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Lavoro svolto presso la Facoltà di Ingegneria

Introduzione al problema della Fatica


Si parla di Fatica, di carichi affaticanti o di tensioni affaticanti, quando i carichi applicati ad un
organo meccanico, e quindi le sollecitazioni, variano nel tempo. Questa oscillazione delle tensioni riduce
la resistenza meccanica del materiale rispetto alle tensioni statiche. La Fatica studia appunto la resistenza
dei materiali quando soggetti a tensioni affaticanti, e permette di chiarire se il componente meccanico,
soggetto ad un certo ciclo di tensioni, resiste a tempo infinito, oppure dopo quanti cicli di fatica avviene il
collasso del componente.
Molti organi meccanici sono soggetti, come conseguenza del loro movimento, a carichi affaticanti.
Alberi di trasmissione, molle, bielle, spinotti, sono parti meccaniche nelle quali le tensioni variano nel
tempo, e che quindi richiedono una progettazione che tenga conto della ridotta resistenza del materiale
rispetto a carichi statici, cioè una progettazione a fatica.
La Fatica indaga vari aspetti:
A) chiarisce quali sono i parametri dominanti che riassumono il ciclo affaticante delle tensioni;
B) studia come rappresentare in diagrammi i dati sperimentali che descrivono la resistenza a fatica del
materiale;
C) mostra come entrare nei diagrammi di resistenza con i parametri riassuntivi del ciclo affaticante, per
determinare se la resistenza del materiale è infinita o a tempo definito e, nel caso di resistenza infinita,
quanto l'organo meccanico è in sicurezza rispetto al carico di collasso.

1 Parametri che riassumono il ciclo di fatica delle tensioni

Benché la legge di variazione del caric o o delle tensioni nel tempo possa essere in alcuni casi
reali del tutto casuale, nelle situazioni di pratico interesse il carico varia spesso in maniera ripetitiva, cioè
ciclica nel tempo, almeno per certi tratti. Per esempio, i carichi che agiscono sulle maglie di una macchina
movimento terra dipendono fortemente dagli ostacoli frapposti dal suolo, incontrati dalla macchina nei suoi
movimenti, e quindi variano in modo
non ripetitivo. Invece un albero di
trasmissione è spesso soggetto ad
una coppia torcente ed a carichi
abbastanza costanti, per cui il ciclo
delle tensioni flessionali risulta
sufficientemente regolare nel tempo.
La Figura 1 descrive a) un
andamento irregolare delle tensioni
nel tempo, e b) un ciclo stabile nel
Figura 1 tempo.
La situazione più semplice
da trattare, ed anche forse laFigura
più frequente,
2.1 è quella di ciclo (abbastanza) costante nel tempo. I nostri studi
esaminano soltanto il caso di ciclo costante nel tempo. Nel seguito si indaga quali parametri riassumono
un ciclo di fatica delle tensioni stabile nel tempo.
Da un punto di vista teorico il ciclo di fatica è determinato completamente :
1) dalla forma del ciclo;
2) dalla ampiezza;
3) dalla frequenza.

1
Relativamente al punto 1) , ci si è resi conto sperimentalmente che la forma del ciclo è
ininfluente. In pratica, il ciclo di fatica è spesso di tipo sinusoidale. Infatti il caso più frequentemente
incontrato di organi soggetti a fatica è quello di albero rotante, nel quale l'oscillazione delle tensioni
flessionali deriva dalla rotazione
dell'albero, e quindi possiede un
andamento sinusoidale nel tempo. La
Figura 2 illustra due cicli di fatica con
forme diverse di onde, ma che
oscillano tra lo stesso minimo e
massimo di tensione. Tali cicli,
sebbene con onde di forma diversa,
producono lo stesso danneggiamento
del materiale. Questi cicli sono quindi
Figura 2 equivalenti dal punto di vista della
resistenza a fatica.
Un caso in cui laFigura
forma2.2
dell'onda sembra apparentemente influire sulla resistenza a fatica è
quello di un'onda approssimativamente rettangolare, che per esempio deriva da un processo di imbutitura,
Figura 2.3 . Il carico P nel punzone della pressa è nullo prima del contatto con la lamiera, e poi assume di
colpo un valore di inizio imbutitura che, per semplicità viene rappresentato come costante durante la corsa
di imbutitura. In realtà il carico nel
punzone raggiunge, al primo contatto
con la lamiera, un valore di picco di
tipo impulsivo che la strumentazione
della pressa difficilmente riesce a
rilevare. In altre parole, il carico
iniziale effettivo è maggiore di quanto
appare dai diagrammi sperimentali.
La Figura 3 a) rappresenta
Figura 3 l'andamento nel tempo del carico P
come appare dai diagrammi, e la b)
l'andamento effettivo. In questi casi,
un calcolo a fatica basato sui carichi della Figura a) sottostima le tensioni e quindi è a sfavore della
sicurezza. In questo esempio la forma dell'onda sembra apparentemente influente, ma solo perché il
diagramma su cui si basano i calcoli non è rappresentativo delle tensioni reali.
Relativamente al punto 2) , l'ampiezza del ciclo è caratterizzata dalla tensione inferiore, σ i , e

superiore, σ s , oppure dalla tensione media, σ m =


(σ i + σ s ) , e dalla tensione alterna
2
σa =
(σ s − σ i ) . Solo due di questi quattro valori sono indipendenti. Questi simboli sono chiariti in
2
Figura 4. La Figura 5 illustra invece la
terminologia essenziale dei cicli di fatica. Se
un ciclo si sviluppa tra un valore positivo ed
uno negativo di eguale modulo, se cioè σ s
= - σ i , il ciclo si dice "all'inversione" oppure
"alterno simmetrico". Se σ s oppure σ i è
nullo, il ciclo si dice "all'origine". Se σ s e σ i
Figura 4 hanno lo stesso segno, il ciclo si dice
"pulsante".

2
Se infine σ s e σ i
hanno segni e moduli
diversi, il ciclo si dice
"alterno asimmetrico".
Circa il punto 3),
relativo alla frequenza,
si è visto
sperimentalmente che
nei materiali metallici i
cicli di fatica aventi
frequenze maggiori
di ( 5 − 8) ×10
3

cicli/minuto causano
due effetti tra loro
contrastanti, uno che
riduce la resistenza
Figura 5 meccanica, ed uno che
la aumenta, anche se
di poco. Il primo effetto, negativo, deriva dal fatto che frequenze elevate producono, a causa dell'isteresi
del materiale, un riscaldamento del metallo, che altera e quindi compromette le caratteristiche meccaniche
del materiale. Il secondo effetto, positivo ma di moderata entità, è il ritardo con cui la tensione del
materiale segue la sollecitazione esterna. Questo ritardo produce effetti favorevoli sulla resistenza a fatica,
anche se contenuti. L'effetto complessivo di un aumento della frequenza è di ridurre la resistenza del
materiale.
Per una corretta applicazione dei dati usuali sulla resistenza a fatica, la frequenza deve quindi
essere minore di ( 5 − 8) ×10 cicli/minuto, e tale limite non è influenzato da eventuali soste della
3

macchina.
Si consideri un motore automobilistico di una utilitaria. I giri del motore possono raggiungere circa
6000 giri/minuto, causando frequenze dei cicli di fatica nell'albero a gomito di 6000 cicli/minuto. Si può
concludere che, nel caso di motori non da competizione, le frequenze non producono un sensibile
innalzamento della temperatura del metallo, non compromettendo la sua resistenza meccanica.
Se la frequenza è superiore ai valori indicati (si parla di macchine ad altissima frequenza),
occorrerà tener opportunamente conto della riduzione di resistenza meccanica.

