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PRINCIPI DI VIDEOCRAZIA di Anton Giulio Mancino Forse a un anno di distanza le cose sono cambiate.

Ma soltanto un anno fa, allinc irca dal mese di settembre, sembrava essere diventato impossibile lutilizzo anche solo del termine videocrazia a prescindere dallomonimo film di Erik Gandini, prese ntato con clamore, peraltro prevedibile, alla scorsa Mostra di Venezia, non nell a selezione ufficiale, ma come evento speciale della Settimana della Critica in (p rudente) collaborazione con le Giornate degli Autori. Eppure, nonostante limpatto mediatico del film, in un contesto italiano dove semb ra che la censura agisca con minore efficacia e capillarit dellautocensura, occorr er ricordare che una definizione era gi stata coniata. Per videocrazia in diritto ci vile si intende il potere delle lobbies economiche sui mezzi di comunicazione di massa ed in particolare sulle radiotelevisioni; tale potere pu diventare la caus a di notevoli distorsioni sullopinione pubblica e pu delegittimare surrettiziament e i sistemi elettorali che sono istituzionalmente ancorati a principi pluralisti ci, garantistici e di trasparenza. Coloro che hanno potere sui network, infatti, hanno la possibilit di dialogare quotidianamente con gli elettori e attraverso i sondaggi [Sondocrazia] conoscerne esattamente desideri, gusti e tendenze. In ta l modo costoro sono in grado, senza ricorrere alla mediazione dei partiti politi ci tradizionali, di proporre quotidianamente programmi, idee e candidati vincent i soprattutto perch hanno lincontrollata facolt di fruire a loro piacimento degli s pazi di comunicazione politica con una presenza pi o meno latente anche nei progr ammi di puro intrattenimento (aa. vv. 2009). Ma la storia di questo termine ha radici pi lontane. Potrebbe risalire a un artic olo apparso su la Repubblica il 7 marzo del 1995 dal titolo la videocrazia il nuov o fascismo, dove lautore, Umberto Rosso, ne attribuirebbe la paternit a Massimo DAl ema, in riferimento alla situazione italiana nella quale lallora come oggi attual e premier Silvio Berlusconi sostituisce la tv ai partiti e rompe con la tradizione democratica. Ma anche sulla pagina in inglese di Wikipedia, la definizione the pow er of the image over society, la fonte primaria unaltra, peraltro dello stesso ann o. Una fonte autorevole a cui anche DAlema potrebbe realisticamente aver attinto: il lungo intervento di Gianpietro Mazzoleni, ordinario di Sociologia della Comu nicazione alla Facolt di Scienze Politiche dellUniversit degli Studi di Milano, Tow ards a Videocracy? Italian Political Communication at a Turning Point, pubblicato sullo European Journal of Communication, nel 1995. Ad essa, sebbene senza un impi ego letterale del termine in questione, si riallaccia idealmente lanalisi di Giov anni Sartori in Homo videns. Televisione e post-pensiero (1997). Dunque, siamo d i fronte a un concetto che non soltanto un concetto, ma uno stato di cose italia no, che, come giustamente sostiene Gandini nel suo Videocracy, dura da trentanni e coincide con il caso Berlusconi: caso prima ancora che politico, poi politico-me diatico. A questo punto sarebbe anche interessante spiegare come stato recepito il film di Gandini almeno sulla carta stampata. Dopo lattesa per il bisogno spasm odico di vederlo, parlarne, dire la propria partendo dalla premessa che fosse un film unicamente su e perci contro Berlusconi, se ne sminuito il valore sostenend o nelle pi benevole recensioni che sullargomento ormai tutti ne sanno molto pi di q uanto arrivi a dire Gandini. Detto altrimenti: Gandini, essendo italo-svedese, n on conosce abbastanza le cose italiane e quindi non scava pi in profondit; il film nasce datato, a fronte delle ben pi consistenti dichiarazioni pubbliche delle mo glie Veronica Berlusconi, dello scandalo legato alla neomaggiorenne Noemi