronomia era nota anche ai contemporanei 54, quindi possiamo
immaginarci l’entusiasmo del cardinale alla lettura del Sidereus. Munito di telescopio, infatti, anche
Federico si mise allo studio del cielo, confermando tutte le osservazioni galileiane. Tuttavia, prende
posizione esplicitamente per quanto riguarda l’interpretazione, rifiutando in modo netto ogni
posizione copernicana, con frasi che richiamano le Sacre Scritture, come per esempio la seguente:
«si confuti la questione del moto della Terra di Galileo per mezzo del Salmo 135»55.

7. I difficili rapporti con la Chiesa


Con Borromeo ci avviciniamo ad una questione che non può essere passata sotto silenzio: i difficili
rapporti tra Galileo e la Chiesa. In effetti, come dice Camerota, tutte le nuove scoperte di Galileo
sancivano «la fine non solo di un’immagine del cosmo, ma anche di un modello culturale dominato

46
Si veda ivi, p.178.
47
Ivi, p. 179.
48
Per una breve descrizione del collegio si veda ivi, pp.172-174.
49
Cfr. ivi, p.165.
50
Ivi, p. 168.
51
«I Northumberland Circle si caratterizzava dunque per la promozione della nuova cultura filosofica e scientifica in
contrapposizione a quella aristotelica che dominava incontrastata in tutte le università» (ivi, p.135).
52
Cfr. ivi, pp. 146.
53
Ivi, p.144.
54
Si veda ivi, p. 187.
55
Citato in ivi, p.190.
9
da un’impostazione antropocentrica e finalistica»56. Non stupisce il fatto che Galileo stesso volle
sottoporre i suoi lavori a Cristoforo Clavio, il più importante matematico della Compagnia di Gesù.
Il suo principale obiettivo, ormai, non era più solo interno alla scienza, ma più propriamente era «un
radicale mutamento del quadro culturale»57. Sollecitato dalle intenzioni di Galileo, ma anche dai
rapporti con Paolo Sarpi, il 17 maggio 1611 si riunì il Sant’Uffizio romano per discutere le idee
dello scienziato fiorentino. Questo fu la prima iniziativa romana di accertamento nei confronti di
Galileo, il quale, tuttavia, non sembrava rendersi conto dei rischi che correva. Infatti nel 1632
pubblicò un nuovo saggio dal titolo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, nel quale
approfondisce la sua interpretazione del mondo, schierandosi dalla parte di Copernico. Anche se si
mosse con intelligenza, le conseguenze teologiche delle sue tesi, in aggiunta alla scelta del volgare
al posto del latino (per raggiungere quindi il pubblico «delle corti, della borghesia, del clero, dei
nuovi ceti intellettuali»58), fecero irritare l’inquisizione. Galileo fu quindi processato nel 1633 e
costretto a pronunciare la celebre abiura 59. Occorre sottolineare, però, che Galileo non era contro le
Sacre Scritture, ma anzi ne voleva proporre una nuova lettura 60, che tenesse conto delle ultime
scoperte scientifiche61. È questo sconfinamento in un campo non suo che portò all’irrigidimento
delle posizioni. Piero Guicciardini, in una lettera a Cosimo II del 4 marzo 1616, riassume in modo
sintetico ed efficace i pregi e i difetti di queste azioni di Galileo: lo scienziato ebbe «estrema
passione e poca prudenza a saperla vincere»62.

Conclusione
L’importanza della tematica scientifica nel panorama culturale è una questione di assoluta
importanza, specialmente nell’ultimo secolo, quando la cultura scientifica sembra essersi
inesorabilmente separata dalla cultura umanistica. La scienza viene spesso relegata ad un sapere per
esperti e che oltre alle evidenti ricadute tecnologiche rimane isolata dalla vita quotidiana di una
persona comune. I testi affrontati in questo elaborato dimostrano il contrario, facendo percepire
quanto una singola scoperta scientifica abbia saputo modificare il rapporto con cui l’uomo guarda

56
Ivi, p. 224.
57
Ivi, p.237.
58
ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna, p.124.
59
«Con cuore sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie […] e giuro che per
l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa haver di me simil sospitione,
ma se conoscerò alcun heretico o che sia sospetto di heresia, lo denuncerò a questo S. Offizio» (citato in ROSSI, La
nascita della scienza moderna in Europa, p.139).
60
Galileo partiva infatti dal presupposto che «non ogni detto della Scrittura è legato ad obblighi così severi come ogni
effetto di Natura» (dalla lettera a Castelli del 21 dicembre 1613, citata in ivi, p. 115).
61
Si veda ROSSI, 1632. Galileo, la Terra, la Luna, p.126.
62
Citato in ibidem.
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alla realtà. Sarebbe importante, allora, concentrarsi su ricerche analoghe, in cui mostrare le
implicazioni culturali della scienza. E perché no, anche il viceversa!

Bibliografia
BUCCIANTINI M. – CAMEROTA M. – GIUDICE F., Il telescopio di Galileo. Una storia europea,
Torino, Einaudi, 2012
EINSTEIN A. – INFELD L., L’evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai concetti iniziali alla
relatività e ai quanti, Torino, Bollati Boringhieri, 2007
SIMONI VARANINI L., La “Dissertatio cum Nuncio Sidereo” tra Galileo e Bruno, «Bruniana &
Campanelliana», IX (2003), n°1, pp. 207-215
ROSA M., VERGA M., La storia moderna: 1450-1870, Milano, Mondadori, 2003
ROSSI P., 1632. Galileo, la Terra, la Luna, in Gli anni di Firenze, Roma-Bari, Laterza, 2009
ROSSI P., La nascita della scienza moderna in Europa, Roma-Bari, Laterza, 2000

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