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Publio Cornelio Tacito

Publio Cornelio Tacito è considerato il più grande storico dell’età imperiale, si hanno
poche notizie sulle sue origini, si pensa provenga dalla Gallia Cisalpina dove era
diffuso il cognome Tacitus e che sia nato tra il 55 ed il 58 d.C. dato che Plinio il
Giovane lo definisce un coetaneo. Le notizie biografiche sono pervenute a noi grazie
alle sue opere e ad alcune lettere scambiate con lo stesso Plinio. A Roma studiò
grammatica e retorica, divenendo un oratore apprezzato e intraprese una brillante
carriera politica. Tutti questi aspetti fanno pensare al fatto che provenisse da una
famiglia di elevata condizione sociale. Iniziò la sua carriera come pretore, coprì poi
un importante carica sacerdotale come “quindecemvir sacris faciundis”,
successivamente si recò in Germania, dove gli fu affidato un altro incarico. Durante il
governo di Nerva fu nominato “consul soffectus”, un console che ne sostituisce un
altro per motivi politici o a causa della morte del predecessore. Nel 112 ottenne il
proconsolato in Asia, diventando quindi governatore della provincia romana. Negli
ultimi anni della sua vita si dedica alla scrittura delle opere storiche. Muore per cause
ignote in un arco di tempo compreso tra il 117 e il 120 d.C.
Opere
Il Dialogus de oratoribus non è la prima opera scritta da Tacito (risale infatti al 102
d.C. periodo in cui l’imperatore era Fabio Giusto, dedicatario dell’opera) ma è vista
come punto di partenza in quanto è uno scritto a sé stante sia per il genere (né un
trattato breve, Agricola e Germania; né appartiene alla produzione storiografica,
Historiae ed Annales) sia per l’argomento in quanto viene affrontato il tema dello
sviluppo e della decadenza dell’oratoria in età imperiale. Inizialmente a quest’opera
erano legati dei dubbi sulla sua attribuzione in quanto la prosa era basata sul modello
ciceroniano, lontano dallo stile impiegato da Tacito nelle altre opere. La scelta
probabilmente fu dovuta alla scelta di scrivere un trattato sul tema dell’eloquenza che
richiedeva uno stile più elevato. Esso inoltre si collega al De oratore di Cicerone, di
argomento filosofico e retorico. L’opera testimonia
l’importanza dell’oratoria per Tacito, fu allievo del più grande maestro di retorica del
tempo, Quintiliano e successivamente divenne un avvocato parallelamente alla sua
attività politico-militare. Egli univa quindi la pratica e alla teoria e ciò permise di
affrontare uno dei problemi più diffusi nei trattati dell’epoca, la corruzione
dell’eloquenza in età imperiale e la ricerca delle sue cause. Già Petronio, nel
Satyricon, accusa i maestri di essere troppo accondiscendenti verso i propri allievi e i
genitori di avere aspettative troppo alte verso i propri figli. Quintiliano poi scrive
l’opera perduta De causis corruptae eloquentiae e l’Institutio oratoria in cui viene
fatto un ritratto del perfetto oratore, vir bonus dicendi peritus, il quale è influenzato
negativamente dalla corruzione dei costumi sia all’interno della famiglia che nelle
scuole di retorica dalle quali usciranno uomini politici o avvocati avidi e corrotti, non
può essere oratore altri che un uomo onesto!”. Tacito supera questa impostazione
moralistica proiettando la sua visione sul piano politico. Sotto il principato non può
esistere la grande eloquenza che aveva caratterizzato l’età repubblicana, con il
comando nelle mani di un solo uomo manca quello scontro politico che alimentava la
grande oratoria. È questo il prezzo da pagare con la perdita della libertas
repubblicana. La grande eloquenza, come una fiamma, ha bisogno di materia che la
alimenti e la ravvivi. Durante gli anni della repubblica riusciva ad emergere
l’oratore che più riusciva ad influenzare e convincere il popolo disorientato e quindi
era frequente il dibattito pubblico nel quale vi prendevano parte una moltitudine di
persone che, imponendosi con la parola riuscivano ad acquisire facilmente
notorietà, fama e l’accesso a cariche pubbliche. In questo modo c’era uno stimolo
maggiore. L’instaurazione del principato dunque aveva prodotto effetti positivi come
il ritorno alla pace e all’ordine dopo le guerre interne ma aveva causato una perdita di
valore del dibattito politico ed un impoverimento dell’eloquenza. Tacito esalta
all’interno dell’opera la pace interna che si è raggiunta e non importa se il prezzo da
pagare è stata la decadenza dell’eloquenza “poiché nessuno può ottenere allo stesso
tempo grande fama e grande pace, ciascuno apprezzi i vantaggi del proprio tempo
senza denigrare le altre età.” Nonostante ciò il giudizio positivo sul principato non
appare netto nelle opere successive infatti assumerà posizioni nettamente più
pessimiste.
