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(1997). Rivista Psicoanal.

, (43)(3):519-526

“Il pensiero di D. W. Winnicott” Lo psiche-soma — Dalla


Pediatria alla Psicoanalisi

Milano, 3-6 aprile 1997

Anna Ferruta 

In uno dei suoi ultimi scritti (“D. Winnicott parla di D. Winnicott”, 1967,
pubblicato in Italia in Esplorazioni Psicoanalitiche, Milano, Cortina, 1995),
Winnicott, nell'affrontare il tema del rapporto tra la sua teoria e altre
riguardanti lo sviluppo precoce, afferma: “A mano a mano che il tempo passa,
mi rendo sempre più conto di tutte le cose che ho perso per non avere messo
in relazione come si deve il mio lavoro con il lavoro degli altri. Non è solo
seccante per gli altri, è anche una maleducazione: e il risultato è stato che ciò
che ho detto è rimasto isolato e chi vuole arrivarci deve fare un sacco di lavoro.
Ma ho un carattere fatto così e questo è un grosso difetto” (Milano, Cortina,
1995, 605).

Il Congresso su Winnicott — promosso da Mario Bertolini, Andreas


Giannakoulas e Max Hernandez e tenutosi a Milano lo scorso aprile — ha svolto
almeno in parte questo lavoro, mettendo in relazione il suo pensiero con quello
di altri autori e con una vasta pratica clinica. Ora arrivare a Winnicott sarà più
agevole.

Mario Bertolini (organizzatore del Congresso a nome della II Cattedra di


Neuropsichiatria Infantile dell'Università di Milano,

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polo di Monza) nell'aprire i lavori ha manifestato il suo stupore per la quantità e


qualità della partecipazione (diverse centinaia di persone, studenti e “addetti ai
lavori” nella cura della sofferenza psichica, specie dell'età evolutiva). La
partecipazione attenta e tranquilla gli è sembrata un “gesto spontaneo”, che
segnala un bisogno diffuso di strumenti formativi di buon livello per quel tipo di
interlocutori (psicoterapeuti, educatori, genitori, insegnanti etc.) a cui Winnicott
dedicò gran parte del suo lavoro. Il Congresso è riuscito a parlare con una

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lingua sufficientemente condivisa a persone preparate e interessate a lavorare
utilizzando il pensiero psicoanalitico in svariati contesti. Il punto di riferimento
scientifico è stato rappresentato da numerose associazioni psicoanalitiche e di
psicoterapia, che hanno in varia misura partecipato ai lavori(1).

Il valore sociale e umano del pensiero psicoanalitico, con il suo rispetto per il
mondo interno e la sua consapevolezza della significatività dell'impatto
relazionale nei primi momenti della vita, ha trovato qui un luogo di
comunicazione allargato, in cui molti si sono riconosciuti: la sede e
l'organizzazione fornite dall'Università senza dubbio sono state importanti,
perché hanno offerto un terreno, più neutrale e condiviso, per lo sviluppo di un
interesse scientifico. Il primo commento che vale la pena fare riguarda dunque
la domanda a cui il Congresso sembra avere risposto: formazione e dibattito
scientifico allargato.

L'interesse suscitato dipende anche nello specifico dal pensiero di Winnicott,


così largamente utilizzato nella pratica dinica, ma poco studiato e rielaborato in
testi e riflessioni sistematiche. È' vero che ciò è dovuto a quella che egli stesso
chiamava “la malattia di Winnicott”, come afferma in una lettera alla Klein, a
giustificazione del rifiuto di scrivere un capitolo per un suo libro:

(1)La Fep, L'Aipsi e la Societad peruana de psicoànalisis hanno garantito il loro

