"Aggmsm \; pallronì perché desidero ricandurlì … una

sme «. più compiuta punmnnà. 5; lo schienal! s’è s\accalu

COMOD!TÀ

: Ire zampe sono s:nmparse. m rm azcorgo che ma … @

au‘an…a della Divina e Archehplca Pnumna la quale

allarme Platone, esls(ei cielo . ,, ALTRE

E
POLTRONA

DIVINA

LA

…. …… u..….

lussil
v 45508
€18.00
NARDINI
 Gilbert Keith Chesterton

LADIVINA POLTRONA
ED ALTRE COMODITÀ
@ Traduzione e note di Umberta Mesina
Le note tratte dell’edizione americana sono segnalate con *
Barbara Arriva ha tradotto: I Colori della Spagna. Gli articoli
successivi a questo sono tradotti da Frida Ballini.
Traduzione
@ Copertina di Lorenzo Zappalà di Umberta Mesina
http: / /lorenzozapp.tumblr.com —
lorenzo.zapp@gmail.com

@ Centro Missionario Francescano

Via Umberto I, 4 Mogliano (MC)
—

laperlapreziosa@libero.it tel. 333 4165150

—

A cura di fra Roberto Brunelli (Il Patriota Cosmico)

Introduzione di Marco Sermarini (L’Uomo Vivo)
Revisione: Paolo Ciccioli, Barbara Arriva.

Stampato in Italia
nel mese di dicembre 2016
CASA EDITRICE GUERRINO LEARDINI &
ISBN 978—88-98064-17-5 CENTRQ MISSIONARIO ERANCESCANO
SOCIETA CHESTERTONIANA ITALIANA
2017
 b’fiquinetc del pub
prefazione di Marco ècrmarini
Cari amici, avrei un paio di idee circa l’opera di Chesterton che
vorrei comunicarvi in breve, e l’idea splendida di pubblicare una
collezione degli articoli di Chesterton usciti nel corso degli anni
me ne dà l’occasione. Oso definirla splendida perché non è mia,
anche se è una di quelle cose che io avrei sempre desiderato fare
(nel nostro blog sono anni che proponiamo brevi aforismi ed
estratti tradotti all’impronta pescati dai suoi articoli collazionati
e non, in primis dall’Illustralal London News).
Anzitutto vorrei eri tieare quell’idea sul pensiero di Chesterton
che consiste nel definirlo “pensatore non sistematico". lo
credo sia decisamente sbagliata. Siamo abituati, e vero, ad
immaginare i filosofi come persone che mettono insieme
grandi opere in cui illustrano tutto il sistema del loro pensiero
in maniera articolata e, appunto, “sistematica”. lo non credo
sia una buona idea quando si vuole valutare la sistematicità
di un pensiero. Chesterton ha sempre avuto qualcosa di così
ben compaginato nella sua mente, un’idea cosi completa e
complessa della realtà, come egli stesso disse parlando del
cattolicesimo, che fatalmente usciva fuori in ogni riga che
produceva. Non nel modo in cui lo fecero i Kant, gli Hegel e
tanti altri, pace all’anima loro, ma nel continuo ritorno di indizi
e segni provenienti dalla realtà, e da Chesterton altrettanto
continuamente rilanciati a noi lettori come per dire: ma non
vedete che tutto parla di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo?
Si racconta che una volta sua moglie gli chiese: Gilbert, ma
perché non scrivi un libro in cui parli di Dio? Non lo hai mai
fatto... E lui le rispose un po’ sconsolato di non aver fatto altro
per tutta la vita. Simpatici, i coniugi.
Posso dire che è proprio quest’idea non conformistica di
sistematicità che spesso arriva quasi a commuovermi. Una
volta ho sentito un mio amico che fa il giardiniere ripetere ad un
5
altro mio amico che stava imparando il mestiere questa frase:
“sistematicità, sempre lì, sempre la stessa cosa...”, per fargli
capire che doveva rimettere l’ascia, la falce, il decespugliatore
sempre nello stesso posto per non perderle. Ecco, penso che il
mio amico giardiniere mi abbia dato la definizione più precisa
di sistematicità: sempre lì! E Chesterton non sta “sempre lì”?
Non rimette “sempre lì” tutte le cose che la realtà fatta da Dio
gli suggeriva, “sempre lì” davanti a tutti noi poveracci, per la
paura di perderle? Per impedire che noi le perdiamo?
Il nostro amico Gilbert aveva un numero preciso di idee
sull’uomo, sulla vita, sul cosmo, sulle cose quotidiane e su Dio,
e non perdeva occasione di esprimerle in ogni circostanza ed
occasione, perché le rivedeva e riconosceva nella realtà. Più
sistematico di così si muore... Cosa pretendiamo di più? Questa
raccolta in un certo senso ne è la prova. Vi troverete idee che
avrete letto sicuramente altrove, avrete costantemente un sano
senso di déja vu, non noioso, ma familiare e confortante.
D’altronde il Chesterton ventenne aveva capito perfettamente
tutto, dopo essere uscito da quella famosa crisi esistenziale, e si
era dato il compito di dirlo a tutti, o meglio, aveva riconosciuto
ed accettato la vocazione che il Padre Eterno gli aveva assegnato.
Una specie di menestrello che andava in giro a raccontare a
tutti le doti e i pregi della donna di cui si era innamorato, la
Vita, e del suo Creatore. In questo fu quasi speculare al tanto
ammirato San Francesco d’Assisi. Non si limitava a ripeterlo,
cercava di dimostrare a tutti che quella era la donna migliore
di tutte, e che era capitata in sorte proprio a lui, e di questo era
profondamente grato a Dio. In quest’altra cosa si contenne al
pari di San Tommaso d’Aquino, da lui altrettanto ammirato.
Usò la ragione come un’affilata lama di Toledo senza lasciare
dietro nulla. Tutto questo nelle cose di tutti i giorni, a tratti
anche apparentemente banali.
Egli si riteneva un giornalista e non uno scrittore. Era il
suo «vanto più orgoglioso>>l. «Penso», disse il suo amico e
collega al G. K.’s Weekly W. R. Titterton, «che [Chesterton,
Belloc e Cecil Chesterton] siano sempre stati più orgogliosi
6 7
di essere dei giornalisti che degli uomini di lettere; uomini,
quest'ultimi, sempre presi nel contare le vendite o, ancora
pei/{IM a coltivare il proprio stile; [uomini] che non hanno
idea di ciò che sta succedendo in o all’Inghilterra, e non se ne
inleressano»? Il filosofo ungherese Aurel Kolnai lo chiamava
«l'Aquinate di Fleet Street, un fenomenologo del pub», e così
riconosceva esattamente ciò che vorrei suggerirvi e vorrei
im’ilanfi a godere (nel nostro piccolo noi chestertoniani italiani
l’abbiamo sempre chiamato “il San Tommaso del XX e pure
del XXI secolo”). Sempre il suo amico 'l‘itterton (è il primo che
ha H(‘l‘itto una breve biografia su di lui, prima della Ward, che
andrebbe tradotta per il suo essere “de core”) lo conosceva come
«creatura gioiosa, che entrava come un ciclone all’/ldelphi,
m'ahloforiero di buone notizie, e sifermava al bar senzafiato
(* I'llflgliante>>3. Trovava buona notizia anche l’esistenza di un
pel… di gesso e lodava Dio per la gente conume.
I
capitoli di questo libro sono guarda caso tutti articoli,
alcuni dei quali già finiti dentro una delle sue raccolte (il
grande Chesterton chiamava la sua cara segretaria Dorothy
(‘ |t‘ chiedeva di raccogliere alcuni articoli e di farne un libro:
successe ad esempio con Il pozzo e le pozzanghere, All is grist,
All I survey, Come to Think ofit, Ilprofilo della ragionevolezza,
(° post mortem con L’Uomo Comune, The Spice of Life, The
("loss Walking Stick, e altro ancora). Troverete la fonte di
ciascun articolo sotto il suo titolo. In più troverete alcuni
:ll'll(‘0ll tratti dall’Illustrated London News mai tradotti in
italiano e mai collazionati neppure da Chesterton. Tutti in
or.… (‘il-Wo provengono dalla militanza per la realtà esercitata
in quesi a rivista illustrata, paradosso dei paradossi. Si tratta di
una testata molto popolare ai suoi tempi, cui egli collaborò dal
|… ’S lino alla fine della sua vita con una colonna intitolata Our
Nt WI»… ik (Il Nostro Taccuino). Ho avuto la fortuna di vederne
…… l'ilt°t‘olta a casa del mio amico Dale Ahlquist, bella ancor
“MHÌ- "il““ il giornale di cui ho parlato in un’altra di queste mie
inutili prefazioni, quello che il giovedì gli causava l’ansia di non
rlusvirv a consegnare il pezzo settimanale e che costringeva
Dorothy Collins a correre in bicicletta all’ultimo treno da
Beaconsfield a Paddington dove la aspettava il capotreno che
avrebbe dato il plico a qualche poveraccio che avrebbe dovuto
chiudere il numero...
Perché su un giornale illustrato, apolitico, fuori dalle
ideologie? Perché Chesterton parlava per ed a nome della “gente
d’Inghilterra che non ha ancora mai parlato”, la gente comune.
Voleva fare sana filosofia realista per noi tutti. Questo giornale
glielo consentiva, e lì toccava tutti gli argomenti che più lo
stimolavano. Troverete tante pagine che vi aiuteranno a capire
meglio il nostro amico per come è veramente, e soprattutto
fuori dagli stereotipi cui lo eostringiamo per nostro comodo.
In queste pagine Chesterton va al cuore di tante questioni,
dall’educazione alla guerra, dalla lealtà all’eugenetiea, ma ci
va dritto dritto parlandone con la profondità dell’Aquinate e la
semplicità di una chiacchierata al pub, e ne dobbiamo essere
grati a Dio.
L’esperimento della collezione di articoli è già riuscito con La
Nonna del Drago, sono certo che gradirete anche quest’altra
pazz1a.
Marco Sermarini
Presidente della Società Chestertoniana Italiana
1) Maisie Ward, G. K. Chesterton, London, Sheed and Ward 1944,
citato in Dermot Quinn, Chesterton come giornalista, in Chesterton
Review edizione Italiana, Vol. Il, numero 1, 2012, pag. 75, Torino
2012, Edizioni Lindau.
2) W. R. Titterton, C.K. Chesterton, London, Douglas Organ 1936,
pag. 102, citato in Dermot Quinn, Chesterton come giornalista, ibid.,
pag. 75
3) W. R. Titterton, GK. Chesterton, London, "Douglas Organ 1936,
pag. 100.
DELL'AGGIUSTARE
E TERMINARE LE COSE
On Mending and Ending Things
Illustrated London News, 23 dicembre 1905
Un certo uomo politico (del quale qui non parlerei per niente al
mondo) disse una volta di una certa istituzione (che neanche le
frustate m’indurranno a nominare) che “deve essere aggiustata
() terminata”. Tra quelli che si servono di questa utile frase sulla
riforma, pochi notano la cosa importante a suo riguardo. La
cosa importante a suo riguardo è che i due metodi ivi descritti
non sono affini ma opposti; tra l’aggiustare e il terminare non
c’è una differenza di grado ma un vitale antagonismo di specie.
L’aggiustare è basato sull’idea che la natura originale di una
cosa e buona; il terminare è basato sull’idea che la natura
originale di una cosa e cattiva o che perlomeno ha perduto ogni
capacità di essere buona.
Se io “aggiusto” una poltrona e perché voglio una poltrona.
Aggiusto la poltrona perché desidero rieondurla in uno stato
di più compiuta poltronità. La mia obiezione alla poltrona nel
suo stato non—aggiustato è che i suoi difetti le impediscono
proprio di essere una poltrona nel senso più vero. Se (per
dire) lo schienale s’è staccato e tre zampe sono scomparse,
io mi accorgo, guardandola, non semplicemente che colpisce
lo sguardo per un’aria di generale irregolarità; mi accorgo
che sotto questo e quest’altro aspetto essa decisamente non è
all’altezza della Divina e Archetipica Poltrona, la quale, avrebbe
fatto notare Platone, esiste in cielo.1
Ma sarebbe possibile che io avessi tra la mobilia del mio salotto
qualche oggetti, come un cavalletto o uno schiacciapollici, la
cui natura e raison d’étre ripugnassero alla mia sensibilità
morale. Se il mio schiacciapollici cadesse leggermente in
rovina, non lo aggiusterei affatto; perché più lo aggiustassi e
più schiacciapollicesco sarebbe. Se il mio cavalletto privato
9
fosse fuori uso, non ne sarei turbato in nessun modo; perché con sdegno per motivo di coscienza dall’ultima creazione
il mio privato codice etico mi impedisce di mettere chicchessia drammatica del signor Bernard Shaw. Di sicuro il rifiuto delle
sul cavalletto, e più quello fosse fuori uso tanto meno probabile elemosine da parte del maggiore Barbara non può essere
sarebbe che un passante casuale ci finisse legato sopra. imitato razionalmente a meno che non eliminiamo i commerci
In breve, una cosa è cattiva oppure buona nei suoi scopi e stessi. Se pensiamo che questi commercianti siano nell’errore,
funzioni originari. Se è buona, siamo favorevoli all’aggiustarla; è assurdo rifiutare soltanto i loro contributi alle opere di carità.
e poiché siamo favorevoli all’aggiustarla, siamo giocoforza Far così equivale semplicemente a questo: che li tollcriamo
contrari al terminarla. Se è cattiva, siamo favorevoli al sempre mentre agiscono male e cominciamo a insultarli
terminarla; e siccome siamo favorevoli al terminarla, dovremmo quando cominciano a fare del bene.
andare su tutte le furie al solo pensiero di aggiustarla. È la
questione di questa alternativa fondamentale, se l’idea prima
sia giusta 0 sbagliata, che dobbiamo risolvere quando si tratta
di ricevere offerte per opere di carità dai membri di mestieri
dubbi o discussi, da un oste o da un pirata.
Questo è un esempio eccellente del fatto che ho spesso
menzionato, il fatto che non c’è niente di tanto concreto e
urgente quanto una filosofia ideale. Se essere un oste è una cosa
cattiva per sua natura, il modo più spiccio per sistemare bene
la faccenda è di punire l’uomo per il fatto di essere un oste,
di reprimerlo come un contrabbandiere, di trattare l’uomo che
mesce birra come un uomo che mesce veleno. Ma se essere un
oste è una cosa buona di per sé, il modo più spiccio per avere un
bravo oste è di ammirare l’uomo perché è un oste, di seguirlo in
gran folla e di coronarlo d’alloro perché è un oste. Distruggere
una cosa è una concreta linea d’azione; ma l’unica altra concreta
linea d’azione è idealizzarla. Un despota rispettato a volte può
essere buono; ma un despota spregevole deve essere sempre
spregevole. Se avete intenzione di terminare un locandiere, si
può farlo facilmente con un’accetta. Ma se avete intenzione di
aggiustare un locandiere, dovete farlo con tenerezza, dovete
farlo con rispetto. Dovete attaccare una gamba o un braccio
extra alla sua persona, tenendo sempre presente l’immagine
platonica del locandiere perfetto, alla cui forma voi cercate di 1) Platone, in realtà, avrebbe detto che la Divina Archetipica
ricondurre il vostro. Poltrona esiste oltre i cieli, in quello che lui chiamava iperuranio,
dove si trovano le idee archetipe. Ma Chesterton usa l’espressione in
In tal modo mi occuperei del venditore di whisky o di navi
da guerra, i cui contributi alle opere di carità sono rifiutati heaven, “in paradiso, in cielo”.

10
 AVERE UN CANE
On Keeping a Dog
Daily Mail, 27 marzo 1909
I cinici parlano spesso degli effetti di disinganno generati
dall’esperienza, ma per quanto mi riguarda ho scoperto che
quasi tutte le cose non cattive sono migliori nell’esperienza
che nella teoria. Ho trovato l’amore con la a minuscola più
elettrizzante dell’Amore con la maiuscola e, quando ho visto il
Mediterraneo, era più blu del colore blu. In teoria, per esempio,
il sonno è una cosa negativa, una pura e semplice cessazione
della vita. Ma niente mi convincerà che il sonno non sia in
realtà assolutamente positivo, un qualche dimenticato ristoro
alle antiche sorgenti della vita. Se non è così, perché restiamo
attaccati al sonno quando ne abbiamo già avuto a sufficienza;
perché svegliarsi sembra sempre una discesa dal cielo alla
terra? lo credo che il sonno sia un sacramento; o, che è la stessa
cosa, un alimento. Qui, comunque, voglio soltanto sostenere
che l’esperienza reale delle cose è spesso molto migliore della
nostra poetica anticipazione di esse; che i picchi sono spesso
più alti di quanto sembrino nelle illustrazioni e le verità più
terribilmente vere di quanto appaiano nei manuali.
Prendete, per esempio, la novità che ho introdotto di recente
nella mia vita domestica; è una novità a quattro zampe nella
forma di un Aberdeen terrier. Mi sono sempre immaginato
un amante di tutti gli animali, perché non ho mai incontrato
nessun animale che decisamente mi ripugnasse. La maggior
parte delle persone tira la linea da qualche parte. Lord Roberts
detesta i gatti; la migliore donna che conosco ha da ridire contro
i ragni; un teosofo che conosco protegge, ma detesta, i topi e
molti filantropi di spicco hanno un’avversione per gli esseri
umani. Ma io non riesco a ricordare di essermi mai scansato
con disgusto da un animale; non mi dispiace la lumaca, per
quanto bavosa sia, né il rinoceronte, per lungo che sia il suo
12
corno. Da bambino ero solito tenere una famigliola di lumache a
rappresentare quella che pensavo fosse l’appropriata andatura
della caccia. Così caddi nell’errore comune a molti moderni
universalisti e filantropi. Pensavo di amare tutte le creature di
Dio mentre il punto era solo che non le odiavo.
Non mi ripugnava il cammello per il fatto di avere la gobba o
la balena perché contiene uno spesso strato di grasso. Ma non
avrei potuto immaginare seriamente che sarebbe mai venuto
il momento in cui il grasso di una balena mi avrebbe mosso
il cuore con un fremito di affetto; o che avrei riconosciuto la
gobba di un cammello tra le altre come si riconosce il profilo
di una bella donna. Questo è il primo degli effetti straordinari
dell’avere un cane su chi non ne ha mai avuto uno prima. Si
ama un animale da uomo anziché semplicemente accettare
l’animale da ottimista. Ma, aggiungo, se il cane e amato, e
amato come cane; non come un concittadino () un idolo () un
coceolo () un prodotto dell’evoluzione. Nel momento in cui sei
responsabile di un animale rispettabile, in quel momento si
spalanca un abisso vasto quanto il mondo tra la crudeltà c la
necessaria coercizione degli animali.
Ci sono persone che parlano di ciò che chiamano “l’unizioni
Corporali” e classificano sotto quel titolo le odiose torture inflitte
a sfortunati cittadini nelle nostre prigioni e ospizi e anche lo
schiaffo che si dà a un ragazzino sciocco () la frustata a un terrier
insopportabile. Tanto varrebbe inventare una frase chiamata
“Concussione Rcciproca” e lasciare che si capisca che includiamo
sotto quel titolo baciarsi, prendersi a calci, lo scontro di barche
in mare, l’abbraccio di giovani tedeschi e l’incontro di comete
a mezz’aria. Questo è il secondo valore morale della cosa; nel
momento in cui hai un animale affidato a te, scopri presto quello
che veramente è crudele verso gli anin‘1ali e quello che è solo
benevolenza nei loro confronti. Per esempio, certe persone hanno
detto che è incoerente da parte mia essere antivivisezionista
e tuttavia favorevole agli sport ordinari.1 Posso solo dire che
riesco senz’altro a immaginarmi mentre sparo al mio cane ma
non riesco a immaginarmi mentre lo viviseziono.
13
 Ma c’è qualcosa di più profondo nella faccenda, solo che
l’ora e tarda ed entrambi, il cane e io, siamo troppo assonnati
per trovarne il significato. Lui sta sdraiato davanti a me
rannicchiato accanto al fuoco, come tanti cani devono essersi
sdraiati davanti a tanti fuochi. Io siedo su un lato del camino,
come tanti uomini devono aver seduto presso tanti camini.
In qualche modo questa creatura ha completato il mio essere
uomo; per qualche ragione, non so spiegare perché, un uomo
dovrebbe avere un cane. Un uomo dovrebbe avere sei gambe:
le altre quattro sono parte di lui. La nostra alleanza è più antica
di tutte le spiegazioni transitorie e pedanti che vengono offerte
di ciascuno dei due; prima che l’evoluzione fosse, noi eravamo.
Potete trovare scritto in un libro che io sono un puro e
semplice residuo di una zuffa tra scimmie antropoidi; e forse lo
sono. Sono sicuro di non avere obiezioni. Ma il mio cane sa che
sono un uomo; e in nessun libro troverete il significato di quella
parola scritto tanto chiaramente quanto nella sua anima.
Può essere scritto in un libro che il mio cane è un canide;
e da questo può essere dedotto che debba cacciare con un
branco. Da qui si potrebbe sostenere (in un libro) che se ho un
Aberdeen terrier dovrei avere venticinque Aberdeen terrier. Ma
il mio cane sa che non gli chiedo di cacciare con un branco; sa
che non m’importa un accidente se è un canide o no, basta che
sia il mio cane. Questo è il vero segreto della faccenda che gli
evoluzionisti superficiali non possono esser condotti a vedere.
Se la storia documentabile è prova di qualcosa, la civilizzazione
è molto più antica della selvatichezza dell’evoluzione. Il cane
civilizzato è più antico del cane selvatico della scienza. L’uomo
civilizzato è più antico dell’uomo primitivo della scienza. Ci
sentiamo nelle ossa che siamo antichità e che le visioni della
biologia sono le fantasie e le manie. I libri non contano; la notte
si avvicina ed è troppo buio per leggere libri. Pallidi contro
il fuoco morente si possono tracciare i contorni preistorici
dell’uomo e del cane.
1) Nel senso degli sport tradizionali come la caccia.
14
PERCHÉ SONO CATTOLICO
Why [Am A Catholic
Twelve Modern Apostles and Their Creeds, 1926
Il difficile dello spiegare perché sono cattolico sta nel fatto che
ci sono diecimila motivi tutti convergenti sull’unico motivo: che
il cattolicesimo e vero. Potrei riempire tutto lo spazio che mi è
concesso1 di frasi separate che iniziano ciascuna con “è la sola
cosa che...”. Come per esempio: 1) è la sola cosa che davvero
impedisca a un peccato di essere un segreto; 2) è la sola cosa
in cui il superiore non è in grado di essere superiore; nel senso
di sentirsi superiore; 3) è la sola cosa che libera un uomo dalla
schiavitù avvilente dell’essere un figlio del suo tempo; 4) è la
sola cosa che parla come se dicesse la verità; come se fosse un
vero messaggero che si rifiuta di alterare un vero messaggio;
5) è il solo tipo di cristianesimo che realmente include ogni
tipo d’uomo; perfino l’uomo rispettabile; 6) è il solo tentativo
ampio di cambiare il mondo dal di dentro, lavorando tramite le
volontà e non le leggi; e così via.
Altrimenti potrei trattare l’argomento in maniera personale
e descrivere la mia propria conversione; ma si dà il caso che io
abbia la netta impressione che questo metodo faccia sembrare
la faccenda molto più piccola di quanto è in realtà. Una quantità
di uomini assai migliori si sono convertiti a religioni assai
peggiori. Qui preferirei provare a dire della Chiesa cattolica
esattamente le cose che non è possibile dire nemmeno delle
sue rispettabilissime rivali. In breve, della Chiesa cattolica
direi principalmente che è cattolica. Proverei a indicare che
essa è non soltanto più vasta di me, ma più vasta di qualunque
cosa al mondo; che in effetti è più vasta del mondo. Siccome
però in questo breve spazio posso solo prenderne una fetta, la
considererò nella sua qualità di custode della verità.
L’altro giorno un famoso scrittore, per altri versi assai ben
informato, ha detto che la Chiesa cattolica è sempre nemica
delle nuove idee. Probabilmente non s’è accorto che la sua
15
stessa osservazione non era esattamente quel che si potrebbe
chiamare una nuova idea. È uno dei concetti che i cattolici
devono costantemente confutare, proprio perché è una
vecchissima idea. In effetti, quelli che si lamentano che il
cattolicesimo non sa dire niente di nuovo, raramente ritengono
necessario dire qualcosa di nuovo riguardo al cattolicesimo.
Come dato di fatto, un sincero studio della storia mostrerà
che l’idea è singolarmente contraria al fatto. Nella misura in
cui veramente le idee sono idee, e nella misura in cui simili
idee possono essere nuove, i cattolici hanno costantemente
sofferto per il fatto di sostenerle quando erano nuove per
davvero; quando erano di gran lunga troppo nuove per trovare
qualunque altro sostegno. Il cattolico non solo era il primo sul
campo ma era da solo nel campo; e non c’era ancora nessuno
che capisse quel che ci aveva trovato.
Così, per esempio, quasi duecento anni prima della
Dichiarazione d’Indipendenza e della Rivoluzione francese,
in un’epoca dedita all’orgoglio e alla lode dei principi, il
cardinal Bellarmino e lo spagnolo Suarez avevano lucidamente
delineato l’intera teoria della democrazia reale. Ma in
quell’epoca di Diritto Divino diedero soltanto l’impressione
di essere sofistici e sanguinari gesuiti che furtivi si aggiravano
armati di pugnale per assassinare i re. Così, ancora, i casuisti
delle scuole cattoliche dissero tutto quel che realmente si
poteva dire in favore del teatro a tesi e del romanzo a tesi
del nostro tempo, duecento anni prima che venissero scritti.
Dissero che davvero esistono problemi di condotta morale;
ma ebbero la sventura di dirlo duecento anni troppo presto.
In un tempo di fanatismo ampolloso e di vituperio libero e
facile riuscirono semplicemente a farsi chiamare bugiardi e
truffatori per il fatto di essere psicologi prima che la psicologia
venisse di moda. Sarebbe facile dare innumerevoli altri esempi
imo ad oggi e indicare idee che sono ancora troppo nuove per
essere comprese. Ci sono passaggi nell’enciclica di Papa Leone
sul lavoro (Rerum novarum, 1891) che solo adesso qualcuno
comincia a usare come tracce per movimenti sociali molto
16
più nuovi del socialismo. E quando il signor Belloc scrisse a
proposito dello Stato servile, propose una teoria economica
così originale che praticamente nessuno s’è ancora reso conto
di che cos’è. Tra pochi secoli, altre persone probabilmente la
ripeteranno, e la ripeteranno nella maniera sbagliata. allora,
E
se i cattolici obietteranno, le loro proteste saranno spiegate
facilmente col fatto ben noto che i cattolici non hanno mai
attenzione per le nuove idee.
ai
Nondimeno, l’uomo che fece quell’osservazione riguardo
cattolici intendeva dire qualcosa; ed è solo giusto verso di lui
l’abbia
capire che cosa intendesse dire più chiaramente di come
detto. Quel che intendeva era che, nel mondo moderno, la Chiesa
cattolica è di fatto la nemica di molte mode… influenti; la maggior
anche se molte
parte delle quali dichiara tuttora di essere nuova,
di esse stanno cominciando ad essere un po’ stantie. in altre
parole, nella misura in cui intendeva dire che la Chiesa spesso
attacca ciò che il mondo in un dato momento sostiene, aveva
si oppone
perfettamente ragione. È vero che la Chiesa spesso
alla scena transitoria di questo mondo; ed ella ha esperienza
bastante per sapere quanto transiti rapidamente. Ma per capire
esattamente che cosa c’è in ballo, e necessario assumere una
visuale ben più ampia e considerare la natura definitiva delle
idee in questione; considerare, per così dire, l’idea dell’idea.
Nove,-“volte. su dieci, quelle che chiamiamo nuove idee sono
i suoi
semplicemente vecchi errori. La Chiesa cattolica ha tra
doveri principali quello di mettere in guardia le persone dal
commettere questi vecchi errori; dal commetterli ancora e
ancora in sempiterno, come le persone fanno se sono lasciate
a sé stesse. La verità riguardo all’atteggiamcnto
cattolico verso
l’eresia — o, come direbbe qualcuno, verso la libertà — forse si
può esprimere meglio con la metafora della mappa. La Chiesa
cattolica porta con sé una specie di mappa della mente che
sembra la mappa di un labirinto, ma che in effetti è una guida a
muoversi nel labirinto. È stata costruita da una conoscenza che,
anche a volerla considerare conoscenza umana, assolutamente
non ha pari nell’umanità. Non esiste un altro caso di una singola
17
 istituzione intelligente e continuativa che stia pensando sul
pensare da duemila anni. La. sua esperienza per natura include
quas1 ogni esperienza; in particolare, quasi ogni errore. Il
risultato è una mappa in cui sono segnati chiaramente tutti i
vicoli ciechi e le strade cattive, tutte le vie che si sono mostrate
prive di valore tramite la migliore di tutte le prove: la prova di
coloro che le hanno percorse.
Su questa mappa della mente, gli errori sono segnati come
eccezioni; la maggior parte di essa consiste di campi da gioco e
di g1010s1 terreni di caccia, dove la mente può godere di tutta la
libertà che vuole; per non dir niente degli innumerevoli campi
dl battaglia intellettuale in cui la battaglia è illimitatamente
aperta e non risolta. Ma essa si prende decisamente la
responsabilità di segnalare che certe strade non portano da
nessuna parte o portano alla distruzione, a un muro compatto o
a uno strapiombo. Con questi mezzi, essa impedisce agli uomini
dl sprecare il loro tempo o di perdere la vita su sentieri che
sono stati trovati inutili o disastrosi più e più volte nel passato,
ma che potrebbero altrimenti intrappolare i viaggiatori ancora
e ancora nel futuro. La Chiesa si prende la responsabilità di
avwsare la sua gente contro queste cose; e qui sta il nocciolo
della questione. Ella difende dogmaticamente l’umanità dai
su… peggiori nemici, quegli smorti e orrendi e famelici mostri
che sono i vecchi errori. Ora tutti, questi falsi problemi hanno
un loro modo di sembrare freschi, specie a una generazione
giovane. La loro prima dichiarazione sembra sempre innocua
e credibile. Ne darò solo due esempi. Pare innocuo dire come
molti moderni hanno detto: “Le azioni sono sbagliate solo
_;quando danneggiano la società”. Seguitela fino in fondo e
presto o tardi troverete la disumanità di un alveare o di una
'
c1tta\ pagana, che istituisce la schiavitù come il meno costoso
e piu sicuro mezzo di produzione, che tortura gli schiavi per
.
‘
ottenerne prove perché l’individuo non è niente e lo Stato è
tutto, che dichiara che un uomo innocente deve morire per il
popolo, come fecero gli assassini di Cristo. Poi, forse, tornerete
alle definizioni cattoliche e troverete che la Chiesa, mentre dice
18
anch’essa che è nostro dovere operare per la società, dice anche
altre cose che impediscono l’ingiustizia individuale. Ancora:
suona molto pio dire “Il nostro conflitto morale dovrebbe
concludersi con la vittoria dello spirituale sul materiale”.
Seguitela fino in fondo e potreste piombare nella follia dei
manichei, che dice che un suicidio è una buona cosa perché è
un sacrificio, che una perversione sessuale è una buona cosa
perché non produce vita, che è stato il diavolo a fare il sole e
la luna visto che sono materiali. Allora potreste cominciare a
capire perché il cattolicesimo insiste a dire che ci sono spiriti
cattivi così come spiriti buoni; e che anche le cose materiali
nella Messa,
possono essere sacre, come nell’1ncarnazione ()
nel sacramento del matrimonio o nella resurrezione dei corpi.
Ebbene, non esiste al mondo un’altra mente collettiva che
stia in tal modo di sentinella per evitare che le menti errino. Il
poliziotto arriva troppo tardi, quando prova a impedire che gli
uomini errino. Il medico arriva troppo tardi, perché arriva solo
sul
per rinchiudere il pazzo, mai per consigliare un uomo sano
come non impazzire. E tutte le altre sette e scuole sono inadatte
allo scopo. Questo non accade perché ciascuna di esse non
di esse
possa contenere una verità, ma proprio perché ciascuna
contiene una verità; e di contenere una verità si accontenta.
Nessuna delle altre ha davvero la pretesa di contenere la
verità. Nessuna delle altre, cioè, ha davvero la pretesa di
stare all’erta verso tutte le direzioni nello stesso momento.
La Chiesa non è semplicemente in armi contro le eresie del
passato o anche del presente, ma lo è altrettanto contro quelle
del futuro, che potrebbe essere l’esatto contrario del presente.
Il cattolicesimo non è ritualismo; in futuro potrebbe trovarsi a
combattere qualche sorta di superstizioso e idolatrico eccesso
nel rituale. Il cattolicesimo non è ascetismo; in passato ha più
e più volte represso fanatici e crudeli eccessi di ascetismo.
Il
cattolicesimo non è puro e semplice misticismo; anche adesso
difende la ragione umana contro il puro e semplice misticismo
dei pragmatisti. Così, quando il mondo diventò puritano nel
diciassettesimo secolo, la Chiesa fu accusata di stiracchiare la
19
carità fino alla sofisticheria, rendendo tutto facile con il lassismo
del confessionale. Adesso che il mondo non sta diventando
puritano ma pagano, e la Chiesa che dovunque protesta contro
il lassismo pagano negli abiti o nelle maniere. Sta facendo ciò
che i puritani volevano fosse fatto ma lo fa nel momento in cui
ce n’è bisogno. Con ogni probabilità tutto quel che c’è di meglio
nel protestantesimo soprawivrà soltanto nel cattolicesimo; e
in tal senso tutti i cattolici continueranno ad essere puritani
quando tutti i puritani saranno ormai pagani.
Così, per esempio, il cattolicesimo resta fuori da dispute
come quella di Dayton sul darwinismo; e il motivo è poco
compreso. Resta fuori perché sta tutt’intorno, come una casa
sta tutt’intorno a due bizzarri pezzi di mobilia. Non è un
vanto settario dire che essa è prima e dopo e oltre queste cose
in ogni direzione. La Chiesa è imparziale nella contesa tra i
fondamentalisti e la teoria dell’origine delle specie, perché va
all’indietro fino a un’origine che sta più in là di quell’origine
lì; perché e più fondamentale del fondamentalismo. Ella sa da
dove viene la Bibbia. Sa anche dove va a finire la maggior parte
delle teorie sull’evoluzione. Sa che ci furono molti altri vangeli
accanto ai quattro vangeli e che gli altri furono eliminati
soltanto dall’autorità della Chiesa cattolica. Sa che ci sono
molte altre teorie sull’evoluzione accanto alla teoria di Darwin;
e che quest’ultima sarà molto probabilmente eliminata dalla
scienza posteriore. Ella non accetta, secondo la frase usuale,
le conclusioni della scienza, per la semplice ragione che la
scienza non ha concluso. Concludere significa chiudere; e
l’uomo di scienza non è proprio uno che chiude. Ella non
crede, secondo la frase usuale, a quel che dice la Bibbia, per
la semplice ragione che la Bibbia non dice niente. Non potete
mettere un libro sul banco dei testimoni e chiedergli che cosa
davvero intenda. La stessa controversia fondamentalista
distrugge il fondamentalismo. La Bibbia di per sé non può
essere una base di accordo quando è motivo di disaccordo;
non può essere il terreno comune dei cristiani quando alcuni la
prendono in senso allegorico e altri la prendono alla lettera. Il
cattolico fa riferimento a qualcosa che può dire qualcosa, alla
20
mente vivente, coerente e continuativa di cui abbiamo parlato;
la mente superiore dell’uomo guidato da Dio.
Ogni momento che passa accresce la nostra necessità morale
di una tale mente immortale. Dobbiamo avere qualcosa che
tenga fermi i quattro angoli del mondo mentre facciamo i
nostri esperimenti sociali o costruiamo le nostre Utopie. Per
esempio, dobbiamo avere un accordo finale, foss’anche solo
sul truismo della fratellanza umana, che resista alle reazioni
dell’umana brutalità. Niente è più probabile, ora come ora,
del fatto che la corruzione del governo rappresentativo porti
i ricchi a perdere ogni freno e a calpestare tutte le tradizioni
di uguaglianza con orgoglio puramente pagano. Dobbiamo
avere i truismi che ovunque sono riconosciuti come veri.
Dobbiamo prevenire la mera reazione e la tetra ripetizione
di vecchi errori. Dobbiamo rendere il mondo un luogo sicuro
per la democrazia. Ma nelle condizioni di moderna anarchia
mentale, né quello né alcun altro ideale è al sicuro. Proprio
come i protestanti si appellarono alla Bibbia contro i preti, e
non si resero conto che anche la Bibbia poteva esser messa
in discussione, cosi i repubblicani si appellarono al popolo
contro i re, e non si resero conto che anche il popolo può essere
sfidato. Non c’è fine al dissolvimento delle idee, alla distruzione
di ogni modo di provare la verità, che è diventata possibile da
quando gli uomini abbandonarono il tentativo di mantenere
una verità centrale e eivilizzata, che contenesse tutte le verità
e rintracciasse e ripudiasse tutti gli errori. Da allora, ogni
gruppo ha preso una singola verità alla volta e ha passato
il
tempo a farla diventare una falsità. Non abbiamo avuto altro
che movimenti; in altre parole, monomanie. La Chiesa invece
non è un movimento ma un punto d’incontro; il luogo in cui si
danno appuntamento tutte le verità del mondo.
1) Questo brano fu pubblicato in una raccolta del 1926 intitolata
Twelve Modern Apostles and Their Creeds, in cui dodici autori
esponevano il motivo della loro appartenenza a un certo credo
occidentale (perlopiù cristiano); ognuno aveva un certo numero di
pagine a disposizione, come è consueto in questo genere di raccolte.
7]
 STORIA CONTRO STORICI
History Versus the Historians
Lunacy and Letters, 1911
Nella mia ardente e innocente giovinezza avevo una fantasia
fissa. Ero convinto che ai bambini a scuola si dovesse insegnare
la storia, e che non si dovesse insegnar loro nient’altro. La
storia dell’umana società è la sola intelaiatura fondamentale,
all’infuori della religione, in cui ogni cosa può sistemarsi al suo
posto. Un ragazzino può non vedere l’importanza del latino
semplicemente imparando il latino. Ma potrebbe vederla
imparando la storia dei Latini. Nessuno in assoluto può
vedere alcun senso nello studiare la geografia o nell’imparare
l’aritmetica; entrambi gli studi sono evidentemente insensati.
Ma nell’ansiosa vigilia di Austerlitz, dove Napoleone stava
affrontando forze superiori in un paese straniero, si potrebbe
vedere come fosse necessario per Napoleone conoscere un po’ di
geografia e un poco di aritmetica. Avevo l’idea che se le persone
avessero imparato soltanto la storia, avrebbero imparato ogni
altra cosa. L’algebra potrebbe sembrare repellente, tuttavia il
suo stesso nome è legato a una cosa tanto romantica come le
crociate, perché la parola viene dai saraceni. Il greco potrebbe
essere repellente finché uno non conosce i Greci, ma dopo
senz’altro no. La storia è semplicemente l’umanità. E la storia
umanizzerà tutti gli studi, perfino l’antropologia.
Dai tempi di quell’età d’innocenza ho tuttavia compreso che c’è
una difficoltà in questo insegnamento della storia. E la difficoltà
è che non c’è storia da insegnare. Questo non è minimamente
cinismo: è uno schietto e inevitabile prodotto dei molti punti
di vista e della forte separazione mentale della nostra società,
perché nella nostra epoca ogni uomo ha un cosmo solo suo, ed
è perciò orribilmente solo. Non c’è la storia; ci sono soltanto
gli storici. Raccontare le cose con semplicità adesso è molto
più difficile che raccontarle slealmente. È innaturale lasciare
22
i fatti come sono; è istintivo distorcerli. Le parole stesse che
si trovano nelle cronache “pagano”, “puritano”, “cattolico”,
—
“repubblicano”, “imperialista” sono parole che ci fanno
—
balzare dalle poltrone.
Nessun valido storico moderno è imparziale. Tutti gli storici
moderni sono divisi in due classi: quelli che raccontano metà
della verità, come Macaulay e Fronde, e quelli che della verità
non raccontano niente, come Hallam e gli Imparziali. Lo storico
arrabbiato vede un lato della questione. Lo storico sereno non
vede proprio niente, nemmeno la questione. Ma c’è un altro
atteggiamento possibile verso i resoconti del passato e io non
sono mai riuscito a capire perché non sia stato adottato più
spesso. Per metterla nella forma più breve, la mia proposta
è questa: leggere non gli storici ma la storia. Leggiamo i testi
dell’epoca. Per un anno, o un mese, o due settimane, ritiutiamo
di leggere qualunque cosa riguardo a Oliver Cromwell
tranne ciò che fu scritto mentre era in vita. C’è materiale in
abbondanza; pescando nella memoria (che è tutto ciò su cui
posso basarmi nel posto in cui mi trovo a scrivere) potrei citare
senza fatica molti lunghi e famosi sforzi letterari che coprono
quel periodo. La Storia di Clarendon, il Diario di Evelyn, la
Vita del colonnello Hutchinson. Soprattutto leggiamo le lettere
e i discorsi di Cromwell stesso, come li ha pubblicati Carlyle.
Ma prima di leggerli incolliamo con cura pezzi di carta da
bollo su ogni frase scritta da Carlyle. Copriamo in ogni scritto
autobiografico ogni nota critica e ogni paragrafo moderno. Per
un po’ smettiamo completamente di leggere ciò che uomini vivi
scrivono di argomenti defunti. Leggiamo solo ciò che uomini
defunti scrissero di argomenti allora vivi.
Sono capitato per caso su un esempio eclatante di quel che
intendo. La gran parte delle moderne nozioni riguardo al
primo e migliore Medioevo sono tratte o dagli storici o dai
romanzi. I romanzi sono di gran lunga i più affidabili dei due.
il romanziere ha dovuto perlomeno provare a descrivere degli
esseri umani; cosa che lo storico spesso non tenta. Ma parlando
in generale, è in primo luogo ai romanzi e poi agli storici che noi
23“
dobbiamo le nostre impressioni di quell’epoca. La comune idea
dell’inglese moderno circa il Medioevo è una stratificazione di
molte opinioni moderne che si possono riassumere così:
1. la Vecchia Idea Romantica, coi suoi cavalieri erranti e
principesse prigioniere. Secondo questa, i Secoli Bui furono
non tanto bui quanto piuttosto illuminati soltanto dalla luna.
Questa idea era fittizia ma non falsa; perché siccome amore
e avventura esistono in ogni epoca, sono esistiti anche nel
Medioevo.
2. la Meschina Idea di Manchester, in cui Dickens annaspava
nella sua felice ignoranza, la quale consentiva al mercante
compiaciuto di dire con un sogghigno che era molto romantico
per un ebreo avere strappati tutti i denti; e perfino di insinuare
che gli eroi feudali stavano bene attenti a chiudersi in acciaio
e ferro prima di andare in battaglia. A questo, una risposta
ovvia era di chiedere al mercante se il cavaliere era sempre
ingloriosamente salvo nella sua armatura e se perfino il suo
armaiolo non fosse un uomo più coraggioso del mercante
che nella moderna Birmingham vive costruendo strumenti di
morte.
3. l’Idea Rossetti che l’epoca fosse piena di tenere trasparenze
e di sacri profumi; a questo si può raccomandare come rimedio
estremo una buona dose del Mugnaio di Chaucer.
4. l’Idea Condiscendente; come quando Macaulay disse dei
pellegrini con la massima solennità che, in un’epoca in cui
gli uomini erano troppo ignoranti per viaggiare per curiosità
“0 desiderio di guadagno”, meno male che viaggiavano
per superstizione. Mi ha sempre divertito quest’idea che
il viaggiatore estatico e il viaggiatore eroico fossero
pure e
semplici anticipazioni e profezie del viaggiatore commerciale.
Il pellegrino baciava la Terra di Cristo e il crociato cadeva con
quaranta ferite ad Ascalona per poter stendere nel deserto una
comoda via maestra per il commesso viaggiatore.
Ora, Dickens e Rossetti erano grandissimi uomini e, benché
nessuno dei due abbia mai saputo granché del Medioevo, le
loro idee su quel tempo sono certamente interessanti. Ma c’è
24
un’altra umile classe di uomini a cui si potrebbe consentire
di raccontarci del Medioevo. Mi riferisco agli uomini che
vissero nel Medioevo. Esistono scritti autobiografici medievali,
che sono divertenti quasi quanto Pepys e molto più sinceri.
In Inghilterra sono quasi del tutto ignoti. Ma sono molto
contento di scoprire che le Cronache di Joinville e le Cronache
di Villehardouin sono state tradotte in ottimo inglese. Apra
chicchessia la sconnessa storia di Joinville e troverà che il
Medioevo di Macaulay e Rossetti e Dickens e della signorina
Jane Porter gli cadono di dosso come un pesante mantello.
Si troverà tra uomini umani e sensati tanto quanto lui, un
po’ più coraggiosi e molto più convinti dei loro principii
primi. Joinville si rivela con altrettanta innocenza che Pepys;
e si rivela un individuo assai più simpatico. Il lettore troverà
impossibile non rispettare l’uomo; la sua greve pnntigliosità
riguardo alla verità, quando spiega quale parte di una scena ha
visto di persona e quale ha sentito raccontata; la sua pronta e
istintiva sincerità, come quando san Luigi gli chiese “È meglio
essere un lebbroso () commettere un peccato nmrtale?” e lui
rispose “Preferirei conm10ttcre cinquanta peccati mortali”;
la sua continua e generosa lode degli altri in battaglia; i suoi
radicati affetti e il semplice orgoglio dell’affetto di altri per
lui; la sua lieve suscettibilità riguardo alla sua dignità di
gentiluomo, che san Luigi gli rimproverava, ma che e, precisa
al millimetro, la suscettibilità del colonnello Newcome. Sopra
ogni cosa dobbiamo ringraziarlo per il suo quadro del grande
re in cui il leone giaceva con l’agnello. [ dardi del giudizio di
san Luigi volano attraverso i secoli e penetrano ogni armatura.
Avevo progettato di raccontare alcuni episodi presi da questi
libri ma devo perlomeno rimandare. Suonercbbero tutti
la stessa musica, la musica su cui marciavano i pellegrini di
Chaueer mentre il Mugnaio li accompagnava con la cornamusa
fuori dalla città. Se il diciottesimo secolo fu l’Età della Ragione,
il tredicesimo fu l’Età del Buonsenso. Quando san Luigi diceva
che l’abito lussuoso era in effetti peccaminoso, ma che gli uomini
dovevano vestirsi bene “perché le loro spose potessero amarli
25
più facilmente”, possiamo percepire un’epoca che parla di fatti, NATALE E DISARMO
non di capricci. C’era abbondanza di romanzo, in verità; non
solo vediamo san Luigi che dà giudizi pieni di umorismo sotto Christmas and Disarmament
un albero del giardino, vediamo anche san Luigi che balza dalla Illustrated London News, 14 gennaio 1911
sua \nave nel mare con lo scudo al collo e la lancia in mano.
Pero non è un romanzo di oscurità né un romanzo di chiaro di
luna, ma un romanzo del sole a mezzogiorno. Non riesco mai a capire com’è che quando i giornali nominano
il Natale e i suoi insegnamenti cominciano subito a parlare del
disarmo internazionale. È senz’altro un ideale del Natale che
cessino le guerre ingiuste, ma anche e altrettanto che cessino
i
governi ingiusti, i commerci ingiusti, i processi ingiusti o
qualunque altro dei modi innumerevoli con cui gli uomini
torturano e tradiscono la loro razza. La consueta e popolare
traduzione del canto degli angeli è “Pace sulla terra, buona
volontà tra gli uomini”. A parte l’accuratezza, forse vale la pena
sottolineare che le due cose sono molto diverse. La pace sulla
terra potrebbe anche indicare un panico immoto,
il giacere

mostrati dinnanzi a un tiranno universale. Pace sulla terra

potrebbe significare che ogni uomo odia il suo vicino ma lo teme
\… pelino in più di quanto lo odia. “Fanno una
desolazione ela
il
chiamano pace”.1 Così diceva il vecchio satirista romano; ma
silenzio di cui parlava era perlomeno un silenzio di tomba.
Ma se noi facessimo un silenzio di vivi, un silenzio di milioni
«li schiavi muti... e lo chiamassimo pace?

Questo ovviamente mi porta al caso del signor Carnegie.

