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03 Pagina 1
vincitore del
premio di studi
Vittorio Sainati
2012
Edizioni ETS
www.edizioniets.com/premiosainati
Comitato d’onore
Presidente del Senato della Repubblica
Presidente della Camera dei Deputati
Presidente della Provincia di Pisa
Sindaco di Pisa
Magnifico Rettore dell’Università di Pisa
Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa
Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università di Pisa
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philosophica
[126]
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philosophica
serie rossa
comitato scientifico
Bernhard Casper, Claudio Ciancio,
Francesco Paolo Ciglia, Donatella Di Cesare, Félix Duque,
Piergiorgio Grassi, Enrica Lisciani-Petrini,
Flavia Monceri, Carlo Montaleone, Ken Seeskin,
Guglielmo Tamburrini
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Michela Bordignon
Edizioni ETS
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www.edizioniets.com
© Copyright 2014
EDIZIONI ETS
Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa
info@edizioniets.com
www.edizioniets.com
Distribuzione
PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]
ISBN 978-884674100-4
ISSN 2420-9198
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RINGRAZIAMENTI
hanno aiutato e sostenuto nella fase finale del lavoro che ha portato al-
la pubblicazione di questo volume. Non posso che esprimere la più
sentita gratitudine al Prof. Paolo Giuspoli e al Prof. Venanzio Raspa. I
loro preziosi consigli, le loro critiche e i loro suggerimenti hanno avuto
un’importanza fondamentale nel permettermi di chiarire e risolvere al-
cune questioni cruciali all’interno del mio lavoro. Per i loro consigli,
per la lettura e la revisione del manoscritto desidero ringraziare gli
amici e colleghi Alberto Gaiani, Luca Corti, Andrea Altobrando, Gio-
vanna Battistella, Francesca Mazzucato, Alessandro Gasparetti, Gio-
vanna Miolli e Francesco Campana.
Sento di dover esprimere una gratitudine speciale al Prof. Fran-
co Chiereghin, per avermi fatto innamorare della filosofia hegeliana
con i suoi corsi all’inizio dei miei studi universitari, ma anche per tutti
i consigli e le discussioni sulla ricerca che presento in questo volume, e
per il suo sostegno e incoraggiamento, che sono stati per me essenziali
soprattutto nella fase conclusiva di questo lavoro.
Sono grata ancora una volta ai miei genitori, a tutti i miei amici e
a Denny per l’affetto e la pazienza con cui hanno sempre sopportato il
mio esserci e il mio non esserci.
Un sincero ringraziamento, infine, va al Prof. Luca Illetterati,
che mi ha seguito nel corso di tutto il lavoro di ricerca. Gli sono
profondamente debitrice per i suoi insegnamenti, per lo scambio
scientifico e per i molti consigli che spero di aver messo a frutto al me-
glio in questo mio lavoro. Desidero ringraziarlo anche per il profondo
sostegno e per l’amicizia che mi ha sempre dimostrato. Devo quanto
c’è di buono in questo lavoro soprattutto a lui.
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ABBREVIAZIONI
Introduzione
ATTRAVERSO E OLTRE KANT
3 Per un’analisi della dottrina kantiana delle antinomie cfr. J. BENNET, Kant’s
Dialectic, Cambridge University Press, Cambridge 1974; E. BERTI, Contraddizione e
dialettica negli antichi e nei moderni, cit., pp. 164-175; W. MALZKORN, Kants Kosmolo-
gie-Kritik. Eine formale Analyze der Antinomienlehre, Walter de Gruyter, Berlino 1999;
M. WOLFF, Der Begriff des Widerspruchs. Eine Studie zur Dialektik Kants und Hegels,
Hein, Königstein/Ts 1981, pp. 45-61.
4 KrV, p. 74 (p. 77).
5 Ibidem.
6 «I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cie-
che» (ivi, p. 75 (p. 78)).
7 Ivi, p. 82 (p. 85).
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Introduzione 17
Introduzione 19
13 Sul confronto critico di Hegel con la dottrina kantiana delle antinomie cfr. F.
BOSIO, Le antinomie kantiane della totalità cosmologica e la loro critica in Hegel, in «Il
Pensiero», IX (1964), n. 1-3, pp. 39-104; R. BODEI, “Tenerezza per le cose del mondo”.
Sublime sproporzione e contraddizione in Kant e in Hegel, in V. VERRA (a cura di), He-
gel interprete di Kant, Prismi, Napoli 1981, pp. 179-218; G. BAPTIST, Hegel e l’antiteti-
ca della Critica della ragion pura, in «Paradigmi», IV (1986), n. 11, pp. 271-297; F. BIA-
SUTTI, Sulle implicazioni kantiane del concetto di dialettica in Hegel, Editrice Antenore,
Padova 1991, pp. 379-392; K. DÜSING, Hegels Metaphysikkritik. Dargestellt am Beispiel
seiner Auseinandersetzung mit Kants Antinomienlehre, in H. OOSTERLING - F. DE JONG
(a cura di), Denken unterwegs. Philosophie im Kräftefeld sozialen und politischen En-
gagements. Festschrift für Heinz Kimmerle zu seinem 60. Geburtstag, B.R. Grüner, Am-
sterdam 1990, pp. 109-125; S. SEDGWICK, Hegel on Kant’s Antinomies and Distinction
between General and Transcendental Logic, in «The Monist», LXXIV (1991), n. 3, pp.
403-420; K. BRINKMANN, Hegel’s Critique of Kant and Pre-Kantian Metaphysics, in T.
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Allo stesso modo nella Scienza della logica Hegel sottolinea come
L’idea generale, che Kant pose per base e fece valere, è l’oggettività del-
la apparenza, e la necessità della contraddizione appartenente alla natura delle
determinazioni di pensiero15.
PINKARD - H.T. ENGELHARDT (a cura di), Hegel Reconsidered, Kluwer Academic Publi-
shers, Dordrecht-Boston-Londra 1994, pp. 57-68; S. SEDGWICK, Hegel’s Critique of
Kant. From Dichotomy to Identity, Oxford University Press, Oxford 2012.
14 Enz, p. 84 (p. 58).
15 WdL I, p. 40 (pp. 38-39).
16 «In quanto ci si ferma al lato astratto-negativo della dialettica, il resultato è
Introduzione 21
come una «tenerezza per le cose del mondo», per cui è impossibile
pensare che la contraddizione stia nelle cose stesse. Essa è il segnale
dell’assoluta inconsistenza della conoscenza cui afferisce e dell’impos-
sibilità per questa conoscenza di cogliere veramente il modo in cui so-
no le cose.
È proprio su questo punto che Hegel si scontra in maniera deci-
siva con Kant. Hegel, infatti, lungi dal vedere nella contraddizione ciò
che tiene lontano il pensiero dalla realtà e dalla verità delle cose in se
stesse, ne fa il principio di determinazione di ogni cosa, la loro concre-
ta verità.
Nella prima tesi dello scritto che presenta a Jena nel 1801 per ot-
tenere l’abilitazione all’insegnamento, egli afferma: «contradictio est re-
gula veri, non contradictio falsi»18. Nella Scienza della logica, egli ritor-
na in modo ancor più deciso sul ruolo speculativo della contraddizione:
«Tutte le cose sono in se stesse contraddittorie», e ciò propriamente nel
senso che questa proposizione esprima […] la verità e l’essenza delle cose19.
zione delle tesi che accompagnavano lo scritto del 1801 «era in parte paradossale – il
che non vuol essere un rimprovero, bensì una lode –, poiché le tesi devono incitare alla
discussione e provocare il prurito della contraddizione» (K. ROSENKRANZ, Vita di Hegel,
a cura di R. Bodei, Arnoldo Mondadori, Milano 1974).
19 WdL II, p. 286 (p. 490).
20 ARISTOTELE, Metafisica Γ, 1005 b 11-12 e 17-18, cit., p. 143.
21 Ivi, 1005 b 12, p. 143.
22 Ivi, 1005 b 13, p. 143.
23 Ivi, 1005 b 15, p. 143.
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Introduzione 23
26 «Il contenuto della scienza pura è appunto questo pensare oggettivo» (WdL
I, p. 34 (p. 31)).
27 «La vera natura dell’oggetto, a cui il soggetto, attraverso la riflessione, pervie-
ne, è vera non perché il soggetto la rende vera, ma perché egli, con il pensiero, è in gra-
do di andare al di là dei limiti soggettivistici della propria esperienza della cosa, perché
il soggetto, nel pensiero e con il pensiero, trascende i limiti soggettivistici della sua espe-
rienza della cosa e può dunque coglierla nella sua essenza» (L. ILLETTERATI - P. GIUSPO-
LI - G. MENDOLA, Hegel, Carocci, Roma 2010, p. 129). Christoph Halbig, in modo simi-
le scrive: «Für Hegels Wahrheitstheorie ist in diesem Zusammenhang entscheidend, daß
die “Aufnahme” auch hier nicht ein passives Rezipieren möglichst vieler Eindrücke in
die tabula rasa des wahrnehmenden Subjekts meint, sondern die aktive Explizierung
der begrifflichen Strukturen der Wirklichkeit, die zunächst noch “in Objekte versenkt”
sind» (C. HALBIG, Objektives Denken, Frommann-Holzboog, Stoccarda 2002, p. 211).
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tus quaestionis relativo alla contraddizione in Hegel. Avrò infatti modo di richiamare le
voci principali del dibattito su questo problema nel primo capitolo, nella discussione
critica delle diverse accezioni e interpretazioni della struttura logica della contraddizio-
ne nella logica hegeliana. Per un’analisi critica aggiornata e di ampio respiro sulle diver-
se interpretazioni della contraddizione nel pensiero hegeliano si vedano anche i lavori di
S. SCHICK, Contradictio est regula veri, Hegel-Studien, Beiheft 53, Meiner, Amburgo
2010; P. BETTINESCHI, Contraddizione e verità nella logica di Hegel, Vita e Pensiero, Mi-
lano 2010; A. COLTELLUCCIO, Hegel e la contraddizione, in «Filosofia italiana», (2013)
n. 1, http://www.filosofiaitaliana.net/wpcontent/uploads/2013/04/Adalberto_Coltelluc-
cio_La_contraddizione_in_Hegel_1.pdf.
29 «L’abituale Horror che dinanzi alla contraddizione prova il pensiero rappre-
sentativo, non speculativo, cotesto orrore, simile a quello della natura per il vacuum, ri-
getta questa conseguenza; perché quel pensiero si ferma alla considerazione unilaterale
della risoluzione della contraddizione nel nulla, e non conosce il lato positivo della con-
traddizione, secondo cui essa è attività assoluta e diventa assoluto fondamento o ragion
d’essere» (WdL II, p. 289 (p. 494)).
30 Ivi, p. 287 (p. 492).
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Introduzione 25
Capitolo Primo
POLISEMIA DEL CONCETTO HEGELIANO
DI CONTRADDIZIONE
P.E. CAIN, Widerspruch und Subjektivität. Eine problemgeschichtliche Studie zum jungen
Hegel, Bouvier, Bonn 1978; G. VARNIER, Ragione, negatività, autocoscienza. La genesi
della dialettica hegeliana a Jena tra teoria della conoscenza e razionalità assoluta, Guida,
Napoli 1990; D. GOLDONI, Il riflesso dell’assoluto. Destino e contraddizione in Hegel
(1797-1805), Guerini e Associati, Milano 1992; S.-J. KANG, Reflexion und Widerspruch.
Eine entwicklungsgeschichtliche und systematische Untersuchung des Hegelschen Begriffs
des Widerspruchs, Hegel-Studien, Beiheft 41, Bouvier, Bonn 1999; R. SCHÄFER, Die Dia-
lektik und ihre besonderen Formen in Hegels Logik, Hegel-Studien, Beiheft 45, Meiner,
Amburgo 2001; M. BISCUSO, Hegel, lo scetticismo antico e Sesto Empirico. Lo scetticismo
e Hegel, La Città del Sole, Napoli 2005.
5 WdL II, p. 286 (p. 490).
6 K. POPPER, What is Dialectic, in «Mind», XLIX (1940), n. 196, pp. 403-426
(trad. it. di G. Pancaldi, Che cos’è la dialettica?, in ID., Congetture e confutazioni, Il Mu-
lino, Bologna 1972, pp. 531-570).
7 Ivi, p. 408 (p. 539). Cfr. anche R.-P. HORSTMANN, Schwierigkeiten und Vo-
raussetzungen der dialektischen Philosophie Hegels, in ID. (a cura di), Seminar. Dialektik
in der Philosophie Hegels, Suhrkamp, Francoforte sul Meno 1978, pp. 9-30, p. 19.
8 «La filosofia, nell’orizzonte hegeliano […] è scienza nel senso radicale del ter-
mine, in quanto essa solamente è, per Hegel, scienza dell’intero, scienza della totalità, scien-
za, cioè, che ha in sé e non in altro il fondamento di se stessa: scienza che trova la giustifica-
zione di sé in se stessa e nel proprio svolgimento, e la sua necessità, perciò, in nient’altro
che nel suo concetto» (L. ILLETTERATI - P. GIUSPOLI - G. MENDOLA, op. cit., p. 105).
9 WdL I, p. 55 (p. 53).
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identità e non comporta, quindi, alcuna contraddizione: «il punto di partenza è la tesi
che, nel caso degli opposti, ognuno è il «suo altro» […] giacché è proprio la relazione
con tale altro che costituisce il termine stesso in questione […]. Ora, questa relazione di
unità inscindibile […] viene poi tradotta da Hegel come relazione di identità […] allor-
ché egli passa a riformulare la tesi attraverso l’asserzione che ognuno degli opposti «è se
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stesso e il suo altro»; dalla quale è effettivamente deducibile che allora ognuno è anche
l’altro, quindi che A è anche non A, e viceversa. Ma di fronte a un siffatto passaggio da
una “unità” a una “identità” non pare azzardato esprimere l’impressione che si tratti di
un paralogismo» (S. LANDUCCI, Opposizione e contraddizione nella logica di Hegel, in
«Verifiche», X (1981), n. 1-3, pp. 89-105, p. 96).
14 Nel decimo capitolo delle Categorie Aristotele distingue quattro tipi di oppo-
non c’è una vera e propria contraddizione. Tra l’indifferenza delle di-
verse componenti e la loro relazione reciproca sussiste una distinzione
di riguardi. Infatti, da una parte l’indipendenza è una proprietà loro
intrinseca, dall’altra parte la relazionalità è invece una caratteristica lo-
ro attribuibile solo a partire da una prospettiva esterna.
Si tratta però di capire perché Hegel, in alcuni casi, utilizzi il ter-
mine “contraddizione” in quest’accezione metaforica. Spesso l’utilizzo
metaforico del termine contraddizione ha una valenza anticipatoria in
relazione a determinazioni non propriamente contraddittorie, ma il cui
sviluppo dialettico porta a ulteriori determinazioni che invece risulta-
no articolate in modo contraddittorio. La contraddizione del processo
meccanico, ad esempio, consiste in una tensione tra l’indipendenza
delle singole componenti del processo e la loro implicita relazione re-
pulsiva. In questa tensione non è ancora presente una vera e propria
contraddizione, ma è già implicita la contraddizione che troverà com-
piuta espressione nelle determinazioni del chimismo e della teleologia.
Il chimismo infatti si basa su una tensione che lega, ma allo stesso tem-
po esclude, i diversi elementi chimici18. Nella teleologia questa con-
traddizione viene compiutamente esplicitata poiché lo scopo è ciò che
diventa identico con sé (realizza compiutamente se stesso) in ciò che è
diverso da sé, l’oggettività19.
Alla contraddizione metaforica è attribuibile anche una funzione
provocatoria contro quella che può essere definita come “logica del-
l’intelletto”, ovvero la logica dei sistemi di pensiero prigionieri del pa-
radigma dell’astratta identità delle determinazioni logiche20. L’utilizzo
18 «L’oggetto chimico, che è così la contraddizione del suo immediato esser po-
sto e del suo immanente concetto individuale, è una tendenza a toglier la determinatezza
del suo esser determinato e a dar l’esistenza alla totalità oggettiva del concetto» (ivi,
p. 149 (p. 827)).