2 Diagrammi di resistenza a fatica

Mentre nel caso di carico statico la tensione critica è lo snervamento o la rottura a seconda che il
materiale sia duttile o fragile, quando il carico è affaticante occorre individuare, tramite indagine
sperimentale, la tensione critica in relazione al particolare tipo di ciclo. Tale tensione critica affaticante
sarà in genere minore della tensione critica statica, e tanto minore quanto più nocivo è il tipo di ciclo. Per
rompere con le mani un filo di ferro, lo si piega prima in un senso e poi in un altro. Questo indica, come
confermato dai diagrammi di resistenza a fatica, che il ciclo peggiore è quello all'inversione.
Sono stati codificati due tipi di calcoli, uno a durata infinita ed uno a tempo determinato, a
seconda delle esigenze funzionali e della normativa vigente. Per esempio, un albero di trasmissione viene
in genere calcolato a tempo infinito, mentre alcuni componenti meccanici impiegati in auto da gara (per
esempio parti del cambio) possono venire progettati per durare il tempo della gara.

2.1 Diagrammi di resistenza a fatica a durata infinita

Ci si riferisce per semplicità ad uno stato di tensione monoassiale, affidando alle formule della
tensione ideale, il compito di sovrapporre idealmente tensioni affaticanti monoassiali a simulare uno stato
tensionale affaticante pluriassiale.

3
Il diagramma più comune è quello di
Goodman (chiamato anche di Goodman-
Smith, o di Smith), Figura 6 . Esso riporta
in ascissa la variabile σ m , ed in ordinata
principalmente la variabile σ s , ma anche
le σ m e σ i . I punti sperimentali al limite
di rottura dopo tempo infinito definiscono il
contorno del diagramma di Goodman. In
pratica, il diagramma di Goodman
raccoglie tre diversi contorni, riferiti alla
σ di sforzo normale, alla σ di momento
flettente, ed alla τ di torsione. Nei
seguenti commenti sul diagramma di
Goodman ci si riferisce a generiche
tensioni σ , ma le osservazioni
presentate valgono indifferentemente per
le tensioni di sforzo normale e di flessione,
e per le tensioni taglianti.
Il contorno del diagramma di
Goodman viene per semplicità
Figura 6 approssimato con una spezzata,
rinunciando così ad un contorno
curvilineo, anche se i dati sperimentali suggerirebbero un bordo appena curvo.
Dato che σ s e σ i sono per definizione simmetrici rispetto a σ m , il diagramma risulta
simmetrico, lungo una direzione verticale, rispetto a σ m . In altre parole, il segmento A-B di Figura 6 è
uguale al segmento B-C . L'inclinazione del lato superiore del diagramma è normalmente vicina a 43° ,
ma può scendere fino a 36° .
Benché i dati sperimentali indichino una resistenza a fatica infinita anche per tensioni lievemente
superiori allo snervamento, la parte alta del diagramma di Goodman viene generalmente troncata in
corrispondenza di Rs perché, se σ s è maggiore di Rs , nel componente meccanico si originano delle
deformazioni residue che compromettono il suo corretto funzionamento, specie se l'organo è rotante. Si
pensi ad un albero a gomito, ed alle sovrasollecitazioni che una sua distorsione, anche contenuta,
provoca sugli appoggi e quindi sui perni.
Per cicli di fatica rappresentati dalla coppia di valori σ s , σ m per cui la cui σ s , (e quindi anche la
σ i , a causa della simmetria del diagramma) cade all'interno del diagramma, la resistenza è a tempo
illimitato; per σ s esterno al contorno si ha invece rottura, anche se il diagramma di Goodman non è in
grado di indicare dopo quanti cicli avviene il collasso. Se infine la tensione superiore cade in vicinanza del
contorno, si è in una situazione di transizione, per cui non è possibile dedurre dal diagramma di Goodman
se il materiale resiste o collassa.
Punti importanti del diagramma di Goodman sono quelli che descrivono la tensione critica di cicli
all'inversione ed all'origine, che rappresentano i due cicli affaticanti più frequentemente incontrati nella
pratica ingegneristica. La tensione critica all'inversione è rappresentata dal punto I S , dato che il
corrispondente valore sull'asse x , che riporta la tensione media, è 0 , elemento caratteristico di un ciclo
all'inversione. Similmente il punto I I rappresenta la tensione inferiore di un ciclo all'inversione al limite del
collasso. Per la simmetria del diagramma, I S = - I I . In conclusione, la coppia di punti I S , I I ,
cadendo sul contorno del diagramma di Goodman, rappresenta un ciclo al limite di resistenza infinita.
Inoltre, dato che tale ciclo possiede una tensione media nulla, è all'inversione. Quindi questo ciclo
rappresenta il più grande ciclo all'inversione, al limite della resistenza infinita.

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La tensione critica all'origine è rappresentata dalla coordinata y del punto O S , in
corrispondenza del quale il punto O I
assume valore nullo, elemento
caratteristico del ciclo di fatica
all'origine. La coppia di punti O S , O I
rappresenta il più grande ciclo
all'origine, al limite di resistenza infinita.
Dato un diagramma di Goodman, per
individuare la tensione critica all'origine,
si traccia una retta verticale a partire dal
punto O I dove il lato inferiore del
diagramma di Goodman interseca l'asse
x . La coordinata y del punto di
intersezione di questa retta verticale col
lato superiore del diagramma di
Goodman rappresenta la tensione
critica all'origine.
La Figura 6 presenta un
diagramma di Goodman, evidenziando
le variabili lungo l'asse x ed y , i dati
sperimentali e l'approssimazione del
contorno con una spezzata, la simmetria
del diagramma rispetto ad una direzione
verticale, l'angolo di inclinazione del lato
superiore di 43° , il taglio della zona
superiore del diagramma in
corrispondenza dello snervamento RS ,
e la tensione critica all'inversione ed
Figura 7 all'origine.

La Figura 7 presenta un diagramma di Goodman, e due cicli di fatica, il ciclo a) che garantisce durata
illimitata, ed il ciclo b) che produce il collasso dopo un tempo finito.
Si osservi inoltre che i diagrammi di Goodman vengono generalmente riportati soltanto per
σ m ≥ 0 , mentre è difficile trovare diagrammi tracciati anche per tensioni medie negative. Questa scelta
permette di dimezzare le prove sperimentali necessarie alla definizione del diagramma di Goodman, e
trova la sua giustificazione nella considerazione che i materiali metallici resistono meglio a tensioni di
compressione rispetto alla trazione. Se quindi un ciclo di fatica si sviluppa essenzialmente per valori
negativi della tensione, cioè se la sua σ m è negativa, esso risulta meno pericoloso di un ciclo ottenuto
per ribaltamento attorno all'asse σ = 0 , Figura 8 . Ci si può quindi sempre ricondurre al caso σ m ≥ 0 ,
con un'approssimazione a volte drastica, ma comunque a favore della sicurezza.
Si osserva infine che la
dispersione dei dati sperimentali
sulla resistenza a fatica è notevole,
per cui il calcolo a fatica andrebbe a
rigore interpretato in senso
probabilistico. In genere i
diagrammi di Goodman sono
riportati al 50% di sopravvivenza.
Questo implica che i calcoli
Figura 8
effettuati sono corretti al 50% dei
casi. Nel rimanente 50% i calcoli
sono errati, ma l'errore commesso
sarà generalmente tollerabile. Per esempio, un pezzo meccanico soggetto ad un ciclo di tensione