Ilo sopportato, meglio che ho potuto, i milionari dei miei
tempi quando dichiararono guerra, una guerra improwisa e
sensazionale, come chiunque riconosceva; una guerra meschina
v immorale, come io credevo. Mi sono abituato
ai milionari che
mi
impongono la guerra. Ma se cominciano a imporre la pace
ribullo senz’altro.
Il signor Carnegie dovrebbe saper bene quanto chiunque altro
t'h(‘ bizzarri litigi possono nascere in questa nostra famiglia
umana. Il signor Carnegie, a voler esser buoni, non proprio
è
llll lipo natalizio. Se venisse giù per il camino (portando una
biblioteca gratuita) difficilmente consolerebbe i bambini per
27
26
 l’assenza di Babbo Natale che porta il sacco di giocattoli. Riesco
a stento a immaginare una qualunque personalità, vera o di
finzione, che sarebbe meno adatta al Natale di questo milionario
meccanico, con la testa di metallo e le teorie a orologeria; un
freddo intreccio dello yankee e dello scozzese. Ein rappresenta
il macchinario, e come la maggior parte dei macchinari ogni
tanto sballa.
Uno sbaglio vitale è compiuto in questa questione dal signor
Carnegie e dai suoi simili. Essi ripetono continuamente, e
sembrano pensarlo davvero, che le guerre nascono dall’odio.
Potrebbero esserci state guerre che nacquero dall’odio, ma in
questo momento non riesco a ricordarne neanche una.
In questa come in molte altre faccende il racconto più veritiero
che esista è l’Iliade o Assedio di Troia. Le guerre non cominciano
mai per l’odio; esse nascono o dall’onorevole affetto che un
uomo prova per ciò che è suo; oppure dal nero e furtivo affetto
che prova per ciò che è di un altro. Ma è sempre affetto; non è
mai odio. I greci e i troiani non si odiavano per niente; a stento
si trova una scintilla di odio nell’intera Iliade, se non quella
grande fiammata che deriva dall’amore dell’eroe per Patroclo. I
due eserciti stanno cospargendo la piana di cadaveri e tingendo
il mare stesso col sangue
per amore e non per awersione.
Tutto nasce perché Paride ha concepito un affetto cattivo per
Elena, mentre Menelao non sa smettere di amarla. In altre
parole, entrambe le schiere stanno combattendo, non perché
combattere non sia ripugnante ma perché hanno qualcosa di
bello per cui combattere.
Si troverà che questo è il sentimento di ogni vero soldato
dow1nque. “Mai mi recarono offesa i remoti troiani”.2 Un vero
soldato non combatte perché ha davanti a sé qualcosa che odia.
Combatte perché ha dietro di sé qualcosa che ama. Tolstoj e altri
sostenitori di un’abietta sottomissione hanno spesso avanzato
questo fatto della non—esistenza dell’odio come argomento per
la non-esistenza della guerra. Il contadinello francese (dice
Tolstoj) non odia veramente lo studentello tedesco; perché
dunque dovrebbero combattersi? La risposta romba come
28
il più alto e sdegnoso tuono dell’anima umana. Combattono
perché amano, non perché odiano; il francese colpisce perche
la Francia è bella, non perché s’imbatte in un brutto tedesco.
Il tedesco colpisce perché la Germania deve essere amata, non
perché la Francia non possa essere amata. E finché [sostenitori
della pace non avranno compreso e accettato questa radice
affettiva dell’energia militare, tutte le loro parole saranno
polvere nel vento. Un uomo ama un certo albero e venti
uomini propongono di abbattere proprio quell’albero. Egli puo
uccidere i venti uomini, cosa che può essere davvero tragica;
ma non odia i venti uomini; ama l’albero. Se uno può amare
un albero, può anche amare una foresta; se può amare una
foresta, può amare una valle; se una valle, un intero paese ()
l’intero carattere di una civiltà. Uno può amare a buon diritto,
come Menelao; oppure a torto, come Paride. Ma e sempre
desiderio e non ripugnanza. Quali che fossero gli affetti buoni
o i volgari appetiti che ispirarono la guerra boera, essa non tu
ispirata da basilare avversione o disgusto. Non pensqclie ci
sia stato un solo vero caso di britanni e boeri che si odiavano
l’un l’altro in tutta la faccenda. E chi propaganda la pace deve
seriamente affrontare la questione di questi attaccmnenti
particolari. Togliamo dalla discussione tutti gli affetti
brutti, tutti gli amori cattivi che pi‘incipaln'iente producono i
conflitti dell’umanità. Supponiamo di parlare soltanto degli
altaccamenti cavallereschi () domestici che costituiscono tanta
parte dell’esile dignità dell’uomo. E ancora al propagandista di
pace resterà la domanda a cui rispondere. Intende che soldato
il
britannico non dovrebbe amare i propri colori? Intende che il
contadino boero non dovrebbe amare la sua fattoria?
Sembra infatti esserci tra scrittori e pensatori una strana
dimenticanza dei sentimenti effettivi della massa degli uomini
in queste faccende. Essi non comprendono quanto siano
convinti e virili gli amori degli uomini. Ho visto l’altro giorno
nel Nation un articolo intitolato “The Grey Novel” e dedicato
il lodare (giustissimamente, ne sono certo) un romanzo del
signor Arnold Bennett. Ora non m’interessa il romanz1ere,
29
 LE CAUSE DELLE GUERRE
The Causes of War
Illustrated London News, 28 gennaio 1911
Una cosa sgraziata nel giornalismo (come quello che sto ora
componendo con riluttanza) è che il titolo, ciò che il lettore
legge come prima cosa, è di solito la cosa che lo scrittore
scrive per ultima. In realtà non si può dirlo di questa pagina
col suo titolo fisso; ma nel giornalismo in generale questo
fatto è davvero fonte di errori. Il titolo è considerato come uno
stemma altamente simbolico, quando in realtà è soltanto una
specie di scomposta e torreggiante appendice. E le parole che
vanno bene per la cima di una colonna non sono affatto, come
regola generale, adatte a cominciare una disputa. Ne deriva che
abbiamo una classe di titoli che non sono tanto l’inizio di un
argomento quanto invece la sua un po’ serpentina conclusione.
Scorrendo in fretta un giornale, ieri, ho visto le parole seguenti
a grandi lettere in cima a un paragrafo: “Niente Ossi d’Asino nel
Pane”. Non ho avuto tempo di vedere che cosa significassero.
Ma, per com’è, ho trovato l’affermazione soddisfacente ma
(nella mia semplicità) non proprio sorprendente. Non mi ero
mai figurato il pericolo che era lì dissipato e placato. Se mai
avessi il compito (per qualche concatenazione di avventure che
ho difficoltà ad immaginare) di dissotterrare lo scheletro di un
asino, non mi verrebbe mai in mente di andarlo a cercare in
un’infornata di pagnotte da un penny. I miei geniali avversari
senza dubbio replicheranno che ogni volta che mangio del pane
lo inserisco nell’osso mandibolare di un somaro; ma il mio osso
mandibolare sarebbe sorpreso e perfino ferito se incontrasse
una qualunque altra parte di un animale affine. Ora, non ho
nessun dubbio che questo titolo (per me) incomprensibile fosse
seguito da un comprensibilissimo, e forse lucido ed eloquente,
paragrafo. Il paragrafo senza dubbio spiegava innanzitutto
perché la gente pensasse che ci fossero ossi d’asino nel pane,
32
prima di procedere a dare la grande lieta notizia che non ce
n’erano. Ma l’esempio mostra in maniera assai tipica come
nel giornalismo la prima frase sia in realtà l’ultima e tutti i
paragrafi sono stampati in senso inverso.
Ho avuto parecchie seccature con alcuni corrispondenti
perché una o due settimane fa ho tentato di far notare che,
quando si tratta di guerra e pace, noi abbiamo quest’abitudine
di cominciare dall’inizio del paragrafo e non dall’inizio della
questione. Vale a dire, cominciamo con una frase e non con un
pensiero; parliamo di “Propaganda per la Pace” () di “l*‘ebbre
di Guerra” e non vediamo che tutte queste frasi giornalistiche
sono prodotti tardivi del vero conflitto di filosofie, che va avanti
da migliaia di anni. Parlare in questo modo non e cominciare
dal principio, ma cominciare dalla fine; solo perché la fine si
trova più vicina.
Quel che facevo notare e questo: che attribuire le guerre
all’odio significa accontentarsi di una causa secondaria anziché
di una causa principale. Senza dubbio, se un esercito britannico
marciasse attraverso Berlino, un tedesco avrebbe una certa
tendenza a odiarmi; e sono sicurissimo che, se fosse issata una
bandiera tedesca sulla colonna di Nelson, io avrei una decisa
inclinazione a odiare i tedeschi. Ma è l’odio ad essere generato
dalla collisione; non è l’odio a generarla. L’amore la genera: un
qualche tipo di affetto o desiderio, buono o cattivo, meschino ()
nobile. Ho spiegato in maniera particolare che le guerre sono
sempre state prodotte da appetiti concreti, che sono molto più
abietti della pura e semplice ostilità; dall’avidità di denaro,
o da quell’estrema caratteristica del codardo che è la sete di
potere sugli altri. Dico solo che la guerra comincia in questi
desideri affermativi, buoni o cattivi. Tra due tribù scoppia una
guerra quando una tribù scopre l’oro in una montagna che
l‘altra tribù venera come luogo sacro. Il secondo affetto e alto
quanto il cielo; il primo affetto è piatto come l’inferno. Ma sono
entrambi affetti; non sono repulsioni o disgusti naturali. Gli
eroi stanno al di sopra dell’odio, i finanzieri al di sotto.
Qualche volta, anche se non molto spesso, perché il rischio
33
di grandi guerre è troppo elevato, entra in gioco un altro
affetto concreto: l’affetto per il combattimento in sé. E anche
questo non ha niente ha che fare col semplice odio; ma è così
dimenticato nelle nostre città ristagnanti che quando compare
non si riesce a comprenderlo. Ho visto in un settimanale assai
ben scritto un articolo sugli scontri armati nell’East End,1
intitolato “Il Fascino dell’0rrore”. Spiegava la presenza di
grandi folle in un quartiere affollato, dove degli uomini stavano
rischiando la vita da un lato e dall’altro, con una qualche curiosa
teoria psicologica che esista un’attrazione per ciò che è brutto
e sordido. La semplice risposta mi sembra sia questa: un uomo
che da solo ne combatte cento, foss’anche un furfante, non
è brutto e sordido. Non si trattava di fascino per l’orrore; se
pure qualcuno capisce che cosa sia. Era quel fascino della lotta
che ogni uomo comprende se non ha la schiena spezzata dalla
schiavitù. Questo effettivo piacere nel vedere sfida e audacia,
sono disposto ad aggiungerlo alla lista dei piaceri effettivi che
possono provocare la guerra. Ma questo da solo la provoca
molto di rado, come dicevo, perché in definitiva è una specie di
scherzo eroico; e la guerra moderna non è né uno scherzo né, di
regola, particolarmente eroica. Parlando in generale, le guerre
non succedono nel mondo moderno se non per fortissimi
desideri illegittimi e fortissimi legittimi affetti.
Ora, quel che volevo fosse chiaro per l’ammirevole
propagandista di pace è questo: che siccome questi conflitti
sorgono da desideri reali, buoni o cattivi, ci sono soltanto due
vie per poterli sopraffare in maniera permanente. Una prevede
che le persone non abbiano questi attaccamenti particolari a
un’isola o a una valle, a un’usanza 0 a un credo. L’altra prevede
che essi li abbiano, ma che abbiano anche qualche altro
attaccamento vivissimo e quasi concreto che possa includere e
controllare gli altri, come la venerazione di un dio particolare, o
la crociata contro un nemico comune, o il riconoscimento di un
comune codice di coscienza. Io dico al propagandista di pace:
‘
“O un irlandese non deve amare l’Irlanda o tu devi trovare
qualcosa che egli possa amare più dell’Irlanda. Ti osserverò
34
con interesse mentre ci provi”. Ma di sicuro è completamente
inutile parlare di pace e della mera assenza di odio. È inutile far
incontrare redattori tedeschi con redattori inglesi e chiedere
loro di non odiarsi a vicenda. Loro non si odiano a vicenda. La
vita di un redattore di giornale lascia poco spazio a emozioni
tanto potenti. Ma in un qualche modo nebuloso il redattore
inglese ama davvero l’Inghilterra; e nel suo stile ammiccante il
redattore tedesco ama la Germania. Nessuno dei due sa in quale
momento tutto ciò che più apprezza potrà essere minacciato
da qualcosa che non comprende minimamente. Il solo e. unico
rimedio consiste nel togliere gli affetti; fare in modo che l’inglese
non apprezzi più le colazioni robuste, le strade vagabonde,
i villaggi irregolari, la libertà personale; che il tedesco non
apprezzi più i lunghi pasti impegnativi, i lunghi bicchieri di
birra leggera, le complicate cerimonie di compleanno e l’usanza
di sedere immobili con il volto raggiante. L’altro metodo e che
ci sia un’altra cosa che essi ritengano ancor più sacra di queste.
Un terzo metodo non lo riesco a vedere.
Ho scritto questo articolo per rispondere agli innumerevoli
corrispondenti che sembrano immaginare che io goda dei
massacri umani e che beva sangue caldo. Desidero sottolineare
che, ben lungi dall’oppormi alla pace, mi sono preso la pena di
escogitare i soli due modi possibili per arrivarci. Uno consiste
nel rimedio buddista dell’eliminazione di tutti i desideri.
L’altro, io penso, consiste nel rimedio cristiano di una comune
religione.
1) Probabilmente si riferisce ai fatti avvenuti in Sidney Street il
3 gennaio 1911, quando due criminali asserragliati in un palazzo
resistettero per sei ore all’assedio di 200 poliziotti e soldati (l’episodio
è ricordato come the Siege of Sidney Street, l’assedio a Sidney Street).
35
 MODO GIUSTO DI
IL
DENUNCIAR LE COSE
The Right Way to Denounce Things
Illustrated London News, 29 giugno 1912
Il mondo moderno non porta il cuore sulla manica,1 ma
piuttosto su per la manica, come le carte di un baro o il fazzoletto
di un membro della Guardia. Per una varietà di motivi, non
da ultimo a causa della grande molteplicità ed eterogeneità dei
suoi frutti, esso si mantiene assai misterioso circa le sue nozioni
vitali di bene e male. I suoi comandamenti sono intagliati
come geroglifici molto ingarbugliati su nerissime tavolette di
pietra: e uno sta sempre lì a scoprire frasi e osservazioni che lo
inducono a chiedersi se davvero in fondo alla testa della gente ci
sia superstizione o ateismo o feticismo o ironia e disperazione.
Per esempio, un famoso milionario, rivolgendosi l’altro
giorno ad alcuni studenti, ha detto che non riesce a vedere il
divertimento di aspirare fumo in bocca e di soffiarlo di nuovo
fuori; () qualcosa del genere. Dopodiché subito un quotidiano
(un buon quotidiano, anche, con sane simpatie popolari e
nessuna propensione ad adulare miliardari) ha commentato
che il milionario in questione è “troppo idealista”. Ora, che
può mai significare? Che c’entra l’idealismo con la circostanza
che a uno non piaccia il fumo di tabacco? Ci sono un sacco di
cose di cui io “non vedo il divertimento” ma nessuno mi ha
mai attribuito sublimi aspirazioni per il fatto di non vedere il
divertimento. Quando il cameriere a una cena offre “Rognone,
signore?” io rispondo “No, grazie”; perché il rognone non mi
piace. Ma il cameriere non dice, in un bisbiglio profondo:
“Signore, siete troppo buono per questo basso mondo; siete
stato mandato qui come un modello più che come un compagno
nel peccato”. Se un barbiere suggerisce che sarei più felice con
della Mugg’s Marmaline sui capelli, rispondo con fermezza
' intendo quando dico che potrebbe quasi essere l’adorazione di
l
36
che non voglio della Mugg’s Marmaline sui capelli. Eppure
è raro che il barbiere replichi: “Questo, signore, è il modo di
comportarsi dei santi e di quelli che sono vicini agli angeli;
ma per noi della terra e della normale atmosfera, simili cose
devono essere ideali più che cose raggiungibili”. Non vedo il
divertimento della liquirizia, del golf da tavolino, dei rognoni
grigliati, del collezionare francobolli, del biancomangiare,
dell’indossare i guanti o del tenere un valletto. Potrei anche
suggerire, con la massima tenerezza per i sentimenti del
milionario, che non vedo il divertimento di aggiungere zeri su
zeri in un libro mastro quando sei ormai vecchio e non potrai
mai trasformarli in altro che zeri. Ma si tratta di questioni di
gusto e di sicuro non mi e mai venuto in mente che fossero
questioni di idealismo. Non mi sono mai sentito la testa
tra le stelle rifiutando della liquirizia o innalzato alle vette.
dello spirito nel declinare l‘offerta di un biancomangiare. Se
l’eminente finanziere avesse detto che fumare gli piaceva ma
che si era riproposto di farne a meno in memoria della sua
prozia () per rispetto del santuario di sant’llarione di liliopoli
0 semplicemente perché pensava che la sua volontà si stesse
indebolendo pericolosamente, avrei compreso che il suo fosse
definito idealismo di un qualche genere. Ma se non gli piace
fumare, allora evitare di fumare e senmliccmenle un genere
sensatissimo di autogratificazionc. Ho di gran lunga troppa
tolleranza per gli svariati piaceri dell’umanità per obiettare se
il milionario gradisce un po’ di non-fumo () il piacere di non
prendersi un sigaro.
Qual è, però, il vero motivo della strana distinzione che qui si
avverte tra il tabacco e la liquirizia? Siccome sarebbe contrario
ai principii stessi di un’epoca di cultura e progresso supporre
per un momento che, se uno è un milionario, ciò possa far
qualche differenza nella capacità di giudizio degli altri uomini,
posso solo supporre che la sottigliezza o particolarità della
cosa si trovi non nell’uomo ma nella sostanza. E sono davvero
propenso a ritenere che ci sia della verità in questo. Ecco ciò che
37
 un feticcio. Sembra quasi che ci sia un materialismo mistico
nella mente degli uomini, una venerazione o un’avversione
per le nude sostanze: come se il fumo fosse un incenso
abominevole che implicasse idolatria; o come se il tabacco
fosse un corpo troppo sacro per essere bruciato. Alla stessa
maniera, naturalmente, trattano molti altri tabù dello stesso
tipo. Alla stessa maniera, tramite qualche misteriosa intuizione,
considerano le palle da biliardo pericolose quanto palle da
cannone, ma le palle da croquet innocue come polpette. Ci
sono, effettivamente, obiezioni razionalistiche al tabacco
ma, come gli argomenti razionalistici in favore dell’astinenza
totale dalle bevande alcoliche e del sabbatismo, in ultima
analisi appariranno come puri e semplici pretesti. È vero che
il tabacco, benché non sia inebriante, è per qualche verso una
droga: ma lo è anche il tè; e queste persone non avvertono la
stessa atmosfera malvagia intorno al tè. È vero che il tabacco,
preso totalmente a sproposito, ti guasta l’appetito: ma è così
anche per i dolci; e queste persone non avvertono l’atmosfera
malvagia intorno ai dolci. È vero che è un lusso, solo un’acuta
e fuggevole stimolazione dei sensi: ma tali sono anche il pepe
e la mostarda e un centinaio di altri irreprensibili doni della
brava massaia. E vero che finisce in fumo; ma così finiscono
tutti i poteri e i piaceri del mondo. È vero che finisce in cenere;
ma pure noi. Forse, dopotutto, questa è una parte del mistero
del milionario; e a coloro che si sono costruiti salde roccheforti
e cumuli d’oro sulla terra è richiamato alla mente, da questo
piccolo piacere lieve e rapido nel consumarsi, che il corpo
dell’uomo crolla come cenere e che la sua anima sale in alto
come un vapore. Ma non penso che sia questo il sentimento;
su come dicevo, non riesco a immaginare quale dawero sia il
sentimento.
Ma c’è un modo di guardare la cosa che fa un po’ più di giustizia
ai fanatici. Penso che il predominio dei puritani sia male perla-
……” …,… ,..-......
,
.«m—QEÉ—ìlllìi mo to peggio perla morìhta che per Il piacere o per
. \ ..…...…… …...-..….…
l’arte. Ma penso che ci sia un senso in cui si sono guadagnati
Il loro predominio. Hanno guadagnato il loro predominio
38
“
perché masse intere della nostra strana società, masse che
resterebbero di sale se le chiamaste puritane,, ancora adorano
segretamente gli dèi che i puritani adorano apertamente alla
mattina e al mezzogiorno. Evidentemente c’è una quantità
di persone come il giornalista che riteneva il signor Carnegie
“troppo idealistico”, le quali credono davvero in cuor loro che
il tabacco profani l’ideale della vita, ma che approfittano della
scusa di non professare nessuna virtù eroica. Ora, quando
le persone si giustificano in tal modo, il successo va lì dove
generalmente va in un conflitto tra l’eroico e il pusillanime,
tra la fede e la debolezza di mente. Personalmente, come ho
detto, non riesco a farmi un concetto di quel che uno potrebbe
intendere dicendo che ritiene sbagliato fumare, più di quanto
riesca a farmi un concetto di quel che uno potrebbe intendere
dicendo che ritiene sbagliato starnutire. Ma se qualcuno che lo
ritiene sbagliato rifiuta di farlo, è molto probabile che diventi
(nel vero senso della parola) un sacro terrore per tutte quelle
persone che, anche se lo ritengono sbagliato, continuano a
farlo. Questa religione antifumo è più vile dell’adorazione della
scimmia; ma perfino nell’adorazione della scimmia gli uomini
credono nell’uomo che veramente crede nella scimmia.
'
Questo è l’errore dei cinici quando dicono che gli idealisti
non hanno successo. Gli idealisti, gli idealisti coerenti, hanno
molto più successo di chiunque altro, perché nessun uomo può
trovarsi a suo agio in presenza del suo stesso ideale, che ha
trascurato. Gli uomini stanno sempre ad agitarsi e a farsi un po’
più vicini all’alto seggio su cui siede il fanatico. Quando un uomo
sia stato definito almeno una volta un irrealistico visionario,
è‘praticamente costretto ad essere un successo. Dal momento
che una cosa è stata chiaramente definita impossibile, qualcosa
di sportivo nell’anima umana immediatamente accetta la
scommessa e decide di far succedere la cosa. Venti anni fa la
gente diceva che il socialismo era utopico; che era “contrario
alla natura umana”; che sarebbe andato “molto bene se fossimo
tutti angeli”; e via così. In tutto quel tempo il socialismo stava
facendo passi da gigante; ne aggiungeva al suo club a migliaia,
39
 spediva i suoi profeti nei parlamenti e nei consigli. Ma ora la
gente ha scoperto che il socialismo è inevitabile; e che ci si sta
accumulando intorno ogni giorno di più.
Quando definite qualcuno “troppo idealista” ammettete che
ha trovato la via e alla fine sarete sempre trascinati dietro di
lui. Ecco perché i più meschini fanatici hanno successo in
qualche misura come i più notevoli. Mi scuso con i socialisti
per averli paragonati ai milionari: ma il processo è, in un dato
‘WW
senso, il medesimo. Il giornalista che riteneva il milionario
troppo idealista si farà portar via la pipa dal milionario più
verosimilmente che infilarne un’altra in bocca al milionario.
=
Ora io suggerisco che, si tratti di una stravaganza nobile come il
‘
socialismo o di una stravaganza meschina come l’antitabacco,
noi dovremmo adottare il giusto metodo per denunciarla; il
modo che la indebolisce, non il metodo che la rafforza. Diciamo
chiaramente che il socialismo non è una cosa adatta agli angeli
'
ma semplicemente una cosa inadatta agli uomini; non perché
gli uomini siano al di sotto del socialismo ma perché sono al di
sopra di esso. Perché l’onore, ela signoria su un piccolo luogo, e
la difesa della famiglia, e la sfida razionale ai poteri del mondo,
non sono cose di cui ci vergogniamo; non sono vizi da deboli
ma diritti naturali. E non diciamo di un uomo che disprezza il
tabacco che è troppo idealista, ma che s’innervosisce troppo per
niente. Queste varietà e questi piaceri sono, nella moderazione,
una parte dell’idealismo: un terreno senza siepi non diventa
più simile al paradiso, né un cielo senza nubi diventa più simile
al Cielo.
1) In Inghilterra si usa dire che uno ha il cuore sulla manica, wears his
heart upon his sleeve, per dire che mostra facilmente
le sue emozioni
/
e i suoi sentimenti.
40
IL VERO ARTISTA
On the True Artist, 1926
The Glass Walking—Stick
Si è notato ultimamente che gli artisti che hanno esordito con
metodi artistici interamente nuovi sono ora ritornati a metodi
più realistici, e a ciò che qualcuno chiamerebbe metodi più
ragionevoli. Secondo la pioniera teoria del progresso, di cui
abbiamo tutti sentito parlare così tanto, a quest’ora sarebbero
dovuti sfrecciare ben oltre la vista e dovrebbero star godendosi la
..:
società dei loro pro—pronipoti. Perché si suppone che sia compito
‘;
di questa singolare specie di pioniere perder completamente
.
di vista l’esercito che guida. Naturalmente, l’intera metafora
«
e un pasticcio; la maggior parte di quella moderna teoria del
progresso e un pasticcio di metafore. Un pioniere non guida un
esercito; e semplicemente un uomo che gli cammina davanti
ed è agli ordini del comando generale tanto quanto l’ultimo
uomo che gli cammina dietro. Ma, accettando l’immaginario di
quelli che parlano di un pioniere quando intendono un profeta,
è chiaro che il pioniere qualche volta è costretto a ripiegare
sul corpo principale dell’avanzata. In altre parole, il profeta
qualche volta si stufa della società del bimbo non ancora
nato (che può essere un compagno per niente comunicativo)
e cerca compagni addirittura tra i contemporanei. Non posso
pronunciarmi nel caso dell’arte pittorica, ma nel caso parallelo
della letteratura c’è forse qualcosa da dire circa i modi di
mettere alla prova un simile ritorno alla società e se e quando
sia un ritorno alla ragionevolezza.
La prima verità in ballo è un truismo, ma un truismo che spesso
e così poco compreso come qualunque mistero. È che l’artista è
una persona che comunica qualche cosa. Può comunicarla più o
meno facilmente e rapidamente; può comunicarla a un numero
maggiore o minore di persone. Ma si tratta di comunicazione e
‘
non semplicemente di ciò che la gente chiama espressione.
O meglio, a rigor di termini, a meno che non sia comunicazione
41
non è espressione. So che da qualche tempo c’è l’abitudine
di parlare dell’artista che esprime qualcosa come se questo
significasse soltanto che si libera di qualcosa. Può essere naturale
che l’artista voglia liberarsi della sua arte; specialmente quando
consideriamo come essaè certe volte. Ma la sua parte non è soltanto
di dare se stesso; la sua parte è, lo dico con grande solennità,
di consegnare i beni.1 Questo, come dicevo, è un truismo, ma
uno che è stranamente dimenticato in un bel po’ del trambusto
modaiolo riguardo all’espressione di sé nell’arte. L’artista in fin
dei conti si mostra intelligente nell’essere intelligibile. Non dico
nell’esser facile da capire, ma sicuramente nell’essere capito.
Eppure c’è ancora una gran quantità di chiacchiere riguardo allo
spirito isolato e incomunicabile dell’uomo di genio; riguardo a
come egli ha in sé cose troppo profonde per essere espresse e
troppo sottili per essere soggette alla critica generale. lo dico che
questo è precisamente ciò che non è vero dell’artista. Questo e
precisamente ciò che è vero dell’uomo ordinario che non è un
artista. Questo e precisamente ciò che è vero dell’uomo che è
chiamato filisteo. Lui ha delle sottigliezze nell’anima che non sa
descrivere; lui ha segreti di emozione che non può mai mostrare
in pubblico. È lui che muore con tutta la sua musica dentro.
Ma dovrebbe ovviamente essere lo scopo del musicista morire
con tutta la sua musica fuori da sé; anche se di rado si può
raggiungere questa condizione ideale delle cose.
Il punto è questo, però: che non è sufficiente che il musicista
tiri la sua musica fuori da sé. La sua parte è anche di far entrare
la sua musica dentro a qualcun altro. Dovremmo essere tutti
abbastanza ragionevoli da riconoscere che il qualcun altro
dipenderà in qualche misura dal tipo di musica. Ma se tutto ciò
che lui sa dire è che ha un segreto di potenza e passione sigillate
in sé, che la sua immaginazione è frequentata da visioni di cui il
mondo non sa niente, che egli è consapevole di un punto di vista
che è interamente suo proprio e non è espresso in nient’altro
di comune o comprensibile... allora sta semplicemente dicendo
che non è un artista, ecco tutto.
Dall’altra parte la verità pura e semplice da riconoscere è
questa: esprimere un punto di vista unico, in maniera tale
42
che qualcun altro lo condivida, è una faccenda molto difficile
e delicata. Probabilmente all’artista ci vorrà del tempo, e una
quantità di tentativi, per rendere chiaro ciò che intende dire. E
a me sembra che il momento in cui egli ritorna a uno stile più
normale è, molto spesso, semplicemente il momento in cui egli
è riuscito a renderlo chiaro. Il tempo in cui egli è tumultuoso
e rivoluzionario e indecifrabile e ferocemente originale è il
tempo in cui sta tentando di arrivarci. Il tempo in cui è chiamato
ordinario è il tempo in cui c’è arrivato.
È vero che c’è una specie di parodia cattiva di questo processo
di sviluppo buono. In genere questo accade per ogni sviluppo
buono; diabolus simium Dei.2 A volte succede che un uomo che
aveva in gioventù ideali rivoluzionari li venda in cambio di un
conformismo puramente snobistico. Ma non penso che questo
sia vero degli artisti moderni il cui ritorno a maniere più normali
e stato di recente sottolineato a questo proposito. Il loro lavoro
conserva un carattere individuale, perfino quando diventa
comprensibile tanto quanto individuale. Sto solo facendo
notare che il momento in cui gli artisti diventano intelligibili
«* il momento in cui essi diventano veramente e trionfalmente
individuali. È il tempo in cui l’individuo appare per la prima
volta nel mondo a cui l’arte si interessa: il mondo della ricettività
e dell’apprezzamento. Ogni individuo è individuale; e io
sono di quelli che pensano che ogni individuo è un individuo
interessante. Ma, in ogni caso, c’è un grandissimo mnnero di
individui che sarebbero interessanti se avessero la capacità di
suscitare il nostro interesse. Ma il momento della creazione è il
momento della comunicazione. È quando l’opera è passata da
mente a mente che diventa un’opera d’arte.
|) Qui il verbo to deliver è usato sia nell’espressione deliver himself,
«'In- in realtà vuol dire “liberarsi, salvarsi” (in linea con quanto ha appena
«|«-llo) ma che letteralmente è anche “dare, consegnare se stesso”, sia
'
nell'espressione deliver the goods, che vuol dire “consegnare le merci,
| Iwni (acquistati)”.
I Nabolus simia Dei (non simius) significa “il diavolo è la scimmia
'.* )
«Ii Dio”. L’errore è nell’originale.
43
 IL NASCONDIMENTO
DEI PAESI STRANIERI
The Self—Concealment ofForeign places
Illustrated London News, 10 gennaio 1914
Tutti gli uomini sono interessanti — perfino quelli intelligenti
—
e 10 non so immaginare nessun gruppo umano o dimora in
cui non ci siano da cogliere verità significative.
Il
gruppo artistico è forse il più difficile con cui fare i conti
come Sl deve, perché spesso è un sistema di travestimenti.
‘C’è un tipo di ornamento che è pensato per nascondere
piuttosto che per rivelare, tale che uno sgabello sembra
qualcosa di più e qualcosa di meno che uno sgabello, o un
bollitore qualcosa di più e qualcosa di meno che un bollitore.
Un bel po’ di Arte è dovuta a mancanza d’immaginazione.
\
E spesso perché non riescono a vedere lo sgabello, che le
persone intagliano lo sgabello, o perché non riescono a vedere
1lbrieco che lo smaltano. Perché, dopotutto, la cosa più poetica
riguardo a uno sgabello è che starà dritto in piedi; e la più
bella qualità di un bricco è il fatto che bolle. Esso trasforma
una cosa meravigliosa chiamata acqua fredda in un’altra cosa
meravigliosa chiamata acqua calda: davvero il bricco può esser
detto Sia poeta che sacerdote, perché canta e manda verso l’alto
una nube in. offerta. Ma in ogni caso la parte più immaginosa
dl un compito è il compito in sé; e la decorazione potrebbe
nasconderlo così come sottolinearlo. In una porta non troverete
mai niente di più mistico del fatto che si apra, né di più mistico
in un fuoco del fatto che brucia. Potrebbe spesso accadere, io
penso, che una casa veramente artistica sia il peggiore scenario
possibile per l’infanzia di un grande artista.
Ma per quanto tutte le cose animate, e pure quelle inanimate,
abb1ano un interesse e per quanto dovunque ci sia natura
umana ci sia interesse umano, c’è un’altra distinzione che non è
44
osservata a sufficienza. C’è un altro senso in cui vale davvero la
pena visitare certi paesi e non altri, certe città e non altre, certe
famiglie e non altre. E penso che la distinzione sia questa: che
luoghi e persone variano non tanto per la presenza di interesse
umano ma per la probabilità che siamo capaci di seovarlo. Ho
sempre pensato da ragazzo che la grande obiezione alla scoperta
del Polo Nord fosse che anche quando lo trovi non sei in grado
di vederlo. Le mie fantasie svolazzavano di preferenza intorno
a qualcosa che probabilmente si vedrebbe se ci si arrivasse
vicino; come il Matterhorn. E non penso nemmeno adesso che
la distinzione sia priva di filosofia. Come tutti gli uomini che
sono diventati via via più ortodossi e dottrinali riguardo alla
religione, la mia mente si è allargata da quei giorni; e ho per la
scienza fisica una simpatia che non provavo quando pensavo
che fosse distruttiva e vittoriosa. Ora vedo che il Polo Nord è
davvero interessante. Ma continuo a pensare che il suo solo
interesse, che è un interesse matematico e astronomico, si
possa godere altrettanto bene senza vedere Polo, addirittura
il
senza scoprirlo. C’è un fascino intellettuale nel punto che non
e né Est né Ovest, un fascino che è ammaliante quasi quanto il
castello della fiaba che era a est del sole e ad ovest della luna.
C’è in quel singolo puntieino che è privo di moto nel moto
universale un’importanza mentale carica di allegoria religiosa.
Ma tutti gli interessi di questo tipo uno li può soddisfare
altrettanto bene usando un mappamondo in un’aula scolastica
che facendo vela con l’ammiraglio Peary. Ma non e vero che
lutto l’interesse e tutta la poesia del Matterhorn si potrebbero
godere altrettanto leggendone l’altezza in un libro di geografia
in un’aula scolastica quanto andando a guardarlo lì dov’è. Il
primo piacere è puramente astratto, il secondo è piuttosto una
specie di sacramento: vale a dire che, benché sia spirituale, è
anche solido. E il primo spirito, lo spirito di una specie di burla
accademica, lo spirito di Archimede quando parlava di usare la
leva per sollevare il mondo, quello è lo spirito giusto per usare
idee come l’idea del Polo Nord; e tutte le idee rivelate nelle
mappe scientifiche dell’universo. I cicli scientifici dovrebbero
45
essere splendidi enormi giocattoli; dovrebbero essere tirati
come anelli su un piolo e di nuovo acchiappati come palle.
Questo è il vero modo per conoscere l’utilità dei mappamondi.
Il mio personale sentimento riguardo all’andare in America,
0 nelle Colonie, è molto simile a quel che provo per l’andare
al Polo Nord. Sono certo che l’America è molto interessante;
ma posso vederlo da qui. E nessuno degli europei che vanno
in America sembra capace di andare oltre questo fatto, che a
me è già noto. Un letterato inglese vi si recò e disse che udiva
un rumore come il frastuono del rosichìo d’innumerevoli
topi. Questo è un ottimo epigramma; ma avrebbe potuto
comodamente avere l’epigramma senza l’esperienza; e oso
sognare che avrebbe potuto preferirlo. Un altro letterato inglese
vi si recò e disse che ciò che l’aveva colpito di più riguardo agli
americani era la loro felicità e la loro futilità. Potrebbe esser
vero; ma difficilmente induce in tentazione. Un altro letterato
inglese vi si recò e morì. Un altro letterato inglese vi si recò e
alla prima vista di New York rifiutò di lasciare la nave, sulla
quale immediatamente ritornò alle bianche scogliere della sua
patria; quantomeno, così racconta. Un altro letterato inglese vi
si recò; e sobriamente riferisce più o meno che si può fare, se
nei due-tre anni precedenti ti alleni rinunciando a tutte le forme
più civilizzate di cibo e bevanda. Potrebbe essere una calunnia;
di sicuro non la si può chiamare una raccomandazione. Ma
nessuna di queste difficoltà mi tratterrebbe per forza, se tutte
le difficoltà non fossero rimpicciolite dalla mia difficoltà, quella
per cui, se anche potessi compiere la traversata per l’America
in questo momento su un tappeto volante, non credo che la
capirei più di quanto non faccia ora. Perché ci sono misteri
che non si rivelano facilmente all’occhio. Ed è un paradosso
curioso che sono spesso le cose più materiali quelle meno facili
da capire con il solo guardarle.
Supponiamo che uno vada a Rouen o a Norimberga: potrebbe
saper poco del Medioevo; se è un comune gentiluomo inglese
ben istruito possiamo star certi che non saprà niente del
Medioevo. Ma ne saprà di più alla partenza di quanto ne sapesse
46
all’arrivo. Per la semplice ragione che la fonte del Medioevo era
una cosa spirituale, essa riusciva ad esprimersi in una forma
concreta.
Nessuno potrebbe guardare la facciata della cattedrale di
Rouen e pensare veramente che gli uomini del Medioevo
fossero barbari; o nemmeno che fossero tristi. Ma quando lo
spirito dietro a una società è uno spirito non spirituale (esiste
un simile paradosso), esso non ha questa potenza plastica di
espressione di sé. I suoi macchinari, utensili, ornamenti non
saranno quelli che ha plasmato, ma quelli che è stato costretto
a comprare o che è impaziente di vendere. Così l’idea di
andare semplicemente in un posto come Johannesburg, per
esempio, mi stanca solo a pensarci; e questo non perché non
ci siano cose e persone interessanti laggiù quanto in ogni altro
luogo, ma perché esse non hanno il potere di rivelare il loro
reale romanzo () segreto. Gli ebrei, per esempio, sono quasi il
popolo più interessante del mondo; e ce n’è in abbondanza a
Johannesburg. Ma non ho motivo di supporre che sarebbe più
facile raeczu)ezzarcisi a Johannesburg che in St. John’s Wood.
La verità e che i posti devono essere distinti l’uno dall’altro
secondo il loro potere di autorivelazione e non solo
considerando se c’è qualcosa che potrebbe essere rivelato. Se
vivo a lslington e qualcuno mi dice ”Footing è interessante”,
non mi metterò a contraddirlo. L’intero sorprendente stato
moderno è interessante. Dirò soltanto che, sul più alto picco di
Upper Tooting, non sarò interessato.
47
 LIBRI E LUMI
Books and Enlightenment
Illustrated London News, 31 gennaio 1914
Certe cose migliorano, perfino in epoca di progresso. Una
volta feci una piccola lista di cambiamenti moderni che
sono davvero miglioramenti; ne ho dimenticata la maggior
parte e i più, ovviamente, erano parzialmente frammisti a
cambiamenti in peggio. Per esempio, non sono affatto sicuro
che l’automobile sia un miglioramento, anche se a me piace
abbastanza, specie quando si guasta. A volte l’uso () abuso
dell’auto è stato tale da farcela decisamente sembrare il
carro del re Erode. Quanto a quelli che dicono che è colpa del
bambino non aver evitato un’auto che saettava per la strada
del villaggio, costoro sarebbero anche capaci di dire che è lui
responsabile per non aver evitato una palla da cannone sparata
dritta nella stanza dei giochi. Ma per quanto l’automobile possa
essere per molti versi una cosa cattiva, la rinascita delle vecchie
e spesso gradevoli locande lungo le strade inglesi, dovuta
principalmente all’automobile, è una cosa buona. Il risveglio
di una locanda è una vista piacevole quanto il guastarsi di un
motore. E non è un bene solo per il locandiere; è anche meglio
per l’automobilista, che viene così in contatto con una civiltà e
con arti e modi più illuminati e umani dei propri. Ho pensato
spesso che fosse una scena commovente vedere due o tre di
queste povere incolte creature, nelle loro selvatiche pellicce,
con il loro rozzo e barbarico traffico di olio e gomma, ricevere
luce e correzione da qualche bravo e saggio oste sulla porta del
suo dignitoso e storico pub.
E commovente, vi dico, osservare con quanta avidità le povere
creature selvagge facciano domande, e con quanta cortesia egli
spieghi loro tutto ciò che la loro tribù ignora; come il fatto che l
la vacca differisce dal toro per sesso e indole, che il giorno del
mercato si chiama così per la curiosa vecchia usanza di “andare
48
al mercato”; chele primule non si trovano in gran quantità alla
fine di agosto, neanche per i Cavalieri della Primrose League;
che la birra è spesso fatta di luppolo e che tuttora viene gustata
dai più avventurosi nel nostro popolo. Allora la ricca gente
impellicciata nell’auto se ne va ristorata da una nuova cultura e
con una nuova prospettiva da considerare.
O prendiamo quest’altro esempio di miglioramento fittizio,
che è tuttavia parzialmente frammisto a un miglioramento
reale. lo penso che la nostra istruzione popolare coatta‘ sia
arrivata straordinariamente vicina a un completo fallimento,
o perfino a un collasso dell’intelligenza. Ma quando qualcuno
dice che tutta la diffusione di letteratura a buon mercato e
istruttiva è stato un errore, è un po’ troppo sbrigativo; e io la
penso altrimenti.
Non penso che la moderna scuola elementare diffonda la luce
della conoscenza. Non penso che diffonda niente, se non ogni
tanto gli orecchioni. Ma penso che una biblioteca economica di
buoni libri, come la “ Cve1yman’s Library” () la collana di libri
stranieri di Nelson, possa diffondere la luce della conoscenza;
e penso che ci sia un motivo semplice e decisivo per questa
differenza.
Nella scuola elementare i bambini ottengono la loro versione ()
visione del mondo attraverso il temperamento o l’atteggiamento
degli insegnanti: spesso persone molto intelligenti e dedicate,
ma mai il genere di persone in grado di tirar fuori l’inglese
povero, soprattutto il povero di città, dalla condizione in cui
si trova. Essi sono eoscienziosi tanto quanto la nostra grotta
comunità industriale è coscienziosa; e sono snob tanto quanto
i mille livelli di quella società sono snob. Questo, come il
signor H.G. Wells ha fatto notare, è ciò che rende tanto ridicola
l’ambizione spirituale della scuola moderna — si potrebbe quasi
chiamarlo orgoglio spirituale.
Tutto il parlare di temprare le facoltà morali o di allargare
l’orizzonte morale è come riempirsi la pancia col vento dell’est,
perché gli insegnanti non hanno verità da rivelare, nessun
vangelo da annunciare, nessun pizzico di novità che possa
49
trasformare. Quando in certe scuole si ha quella che chiamano
Ora di Etica, non mi fa venire in mente nient’altro che un
attimo di quiete nella vita di belve che per il resto della giornata
sguazzano nel crimine. Suppongo non si tratti di questo. Al
signor Wells, se ricordo bene, faceva venire in mente “un’ora
di egotismo annaspante in cui una povera anima illogica
blatera riguardo alla purezza e a molte cose segrete e sacre
rivolta a bambini disattenti o scimmiettanti”. Ad ogni modo,
per come stanno le cose, l’insegnante non può mai essere
drammaticamente e provocatoriamente diverso dagli allievi
allo stesso modo in cui un oracolo, un visitatore forestiero,
un mahatma o un prete o un fantasma è differente da coloro
a cui si rivolge. Non puoi mettere un antico Greco a insegnare
in una scuola di Tooting o un crociato a istruire i bambini di
Peckham Rye o un perfetto artista del Rinascimento a insegnar
dieci cose alla volta ai ragazzini di Battersea Street. Non hanno
nemmeno il vantaggio di essere istruiti da qualcuno pittoresco
come l’ebreo Fagin o zio Remus il negro.
Ma possono sentir parlare un antico Greco in una biblioteca.
Possono incontrare un vero crociato in un libro. Non mi
riferisco ai libri di avventure per ragazzi; in quei libri il crociato
non è mai un vero crociato. In quei libri il crociato si cura
sempre di tutto tranne che della Croce. Ma ora si possono
acquistare le memorie di due veri crociati nello stesso libro per
uno scellino — i racconti di J oinville su san Luigi e il resoconto
della straordinaria avventura che a Bisanzio prese il verso
sbagliato — ed entrambi sono tanto semplici e piacevoli da
leggere quanto Pepys e Boswell. Possiamo, si potrebbe dire che
dobbiamo, farci un’idea del multiforme artigiano italiano del
Rinascimento procurandoci quel notissimo libro che sono le
memorie di Benvenuto Cellini; ma fino a poco tempo fa sarebbe
stato molto più difficile per una persona relativamente povera
procurarselo. Ma il punto è che, se ce lo procuriamo, ci siamo
procurati la cosa vera, qualcosa che ci allargherà la mente
anche se la sconcerta: il folle buonsenso del Rinascimento e
non l ,.1mpressrone che dl esso Si e, formata un ingessato maestro
. . . .
50
britannico con delle ingessate opinioni britanniche riguardo a
ciò che è papista 0 pagano. Senza dubbio il maestro sovente
non è ingessato; senza dubbio egli è sovente un maestro
eccezionalmente in gamba; ma il mio uso istintivo del termine
“eccezionale” non si addice molto al caso in questione. Rimane
la spessa linea nera che traccia la distinzione tra un buon
maestro e un buon libro. La distinzione è che è impossibile fare
due milioni di copie di un buon maestro, ma è possibile fare due
milioni di copie di un buon libro. Un macchinario inventato
da ciò che i miei avversari chiamano “la mente medievale”, e
ora generalmente chiamato la pressa da stampa, ha reso ogni
copia delle memorie di Cellini buona quanto ogni altra. La
quarta copia di un maestro vivo sarebbe, temo, più che altro
una pallida riproduzione. In breve, da quel procedimento non
potremmo entrare in contatto con le origini; e sono le origini
che ci rendono originali.
C’è un terzo caso in cui una cosa buona sta crescendo, anche
se stanno crescendo pure delle cose cattive: il grano accanto
alla zizzania. Sono davvero contento di vedere che le riviste
inglesi stanno cominciando a imitare le riviste americane.
La comune rivista americana differisce dalla comune rivista
britannica per il fatto che non rifiuta del tutto (se mi perdonate
l’impertinenza) di essere una polveriera.2
Essa accetta materiale intellettuale esplosivo, articoli
che devono esasperare molti dei suoi lettori anche se ne
soddisfano molti di più. Accanto alla breve novella d’amore,
piena di colore locale e (per me) altrettanto sentimentale e
incomprensibile quanto una coon song,3 accanto alle storie di
energici giovanotti che esibiscono ciò che chiamano Volontà
in Wall Street, troverete articoli concreti pieni di spirito civico.
Troverete un articolo che attacca una grande azienda
moderna; 0 che difende una grande azienda moderna, che a
me sembra il più disperato dei due tentativi.
«
In breve, troverete discusso ciò che è discutibile e contestato
ciò che è contestabile. È un curioso affioramento di quel
genuino elemento di democrazia che è sempre creativo e
51
pertanto è sempre imprevedibile. Vox populi, vox Dei è vero
almeno in questo senso, che è una grande impudenza da parte
di chiunque sapere che cosa ognuna delle due voci stia per dire.
Ebbene, io penso che sia una buonissima cosa che questa virtù
di vitale dibattito stia cominciando a comparire sulle riviste
popolari inglesi così come sulle americane.
Pugilato intellettuale, con le rispettabili virtù del ring:
combattere lealmente, ma combattere per vincere. C’è un
interessantissimo e divertente esperimento in proposito nel
Cassel’s Magazine di questo mese. Ma è così divertente che
dovrò parlarne la prossima settimana.
1) parlamento inglese approvò una legge sull’educazione
Nel 1870 il
elementare obbligatoria (compulsory), l’Elementaz-y Education
Act. Qui Chesterton usa l’aggettivo coercive, coatto, a mostrare la
scarsa simpatia che aveva per la realizzazione di quella legge e delle
successive; ne parla con poca simpatia anche in L'uomo che fa
Giovedì.
2) In inglese c’è un gioco di parole tra magazine e powder-
magazine. Il termine magazine significa “magazzino” e “polveriera”
ma anche “rivista”. GKC usa powder—magazine, magazzino delle
polveri (polveriera), per creare il gioco di parole; per questo chiede
scusa dell’impertinenza, che noi non percepiamo.
3) Le coon songs erano canzonette, molto popolari tra la fine
dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, caratterizzate dalla caricatura
dei neri americani. Negli Stati Uniti contribuirono a diffondere molti
’
stereotipi e pregiudizi; in Inghilterra invece erano più che altro roba
da teatro, con un impatto assai meno forte perché non c’erano molti
neri.
52
LA NUOVA CREDULITÀ
The New Credulity
Illustrated London News, 14 marzo 1914
Lo scettico superficiale allevato nelle città moderne sbaglia
in una maniera bizzarra. Spesso è uno scettico perché non è
un realista. Pensa che una cosa debba essere una fantasia, e
non un fatto, proprio perché la sua propria visione del fatto è
in effetti una fantasia. Pensa di essere superiore al credere in
qualcosa, mentre in realtà semplicemente ignora le prove che
di essa ci sono. Prendiamo quello che può sembrare un esempio
piuttosto remoto e fantastico, ma che guarda caso spiega con
una certa precisione quanto affermo. Nel Medioevo, pellegrini
e viaggiatori raccontavano spesso di aver visto a spasso in
Africa uomini che avevano teste di cani. Nella maggior parte
delle conversazioni e del giornalismo di oggi, questa verrebbe
trattata semplicemente come una favola, e come tale non
provocherebbe nessuna sorpresa, per quanto solenne fosse la
testimonianza 0 per quanto santi i testimoni.
La vaga nozione moderna è che tra l’800 d.C. e il 1500 d.C. ()
giù di lì tutti gli esseri umani erano pazzi e che potevano, chissà
«mne, credere a qualunque cosa gli si raccontasse e vedere
qualunque cosa in cui credessero.
L’uomo moderno supporrebbe che chi credeva in uomini
«lalla testa di cane potesse anche, allo stesso modo, credere in
uccelli con la testa di gatto o in serpenti con la testa di elefanti.
Non dico che non ci siano delle stravaganze nell’immaginario
medievale tali da rendere verosimile il paragone; ma esse
appartengono in realtà a un’altra classe e non riguardano il
|)lllli0 che qui esaminiamo. Io sostengo che non verrebbe mai
in mente all’uomo ignorante, semplicemente leggendo quella
-.luria, di pensare improvvisamente ai babbuini. E il motivo è
vlw egli pensa di sapere com’è fatto un babbuino. Ma non lo
°…‘i. Pensa che la testa del babbuino sia molto più simile a una
53
testa umana di quanto effettivamente non è; lo pensa perché
e Supponiamo
si vede spesso suggerire che sia cosi, ma molto raramente vede
un babbuino.
La nube dell’errore è composta di vari elementi. In parte c’è
la vista assai più familiare delle piccole scimmie che siedono
sugli organetti e le cui facce sono veramente molto più umane
e toccanti. In parte si tratta di uno dei diecimila strascichi
di stupidaggine che nascono dall’aeeettazione (e mancata
comprensione) di ciò che si chiama Evoluzione: un’idea confusa
che le scimmie più grandi debbano essere in ogni modo le più
vicine all’Uomo. Non si può immaginare che l’Anello Mancante
abbia la testa di un cane. In parte credo seriamente che sia
una mezza memoria di vecchi scherzi e vignette sul Punch: su
come Darwin stesso somigliasse a una scimmia. Ma Darwin
non somigliava per niente a un cane; e dunque Darwin non
somigliava per niente a un babbuino.
Perché la verità è che la descrizione del babbuino fatta dai
pellegrini medievali è notevolmente accurata. Il babbuino, e
credo anche altre tra le scimmie antropoidi, ha naso, mascella e
mento in un sol pezzo e sporgenti molto oltre la fronte all’incirca
nella stessa proporzione e direzione che nel caso, diciamo, di
un alano. Non ha la patetica faccina appiattita delle piccole
scimmie. Ora, quando vedete una bestia con un muso allungato
davanti a quel modo, la somiglianza con altre bestie porta a
pensare che debba camminare a quattro zampe. Se la trovate
che gironzola (benché ondeggiando come un ubriaco) su due
gambe, vi ricorderà molto da vicino un uomo, specie perché
ha mani e dita che un cane non può avere. Così che in realtà,
per essere una breve e vivace descrizione, “un uomo dalla testa
di cane” è all’incirca la più accurata che ci si possa aspettare.
Ma per quanto sia breve e veritiera, io ho dovuto essere molto
lungo anche solo per cominciare ad accennare la sua verità.
Ma il punto vitale è questo: che lo scettico è “superiore” perché
non sa che cos’è un babbuino, mentre il pellegrino medievale
lo sapeva.
Oppure prendiamo un altro esempio, più casalingo.
54
che un qualche intellettuale veramente
lwnedueato, un uomo come Herbert Spencer, con una filosofia
che è insieme desolata ed elegante, si sentisse chiedere da un
bambino la verità o il valore di una favola.
Supponiamo, per la discussione, che fosse la favola del Cane
nella Mangiatoia. L’intellettuale, secondo la sua particolare
lvoria, probabilmente risponderebbe in uno di questi due
modi. Potrebbe dire che questi racconti riguardo ad animali che
pensano e parlano come uomini sono i residui di superstizioni
«la selvaggi; di quando l’Uomo pensava che le bestie fossero
sapienti quanto lui () più sapienti; di quando venerava scimmie
() coccodrilli; e di quando personificava ogni cosa, mettendo
uno spirito in una pietra o in un albero.
Oppure, se la sua spiegazione puramente intellettuale
l'osse un’altra, potrebbe dire al bambino che la favola era
una specie di allegoria interamente artificiale inventata dai
Greci; che descriveva le relazioni tra esseri umani, però
mascherandoli da appropriati animali solo per divertimento
per una finzione legale. Il punto è che in entrambi casi egli
i
«»
supporrebbe che il Cane nella Mangiatoia fosse il simbolo di
un uomo irragionevole. Un cane reale (egli immagina) sarebbe
guidato solo dall’Istinto di Autoconservazione (amen!) e non
diminuirebbe le sue probabilità nella Lotta per l’Esistenza
(alleluia!) tenendosi qualcosa che in realtà non vuole. Ora, se
l'intellettuale arrivasse a questa conclusione per l’una o l’altra
delle due catene di ragionamento, il suo errore non sarebbe
dovuto a nessun anello mancante in quelle catene. Sarebbe
dovuto al fatto che non ha mai avuto un cane. Chiunque abbia un
proprio cane sa che il Cane nella Mangiatoia era un cane molto
canino; e si potrebbe trovare tanto in una mangiatoia quanto
in una favola. Qualunque ne sia la ragione nella psicologia
ranina, un cane davvero mangerà cibo che normalmente schiva
«- aborrisce piuttosto che lasciare che lo mangi qualche altro
animale. Un cane rifiuterà il pane se gliene date; 10 mangerà se
h getterete agli uccelli. Un cane rifiuterà il latte se glielo offrite;
»
v lo berrà se l’offrirete al gatto. Può essere incompatibile con
55
Darwin; ma non è incompatibile con Esopo. La vecchia favola, pensa a queste cose, più vedrà, io credo, che il principale
almeno in questo caso, parla proprio di un cane e non di un dovere mentale e morale è il dovere della divisione. La faccenda
cane ammaestrato. Non dico che sia così per tutte le storie dell’unità e universalità generalmente significa non che io sono
del genere: i luminari della Critica Superiore saranno lieti di in accordo con l’Universo, ma che io penso che l’Universo sia in
sentire che ho seri dubbi riguardo la Storicità (applausi vivaci) accordo con me, e che si stia prendendo cura del numero uno.
della cicogna che apparecchiò un alto boccale tedesco o vaso Sono certissimo che un sano assetto di pensiero dovrà esser
etrusco quando invitò a cena la volpe. Ma penso che potrebbe logico come l’araldica e tagliare scudi come un’accetta. Il motto
veramente valer la pena di considerare queste vecchie storie del nuovo mondo sarà che devi tirar la linea da qualche parte.
per le cose vere che ci sono, e non solo per le cose che non sono Devi sapere attraverso quali esami intendi considerare la verità
vere. C’è una stratificazione della reale esperienza umana assai () l’identità di ogni cosa e ogni persona. E proprio vero. Ti sto
simile in un proverbio ordinario come “lascia stare il can che avvisando per il tuo stesso bene. Se una signora ti racconta una
dorme”: specie se è uno rumoroso come il mio. storia, devi decidere se trattarla come una leggenda o come
Tutto questo è una delle debolezze della nostra corruzione che una bugia. Se un gentiluomo ti fa visita devi decidere se è un
mi piacerebbe combattere finché sarò in grado di combattere uomo o una scimmia.
qualche cosa. Potremmo chiamarla, per comodità, la Nuova
Credulità. Può esserci stato un tempo in cui la gente trovava
facile credere qualunque cosa. Ma stiamo scoprendo che è
molto più facile rifiutarsi di credere qualunque cosa. Entrambi
i procedimenti salvano la mente umana dallo spiacevole
compito di distinguere tra una cosa e l’altra. Può esserci stata,
benché non ne abbia mai incontrato nessuno nella vita o nella
letteratura, qualche sorta di sempliciotti che credevano vera
ogni leggenda. Ma noi saremmo un genere assai più stupido di
sempliciotti se credessimo che ogni leggenda sia leggendaria.
In entrambi i casi lo sforzo a cui la pigrizia umana fa resistenza
è quello di stabilire una distinzione. Quando il viaggiatore
medievale diceva che c’era un animale in parte simile a un
leone e in parte simile a un’aquila, stava romanzando. Quando
diceva che c’era un animale in parte simile a un cane e in parte
simile a un uomo, no. Quando una favola dice che una volpe
invitò una cicogna al tè, la favola è favolosa. Quando dice che
un cane abbaiò al bestiame che veniva a mangiare il suo fieno,
non è favolosa. La seccatura è che bisogna usare il cervello.
Un’autorità non facile da introdurre in simili discussioni
lasciò perplessa un bel po’ di gente dicendo apertamente di
non portare la pace ma piuttosto la divisione. E più un uomo
5 () 57

PERCHÉ LE PERSONE
— E LE NAZIONI —
LITIGANO
Why People — and Nations — Quarrel
Illustrated London News, 2 maggio 1914
Esiste una particolare categoria di uomini pubblici che stanno
sempre a scrivere in simposii (mi rifiuto di dire symposia)1 sulle
riviste. Con qualche onorevole eccezione, la loro caratteristica
principale sembra essere il non sapere niente a proposito di
niente. Non sanno niente dell’essere innamorati o dello sposarsi
o del badare ai bambini, del combattere o pregare o bere, e a
sentirli parlare si penserebbe che queste usanze non si siano
mai affermate tra gli uomini. Ma la cosa più strana di tutte è che
non sanno niente del litigare. Non sembrano ricordare come di
solito nasca un litigio, come si debba essere in due per litigare e
perché entrambi ci si mettano; perché non riescono ad andare
d’accordo sull’essere diversi e perché si alleano nel non andare
d’accordo. Prenderò due esempi da due differenti comparti della
vita moderna che illustrano alla perfezione il loro strano errore.
Un simposio riguardava le probabilità di felicità coniugale e
molte distinte persone difendevano il mariage de convertance
(matrimonio d’interesse) sostenendo che le due persone
apparterrebbero alla stessa parte della società e avrebbero
probabilmente gli stessi gusti. Da questo deducevano che non
sarebbe probabile che si mettano a litigare. Ma questa gente dove
ha gli occhi? Hanno mai giocato a golf? E ritengono improbabile
che i golfisti possano litigare a proposito del golf?
Hanno mai giocato a whist? E hanno l’impressione che tutte
le vecchie signore amanti del whist si amino anche l’una l’altra?
Hanno mai visto un cavallo o un patito di cavalli? Pensano che
tutti i patiti dei cavalli tengano, come dice un poeta americano,
l’uno il braccio intorno al collo dell’altro con affetto di camerati,
con l’affetto duraturo dei camerati? Pensano che tutti quelli a
cui piacciono i cani si bacino quando s’incontrano, con lacrime
mai asciutte di reciproco riconoscimento? Se non avessero
58
l’abitudine di lasciare gli occhi in redazione, come lasciano i
gioielli in banca, scoprirebbero velocemente che appartenere
«‘s-attamente allo stesso mondo e avere esattamente gli stessi
gusti molto più probabilmente conduce al litigio che non ad
evitarlo. Mai cinici hanno sempre il cervello debole.
Ma, davvero, queste persone potrebbero usare gli occhi sui
( uti di questa particolare questione, se si degnassero. Di sicuro
HÌ( nte è piu chiaro, dai resoconti giornalistici su divorzi e liti
domestiche, del fatto che gli antagonisti, siano gli offesi o gli
ni lensori, generalmente appartengono allo stesso ambito sociale
1—
generalmente hanno gli stessi gusti. Chi pensa vagamente che
il duca e la duchessa non litigheranno perché entrambi hanno
Inglie di fragola (sulla corona ducale) potrebbero ugualmente
«lire che due fruttivendoli ambulanti non litigheranno perché
entrambi vendono fragole. In un numero schiacciante di cause
\
«li divorzio, il marito offeso e il correo nell’adulterio si somigliano
«ume due piselli; e di solito sono più o meno intelligenti come
‘
due piselli. L’onorevole Gwendoline Goodwood diventa la
'
.ignora Ha11y Hedger perché lui cavalca bene; e poi fugge con
il «apitano Welsh
perché cavalca meglio. Niente è piu degno di
… )lil (per chiunque usi gli occhi) della monotonia di quel mondo
immorale. E una monotonia che ha quasi un tocco del glaciale
l
]…ndore della coerenza. onorevole Gwendoline non è stata
|«(|( le al suo amore; pelo è stata fedele ai suoi gusti. È davvero
… >lcvole quanto di rado nella vita reale la famiglia di un uomo sia
«
lisi rutta da un tipo d’uomo completamente diverso: da un poeta,
un violinista, un predicatore di strada; ma la rassomiglianza
1'IN‘
genera la nuova relazione non ha per niente evitato litigi
i
nella vecchia. Se la comunanza di gusti potesse rendere felice la
um wa relazione, avrebbe dovuto rendere felice anche la vecchia;
ma. come dicono in latino, dei gusti non si discute. Uno può
.
.liwutere solo dei comportamenti; e la condotta di un uomo,
in n ma 0 cattiva, è la sua pa1ticolare. Le persone amano o litigano
mmc individui, non come tipi. L’onorevole Gwendoline non
'.|u … lo sportivo astratto per poi provare l’ardente
desiderio di
.
luggìrc con un mormone o un nero di Margate. Ella sposa uno
59
sportivo che poi arriva a considerare una noia o un mascalzone;
e fugge con uno sportivo... che ritiene uno sportivo. Di solito si
sbaglia entrambe le volte. Avrebbe avuto meno litigi e più felicità
se avesse sposato qualcuno di assolutamente differente, come il
nero di Margate.
E ora lasciatemi considerare un caso di ambito completamente
diverso, ma che illustra in maniera esemplare proprio il
medesimo errore. Le ammirevoli persone che parlano sempre di
Pace (io non sono per niente convinto che parlarne sia il modo
migliore per ottenerla) stanno sempre a organizzare visite tra
‘
una nazione e l’altra, mandando laburisti inglesi in Germania
0 socialisti tedeschi in Inghilterra e decantando poi quanto
profondamente siano rimasti impressionati o con quanta
ospitalità siano stati ricevuti. Naturalmente qualunque uomo
intelligente è impressionato da una grande nazione civilizzata.
Naturalmente qualunque uomo sopportabile è ricevuto con
ospitalità da una grande nazione civilizzata. Ma se costoro
immaginano che inglesi e tedeschi — se mai litigassero, Dio
non voglia — litigherebbero perché sono molto dissimili gli
uni dagli altri, o pensano di essere molto dissimili gli uni dagli
altri, allora è mio dovere raccontar loro la semplice verità. La
semplice verità è (lo dico con profondo dolore e vergogna) che
hanno dimenticato ——
anzi, abbandonato — l’antica scienza del
contendere. Le persone non litigano perché non si conoscono
l’un l’altro. Litigano perché si conoscono. In altre parole, litigano
perché hanno qualcosa su cui litigare. Non combatti perché
disprezzi il tuo nemico. Combatti perché non lo disprezzi.
Ci sono innumerevoli altri esempi dello stesso grossolano
errore, ma questi due basteranno ad illustrarlo. I campioni
del matrimonio prudente, o (in altre parole) i campioni del
matrimonio per denaro, hanno l’idea che sia meno probabile,,
chele persone alterchino se entrambe desiderano le stesse cose
di questo mondo: il denaro o quello che il denaro può comprare.
Ma ovviamente nient’altro genera una contesa sul denaro più
‘
facilmente che il fatto di apprezzarlo entrambi allo stesso modo.
Similmente, coloro che temono l’interruzione del tipo piuttosto
60
\ ile di pace che attualmente prevale nel mondo sembrano
l-misiderare meno probabile che i popoli si scontrino, in senso
navale o militare, se comprendono chele ambizioni e aspirazioni
«li entrambi sono le stesse. Ma e precisamente perché sono le
wlcsse che i popoli potrebbero scontrarsi. Mariti e mogli e molto
più probabile che litighino se hanno gli stessi gusti, proprio
«…ne le nazioni è più probabile che litighino perché hanno le
medesime ambizioni. La vera Santa Alleanza è quella fatta sul
modello del giardino dell’Eden, dove una parte e soddisfatta
«lella diversità e del contrasto dell’altra. Io non ho mai fatto
parte di nessuna delegazione verso paesi stranieri, grazie al
cielo; ho sempre il sospetto che si veda solo lo stesso tipo di cose
\ che vediamo a casa: uffici e funzionari e guide e grandi pranzi e
“luoghi di interesse”, che a me interessano meno di qualunque
altra cosa al mondo. in effetti, sono quasi la sola cosa al mondo
che non m’interessa. Ma quando vado in Germania 0 in Francia,
mi piace essere un forestiero in Germania 0 in Francia. Questo e
il vero modo di evitare i litigi: essere uno straniero. Sono grato ai
lrancesi per cose che non posso avere a casa, come l’uguaglianza,
, le uova con la besciamella, editoriali ingegnosi e ingiuriosi, buon
vino a poco prezzo e i poveri che entrano ed escono da una chiesa
… nue se appartenesse a loro e una certa qualità di cipolla di cui
l… dimenticato il nome. Sono grato ai tedeschi per cose che non
|…SSO avere a casa, come la calorosa cmtesia tra maschi,
facce
r:uliose, archi di trionfo su case private per compleanni privati,
lu ma lager veramente scura in boccali che continuano a riempire
.* riempire finché non ne chiudi decisamente il coperchio e la
[milità nel cantare vecchie nobili canzoni. Ma se mi dite di avere
84 >lidarietà con loro… be’, farò del mio meglio per mandar tutto
all‘aria, dovessero perire tutte e tre le nazioni.
1 ) studiosi e simili) si
In inglese simposio (nel senso di convegno di
.lu‘c symposium, un termine latino il cui plurale latino è symposia.
Uiu‘s'l0 era anche il plurale “ufficiale”, da vocabolario, ai tempi di
l'lu-slerton. Ma in inglese il plurale “corrente” è symposiums,
nll…ut0 secondo la più comune regola del plurale inglese; ed è
entrambi.
u… muto questo che usa Chesterton. Oggi sono accettabili
(ìl
 LA LEGGE SULLA CHIUSURA
DOMENICALE
The Sunday Closing Bill
Illustrated London News, 23 maggio 1914
Circa una quindicina di giorni fa, è accaduta una cosa
interessante alla Camera dei Comuni. A quelli che hanno
familiarità con il luogo, la mia affermazione parrà sorprendente;
ma incidenti accadono anche nelle famiglie peggio regolate. Per
una volta i Comuni inglesi hanno votato… be’, come se fossero
veramente i Comuni inglesi.
Per la prima volta da quella sera in cui Randolph Churchill1
saltò su dal suo seggio e sventolò il cappello, c’è stata una
vera rivolta contro gli organizzatori:2 una vera votazione di
liberali contro i capi liberali o di conservatori contro i capi
conservatori. Nei numerosi casi di divisione inattesa, che
periodicamente sono stati all’ordine del giorno, era sempre
usanza che l’0pposizione si mettesse a gridare “Dimissioni!
Dimissioni!” ogni volta che capitava la divisione inattesa.
Non credo che nessuno abbia gridato “Dimissioni!” quella
sera. Si era troppo vicini al punto dolente: non era una cosa
abbastanza assurda da essere politica pratica.
L’Atto per la chiusura di tutti i pub alla domenica è un
perfetto modello operativo della nostra particolare specie di
legislazione. Osserverete, innanzitutto, che non è veramente
predisposto per raggiungere un qualche scopo.
Le persone che appoggiano queste cose sono solenni ma non
fanno sul serio. Nessuno che avesse una qualunque chiara e.
decisa convinzione circa l’alcol, in un modo o in un altro, si
preoccuperebbe della chiusura domenicale.
Maometto non si preoccuperebbe della chiusura domenicale.
Non permetterebbe ai suoi seguaci di bere vino sei giorni su
sette più di quanto consentirebbe loro di adorare idoli sei giorni
62
su sette. Se il cittadino inglese è sano, e può esser lasciato a
scorrazzare tra tutte le taverne della città per una settimana, non
c'è un particolare motivo per cui le facoltà mentali gli debbano
venir meno tutt’a un tratto la domenica mattina. Se è del tutto
degenerato e abuserà dei vantaggi delle taverne per tutta la
settimana, non recupererà la salute, tantomeno l’autocontrollo,
in un giorno alla fine della stessa. Né c’è alcun livello del bere,
dall’eccesso episodico e non previsto fino all’intemperanza
profonda o radicata, per il quale questa distinzione settimanale
possa dare qualche possibile giovamento. Questo importante,
è
perché è il grande segno distintivo dei riformatori morali
di questo genere: che desiderano sempre procedere in una
certa direzione anziché dirigersi verso un certo traguardo.
Non vogliono fare qualcosa; vogliono essere occupati a fare
qualcosa. Desiderano pubblicizzare la loro causa perfino più
di quanto desiderino farla progredire. In un battibecco come
quello sulla chiusura domenicale si accontentano di stare da
quella che chiamano la parte della temperanza; non pensano
st“ veramente un qualunque essere umano sarà più temperante
in conseguenza di questo. Questo è il primo grande difetto
dei puritani: la loro profonda e apparentemente incurabile
Irivolezza.
Notate, in secondo luogo, l’altro grande segno distintivo della
moderna “riforma sociale”: che non viene mai difesa in base
ai suoi meriti. Se un uomo vuol piantare un paletto nel mio
giardino, io voglio sapere perché e quale bene ne verrà. Il tipico
portavoce politico non risponde mai a queste domande.
\ Mi
dice l’esatto numero di paletti lungo il margine di Wandsworth
(‘…nmon e dice che esiste un precedente per i paletti durante
Il
regno di Guglielmo III. Queste informazioni evasive sono
diventate la difesa ufficialmente riconosciuta di cose che non
darebbero in piedi né per consenso né per logica. Quando il
h »llc progetto di legge sul sequestro medico dei bambini poveri
In wò l’opposizione di illustri liberali come il signor Wedgwood,
n «li illustri medici come il dottor Eder, il meschino apologista
unlnrizzato rispose soltanto che l’Atto “estendeva il principio
63
delle Leggi sull’infermità mentale”.3 Un po’ come se andaste a
dire che una nuova legge per consentire alla sentinella fuori di
Whitehall il permesso di sparare a tre donne di sua scelta ogni
giorno è solo un’estensione dei principi del Riot Act.
Allo stesso modo, quelli che in Parlamento parlano a favore
della chiusura domenicale non hanno, nel senso seriamente
politico, una parola da dire in suo favore. Possono solo dire
che è in accordo con l’andamento degli sviluppi recenti; il che è
piuttosto vero. Ma siccome questi sviluppi sono l’aumento dei
prezzi, lo smantellamento delle libere società di assicurazione,
la sconfitta o il tradimento dei leader laburisti e il vertiginoso
incremento della corruzione politica, a me non pare poi un
andamento tanto piacevole. Hanno offerto lunghe liste di
remoti Stati americani in cui delle vecchie signore hanno
tentato l’esperimento; suggerendo che ci saremmo dovuti
sentire molto soli a starcene fuori da quella compagnia. Quasi la
medesima lista di Stati illuminati si potrebbe sciorinarla come
un motivo per bruciar vivi i neri, per far ammazzare donne da
investigatori privati, per coprire di pece e piume i nostri rivali
in amore o in affari e per torturare i prigionieri con il terzo
grado.4 Ma se pure la chiusura delle locande funzionasse senza
problemi in America (nei fatti non funziona per niente), questo
non merita proprio d’esser chiamato un motivo per modificare
le nostre tradizioni o per rivoltare a capofitto gli affari nostri.
Nessuno offre un motivo virile e convincente per privare
l’uomo povero — e solo il povero — del suo solito bicchiere
nel giorno della festa cristiana. È un’assurdità palese. E i suoi
difensori non possono dir niente in suo favore, se non che
abbiamo già parlato un bel po’ prima d’ora di simili assurdità e
che c’è un bel po’ di simili assurdità in tutto il mondo.
C’è poi il terzo marchio di questo genere di cosa, il piacere di
spingersi un po’ più avanti senza minimamente sapere dove
stai andando. Da qui la proposta ridicola di definire viaggiatore
bona fide uno che cammina sei miglia anziché tre.5 Entro un
secolo, forse, saranno sessanta miglia; e poi seicento. E per
tutto il tempo chiunque conosca il mondo sa che in certi pub si
64
—.l rizzerà l’occhio alle bugie e che in altri i vecchi amici saranno
…munque ricevuti e che in altri la polizia insisterà perché
il
"
Ì
rigore sia reale, spesso soltanto per dispetto. Ci vuol più tempo
;. camminare sei miglia che non tre, ma ci vuol tanto a
dire “tre”
quanto a dire “sei”. Questa stolta supposizione dell’assoluta
purezza e uguaglianza nell’applicazione delle leggi un’altra
è
delle illusioni del ricco filantropo. Ma già, lui non mai statoè
\
soggetto a nessuna legge.
il quarto segno distintivo è il perpetuo appellarsi l’una
all’altra delle diverse parti della classe che governa. E questo
«he ad ogni crisi importante annuncia la falsità del sistema dei
partiti tanto chiaramente quanto una campana fessa.
Un innocente giornale liberale ha trasecolato vedendo che al
progetto di legge si erano opposti pochi consewatori e radicali
ai Comuni quando “stranamente, i Lord l’avevano fatta passare
'
all’unanimità”. E perché i Lord non avrebbero dovuto farla
loro a
;
passare all’unanimità? Nessuno propone che siano
praticare l’astinenza dall’alcol ogni domenica.
Nessuno s’immagina lord Crowe che cammina sei miglia
(o che dice di aver camminato sei miglia) per poter avere un
bicchiere del suo proprio champagne. Nessuno s’immagina che
«w lord Landsdowne desidera un innocuo bicchiere di Chiaretto
‘
debba restarsene a bocca aperta fino a lunedì mattina. La
rivolta ai Comuni e stata un caso di onestà individuale in certi
gruppi da entrambe le parti; ma è stata una rivolta del tutto
disinteressata. Nessun membro di nessuna delle due Camere
nni—ebbe mai soggetto a certe leggi; è per questo che passano
tanto facilmente in tutte e due le Camere.
La quinta caratteristica in questo curioso tipo di legislazione
(' Il na rapidità nello svicolare che è quasi comica. Un giornalista
lulu-rale del tipo autorizzato si è affrettato a dire che senza dubbio
«"era molto da dire in favore di una domenica più vivace e che
|!(‘l'illìO gli operai la pensano così. Stanno dicendo (sembra):
"Possiamo praticare il culto tanto in un bosco quanto in una
rhicsa”. Qui manca senz’altro qualcosa. Secondo i principi di
"l‘ygmalion”, mi sento di poter affermare che sia il tempio sia
() 5
la foresta erano tinteggiati di più ricchi colori. Ma è comunque
un luminoso esempio dell’attitudine brusca e sfuggente del
giornalista autorizzato: evitare la sfida diretta di dire se il
lavoratore sia giustificabile nell’andare al pub e mettersi a
discutere se sia ingiustificabile nel non andare in chiesa. Questa
futilità e immondizia è tutta la difesa ed esposizione delle leggi
moderne; e uno che se ne accontenti pensa di star mettendosi
la legge come corona mentre invece sta infilando la testa nel
cestino della carta straccia.
1) *
sera dell’8 giugno 1885, quando il governo Gladstone cadde
La
dopo aver perso nella votazione sul Bilancio; Randolph Churchill
diede il via alle acclamazioni saltando sulla panca e sventolando il
fazzoletto con grida di esultanza.
2) I partiti inglesi hanno funzionari di partito, detti Whips, incaricati
di mantenere i collegamenti tra i capi del partito e i membri delle
Camere e quindi la disciplina di partito durante la legislatura.
3) Rispettivamente, il progetto di legge, Bill, che aveva portato al
Mental Deficiency Act del 1913, un provvedimento che Chesterton
considerava la prima legge eugenetica del suo Paese (Chesterton lo
chiamava Feeblc—Minded Bill, disegno di legge dei deboli di mente,
riferendosi a chi lo aveva ideato); e le varie leggi sull’infermità mentale
già da tempo esistenti in Inghilterra, come il Lunacy Act del 1890.
4) Noi siamo ormai abituati a usare “terzo grado” come sinonimo
di interrogatorio insistente, ma in inglese l’espressione third degree
è un sinonimo di tortura, fisica o mentale; deriva da una modalità di
interrogatorio particolarmente brutale usata dalle polizie degli Stati
Uniti tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo.
5) Uno degli emendamenti vari al Licensing Bill era relativo ai
viaggiatori bona fide e stabiliva che “sei miglia saranno sostituite
da tre miglia come distanza minima tra il luogo in cui una persona
alloggiava la notte precedente e il luogo in cui chiede che gli si
fornisca del liquore”. Il viaggiatore bona fide era uno che si trovava
davvero in viaggio — presumibilmente per affari, ma in definitiva per
qualunque motivo che non fosse direttamente l’acquisto di alcolici;
e poteva quindi essere servito di liquori senza ricadere sotto la legge.
In inglese bona fide significa sia “in buona fede” sia, come in questo
caso, “autentico”.
66
IDEE FEMMINISTE
SULLE DONNE
Feminist Ideas About Women
Illustrated London News, 6 giugno 1914
La maggior parte di noi ha sperimentato nel sonno, o anche
nel dormiveglia, una confusione da incubo in cui ci sembra
«li ascoltare un discorso su qualcosa mentre ogni frase via via
suggerisce che in realtà si parla di qualcos’altro. Delle signore,
'
poniamo, stanno parlando di un bimbo e lodano la sua pelliccia,
la sua coda, il modo in cui rizza le orecchie, com’è utile perché
abbaia ai ladri; e per tutto il tempo la mente, nella fatica della
«mi—incoscienza, è torturata dall’impressione di qualcosa di
incongruo, eppure non riesce ad arrivare alla parola “cane".
,
Mi sento più o meno così quando mi capita d’ineontrarc lo
strano stile con cui le femministe parlano delle donne. Sembra
rhe stiano parlando di qualcos’altro; io non riesco a capire
,
'
di che cosa. Questo particolare punto non ha niente a che
fare con il voto per le donne o con i diritti delle donne o con
i
doveri delle donne: è un modo di parlare delle donne; ed è
straordinario. Per cominciare, perché parlano di una donna
come se fosse qualcosa che non è ancora mai arrivato, come
un superuomo o un visitatore da Marte? Perché stanno sempre
a ipotizzare e profetizzare su ciò che la Donna “dirà” quando
imparerà a parlare, come i genitori che si chiedono se il pupo
;
dirà prima “mamma” o “babbo”? È razionalmente difendibile,
benché altrettanto discutibile, che il voto darebbe alle donne
“
maggior potere di imporre e concretizzare i loro sentimenti
(- le loro opinioni. Ma di sicuro quelli di noi che non sono
monaci o eremiti potrebbero ormai sapere qualcosa di quali
siano quei sentimenti e quelle opinioni. Quelle persone invece
.
parlano come se ogni donna indossasse un bavaglio finché
i
non riesce a ottenere il voto. Parlano come se ella dovesse
67
avere il voto prima di sapere per che cosa desidera votare. 0
qualche volta parlano come se loro sapessero che cosa le donne
direbbero e farebbero, mentre noi non lo sappiamo: come le
donne sopprimerebbero il gioco d’azzardo o istituirebbero
l’eugenetica, come se tutte le donne fossero d’accordo su
questa o quella riforma più di quanto tutte le donne pensino
che Bacone abbia scritto Shakespeare. Sicuramente non siamo
noi, ma le femministe, a negare l’individualità e libertà della
femmina, quando predicono con sicurezza che ella trotterà
tranquilla come una pecora dopo la “riforma sociale”; vale a
dire, ciò su cui concordano attualmente quelli che seguono la
moda di andar per bassifondi.
Uno degli esempi più sorprendenti di quest’ultimo concetto
si può trovare nel caso di una donna di genio: Olive Schreiner,
forse la più dolente e poetica tra le prime pioniere di tali
concetti, di cui vedo che il signor Unwin sta ripubblicando
“Woman and Labour” in edizione economica.
Vale la pena leggerlo, perché l’autrice è sempre eloquente e
ingegnosa, anche dove a me pare capziosa; ma considerate un
brano come questo:
«Il giorno in cui la donna prenderà il suo posto a fianco
dell’uomo nel governare e nel disporre degli affari esteri della
sua razza sarà anche il giorno che annuncerà la morte della
guerra come mezzo per sistemare le divergenze umane. Nessun
orpello di trombe e bandiere potrà in definitiva tentare le donne
alla follia di distruggere con noncuranza delle vite o indorare
la volontaria sottrazione della vita con altri nomi che quello di
omicidio, si tratti del massacro di milioni 0 dell’uccisione di
uno a uno». _ Iusse ignoto alle donne o anche solo una rarità tra di loro?
Ella passa poi a suggerire, con grande abilità retorica, che
una donna non vorrebbe veder ucciso un uomo, così come uno
scultore non vorrebbe veder distrutta una statua su cui avesse
profuso fatica e dedizione. È tutto assai plausibile; non c’è
niente che non vada... se non una curiosa omissione, o piuttosto
dimenticanza. La signora Olive Schreiner sembra dimenticare
‘
completamente che ci sono donne nel mondo.
68
Sembra dimenticare che alcuni di noi le hanno perfino viste
andare in giro. Non sono creature chiuse in scatole, da aprire
('(111l8 chiave chiamata Voto per poter poi sapere quante gambe,
braccia, occhi, corna, ali, pinne o code esse possiedano.
Non c’è davvero nessun bisogno di questo argomento a priori
<—
fluttuante nel vuoto, riguardo a se le donne tollererebbero
che si combatta; la scrittrice espone l’argomento come se
sl esse ricavando la radice quadrata di meno x. Esiste una verità
oggettiva che la maggior parte di noi ha abbastanza esperienza
|)(‘l‘ poter verificare. È vero che le donne non sono
sensibili alla
gloria della guerra? vero che usano sempre
È la loro influenza
«ontro di essa? In genere una donna si vergogna di essere la
moglie o la sorella di un soldato? Una madre, all’atto pratico,
considera suo figlio di ritorno dalla guerra come se 51 stesse
‘
nascondendo in casa dopo aver commesso un omicidio? Ha
mai voluto qualcuna delle regine e delle grandi signore nella
storia custodire i soldati come se fossero statue? La sola
persona per quanto posso ricordare che la vedesse più o meno
…si era un uomo: il padre pazzo di Federico il Grande;1 e in
‘
vllctti la cosa mi fa l’impressione di una morbosità prettamente
maschile. E di sicuro è irragionevole insistere che le donne,
mme gli uomini, hanno tutti gli appetiti politici e tutti gli
interessi politici, per poi dichiarare che esse non sono in grado
‘
di provare, come invece gli uomini, le passioni politiche o le
ambizioni che generalmente conducono alle guerre. La s1gnora
)I ive Schreiner ricorda assai vividamente la guerra sudafricana,
(
-;.uppongo era dalla parte della minoranza in quella disputa,
|)!“ oprio come me. È sua esperienza, 0 mia, che
lo sciovinismo2
Indy Tippin si entusiasmava per Jameson o Kitchener meno
«li lord Tippin? La signora Brown di Brixton era meno aspra
.le signor Brown di Brixton circa i pro—Boeri mentre sedevano
.nlln tavola da pranzo? Non c’era nessuna signora giornalista
che sosteneva i piani di Rhodes? Non c’erano ragazze in giro
la notte di Mafeking?3 Perché, dico, dobbiamo sorbirci queste
4|r;st‘l'Zioni messianiche, come se venissero da dietro il velo del
69
tempio, riguardo a quello che la Donna farà quando verrà nella
gloria per inaugurare la fine del mondo? Perché non dovrebbe
fare quel che fa di solito?
Anche se io considero ancora la notte di Mafeking come la più
nera mezzanotte della degenerazione inglese moderna, non sto
richiamando i fatti incontestabili suesposti come un rimprovero
al normale modo di vedere femminile che mostrano.
Al contrario, penso che il normale modo di vedere femminile
sia giusto. Penso che sia non solo naturale, ma morale. Non
sembra venire in mente alle persone appartenenti alla scuola
di pensiero dell’autrice che un gran numero di noi, maschi e
femmine, sarebbe molto dispiaciuto nel vedere “la morte della
guerra come mezzo per sistemare le divergenze umane”. Una
simile sistemazione potrebbe aversi soltanto tramite l’alleanza
di tutte le grandi potenze per imporre le loro decisioni a
chiunque sia piccolo, 0 isolato, o devoto a qualche principio.
Sarebbe semplicemente Cecil Rhodes e l’imperatore
Guglielmo dalla stessa parte. Sarebbe, non l’Ulster oppresso
dall’Irlanda, ma l’Irlanda oppressa dall’Europa. Sarebbe la
spartizione della Polonia senza combattere. E quali sono gli
altri “mezzi per sistemare le divergenze umane” che sarebbero
le forze principali in una simile combinazione? Usura,
accaparramento, la fame come mezzo di pressione, mercati
artificiali, false notizie, tradimenti diplomatici, processi di
polizia: perché mai un uomo o una donna dovrebbero preferire
questo?
In ogni caso, la signora Olive Schreiner ha solo profetizzato
la vittoria delle opinioni di Olive Schreiner, niente affatto la
vittoria delle opinioni della Donna; quali che siano.
Dal poco che ne ho sentito, direi che siano fastidiose e molto
sensate, ma (come i biglietti) non trasferibili; dubito che si
possa spostarle da una casa all’altra, o da un marito a un altro.
E sono sicurissimo che, qualunque altro problema turbi la
massa della popolazione femminile, il problema di metter da
parte gli armamenti non è uno di quelli. Ma la gente non ha un
po’ di buonsenso? Lo sanno che fardello è l’affitto, o il banco
70
dei pegni? Anche nelle tribolazioni della desolata povertà
proletaria, la pace e la fedeltà della famiglia sono indisturbate.
Ma se fossero disturbate, è più probabile che la moglie fugga
via con un soldato anziché lontano da un soldato.
1) Federico Guglielmo I (1688—1740). Aveva una “passione per la
”“
vita militare”, così che uno dei successi del suo regno fu la crescita
dell’esercito prussiano da 38.000 a 83.500 uomini. Chesterton
probabilmente si riferisce alla “guardia prussiana” di Federico
Guglielmo, che era “costituita di giganti raccolti da ogni parte
d’Europa, a volte rapiti, una specie di balocco con cui si divertiva.
Passare in rivista le truppe era il suo maggior divertimento”.
2) Il termine inglese jingoism indica un tipo di nazionalismo
fanatico ed estremo che porta a sostenere una politica estera molto
aggressiva. La traduzione italiana è sciovinismo, così come quella
francese è chauvinism (lo dice lo stesso Chesterton, in Letters to an
( )ld Garibaldian, quando parla di «what the French call Chauvinism
and we call Jingoism»). Siccome però jingoism è specificamente
collegato al fare la guerra, mentre sciovinismo nel parlare di oggi
non ha per forza questo legame particolare, oggigiornojingoism a
volte è tradotto con gingoismo.
3) Mafeking Night è detto l’insieme delle manifestazioni
(l’entusiasmo che si ebbero in varie città d’Inghilterra la sera del 17
maggio 1900, quando arrivò la notizia che la cittadina di Mafeking,
in Sudafrica, era stata liberata dall’assedio boero, durato 217 giorni.
71
 ROMANZO E REALTÀ
DEL MEDIOEVO
The Romance and Realities ofthe Middle Ages
Illustrated London News, 27 giugno 1914
Nel 1314, nel giorno della vigilia di san Giovanni Battista, un
lungo e magnifico corteo di guerra sotto il vessillo dei grandi
Plantageneti, e di un’epoca in cui la cavalleria era anche sfoggio,
si snodava da sud sulle piane che si stendono intorno alla
rupe e al castello di Stirling.l Raggiunsero un piccolo torrente
acquitrinoso detto il Bannock, oltre il quale erano appostate
forze di numero incerto ma sicuramente inferiore, con qualche
gruppetto di lancieri, ma la maggior parte fanti, al comando di
un alto gentiluomo di stirpe normanna che molti consideravano
un avventuriero. C’era in lui un’inconsapevole capacità creativa
e una semplicità nel bene e nel male che è quasi incomprensibile
per coloro che non abbiano la chiave di quell’antica cristianità.
Egli era divenuto un sincero patriota per caso o (direbbe
qualcuno) per sbaglio. Divenne un re eccellente tramite qualcosa
di simile a un’usurpazione. Era probabilmente più orgoglioso
della sua forza fisica che del suo fortissimo cervello. Omicidio
e sacrilegio, e ogni sorta di cose indifendibili, l’avevano infine
portato alla difesa del suo paese; o, se preferite, alla creazione di
esso. La grande schiera avanzò e attaccò quella più piccola qua
e là, ma senza successo; s’imbrogliò in rozzi trabocchetti e nelle
rive fangose del fiume e restò lì combattendo duramente; e nel
secondo giorno andò in rotta.
La mente di un uomo moderno attraversa tre stadi in relazione
a ciò che potremmo chiamare il romanzo del Medioevo. Il
Medioevo è stato, per certi versi, romantico. Gli scozzesi sono
ferocemente romantici. E l’aspetto puramente romantico
del periodo è stato simbolizzato a meraviglia nel culto di
Bannockburn. Ci sono tutti gli ingredienti romantici: il trionfo
72
contro ogni pronostico, la difesa del suolo patrio e, soprattutto,
il pericolo fisico corso dal principe e condottiero.
Eppure perfino gli scozzesi non sono sempre romantici, né lo
fu il Medioevo. Ripeto, quindi, che ci sono tre stadi che un uomo
attraversa nel considerare un romanzo come quello di Robert
Bruce, “il terzo miglior cavaliere della cristianità”.
Dicono che il secondo pensiero sia il migliore, ma io tendo
a non essere d’accordo. Penso che il terzo pensiero qualche
volta sia il migliore. Ma penso che il primo pensiero sia molto
meglio del secondo e che abbia molta più somiglianza con la
vera maturità del terzo. Nel primo stadio agiamo solamente in
base all’istinto; e qualche volta siamo nel giusto. Nel secondo
stadio, agiamo solamente in base alla ragione; e molto spesso ci
sbagliamo. Nel terzo e veramente ragionevole stadio usiamo la
ragione fino a comprendere i nostri istinti. E se facciamo questo
con il romanzo, giungeremo molto vicini alla realtà.
Il primo stadio può essere rappresentato da “Scottish Chiefs”
della signorina Jane Porter,2 nel quale, come disse 'l‘hackeray,
William Wallace va in battaglia con una lacrima nell’occhio e un
fazzoletto di percalle in mano. In altre parole, è un romanzo che
non appartiene a una particolare epoca o a un dato paese, ma
che è certo più moderno che medievale; e non c’è la complessità
dell’umana natura ma solo guerra tra eroi e furfanti. È 'n
questo stadio che i ragazzi muoiono quotidianamente per
Maria regina degli Scozzesi o che le ragazze tagliano corto con
tutte le complicazioni costituzionali che invilupparono Carlo
!. Ma nella misura in cui il sentimento è idealistico, esso è
davvero medievale; e, cosa ancor più importante, è giusto. E
proprio come associa la lealtà con la casa degli Stuart, associa
la libertà con la casa dei Bruce. Bruce sguainò la spada per
la libertà scozzese, ecco tutto. È vero che la maggior parte di
questi giovani si troverebbe in imbarazzo a definire la posizione
«lella libertà 0 della Scozia riguardo alla contesa sulla sovranità.
Ma i giovani hanno comunque ragione, molto più di quanta ne
avranno quando avranno imparato qualcosa di più.
Il secondo stadio comincia più 0 meno quando cominciamo
73
a leggere Carlyle e Kingsley. Apprendiamo che i grandi uomini
del Medioevo non erano eroi da museo delle cere, ma uomini
dl Stato, e perfino diplomatici; che le cose malvagie che fecero
erano al servizio di grandi scopi di politica e di dominio. In
questa fase intellettuale, e specialmente sotto queste influenze
intellettuali, è normale considerare il consolidamento di grandi
Stati, il diffondersi di sistemi unificati, come il grande trionfo
della politica. In questo stadio, perciò, è normale rimpiangere la
morte di Edoardo I e il fallimento di Edoardo H; e considerare
Bruce come una sorta di ostacolo sentimentale. Questo conduce
talvolta a quel giustificare la tirannia che è la più misera tra le
tendenze della natura umana. Conduce addirittura, qualche
volta, a sostenere che tutte le guerre siano state combattute
per motivi economici e industriali; ma non c’è bisogno che ci
addentriamo in quel pantano di deterioramento mentale.
Di sicuro, se devo scegliere tra la signorina Jane Porter e certi
filosofi della storia come Carlyle e Froude,3 io scelgo la signorina
Porter. Portatemi la mia spada... e il mio fazzoletto di percalle. La
Signorina Porter potrebbe essere stata all’oscuro delle crudeltà
attribuite a Wallace nella sua incursione in Northumbria; ()
potrebbe non averci creduto. Ma non le avrebbe mai scusate,
tantomeno ammirate, come fa Froude con le crudeltà dei
Tudor. Lo stesso Wallace non le avrebbe ammirate, neanche
se le avesse commesse. La signorina Jane Porter è più virile di
Fronde.
Nel terzo stadio lo studente, se è fortunato abbastanza da
arrivarci, giunge a vedere le cose in un modo molto più sottile
e pratico che nel primo, ma tale che gli fa comprendere che
Il primo stadio dopotutto aveva in sé molto di buono.
Egli ha
appreso che tutti gli uomini sono miseri, ma soprattutto i grandi
uomini. Sa che né il valore né l’ispirazione possono salvare un
uomo dal rimprovero di Natan; che né fede né santità possono
metterlo al sicuro dal canto del gallo. Sa che la cosa migliore
che tu possa dire di qualunque uomo è paragonarlo all’uovo del
curato.4 Ma pur sapendo che solo alcune parti di Bruce e Wallace
erano eroiche, saprà anche che quelle parti eroiche erano molto
74
più vicine al culto dell’eroe in “Scottish Chiefs” che al culto
dell’eroe in “Frederick the Great”.5 Qualunque cosa il cavaliere
reale abbia in mano (una lettera a un usuraio, probabilmente),
il cavaliere ideale tiene davvero il fazzoletto della sensibilità.
E lo studente concluderà, anche se non sarà la conclusione
perentoria di un tempo, che davvero significava qualcosa
combattere per la libertà della Scozia.
Questo secondo rovesciamento di prospettiva generalmente
arriva se o quando lo studente prende la sconvolgente abitudine
di leggere quel che fu scritto sui personaggi medievali da persone
che li conobbero. Se il libro della signorina Porter rappresenta
il primo stadio e i saggi di Carlyle il secondo, il terzo comincia
con tre righe qualsiasi di qualsiasi cronaca 0 statuto originale
scritto proprio nel quattordicesimo secolo. L’impressione
ò indescrivibile ma è istantanea. Lo spirito che aborrisce il
passato come selvaggio e inumano, l’assai più spregevole
spirito che in effetti lo ammira come selvaggio e inumano, non
sopravvivranno alla lettura di tre normalissime pagine scritte
quando quel passato era presente. Si possono trovare crudeltà
pagina dopo pagina; ma sono crudeltà di umana reazione e di
complessa legalità e di ingarbugliate rappresaglie; mai però
indifferenza alla crudeltà, ancor meno indifferenza alla cortesia.
Ci sono altre cose indescrivibili, la presenza e il trambusto
del popolino assai più forti di quanto il lettore moderno si
aspetti; e tutte le cose popolari particolarmente imbevute di
religione. Se superstizione significa qualcosa di imposto alla
gente, la religione medievale era l’opposto della superstizione.
Sarebbe come dire chele mele degli agricoltori erano imposte ai
ragazzini; la religione era l’avventura delle loro vite. Cercavano
continuamente di tornare sull’argomento anche quando si
pensava che dovessero parlare di qualcos’altro; per esempio
di Bannockburn. Ma c’è un’altra impressione che cresce più
lentamente ma con più sicurezza, da pur pochi semi di fatti,
poiché io non rivendieo se non una lettura frammentaria dei
resoconti. Ed è l’impressione che ciò a cui cercava di arrivare
il misterioso e bellicoso Medioevo fosse né più né meno che
75
 "' Jl>t‘ltà. Ma provarono a conseguirla sempre attraverso
('
CHESTERTON E
|1\ None e delimitazione, diritti e privilegi, ordini, gilde, collegi:
LA GRANDE GUERRA
«

