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Violino
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Il violino è uno strumento musicale della famiglia Violino


degli archi, dotato di quattro corde accordate ad
intervalli di quinta. Il musicista che suona il violino è
detto violinista; l'artigiano che lo costruisce o lo
ripara è il liutaio.

Si tratta dello strumento più piccolo e dalla tessitura


più acuta tra i membri della sua famiglia. La corda
più bassa (e quindi la nota più bassa ottenibile) è il
sol2, il sol subito sotto al do centrale del pianoforte
(do3); le altre corde sono, in ordine di frequenza, il
re3, il la3 e il mi4. Le parti per violino utilizzano la
chiave di violino (chiave di sol). Quando devono
essere eseguite note e passaggi particolarmente
acuti, si usa un'indicazione che avvisa di trasportare
le note interessate all'ottava superiore. Fino al XVIII
secolo, invece, a seconda della tessitura dello
specifico brano o frammento musicale, veniva usato
un grande numero di chiavi secondarie: chiave di
basso all'ottava superiore[1], contralto, Il Lady Blunt, violino costruito da
mezzosoprano, soprano, e chiave di violino Antonio Stradivari nel 1721.
francese[2].
Informazioni generali
Il più noto violinista di tutti i tempi fu l'italiano Origine Italia
Niccolò Paganini, nato a Genova nel 1782 e morto a
Nizza nel 1840. Anche molti tra i liutai più famosi e Invenzione XVI secolo
apprezzati del mondo sono italiani: si ricordano Classificazione 321.322-71
Antonio Stradivari, Giovanni Paolo Maggini, Cordofoni composti,
Giovanni Battista Guadagnini ed inoltre le storiche
con corde parallele
dinastie degli Amati, dei Guarneri e dei Testore.
alla cassa armonica,
ad arco
Famiglia Viole da braccio
Indice
Uso
Com'è fatto
Le parti del violino Musica barocca
Musica galante e classica
Le parti dell'archetto
Musica europea dell'Ottocento
Materiali adottati
Musica contemporanea
Dimensioni
Musica folk
Acustica
Estensione
Accessori
La mentoniera

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La spalliera
La sordina
Suonare il violino
Diteggiatura e posizioni Genealogia
Corda vuota
Corde doppie ← Antecedenti Discendenti →
Pizzicato violino barocco violino elettrico
Vibrato Ascolto
Armonici
Tecnica dell'archetto 12:31

Accordatura Ciaccona dalla seconda partita per violino solo,


in re minore, in di Johann Sebastian Bach,
Storia
BWV 1004 (info file)
Letteratura violinistica
Dalle origini al 1700
Dal 1700 al 1800
Dal 1800 a oggi
Il violino nella musica folk
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni

Com'è fatto

Le parti del violino

Il violino, essenzialmente, è
costituito dalla cassa armonica e
dal manico, innestato nella parte
superiore della cassa; tutte le parti
sono di legno.

La cassa armonica dello


strumento, di lunghezza
tradizionale di 35,6 cm (tra i 34,9
ed i 36,2 cm), di forma curva e
complessa che ricorda vagamente
un otto, è costituita da una tavola
armonica (detta anche piano
armonico), di abete rosso e da un Alcune viste di un violino.
fondo, generalmente in acero
montano, uniti da fasce di legno
d'acero curvato. Sia la tavola che il fondo possono essere formati da una tavola unica, ma molto
spesso sono composti da due tavole affiancate specularmente, seguendo la venatura del legno.

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Le fasce sono modellate a caldo con un ferro. Fondo e piano armonico sono convessi e il loro
spessore varia, degradando dal centro dei due piani verso il bordo esterno; le elaborate
curvature si ottengono con un raffinato lavoro di scultura (sgorbiatura e piallatura) a mano. A
pochi millimetri dal bordo della tavola armonica (che sporge dalle fasce) si intaglia nella faccia
esterna della stessa tavola, lungo tutto il perimetro, una scanalatura larga poco più di un
millimetro, in cui si inserisce una rima detta filetto; esso è formato da tre strati di diverse
essenze di legno (generalmente ebano - ciliegio).Il filetto, oltre ad avere una funzione decorativa
(normale lavoro di ebanisteria che si esegue legando insieme le venature del legno) aiuta a
stabilizzare eventuali crepe "soprattutto ai margini superiore ed inferiore dello strumento, dove
il legno si presenta di testa"[3].

Nel piano sono ricavate le uniche due aperture della cassa, due fessure chiamate effe perché
hanno la forma di quella lettera dell'alfabeto nella scrittura corsiva.

Internamente, incollata per circa quattro settimi della


lunghezza totale della tavola armonica, è situata la catena,
un listello in legno di abete, lavorato e sagomato in modo
che aderisca perfettamente alla curvatura interna del piano.
Essa contribuisce a distribuire la pressione generata dalle
corde tese e a favorire la propagazione delle vibrazioni
Sezione longitudinale della cassa.
prodotte dalle corde lungo tutto il piano armonico.
La tavola è rivolta in basso (come si
vede dalle effe) e il fondo in alto.
Tavola armonica e fondo sono collegati tra loro, oltre che
Nella parte sinistra (sopra) si nota
dalle fasce, anche da un listello cilindrico di abete di circa
l'anima, in quella destra (sotto) la
6 mm di diametro, detto anima, posto all'interno della cassa
catena incollata alla tavola.
armonica. L'anima è incastrata (non incollata) fra tavola e
fondo in una precisa posizione, vicino al "piede destro" del
ponticello; serve a trasmettere le vibrazioni al fondo dello strumento e, anch'essa, interviene
distribuendo sul fondo la pressione impressa dalle corde. Il posizionamento corretto dell'anima
è fondamentale per ottenere la migliore qualità sonora ed il giusto equilibrio timbrico e di
intensità fra le 4 corde.

Nella cassa armonica è innestato superiormente il manico, di acero, che termina nella cassetta
dei piroli (o cavigliere), ornata superiormente da un fregio a intaglio, chiamato riccio. Sulla
faccia superiore del manico è incollata la tastiera, di ebano, sulla quale le corde vengono
premute con le dita.

Le estremità superiori delle corde vengono avvolte attorno ai


piroli o bischeri, inseriti nel cavigliere. Essi servono a
tenderle e modificarne la tensione e si usano quindi per
accordare lo strumento. Le corde passano su un sostegno
all'inizio del manico, chiamato capotasto; scorrono al di
sopra della tastiera e si appoggiano sul ponticello, una
lamina verticale mobile, in legno di acero, che trasmette la
vibrazione delle corde al piano armonico; vanno infine a
fissarsi alla cordiera, collegata, per mezzo di un cavo, al
bottone. Il ponticello ha due funzioni: trasmette le vibrazioni Dettaglio con ponticello e
sonore alla cassa armonica, dove vengono amplificate e attaccatura delle corde alla cordiera.
riflesse, uscendo infine dalle effe, e mantiene le corde in una Si noti l'asimmetria della curvatura
posizione arcuata, permettendo così all'archetto di toccare del ponticello, più basso dalla parte
una corda per volta. della I corda.

Il violino nella sua forma moderna è, nella sua essenza


quanto mai antica ed artigianale (non contiene alcuna parte metallica, al di fuori delle corde),

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una "macchina di precisione" in uno stato di delicato equilibrio: le forme, i vari elementi ed
anche i più minuti dettagli costruttivi, oltre alla grande cura nel montaggio, derivano da un
affinamento rimasto quasi immutato da più di 500 anni. Le curvature di piano e fondo, la forma
della catena e delle effe e lo spessore dei legni usati sono determinanti per la qualità e la
personalità del suono dello strumento. Su questi parametri si può, in parte, anche intervenire a
posteriori; spostare anche solo di un millimetro gli elementi mobili, come anima e ponticello,
provoca cambiamenti evidenti: è la cosiddetta "messa a punto" dello strumento, eseguita per
ottenere le caratteristiche sonore ricercate dal violinista o per ottimizzare la resa dello
strumento.