19 In relazione alla teleologia, Hegel usa il termine «contraddizione» nell’Enci-
clopedia: «lo scopo è il concetto entrato nella libera esistenza […], mediante la negazio-
ne dell’oggettività immediata. […] Essendo lo scopo questa contraddizione della sua
identità con sé verso l’antitesi e la negazione posta in esso, è esso stesso un negare, l’atti-
vità di negare l’antitesi in modo da porla identica con sé. Questa è la realizzazione dello
scopo; nella quale esso, facendosi l’altro della sua soggettività e conquistando l’oggetti-
vità, ha superato la differenza di entrambe, si è congiunto solo con sé, e si è conservato»
(Enz, p. 209 (pp. 191-192)).
20 «Si donc, en appelant «contradiction» la relation essentielle, Hegel veut dire
que, par suite de la dualité qu’elle implique, elle peut paraître à première vue logique-
ment contradictoire […] au point de vue partiel et provisoire de l’entendement, il s’en-
suit que l’expression «contradiction» est employée ici par métaphore. Et cette mé-
taphore est d’intention polémique» (F. GREGOIRE, Études Hégélienne. Les points capi-
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terno di un paradigma di pensiero che si basa sull’identità di ogni cosa con se stessa,
quello che risulta essere l’altro tratto costitutivo delle cose, ossia la loro differenza. In un
sistema di pensiero di questo tipo, però, anche la minima differenza è in contraddizione
rispetto all’identità di riferimento. Cfr. E. BERTI, La critica di Hegel al principio di non
contraddizione, in «Filosofia», XXXI (1980), n. 4, pp. 629-654; ID., Contraddizione e dia-
lettica negli antichi e nei moderni, cit.; ID., La contraddizione in Aristotele, Kant, Hegel e
Marx, in ID. (a cura di), La contraddizione, cit., pp. 9-31. Una linea interpretativa simile
a quella di Enrico Berti viene sviluppata anche da Fulvio Longato (cfr. F. LONGATO,
Note sul significato del «principio d’identità o di contraddizione» nella formazione del
pensiero hegeliano, in E. BERTI (a cura di), La contraddizione, cit., pp. 121-160; ID., Es-
senza e contraddizione in Hegel, in «Verifiche», X (1981), n. 1-3, pp. 271-289) e Renato
Milan (cfr. R. MILAN, Il concetto di contraddizione nella «Scienza della logica» di Hegel,
in E. BERTI (a cura di), La contraddizione, cit., pp. 161-181).
22 J.N. FINDLAY, Hegel oggi, trad. it. di L. Calabi, Istituto Librario Internazio-
X (1981), n. 1-3, pp. 7-62, p. 7. Cfr. anche N. HARTMANN, Hegel et le problème de la dia-
lectique du réel, in «Revue de Métaphysique et de Morale», XXXVIII (1931), n. 3, pp.
285-316, pp. 314-315. Nell’analisi di Colletti la mancanza di una vera e propria distin-
zione, in Hegel, tra opposizione logica e opposizione reale, si basa su una concezione
negativa del sensibile molteplice di derivazione platonica. In questa linea di lettura Col-
letti si rifa sostanzialmente alla lezione del suo maestro Galvano della Volpe. Cfr. G.
DELLA VOLPE, Critica ai principi logici, D’Anna, Messina 1942, poi in Opere, vol. III, a
cura di I. Ambrogio, Editori Uniti, Roma 1973, pp. 135-266; ID., Logica come scienza po-
sitiva, D’Anna, Messina-Firenze 1956. La necessità di una distinzione tra il piano del lo-
gico e quello del realtà è anche il focus della classica obiezione di Trendelenburg alla
dialettica hegeliana: «o la negazione, attraverso la quale soltanto si media il passaggio
dal secondo al terzo momento, è negazione puramente logica (a, non-a), ma allora non
può né produrre qualcosa di determinato nel secondo momento, né fornire una riunifi-
cazione nel terzo momento; oppure è un’opposizione reale, ma allora non è raggiungibi-
le per via logica e la dialettica non è dunque dialettica del pensiero puro» (F.A. TRENDE-
LENBURG, Il metodo dialettico, trad. it. di M. Morselli, Il Mulino, Bologna 1990, p. 31).
25 Per un’analisi della distinzione tra opposizione reale a gli altri tipi di opposi-
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zione in Kant cfr. M. WOLFF, op. cit., pp. 69-77; G. MANIGO, L’opposizione reale in
Kant, in E. BERTI (a cura di), La contraddizione, cit., pp. 71-81.
26 Ver, p. 171 (p. 255). Cfr. anche KrV, p. 222 (pp. 220-221).
27 «Ogni pensiero sembra presupporre un soggetto, sia esso il nous divino o lo
spirito di singoli individui, di cui è appunto pensiero, e una realtà ad esso esterna cui si
riferisce. Il sistema di Hegel, nel suo insieme, può essere interpretato come il tentativo
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duttiva cui lo stesso Popper fa riferimento: «Le contraddizioni sono proficue, fertili, por-
tatrici di progresso, […] se non accettiamo mai una contraddizione, è soltanto per questa
nostra determinazione che è la critica, cioè il rilievo che diamo alle contraddizioni, ci indu-
ce a cambiare le nostre teorie e dunque a progredire» (K. POPPER, op. cit., p. 538). Cfr. an-
che C. BUTLER, Hegel in an Analytic Mode, in D.G. CARLSON (a cura di), Hegel’s Theory of
the Subject, Palgrave Macmillan, New York 2006, pp. 162-174, p. 170).
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36 Cfr. A.F. KOCH, Dasein und Fürsichsein (Hegels Logik der Qualität), in A.F.
KOCH - F. SCHICK (a cura di), G.W.F. Hegel. Wissenschaft der Logik, Akademie Verlag,
Berlino 2002, pp. 27-50, p. 42.
37 Enz, p. 51 (pp. 17-18).
38 «Questo infinito […] ha soltanto il contenuto del nulla, di ciò che è espressa-
consistente nel tener ferma come una diversità qualitativa la relazione loro l’uno all’al-
tro, nell’affermarli nella loro determinazione come separati» (ivi, p. 133 (p. 148)).
40 «Il finito e l’infinito, in quanto son così ciascuno in lui stesso e in base alla sua
propria determinazione il porre il proprio altro, sono inseparabili» (ivi, p. 128 (p. 142)).
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Clareton, Oxford 1940 (trad. it. di R. Franchini, Introduzione a Hegel, Ricciardi, Mila-
no-Napoli 1943); ID., A Study of Hegel’s Logic, Clareton, Oxford 1950; C. BUTLER, On
the Reducibility of Dialectical to Standard Logic, in «The Personalist», LIV (1975), n. 4,
pp. 414-430.
46 Cfr. F. BERTO, Che cos’è la dialettica hegeliana?, Il Poligrafo, Padova 2005,
p. 33.
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Hegel il contenuto inadeguato che sta dinanzi al pensiero che, in quanto intelletto, non
riesce a scorgere quell’essenza. Per Hegel il contraddirsi […] non è l’essenza della
realtà, ma è l’essenza dell’intelletto» (E. SEVERINO, Gli abitatori del tempo, Armando,
Roma 1978, p. 41).
51 In alcune interpretazioni coerentiste la dialettica è stata letta come una teoria
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semantica, ossia come processo di determinazione del significato. Cfr. H.F. FULDA, Un-
zulängliche Bemerkungen zur Dialektik, in R.-P. HORSTMANN (a cura di), Seminar, cit.,
pp. 33-69; D. MARCONI, La formalizzazione della dialettica, in ID. (a cura di), La forma-
lizzazione della dialettica. Hegel, Marx e la logica contemporanea, Rosenberg & Sellier,
Torino 1979, pp. 9-84; P. STEKELER-WEITHOFER, Hegels Analytische Philosophie. Die
Wissenschaft der Logik als kritische Theorie der Bedeutung, Schöningh, Paderborn 1992;
F. BERTO, Che cos’è la dialettica hegeliana?, cit.; A. NUZZO, Vagueness and Meaning. Va-
riance in Hegel’s Logic, in ID. (a cura di), Hegel and the Analytic Tradition, Continuum,
Londra-New York 2010, pp. 61-82. La dialettica si configurerebbe come una sorta di
analisi critica del linguaggio naturale operata attraverso il linguaggio stesso. In tale criti-
ca sono portate alla luce le inconsistenze implicite negli usi convenzionali di determinati
concetti. Per un’analisi critica di questo filone interpretativo cfr. M. BORDIGNON, Dialec-
tic and Natural Language. Theories of Vagueness, in «Teoria», XXXIII (2013), n. 1,
pp. 173-197; ID., I limiti della lettura coerentista della dialettica hegeliana, in «Verifiche»,
XXXIX (2010), n. 1-4, pp. 83-134.
52 «Sulla base della lettura del metodo come teoria semantica […] credo sia
possibile rendere – come dicono gli inglesi – palatable almeno qualche tratto della dot-
trina hegeliana sulle essenzialità e sulle “leggi del pensiero”» (F. BERTO, Che cos’è la dia-
lettica hegeliana?, cit., p. 313).
53 A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso si iniziò a lavorare ad alcuni
«l’astratto è quindi l’indeterminato o l’in sé che poggia solamente su se stesso» (E. BLO-
CH, Soggetto-Oggetto. Commento a Hegel, trad. it. a cura di R. Bodei, Il Mulino, Bologna
1975, p. 26).
56 F. BERTO, Che cos’è la dialettica hegeliana?, cit., p. 215. Cfr. anche G. LEBRUN,
La patience du concept. Essai sur le discours hégélien, Gallimard, Parigi 1972, p. 78.
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63 «La finità è solo come un sorpassar se stesso. In essa è quindi contenuta l’in-
finità, il suo proprio altro. In pari maniera l’infinità è solo come un sorpassare il finito.
Contien dunque essenzialmente il suo altro» (ivi, p. 133 (p. 149)).
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65 «Die Pointe der Wissenschaft der Logik besteht gerade in der Behauptung,
dass es sich bei der absoluten Idee um etwas handelt, das real existiert» (G. SANS, Die
Realisierung des Begriffs, Akademie Verlag, Berlino 2004, p. 19).
66 «L’oggetto della logica sono le pure determinazioni di pensiero, quelle pure
essenzialità che sono alla base del modo stesso in cui la realtà si struttura, ovvero, detto
diversamente ancora, i puri concetti che costituiscono la verità delle cose» (L. ILLETTE-
RATI - P. GIUSPOLI - G. MENDOLA, op. cit., p. 138).
67 WdL I, p. 95 (p. 99).
68 Ivi, p. 115 (p. 127).
69 WdL II, p. 279 (pp. 481-482).
70 WdL III, p. 188 (p. 874).
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71 «Tanto il finito quanto l’infinito son così questo movimento, di tornare cia-
scuno a sé per mezzo della propria negazione» (WdL I, p. 135 (p. 151)).
72 «La considerazione di tutto ciò che è mostra in lui stesso che nella sua egua-
glianza con sé esso è diseguale a sé e contraddittorio, e che nella sua diversità, nella sua
contraddizione, è identico con sé, e ch’esso è in lui stesso questo movimento del passare
l’una di queste determinazioni nell’altra» (WdL II, p. 261 (p. 458)).
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stesso la negatività, perciò esso esce fuori di sé ed entra nel mutamento. Qualcosa dun-
que è vitale solo in quanto contiene in sé la contraddizione ed è propriamente questa
forza, di comprendere e sostenere in sé la contraddizione» (ivi, p. 287 (p. 492)).
74 «One of Hegel’s constant complaints about the type of cognition characteri-
stic of the Understanding is its static, mechanical and lifeless nature which he contrasts
to the much more organic and dialectical form of thinking of ‘Reason’, and notoriously
he here appeals to ‘contradiction’ to capture the vitality of genuine thought» (P. RED-
DING, Analytic Philosophy and the Return of Hegelian Thought, Cambridge University
Press, Cambridge 2007, p. 200).
75 «La considerazione inconcettuale sta ferma al rapporto esteriore di cotesti
come tale – ma esprime il modo d’essere della cosa nel suo finire, nel
suo essere il suo non essere. E ancora, la contraddizione dell’essenza
non esprime ciò che la cosa deve diventare per realizzare se stessa.
Questa contraddizione corrisponde, invece, al movimento dinamico
della struttura interna alla cosa, che ne guida la ristrutturazione gene-
rale e la porta a completa realizzazione, ossia a divenire effettivamente
ciò che è. Infine, la contraddizione della vita rappresenta l’essenza del-
la vita stessa, che sussiste solo come continuo sviluppo della propria
forma nel rapporto con l’ambiente esterno.
La contraddizione è dunque l’articolazione logica alla base della
dinamica su cui si costituiscono le determinazioni logiche. Ognuna di
esse si costituisce nell’essere identica con sé nella propria differenza da
sé, è l’identità dell’identità e della non identità con se stessa, e solo co-
me tale realizza la propria intrinseca dinamicità76.
Il significato ontologico e veritativo della contraddizione nella
logica hegeliana comporta necessariamente alcuni problemi. In primis,
il render conto della messa in questione del PNC e, non meno impor-
tante, la difesa dall’ex falso quodlibet. Come sostiene Horstmann, la lo-
gica hegeliana, si mostra incompatibile con gli schemi della logica tra-
dizionale:
Hegel thinks of his new logic as being in part incompatible with tradi-
tional logic. […] his belief in the validity of his new logic, together with his
conviction that this new logic is partly incompatible with the traditional one,
implies the request for a new, Hegelian conception of rationality which is not
just a refinement or an improvement of our normal, traditional concept of ra-
tionality, but which is fundamentally at odds with it77.
consiste lo sviluppo immanente del concetto, e lo stesso metodo dialettico, il metodo cui
deve attenersi la filosofia speculativa» (M. CINGOLI, La qualità nella Scienza della Logi-
ca di Hegel, Guerini e Associati, Milano 1997, p. 26).
77 R.-P. HORSTMANN, What is Hegel’s Legacy, and what should we do with it?,
que in questione la validità del PNC a tutti i livelli: quello delle cose,
quello del pensiero e del linguaggio.
Una proposta interpretativa che si mantiene fedele alla tesi hege-
liana della verità della contraddizione è quella di Franco Chiereghin:
in ogni cosa, in ogni concetto o in ogni concreto vi è un punto, essenzia-
le al loro costituirsi, in cui la stessa cosa, ad un tempo, appartiene e non ap-
partiene allo stesso soggetto sotto il medesimo rispetto78.
(1981), n. 1-3, pp. 257-270, p. 262. Cfr. anche ID., L’eco della caverna, cit., pp. 73-92.
79 F. CHIEREGHIN, Incontraddittorietà e contraddizione in Hegel, cit., p. 258.
80 Cfr. S.-J. KANG, Reflexion und Widerspruch, cit., p. 212.
81 Anche Hahn mette in evidenza il problema in questione: «The problem is
how to talk about contradictions in a way that somehow takes us beyond the law of con-
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tradiction, yet in a logically non-contradictory way that still respects our rational aver-
sion to genuine contradictions» (S. HAHN, Contradiction in Motion. Hegel’s Organic
Concept of Life and Value, Cornell University Press, Ithaca 2007, p. 60).
82 Su questa distinzione cfr. anche S. SCHICK, op. cit., pp. 304-305.
83 L’obiettivo di Rescher è costruire un sistema in cui si eviti che la parziale
contraddittorietà di mondi di questo tipo vizi il pensiero che la riconosce e che la pensa
proprio in quanto vera.
84 N. RESCHER, Mondi possibili e non standard, in D. MARCONI (a cura di), La
formalizzazione della dialettica, cit., pp. 354-416, p. 362. Una distinzione di questo tipo è
rinvenibile anche in Vasil’ev, che in Logica immaginaria sottolinea la differenza tra la
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Hegel, in «Studi Urbinati. B. Scienze umane e sociali», LXVII (1997/1998), pp. 107-
156, p. 149.