patrocinio; varie società di psicoterapia psicoanalitica del bambino e


dell'adolescente (Asnea, Asne-Sipsia e Efpp) hanno fornito la loro collaborazione,
così come la Squiggle Foundation e il Winnicot Trust; psicoanalisti esperti (quelli
della Spi particolarmente numerosi, di altre società dell'Ipa e di altre ancora:
junghiane, di psicoterapia etc.) hanno partecipato come relatori e discussant.
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“La mia malattia è una cosa che sono in grado di affrontare nel mio proprio
modo, e non è lontana dall'essere la difficoltà intrinseca relativa al rapporto
umano con la realtà estema” (Lettere, Milano, Cortina, 1988, pag. 87). La sua
“malattia” si riflette anche nel fatto che ognuno lo ha usato a proprio modo,
rimandando il lavoro di approfondimento, sviluppo e sistematizzazione del suo
pensiero, forse per il timore di deformarlo e spegnerne il valore creativo
personale. Significativamente, da questo punto di vista, la battuta d'inizio del
Congresso è stata data dalla lettura del bel messaggio augurale di Marion
Milner che evocava la sua lunga consuetudine con Winnicott attraverso il
commento di tre schizzi, tra loro molto simili, di mano dello stesso Winnicott, in
cui è ritratta una madre con un bambino in braccio (uno di questi compare
anche nel logo).

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Il Congresso si è dunque avventurato sul terreno della riflessione teorica e
clinica intorno ad alcuni concetti chiave del suo pensiero, ampliando l'area da
esplorare.

I lavori si sono sviluppati in un'alternanza tra:

— Sedute plenarie su alcuni concetti chiave (La matrice Corpo-Psiche; La difesa


maniacale; Crollo, follia e salute; Fra la capacità di essere solo e la necessità di
essere solo; Maschile e Femminile; Sulla costruzione dello spazio potenziale), scelti
con cura quali elementi teorici che meritano un approfondimento.

— Tavole rotonde intorno sia ai temi winnicottiani più visitati meritevoli di nuove
e allargate letture (Gioco e Realtà 1971-1997; Fantasia masturbatoria centrale. Il
feticcio, l'oggetto transizionale) sia ai temi meno conosciuti, raccolti in
Esplorazioni Psicoanalitiche.

— Workshops con contributi di diversi relatori, nei quali si è aperta a raggiera


tutta la gamma dei concetti winnicottiani in uso (preoccupazione materna
primaria; tendenza antisociale, illusione, disillusione, delusione; odio nel
controtransfert; lo scarabocchio etc.), insieme a un confronto con autori
significativi (Balint, Jung, Bion, Fairbairn, Ferenczi).

— Comunicazioni presentate dai partecipanti, prevalentemente su argomenti


clinici riguardanti le interferenze psiche-soma, le

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malattie del corpo, “l'insulto” della realtà (oncologia, fibrosi cistica,


psicosomatica, identità sessuale, educazione nei nidi, abusi, traumi, attacchi di
panico, psicosi etc.).

I contributi, interessanti e ricchi, hanno seguito “spontaneamente” alcune linee


di ricerca e di approfondimento che cerco di descrivere.

Molti relatori, specie nelle sedute plenarie, hanno riletto Winnicott alla luce del
pensiero psicoanalitico attuale. R Zak De Goldstein, a cui si deve la relazione
introduttiva (“La matrice Corpo-Psiche”), ha ripreso il concetto di campo
costitutivo della psiche come annidamento del bambino nella matrice psiche-
soma della madre, che lo pensa, lo guarda, lo sente, lo sostiene e gli dà un
nome, filtrando le angosce di agonia condivise in stati pensabili. Ma poi è
andata oltre, approfondendo l'asimmetria della relazione e utilizzando i
contributi relativi al valore della presenza effettiva della madre come portatrice
della violenza primaria fondante (Aulagnier). La Goldstein ha sottolineato, nella
nascita somatopsichica, la cesura dell'alterità, piuttosto che gli elementi di

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corrispondenza: il grido del bambino come richiesta verso qualcuno che
risponde al desiderio dell'incontro.

J. Coloma (Santiago) ha gettato un ponte tra le idee contenute in “La difesa


maniacale” del 1935 e il lavoro del negativo di Green: se, come afferma
Winnicott, la difesa maniacale è una fuga dalla realtà interna per incapacità a
darle il suo pieno significato, allora può essere ritenuta una delle espressioni
del lavoro del negativo, come difesa dalla percezione della morte del mondo
interno e spostamento d'accento sulla vitalità.