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all'inversione di valore apprezzabilmente inferiore alla tensione critica all'inversione (e questo per non
cadere proprio sul contorno del diagramma di Goodman), per esempio dell'ordine del 90% della tensione
critica all'inversione, dovrebbe avere una vita infinita. A causa della dispersione dei dati sperimentali, può
accadere che il provino ceda per esempio dopo un numero di cicli pari a 7 ×105 , cioè comunque dopo
una vita abbastanza lunga. Si cerca di ovviare a questi problemi tramite il coefficiente di sicurezza, spesso
di valore 2 .
Si può osservare che, per cicli di fatica compresi tra ciclo all'origine e ciclo statico, la tensione
critica è lo snervamento od un valore di poco inferiore. Se invece il ciclo di fatica è compreso tra origine ed
inversione, la tensione critica è sensibilmente inferiore allo snervamento. Si può anche dire che la fatica
produce una diminuzione della resistenza del materiale rispetto a tensioni statiche solo per cicli compresi
tra inversione ed origine. Per cicli compresi tra origine e tensione statica la tensione critica a fatica
coincide di fatto con lo snervamento, e quindi non riduce la resistenza del materiale rispetto a tensioni
statiche.

3 Diagrammi di resistenza a fatica a durata finita

Ci si riferisce anche in questo caso ad uno stato di tensione monoassiale. Il diagramma più comune è
quello di Wöhler, e permette di effettuare una progettazione a tempo definito, Figura 9 . Esso riporta infatti
in ascissa il numero di cicli (e non il numero di cicli/minuto, dato che il tempo non è una variabile rilevante
in Fatica, essendo la frequenza non determinante), in scala logaritmica, ed in ordinata la tensione critica
che collassa il provino dopo quel numero di cicli, per un particolare tipo di ciclo (all'origine, all'inversione,
ecc.). Il simbolo σ s dell'asse y sta per "tensione superiore" del ciclo affaticante, e non per tensione di
snervamento. L'incontro tra il tratto inclinato della
curva di Wöhler e l'asse y tirato a 104 cicli
avviene a circa 0,7R , dove R rappresenta la
tensione di rottura statica, mentre la zona
orizzontale della curva di Wöhler cade a circa
0,5R . Ci si riferisce alla rottura e non allo
snervamento dato che la rottura per fatica è fragile
e non duttile, mentre lo snervamento quantifica la
tensione di plasticizzazione del materiale. La scala
dell'asse y viene nella maggioranza dei testi
assunta come naturale, ma è anche stata proposta
Figura 9 una scala logaritmica. La dispersione dei dati
sperimentali è comunque tale che nessuna delle
due scelte di scale possiede vantaggi evidenti.
Sfortunatamente, gli unici diagrammi di Wöhler praticamente rintracciabili sono relativi a cicli
all'inversione, la cosiddetta flessione rotante, per cui nel resto ci si riferirà soltanto a cicli alterni simmetrici.
Nel caso di provini ferrosi si è notato sperimentalmente che, se un provino non cede dopo
6 ×10 cicli (si ricorda che si parla di cicli e non di cicli/minuto) non cede più. Esiste quindi il cosiddetto
6

"ginocchio", a destra del quale la curva di Wöhler diventa orizzontale, ad esprimere una vita infinita. La
tensione critica del ginocchio è la tensione critica all'inversione (anche chiamata "limite di fatica", ma è più
chiaro chiamarla "limite di fatica all'inversione", senza cioè dare per scontato che il ciclo di fatica è
all'inversione), lo stesso dato che compare nel diagramma di Goodman, dato che corrisponde ad una
durata infinita. (Alcuni testi ritengono invece che il ginocchio cada a 106 cicli, altre fonti (come le ferrovie
inglesi) a 107 cicli.)
A sinistra del ginocchio, invece, la curva di Wöhler non è orizzontale ma inclinata, ma è
comunque linearizzabile. L'origine dell'asse x , a causa della scala logaritmica, non può essere in
coincidenza di 0 cicli, ma deve essere scelta in modo fittizio. Di solito si traccia il diagramma a partire o da
103 , o meglio da 104 cicli. La retta a sinistra del ginocchio assume, per 103 cicli, un valore vicino a
0,9R (cioè il 90% della tensione di rottura), mentre per 104 cicli il valore assunto è vicino a 0,7R .
Un altro parametro praticamente rilevante è il rapporto di fatica, che rappresenta il rapporto tra
tensione critica all'inversione (cioè il limite di fatica all'inversione) e tensione di rottura. Tale rapporto vale,

6
per gli acciai di comune impiego, circa 0,5 . I dati precedenti possono essere di guida nella costruzione di
un diagramma di Wöhler per flessione rotante abbastanza accurato, a partire dal solo dato di resistenza a
rottura. Basta infatti far cadere il ginocchio in un punto di coordinata x = 6 ×106 cicli, y = 0,5 R , e far
partire la retta a sinistra del ginocchio dal punto di coordinate x = 103 cicli, y = 0,9R . La Figura 9
rappresenta il diagramma di Wöhler per un materiale ferroso.
Se il provino cede prima di 104 cicli, si è in presenza di fatica oligociclica, campo aperto ed ancora
in evoluzione. Si noti che il diagramma di Wöhler parte in genere da 104 cicli, cioè non include la zona
relativa alla fatica oligociclica. In questo studio ci si limita alla fatica classica, ignorando la fatica
oligociclica.
Il diagramma di Wöhler permette di rispondere alla domanda: dopo quanti cicli un ciclo di fatica
all'inversione produce il collasso del materiale ? Se la tensione superiore del ciclo all'inversione è minore
del limite di fatica all'inversione, la vita è infinita; se invece la tensione superiore è maggiore del limite di
fatica all'inversione (e minore di 0,7 volte lo snervamento, in modo da cadere nel campo della fatica
classica ed evitare la fatica oligiciclica), il diagramma di Wöhler permette di determinare il numero di cicli
(e non di cicli/minuto !) del pezzo prima di arrivare a rottura.
La Figura 10 illustra la
determinazione del numero di cicli a
rottura per un certo ciclo di fatica
all'inversione.
In conclusione, una
progettazione a tempo per meno di
104 cicli è problematica perché si è
in presenza di fatica oligociclica; una
progettazione a tempo per un
numero di cicli compreso tra 104 e
106 cicli è realizzabile perché i dati
sperimentali sono esaurientemente
contenuti nel diagramma di Wöhler;
Figura 10 una progettazione a tempo per un
numero di cicli maggiore di 106 non
ha senso perché, se il provino resiste a 106 cicli, resiste all'infinito.
Si ritorna sull'esempio del motore automobilistico presentato in precedenza. Se si suppone che il
motore funzioni ad un numero di giri costante, e pari a 6000 giri/minuto, i 6 ×106 cicli caratteristici del

ginocchio della curva di Wöhler vengono raggiunti in un tempo di


( 6 ×10 ) = 1000 minuti = 16,6 ore ,
6

6000
e cioè in meno di un giorno. Se si considera un paziente non più giovane a cui è stata inplantata una
protesi d'anca, si può stimare che tale paziente effettui 106 passi all'anno, e quindi il ginocchio della curva
di Wöhler viene raggiunto in un tempo di 6 anni.