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87 Cfr. Nohl, p. 348 (p. 475). Con la contraddizione Hegel intende esprimere
l’essenza della vita stessa: «il discorso hegeliano non cade in contraddizioni esso stesso,
non si autoannulla, bensì opera con contraddizioni, quelle stesse che Hegel scorge esse-
re presenti nella realtà effettuale» (V. RASPA, Sulle origini del concetto di contraddizione
negli scritti giovanili di Hegel, cit., p. 151); «solo facendo uso della figura della contrad-
dizione è possibile portare ad espressione quella complessità che non si lascia ricondur-
re all’ambito delle rigide leggi dell’intelletto» (V. RASPA, Dalla Differenzschrift agli scritti
giovanili, in M. CINGOLI (a cura di), L’esordio pubblico di Hegel, Guerini e Associati,
Milano 2004, pp. 41-55, p. 55).
88 «Quindi è che meno che mai possiam credere che quelle forme di pensiero
[…] servano a noi; che cioè siamo noi, che le abbiamo in nostro possesso, e non piutto-
sto quelle, che hanno in possesso noi» (WdL I, p. 14 (p. 14)).
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tesi dialeteista per cui esistono contraddizioni vere, ma queste contraddizioni costitui-
scono aspetti marginali di sistemi in gran parte consistenti. Cfr. G. PRIEST, What is so
Bad about Contradictions?, in «The Journal of Philosophy», XCV (1998), n. 8, pp. 410-
426, p. 423).
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Capitolo Secondo
QUALE NEGAZIONE?
scrive Hegel – è «quello, per cui il concetto si spinge avanti […] cotesto
è il vero elemento dialettico»3.
L’oggetto della negazione determinata sono quindi le determina-
zioni cui essa afferisce o, meglio, il contenuto logico di queste stesse
determinazioni, dove però l’essere oggetto di negazione non implica
l’annullamento e la falsificazione di questo contenuto, ma la sua com-
piuta articolazione, il suo completo sviluppo. Per questo, la negatività
non ha un carattere semplicemente negativo. Anzi, essa ha una funzio-
ne eminentemente positiva all’interno della dialettica, essendo la strut-
tura logica che guida lo sviluppo di ogni determinazione verso la rea-
lizzazione della propria vera natura. Hegel afferma che «il negativo è
insieme anche positivo»4, perché proprio la negatività interna alle de-
terminazioni logiche porta le determinazioni stesse alla posizione della
loro vera determinatezza. Ogni determinazione, infatti, si costituisce
sulla base di un particolare tipo di negatività, si articola cioè sulla base
di un particolare tipo di dinamica negativa che dipende dal suo stesso
contenuto. In questo senso, Hegel afferma che «la determinatezza è la
negazione posta come affermativa; è la proposizione di Spinoza: Om-
nis determinatio est negatio»5.
La negatività ha quindi un valore costitutivo nel processo di arti-
colazione delle determinazioni logiche, perché proprio sulla base di que-
sta negatività esse vengono a dispiegare compiutamente la loro specifica
determinatezza. La negazione in Hegel è una negazione determinata.
zioni sono un nulla negativo. Ora un nulla negativo è qualcosa di affermativo» (WdL I,
p. 89 (p. 94)).
3 Ivi, p. 39 (p. 38).
4 Ivi, p. 38 (p. 36).
5 Ivi, p. 101 (p. 108).
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Quale negazione? 61
8 WdL II, p. 265 (p. 463). Hegel sottolinea il carattere indeterminato del risul-
tato della negazione formale: «Se il negativo viene tenuto fermo nella determinazione af-
fatto astratta dell’immediato non essere, il predicato non è che l’affatto indeterminato
non-universale. Di questa determinazione si tratta d’altra parte nella logica a proposito
dei concetti cotraddittorii, inculcandosi come cosa importante che nel negativo di un
concetto ci si deve attenere solo al negativo, e che questo dev’essere preso come la sem-
plice estensione indeterminata dell’altro del concetto positivo» (WdL III, p. 66 (p.
723)). Cortella sostiene appunto che «è giusto sottolineare la totale «improduttività»
della negazione logico-formale (in quanto essa di fronte ad una determinazione si limita
a negare ciò che essa è e quindi ad affermare tutto ciò che essa non è, vale a dire l’inde-
terminato)» (L. CORTELLA, Dopo il sapere assoluto. L’eredità hegeliana nell’epoca post-
metafisica, Guerini e Associati, Milano 1995, p. 387).
9 A. NUZZO, La logica, cit., pp. 70-71. Cfr. anche F. BERTO, Che cos’è la dialet-
Quale negazione? 63
nata, si dovrà allora guardare a una relazione tra termini opposti che
non lasci sussistere il termine negativo come l’assolutamente indeter-
minato.
13 Per una panoramica storica sul concetto di negazione, cfr. L.R. HORN, A Na-
in modo diverso nelle diverse determinazioni. La negazione determinata non è una ne-
gazione formale e qualsiasi tentativo di formalizzare la dialettica è destinato a fallire (sui
diversi tentativi di formalizzazione della dialettica cfr. D. MARCONI (a cura di), La for-
malizzazione della dialettica, cit.). La logica hegeliana non è e non può essere compren-
sibile nei termini di una logica formale. La logica hegeliana ha a che fare con la pura for-
ma del pensiero, ma questa pura forma è il suo stesso contenuto: «È fuor di proposito il
dire che la logica astragga da ogni contenuto, che insegni soltanto le regole del pensare,
senza entrare a considerare il pensato e senza poter tener conto della sua natura» (WdL
I, p. 28 (p. 24)). Indagare la natura della forma delle determinazioni logiche significa in-
dagare il loro contenuto: «questo pensare oggettivo […] la vera materia, […] cui la for-
ma non è un che di esterno, poiché questa materia è anzi il puro pensiero, e quindi l’as-
soluta forma stessa» (ivi, p. 34 (p. 31)).
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Quale negazione? 65
prendiamo le cose […] come determinate, solo nella misura in cui le comprendiamo co-
me cose che stanno le une con le altre in relazioni di incompatibilità materiale» (R.B.
BRANDOM, op. cit., pp. 249-250). Cfr. anche F. BERTO, ’Aduvnaton and Material Exclu-
sion, in «Australasian Journal of Philosophy», LXXXVI (2008), n. 2, pp. 165-190.
02_capII_59_02_capII_59 07/05/15 11.15 Pagina 66
lità implica il PNC: «Senza l’esistenza di predicati incompatibili, non ci sarebbe la nega-
zione nel nostro senso del termine, e quindi non ci sarebbe nemmeno la nostra legge di
contraddizione, che è solo una conseguenza della definizione di negazione e della sua
proprietà basilare di essere riducibile all’incompatibità» (N.A. VASIL’EV, op. cit., p. 194).
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Quale negazione? 67
Quale negazione? 69
dinamica che, a partire dall’identità con sé, mette in atto la sua intrin-
seca potenza escludente. Quello che esclude è il suo stesso contenuto.
Così, negandosi, passa nel proprio opposto. Allo stesso tempo, met-
tendo in atto la propria negatività, che è la sua dinamica costitutiva,
non fa altro che realizzare compiutamente se stessa. Proprio questa
auto-negatività è l’anima dialettica di ogni determinazione logica:
La negatività qui considerata costituisce ora il punto in cui si ha la svol-
ta del movimento del concetto. Essa è il semplice punto del riferimento nega-
tivo a sé [der negativen Beziehung auf sich], l’intima fonte di ogni attività, di
ogni spontaneo movimento della vita e dello spirito, l’anima dialettica che
ogni vero possiede in se stesso e per cui soltanto esso è un vero; perocché solo
su questa negatività riposa il togliere dell’opposizione tra concetto e realtà e
quell’unità che è la verità24.
24 WdL III, p. 246 (p. 948). «Inherent in the concept is a negativity or dialectic
which moves it from one form to another. Negation is not the negation of a predicate; it
is not discursive negation but a more general principle obtaining in all reality» (A. FER-
RARIN, Hegel and Aristotle, Cambridge University Press, Cambridge 2001, p. 69).
25 Franco Chiereghin sottolinea come proprio l’autoriferimento rappresenti una
delle dinamiche costitutive del sistema logico hegeliano, poiché mette in atto ogni volta
un processo di totalizzazione sul contenuto concettuale che apre il contenuto stesso a
nuovi e ulteriori sviluppi: «l’autoreferenzialità mostra di obbedire a una logica della
totalizzazione che lungi dal bloccare il movimento del pensiero, ogni volta lo riapre»
(F. CHIEREGHIN, Rileggere la Scienza della logica di Hegel, Carocci, Roma 2011, p. 42).
26 «Hegel considers every possible content of speculative science – whether a
concept, a living being, or a mode of thought – as driven by the urge to resolve the ten-
sion between that which it is in itself and its actual determination» (K. DE BOER, On
Hegel, cit., p. 44).
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Quale negazione? 71
zione che nega se stessa sul piano specificamente logico-semantico. Cfr. A.F. KOCH, Die
Selbstbeziehung der Negation in Hegels Logik, in «Zeitschrift für philosophische For-
schung», LIII (1999), n. 1, pp. 1-29, p. 4.
02_capII_59_02_capII_59 07/05/15 11.15 Pagina 72
se l’enunciato sia vero o falso e si suppone che l’enunciato sia vero, al-
lora il contenuto che esprime è vero; ma l’enunciato dice di se stesso
di essere falso, quindi l’enunciato è falso. Se invece si suppone che l’e-
nunciato sia falso, allora il contenuto che esprime è falso; ma questo
contenuto consiste nell’asserzione della propria falsità, asserzione che
va pertanto negata. Quindi l’enunciato è vero. Dunque, se l’enunciato
è vero allora è falso, se l’enunciato è falso allora è vero. È possibile
esprimere i diversi passi dell’argomento paradossale in termini forma-
li. Se V è il predicato di verità e F il predicato di falsità, ed e corri-
sponde all’enunciato in questione, il paradosso si struttura nel modo
seguente
(1) V(e) → F(e)
(2) F(e) → V(e)
allora
(3) V(e) ↔ F(e)31
La conclusione di questo paradosso semantico è un’autocon-
traddizione, ovvero un enunciato che è vero se e solo se è falso.
Nel paradosso del mentitore la contraddizione è implicata dal-
l’autoriferimento della negazione. La domanda è, dunque, se proprio
la struttura del paradosso sopra esposta non possa fornirci un buon
modello per spiegare il modo in cui, all’interno della logica hegeliana,
l’autoriferimento della negazione porta agli sviluppi contraddittori
delle determinazioni logiche. Si riprenda la struttura del paradosso:
flette la definizione sintattica della contraddizione, per cui una contraddizione consiste
nella congiunzione di due enunciati, di cui uno è la negazione dell’altro. Non tutti am-
mettono che la conclusione dei paradossi logici sia propriamente contraddittoria. Ad
esempio, per coloro che sostengono che vi siano dei gap nei valori di verità, l’equivalen-
za tra le due formule indicate è problematica. Se però si presuppone la validità del prin-
cipio di bivalenza è possibile dimostrare l’equivalenza delle due formule:
1. (1) V(e) ↔ F(e) A
2. (2) V(e) = df. ¬ F(e) A
3. (3) F(e) =df.¬ V(e) A
4. (1) V(e) → F(e) 1
5. (1) F(e) → V(e) 1
6. (1)(3) V(e) → ¬ V(e) 3, 4 Sostituzione
7. (1)(2) F(e) → ¬ F(e) 2, 5 Sostituzione
8. (1)(3) ¬ V(e) 6 RAA (consequentia mirabilis)
9. (1)(2) ¬ F(e) 7 RAA (consequentia mirabilis)
10. (1)(2)(3) ¬ V(e) ∧ ¬F(e) 8, 9 Introduzione ∧
11. (1)(2)(3) F(e) ∧ V(e) 10, 2, 3 Sostituzione
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Quale negazione? 73
Quale negazione? 75
di se stesso. […] Quello che era prima un immediato sia con ciò come un me-
diato, sia riferito ad un altro, vale a dire che l’universale sia come un particola-
re. Il secondo, che così è sorto, è pertanto il negativo del primo e, se guardia-
mo anticipatamente allo sviluppo che verrà poi, è il primo negativo. L’imme-
diato, da questo lato negativo, è tramontato nell’altro33.
risponde al doppio significato della Aufhebung, per cui una determinazione nel suo to-
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che sembrano assolutamente separati, passano l’uno nell’altro per se stessi, mediante
quello ch’essi sono» (ivi, p. 92 (pp. 97-98)).
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Quale negazione? 77
n. 4, pp. 388-415, p. 388. In relazione al paradosso del mentitore, Priest mostra come
ogni soluzione che cerchi di liberarsi dell’autocontraddittorietà della conclusione del-
l’argomento paradossale non funzioni, e come si debba piuttosto accettare tale conclu-
sione e cercare di darne conto. L’obiettivo hegeliano, nel dispiegare il contenuto delle
determinazioni logiche, non è diverso da quello di Priest. Hegel mostra come ogni ten-
tativo di togliere di mezzo l’autocontraddittorietà delle determinazioni logiche, secondo
il paradigma intellettualistico, non funzioni, e come sia invece necessario accettare que-
st’autocontraddittorietà e cercare di darne conto, di comprenderne il valore speculativo.
Priest risponde a quest’esigenza costruendo un sistema logico-formale a tre valori di ve-
rità in cui sia possibile bloccare le conseguenze esplosive dell’ex falso quodlibet. Hegel,
invece, porta a trasparenza concettuale la contraddittorietà delle determinazioni logiche
in un sistema che non è logico-formale, e nel quale quindi gestisce la contraddittorietà
delle determinazioni attenendosi allo sviluppo del loro contenuto logico.
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Quale negazione? 79
47 «Perciò son lo stesso, e non v’è ancora una lor differenza. Questa medesi-
mezza delle determinazioni cade però anch’essa soltanto nella riflessione esterna» (WdL
I, p. 106 (p. 114)).
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Capitolo Terzo
LA CONTRADDIZIONE SI DICE IN MOLTI MODI
In termini simili, nella prima tesi dello scritto che Hegel presen-
ta a Jena nel 1801, egli afferma: «contradictio est regula veri, non con-
tradictio falsi»7. Nella Scienza della logica la contraddizione è il princi-
pio di determinazione delle categorie logiche. Se queste corrispondo-
no alle dinamiche attraverso cui si articola l’intera realtà, la contraddi-
zione, lungi dall’essere necessariamente falsa, è ciò che è massimamen-
te vero8.
Cosa significa affermare che la contraddizione è vera? Nella logi-
ca hegeliana la verità non è una proprietà di enunciati. La verità della
contraddizione in Hegel non ha quindi un carattere primariamente ed
esclusivamente linguistico. Questa verità ha invece a che fare con il
modo di costituirsi delle determinazioni logiche come strutture onto-
realizzano ciò che sono, vale a dire la concreta articolazione del loro
contenuto, quello che Hegel chiama il loro «concetto»12. Nella misura
in cui il compiuto sviluppo delle determinazioni si realizza in una strut-
tura contraddittoria, la contraddizione è la regula veri delle determina-
zioni stesse.
Dire che vi sono contraddizioni vere significa quindi, per Hegel,
affermare che la realtà si articola attraverso processi e dinamiche che si
configurano in modo contraddittorio. Questi processi e queste dina-
miche trovano espressione linguistica in enunciati contraddittori che,
nell’ottica hegeliana, non possono essere detti falsi. Questo implica
una critica radicale alla concezione semantica standard della contrad-
dizione, cui sopra ho fatto riferimento. Vi è però un senso in cui Hegel
assume la tesi della necessaria falsità della contraddizione. Più pro-
priamente, Hegel riconfigura questa tesi declinando la falsità nei ter-
mini di un’insostenibilità che si gioca però non più sul piano linguisti-
co, ma su quello ontico13. L’insostenibilità della contraddizione non
equivale all’impossibilità per un soggetto di affermare una contraddi-
zione vera, ma è l’impossibilità per ciò che è in se stesso contradditto-
rio di sussistere sul piano ontico. Si badi bene, questo non significa
che la contraddizione non esista, cosa che renderebbe la tesi hegeliana
del tutto compatibile con la concezione semantica standard della con-
traddizione. Piuttosto, l’insostenibilità della contraddizione corrispon-
de all’impossibilità per le “contraddizioni oggettive” di sussistere co-
me uno stato di cose dato. A essere contraddittori non sono stati di co-
se, ma dinamiche o processi, la cui contraddittorietà si toglie nel corso
dello sviluppo e del compimento del processo stesso.
