Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
A partire dagli anni ’90 la figura del datore di lavoro è stata al centro di un profondo cambiamento
derivante dalle nuove modalità con cui è organizzata l’impresa.
Si è passati infatti dal modello della fabbrica fordista e quindi dell’impresa che svolge al proprio
interno l’intero ciclo produttivo - ivi comprese le attività accessorie - al modello della fabbrica
multisocietaria, orizzontale che svolge solo l’attività di core business, affidando invece ai terzi tutte
le attività accessorie. Ciò comporta che spesso sotto lo stesso tetto convivano lavoratori che
dipendono da diversi soggetti e che collaborano ad un unico risultato finale.
Questo fenomeno prende il nome di decentramento produttivo: decentrare significa affidare ad un
altro soggetto economico alcune parti del processo produttivo necessario per creare il bene o
servizio proprio dell’attività dell’impresa.
Ciò può avvenire sia all’interno dell’azienda originaria tramite un’azienda terza che fisicamente si
colloca all’interno della prima utilizzando proprio personale → es. distacco, somministrazione di
lavoro ed appalto interno; sia verso l’esterno, affidando una parte di attività ad un’impresa terza che
la svolge in un luogo diverso da quello in cui opera l’impresa originaria → es. appalto interno o
lavoro a domicilio.
Il decentramento può avvenire scorporando fisicamente o anche solo giuridicamente una parte
dell’organizzazione produttiva dall’impresa principale → si parla di trasferimento di ramo
d’azienda.
Alle descritte modifiche strutturali dell’impresa e del modo di fare impresa, il legislatore ha risposto
dettando una disciplina che riflette gli effetti che tali nuove forme di organizzazione hanno sui
rapporti di lavoro.
Rilevano in relazione a ciò:
La modifica dell’art. 2112 cc in tema di trasferimento d’azienda;
La disciplina della somministrazione di lavoro e del distacco;
Le norme di carattere giuslavoristico riguardanti l’appalto di opere e di servizi.
Gianpaola Zannin
2. Il distacco.
Il distacco consiste nell’invio di un dipendente (distaccato) da parte del suo datore di lavoro
(distaccante) presso un diverso soggetto (distaccatario) con, da un lato, il permanere della
titolarità del rapporto e dell’obbligo retributivo e contributivo in capo al distaccante e, dall’altro,
l’assoggettamento del distaccato ai poteri direttivo, di controllo ed eventualmente disciplinare del
distaccatario.
La Legge Biagi ha disciplinato, per la prima volta nell’ambito del lavoro subordinato privato il
distacco del lavoratore, istituto tipico del lavoratore delle P.A. che nel settore privato era
regolamentato dalla contrattazione collettiva,
Il distacco risulta essere molto simile alla somministrazione di lavoro dal momento che il
distaccante pone un proprio lavoratore dipendente a disposizione del distaccatario e dal momento
che sussiste sempre lo schema della triangolazione, ma a differenza della somministrazione, il
distaccante non è un’agenzia per il lavoro.
Affinchè il distacco sia lecito è necessario, dunque, che sussistano i requisiti di:
Determinatezza: il distacco è effettuato per lo svolgimento di una determinata attività;
Temporaneità: intesa come non definitività. Tale requisito si coniuga perfettamente con
quello dell’interesse nel senso che il distacco può perdurare finchè sussiste l’interesse del
distaccante. Il distaccante può, dunque, richiamare a sé il distaccato in qualsiasi momento
qualora venga meno il suo interesse, ma è tenuto al risarcimento del danno nei confronti del
distaccatario se il richiamo è avvenuto con tempistiche o modalità pregiudizievoli per
quest’ultimo.
Interesse del datore di lavoro: il distacco è effettuato sulla base di una motivazione tecnica,
produttiva, organizzativa, morale o sociale.
L’interesse NON può consistere nel mero fine di lucro poiché quest’ultimo è lo scopo
della somministrazione professionale di lavoro per la quale è necessaria l’autorizzazione.
In mancanza di tali requisiti, trattandosi di fornitura di manodopera da parte di un soggetto che non
è un’agenzia per il lavoro, il distacco si tramuta in un’ipotesi di somministrazione irregolare.
Si ha, dunque, un’ipotesi di distacco irregolare → al quale si applicano le medesime sanzioni
civili previste in caso di somministrazione illecita: ossia, la sanzione amministrativa dell’ammenda
di 50 € per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun gg di occupazione.