L’opera è scritta sotto forma di dialogo, sul modello del De Oratore. L’opera è
ambientata a casa di Curiazio Materno, una volta oratore ora poeta, dove giungono
Marco Apro e Giulio Secondo, due avvocati. Tra Materno e apro si apre un confronto
tra oratoria e poesia, Apro parla dei vantaggi e della fama che può portare l’oratoria,
Materno esalta la poesia. Vi giunge anche Vipstano Messalla e inizia un discorso
sulla ricerca delle cause che hanno portato alla decadenza del genere oratorio. Apro
sostiene che non sia decadenza ma evoluzione dello stile, Messalla ne ammette la
crisi ma ne individua le cause nello stile che è passato alla frammentarietà
sentenziosa di Seneca, lo scarso livello delle scuole e la trascuratezza dei genitori nei
confronti dell’istruzione dei figli; Materno sostiene che la causa sia politica, il
discorso è manifestazione della pluralità di opinioni e della necessità di sostenerle,
ciò non può avvenire nel Principato. Materno termina il discorso sostenendo che la
grande eloquenza è “figlia della licenza che gli stolti chiamano libertà”, essa non può
avere successo in uno stato ben organizzato. La scelta di Materno di dedicarsi alla
poesia può simboleggiare quella di Tacito di dedicarsi alla storiografia come
espressione pubblica del proprio pensiero.
LA GERMANIA

La Germania, il cui titolo completo riportato è De origine et situ Germanorum, è


l'unica monografia etnografica che sia rimasta per interomall'interno della letteratura
latina (non la sola: due monografie di Seneca dedicate all'Egitto e all'India, che non
sono state tramandate; inoltre l'excursus di taglio geografico ed etnografico era
proprio di molte opere storiche: Cesare, nel De bello Gallico e Sallustio, nelle
Prestoriae, dedicano un certo spazio proprio ad approfondimenti sui Germani).
Secondo alcuni storici l’opera di Tacito sarebbe stata una se-zione etnografica delle
Historiae, nata per approfondire la conoscenza di un popolo ripetutamente affrontato
dalle legioni romane e che, anche all'epoca di Domiziano e Traiano, rendeva tesa la
situazione sul confine settentrionale dell'impero. Però la data di stesura, individuata
chiaramente nel 98 d.C., e soprattutto la sua compattezza e completezza, la sua
estensione, lo stile hanno permesso di scartare quest'ipotesi.
I CONTENUTI DELLA GERMANIA
La prima sezione della monografia è di taglio geografico ed etnografico: si descrive il
territorio abitato dai Germani, la loro origine, la società, gli usi e i costumi in tempo
di pace e di guerra, la vita pubblica e privata.
La seconda sezione presenta in forte sintesi le caratteristiche delle singole tribù, con
un movimento dal Reno verso l'interno, poi dal Nord al Sud, infine dal Danubio
risalendo al mar Baltico; inoltre si accenna ai popoli che dalla Germania si sono
spostati in Gallia.