““ ".C altre cose, nazioni. Perché in effetti nacquero le nazioni.

L
{Imperialismo che tentava di impadronirsi di mezza Europa
ando in pezzi davanti a più indipendenti — o, se preferite, più Il 28 luglio 1914 l’impero di Austria—Ungheria dichiarò
Mondiale.
gelose — lealtà. E alcuni dei ringraziamenti che porgiamo al guerra alla Serbia, dando inizio alla Prima Guerra
grande cuore che andò in cenere a Rouen io non li rifiuterò a Capire come Chesterton vedeva la cosa ai suoi tempi aiuta
quel cuore più imperfetto che Douglas scagliò trai Mori.6 a comprendere gli articoli in cui parla della guerra.
Ecco
di The
come descrisse l’inizio del conflitto nell’Introduzione
Barbarism of Berlin (La barbarie di Berlino) del 1914:
% .
Si riferisce alla battaglia di Bannockburn del 1314,
1 . . . .
Cheste1ton
2
.
in …. gl} Scozze51 comando di Robert Bruce sconfissero gli
al inglesi
Prima di addentrarci nelle cose profonde che fanno di
ec l’indipendenza del loro
23’ÉF1…$tarono paese.
fu una scrittrice inglese, autrice del è
popol are Jane}Po;ter (1776-1850)
T1(1( deus of Warsaw (1803) e dell’ancor ’)1u" p () ’ 101a1‘c questa guerra la più sincera guerra della storia umana,
SCOthsh Chiefs. (1810). ..
. facile rispondere alla domanda sul perché l’Inghilterra vi
n(:)3t)o James Anthony Froude (1818—1894) fu uno storico inglese forse
(
.X_
sia dovuta entrare, tanto quanto è facile chiedere come un
per History of' England from the Fall of Wolscy to uomo possa cadere in una buca del carbone () mancare a un
the qsopîraitltutto
appuntamento. I fatti non sono tutta la verità. Ma fatti sono
‘
i
parlls
/ L
A I mado (12 volumi, 1856 _ 1869) e Life ofCarlyle (1882-
-
.

1884), fatti, e in questo caso i fatti sono pochi e semplici. Prussia,

Una vignetta del Punch mostrava un nervoso curato che Francia e Inghilterra avevano tutte promesso di non invadere
-)6 .
liti)!

’c)aftiìîava ospite del suo vescovo; non volendo lamentarsi di un uovo il Belgio. La Prussia propose (all’Inghilterra) di invadere
il
0 quando g li viene chiesto c om "e, risponde.
' “
Alcune parti sono
Belgio, perché era la via più sicura per invadere la Francia.
-

, .

eccellenti”.
Ma la Prussia promise che, se avesse avuto il consenso di
CÎà ] Un allusione a History of Frederick the Great di Thomas
% , . .

Fed ?, una biografia … più volumi (1858-1865) che presenta

Y entrare, grazie alla rottura della sua promessa e della nostra,
6)€IIiICO come una
manifestazione dell’ideale di eroe di Carlyle. sarebbe entrata e non avrebbe rubato. In altre parole, ci
grande cuore che andò in cenere a Rouen è quello di Giovanna furono offerte nel medesimo istante una promessa di fedeltà
d’Ar “
133(ÎÈ" cuore che Douglas scagliò è quello di Robert Bruce. Nel nel futuro e una proposta di spergiuro nel presente.
(rac h'lr
James Douglas stava trasportando il cuore di Robert Bruce Coloro che s’interessano delle origini umane possono fare
1_USO in un piccolo cofanetto che gli pendeva dal collo) in
pelle? riferimento a un vecchio scrittore vittoriano che, nell’ultimo
gnna gg10 in Terrasanta, poiché il re non aveva potuto andarvi
da (\ Gelato come avrebbe voluto. Giunto in e più misurato dei suoi saggi storici, scrisse di
Federico il
Spagna, fu coinvolto
Grande, fondatore di questa immutabile politica prussiana.
I;I‘
dal Alfonso nella contro i Mori. Durante una battaglia, fu
circoe guerra
fidato dalla cavalleria nemica e una leggenda popolare scozzese Dopo aver descritto come Federico ruppe la guarentigia
narr Che Sl tolse dal collo la catena con il cofanetto che conteneva che aveva firmato in rappresentanza di Maria Teresa, passa
il cua le cose con
com8re'del re e lo gettò in mezzo ai nemici, seguendolo poi nel a descrivere come Federico cercò di sistemare
attlmento come lo aveva seguito da vivo. Non si sa con esattezza una promessa che era un insulto. “Se ella gli avesse concesso
che c 0581 avvenne del cuore ma si ritiene che sia stato ' t rovato
r ( e la Slesia, egli sarebbe stato — diceva — al suo fianco contro
1
. ,
Flp01‘tato l…n Scozia.
_

76 77
 IL CONTADINO CHE
’ g DIVENTO PAPA
Ll L

}
The Peasant Who Became a Pope
Macaulay ma per quanto r1 g u arda
'
fatti attuali avrei potuto Illustrated London News , 29 agosto 1914
- . - .
’ 1

scriverlo io.
,

[…]
ultimi fatti; i fatti che hanno coinvolto manifestazioni di rispetto per
1,1(r3llgfiîlttiesontlì: gli Tra le molte sincere e toccanti ha rilevato il fatto
rra. a trettanto facile eslp 0 rre1pr1m1fatt1; la tragedia del Vaticano,1 la maggior parte
' ' ' ' '
1fatt1' che
han contadino.
che il defunto Papa era per nascita un
. , .
Il che governava in pratica
l’Auîg ica01frlilvg(l)tlpj iltEuropa. pirinc1pe hanno seguito le tracce
o a morte a certe persone ch e ]]' overn O Tuttavia pochi o nessuno, mi pare,
penso fossero cospiratori provenienti dalla Éerbia ' interessante e perfino
di questa verità fino alla sua più
. \ .

alìlstgr(l)alìq è che l'antico Papato e

no austriaco preparò armi ed eserc1t1 terribile conclusione. Perché la verità
' '
' ma non d'1559 moderna in cui questo
una parola alla Serb1a sospettava ' né all’It 3 l'13 con C…' praticamente l’unica autorità nell'Europa
.
di cui
il più antico,
era alleata . Dai docum ent1 sembrerebbe che l’A ustr1a
' È il più antico, senza paragone
possa accadere.
'
ab '
cui possa salire un contadino.
tranne la Prussia. È probabilmeii’iî trono d'Europa; ed è l'unico a
’ .

ci sono indubbiamente incursioni

ÎÎÌEUJÌO'aH oslcuro Ìàlttl e
c1no a vero ire che la Prussi a tenne all’os CUY0 tu…' Negli Stati semiasiatici io
più che di contadini;
inclusa lAustr1a " che chiam'13m0 op…lone' usurpazioni. Ma si tratta di briganti
. , .
. Ma questo e ero
‘ ' '
che si fa strada grazie
credenza convinciment o 0 comune buonsenso, e adesso invece parlo del contadino vero e proprio
., monarchia elettiva rimasta
nO
\ ' .
Il fatto oggettivo è che al solo merito. Questa è la sola vera
l’Anlsîridai iqliggesto cheilci occupiamo. esservi eletto.
1unse a a Serbia di consentIre C h € gh' Uffi01311 ' ' nel mondo; e qualunque contadino potrebbe nella brillante
'
e funzionari serbi foss ero sospesr per l’aut 01'1Ì3 d'' UffiClah' 8 ' ' ' C’è qualcosa di spaventoso e inquietante
e non vedono; hanno
funz1onari austri am," (una parte dell’ult'zmatum alla Serb1a
.
cecità degli illuminati. Hanno telescopi
paralisi della mente
'

d8123 luglio 1 914) e 1ng1unse alla Serbia d'' SO ttometter S'' a

. . telefoni e non odono. Una qualche segreta
0 dei nervi impedisce
loro di essere consapevoli di qualunque
questo entro quarantotto or e. In altre p arol e' a l SOVF3HO dl' Mi son sentito dire in un club
di
Serb1a fu chiesto in pratica
. '
dl' spogliarsi
' cosa sia evidente e presente. impossibili,
non so l 0 delle corone
dibattito che le guerre erano oramai praticamente
d’alloro di due grandi campagne milit ari,' ma della sua stessa strilloni davano notizia
.

roba del passato, proprio mentre gli

legittima naZio nale corona , e di farlo in un lasso dl' te m o Serbia. Scommetterei che lo
dell’ultimatum dell'Austria alla
@

che un Cittadino rispettabile paghi club di dibattito. E se andassi a

. . . . .
…
stanno ancora dicendo, in quel
51
nerîl'ììlélrîél'Îl ÎSIìletltla
con o e ’albergo . La Serbi a chiese '
tem 0 er scientifica è stata, di gran lunga
dir loro che la moderna epoca
1

ave'i/a Igià essi

l’Epoca del Militarismo,
. .
un in la Ma la Russia più di qualunque altra epoca,
.
COHÎ'iII'ÉI'ÌI'ÎÌO' breve, per pace.
E come è
ma 0 a mob1htarsn e la Prussia, presumendo che la chiamerebbero questo semplice fatto un paradosso.
Serb‘1a potesse in tal modo essere soccorsa, dichiarò guerra delle armi, così accade oggi
accaduto con l’antica istituzione
nascita. Esso è molto più
con l’antica istituzione del potere per
7 ‘)
78
 Primo Ministro in Inghilterra.
nessun vero operaio è mai stato
. .
. . \
…

,
. , . - .

e lenta di tutte
‘—’ |. “. ‘li”Ìll’ ] . «
Temo di dover riconoscere che la più lunga
la scala elettiva. C’è naturalmente
queste scale di carriera sia conservatrice persona che
quella rispettabilissima e assai s’è allontanato dal
chiamiamo un laburista.3 Ma quanto
lontano dall’Uomo della
“ comune operaio! E quanto è ancora
' | \
e ‘
]] (Are
cosi mi fu detto
@ 1 Prima Fila!4 In America, credo (perlomeno
chiamata “dalla capanna
quando ero giovane) c’era una cosa White House). Da
alla Casa Bianca” (From Log Cabin to
il cambio di residenza “appresentasse un
ragazzo pensavo che
del senso del pittoresco. Ma, buono o
penoso deterioramento che dica “da ebanista
cattivo, c’è mai stato un proverbio inglese
al ministro”?5 C’è un qualche
politico moderno, per quanto
imitare Cincinnato? E
| ’]m ..
t : ( « : ‘ . | \ 1
\ 1 -
repubblicano, che riterrebbe naturale via il
paludamentum
che, in qualunque momento, getterebbe vita il modo di
Che abbia in tutta la
e tornerebbe all’aratro‘?
modo di fare della classe
. . ent Ch parlare e la vigoria e l’inconfondibile eroiche repubbliche,
ed
da cui proviene? Anche nelle nobili
si può dire che il governante
come quelle di Francia e Svizzera,
sia davvero l’uomo comune al potere?
Ebbene, qualunque indicazione, prove
niente da nemici o
[0 del gr ande prete che di
da amici, attesta che questo era vero
erl
SO \/ ) q ‘ ' ‘ '
del mondo.
]

recente ha reso a Dio il più terribile potere

pr0pl l(ì Cat l (l .
(’1
Quelli che più lo ammiravano, ne
ammiravano la semplicità
( (
Quelli che più mormoravano
x (
e ragionevolezza d a contadino.
a e della riluttanza da
contro di lui, si lagnavano della caparbiet chiaro che la più
contadino. Ma proprio per quel motivo stato
è
funziona: mentre
antica istituzione rappresentativa d’Europa
È possibile trovare il tipo
tutte le nuove sono crollate. ancora
vivi buon umore e carità
forte, paziente, arguto che mantiene
in un’istituzione pubblica.
tra milioni di persone, vivi e supremi i Parlamentaristi
Ma penso che si troverebbero in imbarazzo
S‘ a ri t() e i Suffragisti e i Rappresentativisti
Proporzionali e tutti gli altri
a dirmi dove
emendatori del nostro complesso macchinario,
, ,

che ora è rimasto

altro questo sia possibile: se non nel posto
vuoto.
81
80
 r…… (‘ stato sottolineato, con sottile potenza e tutta la il Nato Giuseppe Sarto,
1) * Papa Pio X (1835-1914) morì 20 agosto.
dvhvahmza delcmso,in.innununevoh gkwnah Hberah e di
era diventato Papa nel 1903.
'

|anlfl“ià aperùn fl grande e buon.rnete ora nunto aveva

.

2) Un episodio della guerra dl' succesmonebausàiéilaîcîr.titolaburista

.

lutti i pregiudizi di un contadino. Aveva quel pregiudizio ‘&) Neu 0rlglnfìle, LabourMember, un me rn ro
' '
’ .

ll Labour Party, nato ne ll’anno 1900, era pa

1'l rtito che aveva a cuore
per cui la mistica parola “si” dovrebbe essere distinta da . ) " rbano.
queHîflhethuflo insondabfle espreaflone che è “no? Bdohi dei lavoratori, soprattqtto del prolteetz‘i‘î’llaèontè
“ interessi
<fli
della panca
, ettera men
*] Man
L originale F1 ° ont Bene
' '
viaggiatori girovaganti in paesi contadini hanno trovato tracce
’ ’ 1

dîxianti” file . .
Pa rllìmento
di tale credenza. Il signor W. Yeats, nella sua poesia più bella,6 nasce dal fatto che nelle prime drpancbednlell (;gizione
'(
… lese
siedono i membri del governo e cam eqqp}p .. 1

risponde con esattezza all’istinto contadino per l’esattezza: L

(nîrmalmente
>

' a “[ ms …; Si
la verde aritmetica dei campi ben ordinati. “Nove file di
per oggi si scrive frontbench). Insomma,
1

e dlllVat0 a 1 p Ogti di
( \ | l
fagioli è allontanato dal comune lavoratore ma non
4 1
L

qui coltiverò”. Molti dei poeti semplicemente aristocratici,

comando. (ll parole
Shefley o (30ethe, avrebbero potuto (fire dicùn1nove file di From Cabine t—Maker to Cabinet Minister, gioco che fa
il
5)
funziona solo in inglese. Un “cabine t-maker un artigiano
è
fhgkflioppurenovanùr(3Byron,quandoilsangueghrflxflhva
.
0
avrebbe detto novecento. Ma il signor Yeats proviene da aiuscola è il Consiglio del
ripara mobili di pregio; Calnnet con a m
1
una
terra di contadini: e sa quanti fagioli vengono fuori da nove ministri. ”
file. Questa credenza ostinata che due volte due fa
. _

6) * “The Lake Isle of Innzszfrce .

_

quattro, e
tre\«fltetreiattove,senza(lubbioirnpregnavalîntefligenza(kfl
grande contadino quando discuteva con tutta l’Intellighenzia
d’Europa. Essi erano i più fini intelletti del tempo. Cosi
dicevano; e se non lo sapevano loro… Il Papa non pretese mai
di avere un intelletto fuori dal comune, ma sosteneva di
essere
dalla parte del giusto; e infatti c’era. Ogni ateo
onesto, ogni
calvinista onesto, ogni uomo onesto che intende qualcosa
o
che crede o nega qualcosa,avrà ragioni13erringraziarela
sua
buona stella (un costume pagano) per il contadino in quell’alta
posizione. Egli soppresse l’enorme eresia che due teste siano
meglio di una, quando crescono sul medesimo collo. Soppresse
Fkkmlnagnafifiadivdemflaboflepknaelanugheubfiaar
Lasciò che le persone concordassero o no con il suo credo
ma
non le lasciò libere di travisarlo.
Ciò fu esatùnnente queHo che quahinque contadino
da quah1nque coHe o pianura avrebbe detù1 Bla cîwa
preso
nilui
quakxma<hrfiù,cheInnisarebbe5fiah)nelconuunìconfinhno.
Per tutto il tempo ha pianto a causa delle nostre lacrime; e gli si
è spezzato il cuore per il nostro spargimento di
sangue.

82 83
 |,li MORTE PAROLE DEI PACIFISTI
The Dead Words of the Pacifists
Illustrated London News, 17 ottobre 1914
In uno .di quei piccoli terribili tocchi di cui abbondano le
lettere private dei soldati semplici, c’era una frase a proposito
di uno stretto marciapiede così ingombro di tedeschi morti che
alcuni di loro non avevano nemmeno avuto spazio
per cadere
ma erano rimasti in varie posizioni erette 0 sedute, e sembrava
che fossero ancora vivi. Per me c’è qualcosa che oltrepassa le
piu bestiali fantasticherie in quella scena avvenuta in ieno
giorno: quella folla senza vita, quello sforzo senza voce puelle
posture di cera, quell’immobilità di cera. Il soldato tfifiavia
ne parlava solo per spiegare la concreta difficoltà ,a enfr'ire
in Citta; .e anche sotto questo profilo l’episodio non è privo
d1mmagmazione o perfino di allegoria.
.Proprioicome quel moderno progresso militare era ingombro
’
di uomini morti, così il nostro moderno progresso mentale è
ingombro di parole morte. Non mi riferisco a frasi che considero
fasulle allo stesso modo che si considerano fasulle una religione
o. una scelta politica; intendo morte nel senso che non hanno
Vita in se,. neanche nelle menti di coloro che le usano Sono
trofei vinti in trenta o quarant’anni di discorsi insensatf sono
stereotipi foggiati in tempi di sicurezza e di sconsideratezza'
escono facilmente dalla penna e non si riferiscono a nienteldi
buono o di cattivo o di irrilevante. I pacifisti in particolare si
trovano la strada ostruita da vecchie parole d’ordine che ormai
ben abituati a ripetere ma che ovviamente non famio
s1fsono
neanche lontanamente, a niente che esista al
;11
(egigi;ento,
Per esempio, c’è davvero molto da dire contro la
guerra
soprattutto la guerra moderna, con i suoi enormi scientifici
macchinari e i suoi enormi eserciti di coscritti. È impietosa, è
84
meccanica; usa o distrugge uomo e natura per il suo proprio
di reclutamento
scopo. È antidomestica come una squadra
forzato e spesso è segreta come una cospirazione. Fa si che ogni
cosa dipenda da un piccolo gruppo di statisti e diplomatici,
di cui nessuno può
spesso corrotti e sempre cinici. Ha aspetti
andar fiero, come l’istituzione dello spionaggio.
Interferisce giocoforza con quella fondamentale noncuranza
che è affine alla benevolenza e che è il più saggio dei costumi
umani. Dà al semplice esperto scientifico un potere più
pericoloso di quanto abbia in qualunque altro campo perfino
nel mondo moderno. E uccide le persone. Ognuna di queste
obiezioni è un’obiezione reale, grande o piccola; ma noi,
obiettando a queste cose tanto quanto altri uomini nati da
donna, ripeteremo che in un particolare caso chiaro e in una
particolare giusta causa riteniamo appropriato sopportarle.
Siamo naturalmente interessati a ciò che i nostri concittadini
dissenzienti hanno da dire in proposito e guardiamo agli
opuscoli e ai giornali pacifisti per cercarvi la sottolineatura
dei mali che già abbiamo riconosciuto. Non ci troviamo
praticamente niente del genere.
Troviamo una filza di parole morte simile a una filza di pesci
vecchi. Frasi che cadono in pezzi una dopo l’altra sele afferri una
dopo l’altra; frasi che chiaramente non sono mai state esposte
alle intemperie dell’analisi critica. Apro un eccellentissimo
facile
giornale pro Pace e mi trovo davanti la frase che è sempre
suscitare la sete di sangue.
Ora, se il tizio avesse detto che è sempre facile, in senso
metaforico, far cattivo sangue — infangare reputazioni, far
rivivere vecchi rancori, approfittare di particolari vanità o
accendere particolari speranze — avrebbe detto qualcosa che
è vero, anche se non è nuovo. Per come stanno le cose, stava
dicendo qualcosa semplicemente perché è vecchio: gli
è
familiare, le parole giuste, una cadenza che è quasi come una
ninnananna. Che cos’è la sete di sangue? Abbiamo voi e io sete
di sangue? Conosciamo qualcuno che ce l’ha? La maggior parte
di noi ormai ha parenti e amici intimi che conosce da tutta una
85
 v1ta, che magari abbiamo visto poco tempo fa, forse
per l’ultima
volta. Avevano sete di sangue? A vederli, pareva che l’avessero?
N01, che per un caso o per l’altro possiamo servire il Paese
soltanto con la penna, chiediamo inchiostro rosso aneland
0
che fosse sangue tedesco?
Se la nostra causa è sbagliata, è sbagliata
per le vanità gli
automganm e le gelosie degli esseri umani civilizzati e senza
dubbio Il tedesco onestamente ci accusa, come noi adeusiamo
lui, dl darci un’importanza sproporzionata. Ma un’importanza
sproporz1onata non è una sete di sangue più di quanto non sia
una sete dl birra. La semplice verità è che, in qualche momento
metà dell’epoca vittoriana, certi filosofi si misero a parlare
3
ella guerra e cercarono di spiegarla, nella
speranza di riuscir
presto a spazzarla via. A quel tempo era di moda rintracciare
tutta la storia umana nei giardini zoologici. Avevano sentito
parlare di tigri che hanno il gusto del sangue così dissero che
cose come le Crociate e la Rivoluzione francese erano accadute
perche non avevamo ancora del tutto “fatto morire la scimmia
e la tigre”.1 Avevamo ancora addosso, da qualche
parte una
str1sc1a della tigre: ed era quella a farci morire
per il nostro
paese come Kosciusko o mettere al rogo per la nostra fede
come G10vanna d’Arco. Se le tigri effettivamente muoiano
per il loro paese, o consentano a farsi bruciare vive per le loro
opinioni, non sono abbastanza un naturalista da poterlo dire-’
ma 1 naturalisti sembrano pensare che sia tutto a posto
Cos1 cominciò questa moda, che
oggi non è altro che una
frase fatta: suggerire che il generale Joffre voglia
prendere a
mor51 1 pruss1ani e che il generale French gli voglia tener dietro
a quattrozampe leccando il sangue. Per la verità è ovvio
quasi
ogm cattivo motivo può spingere gli uomini in ’guerra tranne
questop1acere animalesco per la sua crudeltà.
Continuo a leggere il mio giornale pacifista e trovo una qualche
frase come “incoraggiare l’odio razziale”. Questo avrebbe
potuto avere qualche senso in certi casi: ma casi estremi
come druomini bianchi e neri; perché ci sono uomini bianchi’
per altri versi onesti e compassionevoli, che sostengono di
86
avvertire una tale differenza fisica. Ma chi può prendere sul
serio una cosa simile quando riguarda una guerra tra le fitte e
aggrovigliate tribù d’Europa? La città di Dunkerque, mi pare,
e stata occupata dai francesi, dagli spagnoli, dagli inglesi, di
nuovo dai francesi, e molto probabilmente dai fiamminghi o
dagli olandesi. Nei casi della guerra perfino oggi potrebbe essere
occupata dai bavaresi o dagli austriaci. Davvero qualcuno crede
che la popolazione di Dunkerque senta una repulsione fisica
di
per questi europei assortiti nel senso in cui certuni parlano
repulsione fisica per i neri? Quando portarono le buone nuove
da Ghent ad Aix, dawero qualcuno crede che il messaggero
proveniente da Gand sia stato colpito d’improvviso dalla
superiorità etnologica degli abitanti di Aachen?2 Non può
esistere qualcosa come l’odio razziale in Europa. Ma nel caso
di uomini neri, rossi e gialli, il pregiudizio del colore potrebbe
essere un vero problema di nervi. Nel caso di uomini bianchi
non è un problema di nervi: e un trucco da codardi.
È una
gelida frottola per qualunque popolo di razza europea fingere
di riconoscere la razza teutonica o la razza celtica e di essere
contenti dell’una () disgustati dell’altra. Se dawero esistono
delle avversioni quasi corporee — che io, grazie a Dio, non ho
mai incontrato — esse non si riscontreranno certo nella piccola,
casalinga, contestata piazzetta che chiamiamo Europa. Essa
è una famiglia fin nei minimi dettagli delle liti familiari. Le
sue campagne sono costellate di campi di battaglia su campi
di battaglia, ma anche di trattati su trattati. È un alterno e
sempiterno luogo di convegno di amici e nemici. E se quelli che
così incessantemente si sono incontrati l’uno con l’altro, secolo
dopo secolo, così esattamente nello stesso limitato spazio, così
frequentemente nella stessa incessante contesa... se costoro
non si conoscono l’un l’altro, nessun uomo ne conoscerà mai
un altro fino alla fine del mondo.
Ho preso questi due esempi come espressioni di una sorta
di linguaggio morto che impastoia tutta la nostra controversia
odierna. Ci sono molte cose cattive nella guerra; potrebbe
darsi che ci siano molti cattivi motivi per essa. Ma il desiderio
87
 di uccidere semplicemente non c’è; e non c’è
una ripugnanza
razz1ale. A sentire certi discorsi, uno potrebbe supporre che gli
inglesi e i forestieri non si siano mai incontrati prima nelle
vecchie battaglie o nei commerci moderni. E ridicolo,ehe i
giornali tedeschi parlino come se il soldato tedesco dovesse
comparire in Europa come un Superuomo, evidentemente
diverso da chiunque altro. L’abbiamo visto a Waterloo e a Jena
Ma e altrettanto ridicolo quando i giornali inglesi parlano come
se il soldato britannico dovesse comparire in Francia
come un
uomo piu magnifico di quanti quella nazione di guerrieri abbia
mai vedut1. Entrambe le parti sembrano dimenticare che tutti
e tre Sl sono incontrati molto
spesso prima d’ora.
Il campo su cui la
guerra si sta muovendo è un mosaico di
sconfittee vittorie non solo francesi ma anche inglesi. Non è
una nov1tà per noi combattere oltre il Canale più di quanto
s1a una nov1tà per i tedeschi o i francesi combattere
oltre il
Reno. La verità è che l’Europa occidentale ha preso una botta
in testa qualche secolo fa; e la memoria le sta solo tornando
molto lentamente. Ma possiamo almeno farla finita coi
sogni
e len1ezze delusioni che hanno
perseguitato la sua lenta
guarigione: le false spiegazioni del passato, le folli immagini
del futuro. Che i pacifisti ci raccontino dei saccheggi e dello
spionaggio e dei cadaveri depredati, perché questi sono gli
orrori della guerra. Ma non vengano mai più a raccontarci di
sete di sangue e di odio razziale, dell’uomo che sarebbe
una
mezza tigre o dell’europeo che sarebbe un mezzo cannibale
Perche questi sono gli orrori della pace, gli incubi che possono
essera venuti solo mentre dormivamo; e in quest’ora noi siamo
ormai svegli.
1) * Tennyson, In Memoriam, CXVHI, verso 28.
2) “Hou; They Brought the Good News from Ghent to Aix” (1845) è
una poesia di Robert Browning, poeta su cui Chesterton aveva scritto
un saggio nel 1903. La poesia non commemora un evento reale della
storia. Ghent è la città di Gand nelle Fiandre, Aix è Aix-le—Chapelle ,
che iii tedesco è detta Aachen e in italiano
Aquisgrana.
88
FRAINTENDERE I FRANCESI
Misunderstanding the French
Illustrated London News, 31 ottobre 1914
La totale conquista e il governo permanente di un intero popolo
da parte di un altro è una cosa a cui nell’Europa occidentale
non si pensa seriamente da lungo tempo. Che cosa possa
accadere se la straordinaria moralità politica dei prussiani avrà
un futuro dinanzi a sé, non lo sappiamo. Ma finora l’effettiva
schiavizzazione di grandi nazioni non ha preso questa forma.
Nondimeno, il signor Norman Angell e i suoi amici sono
completamente in errore quando dicono che la conquista
militare non può danneggiare la cultura del conquistato. Penso
che il signor Norman Angell abbia veramente chiesto, in uno dei
suoi polemici articoli, se la Francia potrebbe essere resa meno
attraente e influente nelle arti e nelle scienze dal fatto di essere
sconfitta in battaglia. La risposta ovvia è che questa calamità
non solo potrebbe accadere, ma è già accaduta. Fin dal tracollo
del 1870 un fiume di spazzatura e stupidità a proposito dei
francesi è fluito costantemente tra le nazioni e solo di recente
ha cominciato a scemare. Si son dette cose da ogni parte, fin
da quando ero bambino, dalle quali uno potrebbe innuaginare
che tutti i resoconti della storia francese prima del 1870 siano
andati improvvisamente perduti. Si poteva immaginare che gli
Ulani avessero costruito Parigi prima di abbatterla. Sembrava
che tutti concordassero che i vincitori di Wattignies1 e Wagram2
non fossero in grado di combattere; che la stirpe di Richelieu e
di Carnot3 non fosse capace di governare; che la terra di san
Bernardo e Bossuet4 non riuscisse a comprendere la religione;
che la terra di Pascal e Cartesio non avesse mai sentito parlare
di filosofia; che i compatrioti di Ronsard non apprezzassero i
poeti; che i compatrioti di Bayard non sapessero che cos’è un
gentiluomo. Ci fu, dopo il 1870, un’apprezzabilissima invasione
di beni intellettuali francesi, come chiunque potrà vedere
consultando giornali e riviste e segnando i riferimenti a Racine,
89
 per esempio, in confronto ai riferimenti a Schiller.
Ed è questo genere di aduggiamento intellettuale che è il più
profondo e più disastroso tipo di conquista; ed è in gran parte
per impedire che si diffonda ulteriormente che mezzo mondo
oggi sta combattendo. Il più profondo punto di degradazione
fu raggiunto probabilmente quando ci fu insegnato a
guardare
la Francia come un enorme ritrovo di divertimenti. Fu
descritta
come il paese dell’assenzio anziché il paese del vino. Il ridicolo
Moulin Rouge ha davvero fatto dimenticare agli uomini l’antico
vero mulino che fu arrossato di sangue a Valmy. Non abbiamo
sentito niente dei pensatori francesi veramente energici e acuti
che stavano allora riconsiderando le realtà del loro
tempo.
Prima, trovandosi il prestigio della Francia ad essere
scarso,
ci sventolarono dinanzi Zola come il
peggio del peggio che
perfino un francese potesse fare. Poi il prestigio scemò ancor
di più; e Zola ci fu sventolato dinanzi come il meglio che
un
francese potesse fare. Ma che fosse seguito come pornografo
o
pubblicista, era sempre per il discredito della Francia. La stessa
parola “francese” era usata come aggettivo scientifico per gli
espedienti più sgradevoli. Della “Ville Lumière”,5 il più aperto,
il più pubblico, il più chiaro e schietto ‘
posto della cristianità,
'
si parlò come di un segreto colpevole. La
gente era furtiva in
proposito come se si trattasse di un luogo per appuntamenti.
.
Questo fu l’estrema e più nera delle disgrazie che colpirono
la Francia: quando la tragica Parigi fu fatta diventare la
“gaia
Pari”.
I francesi hanno già combattuto la loro
battaglia per uscire
dall’ombra di questo squilibrio ed equivoco da parte straniera.
Ma ogni nazione corre il medesimo rischio; ed è
per questo,
con tante scuse al signor Norman Angell, che importa molto, '.
eccome, quale delle due parti vinca in una guerra. Un paese
conquistato, se non è disprezzato del tutto, è apprezzato per ciò
che piace ai conquistatori, non per ciò che piace al
paese stesso.
L’accento è posto sempre sulle cose sbagliate. Alcune recenti i
azioni militari sono state una specie di allegoria di
questo. La
zona di Francia chiamata Champagne interessa ad ogni sorta
90
||| |..…uaai ogni sorta di motivi. I realisti ricordano che
‘
pt‘l'
"N q…-Ilv pianure venne la Pulzella col misterioso compito di
Howl… lll.’ll't‘ il Delfino in un vero re. I repubblicani ricordano
.'H‘ ...I .\rcis, giù a sud, sorse quel gigante che “pestava un
'il… |«“ «lalla terra fiorivano eserciti”: Danton. Ma i colti ufficiali
«—
|ml.--.«-hi non sembrano ossessionati da queste cose. Non
M°lli|il .|…) interessarsi a niente nella Champagne... se non allo
rh… mgnc. Allo stesso modo i tedeschi, e (lo dico con vergogna)
| | |
In .|… lrlw misura gli inglesi, hanno preso l’abitudine di chiedere
»| || .lll4't‘Sl solo lo champagne dell’intelletto, mentre vini molto
piu … )l)lll, insieme con guerra e amore, si potevano trovare nel
Ì.h-rhivrv di Danton o nel calice di Giovanna d’Arco. Questo e
iii «| N‘ (\ intollerabile nello straniero: non che disprezza, ma che
.
mnnnira per sbaglio. Se i prussiani (Dio non voglia) lasciassero
in… un segno militare in Inghilterra, sarebbe anti—inglese anche
…‘ lusso inteso come pro—inglese. Per esempio, se l’influsso
|mlvsco fosse molto forte in Inghilterra, non ho dubbi che si
v-.prinicrebbe in una colossale statua di Shakespeare e in un
un…-rho Teatro Nazionale dedicato alle rappresentazioni delle
».…- opcre. Questo sarebbe, in un certo senso, un complimento.
Ma sarebbe un complimento che mi sentirei propenso a lavar
\in …] sangue più di quasi ogni insulto che mi si possa fare.
I’cr i tedeschi Shakespeare non è il mio Shakespeare. E uno
’
rlu- lll interrogatori; o, peggio ancora, è un interrogativo. Non
i‘ un poeta, non è un inglese; peggio di tutto, non è un buffone.
lv".
ritagliare la buffoneria da Shakespeare è disperato quanto
|'il agliarla da Rabelais; o, anche, se è
per quello, quanto ritagliare
«lalla Bibbia il nome di Dio. E io saprei che quelli che avessero in
tal modo influenzato il mio paese sono davvero invasori, anche
…‘ avessero l’aspetto di pellegrini.
() prendiamo un caso parallelo. Anche quando i giornalisti.
.
lcdcschi sono complimentosi riguardo a luoghi come Reims,
,
anche quando sono elogiativi, è chiaro dalle loro parole che non
l
comprendono esattamente che cosa le cattedrali della F ranc1a
settentrionale siano per i francesi. Ne parlano come di musei,
‘
mme di objects d’art: nel migliore dei casi, come dei luoghi
91
 sacri di una religione delicata e morente che la cultura dovrebbe
rispettare. Di solito, comunque, non ne dicono niente. Nel
peggiore dei casi, dicono cose che non è il caso di ripetere.
Ma buone, cattive o indifferenti che siano, le loro esternazioni
.
implicano, chiaramente quanto basta, che ritengono di essere
bias1mati per aver colpito qualcosa di mansueto e stanco, come
una vecchia donna che si potrebbe ben lasciare a finire in pace i
su01 giorni. Ma non è questo che i francesi provano
per Amiens
o Chartres, cosi come un Teatro Scespiriano non è il modo in cui
10 penso a Shakespeare. Nella Francia del nord
una chiesa non è
solo una chiesa; è una chiesa militante. È vero che l’architettura
e chiamata per comodità architettura gotica, ma questo è solo il
perpetuarsi di un errore del rinascimento italiano.
E sempre stata pretesa gallica che i
templi dei Galli fossero
guerreschi quanto gli accampamenti dei Goti. E loro non
pensano a Reims come a una rovina pittoresca, anche se i
Goti ne hanno fatto questo. Pensano ad essa come a una realtà
vivente, che è diventata, ahimèl, una realtà in fiamme. Fu qui
si dice, che Clodoveo6 sguainò la spada quando udì
per la prima
volta la storia della Crocifissione e gridò: “Non sarebbe successo
se io fossi stato lì”. Qui venne Giovanna d’Arco come una donna
immersa in un sogno; e ne eavalcò via come un uomo in armi.
.Se i tedeschi fossero dawero colti percepirebbero qualcosa
di pugnaee nell’architettura gotica: qualcosa che
non è morto
ancora e che non intende morire.
Per i francesi, che sono colti, infrangere una di quelle
grandi finestre multicolori è come impadronirsi dei colori di
un reggimento. Per questo motivo il signor Norman Angell
sbaglia quando dice che la cultura del conquistato non può
essere danneggiata o soppressa dal conquistatore. Può essere
danneggiata dal conquistatore, può essere soppressa dal
conquistatore, semplicemente perché può essere spiegata dal
conquistatore.
Un imperatore che ha veramente sconfitto i Parti e i Medi ha
prestigio sufficiente per pontificare davanti al mondo intero su
che cosa sia veramente interessante nei Parti e nei Medi. Qui,
92
dunque, entra in gioco la necessità estrema di continuare la
guerra in corso finché non avremo riaffermato le uguaglianze
d’Europa.
Se la Germania riuscisse a conquistare, fossero pure le sue
richieste moderate come è certo che sarebbero mostruose,
sarebbe la Germania a pretendere per il futuro di spiegare tutti
i popoli a loro stessi. Quel che verrebbe ad esistere sarebbe
l’immagine tedesca della Francia. Supponendo, con uno sforzo
d’immaginazione, che l’imperatore tedesco non abbattesse
la figura di Nelson dalla sommità della Colonna di Trafalgar,
lo vedremmo senz’altro ai suoi piedi che sventola la mano e
suggerisce delle migliorie. Supponiamo che il povero vecchio
Guglielmo riportasse una vittoria dopo i suoi anni di pace
eppure non tirasse giù Napoleone in Place Vendome dalla
sua torre di cento vittorie! Anche allora l’imperatore tedesco
ammirerebbe l’imperatore francese per tutti i motivi sbagliati.
E questa è, prima e ultima, proprio la cosa che nessun popolo
libero può sopportare.
1) * Una battaglia combattuta nell’ottobre 1793, in cui l’esercito
rivoluzionario di Francia sconfisse un esercito degli alleati costituito
principalmente da austriaci; situata sulla frontiera tra Francia e
Belgio, Wattignies si trova nella regione in cui si combatterono le
battaglie campali della Prima guerra mondiale.
2) Cittadina dell’Austria, a nord—est di Vienna, dove nel luglio
”“
1809 Napoleone riportò una brillante vittoria sugli austriaci e pose
fine alla guerra.
3) * Lazare Nicolas Carnot (1753—1823) fu un rivoluzionario francese.
4) James Benigne Bossuet (1627—1704) fu un ecclesiastico, oratore
"“‘
e autore di Doctrine de l’Eglise Catholique e di Histoire Universelle.
5) * Parigi, la Città delle Luci. L’epoca a cui si fa riferimento è la
fin de siècle, quando Parigi era nota per il suo approccio liberale alla
moralità.
Re dei Franchi Salii (466—511), che combatté contro i romani e
6) *
fu convertito al cristianesimo dalla moglie Clotilde. La storia si può
trovare nelle Cronache di Fredegario (Fredegarius), capitolo XXI,
dove si vede invece che disse che avrebbe vendicato la Passione se
fosse stato presente con i suoi Franchi.
93
 PER CHE COSA COMBATTIAMO
What We Are Fighting For
Illustrated London News, 5 giugno 1915
Se fossi il Grande Inquisitore, cercherei di eliminare dal
mondo con il fuoco non tanto certe convinzioni quanto invece
certe frasi. Discuterei con le persone a proposito dei nostri
rispettivi credi; ma le ucciderei per gli slogan. A parte questo,
si potrebbe far molto con ascesi e abnegazione volontarie.
I giornalisti potrebbero far voto di non dire “un uomo
forte” per otto mesi; una volta trascorso quel tempo, forse
comincerebbero ad avere un pallido presentimento di quello
che intendono dicendolo, ammesso che intendano qualcosa.
Non dovrebbero concedersi di dire “sta facendo la sua parte”
nei giorni di festa solenne. Altre frasi però dovrebbero proprio
essere sradicate, perché sono parte di un intero modo di vedere
la vita che si è dimostrato scimmiesco e inappropriato. Al
presente, esse intasano dovunque i canali del pensare umano.
Le eresie palesi, come il fatalismo o l’antinomismo, sono
cattive per la condotta: in esse l’azione è rovinata dal pensiero.
Ma in queste altre cose il pensiero è rovinato dal linguaggio.
Soprattutto dal medesimo linguaggio usato ancora e ancora.
Avrò visto mille volte questa frase circa la guerra attuale:
“Non vogliamo persone che parlano, ma persone che fanno”.
Non so quante confusioni ci sono in quelle poche parole. Per
cominciare, rientra nelle umili capacità della natura umana il
parlare in maniera sensata. Probabilmente la cosa migliore che
uno costretto allo stato civile possa fare in questo momento per
il suo paese e parlare in maniera sensata. È anche possibile dire
cose insensate, come i tedeschi quando fanno “bang, bang!”
(come i bambini) sugli stabilimenti balneari inglesi o come
fanno certi gentiluomini inglesi quando tentano di eliminare
la musica tedesca. Poi, ovviamente, quella frase implica la
94
separazione degli uomini in due specie differenti: quelli che
sono in grado di parlare e quelli che sono in grado di agire.
Questa è una semplicità idiota, come dividere gli uomini in
quelli che riescono a udire e quelli che riescono a odorare. Non
c’è, e non c’è mai stato, uno straccio di prova che le due capacità
siano incompatibili; e anzi la più ampia evidenza storica
prova
che in genere vanno insieme. Danton, “che batteva il piede e
dalla terra uscivano eserciti”,1 Chatham, che mandò la bandiera
inglese in giro per il mondo, erano entrambi innanzitutto e al
massimo grado uomini che parlavano. Essi sapevano parlar
bene e agire bene; e il principale ostacolo che incontrarono
furono potenti manichini che non sapevano fare nessuna
delle due cose. Ma, in opposizione al più evidente dei fatti,
quest’assurda frase fatta ancora va in giro; e spesso un uomo è
supposto capace di far qualunque cosa semplicemente perché
non e capace di raccontare ad alcuno che cosa stia facendo.
Un altro interminabile solco in cui si sono incastrati molti dei
nostri scrittori e una frase che riguarda il combattere i tedeschi
con le loro stesse armi. Ora, per prima cosa una persona di
buonsenso non combatte niente con le stesse sue armi. Non
morde un pescecane, non artiglia una tigre. L’uomo saggio non
riporrà le sue maggiori speranze nella possibilità di far volare
per aria un toro. Non lo troveremo, nelle sue esplorazioni
scientifiche in campagna, che cerca pazientemente di pungere
un calabrone. F abbastanza ovvio, si penserebbe, che la vittoria
su un awersario si possa meglio ottenere non usando i metodi
che gli sono familiari, ma i metodi che non gli sono familiari.
Ma quando si arriva a differenze morali e intellettuali questo
lampante truismo sembra scomparire da certe menti umane.
Se fossimo in guerra con il Re delle Isole dei Cannibali,
direbbero che i nostri ammiragli dovrebbero mangiare i propri
prigionieri. Quantomeno non mostrano consapevolezza di
alcun principio intellettuale che possa salvarli dall’arrivare a
una simile conclusione. La loro mente non sembra nemmeno
sfiorata dall’idea che noi non mangiamo selvaggi per lo stesso
motivo per cui li conquistiamo: perché non siamo selvaggi.
95
 Non ingolliamo sangue umano per lo stesso motivo per cui
non mandiamo giù la schiavitù e l’umiliazione: perché ci fanno
vomitare. Mi spiace vedere che anche uno scrittore così sincero
e compassionevole come il signor Blatchford, a cui dobbiamo
tutti così tanto, sia finito nello stesso solco. Dice con sarcasmo
che a noi non è consentito usare certe forme di ritorsione
perché il nostro governo è troppo gentile verso i tedeschi. Ora,
certe ritorsioni particolari possono essere giuste o sbagliate;
ma è solo sciatto sentimentalismo suggerire che chi le ritiene
sbagliate abbia delle particolari simpatie teutoniche. Direbbe il
signor Blatchford, per esempio, che noi dovremmo avvelenare
i pozzi perché i tedeschi li hanno avvelenati?
E, se non lo
direbbe, perché no? Il vero motivo, naturalmente, sarebbe il
medesimo per lui e per me; e non dovremmo trattenerci dal
farlo per rispetto dei tedeschi, ma per rispetto di noi stessi.
Questo chiaro principio dev’essere il banco di prova a cui
sottoporre tutti i discorsi riguardo alla moralità dei metodi.
Perché è proprio la sfida che sta lacerando il mondo. Stiamo
combattendo perché l’uomo rispetta sé stesso: non possiamo
perdere ciò per cui combattiamo, nemmeno per combattere
meglio. Il Prussiano non si ferma davanti a niente nel cercare
il trionfo perché non capisce niente altro che il trionfo. Per lui
perdere la battaglia è ciò che perdere l’anima sarebbe per un
dèvot (una persona devota): qualcosa che spera non sia troppo
difficile da evitare ma che deve evitare a tutti i costi; e riuscire
ad evitarla renderà insignificante tutto ciò che avrà sopportato.
Ma noi non consideriamo, né possiamo considerare, che la
nostra salvezza consista solo nel nostro successo. Noi non
pensiamo, né possiamo pensare, che la sconfitta sia la cosa
peggiore possibile, non più di quanto possiamo pensare che la
guerra sia la cosa peggiore possibile.
Per noi un Kosciusko sconfitto, o un Robert Emmet sconfitto,
non sono disonorati dalla sconfitta; ma un Bismarck sconfitto
sarebbe soltanto un farabutto smascherato. Non mi riferisco
qui a una qualche occasione particolare, il che richiederebbe
una conoscenza militare e scientifica che non possiedo; ma mi
96
riferisco a quel che la prova deve essere e soprattutto a quello
che non deve essere. Non deve essere solo la questione se il
nemico stia facendo o non facendo una cosa in particolare.
Dicevano nel Medioevo, mi pare, che il Diavolo è la scimmia
di Dio. Non dovrà esser detto in nessun tempo che noi siamo
stati la scimmia del Diavolo. Quando dico “noi”, intendo
innanzitutto i miei compatrioti, poi le nazioni completamente
differenti chiamate Irlanda e Scozia; infine, tutti i Paesi che
hanno conservato la cavalleria e la carità della Cristianità per
più di mille anni. Essi sono ora, grazie a Dio, praticamente tutti
schierati in difesa di quella cavalleria e di quella carità e stanno
facendo giustizia di quelli che si sono dimostrati nemici di
entrambe senza un’ombra di dubbio o di timore. Il solo limite
che riconosceranno sarà quello strettamente razionale che ho
esposto. Non possono colpire quelli che vorrebbero distruggere
la loro cavalleria distruggendola loro stessi. Perché lo spirito
combattivo che noi apprezziamo fiorisce da una gran quantità
di altre cose e non può essere separato da queste. Una specie di
coraggio può esistere anche in un soldato spietato e ignobile,
come può esistere in uno spietato e ignobile cinghiale; ma non è
per tener viva questa specie di coraggio che i nostri fratelli sono
morti. Essi sono morti per un certo spirito che non è affatto
facile da definire; e che non è affatto necessario definire finché
continuiamo ad averlo. Quello spirito non può esistere senza
altre virtù accanto alla virtù della fortezza: ha sempre, dentro
di sé, qualcosa che guarda al prima e al dopo, la memoria e la
promessa della pace. La vecchia amabile poesia del Cavaliere
oggi risuona con un clangore più profondo e terribile:
I could not love thee, dear, so much
Loved I not Honour more.2
/
(Io non potrei amarti tanto, cara, se non amassi l’Onorc
ancor dipiù)
Ma è ugualmente vero che questo sano orgoglio guerresco
non può stare in piedi da solo o crescer su dal nulla: deve
avere qualcosa da difendere, ma qualcosa che valga la pena
97
 -«
,.
difendere. È ugualmente vero che lo spirito della Cristianità
sta anche dicendo:
I could not love thee, Honour, so much
.,.
Love I not Goodness more.
/
(Io non potrei amarti tanto, Onore, se non amassi la Bontà
di più) 3
E non ho dubbio alcuno che la nostra guerra sarà tanto più forte
a causa della viva coscienza di ciò per cui stiamo combattendo;
mentre abbandonare la sua essenza significherebbe un lento
prosciugarsi di tutte le sorgenti del nostro coraggio. Perché
non stiamo combattendo per qualcosa davanti a noi, ma per
qualcosa che sta dietro di noi: non per l’Impero, ma per la
nostra casa…
1) L’immagine proviene da Plutarco, che la riferisce
come una
vanteria di Pompeo durante la guerra contro Cesare (Plutarco, Vita
di Pompeo, cap. 57); ma qui Chesterton sta probabilmente citando
Belloc, che aveva usato l’immagine di Plutarco per descrivere Danton
nel suo saggio del 1899 sul rivoluzionario francese.
2) I due versi sono la fine della poesia “To Lucasta, Going to the
Wars” (A Lucasta, partendo per la guerra) di Richard Lovelace,
poeta inglese del diciassettesimo secolo.
3) Il termine inglese goodness significa “bontà”. Per i protestanti
di lingua inglese a un certo punto diventò anche una maniera
eufemistica di dire “Dio” (come nell’espressione thank Goodness,
che equivale al nostro “grazie a Dio”) così da non pronunciare il
nome di Dio invano; e in questo caso si scrive con l’iniziale maiuscola.
Qui però Chesterton usa Goodness non in maniera semplicemente
eufemistica o per motivi di metrica, ma per indicare Dio in quanto
Padre buono e Creatore di ciò che c’è di buono nel mondo, per cui
vale la pena combattere.
98
IL DIO DELLE BATTAGLIE
The God of Battles
Illustrated London News, 23 ottobre 1915
È un brutto emblema dei nostri tempi il fatto che la parola
“typewriter” si possa riferire tanto a una macchina quanto a una
signora.1 La nostra plutocrazia di rado è tanto schietta circa la
propria crudeltà da orologio come in questo particolare caso. La
meccanica schiavitù descritta molto tempo fa in “The Song of
the Shirt”2 esiste tuttora, così come la maggior parte degli abusi
denunciati da Hood e Dickens e i grandi filantropi del passato.
Ma nella pratica noi non chiamiamo la cucitricc “macchina
da cucire”. L’operativo nelle fabbriche può essere, come
dicono gli autori di satire socialisti, un semplice ingranaggio
in una macchina. Ma egli non è affettuosamente chiamato
“ingranaggio” () “ruota” dai suoi intimi. Noi non chiamiamo
“telefono” la telefonista... in qualunque altro modo possiamo, a
volte, aver voglia di chiamarla. Ma c’è un intero racconto giallo
nelle possibilità che nascono dal doppio senso della parola
“typewriter”. Sarebbe facile costruire un’intricata narrazione
per cui il più innocuo dei letterati, che abbia semplicemente
fatto a pezzi la sua macchina da scrivere, possa essere accusato
in maniera convincente di avere smembrato e sparpagliato il
cadavere della sua segretaria.
Dico che il nostro linguaggio commerciale è raramente
così tanto schietto, benché ci arrivi vicino anche nel comune
appellativo di “mani” (hands) usato per chi fa lavori manuali
(workrnen). Ed è uno dei quattro o cinque aspetti principali
dell’attuale guerra il fatto che essa è in gran misura un conflitto
tra uomini considerati come “mani” e uomini che almeno ogni
tanto sono considerati come teste e cuori. Questo non vuol dire
che la Germania sia nient’altro che meccanica, più di qualunque
altro grande Stato moderno. Si può concedere che nelle qualità
99
direttamente militari di coraggio e lealtà i tedeschi sono alla pari
con i loro nemici. Ma i tedeschi hanno superiorità solo nella
parte meccanica, ammesso che abbiano una qualche superiorità.
Anche quando si tratta di numeri, ovviamente, la nuova
pretesa dei tedeschi di essere la parte più debole e più colpita
è decisamente assurda.3 La guerra nella quale sono entrati con
energia, e dalla quale speravano di uscire con successo, era
una in cui essi sopravanzavano enormemente tutti i possibili
avversari, nel numero di uomini così come nel numero di armi.
Anche allora avrebbero riconosciuto che entro un anno la guerra
sarebbe diventata per loro molto più difficile. Ma avrebbero
aggiunto che entro un anno la guerra sarebbe stata finita.
Che gli imperi britannico e russo avessero popolazioni che si
sarebbero potute alla fine impiegare se il piano tedesco fosse
fallito era un fatto naturalmente irrilevante per coloro che
credevano che esso avrebbe avuto successo. È come se Crippen
avesse detto che era lui la parte più debole, quella che si stava
difendendo, perché in Inghilterra ci sono più donne che uomini.4
Ma quando passiamo dall’argomento degli uomini all’argomento
delle armi, l’azione tedesca e in maniera assai più evidente e
opprimente un puro e semplice abuso di forza. In Russia il corso
degli eventi si sta effettivamente volgendo contro i tedeschi;
ma non perché1 russi hanno già armamenti superiori o anche
solo uguali. È pe1ché ai tedeschi sarebbe stata necessaria una
superiorità materiale quasi miracolosa per combattere contro
una superiorità morale. In breve, il grande Stato meccanico è
partito con un vantaggio numerico in termini di schiavi di ogni
genere; ma aveva più vantaggio in termini di schiavi morti che
di schiavi vivi! Esso si è concentrato sui suoi macchinari come
macchinari anziché sui suoi uomini come uomini: concentrato
con un calcolo accurato e scientifico, nel quale c’era un solo
difetto di logica.
Quel difetto era un fatto non considerato: il fatto che un
uomo può fare una macchina, ma una macchina non può
fare un uomo. È tipico di Bismarck che egli mancasse di fare
questa distinzione perfino nel parlare di “metodi di sangue e
]
()()
ferro”. È inutile conservare tutto il ferro quando hai sparso
tutto il sangue. Finché un contadino russo rimane intero e sano
abbastanza da lavorare con un vecchio aratro, è abbastanza sano
e intero da fabbricare un cannone nuovo. È solo questione di
insegnargli come farlo. Ma una cerchia di professori prussiani
avrebbe bisogno di considerevole costanza e sopportazione
didattica nell’impegnarsi a insegnare ad un cannone nuovo
come si fa un contadino intero. Questa è una faccenda assai
pratica, perché significa che un tipo di perdita può sempre
essere colmato mentre l’altro tipo non può. Ma, come molte
cose assai pratiche, è anche assai mistica. Il più misero e più
infantile degli insulti dei pacifisti è, direi, prendere in giro i
combattenti per il fatto che invocano il Dio delle battaglie. Essa
è ridicolmente illogica, perché ovviamente non abbiamo alcun
diritto di uccidere per la vittoria tranne che quando abbiamo un
diritto di pregare per ottenerla. Se la guerra non è una guerra
santa, e una guerra empia: un massacro. Il signor Bernard Shaw,
nella sua vana ricerca di qualche argomento di disaccordo con i
suoi compatrioti in questa materia, inciampa in una frase fatta
indegna di lui quando dice che le chiese dovrebbero esser chiuse
in tempo di guerra. Di sicuro se dovessero esser chiuse le chiese
anche i centri di reclutamento dovrebbero esser chiusi. E questo
il signor Shaw non lo vuole più del resto di noi. Ma mentre
l’affermazione che Dio è dalla nostra parte è semplicemente
un altro modo di dire che noi siamo giustificati nell’essere una
parte, c’è un altro e più speciale senso in cui possiamo usare una
frase tanto trascendentale.
Quegli elementi primari e pre—umani di cui siamo l’opera ci
sostengono contro la presunzione del regno dell’orologeria. Dio
è dalla nostra parte perché l’Uomo è dalla nostra parte; e un
uomo è una delle cose che gli uomini non possono fare.
In quest’epoca di irrazionalità può essere qui necessario
rimarcare che non si può rispondere a una simile fiducia cosmica
affermando che i tedeschi hanno la stessa pretesa.
Invocare Dio mentre anche i tedeschi lo invocano non è più
illogico che sperare nella vittoria mentre anche i tedeschi ci
101
H|N‘l‘illl(). Dirc clic la nostra convinzione può essere contraddetta … 1nunciarlo, così l’altro nostro
detto che il tempo è dalla nostra
In un duello tra
c sciiipliccnicnte dire che essa può essere capita. Io non sono …rtc ha ugualmente una maggiore accuratezza.
costretto ad abbandonare la mia paradossale supposizione che un uomo e un’automobile, l’uomo cade sempre per pr1mo. Ma
Shakespeare abbia scritto Shakespeare perché un altro uomo nc l‘uomo non è ucciso, si riprende; e se
si riprende, l’uomo puo
crede fermamente che sia stato Bacone e un altro ancora che Luc a pezzi il motore perché stato un uomo a metterlo 1ns1eme.
è
sia stato John Knox. Mi è consentito dalle leggi della logica di !
lo udito automobilisti del genere più impell1cc1ato e 1ng1ur1oso
opporre i miei argomenti di certezza ai suoi, e non semplicemente discutere con molta calma di come avevano appena attraversato
di opporre la sua certezza alla mia certezza. Ma, in effetti, nel un paesino e per un pelo non avevano attraversato un paesano.
che
caso presente la controversia è particolarmente superflua. la loro teoria sociologica sembrava essere
11
paesano,
Perché quella massa che è la mente della nazione tedesca non è \ iwndo nel suo paesino, si stesse
dedicando a un esper1mento
convinta di Dio; ma, al contrario, dell’assenza di Dio. Ei tedeschi dccisamente disperato e suicida. Proprio come queste facoltose
ritengono, con eccellenti ragioni, che l’assenza di Dio sarebbe |il‘i'S()l]€ pensavano che fosse
decisamente temerar1o da parte
decisamente dalla loro parte. Quanto all’imperatore tedesco, non «Ici contadino inglese trovarsi nel bel mezzo della strada,non
è né un adepto del demonio né un soggetto di diritto divino. È I… dubbi che i tedeschi pensino che è decisamente temerar1o
da
della terra.
un giornalista. Esaminate con intelligenza alcune delle sue frasi parte del contadino russo trovarsi nel bel mezzo .