Questo è piuttosto chiaro in quello che, per Hegel, è un esempio
paradigmatico di contraddizione oggettiva, ovvero il movimento. Un
oggetto O in movimento, nel momento in cui attraversa un determina-
to punto P,
come base fuori del pensiero, non si ha da fare con forme che debban fornire semplici
note della verità; ma le forme necessarie e le proprie determinazioni del pensiero sono il
contenuto e la suprema verità stessa» (WdL I, p. 34 (p. 31)).
12 «La verità è il rispondere dell’oggettività al concetto, – non già che cose
sante trattazione della questione che chiama in causa anche la contraddizione e il valore
del PNC è offerta da Peirce: «The very word continuity implies that the instants of time
or the points of a line are everywhere welded together» (C. PEIRCE, The New Elements of
Mathematics, vol. 3, a cura di C. Eisele, Mouton Publishers-Humanities Press, The Ha-
gue-Paris-Atlantic Highlands N.J. 1976, p. 61).
15 «La contraddizione […] è il principio di ogni muoversi […]. Persino l’este-
rior moto sensibile non è che il suo esistere immediato. Qualcosa si muove, non in quan-
to in questo Ora è qui, e in un altro Ora è là, ma solo in quanto in un unico e medesimo
Ora è qui e non è qui, in quanto in pari tempo è e non è in questo Qui» (WdL II, p. 287
(p. 491)). Sulla concezione hegeliana del divenire e del movimento cfr. G. MOVIA, Esse-
re, nulla, divenire. Sulle prime tre categorie della Logica di Hegel, in «Rivista di filosofia
neo-scolastica», LXXVIII (1986), n. 4, pp. 513-44 e LXXIX (1987), n. 1, pp. 3-32. Un
significativo e recente contributo sul tema del divenire è quello di F. PERELDA, Hegel e il
divenire, Cleup, Padova 2009. Per un tentativo di formalizzazione della dialettica del di-
venire in Hegel cfr. L. ROGOWSKI, La logica direzionale e la tesi hegeliana della contrad-
dittorietà del mutamento, in D. MARCONI (a cura di), La formalizzazione della dialettica,
cit., pp. 117-219.
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nel fatto le contiene anche tutte e due come diverse […]. Nell’intento di espri-
mere la verità speculativa, a cotesto difetto si ripara anzitutto coll’aggiungere
la determinazione opposta, cioè che essere e nulla non sono lo stesso17.
17 WdL I, pp. 77-78 (p. 80). Sulla declinazione di questa stessa dinamica logica
all’interno della dialettica di finito e infinito cfr. ivi, p. 139 (p. 155).
18 «La sintesi contiene e mostra la non verità di quelle astrazioni. Queste vi
stanno in unità col loro altro, epperò non come sussistenti per sé, non come assolute, ma
semplicemente come relative» (ivi, p. 85 (p. 89)).
19 PdG, p. 19 (p. 69).
03_capIII_81_03_capIII_81 07/05/15 11.22 Pagina 88
dimostrazione:
1. (1) p Λ ¬ p A
2. (1) p 1.EΛ
3. (1) ¬ p 1.EΛ
4. (1) p V q 2.IV
5. (1) q 3, 4 . MTP
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22 WdL I, p. 78 (p. 81). Sulla stessa dinamica logica all’interno della dialettica di
me: «la rosa è rossa», o «non è rossa», possano contener verità. Essi possono essere esat-
ti [richtig], vale a dire nella cerchia limitata della percezione, del rappresentare e del
pensare finiti: ciò dipende dal contenuto, il quale è altresì un qualcosa di finito, di non
vero per sé. Ma la verità riposa solo sulla forma, cioè sul concetto che si pone, e sulla
realtà, che gli corrisponde: e siffatta verità, nel giudizio qualitativo, non si trova» (Enz,
p. 186 (p. 169)).
03_capIII_81_03_capIII_81 07/05/15 11.22 Pagina 90
24 «Contraddizione: una formula ben formata della forma ‘A & ¬A’; un enun-
ciato della forma ‘A e non A’» (E.J. LEMMON, Beginning Logic, Thomas Nelson and
Sons Ltd., Londra 1965, p. 244). È possibile distinguere due tipi di definizione sintattica
della contraddizione. La prima, la definizione sintattica collettiva, secondo la quale una
contraddizione è una congiunzione di due enunciati di cui uno è la negazione dell’altro
(P ∧ ¬ P). La seconda, la definizione sintattica distributiva, secondo la quale una con-
traddizione è una coppia di enunciati di cui uno è la negazione dell’altro (P; ¬ P). Cfr. A.
VARZI, op. cit., pp. 63-86.
25 Cfr. M. WOLFF, op. cit., pp. 35-36.
26 «Judgment […] expresses identity while suppressing the essential noniden-
tity or difference, and thus it distorts or even suppresses speculative truth» (R.R. WIL-
LIAMS, Double Transition, Dialectic and Recognition, in P.T. GRIER (a cura di), Identity
and Difference, SUNY, Albany (NY) 2007, pp. 31-62, p. 42).
03_capIII_81_03_capIII_81 07/05/15 11.22 Pagina 91
tion – itself the offshoot of an inadequate ontology. It takes the logical subject as fixed,
ready-made and selfidentical at the outset, whereas the predicates “hinge” or depend
upon this subject unilaterally. This is the logical view of the “Understanding”. Dialecti-
cal reason, however, grasps the subject and predicates as mutually dependent. The
subject is constituted qua subject only by the process of its explication and transforma-
tion in the dialectical system of predicates» (Y. YOVEL, Hegel’s Dictum that the Rational
is Actual and the Actual is Rational, in W. BECKER - W.K. ESSLER (a cura di), Konzepte
der Dialektik, Vittorio Klostermann, Francoforte sul Meno 1981, p. 116).
03_capIII_81_03_capIII_81 07/05/15 11.22 Pagina 92
32 Ibidem.
33 Così all’inizio del sistema abbiamo «il concetto dell’unità dell’essere col non
essere, […] oppure quello dell’identità della identità e della non identità. Questo con-
cetto si potrebbe riguardare come la prima e più pura (cioè più astratta) definizione del-
l’Assoluto; […] così tutte le ulteriori determinazioni e sviluppi ne sarebbero semplice-
mente definizioni più determinate e più ricche» (WdL I, pp. 60-61 (p. 60)).
34 PdG, p. 43 (p. 127).
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35 Ibidem.
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go» (B. BRODY, Logical Terms, Glossary of, in P. EDWARDS (a cura di), The Encyclopedia
of Philosophy, Macmillan and Free Press, New York 1967, p. 61).
37 G. PRIEST - R. ROUTLEY - J. NORMAN (a cura di), Paraconsistent Logic. Essays
principio, e non alla seconda. Hegel nega la prima accezione dal mo-
mento che l’intero sviluppo del sistema logico non è altro che la dimo-
strazione della possibilità di pensare la contraddizione come la verità
delle determinazioni stesse. Questo, però, non significa ancora che
Hegel intenda affermare la possibilità, per il pensiero, di contraddirsi.
In effetti, rispetto alle determinazioni dell’intelletto, Hegel asse-
risce che esse sono false proprio perché l’intelletto si contraddice:
A far sì che l’intelletto si accorga che, mentre crede di aver raggiunto il
suo appagamento nella conciliazione della verità, si trova invece nella inconci-
liata, ancora aperta, assoluta contraddizione, dovrebber servire le contraddi-
zioni in cui l’intelletto stesso da ogni parte s’impiglia, non appena passa all’ap-
plicazione e alla esplicazione di queste sue categorie40.
40 WdL I, p. 127 (p. 141). Col criticismo «venne scorto il necessario contrasto
smo. La formulazione pragmatica del PNC è l’unica accezione del principio che il diale-
teismo non sembra poter rifiutare. Cfr. F. BERTO, Non dire Non! (Una proposta che Prie-
st non potrà rifiutare), in F. BERTO - F. ALTEA, op. cit., pp. 45-61.
44 R. ROUTLEY - V. ROUTLEY, Negation and Contradiction, in «Revista Colom-
Logic, in «Logique et Analyse», XLI (1998), n. 161, pp. 21-30, pp. 28-29.
48 L. COLLETTI, op. cit., p. 7.
03_capIII_81_03_capIII_81 07/05/15 11.22 Pagina 99
sia uno stato di cose che verifica una proposizione contraddittoria (se
un enunciato p è vero se si dà il caso che p, allora la contraddizione (p
∧ ¬p) è vera se si dà il caso che p e non si dà il caso che p). Lo stato di
cose che verifica (p ∧ ¬p) si può definire solo in senso derivato uno
stato di cose contraddittorio. Nel caso della concezione hegeliana della
contraddizione non è possibile parlare né di stati di cose, né tantome-
no di una relazione di verificazione tra uno stato di cose e un enuncia-
to. Da una parte, infatti, le determinazioni logiche non sono riducibili
a stati di cose. Gli stati di cose corrispondono a una situazione oggetti-
va data fuori dal pensiero, una situazione che il pensiero assume nella
sua stabilità e che quindi non ha nulla a che fare con la dinamicità che
caratterizza lo sviluppo intrinseco delle determinazioni logiche. Dal-
l’altra parte, la relazione di verificazione tra stati di cose ed enunciati si
basa su una concezione corrispondentista della verità che Hegel mette
radicalmente in questione49.
Invece di “stati di cose”, si potrebbe usare l’espressione “struttu-
ra ontologica”, dove il termine “struttura” va inteso in senso
dinamico50. Inoltre, invece di dire che questa struttura verifica una
proposizione contraddittoria, sarebbe più appropriato dire che essa
trova espressione in una proposizione contraddittoria. In questo modo,
viene mantenuto il carattere originario delle determinazioni rispetto
alla loro espressione linguistica. Le determinazioni non sono cioè qual-
cosa che verifica una contraddizione, ma qualcosa che è in se stesso
49 Secondo Nuzzo, nella dialettica hegeliana c’è una vera e propria messa in di-
scussione del paradigma rappresentazionale del linguaggio. Nell’analisi della prima tria-
de del sistema logico, Nuzzo prende in considerazione il confronto di Hegel con filosofi
come Parmenide ed Eraclito: «The language of these philosophers is a representational
language empirically or metaphysically referred to (or denoting) things and events – it is
a language referred to a “substrate” or to entities necessarily presupposed from which
abstraction is then (more or less explicitly) made. Within this metaphysical language the
proposition “pure being and pure nothing are the same” is by no means expression of
becoming, i.e., does not imply the proposition “pure being and pure nothing are not the
same” but rather excludes it. For, in this language the identity of the terms is referred to
the substrates that they allegedly denote; it is not taken “in and for itself” in a merely
syntactical sense. The transition to the dialectical “language of the concept” (that rejects
representation and denotation or reference to empirical or metaphysical substrates, enti-
ties, and things) is required by dialectic’s commitment to think and express the recipro-
cal implication of identity and difference» (A. NUZZO, Hegel and the Analytic Tradition,
cit., pp. 68-69).
50 «Le categorie e i momenti non sono “cose” del pensiero, statiche e bell’e fat-
te, […] sono reticoli mobili di rapporti, ciascuno dei quali è connesso a tutti gli altri in
modo plurimo, all’interno di un’incessante processualità» (F. CHIEREGHIN, Rileggere la
Scienza della logica di Hegel, cit., p. 24).
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Objektives, etwas an den Dingen selbst bezeichnet, über das wir sprechen» (M. WOLFF,
op. cit., p. 19).
52 WdL II, p. 261 (p. 458).
53 Ivi, p. 287 (p. 491).
54 Ivi, p. 286 (p. 490).
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Cusano e Hegel, sottolinea come con questa idea essi non intendessero «contestare la
non-contraddittorietà del discorso, ma che si ponessero piuttosto il problema di dare
espressione, nel discorso, a determinate ‘realtà complesse’» (V. RASPA, In-Contraddizio-
ne, cit., p. 22).
56 Cfr. G. PRIEST, What is so Bad about Contradictions?, cit., p. 423.
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Capitolo Quarto
ESSERE E CONTRADDIZIONE
l’altra e al tipo di relazioni che si instaurano tra loro3. Ciò con cui non
si ha ancora a che fare è il modo in cui le cose vengono a porsi nella
realtà, a esistere, a essere fondate (di questo si occupa la dottrina del-
l’essenza), o il modo in cui si dispiegano concretamente da se stesse (di
ciò si occupa la dottrina del concetto). Sono cioè tematizzate determi-
nazioni come il qualcosa e il suo altro, il rapporto tra l’uno e i molti, re-
lazioni di carattere quantitativo ecc. e non ancora categorie che chiama-
no in causa relazioni di fondazione, di condizione, di causa-effetto, di
auto-sviluppo. In questo immediato essere date delle cose nella loro au-
tosussistenza, assumono un ruolo costitutivo determinazioni che tendo-
no a strutturarsi in modo altrettanto immediato e autosussistente.
L’identificazione di questi tratti generali delle determinazioni
dell’essere permetterà di delineare le dinamiche generali del loro pro-
cesso di autodeterminazione, ovvero, la loro dialettica. Quelle che in-
dicherò sono però solo le caratteristiche generali di queste dinamiche
e non regole che ne guidano prescrittivamente lo sviluppo. La delinea-
zione di queste caratteristiche risponde a un’esigenza di generalizza-
zione volta a mettere in luce il movimento generale della sezione, sen-
za però ancora spiegare il modo in cui questo movimento è declinato
all’interno delle singole determinazioni.
Il carattere principale delle determinazioni dell’essere è l’imme-
diatezza. Le determinazioni dell’essere, nella loro autosussistenza, non
si determinano relazionalmente, ma sulla base di una immediata ugua-
glianza con loro stesse. Esse si delimitano rispetto alle categorie oppo-
ste e sussistono non nel riferimento a queste, ma sulla base della loro
indifferenza rispetto ad esse. Tuttavia, le determinazioni dell’essere, nel
mettere in atto il proprio processo di determinazione, implicano neces-
sariamente un qualche tipo di negazione (omnis determinatio est nega-
tio), e questa negazione è sostanzialmente un «passare [Übergehen]»4.
L’Übergehen delle determinazioni dell’essere non è un passaggio
in cui la prima determinazione si mantiene nella seconda. Nella secon-
3 «Die Seinslogik ist die Sphäre der Unmittelbarkeit, weil sie die Bestimmun-
gen gegenständlicher Denkformen, d.h. Bestimmungen an gegenständlichen Substraten
erörtet» (C. IBER, Kleine Einführung in Hegels Logik, in A. ARNDT - C. IBER (a cura di),
Hegels Seinslogik. Interpretationen und Perspektiven, cit., pp. 13-32, p. 24).
4 WdL I, p. 109 (p. 119). «Concept such as ‘being’‚ ‘determinate being’, and
‘something’, although referring to their counterparts, have always pretended themselves
as more or less isolated concepts. For that reason they are merely suited to determine fi-
nite objects» (K. DE BOER, On Hegel, cit., p. 60); cfr. anche S. BUNGAY, The Hegelian
Project, in H.T. ENGELHARDT - T. PINKARD (a cura di), Hegel reconsidered, Kluwer Aca-
demic Publisher, Dordrecht-Boston-Londra 1994, pp. 19-42, p. 26.
04_capIV_105_04_capIV_105 07/05/15 11.30 Pagina 107
Quest’esclusione, quindi, è tale per cui essa esclude se stessa. Alla base
di questa dialettica sta l’autoriferimento della negatività sulla base del
quale le determinazioni logiche si costituiscono in modo autocontrad-
dittorio. Infatti, nell’escludere la propria stessa esclusione, una deter-
minazione toglie se stessa nella determinazione opposta. Questa nega-
tività fonda il passaggio nella determinazione opposta. Le determina-
zioni dell’essere realizzano la propria concreta natura proprio in que-
sto passaggio in cui sono, allo stesso tempo e sotto il medesimo rispet-
to, se stesse e la determinazione opposta.