3.1 Fragilità della rottura a fatica

Gli acciai da costruzione, anche i più fragili, possiedono comunque un certo grado di duttilità, per
cui la rottura a carichi statici è di fatto accompagnata da deformazioni permanenti. Si è già visto che una
misura della duttilità del metallo è l'allungamento percentuale a rottura. Se si riaccostano i due tronconi di
un provino rotto a trazione semplice statica, la lunghezza totale del provino risulta aumentata a causa
delle deformazioni permanenti, e si nota una strizione in corrispondenza della sezione di frattura spesso
accompagnata da una deformazione delle facce di frattura che non permette di riaccostare i due tronconi
rotti. Se si riaccostano invece le due parti di un organo meccanico rotto per fatica, per esempio di un
albero a gomito, le due superfici di rottura combaciano quasi perfettamente, e nel complesso l'organo
meccanico ricostituito non evidenzia deformazioni permanenti significative. Questo dimostra che, mentre
la rottura statica di acciai è duttile, la rottura per fatica di acciai è fragile. (Si dice anche che la fatica
infragilisce il materiale.) In conclusione, a differenza della rottura statica, la rottura per fatica non è
preannunciata da alcuna deformazione dell'organo sollecitato, deformazione che consentirebbe la sua
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preventiva sostituzione. Un altro paragone viene da schegge di mine, che non sono riaccostabili a causa
delle deformazioni permanenti, e da vasi di vetro, magari di scavo, che possono essere ricomposti dai
restauratori perché non hanno subito deformazioni plastiche. In conclusione, la frattura fragile si incontra:
a) in materiali fragili soggetti a carichi statici;
b) in materiali fragili e duttili soggetti a carichi affaticanti.
La sezione di rottura a fatica a volte conserva traccia della propagazione della frattura durante i cicli di
fatica. Si distinguono talvolta delle "linee di riposo", che appaiono come creste, in corrispondenza
dell'arresto della frattura in seguito ad una temporanea diminuzione dei carichi. Inoltre a volte certe zone
della superficie fratturata si lucidano perché le due superfici affacciantisi vengono a contatto. Tali zone
assumono un aspetto tipo carta stagnola. La zona della superficie di frattura dovuta alla propagazione
della frattura si distingue in genere dalla zona finale di rottura per schianto. Inoltre la forma della superficie
di frattura e della zona di rottura per schianto permettono talvolta una diagnosi sul tipo di caricamento
della superficie fratturata. Per esempio, una molla ad elica cilindrica mostra normalmente una rottura del
filo a 45° rispetto all'asse del filo, che tradisce la presenza di un momento torcente. La stessa rottura a
becco di flauto avviene nel femore umano, in seguito a cadute di sciatori.

Figura 11

3.2 Fattori che influenzano la resistenza a fatica dei materiali

Si esaminano brevemente alcuni fattori che hanno un'influenza sulla resistenza a fatica dei
materiali metallici.

3.2.1 Effetto scala

Le prove sperimentali
indicano che, nel caso di flessione e
torsione alternata, si ha una
diminuzione del limite di fatica all'
inversione all'aumentare delle
dimensioni del provino, mentre nel
caso di sforzo normale affaticante non
si incontra una simile diminuzione di
resistenza. Questa diminuzione di
resistenza con l'aumento delle
dimensioni del provino si può
spiegare col fatto che, a parità di
tensione massima, in un provino di
dimensioni maggiori la tensione
Figura 12
flessionale (o torsionale) assume

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valori elevati su zone maggiorm ente estese, Figura 12 . In un provino di dimensioni maggiori risulta quindi
più probabile che un difetto del materiale cada dove le tensioni assumono un valore elevato.
La Figura 12 presenta due cilindri di dimensioni diverse, soggetti a flessione. La zona su cui la
tensione è, diciamo, 0.8 volte il valore massimo è più estesa nel cilindro di raggio maggiore.

3.2.2 Finitura superficiale

Mentre la finitura superficiale non altera di molto la resistenza a carichi statici del materiale, essa
influenza sensibilmente la resistenza a fatica, in particolare degli acciai fragili. Specie in caso di
sollecitazioni alte, occorre prevedere una finitura di precisione, per esempio una rettifica fine, del pezzo
meccanico.

3.2.3 Trattamenti termici

La carbocementazione e la nitrurazione producono autotensioni di compressione alla superficie


del pezzo, dove in genere cadono le tensioni massime di funzionamento. Tale autotensione compressiva
aumenta la resistenza meccanica a fatica, dato che i materiali metallici lavorano meglio a compressione
che a trazione. L'effetto positivo della nitrurazione è più contenuto di quello della cementazione.
Anche la tempra superficiale produce favorevoli autotensioni compressive.

3.2.4 Lavorazioni meccaniche

La tornitura e la rettifica producono in genere sfavorevoli autotensioni positive. La pallinatura e la


rullatura causano invece favorevoli autotensioni negative. La pallinatura viene impiegata in molle e bielle.

3.2.5 Allenamento

Se si allena il materiale sottoponendolo preventivamente ad un ciclo di fatica inferiore a quello di


normale funzionamento, e che cade, riferendosi al diagramma di Wöhler e quindi implicitamente ad un
ciclo all'inversione, in un'area illustrata in Figura 13,
il materiale aumenta la propria resistenza a fatica.
Di conseguenza, un materiale allenato mostra una
durata a fatica maggiore di un materiale non
allenato.
Questo effetto è difficilmente
matematicizzabile, e dimostra che è difficile
dimensionare con rigore un organo meccanico. La
Figura 13 mostra la zona che corrisponde
all'allenamento. Un allenamento con tensioni
superiori alla linea di danneggiamento riduce la
resistenza a fatica del materiale.

Figura 13

3.2.6 Il cumulo di fatica

Si è finora trattato soltanto il caso di un componente meccanico soggetto ad un ciclo di


sollecitazione stabile nel tempo. Nel seguito si espone una parziale estensione al caso di un organo
meccanico soggetto a più cicli stabili nel tempo ed agenti consecutivamente (e non simultaneamente).

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Si parla in questo caso di cumulo di fatica, ad indicare che il materiale è danneggiato dall'azione
cumulativa di più cicli stabili nel tempo, agenti in successione.
Come già visto, il
diagramma di Wöhler
permette di rispondere alla
domanda: dato un ciclo di
fatica stabile, dopo quanti
cicli il materiale collassa ?
Questo numero di cicli viene
indicato nel seguito con N .
Si vuole sviluppare una
semplice teoria che risponda
a questa domanda: dato il
ciclo 1 ed il ciclo 2 di fatica
all'inversione stabili nel
tempo, applicati in
successione al pezzo
meccanico per un numero di
cicli rispettivamente n1 ed
n2 , il materiale collassa ?
Si indicano con N1
Figura 14
ed N 2 i due numeri di cicli
che porterebbero a rottura il
materiale se i due cicli di fatica 1 e 2 agissero separatamente senza succedersi. Se il primo ciclo di fatica
agisce per n1 cicli (dove n1 ≤ N1 se no il materiale collassa sotto l'azione di un solo ciclo di fatica) si
può ritenere, sulla base di un'approssimazione lineare, che il materiale sia danneggiato dal primo ciclo di
n1
fatica per una frazione (dove il valore 0 corrisponde a nessun danneggiamento, mentre il valore 1
N1
n
corrisponde al collasso), e che similmente il secondo ciclo danneggi il materiale per una frazione 2 .
N2
Se dunque i valori di n1 , N1 , e di n2 , N 2 , soddisfano l'equazione:
n1 n
+ 2 =1 (1)
N1 N 2

