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Teologia della salute

1.1. Introduzione

C’è la necessità di conoscere, per un pastore, le realtà salutari della propria chiesa e sapere con che
cosa si sta relazionando.
La medicina di oggi è diventata molto precisa, ma nel tempo rappresenta un handicap che ha
oggettivato il rapporto corpo malattia con il rapporto medico paziente.
In questo corso si tratteranno alcune tematiche quali il corpo, il cibo, la salute, la malattia, la morte
e altri. Cosa vuol dire avere uno di questi elementi? Cos’è il corpo? Resistenza, come diceva
Cartesio, ma così si riduce il corpo a una cosa sola, che è un po’ riduttivo.
Si tratteranno diversi componenti tra cui il lato culturale-teologico e biblico-teologico.
I capitoli 8 e 9 di Matteo rinchiudono gli elementi fondamentali di una medicina del Nuovo
Testamento. Il corpo non può essere univoco ma ambivalente, senso che è scomparso portandoci a
una specie di dicotomia perché si crea funzionalità e chiarezza ma allo stesso tempo è come se
mettesse il corpo sotto stress, perché appunto dimentica questa sua dicotomia, il suo non essere solo
un oggetto di studio.

1.2. Il riduttivismo di Byron Good

Nel modo in cui si affronta e si studia il corpo umano è riduttivo perché l’approccio medico in
generale è quello di percepirlo come una macchina: un’oggettività disease in cui il corpo ha un
problema e punta alla guarigione. In essa il dato del disagio ci viene dato da una misurazione
analitica e quantificabile. Introduce dunque due dimensioni aggiuntive all’oggettività della malattia
dell’analisi medica: soggettiva, in cui viene dato spazio alle diagnosi soggettive del paziente,
chiedere come sta, sapere la sua versione dei fatti, presentata anche come “illness” in cui è la
persona ad avere il problema e si punta alla gestione di un’esperienza più continuativa. La seconda
dimensione è quella sociale che viene presentata come sickness in essa la percezione del disagio
viene veicolata da una percezione che l’altro ha della malattia. Sulla base di questi tre elementi
verranno analizzati tutti i racconti di Matteo.

1.3. Il corpo

Lo statuto e la comprensione del corpo sono una realtà molto conosciuta, apparentemente, ma la sua
ambivalenza comincia proprio lì: abbiamo un corpo o siamo un corpo? L’uomo moderno in tutte le
epoche pensa di avere un corpo e non di esserlo. La differenza è quella di avere un controllo. Essere
un corpo non può pretendere di poterlo controllare. Questa visione esprime al meglio il nostro
rapporto con il corpo che è un alter ego su cui si organizza una certa sorveglianza, ma dall’altro lato
il corpo non sempre è seguito. Nel sistema parasimpatico c’è questo concetto di indipendenza che ci
sfugge rispetto ad altre parti del corpo.
C’è stato un mutamento nella comprensione del corpo nella nostra società contemporanea e
moderna: il controllo non è mancato mai nelle culture della religione ma era un controllo misurato e
mai estremo, il loro contesto non lo permetteva, c’era un mistero che rispettavano, mantenevano un
incantesimo. Nella modernità avviene una desacralizzazione del corpo, non eccessivamente visibile
ma mite e nascosta, ma non completamente negativa perché altrimenti non sarebbe nato lo studio
del corpo. Trasformano il corpo riducendolo al suo meccanismo, nel tentativo di poterlo far
funzionare, di ottenere il controllo su di esso.
Già dai tempi di cartesio si può avere questo indizio: con la res cogitans ipervalorizza la ragione a
un livello che non dovrebbe avere ma anche con la res extensa è il corpo, la natura più vicina
all’uomo, da varie caratteristiche che aveva viene ridotto a una sola. Per innalzare la ragione
Cartesio diminuisce il corpo, lo disincanta rendendolo controllabile. Non si può lasciare il corpo
senza controllo.
È difficile vedere un problema: semplicemente vivere 80 anni o avere un bel corpo non sempre vuol
dire che va bene tutto. C’è una povertà nascosta bene che è quella di avere un corpo controllato,
iper-controllato. Ma quando c’è una ambivalenza esso non si può controllare, ma al limite educare.
Vuol dire che l’educazione è un senso di orientamento, non di oppressione e schiacciamento. Non è
il problema di un controllo, della sua esistenza, ma quello della misura. Se io controllo e basta il
mio corpo non va bene, perché non sempre c’è bisogno di quel rapporto. Il problema fra un
cadavere e una macchina, nell’essenza, essi sono la stessa cosa. È peggio con la macchina perché il
cadavere si sa che è morto. La macchina invece è inerte, una realtà morta, che però può essere
performante, ma non ha un moto proprio. Noi portiamo il corpo dal medico come portiamo la
macchina dal meccanico, ma non è completamente un male. Se il corpo fosse trattato con cura oggi
gli ospedali avrebbero delle code immense perché tutti andrebbero sempre dal medico. Dovremmo
provare a ritrovare il corpo come un alter ego, un po’ di mistero, ridargli il suo spazio, ma è difficile
nello stesso modo di provare a ridare all’individuo il suo spazio.

