LAVORO DI EDUCAZIONE CIVICA di :Costarelli Matilde, Mehdaoui Nejma, Pettirossi Caterina, Piselli
Giulia, Simonucci Elisa
La TRAMA: come è costruito il film=> Dal 2009 un gruppo di scienziati cerca di
determinare se l’Olocene (era nella quale ci troviamo da 12 mila anni) è terminato. Dieci anni di ricerche dimostrano che siamo entrati nell’Antropocene (chiamato così perché i suoi sistemi sono più influenzati dagli umani che da processi naturali). Il documentario è suddiviso in diversi capitoli. Ognuno di questi capitoli racconta i diversi modi nei quali l’uomo sta sfruttando le risorse del pianeta, intento a ricavare materiali per il solo interesse economico. Dopo ogni titolo vengono illustrati i luoghi in cui avvengono le suddette attività. Prima del capitolo iniziale ci viene mostrato il Nairobi National Park, in Kenya, dove 10mila elefanti sono stati uccisi per produrre 105 tonnellate di avorio per un valore complessivo di 150 milioni di dollari. Il primo capitolo (Estrazione) ci porta in Siberia, a Norilsk, la città più inquinata della Russia, dove si trova una grande miniera di metallo colorato e un complesso di smaltimento di metalli pesanti. Ci viene raccontato che è la città più inquinata della Russia e non presenta aree verdi. Successivamente viene illustra la cava di Carrara, da cui viene estratto uno dei marmi più pregiati al mondo. La prima parte finisce con una panoramica del deserto di Atacama, in Cile, da dove viene estratto il litio (impiegato per farmaci, alluminio, vetro e batterie per auto elettriche) attraverso un processo che implica l’evaporazione. Il secondo capitolo (Terraformazione), partendo dalla città di Imerath, illustra come l’uomo, per ricavare miniere, distrugga degli edifici. Per questo lavoro vengono usate escavatrici che arrivano a un peso di 12 mila tonnellate con una potenza di 160 kilowatt. Sono state poi collocate nuove città che contribuiscono all’inquinamento ambientale. Successivamente si passa alla British Columbia, in Canada, dove sta avvenendo un processo di deforestazione che danneggia le biodiversità presenti. Viene raccontato inoltre che sull’isola di Vancouver rimane meno del 10% delle foreste originarie. Il terzo capitolo (Tecnofossili) si focalizza sulla discarica di Nairobi, la più grande del Kenya. Qui vengono intervistate alcune persone che ci lavorano e vivono. Il quarto capitolo (Antroturbazione) illustra il Traforo del Grottardo, il più lungo traforo ferroviario del mondo. Viene mostrato poi un ex rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale utilizzato per la coltivazione di piante senza l’uso di pesticidi. Il quinto capitolo (Limiti) racconta delle 173 terre libere dai ghiacci che vengono usate per l’agricoltura e l’allevamento degli animali. Ci spiega poi che a causa dell’uso dei fertilizzanti, sono stati superati i tassi limite di azoto, fosfato e potassio. I livelli dei primi due nel terreno, nell’ultimo secolo sono aumentati esponenzialmente. Durante la spiegazione vengono illustrate immagini della miniera di potassio di Berezniki, miniera di fosfato in Florida e delle raffinerie a Houston. Il sesto capitolo (Cambiamento climatico) mostra come l’innalzamento del livello del mare stia incombendo portandoci a Venezia, dove si è verificato un allagamento della città che ha portato ad una situazione surreale: gli abitanti che giravano indossando protezioni sulle scarpe e immersi nell’acqua fino al ginocchio. Dopo questo scenario il film ci mostra delle immagini della barriera corallina di Batu Bolong, a Komodo e spiega che i coralli (esistenti da 450 milioni di anni) si sono sbiancati a causa dell’acidificazione delle acque e potrebbero scomparire alla fine del XXI secolo. Il settimo e ultimo capitolo (Estinzione) ci porta allo zoo di Londra, dove sono presenti le Tigri di Sumatra, a rischio di estinzione. Viene poi fatto un excursus sulle specie a rischio di estinzione o dati per estinti (Okapi, Gibbone dalle guance bianche, Orice dalle corna a sciabola, Tartaruga egiziana, Rana-pollo di montagna, Axolotl, Cervo di padre David e Rinoceronte bianco settentrionale). Successivamente veniamo condotti a Ol Pejeta, area protetta costantemente vigilata da guardie con il compito di proteggere la fauna dai bracconieri. Viene spiegato poi che l’estinzione degli animali ora