celebri e arriverete alla conclusione che è un giornalista stanco. anche 1

Queste cose sono un’allegoria concret1ssrma, .Se
1 loro
La sua divinità è un cliché e non un credo. Uno dei suo clichés, russi esistenti non sapessero fabbricare pr01ett1h, figli
Ma non sono madr1 d1
per esempio, era che i tedeschi sono “il sale della terra”, usato imparerebbero a fabbricarne. i
motori
evidentemente nel grossolano, sconsiderato senso di materia motori, né i cannoni allevano cannon1; e due che loro confidano
principale o sostanza: come dire, la carne della terra. Ma il sale nci loro carri, ma noi confidiamo nel Creatore del mondo, non e
non è un pièce de resistance (piattoforte). È un correttivo. È il bigotteria ma filosofia.
prete, non l’uomo. Il significato del sale è che esiste qualcosa di
scr1va Ei
cui non possiamo vivere, ma senza la quale non possiamo vivere. |) La parola typewritcr in realtà si riferisce a chiunque
fatto che
macchina, indipendentemente dal sesso. E pero un dato d1
1

Il Kaiser, dunque, non si riferisce all’assistenza divina, perché

da
non si riferisce a niente. Ma noi, come ho detto, possiamo nwstiere di scrivere a macchina sia stato esercitato pr1nc1palmente
donne, fin dai suoi inizi; è anzi uno dei mest1er1 che
ha contr1bu1to a
usare quella frase in un senso in cui essa si riferisce a qualcosa. retr1b1uto non dom1c1hare.
“Il rodurre le donne nel mondo del lavoro
Significa innanzitutto che noi stiamo combattendo per un certo the Shirt” è una poesia di Thomas Hood pubbhcata
proclama fatto affiggere dall’imperatore Costantino, che la :) “The Song of
nci 1843; è il lamento di una cucitrice chepassa giornate a cucue
le
maggior parte delle tribù oltre il Reno erano pronte a stracciare (a mano) camicie in cambio delle quali ott1ene poch1
sold1.
”
allora e sono pronte a stracciare adesso. Ma significa anche ciò ::.) L’Impero prussiano aveva cominc1ato
la guerra con l1dea d.1
che è già stato accennato: che le forze dalla nostra parte sono le …ncluderla alla svelta e vittoriosamente. Nell’ottobre del 1915 era
cose naturali e non fatte con le mani; anzi, significa che in un ormai chiaro che nessuna delle due cose si sarebbe ver1ficata; cos1
certo senso l’uomo sta combattendo per conservare il dominio l'Impero prussiano cambiò musica e cerco
d1 fars1
passare come
sulle opere delle sue mani, le quali si sono sollevate contro la parte svantaggiata fin dall’inizio. Chesterton sottolmea questa
di lui. E proprio come il nostro detto che Dio è dalla nostra mistificazione in parecchi articoli. .
accusato d1 aver ucc1so ].a
.

…]) Hawley Harvey Crippen era un uomo

parte ha maggior accuratezza di quanto ci rendiamo conto nel
moglie e giustiziato per questo nel 1910.
102 103
 DUE CREDI IN COLLISIONE
Two Creeds in Collision
Illustrated London News, 22 luglio 1916
La Germania non è riuscita a conquistarci; ma possiamo
concederle di essere quasi riuscita a corromperci. Ci sono
stati errori inglesi e peccati inglesi nei tempi più recenti;
ma è molto difficile per i nostri nemici condannarli senza
condannare anche sé stessi. È facile per il filotedesco scrivere
a proposito dell’arroganza e della zoticaggine dei britannici.
Gli è molto difficile opporre a queste cose l’umiltà e la cortesia
dei prussiani. Facilmente tira fuori un fiume di frasi fatte
sull’imperialismo piratesco e rapace dell’Inghilterra: ha un
compito assai più arduo quando gli tocca metterlo a confronto
con l’idealistico nazionalismo e la sensibilità quasi mistica
riguardo alla sacralità delle frontiere che è una caratteristica
così prominente nell’acquisizione della Polonia 0 dell’Alsazia.
Il tedesco non può nemmeno mostrare che noi siamo nel
torto in un modo che lasci lui nella ragione; e il puro e semplice
fatto che perfino coloro che, per motivi buoni o cattivi, sono
aspri contro l’imperialismo britannico, sono ancor più aspri
contro l’imperialismo tedesco, dovrebbe bastare a decidere
della disputa. Ma siccome un simile garbuglio di tu quoque1 ha
inevitabilmente un’aria inconcludente, per quanto conclusiva
ogni replica possa realmente essere, ho sempre trovato che sia
una più solida base di controversia discutere delle rivendicazioni
della Germania che colpiscono altre nazioni anziché la mia: e
soprattutto la nazione francese, con cui la disputa è insieme
più antica e più chiara.
Forse la differenza principale tra Germania e Francia si può
esporre in questo modo: che il francese è orgoglioso della
Francia; e in quel senso il tedesco non è orgoglioso della
Germania. Egli è orgoglioso di essere un tedesco, che è tutta
un’altra cosa. Per il francese, il suo paese è un’astrazione: vale
104
a dire, qualcosa che può essere tirato via dall’idea che ha di
se stesso. Quelli che sono abbastanza puliti nei loro istinti
da godersi le storie di crimine e orrore riconosceranno che
il racconto poliziesco è uno dei campi in cui i francesi hanno
mostrato abilità e sapienza caratteristiche. Ma il lettore inglese
dei romans policiers di Parigi all’inizio è divertito dal modo in
cui tutte le attività di un grasso poliziotto o di un investigatore
in parrucca e occhiali sono riportate come le attività di un
essere ideale chiamato Giustizia. La Giustizia corre dietro
a una vettura di piazza; la Giustizia entra dalla finestra o
affronta una pistola carica. È una delle molte questioni in cui
chiunque cominci a comprendere un paese straniero farà bene
a rimanere per pregare, dopo esser venuto per beffare.2 Perché
per i francesi questa Giustizia impersonale è sempre stata una
vivace personalità. Le avventure di questa astrazione in un
racconto di Gaboriau3 sono tranquille in confronto alle sue
scatenate avventure nella storia della Francia in Europa.
La Giustizia andò alle crociate, la Giustizia sedeva alla destra
di san Luigi quando giudicava sotto l’albero del giardino; la
Giustizia andò alla carica con Giovanna la Pulzella; la Giustizia
sollevò il popolo contro i re e operò il miracolo di una plebaglia
che marciò su Mosca e Madrid. Nessuno può comprendere i
francesi se non si rende conto che questa istituzione invisibile
e il primo fatto nelle loro menti; e che perfino i loro atei sono
teocratici. Fu questa che indossò la maschera della monarchia
e perfino la maschera del Terrore. Perché, di tutti gli uomini
della terra, il francese è il più rivoluzionario e il meno anarchico.
I tedeschi sono calorosamente e sinceramente patriottici
quando cantano la loro grande canzone sulla “Germania al di
sopra di tutti”. Ma essi non intendono veramente — perlomeno
nel senso in cui l’intenderebbero i francesi — “Germania al di
sopra di tutti” perché non intendono la Germania al di sopra
dei tedeschi. L’essenza del germanismo è l’essere tedeschi; e
chiunque sia tedesco partecipa di tutte le qualità che loda. Ma
il Gallo, quali che siano i suoi vizi individuali, aspira alla sua
patria, più che semplicemente possederla. Ella è più come una
105
dea che lui adora, o una dama di cui non è degno.
Un prete può essere tirannico; ma in quanto prete egli è
espressamente un servo, perfino dichiaratamente un servo
inutile. Un trovatore può fare lo spavaldo; ma in quanto
trovatore sta dichiaratamente cantando a qualcuno che può
avvilirlo. Ebbene, il tedesco non avverte questa sacra distanza
tra se stesso e l’astrazione della sua nazionalità; lo esprimerebbe
dicendo che lui e il suo paese sono una cosa sola. E la differenza
è radicata nella storia originale delle due comunità nazionali. La
Francia è una razza derivata da una religione; ma la Germania è
una religione derivata da una razza. Vale a dire, non ci sarebbe
mai stata nessuna nazione francese se certi ideali nel diritto
romano, nella religione cristiana, nella civitas dei 0 nelle città—
stato dell’antichità non fossero stati desiderati ardentemente
da un gruppo di energicissimi europei. Ma i tedeschi stessi
sosterranno, o perfino vanteranno, di essere stati in ogni epoca
consapevoli di una generica consanguineità tedesca, un legame
del sangue, anche se non furono mai congiunti da dottrine o
istituzioni. Da allora il tedesco, nel trarre una religione da
questa parentela, ne ha tratto anche un regno; ma si tratta di
religione e regno fondati dichiaratamente sulla razza.
Ora, è il segno distintivo particolare di una religione della
razza il fatto che essa permette all’adoratore di adorare se
stesso. Che il francese stesse seguendo la corona a Reims o
il berretto rosso a Parigi, non si stava mai semplicemente
felicitando con se stesso per il fatto di avere la testa rotonda.
Il tedesco, come appare nelle visioni dei suoi più prolifici
professori, si felicita profondamente e solennemente con se
stesso per il fatto di avere la testa allungata. L’olio di san Luigi
0 l’alloro di Napoleone nella storia francese non sono stati più
sacri di quanto lo sia stato il mero possesso di capelli biondi
nella filosofia tedesca. Tutto ciò che la filosofia teutonica loda
seriamente, il singolo teutone può trovarlo in se stesso. Ma il
singolo francese non può trovare in sé tutta la Francia, perché
Francia significa qualcosa di più di un uomo: come minimo
una donna.
] ()()
Questi due credi sono venuti a collidere specialmente e
in maniera decisiva in un dato punto o luogo; e quel punto
è l’Alsazia—Lorena. L’unica plausibile pretesa teutonica
rispetto all’Alsazia è che gli alsaziani sono teutonici per razza.
L’invariabile risposta francese è che, se pure appartengano a
qualche tribù della Germania, sono cittadini di Francia. Sono
figli dell’idea francese, cercano giustizia nella legge francese;
sono parte del territorio storico francese quanto la Piccardia
o la Champagne. L’etnologo tedesco può trovare li molto del
proprio sangue, così come ne può trovare un po’ dovunque.
Ma non troverà li il suo cervello; quei cervelli hanno avuto
un’educazione francese e sono stati riempiti di luce. Gli alsaziani
sono francesi perché sono patrioti francesi; e, qualunque cosa
la Patria possa significare, la patria non ha mai significato
semplicemente una stirpe o una terra, ma sempre una legge e
una libertà.
Stando così le cose, tra parentesi, mi diverte vedere (citato dal
Cambridge Magazine) un commento da un giornale ungherese.
Dice che perfino quelli “che onestamente desideravano la
guerra, per accrescere la gloria, la grandezza e la ricchezza
dei loro paesi, si trovano ora dinnanzi alla lezione tragica ma
impagabile che non c’è gloria o grandezza o ricchezza che valga
i sacrifici che sono stati fatti”. Il Cambridge Magazine aggiunge
che il resto dell’articolo “discute la questione in riferimento alle
aspirazioni della Serbia a una Serbia più grande, della Francia
all’Alsazia-Lorena” eccetera.
In altre parole, siccome l’Austria—Ungheria s’è proprio stufata
di prendere le proprietà di altri popoli, la Francia dovrebbe per
solidarietà dirsi stanca dell’idea di riprendere ciò che è suo.
Posso credere che i teutoni che “onestamente desideravano
la guerra” per aumentare la loro ricchezza desiderino ora che
tutto sia perdonato e dimenticato. Ma che diremo dei popoli
che non desideravano la guerra e che non hanno provato ad
accrescere la loro ricchezza? Temo che saranno abbastanza
crudeli da desiderare almeno la restituzione dei beni che
furono loro rubati.
107
 1) *Latino: anche tu. In logica, una fallacia diretta alle caratteristiche
dell’altra persona anziché alla sostanza della disputa.
LA LOCOMOTIVA PRUSSIANA
2) Cita un verso di Goldsmith, che è entrato nell’uso come proverbio: E IL SUO SCHIANTO
And fools, who came to scafi, remained to stay, E gli sciocchi, che
erano venuti per beffare, rimasero a pregare. The Prussian Locomotive and its Crash
3) * Emile Gaboriau (1835—1873) è uno scrittore francese di storie
poliziesche, la prima delle quali è L’affaire Lerouge (1866).
Illustrated London News, 18 novembre 1916

In molte discussioni recenti ho scoperto che i miei amici e

nemici non sempre comprendono la natura di un’analogia.
È naturale usare una figura retorica; è scusabile, direi,
trasformarla in una figura di cui ridere; ma ci sono persone
che non riescono a usare un’immagine senza trasformarla in
un idolo. Non possono sentir chiamare “elefante bianco” una
casa senza mettersi a girarle intorno per cercare le zanne. Non
possono venire a sapere che un frutteto è un osso conteso
senza chiedere a un botanico se gli alberi siano davvero dei
‘
.
vertebrati. Per loro l’oca di una “caccia all’oca selvatica”1 ha le
piume; e il cane nella mangiatoia ha un collare e un certificato
.

….

del veterinario. Non farò loro una lezione di logica né terrò

discorsi in serie sulle analogie intrinseche ed cstrinseche. Dirò
.…W:…Wan…

soltanto che in simili casi è una buona salvaguardia mutare le

immagini piuttosto spesso, così da assicurarsi che il principio
coinvolto si applichi a tutte le rappresentazioni e non soltanto
»….……«

a una. È un contrassegno della nostra esagerata idolatria della

forma, il fatto che i nostri critici abbiano orrore della metafora
mista;2 un orrore per niente condiviso da Shakespeare. Eppure
una metafora mista è molto meglio di quella che potremmo
chiamare una metafora monomaniaca. Soprattutto, una
metafora mista è decisamente molto meglio di un’idea mista.
Questo è per metà il problema di alcuni dei nostri politici e
giornalisti quando si occupano degli irlandesi. Il toro irlandese3
è spesso nella sostanza un solidissimo e formidabile animale;
mentre il tipo di leone britannico che costoro gli oppongono è
coerente nell’araldica ma di per sé leggendario.
C’è però una figura retorica, che mi è capitato di usare la scorsa

108 109
settimana, alla quale vorrei tornare adesso, perché succede che
sia d’attualità sia correggerla che ampliarla. Ho avuto modo di
osservare che sotto un certo aspetto una grande guerra è come
uno scontro ferroviario. Come nel caso di qualunque similitudine,
non è necessario sottolineare gli innumerevoli altri aspetti
in cui essa non assomiglia affatto a uno scontro ferroviario.
Per cominciare ad avvicinarsi a un paragone compiuto, per
esempio, sarebbe necessario ipotizzare che almeno uno dei due
macchinisti sia impazzito e abbia voluto lo scontro. Perché la
teoria pacifista che una grande guerra può essere un grande caso
è contraria al buonsenso. È una mancanza d’immaginazione; di
quel genere vitale d’immaginazione che sa immaginare la realtà.
Quando un uomo scrive un ultimatum, non impedisce alla
sua sinistra di sapere che cosa fa la destra; neanche richiama
un ambasciatore da un capo all’altro d’Europa in un accesso di
distrazione. Il Consiglio di guerra a Berlino non era una seduta
d’ipnotismo. L’esercito che ha attraversato la frontiera belga non
era un esercito di sonnambuli. Il generale tedesco non ha preso
la città di Liegi, come quel tale nel racconto che rubò la pietra di
luna, sotto l’effetto dell’oppio.
Questo corpo a corpo mortale di volontà dinastiche e
democratiche non è qualcosa che semplicemente è successo
mentre tutti dormivano; e lasciare che espressioni naturali
come schianto o collasso ci convincano che è così, significa
essere schiavo di una metafora anziché il suo padrone.
Nondimeno, ci sono aspetti in cui il simbolo della collisione
è corretto e utile; uno di essi l’ho usato la settimana
scorsa,
un altro lo userò adesso. Riguarda il concretissimo punto che
la contesa, che è una storia vecchia per la maggior parte dei
belligeranti, è spesso relativamente nuova peri neutrali.
Se un treno espresso che sfreccia da Aberdeen a Londra si
schianta contro un ostacolo accidentale da qualche parte
nell’Hertfordshire, la mera osservazione dei rottami potrebbe
lasciare a uno spettatore casuale, arrivato in seguito, il dubbio
riguardo alla direzione stessa del treno o dei treni. Barre di
metallo e assi di legno, perfino intere carrozze, potrebbero
110
trovarsi a giacere in tutte le direzioni della bussola; e lo
spettatore potrebbe formarsi l’idea che l’intero convoglio
stesse andando, non da Aberdeen a Londra, ma da Londra ad
Aberdeen. Potrebbe non esserci niente di niente a raccontare la
storia del suo lungo viaggio, giorno e notte, attraverso le grigie
brughiere di Scozia e Yorkshire verso i rossi villaggi del sud.
C’è ancora nel mondo un certo numero di neutrali, soprattutto
neutrali americani, che in senso filosofico stanno arrivando
tardi sulla scena, per i quali la grande guerra è solo un insieme
di rottami, con tutti i pezzi sparsi in ogni direzione. La lotta
ha, per così dire, gettato ogni cosa in una nuova posizione
rispetto a tutto il resto; ed è riguardo alla questione suprema
della direzione che molti sono ancora in dubbio. Eppure, per
chiunque fosse sulla scena prima dello scontro, non c’è neanche
l’ombra del dubbio. Non per due giorni ma per due secoli la
locomotiva prussiana ha corso fragorosamente nel mondo,
quasi mai rallentando il passo e mai spostando di un capello la
sua direzione. È andata da un villaggio chiamato Furto a una
città chiamata Impero Mondiale; e tutti lo sapevano, così come
i presenti sanno dell’espresso dalla Scozia. Un attimo prima
della catastrofe non c’erano più dubbi circa la sua origine e
destinazione (per quelli che ne sapevano qualcosa) di quanti
ce ne siano sul corso dei grandi fiumi sull’atlante. Gli europei
istruiti non dubitavano che la storia prussiana scorresse di
aggressione in aggressione più di quanto pretendano che la
Senna scorra dal mare verso Parigi. Non esisteva la pretesa che
i tedeschi moderni fossero un popolo sistemato è contento più
di quanto esista la pretesa che il Tamigi sia uno stagno interno.
L’impero tedesco è stato colto con le mani nel sacco; e tuttavia
la stessa catastrofe che ha determinato la sua rovina ha in parte
nascosto il suo crimine.
Di recente mi sono giunte, da neutrali di vaglia, che
personalmente conoscono la verità e perciò sono persuasi
delle ragioni degli Alleati, informazioni che mostrano che c’è
un sorprendente numero di persone, soprattutto negli stati
americani del Middle—West, che in questo senso hanno sentito
lll
 della guerra solo adesso. Largamente ignoranti perfino della
storia continentale più recente, essi non si vedono davanti
nient’altro che uno sfascio, con le schegge dappertutto intorno.
Vedono un regno balcanico contro un altro; una parte del
mondo maomettano contro l’altra; della posizione di Grecia,
Italia, Svezia non riescono a raccapezzarsi. Ebrei vaganti per
tutto il mondo raccontano loro storie contro la Russia; pure,
gli stessi ebrei non sono per niente sempre favorevoli alla
Germania. E questa sorta di garbuglio che ora dobbiamo
dipanare: non tanto perché i neutrali sappiano aiutarci a
catturare il criminale quanto perché possano non impedirci di
punirlo. Di tutti questi fatti il più sensazionale è questo: che il
ribaltamento ha scagliato il prussiano ai piedi del polacco. Esso
sta offrendo al polacco autonomia e alleanza: in altre parole,
sta implorando la misericordia del polacco. Per chiunque
abbia mai letto un rigo della storia del passato al riguardo, la
scena non solo è il migliore di tutti gli scherzi possibili sulla
supremazia prussiana, ma la miglior prova possibile della
disperazione prussiana. Ma l’innocente americano del Middle-
West, che se ne viene passeggiando per la prima volta, non ci
si può aspettare che sappia che il gruppo davanti ai suoi occhi
è lo stesso di Mr. Legree ai piedi dello zio Tom. Egli
non sa
che in questa occasione un puro caso ha costretto un padrone
continuamente e straordinariamente crudele a chiedere l’aiuto
di uno schiavo continuamente e straordinariamente torturato.
Potrebbe benissimo sembrare all’osservatore occasionale che il
prussiano stia facendo una gran buona offerta e che il polacco
sia un villano a rifiutarla.
Per il momento, dunque, faremo bene a soffermarci, ogni volta
che sia possibile, sulla vera storia e il vero bisogno della Polonia.
La vera storia della Polonia e che essa fu, al di fuori di qualunque
legge, divisa per diretta istigazione e particolare insistenza di un
re prussiano. Il vero bisogno della Polonia e che sia riunificata in
maniera tale da non lasciare neanche un’ombra di relazione con
nessun re prussiano. Se la Polonia non è realmente e interamente
riunificata, se una parte di essa rimane prussiana e un’altra parte
112
semi-prussiana, la Prussia avrà ottenuto la sua sola vittoria da
quando ha perso la battaglia della Marna.
Nella questione polacca, come nella questione ebraica,
questi neutrali dovrebbero rendersi conto di qual è uno dei
primi grandi fatti della guerra. È che anche quelli più inclini a
considerare la Russia un tiranno devono riconoscere che essa è
entrata in questa guerra nel ruolo del liberatore.
La Russia è andata in guerra per difendere un piccolo Stato
indipendente la cui indipendenza essa stessa aveva creato;
non si è limitata semplicemente, come Prussia e Austria, a
implorare nell’ultima agonia l’aiuto di uno la cui indipendenza
sa…—W». avesse distrutto. L’atteggiamento russo verso le piccole
nazionalità e nel peggiore dei casi incoerente; non sa essere
.
semplicemente ipocrita. L’atteggiamento tedesco è sempre e
…
solamente ipocrita.
Se i polacchi sono intelligenti (ed essi sono tra gli uomini più
,,……
intelligenti d’Europa), vedranno che la Russia perlomeno ha
principii generosi che potranno estendersi nel futuro; mentre
.
..
,
la Prussia non ha nient’altro che principii selvaggi, che possono
;……
essere sospesi per un’ora.
.»
In inglese una wild—goose chase è l’inseguimento, inutile e
1)
.
dispendioso, di qualcosa che non esiste o che si trova altrove o che è
.
..,,….
praticamente impossibile trovare (equivalente al nostro “cercare un
ago in un pagliaio”).
2) La metafora mista, mixed metaphor, è il mescolamento di due
o più metafore, che può creare un effetto incongruo o divertente; ()
anche sinceramente orribile, visto che la maggior parte delle volte
deriva dall’accostamento di frasi fatte che uno è abituato ad usare. Un
esempio di metafora mista e “il suo nuovo incarico le ha messo le ali e
l’ha fatta sbocciare”.
3) Irish bull è un tipo di battuta che sul momento può sembrare
una frase normale e poi invece ci si accorge che è incongrua e quindi
divertente. Somiglia alla metafora mista quando è involontaria; ma in
genere è volontaria e non mescola metafore già esistenti. Un esempio di
Irish bull è una frase attribuita al produttore cinematografico Samuel
Goldwin: “Un contratto verbale non vale la carta su cui è scritto”.
113
 FRANCESCO
Twelve Types, 1902
L’ascetismo è una cosa la cui vera natura, in questi giorni,
tendiamo a fraintendere. Nel senso religioso del termine,
l’ascetismo è il ripudio della gran massa di gioie umane a causa
della gaiezza suprema dell’unica gioia, la gioia religiosa.
Ma l’ascetismo non si limita affatto all’ascetismo religioso: c’è
l’ascetismo scientifico che afferma che solo la verità soddisfa;
c’è l’ascetismo estetico che afferma che solo l’arte soddisfa; c’è
l’ascetismo amatorio che afferma che solo l’amore soddisfa. C’è
perfino un ascetismo epicureo, il quale afferma che solo rose
e fiori soddisfano. Ogni volta che il modo di lodare qualcosa
implica l’affermazione che chi parla potrebbe vivere solo per
quella certa cosa, lì c’è il germe e l’essenza dell’ascetismo.
Quando William Morris, per esempio, dice che “basta
l’amore”, è evidente che in quelle parole afferma che arte,
scienza, politica, ambizione, denaro, case, carrozze, concerti,
guanti, bastoni da passeggio, picchiotti, stazioni ferroviarie,
cattedrali e qualunque altra cosa si scelga di elencare sono
superflue. Quando Omar Khayyam dice:
A book of verse beneath the bough
A loaf ofbread, a jug of wine and thou
Sitting beside me in the Wilderness
O Wilderness were Paradise enow.
/
(Un libro di versi sotto lefronde una pagnotta, una brocca
/
di vino e tu che mi sedevi accanto nella solitudine Oh, la
solitudine era paradiso a suflìcienza)
/ di tempo fissati arbitrariamente, prima di certi brutali scontri
è chiaro che il suo parlare è tanto pienamente ascetico
quanto
estetico. Fa una lista di cose e dice che non vuole di più. Lo
stesso faceva un monaco medievale. Gli esempi, ovviamente,
si potrebbero centuplicare. Uno dei più autenticamente poetici
tra i nostri più giovani poeti dice, come la sola cosa certa, che
From quiet home and first beginning
114
Out to the undiscovered ends —
There’s nothing worth the wear of winning
But laughter and the love of friends.1
[Dalla casa tranquilla e dal primo esordio /fino ai confini
/ /
ancora ignoti niente vale lefatiche della conquista se non
le risa e l’amore degli amici]
Qui abbiamo un esempio perfetto del fatto più importante di
tutti, che ogni vera gioia si esprime in termini di ascetismo.
Ma se, per qualunque motivo, accade che una classe o una
generazione perda la comprensione del particolare tipo di gioia
che si celebra, subito cominciano a chiamare quelli che ne
godono cupi e autolesionisti. I più formidabili filosofi liberali
hanno definito tristi i monaci perché si negavano i piaceri della
libertà e del matrimonio. Tanto valeva chiamare tristi quelli
che viaggiano nei giorni di vacanza perché, di regola, si negano
i piaceri del silenzio e della meditazione. C’è però a portata di
mano un esempio più semplice e incisivo. Se mai accadesse
che l’apparato dell’atletica inglese scomparisse dalle scuole e
dalle università, se la scienza fornisse qualche maniera nuova
…..z,.. e non agonistica di migliorare il fisico, se l’etica pubblica si
convertisse a un atteggiamento di totale disprezzo e indifferenza
verso il sentimento chiamato sport, allora è facile vedere
quel che accadrebbe. Gli storici del futuro semplicemente
affermerebbero che nei giorni bui della regina Vittoria giovani
uomini a Oxford e Cambridge erano sottoposti a una orrenda
sorta di tortura religiosa. Era loro proibito, da bizzarre regole
monastiche, di concedersi vino o tabacco durante certi periodi
e festeggiamenti. I bigotti insistevano a farli alzare a orari
inumani e a farli correre energicamente intorno ai campi senza
alcuno scopo. Molti uomini si rovinarono la salute in questi
covi di superstizione, molti vi perirono.
Tutto questo è perfettamente vero e inconfutabile. L’atletismo
in Inghilterra è un ascetismo tanto quanto le regole monastiche.
Uomini si sono strapazzati all’eccesso e si sono ammazzati
115
 per l’atletismo inglese. C’è una differenza e solo una: noi
sentiamo l’amore per lo sport; ma non sentiamo l’amore per
i doveri religiosi. In un caso vediamo solo il
prezzo, nell’altro
solo l’acquisto. La sola domanda che rimane è quale fosse la
gioia degli antichi asceti cristiani, della quale il loro ascetismo
era solamente il prezzo d’acquisto. Già la possibilità di una
tale interrogazione è un esempio straordinario del modo in cui
manchiamo di comprendere i fatti principali della storia umana.
Stiamo osservando l’umanità troppo da vicino e vediamo solo
i dettagli ma non i tratti enormi e dominanti. Guardiamo
all’ascesa del cristianesimo e lo immaginiamo come l’ascesa
della rinuncia e quasi del pessimismo. Non ci viene in mente
che anche solo l’affermazione che questo universo tempestoso
e sconcertante è governato dalla giustizia e dalla misericordia
è una prova di ottimismo impressionante, da far saltare
d’allegrezza ogni uomo. Il dettaglio che rendeva quei monaci
pazzi di gioia era l’universo stesso; l’unica cosa davvero degna
di godimento. La bianca luce del giorno splendeva sul mondo
tutto, le foreste interminabili si ergevano nel loro ordine.
Il fulmine scoccava e l’albero cadeva e il mare si gonfiava in
montagne d’acqua e la nave affondava e tutti questi fenomeni
sconnessi e privi di senso e e terribili erano tutti parte di una
sola oscura e spaventosa cospirazione di bontà, un solo spietato
piano di misericordia. Che questa raffigurazione della Natura
non fosse accurata o ben fondata è assolutamente sostenibile;
ma di sicuro non e sostenibile che non fosse ottimista. Invece
insistiamo a trattare questa faccenda al contrario. Insistiamo
che gli asceti erano pessimisti perché gettavano via settant’anni
di vita per un’eternità di felicità. Dimentichiamo che la semplice
proposta di un’eternità di felicità è per sua stessa natura
diecimila volte più ottimistica di diecimila saturnali pagani.
La vita di san Francesco d’Assisi del signor Adderley
naturalmente non fa vedere questo; né fa venir fuori pienamente
il carattere di Francesco. Essa ha più che altro il tono di un
libro di devozione. Un libro di devozione è un’ottima cosa,
ma noi non vi cerchiamo il ritratto di un uomo, per lo stesso
116
motivo che non cerchiamo in un sonetto amoroso il ritratto di
una donna: perché gli uomini in un simile stato mentale non
solo attribuiscono al loro idolo tutte le virtù, ma tutte le virtù in
uguale quantità. Non c’è contorno, perché l’artista non riesce
a sopportare di tracciare una linea nera. Questo awampare
di benedizioni, questo conflitto di luci, ha il suo posto nella
poesia, non nella biografia. Esempi riusciti di questo si possono
trovare, per esempio, nelle più idealistiche delle odi di Spenser.
Il disegno a volte è quasi invisibile, perché il poeta disegna in
argento su bianco.
È ovviamente naturale che il signor Adderley veda Francesco
prima di tutto come il fondatore dell’ordine francescano. Noi
abbiamo il sospetto che, di tutte le cose che egli fu, questa sia
stata solo una, e forse tra le minori; abbiamo il sospetto che una
delle cose minori che Cristo fece fu di fondare il cristianesimo.
Ma l’enorme lavoro pratico di Francesco non va ignorato,
perché questo bimbo sorprendentemente spirituale e di
un’ingenuità quasi irritante fu uno degli uomini di più costante
successo che mai abbia combattuto con questo mondo amaro.
È usanza dire che il segreto di simili uomini è la loro profonda
fede in sé stessi; ed è vero, ma non è tutta la verità. I manicomi e
le workhouses sono zeppi di uomini che credono in sé stessi. Di
Francesco sarebbe di gran lunga più veritiero dire che il segreto
del suo successo era la sua profonda fede nelle altre persone;
ed è la mancanza di questo che normalmente rappresenta la
maledizione di quegli oscuri Napoleone. Francesco supponeva
sempre che chiunque dovesse essere altrettanto sollecito
quanto era lui circa il loro comune parente, il topo di fogna.
Progettò una visita all’imperatore per attirare la sua attenzione
sui bisogni delle “sue sorelline le allodole”. Era solito spiegare
a qualunque ladro e brigante che incontrava quanto fossero
sfortunati ad essere incapaci di dar libero sfogo al loro desiderio
di santità. Era un’abitudine innocua e senza dubbio i briganti
spesso lo “aggiravano”, come si suol dire. Altrettanto spesso,
però, scoprivano che lui aveva “aggirato” loro e scoprivano
l’altro lato, il lato della segreta nobiltà d’animo.2
117
 Considerando san Francesco prima di tutto come fondatore
dell’ordine francescano, il signorAdderley aprela sua narrazione
con una panoramica ammirevole della storia del monachesimo
in Europa, che è sicuramente la parte migliore del libro. Egli
distingue chiaramente e correttamente tra l’ideale manicheo
che soggiace a tanta parte del monachesimo orientale e l’ideale
di autodisciplina che mai è sparito da quello cristiano. Ma non
getta nessuna luce su quello che dev’essere per un osservatore
esterno il problema più interessante di questo ascetismo
cattolico, per l’ottimo motivo che non essendo un osservatore
esterno egli non lo considera affatto un problema.
Per la maggior parte delle persone, comunque, c’è
un’incoerenza affascinante nella posizione di san Francesco.
Egli espresse in linguaggio più nobile e ardito rispetto a
qualunque pensatore mondano il concetto che il ridere e divino
quanto le lacrime. Chiamava i suoi monaci i saltimbanchi di
Dio. Non trascurava mai di trovare piacere in un uccello che gli
sfrecciasse vicino o in una goccia d’acqua che gli cadesse da un
dito; fu forse il più felice dei figli degli uomini. Eppure non c’è
dubbio che quest’uomo fondò l’intero suo sistema di condotta
sulla negazione di quelle che noi riteniamo le necessità più
imperiose: nei suoi tre voti di povertà, castità e obbedienza
egli negò a se stesso, e a quelli che più amava, proprietà,
amore e libertà. Come fu che gli spiriti più generosi e poetici
di quell’epoca trovarono l’atmosfera per loro più congeniale in
queste rinunce spaventevoli? Colui che amava là dove tutti gli
uomini erano ciechi, perché aspirava ad accecarsi là dove tutti
gli uomini amavano? Perché fu un monaco e non un trovatore?
Sono domande troppo ampie per trovare qui una risposta, ma
qualunque vita di Francesco dovrebbe come minimo cercar di
rispondere; abbiamo il sospetto che, se ci arrivasse una risposta
a queste domande, ci accorgeremmo improvvisamente che
essa risponde anche a gran parte dell’enigma di questo nostro
cupo tempo. Così era con i monaci. Le due grandi fazioni nelle
umane faccende sono soltanto la fazione che vede la vita nera
contro il bianco e la fazione che la vede bianca contro il nero; la
118
fazione che si macera e si oscura col sacrificio perché lo sfondo
è pieno del bagliore di una misericordia universale e la fazione
che s’incorona di fiori e s’illumina di torce nuziali perché sta
contro una nera cortina di notte imprevedibile. I festaioli sono
vecchi, i monaci sono giovani. Erano i monaci che sperperavano
la felicità, noi la mettiamo da parte come degli avari.
Senza dubbio, come si vede bene dal libro del signor Adderley,
la vita nitida e tranquilla dei Tre Voti ebbe un effetto fine e
delicato sul genio di Francesco. Egli fu prima di tutto un poeta.
La perfezione del suo istinto letterario si mostra nel chiamare
il fuoco “fratello” e l’acqua “sorella”, nella bizzarra demagogica
destrezza dell’accenno nel sermone ai pesci “che nel Diluvio
essi soltanto furono salvati”. Nella drammatizzazione
sorprendentemente minuziosa e grafica della vita, nei moti
di disappunto o nelle scuse a ogni cespuglio () bestia a cui gli
capitasse di rivolgersi, il suo genio ha una curiosa rassomiglianza
con quello di Burns. Ma se evitò la debolezza dei versi di Burns
dedicati agli animali e la morbosità, la magniloquenza e la
moralizzazione su se stesso, sicuramente ne va dato credito a
una vita più pulita e trasparente.
L’atteggiamento generale di san Francesco, come quello del
suo Signore, incarna una sorta di terribile buonsenso.
La famosa replica del Bruco inAlice nel Paese delle Meraviglie
— “Perché no?” — ci colpisce come suo motto generale. Egli
non riusciva a vedere perché mai non avrebbe dovuto essere
in buoni rapporti con tutte le cose. La pompa della guerra e
dell’ambizione, il grande impero del Medioevo con tutti i suoi
seguaci cominciarono a sembrare orpelli di cattivo gusto sotto la
razionalità di quello sguardo innocente. Le sue domande erano
esplosive e devastanti, come le domande di un bambino… Non
avrebbe avuto paura nemmeno degli incubi della cosmogonia,
perché non c’era paura in lui. Per lui il mondo era piccolo, non
perché avesse una qualche idea riguardo alla sua dimensione,
ma per lo stesso motivo per cui lo trovano piccolo le signore
chiacchierone: perché ci si trovano dentro così tanti parenti. Se
l’aveste portato sulla più solitaria delle stelle che la follia di un
119
astronomo possa concepire, in essa egli avrebbe semplicemente
visto le fattezze di una nuova amica.
GIOCARE CON UN'IDEA
Playing with an Idea, 1909
The Glass Walking—Stick

Le riviste serie, senza aver nessuna convinzione di cui parlare,

sono solo abbastanza rigide o bigotte da proibire l’irriverenza.
Le riviste frivole sono anche più rigide e bigotte; perché
proibiscono la reverenza. Esse vietano di fatto il riferimento
istintivo a cose possenti e sacre. Così il giornalista sincero e
mantenuto costantemente in uno stato di ruggente inazione;
costretto a far avvizzire la sua teologia, si tuffa con ardore
assai più fanciullesco nei piaceri della pura follia. Ma l’andare
e venire del pendolo è a volte piuttosto sregolato e confuso.
Ciò che intendo è questo: che un uomo buono dovrebbe amare
il non—senso; ma dovrebbe anche vedere il non-senso: vedere
cioè che esso non ha senso. Lo stesso nostro diletto nelle
pure fantasie dovrebbe consistere in parte nella certezza che
esse non sono fatti. Niente è più pericoloso e pusillanime,
nel pensiero moderno, del modo in cui le persone vengono
menate per il naso da qualche abile e del tutto irresponsabile
associazione di idee, qualche teoria in cui non crede nemmeno
chi l’ha teorizzata, qualche frivolezza intellettuale che non
è nemmeno tanto onesta da essere chiamata una pazzia. Le
persone sentono qualche opinione vagante — come quella che
Cromwell scrisse Milton o che il cristianesimo fu rubato agli
Aztechi; dapprima la accolgono ridendone, poi fantasticandoci
su, poi riflettendoci, poi seriamente, poi con idolatria,
addirittura fino all’assassinio; eppure per tutto il tempo non
hanno altro per andare avanti se non la versione di quarta
i) Hilaire Belloc, “Dedicatory Ode” in Verses (1910).
mano di poche divertenti coincidenze. Proprio quel genere
2) In inglese to get round somebody significa sia “aggirare” nel
di nitida e fantastica soluzione che costruirebbe una gloriosa
senso di evitare qualcuno sia “convincere”.
storia poliziesca viene impiegato per costruire un libro di storia
o di critica totalmente irrazionale.
120 12!
 No, non penso che sia sbagliato giocare con queste ipotesi
assurde; mi è capitato di divertirmi molto mettendole insieme.
Un mio amico sostiene che Tacito non è mai vissuto e che le
sue opere sono un falso del sedicesimo secolo; un altro spiega
l’intera vita di san Paolo in termini di un odio indomito per il
cristianesimo. Non sono contrario a fare il buffone con queste
fantasie, ma sono contrario a permettere che esse facciano le
buffone con me. Per prendere un esempio a caso, si potrebbe
sicuramente costruire una teoria imponente, sostenuta
da moltissime coincidenze, secondo cui i cognomi degli
uomini sarebbero stati costantemente adatti al loro essere.
È veramente una cosa notevole considerare quanti uomini
davvero eccellenti abbiano avuto nomi davvero eccellenti.
Come avremmo costruito le nostre belle frasi rotonde senza
nomi come Annibale e Napoleone, o Attila e Carlomagno? Ma
ci sono casi anche più sorprendenti. C’è un grande artista la cui
arte fu decisamente sacra e serafica, e insieme particolarmente
energica e militare nelle fatiche e nella tecnica che richiedeva;
se si guardassero soltanto le sue opere, si penserebbe a un
ruvido angelo, un angelo in armatura. E com’è che quest’uomo
di fatto portò il nome dell’arcangelo Michele: Michelangelo?
Come fu che un artista suo contemporaneo e più aggraziato di
lui fosse battezzato col nome di un arcangelo più aggraziato:
Raffaele?
Prendiamo un altro esempio. Se voi o io dovessimo inventare
di bel nuovo un nome veramente squassante e abbagliante, un
nome adatto a un focoso eroe che sfida le stelle, un nome alto e
fiero come un cavaliere in sella... potremmo pensare a qualcosa
di tanto cavalleresco o tanto provocatorio quanto Shakespeare?
La parola stessa è come Lancillotto al suo ultimo torneo con
un tocco della divina impotenza di don Chisciotte. In effetti, io
conosco un solo e unico cognome che sia davvero più bello di
Shakespeare ed è Brakespear, l’unico Papa inglese.1 Sui due si
potrebbe costruire una piacevole lirica in prosa; il solo inglese
che sia mai salito alla più alta posizione ufficiale e quello che
salì alla più alta delle non ufficiali. Ci si potrebbe esprimere
122
con grande eloquenza e ironia (se avessi il tempo di scriverne)
sul contrasto tra il Papa inglese, così umile e silenzioso nella
sua posizione splendidamente pubblica, e il poeta inglese, così
energico e spavaldo nella sua oscurità e anonimità. Perlomeno
è certo che vi fu un solo inglese sulla più alta tribuna dei preti e
solo uno sulla più alta tribuna dei poeti; ed è certo che ognuno
dei loro nomi e la sola esatta rima per l’altro. Questa è ciò che
si potrebbe chiamare coincidenza; ma la coincidenza va oltre.
Il significato effettivo dei due nomi è appropriato ai due
uomini nelle loro rispettive posizioni. Se ci fu una cosa che il
Rinascimento fece più di ogni altra, fu di scuotere la lancia, di
brandire la lancia anche più che usarla, di apprezzare la lancia
più per il suo vessillo sventolante che per la sua punta. Dall’altro
lato, se c’era una cosa che un papa del dodicesimo secolo doveva
fare, era spezzare la lancia: far chinare il capo ai combattenti
coronati che altrimenti non avrebbero immaginato niente
altrettanto bello quanto combattere. William Shakespeare
e veramente assai simile al mostro esultante dell’Antico
Testamento, che ride quando vede scuotere la lancia. Ma
Nicholas Brakespear si erse nei Secoli Bui come un più semplice
e più penetrante richiamo, a Colui che spezza in due la lancia e
frena le ruote dei carri.
Quello riportato è un esempio improvvisato di ciò che chiamo
giocare con un’idea; ma la domanda è: che cosa pensiamo
dell’idea? Vi dirò quel che ne penso io; penso che sia una vera
stupidaggine. Sono quasi certo che Raffaello e Michelangelo
sono una coincidenza. Sono quasi certo che Shakespeare
e Brakespear sono una rima casuale. Porterò avanti la
fantasticheria fin dove mi pare; ma se lei proverà a portare me
fin dove le pare, le ricorderò un po’ di cosette. Le farò notare che
di fatto i nomi degli uomini di lettere sono spesso inadeguati
in maniera affascinante. Newman2 non fu per niente un
adoratore delle novità; e uno dei più energici e intelligenti atei
che conosco è gravato dal cognome Priest. Oppure, prendiamo
un esempio classico. Può qualcuno leggere l’opera fredda e
tagliente di Swift senza sentire in cuore che il suo cognome
123
sarebbe dovuto essere Steele? Può qualcuno leggere l’opera
veemente di Steele senza sentire che il suo cognome sarebbe
dovuto essere Swift? Ci sentiremmo davvero più contenti se
potessimo chiacchierare dei brillanti errori di Dick Swift e della
fredda forza saturnina di Jonathan Steele. In altre parole, la
mia congettura sui cognomi è ampia abbastanza da riempire
un articolo di rivista, ma non è abbastanza ampia da riempire
neanche un cervello di taglia modesta. È questo potere di
recupero dopo la stravaganza che raccomando con urgenza.
Baloccatevi con le più decadenti o inutili fantasticherie finché
siete in grado di contenervi nell’indulgere, come con l’alcol.
Cavalcate l’incubo, se vi piace quel genere di cavalcatura; ma
non consentite che l’incubo cavalchi voi. Trovate il nido della
giumenta,3 che si erge sugli alberi più alti e oscuri, e rubatene le
uova marce; ma non fateci colazione ogni mattina per sempre.
Imparate a essere assurdi e poi ad essere di nuovo sensati; a
creare strane cose e a restare indipendenti da esse. Imparate
ad accennare una cosa, a proporla, a dimostrarla e a continuare
a non crederci. Perché le pochissime cose che davvero vale la
pena credere, non vale la pena dimostrarle.
1) Nicholas Brakespear o Breakspear, Papa Adriano IV (1100-1159).
Brakespear significa “spezza—lancia”, mentre Shakespeare significa
“scuoti-lancia”.
2) Newman, uomo nuovo; Priest, prete; Swift, rapido, veloce;
Steele, d’acciaio. Newman e presumibilmente il cardinale John Henry
Newman; Swift è Jonathan Swift, autore de I viaggi di Gulliver e
Steele è il drammaturgo Richard (Dick) Steele.
3) L’espressione mare’s nest, nido della giumenta, oggi indica
una scoperta deludente, un fraintendimento oppure una situazione
caotica, ma inizialmente era un modo per indicare qualcosa di
assurdo, visto che le giumente non fanno il nido e non depongono
le uova; e in questo senso l’aveva usato anche Swift. In inglese c’è
anche un gioco di parole con nightmare, “incubo”, dove però mare
indica uno spirito maligno e non una giumenta.
124
WOLFE E IL GUARDIAMARINA
Wolfe and the Midshipman, 1910
The Glass Walking—Stick
Al mondo ci sono persone che odiano veramente l’eroico.
Dato per certo che esiste una forma di stravaganza che tende
sempre a sopravvalutare le imprese umane, c’è anche una
stravaganza della banalità, che tende a sottovalutare l’impresa,
a compiacersi del mutamento dal poetico al prosaico. Per
questo i racconti realistici a volte sono altrettanto interessanti
di quelli romanzeschi. È semplicemente perché i racconti
realistici sono altrettanto arbitrari e fantastici dei racconti
romanzeschi. Nel romanzo1 l’eroe sempre fa grandi salti e
sempre ricade in piedi. Nella storia realistica l’eroe sempre
cammina pian pianino e sempre finisce a capofitto. Ma nella
vita normale è ugualmente insolito sia atterrare d’un balzo
su un pinnacolo lontano sia inciampare in un raschietto
troppo vicino alla porta.2 L’autore romanzesco raccoglie ogni
esemplare di un bel trionfo; il realista seleziona ogni caso di
brutto capitombolo ; ma la prevenzione del realista è altrettanto
estrema e priva di scrupoli quanto quella del favolista più
accanitamente romanzesco. Se getti abbastanza fango, un po’
ne resterà attaccato, specialmente a quella sventurata creatura
fatta originariamente di fango, l’Uomo. Un romanzo realistico
è scritto infilzando tutti gli estremi della vita umana: tutti i treni
che perdiamo, tutti gli omnibus a cui corriamo appresso senza
riuscire a prenderli, tutti gli appuntamenti che vanno a monte,
tutti gli inviti rifiutati; tutte le mezzore sprecate a Clapham
Junction e tutti i bambini prodigio che crescendo diventano
uomini stupidi; tutti i giorni di pioggia e tutti i fidanzamenti
rotti; tutti gli “avrebbe potuto essere” e tutti gli “era quasi”. Il
realismo e l’arte di congiungere tutte le cose che per loro natura
sono disgiunte. Ma per far questo come si deve uno dev’essere
un grande artista e un abile bugiardo.
125
 Esistono, dunque, i partigiani del prosaico. Essi non
affrontano affatto la vita così com’è: la vita così com’è, è quasi
troppo splendida... no, troppo bella per essere affrontata.
Nessun uomo vedrà la vita e vivrà. Essi operano una particolare
e personale selezione, proprio come l’esteta o l’ottimista opera
una particolare e personale selezione. Vanno d’attorno a
cercare le mediocrità dell’umanità. Vanno a caccia di mortale
umiliazione. Sappiamo che hanno questa bellicosità prosaica
nelle questioni di narrativa. Ma è un fatto interessante che ce
l’hanno anche riguardo alla Storia. Nella Storia stessa c’è una
scuola di pensiero che può essere chiamata antiromanzesca;
ed è perennemente impegnata a tentar di demolire i molti
romanzi che sono accaduti davvero.
Quando ero ragazzo mi raccontarono che il generale Wolfe
prima dell’assalto a Quebec aveva recitato i grandi versi di Gray
a proposito della gloria e della tomba, e aveva dichiarato che
avrebbe preferito avere scritto quelli piuttosto che prendere
Quebec. La storia è bella, piena del senso, tipico del diciottesimo
secolo, di stoicismo e di pagana felicità di fronte alla morte,
dell’affinità tra arti e armi e dello splendido disprezzo del
soldato per la pura e semplice attività del soldato. Quando fui
adulto, mi dissero di scordare questa leggenda bambinesca e
la misi via. Era stato dimostrato che era falsa. Wolfe non aveva
mai detto niente del genere. E adesso, con un gran soprassalto,
leggo che dopotutto la cosa è sostanzialmente vera.
Prenderò questa storia del generale Wolfe e dell’Elegia di Gray
come un esempio modello del modo in cui gli scettici in storia
realizzano il trucco. Essi screditano un racconto sostenuto da
ottime prove sulla base di certe mancanze o discrepanze nelle
prove stesse. Ma di queste non accennano mai e poi mai se sono
del genere che capita nelle storie vere o del genere che capita
nelle storie false. Certe sviste sono chiaramente le sviste di un
bugiardo; altre confusioni nascono nella narrazione onesta,
e soltanto nella narrazione onesta. Certi errori provano la
falsità; altri errori provano la verità. Prendiamo questa storia
di Quebec e scaviamo un po’. Gli scettici, pare, cominciano a
126
rendere la storia manifestamente ridicola per poterla negare.
“E verosimile”, dicono, “che il generale Wolfe avrebbe citato
Gray mentre conduceva le sue truppe in assoluto silenzio per
cogliere di sorpresa i francesi?”. Be’, ma owio che no; e nessuno
di cui sia a conoscenza — di sicuro non io nella mia infanzia —
ha mai immaginato che Wolfe parlasse di letteratura mentre il
nemico poteva sentirlo; o che cogliesse l’occasione di una salita
ripida e silenziosa per recitare l’intera Elegia di Gray. Provate a
figurarvi i soldati che strisciano e arrancano nell’oscurità senza
neanche osare respirare troppo forte; e immaginate il generale
che avvicina la bocca all’orecchio di un guardiamarina e si
mette a vociare in un sussurro rauco:
The curfew tolls the knell of parting day.
The lowing herd winds slowly o’er the lea,
The ploughman homeward plods his weary way,
And leaves the world to darkness and to me.
Now fades the glimmering landscape on the sight...
(Il coprifuoco suona a morto per il giorno che se ne va. /
/il
La mandria mugghiante si snoda lenta sul prato, Paratore
arranca stancamente verso casa,
all ’oscurità e a me.
/ e lascia mondo
Svanisce alla vista il panorama scintillante...”]
e tutto il resto della strofa. È ovvio che Wolfe la disse, se
poi la disse davvero, in un tempo e luogo abbastanza distanti
perché fosse possibile parlare a voce alta. 0 i critici pensano
che durante l’intera campagna canadese i soldati inglesi
conversassero parlando con le dita?
Ora, la storia popolare dice che in un qualche momento prima
dell’attacco, forse il giorno prima, Wolfe recitò una buona
parte dell’Elegia (soprattutto la parte relativa ai “sentieri della
gloria” e alla “ton1ba”) a un guardiamarina di nome Robinson.
Ma, a quanto pare, la sola persona a cui questo si può riferire
era uno scozzese di nome Robison; che, owiamente, è un
esempio perfetto degli sbagli che solo il narratore veritiero può
fare. Qualunque inglese ignorante, vedendo il nome scozzese
127
Robison, avrebbe potuto pensare che fosse semplicemente
Robinson scritto male. Siccome non importa un ficosecco per la
storia se il nome era Robinson o Roboamo, è ovvio che gli uomini
abbiano raccontato la cosa nella sua forma familiare. Se c’è nel
Westmorland una persona il cui nome si scrive Smiph, non
deve lagnarsi se diventa Smith nelle storie in cui rappresenta
una figura secondaria. Se c’è nella Cornovaglia del nord una
buona antica famiglia di Jomes, essa diverrà probabilmente
Jones nella narrativa popolare. Queste sono cose che vengono
modificate non per complicare una frode ma per semplificare
la verità. E tutto quel che c’è da dire contro i pedanti oppositori
dell’elemento romanzesco nella Storia si basa sul fatto che essi
sembrano non essere in grado di distinguere tra questa istintiva
omissione del dettaglio irrilevante, che è semplicemente l’arte
di narrare storie, e l’introduzione di ingegnosi ed elaborati
dettagli, che è tutta l’arte di raccontar bugie.
Se le tradizioni popolari cambiano, avviene tralasciando
cose e non aggiungendone. Il racconto nei secoli diventa più
semplice, non più complicato.
Poi la poderosa mente scettica si sposta sulla successiva
grande difficoltà nel racconto. Non solo c’è l’odiosa verità che
il guardiamarina Robinson era in realtà Robison; ma in realtà
non era davvero un guardiamarina. “Robison era classificato
come guardiamarina in accordo con la convenzione consueta
che attribuisce ad ogni gentiluomo impiegato su una nave da
guerra un grado ufficiale, così come egli fu successivamente
classificato come colonnello quando era professore di
matematica presso l’Accademia militare a San Pietroburgo”.
Ora, questi sono fatti interessantissimi, ma insistere su di essi
sembra di nuovo svelare una peculiare ignoranza del modo
in cui un uomo onesto racconta una storia vera. Uno dice:
“Wolfe disse a un guardiamarina”. Non dice “Wolfe disse a
una persona classificata come guardiamarina in accordo con
la convenzione consueta che attribuisce ad ogni gentiluomo
impiegato su una nave da guerra un grado ufficiale, cosi come
egli fu successivamente classificato come colonnello quando
l28
era professore di matematica presso l’Accademia militare a
a San Pietroburgo”. Posso senz’altro immaginarmi la signora
Nickleby che racconta la storia in quel modo, ma nessun altro.
Non è minimamente rilevante per il racconto se il signor
Robison fosse un guardiamarina o un maestro di musica o
un lustrascarpe o un re d’Etiopia o una persona classificata
come guardiamarina in accordo con la convenzione consueta
che attribuisce eccetera. Ma è rilevante per il racconto che
noi possiamo arrivare al punto con una ragionevole celerità
e sentire che cosa disse Wolfe, la sola e unica persona che ci
interessa. È per questo, ovviamente, che il narratore popolare
disse “guardiamarina”: semplicemente perché uno riesce a dire
“guardiamarina” più velocemente di quanto riesca a dire “Jack
Robinson”3 oppure “Jack Robison”.
1) Itermini inglesi romance e romantic, tradotti con “romanzo” e
“romanzesco” sono usati nel senso specifico e non generico. Romance
indica un racconto di avventure fantastiche o eroiche (come quelle dei
romanzi cavallereschi) e romantic è l’aggettivo corrispondente. Per
il romanzo realistico (verista, naturalista, psicologico) in inglese si
usa novel, che ormai è anche il sostantivo generico, come “romanzo”
lo è in italiano.
2) I raschietti sono i ferri che si mettevano ai lati delle porte
d’ingresso per pulirsi le scarpe da fango prima di entrare (door—
scraper). A volte se ne vedono ancora all’ingresso di vecchi palazzi.
3) In inglese l’espressione before you can say Jack Robinson indica
che qualcosa è fatto o accade molto velocemente, come le nostre “in
un amen” o “in un batter d’occhio” e simili.
l29
 CHE SIGNIFICA LEALTÀ
The Meaning ofLoyalty
Illustrated London News, 11 novembre 1911
…-».u…,.e;.…,_,
Oggigiorno le parole sono insieme sfrenate e sottomesse;
,
in effetti, 59,119… sfrenate perché sono state sottomesse. È
esattamente perché il loro significato è divenuto smorto e
convenzionale che la loro applicazione è stravagante e a volte
farsesca. Un’occhiata ai titoli di un quotidiano qualunque
mostrerà parole il cui significato è stato perduto applicate a
cose a cui esse sono particolarmente non—applicabili. Quando
una ballerina di fila sposa per denaro un anziano mecenate del
varietà, titolano sempre “Matrimonio Romantico”. Mi cade
l’occhio su un altro esempio proprio nel giornale che ho davanti.
Il signor Lloyd George ha proposto un piano di assicurazione,
che potrebbe essere ottimo o pessimo per quel che intendo
dirne qui. Ma uno dei giornali che lo sostengono ha un titolo
smisurato, “I Demolitori”, e subito sotto “Il ‘Piano’ Rivale della
Proposta di Legge”. Ora, considerate lo strano stato mentale
che è implicato dall’uso dell’espressione “I Demolitori” per
quelli che si oppongono al piano. Evidentemente l’insinuazione
è che chiunque critichi una proposta pubblica è come uno che
distrugga un edificio pubblico: che aver dubbi su una legge che
ancora neanche esiste è lo stesso che insultare una qualche
istituzione che sia lì da cinque secoli. Tu proponi all’improvviso
di costruire un’enorme torre nel mio giardino dietro casa; e se
io esito per un momento riguardo all’opportunità di tirarla su,
sono accusato di averla rasa al suolo con un incendio. Un senato
deliberante esiste per avanzare critiche e per ascoltare tutte le
parti; ma se due o tre persone hanno un “piano alternativo”, se
ne parla come di misteriosi teppisti che abbiano fracassato per
divertimento la cattedrale di St. Paul.
Un altro esempio si trova nell’uso disinvolto e _past10c1ato
dellaparola ‘glealta’j: lealtà aileader politici, lealtà ai dator1d1
lavoro industria 1, eali irlandesi, leali boeri, leali indiani e tutto
130
il resto. Non c’è modo di curare la confusione di pensiero se
non ritornando ai luoghi comuni morali. La miglior definizione
di lealtà è_probabilmente qualcosa del generez_è,il sentimento
dovuto a quelle cose con le quali abbiamo, in un certo senSo,
un…—impegno vincolante all’infinito; vale a dire che__ngn può
essere calcolato come in un baratto e che può essere espresso
solo da una dedicazione generale e definitiva degli affetti. Così
un uomo deve lealtà a sua madre, anche se lei si dà al bere o
alla politica dei partiti, perché niente di meno che sostenerla
nei suoi_guai, quali che siano, può essere commisurato con
un dono chee mistico e assoluto: il dono
della vita stessa, e
una vita data rischiando la morte. Se la madre di un uomo si
sbronza e dà la scalata a un lampione, egli non deve portar via
la scala e lasciarla lì. Se lei ha l’eccentrica preferenza di entrare
in casa propria dal comignolo o dal lucernario, lui non deve per
tutta risposta sbatterla in strada a morir di fame.
Allo stesso modo un uomo deve lealtà al suo paese, perché
egli non è in grado, neanche nell’immaginazione, di segnare
alcun limite a ciò di cui è debitore alla cultura e all’ordine
collettivi che hanno protetto la sua culla e dato forma alla sua
mente. Se fumo in un prato da sfalcio o opero in un ospedale,
se fondo una religione o contemplo una nube mattutina, non
so dire quanto sono debitore di tutte queste cose al mio essere
inglese, all’avere nell’anima certe tradizioni ben conservate,
certe abitudini profondamente incassate nel mio corpo. Così,
se anche l’Inghilterra fosse sbronza e scomposta (come fu nella
notte di Mafeking)1 o sbronza e inctta (come è adesso), l’atto
estremo di abbandonare ciò che io ritengo siano i suoi interessi
e di promuovere gli interessi di un altro popolo sarebbe
comunque l’atto di Mordred e di Gano e di Giuda Iscariota.
Allo stesso modo, inoltre, un uomo deve lealtà a quella Chiesa
0 religione che egli creda realmente essere divina, perché
nessuna complicazione o contesa può essere messa a confronto
con un vincolo di gratitudine così smisurato come quello di
sentirsi dire la verità vera sulle cose. Tutte queste realtà hanno
una radice nella ragione o nella natura delle cose.
13]