Letizi a, delle dichiarazioni della escort Patrizia DAddario. Come se il valore di un fi lm, che ha dei tempi di produzione e postproduzione che non gli permettono di es sere aggiornato in tempo reale e di competere con linformazione televisiva, fosse direttamente proporzionale alla quantit di notizie ivi contenute e non alla qual it del ragionamento che da queste prende le mosse. Come se in Italia il fatto di saperne di pi, di conoscere pi particolari, garantisse a priori una maggior compet enza e non lasciasse piuttosto intravedere un grado di assuefazione che, invece, a un osservatore per met straniero manca, e si traduce anche con meno notizie fres che di giornata rigorosamente su Berlusconi in sconcerto, preoccupazione, allarm

e. Il problema, superata la fase calda veneziana, andrebbe posto in maniera diversa. I personaggi al centro del film di Gandini, da Lele Mora e Fabrizio Corona, che ne sono i veri protagonisti, a Simona Ventura o Flavio Briatore, che vi appaiono di straforo nel gran coro di aspiranti veline e tronisti, partecipano tutti, co nsapevoli o no, di un affresco che ritrae gli ultimi trentanni della televisione (e della politica) italiana dallavvento delle tv private a oggi. E di cui Berlusc oni non che il front man. Cos in definitiva la videocrazia? Secondo Gandini, italiano dorigine e svedese di ado zione, che ha pi volte affrontato nei suoi documentari aspetti chiave del mondo c ontemporaneo, come in Surplus e Gitmo, il sistema di potere televisivo, a forte densit erotica, di cui lItalia offre, oggi, lesempio pi consistente ed emblematico. Videocracy non esattamente un film su Berlusconi, ma un film sullItalia berluscon iana di lunga durata: fisiologicamente, sociologicamente e forse persino antropo logicamente berlusconiana. LItalia in cui, come afferma Nanni Moretti nel Caimano , Berlusconi ha gi vinto. UnItalia trentennale, ossessionata dallesibizionismo sess uale e dalla totale assenza di freni morali perci anche molto incapace di guardar si allo specchio , che viene restituita dallo sguardo attento di uno straniero sui generis, la cui relativa italianit gli ha consentito una conoscenza sul campo del fenomeno analizzato. Ma il suo film non rincorre lattualit o lo scandalo. Non ins egue la notizia o il gossip. O, piuttosto, estende il campo semantico del gossip a pratiche di rappresentazione sessuale a larga circolazione che, come insegnav a George Orwell in 1984 (sbagliando di poco sulla data fantascientifica, appena posteriore rispetto alla genesi storica del fenomeno), consentono un manteniment o del potere a livello pulsionale, e quindi pi capillare ed efficiente. Non casua le che la videocrazia punti molto sulla visualizzazione della componente erotica, sottraendola cos alle utopie rivoluzionarie marcusiane, e mantenga un rapporto di stretta contiguit con la pornografia, la cui massima diffusione cinematografica a livello mondiale si ebbe nei primi anni Settanta come risposta alla liberazion e sessuale e al Sessantotto, e in Italia con il dovuto e mirato ritardo nel 1978 , come reazione al movimento femminista e in concomitanza con lavvento delle tv p rivate, dove sia i variet a tema che i film pornografici circolarono indisturbati. Poi i film furono girati non pi in pellicola ma in video. Insomma, ad ogni epoca il suo supporto. E i suoi canali di diffusione. Lo dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, la nuova frontiera di internet che sta contribuendo in modo cospicuo a generare un contesto allargato, quasi normalizzato per la pornografia audiovisiv a. E che, ad esempio, consente a chiunque di inserire su un qualsiasi motore di ricerca parole come sex, hard, porn o persino gossip e vintage per ritrovarsi imm te su una miriade di siti che consentono la visione di lunghe sequenze di film p ornografici, recenti o del passato, promosse queste ultime al rango di classici, c