dipende dai danni causati dall’uomo. Il MESSAGGIO: cosa trasmette il film=> Possiamo notare che la prima parte del documentario ha l’intento mostrare le condizioni in cui l’uomo sta riducendo il pianeta, inducendo nello spettatore un senso di angoscia e tragicità, mostrandogli scenari quasi surreali e inverosimili, facendogli prendere consapevolezza di ciò che ha causato. È quindi risultato fondamentale registrare e raccogliere prove a testimonianza del fatto che l’uomo sta danneggiando il pianeta Terra. Il fine del documentario è anche dimostrare che l’uomo è ancora in tempo per salvare ciò che lo circonda, seguendo uno stile di vita più sostenibile. A riprova di ciò che è possibile realizzare per fare la differenza c’è il restauro di un ex rifugio antiaereo della Seconda Guerra Mondiale, usato poi per coltivare in modo sostenibile senza l’utilizzo di pesticidi. Nel corso del documentario si percepisce gradualmente un senso di speranza, affermato nella conclusione del film dal falò delle zanne di elefante: un atto simbolico organizzato dal Kenya che vuole porre fine alla caccia non regolamentata a danno di animali in via di estinzione o già funzionalmente estinti. La speranza consiste nella visione di un modo di cambiare le azioni dell’uomo affinché egli non distrugga lo stesso pianeta che gli offre la vita ma, se non sarà così probabilmente l’indifferenza sarà la nostra condanna. Il LINGUAGGIO: come si esprime il film=> la voce narrante utilizza un linguaggio ricco di parole dal forte significato, a ribadire il pericolo che il pianeta corre e il danno causato dall’uomo. Dal tono e le parole utilizzate da alcuni intervistati possiamo sentire la disperazione o l’accettazione delle condizioni in cui devono vivere e in cui devono vivere gli animali per colpa dell’uomo. OSSERVAZIONI E RIFLESSIONI CHE IL FILM SUSCITA=> è interessante notare come le immagini nel documentario parlino e abbiano un grande impatto sullo spettatore. Lo scorrere di immagini rende il racconto coerente e ha un impatto maggiore poiché l’insieme di esse costituisce il formarsi di una narrazione circolare, infatti iniziamo e finiamo in Kenya, dove vengono ammucchiate migliaia di zanne di elefanti sequestrate ai bracconieri. Dal documentario emerge che la violenza dell’uomo non riesce più ad essere giustificata dall’economia e dal processo di “civilizzazione” che egli deve compiere. La Terra è naturalmente soggetta ad un cambiamento, ma la società umana ha trasformato questo cambiamento in qualcosa di pericoloso e irreversibile. Viene illustrato come i danni prodotti dall’uomo siano diffusi dappertutto e, anche quando si vuole mostrare l’impatto di un evento, se ne possono notare tanti altri. Un esempio è quando vengono mostrate le persone che camminano a piedi nudi in mezzo alla legna, portandone grandi quantità in testa e, scaricandole, possiamo notare come sul cumulo di legname siano presenti anche bottiglie di plastica. Il film non ha l’intento di denunciare ciò che sta accadendo, piuttosto di far prendere coscienza all’uomo delle sue azioni.
COMMENTI E INTERPRETAZIONI DELLA CRITICA: “Non è una pellicola
semplice quella canadese e potrebbe sembrare ostica per chi è lontano dal mondo della scienza, per la scelta di usare parole complesse nella narrazione. Eppure, il messaggio arriva forte e chiaro grazie alla maestria dei registi e al prezioso contributo del fotografo canadese Edward Burtynsky noto per le sue immagini di paesaggi, che hanno dato vita a un progetto a 360° affascinante e semplice nella sua complessità.” Dal sito “Eco del Cinema” “La natura marcatamente divulgativa della pellicola potrebbe far storcere il naso ai cinefili abituati a racconti per immagini più sofisticati, ma in fin dei conti, se anche si fosse optato per la totale abolizione del commento fuori campo, le terribili ma bellissime immagini da sindrome di Stendhal che vediamo sullo schermo basterebbero a raccontarci l’urgenza di un nuovo rapporto tra l’uomo e il suo ambiente.” Dal sito “Spazio Alfieri” Siti consultati per il cineforum: https://anthropocene.mast.org/ https://www.nationalgeographic.org/encyclopedia/anthropocene/ https://www.locchiodelcineasta.com/antropocene-lepoca-umana-2018/ https://www.ecodelcinema.com/antropocene-lepoca-umana-2019.htm https://www.spazioalfieri.it/antropocene/