Cassa e riccio vengono ricoperti da una vernice, a base di olio o di alcool, ricca di resine vegetali
e vari pigmenti. I liutai sono da sempre impegnati nello studio delle antiche ricette per le vernici
e nell'elaborazione di nuove, dal momento che la vernice influisce fortemente sull'aspetto
estetico dello strumento e condiziona anche la resa sonora.

Le parti dell'archetto

L'archetto, più spesso semplicemente detto arco, è costituito da un'asticella di legno molto
elastico, modellato e curvato a fuoco, ai cui estremi (detti punta e tallone) viene agganciato,
mediante un'operazione tecnicamente definita "incrinatura" o "crinatura", un fascio di crini di
coda di cavallo maschio[4], tenuto teso da un meccanismo a vite chiamato nasetto. La bacchetta
può avere sezione circolare per tutta la sua lunghezza (più frequente negli archi di grande
pregio), oppure sezione ottagonale per più di metà arco smussandosi poi alla punta fino a
raggiungere la sezione circolare. I crini, sfregati sulle corde, le mettono in vibrazione e
producono il suono. Per ottenere l'attrito necessario a mettere in vibrazione le corde, il violinista
passa sui crini la colofonia (detta comunemente "pece") composta prevalentemente di resina di
larice e altre sostanze che determinano la possibilità per il crine di "aggrapparsi" alla corda e
metterla in vibrazione.

Materiali adottati

Il piano armonico, la catena, l'anima e altri piccoli rinforzi interni alla cassa si costruiscono con
l'abete rosso (Picea abies (L.) H. Karst.), un legno leggero ma molto resistente ed elastico,
adatto a trasmettere le vibrazioni, che a questo scopo è selezionato di venatura diritta e regolare
(sono famosi l'abete di risonanza della Val di Fiemme e anche della foresta di Paneveggio, in
Trentino, e quello della Valcanale e del Tarvisiano, in provincia di Udine, utilizzati da secoli per
la costruzione di strumenti). Fondo, fasce, manico - spesso anche il ponticello - sono di legno
d'acero dei Balcani (Acer pseudoplatanus L.), un legno duro e più "sordo", il cui compito è
quello di riflettere, più che di trasmettere, il suono; a volte si usano anche legni meno nobili,
come il pioppo, il faggio o il salice. Le parti della montatura - come piroli, capotasto, cordiera,
reggicordiera, bottone e mentoniera - sono realizzate con legno duro da ebanisteria, soprattutto
ebano, palissandro o bosso; capotasto e reggicordiera a volte sono d'osso; la tastiera è quasi
sempre di ebano; la cordiera a volte è di metallo, plastica o carbonio. Alcuni strumenti antichi
erano rifiniti con avorio o riccamente intarsiati, ma anche oggi alcune parti possono essere
rifinite con intarsi d'osso o madreperla. La stagionatura dei legni è fondamentale per la qualità
del suono e la stabilità dello strumento e i legni più stagionati sono molto ricercati e quotati.

Le corde un tempo erano fatte utilizzando budello animale, soprattutto di pecora, lavato,
trattato e arrotolato a formare un filo: questo genere di corde, con pochi adattamenti
tecnologici, venne usato fino alla metà del XX secolo[5]. Tali corde sono ancora usate
abitualmente nelle "esecuzioni filologiche", nelle quali l'uso di strumenti e tecniche esecutive
propri dell'epoca della composizione costituisce uno degli elementi guida dell'interpretazione

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musicale. Tuttavia, queste corde hanno una tendenza accentuata a perdere


l'accordatura in conseguenza delle condizioni esterne (temperatura e umidità)
e del riscaldamento prodotto dalla mano dell'esecutore, a deteriorarsi e a
rompersi con maggior facilità rispetto alle corde moderne.

Le moderne corde del La, Re e Sol sono dotate di un'anima di fibra sintetica
(nylon, rayon, o anche carbonio), oppure di budello, circondata da un
avvolgimento di seta, e sempre rivestite esternamente con una sottile fascia di
metallo (acciaio, alluminio, argento e persino oro) per conferire una maggiore
massa all'insieme, così da permettere di produrre le note più gravi
mantenendo la corda abbastanza sottile. La corda del Mi (la più acuta, detta
cantino) è quasi sempre costituita da un unico sottile filo di acciaio armonico.
Le corde con anima sintetica sono quelle oggi più frequentemente utilizzate, Particolare di
dal momento che permettono di ottenere un suono intenso e brillante con arco barocco in
maggiore durata e stabilità nell'accordatura. Per contro, degradano più legno serpente.
rapidamente rispetto a quelle con anima di budello. Il suono delle corde con
anima di budello è più potente, caldo e morbido, ma il prezzo di
vendita è più alto. La scelta viene generalmente fatta in base alle
caratteristiche dello strumento, all'uso che se ne fa, al repertorio che si
intende eseguire e alle preferenze individuali dello strumentista.

Il legno utilizzato per la bacchetta dell'archetto è generalmente di


origine tropicale (si usa soprattutto il legno chiamato comunemente
pernambuco o verzino, Caesalpinia echinata Lam.), ma oggi si sta
affermando sempre di più la fibra di carbonio come materiale di buon
rendimento e di prezzo contenuto per la fascia di qualità media. Nel
passato si usavano anche altri tipi di legno, come il legno ferro (pau-
ferro brasiliano, Caesalpinia ferrea C.Mart.) o il legno serpente
(Brosimum guianense (Aubl.) Huber ex Ducke; sinonimo: Piratinera Punte di archi moderni,
guianensis Aubl.; in francese: "amourette"), tipici degli archi del il primo di legno ferro, gli
periodo barocco[6]. altri in pernambuco.

Dimensioni

Un violino di dimensioni tradizionali è denominato intero o


4/4, ed è destinato a strumentisti che hanno raggiunto il
fisico da adulto; la sua lunghezza complessiva è
generalmente di 59 cm, mentre lo standard per la lunghezza
della cassa armonica è di 35,6 cm; questa dimensione è una
regolamentazione delle esperienze dei costruttori del
periodo della liuteria classica, presso i quali può variare dai
34 cm (il cosiddetto "violino 7/8") ai 38 cm[7]. I violini di
Antonio Stradivari hanno la cassa armonica lunga più di
Un violino 1/16 accanto a un 4/4.
36,2 cm nel periodo "sperimentale" (1691-1698), mentre si
assestano tra i 35 ed i 35,8 nella maturità[8].

I bambini che suonano il violino utilizzano strumenti di dimensioni ridotte, i quali, pur avendo
le varie parti proporzionalmente più piccole, sono funzionalmente identici ai violini di
dimensioni normali. Questi strumenti sono realizzati nei tagli di tre quarti (corrispondente a
una lunghezza della cassa da 32 a 34 cm), mezzo (da 30 a 32 cm), e così via fino al sedicesimo.

Occasionalmente, un adulto di piccola corporatura può usare un violino 7/8, anziché uno di
dimensioni standard; questi strumenti, talvolta chiamati "violini da donna", hanno una cassa

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armonica lunga 34–35 cm.

Acustica
Lo spessore del legno e le sue proprietà fisiche incidono grandemente sul suono prodotto dal
violino. L'intensità ed il timbro dipendono in larga misura dal modo in cui la cassa armonica si
comporta da un punto di vista acustico, secondo gli schemi determinati dal fisico tedesco Ernst
Chladni. I cosiddetti nodi (che corrispondono ai punti dove non si ha movimento), individuati
tramite dei granelli di sabbia sparsi sulle placche mentre queste vibrano a certe frequenze,
corrispondono a quello che viene chiamato "schema di Chladni"[9]. Questo procedimento di
controllo e verifica delle vibrazioni e della risonanza viene utilizzato dai liutai per verificare il
lavoro prima di terminare il montaggio dello strumento. La conoscenza della frequenza di
vibrazione della tavola armonica e del fondo di un violino può, d'altra parte, ottenersi per via
teorica[10] in base alle caratteristiche del legno, allo spessore ed alla sua distribuzione nella
tavola e nel fondo.