Quanto alle fonti impiegate, l'autore cita direttamente una sola fonte letteraria, Giulio
Cesare e il De bello Gallico, ma in realtà attinge a diverse altre fonti (tra cui l'opera
perduta Bella Germaniae di Plinio il Vecchio) introdotte di volta in volta da lo storico
attraverso generici riferimenti. Inoltre è probabile che Tacito abbia collezionato di
persona appunti e materiali quando si pensa abbia svolto inca- richi politici e militari
nelle regioni settentrionali dell'impero; in quell'occasione gli sarebbe stato facile
raccogliere testimonianze di militari e commercianti che bene conoscevano il
territorio e i costumi dei Germani.

La teoria su cui si basa lo studio delle popolazioni germaniche si ispira al


"determinismo ambientale" teoria che muove dalla convinzione che il clima e il luogo
in cui un individuo nasce e si sviluppa condizionano in maniera determinante il suo
aspetto fisico, la sua forma mentis e i costumi di vita; pertanto, se il clima
mediterraneo temperato, né troppo caldo né troppo freddo, rappresenta la condizione
migliore per lo sviluppo di individui equilibrati, forti e intelligenti, all'interno di
società avanzate; un clima freddo e umido come quello della Germania doveva
produrre corpi alti e forti, individui portati al combattimento, e nello stesso tempo
intellettualmente piuttosto semplici e poco riflessivi.
L'esperienza personale aveva convinto Tacito che il confine del Reno era il più
rischioso per l'impero, ma anche quello che offriva maggiori possibilità di
espansione. Tuttavia il fine per cui l'opera è stata scritta non sembra essere solo
quello di soddisfare una curiosità etnogeografica o di fornire indicazioni per una
futura conquista: lo sguardo che Tacito getta sulla Germania e i suoi popoli è più
complesso e gli offre la possibilità di esprimere un giudizio su Roma e la sua civiltà.
Lo storico pone l'accento sul fatto che la Germania non è mai stata completamente
sconfitta e difficilmente potrà essere domata; nello stesso tempo egli sottolinea il
contrasto tra la civiltà di quel paese e quella di Roma.
Roma e il principato vivono una crisi e una situazione di irreversibile decadenza,
lacerati dalla corruzione, dagli intrighi politici, dalla perdita degli antichi valori,
mentre le "giovani" popolazioni del Nord Europa sono animate da un vigoroso spirito
guerriero, da un carattere fiero e da una sanità morale che i Romani ormai non
conoscono più.
Tra Roma e la Germania dunque esiste un divario evidente e una disparità morale che
ha un carattere sorprendente: le giovani popolazioni del Nord si mostrano infatti ben
più integre della società romana.
Tacito, seppur ammiratore dell'etica austera di quelle tribù, non vuole comunque
celebrare il fascino del "primitivo" offrendo una visione ideale dei Germani, ma ti-
chiamare piuttosto l'attenzione sul pericolo effettivo che essi rappresentano per
l'impero, tanto per le loro qualità negative quanto per le loro doti. Non mancano in-
fatti nell'opera capitoli dedicati agli aspetti più propriamente barbarici dei Germani,
mentre vengono ammirate l'educazione militare dei giovani e il legame di stima che
lega i combattenti al loro capo. Viene esaltato in modo particolare il forte sentimento
dell'onore, che si traduce nel rispetto per i superiori e la gerarchia in generale.
Dedicano la propria vita al conseguimento della gloria militare e alla difesa del
proprio capo. La disciplina e l'esperienza della vita militare vengono dunque
considerate come positivi strumenti di formazione, anche l’autore comprende che un
tale tipo di educazione passa attraverso il sangue. Proprio questa componente del
mondo barbarico (l'eccessivo ricorso alla violenza e alla guerra, le azioni di
saccheggio, la predisposizione all'arroganza, all'odio) suggerisce allo storico che la
conflittualità fra le varie tribù germaniche, se opportunamente sfruttata, può giocare a
favore di Roma: forse la discordia dei nemici può essere l'unica fortuna di un impero
incapace di opporsi a loro validamente.