Questo non significa che uno non debba rimproverare la
madre sul lampione o che non debba denunciare il proprio
paese nella notte di Mafeking o che non debba dubitare e
discutere e far domande entro qualunque sodalizio religioso di
cui faccia parte. Ma significa che uno deve considerare il rifiuto
estremo di una qualunque delle tre cose come un tradimento
impossibile.
Questo è il vero senso della parola “lealtà”; e tutti i suoi usi
secondari, quando sono legittimi, sono soltanto derivati da
questo. Così, la lealtà di sudditi a un re, di soldati e marinai a
un capitano, dipende dall’idea patriottica; cosi, l’obbedienza di
monaci o penitenti dipende dalla verità ultima della religione.
Infine si dovrebbe aggiungere che a volte nell’antica, primitiva
anarchia feudale, e molto più raramente nell’anarchia
moderna, nascevano, e nascono, relazioni tra padroni e servi
che hanno questa illimitatae_imbrogliata qualità; così che gli
impegni da una parte e dall’altra sono onestamente sentiti
come infiniti. Nessuno tranne un pazzo si aspetterebbe di fare
spesso esperienza di simili relazioni; e io non conosco nessuna
parola per definire una persona che si aspetta di averle con
quattromila operai su una ferrovia. Questa, dunque, è la lealtà:
amare qualcosa come uno ama la propria madre, con una
gratitudine infinita per un dono infinito.
Ma il signor Lloyd George non è mia madre. Almeno questo,
della mia storia familiare e del mio albero genealogico, lo
posso affermare con sicurezza. Non ho mai attribuito a nessun
programma politico una tale astratta autorità divina quanto
un credente ne attribuisce alla rivelazione. L’architettura e il
mobilio del National Liberal Club, per gradevoli o venerabili
che possano essere, non sono penetrati nella mia anima fin
dall’infanzia come il clima inglese o la lingua inglese, come la
nebbia di Londra 0 il caminetto acceso a Natale. Se mi siedo
a fumare in un prato da sfalcio, sono ben certo che le mie
emozioni non sono in nessun modo collegate con il mobilio
del National Liberal Club. Se guardo una nuvola colorata che
attraversa il cielo mattutino, non ne segue neanche per sbaglio
132
‘
aa;…
che il pensiero del Cancelliere dello Scacchiere mi attraversi la
3
mente. Nei confronti di tutte queste concrete cose politiche io
mi trovo in una relazione di concreta critica politica, non in una
/
…
...;.u»
relazione di lealtà. C’è davvero ogni sorta di nicchie e angolini
.},mme;
appartati d’Inghilterra in cui si può sfuggire a Westminster. Ma
l‘
….
non c’è nicchia 0 angolo d’Inghilterra in cui si possa sfuggire
all’Inghilterra. I luoghi più segreti e silenziosi sono spesso i più
nazionali. Una pineta è monotona da mandarti al manicomio;
ogni albero in essa ha lo stesso aspetto degli altri; e ogni
pineta in tutta l’Europa occidentale ha lo stesso aspetto delle
altre. Eppure a volte ho sostato nel mezzo di una piantagione
inglese di pini; e benché sarebbe potuta essere pure fantasia,
mi è sembrato che avrei potuto riconoscerla come inglese e
differente dai boschi di pini che ho visto in Germania e Francia.
La lealtà è dovuta solo a queste cose onnipresenti, queste
cose che trattengono un uomo con un milione di radici; perché
la lealtà, in fin dei conti, è dovuta solo a quella cosa ancor più
alta che ci ha fatto tutti e che è al di sopra di noi tutti.
Una morale ulteriore è che si dovrebbe stare attenti (in tutto
il nostro sfrenato e vago giornalismo patriottico) a distinguere
tra la parola “ribelle” e la parola “traditore”. Entrambe sono
appiccicate abbastanza caoticamente a inglesi e scozzesi e
irlandesi e agli indiani. “Ribelle” è un termine pratico, come
“poliziotto”; come può esserci un re de facto così può esserci
un ribelle defacto. Ma “tradimento” e un termine morale e non
può essere usato da nessuna persona dotata d’intelligenza se
non per coloro che hanno abbandonato qualcosa a cui avevano
professato, o avrebbero dovuto professare, un attaccamento
infinito. Il feniano è decisamente un ribelle, come decisamente
non è un traditore. È una distinzione che ci varrà la pena
ricordare se mai (cosa nient’affatto impossibile) venissimo
conquistati noi stessi.
1) La notte del maggio 1900, ci furono festeggiamenti in tutta
18
la nazione all’arrivo della notizia che Mafeking, una cittadina del
Sudafrica, era stata liberata da un assedio boero durato 217 giorni.
133
 CONVINZIONI MISTICHE E come il Natale — ciò che intendo dire è chiaro a sufficienza. E
GOVERNO POPOLARE
Mystical Belief and Popular Government
Illustrated London News, 13 gennaio 1912
....
Vorrei che i numeri natalizi uscissero dopo Natale, e non
prima, perché è dopo che le persone ne sentono il calore. Io sto
W…...
scrivendo questo articolo prima di Natale e sono inquisitivo e
famelico; ma voi lo state leggendo appena dopo Natale e siete
sazi e sereni. Nondimeno, io credo nel celebrare il Natale nella
stampa come altrove e un commento di sfuggita me ne offre
l’occasione. Alla mia recente osservazione, su queste pagine,
che un certo dipinto di un tale Picasso mi era sembrato una
robaccia indecifrabile,1 un picassista in un qualche giornale
ha replicato che anche i miei scritti alle persone comuni
apparirebbero come una robaccia indecifrabile. E, per farlo,
ha scelto di affermare che io non sarei in grado di spiegare al
“pubblico” come sono riuscito a diventare un radicale avanzato
e tuttavia a rimanere attaccato a certe “superstizioni” di cui
l’osservanza del Natale è un esempio.
Ebbene, confido di poterlo spiegare con tutto comodo.
Quando le persone dicono delle opinioni del signor Bernard
Shaw, o delle mie opinioni, che non le comprendono, intendono
dire che non le apprezzano. Non intendono dire che la
sistemazione grammaticale delle parole non trasmette alcuna
affermazione intelligibile. Se il signor Bonar Law dicesse alla
Camera dei Comuni “Il taoismo è l’unica religione vera”, le
persone sarebbero profondamente sorprese; potrebbero essere
profondamente perplesse circa i suoi motivi 0 le sue ragioni.
Ma sarebbe insensato dire che sarebbero perplesse riguardo al
significato: quel che intende dire sarebbe chiaro a sufficienza.
E quando io dico che, secondo la mia opinione, la sovranità
popolare non può prosperare senza concezioni popolari —
134
mi metterei allegramente a spiegare quali sono le mie ragioni
a qualunque assemblea di adulti moderatamente civilizzati in
qualunque luogo. Per accettare la sfida, scriverò qui le mie tre
o quattro ragioni per credere che sia indispensabile combinare
convinzioni e osservanze mistiche con qualunque tentativo
di governo popolare. Eccole qua: chiunque ha il permesso di
dire che sono insensate nel senso di essere erronee, ma sfido
chiunque a dire che sono insensate nel senso di essere scritte
in un linguaggio inintelligibile.
1) Primo, la democrazia si fonda su un certo pensiero o
sentimento. Se non vi piace chiamarlo l’uguaglianza degli
uomini, potete chiamarlo la rassomiglianza degli uomini. Si
tratta dell’uomo considerato in relazione alle cose che sono
comuni. Nascita, sesso e morte ne sono i tre esempi più 0Wi. Ma
la nascita di solito è dimenticata e il sesso è assai specializzato
e spesso assai segreto; di conseguenza è la morte quella che
più facilmente si affaccia alla mente quando si considera il
comune destino degli uomini. Ma qui si fa avanti un’altra
complicazione. Perché, anche se la morte è il fatto più ovvio e
universale, è anche quello meno gradevole. Sempre gli uomini
ne distoglieranno il pensiero, a meno che non sia presentata in
una luce di dignità e speranza. I materialisti altamente civilizzati
naturalmente penseranno chelavitasiala solacosainteressante.
Sfortunatamente, però, proprio come la morte è la cosa che più
parifica gli uomini, così la vita è la cosa che più li differenzia.
Le torreggianti disuguaglienze in ricchezza, saggezza o bellezza
diventano tanto più importanti per l’immaginazione quando
non c’è uno sfondo cosmico a ridimensionarle. E le persone
non penseranno allo sfondo cosmico se lo sfondo è nero. Solo
l’universale può rendere possibile la fraternità. Solo la fede può
rendere sopportabile l’universale. Per riassumere: gli uomini
possono attaccarsi all’idea di “un uomo un voto” se è associata
con “un uomo un’anima”. Di sicuro non staranno a perderci
tempo se è associata soltanto a “un uomo una bara”.
2) Sela massa dei cittadini deve comandare, è assolutamente
135
 |n:lr…|wum.ulnlr«'lu'rnnl .|l)l>i;||l…lt‘lli‘ lk)l‘lissimebasi di pensiero
posseggano tutti i fiori selvatici d’Inghilterra; come in effetti è.
… ...mmw How I… .‘£I.uln v «|…ninalo da p0Che volontà (diun Ma il termine medievale era “Our Lady’s Bedstraw”.3 La c1v11tà
w … .h n…lnh). l.. nll;| m……- e unità è preservata dalla pura moderna ha mantenuto la più aristocratica parola “signora”: ha
.«
-.rm|»|lrr ||ll|mh'lll.;l delle altre parti costituenti. Ma se
«l.-w «u…-n» «Imminalo da un gettato solo la più democratica parola “nostra”. Lo snobismo è
gran numero di volontà, queste la religione dell’irreligioso. Posso sbagliarmi ma dl certo non
«|«-… un» .'m—n‘
un qualche standard che considerino ortodossia
(» |N'l'lulllt'l10
sono inintelligibile se dico che i giovani moderni potrebbero
senso comune. C’è questo dietro la mezza verità di
coloro che dicono che arte e scienza (almeno, i tipi più pensare di più a San Giorgio di Cappadocia e meno a San
sfrenati) Giorgio in Hanover Square.5
prosperano meglio in un regime aristocratico. Un certo tipo 4) È impossibile avere uguaglianza spirituale senzaun’autorrta\
'
di rilassatezza non può essere consentito in
una democrazia. spirituale, proprio come è impossibile avere uguaglianza legale
Un muro può essere costruito con grosse rocce sciolte,
perché senza un’autorità legale. Perché l’uguaglianza non è un caos: e
ne bastano poche. Ma se volete costruire un muro di ciottoli
dovete avere un cemento molto forte. una schiera ordinata.
Per riassumere: lo scettico in definitiva mina la democrazia
3) L’ideale democratico è costantemente trascinato in basso
(1) perché non riesce a vedere alcun significato nella morte e
dal naturale e legittimo, ma in definitiva sregolato, fascino
in simili cose di uguaglianza assoluta; (2) perché introduce
della bellezza e ricchezza di questo mondo. Perché riesca
principii primi diversi, rendendo impossibile il dibattito; e il
,

a ...

opporre resistenza, è necessario che l’ideale sia a modo suo dibattito è la vita della democrazia; (3) perché il venir meno
tanto vivido e smagliante quanto i fasti e le vanità della terra ……………

delle immagini di persone sacre lascia l’uomo troppo propenso

che si trova intorno. Gli dèi degli uomini devono
essere tanto
personali quanto i loro re. Gilbert si è dilettato con l’insolita
unione della Camera dei Lord e delle fate in Iolanthe.2 Ma è
proprio vero che le fate e i Lord in un certo senso sono rivali.
a divenire uno che rispetta le personalità mondane; (4) perché
ci sarà più, non meno, rispetto per i diritti umani se sarà
possibile trattarli come diritti divini.
Ora, tutto quello che ho esposto può essere falso m teoria o
. .

È proprio vero che

quanto meno alle persone è consentito di falso nei fatti o incoerente nel ragionamento; ma sfido chiunque
pensare ai rossi cappucci dei folletti e alle stelle dorate tanto più
si troveranno costrette a a dire che è privo di senso come è privo di senso il quadro di
pensare alle vesti rosse e ai diademi Picasso. E ripeto il mio semplice criterio: per qualunque cosa, Il
dorati. L’inno nazionale d’Inghilterra è davvero “Bow down,
lower middle classes”; ma è così perché le classi medio—basse
ye segno e la prova che non sia priva di senso è se può (in qualche
misura) essere spiegata chiaramente. Le cose belle possono,
d’Inghilterra hanno una scarsissima conoscenza del paese delle
fate. In Irlanda, dove non si sono liberati della Peri, hanno più o meno, avvicinarsi alla spiegazione popolare: anche se
molto poche possono essere tanto belle o popolari quanto Il
trovato molto più facile liberarsi del Pari. Ma la sola fede nel Natale.
soprannaturale che si possa mantenere davvero con fermezza
e serietà, e soprattutto davvero senza pericolo, è
quella di una
religione reale: quando una simile religione s’indebolisce,
sempre straripano le idolatrie mondane. Quando un bambino
di oggi sente di un fiore chiamato “Lady’s Bedstraw”
o “Lady’s
Fingers” gli viene la vaga idea che lady Smith 0 lady Robinson
l36
[37
 1) Nell’articolo del 23 dicembre 1911, “The Dangers Of Having
Only One Thought”, Chesterton si era espresso cosi riguardo a uno
studio di Picasso: «Se mi chiedete che cosa rappresenta, non vi siete
formati alcun concetto della vera natura di questa bella cosa. È del
tutto inadeguato dire che non rappresenta niente. Non mi basterebbe
nemmeno dire che non suggerisce niente. Io affermo, con sincera
e imperturbata certezza, che essa è niente: per quanto è possibile
quando c’è occupazione di uno spazio, la cosa non c’è. C’è qualcosa
che somiglia un po’ a una zona sciupata lungo il bordo inferiore e
qualcosache somigliaunpo’acarattericinesilungoilbordosuperiore;
tutto il resto è esattamente simile a carta assorbente usata; cosa che
forse è. Inferisco quale sia la maniera giusta di guardarlo solo dalla
posizione del titolo stampato, che dice “Supplemento al New Age.
Uno Studio di Picasso”. In un altro punto è spiegato che Picasso è
il primo artista importante che questo pianeta abbia prodotto e che
quell’inaspettato retro di carta assorbente rappresenta, non in effetti
un Tavolo, un Bicchiere di Vino e un Mandolino, ma le “anime” di un
Tavolo, un Bicchiere di Vino e un Mandolino. [...] Come fa la dignità
umana a scendere fino a queste stramberie da scimmia? Come fa il
cervello umano a ripiombare in questa oscurità da bestie? ».
2) Iolanthe, or The Peer and the Peri, una commedia musicale
di Gilbert & Sullivan del 1882, mette in scena una bizzarra contesa
tra i Pari d’Inghilterra e una schiera di fate per questioni amorose.
La canzone “Bow down, ye lower middle classes” (Inchinatevi, voi
classi medio—basse) fa parte dell’opera. Le Peri sono creature della
mitologia persiana simili alle fate; poche righe più avanti Chesterton
applica il termine alla credenza irlandese nell’esistenza delle fate.
3) Lady’s Bedstraw, nome comune del Galium verum, significa
“il giaciglio della signora” ma Our Lady’s Bedstraw è “il giaciglio
di Nostra Signora”, cioè della Madonna. Lady’s Fingers, “dita di
signora”, fino all’Ottocento era il nome del Lotus corniculatus
oppure dell’Anthyllis vulneraria; in seguito è passato a indicare un
legume asiatico.
4) ’" La chiesa di San Giorgio, Hanover Square, era nota per essere
una chiesa molto esclusiva, destinata in particolare ai matrimoni
nell’alta società. Qui, la sua mondanità è contrapposta all’eroismo e
alla spiritualità di san Giorgio, santo patrono dell’Inghilterra.
138
IL GRANDE NAUFRAGIO
COME ANALOGIA
The Great Shipwreck as an Analogy
Illustrated London News, 11 maggio 1912
La tragedia del grande naufragio è troppo spaventosa per
prestarsi ad analogie di pura fantasia. Ma l’analogia che balza
in mente tra la grande nave moderna e la nostra grande società
moderna che l’ha prodotta, questa analogia non è una fantasia.
E un fatto; un fatto forse troppo grande e chiaro perché
l’occhio lo colga facilmente. La nostra intera civiltà è proprio
come il Titanic; simile nella sua potenza e nella sua impotenza,
nella sua sicurezza e nella sua insicurezza. Dal punto di vista
tecnico, se le precauzioni fossero sufficienti o meno è materia
da inchiesta tecnica. Ma dal punto di vista psicologico, non
può esserci dubbio che un’elaborazione e un sistema tanto
vasti generano un assetto mentale che è più inefficiente che
efficiente. A parte la questione se ci sia qualcuno da biasimare,
rimane il grande fatto eccezionale: che non c’era nessuna
ragionevole proporzione tra la quantità di accorgimenti per il
lusso e la frivolezza e la quantità di accorgimenti per il bisogno
e la disperazione. Il progetto ha fatto di gran lunga troppo per la
prosperità e di gran lunga troppo poco per l’angoscia; proprio
come lo Stato moderno. Si ricorderà che il signor Veneering,
nel suo discorso elettorale, “elaborò un nuovo e sensazionale
paragone tra lo Stato e una nave”; il paragone, se non nuovo,
sta diventando un po’ troppo sensazionale. Giunto al momento
in cui hai reso la tua nave grande come una confederazione, la
tua confederazione diventa molto simile a una nave; piuttosto
simile a una nave che affonda.
Perché c’è un legame reale tra simili catastrofi e un certo
assetto mentale che rifiuta di aspettarsele. Un uomo rozzo che
va per mare in una piccola barca può fare ogni altra sorta di
errori: può obbedire alla superstizione, può bersi troppo rum,
139
può ubriacarsi, può annegare: ma, cauto o avventato, sbronzo
o sobrio, non riesce a dimenticare che sta in una barca e che
una barca è una bestia altrettanto pericolosa quanto un cavallo
selvaggio. Le linee stesse della barca hanno la rapida poesia del
pericolo; lo stesso portamento e movimento della barca sono
quelli di una cosa assalita. Ma se fai la tua barca tanto grande
che nemmeno sembra una barca, ma piuttosto una specie di
stabilimento balneare, questo non mancherà, secondo la più
profonda conformazione nella natura umana, di generare un
atteggiamento mentale meno vigile. Un aristocratico a bordo
di una nave che viaggia con un garage per la sua automobile
si sente quasi come se stesse viaggiando con gli alberi del suo
parco. Le persone che se ne stanno nei caffè all’aria aperta con
liquori e cubetti di ghiaccio si allontanano dal pensiero di una
rivolta degli elementi tanto quanto sono lontani dal pensare
a un terremoto sotto all’Hotel Cecil. Il processo mentale è del
tutto illogico, ma è del tutto inevitabile. Naturalmente, sia i
marinai che i passeggeri sono intellettualmente consapevoli
del fatto che in mare le automobili sono spesso meno utili delle
scialuppe di salvataggio e che i cubetti di ghiaccio non sono un
antidoto agli iceberg. L’uomo però è governato non solo da ciò
che pensa ma anche da ciò a cui sceglie di pensare; e le scene e
immagini che penetrano in noi giorno dopo giorno tingono le
nostre menti di ogni tinta tra l’insolenza e il terrore. Questo è
uno dei mali peggiori in quella separazione estrema tra le classi
sociali che contraddistingue la nave moderna e lo Stato.
Ma che i nostri sfortunati simili sul Titanic fossero o no affetti
più del necessario da questa irrealtà della prospettiva originale,
non possono aver avuto meno istinto della realtà di quanto
ne abbiamo noi che siamo rimasti a terra vivi; e ora che sono
morti sono molto più reali di noi. Essi hanno conosciuto quello
che giornali e politici non sanno mai: di che cosa l’uomo è fatto
davvero, e che razza di cosa sia la nostra natura al suo meglio
e al suo peggio. È questa strana, fredda, frivola incapacità di
concepire come una cosa è, che fa capolino in così tanti luoghi,
perfino nei commenti a questo dolore sbalorditivo. Si mostra
140
nello spiacevole caso della signorina Sylvia Pankhurst, la
quale, immediatamente subito dopo il disastro, sembra che si
sia affrettata ad assicurare il pubblico che agli uomini non si
doveva riconoscere alcun merito per aver ceduto le barche alle
donne, perché questa in mare è “la regola”. Se questa fosse una
cosa graziosa da dire da parte di un’allegra zitella a ottocento
vedove in un’ora tanto cupa non è cosa di cui valga la pena
occuparsi qui. Come il cannibalismo, è questione di gusti.
Ma quel che soprattutto mi lascia stupefatto nel commento è
l’assoluta mancanza dei rudimenti del pensiero politico che
rivela. Che cosa la signorina Pankhurst immagina che sia
una “regola”: una specie di basilisco? Centinaia di uomini si
trovano, nel preciso e letterale significato del proverbio, tra
il diavolo e il mare profondo. È loro compito, se riescono a
convincersene, accettare il mare profondo e resistere al diavolo.
Che cosa la signorina Pankhurst suppone che una “regola”
possa fare per loro in un’evenienza del genere? Pensa che il
capitano multerebbe di sei pence ogni uomo che esprimesse la
preferenza per la propria vita? Le sarà capitato di pensare che
la centesima parte della popolazione della nave avrebbe potuto
gettare in mare il capitano e tutte le autorità? Ma l’osservazione
della signorina Pankhurst, per quanto sciocca, è rivelatrice.
Ora che vedo la maniera abietta e idolatra in cui ella usa la
parola “regola”, comincio a capire la maniera abietta e idolatra
in cui ha usato la parola “voto”. Ella non riesce a vedere che le
volontà e non le parole controllano gli eventi. Se mai si trovasse
in un incendio o in un naufragio con uomini al di sotto di un
certo standard morale europeo, scoprirà presto che l’esistenza
di una regola dipende da se le persone possono essere indotte
a obbedirle. E se mai avrà un voto nella bassissima condizione
della politica europea, scoprirà molto presto che l’importanza
del voto dipende da se puoi indurre l’uomo per cui voti a
obbedire al suo mandato o a mantenere una qualunque delle
sue promesse. È inutile fare regole se i tuoi sottoposti possono
disobbedirti e ti disobbediscono. È inutile votare se i tuoi
delegati possono disobbedirti e ti disobbediscono.
14l
 Ma, in effetti, una vera regola può fare a meno di eccezioni
quali le suffragette; de minimis non curat lex.1 E se la parola
“regola” è usata nel senso più ampio di tentativo di mantenere un
certo livello di comportamento privato per rispetto dell’opinione
pubblica, possiamo soltanto dire che non solo questo è un
vero trionfo morale ma è, nelle nostre attuali condizioni, un
trionfo piuttosto sorprendente e rassicurante. È esattamente
questo spirito di corpo che lo Stato moderno ha trascurato
pericolosamente. C’era probabilmente più istintiva fratellanza
e più sentimento di identici interessi, non dico su un antico
mercantile ma sul veliero di un antico pirata, di quanto ce ne
fosse tra gli emigranti, gli aristocratici, i giornalisti o i milionari
che sono salpati per morire insieme nella grande nave. Che essi
abbiano scoperto in un modo così crudele la loro fratellanza e il
bisogno che l’uomo ha del rispetto del suo prossimo, e un fatto
spaventoso ma sicuramente l’opposto di un fatto degradante. Il
caso del signor Stead, che io sento con emozione particolare, sia
di simpatia che di diversità, è assai tipico dell’intera tragedia.
Il signor Stead era un uomo di gran lunga troppo grande e
coraggioso per richiedere qualunque dissimulazione delle sue
esagerazioni o dei suoi umori più squilibrati; la sua forza stava
in una certezza ardente, che si può solo sminuire a chiamarla
sincerità, e in una fame e sete di umana simpatia. Il suo eccesso,
si può dire, con vero rispetto, andava nella direzione della
megalomania: una fede infantile nei grandi imperi, grandi
giornali, grandi alleanze... grandi navi. Lavorò come un titano
per quella combinazione anglo—americana di cui la nave che è
affondata può ben essere chiamata l’emblema. E alla fine tutte
queste grandi cose si sono infrante intorno a lui e sono rimaste
cose un po’ più grandi: un coraggio che era del tutto individuale;
una benevolenza che era del tutto universale. La sua morte
potrebbe diventare una leggenda.2
La legge non si interessa delle cose poco
1) * importanti.
2) William Thomas Stead (1849-1912), fu un famoso direttore
di giornale inglese, convinto pacifista e internazionalista. Morì sul
Titanic dopo aver aiutato molte persone a salire sulle scialuppe.
142
LA FAMIGLIA E
LA MINACCIA DEL MALE
The Family and the Threat ovail
Illustrated London News, 8 febbraio 1913
Sono contento di vedere che cominciano a sorgere proteste!
-
contro le pazze esagerazioni dei filantropi, che sempre vogliono
farci sacrificare il naturale all’innaturale e il certo al possibile.
I nostri riformatori sociali hanno un modo meraviglioso di
confezionarepfligquanta vizi-nuovi con_l_a_scusa_di sopprimerne
uno. Per esempio, c’è un labirinto d’immoralità che zampilla
ogniqualvolta uno Stato tenta il ridicolo esperimento chiamato
Proibizione Totale. Mi è stato raccontato da un amico, il quale
aveva fatto un viaggio in quel che gli americani chiamano “uno
Stato asciutto”, che la sua innocente richiesta di un bicchiere di
whisky in un albergo era stata accolta con una radiosa e vivace
serie di indicazioni riguardo a dove avrebbe potuto trovare “la
stanza dei cappelli” (hat-room). La sua prima impressione fu
che la stanza dei cappelli fosse il quartier generale del Cappellaio
Matto, che evidentemente dirigeva l’albergo. La seconda fu
una vaga congettura sul sapore che avrebbe il whisky a berlo da
un cappello. Alla fine, gli venne in mente che hat—room fosse
la parola americana per indicare ciò che noi generalmente
chiamiamo cloak—room (guardaroba); anche così, però, non
riusciva a immaginare che cos’avesse a che fare col whisky.
Lo scoprì presto; perché tutto era pronto e chiaramente si
trattava di un’abitudine in gran voga. Nel guardaroba erano
immagazzinati un bel po’ di bauli e valige ben chiusi con le
loro cinghie, etichettati coi nomi di alcuni immaginari cittadini
americani e zeppi di bottiglie di birra, vino e spiriti. Pescando
da questi, egli fu generosamente servito; e poi le cinghie del
baule furono di nuovo affibbiate, così che, se la polizia fosse
entrata in quel tempio dell’astinenza, la direzione avrebbe
143
potuto affermare d’ignorare il contenuto dei bagagli lasciati
in custodia. Ora, supponete che il mio amico avesse bevuto
quattro volte tanto whisky quanto ne aveva chiesto e fosse
rotolato ubriaco perso giù per le scale d’ingresso dell’albergo:
sarebbe caduto più in basso della bassezza di questa squisita
finzione legale? Guardate la quantità di nuovi peccati che lo
“Stato asciutto” riesce a creare mentre fallisce nel curare
quello dell’ubriachezza. L’uomo che va nel guardaroba ha tutta
l’ubriachezza che vuole, con le seguenti simpatiche aggiunte:
(1) è divenuto un bugiardo, chiamando le cose con nomi fasulli
e facendo una cosa mentre finge di farne un’altra; (2) è divenuto
un ribelle e un cattivo cittadino, che trama contro la legge del
suo paese e l’efficienza del servizio pubblico nazionale; (3) è
divenuto un codardo, che per paura delle conseguenze sulla sua
persona si ritrae da atti di cui moralmente non si vergogna; (4)
è divenuto un corruttore e un cattivo esempio, istigando altri
uomini a macchiare la loro semplicità e dignità; (5) è divenuto
il più terribile dei buffoni, recitando in una farsa ignominiosa
da cui perfino la semplice sua dignità fisica potrebbe faticare
a riprendersi; (6) con ogni probabilità, è arrivato molto più
vicino che in qualunque altra maniera ad avere una brama
di alcol. Perché qualunque cosa che si cerchi di ottenere con
tanta orribile segretezza e ostinazione ha una forte tendenza
a diventare magnetica e irresistibile di per sé; una specie di
idolo. E tutto questo è messo in campo per impedire a un uomo
di avere un bicchiere di whisky... che in fin dei conti ottiene
comunque. Quelli che sostengono questo genere di proibizioni
potrebbero non avere alcun interesse per la moralità umana.
Esiste un caso simile di degrado universale in favore di una
precauzione di poco conto, in quell’epidemia di sgradevoli
opuscoli che hanno cominciato a fiorire nelle edicole in relazione
a certi mali sociali. Alle ragazze viene raccomandato con gran
serietàdinonoffrireassistenzaallevecchiesignorechesisentono
mancare o svengono, per timore che possano essere disoneste
agenti di atroci stranieri.l Ebbene, considerate anche qui che
cosa c’è da guadagnare e quel che si perde per guadagnarlo! Per
144
essere al sicuro da un pericolo che nel peggiore dei casi può solo
essere un ’eccezione, un pericolo al qualenessuno vorrebbe che “
una ragazza sana—pensasse costantemente, la ragazza sana deve
gettare alle ortiche: (1) tutta la sua istintiva compassione per
chi è malato e meno fortunato; (2) tutto il suo doveroso rispetto
per l’età avanzata e per la sublime insicurezza che essa porta;
(3) tutta la sua comprensione verso il suo proprio sesso; (4)
tutta la sua innocente ripugnanza per pensieri di impudicizia e
stupro; (5) tutto il coraggio e la generosità e l’allegra visione di
quell’avventura che si chiama vita che sono caratteristici della
giovinezza; (6) tutto quel che le è rimasto della confidenza dei
bambini verso le persone che non conoscono; (7) tutto quel
che abbia finora acquisito del desiderio femminile di essere
concretamente d’aiuto. Si sradicano tutte le virtù di Marta e
Maria, di Isabella e Rosalinda, di Antigone e Giovanna d’Arco;
e tutto allo scopo di impedire a un’ipotetica vecchia signora su
mille di portare qualcuno in un’ipotetica casa su mille, un tipo
di casa in cui è, a quanto pare, impossibile (non saprei proprio
perché) rompere una finestra e chiamare aiuto.
Si può ulteriormente notare, non senza divertimento, che la
cautela raccomandata alle donne è ugualmente contraria sia
alle nuove teorie sullo stato della donna che a quelle vecchie.
La suffragetta militante non dovrebbe essere tanto timorosa.
La zitella tradizionale non dovrebbe essere tanto immaginosa.
Quest’attitudine negativa deruba una donna di tutte le virtù
della zia nubile e glienelasciatuttiivizi: sospettosità, limitatezza,
esclusività sociale e un’eccessiva tendenza a proteggersi.
Le lascia anche tutti i vizi del maschiaccio ma ne rimuove
accuratamente tutte le virtù: coraggio, aspettativa e il desiderio
di stare con gli altri. Jane Austen avrebbe considerato indegno
di sé pensare a cose del genere. Emily Bront'é avrebbe pensato
indegno di sé averne paura. Non sto dicendo, ovviamente, che
non esiste un male come quello che si cerca qui di prevenire:…
esiste come es1stono la lebbra e il cannibalismo; e di esso si
dovrebbero occupare, come della lebbra e del cannibalismo,
coloro che sono abbastanza eccezionali e dediti da averne una
145
 qualche conoscenza@qgestione e…dmmmahsamg; esagerate fino a diventare questi te1rori meschini, la sola cura
,
giovani dovrebbero vedersi avvelenare…fede speranza.….[gà sensata sarebbe esattamentela cosa che tutti stanno cercando…"
_
da uWgerenne sogno a ggghiapemsulehhmacanmbgl_issmq di farea pezz1l’ unità e autor1ta della Fam1gha Sono la moglie
Che il male non sia così onnipresente e onnipotente come
'