Accessori

La mentoniera

Posta al di sopra o a sinistra della cordiera, e ancorata per


mezzo di una staffa in metallo al fondo del violino sul suo
bordo posteriore, la mentoniera è un pezzo di legno (o di
plastica) sagomato, sul quale il violinista può appoggiare il
proprio mento mentre suona. La mentoniera può essere
fatta di ebano, palissandro, bosso o plastica.
Una mentoniera modello Guarneri.
L'invenzione della mentoniera si deve al violinista Louis
Spohr, che ne dà diffusione nella sua Violinschule (1832).
Nonostante ciò, non tutti i maggiori violinisti nel XIX secolo la utilizzavano.

La spalliera

La spalliera è un accessorio rimovibile fatto di legno,


alluminio, fibra di carbonio o plastica. Solitamente di altezza
regolabile, si applica ai bordi del fondo dello strumento per
mezzo di piedini di plastica morbida oppure rivestiti di
gomma. Lo scopo della spalliera è quello di permettere una Spalliera per violino.
postura più confortevole al violinista, fornendo un sostegno
sulla spalla e impedendo allo strumento di scivolare. Si
tratta di un'invenzione relativamente recente e, benché il suo uso sia abbastanza comune fra i
violinisti e i violisti moderni, non è adottata universalmente. Alcuni musicisti, infatti,
preferiscono ricorrere a spalline in materiale spugnoso, cuscinetti, panni ripiegati ecc., oppure,
talvolta, non interpongono alcunché fra la spalla e lo strumento.

La prima testimonianza dell'uso di sostegni simili alla spalliera si deve a Pierre Baillot, che nel
1834 suggeriva l'uso di uno spesso fazzoletto o di un cuscino per tenere lo strumento in maniera
comoda.

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La sordina

Il suono del violino può essere alterato per mezzo della sordina, un piccolo
blocchetto che può essere in gomma, in legno o in metallo, e che viene
agganciato al ponticello, di solito in mezzo alle due corde del Re e del La.
Smorzando le vibrazioni del ponticello stesso, provoca l'emissione di un
suono più dolce e delicato, con minori armoniche sopra ogni nota che viene
Una "sordina da suonata. Viene spesso utilizzato per studiare a volume più basso ed anche
notte", usata per nelle esecuzioni in cui è richiesto un suono più smorzato.
studiare senza
creare disturbo
agli altri.
Suonare il violino
L'arco si impugna con la mano destra
all'estremità dove si trova il tallone o nasetto e viene fatto
scorrere perpendicolarmente alle corde, circa a metà tra il
ponticello e la fine della tastiera, mettendo in vibrazione la
corda prescelta.

L'altezza delle note è controllata dalla mano sinistra,


regolando la lunghezza della parte vibrante della corda
mediante la pressione delle dita sulla tastiera.

Le corde del violino possono anche essere suonate Come si impugna l'arco.
pizzicandole con la mano sinistra o destra.

Diteggiatura e posizioni

A causa delle sue caratteristiche sonore, il violino non possiede tasti che delimitino il punto di
appoggio delle dita[11], come invece avviene su altri strumenti a corda (tasti fissi nella chitarra,
mobili nella viola da gamba). L'esecutore deve ottenere la posizione esatta delle dita sulle corde
basandosi unicamente sulla propria abilità (la cosiddetta "memoria muscolare"), altrimenti il
suono risultante sarà stonato o totalmente sbagliato. I violinisti vi si esercitano costantemente,
in parte per addestrare le dita a raggiungere automaticamente la posizione corretta, in parte per
migliorare l'abilità nel correggere il più rapidamente possibile eventuali differenze tra la nota
desiderata e quella emessa.

Le dita sono numerate convenzionalmente dal "primo" (l'indice) al "quarto" (il dito mignolo). Il
pollice non tocca mai nessuna corda: viene usato solo come supporto per il manico per
contrastare la pressione delle altre quattro dita. Le cifre dall'1 al 4 a volte compaiono sulle parti
per violino, specialmente nelle edizioni a carattere didattico, per indicare quale dito deve essere
usato poiché la mano si può spostare nelle diverse posizioni lungo il manico.

La posizione basilare della mano sinistra è più vicino possibile al capotasto ed è chiamata prima
posizione. In prima posizione si può accorciare la zona vibrante della corda al massimo di un
terzo della sua lunghezza, aumentando in questo modo l'altezza della corda di una quinta[12]. Per
eseguire note più acute, si fa scorrere la mano sinistra sul manico del violino verso la cassa
armonica (in direzione del viso dell'esecutore) e si premono le dita sulla tastiera nella nuova
posizione. Il limite delle note alte raggiungibili dal violino è determinato in gran parte
dall'abilità dell'esecutore. Un buon violinista può facilmente suonare più di due ottave su una
singola corda, e raggiungere un'estensione di quattro ottave con l'intero strumento.

I violinisti spesso cambiano posizione sulle corde più basse, anche se ciò a prima vista

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sembrerebbe superfluo, non per raggiungere suoni particolarmente acuti, che si potrebbero
eseguire più facilmente in prima o seconda corda, ma per motivi squisitamente sonori: infatti,
questo permette di limitare i "cambi di corda" (cioè il passaggio da una corda ad un'altra)
all'interno di una frase musicale in modo tale da rendere il timbro più uniforme, o di ottenere
un suono particolare, dal momento che ciascuna corda dello strumento ha un diverso colore
sonoro. Si tratta di una scelta interpretativa venuta in uso a partire dalla seconda metà del XVIII
secolo[13]. Talora i compositori stessi prescrivono al violinista la corda da utilizzare per un certo
passaggio. In altri casi la scelta della posizione è forzata dall'impossibilità di eseguire in altri
modi certi accordi o passaggi particolarmente ardui.

Corda vuota

Un timbro particolare è quello risultante dal suono della cosiddetta corda vuota, ossia della
corda senza che vi si trovi alcun dito della mano sinistra. La corda vuota dà il suono della nota
corrispondente (Sol, Re, La, Mi), con una connotazione particolare, derivante dall'assenza
dell'azione di smorzamento di un dito e dal fatto che non è possibile l'azione del vibrato[14]. A
parte il Sol2 (che non può essere ottenuto in altro modo), le corde vuote vengono generalmente
utilizzate per produrre un effetto particolare, oppure per comodità nei passaggi.

Un effetto abbastanza singolare che viene ottenuto per mezzo della corda vuota è il bariolage.
Per realizzarlo, il violinista esegue la stessa nota di una delle corde vuote (necessariamente il Re,
il La o il Mi) sulla corda immediatamente più bassa, quindi sposta l'archetto con un movimento
rapido ondeggiante, provocando alternativamente la vibrazione della corda vuota e di quella che
riporta la pressione del dito della mano sinistra. Il suono ottenuto ha la stessa altezza, ma il
timbro della corda vuota rispetto a quella dove si trova il dito risulta diverso. Il bariolage era un
accorgimento particolarmente utilizzato da Franz Joseph Haydn che lo ha impiegato, ad
esempio, nel suo quartetto d'archi Opera 50 n° 6, e nella Sinfonia n° 45 detta "degli addii".

Corde doppie

L'uso polifonico del violino consiste nel suonare contemporaneamente due corde contigue; esso
è chiamato "corde doppie" ed anche "raddoppio" nell'ambito della musica folk, nella quale viene
largamente utilizzato. Per realizzare questa tecnica è necessaria una grande coordinazione di
movimenti e un'elevata precisione nella posizione della mano sinistra e della relativa
diteggiatura: l'azione di più di un dito della mano sinistra richiede uno sforzo maggiore e grande
esattezza per evitare di produrre una stonatura. È possibile anche suonare su tre o su tutte e
quattro le corde suonando l'accordo a mo' di arpeggio, in quanto, a causa della curvatura del
ponticello, non è possibile eseguire i suoni dell'accordo contemporaneamente.