Tacito nella monografia utilizza periodi brevi, ellittici, spesso costruiti con elementi
antitetici che creano forti contrasti; già si percepisce chiaramente la patina
"sallustiana" conferita al periodare e interessanti sono in particolare le sentenze
lapidarie, incisive, rielaborate retoricamente, con cui si chiudono molti capitoli.
LA GERMANIA E IL FUTURISMO

Tommaso Marinetti, il fondatore e promotore dell'avanguardia futurista, volse lo


sguardo al mondo latino e in particolare a Tacito, cimentandosi nella traduzione della
sua opera la Germania. Tra le caratteristiche che hanno spinto Marinetto a tradurre
l’autore latino ci possono essere l'espressività, talvolta la violenza dello stile, la
drammaticità degli eventi da lui narrati, il dinamismo nel raccontare vicende di
individui e di masse nel contesto di un grande impero. Egli espone le sue motivazioni
nella prefazione elencandole in 9 punti. Tra le più significative troviamo: “perché la
nostra passione futurista per la sintesi ci permette di gustare ancora Tacito senza
essere soffocati dalla ripugnante polvere del passato”; “perché Tacito, maestro di
concisione sintesi e intensificazione verbale, è lo scrittore latino più futurista e molto
più futurista dei maggiori scrittori moderni. Ad esempio: Gabriele D'Annunzio”; “per
dimostrare che la creazione delle parole in libertà" non proviene da ignoranza delle
origini della nostra lingua”; “perché la visione imperiale della Germania fissata da
Tacito è tuttora politicamente istruttiva e ammonitrice”; “perché la brevità dell'opera
mi permetteva di realizzare, una traduzione precisa e viva”; “ perché gli scrittori
italiani ammirino la virile concisione tacitiana, sorella di quella sintesi plastica della
lingua italiana da noi propagandata e realizzata colla rivoluzione futurista delle parole
in libertà e dello stile parolibero, contro la prolissità decorativa del verso e del
periodo”; “perché venga dimostrata l'assurdità dell'insegnamento scolastico latino,
basato su traduzioni scialbe, errate e su cretinissime spiegazioni di professori [..] un
efficace insegnamento esige traduttori ispirati quanto latini tradotti, e interpreti
sensibili capaci di trasfondere la vita del genio.
Se ciò non è possibile occorre rimpiazzare le ore di Latino idiotizzato con ore di
Meccanica ed Estetica della Macchina, questa essendo oggi l'ideale maestra di ogni
veloce intelligenza sintetica e di ogni vita potentemente patriottica”.
LA GERMANIA E IL NAZISMO
Luciano Canfora ha studiato l'Interpretazione della Germania da parte degli ideologi
della Germania del Terzo Reich. Punto di partenza dell'analisi è il capitolo IV, nel
quale si afferma che gli abitanti dell'antica Germania non furono «macchiati» da
nozze con altre popolazioni e risultavano una nazione a sé», composta da uomini che
avevano tutti tratti somatici simili, quali capelli biondo-rossi, occhi chiari e fieri,
corpi grandi; inoltre il capitolo II aggiungeva che i Germani erano da ritenersi
autoctoni, perché separati dagli altri popoli sia da barriere naturali, sia dalla paura che
incutevano. Tacito commentava dicendo che così era avvenuto perché in quei climi
inospitali nessun altro popolo avrebbe mai potuta desiderare di abitare, ma gli
ideologi della razza superiore lo ritennero invece una dimostrazione evidente della
radicale unione tra sangue e suolo (Blut und Boden) necessaria a fondare la
contrapposizione con i popoli inferiori.
Quegli stessi elementi che i tedeschi ritenevano come propri e originari con il passare
del tempo si erano "mischiati" con altri tratti che provenivano da popoli diversi.