Non è possibile distinguere il rispetto secondo cui le determina-
zioni sono indipendenti e autosussistenti da quello per cui esse si costi-
tuiscono nel necessario rapporto all’altro. La negatività che fonda il te-
nersi lontano di ogni determinazione da quella opposta è la stessa che
implica il suo necessario rapporto con essa, proprio perché tale tenersi
lontano, tale esclusione, è già di per sé questo costitutivo rapporto, che
culmina nel contraddittorio passaggio nella determinazione opposta7.
L’effettivo modo di articolarsi delle determinazioni dell’essere è
piuttosto precario, perché si radica sulla contraddittorietà di un pas-
saggio che si toglie nel compimento del passaggio stesso. È una con-
traddittorietà che le determinazioni non sono in grado di sopportare.
Nell’essere la contraddizione è principio di una determinatezza che è
portata a togliere immediatamente se stessa, come avviene ad esempio
nelle determinazioni del divenire e del finito.
che costituisce la sua qualità. Si mostrerà quindi che il primo essere è un essere
in sé determinato9.
Sulla base della sua pura negatività, l’essere astrae da ogni deter-
minazione e si determina come l’assolutamente indeterminato: il nulla.
La sua è una determinatezza che toglie se stessa perché la stessa negati-
vità sulla base della quale dovrebbe determinarsi è tale per cui toglie se
p. 68 (p. 70)).
13 «Gerade insofern das reine Sein unbestimmte Unmittelbarkeit ist, negiert es si-
ch selbst, geht ins Nichts über, ist dasselbe wie das Nichts» (G. MOVIA, Über den Anfang
der Hegelschen Logik, in A.F. KOCH - F. SCHICK (a cura di), op. cit., pp. 11-26, p. 20).
14 WdL I, p. 86 (p. 90).
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ne che entrambi sono l’assolutamente indeterminato e vuoto. Se così fosse, l’identità tra
le due determinazioni sarebbe semplicemente esterna. L’essere passa nel nulla perché è
l’assolutamente vuoto e indeterminato, ma questo non significa che il passaggio si basi
su una semplice identità di caratterizzazione. Il dileguarsi dell’essere nel nulla si fonda
sul fatto che il suo essere vuoto e indeterminato lo porta all’impossibilità di sussistere di
per se stesso e, quindi, alla necessità di passare nel proprio altro.
16 Ivi, p. 81 (p. 83).
04_capIV_105_04_capIV_105 07/05/15 11.30 Pagina 111
quale si dà e col mostrare in lei stessa il suo altro. Sarebbe una fatica vana di vo-
ler come precludere tutti i ripieghi e tutte le trovate della riflessione e del suo
ragionamento, affin di toglierle e di renderle impossibili quei sotterfugi e quelle
scappatoie con cui nasconde a se stessa la propria contraddizione contro di sé17.
das Sein ist Nichts an sich selbst. Die absolute Unbestimmtheit des Seins sorgt dafür,
daß es, gerade durch seine einfache Identität mit sich selbst, sich selbst negiert, sich wi-
derspricht und sein Gegenteil übergeht» (G. MOVIA, Über den Anfang der Hegelschen
Logik, cit., p. 18).
27 Hegel individua negli infinitesimali un esempio dell’identità dell’essere e del
nulla all’interno della scienza che sembra attenersi nel modo più fermo al paradigma
dell’intelletto, ossia la matematica. Gli infinitesimali sono grandezze tali che, nel loro
sparire, si determinano come intrinsecamente contraddittorie, poiché sussistono in una
sorta di stato intermedio tra l’essere e il nulla. Cfr. WdL I, pp. 91-92 (p. 97). Sulla que-
stione degli infinitesimali nella Scienza della Logica cfr. A. MORETTO, Matematica e con-
traddizione nella “Logica di Jena” (1804-1805) di Hegel, in «Verifiche», X (1981), n. 1-3,
pp. 291-301; ID., Hegel e la matematica dell’infinito, Verifiche, Trento 1984; ID., Que-
stioni di filosofia della matematica nella Scienza della Logica di Hegel, Verifiche, Trento
1988; ID., Filosofia della matematica e della meccanica nel sistema hegeliano, Il Poligrafo,
Padova 2003.
28 WdL I, p. 79 (p. 81).
04_capIV_105_04_capIV_105 07/05/15 11.30 Pagina 115
avessero qualche determinatezza, per cui si distinguessero, allora […] sarebbero un es-
sere e un nulla determinati, e non già quel puro essere e quel puro nulla» (ivi, p. 79 (pp.
81-82)). La differenza può essere solo intuita e, in questo senso, Hegel ricorre all’imma-
gine della pura luce e del puro buio come metafore dell’essere e del nulla: «nell’assoluta
chiarezza non si vede né più né meno che nell’assoluta oscurità, e che così l’uno come
l’altro vedere sono un puro vedere, un veder nulla. La pura luce e la pura oscurità son
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due vuoti, che son lo stesso» (ivi, p. 80 (p. 83)). Questa metafora rende l’idea di come
essere e nulla siano assolutamente indeterminati, come la pura luce e il puro buio sono
l’indeterminatezza del vedere. Questo però non impedisce di intuire un’assoluta diffe-
renza tra i due.
34 Proprio perché la loro differenza è immediata, il passaggio dall’essere al nulla
è immediato, «sta ancora nascosto. Poiché l’essere viene posto soltanto come immediato,
il nulla vi prorompe solo immediatamente» (ivi, p. 86 (p. 90)). Proprio perché immedia-
to, il passaggio non è comprensibile ed esplicitabile concettualmente.
35 Ivi, p. 79 (p. 82).
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36 «Ma in quanto l’essere e il nulla son ciascuno come non separato dal suo al-
tro, non sono. L’essere e il nulla, dunque, sono, in questa unità, ma però come dileguan-
tisi, soltanto come tolti. Dall’indipendenza in cui erano stati presi prima essi decadono a
momenti, i quali sono ancora diversi, ma nello stesso tempo son tolti [aufgehobenen]»
(ivi, p. 92 (p. 98)).
37 Ivi, pp. 93-94 (p. 99).
04_capIV_105_04_capIV_105 07/05/15 11.30 Pagina 118
38 Ibidem.
39 «Per esserci il concetto del divenire occorre che ci siano l’essere e il nulla; il
divenire si basa sulla loro diversità, sul fatto che dall’uno si va all’altro. Ma siccome non
si tengon fermi, dileguano e sparisce questa loro diversità: ma, con ciò, sparisce anche il
divenire che a quella diversità si teneva» (M. CINGOLI, La qualità della Scienza della Lo-
gica di Hegel, cit., p. 106).
40 Per Hegel ogni determinazione può essere vista come una definizione dell’as-
soluto. Allo stesso tempo, però, ogni determinazione è una definizione dell’assoluto che
mostra necessariamente la propria inadeguatezza perché non in grado di dispiegare
compiutamente ciò che l’assoluto è (una vera e propria articolazione dell’assoluto si dà
solo con il completo sviluppo del sistema logico, in cui viene portato a compimento il
processo di autodeterminazione del pensiero). Questo spiega perché nel sistema logico
hegeliano ogni determinazione attraversi uno sviluppo del proprio contenuto che va al
di là della determinazione stessa verso ulteriori determinazioni che articolano nuovi
campi del pensiero e della realtà.
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41 «La parola togliere [Aufheben] ha nella lingua il doppio senso, per cui val
quanto conservare, ritenere [aufbewahren, erhalten], e nello stesso tempo quanto far ces-
sare, metter fine [aufhören lassen, ein Ende machen]» (WdL I, p. 94 (p. 100)). Cfr. F.
CHIEREGHIN, Nota sul modo di tradurre «Aufheben», cit., pp. 233-249.
42 Per un’analisi della dialettica del finito cfr. G. MOVIA, Finito e infinito e l’i-
Denken wiederherstellt und daher schlägt, wenn E1 seinen Stand im logischen Raum auf
Kosten von E2 gewinnt, dies unmittelbar auf E1 zurück, weil auch E2 seinen Stand auf
Kosten von E1 gewinnt. Wir haben hier den Widerspruch eines logischen Raumes, der
aus zwei primitiven Welten, E1 und E2, besteht» (A.F. KOCH, Dasein und Fürsichsein,
cit., p. 40).
46 Il limite «è il punto in cui tanto ciò che è determinato, quanto ciò che nella
determinazione stessa viene negato, insieme ricevono il loro essere e cessano di essere»
(L. ILLETTERATI, Figure del limite, cit., p. 40); «This contradiction is not just in our con-
cept of the limit but in the very structure of being limited. On the one hand, the limit is
the point between the being or Dasein of something and its other at which both cease.
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dentità è ciò che spinge proprio il qualcosa a passare nel proprio altro,
nel proprio non essere, per cui il qualcosa non si realizza solo in quan-
to limitato, ma si mostra anche nella sua intrinseca finitezza:
Il qualcosa posto col suo limite immanente come la contraddizione di se
stesso, dalla quale è indirizzato e cacciato oltre a sé, è il finito47.
Insofar as the limit is the nonbeing of each, it does not belong to their being as such but
falls between what each one is. What each is thus lies within, or on the other side of,
their common boundary. On the other hand, the limit is nothing apart from the two
things it conjoins and disjoins but belongs irreducibly to both of them. It is the common
boundary at which each thing stops and through which each gains a definite identity»
(S. HOULGATE, The Opening of Hegel’s Logic, cit., p. 367).
47 WdL I, p. 116 (p. 128).
48 Ibidem.
49 Cingoli sottolinea come il finito non sia altro che il compimento del processo
di interiorizzazione della negazione nella determinatezza, per cui l’altro toglie progressi-
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Quando delle cose diciamo che son finite, con ciò s’intende che […] la
lor natura, il loro essere, è costituito dal non essere50.
vamente la propria indifferenza rispetto al qualcosa per diventare parte integrante, anzi,
essenziale, del qualcosa stesso: «La dialettica del qualcosa ed un altro ci conduce al finito,
al suo intimo contraddirsi. Ciò che viene approfondito in modo sempre più determinato è
proprio la categoria della negazione. In origine noi siamo in presenza dei qualcosa indiffe-
renti gli uni agli altri; se si osserva il limite dei qualcosa (che è ciò per cui ciascuno limita
l’altro) si vede la negazione posta come immanente, come costitutiva, in quanto ciascuno
contiene dentro di sé l’altro, e dunque ciascuno contiene dentro di sé la contraddizione: il
finito è dunque contraddittorio e per sua natura tende dunque ad andare oltre se stesso»
(M. CINGOLI, La qualità nella Scienza della Logica di Hegel, cit., p. 175).
50 WdL I, p. 116 (p. 128).
51 Ibidem. «Finite involves coming to an end through one’s own being. Finite
things can thus be said to negate themselves» (S. HOULGATE, The Opening of Hegel’s Lo-
gic, cit., p. 372).
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57 Ibidem.
58 Ibidem.
59 Ivi, p. 119 (p. 131).
60 Ibidem.
04_capIV_105_04_capIV_105 07/05/15 11.30 Pagina 126
61 Ibidem.
62 Ibidem.
63 Ivi, p. 119 (p. 132).
64 Ivi, p. 120 (p. 132).
04_capIV_105_04_capIV_105 07/05/15 11.30 Pagina 127
ti, nel rapporto tra il termine e il dover essere è messo in evidenza co-
me l’essenza stessa di ogni cosa finita, il suo proprio essere, sia il suo
stesso non essere65.
Lo sviluppo dialettico delle determinazioni in questione porta,
in questo modo, al riconoscimento di come il qualcosa, nonostante sia
affetto dal termine e, anzi, proprio in quanto affetto da questo termi-
ne, sia necessariamente il superamento del termine stesso, in quanto
ha il suo essere in sé, la sua vera natura, al di là del termine: «come do-
ver essere, il finito oltrepassa anche il suo termine»66.
In questo passaggio Hegel sviluppa un cambiamento totale di pro-
spettiva rispetto al non essere. Il dover essere, concretamente compreso,
non è più un al di là assolutamente distinto rispetto al finito. Non è l’in
sé del finito che rimane irrealizzabile per il finito stesso. Al contrario, es-
so è un non essere che ha una valenza primariamente ontologica, perché
è ciò in cui il finito in quanto finito deve necessariamente passare supe-
rando il suo termine67. Il dover essere è ciò che ogni cosa deve diventare
nel suo concreto sviluppo. Nell’esempio hegeliano, il germe deve diven-
tare pianta, poi fiore e quindi frutto e così via68.
La concreta natura della relazione tra termine e dover essere
mette quindi in luce come il necessario passaggio del finito nel proprio
altro non debba essere considerato solo in termini negativi, per cui in
questo passaggio il finito perisce, finisce, è un nulla. In questo passag-
gio proprio il finito si realizza in quanto finito. Il finito non è solo ciò
che necessariamente ha una fine, ma anche ciò che nella sua costitutiva
mancanza e insufficienza non può permanere nell’astratta e perenne
identità con se stesso ed è perciò destinato a passare in un altro, nel
suo non essere, un non essere cui va incontro come alla propria com-
piuta realizzazione.
Da questa articolazione concreta del rapporto tra termine e do-
ver essere emerge l’autocontraddittorietà del finito come tale.
g) Il passaggio del finito nell’infinito
I componenti della contraddizione del finito sono il qualcosa in
65 «The core of a finite thing’s being is nonbeing; and what it should be but is
not is unambiguous being. No wonder Hegel thinks that finite things are inherently self-
contradictory» (S. HOULGATE, The Opening of Hegel’s Logic, cit., p. 388).
66 WdL I, p. 120 (p. 133).
67 In questo modo si spiega in che senso Hegel affermi che «quella stessa deter-
minatezza, che è la sua negazione, è anche tolta, ed è così il suo essere in sé. Il suo limite
in pari tempo non è il suo limite» (ibidem).
68 Cfr. ivi, p. 122 (p. 134).
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ferma che abbiamo: «den Ursachverhalt Etwas mit seiner immanenten Grenze oder End-
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liches, der sich sodann als mit seiner Negation äquivalent erweist: e → ¬e […]. Das
Endliche in seinem Widerspruch geht über in sein Gegenteil, das wiederum das Endli-
che ist usf., in einem infiniten Progress der Selbstzerstörung, einem paradoxen
unvergänglichen Vergehen» (A.F. KOCH, Dasein und Fürsichsein, cit., p. 40).
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cola ogni cosa finita. All’interno della sezione dedicata alla quantità,
Hegel torna sulla questione della finitezza e, nel riferimento critico alla
prima antinomia kantiana, sottolinea il valore ontologico della con-
traddizione proprio come principio di determinazione di ogni cosa fi-
nita: «il cosiddetto mondo […] non manca perciò menomamente della
contraddizione; se non che non la può sopportare, e questa è la ragio-
ne per cui è dato in preda al nascere e al perire»73.
Il non poter sopportare la contraddizione non è l’impossibilità
del darsi della contraddittorietà all’interno del mondo, ma l’impossibi-
lità per le cose finite di mantenersi su quella contraddizione che esse
stesse sono e l’esser portate, da questa stessa contraddittorietà, ad
esaurirsi nell’altro da sé. Si tratta dello stesso tipo di insostenibilità
della contraddizione incontrata nel divenire. Il finito è il togliersi della
differenza di un essere determinato dal suo non essere nel contraddit-
torio passaggio dall’uno all’altro in cui entrambi si mostrano nella loro
sostanziale identità. Una volta tolta questa differenza e tolto questo
passare, è tolta anche la contraddizione del finire:
è la natura stessa del finito, di sorpassarsi, di negare la sua negazione e di
diventare infinito. L’infinito non sta quindi come un che di già per sé dato so-
pra il finito, cosicché il finito continui a restar fuori o al di sotto di quello. E
nemmeno andiamo soltanto noi, come una ragione soggettiva, al di là del finito
nell’infinito. […] Ma è il finito stesso che vien sollevato nell’infinito, […] il fi-
nito è soltanto questo, di diventare infinito esso stesso per la sua natura74.
finità, il suo proprio altro. In pari maniera l’infinità è solo come un sorpassare il finito.
Contien dunque essenzialmente il suo altro, ed è perciò in lei l’altro di se stessa. Il finito
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non vien tolto dall’infinito quasi da una potenza che fosse data fuori di lui, ma è la sua
infinità, di toglier via se stesso» (ivi, p. 133 (p. 149)).