il materiale collassa, mentre se la somma delle frazioni è minore di 1 , il materiale non collassa a fatica. In
altre parole, il collasso avviene se il cumulo delle frazioni dei danneggiamenti eguaglia o supera 1 .
Questa teoria non è ben confermata dai risultati sperimentali, i quali suggeriscono di adottare per li
secondo membro della (1) un valore compreso tra 0.6 e 2.2 . Per esempio, questa teoria non riesce ad
inglobare gli effetti positivi dell'allenamento.
La teoria del cumulo di fatica è immediatamente estendibile a più di due cicli.
La Figura 14 illustra una combinazione di due cicli che non produce o produce collasso a
seconda del valore assunto dal primo membro della (1).

Gli studi svolti presso la facoltà di ingegneria sono mirati a produrre dei diagrammi di Wöhler per diversi
materiali utilizzando la macchine per prove a fatica Schenck per flessione rotante.

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Cenni sulla macchina di prova a fatica

Le macchine di prova di fatica a sollecitazione esterna possono essere divise :


1. a seconda del moto di sollecitazione del provino
2. a seconda del mezzo usato per sollecitare il provino
A sua volto il primo gruppo di macchine si suddivide in due categorie fondamentali:
• macchine a carico costante
• macchine con deformazione costante
mentre per il secondo gruppo si hanno tre categorie fondamentali :
• sollecitazioni prodotte con pesi e dispositivi meccanici
• sollecitazioni prodotte per mezzo di pressioni oleodinamiche (pulsatori)
• sollecitazioni prodotte per mezzo di azioni elettromagnetiche
Per il primo gruppo i due modi di sollecitazioni non risultano equivalenti; infatti, al ripetere delle
sollecitazioni variano le proprietà elastiche del provino, inoltre cominciano a manifestarsi le prime cricche,
che tendono a propagarsi in modo tale da diminuire la sezione utile resistente fino alla rottura.
Se il carico è costante la diminuzione di sezione resistente utile comporta un aumento delle tensioni
unitarie la quale porta ad un’accelerazione della rottura.
Se invece è costante la deformazione, per effetto della variazione delle proprietà elastiche del materiale (
causa della ripetizione delle sollecitazioni alterne ), il momento applicato va decrescendo anche prima che
la rottura abbia inizio.
Quando successivamente inizia la rottura e di conseguenza diminuisce la sezione utile resistente, il
momento diminuisce ancora, sempre a parità di deformazione.
La rottura finale viene quindi ritardata rispetto al caso in cui il carico applicato era costante.
Le curve di Wöhler ottenute con
la deformata costante hanno un
andamento piuttosto piatto che
non consente di individuare in
modo netto la zona del ginocchio,
cioè il limite di fatica.
La macchina di prova a nostra
disposizione rientra nel secondo
gruppo e in particolare nella prima
categoria, diamo ora un cenno del
funzionamento di tale macchina.
La macchina a flessione rotante a
nostra disposizione, che produce
sollecitazioni prodotte con pesi e
Figura 15 dispositivi meccanici e stata
costruita sulla base della
macchina di prova più conosciuta Schenck.
Nella figura 15 è riportato uno schema della macchina con provetta rotante appoggiata.
Nella figura 16 è riportata la foto della macchina per
prove a fatica.
Si può notare dal diagramma del momento flettente,
presente nella figura 15, è costante in tutta la zona
interessata dal provino, inoltre si può comprendere
dallo schema di che il provino realizza un unico
asse ruotante con i mandrini sui supporti esterni.
Alle due sezioni equidistanti dell’asse della mezzeria
del provino, sono applicati, mediante cuscinetti a
sfera, due carichi uguali variabili mediante la
scorrimento del peso Q lungo la leva . il peso Z
serve come contrappeso equilibratore, mentre il
peso Q’ serve per aumentare il carico.

Figura 16 11
Particolare importanza è la necessità della perfetta coincidenza tra l’asse del provino e l’asse di rotazione.
Un altro aspetto molto importante da curare con la massima attenzione è quello di rendere il gruppo
mandrino-provino-carico isostatico, per non avere spinte assiali indesiderate.

Descrizione dalla machina utilizzata

Figura 17

I due cuscinetti a sfera oscillanti esterni, contrassegnati con (2) nel disegno, servono a supportare il
complesso costituito dal provino (1) e dai due membri (3), il quale viene caricato attraverso i due cuscinetti
a sfera oscillanti centrali (4). Su ciascun dei due cuscinetti interni (4) agisce il carico P prodotto da un
sistema di lavaggio posizionato all’interno del basamento della macchina. Il momento flettente esercitato
in questo modo sul provino risulta costante su tutta la sua lunghezza. E’ importante notare che i due
cuscinetti esterni (2), quello di destra è montato fisso sul basamento, mentre quello di sinistra è collegato
al basamento per mezzo di molle a lamina (12). In questo modo si evitano i carichi assiali sul provino. Il
carico P è costituito da un cursore (6) che viene spostato sul giogo della bilancia (5). Lo spostamento
avviene azionando il volantino (8), che trasmette il moto alla barra filettata (7), per mezzo di ingranaggi
conici e di un giunto cardanico (9). Per aumentare i carichi, all’estremità destra del giogo vengono posti i
pesi ausiliari (10). I pesi della leva, degli elementi di trasmissione e del cursore (6) nella posizione di zero,
sono bilanciati da un contrappeso (11). Il sistema di lavaggio può essere posizionato in modo da ottenere
una sollecitazione nulla. Per attenuare le oscillazioni dannose per il provino, la macchina è provvista di
uno smorzatore a olio (13), collegato all’estremità sinistra del giogo della bilancia.

Sollecitazioni sui provini


La macchina è adatta per eseguire le prove secondo le normative DIN 50 113, quindi i provini utilizzati
seguono le indicazioni della norma. In essa sono riportati due possibili diametri dei provini e
rispettivamente di 7,52mm e 9,48mm, per i nostri studi si è sceltoli primo tipo di provino.
Sull’esterno della macchina è presente la scala degli spostamenti del cursore la quale è dimensionata in
modo tale che ciascuna sollecitazione a flessione, la cui grandezza viene rilevata dalla posizione del
cursore stesso posto sul fronte della macchina (visibile nella in figura16), può essere letta direttamente in
kg / mm2 . Di seguito viene riportata una tabella che collega il diametro del provino e il campo di sforzo
flessionale legato al cursore:

Diametro del fusto Senza PA Con PA piccolo Con PA grande Con PA speciale
del provino [mm]
7,52 9,48 7,52 9,48 7,52 9,48 7,52 9,48
Sollecitazione 0-30 0-15 30-60 15-30 60-90 30-45 90-120 45-60
flessionale kg / mm2
Tabelle 1
Con PA= peso aggiuntivo.