e i figli dl un uomo quelli che dovrebbero rendergli la vita

questi avvisi suggeriscono, è una faccenda di palese buonsenso. impossibile se frequenta pericolosamente e follemente le stanze
Se i criminali possono agire con tanta rapidità e successo, dei cappelli senza alcun legittimo interesse per i cappelli.
perché altri criminali non ci riescono? Perché i nostri ricchi Sono il padre e la madre di una ragazza quelli che dovrebbero
zii non sono rinchiusi dai briganti negli stanzini del carbone
insegnarle come proteggersi e quali sono i limiti sani del dare
e tenuti in ostaggio per averne un riscatto? Perché anziani confidenza a persone sconosciute, che svengano o no. Sono i
milionari non vengono trasportati nelle soffitte di Soho tanto genitori di un bambino quelli che dovrebbero assicurarsi che
facilmente quanto nelle montagne della Sicilia? Ma non mi
non ci siano gravi rischi igienici. Niente può essere più insalubre
fermerò oltre su questo brutto esempio; perché è solo uno dei del fatto che il bambino si preoccupi della salute. Sono la moglie
molti casi di questo morbo del sacrificare ciò che è normale
e tutta la gente di casa quelli che dovrebbero riflettere nel debito
a ciò che è anormale. Lo vediamo nella prudenza eccessiva modo e grado con un uomo che sta decidendo se partecipare a
riguardo all’igiene: un microscopio straordinario in cui i uno sciopero; e sono convinto che in genere è questo ciò che
microbi sembrano molto più grandi degli uomini. Un uomo ha importanza per lui. Questa istituzione della casa normale,
si vergognerebbe di esser trovato a fare sempre complicati che sola è in grado di affrontare costantemente e con vigilanza
frenetici calcoli per evitare di incontrare un grosso cane. Si simili mali, è l’unica cosa che abbiamo consumato fino all osso
sentirebbe umiliato se lo pescassero a nascondersi dietro una con la tirannia economica e che stiamo ora smembrando con
siepe mentre passa un cavallo imponente. Non appenderebbe 11119119…Leggi_inumane-
con orgoglio nel salotto una mappa colorata del quartiere con i
vicoli in cui passa meno bestiame. Ma benché sia poco dignitoso
aver molta paura di grossi animali, è ritenuto degno di elogio
avere una paura folle di quelli piccoli. In base a questa teoria,
san Giorgio, che seppe affrontare un grosso drago, sarebbe
stato intimorito da un drago minuscolo; Jack l’Ammazza—
Giganti avrebbe tremato di fronte a un nano; 0 se Andromeda
fosse stata incatenata per esser divorata dalle formiche, Perseo
sarebbe fuggito in preda al terrore. Anche qui, come prima,
esiste un pericolo reale da cui la gente sensata si protegge in
maniera sensata. È razionale evitare la malattia_quanto lo e
evitare il naufragio Il punto è che certa gente evita il nadÎfrzìib
… "'—"" “ "
evitando costantemente di salire sulla nave.
Non risolveremo mai neanche uno dei nostri p10blem1 finché
1) Si riferisce alle pubblicazioni (e alla diffusa psicosi) riguardanti
la tratta delle bianche, white slavery.
eventuahta Per tutte le paure vere e razionali che vengono
146
147
 GLI IDOLI DEGLI AGNOSTICI
The Idols of the Agnostics
Illustrated London News, 20 giugno 1914
Alcuni dei fatti più freschi della vita si possono trovare con
maggior frequenza in contrade arcaiche; nei libri sacri, nei
libri classici... ma che dico, nei manuali di calligrafia. E una
delle verità che diventano più vere man mano che s’accumula
l’esperienza di un uomo è questa: che gli uomini hanno bisogno
di una religione innanzitutto perché impedisca loro di venerare
idoli.
Un esempio curioso del tipo di cosa a cui mi riferisco si
può trovare in un recente articolo del mio ottimo vecchio
antagonista gnostico, il signor Robert Blatchford. Ein è un
onorabilissimo rappresentante dei socialisti liberi pensatori
della vecchia scuola; non ha mai venduto la sua penna ad
alcun compromesso plutocratico o per nessuna ambizione
politica. Ha provato a mantenere strettamente scientifico il suo
materialismo; strettamente economico il suo socialismo. Ma
non c’è riuscito: il suo pathos innato, il suo innato senso sociale,
il suo innato istinto di artista lo costringono continuamente a
trasferire su cose relativamente piccole e transitorie lo stesso
genere di venerazione piena di desiderio che le persone
religiose rivolgono a cose più grandiose e durevoli. Non si può
avere uno spazio davvero vuoto; quando abbattete i cedri del
Libano ottenete solo un sottobosco nuovo di alberi stentati. A
meno che quella certa parte della mente non sia soddisfatta
da una fede, essa sarà soddisfatta da un capriccio: quelli che
hanno distrutto una chiesa hanno solo creato una setta. Il
signor Blatchford, che è molto attaccato a una cosa misteriosa
che chiama “evoluzione”, può forse pensare che sia glorioso
progresso ed emancipazione quando un cane morto evolve in
un milione di vermi. Ma alcuni di noi pensano che idolatrare
un verme sia molto meno razionale che idolatrare un cane; e
148
che l’idolatria del microbo sia ancor meno razionale che quella
del verme. Ad ogni modo, qualche piccola forma di vita verrà
sempre a stabilirsi dove si sia aperto un vuoto. L’erede di una
grande religione è una piccola religione. C’è sempre spazio per
un piccoletto, come dicono scherzosamente sul tram i colossali
gentiluomini del commercio. Sono d’accordo con il signor WB.
Yeats su questo, che dove c’è il Niente c’è Dio;1 solo che troppo
spesso è il falso Dio.
Comunque, per rimanere all’esempio in questione, il signor
Bernard Shaw, che nella difficoltà moderna sa vedere molto
più in profondità degli agnostici di vecchio stampo, ha detto
una cosa che mi sembra assai vera. Ha detto che l’Educazione
Secolare non funzionerà; perché essa in realtà significa che il
motivo per non fare qualcosa di sbagliato è che se lo fai sarai
preso a vergate. Si potrebbe mettere in un altro modo: se vuoi
che il bambino lotti per salvarsi l’anima, devi dargli l’idea
di qualcosa che è presente quando lui sta lottando da solo.
Questo ha colpito moltissimo il povero signor Blatchford; ed
egli ha impartito al signor Shaw una lezione sulla non necessità
dell’uno e dell’altra, “l’inferno e la verga”, per un educatore
illuminato. Se fosse sua impressione che il signor Shaw abbia
l’abitudine di fustigare la gente senza ritegno () di terrorizzarla
con descrizioni accurate di come si troverà all’inferno, non sono
riuscito a capirlo. Ho avuto molte dispute con il signor Shaw;
ed egli non ha mai provato su di me nessuna di queste due
armi. Insomma, in qualche modo il signor Blatchford ritiene
che il signor Shaw abbia incoraggiato l’“idea della Bibbia”
che la più grande forza morale sia il terrore; un’affermazione
che perfino sul più arrugginito lettore della Bibbia non avrà
altro effetto se non letteralmente di affollargli la mente di testi
che dicono precisamente l’opposto. Se avesse detto che il solo
genere di filo conduttore nella Bibbia, dalle oscure guerre con
Dagon o Moloch fino al martirio di santo Stefano, era il vago e
tenue accenno dell’idea che il terrore non è la più grande forza
morale, sarebbe stato un discorso piuttosto sensato. Ad ogni
modo, ricapitoliamo.
149
 Dire che la punizione o la paura delle conseguenze sia la più
grande forza morale è una cosa, e una cosa sciocca. Dire che
possa essere a volte una forza morale utile e legittima è tutt’altra
cosa. Se dunque il maestro non deve minacciare conseguenze
fisiche e il profeta non deve minacciare conseguenze spirituali,
che cosa resta da fare se a un ragazzino piace aprire il gas
senza accendere la fiamma? Se non deve perdere la torta e non
può perdere l’anima, che cosa propone il signor Blatchford di
fare in proposito? Il signor Blatchford ha sentito la necessità
di rispondere. E invero straordinaria è la risposta. Egli è del
parere che ciò che paradiso e inferno, per non dire il mondo
e i padroni del mondo, hanno mancato di conseguire possa
essere rapidamente e appropriatamente conseguito giocando
a cricket. Egli passa dunque a lodare questo gioco eccellente in
termini che la maggior parte di noi ha letto in altre contrade;
ma non erano le contrade in cui generalmente si possano
trovare rivoluzionari veterani. “Il cricket insegna ai ragazzi la
disciplina” — “Il cricket incoraggia a non essere egoisti”. Non è
difficile completare il repertorio da questa o simili fonti: “Gioca
secondo le regole” — “Gioca per la sua squadra” — “Schietto e
virile” — “Gentiluomo inglese cristiano” — “Sportivo leale” —
“Waterloo vinta...”2 e via di questo passo.
Questa è idolatria. Questa è strisciante servile superstizione
da parte del signor Blatchford. Avrebbe fatto meglio a credere
che la balena avesse ingoiato Giona o che Giona avesse ingoiato
la balena, anziché compiere lui stesso un miracolo ingoiando
qualcosa di ancor più mostruoso di tutti e due messi insieme.
Perché il signor Blatchford, diversamente da quelli che
scrissero il libro della Genesi, mi sta chiedendo di credere a
qualcosa che io so non essere vero. Potrebbe anche esserci
stato un pesce che inghiottì Giona. Ci sono nel mare più pesci di
quanti ne siano mai venuti fuori. Di più, suppongo che ci siano
nel mare (perfino nei naufragi moderni) più Giona di quanti ne
siano mai venuti o ne verranno fuori: a meno che ci sia infine
un giorno del giudizio e il mare restituisca i suoi morti.
Ma, comunque sia, io non ho mai preteso di possedere
l5()
quella completa conoscenza della zoologia marina, a una
qualche data imprecisata, che potrebbe mettermi in grado di
negare sulla parola che in un qualunque tempo abbia potuto
nuotare nel mare un qualunque pesce grande abbastanza da
inghiottire un profeta ebreo. No, io non ne so abbastanza. Sono
agnostico; diversamente dagli Agnostici. So che c’è un cavo
sotto l’Atlantico perché è legato a nessuna delle due estremità.
Non ho mai sentito uno straccio di ragione perché non debba
esserci un serpente marino sotto l’Atlantico, visto che non è
legato a entrambe le estremità. Ma un tale pesce lo lascio ai
pescatori, che hanno la reputazione di catturare di quando in
quando un serpente marino o una balena.
Però, il signor Blatchford suppone che nessuno di noi abbia
mai giocato a cricket? Che nessuno di noi abbia mai osservato
il cricket o conosciuto giocatori di cricket? Qualunque ragazzo
che sia stato a scuola crede dawero che il cricket sappia
gettar fuori tutti i demoni dalla casa della natura umana? Non
vengono compiute azioni che sono decisamente “non cricket”
da anziani ed esperti giocatori di cricket? Non ci sono imbrogli,
prepotenze, ambizione e gelosia nel cricket, amatoriale o
professionale, come in tutti gli altri impieghi di umane energie?
È appena appena possibile riconciliare il concetto con la realtà?
I Primi Undici3 sono identici ai Dodici Apostoli meno Giuda?
Tra due forme di rozzo feticismo vegetale, non vedo perché
dovremmo bruciare la verga e venerare il salice. No, io non so
niente della digestione di un pesce preistorico; potrebbe aver
inghiottito un profeta con tutte le sue profezie, ma conosco la
mia propria digestione. E non riesco a mandar giù due mazze,
sei paletti e una dura palla di cuoio confidando che mi rendano
virtuoso.
Ma la cosa più strana di tutte è solo questa. Che il signor
Blatchford, allo scopo di evitare l’inferno (con la qual cosa egli
intende il libero arbitrio) e la verga (con la qual cosa egli intende
la coercizione comune a qualunque regola, ma essenziale per
il socialismo), in pratica deve invocare una vecchia garbata
finzione dell’aristocrazia: lo sbiadito figurino del giovanotto in
151
 pantaloni di flanella. Il cricket, a quanto pare, dà agli uomini il
senso dell’onore. E a quali uomini lo dà? Oh, agli stessi uomini
che il signor Blatchford ha combattuto per tutta la vita. Pensa
forse che il tronfio capitalista, l’ambiguo politico, il proprietario
di alloggi scadenti negli slum o il ricco trafficante di schiave
bianche non abbia tratto dal cricket tutto il buono che poteva?
La maggior parte dei padroni del moderno ordine sociale è
scontato che frequenti le public schools o gli istituti privati; ed
è scontato che giochi a cricket. Ma il signor Blatchford, essendo
un artista genuino, deve venerare qualcosa; e allora venera
tre paletti. Ma il suo concetto che noi possiamo trasformare
i nostri piaceri in virtù è ciò che sta indebolendo
l’Inghilterra,
soprattutto l’Inghilterra democratica. Si è permesso all’oligarca
di prendere le redini, per il solo motivo che ha detto di saper
andare a cavallo. Tutto ciò che il signor Blatchford odia —
privilegi, lusso esclusivo, politica ipocrita — è protetto da
il decenni da quello stesso “cricket” che lui invoca.
Waterloo non
ll è
stata vinta sui campi da gioco di Eton. Ma Peterloo si.4
1) * Nel dramma di Yeats Where There Is Nothing (1903) il
personaggio principale, Paul Ruttledge, desidera rovesciare Legge e
Numero (“il Mondo”) allo scopo di imporre la sua privata rivelazione
di Dio. Egli pronuncia questa frase appena prima di morire.
2) Waterloo was won on the playing fields ofEton (la battaglia di
Waterloo fu vinta sui campi da gioco di Eton) è una frase attribuita al
duca di Wellington, anche se in realtà pare che non l’abbia mai detta.
3) First Eleven, i Primi Undici, sono gli undici migliori giocatori
di una squadra di cricket e perciò ne sono sempre i titolari, tranne
infortuni. Il successivo riferimento al salice è perché la parte piatta
di una mazza da cricket è fatta di legno di salice.
4) * Il 16 agosto 1819 a St. Peter’s Fields, Manchester, circa
60.000 persone si riunirono per protestare contro la depressione
industriale dell’epoca e la perdita di posti di lavoro. Nessuno era
armato, ma i funzionari cittadini erano decisi a fermare gli oratori.
Fu fatta avanzare la polizia, seguita dagli ussari, che cominciarono a
sciabolare le persone. Secondo le stime, ci furono circa 500 feriti e
undici morti. L’episodio di “Peterloo” scosse tutta la nazione.
152
EUGENETICA, PRINCIPII E
L'ARROGANZA TEDESCA
Eugenics, Principles and German Arrogance
Illustrated London News, 20 novembre 1915
Nel mio passatempo o compito volontario di scandagliare la
mente pro—tedesca, m’imbatto in strani pesci degli abissi. Un
corrispondente mi ha gentilmente inviato un opuscolo intitolato
“Eugenio Peace” (Pace Eugenetica), di Frank O. Smith;1 e se è
stato prodotto qualcosa di più barbaro in una qualunque parte
del mondo spero che qualche gentile corrispondente mi mandi
anche quello; ma non ci spero troppo. La 0 nel mezzo del
nome non è una semplice esclamazione, anche se potrebbe ben
esserlo. Non so di che sia l’iniziale, ma se il nome del gentiluomo
fosse in realtà Franz Otto Schmidt scriverebbe proprio come
scrive. In ogni caso, egli considererebbe questa associazione di
idee come un complimento, perché prende per buono tutto ciò
che i tedeschi del Nord pensano di sé stessi (o meglio, ciò che
pensano i più sciocchi tra loro) e ritiene che la loro sconfitta
sarebbe “una calamità dal punto di vista della suprema giustizia
che impone che l’evoluzione della razza sia sotto il controllo
dei suoi tipi superiori”. È, forse, superfluo dire che egli mette
alla prova i suoi tipi superiori usando quella cosa da analfabeti
che è la conta degli analfabeti. Gli uomini che hanno alle spalle
letture davvero ampie, e di sicuro gli uomini che sanno scrivere
bene, non attribuiscono una grande importanza al leggere e
allo scrivere. Leggere ha loro insegnato, insieme ad altre cose,
che alcuni dei più grandi uomini mai vissuti probabilmente
non sapevano leggere affatto: che è dubbio se Omero sapesse
firmare col suo nome e certo che Shakespeare era malfermo
nel firmare col suo. In un duplice senso, molti uomini di genio
hanno lasciato un segno. E se gli uomini possiedono davvero
una qualche potenza nello scrivere, la stimeranno meno della
potenza nel parlare.
 Non acconsentiranno a scoprire gli eletti — o, come li chiama
il signor Smith, l’élite — attraverso un procedimento che per
forza escluderebbe tutti i menestrelli antichi e includerebbe
tutti i falsari moderni. È un fatto, chiaramente, che c’è un’intera
classe di piccolissimi criminali che non manca mai di quelle
abilità: spie, impostori, redattori di lettere per spillare soldi2 e
i capi della finanza cosmopolita.
Non si potrà mai ripetere troppo che il pericolo rappresentato
per il mondo da ciò che chiamano i trionfi mentali della
Germania (che in effetti sono stati esaltati solo per paura dei
trionfi militari della Germania) sta nel fatto che si diffonde nel
mondo giustappunto questa sorta di modernità superficiale e
presuntuosa. Ci si sorprende, per esempio, a sentir affermare
una cosa tanto semplice come il fatto che la trasmissione
orale è un esercizio mentale assai più attivo della lettura. La
conquista della capacità di usare una penna potrebbe anche
semplicemente rappresentare la perdita della memoria.
Sapere una poesia come si sa una canzone è un atto di
padronanza e unità mentale assai più che compitarla come si
compitano dei geroglifici. Un alfabeto è un insieme di simboli
come l’araldica. E potrebbe facilmente arrivare, come già arrivò
in passato, un tempo in cui dire che un uomo non può essere
ben informato se non sa scrivere il suo nome sembri altrettanto
assurdo quanto oggi sembra assurdo dire che un uomo non
può essere cavalleresco se non mette un blasone sullo scudo.
Ma l’inglese o l’americano prussianizzato è chiuso nel presente
come in una prigione; e non sa niente del futuro perché non sa
niente del passato.
Per esempio, un uomo deve avere una totale ignoranza della
storia per scrivere una frase del genere: “Il corso dell’evoluzione
attraverso la storia è andato verso la fusione delle piccole
nazioni in gruppi via via più ampi. Bloccare tale evoluzione
sarebbe inutile come provare ad arginare la Corrente del Golfo”.
Ora, se al signor Smith raccontassero che l’intera storia della
più alta civiltà umana più o meno dall’anno 600 all’anno 1600
è consistita interamente nell’“arginare la Corrente del Golfo”,
154
dapprima in parte e alla fine del tutto, la notizia probabilmente
gli giungerebbe nuova. Eppure l’intera storia europea
per quei
mille anni è consistita incontestabilmente nello spezzettare il
più grande gruppo mai conosciuto, l’impero romano, nei gruppi
che esistono oggi. “Il corso dell’evoluzione attraverso la storia”
che è costretto a lasciar fuori gli ultimi mille anni della società
umana più compiutamente sviluppata a me non sembra tanto
ininterrotto… Il cambiamento dall’impero romano ai sentimenti
nazionali di oggi è, secondo il signor Smith, un po’ come se la
Corrente del Golfo rifluisse nel Golfo del Messico. Ein tenta
di usare la sua cattiva storia come argomento
per la fusione
della Serbia negli imperi tedeschi. Ma è strano come non veda
che questo ha un’applicazione molto più ampia e molto più
evidente. Se l’assorbimento dei piccoli paesi in quelli più grandi
è la desiderabile evoluzione del mondo, c’è assai
più da dire in
favore dell’assorbimento dell’Austria da parte della Russia che
in favore dell’assorbimento della Serbia da parte dell’Austria.
Senza dubbio egli risponderà che, per quanto la Russia sia un
paese più grande, non è del “tipo superiore”. Vale a dire, che
un russo è meno esperto di un prussiano nello scrivere su un
pezzo di carta... e nello strapparlo subito dopo.3 Farà ricorso,
vi dico, ai suoi “tipi superiori”. In altre parole, sbugiardato
in una delle sue stupide generalizzazioni, probabilmente si
rifugerà nell’altra.
Se lo inseguiamo fino all’altra posizione, troviamo che è
ancor meno difendibile. A quanto si vede, egli sta cercando
di stimolare una combinazione di Gran Bretagna, America,
Germania e Francia; e sembra ritenere, con curiosa semplicità
d’animo, che questo possa essere assicurato (addirittura
assicurato per sempre) dall’America cedendo alla Gran
Bretagna una striscia contestata di Alaska, che difficilmente
potremmo considerare proprio al centro degli accadimenti
umani. Su questo egli continua solennemente come segue:
“La richiesta della Germania di avere un posto al sole è basata
essenzialmente su principii eugenetici. Ora, è evidente che,
se l’élite non diventa unita, la scienza dell’eugenetica deve
155
 rimanere una mera congettura. Sarà di poca utilità scoprire
quali tipi d’uomini abbiano il maggior diritto di sopravvivere,
se attraverso la loro dannata disunione essi perdono il potere di
imporre il loro diritto”. Sono completamente d’accordo che la
scienza dell’eugenetica è una mera congettura; e una congettura
rischiosa, anche, per non dire disgustosa. Il signor Smith è
americano; e l’eugenetica è principalmente una negazione
della Dichiarazione d’Indipendenza. Essa insiste che, ben lungi
dal nascere tutti gli uomini uguali, molti di loro non sarebbero
dovuti nascere affatto. E ben lungi dall’aver diritto alla vita,
alla libertà e al perseguimento della felicità, a questi dev’essere
proibita una forma di libertà e felicità talmente personale che
neanche il più pazzo inquisitore s’era mai prima d’ora sognato
di immischiarcisi. Quando però arriviamo ai progetti concreti,
l’assurdità diventa veramente clamorosa.
Bisogna scegliere quattro nazioni perché si mettano insieme.
E devono riunirsi in un ordine che va scelto arbitrariamente,
così che l’eugenetiea non sia più una mera congettura. Non so
su quale divina rivelazione sia basata la selezione delle quattro
nazioni. La sola cosa davvero chiara è che non può essere
basata sulle quattro nazioni. I tedeschi non ammetterebbero
che i francesi siano “tipi superiori”, visto che l’essenza della
loro etnologia pazzoide è che i francesi sono completamente
bacati. I francesi non ammetterebbero che i tedeschi siano “tipi
superiori”, poiché è un tema ricorrente in tutta la loro storia
che i tedeschi sono dei mezzi barbari. Praticamente tutti i
francesi, e oramai anche un bel po’ di inglesi, direbbero senza
esitare che i russi si son dimostrati “tipi superiori” assai più che
i
prussiani. In breve, l’intera selezione ricade semplicemente e
solamente su Frank O. Smith. Alla luce di questo, c’è forse una
certa verità nell’affermazione che “la richiesta della Germania
di avere un posto al sole è basata essenzialmente su principii
eugenetici”. Perché il solo principio eugenetico su cui il signor
Smith va avanti con una qualche chiarezza è il principio di
fare come gli pare e di prendersi qualunque cosa gli piaccia.
E nessuno negherà che la Germania fa così. Mi dicono che il
[56
signor Frank O. Smith è membro del Congresso per il Maryland;
ma so, grazie all’esperienza inglese, quanto possa non essere
rappresentativo un mero rappresentante.
Queste fantasie trovano alloggio ai piani superiori di tutte
le strutture politiche. Può essere che il piede del tiranno sia
sulle tue sponde, Maryland, mio Maryland;4 e di certo nessun
tiranno tanto pesante quanto l’eugenetista ha mai posto piede
li prima d’ora. Ma mi piace pensare che ci siano ancora molti
buoni cittadini in quel celebre Stato che sanno, comunque la
pensino circa la guerra in Europa, che non si sta combattendo
per l’Alaska.
1) * Il suo opuscolo era “Eugenic Peace: proposed eession ofAlaska
Panhandle to Canada by sale or exchange, as an example in the policy
of mutual concessions needed to establish permanent peace” (1914).
2) Si riferisce al genere di truffa che consisteva nell’inviare lettere a
persone ricche chiedendo denaro perché si era in povertà o per delle
buone cause; in inglese si chiamano begging—Ietters.
3) Dopo chela Prussia ebbe invaso il Belgio nell’agosto 1914 e dopo
la reazione dell’Inghilterra, che si schierò dalla parte del Belgio,
il Cancelliere tedesco chiese a quest’ultima se veramente volesse
entrare in guerra per un “pezzo di carta” (scrap praper in inglese);
con questo appellativo indicava il trattato del 1839 con cui vari Paesi
europei, tra cui appunto l’Inghilterra e la Confederazione tedesca
guidata dalla Prussia, si erano impegnati a proteggere l’indipendenza
e la neutralità del Belgio, entrambe sancite dal trattato stesso. Il
trattato stabiliva che i paesi garanti dovessero intervenire a difendere
il Belgio nel caso in cui fosse stato invaso: su tale base l’Inghilterra
intervenne nella guerra, come Chesterton ricorda in molti articoli di
questi anni.
4) Maryland, my Maryland è l’inno nazionale del Maryland e
comincia con le parole “The despot’s heel is on thy shore” (il tallone
del tiranno è sulle tue sponde).
157
 L’ETÀ DELLA RAGIONE
The Age ofReason, 1926
The Glass Walking-Stick
I
Il diciottesimo secolo illustra in maniera eccellente
un’ingannevole moda storica. È la moda di infamare una cosa,
all’inizio per un motivo ovvio, poi per un altro motivo del tutto
opposto; e infine lasciarla perdere con tutti i sum incompatibili
vizi non riconciliati e non spiegati. Chiunque può descrivere
quell’epoca come l’epoca della cipria e dei nèi posticci, delle
scarpe coi tacchi alti, degli inchini svolazzanti e dei complimenti
affettati. E chiunque può descriverla come l’epoca dei randelh e
dei nasi sanguinanti e delle bende sull’occhio, come nei dipinti
di Hogarth; un’epoca di sporco e di ubriachezza e di sport
brutali. Come descrizioni di dettagli, sono vere entrambe; come
generalizzazioni, non possono essere entrambe vere, Come
spiegazioni filosofiche, non riescono neanche ad avv1cmar51
a mille miglia dalla verità. Come spiegazioni, non riescono a
spiegare niente; perché non riescono a spiegarsi a vicenda.
Noi possiamo definire artificiali il modo di vest1r51 e pettmars1
e il comportamento delle persone del diciottes1mo secolo, ma
questo non ci porta più vicini a spiegare come mai subito dopo
ci sentiamo in dovere di lagnarci di loro per il fatto di essere un
po’ troppo naturali. Perché essi erano virili fino alla violenza e
all’anarchia. Se fu l’epoca delle parrucche, fu anche l’epoca delle
parrucche che volavano per terra.1 Non s’interessava soltanto
della buona condotta d’un vecchio bastone da passeggio,2
ma spesso anche della cattiva condotta d’un manganello
impiombato. Se vogliamo solo montare un caso contro ll
diciottesimo secolo, possiamo tirargli addosso tutte queste
cose male assortite e lasciarle lì in un mucchio. Ma questo non
spiega niente; nemmeno il nostro proprio antagonismo o la
nostra azione.
158
Ho avuto a che fare con un errore simile riguardo alla
storia religiosa. Ho fatto notare che le persone che volevano
solo montare un caso contro il cristianesimo o il Medioevo, o
qualunque altra cosa, si accontentavano semplicemente di dire
che i monaci erano troppo miti e i crociati troppo feroci, che il
feudalesimo era troppo rozzo e l’araldica troppo complicata.
In altre parole, biasimavano l’epoca per essere tanto gentile
quanto il Confessore3 e tanto violenta quanto il Cuordileone,
ma non davano nessuna ragione perché la medesima cosa
fosse allo stesso tempo due cose opposte. Molti di loro, nel
criticare ciò che ho detto, hanno ritenuto sufficiente dire
che le due affermazioni sono verissime; e questo in sé è pure
verissimo. Ma non si sarà capita la cosa finché non si capirà la
sua contraddizione; finché (specialmente) non si sarà capito
anche il suo disaccordo.
Il solo modo per capire un’epoca, sia essa l’Età della Ragione
() l’Età della Fede, e di lasciarsi alle spalle questi meri capi
d’imputazione, che sono usati perché si sostengano a vicenda e
che in realtà si distruggono a vicenda. È di trovare uno spirito
comune che possa essere raffinato in quel particolare modo e
grossolano in quel particolare modo. Una convinzione mistica
è la causa sia del fatto che i francescani erano amichevoli sia
. del fatto che i crociati erano ostili. Una convinzione razionale
e la causa per cui il dottor Johnson è cerimonioso ed è anche
sgarbato. Ma è necessario arrivare a capire qualcosa di ciò che
quella convinzione razionale era veramente; e il solo spirito con
cui valga la pena studiare la storia è lo spirito che sa provare un
certo entusiasmo per l’ideale di ogni diversa epoca.
Il diciottesimo secolo non è, come secolo, uno che
per me sia
particolarmente attraente. Non c’erano abbastanza fiabe per i
miei gusti; di sicuro non c’erano tante persone che credevano
nelle fate quante ce ne sono adesso. Era un secolo che non capiva
molto i bambini. Gli uomini di quel tempo avevano dimenticato
il Santo Bambino dei tempi medievali e non avevano
ancora
avuto notizia del Bambino Felice della letteratura moderna.
Non avrebbero potuto immaginare un Peter Pan, perché
159
avevano perduto le tradizioni religiose sia di Pan che di Pietro
(Peter). Avevano messo a tacere tutte quelle voci subcoscienti
che parlano alla gente semplice delle meraviglie celate in
questo mondo. In breve, erano ignoranti delle miriadi di cose
che solo l’ignorante conosce sempre. Ma per quanto io non sia
personalmente attratto dall’Età della Ragione rispetto a tante
epoche che ritengo fossero davvero molto più ragionevoli, se
dovessi avere a che fare con quell’epoca ci avrei a che fare più
ragionevolmente. Non la criticherei come fanno i suoi critici
razionalisti. Non pescherei come capita cose che, guarda caso,
sono fastidiose per il nostro gusto moderno, anche se in modi
totahnente opposti. Non biasimerei Chesterfield perché era
frivolo e Johnson perché era sciatto; non direi ingessato un
minuetto e volgare un combattimento di galli; per poi dare un
sospirone e ringraziare Dio di farmi vivere in giorni migliori.
Quello è il modo in cui il genere più stupido di turista critica
un paese straniero: pensa che ogni cosa sia fatta male, perché
non ha mai provato a scoprire che cosa le persone stanno
cercando di fare.
lo comincerei dall’altro capo e cercherei di scoprire che cosa
il diciottesimo secolo stesse cercando di fare. Chiederei quale
spirito dawero generasse i loro sforzi più vivaci. Il vero storico
non vuol sentirsi raccontare le realtà spicciole del diciottesimo
secolo; vale a dire, che avevano stanze da letto più asfissianti o
cravatte più soffocanti. Il vero storico vuol sentirsi raccontare
l’ideale del diciottesimo secolo; le cose che un uomo sognava
nella sua stanza soffocante o che pensava quando aveva
dimenticato la cravatta inamidata. I fatterelli relativi alle loro
vesti o alla ventilazione non sono veramente fatti relativi a loro;
sono piuttosto fatti relativi a noi. Sono le cose che noi notiamo
perché per noi sono nuove anche se sono vecchie. Può gettar
luce sul nostro carattere o la nostra condizione, che questo
o quel dettaglio ci si faccia notare in maniera sorprendente
rispetto ad altri dettagli. Ma non getta molta luce sulla mente
dei nostri antenati.
160
Lareligionedeldiciottesimosecoloeraespressaelegantemente
nel motto di un gruppo di società di dibattito scozzesi noto
come Associated Societies of Edinburgh University. Era
Gloria hominis ratio et oratio: la gloria dell’uomo è la ragione
e la parola. Il loro ideale era un senso civico nel vero e proprio
senso del render pubbliche le cose;4 il potere di dichiarare ad
alta voce nella piazza i segreti del palazzo o le corruzioni del
senato. C’erano segreti e corruzione a sufficienza, ovviamente,
come ce ne sono in ogni epoca; non così tanti, penso, come cene
sono nella nostra epoca. Ma questa era la visione, l’ambizione,
il sogno a occhi aperti. Questo era ciò che l’uomo onesto voleva
essere e che il disonesto fingeva di essere. Il tipo ideale di quei
tempi era quello che Walpole chiamava Ragazzo; quello che il
Ragazzo chiamava Patriota. Doveva essere un lucido oratore
che denunciava cortigiani e arrivisti; un tribuno. Può essere
compreso solo alla luce della grande letteratura latina che
quegli uomini amavano e studiavano.
Noi ridiamo dei vecchi gentiluomini che citano Orazio
mentre sorseggiano un bicchiere di Porto; come se citassero
solo Orazio che sorseggiava il suo Falerno. Dimentichiamo che
citare Orazio significa più spesso citare i grandi versi su Regolo
che affronta la tortura per la Repubblica 0 sul poeta che ritorna
ai templi degli dei di Roma. Giudicato in base al suo proprio
ideale morale, che è il solo giudizio giusto, il diciottesimo secolo
non fu così cattivo come noi lo dipingiamo; ed è possibile che
non fosse così cattivo come siamo noi. Parliamo della sua
corruzione politica, ma ne parliamo perché era qualcosa di cui
si parlava. Era portata alla luce e perfino punita. Grandi uomini
come Marlborough, uomini potenti come Dundas, furono
veramente costretti a dimettersi; spesso perfino costretti a
restituire il maltolto. Essi erano assai meno completamente
protetti rispetto ai politici corrotti del nostro tempo; e non
è una prova tanto soddisfacente della loro artificiosità e del
nostro realismo il fatto che loro s’incipriassero la testa mentre
noi smacchiamo le reputazioni.
lol
 II
A me pare che sarebbe uno studio estremamente
interessante della mente del diciottesimo secolo immaginarsi
che cosa quella mente si sarebbe veramente aspettata di
vedere nel ventesimo. Ci sarebbe qualcosa di molto sottile
nella commedia di un gentiluomo del diciottesimo secolo
che si confronta con delle signore del ventesimo secolo.
Sarebbe curioso osservare che sarebbe per certi versi più
grossolano e per certi versi più cortese. Probabilmente
sarebbe più schietto nel parlare, ma più cerimonioso nel
muoversi. Alla signora, nel chinarsi a farle un baciamano,
direbbe cose che il più vivace eroe della nostra narrativa
recente non le direbbe nemmeno se le stesse seduto in
testa. Quando Maria Antonietta e i suoi cortigiani posavano
alla maniera dei pastori di Watteau, stavano già parlando
dell’alba di un’epoca più illuminata e liberale, e potrebbero
anche essersi chiesti come sarebbe stato il mondo nel
ventesimo secolo. Quando Hogarth disegnava serie satiriche
come “I quattro stadi della crudeltà”, potrebbe ben essersi
chiesto se il mondo sarebbe stato ancora così barbaro nel
ventesimo secolo, o se per allora la ragione e la filantropia
avrebbero prevalso.
Naturalmente tutto dipenderebbe dal genere d’individui che
fossero catapultati dalla loro epoca alla nostra; sicuramente
c’erano molti ordinari gentiluomini di campagna amanti
delle lotte tra galli che del futuro sapevano altrettanto
poco di quel che ne sanno oggi i nostri coscienziosi profeti
sociali. Ma c’erano già nel diciottesimo secolo degli idealisti
che sarebbero stati deliziati di vedere il futuro trionfo
dell’umanità. Sarebbero anche un bel po’ delusi se lo
vedessero.
Quel che è davvero interessante riguardo all’Età della
Ragione è che gli economisti politici e i riformatori pragmatici
credevano tutti senza eccezioni ciò che oggi nessuno crede
affatto. Non solo avrebbero creduto, molto probabilmente,
162
che l’Inghilterra sarebbe stata più prospera, più felice e
più equa nel ventesimo secolo che nel diciottesimo o nel
diciannovesimo. Avrebbero anche creduto che sarebbe
divenuta più prospera, libera e equa attraverso la concorrenza
nel commercio, attraverso l’egoismo scientifico, attraverso
l’eliminazione di tutte le restrizioni al commercio, al parlare
o a qualunque altra cosa. Niente avrebbe sorpreso un uomo
come Bentham o uno come Godwin più totalmente che la
scoperta che libertà 0 Laissez Faire non avevano portato a un
grande accrescimento della felicità umana, giunti all’inizio
del ventesimo secolo. Di fatto, per come sono state applicate,
hanno portato a un grande accrescimento della confusione
e della miseria umane e ci hanno ricondotto per una ben
lunga deviazione (e una strada molto polverosa) proprio a
dove eravamo prima. Dobbiamo considerare nuovamente la
natura della Libertà e la sua relazione con il Governo. In quel
senso siamo tutti veramente tornati al diciottesimo secolo.
HI
Se non mi sbaglio di grosso, popoli moderni avranno
i
una reazione contro la democrazia prima di averla messa
alla prova. Ci sentiamo sempre dire che il sistema attuale
negli Stati altamente industrializzati è democrazia; e stando
così le cose, c’è poco da meravigliarsi che la democrazia
sia diventata impopolare. Ma in realtà non è vero che il
governo popolare sia divenuto impopolare. È invece che
la gente ha smesso di pensare che in un senso o nell’altro
il nostro governo sia popolare. La verità è che quelli che
svilupparono la dottrina democratica nei tempi moderni
non la destinavano a niente che somigliasse anche solo un
po’ al mondo moderno, che è forse il più antico di tutti i
mondi possibili. Essi pensavano alle confederazioni agricole
dell’antichità e risalirono perfino oltre l’impero romano per
trovare la repubblica romana. Ma Roma era una repubblica
"““““fi
quando era un villaggio. Quegli idealisti del diciottesimo
163
secolo spesso vivevano loro stessi in villaggi; e sempre in
paesi che erano costellati di villaggi. Non sapevano che
razza di mondo di vapore e acciaio avrebbero ereditato i
loro discendenti. La rivoluzione francese venne prima della
rivoluzione industriale. Essi parlavano continuamente del
cittadino, ma lo pensavano come un cittadino e non come un
qualcosa nella città. Di sicuro non avevano nessun concetto
della cosa colossale e complicata che oggi noi chiamiamo
città. È decisamente tipico del tono del diciottesimo secolo
che in genere si riferissero a Londra come al “paese”.5
Dicevano: “Tutto il paese sta parlando del duello tra lord
Banglebury e il signor Pickles”. Nel suono e nel senso della
parola c’era qualcosa di compatto e confortevole; come di
un mondo ancora piccolo abbastanza da poter conoscere se
stesso, come un villaggio. Quando queste persone parlavano
di democrazia intendevano effettivamente il governo del
popolo, attuato dal popolo, per il popolo. Ma intendevano il
governo del popolo che conoscevano, attuato da persone che
conoscevano, per persone che conoscevano. lntendevano
il governo di persone che si conoscevano l’una con l’altra,
attuato da persone che si conoscevano l’una con l’altra, per
persone si conoscevano l’una con l’altra. lo dubito fortemente
che uno qualunque dei teorici democratici del diciottesimo
secolo, fosse Payne 0 Jefferson o Condorcet, si sarebbe
aspettato che una società vasta e vaga come la nostra fosse
una democrazia. Ritengo che avrebbero pensato, benché
a malincuore, che fosse un caso da Cesare e panem et
circenses. Ma naturalmente non è soltanto il lato materiale
della società che ha mandato all’aria quei calcoli. È molto di
più il fattore morale; che è anche, in ogni senso, ahimèl, un
fattore assai materiale. È ciò che gli scientifici, o quelli che si
ritengono scientifici, chiamano sempre il fattore economico.
Si può esprimere meglio con una parola sola; e quella parola
non è democrazia ma plutocrazia.
Bisogna ricordare sempre che la scala dell’azione finanziaria
164
era allora più piccola anche per i ricchi. La corte di Versailles
non maneggiava somme grandi quanto quelle che oggi‘un
qualunque speculatore di Borsa può sciupare nei lussi di
una settimana. Re e regine erano ricchi relativamente e non
effettivamente. E la misura delle operazioni economiche
di oggi è un potere nuovo e anormale nella storia del
mondo. Esso copre molto più che la superficie del mondo.
È internazionale laddove l’antico lusso era quasi locale. Ma
questa plutocrazia volgare e scomposta non merita di essere
chiamata democrazia, neanche da chi usa il termine come
un insulto. Il vecchio spirito classico della democrazia è
molto più presente nel cittadino indipendente che è pronto a
resisterle, il quale da questo punto di vista è molto più simile
allo stoico e al tribuno ammirati dai Padri della Repubblica.
1) Nell’originale è wigs on the green, un modo di dire oggi non
più usato che significa far baruffa, azzuffarsi, venire alle mani per un
disaccordo; se due uomini in parrucca vengono alle mani, la prima
cosa che finisce a terra probabilmente sono proprio le parrucche.
Secondo alcuni, però, sembra che l’espressione sia nata in Irlanda
proprio nel diciottesimo secolo in occasione delle frequenti baruffe
davanti al Parlamento di Dublino, la cui sede di allora si apriva su
una piazza chiamata the Green.
2) Citazione da The Rape ofthe Lock di Alexander Pope (1712).
3) Sant’Edoardo il Confessore (1003-1066), l’ultimo re anglossassone
d’Inghilterra.
4) Gli inglesi chiamano public spirit quello che in italiano è il senso
civico.
5) In inglese, una grande città si indica con city, che è il termine
usato alla fine della frase precedente. Qui invece usa town, che indica
una piccola città o un altro centro abitato di qualche importanza. Un
paesino, come tanti dei nostri, e detto village, villaggio.
165
 PSICOLOGIA INFANTILE
E NONSENSE
Child Psychology and Nonsense
Illustrated London News, 15 ottobre 1921
In quest’epoca di psicologia dell’infanzia nessuno presta
alcuna attenzione all’effettiva psicologia del bambino. L’unica
cosa importante sembra essere la psicologia del tale psicologo
e la specifica teoria o corrente di pensiero cui egli aderisce in
opposizione al talaltro psicologo. La gran parte dell’arte e della
letteratura che oggi viene splendidamente confezionata per 1
bambini non è neanche onestamente intesa per compiacere i
bambini. L’artista difficilmente si accontenterebbe di far ridere
un bambino se nessun altro ridesse o quantomeno ascoltasse.
Queste cose non sono rivolte a far piacere al bambino. Nel
migliore dei casi, sono rivolte a compiacere chi ama ibamb1m.
Nel peggiore, sono esperimenti di metodo educativo sc1ent1fico.
Poesie belle, argute e spiritose come quelle di Stevenson nel
Child’s Garden of Verses resteranno in sempiterno una viva
di molte
pura fonte di piacere... per gli adulti. Ma il punto focale
di esse, non solo è qualcosa che un bimbo non riuscirebbe a
vedere, è qualcosa che a un bimbo non si dovrebbe permettere
di vedere:
The child that is not clean and neat,
With lots of toys and things to eat,
He is a naughty child, I’m sure,
Or else his dear papa is poor.
/
(Il bimbo che non è lindo e grazioso, che non ha tanti giochi
e cose da mangiare, / ne son certo, è un bimbo capriccioso,
oppure il suo babbino è povero)
Nessun bambino dovrebbe trovarsi a capire l’abisso
sconvolgente che sta dietro a quell’ultima riga. Nessun
bambino sarebbe in grado di comprendere, a meno dl essere
166
uno snob o un riformatore sociale o qualcosa di rivoltante,
l’ironia di quell’allusione alle ineguaglianze e iniquità con
cui questo mondo perverso ha insultato la sacra dignità della
paternità. Il bambino che fosse davvero in grado di sorridere
di quel verso, sarebbe anche capace di mettersi giù a scrivere
un romanzo alla Gissing e poi d’impiccarsi al colonnino del
letto. Ma né Stevenson né alcuno stevensoniano (e io affermo
di essere un leale stevensoniano) s’è mai davvero sognato di
aspettarsi che un bambino sorridesse di quella poesia. Era il
poeta che sorrideva al bambino, ed è tutta un’altra cosa, benché
possa essere a modo suo altrettanto pregevole. E questa è la
caratteristica di tutta la nuova letteratura per l’infanzia. Essa
ha lo scopo legittimo e perfino onorevole di educare gli adulti
ad apprezzare i bambini. Insegnare a uomini e donne a farsi
piacere i bambini, è una cosa eccellente; ma è una cosa del
tutto diversa dal far piacere ai bambini.
Ora, le vecchie filastrocche per bambini erano onestamente
rivolte a dilettare i bambini.,Molte di esse possiedono elementi
genuini di poesia, ma non hanno lo scopo principale di essere
poesia, perché hanno solo lo scopo di dare diletto. In questo
.
senso, Hey Diddle Diddle vale molto più che un idillio.1 È
un capolavoro di psicologia, un classico e perfetto modello
di educazione. La cadenza e il tintinnio sono esattamente di
quel genere che un bimbo può percepire come una musica e
trasformare in una danza. L’apparato d’immagini è esattamente
quel che ci vuole per i primi moti dell’immaginazione che
sperimenta nell’incongruità. Perché è piena di oggetti familiari
in combinazioni bizzarre. Il bambino ha visto una mucca
e ha visto la luna. Ma il concetto dell’una che salta sull’altra
probabilmente gli è nuovo ed è, nel più nobile senso del
/ termine, assurdo. Gatti e cani e piatti e cucchiai sono tutti
suoi compagni quotidiani e perfino suoi amici, ma per lui è
una piacevole sorpresa e gioia pensare che essi facciano un
viaggio tanto particolare. Semplicemente non imparerebbe un
bel niente dai nostri tentativi di trovare una sottile ombra di
umorismo nell’economia politica del babbo povero, neanche
167

se il babbo povero fosse romanticamente occupato, non dico a
saltare oltre la luna, ma quantomeno a schivarla.2
Ovviamente c’è molto più che questo in Hey Diddle
Diddle. La mucca che salta sulla luna non è solo una fantasia
adattissima ai bambini, è un tema veramente degno di un poeta.
L’avventura lunare a qualcuno potrà sembrare un’avventura
lunatica, ma l’immaginazione dell’uomo le ha sempre girato
intorno, soprattutto l’immaginazione di figure romantiche
come Ariosto e Cyrano de Bergerac. Il concetto che il bestiame
possa volare ha ricevuto un trattamento immaginativo
sublime. Il toro alato non solo cammina, come a scuotere la
terra, tra le rovine della scultura assira, ma ruota e fiammeggia
in cielo come l’apocalittico simbolo di san Luca. Ciò che
combina immaginazioni tanto istintive e antiche in una singola
fantasticheria tanto semplice e chiara di sicuro non manca del
crudo materiale della poesia. E l’idea generale, che è quella di
una sorta di saturnale cosmico o di stagione in cui tutto può
accadere, è essa stessa un’idea che ha perseguitato l’umanità
in centinaia di forme, alcune di esse squisitamente artistiche.
Sarebbe facile difendere un gran numero di altre filastrocche
da bambini, sul tono di una più seria critica d’arte. Se mi fosse
chiesto di citare quattro versi che illustrino a sufficienza quella
che è stata chiamata la ragione immaginativa, quando s’innalza
fin quasi a toccare un’irrazionalità priva di fantasia (perché
quel punto di contatto è la poesia), mi accontenterei di citare
quattro righe che erano in un libro della mia stanza dei giochi:
The man in the Wilderness asked of me,
How many strawberries grow in the sea?
I answered him, as I thought good:
“As many red herrings as grow in the wood”.
(L’uomo nel deserto mi chiese: /Quante fragole crescono nel
/ /
mare? Gli risposi, perché mi parve bene: “Tante quante le
aringhe rosse che crescono nel bosco”)
Ogni cosa in queste righe è poetica; dall’oscura figura
sovrumana dell’uomo del deserto, coi suoi indovinelli
168
’!
misteriosi, alla perfetta miscela di logica e visione che crea
immagini belle anche mentre le dimostra impossibili. Ma
questa qualità artistica, benché presente, non è primaria; lo
scopo primario è il divertimento dei bambini. E noi non stiamo
divertendo i bambini; ci stiamo divertendo con i bambini.
I nostri padri aggiungevano un tocco di bellezza a tutte le cose
pratiche, così introdussero belle immagini fantastiche e ritmi
saltellanti e danzanti, che potevano essere ammirati anche
dagli adulti, in ciò che in primo luogo e in pratica ideavano
perché ne godessero i bambini. Ma non lo facevano sempre e
farlo non fu mai il loro pensiero principale. Quel che sempre
fecero fu di elaborare divertimenti adatti ai giovani; e quel che
non fecero mai fu di trasformarli in ironia comprensibile solo
ai vecchi. Una filastrocca per la stanza dei bambini era come il
tavolo per la stanza dei bambini o l’armadio per la stanza dei
bambini: una cosa costruita per un particolare scopo umano.
Vedevano chiaramente il loro obiettivo e lo raggiungevano.
Scrivevano totale nonsense3 e si davano la pena di farlo
totalmente assurdo.
Perché ci sono due modi di trattare con il nonsense a questo
mondo. Un modo è di mettere non—senso nel posto giusto; come
—
quando le persone mettono non—senso nelle filastrocche. L’altro
è di mettere non—senso nel posto sbagliato; come
quando lo
mettono negli indirizzi educativi, nella critica psicologica, e si
lamentano delle filastrocche per bambini o degli altri normali
trastulli dell’umanità.
i) Hey Diddle Diddle è la filastrocca in cui il gatto suona il violino
e la mucca salta sulla luna. Un idillio è un componimento poetico di
carattere pastorale. "
,2) Oggi to shoot the moon significa “cercare di raggiungere grandi
risultati”. Ai tempi di Chesterton, invece, era un’espressione gergale
che significava traslocare di notte per evitare di pagare l’affitto. Un
problema da poveri, insomma; e per l’impresa si sceglieva una notte
senza luna.
3) Il nonsense è un tipo di componimento poetico breve e assurdo ’
privo di vero e proprio senso.
169
 DI LOGICA E FOLLIA
On Logic and Lunacy
All is Grist, 1931
;
L’idea di logica sembra così totalmente perduta, in questa
fase storica della filosofia, che perfino quelli che la invocano lo
fanno più che altro come gli Ateniesi un tempo invocavano il
Dio Ignoto o come gli uomini del Medioevo nutrivano un oscuro
rispetto per Virgilio come mago. Proprio le persone che dicono
“Sii logico” si troverà in genere che sono del tutto illogiche
nella nozione che hanno della logica. Uno degli ultimi uomini
a comprendere la logica nel suo senso pieno e imparziale è
morto da pochissimo: il fu William Johnson di King’s College,
Cambridge; una delle menti più raffinate dell’epoca e una
misura precisa del contrasto moderno tra notabilità e notorietà.
Voglio dire che in un certo qual modo la gloria si è allontanata
dalla gloria e i principali uomini del tempo sono spesso gli
ultimi ad essere pubblicizzati o almeno ammirati come sarebbe
opportuno. Egli era incapace di ingiustizia intellettuale tanto
quanto di infanticidio; e mentre lui e io discordavamo su mille
cose, se anche avessi ritenuto che la sua opinione conducesse
in definitiva alla falsità, avrei comunque saputo che essa era
priva della più piccola ombra di fallacia. Se ci fosse stata una
qualunque malerba di logica debole nella sua argomentazione,
l’avrebbe strappata via con altrettanta gioia che qualunque
malerba nel giardino del nemico. Perché amava questo genere
di diserbo come un divertimento e un’arte; una specie di
arte per l’arte. E quando vago nella giungla dell’insensatezza
giornalistica in cui oggigiorno tutti viviamo, il suo ricordo
continua a ritornare.
Cominciamo con una bazzecola che non ha la minima
importanza.Aluipiacevadiscutere dibazzecole che non avevano
la minima importanza. Un qualche giornalista l’altro giorno
ha fatto tremare le fondamenta dell’universo e dell’impero
170
britannico sollevando la questione se una ragazza dovrebbe
fumare il sigaro. Ma quello che ho notato, in lui e nei cento
appassionati corrispondenti che sviluppano questo grande
tema, è stato che essi continuano a scrivere frasi come questa:
“Se apprezzate che una ragazza fumi una sigaretta, perché non
potete essere logici e apprezzare che fumi un sigaro?”. Ora, a
me non importa un’oncia di trinciato se fuma una sigaretta o
un sigaro o una pipa di granturco o un narghilè, se fuma tre
sigari insieme o se è una fissata antitabacco. Ma è comunque
vero che, quando uno scrive quella frase esortandoci a “essere
logici”, mostra che non ha mai neanche sentito parlare della
; natura della logica. Tanto varrebbe che scrivesse: “Tu apprezzi
l’aspetto del cavallo; perché non puoi essere logico e apprezzare
l’aspetto dell’ippopotamo?”. L’unica risposta è: “Be’, non
lo apprezzo; e non è illogico, perché non entra in nessuna
maniera nell’ambito della logica”. Uno ha tutto il diritto di dire
che gli piace l’aspetto di una cosa e non gli piace l’aspetto di
un’altra cosa; o perfino che gli piace l’aspetto di una cosa più
piccola ma non gli piace l’aspetto di una cosa più grande anche
se è simile. È tutta una questione di gusti; e niente affatto una
questione di logica. Non c’è nessun obbligo logico a passare dal
più piccolo al più grande e ad apprezzarli entrambi. Chi usa
quella frase attribuisce qualche strambo significato particolare
alla parola “logico”; qualcosa che e vagamente adombrato nelle
parole “estremista” o “mangiarsi il porco intero”.1 Il dovere
di mangiare il porco intero, se esiste, deve essere un dovere
mistico o morale o trascendente; ma non è un dovere logico.
Non è logico perché non è stato desunto da nessuna premessa;
è stato semplicemente affermato senza riferimento ad alcuna
premessa. E proprio questo è il problema dell’uomo moderno
che dice “sii logico”. Non è in grado di seguire il suo stesso
consiglio e perciò non è in grado di esporre i suoi principii
primi. Ma benché la sua logica sia insensata per come la
espone, essa comunque rimanda a dei principii primi, se solo
lui fosse in grado di esporli. Dipende tutto dalla ragione per
approvare sigarette o sigari 0 ragazze o qualunque altra strana
l7l
 creatura. Quello che realmente egli intende, in fondo alla sua
…3
ingarbugliata mente modernista, è qualcosa del genere: “Se
.'”
approvo che Jennifer fumi una sigaretta per il motivo che
Jennifer può fare tutto quello che le garba, e lo fa, allora è
;
‘i.
illogico da parte mia obiettare a che le piaccia il sigaro; o, se è per
';
quello, la pipa da oppio o una pinta di laudano o una bottiglia
?'
di acido prussico”. E questa dichiarazione sarebbe davvero
l
logica, perché ne è data la motivazione logica. Oppure, se dice:
; “Il mio principio primo è che le donne possono fare qualunque
@
cosa gli uomini facciano; pertanto sono obbligato dalla logica
a offrire i sigari a mia figlia tanto quanto a mio figlio”, anche
Î
"; questo è perfettamente ragionevole in quanto applicazione di
1
un principio definito. Ma dire che uno è obbligato dalla logica
i
ad apprezzare i sigari tanto quanto le sigarette, che siano nella
?
sua bocca o in quella della zia zitella o della nonna materna, è
E
un’insensatezza totalmente folle; e mostra che chi parla è del
È
tutto illogico nel trattare con le due idee del gusto e della logica.
Questa venerazione mezzo superstiziosa della logica, unita, a
un totale fraintendimento della stessa, è comunissima in quelle
popolari opere di finzione che sono la gioia della mia esistenza:
i romanzi gialli e polizieschi e così via. Lì c’è il concetto bizzarro
che il detective, il quale si distingue da tutti gli esseri umani
per avere il dono della ragione, è costretto dalla logica a non
apprezzare niente e nessuno. Perfino Sherlock Holmes (l’amico
della mia fanciullezza, al quale sempre pagherò un tributo di
reverenza) è descritto da qualche parte, mi pare, come incapace
’
&
di innamorarsi a causa della sua natura logica. Tanto varrebbe
dire che non ci si poteva aspettare che avesse un grande appetito
a causa della sua abilità nella matematica. Non c’è niente di
intrinsecamente illogico nell’avere affetti o ammirazione o’\
appetiti, purché li riconosciamo ragionevolmente per ciò
ache sono. Ma la tradizione romantica, come esiste in tutti i
Èromanzi, è che il logico non può essere romantico. Può essere
notato che la parola “freddo” si troverà sempre appaiata alla
parola “logico”; immagino che i tipografi tengano i caratteri per
queste parole nello stesso blocco. Ma il freddo logico, benché
172
non debba essere romantico, è quasi interamente una creatura
da romanzo. Come dato di fatto e di esperienza, la maggior
parte delle persone molto logiche che ho conosciuto sono state
persone dal sangue ben caldo, affettuose o entusiaste. Perlopiù
dibattitori molto bravi furono dibattitori assai ardenti. Alcuni
i
deiragionatori più stringenti della storia furono uomini dalle
piuentusiastiche convinzioni; come san Tommaso d’ Aquino
o i grandi predicatori e oratori f1ancesi. La verità è, ritengo,
che siccome agli inglesi fu insegnato in o1igine ad avere un
pregiudizio contro la logica, anche quando riuscirono più o
meno a vincere il pregiudizio, nell’ammirazione restò qualcosa
di alieno. Si poté costringerli a provare una specie di soggezione
in presenza di una persona veramente ragionevole; come se
fosse una sorta di mostro. Il fatto che un uomo fosse in grado
di pensare si poteva spiegare soltanto con l’ipotesi che fosse un
marziano () l’Uomo della Luna; che fosse un Uomo Meccanico;
che fosse La Macchina Pensante. Cominciarono col pensare
che la ragione fosse non umana; e solo pian piano arrivarono
ad a’ni’nietferem'"che…fo’sSe sovrumana. Non sarebbe ora che
qualcuno predicasse l’antica dottrina: che la ragione e umana?
Non c’è qualcosa da dire in favore di quegli Scolastici medievali ’
e sapienti in disuso convinti che l’uomo è un animale razionale;[
e perfino piu razionale degli alt1i animali? L esperimento
moderno di i1ridere dapprima la logica per il fatto di non esse1
pratica e poi lodarla timidamente per il fatto di essere una cosa-
pedante, sembra aver prodotto la pe1dita della logica comei
funzione normale della mente. È come se i medesimi inglesi’
vittoriani avessero incentivato le loro fe1rov1e vietando a tutti
di camminare e poi, quando tutte le membra umane erano
ormai paralizzate, avessero celebrato due o tre atleti come dèi
perché avevano la capacità di camminare. La logica è normale
quanto le gambe; ma le gambe possono venir trascurate così
come la logica. Tutto ciò che occorre è un po’ di ordinario
allenamento e di pratica; sapere che le inferenze poggiano sui
propri principii primi, come gli uomini poggiano sui propri
piedi. Ma senza questo il mondo sembra andare alla deriva
173
verso il dissolvimento e la distruzione intellettuale, che arriva
al suo momento peggiore quando qualche voce strilla selvaggia
fuori dal caos “Sii logico”. Questo strano grido apparentemente
significa che non puoi accarezzare un gatto senza accarezzare
anche una tigre; o che sei obbligato a desiderare che la casa
vada a fuoco perché sei seduto accanto al caminetto acceso.
1)L’espressione going the whole hag equivale alla nostra “andare
fino in fondo” ’ ma letteralmente significa “andare fino in fondo al
maiale”, cioè mangiarselo per intero.
174
DEL “PAGANESINIO” MODERNO
On Modern “Paganism”
Illustrated London News, 7 maggio 1932
C’è una porzione, forse una piccola porzione, della Gioventù
Moderna che di sicuro colpisce i suoi maggiori per essere
dura e scettica ed egoista. E di costoro è usuale dire che sono
pagani. Ieri all’improvviso mi è balenato (come una di quelle
verità ovvie che ci sfuggono proprio perché sono ovvie) che
naturalmente il loro vero problema è che hanno perduto il loro
paganesimo.
Non dico, come tanti giornalisti dicono, che hanno perduto il
loro cristianesimo. Perché la semplicissima e sobria verità è che
la maggior parte di loro non ne ha mai avuto. Non è colpa loro,
anche se ogni giorno che passa mi convince sempre più che
sia la loro sventura. Ma il concetto, tanto comune nei romanzi
e nei giornali, che questa nuova generazione si sia ribellata
all’ortodossia vecchio stile è pura e squallida ignoranza storica.
È il peggiore tra tutti i generi di ignoranza storica: l’ignoranza
degli eventi storici che abbiamo visto di persona.
E assurdo
pensare che un giovanotto di diciannove anni che
mescola cocktail e comunismo in uno studio d’artista a Chelsea
si stia ribellando alla Vittoriana Virtù della Bibbia di Famiglia.
Allora si potrebbe anche dire che lo zerbinotto della Reggenza
che strappava via i picchiotti delle porte e si scontrava con la
ronda notturna si stava ribellando ai puritani del 1649 o alla
tirannia di Oliver Cromwell. Allora si potrebbe anche dire
che i cavalieri che bisbocciavano al The Cock durante il regno
di Carlo II stavano sollevandosi in una giusta rivolta contro
l’usurpazione di Riccardo II. Non ci vorrà nessun faticoso
studio storico per accorgersi che c’è qualcosa di sbagliato da
qualche parte nel calcolo, fosse solo perché salta le quattro o
cinque generazioni che stanno in mezzo. Allo stesso modo la
trita spiegazione della Gioventù che si allontana dai vecchi cupi
175
dogmi religiosi salta varie generazioni. I ragazzi e le ragazze che
oggi punteggiano la città non sono i figli dei vecchi banchieri
puritani con le loro preghiere di famiglia o dei vecchi pastori
protestanti con le loro Bibbie di famiglia. Sono i figli di padri
e madri che sono cresciuti a base di Bernard Shaw e che si
sentivano come bambini in presenza di Thomas Hardy.
I Giovani oggi sono i figli di un’intera generazione di scettici
e di agnostici; padri e madri che sono ancora relativamente
giovani e che sono stati allevati anch’essi con tutto quel
genere di discorsi. Tutti i discorsi sul libero pensiero e il libero
amore; su Tess e la Verità; su Candida e la Schiettezza. Perfino
i nonni e le nonne dei figlioli che cominciano adesso a fare i
pagliacci appartenevano in gran parte a una generazione che
si vedeva come liberale e progressista; come il vecchio radicale
che discute con Tanner in Man and Superman. Anche la sua
generazione si riteneva avanzata; Tanner e tutta la generazione
seguente si ritenevano più avanzati. E noi adesso abbiamo a
che fare coi figli di Tanner; forse coi nipoti di Tanner.1
Naturalmente questi giovani non sanno niente del
cristianesimo storico; sono in molti modi un tipo piuttosto
limitato di persone. Hanno sentito solo l’ultimissimo gergo
della loro generazione; l’ultima eresia che si è ribellata contro
la penultima eresia. Sono talmente innocenti che alcuni di
loro, specie i più intelligenti, in effetti stanno cominciando a
riprendere contatto con l’ortodossia senza neanche sapere che
è ortodossia. Lo si può vedere in molte occasionali allusioni
giornalistiche allo studio del tomismo a Oxford e a Parigi.
Ma resta vero che c’è l’altro segmento; che non è affatto il
più intelligente, ma di sicuro è il più insolente. E di costoro è
veritiero dire, come ho già detto, che l’intera storia si è spostata
di un passo in avanti; o forse di un passo indietro. È del tutto
fuori questione che abbiano perduto il cristianesimo. È fuori
questione che ora stiano trovando il cristianesimo. Ma il motivo
per cui essi sembrano (e lo sono) miserevoli come scimmie e in
questo tragico e deplorevole disastro: che hanno tutti perduto
il loro paganesimo.
176
Il paganesimo si può paragonare a quella luce diffusa che
risplende in un paesaggio quando il sole è dietro una nuvola.
Così quando il vero punto focale della venerazione è per
qualche motivo invisibile o indistinto, rimane sempre per
l’umanità sana una specie di chiarore di gratitudine o meraviglia
0 mistico timore, foss’anehe solo riflesso da oggetti ordinari o
da forze naturali o da fondamentali tradizioni umane. Fu la
gloria dei grandi pagani, nei grandi giorni del paganesimo,
che le cose naturali avessero una specie di aureola radiante
del soprannaturale. E colui che versava vino sull’altare, o che
spargeva polvere sulla tomba, non dubitava mai di avere a che
fare in qualche modo con qualcosa di divino; per quanto vago
o fantasioso o perfino scettico potesse essere riguardo ai nomi
e alle nature delle divinità. Il vino era più che vino; era un dio.
Il grano era più che grano; era una dea. Ci sono molti dubbi e
molte discussioni su quanto letteralmente intendessero queste
affermazioni; ma di sicuro comprendevano la prima metà della
f ase per quel che precisamente afferma. Non erano appagati
dal realismo, perché non persero mai il senso di qualcosa di più
reale del realismo. Non si accontentavano di chiamare vanga
una vanga, perché era quasi una vanga sacra; non solo quando
scavava le tombe dei morti, ma anche quando vangava l’orto
per far crescere frutti per i vivi. Non si accontentavano della
ferma certezza che le uova sono uova, perché e‘ano pieni di
divina incertezza riguardo agli uccelli, che erano i loro segni
e presagi. E questa magia naturale nelle cose, mescolata e
modificata con cose più grandi e cose da meno, è discesa lungo
i secoli civilizzati fino a uomini d’ogni tipo; non solo alla massa
degli uomini che sono tradizionalisti, ma in generale anche ai
pochi uomini che sono rivoluzionari. Uomini come Shelley o
Heine potevano liberarsi della religione, ma non si liberarono
di questo grande fascino delle cose naturali, che sembrava
renderle preternaturali. Quella leggenda ancora perdura da
Shelley a Swinburne, da Heine a Wilde, dopodiché qualcosa
in essa comincia a guastarsi. È quel che si è guastato con un
intero segmento della generazione nascente. Essi non sono la
177
prima generazione di ribelli che sono pagani. Sono la prima
generazione di ribelli che non sono pagani. Il giovane sc10cco,
il fiore della nostra evoluzione culturale, l’erede di tutte le
epoche e il prezioso deposito che abbiamo a passare alla
posterità... non si può più contare che il giovane sc1occo s1a un
panteista, figuriamoci un sincero e vigoroso pagano. Egli non Si
rende conto per niente che Bacco ha mescolato il suo cocktail e
che Pomona ci ha messo dentro la ciliegia. E preso dalla strana
illusione che le uova siano uova e che le vanghe siano solo
vanghe. Accarezza l’idea assolutamente straordinaria che il
vino sia vino e che le donne siano solo donne. E tagliato fuori da
tutti i significati e i messaggi secondari delle cose; le verità che
giungono nel silenzio alla persona sensibile; l’atmosfera intorno
ad ogni oggetto, che è quasi visibile come un’aureola, Egli ha
perduto le tradizioni dell’umanità e in maniera speciahss1ma le
tradizioni della paganità. Suppongo che non servirebbe 1nv1are
missionari per convertirlo al paganesimo. Ma è una persona un
di
poco più stupida e rachitica e limitata da quando ha smesso
essere un pagano.
1) Le opere citate qui sono tutte di Thomas Hardy (Tess dei
d’Uberville, 1891) o di George Bernard Shaw (Candida, 1893, e Man
and Superman, 1903).
178
INDUSTRIALISMO E DEMOCRAZIA
On lndustrialism
All I Survey, 1933
Diventa ogni giorno sempre più chiaro che quelli di noi
che restano attaccati a credi e dogmi decrepiti e difendono le
tradizioni morenti delle Età Oscure, saranno presto lasciati
soli a difendere quello, tra questi antichi dogmi, che sta più
evidentemente andando in rovina: l’idea chiamata Democrazia.
Non c’è voluta neanche una vita, più o meno la mia propria vita,
per portarla dall’apice del suo successo, @ presunto successo, fino
al fondo del suo fallimento, o supposto fallimento. Alla fine del
diciannovesimo secolo, milioni di uomini stavano accettando
la democrazia senza sapere perché. Si ha l’impressione che
per la fine del ventesimo secolo milioni di persone staranno
rifiutando la democrazia, ugualmente senza sapere perché. Su
una tale linea diritta, strettamente logica e inflessibile, avanza
la Mente dell’Uomo lungo il grande Sentiero del Progresso.
Al momento, comunque, la democrazia non solo è ingiuriata,
ma ingiuriata molto ingiustamente. Gli uomini se la prendono
col suffragio universale, solo perché non sono abbastanza
illuminati da prendersela col peccato originale. C’è un
esperimento semplicissimo per appurare se i mali della politica
popolare sono dovuti al peccato originale. Ed è di fare quello
che nessuno o pochissimi di questi moderni scontenti stanno
facendo: specificare ogni genere di diritto morale in favore di
ogni altro genere di sistema politico. L’essenza della democrazia
è molto semplice e, come diceva Jefferson, evidente di per sé.
Se dieci uomini fanno naufragio insieme su un’isola deserta,
la comunità consiste di quei dieci uomini, il loro benessere è
lo scopo sociale e normalmente le loro volontà sono la legge
sociale. Se essi non hanno un diritto naturale a governare sé
stessi, quale di loro ha un diritto naturale a governare tutti
gli altri? Dire che governerà la volontà più intelligente o più
l79
audace equivale a sollevare la questione morale. Se impiega i
suoi talenti a beneficio della comunità, nel pianificare viaggi o
distillare acqua, allora egli è il servitore della comunità; cioè,
in quel senso, il suo sovrano. Se impiega i suoi talenti contro
la comunità, rubando il rum o avvelenando l’acqua, perché la
comunità dovrebbe sottomettersi a lui? Ed è minimamente
probabile che lo faccia?
In un caso tanto semplice, chiunque è in grado di vedere la
base popolare della cosa e il vantaggio di governare tramite
il consenso. Il problema della democrazia è che essa non ha
mai, nei tempi moderni, avuto a che fare con un caso tanto
semplice. In altre parole, il problema della democrazia non è la
democrazia. Sono invece certe cose artificiali e antidemocratiche
che, di fatto, si sono spinte nel mondo moderno per intralciare
e distruggere la democrazia.
La modernità non e democrazia; il macchinario non è
democrazia; la consegna di ogni cosa al commercio e agli
affari non è democrazia. Il capitalismo non e democrazia; ed
è dichiaratamente, per tendenza e tono, piuttosto contro la
democrazia. La plutocrazia per definizione non e democrazia.
Ma tutte queste cose moderne si sono installate nel mondo
più o meno al tempo, o poco dopo il tempo, in cui capitò che
grandi idealisti come Rousseau e Jefferson teorizzassero a
proposito dell’ideale democratico della democrazia. Si può
sostenere che l’ideale fosse troppo idealistico per riuscire.
Non si può sostenere che l’ideale che fallì fosse la stessa cosa
delle realtà che lo seguirono. Un conto è dire che uno sciocco
andò in una giungla e fu divorato dalle fiere; tutt’altro dire che
sia soprawissuto come la sola e unica fiera. La democrazia
ha avuto tutto contro di sé nella pratica, e questo stesso fatto
può rappresentare qualcosa contro di lei nella teoria. Si può
affermare che ha contro di sé la vita umana. Ma, comunque
sia, è certissimo che ha contro di sé la vita moderna. Il mondo
industriale e scientifico degli ultimi cento anni è stato un
ambiente molto più inadatto per il tentativo dell’autogoverno
di quanto si riscontri nelle vecchie condizioni della vita
[80
rurale o perfino nomade. La vita nei castelli feudali non era
una democrazia; ma avrebbe potuto essere convertita in una
democrazia più facilmente. La posteriore vita contadina,
come in Francia 0 Svizzera, in effetti è stata molto facilmente
convertita in una democrazia.
Ma è orribilmente difficile convertire quella che è chiamata
la moderna democrazia industriale in una democrazia. Ecco
perché molti ora stanno cominciando a dire che l’ideale
democratico non è più in sintonia con lo spirito moderno.
Sono decisamente d’accordo; e per natura preferisco l’ideale
democratico, che perlomeno è un ideale, e dunque un’idea, allo
spirito moderno, che è semplicemente moderno e dunque sta
quasi per diventare antico.
Noto che gli originali, che sarebbe più gentile chiamare gli
idealisti, si stanno già affrettando ad abbandonare questo
ideale. Un famoso pacifista, con cui dibattei sui giornali
radicali nei miei giorni radicali, e che allora passava per un
modello di repubblicano della Nuova Repubblica, l’altro giorno
si è scomodato a dire: “La voce del popolo è solitamente la
voce di Satana”. La verità è che questi liberali non hanno mai
veramente creduto nel governo popolare, non più di quanto
credessero in qualunque altra cosa che fosse popolare, come i
pub o la Lotteria di Dublino.1 Non credevano nella democrazia
che invocavano contro i re e i preti. Ma io ci credevo; e tuttora ci
credo, benché abbia sempre preferito invocarla contro moralisti
e utopisti. Tuttora credo che sarebbe la forma di governo più
umana, se potesse essere tentata in un tempo più umano.
Sfortunatamente, l’umanitarismo è stato il segno distintivo
di un tempo inumano. E per inumanità non intendo
semplicemente la crudeltà; intendo la condizione in cui anche
la crudeltà smette di essere umana. Intendo la condizione in cui
il ricco, anziché impiccare sei o sette dei suoi nemici perché li
odia, semplicemente riduce alla miseria e fa morir di fame sei o
settemila persone che non odia, e che non ha mai visto, perché
vivono dall’altra parte del mondo. Intendo la condizione in
cui il cortigiano o il ruffiano del ricco, anziché preparare tutto
181
eccitato un raro originale veleno per Borgia o cesellare uno
i LA SUPERSTIZIONE
squisito pugnale ornamentale per gli scopi politici dei Medici,
fa un lavoro monotono in una fabbrica producendo un piccolo
tipo di vite, da avvitare a una piastra che lui non vedrà mai; per
esser parte di un fucile che lui non vedrà mai; da usare in una
battaglia che lui non vedrà mai e dei cui meriti sa molto meno
di quanto il furfante del Rinascimento sapesse degli scopi del
veleno e del pugnale.
In breve, quel che non va con l’industrialismo è la non
dirittura; il fatto che niente è schietto; che tutti i suoi sentieri
sono storti anche quando l’intenzione è che siano diritti.
A questo che è il più indiretto di tutti i sistemi noi abbiamo
cercato di adattare la più diretta di tutte le idee. La democrazia,
un ideale che è semplice all’eccesso, è stata inutilmente
applicata a una società che era complessa fino alla follia. Non
è poi tanto sorprendente che una simile visione sia sbiadita in
un ambiente simile. Personalmente, a me piace la visione; ma
il mondo è bello perché è vario e in effetti ci sono esseri umani,
che se ne vanno in giro con tutta calma alla luce del giorno, i
quali sembrano apprezzare l’ambiente.
]) Nell’originale, Dublin Swecpstake. Lo sweepstake è un tipo di
gioco d’azzardo, perlopiù basato sulle corse dei cavalli, in cui ogni
persona punta una piccola somma e sceglie un cavallo: chi ha scelto
il cavallo vincente, raccoglie tutte le altre puntate. Negli anni ’20 del
ventesimo secolo, a Dublino fu organizzato un sistema di sweepstakes
per finanziare gli ospedali volontari della città, in gravi difficoltà
dopo la guerra (da qui il nome giornalistico di Dublin Sweepstake);
successivamente il sistema si estese a tutta la nazione e dal 1930 fu
chiamato Irish Hospitals’Sweepstake. La cosa ebbe un tale successo
che, negli anni Trenta, winning the Irish Sweepstake era ormai una
frase di uso comune come la nostra “vincere al Superenalotto”. Qui
Chesterton si riferisce probabilmente all’opposizione allo Sweepstake
irlandese che esisteva in ambiti governativi, o comunque ufficiali,
perché i moltissimi biglietti venduti in Gran Bretagna causavano un
notevole spostamento di denaro.
[82
DELLA SCUOLA
The Superstion of School, 1930
The Common Man, 1950
È un errore supporre che il passar degli anni porti con sé il
retrocedere delle opinioni. In altre parole, non è vero che gli
uomini quando diventano vecchi debbano diventare reazionari.
Alcune delle difficoltà dei tempi recenti sono state dovute
all’ostinato ottimismo dei vecchi rivoluzionari.
Magnifici vecchi come Kropotkin e Whitman e William Morris
andarono alla tomba aspettando Utopia, se non aspettavano il
Paradiso. Ma la falsità, come tante e tante falsità, è una versione
fasulla di una mezza verità. La verità, o mezza verità, è non che
gli uomini devono imparare dall’esperienza a essere reazionari;
ma che devono imparare dall’esperienza ad aspettarsi reazioni.
E quando dico reazioni intendo reazioni; devo fare le mie scuse
al mondo della cultura dominante, perché uso la parola nel suo
senso corretto.
Se un ragazzo tira una fucilata, che sia a una volpe, a un
possidente o a un sovrano regnante, sarà rimproverato secondo
il valore relativo di questi oggetti. Ma se tira una fucilata per la
prima volta è molto probabile che non si aspetterà il rinculo e
che non sappia che colpo robusto gli può dare. Potrà andarsene
in giro tutta la vita prendendo di mira questi e consimili oggetti
del paesaggio; ma sarà sempre meno sorpreso dal rinculo;
vale a dire, dalla reazione. Potrebbe perfino dissuadere la sua
sorellina di sei anni dallo sparare con uno di quei pesanti fucili
destinati alla distruzione degli elefanti; e lui stesso avrà così
l’apparenza di un reazionario. Lo stesso esatto principio si
applica allo sparare coi grandi cannoni della rivoluzione.
Non sono gli ideali di un uomo che cambiano, non è la sua
Utopia che si modifica; il cinico che dice “Dimenticherai tutta
questa scemenza di idealismo quando sarai più vecchio” dice

l’esatto contrario della verità. I dubbi che arrivano con l’età
non riguardano l’ideale, ma il reale. E una delle cose che sono
indubbiamente reali è la reazione: vale a dire, la probabilità
concreta di un’inversione di direzione, e che riusciamo in
parte a fare il contrario di quello che intendevamo fare. Quel
che l’esperienza ci insegna è questo: che c’è qualcosa nella
composizione e nel funzionamento del genere umano per cui
il
risultato dell’azione su di esso è spesso inatteso, e quasi sempre
più complicato di quel che ci aspettavamo.
Questi sono gli intoppi della sociologia; e uno di essi ha
riguardato l’Educazione. Se mi chiedete se penso che il
popolino, soprattutto i poveri, dovrebbero essere riconosciuti
come cittadini che possono governare lo stato, rispondo con
voce tonante “Sì”. Se mi chiedete se penso che essi dovrebbero
avere un’educazione, nel senso di una vasta cultura e familiarità
con i classici della storia, di nuovo rispondo “Sì”. Ma c’è, nel
conseguimento di questo scopo, una sorta d’intoppo o di rinculo
che può solo essere scoperto tramite l’esperienza e che nella
stampa non compare affatto. Non se ne tiene conto sulla carta,
neanche di rimbalzo. Eppure esso è in questo momento una
parte estremamente concreta della politica concreta; e, anche
se è un problema politico da lunghissimo tempo, è un po’ più
marcato (se posso macchiare queste pagine serene @ imparziali
con una considerazione così politica) nelle condizioni recenti
che hanno portato alla ribalta così tanti rispettabilissimi
socialisti e ampiamente rispettati sindacalisti.
L’intoppo è questo: che l’autodidatta ha una stima esagerata
dell’educazione. Potrei aggiungere che chi è educato a metà
pensa dell’educazione sempre tutto bene possibile. Questo
il
non è un fatto che si mostra alla superficie del progetto o
dell’ideale sociale; è il genere di cosa che si può scoprire solo
con l’esperienza. Quando ho detto che volevo che il sentimento
popolare trovasse espressione politica, intendevo l’effettivo e
autoctono sentimento popolare come lo si può trovare nelle
vetture di terza classe e nelle scampagnate aziendali e nelle
folle dei giorni di vacanza; e soprattutto, naturalmente (per
184
ll coscienzioso cercatore sociale di verità), nei pub. Pensavo e
ancora penso che queste persone siano nel giusto rispcl to a un
gran numero di cose su cui i leader alla moda sono nel lorto.
L’intoppo è che quando una di queste persone comincia a
“migliorarsi” è precisamente in quel momento che io comincio
a dubitare se sia un miglioramento oppure no. Mi sembra che
egli cominci ad accumulare con rapidità impressionante una
quantità di superstizioni, di cui la più cieca e ottenchrala [\
quella che si può chiamare la Superstizione della Scuola.
Egli considera la Scuola non come una normale istituzione
sociale da combinare con altre istituzioni sociali, quali la Casa,
la Chiesa e lo Stato; ma come una qualche specie di fabbrica
morale interamente soprannaturale e miracolosa, in cui sono
prodotti per magia uomini e donne perfetti. A questa idolatria
della Scuola egli è disposto a sacrificare all’istante la Casa e la
Storia e l’Umanità, con tutti i suoi istinti e possibilità. A questo
idolo egli farà qualunque sacrificio, soprattutto sacrificio
umano. E il retropensiero, specie nei migliori uomini di
questo genere, è quasi sempre una di due varianti dello stesso
concetto condensato: 0 “Se non fossi andato a Scuola non sarei
il grand’uomo che sono adesso” oppure “Se fossi andato a
Scuola sarei anche più grande di quel che sono”.
Che nessuno dica che mi prendo gioco delle persone ineducate;
non è della loro ineducazione ma della loro educazione che
mi prendo gioco. Che nessuno prenda le mie parole per uno
sberleffo a chi è educato a metà; quel che non mi piace è la
metà educata. Ma non mi piace, non perché non mi piaccia
l’educazione, ma perché, data la filosofia moderna 0 l’assenza
moderna di filosofia, l’educazione è volta contro se stessa,
distruggendo il senso stesso della varietà e della proporzione
che è ciò che l’educazione deve dare. Nessun uomo che veneri
l’educazione ha avuto il meglio dall’educazione; nessun uomo
che sacrifichi tutto all’educazione è mai educato. Non ho bisogno
di richiamare qui i molti esempi recenti di questa monomania,
che sta rapidamente diventando una persecuzione folle, come
la ridicola persecuzione delle famiglie che vivono sulle chiatte.
185
 MF…
Quel che è sbagliato è la dimenticanza di un principio; e il
principio è che senza un gentile disprezzo per l’educazione,
l’educazione di un gentiluomo non è completa.
*MExw—«À
Uso alla buona questa frase approssimativa; perché a me non
interessa il gentiluomo ma il cittadino. Tuttavia, esiste questa
mezza verità storica nel caso dell’aristocrazia: che a volte è un
po’ più facile per l’aristocratico, nella sua forma migliore, avere
questo estremo tocco di cultura che è la superiorità rispetto alla
cultura. Tuttavia, la verità di cui parlo non ha niente a che fare
con la particolare cultura di una qualche classe particolare.
Essa ha caratterizzato un gran numero di contadini, specie
quando erano poeti; è questo che dà una specie di distinzione
naturale a Robert Burns e ai poeti contadini della Scozia. La
potenza che la produce con maggior efficacia di qualunque
sangue o stirpe è la religione; perché la religione può essere
definita come ciò che mette per prime le cose principali. Robert
Burns era comprensibilmente impaziente con la religione che
aveva ereditato dal calvinismo scozzese; ma era debitore di
qualcosa alla sua eredità. Il suo istintivo rispetto per gli uomini
come uomini proveniva da una razza che ancora dava più
importanza alla religione che all’educazione. Dal momento che
gli uomini cominciano a dare più importanza all’educazione che
alla religione, cominciano a dare più importanza all’ambizione
che all’educazione. Non è più un mondo in cui le anime di tutti
sono uguali di fronte ai cieli ma un mondo in cui la mente di
ognuno è intenta a conseguire un vantaggio disuguale sull’altro.
Lì comincia ad esserci una pura e semplice vanità nell’essere
educati, che sia una mezza educazione o solo un’educazione di
Stato. L’educazione dovrebbe essere un proiettore da ricerca
dato all’uomo per esplorare qualunque cosa, ma soprattutto le
cose più distanti da lui. Invece l’educazione tende ad essere un
riflettore da palcoscenico; che è interamente centrato sull’uomo
stesso. Qualche miglioramento si apporterebbe puntando
riflettori ugualmente luminosi e forse volgari anche su un gran
numero di altre persone. Ma la sola cura definitiva è di spegnere
le luci della ribalta e lasciare che egli si accorga delle stelle.
186
='?"
»
IL COLORE DELLA SPAGNA
The Colour of Spain, 1926
«,
The Glass Walking Stick
.,;.1:
E auspicabile che la gente si renderà conto che la Spagna
non è così nera come fu dipinta da coloro che dipingevano solo
le cappe nere degli Inquisitori o come il dualismo del Don e
Diavolo di Tennyson 1.
La Spagna in un certo senso è proprio nera come viene
dipinta, per i pittori che sono affezionati in modo particolare al
dipingere di nero. Ma essere in nero non è affatto la stessa cosa
che essere in lutto. Possiamo quasi dire che gli Spagnoli sono
affezionati ai colori luminosi e che il nero è il più luminoso di
tutti i loro colori. Sono davvero affezionati a questo nell’arte e
nella decorazione, ma l’effetto non è necessariamente quello che
l’Inglese usa definire cupo, ma piuttosto quello che il Francese
definisce chic. Ciò rigetta tutti gli altri colori, specialmente i
colori tipici spagnoli come oro e arancione e rame e rosso scuro.
Ci sono aspetti in cui tutti gli Spagnoli sembrano essere fatti a
strisce rosse ed oro come il leggendario scudo di Aragona. Ma
nulla potrebbe rendere più vivido il bagliore di quello scudo
incandescente del fatto di essere indossato da un cavaliere in
armatura nera o essere portato da un servitore su velluto nero.
La nota immagine della donna spagnola che indossa una
mantilla2 nera e una rosa rossa potrebbe essere sufficiente a
farci riconoscere la tradizione. La mantilla da sola mostra che
il nero è un colore felice e quasi il colore della frivolezza.
Le donne spagnole che portano avanti la vecchia usanza a
tale riguardo appaiono più come quelle che le vecchie ballate
chiamano “le signore allegre”, le dame di una corte gioiosa, o
le ragazze che ballano in un festival gioviale, mentre le donne
modernizzate hanno obbedito nascondendo le loro teste nei
copricapi dell’ultima moda parigina.
Il colore della sciarpa della Spagna 0 del velo è scuro, ma non
187
è triste; è splendente perché è vivace; può spostarsi e cambiare
con la postura e i gesti e l’umore; è vivo come un serpente nero
o un uccello nero o una farfalla nera. Il caso che alcuni grandi
ritratti di Velasquez abbiano una dignità cupa che è quas1
satanica, e che Goya abbia fatto dei lavori in bianco e nero che
sono come un blocco schizzi di un folletto, non ci deve portare
ad esagerare il lato oscuro di questo uso del nero. Gli Spagnoli
lo usano effettivamente dove nessun altro che io conosca lo
ha mai usato. In realtà ho visto macchie nere in una finestra
colorata di una chiesa. Questo è contrario alla concezione delle
finestre, ma è abbastanza coerente nella concezione spagnola
dei colori. . \
La stessa impressione, e forse la stessa illus10ne, e senza
alcun dubbio prodotta dalle chiese spagnole che sono tenute
insolitamente e a noi innaturalmente oscure. Sembrerebbe
che l’architetto, come l’artista, abbia voluto produrre grandi
blocchi di nero e lo abbia fatto con grandi blocchi di ombra.
Gli altari e i dossali sono prodigiosamente alti e pesanti come
i portali dei palazzi dei giganti. Sembrano rendere l’oscur1ta
ancora più oscura, gettando un’ombra anche sull ombra.
Eppure anche qui troviamo il trionfo del contrasto che e
veramente il trionfo del colore.
Le finestre di vetro colorato diventano spade di fiamme di
.
un’indescrivibilc incandescenza. La chiesa è oscura con la
densità del suo colore. L’oro spagnolo potrebbe essere in parte
sepolto nel buio, proprio come l’oro spagnolo dei romanz1
era spesso sepolto nel mare verde. Ma nella realta, come nel
romanzo, pensiamo sempre ad un tesoro tremendamente
costoso e complesso e che ricopre vaste aree. Infatti,-ce
qualche volta la sensazione in queste chiese crepuscolari di
camminare nelle profondità del mare; come se le centinaia dl
piccole candele fossero lo scintillio del mare o le grandi cupole
e stendardi fossero le forme di pesci piatti e galleggianti
dl
gigantesche dimensioni. . .
Il contrasto mi ha colpito molto quando attraversa Pirenei,
1
. .
e trovai ancora lo spirito francese nella chiesa e nel castello
188
di Carcassonne, in una lanterna aperta di una finestra elevata
luminosa come l’anima di San Luigi. Ma pensandoci lo spirito
francese ha più chiarezza, non ha più colore; veramente non
ha più allegria. Ci sono tutti i tipi di allegria anche nelle chiese
spagnole, una volta che le comprendiamo; ce n’è in quantità
nelle strade Spagnole e nelle case. C’è tutto quello spirito che è
così sconcertante per molte persone nelle processioni religiose
associate a Siviglia. Dico associate a Siviglia perché, difatti,
l’associazione è troppo arbitraria e limitata. La maggior parte
delle persone immagina che la fantastica danza dei nani e
giganti è qualcosa che può essere visto solo a Siviglia, come
la Torre Eiffel può essere vista solo a Parigi. 10, per esempio,
non sono nemmeno andato a Siviglia ma ho visto, e sentito
ogni sorta di cose a riguardo, tali danze e processioni in molte
altre città e villaggi. Questi antichi giochi e allegrie sono state
preservate nel passato per tutta la penisola spagnola; ma
temo che ci siano veramente pochi turisti che si preoccupano
molto di esse nelle loro abitazioni meno famose. Sono pochi
infatti rispetto al numero di turisti che deliberatamente corre
per vedere le corride al solo fine di vantare che non possono
sopportarne la vista.
Posso sottolineare, di passaggio, che non sono andato a
vedere nessuna corrida, per una ragione che ho spiegato ad
un mio amico spagnolo sul posto. Ho detto che sarei molto
seccato se uno dei miei amici spagnoli venisse in Inghilterra e
si vestisse immediatamente di rosa, per poter correre al raduno
e prendere parte alla morte di una povera piccola volpe e poi
si voltasse e dicesse: «Quanto è orrendo! Quanto è ripugnante!
Che bruti in forma umana sono gli inglesi che passano la vita
intera in questo degradante sport!» Possiamo indulgere in
ogni sorta di controversia e casistica riguardanti la corrida o
la caccia alla volpe e vi è molto da dire contro entrambe. Ogni
paese ha delle anomalie che ci sembrano anormalità o persino
abomini; ma non si tratta di vedere un paese per cercare le cose
che uno abomina. Ora so che gli spagnoli che ho visto sono
persone gentili; sono stupefacentemente gentili con i bambini;
189
non sono normalmente scortesi con gli animali. C’è una casa
per gatti randagi tenuta niente di meno che nel chiostro della
cattedrale di Tarragona; e ho visto un branco di gatti riunirsi
attorno all’immagine di San Ramon Nonato come lo stormo di
uccelli attorno a San Francesco.
C’è abbondanza di gente comune che fa amicizia con cani e
cavalli nel modo comune. Ma se avessi preferito l’emozione
del Grand Guignol3 ad una grande esperienza di una grande
nazione, gli avrei permesso di insinuarsi tra me e tutte queste
cose.
Ma questa è una parentesi; stavo sottolineando che la
processione celebrata a Siviglia e semplicemente lo speciale e
supremo esempio di una tradizione che è sparpagliata ovunque
in queste terre del sud. Il modo in cui misteri religiosi sono misti
al far festa è scioccante per qualche persona in particolare, ho
—
notato, per le persone che non credono nei misteri religiosi.
Gli scettici sono molto sensibili riguardo alla riverenza. Ma
appena sono entrato in contatto con queste cose, non ho potuto
che ridere al pensiero di coloro che cercano nuovamente di
dimostrarmi che la religione non ha altra funzione se non
quella di rendere l’uomo triste. Quelli che gradualmente
costruirono le antiche usanze dell’umanità avevano un miglior
senso della proporzione e del decoro. Sapevano, anche solo per
istinto, come le cose austere e gioiose posso essere combinate
e distribuite e dove la mancanza di serietà è appropriata e dove
la solennità lo è con essa; quale contrasto farà meglio emergere
una reale severità e qual è il significato psicologico di quella
intensa espressione “sollievo umoristico”4; proprio come le
persone delle terre del sud hanno sempre saputo, nel vestire e
nella decorazione, che una grande macchia nera fa risaltare il
loro cremisi e il loro oro.
\ 90
1) Alfred Tennyson (1809-1892) è stato un |un'ln inglese, uno
dei più famosi del suo paese. Nella sua ”(N“-… troviamo una
sorta di dualismo, un dilemma, due mondi (» |nvy_llo due voci in
conflitto, in confronto. Qui Chesterton vuole rcmlvrv l'id… usando
l’espressione “Don and Devil”. Don (al femminilv Hum…) è un
termine comunemente utilizzato, a partire dalla molin «|«-l \ | Il secolo,
come prefisso al nome, per indicare nobili, GCClBSÌHSIÌC'I «-
uligiosi.
Propriamente “don” non costituisce un titolo, ma è un “alla…-nto;
successivamente è stato usato per chiamare i presbiteri «In…-…;mi
della chiesa cattolica. Opposto al diavolo, rende l’idea di duali-u… ..
2) Velo tradizionale spagnolo che si indossa sulla testa con l'nuunlin
di un pettine alto (peineta) facendolo cadere sulle spalle. Mn“…
comune tra le donne Spagnole.
3) Il Grand Guigno] è un teatro parigino situato a Montmartre.
Dalla sua apertura nel 1897 fino alla chiusura avvenuta nel 1963,
si specializzò in spettacoli decisamente macabri e violenti. Da
ciò, l’aggettivo granguignolesco è divenuto nel tempo sinonimo
di macabro () cruento, anche al di fuori della terminologia dello
spettacolo.
4) Si riferisce al comic reliefusato anche da Shakespeare in alcune
sue opere come Amleto, Macbeth, Otello, Il mercante di Venezia e
Romeo e Giulietta nei quali l’autore devia dalla tradizione classica
includendo caratteri umoristici, scene o dialoghi spiritosi in opere
altrimenti serie, spesso per alleviare la tensione.
191