Richard Chamberlain, ideologo della razza superiore, contrapporrà i tratti descritti da
Tacito a quelli dei popoli propri del "caos mediterraneo", cioè in sostanza a Roma:
perciò dal testo del romano Tacito derivava 'estraneità e 'inferiorità di Roma rispetto
ai Germani, che se ne dovevano purificare. La più forte differenza tra le due
popolazioni si fondava sul fatto che a Roma l'appartenenza era basata
sull'acquisizione di uguali diritti da parte di quei popoli che, anche diversi
etnicamente, erano entrati a far parte dello Stato romano; mentre per i Germani
l'appartenenza si basava sul principio di nazionalità Alla luce di queste
considerazioni, nel punto v del "programma immutabile" del partito
nazionalsocialista si afferma “Cittadino dello Stato tedesco può essere solo chi
appartiene alla stirpe. Appartiene alla stirpe solo chi ha sangue tedesco, senza
riguardo alla religione, dunque nessun ebreo può essere tedesco»; e al punto v: «Chi
non è cittadino tedesco può vivere in Germania solo pare un ospite». Nel 1935 queste
indicazioni programmatiche diventeranno legge per la "protezione del sangue
tedesco", con le conseguenze che tutti conosciamo.
Nei capitoli VI-VII e XI-XIV Tacito espone il legame tra il princeps e il comitatus,
tra il capo dei cavalieri e i suoi gregari, era diretto e carismatico, senza strutture
gerarchiche intermedie; gli ordini erano recepiti immediatamente e la giustizia
amministrata alla diretta presenza reciproca, senza bisogno di tribunali e di leggi.
Anche in questo aspetto il nazionalsocialismo vide materia interessante per fondare le
sue istituzioni. Tutte le strutture burocratiche e giuridiche, le leggi e i tribunali, erano
venuti in Germania, per influsso negativo delle nazioni democratiche o repubblicane.
Quella subordinazione carismatica al princeps, traducibile con Führer, indicava alla
nazione germanica una organizzazione "libera e spontanea" sottomessa
volontariamente alla capacità indiscussa dei suoi capi. Non si ha un solo Führer,
come il Duce era per il fascismo italiano,i Führer sono una categoria, tutti interpreti,
ciascuno nel suo dominio, dello stesso potere sul popolo; cosi come nella Germania
tacitiana molti erano i principes rispetto ai loro comitatus.
Anche giuridicamente il potere di Fuhrer spetta ad un individuo, che è una personalità
incarnante il volere del popolo, e il cui diritto e dovere a tale ufficio è provato dalla
sua attitudine a pensare e a esercitare il comando nel popolo e per il popolo.
Anche le donne del Terzo Reich, infine, derivano il loro ruolo dalla fonte tacitiana,
perché sono intese come «sacerdotesse della famiglia e della nazione», La loro
fecondità è un "capitale prezioso" per la nazione, come disse Hitler, in quanto capaci
di generare figli che riproducono la razza, nelle sue fattezze originarie. Anche il
cenno al fatto che i princeps potessero avere più di una donna, sembra fosse stato reso
possibile per i grandi gerarchi.
Nonostante l’opera tacitiana fosse funzionale all'affermazione della purezza della
razza o alle strutture del Reich, vi erano delle perplessita sull’effettiva superiorità
rispetto alla cultura greco-latina: quando Atene costruiva l'Acropoli o Roma ascoltava
Virgilio i Germani erano un popolo rozzo e arretrato. Dunque il tentativo fu di
appropriarsi delle culture mediterranee dimostrando ad esempio la "nordicità" del
mondo greco o assimilando la lotta tra Roma o Cartagine a quella dell'Asse contro i
Giudei; a poco a poco tutte le condizioni negative vennero riversate sui semiti, che
subirono le conseguenze più pesanti delle revisioni storiche delle "razze" umane.

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