12
Di seguito viene riportato qualche calcolo per la determinazione delle sollecitazioni sul provino che si è
usato per le prove. Le grandezze caratteristiche sono:
lo= 10cm Rappresenta la distanza tra i centri dei supporti fissi e dei supporti di carico.
K=6cm Rappresenta la distanza del punto di applicazione dei tiranti sulla traversa del perno del
giogo della bilancia.
a Rappresenta la distanza del baricentro del cursore dalla marca di 0 della scala.
b Rappresenta la deviazione dell’indice della scala espressa in cm dal punto di 0; b=0,5a, in
quanto l’indice sta nel rapporto 1:2.
h Rappresenta la distanza della marca di zero della scala dal punto di applicazione del
tirante sulla traversa.
k1 = 79 cm Rappresenta la distanza del peso addizionale Gz dal punto di applicazione del tirante sulla
traversa.

k2 Rappresenta la distanza del contrappeso Ga dal perno del giogo della bilancia.
G1 = 2,5 kg Rappresenta il peso del cursore.

Gz Rappresenta il peso addizionale.


Ga Rappresenta il contrappeso della leva, gli elementi di trasmissione ed il cursore G1 posto
sullo zero.
d Rappresenta il diametro del gambo del provino.

Il modulo di resistenza del provino è


π ⋅d3
Wb = = 0,04175cm 3
32
Il momento flettente che agisce sul provino è costante lungo la sua lunghezza ed è uguale a:
M b = P ⋅ l0
La forza P si ricava dalla condizione di squilibrio e cioè:
−2 P ⋅ k + G1 ⋅ (a + h + k ) + Gu + a u − Ga ⋅ k 2 = 0
essendo Gu il peso della leva e dell’elemento di trasmissione ed au la sua distanza dal perno del giogo
della bilancia.
Dalla relazione
G1 ⋅ ( h +k ) +Gu ⋅au = Ga ⋅ k 2
Questo quando il peso G1 si trova in posizione di zero.
Quindi si ha:
G1 ⋅ a
P=
2k
pertanto il momento flettente è uguale a:
G1 ⋅ a ⋅ l0 G1 ⋅ a ⋅ 2b G1 ⋅ l0
M b = P ⋅ l0 = = = ⋅ 2b[ kg ⋅ cm ]
2k 2k k
La sollecitazione a flessione nelle fibre marginali del provino è pertanto:

Mb G1 ⋅ l0
σb = = ⋅ b = 100 ⋅ b[ kg / cm 2 ]
Wb k ⋅ 0,04175
Essendo b espressa in cm e rappresentante la posizione dell’indice.
Per la posizione dell’indice sulla scala b = 1 cm , si ha sul provino una sollecitazione a flessione rotante
di 1 kg / mm2 a fasi alterne.
Essendo la portata della scala fino a 30 cm , si ottenere con il cursore senza peso addizionale, una
sollecitazione a flessione compresa tra 0 e 30 kg / mm2 .

13
Il calcolo delle sollecitazioni in presenza di peso aggiuntivo viene omesso volutamente per non
appesantire questa relazione, inoltre il campo di sollecitazioni in base al peso aggiuntivo scelto è riportato
nella tabella 1.

Risultati ottenuti dalle prove a flessione rotante

Le prove iniziali si sono eseguite su provini di acciaio C40 normalizzato, la scelta di questo tipo di
materiale, le cui caratteristiche meccaniche sono note, è dovuta alla necessità di chiarire senza ombra di
dubbio quelli che sono classici interrogativi che suscita l’accingersi ad eseguire delle prove di laboratorio
sui materiali. Infatti da principio occorre stabilire se i risultati che si ottengono da dette prove sperimentali
sono attendibili o meno. Inoltre eseguire prove delle quali ci si aspetta un certo risultato permette di
acquisire quella manualità necessaria nell’operare in maniera corretta sui vari dispositivi di prova, onde
evitare di introdurre errori accidentali non quantificabili che falserebbero inevitabilmente le prove.
La scelta dei carichi applicata è stata guidata dalla teoria. Infatti si sono esplorati valori compresi tra0,5R
e 0,7R infittendoli intorno a 0,5R per individuare quello che è definito “ginocchio” oltre il quale si ha la vita
infinita del materiale.
Ricordiamo che le prove sono state eseguire secondo le normative DIN 50 113. Ricordiamo che per le
prove a fatica bisogna prestare attenzione alla scelta della frequenza dei cicli, perché una frequenza
elevata provocherebbe un riscaldamento del provino tale da falsare la prova, invece una frequenza troppo
bassa produrrebbe un allungamento eccessivo dei tempi di prova.
La normativa consiglia di adottare un criterio di fine prova e di stabilire un numero di prove minime per
determinare le caratteristiche di resistenza a fatica del materiale. Il criterio di fine prova che ho adottato è
la rottura e il numero di provini è 6.
Realizzo il diagramma di Wöhler ponendo il numero di cicli N in scala logaritmica e in ordinata le tensioni
critica σ s di collassamento del provino in scala lineare.
La velocità di rotazione con cui eseguo le prove è 4000 giri/min; la tensione media σ m = 0 e il rapporto di
tensione σ min / σ max = 1 sono i valori delle tensioni tipici di un acciaio all’inversione alla flessione
rotante.
Un osservazione iniziale delle nostre prove è che rispetto al diagramma di Wöhler costruito con la sola
conoscenza del carico di rottura R, i punti sperimentali da me determinati rivelano un limite di fatica più
basso. Possiamo notare che il carico di rottura del nostro materiale è stato ricavato da bibliografia.

Risultati sulla prova sperimentale

RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra=1 [ µ m ]


RESISTENZA A ROTTURA R=750 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm 2 giri /min giri min

30 4000 15427700 3670


37 4000 526330 125
39 4000 484780 115
41 4000 292690 69
45 4000 124340 29
49 1000 54030 51
49 4000 85570 20
51 4000 81320 19
52 4000 75130 18

14
Diagramma Wöhler per acciao C40 con rugosità
1micron
70
68
66
Tensioni di flessione rotante

64
62
60
58
56
54
52
50
48
46
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
1,E+04 1,E+05 1,E+06 1,E+07
Numero di cicli N

Esaminando la tabella riassuntiva dei dati raccolti sperimentalmente ed il relativo diagramma, si


nota una ottima andamento decrescente della durata del provino con l’aumento del carico.
La curiosità ci ha spinto a ripetere una prova cambiando alcuni parametri,come la velocità di
rotazione.
La prova ripetuta ha fornito un risultato interessante, infatti la netta riduzione della durata del
provino, non dovuta alla variazione della velocità di rotazione in quanto non si è verificato
eccessivo riscaldamento, fa pensare alla presenza di difetti del materiali e quindi è dovuta ad una
caratteristica intrinseca del materiale stesso.
Bisognerebbe, per avere un quadro certo della situazione, verificare questa teoria con
un’accurata analisi cristallografica al microscopio per individuare eventuali vacanze,dislocazioni,
impurità od altro.
RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra= 2 [ µ m ]
RESISTENZA A ROTTURA R=750 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm2 giri /min giri min

30 4000 13057200 3105


37 4000 843700 202
39 4000 387350 92
41 4000 195350 46
45 4000 95270 22
49 4000 65890 15
51 4000 58120 13
52 4000 41560 10
52 4000 71410 17