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Capitolo Quinto
ESSENZA E CONTRADDIZIONE
3 Ibidem.
4 WdL I, p. 370 (p. 415).
5 Cfr. A. HAAS, Hegel and the Problem of Multiplicity, Northwestern Univer-
sity Press, Evanston 2000, p. 158.
6 WdL I, p. 373 (p. 418). «Eine solche Indifferenz muss sich also auch sich
selbst heraus in Differenz zu sich bringen und darin eine Bestimmtheit gewinnen, die
nicht an ihr statthat, sondern Ergebnis ihrer Selbestimmung ist» (D. HENRICH, Hegels
Logik der Reflexion, cit., p. 231).
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und antipsycologisch ist. Reflexion meint nicht den Akt des Reflektierens eines denken-
den Subjekts, sondern die objektiv-logische Bewegungsstruktur der Denkbestimmun-
gen» (C. IBER, Kleine Einführung in Hegels Logik, cit., p. 26); «Die Entwicklung der Re-
flexion und ihre Bestimmungen erweist sich somit schließlich als Dialektik in ontologi-
scher Bedeutung» (K. DÜSING, Das Problem der Subjektivität in Hegels Logik, Hegel-
Studien, Beiheft 15, Bouvier, Bonn 1984, p. 227).
14 WdL II, p. 244 (p. 437).
15 Ivi, p. 245 (p. 438).
16 Ibidem.
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mento per cui il nulla torna attraverso il nulla a se stesso, è il suo proprio apparire in un
altro. […] La mediazione pura è soltanto puro riferimento, senza i riferiti» (ivi, p. 292
(p. 497)).
26 Ivi, p. 257 (pp. 453-454).
27 Ivi, p. 255 (pp. 450-451).
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des Wesens enthält für Hegel die jeweilige Andere, auf das sie sich negativ bezieht, des-
sen Sein sie negiert und zum „Schein“ macht, zugleich in sich […]. Eine Bestimmung
des Wesens bezieht sich daher durch die Negation des Anderen negativ auf sich selbst,
oder sie „scheint“ in sich. Dasselbe trifft auf ihr konträres Gegenteil zu. So ergibt sich
als positives Resultat eine Einheit beider, die als der Grund ihrer jeweiligen negativen
Beziehung aufeinander angesehen werden kann» (K. DÜSING, Das Problem der Subjekti-
vität in Hegels Logik, cit., p. 330).
29 WdL II, p. 257 (p. 454).
30 Cfr. T.M. SCHMIDT, op. cit., p. 101.
31 WdL II, p. 243 (p. 435). La riflessione è «die negative Beziehung des Wesens
auf sich selbst» (K. DÜSING, Das Problem der Subjektivität in Hegels Logik, cit., p. 215).
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far luce sul movimento dialettico della riflessione, che attraversa tre
momenti: (1) la riflessione che pone [die setzende Reflexion]; (2) la ri-
flessione esterna [die äußere Reflexion], (3) la riflessione determinante
[die bestimmende Reflexion].
Prendo le mosse dalla riflessione che pone, ossia la riflessione co-
me semplice relazione formale e immediata tra un porre e un esser po-
sto. L’essenza è, innanzitutto, il porre la parvenza e il riflettersi in essa.
Sulla base della negatività ad essa immanente, l’essenza nega se
stessa e si pone come il proprio altro. Quindi non è più mediazione,
ma immediatezza. Non è più essenza, ma parvenza. La parvenza, però,
non sussiste come tale nella sua immediatezza, perché non è altro che
ciò che è posto dall’essenza attraverso la sua relazione negativa a sé. La
parvenza non solo si costituisce nella relazione a quell’altro che è l’es-
senza, ma è in se stessa questa relazione, è cioè in se stessa il ritorno in
sé dell’essenza, si riflette in essa:
Questa immediatezza è l’eguaglianza con sé del negativo, e quindi l’e-
guaglianza che nega se stessa, l’immediatezza, che è in sé il negativo, il negati-
vo di lei stessa, consiste nell’essere ciò ch’essa non è. Il riferimento del negati-
vo a se stesso è dunque il suo ritorno in sé [Die Beziehung des Negativen auf si-
ch selbst ist also seine Rückkehr in sich]. È immediatezza come togliere del ne-
gativo, ma immediatezza assolutamente solo come questo riferimento o come
ritorno da uno, epperò immediatezza che toglie se stessa. – Questo è l’esser po-
sto, l’immediatezza puramente come determinatezza o come riflettentesi32.
con sé è assolutamente conservata; perché il posto è solo come un tolto, come riferimen-
to al ritorno in se stesso» (ivi, p. 255 (p. 451)). «Die Negation in der Sphäre der Re-
flexion ist hingegen Negativität, in sich selbst reflektierte Negation, die keinen Grund
im Sein, sondern im aufgehobenen Sein, dem Wesen besitzt. […] Damit hat aber auch
jene Negation, welche Bestimmtheit setzt, die Selbstbezüglichkeit reiner Negativität in
sich aufgenommen. […] Die Negation der Reflexion bezieht sich in ihrem Bestimmen
auf sich selbst» (T.M. SCHMIDT, op. cit., p. 110).
42 WdL II, p. 248 (p. 442).
43 Ibidem.
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44 Ibidem.
45 «L’essenza è riflessione, il movimento del divenire e del passare, che rimane
in se stesso, dove il diverso è determinato assolutamente come l’in sé negativo, come
parvenza. […] Il movimento riflessivo all’incontro è l’altro come la negazione in sé che
ha un essere solo come negazione che si riferisce a sé. Ovvero, in quanto questo riferi-
mento a sé è appunto questo negare della negazione, si ha la negazione come negazione,
come quello che ha l’essere suo nel suo negato» (ivi, p. 249 (p. 444)).
46 Enz, p. 145 (p. 125).
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47 Ivi, p. 250 (p. 445). Cfr. anche WdL II, p. 243 (p. 435). Infatti Iber scrive:
«Das Wesen als Reflexion ist nur als sich auf sich beziehende Negativität. […] Als abso-
lute Negativität ist sie zugleich reine Selbstnegation» (C. IBER, Kleine Einfürung in
Hegels Logik, cit., p. 26).
48 Cfr. T. WEGERHOFF, Hegels Dialektik. Eine Theorie der positionalen Diffe-
5.3.1. L’identità
L’identità è il modo in cui si determina, a livello immediato, il
movimento riflessivo dell’essenza. L’essenza è «semplice identità con
sé»49, che non si costituisce però tramite la mera astrazione dall’altro
da sé50. Per Hegel la concezione astratta dell’identità, che corrisponde
al modo comune di intendere questa relazione, è del tutto triviale e
non dispiega il processo tramite il quale si costituisce l’essenza e, più
in generale, il modo in cui l’identità si trova declinata nell’articolazio-
ne di ogni cosa.
La concezione astratta, o potremmo dire anche intellettualistica,
dell’identità è immediatamente contraddittoria. Hegel esplicita questa
contraddittorietà in due modi.
In primo luogo, fa riferimento al principio d’identità51: «questo
principio nella sua espressione positiva di A=A non è anzitutto altro
che l’espressione della vuota tautologia […] è senza contenuto»52. L’i-
dentità astrattamente intesa contiene «soltanto una verità formale, una
verità astratta, incompleta»53. Nel dire che qualcosa è identico con se
stesso, non si dice ancora nulla sul qualcosa stesso e non si spiega in
tità. Ad esempio Descartes: «Impossibile est idem simul esse et non esse» (R. DESCARTES,
Principia Philosophiae, in Ouvres, vol. VIII, a cura di C. Adam e P. Tannery, Vrin,
Parigi 1996, p. 18); o la formulazione di Leibniz: «chaque chose est ce qu’elle est» (G.W.
LEIBNIZ, Nuoveaux essais sur l’entendement humain, in Die philosophischen Schriften, vol.
VII, a cura di C.J. Gerhardt, Olms, Hidesheim 1978, p. 343), ripresa poi da Wolff e
Baumgarten. Ricordo infine anche la formulazione kantiana: «ciò che è, è» e la sua acce-
zione negativa «ciò che non è, non è» (ND, p. 389 (p. 9)).
52 WdL II, p. 262 (p. 459).
53 Ivi, p. 262 (p. 460).
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diverso, e cioè che sia diverso dal diverso; e lo stesso dicasi del diverso, che è tale, solo se
identico a sé» (V. VITIELLO, Filosofia teoretica. Le domande fondamentali, Mondadori,
Milano 1997, p. 28). Cfr. PLATONE, Sofista, (254b-260b), trad. it. di A. Zadro, in Opere
complete, vol. II, Laterza, Bari 1982, pp. 233-241.
57 Cfr. WdL II, p. 262 (pp. 459-460).
58 Ivi, pp. 264-265 (p. 462).
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61 «Die Reflexion bezieht sich auf sich, indem sie das Unterschiedene aufhebt
difference. The concept of identity, in other words, is the movement, transition, process,
the becoming of both; it is the identity and difference of identity and difference»
(A. HAAS, op. cit., p. 256).
63 WdL II, p. 262 (p. 459).
64 Hegel anticipa così anche la struttura contraddittoria della differenza, che è
identica con sé in quanto è assoluta non identità. Cfr. WdL II, p. 262 (p. 459).
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la considerazione di tutto ciò che è mostra in lui stesso che nella sua
eguaglianza con sé esso è diseguale a sé e contraddittorio, e che nella sua di-
versità, nella sua contraddizione, è identico con sé65.
La struttura contraddittoria dell’identità è la verità dell’identità
stessa66. La contraddizione è il principio di determinazione dell’iden-
tità: la regula veri dell’identità, sia in senso critico-negativo, poiché
porta al superamento della concezione astratta dell’identità, sia in sen-
so positivo-speculativo, dal momento che l’articolazione concreta del-
l’identità – e quindi la sua verità – contiene costitutivamente in se stes-
sa il momento della differenza.
Inoltre, proprio nel portare alla luce come l’identità sia in se
stessa assoluta differenza, la contraddizione conduce il processo dia-
lettico verso un nuovo momento all’interno dello sviluppo delle deter-
minazioni della riflessione, ossia verso la differenza.
5.3.2. La differenza
La differenza è lo sviluppo della relazione riflessiva contenuta
nell’identità. È quel distinguersi da sé dell’essenza, sulla base del quale
essa costituisce la propria identità67.
Come l’identità, anche la differenza non è una relazione tra due
relata distinti, ma una relazione interna all’essenza stessa: «questa diffe-
renza è la differenza in sé e per sé, la differenza assoluta, la differenza del-
l’essenza»68. Non è la differenza di qualcosa rispetto a qualcos’altro, ma
di qualcosa in se stesso, dell’essenza in se stessa. È la differenza che l’es-
senza ha in sé come assoluta negatività, per cui essa nega se stessa, si di-
stingue da sé. Quella dell’essenza «è la differenza che si riferisce a se
stessa»69, è cioè la differenza dell’essenza da se stessa nella parvenza.
È proprio l’autoreferenzialità della negatività alla base della diffe-
renza che fa sì che essa non sia una relazione statica tra due cose diver-
se tra loro, ma un processo intrinsecamente dinamico di differenziazio-
ne di uno stesso, e cioè dell’essenza70. L’essenza è diversa in se stessa e,
65 Ivi, p. 261 (p. 458).
66 «La verità è completa solo nell’unità dell’identità colla diversità» (ivi, p. 263
(p. 460)).
67 «La differenza è la negatività che la riflessione ha in sé; […] è il momento es-
senziale dell’identità stessa, la quale in pari tempo si determina come negatività di lei
stessa» (ivi, p. 265 (p. 464)).
68 Ivi, p. 266 (p. 464).
69 Ibidem.
70 «Der Unterschied der Reflexion ist nicht Unterscheidung von einem andern,
5.3.3. La diversità
Finora la riflessione si è determinata nei suoi primi due momenti
nei quali si pone o come un’identità che ha in sé il momento della dif-
ferenza, o come una differenza che ha in sé il momento dell’identità. Si
ha a che fare quindi con una setzende Reflexion, una riflessione che si
pone come tale, ma che non è ancora compiutamente determinata. Af-
finché essa realizzi la sua compiuta determinazione, la riflessione
dev’essere una bestimmende Reflexion, una riflessione che determina
se stessa a partire da sé. I primi due momenti della riflessione, i due
processi di auto-identificazione e auto-differenziazione dell’essenza,
sono un unico e medesimo movimento dell’essenza nel suo processo di
riflessione in se stessa.
Quest’unità di identità e differenza non può però essere assunta:
essa va dimostrata, e va dimostrata a partire dalla distinzione di queste
determinazioni. Il medio che quindi porta dalla setzende Reflexion alla
bestimmende Reflexion è l’äußere Reflexion, in cui i due momenti del-
l’identità e della differenza sono considerati come l’uno esterno all’al-
tro, l’uno diverso dall’altro, «diversi in generale, […] indifferenti fra
loro e di fronte alla loro determinatezza»73.
I processi di identificazione e di differenziazione perdono il loro
carattere dinamico e vengono fissati in due relazioni che non stanno
te processo, per cui ora i due momenti dell’identità e della differenza non si determina-
no più reciprocamente, ma si irrigidiscono l’uno contro l’altro, riferendosi unicamente
alla propria astratta identità con se stessi, e la differenza finisce così per cadere al di fuo-
ri della loro determinazione» (A.M. NUNZIANTE, Monade e contraddizione. L’interpreta-
zione hegeliana di Leibniz, Verifiche, Trento 2001, p. 112).
75 WdL II, p. 268 (pp. 467-468).
76 Ivi, p. 269 (p. 468).
77 Ibidem. Il punto di vista della riflessione esterna, che considera eguaglianza e
ineguaglianza come diverse, è lo stesso che le tiene distinte nei processi di identificazio-
ne e distinzione delle cose tramite la distinzione dei riguardi: «da un lato e sotto un ri-
spetto sono eguali, dall’altro lato e sotto l’altro rispetto sono invece disuguali. Con ciò
l’unità dell’eguaglianza e dell’ineguaglianza vien rimossa dalla cosa, e quella che sarebbe
la sua propria riflessione e la riflessione dell’eguaglianza e dell’ineguaglianza in sé vien
tenuta ferma come riflessione estrinseca alla cosa» (ivi, p. 272 (p. 472)).
78 «Come momenti della riflessione esterna e come estrinseche a se stesse,
5.3.4. L’opposizione
L’unità negativa dei momenti opposti non è più determinata dal
punto di vista di una riflessione esterna, ma da quello della riflessione
intrinseca ai momenti che essa lega. Questi momenti sono l’eguaglian-
za e l’ineguaglianza, non più come relazioni statiche di una riflessione
esterna, bensì come processi tramite cui l’essenza viene a determinarsi
come eguale e diseguale a sé. Sono cioè i momenti del processo di ri-
flessione dell’essenza, ognuno dei quali è, come si è visto, l’unità di sé
e della determinazione opposta:
L’eguaglianza è solo nella riflessione che confronta secondo l’inegua-
glianza, ed è quindi mediata dal suo altro momento indifferente. In pari ma-
niera l’ineguaglianza è solo in quella medesima relazione riflessiva in cui è l’e-
guaglianza. – Ciascuno di questi due momenti è dunque nella sua determina-
tezza l’intiero. È l’intiero, in quanto contiene anche il suo altro momento. Ma
questo suo altro è un indifferente essere82.
zione al suo non essere come togliersi di questo esser altro in sé; così il suo
non essere è solo un momento in lui. Ma d’altra parte l’esser posto è divenuto
qui un essere, un indifferente sussistere; l’altro da sé, che ciascuno contiene, è
quindi anche il non essere di quello in cui esso dev’esser contenuto solo come
momento. Ciascuno è quindi solo in quanto il suo non essere è, e ciò appunto
in una relazione identica83.
negativa» (ibidem).
91 Ibidem.
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92 Ibidem.
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98 «Il positivo e negativo […] sono tali in sé, in quanto si astrae dalla loro esclu-
siva relazione ad altro, e vengon presi secondo la determinazione loro. Qualcosa è posi-
tivo o negativo in sé, in quanto non dev’esser determinato così semplicemente rispetto
ad altro» (ivi, p. 275 (p. 476)).