1.4. Cibo

Nella società di oggi viviamo un periodo di grandissima disponibilità di cibo, a differenza di tutte le
società precedenti alla nostra che erano culture della scarsità. LA storia di Giuseppe ne è da
esempio, ha immagazzinato per i tempi di magra, vivendo al giorno, non c’erano mezzi per
preservare determinati alimenti e una scarsa cultura dello scarto, non si buttava via niente. Nella
nostra società dell’abbondanza e del surplus. Eppure entrambe le società vivono una situazione di
malattia simile, dovuta dalla situazione che vivono. Ma per un sociologo, Fischler, che sviluppa il
termine “gastro-anomia” che sarebbe il mangiare bene e felici e riprende Durkhaim dimostrando la
disfunzionalità dovuta al cibo. C’è un problema a livello dietetico e sociale che contraddistingue
alcune caratteristiche che prima non c’erano. La prima è la vicinanza del cibo: il cibo è vicino a noi,
nel FRIGO. Quando non avevi il frigo il cibo non era vicino a te, dovevi uscire di casa e fare fatica
che fungeva da mediazione. L’obesità è una delle manifestazioni di questo problema sociale. Ogni
angolo di quartiere inoltre ha un supermercato sviluppando il disagio a livello di quartiere, in una
forma di immediata consumazione. Un altro elemento che determina questa gastroanomia (fichner)
è lo smantellamento dei momenti aggregativi per mangiare: prima si mangiava tutti insieme e si
verificava una autolimitazione che ti diceva di mangiare quello che c’era. In una casa troviamo
ormai menù alternativi, ognuno mangia per conto suo e non c’è più l’altro che mette un limite.
Questo modo trasforma il cibo qualitativo in cibo quantitativo dando spazio al fenomeno dello
spreco.
Il cibo sembra un raggiungimento meno ambivalente del corpo, non ci sono incertezze. La certezza
del cibo è ancora più compatta della salute del corpo moderno, perché c’è dappertutto. In più si
getta per mantenere un certo tipo di rapporto. È un circolo vizioso che fa comunque nascere un
ambivalenza perché ci porta sia la felicità che la tristezza. Abbiamo dunque utilizzato lo stesso
meccanismo di controllo che c’è sul corpo: processi, elaborazione, produzione industriale.
L’anomalia risiede nel fatto che noi, anche quando mangiamo sempre e molto, non siamo
comunque felici ma anche quando mangiamo sempre e di tutto ci ammaliamo lo stesso! Alcuni
studiosi hanno legato l’insorgenza di nuove malattie al rapporto con il cibo.
Per il controllo del cibo ci possiamo parlare di gastroanomia che non si riferisce al cibo stesso ma ai
meccanismi sociali. La vicinanza del cibo e il rapporto cibo-altri è scomparso quasi del tutto.