15
Diagramma Wöhler per acciaio C40 con
rugosità 2micron

54

52

50

48
Tensione di flessione rotante

46

44

42

40

38

36

34

32

30

28

26

24

22

20

1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07


Numero di cicli N

Osservando i dati raccolti e graficati si può dire che tutto è funzionato secondo la teoria.
Si è ottenuto quindi un diagramma di durata approssimabile linearmente con dati ben disponibili,
questo denota la buona esecuzione delle prove.
Nel grafico non è presente il dato relativo alla prova a 37 kg / mm2 in quanto non si è verificata la
rottura.
Un’unica incertezza ci ha spinto a ripetere, con gli stessi parametri, la prova a 52kg / mm2 in
quanto la rottura si è verificata in tempi non rispettanti la linearità.
Infatti la prima prova eseguita evidenzia un aumento inspiegabile della resistenza del provino
rispetto alle durate ottenute con tensioni applicate di valore inferiore.
Questo potrebbe essere dovuto ad un incrudimento del materiale verificatosi durante la
realizzazione del provino stesso od a monte durante la colata e successiva trafilatura della barra
stessa, ma anche alla posizione dello spezzone prelevato nella barra per ottenere il provino.
Infatti in barre commerciali, si sa, che le teste sono molto differenti dalla parte centrale, quindi su
4 m di lunghezza si hanno variazioni di composizione e di disposizione -dimensione dei grani.
E’ noto che situazioni di incrudimento, ma soprattutto le impurità, si concentrano alle teste.

16
RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra= 2,6 [ µ m ]
RESISTENZA A ROTTURA R=750 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm 2 giri /min giri min

30 4000 13331000 3163


37 4000 571940 134
39 4000 370290 88
41 4000 238120 56
45 4000 87410 20
49 4000 67410 16
49 4000 65650 15
51 4000 73500 17
52 4000 64040 15

Diagramma Wöhler per acciaio C40 con rugosità


2.6micron
60
58
56
54
Tensione di flessione rotante

52
50
48
46
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07
Numero di cicli N

In questa serie sono due le situazioni da evidenziare.


La prima che la prova a 37 kg / mm2 non ha portato a rottura il provino, quindi si può dire di avere
individuati, come nel caso precedente, il “ginocchio” di durata illimitata compreso tra 37 kg / mm2 e a
39kg / mm2 .
La seconda l’esecuzione della prova a 49 kg / mm2 ripetuta con gli stessi parametri ha dato gli stessi
risultati.
La verifica sopra esprime un concetto fondamentale, cioè la ripetizione di prova con gli stessi parametri
deve fornire risultati rientranti ampiamente nella tolleranza dettata dall’incertezza dell’acquisizione di dati
sperimentali.

17
RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra=3 [ µ m ]
RESISTENZA A ROTTURA R=750 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm 2 giri /min giri min

30 4000 18325300 4368


37 4000 265670 63
39 4000 200170 47
41 4000 135200 32
45 4000 62010 14
49 1000 52990 49
49 2000 42570 20
49 4000 57960 14
52 4000 56310 13

Diagramma Wöhler per acciaio C40 con rugosità


3micron

60
58
56
Tensione di flessione rotante

54
52
50
48
46
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07

Numero di cicli N

Forti dei buoni risultati precedenti, in questo caso oltre ad eseguire le prove necessarie all’acquisizione dei
dati per ottenere il diagramma di durata, si è voluto andare oltre nella verifica dell’influenza del numero di
giri di prova ma anche delle condizioni cristallografiche del provino.
I risultati ottenuti confermano, senza dubbio, ciò che si è già affermato in precedenza, cioè che la velocità
di rotazione non influisce in alcun modo sulla durata del materiale, questo naturalmente è vero per velocità
inferiori a quelle che provocano un surriscaldamento del metallo cioè provocando un isteresi.
D’altra parte invece le caratteristiche intrinseche del materiale hanno un’influenza negativa preponderante.
Sono dunque queste ultime che agiscono e caratterizzano la variabilità dei dati che si sono raccolti.
Questo porta a pensare che bisognerebbe punzonare gli spezzoni per sapere con precisione la loro
collocazione nella barra, quindi individuando le cause precise di questo andamento alternato.

18
L’errore che si è verificato nella prova a 52kg / mm2 è dovuto ad un’inspiegabile aumento della
resistenza del materiale quasi certamente dovuta alla posizione di prelievo del provino dalla barra.
Anche in questo caso bisognerebbe ricorrere a studi più approfonditi di composizione e cristallografia per
dare risposte certe.

RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra=3,6 [ µ m ]


RESISTENZA A ROTTURA R=750 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm 2 giri /min giri min

30 4000 987100 234


37 4000 235340 56
37 4000 173680 41
39 4000 249070 59
41 4000 88090 21
45 2000 46720 22
45 4000 44920 10
49 4000 32640 8
51 4000 29860 7

Diagramma Wohler per acciaio C40 con rugosità


3.6micron

60
58
56
Tensione di flessione rotante

54
52
50
48
46
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07

Numero di cicli N

Anche con questa esperienza si può confermare l’ininfluenza della velocità di rotazione sui dati registrati.
Da notare la prova a 30kg / mm2 ha portato alla rottura del provino.
Questo denota una scarsa resistenza dello stesso dovuta certamente a difetti cristallografici del materiale.

19
La prova invece a 39kg / mm2 è da scartare in quanto la rottura non si è verificata nella parte calibrata
bensì all’attacco del raggio di raccordo tra quest’ultimo e gli afferraggi.
Questa soluzione indica un’elevata resistenza della parte calibrata, quindi un incrudimento della stessa o
ancor meglio caratteristiche meccaniche esemplari di questo tratto rispetto alle prove precedenti dovute a
proprietà intrinseche del materiale di questo specifico provino.
La rottura si è verificata nel passaggio tra gambo e fusto calibrato dopo un tempo giudicato eccessivo in
quanto la sezione resistente è maggiore di quella della parte centrale.
Sicuramente la frattura è stata innescata da una cricca preesistente nel materiale o da un gradino di
lavorazione all’attacco dell’utensile, quindi effetto intaglio. Per la particolare forma lunga e stretta del
provino si ha che qualche gradino nella lavorazione è praticamente inevitabile.
In ogni caso anche se la lavorazione è stata eseguita con massima precisione ogni minima imperfezione
influisce sulla durata a fatica per flessione rotante e manifesta nel tempo i suoi effetti negativi come in
questo caso. Quindi si è raggiunto un risultato inaccettabile perché non conoscendo con certezza il valore
della sezione non si può risalire alla tensione effettiva che ha portato alla rottura il provino.

In fine nel grafico seguente viene riportato il confronto tra i diagrammi di Wöhler ottenuti in funzione
dello stato superficiale.

Confronto tra i diagrammi di Wolher per un acciaio C40

60
58
56
54
Tensione di flessione rotante

52
50
48
46
Rugosità 1
44
42 Rugosità 2
40 Rugosità 2.6
38 Rugosità 3
36
34 Rugosità 3.6
32
30
28
26
24
22
20
1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07
Numero di cicli N

l’analisi del grafico riassuntivo di comparazione delle varie esperienze evidenzia l’influenza dello
stato di finitura superficiale sulla resistenza a fatica.
Il parallelismo tra gli andamenti ci conferma ci conforta in quanto si ha una variazione lineare e
non casuale di dette resistenza.
Osserviamo che nei casi analizzati nessuna influenza hanno avuto i parametri di prova se non il
carico applicato.
Atmosfera e velocità di rotazione sono ininfluenti purchè non si surriscaldi o sottoraffreddi e si
eviti la velocità di risonanza che introdurrebbe alterazioni del materiale, e quindi rottura anticipata.
Sottolineiamo ancora che la velocità di rotazione è ininfluente sulla vita a fatica, qualora questa
rimanga al di sotto della velocità che provoca un aumento sensibile di temperatura imputabile
all’isteresi del materiale. La velocità di transizione è spesso dell’ordine di 6000 giri/minuto.