99 Ivi, p. 275 (p. 477).
100 Ivi, p. 274 (p. 476).
101 Ivi, p. 277 (p. 479).
102 Ibidem.
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5.3.5. La contraddizione
Ogni opposto, nell’escludere da sé il suo opposto – che allo stes-
so tempo contiene in sé e che gli permette di determinarsi come oppo-
sto – finisce per negare se stesso. L’autoriferimento della negazione
implica l’autocontraddittorietà della dinamica su cui si struttura l’op-
posizione:
Ma il positivo e il negativo sono la contraddizione posta, perché come
unità negative sono appunto il loro porsi, e in ciò ciascuno il suo togliersi e il
porre il suo contrario106.
negative – or any other opposites – contradict one another. Hegel would certainly agree
that mutually exclusive concepts give rise to a contradiction if they are simultaneously
attributed to the same thing. But the Logic is not concerned with the attribution of con-
cepts to things. Hegel’s point is rather that both the positive and the negative, qua con-
cepts, contradict themselves. For insofar as they actually posit themselves as indepen-
dent of their contrary, they contradict their ultimate principle, that is, their unity or mu-
tual dependence» (K. DE BOER, Hegel’s Account of Contradiction in the Science of Logic
reconsidered, in «Journal of the History of Philosophy», XLVIII (2010), n. 3, pp. 345-
373, p. 363).
111 WdL II, p. 280 (p. 482); cfr. anche ivi, p. 283 (p. 487).
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dipendenti per sé, li fa essere tali, che sono indipendenti, non soltanto in sé, ma median-
te il lor negativo riferimento ad altro» (ivi, p. 281 (p. 484)).
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Questo non significa che la contraddizione non sia vera. Anzi, la verità
di ogni opposto è proprio questo suo stesso autoriferimento negativo e
questo suo togliersi, che trova come sua struttura fondamentale il tipo
di autocontraddittorietà che sopra ho delineato.
Naturalmente, col togliersi dell’opposto si toglie anche l’autocon-
traddittorietà che ne caratterizza la struttura costitutiva. In questo sen-
so, la contraddizione si risolve. Come sempre, però, l’Aufhebung è un
togliersi che è allo stesso tempo un conservare. Infatti, ognuno degli
opposti, proprio nel suo toglimento, rimane identico con sé: «si distrug-
gono, in quanto si determinano come l’identico con sé, ma in ciò anzi si
determinano come il negativo, come un identico con sé che è relazione
ad altro»118. Il riferimento negativo a sé di ogni opposto consiste nell’e-
scludere da sé proprio l’opposto che ha in sé. Nell’escluderlo, l’oppo-
sto toglie se stesso, ma allo stesso tempo pone il proprio opposto come
escluso, e quindi come un opposto indipendente. Questo opposto è
identico con sé perché anch’esso si costituisce come il riferimento nega-
tivo a sé che finisce per togliersi, escludendo da sé il proprio opposto e
ponendolo come indipendente. Questo implica il ritorno in sé al primo
opposto, che rimette in moto la dinamica da cui si erano prese le mos-
se. Gli opposti, perciò, non sono solo opposti in se stessi, ma sono an-
che momenti di questo complessivo movimento dell’opposizione, in cui
la determinatezza di ciascuno si dispiega compiutamente nel momento
in cui viene a togliere se stessa. In questo movimento complessivo, la
contraddizione mostra quindi di avere due valori:
Questo incessante sparire dei contrapposti in loro stessi è la prossima
unità, che viene ad essere mediante la contraddizione. Essa è lo zero [sie ist die
Null]. La contraddizione non contien però semplicemente il negativo, ma an-
che il positivo; ossia, la riflessione che esclude se stessa è in pari tempo rifles-
sione che pone; il risultato della contraddizione non è soltanto lo zero [das Re-
sultat des Widerspruchs ist nicht nur Null]. – Il positivo e il negativo costitui-
scono l’esser posto della indipendenza; la negazione loro per opera di loro stes-
si toglie l’esser posto dell’indipendenza. Questo è quel che veramente nella
contraddizione cade giù [zugrunde geht]119.
118 Ibidem.
119 Ivi, pp. 280-281 (p. 483).
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sua negatività toglie se stessa; ma essa non è solo lo zero nella misura in
cui l’unità negativa, togliendo se stessa in quanto unità negativa – in
quanto esclude da sé l’altro che ha in sé – allo stesso tempo pone l’altro
come opposto in sé indipendente120. Questo opposto istanzia nuova-
mente la dialettica contraddittoria dell’opposizione e finisce per toglier-
si nel primo opposto121. Ne consegue un ritorno in sé del primo oppo-
sto e una dialettica in cui ogni opposto, nell’articolare la propria con-
creta determinatezza, toglie se stesso, la propria determinatezza (la con-
traddizione è lo zero); ma, allo stesso tempo, nel togliere la propria de-
terminatezza, pone il proprio opposto. Quindi, il togliersi di ognuno
degli opposti costituisce complessivamente l’intero movimento dell’op-
posizione, che si fonda appunto sulla contraddittoria struttura auto-
esclusiva dei singoli opposti (la contraddizione non è solo lo zero). La
contraddizione, in questa prospettiva d’insieme, non è eliminata, ma è
anzi il fondamento della relazione di opposizione compiutamente deter-
minata: «essa è una indipendenza in sé [ansichseyende Selbständigkeit],
ed è il togliere di questo esser posto [das Aufheben dieses Gesetztseyns],
e solo per via di questo togliere è unità per sé ed effettivamente indi-
pendente [fürsichseiende und in der That selbständige Einheit]»122.
I due valori della contraddizione possono essere ulteriormente
esplicitati, inquadrando la dialettica dell’opposizione all’interno del
movimento riflessivo dell’essenza e facendo riferimento al modello
esplicativo della contraddizione delineato in relazione ai paradossi del-
l’autoriferimento. Infatti, la contraddizione conclude la dialettica delle
determinazioni della riflessione ed è quindi la verità della riflessione
stessa, ossia l’effettivo modo in cui la riflessione determina se stessa.
L’essenza, come si è visto fin dall’inizio di questo capitolo, si costituisce
sulla base di una dinamica riflessiva auto-esclusiva che si articola secon-
do una struttura autocontraddittoria. Anzi, l’essenza è la dinamica stes-
sa della contraddizione, la dinamica di un’indipendenza sussistente in
sé che allo stesso tempo esclude se stessa, tale per cui, posta l’essenza
come e e la parvenza – ovvero il suo altro – come ¬e, si ha che:
(1) e → ¬e
(2) ¬e → e
120 «Col togliere dell’esser altro o dell’esser posto si riaffaccia bensì l’esser posto,
un esser posto, ma è anche in pari tempo un togliere il suo esser posto» (ibidem).
122 Ibidem.
05_capV_133_05_capV_133 07/05/15 12.01 Pagina 170
allora
(3) e ↔ ¬e
Questa struttura formale, pur nella sua astrazione, delinea la di-
namica fondamentalmente autocontraddittoria su cui si costituisce
l’essenza. Il momento (1) è quello per cui l’essenza «è un riferimento a
sé, un riferimento che toglie [aufhebende Beziehung auf sich]; toglie
costì anzitutto il negativo [das Negative], e poi si pone come un negati-
vo [setzt sie sich als Negatives]». Il momento (2) è, invece, quello per
cui «soltanto questo è quel negativo ch’essa toglie; nel togliere il nega-
tivo essa in pari tempo lo pone e lo toglie [setzt und hebt sie zugleich es
auf]»123. In questo modo, l’essenza è il positivo in sé che ha già in sé il
negativo, un negativo per cui essa è portata a riferirsi negativamente a
sé e a togliersi nel proprio altro. La contraddizione che caratterizza
questo processo di auto-alienazione dell’essenza è lo zero: l’essenza si
nega e toglie se stessa nel proprio negativo, cioè la parvenza. Questa
contraddizione, però, non è solo lo zero: il processo in cui l’essenza
viene a togliersi nella parvenza è il processo di manifestazione in cui
essa non solo rimane identica con sé, ma anzi viene a realizzare com-
piutamente se stessa, la propria identità con sé. Questo è il risultato
che emerge nel momento (3), all’interno del quale l’essenza toglie il
proprio negativo come negativo e, in questo processo di auto-negazio-
ne, si costituisce positivamente in se stessa.
L’essenza, nel costituire questa positiva identità con sé, non to-
glie l’autocontraddittorietà dei processi attraverso cui è venuta a rea-
lizzare se stessa: essa è questi stessi processi. Quindi, l’essenza è di per
se stessa caratterizzata dalla struttura autocontraddittoria dei momenti
opposti su cui si fonda:
La sussistenza indipendente è così una unità rientrante in sé per mezzo
della sua propria negazione, in quanto rientra in sé mediante la negazione del
suo esser posto. È l’unità dell’essenza, di essere identica con sé per mezzo del-
la negazione non di un altro, ma di lei stessa124.
Questa contraddittoria riflessione esclusiva, questa negativa rela-
zione a sé, in cui l’essenza si pone come un altro, cioè come la parvenza,
è dunque anche ciò in cui l’essenza è identica con sé. Questo contraddit-
torio autoriferimento negativo dell’essenza è non solo ciò in cui l’essenza
si toglie, ma anche ciò in cui si pone, realizza se stessa, è il suo fonda-
mento.
123 Ibidem.
124 Ibidem.
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125 Ivi, p. 282 (p. 485); «l’opposizione e la sua contraddizione son quindi nel
128 «Die Dinge als „an sich selbst widersprechend“ erkennen, bedeutet nach
Hegel nicht nur: an ihnen nichts erkennen. Es bedeutet vielmehr: sie als dasjenige
erkennen, was sich in seiner Identität negativ zu sich verhält und was in seiner Negati-
vität identisch mit sich bleibt» (M. WOLFF, op. cit., p. 163).
129 Ivi, p. 287 (p. 491).
130 Ivi, pp. 289-290 (p. 494).
05_capV_133_05_capV_133 07/05/15 12.01 Pagina 173
dalla finitezza. Il fatto che la finitezza affetti l’essenza delle cose signifi-
ca che esse realizzano ciò che sono tramite una mediazione che chiama
necessariamente in causa il loro non essere, la loro negazione. Le cose
stesse, in quanto finite, sono proprio questa loro negazione. Il passo
ulteriore messo in atto nella dottrina dell’essenza, rispetto alla logica
dell’essere, consiste nel fatto che la contraddizione non viene sempli-
cemente mostrata come la verità delle cose in quanto finite, ma come
la verità dell’essenza delle cose in se stesse.
La contraddizione non è quindi solo la verità della finitezza, ma
anche la «radice di ogni movimento e di ogni vitalità; qualcosa si muo-
ve, ha un istinto e un’attività, solo in quanto ha in se stesso una con-
traddizione»131. In queste righe, in cui Hegel chiama in causa concetti
come la vitalità e l’automovimento, emerge in modo evidente la fun-
zione della contraddizione come principio di determinazione. In que-
sto modo, egli anticipa anche il ruolo costitutivo che la contraddizione
assumerà nella dottrina del concetto:
Il muoversi interno, il vero e proprio muoversi [Selbstbewegung], l’istin-
to in generale […] non consiste in altro, se non in ciò che qualcosa è, in se
stesso, sé e la mancanza, il negativo di se stesso, sotto un unico e medesimo ri-
guardo. L’astratta identità con sé non è ancora vitalità, ma perché il positivo è
in se stesso la negatività, perciò esso esce fuori di sé ed entra nel mutamento.
Qualcosa dunque è vitale solo in quanto contiene in sé la contraddizione ed è
propriamente questa forza, di comprendere e sostenere in sé la contraddizio-
ne. Quando invece un esistente non può nella sua determinazione positiva
estendersi fino ad abbracciare in sé in pari tempo la determinazione negativa e
tener ferma l’una nell’altra, non può avere in lui stesso la contraddizione, allo-
ra esso non è l’unità vivente stessa, non è fondamento o principio, ma soccom-
be nella contraddizione132.
stesso il suo negativo, il suo altro. Esso ha tale altro in sé nella forma
della mancanza e, più specificamente, nella forma del bisogno di ciò
che gli è necessario per vivere. Il bisogno è appunto la presenza del
negativo in quanto negativo nel positivo, nel vivente. Nell’avere in sé il
proprio altro, il vivente nega se stesso, la propria statica sussistenza e si
muove verso l’altro. In questo riferimento negativo a sé prende corpo
il movimento verso l’altro. Questo contraddittorio avere in sé il pro-
prio altro, su cui si instaura il riferimento negativo a sé, è ciò che lo
muove, ciò che fa sì che esso sia vivo133.
La vita, e più in generale la dinamica dell’autosviluppo, ha al
cuore della propria essenza un’articolazione intrinsecamente contrad-
dittoria. Il modo in cui si declina specificatamente la contraddizione
proprio all’interno della dinamica dell’autosviluppo viene messo a te-
ma nella terza parte della Scienza della logica, la dottrina del concetto.
Capitolo Sesto
CONCETTO E CONTRADDIZIONE
1 Per un inquadramento generale sulla dottrina del concetto cfr. A.F. KOCH -
A. OBERAUER - K. UTZ (a cura di), Der Begriff als die Wahrheit, Ferdinand Schöning, Pa-
derborn 2003; A. ARNDT - C. IBER - G. KRUCK (a cura di), Hegels Lehre vom Begriff, Ur-
teil und Schluss, Akademie Verlag, Berlino 2006.
2 «Indeed the concept of a bowl or of redness is not, in his terminology, a con-
cept [Begriff] at all, but rather a conception [Vorstellung]» (M.J. INWOOD, Hegel, Rou-
tledge & Kegan Paul, Londra 1983, pp. 10-11).
06_capVI_175_06_capVI_175 07/05/15 12.01 Pagina 176
developing being» (S. HOULGATE, Why Hegel’s Concept is not the Essence of Things,
cit., p. 19); «the concept has determinacy that it has imposed upon itself, the determi-
nacy of its self-determination» (R. WINFIELD, Concept, Individuality and Truth, in «Bul-
letin of the Hegel Society of Great Britain», XXXIX-XXXX (1999), pp. 35-46, p. 42).
13 WdL III, p. 13 (p. 654).
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come la descrive Iber, l’unità di una semplice identità con sé e di una negatività che si ri-
ferisce a sé. Cfr. C. IBER, Hegels Konzeption des Begriffs, in A.F. KOCH - F. SCHICK (a cu-
ra di), op. cit., pp. 181-202, p. 182). Infatti, l’essenza «nel porre in lei la negazione o de-
terminazione […] è uguale al suo essere in sé, e diventa il concetto» (ivi, p. 423
(p. 435)).
15 WdL III, p. 34 (pp. 681-682).
16 «The universal remains the same in the process of its determination. […]
The universal requires differentiation and manifoldness, but in the very process whe-
reby these elements are actualized, the universal explicitly persists as one and the same.
Being does not behave in this way; in each categorial transformation being becomes ex-
plicitly something other than it was. Being is essentially becoming; the universal is essen-
tially persistence (or continuation)» (I. TRISOKKAS, The Speculative Logical Theory of
Universality, in «The Owl of Minerva», XL (2009), n. 2, pp. 141-172, p. 146).
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timate togetherness. Conceiving integrates this synthesis into a unity» (J. BURBIDGE, The
Logic of Hegel’s Logic, Broadview Press, Peterborough 2006, p. 82).
19 «The ontological perspective opened up by the concept as such gives rise
[…] to concepts that truly exhibit the unity of their contrary determinations» (K. DE
BOER, On Hegel, cit., p. 78).
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IBER, Hegels Konzeption des Begriffs, cit., p. 184). Il modo in cui il concetto risulta iden-
tico con sé nel riferimento negativo a sé è il risultato della dialettica della causalità: «Im
Gedanken der über ihre eigene Negativität vermittelte Selbstbezüglichkeit der Ursache
zeichnet sich die intendierte Begründungsstruktur des Begriffs als Einheit von Selbst-
bezüglichkeit und Negativität ab. Den Begriff konzipiert Hegel als seine sich durch den
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e Einzelnheit con i termini individuo e individualità. Qui si preferirà – anche nelle cita-
zioni dalla traduzione italiana – utilizzare invece singolo/singolare e singolarità, scelta
che permetterà di evitare ogni confusione tra il concetto di Einzelnheit e Individualität.