Il lavoratore inoltre potrà agire in giudizio per la costituzione di un rapporto di lavoro con il
distaccante.
Definizione: il distacco è un istituto con cui il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse,
pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di
una determinata attività lavorativa, pur rimanendo direttamente responsabile del trattamento
economico-normativo a favore del lavoratore e dei fatti illeciti da costui commessi.
Si ritiene legittimo che il distaccante riceva dal distaccatario un rimborso che però non può
eccedere i costi retributivi e contributivi del distaccato.
Gianpaola Zannin
A tutela del lavoratore è inoltre previsto:
Il consenso del lavoratore al distacco che comporti un mutamento di mansioni;
Che il distacco debba essere opportunamente giustificato da comprovate ragioni tecniche,
organizzative o produttive quando comporti un trasferimento ad un’unità produttiva sita a
più di 50 km da quella originaria.
Il distacco transnazionale:
Il distacco può avere anche dimensioni transnazionali quando, in base ad accordi commerciali tra
imprese residenti in Stati diversi dell’UE, un’impresa distacca temporaneamente all’estero i propri
dipendenti per eseguire lavori nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato in cui essi sono
abitualmente occupati.
La normativa prevista garantisce:
La parità di trattamento dei lavoratori distaccati rispetto ai lavoratori comparabili impiegati
nel luogo del distacco;
Il rafforzamento della garanzia dell’obbligazione retributiva, attraverso un regime di
solidarietà tra distaccante e distaccatario.
Un fenomeno molto diffuso che può talvolta assumere rilievo giuridico nell’ambito dei rapporti di
lavoro è il collegamento fra più imprese: individuali o collettive, società di persone o di capitali.
Qualora il collegamento sia particolarmente intenso, con situazioni di controllo o di direzione
unitaria, gli interpreti sono soliti parlare di gruppo di imprese o imprese di gruppo. Pur mancando
nel nostro ordinamento una nozione giuridica unitaria di gruppo, sono stabiliti indici di
collegamento e controllo coniati dal diritto commerciale.
Il mero collegamento tra più società (es. medesimi amministratori) non integra ai fini lavoristici
un unico datore di lavoro.
La Corte di Cassazione ha ritenuto società collegate soltanto quelle in cui emerge chiaramente la
presenza di un unico centro decisionale, per la gestione del personale e dei rapporti sindacali.
Sono indici di una tale simulazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività tra le
diverse entità societarie:
L’unicità della struttura organizzativa e produttiva o, perlomeno, l’intenso coordinamento
tecnico, amministrativo e finanziario;
L’integrazione tra le attività esercitate dalle imprese del gruppo e il correlativo interesse
comune;
L’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle diverse società
collegate.
Gianpaola Zannin
Anche nell'ambito dei gruppi societari vige il principio secondo cui la fornitura di lavoro altrui
oltre i limiti legali comporta la conversione del rapporto lavorativo alle dipendenze dell'effettivo
beneficiario, cioè dell’utilizzatore, nel caso di somministrazione illegittima; o del committente, nel
caso di appalti che risultino privi dei requisiti per essere considerati effettivamente tali; o del
distaccatario nel caso di distacco privo dei requisiti.
Nel nostro ordinamento è stato recentemente introdotto dal legislatore il c.d. contratto di rete, ossia,
un contratto attraverso il quale le parti, imprenditori, si obbligano, sulla base di un programma
comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle
proprie imprese, oppure a scambiarsi informazioni di natura commerciale, industriale o tecnica.
Le imprese che hanno tra loro stipulato tale tipo di contratto possono accedere anche a forme di
codiatoralità dei dipendenti secondo regole stabilite dal contratto stesso.
Con il termine codatorialità si indica l’utilizzo della prestazione lavorativa da parte di uno o più
dipendenti a favore di uno o più datori di lavoro → la presenza di più datori di lavoro scardina di
fatto la regola dell’unicità della figura datoriale che domina il diritto del lavoro.
La finalità è quella di garantire forme di stabile mobilità del proprio personale attraverso una
gestione comune del rapporto di lavoro, tale da garantire a sua volta un’attività lavorativa a
vantaggio dell’intera rete.