Nel dibattito sulla sessualità, coordinato da S. Argentieri (Roma), si è registrato


un analogo proficuo confronto fra approcci differenti, ma con possibilità di
dialogo, anche qui tramite il pensiero di Winnicott. In particolare, è stata
efficace la puntuale ripresa, nei termini della tradizione indipendente della
psicoanalisi inglese, che J. Mitchell (Londra) ha proposto sul tema del maschile e
del femminile a partire dal materiale e dalle concettualizzazioni cliniche di L.
Green Gutierrez (Parigi).

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Questo percorso, dalle origini agli sviluppi attuali della psicoanalisi, è stato
seguito anche in molti workshops: ad esempio, in quello su Illusione,
disillusione, delusione, P. Masciangelo (Lugano) è andato a ricercare nei testi
freudiani le tracce di quello che Freud stesso chiama il “regno di mezzo”, tra la
realtà che frustra i desideri e la fantasia che li appaga, per poi operare nette
distinzioni: Freud individua nella nostalgia il motore di un impossibile e illusorio
ritorno alle origini, mentre Winnicott considera l'illusione un elemento
propulsivo e costruttivo aperto verso il futuro e lo sviluppo del mondo psichico.
A. Usuelli (Milano), riaffermando che l'illusione funziona da fondamento della
relazione oggettuale e della vita psichica, ne ha segnato anche i limiti: i
precursori del Super-Io si impongono dall'esterno, occupando un vuoto
dell'area transizionale, che è sempre attraversata dal terzo, dall'alterità. Così
pure P. De Silvestris (Roma) ha elaborato ulteriormente il tema dell'illusione,
illustrandone l'utilità clinica nei casi di esperienze gravi di lutto e separazione:
l'illusione winnicottiana, come concetto relazionale, ha una funzione
strutturante ed evolutiva in situazioni cliniche che richiedono la possibilità di
illudersi di non essere disgiunti.

Un'altra linea di approfondimento è stata quella sviluppata intorno al pensiero


di Winnicott tra sistemazione teorica coerente e uso del paradosso. In particolare J.
Innes Smith (Bruxelles), attuale Presidente della F.E.P. ha condotto la sua
relazione su “Crollo, follia e salute”, sul filo del rasoio di un tentativo di
inquadrare teoricamente alcuni concetti di Winnicott e di una difesa della sua

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originalità personale, non riducibile a schemi. Ha affermato che il paradosso
impregna tutti i suoi scritti, perché i concetti sono interrelati gli uni agli altri.
Così crollo può essere inteso solo se legato ad un ambiente inadeguato; molti
opposti (salute/malattia; vita/morte) non vanno considerati tali, ma aspetti
dell'emergere della psiche dal soma nell'interazione ambientale (ad esempio, in
una supervisione, Winnicott sostenne che il paziente doveva sentire che si
sarebbe suicidato “per essere vivo”). Questi temi sono stati ripresi e sviluppati
dal discussant M. Tünnesmann (Londra),

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dal cui intervento traspare l'autorevole discendenza dalla tradizione clinica di


Paula Heimann: egli ha ripreso la natura paradossale del pensiero di Winnicott,
in particolare sulla paura della morte psichica e sul suicidio, un far morire il
corpo quando la psiche è già morta.

Così pure A. Panceira (Buenos Aires) e L. Schacht (Emmendingen) hanno


approfondito la natura intrinsecamente contraddittoria di uno dei concetti più
originali di Winnicott, la capacità di essere solo in presenza dell'altro,
mostrandone la presenza a spirale in tutta la sua opera. Possiamo pensare che
Winnicott stesso abbia mostrato una straordinaria capacità di essere solo in
presenza dei colleghi psicoanalisti della British Society e dell'I.P.A., lottando, sia
nel lavoro clinico che teorico, per l'espansione dell'elemento di originalità
personale che emerge dall'interno.

Anche la Lettura Magistrale conclusiva (“L'influenza di Winnicott: una


valutazione”) di A. Green (Parigi) ha riproposto la centralità del paradosso in
Winnicott, prendendo come filone di ricerca il Negativo. Green, indicando
nell'oggetto transizionale il primo possesso non-me, si è avventurato in una
complessa esplorazione di come l'assenza trovi modi di rappresentazione,
oppure possa diventare distruzione dell'attività inquadrante della mente, vuoto,
nulla della psicosi, effetto di un istinto di morte che induce all'autoscomparsa.
Rigore teorico e uso del paradosso hanno caratterizzato la sua Lezione: anche
Winnicott è più volte sparito sotto i contributi del suo pensiero, ma poi è
ricomparso acrobaticamente attraverso il resoconto del caso clinico di una
paziente seguita prima da Winnicott e poi da Green stesso, in un gioco di
assenze, rappresentazioni con oggetti sostituivi, creazione di nuovi oggetti.