27 Ivi, p. 16 (p. 657).
06_capVI_175_06_capVI_175 07/05/15 12.01 Pagina 183
28 Ibidem.
29 Ibidem.
30 Ibidem.
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6.3.1. L’universale
L’universale è «il concetto puro»35, nella sua immediatezza e nel
suo puro riferimento negativo a se stesso:
Il concetto è pertanto dapprima l’assoluta identità con sé in modo che
questa è tale identità solo come negazione della negazione o come infinita
unità della negatività con se stessa. Questo puro riferimento del concetto a sé
(che è questo riferimento in quanto si pone mediante la negatività) è l’univer-
salità del concetto36.
Nella sua universalità immediata, il concetto sta in una relazione
di semplice identità con sé. Quest’identità non è astratta. Proprio in
quanto costitutiva del concetto nella sua universalità, è un’identità as-
soluta e, come tale, comprende al proprio interno il momento dell’as-
soluta opposizione. Essa si costituisce come negazione della negazio-
31 «L’Idea è il concetto adeguato, il Vero oggettivo ossia il Vero come tale. Quan-
do qualcosa ha verità, l’ha per la sua idea, ossia qualcosa ha verità solo in quanto è idea»
(ivi, p. 173 (p. 857)).
32 Ivi, p. 174 (p. 859).
33 Ivi, p. 176 (p. 860).
34 Ivi, p. 30 (p. 674).
35 Ivi, p. 33 (p. 679).
36 Ivi, p. 33 (p. 680).
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37 Ibidem. Hegel specifica che il concetto nella sua universalità contiene la de-
terminatezza «nella sua assoluta negatività in sé e per sé. La determinatezza non si assu-
me dunque dal di fuori, quando se ne parla a proposito dell’universale» (ivi, p. 35
(p. 683)).
38 Ibidem.
39 «Das Allgemeine […] ist das Negative als Negative; es ist als die mit sich iden-
tische Negativität gesetzt» (L. ELEY, Hegels Wissenschaft der Logik. Leitfaden und Kom-
mentar, Wilhelm Fink Verlag, Monaco 1976, p. 149).
40 WdL III, p. 35 (p. 683).
41 Cfr. WdL I, p. 60 (p. 60).
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6.3.2. Il particolare
Il primo passo del processo di autodeterminazione dell’universa-
lità si dà nel passaggio dall’universale al particolare, dove si dispiega la
prima negazione del concetto, ossia l’auto-negazione del concetto uni-
versale. L’universale si particolarizza:
Il concetto, in quanto si determina o si distingue, è indirizzato negativa-
mente verso la sua unità [negativ auf seine Einheit gerichtet]46.
Il concetto sta in una relazione negativa a sé, che lo porta a svi-
42 WdL III, p. 35 (p. 683).
43 Ivi, p. 36 (p. 685).
44 «Universality is […] a dynamic category that transforms itself and thereby re-
lates itself to additional content that it encompasses» (R. WINFIELD, From Concept to
Objectivity, cit., p. 80).
45 WdL III, pp. 33-34 (p. 681).
46 Ivi, p. 39 (p. 688). «The concept’s creativity, therefore, means self-negation,
the power to posit the difference of particularity as its difference» (A. HAAS, op. cit.,
p. 172).
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these terms figures both as a stage and as a coeval differentiation of the unitary subject
determining itself through their development. Instead of having just one self-same parti-
cularity, the differentiation of the concept now has two contrastable, qualitatively di-
stinct terms, namely the particular and the universal» (R. WINFIELD, From Concept and
Objectivity, cit., p. 82).
56 WdL III, p. 43 (p. 693).
57 Ivi, p. 38 (p. 687).
58 Ivi, p. 37 (p. 686).
59 «There is no violent confrontation with otherness in the relation between
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universal and particular, no fear of otherness or of loss of one’s self, no need for border
crossing, no clash of identity and difference. […] Particularity is the universal’s immanent
self-differentiation» (A. NUZZO, Changing Identities, in P.T. GRIER (a cura di), op. cit., pp.
131-154, pp. 149-150); «The universal is thus free power. While remaining self-identical it
overreaches that which is other, not by force, but by quietly being present in it» (J. BUR-
BIDGE, On Hegel’s Logic, Humanities Press, Atlantic Highlands (NJ) 1981, p. 113).
60 WdL III, p. 46 (p. 697).
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6.3.3. Il singolo
La singolarità è il compiuto sviluppo della negatività immanente
alla struttura del concetto. La prima negazione viene esplicitata nel
processo di particolarizzazione del concetto universale e comporta una
prima posizione della determinatezza del concetto. Questa stessa de-
terminatezza, però, trova il suo concreto e compiuto sviluppo solo con
61 «Die Begriffsbestimmungen aber als Inhalte der reinen Logik des Begriffs sind
nicht verschiedene, sondern einander entgegengesetzte. Dieser Gedanke beruht auf dem
notwendigen Fortgang von der „Verschiedenheit“ zum „Gegensatz“ in der Logik der Re-
flexion» (K. DÜSING, Das Problem der Subjektivität in Hegels Logik, cit., pp. 247-248).
62 WdL III, p. 46 (p. 697).
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Bestimmtheit als Negation oder Einzelnes» (A. ARNDT, Die Subjektivität des Begriffs, in
A. ARNDT - C. IBER - G. KRUCK (a cura di), op. cit., p. 18); «Die in diesem Selbstbestim-
mungsprozess, der zugleich ein Selbstnegieren darstellt, enthaltene Negativität muss,
Hegels spekulativer Logik zufolge, in ihrer Negativität negiert werden» (M. QUANTE,
«Die Persönlichkeit des Willens» und das «Ich als Dieser», in M. QUANTE - E. RÓZSA (a
cura di), Vermittlung und Versöhnung, LIT, Münster-Amburgo-Berlino-Londra 2001,
pp. 53-68, p. 57).
06_capVI_175_06_capVI_175 07/05/15 12.01 Pagina 193
(3) c ↔ ¬c
Il momento (1) sta per la prima negazione del concetto, è il suo
uscire da sé e farsi altro rispetto all’indeterminatezza iniziale dell’uni-
versalità immediata, è il suo particolarizzarsi per porre la propria deter-
minatezza. Il momento (2) rappresenta la seconda negazione, ovvero la
negazione di questo farsi altro, intesa come compimento – e quindi fine
– del processo di particolarizzazione: «il suo esser altro si è daccapo fat-
to un altro, per cui è restaurato il concetto come uguale a se stesso, ma
nella determinazione dell’assoluta negatività»67. Il distinguersi del con-
cetto universale nel momento della particolarità «si rafferma», si sedi-
menta in un singolo che non è più solo il diventare altro dell’universale
nel particolare, ma l’essere divenuto altro in una determinatezza con-
creta e l’essersi realizzato in essa. Il singolo non è più solo il porsi della
determinatezza, ma il realizzarsi del concetto in una determinatezza
compiutamente posta, in una «determinatezza determinata».
Il momento (3) rappresenta il concetto nella sua compiuta auto-
contraddittorietà, ovvero il concetto che nella sua differenziazione da
sé è altrettanto compiutamente identico con se stesso. Il singolo è quin-
di come la totalità che contiene in sé tutti i momenti del suo sviluppo.
Contiene l’universale immediato, che si particolarizza nel secondo mo-
mento e si singolarizza nel terzo momento, in cui viene ad assumere la
sua articolazione specifica. Nel singolo l’universale è universale concre-
to: «la singolarità appare come riflessione del concetto dalla sua deter-
minatezza in se stesso. […] Il ritorno di questo lato nell’universale è
[…] mediante la singolarità, alla quale l’universale discende nella deter-
minatezza stessa. […] La singolarità […] è il profondo in cui il concet-
to afferra se stesso ed è posto come concetto»68.
Da una parte, quindi, vi è una differenza tra il singolo e le deter-
minazioni concettuali precedenti: «la singolarità, essendo il ritorno del
concetto, in quanto negativo, in sé […] può essere collocato e contato
come un momento indifferente accanto agli altri»69. Infatti, uno svilup-
74 Ibidem.
75 «Ogni distinzione si confonde nella considerazione che deve isolare e tener
ferme quelle determinazioni» (ibidem).
76 «Nach Hegel ist die analytisch-diskursive Allgemeinheit ein Produkt des
trennenden, endlichen Verstandes, der die abstrakte Identität zu seinem Gesetz hat und
daher nicht in der Lage ist, die konkrete Allgemeinheit mit dem von ihr implizierten
Widerspruch des Besonderen und des Einzelnen in dem Allgemeinen zu denken» (R.
SCHÄFER, Die Dialektik und ihre besonderen Formen in Hegels Logik, cit., p. 236).
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79 WdL III, p. 174 (p. 859). «Die Objektivität, das Leben, ist vom Subjekt, der
individuellen Einzelheit, gesetzt. Hier zeigt sich die allgemeine Struktur der Idee als
Subjekt-Objekt Einheit» (R. SCHÄFER, Hegels Ideenlehre und die dialektische Methode,
in A.F. KOCH - F. SCHICK (a cura di), op. cit., pp. 243-264, p. 249).
80 Enz, p. 215 (p. 198).
81 Sull’idea logica della vita cfr. L. ILLETTERATI, Natura e ragione, Verifiche,
che l’unità del concetto che rimane identica con sé anche nella più ra-
dicale differenza da sé. La vita, come il concetto,
è impulso e precisamente l’impulso specifico della differenza particolare e
altrettanto essenzialmente unico e universale impulso dello specifico che ri-
conduce questa sua particolarizzazione nell’unità e ve la mantiene84.
Andrò, quindi, ad analizzare come si trova declinata questa unità
nella differenza all’interno della struttura logica che caratterizza il mo-
do di articolarsi del vivente e del suo rapporto con il mondo esterno.
Mostrerò come questa struttura rifletta la dialettica della Entwicklung
che caratterizza il concetto e come questa stessa dialettica porti allo
sviluppo di una vera e propria contraddizione nell’individuo vivente.
6.4.1. Il vivente
La vita è «l’idea nella forma della singolarità come semplice, ma
negativa identità con sé»85. In essa «le determinazioni che stanno tra
loro in rapporto sono la negativa unità del concetto la quale si riferisce
a sé, e l’oggettività»86, ovvero sono l’unità della relazione negativa a sé
del vivente, da una parte, e della relazione ad altro, all’oggettività, dal-
l’altra. Questa relazionalità si costituisce come una negatività che è co-
stitutivamente autoreferenziale.
La negatività su cui si articola il modo d’essere del vivente riflet-
te la dialettica del puro concetto, nonché la dialettica delle determina-
zioni della riflessione. Essa consta di tre momenti.
In primo luogo, il vivente è la sensibilità rispetto all’ambiente
esterno, che corrisponde al momento dell’universalità. Il vivente sussi-
ste nella semplice identità con se stesso: come nell’essenza, ogni diffe-
renza si toglie immediatamente nell’immediata relazione del vivente a
se stesso. Ogni determinatezza esteriore è ricondotta al semplice sen-
tirsi del singolo, alle sue sensazioni e impressioni:
La sensibilità è l’esser dentro di sé, non come semplicità astratta, ma co-
me una infinita ricettività determinabile che nella determinatezza sua non di-
venta un molteplice e un esterno, ma è assolutamente riflessa in sé87.
La negatività su cui si costituisce il vivente in quanto semplice-
mente sensibile è ancora soltanto «come assoluta negatività in sé»88.
84 Ivi, p. 181 (p. 867).
85 Ivi, p. 183 (p. 869).
86 Ivi, p. 185 (p. 871).
87 Ivi, p. 185 (p. 872).
88 Ivi, p. 185 (p. 871).
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tion of entities is nonetheless “open” to organic growth and change. In other words,
otherness and difference do not simply generate Veränderung but immanent transforma-
tion – or growth – of self-identity» (A. NUZZO, Changing Identities, cit., p. 150).
97 WdL III, p. 187 (p. 874).
98 Ibidem.
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99 Ibidem.
100 «Il modo d’essere del vivente è quello della permanente trasformazione di sé
in un processo in cui l’organismo si rivolge verso se stesso – agendo su di sé –, e verso
l’esteriorità – agendo verso ciò che è altro rispetto a sé –, al fine di mantenersi in quanto
processo, ovvero per poter essere ciò che esso già è» (L. ILLETTERATI, Figure del limite,
cit., p. 65).
101 WdL III, p. 187 (p. 874).
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realizzarsi e ritrovare se stesso nella propria integrità, è costretto ad uscire da sé, a sdop-
piarsi e a negarsi, rimanendo però, in ciò, identico con sé, ovvero mantenendosi in sé
anche in questo suo esser-altro e farsi altro da sé» (L. ILLETTERATI, Natura e ragione, cit.,
p. 236).
104 «Il bisogno e l’impulso […] costituiscono il passaggio a ciò che l’individuo,
come è per sé qual negazione di sé, così diventi per sé anche quale identità» (WdL III, p.
188 (pp. 874-875)).
105 Ivi, p. 183 (p. 869); «la dialettica, per la quale l’oggetto si nega come nullo in
sé, è l’attività del vivente sicuro di se stesso; il quale, in questo processo verso una natura
inorganica, conserva se stesso, si svolge e si oggettiva» (Enz, p. 220 (p. 203)).
06_capVI_175_06_capVI_175 07/05/15 12.01 Pagina 203
tion of another; yet this is just as much the determination of itself as the negated of the
other – the negator is the negated. Yet this self-negation, this negation of the indivi-
dual’s identity as negator, is not merely a loss of self, it is the process whereby the
subject also preserves itself, maintains its self-identity and self-conceptualization, its sa-
meness and its concept of self, its subjectivity» (A. HAAS, op. cit., p. 221).
109 WdL III, p. 188 (p. 874).
110 Ibidem. In questo senso Greene afferma: «Hegel’s comprehension of pain
111 Ibidem.
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Capitolo Settimo
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
concetto, sa che l’universalità è soltanto un momento e che in essa il concetto non è an-
cora determinato in sé e per sé. Ma con questa coscienza, che vorrebbe portar avanti il
cominciamento solo a cagione del metodo, questo sarebbe un che di formale, posto nel-
la riflessione esterna» (ibidem.).
11 Ivi, p. 240 (pp. 940-941).
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21 «Il secondo negativo, il negativo del negativo, al quale siamo giunti, è quel to-
07_capVII_205_07_capVII_205 07/05/15 12.02 Pagina 213
mediata, è inoltre in pari tempo quella che media. Sulle prime può essere presa come una
determinazione semplice, ma secondo la sua verità è una relazione ossia un rapporto;
poiché è il negativo, ma del positivo, e racchiude in sé questo» (ivi, p. 246 (p. 947)).
23 WdL III, p. 245 (p. 964).
24 Ivi, p. 245 (p. 947).
07_capVII_205_07_capVII_205 07/05/15 12.02 Pagina 214
26 «La contraddizione vale in generale, sia nella realtà, sia nella riflessione pen-
BIBLIOGRAFIA
Nota bibliografica
La presente nota bibliografica si divide in tre sezioni. La prima com-
prende tutte le opere di Hegel utilizzate nel corso della ricerca. La seconda
comprende i testi di letteratura secondaria sull’autore e sulla questione affron-
tata in questa ricerca. La terza comprende le opere di altri autori, cui s’è fatto
esplicito riferimento o che si sono rivelate particolarmente utili nel corso della
ricerca.
1. OPERE DI HEGEL
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Verhältnis des Skeptizismus zur Philosophie. Darstellung seiner verschiedenen
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Bibliografia 221
Bibliografia 223
Bibliografia 225
Bibliografia 227
Bibliografia 229
INDICE
2. Quale negazione? 59
2.1. Negazione proposizionale e negazione predicativa 60
2.2. Negazione determinata e relazione di esclusione 64
2.3. Negazione determinata e autoriferimento 66
2.4. Autoriferimento della negazione e paradossi logici 70
Bibliografia
1. Opere di Hegel 217
2. Letteratura secondaria utilizzata 218
3. Altre opere utilizzate 230
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Edizioni ETS
Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa
info@edizioniets.com - www.edizioniets.com
Finito di stampare nel mese di maggio 2015
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philosophica