20
Risultati ottenuti dalle prove a flessione rotante per un acciaio C43
Lo scopo di queste prove è stato quello di individuare anche per questo materiale il “ginocchio” di vita
infinita .
I risultati sperimentali raccolti evidenziano una corrispondenza con quelli ottenuti della prova sul C40.
La scelta dei carichi applicati è guidata dalla teoria, ni fatti si sono concentrati intorno a 0.5R per
individuare quello che è definito “ginocchio” oltre il quale si ha la vita infinita del materiale.

Risultati sulla prova sperimentale

RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra=0,8 [ µ m ]


RESISTENZA A ROTTURA R=800 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm 2 giri /min giri min

30 4000 4090940 967


33 4000 1121150 265
34 4000 4129760 976
34,3 4000 1103950 261
34,5 4000 791720 187
35 4000 676850 160
35 4000 691050 164
40 4000 422800 100
43 4000 217190 51
45 4000 161870 38

Diagramma Wolher per acciaio C43 bonificato con rugosità


0.8micron
60
58
56
Tensione di flessione rotante

54
52
50
48
46
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07 1,0E+08

Numero di cicli N

21
Analizzando i dati della prova si può affermare che il “ginocchio” di vita infinita è situato tra
34,5kg / mm 2 e 34,3kg / mm2 .
La ripetizione della prova a 35kg / mm 2 ha portato a risultati coincidenti se si considera la
dispersione del 50% gravante sulle prove sperimentali, quindi ancora una volta si ha la conferma
della buona esecuzione delle operazioni.

RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra=1,6 [ µ m ]


RESISTENZA A ROTTURA R=800 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm 2 giri /min giri min

33 4000 15771240 3723


34 4000 1111710 262
34,5 4000 4630460 1092
34,8 4000 486820 114
35 4000 354230 83
35 4000 279370 66
40 4000 451490 106
45 4000 175920 41
45 4000 45150 10
50 4000 36960 8

Diagramma Wolher per acciaio C43 bonificato con rugosità


1.6 micron

60
58
Tensione di flessione rotante

56
54
52
50
48
46
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
1,0E+03 1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07 1,0E+08
Numero di cicli N

I risultati ottenuti evidenziano qualc he incertezza sull’acquisizione della durata del provino a
40 kg / mm2 . Infatti la lunga resistenza di quest’ultimo ci porta a concludere che in questo caso
specifico le caratteristiche intrinseche del materiale hanno agito positivamente sulla durata, ma
invalidato la prova, perché non in linea con gli altri risultati.

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La ripetizione della prova a 45kg / mm2 si è resa necessaria, perché il primo dato ottenuto non
convinceva se rapportato alle altre prove. Invece il secondo risultato ha chiarito che l’errore non
era dovuto a detta esecuzione, bensì alla precedente di 40 kg / mm2 .
Anche la prova a 35kg / mm 2 è stata eseguita una seconda volta, in questo caso è servito per
individuare il “ginocchio” di vita infinita, che infatti è situato tra 34,5kg / mm 2 e 34,8kg / mm2 .

RUGOSITA’ SUPERFICIALE Ra=2,6 [ µ m ]


RESISTENZA A ROTTURA R=800 [ N / mm 2 ]

SOLLECITAZIONE N° DI GIRI N° DI CICLI TEMPO


kg / mm2 giri /min giri min

33 4000 482050 113


33 4000 20502000 5100
34 4000 5793720 1366
34,5 4000 1099770 259
34,8 4000 4469060 1056
35 4000 249930 59
40 4000 150720 35
45 4000 88150 20
50 4000 31810 7

Diagramma Wöhler per acciaio C43 bonificato con rugosità


2,6micron
60
58
56
Tensione di flessione rotante

54
52
50
48
46
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
1,0E+03 1,0E+04 1,0E+05 1,0E+06 1,0E+07 1,0E+08
Numero di cicli N

In questa seri si ha un’unica incertezza, cioè la rottura del provino caricato con 33kg / mm2 , che ha
causato il collasso dopo un tempo limitato. Infatti le tensioni di 33kg / mm2 dovrebbero verificare
la durata illimitata del provino, che in questa prova, a causa dello stato superficiale scadente
dovuto ad una lavorazione errata, risultava troppo vibrante e quindi la tensione applicata ha
portato a rottura.

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L’analisi del provino infatti ha messo in luce delle “eliche di lavorazione” che hanno certamente
innescato la rottura anticipata per effetto intaglio.
Il “ginocchio” di durata illimitata è situato in questo caso tra 34,8kg / mm2 e 35kg / mm 2 .

OSSERVAZIONI

Durante l’esecuzione delle prove dei dubbi ci hanno assillato in quanto il C43 bonificato ha una
resistenza a rottura di 800 N / mm 2 , quindi secondo la teoria, il “ginocchio” di vita infinita dovrebbe
posizionarsi intorno a 40 kg / mm2 .
Le prove sperimentali hanno invece evidenziato il “ginocchio” intorno a 34 ÷ 35kg / mm 2 , valore
rapportabile con quello ottenuto con il C40 normalizzato.
Si è quindi verificato se la bonifica eseguita sui provini avesse veramente raggiunto gli
80kg / mm 2 . Con le prove di durezza Rockwell C si è ottenuto che per gli afferraggi di diametro
12 mm e con la tabella di conversione in dotazione allo strumento, si ha una resistenza a rottura
statica di 85kg / mm2 . La durezza rilevata sulla parte calibrata è leggermente inferiore a quella
degli afferraggi, e evidenzia una resistenza a rottura per trazione statica di 82kg / mm 2 . Si è
quindi verificata la corrispondenza tra valori di resistenza ottenuta con la bonifica da noi eseguita.
Alla luce di tutti questi dati raccolti si può quindi dedurre che il trattamento di bonifica non ha
nessun effetto di miglioramento sulla durata a fatica.
Infatti, per ciò che si è introdotto nella prima parte di questa relazione, questo era prevedibile
perché gli effetti positivi sulla durata a fatica si hanno in seguito a quei trattamenti che inducono
stati di compressione residua nel materiale, stati che con il rinvenimento dopo la tempra
vengono sicuramente eliminati.

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Studi aggiuntivi del diagramma di Wöhler su acciai
Si presentano nel seguito alcuni diagrammi di Wöhler per acciai ottenuti col meto do
introdotto in precedenza. I cicli considerati sono sempre di flessione rotante.

Diagramma di Wöhler a flessione rotante per un acciaio bonificato 40NiCrMo7

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Diagramma di Wöhler a flessione rotante per un acciaio bonificato 38NiCrMo4

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Diagrammi di Goodman

Per completare questi studi, noti le sollecitazioni ricavabili da prove di trazione, si


presentano di seguito alcuni diagrammi di Goodman per alcuni acciai.

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Diagramma di Goodman per il C20

Diagramma di Goodman per il C30

28
Diagramma di Goodman per il 16CrNi4

29
Diagramma di Goodman per il 38NiCrMo4

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