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ridiscussione degli accordi sottoscritti. Così, a poco meno di quattro anni di distanza dal trattato di
Rastadt, scoppiò il caso del cardinale Alberoni.
Al fondo della vicenda stavano essenzialmente due ragioni: la consapevolezza di Filippo V d’aver
sacrificato un prezzo troppo alto sui vassoi della bilancia internazionale per il riconoscimento della
propria sovranità e l’aspirazione della regina Elisabetta Farnese di assicurare dei feudi ai suoi due
figli, Carlo e Filippo. Questi ultimi erano, come su scritto, tagliati fuori da ogni possibilità di
successione sul trono spagnolo, possibilità aperta esclusivamente ai figli che il sovrano aveva avuto
in prime nozze con Maria Luisa Gabriella di Savoia, terzogenita di Vittorio Amedeo II.
Ancora una questione di successione stava alla base del malcontento asburgico. Con la
promulgazione, nel 1713, della prammatica sanzione, Carlo VI intendeva garantire il diritto di
successione alla propria discendenza diretta anche – e questo è l’aspetto che allora parve
sconvolgente – secondo linea femminile. Il necessario riconoscimento interno ed internazionale di
tale decreto costò all’imperatore (il cui unico figlio maschio, Leopoldo, nato solo nel 1716, morì
dopo appena sette mesi) sostanziali concessioni che, unitamente all’instabilità politica, ne
caratterizzarono il regno.
Questo era il quadro entro cui, nel 1717, il cardinale Alberoni, ministro di Filippo V, con
l’appoggio degli ultimi Farnese di Parma e gli ultimi Medici toscani, dietro un banale pretesto,
attaccò ed occupò la Sardegna degli Asburgo ed in seguito la Sicilia. dei Savoia. Talché troppi
erano gli interessi lesi e minacciati nel Mediterraneo. Austria, Savoia, Francia, Inghilterra si
legarono contro l’Alberoni in una Quadruplice alleanza che in breve tempo costrinse gli spagnoli
alla pace dell’Aja (1720). La corona iberica subì un sensibile ridimensionamento del proprio peso
internazionale mentre Asburgo e Savoia scambiarono i rispettivi possedimenti di Sardegna e Sicilia.
La nuova situazione spinse Filippo V a riavvicinarsi ancora una volta alla parente Francia. Il fine
era di ottenerne l’appoggio per l’incameramento del Ducato di Parma e Piacenza e del Gran ducato
di Toscana. L’accordo, secondo le trame spagnole, doveva essere sancito dalle nozze fra Luigi XV
ed una delle figlie di Filippo V. Ma il piano saltò: l’undicenne Luigi XV rifiutò il fidanzamento con
una bimba di tre anni. Tuttavia nel 1729 la Spagna era comunque riuscita a strappare a Francia ed
Inghilterra, con il trattato di Siviglia, il riconoscimento delle proprie aspirazioni sul Ducato di
Parma e Piacenza che solo due anni dopo (quando Antonio Farnese morì senza lasciar eredi) passò
ufficialmente in mani spagnole. Solo ufficialmente però. Nei fatti Parma e Piacenza subirono
l’occupazione asburgica la quale smobilitò soltanto quando Filippo V si impegnò, in maniera
informale, al riconoscimento della prammatica sanzione.
Del 1733 è la «guerra di successione polacca» nella quale le tensioni irrisolte fra potenze
europee deflagrarono in un nuovo conflitto che ebbe nell’Inghilterra l’unica grande spettatrice. Con
la morte di Sigismondo II Augusto di Polonia si estinse, nel 1572, la dinastia Jagelloni che regnava
sul trono polacco da circa due secoli: al principio dell’ereditarietà dinastica del potere supremo fu
allora sostituito il principio dell’elettività che resse sino al tempo della rivoluzione francese.
Pertanto la distinzione della guerra di successione polacca da quella della successione a Carlo II di
Spagna è evidente. In quest’ultimo caso le potenze continentali erano scese in campo dietro meri,
ma in qualche misura legittimi, interessi dinastici; nel caso polacco il labile velo di legittimità
invece non è mai esistito. Le due fazioni in armi erano esclusivamente determinate a calamitare
ciascuna nella propria orbita di interesse il trono polacco, a porre cioè su di questo un uomo
immagine non di libera sovranità, ma, all’occorrenza, di fedele asservimento.
Il 1° febbraio morì dunque a Varsavia il re Federico Augusto II, suo successore fu eletto Stanislao
Leczinski, candidato proposto da Filippo V di Spagna e soprattutto da Luigi XV il quale ne aveva
sposato la figlia. La nomina fu però contestata dal candidato della Russia, dell’Austria e della
Prussia – le quali l’anno precedente si erano unite nel trattato delle tre aquile nere – Federico
Augusto III. L’intervento russo costrinse il Leczinski alla fuga e favorì l’insediamento sul trono di
Augusto III. I borboni replicarono con l’offensiva bellica contro l’Austria. Un anno appena e, con la
battaglia di Bitonto, l’esercito franco-spagnolo conquistò le Due Sicilie: i regni di Napoli e Sicilia
tornarono indipendenti dopo oltre due secoli di dominazione prima spagnola, poi austriaca.