I primi esempi di utilizzo della tecnica delle corde multiple nel violino si ritrovano nel Capriccio
stravagante (1627) di Carlo Farina e in alcune sonate dell'opera VIII di Biagio Marini (1629). Le
corde doppie ebbero particolare importanza nell'opera di vari compositori del tardo '600
tedesco ed austriaco (Johann Schop, Johann Heinrich Schmelzer, Johann Jacob Walther,
Heinrich Biber, Nicolaus Bruhns e Johann Paul von Westhoff) e sono la caratteristica
preminente in alcuni dei capisaldi della letteratura solistica per il violino, dalle Sonate opera V
di Arcangelo Corelli alle Sonate e partite per violino solo di Johann Sebastian Bach, dai Capricci
di Niccolò Paganini alle sonate per violino solo di Eugène Ysaÿe, Sergej Sergeevič Prokof'ev,
Ernest Bloch, e di tutti gli altri compositori che hanno dedicato opere solistiche al violino nel
corso del XX secolo.

Pizzicato

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Il pizzicato si ha quando il violinista non utilizza l'archetto ma "pizzica" la corda col polpastrello
di un dito della mano destra (solitamente l'indice o il medio) in direzione parallela al ponticello,
come l'arco, ma circa a metà della lunghezza della corda, ovvero al di sopra della tastiera. Il
pizzicato comporta l'ottenimento di un suono ben diverso da quello prodotto con l'archetto,
breve e rapido. Sulla partitura, il ritorno all'uso dell'archetto viene indicato con la parola arco.

Esiste anche un tipo di pizzicato eseguito con le dita libere della mano sinistra, indicato in
partitura con una croce sopra le note interessate. Cambiando il punto in cui la corda viene
pizzicata e in considerazione della posizione particolare della mano sinistra in relazione alla
corda, il suono ottenuto è molto diverso: più debole e meno risonante. È possibile anche
combinare il pizzicato con la mano sinistra e quello con la mano destra o eseguire il pizzicato
mentre si suona con l'arco dando origine ad effetti particolari.

Un particolare tipo di pizzicato è il pizzicato alla Bartók, che si esegue tirando con forza la corda
verso l'alto, producendo un suono più deciso ed energico.

Vibrato

Nell'odierna modalità di esecuzione della musica classica, il vibrato è parte integrante del suono
e viene eseguito in maniera continua, con la sola eccezione dei passaggi particolarmente rapidi.
Esso consiste in un'oscillazione rapida ma contenuta dell'altezza del suono, alternativamente al
di sotto e al di sopra della frequenza esatta della nota. Ciò viene ottenuto oscillando in avanti e
indietro (lungo la direzione della tastiera) il polpastrello del dito che preme sulla corda.

Spesso si pensa che il vibrato possa in qualche modo nascondere un'intonazione imprecisa della
nota, dal momento che se il suono varia leggermente l'orecchio umano non dovrebbe afferrare
eventuali imprecisioni. In realtà alcune ricerche a carattere sperimentale hanno dimostrato il
contrario[15]. L'orecchio umano riconosce la media della frequenza di una nota (e delle sue
variazioni) eseguita con il vibrato con la stessa precisione con cui riconosce quella di una nota
ferma. Non è detto che i risultati ottenuti in condizioni sperimentali siano sempre del tutto
compatibili con quanto risulti nelle esecuzioni dal vivo: l'effetto del vibrato, quando i tempi sono
rapidi, può comunque mascherare alcune imperfezioni nell'intonazione delle singole note.

Non esiste un unico tipo di vibrato: esso è innanzitutto molto personale, dato che fa parte della
personalità del suono di ciascun esecutore; inoltre, il vibrato deve adattarsi al tipo di musica che
si sta eseguendo. Nelle consuetudini esecutive odierne, per la musica romantica è richiesto un
vibrato abbondante ed energico, per la musica classica è preferito un vibrato continuo ma
contenuto. Alcuni generi musicali richiedono un uso limitato del vibrato: fino a non molto
tempo fa si riteneva che dovesse essere insegnato come qualcosa di necessario e dato per
assunto a meno che lo spartito non richiedesse espressamente il contrario; con l'avvento dello
studio della prassi storica della musica del passato, ci si è resi conto che il vibrato fino a tutto il
XIX secolo era un effetto, un vero e proprio abbellimento che la convenzione dell'epoca indicava
di eseguire in casi specifici e non indiscriminatamente su un intero brano musicale[16].

Il vibrato viene anche considerato come un'impronta digitale dei grandi interpreti, proprio per
la singolarità fisico/corporea di ogni esecutore che rende il suono personalissimo.

Armonici

Gli armonici possono essere creati sfiorando la corda con un dito, senza però premerla sulla
tastiera. Il risultato è un suono più acuto, dal momento che la presenza del dito blocca la nota
fondamentale della corda; per questo la corda deve essere sfiorata esattamente in

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corrispondenza di uno dei nodi, con una divisione esatta della corda stessa. Per esempio,
precisamente a metà, o un terzo: quando il dito sfiora il nodo in uno di questi punti la corda
vibra in modo diverso, in questi due esempi, rispettivamente, nelle due metà uguali e nelle due
suddivisioni di un terzo e due terzi in cui si divide, risultando in un suono più alto di un'ottava
nel primo caso e di una dodicesima (ottava più quinta) nell'altro caso.

Gli armonici sono segnati nella partitura con un piccolo cerchietto sopra la nota, che determina
il tono dell'armonico stesso. Esistono due tipi di armonici, quelli naturali e quelli artificiali.

Gli armonici naturali sono del tipo descritto nel primo paragrafo, si ottengono semplicemente
toccando la corda con un dito in un punto nodale. Questa tecnica è relativamente facile, quindi
adatta sia ai principianti, sia agli studenti di livello intermedio.

Gli armonici artificiali, invece, sono molto più difficili da ottenere, normalmente sono alla
portata soltanto dei violinisti che hanno già raggiunto un buon livello di padronanza con lo
strumento e con questa tecnica in particolare. Questo metodo di realizzazione dell'armonico
prevede che un dito prema normalmente la corda in un certo punto, per esempio la corda del Re
per ottenere un "Mi", con un altro dito che sfiori la corda una quarta più in alto, in questo caso
sulla posizione della nota "La". Quando il violinista preme la corda in un punto e la tocca
leggermente con il quarto dito nella maniera descritta, viene sfiorato il nodo che si trova ad un
quarto della lunghezza della parte della corda che vibra, provocando la vibrazione della corda in
quattro parti, producendo un suono di due ottave più in alto della nota che viene suonata (nel
caso descritto un "Mi"). La distanza tra le due dita deve essere assolutamente precisa, altrimenti
l'armonico non suona. Inoltre, anche la pressione dell'archetto, oltre a quella delle due dita deve
essere esattamente calibrata, pena la perdita del suono. Questo è il motivo della maggiore
difficoltà della realizzazione degli armonici artificiali rispetto a quelli naturali.

La notazione musicale degli armonici artificiali utilizza di norma due note sulla stessa astina: la
nota più bassa utilizza una nota normale che indica dove la corda viene tenuta premuta con il
primo dito, mentre la nota più alta utilizza una nota a forma di rombo, che indica la posizione
dove la corda viene leggermente toccata con il quarto dito.

Brani assai elaborati con l'utilizzo degli armonici artificiali si trovano nelle composizioni di tipo
virtuosistico per violino, specialmente del XIX secolo e dell'inizio del XX, come ad esempio nelle
danze rumene di Béla Bartók o nella Csárdás di Vittorio Monti.