IL NUOVO SOLCO
The new groove
The Common Man, 1950
Il poeta Tennyson, da autentico Vittoriano, deve avere
che
scritto in treno un buon numero delle sue poesie, dato
Il
ed istituzione
viaggiare in ferrovia era la principale invenzione
di Lady
dell’epoca. Confessò infatti di avere scritto poema
ll
Godiva mentre aspettava il treno; e a giudicare dall’accurata
costruzione del verso sciolto, quel treno deve essere giunto
del Tennyson che s1
con grande ritardo. Ma vi sono altri versi
direbbero scritti mentre si era addormentato in treno, tanto
in
hanno quell’inconfondibile tran—tran familiare a coloro che
metallico
treno riescono a dormire, e solo avvertono risonare
il
delle ruote che si confonde ai sogni più illogici e sconclusionati.
Fu in quei momenti di più profondo sopore che lord Tennyson
del suo .Locksley
compose le parti più progressive e profetiche
di capitale
Hall, e ciò viene provato dal fatto convincente, anz1,
importanza, che vi si legge:
«E sempre il grande mondo lungo isonanti solchi
.
trascorro del mutamento».
lo
Gli psicologi potranno trovarc interessante strano
il disordine delle idee, caratter1strc1
spostamento delle parole, e
delle frasi formulate in sogno. Ad una intelligenza normale in
I
stato di veglia, le parole risulterebbero prive di significato.
solchi non mutano; non risuonano; non fanno nemmeno
risonare i mutamenti. Ma come l’uomo addormentato in
di un brusco
uno scompartimento ferroviario, nell’attimo
risveglio, mormorerà una frase con cui egli rivela un segreto
che probabilmente da desto avrebbe tenuto nascosto, dira per
esempio che viaggia in prima classe col biglietto di terza, oppure
che tiene ficcato sotto il sedile il cadavere di un creditore,
0031
192
in quella straordinaria frase Tennyson tradisce il segreto, e
addirittura rivela il delitto che fu del suo mondo intellettuale, e
quasi di tutto il mondo che a quello seguì.
Perché ciò che è maggiormente da biasimare in quella che
si auto—definisce la mentalità moderna è il solco, è l’abitudine di
vivere soddisfatti entro i solchi, purché si dica che sono dei solchi
mutevoli. Ed è, ripeto, un fatto sintomatico, che allorquando
il poeta moderno desidera descrivere il mutamento, e perfino
quando lo vuole glorificare, ne parla istintivamente come se si
trattasse di un solco. È un segno lasciato su gran parte del mondo
moderno dagli inizi dell’epoca meccanica ed industriale. Ma
ebbe la sua prima e chiara forma nel concetto fisso di viaggiare
sulle rotaie. Si noti bene che della mente moderna diciamo che
procede in un solco, non in una carreggiata, perché questo è
il termine che sta a indicare le tracce lasciate dai carri, e lo
si usava negli anni meno complicati, quando ancora non si
metteva il carro davanti al cavallo. Quando davanti a noi si
muoveva una cosa viva, non mancava un elemento di dubbio,
di avventura o di esitazione nella traccia che lasciava, anche
se essa avesse formato il solco in cui altri sarebbero entrati.
Vi erano delle strane curve per colui che attaccava il suo carro
anche solo ad un cavallo, e che non aveva ancora rinunciato
ai cavalli in favore dei cavalli—motore. Vi erano a volte delle
tracce molto ardite e fantastiche per colui che attaccava il suo
carro ad una stella. Ma lasciando da parte queste immagini e
queste fantasie, l’intrinseca peculiarità del solco è che non può
dare nulla di nuovo, eccetto che portarci verso luoghi nuovi,
e magari oltre luoghi nuovi, con una velocità assolutamente
nuova. Ecco l’essenziale di ciò che penso intorno ai solchi
moderni: il solo modo di progredire del mondo odierno è di
avanzare sempre più rapidamente lungo una unica linea, in
un’unica direzione. Esso non possiede la curiosità di fermarsi,
né il coraggio avventuroso di procedere all’indietro.
Per amore di chiarezza, prendiamo l’esempio a tutti noto del
treno. È stata spesso presentata la storia della locomotiva a
vapore in tutti i suoi stadi di perfezionamento, e l’evoluzione
193
dei treni moderni, a partire dai primi goffi modelli di vaporiere.
Ma la locomotiva non produsse altro che locomotive sempre
più rapide; e ciò che importa è che nessuno si sarebbe aspettato
che producesse alcunché di diverso. Nessuno, sia pure in
uno slancio della fantasia, si è mai chiesto se essa si sarebbe
sviluppata in una direzione diversa da quella del suo solco.
Nessuno, per esempio, suggerì mai che essa potesse creare una
propria architettura, così che la costruzione delle automobili
e dei vagoni diventasse come la costruzione dei templi e
dei
municipi. E tuttavia Vi sarebbero potuto benissimo essere
quattro o cinque scuole di architettura per il disegno dei treni,
come ve n’è per il disegno delle chiese. È divertente immaginare
che l’architettura dei treni potesse variare secondo il paese che
attraversano, o che forma la loro meta. La Stazione Ferroviaria
Pennsylvania di New York è un edificio nobile e maestoso, ed
è davvero quasi una specie di saluto rivolto alla grande città di
Filadelfia verso la quale si spalancano i suoi cancelli. Sarebbe
potuto accadere senz’altro che ciò che si faceva per la stazione
venisse fatto anche per la locomotiva, e che il disegno, ed il
colore stesso del veicolo variassero a seconda che esso fosse
diretto verso le antiche città francesi, o le pianure popolate di
pellerossa; verso le nevi dell’Alaska, o gli aranceti della Florida.
Credo infatti che avremmo avuto molto simbolismo poetico
espresso in cento forme, probabilmente inquadrato in un rituale,
e dedicato agli dei, 0 ai santi patroni, se la macchina a vapore,
in
luogo di venire scoperta dai filistei dell’epoca Vittoriana, fosse
stata scoperta dai greci antichi o dai cristiani del Medioevo. Per
il momento quello che ci interessa è che nessuno abbia mai
pensato a cose del genere, e che certamente nessuno abbia mai
pensato di misurare il progresso compiuto dal treno con tale
artistica unità di misura. Per il treno non esisteva se non una
della velocità
prova, la prova del solco; del solco liscio e diritto;
con la quale esso viaggiava lungo il solco. Il tono generale della
cosa impediva assolutamente di immaginare che si sviluppasse
in direzioni diverse, e di vanamente chiedersi se avesse mai
potuto reggere un castello come l’elefante, oppure un busto
194
scolpito come la prua di una nave.
Orbene, nonostante le più ardite pretese all’indipendenza, la
vita intellettuale d’oggi mi fa l’effetto di poter venire espressa
simbolicamente dal treno, ovvero dalla rotaia, owero dal solco.
Certe mode o direzioni fisse del pensiero fanno molto baccano
e si dimostrano piene di vivacità; esattamente come non viè
limite alla velocità che si può sviluppare lungo le rotaie fisse
della ferrovia. Ma se si pensa a ciò che vuol dire uscire di strada,
scopriremo che quanto vale per il treno, è altrettanto vero della
verità. Troveremo che di fatto è più difficile uscire dal solco
quando il treno e lanciato in corsa, di quanto sia quando il
treno procede lentamente.Scopriremo chela velocità significa
rigidezza; il fatto stesso che certi movimenti sociali,
politicioartistici procedono con passo sempre più accelerato
ha per effetto che pochi avranno il coraggio di procedere in
senso contrario. Ed infine vedremo che forse nessuno farà il
balzo verso la vera libertà intellettuale, esattamente come
nessuno salterebbe da un treno che va ad ottanta miglia all’ora.
E questo mi pare il segno inconfondibile di ciò che nel mondo
moderno si chiama il pensiero progressista. Nel senso più
esatto dell’espressione, si tratta di un pensiero limitato. Ha una
sola dimensione. Ha una sola direzione. È limitato dal proprio
progredire. E limitato dalla propria velocità. Ho detto che
non ha la curiosità di fermarsi. Se quelli che viaggiano in treno
fossero dei veri viaggiatori intenti ad esplorare un paese ignoto
per compiervi delle scoperte, si fermerebbero continuamente
alle piccole stazioni lungo la linea. Si fermerebbero sempre,
per esempio, a considerare la strana natura dei propri termini
convenzionali; il che invece non fanno assolutamente mai.
Accettano le loro parole d’ordine soltanto come congegni o
apparecchi atti a portarli dove sono diretti; all’origine della
parola d’ordine non rivolgono mai il pensiero. E tuttavia è
esattamente questo che farebbero se fossero davvero capaci di
pensare in senso completo e con rilievo. Siamo naturalmente
d’accordo nel dire che, per quanto riguarda queste mode
intellettuali, le grandi masse, e probabilmente la massa intera
195
 dell’umanità, non prende mai nemmeno il treno. Moltissimi
rimangono nei loro villaggi, e tanto meglio per loro; ma non
Ciò che
vengono considerati i capi intellettuali dell’epoca.
io deploro è che i condottieri intellettuali sappiano guidare
soltanto lungo uno stretto solco, altrimenti noto come
“il
sonante solco del mutamento”. A proposito di frasi correnti
prendete ad esempio la controversia sull’arte progressiva
e
futurista. Non intendo prendere in esame l’arte, ma soltanto
la controversia, allo scopo di illustrare quanto sia consigliabile
fare delle fermate, e quanto sia stupido viaggiare col treno
diretto.
Quantunque le masse non si siano affatto convertite a
Picasso, né a Epstein, tuttavia i termini della controversia, gli
unici argomenti ritriti che i giornalisti usano, gli unici sofismi
familiari e quasi popolari, al di fuori di quelli che sono i semplici
insulti popolari, sono in favore delle nuove scuole. Voglio dire
che la gente non ha familiarità con gli argomenti razionali che
ed una
stanno in favore della tradizione; ma ha familiarità,
familiarità quasi tediosa, con gli argomenti razionali in favore
del mutamento. Da qualunque lato del soggetto arte si trovi
la ragione (il che dipende certo in grande misura dal singolo
artista), il mondo oggi è disposto a giudicare che l’artista nuovo
abbia ragione, e quello antico abbia torto. Aquesto lo spinge tutta
la filosofia progressista, la quale spesso, più che una filosofia,
è una fraseologia. Il linguaggio che ricorre più pronto a tutte
le labbra è quello del rinnovamento, ma invece di esaminarlo,
la gente non fa che servirsene. Per esempio, è probabile che
anche oggi le persone a conoscenza della poesia di W. B. Yeats
siano più numerose di quelle che conoscono la poesia di Edith
Sitwell. Ma le persone che comprendono quel che Miss Sitwell
intende dicendo semplicemente di essere criticata adesso allo
di gran
stesso modo che Yeats fu criticato nel tempo suo, sono
che
lunga più numerose di quelle capaci di comprendere quello
intende Yeats dicendo che in poesia non si può ci servire di
nulla che sia veramente nuovo; oppure che l’innocenza nasce
soltanto dalle cerimonie e dal costume. E la ragione è che la
196
prima affermazione è familiare perché comune a tutti i moderni
progressisti e riformatori; mentre le altre due sono frasi molto
profonde di un uomo che pensa col proprio cervello. Non nego
che in molte altre cose, e specialmente nei suoi migliori lavori
poetici, anche Miss Sitwell sappia pensare col suo cervello.
Dico soltanto che quel particolare argomento (“Giovanni
Battista venne deriso, anch’io sono deriso”; “Non credettero al
Galileo, non credono nemmeno a me”) fa parte della normale
riserva di trucchi dei riformatori e dei rivoluzionari; fa parte
della antichissima attrezzatura del Movimento Nuovo. Se
ora questo si applica alle dispute intorno alla pittura e alla
scultura, troviamo la medesima situazione, e cioè vediamo
che, senza badare da che parte si trovi la ragione, l’intera
organizzazione della critica spicciola parteggia per l’idea che
il nuovo sia sempre il migliore. Esiste una scelta precisa di
frasi che si adoperano, ma che raramente si esaminano. Per
esempio, se un filisteo protestasse debolmente nel vedere
Elena di Troia scolpita con la testa di forma esattamente
uguale alla Grande Piramide, oppure Titania con una figura
che segue le linee semplici e grandiose dell’ippopotamo del
Giardino Zoologico, o magari la figlia prediletta che si presenta
in pubblico nella condizione spaventosa e anche commovente
di essere priva di naso e di palpebre, ogni volta che una critica
del genere si faccia sentire, sia a ragione che a torto, con la
precisione di un meccanismo ad orologeria verrà ribattuto
con una frase intesa a dire che certa gente vorrebbe un’arte
“carina—carina”. Il primo atto di una mente libera sarebbe ora
senza dubbio di criticare la critica, e specialmente di provare
una certa curiosità verso la strana forma in cui viene espressa.
Perché tutti dicono «carina—carina»? Perché non dire che certa
gente non ama ciò che è «orribile-orribile», o magari ciò che
è «bestiale-bestiale»? Che cosa vuol dire quella stranissima
insistenza sull’attributo raddoppiato? Se possedete quella
indipendente curiosità che si arresta alle stazioni lungo la
linea, se (in una parola) non vi limitate a correre verso la
meta alla moda, vi potrete soffermare, non senza profitto, su
197
 subito che il termine è
una espressione del genere. Noterete
di riprodurre l’esclamazione
un tentativo quasi commovente distruggere
ammirata di un bambino. E basterebbe questo a
il valore dell’argomento. Perché il bambino sa
meravigliarsi
e non ha affatto
precisamente davanti a ciò che meraviglioso,
è
convenzione si ritiene
la passione volgare verso ciò che solo per
direbbe «carino—
bello. Quello che un bambino senza viziature
fanciulla con la
carino » non sarebbe il ritratto dolciastro di una
né un rigidissimo gruppo della
sua prima veste da debuttante,
famiglia reale; molto probabilmente
ammirerà invece il rosso
di un incendio, o i colori forti di un grosso
fiore di giardino,
e qualche altra cosa veramente genuina
ed essenziale; una
i nostri diletti amici) come la
cosa «forte» (come direbbero
Grande Piramide, o il grande pachiderma.
I bambini non
lo sono nella morale. E se
sono degli snob in arte, come non
cose davvero “carine”,
provano spesso piacere nel contemplare fanciulla di Greuze, o una
come potrebbe essere una graziosa la grazia
realistica nemmeno nei confronti della forma. Ciò che sa
è.
riprodurre più o meno realisticamente è la luce e l’ombra ed
e vero che la luce spesso falsifica la forma e sempre falsifica il
colore. Se vogliamo la forma reale, dobbiamo farla disegnare in
maniera più o meno astratta da un disegnatore; e quando essa
venga così disegnata da Leonardo 0 da Michelangelo non la
“carina—carina”
Si potrà giudicare fotografica, né tanto meno
L’artista moderno avrà le sue buone ragioni per voler disegnare
le gambe come se fossero guanciali arrotolati, o salsicce ma
questo non rende le forti linee ondulate, le ossa inclinate e i
muscoli tesi di qualche grande quadro fiorentino, una noiosa
riproduzione meccanica, che vale soltanto come volgare
istantanea di un fatto triviale. Quelle linee sono forti e belle
come sono belle le linee di una cascata e di un mulinello. Sono
infatti come le bellissime forme astratte che l’artista moderno
vorrebbe inventare, se fosse capace di farlo.
Ho preso quest’unico esempio, tratto dalle conversazioni
intorno alle nuove scuole d’arte, per illustrare quel che intendo
.

nuvola di primaverili fiori rosa, è soltanto perché col dire che il mondo ha tanta fretta di essere nuovo da non
legittimo; e non la elimina
si
occupa nell’arte un posto del tutto falso accrescitivo soffermarsi nemmeno sulle verità della nuova scuola senza
semplicemente dandone sogghignando un contare quelle della vecchia. Dei milioni di uomini e di, donne
e chiamandola un’arte
«carina—carina». In ogni caso, i più
nel servirsi di che hanno sentito queste due espressioni, quanti hanno sentito
arroganti moderni commettono un grave errore
difendere qualche cosa che si delle frasi tratte dalla opposta fraseologia e filosofia? Voglio
una accusa di infantilismo per dire, frasi che offrano un appoggio filosofico all’altra filosofia?
che è infantile nel senso
potrebbe appoggiare soltanto col dire abbastanza
più ristretto. Fu lo stesso Cézanne a
dire: “Sto cercando di Fra tutti coloro che hanno sentito dire (ed era
fanciullo”. inutile dirlo) che Epstein non si cura di essere grazioso, quanti
riacquistare la visione immediata del hanno sentito quell’argomento in favore della civiltà, per cui la
già in circolazione
Lo stesso si può dire di tutte le frasi in gergo
prima che sua stessa forza sarebbe dimostrata dalla capacità di produrre
allo scopo di difendere qualsiasi eccentricità, ancor é
esista. Cosi abbiamo tutti familiarità con
la frase che afferma equilibrare e proteggere la grazia? La natura massiccia
che soltanto a questa ciclopica delle fondamenta della città viene provata meglio
essere l’arte diversa dalla fotografia, e
si chiede di essere realistica. Tutti conoscono
a menadito la di tutto dal fatto che nessun terremoto può strappare dal suo
errori che esistono in piedestallo la statuetta d’avorio, né far cadere dalla mensola
frase, e nessuno nota le fratture o gli
essa. Sta di fatto che nulla è meno
realistico della fotografia. In la pastorella di porcellana. Quanti hanno preso in esame
primo luogo, essa esula dalla realtà come di ne esula la scultura largomento più antico, quello di una civiltà che è abbastanza
colore, per avere atletica da essere elegante?
in marmo, per essere regolarmente priva
del colore. Ma non Oppure, passando ad un altro esempio, quanti hanno
scisso la grande unità ottica della forma e
199
l98
compreso gli argomenti scientifici e psicologici in
favore
della stessa antichità? Fra tutti coloro che ricordano di avere
sentito dire che bisogna ammirare la pittura moderna per
la semplice ragione che è ancora più lontana dalla vita della
fotografia, oppure che sono stati incitati ad ammirare la poesia
moderna per nessuna ragione al mondo all’infuori di quella
che è più prosaica del discorso sgrammaticato, quanti saranno
a ricordare la frase di buon senso formulata molto tempo fa da
Oliver Wendell Holmes il quale disse che i grandi poeti latini
diventano sempre più grandi con l’essere continuamente citati,
che a lungo andare le loro parole si uniscono davvero insieme
come avviene delle parti di un vecchio violino ? Non voglio
sostenere che la verità sia tutta dalla parte della tradizione;
dico soltanto che la pubblicità si occupa esclusivamente della
innovazione. Prima del recente sorgere in America del gruppo
umanistico, quasi nessuno, anche fra la gente colta, possedeva
nemmeno il vocabolario necessario per la difesa della
tradizione. Le stesse parole di uso corrente, la struttura stessa
della frase, il tono ordinario della Stampa, mi impedivano di
servirmi di argomenti veri e ragionevoli da contrapporre alla
pura e semplice novità.
L’lnghilterra, strano a dirsi, possiede un vocabolario
umanistico efficiente perfino inferiore a quello americano.
Anche qui la morale giornalistica in funzione è stata troppo
semplificata e ridotta a poche idee rozze intorno all’attività
commerciale, o alla riforma incessante. Non vorrei mi si
facesse il torto di credere che io aspiri ad un biglietto di
ritorno verso Atene o l’Eden, perché io non voglio viaggiare in
classe economica in direzione dell’Utopia. Voglio andare dove
mi aggrada. Voglio conoscere il mondo, non solo in lungo,
ma anche in largo; voglio lasciarmi alle spalle le rotaie per
vagabondare nelle antiche pianure della libertà.
200
LA FINE DEI MODERNI
The End of the Moderns
The Common man, 1950
Tutte le scuole filosofiche, sia moderate che rivoluzionarie
0 reazionarie sono d’accordo nel dire che il futuro è pieno di
nuove possibilità e di pericoli, che le varie forme di rivolta
nell’arte o nel pensiero sono il principio di enormi mutamenti,
e specialmente che certi geni, creativi o distruttori, hanno
spalancato le porte di un mondo nuovo.
I Comunisti possono credere che siano le porte del cielo, e i
Conservatori che siano le porte dell’inferno. Ma entrambi in
sostanza sono d’accordo nell’affermare che ciò contrassegna
non solo la fine del mondo, ma l’inizio di un mondo nuovo.
Gli scrittori moderni, acclamati di volta in volta come dinamici
e demoniaci, sia in bene che in male, sarebbero soltanto i
precursori di altri ancor più dinamici, o ancor più demoniaci. Su
questo punto i due campi si trovano perfettamente d’accordo,
ma io ho la sfortuna di dissentire da entrambi.
Direi che il primo fatto evidente nei confronti di quello che
si può volgarmente chiamare il Futurismo è che non ha alcun
avvenire. Continua ad avere un presente vivace ed interessante.
Possiede addirittura già un passato pittoresco e romantico. La
vita di D. H. Lawrence, per esempio, si è già trasformata in
una leggenda che potrebbe appartenere ad un’epoca qualsiasi
dell’antichità; e il fascino romantico e piuttosto sentimentale
che l’ha circondato è già remoto e sfumato come quello che
circonda un Byron e un Burns.
In quanto al presente, nessun periodo potrebbe essere
assolutamente tetro, contando uno scrittore come Aldous
Huxley; ma è significativo notare ciò che egli scrive. Nel suo
Mondo Nuovo (Brave New World), dimostra che, per quanto
tristemente goda del presente, già è saldo il suo odio per
l’avvenire. Ed io dissento da lui solo in quanto credo che non
sia possibile odiare tale futuro, in quanto non esiste.
201
 Considero i due nomi da me citati come tipici di quella che
nell’ultima decade è stata definita la modernità, o la rivolta;
ma la tesi che vorrei seriamente proporre comprende qualcosa
di più vasto e forse più semplice. Nella nostra epoca, gli
elementi rivoluzionari non segnano l’iniz1o, ben51 la fine
di un’epoca rivoluzionaria. Io non oserei parlare di fecc1a
quando volessi alludere a non pochi distmtre spesso onesti
letterati; altrimenti avrei dato a questo articolo tale titolo
breve ed efficace. Preferisco esprimere la stessa idea, ovvero la
medesima metafora, con le parole di un poeta rivoluzionario (la
cui attuale impopolarità basta a dimostrare quanto sia incerto
il futuro dei poeti rivoluzionari), e alzando il bicchiere alla
memoria di Lawrence, e alla salute di Huxley, mormoro queste
parole: «Tutto è tuo l’ultimo vino che verso, l’ultimo che bevo
dal calice vuoto». Ed esse evocheranno la stessa immagine con
linguaggio meno offensivo. Insomma è verissimo ciò che disse
il signor Jefferson Brick (quel pioniere della rivolta), e eroe che
il Brindisi alla Libertà si deve talvolta fare col sangue; ma s1a
fatto col sangue o col vino, vero è che quella coppa è ormai
quasi vuota.
Il motivo per cui io credo questo non ha nulla a che vedere
con le simpatie o le antipatie, né con le realtà solo presenti
nel desiderio; è quella specie di logica molto Simile alla
matematica, 0 al gioco degli scacchi. A quasi tutti Sistemi
1 inerte si potrebbe sollevare fino a sferrare una guerra civile
moderni morali e metafisici, come vengono esposti dagli stess1
pensatori moderni, vorrei soltanto aggiungere il commento;
«Scacco matto in tre mosse». Vale a dire, questi pensatori
hanno raggiunto posizioni tali, che sono già condannate dalle
leggi del pensiero; ovvero, volendo passare dalla figura retorica
matematica a quella militare, diremo che le loro pos1z1om
sono state aggirate, le comunicazioni interrotte, e Sl trovano
irrimediabilmente a corto di munizioni. In molti ca51 la loro
rivolta assume una formazione che non può essere se non
provvisoria.
. \ . .
Solo per chiarire il mio pensiero, mi serv1ro di un esempio
.
oltremodo grossolano e anche impreciso. Non interessa 1 pm
202
nobili esemplari da me già citati; ma dimostra con estrema
chiarezza in quale senso le cose del genere sono intrinsecamente
fuggevoli. Alludo a ciò che si potrebbe definire l’uso letterario
del turpiloquio. Un tempo, quando lo spirito della rivolta era
più giovane, se ne servirono alcuni uomini di genio; se ne servi
lo Swinburne, nelle cui opere esso pare oggi avere perduto ogni
asprezza. Recentemente uno scrittore moderno, incaricato
di condurre speciali studi sullo Swinburne, si chiedeva con
aria annoiata come qualcuno potrebbe emozionarsi di fronte
ai versi dove si dice che anche il Galileo sarebbe disceso fra i
morti. Questo comportò un certo turbamento anche nella fine
scrittura, e nella confusa filosofia cosmica di Thomas Hardy,
il quale cercò di dire tutto d’un fiato che Dio non esisteva, e
che Ein si dovrebbe vergognare di esistere, o magari dovrebbe
vergognarsi di non esistere.
Questo linguaggio blasfemo, già piuttosto rancido fra le
persone colte, ha tutta l’aria di essere perfettamente attuale per
i Comunisti;
ma la ragione è che la Russia Bolscevica è lo Stato
più arretrato dell’Europa. Si dice perfino che vennero fatti
dei tentativi di stampare frasi atee sulle scatole di fiammiferi
per venderle in Inghilterra come opera di propaganda.
Se è vero, i Russi devono avere un’idea abbastanza strana
dell’Inghilterra, per supporre che il suo popolo fin troppo
universale solo col leggere delle frasi irriverenti stampate
sulle scatole dei fiammiferi. Ma ciò che in questo momento
ci interessa è che questo genere di linguaggio sconveniente si
logora irrimediabilmente con l’uso. La letteratura dell’ateismo
è destinata a fallire, esattamente in proporzione al successo
conseguito.
I Bolscevichi non hanno soltanto cercato di abolire Dio, uno
scherzo che certuni credono esiga una certa abilità, ma hanno
cercato di trasformare l’abolizione di Dio in una istituzione;
ma quando Dio è abolito l’abolizione rimane abolita. Non
può esistere un avvenire per la letteratura blasfema, perché
se fallisce scompare; e se ha successo diventa decorosa. Per
203
concludere, tutto quel tipo di effetto non può che essere un
effetto istantaneo; è come l’atto di spezzare un vaso prezioso,
che una volta andato in frantumi, non si può tornare a rompere.
Il gesto di sfida lanciato contro il cielo può essere efficace
soltanto come gesto ultimo. La bestemmia è per definizione la
fine di tutto, ivi compreso il bestemmiatore. La moglie di Giobbe
aveva presente questa idea logica quando istintivamente disse:
«Maledici Dio e poi muori». Ma per una curiosa svista, il poeta
moderno tralascia molto spesso di morire.
Un esempio molto grossolano e popolare, ma che definisce
esattamente il mio pensiero, sta nel dire che tutti questi moti
dinamici e mortali contengono il seme della loro morte. E
quando ci si volge agli scrittori più sottili e suggestivi, come
quelli da me già citati, troviamo che si trovano esattamente
nelle stesse condizioni. Non spalancano affatto le porte del
cielo, né quelle dell’inferno; si trovano invece in un vicolo
cieco, in fondo al quale non esiste alcuna porta. Non fanno
che filosofare, e non possiedono alcuna filosofia. Non hanno
raggiunto quella realtà, quella ragione delle cose, o magari
quella irragionevolezza delle cose, pienamente compresa,
che mostrano e confessano di andare cercando. Ma quello
che maggiormente importa, è che (a differenza dei vecchi
rivoluzionari) non conoscono nemmeno la direzione che
devono prendere per andarne in cerca. Non sono riusciti a
scoprire non solo uno scopo nel mondo, ma neppure uno scopo
alla volontà. Sono degli spiritosi brillanti, elegantissimi falliti.
Sono pervenuti alla fine e non hanno raggiunto il Fine. I primi
ribelli erano felici di essere pionieri dei veri moti progressisti
del loro tempo: come Walt Whitman armati di scure guidavano
la marcia della democrazia industriale. Ma Aldous Huxley non
si commuove a sentir parlare di democrazia. D. H. Lawrence,
da parte sua, si sentiva ribollire il sangue a sentir parlare
dell’industrialismo.
Fino a qui, la questione è abbastanza semplice. Il Lawrence,
che tanti moderni hanno ridotto a prototipo di modernità, era in
realtà in stato di violenta rivolta contro tutto ciò che si potrebbe
204
definire moderno. Non solo odiava la macchina industriale, e
la società servile che ne è il prodotto. Odiava in effetti tutti i
portati della scienza, della istruzione pubblica, e perfino del
progresso politico. Tutto ciò è giustissimo e legittimo; ma
insieme all’industrialismo, egli odiava l’intellettualismo, e non
riesco ad immaginare come si possa credere che l’industrialismo
sia specialmente intellettuale. Ma egli aveva perfettamente
ragione di ribellarsi a tali cose; però per la loro natura sono cose
moderne o recentissime. Da parte sua, egli era in favore di ciò
che è molto antico, e specialmente di una delle cose più antiche
della terra, dell’adorazione della terra stessa, personificata
nella Gran Madre, Demetra. Ma per sua stessa ammissione, non
riuscì a far questo senza evitare di tagliarsi, quasi letteralmente,
*—
la testa. In un pensatore, ciò equivale almeno all’atto di segarsi
la gola. Confessò infatti di poter adorare Demetra dal collo in
gig…m-M
giù. Poté farlo soltanto opponendo al cosciente l’inconscio, o in
»…
altre parole sostituendo alla luce i sogni. Un vangelo davvero
.
notevole per un’epoca di realismo. In una famosa pagina egli
’ni‘—WWW“…
scrisse: «Stanno gli dèi nel mio cuore tenebroso», ma aggiunse
che nella sua «mente bianca» non erano presenti gli dèi già
spazzati via dall’istruzione elementare. Però la mente colta
,
moderna non è bianca: è soltanto pallida.
F pertanto vero che, da qualsiasi lato la si consideri, sia antico
che moderno, la sua soluzione non è affatto una soluzione.
L’uomo non può lasciare a casa la testa mandando il corpo
a danzare per il mondo e fare quello che vuole; e non esiste
il minimo motivo per supporre che esso si comporterà come
dovrebbe comportarsi, sia da un punto di vista moderno, che
da qualsiasi altro punto. Se, per esempio, avrà desiderio di
cibo, lo ruberà tanto nei Magazzini Comunisti, che nelle case
private. Questo non è l’inizio di una vita, lo spalancarsi di
una lussureggiante giungla, davanti agli uomini trasformati
in altrettanti Mowgli. È però la fine di una discussione
superlativamente impossibile, che non può trascinarsi più
oltre. L’uomo che diguazzasse come un animale inferiore,
non sarebbe un animale inferiore. Sarebbe semplicemente un
205
 alcun modo di uscire
pazzo, che è l’esatto contrario. Non era
il vi
dall’impasse intellettuale, o antintellettuale, nella quale s’era
cacciato il Lawrence; non esisteva se non una terza strada alla
quale egli non pensò mai forse perché essa conduce a Roma.
Se il puro razionalismo risulta insufficiente, si dovrà superare
la ragione, non scendere al di sotto di essa. L’appello diretto
alla natura è completamente innaturale. Ammetto che lo
accettassero in parte i panteisti della prima fase rivoluzionaria,
ora già tanto remota; e lo accettarono molti che avrebbero
voluto passare per devoti. Il professor Babbit ha fatto rilevare
alcune delle pericolose concessioni ad un tale spirito che si
trovano in Wordsworth.
Un altro scrittore ancor più ortodosso espresse l’errore di
salire
quel periodo dicendo che si deve, attraverso la Natura,
al Dio della Natura. Aveva torto, perché si deve discendere
da Dio alla Natura che a Dio appartiene. La Natura e buona
solo quando la si vede alla luce del bene supremo, sia che
esso si trovi come direbbero certi umanisti, nella mente
dell’Uomo, oppure, come dicono i cristiani, che si trovi nella
mente di Dio. Ma nel loro Dio essi credono davvero, mentre
Lawrence non credeva veramente nella sua Dea. Egli nutriva
la più violenta miscredenza verso tutto, e poneva fede solo in
che
quello che non poteva veramente credere. Aldous Huxley,
ho citato come il secondo eminente ingegno dell’epoca, vede
tale impossibilità e la evita. Ma riesce ad evitarla soltanto
riducendo talmente il proprio modello, che esso finisce per
non reggere assolutamente più. In uno dei suoi romanzi, un
col
personaggio riassume gran parte delle teorie dell’autore
dire che l’Uomo non deve sperare di essere un animale, né un
angelo. E aggiunge, il che è molto significativo, che
è come
camminare tenendosi in equilibrio sulla corda tesa: esercizio,
l’autore
questo, difficile, non meno che pericoloso; ecco come
rende la vita allegra davvero più difficile di quanto essa sia per
l’asceta. L’uomo deve non soltanto evitare di essere un animale
inferiore, ma deve anche stare in guardia contro ogni accidente
di
passibile di farlo diventare un angelo. Vale a dire, gli si vieta
206
nutrire gli entusiasmi e le ambizioni spirituali che sostengono i
santi, e tuttavia gli tocca diventare, a sangue freddo, un essere
ben più eccezionale dei santi stessi. Nessuno chiederebbe, ad
un realista come Huxley, di idealizzare la realtà. Ma un realista
come lui non può assolutamente ignorare che la natura umana
non sa dimostrare ad ogni istante il valore e la vigilanza di
un equilibrista di professione, non può soffrire più di tutti gli
eroi per il proprio ideale, e insieme ubbidire alla proibizione
di idealizzare tale ideale. Si vede come un tale piano di vita
sia semplicemente irrealizzabile; mentre i piani dei più arditi
mistici e martiri si sono dimostrati efficienti.
Io non rifuggo da costoro come fossero i primi dell’esercito
anarchico che s’avanza; al contrario, li ammiro, come gli
ultimi di un esercito anarchico sconfitto. Considero questi due
originali e forti scrittori come rappresentanti di molti altri; ma
insisto nel dire che non sono, come gli anarchici della storia, alla
testa di un esercito in marcia verso una determinata direzione:
non lo sono assolutamente.
.“:
Il Lawrence partì all’assalto di tutto, o quasi; Huxley, più
.—-
ì*gà=;u?%u
sensibile, si ritrae quasi da tutto. Ma per quanto preziose siano
:“
le vivaci descrizioni dell’uno, e le acute critiche dell’altro, essi
:‘
i
non hanno il valore di condottieri, non certo di condottieri
E'.-
awiati verso una rivoluzione. Non possiedono le semplificazioni
proprie sia della religione che della irreligiosità. Vi è qualcosa
di grandioso nella figura di un Lawrence che brancola nelle
tenebre; ma rimane vero che egli si trovava nelle tenebre, non
solo rispetto alla Volontà di Dio, ma anche riguardo alla volontà
di D. H. Lawrence.
Era pronto a prendere qualsiasi direzione, ma non sapeva in
realtà quale passo muovere di ora in ora. Aldous Huxley ha lo
spirito fiammeggiante, ma ormai la fiamma l’ha consumato.
Esistono, senza dubbio, innumerevoli imitatori e seguaci, i
quali si auto-definiscono rivoluzionari, e pretendono di sapere
in quale direzione muovono, per la semplice ragione che si
ritengono soddisfatti di accettare una formula convenzionale,
come quella rappresentata dalla parola Comunismo. Perché
207
 Comunismo equivale quasi perfettamente ad accordo; vuol
dire che il popolo decide di mettersi insieme, e nient’altro. Ma
questo fatto stesso illustra la mia idea, e cioè che tale esercito
è a corto di munizioni, e la sua fine non è lontana. Al
suo
sorgere, il grande movimento democratico ebbe l’appoggio
di vere passioni democratiche. Soltanto la Fraternità può
essere l’anima del Comunismo, il quale altrimenti è privo di
anima. Ma più conosciamo la vera tempra dei nuovi ribelli, e
più notiamo che quello spirito è scomparso. Gli uomini che
si chiamano Comunisti non sono dei Compagni. Il loro tono
è amaramente individualista, e amaramente critico. Quando
Walt Whitman guardava una folla, si può dire che l’amasse
davvero. Quando un poeta moderno imita il verso sciolto di
Whitman (che di lui era la cosa meno sciolta), e descrive una
folla, non tralascia mai di esprimere il suo disgusto verso la
folla stessa. I poeti moderni non possiedono nessuno dei
sentimenti naturali che dovrebbero corrispondere ai loro
innaturali dogmi. In altre parole, l’esercito è a corto di polvere,
a corto di entusiasmo, a corto degli impulsi elementari, capaci
di mettere in movimento un esercito di tale fatta. Perché non
ci troviamo di fronte ad una avanguardia che
avanza, bensì al
termine di una avventura rivoluzionaria, la quale ebbe inizio
più di cent’anni or sono; è l’azione di retroguardia condotta da
un esercito in ritirata. Libertà, Uguaglianza, Fraternità avevano
un effettivo significato emotivo per coloro che adottarono
per primi la frase. Ma la Fraternità è l’ultimo sentimento che
sarà possibile scoprire nell’articolo 0 nella poesia di un ribelle
moderno; la Libertà è andata perduta sia nel sistema vecchio
che in quello nuovo; e l’Uguaglianza sopravvive soltanto sotto
forma di un monotono tentativo di uniformità, ad imitazione
di quello stesso capitalismo meccanico che i ribelli vorrebbero
respingere.
Insieme a coloro che accettano la cosa come un’etichetta, o
vanamente sperano di poterla accettare come una moda, vi
sono altri che l’accettano per un motivo più nobile, ma del
tutto negativo, cioè per la ragione da me descritta nel presente
208
articolo. Voglio dire che l’accettano per disperazione, come
l’unico mezzo di evadere da un’impasse intellettuale. Non c
col
esagerazione dire che Middleton Murry accettarSov1et1ci
Ha lana
gesto di un grande pagano che accetta il suic1dio.
di esultare al pensiero che ciò significhi la fine di tutto, o per
lo meno la fine di quasi tutto ciò che gli piace. Ecco un altro
esempio della psicologia che ho cercato .dl descrivere, la
psicologia degli uomini che si vedono giunti alla fine. Non
voglio confondere questa netta impress10ne con le ann01ate
chiacchiere giornalistiche intorno al pes51mismo. Di solito
si definisce pessimista Aldous Huxley, nel senso che egli 'si
adatta a tutto. Per me egli rappresenta un personaggio ben piu
tetro: colui che è capace di adattarsi a tutto, Fornisce il miglior
consiglio che gli è possibile dare, in cond1z10m di convergente
impossibilità. Non voglio lasc1ar credere che io . prov1
dell’ostilità nei confronti di questi recenti scrittori real1st1c1 'o
rivoluzionari; al contrario, nutro per essi una vera Simpatia
perché, a differenza dei rivoluzionari che li precedettero,
sbocco. E
sanno di trovarsi in un buco intellettuale che non ha
verissimo che esistono migliaia di allegri e rumoros1 innovatori,
la
non abbastanza intelligenti per rendersene conto. Ma tutta
situazione è dominata da questo senso di disfatta. Lo si vede,
per esempio, nei moltissimi romanzi «sessuali». e spensierati
i
cui autori sono evidentemente inconsapevoli di essere incors1
in una contraddizione per quanto riguarda la pos1z10ne del
sesso. \ .
Hanno ereditato il concetto che il sesso e una seria croce
e una grave crisi; perché ciò è necessar1oallanatura stessa
del romanzo. In questo essi vivono degli ultimi lasciti del
Romanticismo, il quale, a sua volta, viveva degli ultimi las01t1
della religione. Ma la loro filosofia nuova e semphc1sta insegna
loro che il sesso non è se non una necessità priva d importanza,
il sesso non è più cruciale del fumare. In tal modo i romanz1er1
moderni, divisi fra due idee, devono cercare di scrivere la storia
di un uomo che fuma venti sigarette, e si sforza di pensare che
la realta
ognuna di esse costituisca una crisi. Tutto Cio presenta
209
 ..e“,

di un nodo intellettuale: un nodo che finisce con lo stringersi IL SEGUGIO DEL CIELO
e strozzare. Di questo tipo di filosofo è letteralmente vero
che, a dargli abbastanza corda, egli finirà per impiccarsi. È un The Hound of Heaven
conforto pensare che nella sua filosofia il suicidio occupa un The Common Man, 1950
posto sublime.

« Il Segugio del Cielo», il più grande poema religioso dei tempi

moderni e uno dei maggiori di ogni tempo, fu scritto in peculiari
condizioni storiche, le quali ne accentuano l’isolamento. Per
incominciare, quel poema religioso è un vero poema religioso,
non solo in quel che si suol dire il vero senso della parola, ma
anche in quello che certuni definirebbero il suo senso limitato.
Oggi la moda vuole che ci si serva della parola «religione» in
—

……

senso espansionistico o telescopico, talora inevitabile, tal altra

,…..

««

quasi intollerabile.
La si usa per i vari domini delle emozioni, 0 delle riflessioni
spirituali, più o meno confinanti con la religione stessa; la si
applica ad altre cose che non hanno nulla a che vedere con la
religione; la si applica a cose quasi identiche alla irreligione.
Ma la linea che corre fra l’espansione legittima e quella
illegittima di un vocabolo è tanto difficile da tracciare che a
volerla esaminare vi è ben poco da guadagnare al di là di quella
….)

semplice disputa sulle parole che si chiama logomachia.

@…

Intorno ad una definizione, o alle eccezioni ad una regola

una certa confusione è inevitabile. Il grande principio che il
Porco è Porco non elimina del tutto l’esistenza del piede di
£ porco, o di cannibali che chiamano l’uomo il “un porco lungo”.
Conosciamo l’individuo semplice e pratico, lo scettico sperduto
nella folla, l’ateo che lancia la sua arringa ritto su di una cassetta
vuota, i quali si vantano di dire pane al pane, e magari danno
alla parola ogni sfumatura di pronuncia dialettale. Quando si
incomincia a sottilizzare e litigare intorno a quello che le parole
dovrebbero voler dire, o si può far si che dicano, ci troveremo
a vagare in un mondo fatto di sole parole, noiosissimo per
chiunque si interessi ai pensieri. In quanto a questi ultimi, basta
rendersi conto che vi fu e vi è senza alcun dubbio una data cosa,
210 21]
che i nostri antenati trovarono conveniente definire e limitare
per mezzo della parola religione; essi riconobbero che la cosa
aveva molte forme, e che esistevano molte religioni; ma erano
altrettanto sicuri intorno alle cose che non erano delle religioni,
compresa quella che i moderni moralisti chiamano una vita
religiosa più ampia. Riconoscevano una religione protestante
ed una religione cattolica, e probabilmente pensavano che una
delle due fosse vera; riconoscevano una religione maomettana,
anche se la credevano falsa; riconoscevano una religione
ebraica, che una volta era stata vera, e poi con una specie di
tradimento era diventata falsa; e così via. Ma non conoscevano
una religione dell’Umanità; né la “religione dello Slancio
Vitale”; né la religione della evoluzione creatrice; né la religione
che abbia per scopo di produrre un dio che ancora non esiste. E
la distinzione si rispetta ancor meglio ricordando tali esempi,
di quanto sarebbe possibile farlo tentando di fissare le elusive
evasioni dei sofisti verbali d’oggi. Col dire che «Il Segugio del
Cielo» è un vero poema religioso intendiamo semplicemente
che non avrebbe alcun significato se si supponesse che si
riferisce ad una qualsiasi di queste astrazioni moderne, e a
qualunque cosa che non sia un Creatore personale preso nei
suoi rapporti con una personale creatura. Sarà, come infatti
è, far mostra di un temperamento generoso e caritatevole il
tenere in considerazione tutte le moltitudini degli uomini con
simpatia e solidarietà sociale. Ma non sono le moltitudini degli
uomini che l’eroe di questo poema andava inseguendo «lungo
le notti e i giorni». Potrà essere buona cosa che gli uomini si
attendano dall’umanità la creazione, fra un migliaio di anni,
di un essere superiore il quale, paragonato alla comune massa
degli uomini, sarà come un Dio. Ma non è un essere superiore
destinato a nascere fra mille anni colui che di rifugio in rifugio
seacciava il peccatore di questa storia. E costui non fuggiva
davanti allo Slancio Vitale, davanti alla semplice somma di tutta
la vitalità della terra, la quale si esprimerebbe nell’inseguitore
altrettanto bene che nell’inseguito. Perché per sfuggire a
qualcuno occorre tanto Slancio Vitale quanto ne occorre per
212
inseguire chicchessia.
Il peccatore non fuggiva velocemente davanti al lento
processo di adattamento che si chiama evoluzione, come
farebbe l’uomo inseguito da una lumaca. Non era preoccupato
da una graduale trasformazione biologica, per la quale un
Segugio d’Inferno si sarebbe potuto trasformare in un Segugio
del Cielo. Egli era implicato nei rapporti individuali e diretti
che corrono fra Dio e l’Uomo, e la storia sarebbe assolutamente
priva di significato per chiunque ritenesse il servizio dell’Uomo
un sostituto al servizio di Dio. Ecco dove il modo di parlare
abituale dei nostri antenati religiosi di tutte le religioni si
dimostra valido e verace. Francis Thompson era cattolico,
un cattolico cattolicissimo. Sotto certi aspetti dell’arte, della
poesia e della cerimonia, il cattolico e affine al pagano; sotto
certi aspetti della filosofia e della logica (e questo si comprende
di rado), egli prova simpatia per lo scettico e l’agnostico. Ma
nel solido fatto centrale del soggetto, o materia-oggetto, egli è
nettamente distaccato dagli scettici e anche dai pagani; e una
parte di lui e in tutti i Cristiani. Qualunque membro niente
affatto eccezionale dell’Esercito della Salvezza sa di che cosa
tratti « Il Segugio del Cielo», e magari lo sa anche meglio senza
leggere il poema, e sarebbe in grado di riconoscerne il punto
teologico centrale con la stessa prontezza del Papa. Ma il puro
umanista, il puro umanitario, l’esteta universale, il fautore di
tutte le religioni, non saprà mai di quale argomento si tratti,
perché non si è mai trovato abbastanza vicino a Dio per voler
fuggire lontano da Lui.
L’altro punto interessante è che questo poema ispirato ad
una religione puramente personale, così decisamente devoto,
così dogmaticamente ortodosso, sia stato scritto quando meno
era logico attenderlo, al termine di un processo storico il quale
pareva dovesse renderlo impossibile. Almeno in superficie,
il secolo diciannovesimo era stato un continuo trionfale
allontanamento del progresso da quei rapporti teologici
giudicati ristretti. ed un continuo avvicinarsi a quegli ideali di
fraternità o di vivere secondo natura che sembravano sempre
213
più ampi. Si potrebbe dire che i poeti avessero guidato il corteo, sempre più generale, come si legge nel poema di Coventry
perché fin dal principio del secolo diciannovesimo Shellet Patmore, che per la prima volta si udì lontano l’abbaiare di un
e Landor e Byron e Keats si erano in vari modi incamminati segugio.
Ecco il punto di maggiore importanza nell’opera di Francis
verso un paganesimo panteista; e in Europa la tendenza fu
ripresa da Victor Hugo, e in America da Walt Whitman. Vi Thompson, anche superiore alla pompa multicolore delle
furono, naturalmente, continue interferenze e confusioni. immagini e delle parole. Il destarsi dei domini canes, dei Cani
Anche un appello al panteismo rassomiglia non poco ad di Dio, significava che la caccia veniva ancora una volta ripresa;
la caccia sferrata alle anime degli uomini; e la religione dotata
un appello al teismo, ed era difficile imitare i pagani senza
di quel carattere realistico era tutt’altro che morta. Nel poema
scoprire, come scoperse San Paolo, che erano molto religiosi.
La contraddizione emerse particolarmente strana nel caso di del Patmore, il cane è “un vecchio cane da guardia”; e, senza
Swinburne, il quale cercava senza posa di dimostrare d’essere mancanza di rispetto, si può dire come la prima impressione
fosse che nel vecchio cane vi era ancora della vitalità. In ogni
ateo invocando circa dieci diverse divinità con uno stile che era
l’esatta copia di quello del Vecchio Testamento. caso l’avvenimento fu altrettanto storico che letterario, quando
E però, a voler parlare senza pretese, rammento anch’io la religione personale ritornò all’improvviso con una parte
abbastanza bene lo strano ambiente culturale in cui sorse della forza di Dante 0 del Dies Trae, dopo un secolo durante il
il genio di Francis Thompson; perché sebbene allora io fossi quale tale religione pareva essere diventata sempre più debole
e provinciale, mentre un numero sempre crescente di religioni
ancora ragazzo, è pur vero che il ragazzo può talvolta assorbire
l’atmosfera di una società con lo stesso sottile istinto inconscio impersonali parevano dover possedere l’avvenire. E coloro che
che permette al bambino di assorbire l’atmosfera di una casa. meglio comprendono il mondo sanno che il mondo è mutato, e
lo leggevo tutti i poeti minori, e quella era specialmente l’epoca che la caccia non avrà tregua fino a che il mondo si volterà per
dei poeti minori. Lo strano è che Francis Thompson venisse difendersi.
considerato, criticato, valutato 0 ammirato come un poeta
minore. Ricordo Richard Le Gallienne, uno dei sopravvissuti
di quell’epoca, il quale si difendeva con spirito, ma con una
certa aria di audacia, dall’accusa di estrema esagerazione per
aver detto che nelle poesie di questo Thompson si notava
una esuberanza elisabettiana, e talvolta uno splendore quasi
shakespeariano.
Le Gallienne aveva perfettamente ragione; ma la sua era la
difesa generica dei poeti minori, e di questo poeta in qualità
di poeta minore. Nessuno aveva ancora pensato che Francis
Thompson fosse un grande poeta, e potremmo quasi dire, un
grande profeta. Nella cultura di quel tempo vi era una atmosfera
di paganesimo ormai piuttosto logora. Ma quasi nessuno
pensava che l’avvenire della poesia potesse essere nient’altro
che un avvenire di paganesimo. Fu allora, nel silenzio via via
214

LA Rl SATA
Laughter
The Common Man, 1950
Ogni volta che si suggerisce la risata come argomento della
discussione, si noterà che la proposta riceve uno o l’altro fra due
tipi di accoglienza. Qualcuno riderà, il che è forse la miglior cosa
da fare in vista di un’analisi del riso, dato che la pratica è migliore
della grammatica; e chi se ne stia a sedere, come io faccio ora,
con l’intenzione di scrivere un articolo su tale argomento, forma
un oggetto molto adatto alla derisione dell’umanità. Ma chi
abbia il buon senso di ridere, avrà probabilmente anche il buon
senso di andarsene; e quindi il colloquio avrà termine, facendo
sfoggio soltanto di quel genere di umorismo che è rappresentato
dall’estremabrevità. Se, d’altra parte, dopo aver sentito nominare
la risata la gente non ride, si comporterà senz’altro nel modo
seguente: atteggerà gli sciocchi lineamenti ad una espressrone
di feroce gravità e di tetraggine, ed incomincerà a parlare della
Psicologia Elementare, e dei riflessi automatici del Pitecantropo;
e dopo un mese o due di tale allegro chiacchierio finira per
concludere (dando in tal modo una chiara prova di decadenza
mentale) che «dopo tutto, la risata si fonda su di una forma
dell’istinto di crudeltà». Ed ecco un esempio nitido e levigato
del diffuso costume moderno di essere quanto più antiscientifici
sia possibile nell’uso dei termini scientifici. Vero è che nessuno
ha ancora provato l’esistenza dell’istinto di crudeltà,.più di
quanto sia stato provato che esiste l’istinto di masticare vetro.
ll
È vero che alcuni pazzi masticano il vetro; l’hanno fatto anche
far questo
persone eminenti; credo che avesse l’abitudine di
il famoso Sir Richard Grenville. Certuni hanno la perversmne
della crudeltà; ma se è vero che gli uomini primitivi dalla
perversione della crudeltà traggono il genio dell’umorismo, sarà
tanto difficile spiegare come abbiano acquistato la perversmne
quanto dire come sia avvenuto lo sviluppo di quel talento. Allo
stesso modo si potrebbe spiegare l’inizio della poesia col
(111€
216
che il Pitecantropo era cocainomane. Tutte queste non sono se
non delle sfrontate insinuazioni della scienza popolare, che non
hanno alcun appoggio da parte della scienza seria, ma aventi un
fortissimo motivo morale, o meglio immorale; e cioè intendono
insinuare, per via di innumerevoli accenni irragionevoli, che gli
esseri umani vanno debitori in tutto e per tutto a quegli esseri
semi—umani che si chiamano gli uomini primitivi; e vorrebbero
dire che costoro fossero delle creature assolutamente degradate,
che vivevano nelle tenebre dell’odio e del terrore.
È chiarissimo come tale teoria sulla risata sia del tutto ridicola.
Chiunque può far ridere un bambino per mezzo di una semplice
inversione, o di una assurdità, per esempio, col mettere gli
occhiali sul naso dell’orsacchiotto di peluche. Si vorrebbe dunque
farci credere che un cupo troglodita si agita nella caverna del
cervello infantile, e si diletta a torturare l’orsacchiotto con una
situazione ottica fuori dell’ordinario; oppure si rallegra alla vista
di un vecchio zio angosciatissimo di essere rimasto per breve
tempo privo dei suoi preziosi fanali? Le storie che fanno ridere di
cuore i bambini sono le sciocchezze del genere più semplice, sul
tipo di questa: «la mucca saltò nella luna». Dovremmo supporre
che i bambini stanno svegli la notte e ridono pensando al lungo
viaggio, e al freddo che patirà l’infelice quadrupede nelle gelide
altezze assolutamente disadatte ai mammiferi di sangue caldo?
È naturale che la mente si diverta di fronte all’assurdo, quando
non vi sia alcuna idea diretta o indiretta di sofferenza.
Perché l’assurdo la diverta è una questione davvero molto
seria, e noi non approfondiremo altre questioni del genere prima
di avere adottato un atteggiamento del tutto diverso di fronte
alla storia dell’uomo; prima di avere la pazienza di rispettare in
moltissimi misteri la loro qualità di misteri, e di attendere una
spiegazione che spieghi veramente, in luogo di offrire una falsa
interpretazione. Ma io suppongo che la spiegazione vera si rifarà
alla dignità dell’uomo, piuttosto che alla sua indegnità, e sarà
in rapporto alla stranezza dell’uomo presente su questa strana
terra, piuttosto che alle pure e semplici brutalità che lo legano
...
alla terra bruta.
vs.—.…
217
 Non vi è da sorprendersi che un’età capace di presentare
il mostruoso spettacolo di uomini cupi e pessimisti di fronte
al problema delle origini della risata, possa anche mostrare,
in una parte della letteratura e dell’arte, di avere perduto la
forma più semplice del riso. E immagino che perfino coloro i
quali sosterranno che sia aumentata la produzione umoristica,
ammetteranno che si ride meno. Ma il veleno dell’eresia
antiumana, che ho citata, opera uno strano effetto su coloro che
hanno ascoltato la teoria; e le idee di causa ed effetto agiscono
e reagiscono l’una sull’altra. Può darsi che soltanto in un’epoca
arida si possano trovare i pedanti capaci di far risalire l’allegria
alla malignità; può darsi che la teoria diffusa nell’aria di una
tale origine abbia reso l’allegria meno allegra, e più arida, se
non addirittura maligna. Ma è certo vero, anche a voler essere
ottimisti, che la cultura più recente mira a tollerare il sorriso, ma
a scoraggiare la risata. E qui si devono rilevare due differenze. In
primo luogo, va notato che il sorriso si trasforma facilmente nel
sogghigno; in secondo luogo, che il sorriso è sempre del singolo,
e anche segreto (specialmente se un po’ folle), mentre
la risata
può essere comune e collettiva, ed è forse l’unica forma genuina
in cui sopravviva la Volontà Popolare; in terzo luogo, diremo che
la risata è passibile di critica, è innocente e aperta, partecipa di
quella qualità umana che non è mai priva di umiltà. Lo stadio
più recente della cultura e della critica si potrebbe benissimo
riassumere col dire che gli uomini che sorridono criticano
gli uomini che ridono. Si può leggere in tutti i romanzi d’oggi
'
una frase sul tipo di questa: «Grigsby si accarezzò il mento ed
abbozzo un sorrisetto leggermente sprezzante». È raro che
capiti di leggere: «Grigsby gettò indietro la testa e proruppe in
una rumorosa risata leggermente sprezzante >>.
Nel momento in cui Grigsby si dimentica di se stesso fino al
punto di scoppiare in una risata, egli perde una parte di quella
sprezzante superiorità propria dei Grigsby, la quale li rende tanto
famosi negli ambienti alla moda, e per la quale tanti componenti
del loro prossimo amerebbero prenderli a calci esattamente
È
come il vecchio Weller prese a calci il signor Stiggins. un grave
218
errore supporre che nel mondo la crudeltà sia diminuita dal
giorno in cui abbiamo abbandonato la buona vecchia abitudine
di prendere a calci il signor Stiggins. La sola differenza è che ora
si permette al signor Grigsby di essere crudele; e questo perché
non Sl trovano più uomini semplici e umani capaci di godere
dell’innocente piacere di prenderlo a calci. Nella mente del signor
Grigsby, nel momento squisito in cui egli sorride, m' è tanta più
crudeltà, vale a dire malignità, di quanta ve ne fosse nella mente
di Weller quando sferrò la pedata, o di Dickens quando scrisse
il libro. La principale caratteristica del più moderno mutamento
awenuto sulla terra è che le maniere meno violente non vanno
di pari passo con un sentimento sociale più cordiale. Il fatto
principale da affrontare oggi è la mancanza anche di quella
piccola misura di fraternità democratica implicita nella più rozza
risata, o nella semplice beffa convenzionale. Può darsi che gli
uomini del passato avessero torto a provare antipatia verso un
briccone o un forestiero, ma si amavano fra di loro molto più di
quanto si amino tanti letterati d’oggi. Vi sono innumerevoli prove
a sostegno dell’affermazione che esisteva molto più sentimento
sociale, o se volete sentimentalismo, negli accampamenti dove
i bricconi di Bret Harte brandivano coltellacci e pistole, o nella
cantina dell’osteria dove il signor Bardell venne colpito sulla
testa con un boccale da un quarto, di quanto ve ne sia in tanti
circoli intellettuali moderni dove l’anima rimane isolata, come
le teste dei dannati che nell’inferno sono trattenuti entro le loro
buche di ghiaccio.
E perciò, nel conflitto odierno fra il Sorriso e la Risata, il mio
favore va tutto alla risata. La risata ha qualche cosa di comune
con gli antichi venti della fede e della ispirazione; essa disgela
l’orgoglio e stura la segretezza; induce gli uomini a dimenticare
sé stessi di fronte a qualche cosa che li trascende; qualche cosa
a cui non possono resistere. Il santo è colui che gode delle
cose buone, e le rifiuta. Il pedante è colui che disprezza le cose
buone, e ne gode. Ma quando sente una cosa proprio buona, che
lo diverte per davvero, non riesce più a disprezzarla. E in tale
spaventevole, apocalittica circostanza non sorride più: ride.
219
 accettare, Tolstoj col vedere quanto di essa può respingere.
RACCONTI DI TOLSTO] Orbene, questo eroico desiderio di ritornare alla natura e
naturalmente,sottocertiaspetti,moltosimileall’eroicodesiderio
Talesfrom Tolstoi, che il gattino ha di andare incontro alla propria coda. La coda
The Common Man, 1950 è un oggetto semplice e bellissimo, armonioso nella curva, e
gradevole nella materia; ma una delle sue caratteristiche, forse
È in un certo senso vero che esiste una vera legge del progresso, minori, ma certo reali, è quella di penzolare dietro all’animale.
semplici quanto più c1v1h,
per la quale si diventa tanto più i che accadono
Impossibile negare che perderebbe una parte del suo carattere
perché più si scrutano e si studiano fenomeni se fosse attaccata in una diversa zona anatomica. Dirò ora che la
che Si trova
intorno a noi, più essi tendono ad unirsi alla forza natura è come una coda, nel senso che se essa deve adempiere
modo per
dietro di loro, e l’insieme dell’esistenza vista in tal il suo effettivo dovere, è essenziale che rimanga sempre dietro.
e
la prima volta sembra tutta nuova per forma e colore, fresca Immaginarsi di poter vedere la natura, e specialmente la nostra
sorprendente. In un modo o nell’altro tutti i grandi scrittori del natura, faccia a faccia e follia; vuol dire perfino bestemmiare.
nostro tempo prendono parte a questo tentativo di ristabilire Sarebbe fare come il gatto di una pazza favola, il quale si mette
SI dice a volte
i rapporti con ciò che è essenziale, ovvero, come in viaggio con la ferma convinzione di trovare la sua coda che
Alcuni credono
con meno esattezza, di ritornare alla natura. cresce in forma di albero nel prato che si trova sui confini della
altri credono
che ritornare alla natura voglia dire non bere vino; terra.
che voglia dire berne molto più di quanto sia conveniente per L’effetto concreto dei viaggi del filosofo il quale parte alla
la salute. Alcuni credono che il ritorno alla natura compia
s1
ricerca della natura appare, visto dall’esterno, molto simile al
alcuni credono che lo s1
trasformando le spade in aratri; volteggiare di un gattino che rincorre la propria coda, facendo
da mettere
compia trasformando gli aratri in inutili baionette sfoggio di molto entusiasmo, ma di poca dignità, di molto
della Guerra.
a disposizione del Ministero Inglese . . chiasso, ma di poco risultato. La grandezza della natura sta
uce1da I suoi
.