Il legislatore tuttavia non si cura di stabilire una disciplina del rapporto di lavoro in rete, affidandola
alle regole stabilite dal contratto di rete e quindi dai codatori di lavoro.
Gianpaola Zannin
5. Il trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda.
Il legislatore disciplina il trasferimento d’azienda con un’apposita norma: l’art. 2112 cc → la cui
funzione è quella di tutelare i diritti dei lavoratori in caso di mutamento della titolarità dell’impresa
e del conseguente passaggio alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro.
La disciplina dell’art 2112 cc inerente al trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda può essere
applicata anche nei casi in cui il cessionario sia un soggetto non imprenditore (es. Onlus e
professionisti) in virtù della definizione di azienda quale attività economica organizzata, con o
senza scopo di lucro, non più caratterizzata dalla produzione o scambio di beni e servizi.
La disciplina dell’art. 2112 cc si applica inoltre anche nei confronti dei dipendenti pubblici in caso
di trasferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni ad altri soggetti pubblici o privati.
Gianpaola Zannin
(ex art. 41 Cost) e la tutela del lavoratore al fine di far proseguire il rapporto di lavoro immutato,
unitario e ininterrotto.
L’art. 2112 cc prevede che in caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro continua con il
cessionario e precisa che esso non costituisce di per sé motivo di licenziamento:
l’imprenditore cedente, dunque, può licenziare i propri dipendenti solo se ricorre un’autonoma
giusta causa, non avendo a tal fine rilievo la semplice circostanza del trasferimento d’azienda.
Analogamente il cessionario potrà liberarsi di eventuali eccedenze attivando processi di
riorganizzazione o di ristrutturazione, ma non adducendo l’avvenuta acquisizione dell’azienda.
Se in concreto ricorrono gli elementi identificativi dell’azienda o del ramo d’azienda, il passaggio
dei lavoratori addetti sarà regolato dall’automatismo e dalle garanzie dell’art. 2112 cc, senza
bisogno del consenso dei lavoratori.
In caso contrario si verserà nell’ipotesi di cessione di singoli beni e, quindi di singoli contratti di
lavoro ai sensi dell’art. 1406 cc che prevede il consenso del contraente ceduto.
Pertanto il passaggio dei lavoratori al nuovo titolare resterà subordinato al loro consenso, ma non
operano in loro favore le garanzie previste dall’art. 2112 cc.
Gianpaola Zannin
È prevista inoltre una responsabilità solidale che sorge tra cedente e cessionario in ordine ai
crediti maturati dal lavoratore nel corso del rapporto con il primo. il lavoratore, tuttavia, può
liberare dalla responsabilità solidale il cedente.
Il contratto collettivo applicabile: ultrattività.
L’art. 2112 cc garantisce ai lavoratori ceduti l’applicazione dei contratti collettivi che
disciplinavano il rapporto di lavoro prima del trasferimento. Tali contratti collettivi vincolano,
fino alla loro scadenza, il cessionario che non ne è parte → in deroga a quanto sancito dal Codice
Civile.
Tuttavia, se il cessionario applica un contratto collettivo, quest’ultimo prevale, sostituendosi
interamente e subito a quello precedentemente applicato dal cedente, anche se comporta un
peggioramento dei trattamenti economici-normativi.
→ Tale effetto sostitutivo del contratto collettivo applicato dal cessionario su quello applicato dal
cedente si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.
La finalità di tale norma è quella di arginare i possibili effetti pregiudizievoli che la sostituzione
indiscriminata di contratti collettivi nazionali con contratti aziendali potrebbe cagionare ai
lavoratori, partendo dal presupposto che il contratto collettivo nazionale sia più favorevole e
organico del contratto collettivo aziendale.
Al contempo, tale norma impone al cessionario di mantenere i trattamenti stabiliti nel contratto
aziendale del cedente qualora il cessionario stesso non applichi un ulteriore contratto aziendale.
Gianpaola Zannin
Entro 7 gg dal ricevimento dell’informativa, i sindacati possono richiedere per iscritto che si apra un
confronto con cedente e cessionario che sono a loro volta tenuti ad avviare entro 7 gg dal
ricevimento della richiesta un esame congiunto con i sindacati.
La consultazione si intende esaurita se entro 10 gg dal suo inizio non sia stato raggiunto un
accordo.
Gianpaola Zannin