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Gli armonici

Tecnica dell'archetto

Anche se la diteggiatura ed il vibrato hanno un'influenza sulle caratteristiche timbriche, il suono


del violino dipende essenzialmente da come viene utilizzato l'archetto. Ci sono molteplici
elementi che, abilmente combinati, producono un suono più o meno forte in termini di intensità
acustica o ne modificano il timbro: la velocità di movimento, la pressione sulla corda, la
distanza dal ponticello.

Un'alterazione innaturale della distanza dal ponticello viene utilizzata per particolari effetti
sonori. Suonando vicino al ponticello si ottiene un suono più intenso del solito, chiamato
sforzato (sullo spartito: sfz); suonando invece spostandosi con l'archetto verso la parte
opposta, in direzione del manico, fino al limite o sopra la tastiera (sul tasto) si produce un
suono più etereo e delicato, con un'enfasi sulla fondamentale.

Vi sono diverse specie e combinazioni di arcate, che si riuniscono sotto il termine di generico
colpi d'arco. Possono essere distinte in:

▪ suoni tenuti, senza interruzione, detto détaché;


▪ suoni staccati, cioè separati l'uno dall'altro, mantenendo l'arco a contatto con la corda;
▪ suoni spiccati, con l'arco sollevato dalla corda tra un suono e l'altro;
▪ suoni legati, cioè più note suonate nella stessa arcata;
▪ suoni portati, cioè note suonate nella stessa arcata, ma separate, divise rispetto al legato.

Nel primo gruppo, abbiamo il colpo d'arco sciolto, nel caso che vi sia un'arcata per ogni nota, e il
legato, quando in un'arcata vengono eseguite due o più note.
Nel secondo gruppo, abbiamo il martellato (detto anche grande staccato), in cui le note sono
eseguite con forza, una per arcata, e il picchettato, quando un'arcata comprende più note.
Quando però i suoni eseguiti nella stessa arcata sono solo leggermente separati, abbiamo il
portato.
Nel terzo gruppo abbiamo dei colpi d'arco caratterizzati dal fatto che la sollecitazione data alla
bacchetta per eseguire ciascun suono ne provoca una reazione elastica di sollevamento dalla

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corda. Questo crea un tipo di staccato con un effetto acustico molto diverso dal precedente. Nel
caso di una nota per arcata, quando la velocità crea il sollevamento spontaneo dell'arco, si ha il
saltellato; quando la velocità è minore, e quindi il violinista deve fare un'azione volontaria per
facilitare il sollevamento dell'arco, abbiamo lo spiccato; infine, quando il movimento è ancora
più lento ed è quasi impossibile sfruttare l'elasticità naturale della bacchetta per sollevare l'arco,
abbiamo il martellato volante. Passando alle arcate comprendenti più note, con l'arco che si
solleva brevemente tra una nota e l'altra, abbiamo il picchettato volante. Infine, quando l'arco
non è sollevato tra una nota e l'altra, ma gettato dall'alto prima di eseguire due o più suoni, il
colpo d'arco è detto gettato o balzato[17].

Vi sono anche tecniche non convenzionali nell'utilizzo dell'arco. Ad esempio, le corde possono
essere percosse con il legno della bacchetta (col legno). Ciò produce un suono percussivo, che
può avere grande effetto quando è realizzato dall'intera sezione orchestrale degli archi, dal
momento che l'intensità sonora prodotta da ciascuno strumento con questa tecnica è molto
debole. Una seconda tecnica percussiva, più moderna, è chiamata "chop": in questo caso le
corde vengono colpite con la porzione dei crini vicina al tallone dell'archetto, che risulta più tesa
e maggiormente dall’esecutore. Questa tecnica è utilizzata da alcuni musicisti jazz, tra cui il
Turtle Island String Quartet.

Accordatura
Il violino viene accordato ruotando i piroli (chiamati anche bischeri) nel cavigliere. Dal
momento che le corde sono avvolte intorno ad essi, il loro movimento aumenta o diminuisce la
tensione. La corda del La viene accordata per prima, generalmente a 440 Hz (il diapason
d'orchestra è, invece, per lo più a 442 Hz), utilizzando un corista o un diapason;
alternativamente si possono usare il tasto corrispondente sul pianoforte, oppure accordatori
digitali. Le altre corde vengono accordate in rapporto alla prima, ad intervalli di quinta
ascendente.

È possibile installare sulla cordiera del violino delle viti di precisione, che
permettono una regolazione molto più sottile della tensione della corda.
Questo accessorio è utilizzabile solo con le corde di metallo, e d'altra parte
queste sono le più disagevoli da accordare attraverso i piroli, in quanto
anche attraverso un movimento molto contenuto la loro tensione cambia in
maniera molto più accentuata che con le corde di altri materiali. La facilità
Cordiera con
di utilizzo ne fa un elemento indispensabile nella fase di studio dei
quattro tiracantini
principianti; tuttavia, la loro presenza ha il difetto di appesantire la cordiera
incorporati.
con effetti negativi sul suono. Pertanto, da parte dei professionisti, questo
ausilio viene utilizzato solo per il cantino (da cui il nome di tiracantino o
tendicantino), in quanto normalmente solo questa corda è interamente in metallo.

Spesso delle piccole modifiche all'accordatura vengono fatte tirando una corda con un dito, per
allentarla leggermente ed assestarla.

L'accordatura abituale (Sol-Re-La-Mi) può occasionalmente essere modificata per determinate


esigenze musicali, sia nella musica classica (dove questa tecnica è nota come scordatura), sia in
alcuni stili folk. Un esempio famoso di scordatura nella musica classica è la Danza Macabra di
Saint-Saëns, in cui la corda del Mi del violino solista è accordata in Mi♭, al fine di conferire
un'inquietante dissonanza alla composizione. Un altro esempio è dato dal terzo movimento di
Contrasti, di Béla Bartók, in cui la corda del Mi viene accordata in Mi♭ e quella del Sol in Sol♯.

Nel jazz e nella musica folk sono spesso impiegati violini con cinque o più corde.

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Storia
Le fonti più antiche riguardanti il violino ci permettono di far risalire la sua nascita all'inizio del
XVI secolo.

Anche I primi esemplari (i cosiddetti protoviolini) erano probabilmente soltanto un'evoluzione


di strumenti ad arco preesistenti. Erano costruiti in "famiglie" comprendenti 3 taglie diverse di
strumenti, approssimativamente corrispondenti alle tessiture di soprano, contralto o tenore e
basso.

Nella prima parte del XVI secolo, il soprano ed il contralto di viola da braccio avevano
solamente tre corde, mentre per il basso si trovavano strumenti sia a tre che a quattro corde,
secondo i trattati dell'epoca, arrivandosi talvolta fino a cinque, secondo alcune fonti
iconografiche.

La gran parte delle ipotesi tradizionali pone l'apparizione dei primi violini veri e propri, dotati
della stessa forma e medesima accordatura usata ancora ai nostri giorni, nel nord Italia, a
Cremona, con Andrea Amati, a Brescia con Gasparo da Salò, Zanetto e Pellegrino Micheli, a
Venezia[18] con la famiglia Linarol; tuttavia ricerche più recenti evidenziano fondati dubbi su
quasi tutte le attribuzioni degli strumenti ad arco italiani del XVI secolo[19]. Perciò, non rimane
agli studiosi che basarsi sui soli documenti, la cui interpretazione è resa più difficile da problemi
terminologici. Tuttavia, da questi dati si vede chiaramente che la nuova famiglia di strumenti ad
arco apparve quasi allo stesso tempo in varie parti d'Europa: oltre che nell'Italia del Nord, in
Francia (Parigi e Lione), in Germania (dove Martin Agricola segnala nel 1545 la presenza di
gruppi di violinisti polacchi[20]), nei Paesi Bassi (specialmente Bruxelles ed Anversa)[21], a Praga.
Si può quindi supporre che il violino sia nato come strumento di musicisti ambulanti, durante i
primi decenni del XVI secolo, da una fusione di strumenti diversi, quali le vielle e le ribeche a tre
corde[22]. Tra questi musicisti possiamo collocare sia i violinisti polacchi citati da Agricola, sia i
gruppi di polistrumentisti e danzatori di origine ebraica, che dalla Lombardia si diffusero fino ai
Paesi Bassi ed all'Inghilterra[23], il cui influsso fu probabilmente ancor più determinante per lo
sviluppo della famiglia delle viole da braccio.