Secondo il guerrafondaio è naturale che l’uomo in questo, che essa è onnipotente e invisibile, che forse più ci
l’alcool. Secondo
simili con la polvere pirica, e se stesso con governa quando meno crediamo stia badando a noi. «Tu sei
il prossnno con
i rivoluzionari umanitari e naturale uccidere il Dio che Ti celi» dissero i poeti ebraici. Si può dire senza
»

Sarebbe forse
la dinamite e sé stessi col regime vegetariano. mancanza di rispetto che è dietro alle spalle dell’uomo che si
”""*«-v‘:a-*du…

dar prova di un sentimento troppo filisteo voler accennare [

i cela lo spirito della natura.

della natura
che la pretesa di entrambi di ubbidire alla voce È questa riflessione che dà una certa aria di futilità anche a
g,

è interessante, quando si consideri che essi hanno bisogno

%“

É
tutte le semplicità ispirate, ed alle tonanti verità di Tolstoj.
al fine dl
di enormi volumi zeppi di argomenti paradossali Si ha la sensazione che l’uomo non possa diventare semplice
.‘
‘;

delle loro
convincere sé stessi e gli altri intorno alla verità soltanto dichiarando guerra a ciò che è complesso; si sente
conclusioni. Ma i colossi del nostro tempo si rassomigliano infatti nei momenti più ragionevoli che l’uomo non può
si avvicinano
senza dubbio, in quanto, lungo strade ben diverse, assolutamente diventare semplice. Una semplicità voluta può
al concetto del ritorno alla semplicità. essere intrinsecamente più elaborata dello stesso lusso.
dei fatti,
.

Ibsen ritorna alla natura con la esteriorità angolare Gran parte della pompa e del fasto ricordato dalla storia del
Maeterlinck per mezzo dell’eterna inclinazione alle favole. mondo era infatti semplice nel vero senso della parola.
Whitman ritorna alla natura vedendo quanto di essa puo 221
220
 Sorse da una capacità quasi infantile di apprezzare; era influenze veramente morali. E non si riesce a comprendere
l’opera di uomini che avevano occhi per
vedere e orecchi per dove Sia svanito l’artista quando accanto a quelle poniamo lc
da Tarso sc10cchezze prepotenti e fragorose del Tolstoj didattico, il quale
intendere. «Il Re Salomone condusse i mercanti
di pappagalli, scimmie e strilla per invocare una purità oscena, una pace inumana; che
a Tiro, per il desiderio che aveva
della spacca la vita fino a ridurla in tanti minuti peccati; che per
il
avorio». Ma tale modo di procedere non faceva parte
della sua follia, direi rispetto che porta all’umanità irride agli uomini, alle donne, ai
saggezza di Salomone; faceva invece parte
quasi della sua innocenza. Abbiamo la sensazione
che Tolstoj bambini, fondendo in un caos di contraddizioni un Puritano
fare
non si sarebbe limitato a lanciare accuse e
insulti a «Salomone, inumano e un pedante incivile. Non sappiamo che cosa
splendente in tutta la sua gloria», ma avrebbe compiuto
ancora di questo meschino e rumoroso moralista che ha preso sua
un altro passo. Avrebbe passato giorni e
i le notti nei prati a dimora in una parte dell’uomo buono e grande.
del campo. E in ogni caso difficile riconciliare il grande artista Tolstoj
spogliare della loro sfrontata gloria gigli
i
ha lo scopo di attirare con Tolstoj il riformatore quasi velenoso. È difficile credere che
Ogni raccolta di racconti di Tolstoj
l’attenzione specialmente su questo lato etico ed
ascetico un uomo, il quale sa tracciare con tali nobili linee la dignità
della vita quotidiana dell’umanità, consideri malvagio il divino
dell’opera dello scrittore. Sotto certi aspetti, profondamente
è

vero che l’opera di Tolstoj è un appello

sincero e nobile alla
semplicità. È ormai morta e sepolta l’idea che
l’artista non
è che l’artista ammaestra con
possa ammaestrare. Ma la verità
il costume, l’idioma e la
gli sfondi e le singolarità, i paesaggi,
tecnica, insomma con ogni particolare della sua opera,
del
affatto conto, più che
quale, probabilmente, non si renderà
atto della procreazione attraverso il quale di età in età quella
dignità si rinnova. E difficile credere come un uomo, il quale ha
dipinto con tale tremenda onestà lo strazio e il vuoto della vita
dei poveri, possa veramente rimproverare loro ogni singolo
piacere, dal corteggiamento al tabacco.
E difficile credere come un poeta in prosa, il quale con tanta
forza ha rappresentato l’aria terrena dell’uomo, l’essenziale
‘

che egli vanamente

con le regole morali, elaborate e gonfie, affinità dell’essere umano con l’ambiente nel quale vive, possa
che passa
immagina siano le sue opinioni. La vera differenza l’uomo
fra l’etica dell’arte alta e l’etica di un’arte contraffatta e
didattica negare una virtù così elementare come quella che lega
morale, ai propri antenati ed alla sua terra. È difficile credere che
sta nel semplice fatto che la favola brutta ha una sua
l’uomo il quale sente così acutamente la detestabile ingiuria
mentre la favola bella è morale.
E la morale vera di Tolstoj emerge continuamente
dai suoi dell’oppressione non voglia effettivamente all’occasione
racconti, la grande morale che sta alla base di tutta
la sua prendere a pugni il suo oppressore. E però tutto questo è
è forse inconsapevole, e che molto l’effetto della ricerca di una falsa semplicità, del mirare ad
opera della quale egli violenza. essere per così dire, più naturale di quanto si possa essere
probabilmente disapproverebbe con la massima naturalmente. Non solo sarebbe più umano ma sarebbe anche
La strana luce fredda e bianca del mattino che
illumina tutte
segno di maggiore umiltà l’adattarsi ad essere complessi.
di «un uomo o di La
le novelle, la semplicità agreste di parlare
identificati, l’amore più vera affinità con la natura umana consiste nel fare ciò che
una donna», senza che siano altrimenti l’umanità ha sempre fatto, nell’accettare con gusto sportivo
le qualità della
e si potrebbe perfino dire la passione per
-
la condizione alla quale siamo chiamati, la stella della nostra
—

la fiducia
materia, la durezza del legno, la morbidezza del fango;
incrollabile in una antica cortesia, presente accanto
all’uomo felicità, e le sorti della terra che ci ha veduto nascere.
fin dalle prime origini della sua razza
—
sono queste delle
222

LIBRI PER RAGAZZI
Booksfor boys
The Common Man, 1950
Una recente corrispondenza intorno a quella che si definisce
la letteratura perniciosa ha dato il via ad una serie di contributi
tendenti a stabilire che la letteratura popolare offerta oggi
alla gioventù è molto inferiore per qualità a quella di venti o
trent’anni or sono. Di primo acchito, una mente riflessiva
lontano
potrebbe sentirsi incline a suggerire che forse in quel
e che,
godimento infantile entravano altri elementi psicologici,
tanto
non diversamente da altri esempi di giovanili diletti, non
ci divertivano le storie, quanto invece eravamo noi capaci di
divertirci. È per lo meno possibile che il Iaudator temporis
acti del quale si parla giudicherebbe il compito di rileggere
effettivamente quei remoti libri di avventure non molto
diversamente dal gesto di un cameriere d’albergo il quale gli
mettesse davanti delle focaccine dolci e un piatto di crema.
Nei ragazzi, la capacità digestiva mentale è altrettanto forte
di quella fisica. Essi non si curano delle raffinatezze artistiche,
addentare
come non si curano della cucina raffinata. Sanno È giornali, scoprirà sempre che una gran massa di opere del
le mele dell’albero del sapere, e le mangiano anche acerbe.
soltanto libri
un grande errore supporre che i ragazzi leggano
scritti per i giovani. Non soltanto s’immergono con segreto
delle sorelle,
piacere nei più sentimentali romanzi di proprietà
ma assimilano inoltre montagne d’inutili cognizioni.
Un certo ragazzo che abbiamo ogni motivo di conoscere
volumi
fin dalla più tenera infanzia, soleva leggere interi
della Chamber’s Encyclopedia, e una Storia del Commercio
Britannico, molto rancida e sconclusionata, certo per semplice
il
piacere bruto di leggere, per il godimento di
assimilare senza
che
fretta, meccanicamente. Era lo stesso genere di piacere
deve provare la mucca a pascolare dalla mattina alla sera.
della
Ma pur tenendo in considerazione la natura onnivora
gioventù, siamo inclini a credere che vi sia forse un grado
224
notevole di verità nell’idea che i libri per ragazzi abbiano
subito una effettiva decadenza. Forse si sono deteriorati per
la ragione che tutte le forme d’arte decadono quando vengono
disprezzate. Forse erano meno disprezzati nei giorni quando
erano ancora investiti dallo splendore dei grandi maestri del
romanzo storico. Lo spirito di Scott, di Ainsworth, di Fenimore
Cooper sopravviveva in essi anche soltanto come il riflesso di
cento riflessi, tutti deformati da un cattivo specchio.
Nessuno comprenderà mai lo spirito che sta alla base della
letteratura popolare e giovanile se non comprenderà il fatto
che una grande parte di essa è la risultante dell’entusiasmo
del giovane lettore che lo spinge a voler conoscere, intorno a
certi eroi, sempre maggiori particolari, e a leggere in numero
sempre maggiore determinati tipi di libri. Egli arricchisce le
creature della fantasia di una specie di infantile immortalità.
Non si sorprende se Dick Deadshot o Jack Harkaway rinnovano
la loro giovinezza lungo una serie di volumi più numerosi di
quelli che compongono l’Enciclopedia Britannica. Questi libri
possiedono la filosofia vitale della giovinezza, una filosofia nella
quale la morte non esiste, se non attraverso qualche incidente
esteriore e pittoresco che succede ai bricconi.
Chi voglia seriamente studiare questa classe di libri e di
genere è derivata direttamente dall’interesse suscitato da
alcune delle creazioni dei grandi maestri. Uno scrittore
spensierato al principio del secolo riprese per i ragazzi le
avventure di Pickwick. Un interminabile libro di avventure
orientali che abbiamo letto da ragazzi non nascondeva di voler
essere un supplemento alle Mille ed una Notte, e mescolava,
nello stesso racconto inesauribile, Aladino, Sinbad e Ali Babà.
Prendendo un esempio più volgare, si dice che “Ally Sloper”
sia semplicemente una versione infinitamente deteriorata del
signor Micawber; lo zoologo letterario vi rintraccerà infatti
gli stessi organi rudimentali, il cappello, la cravatta e il cranio
calvo. Tutto ciò dipende da una grande legge, dal fatto che
la mente giovanile si impadronisce di certe figure, vi insiste,
225

quasi le strappa di fra le pagine del libro e potrebbe seguirne
le avventure in una serie inesauribile di sogni ad occhi aperti…
Da qui deriva una delle qualità essenziali di questa letteratura
libreria che ne
a buon mercato, e cioè la sua enorme mole. Una
volesse tenere tutti gli esemplari dovrebbe avere una cupola
più vasta di quella della Bodleian Library di
Oxford.
Come abbiamo detto, da questo si può dedurre che è probabile
sia avvenuta davvero una decadenza in questi anni recenti,
del romanzo
poiché ci allontaniamo sempre più dai grandi
storico, i quali avevano lasciato sulla storia romanzata una
specie di glorioso bagliore. Sono sorte nuove mode
letterarie,
nella letteratura
ma è poco probabile che verranno imitate
infantile. Nessun editore ha ancora pubblicato un volume con
di
sfarzose illustrazioni, intitolato “Il seguito delle avventure
soldi stato ancora
è ed ammirevoli. Né l’uno né l’altro dimostrano che l’individuo
J uda I ’Oscuro ”. Nessun libro giallo da pochi
di Pelléas e Mélisande.
dedicato a ciò che in definitiva avvenne
Ed in tal modo si raggiunge ancora una volta l’inevitabile
conclusione intorno all’arte decaduta: è decaduta perché non
viene rispettata.
Tutto ciò che esiste al mondo, dal fanciullo alla finzione
letteraria, permane fintanto che si acconsenta a considerarlo
buono. E di tutte le forme letterarie del mondo, quella più
trascurata dal punto di vista artistico è il libro di avventure
la borghesia colta d’oggi
per ragazzi. È un fatto che, mentre di
si dà tanto da fare, tanto spende per circondare il fanciullo
tutti i più nobili lavori dell’arte e della letteratura, sotto questo
riguardo il fanciullo viene trattato da selvaggio deficiente e
trascurabile. Si pretende che una povera creatura di quattro
anni si abbeveri ai versi di Stevenson e alle curve decorative di
Walter Grane. Ma una volta che egli si sia assuefatto a questa
atmosfera, e nell’ipotesi che si sia destata in lui una fame estetica,
dall’infanzia
quando la sua mente ha seguito il rapido sviluppo
all’adolescenza, gli si forniscono all’improvviso libri e giornali
che non sono affatto esemplari di buona letteratura. L’amore
infantile verso il bello viene diligentemente coltivato come
fosse l’alba della sua sensibilità estetica, ma nessuno sembra
226
comprendere che l’amore per l’avventura del ragazzo è un all m
senso estetico altrettanto nobile e conveniente. L’amore del
fanciullo per il colore viene trattato come elemento spirituale
una specie di accenno paradisiaco, ma dell’amore del ragazzo
per l’avventura si parla come se fosse addirittura l’espressione
drun appetito bruto, solo scusabile in un ragazzo in via di
sviluppo. Se un bambino dice: «Mi piacciono i fiori belli»
«Mi
sr plaude al suo istinto poetico, ma se un ragazzo dice:
piacciono le storie dei pirati», viene trattato come se a tavola
avesse chiesto una seconda porzione di carne.
Fintanto che durerà questo punto di vista non si potranno
avere degni esemplari di romanzi di avventure. Si deve
comprendere che tanto l’amore infantile del bello, quanto
l amore giovanile per ciò che è ardito sono istinti artistici sani
sia un cherubino insofferente di questo mondo, ma entrambi
dicono che egli possiede un’anima umana ben dotata e sana.
Il bambino della favola viene esaltato per avere rincorso una
farfalla. Il ragazzo del racconto di avventure viene condannato
perché è scappato di casa per arruolarsi nella marina. Ma il
mare è molto più bello delle farfalle.
Se dunque siamo d’accordo nel dire che prima di tutto occorre
comprendere una volta per tutte che l’amore per l’avventura
non e una temporanea barbarie che esiga soddisfazione, bensì
una essenziale tendenza artistica da incoronare e condurre
alla sua consumazione, ciò non può che influenzare il nostro
punto di vista sulla letteratura infantile nel suo insieme.
Abbiamo bisogno di renderci conto che l’istinto del sogno ad
OCCh1 aperti e dell’avventura è altamente spirituale e morale-
esso non richiede annacquamento né scusa, ed ha ispirato i
grandi viaggiatori, i missionari, i cavalieri erranti ed ogni atto
di coraggio. Ciò che è essenziale in uno scrittore per la gioventù
e che non creda di doversi abbassare per accostarsi al ragazzo
ma che scriva, con fatica e rispetto, quanto meglio sa per salire
verso il misterioso spirito della giovinezza.
 moderni, i quali sostengono che bere liquori fermcululi nm
RIMPIANTI RABELESIANI decisamente male. Ma il mondo moderno non ha adulta…
un credo cosi chiaro, né mai lo adotterà. Esso si è limitato :\
Rabelaisian regrets diffondere dappertutto un forte ma vago pregiudizio (“()Hll‘n
The Common Man, 1950 certe forme del bere, e specialmente contro quelle adottato dui
poveri. Non abbiamo detto che sia male bere la birra, ma siamo
riusciti a dimostrare che è leggermente disonorevole frequcn ( :\ rc
l’osteria. In altre parole, siamo riusciti a dimostrare che, se si
Al giorno d’oggi è sorto il concetto
straordinario che vi sia beve la birra, è leggermente disonorevole essere poveri, o esscrc
nel rifiuto amanti della compagnia. Si arriva a questo: chiunque voglia fare
qualche cosa di umanitario, cordiale o generoso
che .e invece vero
di precisare il proprio credo. E chiaro una risata a mie spese potrà farsi gioco di me dicendo che sono
la fede e
esattamente il contrario. Il rifiutarsi di precisare un bevitore di birra, ma non si comprometterà con l’affermarc
meschino. E mancanza di che ciò di cui ride e una vera colpa. Ein mi può colpire, facendo
non solo ingeneroso, ma inoltre combattere
franchezza e di fraternità verso il nemico. Vuol dire appello ad un pregiudizio; ma io non lo posso colpire, perché
di non si riferisce ad una credenza. Egli non mi presenta alcun
senza una bandiera, né dichiarazione guerra. .

Con ciò si nega al nemico l’onorevole concess10ne dellail bersaglio. In un modo o nell’altro, vuole evitare di condannare
con
battaglia, il diritto di conoscere il sistema e di trattare la birra e tuttavia condannare me perché ne sono consumatore.
di vedute ha una
quartiere generale. La moderna “larghezza di Vincere
Questo non vuol dire essere di larghe vedute; è semplicemente
qualità che si può soltanto definire furtiva; cerca il frutto di una ordinaria viltà umana.
la vittoria. Des1dera essere Sarebbe facile presentare moltissimi altri esempi. Eccone
senza mai rivelarsi, nemmeno dopo
vincitore. Perche
vincitrice senza nemmeno tradire il nome del uno: la moda corrente non sostiene con chiarezza (come invece
tutti gli uomini sani di mente possiedono dottrine intellettuali credo facciano certe religioni dell’Oriente) che le abluzioni e la
metterle in tavola sara pulizia del corpo siano cose di primaria importanza, superiori
e teorie combattive, e se non vogliono
di una teoria
soltanto per il desiderio di avere il vantaggio perfino alla morale comune; ma riesce a creare una vaga
combattiva contro la quale non sia possibile combattere. impressione popolare che se si può dire di un personaggio o
esiste cosa
Nell’ambito delle convinzioni, oltre al dogma non di un popolo che sono sudici, ciò li squalifica più del dire che
nella vostra vita esiste sono avari, timidi o impuri. Non viene predicata alcuna fede
alcuna al di fuori del pregiudizio. Se
agitazioni
qualcosa per cui terrete adunanze e promuoverete intorno alla pulizia, ma ad essa si ascrivono un’importanza e
la quale non troverete le una parzialità fortemente sentimentali, e si riesce in tal modo
e scriverete lettere ai giornali, ma per
chiare espressioni di una credenza, la cosa potrà a ragione
si
a farle assumere una posizione di predominio. Naturalmente
definire un pregiudizio, per quanto nobile oprogred1to possa la pulizia oggi è diventata così importante per la semplice
apparire. Penso infatti che quando questi anni vedrannonella ragione che ai ricchi è facilissima da praticare, mentre è molto
Sl

loro giusta prospettiva, si dirà che la prmc1pale caratteristica difficile per i poveri. Per il momento ciò che m’interessa è però
del ventes1mo
della fine del secolo diciannovesimo e dell’inizio soltanto il metodo seguito per farle acquistare importanza: mai
Presentero
fu il sorgere di grandiosi e vittoriosi pregiudizi. con lo spiegare e definire in che consista tale sua importanza,
adesso di sfuggita qualche esempio al proposito. Una-credenza come si fa di una fede, ma sempre accettando tale importanza
di alcuni Puritani
coraggiosa e logica è quella di Maometto e 229
228
 Non ho tempo ora
per ipotesi, come avviene per pregiudizi.
i
di dilungarmi con altri esempi, ma il lettore può seguitare
la
per suo conto, e potrà in genere applicare provamovimenti
seguente:
caratteristici
per il cinquanta per cento dei più
avvenuti negli ultimi trent’anni nessuno può dire come e
quando abbiano avuto inizio. Sono venuti al mondo con più
silenzio e segretezza di qualsiasi enorme forza sopravvenuta
nel crepuscolo barbarico, o nella invalicabile foresta delle
età oscure. Nessuno sa nemmeno suggerire il vero inizio
dell’Imperialismo, o dell’interesse popolare verso la Famiglia
Reale (cosa recentissima, e tuttavia inspiegabile), o l’ipotesi
accettata da tanti della filosofia materialistica, o dell’imposizione
di astenersi dalle bevande alcooliche, come regola di disciplina
del ministero nonconformista. Cose del genere escono dalle
tenebre e sono informi anche quando riescono ad informare di
sé ogni altra cosa.
Ma le discussioni intorno alla censura e ad altri problemi
relativi al teatro hanno presentato al pubblico il massimo
ci è stato
esempio di ciò a cui alludo. Per la centesima volta
chiesto di trovare una soluzione al problema di combinare
nell’arte la verità e la morale sessuale; e la conseguenza è che
ci siamo trovati di fronte ad un importantissimo mutamento
dell’opinione pubblica intorno a tale questione; mutamento,
che forse si è andato sviluppando negli ultimi vent’anni e
forse fin dall’avvento dei puritani; mutamento in ogni caso
della massima importanza per la salute dell’etica, e che
è Tutte le idee intorno al gesticolare e all’afferrare, che stanno
avvenuto nello stesso infinito silenzio che ravvolge crescere
il
di un albero. È di questa differenza che corre fra la nuova e
l’antica etica inglese nel campo della delicatezza verbale che
intendo ora parlare. È un argomento difficile, perfino emotivo
e penoso; e credo che non sarà male prendere
l’avvio da alcuni
fra i principi umani generali del problema, anche se sono vecchi
e risaputi quanto l’ a b c.
Intorno ai primi principi della decenza del modo di esprimersi
non esistono in realtà molte divergenze di opinione. Tutti gli
uomini sani di mente, sia moderni che antichi, sia occidentali
230
che orientali, ammettono che esiste nel sesso una furia o]…
non è lecito eccitare, e che si deve proteggere l’istinto con Un
certo mistero se si vuole che esso continui ad essere delicato (.
normale. Esistono persone che dicono di saper trattare ques…
argomento con la freddezza e la chiarezza possibili in ogni alti-(,.
esistono persone che vorrebbero passeggiare nude per le vie,
Ma si tratta di gente che non soltanto è insana, ma anche molt(;
stupida, in tutto il senso della parola. Non sanno pensare; non
fanno che segnare a dito, come i bambini, e chiedere: “Perché?“
Perfino i bambini agiscono così solo quando sono stanchi
ed è esattamente questa stanchezza il maggiore elemento
costitutivo di ciò che va non soltanto sotto il nome di pensiero
ma anche di pensiero ardito e rivoluzionario. Chiedere: “Perché)
non ci è lecito discutere intorno al sesso dovunque ci si trov1
con freddezza e raziocinio?” vuol dire formulare una domanda;
debole per stanchezza e priva di intelligenza. Sarebbe lo stesso
chiedere: “Perché l’uomo, oltre che camminare in piedi
non cammina anche sulle mani?” Stupidaggini. Se l’uomé
camminasse regolarmente sulle mani, queste non sarebbero
più mani, bensì piedi. E se l’amore o la passione fossero cose
delle quali tutti potessero discutere senza la minima emozione
non sarebbero l’amore e la passione, ma qualche altra cosa’
una funzione astratta, o un astratto dovere naturale, che potrà
esistere o no negli animali o negli angeli, ma che non ha nulla
a che vedere con la sessualità di cui si parla.
ad indicare il significato della parola “mano” dipendono dal
fatto che le mani sono estremità di arti, delle quali ci si serve
non per camminare ma per compiere gesti. E tutto ciò che
rimane implicito quando si parla del “sesso” è il fatto che non
si tratta di una realtà inconscia o innocente, ma di uno speciale
e violento stimolo emotivo, spirituale ed insieme fisico. L’uomo
che ci invita a non essere emozionati dal sesso, ci chiede di non
avere emozione nell’emozionarci. Dimentica l’argomento del
quale egli tratta. Ha perduto il filo della conversazione. Si può
dire di lui, a stretto rigore di termini, che non sa quello che dice.
23]
 E se gli uomini non hanno mai dubitato che in queste cose
agirà in forza della mistica spinta che induce l’uomo malvagio
in a rendere malvagi gli altri, e che è il più grande mistero
vi debba essere un ritegno, non hanno nemmeno posto
dell’inferno.
dubbio che il ritegno possa venire spinto troppo oltre; che
si
le risa e la sana Ma quando si giunge ai due motivi dell’enfasi e dell’analisi, ò
possa giungere a sacrificare ad esso coraggio,
il
importante notare che in entrambi i casi il motivo può essere
.

verità. Fin qui, dico io, l’umanità si trova quasi unanimemente

d’accordo. È nella discussione intorno a ciò che si deve bello, anche se il risultato sia un vero disastro. Il motivo della
fra i tipi scorrettezza derivata dall’enfasi si può illustrare ottimamente
sopprimere e ciò che si deve ammettere, nella cernita
di candore più dannosi e quelli più innocui, che si incomincia a paragonandolo all’abitudine di bestemmiare.
civiltà e Senza dubbio la bestemmia è l’argomento più forte in
scoprire le divergenze esistenti fra gli uomini di diversa favore del punto di vista religioso della vita. Un uomo non sa
che
di diversa religione. È esattamente intorno a tali differenze
affermare nulla rispetto a questo mondo, in modo di esserne
desidero parlare. In materia, la nostra società e la nostra epoca
hanno compiuto una scelta diversa da quella di altre
società soddisfatto, se da questo mondo non evade. Quelle che di solito
Sl chiamano favole sono talmente vere da essere le sole a poter
ed altre epoche. Abbiamo detto, più che altro rispettando
debba essere dare la finale ratifica a quelli che di solito si chiamano i fatti.
l’opinione generale, che un tipo di espressione
scelto, e la mia L’uomo di Balham non riesce nemmeno a dire che il suo cane è
lecito e un altro messo al bando. Abbiamo
un buon cane senza chiamare a testimoni gli angeli o i diavoli.
opinione è che la scelta sia sbagliata. Come il Romano, anche il Balhamita, se non può convincere
Prima di andare ancora più a fondo in questo difficile
In questo gli dèi, muoverà l’Acheronte; ma non penserà mai di tentare
argomento, si può esporre una regola generale. dl muovere Balham. La religione per lui è la sola risorsa nei
di tre mali assolutamente
campo, il male per eccesso consiste da ca51 di estrema importanza; ed anche quando attacca la
distinti. La scorrettezza o l’eccesso verbale possono derivare
tre diversi motivi, da tre diversi stati d’animo, quali
i hanno in religione, il suo sistema istintivo di attacco sta nel dire che
è e una “maledetta” bugia. Il modo più naturale di parlare è
realtà ben poco a che vedere fra loro. E prima di proseguire
necessario separare questi tre fili: le comuni discussioni non quello soprannaturale. E infatti si può considerare questa una
fanno che arruffarli sempre irrimediabilmente. Così si possono prova di sicura efficacia per tutte le moderne mode e filosofie
che pretendono di essere altrettante religioni. Le nuove fedi
brevemente definire: la scorrettezza sorge da un’intenzione
basate sull’evoluzione, o sull’etica impersonale hanno sempre
davvero malvagia, dalla tendenza all’enfasi, o dalla tendenza
la pretesa di saper produrre anch’esse la santità; e in nome
all’analisi.
della carità cristiana nessun cristiano ha il diritto di negarlo.
Il primo caso si elimina con brevità e con un sospiro di sollievo.
Ma quando si tratta di decidere se tali cose sono delle religioni
Esiste la pornografia, in quanto sistema di fornire volutamente
stimoli erotici. Non è cosa da discutere con l’intelletto, ma
da nel senso dato alla parola sia dai Cristiani che dai maomettani
se
schiacciare col piede. A noi interessa soltanto notare qui
che io consiglio di applicare una prova diversa. Non chiederei
tale forma di eccesso si distingue dalle altre due per il fatto
che siano in grado di produrre la santità, ma se possono produrre
ll turpiloquio. E possibile imprecare in nome dell’etica? Si
il motivo deve necessariamente essere cattivo. Se un individuo
lo fa col può bestemmiare l’evoluzione? Oggi molti sostengono che il
cerca di eccitare un istinto sessuale già troppo forte, e nocciolo della religione e la sua sola necessità consistano nella
modo più vile, non vi è dubbio che si tratti di un delinquente.
semplice adorazione della morale, o bontà astratta.
Lo farà sottraendo denaro ai suoi simili per degradarli, oppure
232 233
 vita il corpo, e la salvezza eterna è la questione principale fra quelle
Conosco molte di tali persone; so che conducono una la che interessano l’anima.
secondo
ineccepibile e hanno intelletti capaci di ragionare Basti dire che chiunque può leggere e chiunque può sentire
senza esitare)
giustizia. Ma (lo dico rispettosamente, e non ciò che voglio dire. Può leggerlo in Aristofane o in Rabelais.
incolori? Non
le loro imprecazioni non sarebbero un poco Può ascoltarlo meglio che in ogni altro sito lungo la via.
né che
intendo con questo che dovrebbero bestemmiare, Ma sebbene lo si trovi appena fuori della porta di casa, non
nell’ambito delle
alcun altro dovrebbe farlo; dico solo che lo si troverà in nessuno dei libri e dei giornali che si vendono
sarebbe facile
imprecazioni, una volta che la gara fosse aperta, nella stessa via. Non esiste una legge contro le idee immorali,
religione
vedere quale pratica differenza corre tra la nuova
vecchia religione ma esiste una legge moderna ed efficientissima nei riguardi
finta che parla della santità interiore e una delle parole indecenti. A poco a poco lungo tutto il diciottesimo
Si può notare
concreta che adora una vera santità all’esterno. secolo le parole caddero ad una ad una, finché nell’età vittoriana
delle imprecazioni dal punto
questa differenza nella debolezza Cristiane diceva (di si giunse a dire che le frasi volgari non si sarebbero dovute
di vista letterario. Il membro delle Chiese
delle società etiche usare nemmeno per proibire la volgarità. Mi sento io pure
quando in quando): “Dio mio”. Il membro legato da questo pregiudizio locale. Sono costretto a difendere
dice (probabilmente): “Povero me”. la mia tesi con molte pagine stampate, per la ragione che mi
forse
È vero, direi, che l’intero universo fisico non contiene
di colui che tocca parlare come si parla nelle riviste degne di rispetto.
nulla di abbastanza forte per tradurre l’intenzione Potrei dimostrare la bontà della mia tesi in soli dieci minuti,
nei confronti di
vuole dire veramente quel che pensa, sia pure
eccezione. se potessi parlare come parlano due mariti degni di rispetto
un cagnolino. Esiste tuttavia una tuttavia è che viaggiano insieme sull’imperiale dell’omnibus. Basterà dir
Vi è una cosa che appartiene a questo mondo, e
di minaccia e di questo: quando un manovale si serve di quello che si definisce
tanto violenta ed impressionante, così colma un linguaggio osceno, lo fa quasi sempre per esprimere suo
il
del miracolo:
estasi, che a volte sembra assumere il carattere
giusto sdegno verso una condotta oscena. E qui il manovale
si
è ciò che si chiama il sesso; ed è ciò a cui,
in caso di estrema
Balham col suo trova d’accordo con tutti i veri e più virili poeti e romanzieri;
necessità, ricorrerà di tanto in tanto l’uomo di è d’accordo con Rabelais, con Swift, e perfino con Browning.
sul proprio capo; è vero
cagnolino. Gli uomini solevano giurare Il Browning si serve di una metafora sconcia per descrivere la
sul loro corpo. Il
che, in un certo senso, continuano a giurare sconcezza di coloro che professano di simpatizzare col dolore
in nome di esso. Un’altra
sesso è abbastanza reale per giurare umano solo a causa della loro stessa morbosità. Troverete la
rozza prova democratica è che la gente ne
trae argomento
dalla religione. frase nel poema «Alla Sirena». E il Browning si serve della
per scrivere sui muri, come trae argomento proposito stessa sconcia metafora per esprimere la sconcezza di coloro
Nessuno ha mai scarabocchiato nulla sul muro a che non riescono a capire la pronta rispondenza di un uomo alla
dell’etica. E soprattutto, il linguaggio del sesso
si può usare
nel discorso
rafforzamento presenza di una donna buona. Troverete la frase
come una specie di violenta invocazione; come di Capponsacchi. Riassumendo, l’uso enfatico del linguaggio
forti. Non mi
delle parole comuni per mezzo di quelle più sessuale ha il grande vantaggio che di solito esso è per favorire la
di questo; a
soffermerò per chiedermi quale sia la ragione virtù. Il virtuoso vetturino potrà chiamare qualcuno ignorante,
che
chiedermi se il dire “va all’inferno”, ed altre espressioni in un accesso di orrore furibondo e innocente, all’idea che un
che vedere col fatto
non è permesso scrivere abbia qualcosa a che interessano uomo qualsiasi possa essere ignorante.
che il sesso è la questione principale fra quelle
235
234
 Ma questo non vale nel caso del terzo impulso verso il una mattina e di trovare che certe ridicolissimv mwmwnlmw
vengano prese del tutto seriamente. Immaginalv In wm u rw
(li H
turpiloquio, quello che ho chiamato analitico, la semplice
curiosità mentale sul come si debbano considerare e classificare peccati messi in un loro casellario, mentre dovrvhhvm mnqu
i rapporti dei sessi. Ciò comprende tutto quello che va sotto
gettati nell’immondezzaio. Immaginate che dopo wM'mml …
studi scientifici vi ritroviate fra le mani tutti i vwvlll MMM
il titolo di Commedia a Tesi, e che ha rapporto col romanzo
sudici, con la sola differenza che ve li dovete p,…lvrv wm»
realistico e psicologico, e con i milioni di proposte formulate
Il dialogo del poterne ridere. Immaginate insomma di trovarvi di In…!“ “"un
per alterare l’organizzazione del matrimonio. spettacolo esasperante di persone che rimasti……» | |MM‘MI.
dramma The Little Eyolf fece orrore a molti, ma non conteneva
invece di sputarli come facevano i loro genitori; vim …er
nemmeno una parola volgare. George Moore, Richard Le allora? Come esprimerete i vostri sentimenti se vi |I'HVM‘MO‘
Galienne, e la scrittrice che si firma “Victoria Cross” furono
a dover affrontare l’orribile moda che ordina di prmulvl‘n ml
di volta in volta accusati d’essere audaci oltre ogni necessità,
tolti serio il sesso, il cui vero nome è il Culto del Fallo? Hu lmms
e tuttavia nessuno di loro osa mai servirsi di termini
che cosa farete: evocherete gli spettri di Rabelais (* di l°'h\ltlll\p
direttamente dal Bunyan o dalla Bibbia. L’improprietà analitica
è oggi più libera di quanto sia mai stata fra gli uomini liberi.
perché vi liberino da tale sozza idolatria; e forse il populn
inglese vi risponderà e parlerà. È facile parlare di (|\N‘ÌÌU vlw
L’improprietà enfatica è più soffocata di quanto sia mai stata
dice il popolo inglese; ma se parlerà davvero, esso si vsprhuvrù
fra gli uomini liberi; più soffocata di quanto mai fosse tra gli
schiavi. come fece Rabelais, e come oggi parlano i vetturini inglvnl.
Non mi preoccupo ora di negare che la moderna moda di
analizzare il sesso sia in genere una cosa buona. Nell’insieme
vi è certo troppa ipocrisia nei confronti del sesso; non fra il
popolo inglese, bensì nella letteratura e nel giornalismo ai quali,
per una incomprensibile ragione, il popolo inglese permette
di parlare in suo nome. Non v’è ipocrisia sull’imperiale di un
autobus inglese, ma sono perfettamente d’accordo con chi
afferma che vi è davvero troppa ipocrisia nella prima pagina di
un giornale inglese, o fra le pagine di un libro inglese. Diciamo
che il matrimonio
pure che Ibsen non aveva torto di insinuare
è un fatto spiacevole, oltre ad essere piacevole; e allo stesso
modo che il lato più cavalleresco del sesso venne esagerato dai
poeti vittoriani, esiste anche un suo lato realistico e scientifico,
il quale venne esagerato dai vecchi monaci. Lasciatemi dire
una volta per sempre che la tendenza moderna a sezionare
e suddividere il sesso per incasellarlo, è una misura giusta e
necessaria. Non dirò neppure che in questo campo la tendenza
sia andata troppo lontano. Dirò però questo: che cosa farete
se andrà davvero troppo lontano? Immaginate di svegliarvi
236

INTORNO AD UNA STRANA CITTÀ
Concerning a strange city
The Common Man, 1950
Ciascuno possiede una selezione personale
e quasi segreta
di esempi sul potere misterioso delle parole, su quel potere
che certe combinazioni verbali hanno
sulle emozioni e perfino
la letteratura ha
sull’anima. Si dice con frase corrente che
del fascino di una donna, ma
un fascino, non solo nel senso
dell’incantamento di una strega.
Gli studiosi della storia si domandano come
l’immaginosa
deformare il poeta
ignoranza delle Età Oscure abbia potuto delle risposte
Virgilio fino a presentarlo in veste di mago; una
tale. I teologi @ i filosofi
possibili è che forse egli era davvero
ma forse
discutono intorno alla ispirazione della scrittura; alla teoria
di appoggio
l’argomento più filosofico che valga
intorno alla ispirazione di certe pagine semplicemente
è che
veramente ispirate. Le grandi
esse hanno tutta l’aria di essere
frasi dei poeti sono come panorami o visioni; ma
la medesima
nelle alte dimore della
strana luce si può trovare oltre che
A tale proposito io dico
poesia anche in angoli oscuri di prosa.
le producano su
che non esistono nella letteratura parole quali
di me con immediatezza questo indicibile
effetto più di quelle
in un episodio del
poche che compaiono quasi accidentalmente
Si trovano in una delle
romanzo La morte di Artù del Malory.
visioni di Sir Galahad; oppure si tratterà forse
di Sir Percivale,
dalla mia memoria,
perché il resto della scena s’è cancellato
lasciandovi splendere unicamente una solitaria
costellazione
di parole. Mi pare che San Giuseppe
d’Arimatea mostri ai
cavalieri la visione di un oggetto velato, forse
il Santo Graal. Ed
vedrete senza velo nella città
egli pronuncia questa frase: «Lo
di Sarras, nella dimora dello spirito».
L’anima di ciò sfugge naturalmente ad ogni
analisi e tuttavia
interesse.
un tentativo in tal senso presenta qualche
238
Vorrei dire che è addirittura la parte finita della immagine
ad evocare l’infinito. Persone oltremodo serie e degne
accennerebbero piuttosto al mondo dello spirito. Gente
il piano
disgustosa e sconcertante nominerebbe invece
spirituale. E l’effetto immediato di gelo e di disincanto prodotto
da tali mutamenti è di presentare vagamente e con molto
minore realtà la cosa spirituale. Il termine mondo sembra un
diagramma astronomico, e il piano sembra un diagramma
geometrico: sono entrambe delle astrazioni. Ma la
dimora
solo afferma
non è un’astrazione, è una realtà. E lo scrittore non
recisamente che si tratta di un luogo, ma offre di esso anche un
nome preciso. Sarras non è un’astrazione; non nemmeno una
è
Città del Cielo,
allegoria. Non sarebbe stato lo stesso dire la
irreali, queste cose
oppure la Città del Paradiso. Sebbene non
sono almeno universali. Ma il nome dato ha una sua
identità,
è ben più intenso dell’universale.
Sarras sta ad indicare semplicemente Sarras, come Sarum
vuoi dire soltanto Sarum, oppure Surbiton vuoi dire soltanto
Surbiton. Ma il fatto stesso che non abbiamo mai prima d’ora
sentito parlare di questo luogo, e non lo troveremo citato mai
più in seguito, il fatto che venga presentato di sfuggita e senza
alcuna spiegazione, aggiunge una strana intensità di evocazione
ad una cosa remota e insieme precisa. Il brivido spirituale è dato
dall’idea che la dimora sia, per quanto spirituale, una dimora
la o dove
vera; che sia uno strano luogo dove cielo tocca terra,
il
l’eternità riesce ad esistere sul limite del tempo e dello spazio.
Vorrei che esistesse una vera filosofia delle religioni comparate,
che non fosse piena di sciocchezze inumane. Vorrei che non
avesse una particolarissima tendenza all’irragionevole, come
avviene per esempio quando Wells ci dice che il sacramento
cristiano del pane e del vino è un ritorno ai primitivi sacrifici
cruenti. Oppure qualcuno dirà che i sentimenti che si provano
culto di Iside,
verso la Madonna non sono che il rifiorire del
è identica a
o che l’idea di San Michele che sgomina Satana
di
quella di Mitra che trafigge il toro. Contro questo genere
cose esistono obiezioni di ben maggiore portata storica, ma per
230
mio conto la principale è che tali fantasie non solo mettono il
cavallo davanti al carro, ma mi consigliano, per trovare il mio
cavallo nella mia scuderia, di andare in primo luogo in traccia
di un primitivo carro miceneo del quale non esistono tracce.
Invece di spiegare una x col dire che è uguale a 5, si vuole
spiegare il 5 dicendo che è uguale a x. È come se qualcuno
dicesse: «Non vi rendete forse ben conto che i vostri
sentimenti nei confronti di vostra moglie si possono definire
precisamente come quelli dell’Uomo—scimmia di fronte ad un
guscio d’ostrica». lo so quello che prova il cristiano al pensiero
che Michele sgominò un angelo ribelle. Non so invece affatto
quale fosse il sentimento di un seguace di Mitra all’idea che
il dio avesse ucciso un toro. Per quanto ne so, può darsi che
il sentimento di costui rassomigliasse a quello cristiano; può
darsi invece che fosse uno dei peggiori sentimenti pagani. Ma
il volermi spiegare ciò che so per mezzo di ciò che non so è
come citarmi una delle frasi senza capo né coda della favola
intitolata Alice nel Paese delle Meraviglie. Vuol dire presentare
ciò che è inspiegabile a spiegazione di ciò che non ha bisogno
di alcuna spiegazione. Non so se qualcuno abbia mai provato
nei confronti di Iside un sentimento che si possa paragonare a
quello che si prova verso Maria; se colui è esistito, gli presento
le mie congratulazioni. Ma mi rifiuto di permettere che mi
vengano rivelati i miei sentimenti alla luce di altri remoti e
presunti, che nessun uomo vivo sulla terra ha mai provati. E
però quantunque esista questo abisso di agnosticismo fra le
fedi morte e quelle vive, fra le religioni sperimentate e quelle
%
che sono soltanto esplorate, sarebbe possibile stabilire un certo
rapporto umano se chi operasse tale rapporto fosse dotato
di maggiore umanità. Se invece di tentare continuamente di
assimilare ciò che e civile a ciò che è barbaro, si prendessero in
esame le semplici cose che sono davvero simili, si riuscirebbe
a gettare un ponte su qualche abisso in nome della fraternità
umana. Se non si fosse tanto ansiosi di affermare che, sia
il
sacramento che il sacrificio sono altrettante orge di cannibali
(il che è una stupidaggine), si potrebbe giungere a dire che
240
sono entrambi dei sacrifici, e hanno qualcosa a che vedere con
la filosofia del sacrificio, il che vorrebbe dire parlare con buon
senso. Ed allora, in luogo di provare minor rispetto verso i
cristiani, potremmo aumentare quello che abbiamo verso i
cannibali. Se certuni non fossero tanto ansiosi di pa ragonarv la
Vergine ad una dea pagana, potrebbero paragonare entrambe
ad una madre umana, avvicinandosi in tal modo, se non a
qualcosa di divino, almeno a qualcosa di umano. E allo stesso
modo, se non fossero tanto precipitosi nel paragonare un
santuario o un luogo sacro al feticismo e ai tabù, potrebbero
almeno vagamente afferrare ciò che per gli uomini vuol dire
rendere locale una divinità, o parlare di una spirituale dimora.
Almeno nella mente dell’uomo, se non nella natura delle
cose, sembra che esista un certo rapporto fra il collocamento e
la realtà. Quando, in linguaggio piano, si vuole chiedere se una
cosa esista veramente o no, si chiede se “vi” è davvero.
Diciamo che “vi è”, anche se non comprendiamo chiaramente
dove sia. Non si può entrare in una casa passando
contemporaneamente da cinque porte; lo si potrebbe fare
se fossimo fatti davvero di aria; ma nessuno vorrebbe essere
disperso nell’atmosfera, perché ci si ostina a credere che
l’essere animale sia superiore all’atmosfera. Via via che si sale
lungo la scala dei valori, le cose tendono a localizzare e perfino
a restringere le proprie funzioni naturali. L’uomo non può
assorbire il sostentamento attraverso tutti i pori, come fanno
le spugne, ed altri minimi organismi marini; egli non può
assimilare un’atmosfera di manzo o una essenza astratta di
focaccine. Ogni focaccia che gli venga lanciata, come si gettano
i pezzi di pane all’orso del giardino zoologico, deve ricevere
uno slancio così abile da colpirgli una particolare apertura
della faccia. In un certo senso è lecito dire che nella natura
esiste una scelta prima ancora che una volontà; la pianta o il
bulbo si restringono e bucano un determinato punto invece che
un altro; e tutta la vegetazione presenta un disegno fisso, fatto
di tali verdi cunei. Ma checché avvenga negli ordini inferiori,
nel concetto che l’uomo s’è fatto delle cose più alte una tale
241
 è esistita. E
selezione e concentrazione lanceolata sempre
si trova un non so che di vago e
quando lo si paragoni a questo, all’eternità. Fino
anche volgare in quasi tutti i discorsi intorno
a un certo punto il panteista
ha ragione; ma anche la spugna,
fino a un certo punto, ha ragione. infinito è
Sia dal lato vitale che da quello verbale, questo
fine. Tali particolari
in contrasto con tutto ciò che vi è di più
sono nemmeno
filologici trascendono talora la pedanteria, e non
dire essere pedanti, o voler
semplici giochi di parole. Non vuol
le cose fini sono per lo più
giocare sulle parole dire che tutte avviene spesso, che
finite. Ne diamo conferma col dire, come
È come la lama
una cosa bella e raffinata e rifinita. perfezionatasolo nel senso
di una bella spada; e la sua è una rifinitura non
fine. Tutte le cose
del suo finire, ma anche nel senso del suo
siano eterne. A
belle sono in tal modo rifinite, anche quando
della religione,
tale concentrazione si affida la poesia non meno e quasi
circoscritto,
perché il paese delle fate è sempre stato come lo è il
si potrebbe dire chiuso entro una parrocchia,
Paradiso. E se domani ogni religione
riconosciuta come tale
incominciare ad agire
venisse abolita, i poeti non farebbero che
ad esclamare: “Ecco
come agirono i pagani. lncomincerebbero
qui”, “Ecco là” per l’irriducibile
tendenza di voler localizzare
ciò che esiste, di non voler pensare
che si trovi dovunque.
Se in un certo senso fosse possibile
trovarlo in ogni cosa,
in tutto. E se
sarebbe però in ogni cosa e non semplicemente il
di scoprire segreto nei
è vero che gli uomini abbiano tentato
d’un segreto, e non
sacrifici primitivi, si trattava pur sempre
dietro i veli
d’un vano feticismo. Se è vero che lo cercarono
di Iside, fu un vero segreto, e non una cosa
tanto superficiale
è verissimo che meglio valga
come il culto della natura. E se la vera
ricercarlo in altro modo, formerà il segreto, e quindi
svelato nella città
rivelazione offerta a coloro che lo vedranno
di Sarras, nella dimora dello spirito.

[\, L»J

l\) .I) l\)

 ®ibliografia di G.K. Chesterton

opere tradotte in italiano

1900—1909
The Defendant (1901)
The Napoleon ofNotting Hill (1904)
The Club onueer Trades (1905)
Heretics (1905)
Charles Dickens (1906)
The Man Who Was Thursday (1908)
Orthodoxy (1908)
George Bernard Shaw (1909)
The Ball and the Cross (1909)
1910-1919
What’s Wrong With the World (1910)
William Blake (1910)
Appreciations and Criticisms of the Works of Charles
Dickens (1911)
The Ballad ofthe White Horse (1911)
The Wit and Wisdom of G. K. Chesterton
(1911)
The Innocence Of Father Brown (1911)
Manalive (1912)
Magic (1913)
The Victorian Age in Literature (1913)
The Flying Inn (1914)
The Wisdom Of Father Brown (1914)
The Barbarism of Berlin (1914)
Poems (1915)
Utopia Of Usurers (1917)
A Short History ofEngland (1917)
Irish Impressions (1919)
1920-1929
The Superstition of Divorce (1920)
The New Jerusalem (1920)
The Ballad of St. Barbara and Other
Poems (1922)
The Man Who Knew Too Much
(1922)
Eugenics and other Evils (1922)
244
245
 What I Saw in America (1922)
St. Francis ofAssisi (1923)
The End ofthe Roman Road (1924)
\ Data di pubblicazione dein flrîicoli
The Everlasting Man (1925)
The Incredulity OfFather Brown (1926) FRANCESCO (1902, da Twelve Types)
The Catholic Church and Conversion (1926) AVERE UN CANE (On Keeping a
Dog, Daily News 27 mar 1909)
Robert Louis Stevenson (1927) GIOCARE CON UN’IDEA (Playing with
The Secret Of Father Brown (1927) an Idea, 1909, da The
Glass Walking—Stick)
The Return of Don Quixote (1927)
The Thing: Why [am a Catholic (1929) WOLFE E IL GUARDIAMARINA
(Wolfe and the Midshipnmn,
Father Brown Omnibus (1929) ILN 12 marzo 1910, da The Glass
Walking—Stick)
The Poet and the Lunatics (1929) STORIA CONTRO STORICI
(History Versus the Historians, circa
1911, da Lunacy and Letters)
1930-1936 NATALE E DISARMO (Christmas
Four Faultless Felons (1930) and Disarmament, ILN 14
The Resurrection of Rome (1930) gennaio 1911)
Chaucer (1932) LE CAUSE DELLE GUERRE
(The Causes of War, ILN 28
The Surprise (1932) CHE SIGNIFICA LEALTÀ (The gen 191 1)
Meaning of Loyalty; ILN nov
Radio Chesterton (1932—1936) 1911)
11

St. Thomas Aquinas (1933)

The Scandal ofFather Brown (1935)
CONVINZIONI MISTICHE E GOVERNO
POPOLARE (Mysticul
Relief and Popular Government, ILN
Autobiography (1936) 13 gen 1912)
IL GRANDE NAUFRAGIO COME
ANALOGIA (The Great
Opere omnia e Riviste Shipwreck as an Analogy, ILN 11
mag 1912)
I Gesuiti degli Stati Uniti stanno '
pubblicando lopera omnia
’ .
IL MODO GIUSTO DI DENUNCIAR
LE COSE (The Right Way lo
di GKC: The Collected Works of G. K. Chesterton (1986—) edito da Denounce Things, ILN 29 giu 1912
Ignatius Press. LA FAMIGLIA E LA MINACCIA
DEL MALE (The Family and the
Threat of Evil, ILN 8 feb 1913)
Esistono anche alcune riviste che si occupano dell’opera e del
IL NASCONDIMENTO DEI
p ensiero di Chesterton: PAESI STRANIERI (The Soli—
la Chesterton Review, organo del G.K. Chesterton Institute for
. Concealment of Foreign places) 10
—
gen 1914
Faith and Culture che esce nell’edizione semestrale Inglese e nelle LIBRI E LUMI (Books and
Enlightenment) 31gen 1914
edizioni annuali italiana, francese, spagnola, portoghese e polacca. 14 mar 1914 LA NUOVA CREDULITA
(The New C1‘edulity)
- Gilbert, organo della Società Chestertoniana Americana. PERCHE LE PERSONE — E LE
NAZIONI — LITIGANO (Why
People — and Nations — Quarrel) 2
mag 1914
LA LEGGE SULLA CHIUSURA
DOMENICALE ('l‘hc Sunday
Closing Bill) 23 mag 1914
IDEE FEMMINISTE SULLE DONNE
(l“(‘liiinisl l<lc;1.s Alm…
Women) 6 giu 1914

246
247
 GLI IDOLI DEGLI AGNOSTICI (The Idols of the Agnostics, ILN
20 giu 1914)
ROMANZO E REALTÀ DEL MEDIOEVO (The Romance and
138 Societa’ Chestertoniana Italiana
Realities of the Middle Ages) 27 giu 1914 La Società Chestertoniana Italiana nasce San
L’INIZIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE, da The a Benedetto del
Tronto grazie all’impegno dell’avvocato Marco Sernmrini.
Barbarism of Berlin: 1914 già fondatore della Compagnia dei Tipi Loschi, legata alla
\
IL CONTADINO CHE DIVENTO PAPA (The Peasant Who Became spiritualità del Beato Pier Giorgio Frassati.
a Pope) 29 ago 1914 L’Associazione, oltre a stampare un notiziario periodico, ha
LE MORTE PAROLE DEI PACIFISTI (The Dead Words Of The anche un suo blog molto aggiornato, che pubblica ogni giorno
Pacifists) 17 ott 1914 una frase tratta dai libri di GKC e altre notizie o recensioni
FRAINTENDERE I FRANCESI (Misunderstandmg The French)
‘
chestertoniane. L’indirizzo è: www.uomovivo.blogspot.com
.

31 ott 1914 Ogni anno la Società organizza una giornata Chestertoniana,

con
'
PER CHE COSA COMBATTIAMO (What We Are Fighting For) 5
'
relazioni di esperti e presentazioni di nuovi volumi. E'
possibile
giu 1915 iscriversi alla Società Chestertoniana Italiana inviando
una mail
IL DIO DELLE BATTAGLIE (The God of Battles) 23 ott 1915 all’indirizzo: societachestertoniana@gmail.com chiedendo (Ii
EUGENETICA, PRINCIPII E L’ARROGANZATEDESCA(Eugemcs, essere iscritti e lasciando il proprio indirizzo di posta ordinaria.
Principles and German Arrogance, ILN 20 novembre 1915) le proprie generalità e gli eventuali
recapiti telefonici. Vi verrà
DUE CREDI IN COLLISIONE (Two Creeds in Collision) 22 lug 1916 rinviata per posta elettronica la modulistica
per l’iscrizione e per
LA LOCOMOTIVA PRUSSIANA E Il. SUO SCH IANTO (The la privacy, che provvederete ad inviare all’indirizzo che
troverete
Prussian Locomotive and its Crash) 18 nov 1916 in intestazione.
PSICOLOGIA INFANTILE E NONSENSE (Child Psychology and
Nonsense, Illustrated London News 15 ott 1921)
IL VERO ARTISTA (On the True Artist, 1926, da The Glass
Walking-Stick) 2 x 1000 alla Societa’ Chestertoniana
L’ETA DELLA RAGIONE (1926, da The Glass Walking-Stick)
. .

LA SUPERSTIZIONE DELLA SCUOLA (The Superstion of School, Devolvi e fai devolvere il 2x1000
per le Associazioni culturali
alla Società Chestertoniana Italiana, nello spazio
1930, da The Common Man) apposito (li
DI LOGICA E FOLLIA (On Logic and Lunacy, 1931, da All 1s Gr1st)
. . Unico, 730 0 CUD
DEL “PAGANESIMO” MODERNO (On Modern “Paganism”, ILN CF 91022790447
7 mag 1932, da All I Survey)
' '
INDUSTRIALISMO E DEMOCRAZIA (On Industr1ahsm, ILN 16
lug 1932, da All I Survey)

:…
 IN®IC€

Introduzione

Dell’aggiustare e terminare le cose

Avere un cane
Perché sono, catt91.i99
Storia contro storici
Natale. @ disarmo.
… Le cause delle guerre
_Il modo giusto di denunciar le
cose
Il vero artista
Il nascondimento dei paesi stranieri
Libri @ lumi
La nuova credulità
Perché le persone — e le nazioni — litigano
La legge sulla chiusura domenicale
Idee femministe sulle donne
Romanzo e realtà del Medioevo
Chesterton e la Grande Guerra
Il contadino che diventò
papa 7"
Le morte parole dei pacifisti
F raintendere i francesi
Nt)
Per che cosa combattiamo
()..
Il Dio delle battaglie
(…
Due credi in collisione
l().|
La locomotiva prussiana e il suo schianto
|…)
Francesco
Giocare con un’idea “.|
[L’I
Wolfe e il guardiamarina
“’In
\/Che significa lealtà
I;…
Convinzioni mistiche e governo popolnrv
HH
Il grande naufragio come analogia
lil‘)
vlja_farni_gliapflewlannnflijnnac_cia del male
"…
“Gli idoli degli agnostici
l-|H
 Eugenetica, principii e l’arroganza tedesca 153
L’Età della Ragione 158
{ Psicologia infantile e nonsense 166
#
Di logica e follia 170
Del “paganesimo” moderno 175
Industrialismo e democrazia 179
La superstizione della scuola 183
I colori della Spagna 189
Il nuovo solco 192
La fine dei moderni 201
Il segugio del cielo 211
La risata 216
Racconti di Tolstoi 220
Libri per ragazzi 224
Rimpianti rabelasiani 228
Intorno ad una strana città 238

Bibliografia di GKC 245

Data di pubblicazione articoli 247
La Società Chestertoniana Italiana 249