on tanto di giudizi critici superlativi e nostalgici, senza necessariamente iscr iversi o dare il proprio improbabile assenso di soggetti maggiorenni (come se po i la maggiore et fosse indice di una sopraggiunta maturit intellettuale necessaria a far che? A guardare i film a luci rosse). C persino un sito italiano uno per mo do di dire, perch probabilmente sono molti di pi di cui eviteremo di indicare il l ink preciso per ovvie ragioni, fidando piuttosto nelloperato della polizia postal e. Un sito che consente laccesso diretto a lunghi brani di film pornografici o a film interi senza nemmeno il bisogno di registrarsi, di acquistare o di dichiara re formalmente alcunch, aggirando lingresso principale, lhome page. Ma qui la furbi zia dellutente pruriginoso centra ben poco. La verit, come si diceva, unaltra: sotto falsi filtri, la facilit di accedere alla pornografia il vero obiettivo, renderl a pervasiva, onnipresente, a portata di mano, come una realt perfettamente fruibi le. Con una contropartita, orwelliana, degna di 1984, che consiste nel ribaltare la prospettiva. Non lutente che guarda, ma il sito che guarda lui, siglando un p rincipio di complicit, di compresenza diciamo cos geografica. Cio sullo schermo in mo lti di questi siti lutente risulta immediatamente localizzabile, con buona pace d ellaccesso facilitato, del consumo gratuito delle immagini apparentemente vietate. Il sito conosce lubicazione dellutente, la zona in cui vive, da cui si connette, e gli offre contatti con soggetti disponibili nella stessa zona o negli immediati paraggi territoriali. Lanonimato viene cos trasformato in un controllo automatico

e invito a partecipare alla comunit dei pornomani. Come si pu, alla luce di tutto ci, affermare che esiste di fatto un divieto, e non sia piuttosto la pornografia un prodotto di uso e consumo agevolato, non necess ariamente a pagamento o vietato ai minori? In un contesto lo ripetiamo: orwellia no , dove si guarda e si guardati allo stesso tempo dallo schermo, e in cui lItali a si trova in prima linea, con il suo sempre pi frequente intreccio di politica e affari legati alla produzione, alla diffusione, al ricatto delle immagini porno grafiche, Videocracy si pu dire che non sia arrivato troppo tardi sul luogo del de litto. Piuttosto, ha inquadrato con largo anticipo e la giusta distanza di sicure zza per non restare invischiato da quelle stesse immagini, onde sviluppare una m isura critica singolare rispetto alle circostanze e ai personaggi rappresentati. O ai materiali di repertorio selezionati e assemblati, cui il telespettatore it aliano, volente o nolente, sembrava o sembra troppo assuefatto: distanza critica fatta di straniamento e profondo sdegno allo stesso tempo. E che sullo spettato re italiano, sedicente maggiorenne ma al pi maggioritario, che risente ormai antrop ologicamente degli effetti collaterali della videocrazia che nella fattispecie a gisce come pornocrazia diffusa, istituzionalizzata, quotidiana. E magari convint o di aver gi visto tutto ci o di saperne di pi. Videocracy, sebbene sia gi passato u n anno, sebbene non sia da tempo un film in distribuzione nelle sale, sebbene no n faccia pi notizia, sebbene sia stato anchesso digerito, sebbene trovi ormai spaz io a buon mercato e solo nelle videoteche a prezzi molto ridimensionati, a noleg gio, in vendita, nuovo o usato, pu ancora sortire un prezioso effetto terapeutico . Bibliografia AA. VV. (2009): Elementi di diritto civile, Simone, Napoli. Mazzoleni G. (1995): Towards a Videocracy? Italian Political Communication at a Tu rning Point, in European Journal of Communication, x, 3, pp. 291-319. Rosso U. (1995): la videocrazia il nuovo fascismo, in la Repubblica, 7 marzo, p. 7. Sartori S. (1997): Homo videns. Televisione e post-pensiero, Laterza, Roma-Bari (edizione accresciuta 1998).

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