Il violino nel XVI secolo era utilizzato principalmente nella musica di danza, tuttavia in Italia
molto presto assunse ruoli più nobili, nelle corti o nelle chiese: nel 1530 a Brescia abbiamo la
citazione di un violino usato durante una messa e, circa dieci anni dopo, anche a Venezia
troviamo violini in varie "Scuole" e durante le messe e le processioni[24].

Molti strumenti della famiglia del violino, conservati in musei o collezioni private, sono
attribuiti a liutai della seconda metà del XVI secolo, quali i bresciani Zanetto Micheli da
Montichiari, il figlio Peregrino, Gasparo da Salò, il veneziano Ventura Linarol, il cremonese
Andrea Amati, il padovano Dorigo Spilmann, o Gasparo Tieffenbrucker, che lavorò a Bologna e
Lione. Gran parte di queste attribuzioni sono oggi considerate non attendibili, o riferite a
strumenti pesantemente trasformati da modifiche che li hanno alterati profondamente[25].

A partire dall'inizio del XVII secolo, sotto la spinta dello sviluppo di una nascente letteratura
idiomatica per il violino, la costruzione dello strumento vede un notevole sviluppo. Due città, in
particolare, assumono la preminenza: Brescia e Cremona. La prima era nota per la costruzione
di strumenti ad arco già dall'inizio del XVI secolo; la fama per i violini si deve in particolare a
due costruttori: Gasparo da Salò (1540–1609) e Giovanni Paolo Maggini (battezzato nel 1580 e
morto probabilmente nel 1630–31). A Cremona, lavora Andrea Amati (prima del 1511-1577),
capostipite di una famiglia di liutai che marcò profondamente la costruzione degli strumenti ad
arco, in particolare attraverso i suoi figli Antonio e Girolamo, che firmavano insieme i loro
strumenti, ed il figlio di quest'ultimo, Nicola, considerato il culmine della liuteria seicentesca

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italiana.

A partire dalla metà del XVII secolo, l'arte della liuteria si irradia in tutta Europa. Si formano
importanti "scuole", con caratteristiche omogenee al loro interno, quali alcune particolarità
nella forma o nella tecnologia costruttiva, oppure un particolare colore della vernice.
Cremona rimane il centro più importante dell'arte liutaria: vi lavorano il figlio di Girolamo
Amati, Nicola, vero capostipite della liuteria classica cremonese, ed i suoi discepoli Antonio
Stradivari, Andrea Guarneri, Giovanni Battista Ruggeri e Francesco Rogeri. Ancora, tra i
maggiori liutai cremonesi, si deve ricordare Giuseppe Guarneri, detto anche ”del Gesù”, e gli
allievi di Stradivari, i figli Omobono e Francesco e Carlo Bergonzi.

Sempre in Italia, vera culla della liuteria, abbiamo: a Venezia, Santo Serafino, Domenico
Montagnana, Matteo Gofriller, Francesco Gobetti e Pietro Guarneri; a Milano, Giovanni
Grancino, altro discepolo di Amati, i Testore, Pietro Landolfi, i Mantegazza; a Bologna, i Tononi
e i Guidanti; a Firenze, i Gabrielli; a Napoli, Alessandro Gagliano (uscito dalla scuola di
Stradivari) ed i suoi discendenti; a Roma, David Tecchler e Michele Plattner; a Torino, Giovanni
Battista Guadagnini ed i suoi discendenti.

Si sviluppò anche una scuola tirolese, piuttosto indipendente dall'influenza cremonese, con
Jacob Stainer e la famiglia Klotz, il cui capostipite, Mathias I, aveva appreso la professione dallo
Stainer e dal solito Nicola Amati.

Nel XIX secolo vennero ancora costruiti eccellenti violini: p. es. da Giovanni Francesco
Pressenda e Joseph Rocca a Torino e Genova, Jean-Baptiste Vuillaume, di Mirecourt, a Parigi;
ma raramente paragonabili ai capolavori dei secoli precedenti. Anche oggi, i solisti cercano
preferibilmente di esibirsi con strumenti del XVII e XVIII secolo.

Il XX secolo ha pure visto una ricca fioritura di liuterie in tutto il mondo, con nomi ormai
affermati quali: Bisiach (Milano), Garimberti (Milano), Fiorini (Monaco), Poggi (Bologna),
Gaggini (Nizza), Sacconi (New York), Carl Becker (Chicago), Peresson (Philadelphia), Bauer
(Angers); ed altri, ancora attivi e in via di affermazione: Zygmuntowicz (Brooklyn), Curtin & Alf
(Ann Arbor), Regazzi (Bologna), Luiz Bellini (Jackson Heights, New York), Robin (Angers),
Roger Graham Hargrave (Meyenburg).

La forma esterna del violino non è cambiata dal XVII secolo ad oggi, ma, almeno fino alla fine
del XIX, si sono modificate alcune caratteristiche costruttive secondarie, in funzione della
musica che vi veniva eseguita. Gli strumenti costruiti prima del 1800 sono stati quasi tutti
modificati secondo le nuove esigenze, quindi oggi tutti i migliori strumenti antichi sono molto
lontani dallo stato originale. Vi è tuttavia un movimento di interpretazione della musica del
passato secondo la prassi esecutiva dell'epoca, che utilizza strumenti costruiti tra il XVI ed il
XVIII secolo rimessi nella ipotetica condizione d'origine, o eventualmente copie di strumenti
dell'epoca; il violino che presenta tali caratteristiche è comunemente detto violino barocco.

Letteratura violinistica

Dalle origini al 1700

All'inizio della sua storia, durante la seconda metà del XVI secolo, il violino era utilizzato non
come strumento indipendente, ma come componente della famiglia delle viole da braccio[26],
nella quale ricopriva il posto della voce di soprano, analogamente a quanto accadeva con altri
tipi di strumenti: flauti dolci, viole da gamba, bombarde, tromboni, cornetti, cromorni. Perciò,
le prime composizioni destinate al violino appartengono a quell'ampio repertorio strumentale

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polifonico del '500 che veniva eseguito indistintamente da un qualsiasi tipo di famiglia di
strumenti: fantasie, suites di danze, trascrizioni di brani vocali.

Una delle primissime forme che si stacca dalla pratica polifonica e delinea il violino in funzione
solistica è la pratica dell'improvvisazione (diminuzione) su madrigali o altri brani vocali, che
fiorisce soprattutto nel finire del secolo XVI e nell'inizio del XVII, ad opera dei primi virtuosi di
tutti i vari tipi di strumenti: cornettisti, flautisti diritti e traversi, violinisti, violisti da gamba,
tastieristi, liutisti, arpisti[27].

Le prime opere solistiche espressamente dedicate al violino vedono la luce nei primi anni del
'600 in Italia e sono prodotte da una nutrita schiera di compositori che mettono la pratica
strumentale al servizio delle istanze espressive di Claudio Monteverdi e degli altri compositori
di musica vocale della cosiddetta "seconda prattica". Tra i più importanti, ricordiamo Dario
Castello, Giovanni Paolo Cima, Biagio Marini, Salomone Rossi, Giovanni Battista Fontana,
Marco Uccellini. Le forme più usate sono la canzone e la sonata; l'organico che immediatamente
predomina è quello formato da due violini (dove uno dei violini può essere sostituito da uno
strumento di un'altra famiglia, in particolare dal cornetto) e dalla parte del basso continuo,
eseguito da uno o più strumenti polifonici (organo, clavicembalo, arpa, liuto), al quale si può
talvolta trovare aggiunta una parte di "basso obbligato", eseguibile con uno strumento ad arco
(violoncello, viola da gamba) o anche a fiato (fagotto, trombone). La scrittura si caratterizza
immediatamente per uno spiccato interesse alla sperimentazione tecnica.