Un'altra linea di ricerca ancora è stata quella relativa all'Uso clinico del pensiero
di Winnicott, ripreso in particolare negli interventi dei discussant che hanno
riportato situazioni cliniche condotte utilizzando le interpretazioni non come
elementi di insight, ma come esperienza nuova fatta con il paziente, come
hanno

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documentato i pregnanti contributi clinici proposti da T. Carratelli (Roma) e F.


Neri (Milano).

Una riflessione più sistematica, ma nello stesso tempo articolata e personale, è


stata quella proposta da A. Giannakoulas e M. Hernandez nella seduta plenaria
Sulla costruzione dello spazio potenziale: qui il registro è stato prevalentemente
giocato sulla genesi e sulla costruzione di questo concetto in Winnicott, e nello
stesso tempo sulla costruzione dello spazio potenziale nello sviluppo del
bambino e nella relazione clinica analista-analizzando. Il discussant D. Tuckett
(Londra), che proviene dalla stessa tradizione britannica dei due relatori, ha
prospettato un'interessante rilettura del concetto in termini bioniani.

Analoga focalizzazione clinica di alcuni concetti chiave winnicottiani è risultata


evidente in varie Tavole Rotonde e Workshops, che hanno spaziato nei tanti
Nuovi campi aperti da Winnicott, considerati un tempo non di stretta pertinenza
analitica, riguardanti pazienti adolescenti e borderline, ad esempio nei
contributi su Deprivazione, delinquenza, tendenza antisociale di E. Laufer
(Londra), M.T. Aliprandi (Milano), A.M. Nicolò (Roma), su Empatia, identificazione
proiettiva, odio nel confrotransfert di B. Denzler (Gorgier), S. Bolognini (Bologna),
G. Pasquali (Genova), e altri ancora.

In particolare, la tavola rotonda su Esplorazioni Psicoanalitiche — una raccolta


postuma di saggi che indude una gran quantità di percorsi di ricerca clinica
sviluppati, ma anche lasciati aperti, dall'ultimo Winnicott — ha proposto,
attraverso interventi differenziati, una visione di insieme di alcuni nodi e
passaggi dei modelli di pensiero di Winnicott, considerando la loro influenza
nella pratica clinica (S. Abbadi, Buenos Aires), approfondendo un'area specifica,
quella della relazione tra comunicare e non comunicare, difesa maniacale e
interpretazione (V. Bonaminio, Roma), sviluppando il concetto di
personalizzazione (J. Johns, Londra).

In conclusione, il Congresso ha permesso di avviare un buon lavoro di


riflessione e di confronto. Si tratta ora di proseguirlo,

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utilizzando la lezione winnicottiana rivolta al superamento dei conflitti tra teorie


contrapposte (Freud, Klein, Hartmann), per arrivare a studiarle come parti della
storia del pensiero psicoanalitico, che possono contribuire alla costruzione di
teorie sia rigorose, sia capaci di sviluppi e cambiamenti. Inoltre, il lavoro da fare
riguarda un approfondimento, a livello scientifico alto, di tutti i modi nei quali il

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pensiero psicoanalitico viene esteso ad altri contesti (pediatria, psicosomatica,
educazione, arte, cultura etc.). Sono modalità largamente praticate, ma senza
un'adeguata riflessione teorica di natura schiettamente psicoanalitica.
Winnicott di questo uso è stato straordinario iniziatore, ma questo è un aspetto
che nel Congresso è rimasto più in ombra.

A questo tipo di sviluppi futuri forse ha pensato il Comitato del Congresso (M.
Bertolini, A Giannakoulas, M. Hernandez), a cui spettavano le conclusioni,
quando, dopo la relazione di Green, ha lasciato la parola agli interventi dalla
sala, dando spazio alla dinamica tra assenza e nuovi oggetti.

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