Nella seconda metà del secolo XVII, se in Italia si va gradualmente verso uno strumentalismo
più "classico", in una ricerca di maturità e plasticità, che trova la sua massima espressione in
Arcangelo Corelli, nei paesi di lingua tedesca si afferma una scuola violinistica ancora molto
interessata all'aspetto della sperimentazione tecnico-espressiva; a questa corrente appartengono
anche Johann Jakob Walther, Johann Heinrich Schmelzer ed il suo allievo Heinrich Ignaz Franz
Biber. In questi compositori, l'interesse per il linguaggio solistico polifonico del violino (le
cosiddette "doppie corde", ovvero accordi formati da 2 a 4 suoni, eseguiti appoggiando l'arco
contemporaneamente su due corde e muovendolo poi nel corso dell'arcata fino a toccare anche
le altre note) diventa ossessivo ed elabora la tecnica che sarà poi utilizzata nelle opere per
violino solo da Johann Sebastian Bach ai giorni nostri.

Dal 1700 al 1800

La scrittura corelliana diviene un modello di riferimento nelle forme più tipiche della letteratura
violinistica: la sonata a tre, la sonata "a solo", ossia violino e violoncello o cembalo (basso
continuo), e il concerto grosso. A sua volta, ognuna di queste forme presenta due diverse
tipologie: da chiesa e da camera. La sua influenza attraversa tutta la musica strumentale di
gusto italiano della prima metà del XVIII secolo, in particolare nell'ambito sonatistico. Tra i più
importanti compositori di sonate in stile italiano, ricordiamo Antonio Vivaldi, Francesco
Geminiani, Francesco Veracini, Francesco Antonio Bonporti, Giuseppe Tartini, Tomaso
Albinoni. Oltre che nella musica di stile italiano, la sonata corelliana introduce di fatto in
Francia una scrittura strumentale più sviluppata dal punto di vista tecnico, armonico e
drammatico; essa è fonte d'ispirazione, pur mescolata agli stilemi caratteristici del gusto
francese, per le opere di Élisabeth Jacquet de La Guerre e, più tardi, di François Couperin e
Jean-Marie Leclair. Ancora, in Inghilterra, le sonate di ambiente romano della seconda metà del
'600 sono studiate, imitate e diffuse dai compositori più importanti che operano nel paese:
Henry Purcell, alla fine del '600, Georg Friedrich Händel nel '700.

Successivamente, la sonata si sviluppa in due direzioni: da un lato, a partire dalle 6 Sonate per
violino e clavicembalo di Johann Sebastian Bach, verso una letteratura con strumento a tastiera
concertato, in cui il violino ricopre un ruolo secondario (ricordiamo innanzitutto la splendida

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serie delle sonate e variazioni per pianoforte e violino di Wolfgang Amadeus Mozart), tipologia
formale che sfocerà nella sonata romantica per pianoforte e violino; dall'altro lato, verso
l'allargamento ad organici nuovi: trii, quartetti, quintetti, di soli archi o con pianoforte (più
raramente con flauto o oboe). In particolare, la nuova forma del quartetto d'archi assume una
grande importanza nell'elaborazione del nuovo linguaggio strumentale della II metà del XVIII
secolo, in particolare attraverso opere marcate da grandi differenze di scrittura "nazionale": tra i
molti che vi si cimentarono, ricordiamo Johann Christian Bach (tedesco, ma attivo prima a
Milano e poi a Londra), Luigi Boccherini e Giuseppe Cambini in Italia, François-Joseph Gossec
e Rodolphe Kreutzer in Francia, Carl Stamitz in Germania, Franz Joseph Haydn e Wolfgang
Amadeus Mozart in Austria.

Il concerto corelliano pone le radici da cui si sviluppa la forma del concerto solista, che a partire
dai primi esperimenti di Giuseppe Torelli si sviluppa nelle opere di Antonio Vivaldi, Johann
Sebastian Bach, Pietro Antonio Locatelli, Jean-Marie Leclair e Giuseppe Tartini in una forma di
enorme successo.

Nella seconda metà del secolo, il violino concertante, da principale (ossia primo violino
dell'orchestra che si stacca episodicamente, eseguendo i suoi assoli) diventa un elemento
indipendente che si contrappone alla massa orchestrale. Da questo momento, "il concerto per
violino ha costituito sino ai nostri giorni la palestra più completa per l'estrinsecazione delle
capacità tecniche ed emotive dell'esecutore".[28] I concerti appartenenti a questo periodo di
transizione sono oggi poco eseguiti, con l'eccezione delle opere di Wolfgang Amadeus Mozart,
Franz Joseph Haydn e Giovanni Battista Viotti.

Dal 1800 a oggi

Il nuovo secolo, fortemente marcato da una nuova sensibilità artistica, il Romanticismo, non
crea nuove forme ma elabora e sviluppa quelle che si erano affacciate nella seconda metà del
secolo precedente: il concerto, la sonata (pianoforte e violino, trio con pianoforte e violoncello,
quartetto e quintetto di soli archi, o con pianoforte). Insieme al pianoforte, il violino è lo
strumento che meglio si adatta alle richieste espressive dei compositori di questo periodo: oltre
alle possibilità liriche, già ampiamente sfruttate nei secoli passati, una legione di violinisti
virtuosi sperimenta una nuova tecnica esecutiva irta di difficoltà e funambolismi che viene
largamente utilizzata dai maggiori compositori dell'epoca in funzione eroica e drammatica. Tra
questi virtuosi, che lasciarono un repertorio (soprattutto di concerti) ancora oggi apprezzato,
ricordiamo Niccolò Paganini, Henri Vieuxtemps, Henryk Wieniawski.

Sull'onda della scrittura violinistica fortemente drammatizzata di Ludwig van Beethoven, che
per il violino scrisse opere mirabili, quali il concerto op. 61, le sonate con pianoforte, i trii con
piano e violoncello ed i quartetti, tutti i maggiori compositori dell'Ottocento dedicano al violino
un ampio repertorio.

Tra le sonate con piano, ricordiamo soprattutto quelle di Franz Schubert, Robert Schumann,
Johannes Brahms, César Franck, Edvard Grieg, Gabriel Fauré, Claude Debussy, Sergej
Sergeevič Prokof'ev, Maurice Ravel, Béla Bartók.

Nella forma del quartetto d'archi, oltre ai già citati Schumann, Schubert, Brahms, abbiamo
opere importanti di Luigi Cherubini, Felix Mendelssohn e della sorella Fanny, Antonín Dvořák,
Alexander Borodin, e venendo più vicino a noi, oltre a Ravel, Prokof'ev e Bartók, Giacomo
Puccini, Nino Rota, Arnold Schönberg, Dmitri Shostakovich, Gian Francesco Malipiero, György
Ligeti, Robert Crumb.

Nel concerto, e più in generale nell'organico composto da violino solista con orchestra, trovano

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una felice espressione in particolare Mendelssohn, Franz Schubert, Robert Schumann, Dvořák,
Brahms, Édouard Lalo, Max Bruch, Ottorino Respighi, Pëtr Il'ič Čajkovskij, Camille Saint-
Saëns, Jan Sibelius, Béla Bartók, Igor' Fëdorovič Stravinskij, Alfredo Casella, Alban Berg, Dmitri
Shostakovich, Arvo Pärt.

Nel corso del XX secolo avanzato, i compositori di musica classica, pur continuando, come
abbiamo già visto, la tradizione ottocentesca, ricominciano parallelamente ad esplorare con
grande libertà le forme della musica con violino, con una generale tendenza alla forma piccola
ed all'organico contenuto, forse per reazione al gigantismo che aveva caratterizzato la musica
del secolo precedente, ulteriormente amplificato dall'estetica gonfia di retorica, ispirata dai
nazionalismi del primo '900. In questo senso, si riscontra un ritorno anche alla scrittura per
violino solo, in qualche misura sempre ispirata all'opera di Johann Sebastian Bach ed ai
Capricci di Nicolò Paganini. Ricordiamo in particolare le opere di Eugène Ysaÿe, e ancora di
Bartók, Sergej Sergeevič Prokof'ev, Ernest Bloch, Bruno Maderna, Luciano Berio, Pierre Boulez,
John Cage, Steve Reich (con nastro magnetico), Giacinto Scelsi.

Il violino nella musica folk


Il violino nasce come strumento destinato all'esecuzione della musica da ballo. Le prime bande
di proto-violini sono gruppi di menestrelli che operavano verso la fine del XV secolo nelle
regioni intorno alle Alpi[29], gruppi di musicisti polacchi operanti in Germania all'inizio del XVI
secolo[30], o ancora gruppi, spesso di carattere familiare, di musicisti ebrei sefarditi, che
svilupparono l'uso di questo strumento prima in Lombardia, poi in altre città del Nord Italia,
quindi nell'Europa del Nord: tutte queste tradizioni hanno in comune l'uso di violini di diverse
dimensioni nei complessi da ballo[31]. I violini erano chiamati secondo le denominazioni
tedesche (geige, rebec, rybeben, vedel, fiedel, fydel...)[32] e, ancora oggi, nei paesi di lingua
tedesca e inglese i rispettivi termini geige e fiddle indicano il violino e gli strumenti ad esso
affini usati nella musica popolare.

Il violino folk oggi è, di fatto, lo stesso strumento che è utilizzato


nella musica classica, differenziandosi solo per caratteristiche che
non incidono sulla struttura dello strumento. Ad esempio, per
l'esecuzione di alcuni generi, come il bluegrass e l'old-time music,
nei quali è utilizzata in maniera sistematica la tecnica delle doppie
corde (consistente nell'eseguire una melodia su una corda,
accompagnandosi con una o due altre corde suonate "libere", in
maniera simile alla cornamusa o alla ghironda), viene utilizzato un
ponticello con una curvatura meno accentuata.

Anche le tecniche di esecuzione sono molto varie: vengono


indifferentemente usate una posizione del tutto affine a quella
classica, con lo strumento sostenuto dal mento, oppure altre
impostazioni più antiche[33], come l'appoggiare lo strumento Musicisti non identificati di
immediatamente al di sotto della clavicola, o al petto, o sopra la Old-time music, USA, 1905
cintola. circa.

Il violino è diffuso nella musica folk di tutta Europa, dell'America


del Nord e di alcune aree dell'America del Sud e dell'Asia.

Note
1. ^ Concerti per violino e orchestra di Vivaldi e Telemann; ad esempio, Georg Philipp
Telemann, Concerto in sol minore, 3° movimento (Allegro), 1ª ed. Wolfenbüttel, Möseler

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Verlag, 1963.
2. ^ La prima, ad esempio, è usata nelle opere di Johann Jakob Walther (Scherzi musicali,
Hortulus Chelicus), le altre tre in Biagio Marini, Sonate, symphonie (...) opera ottava,
Venezia, Magni, 1626.
Oltre che in gran parte delle sonate francesi della prima parte del XVIII secolo, la chiave di
violino francese è spesso adoperata da Johann Sebastian Bach, tra l'altro anche nella
famosa Ciaccona dalla Partita n. 2 in re minore, BWV 1004.
3. ^ Sacconi, p. 109.
4. ^ "quelli di cavalla sono deboli, grassi, giallastri e indeboliti dalla orina", Malusi, p. 74.
Branzoli, p. 38 riferisce anche di tentativi di commercializzare crine di cavalla, imbiancato
con soda o potassa caustica, "ma – conclude – è di poca durata".
5. ^ Mimmo Peruffo e Daniela Gaidano, La corderia storica abruzzese, su aquilacorde.com,
2010. URL consultato il 27 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 25 settembre 2010).
6. ^ I nomi scientifici citati, se non diversamente indicato, sono quelli attualmente "accettati"
(accepted names); v., p. es.: [1] (http://www.catalogueoflife.org/col/), aggiornato al 18 marzo
2015.
7. ^ Marc Vanscheeuwijck, Alcuni problemi a proposito degli strumenti ad arco nell'opera di
Claudio Monteverdi, in Il ballo dell'imperatore, Rovereto (TN), Accademia Roveretana di
Musica Antica, ottobre 1989, pp. 66-67.
8. ^ William Henry, Arthur Frederic e Alfred Ebsworth Hill, Antoine Stradivarius: sa vie et son
oeuvre (1644-1737), Parigi, Silvestre & Maucotel, 1907, pp. 300 segg..
9. ^ UNSW Music Acoustics (http://www.phys.unsw.edu.au/~jw/chladni.html)
10. ^ Vincenzo De Angelis, Teoria e pratica per la valutazione delle frequenze di risonanza dei
piani armonici dei violini, su Arte Liutaria, Carlo Vettori, giugno 2009. URL consultato il 27
gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 28 gennaio 2011).
11. ^ L'uso della tastatura non è solo un supporto utile alla precisione dell'intonazione, ma
anche produce un suono molto più preciso e determinato; fin dalle sue origini, non abbiamo
notizia di alcun esemplare di violino tastato.
12. ^ Sugli intervalli e la loro produzione si veda la voce Intonazione naturale
13. ^ Giuseppe Cambini, Nouvelle Methode Theorique et Pratique pour le Violon, Parigi, 1795
c.a., pp. 20-22
14. ^ Un effetto simile al vibrato può essere ottenuto eseguendo la nota che si trova
esattamente un'ottava più in alto della corda vuota: in questo modo si ottiene la risposta per
simpatia della corda vuota.
15. ^ (EN) Hanna Järveläinen, Perception-based control of vibrato parameters in string
instrument synthesis (PDF), su lib.tkk.fi, Aalto University - School of Science and Technology,
settembre 2002, 8. URL consultato il 27 gennaio 2011.
16. ^ Si veda ad esempio Louis Spohr, Gran metodo per violino, Novara, Artaria, 1839-40 (I ed.
in lingua tedesca 1832), p. 194 e segg., Dell'Esecuzione del Concerto
17. ^ Michelangelo Abbado, Colpi d'arco, in Enciclopedia della musica Rizzoli Ricordi, Milano,
Rizzoli, 1972.
18. ^ Stefano Pio, Viol and lute makers of Venice 1490-1630 - Liuteria veneziana 1490-1630,
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Voci correlate
▪ Cordofoni
▪ Liuteria
▪ Storia del violino
▪ Violino barocco
▪ Violinista
▪ Violino muto
▪ Violino elettrico
▪ Blackbird (violino)

Altri progetti
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Collegamenti esterni

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▪ Il violino: Selezione, origine, valore e certificato (guida per la prima valutazione) (https://ww
w.corilon.com/it/biblioteca/strumenti/il-violino-selezione-origine-valore-e-certificato).
▪ (EN, IT) Il violino (https://web.archive.org/web/20051218040704/http://www.theviolinsite.com/i
t/) - Metodi per imparare il violino e altre informazioni utili.
▪ Acustica del violino, su fisicaondemusica.unimore.it.
▪ Come si costruisce un violino (PDF), su claudiorampini.com.
▪ (EN) Acustica del violino, su phys.unsw.edu.au.
▪ (EN, FR) The violin, su library.thinkquest.org (archiviato dall'url originale il 17 dicembre 2004).
▪ Spartiti gratuiti per violino, dal progetto IMSLP.org, su imslp.org.
Thesaurus BNCF 17664 (https://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=17664) ·
LCCN (EN) sh85143544 (http://id.loc.gov/authorities/subjects/sh85143544) · GND
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(EN, JA) 00560471 (https://id.ndl.go.jp/auth/ndlna/00560471)

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