1.3. Malattia

Essa è una disfuzione presente all’interno del corpo. Qui nasce un terzo miracolo nella modernità
perché la malattia e la medicina premoderna era costretta a conviverci. Per alcune malattie oggi c’è
invece la sconfitta totale: colera, malaria, tetano. Se a volte non si vedevano era perché c’era il
ciclo, si sapeva che la malattia sarebbe tornata. La scienza oggi ha sconfitto alcune malattie. In virtù
del controllo ciò è stato possibile. Per realizzare questo la medicina moderna ha puntanto anche
sulla precisione della diagnosi delle malattie. Rispetto alle altre culture premoderne che lavorano
con un metodo ad ampio spettro (non viene limitata mai al corpo della persona, che non viene
totalmente esculo, ma non si prende il corpo come unica fonte della malattia ma anche da fonti extra
corporee, come la comunità o addirittura nella natura e nei suoi spiriti e nella divinità), la medicina
moderna ha ristretto la concezione della malattia che è una minima parte di ciò che prima veniva
considerato malattia ed ha accorciato lo spettro. Se io mi ammalo oggi il mio nemico non centra
nulla, lo spirito non centra nulla, la malattia ha un problema radicato specificamente nel corpo.
Eziologia, la causa diretta delle malattia che deve essere trovata perché nella medicina moderna si
lavora con lo specifico. Un nome da ricordare è Morgagni, che nel 1700 a Padova afferma che non è
sufficiente che il problema sia nel corpo, ma anche in quale parte. Questo permette di elaborare
delle terapie mirate. Ma questo comunque non basta, non è abbastanza specifico per cui Bichat
(Francia) sviluppa l’anatomia che studia, attraverso l’organo stesso, i diversi strati di tessuto per
capire quale sia quello ammalato. Anche questo non è abbastanza. La medicina moderna punta a
una precisione analitica sempre maggiore, così si giunge a Wirchov in Germania che scende ancora
più nel particolare: non è solo l’organo o il tessuto a essere ammalato ma quelle particolari cellule
che devono essere trattate. Pauling da nascita alla medicina molecolare, che all’interno della cellula
si riesce a decifrare la catena del dna e ad esporre l’anomalia microscopica, come l’anemia
falciforme.
È difficile parlare criticamente della medicina moderna oggi, ma coloro che la condannano a
prescindere danno comunque un esempio di questa ambivalenza anche nel campo medico.
Non si può dire che un figlio ribelle è a posto solo perché lo si controlla. Può quindi la malattia oggi
essere risolta solo con il controllo? Se il controllo non ci fosse cosa succederebbe?
Per nutrire bene una teologia della salute è necessario essere ancorate in tre dimensioni che ci
permettono di cogliere l’essenziale: noi stessi nella chiesa del momento, questa bellissima
tradizione però non sembra si riesca ad espandere ma la teologia avventista della saluta che trova la
forza nel rafforzamento della salute nei propri membri sarebbe limitante. La visione avventista può
contaminare il mondo? Non vuol dire convertirlo ma limitarsi a dare una testimonianza anche per
chi avventista non lo sarà mai. Oggi siamo troppo distanti da tante cose per poter riuscire a fare
questa cosa, magari siamo i primi tra le religioni, ma sicuramente non tra i gruppi laici che stanno
andando oltre su questo campo.
Non dobbiamo staccarci dagli altri ma trovare dei punti di contatto e dobbiamo provare a collegarci
con quelle parti più propositive della società (ecco perché stiamo studiando anche autori esterni).
Il filo rosso della ricerca di una nuova visione sul corpo mira a rinnovare l’avventistmo, non ad
annientarlo.
Nessuno come il mondo occidentale ha mai classificato in questo modo la malattia? Nessuno ha mai
avuto un manuale come il DSM (dignostic statistical manual) che oggi è alla quinta edizione. È
utilizzato dappertutto per le malattie mantile. L’ICD (international classification of desease).
C’è un eccessivo controllo sul corpo, questa è la tesi del corso che ci aveva fatto già intravedere
Byron Good. La stessa cosa fa anche Fishner che afferma che l’industria moderna ha troppo
controllo sul cibo. Anche qui c’è troppo controllo sulla malattia e questo eccessivo controllo,
inizialmente funzionava, ma a distanza di decenni non funziona più o non come all’inizio,
diventando magari più complicato. Controllare un adolescente è facile, ma nel dopo il controllo
stesso manifesta dei limiti e il controllo che avevi esercitato finisce per danneggiarlo portandolo alla
ribellione, esplodendo (nei migliori dei casi) o implodendo (il peggiore). Le religioni si limitano
perché apparentemente propongono delle alternative ma nella base rinforzano lo stesso modello.
LA stessa Bibbia, nella nostra comprensione del corpo come spirito santo, lo leggiamo come invito
al controllo. Se non controllassimo il nostro corpo non sarebbe santo e nel caso non ci riusciamo lo
spirito funge da elemento di controllo aggiuntivo. Esce sempre e comunque uno schema di
controllo.
Il testo dice il contrario: il corpo è il tempio dello spirito. Più all’essenza cosa vuole dire il corpo?
Che è quasi divino e che se tende allo spirito santo non è controllabile! Agostino chiede castità e
contengo, ma non subito. Contegno e castità non sono sufficienti, ma il senso non è la licenza di
aspettare ma la richiesta di una ambivalenza del corpo.
Il vaccino stesso è un artificio di controllo. Essi non nascono adesso, nascono già da decenni fa.
Sono sempre stati un meccanismo di controllo che nel tempo si è sempre più incrementato. Questo
vaccino del covid sarà da ricordare perché per la prima volta tutta una popolazione verrà vaccinata,
non solo una fascia di età. Nella grandiosità del vaccino c’è un paradigma del controllo che ci deve
far riflettere. Bisogna stare attenti a cancellare l’ambivalenza, ma se tutto è ambivalente niente
cresce. Bisogna essere in grado di trovare il punto di equilibrio adatto.
L’ambivalenza può essere insegnata dai popoli non occidentali. La mancanza di ambivalenza è
qualcosa di sentito all’interno della propria cultura che viviamo oggi.

1.5. Terapia

Questo ambiente ha qualcosa di affascinante nel mondo moderno. Nel passato le terapie erano
molto lunghe e spesso poco risolutive con effetti ritardati mentre oggi è quasi totalmente l’opposto
per la stragrande maggioranza delle malattie. Nel caso della cecità si è scoperto che ne esistono
anomalie di diverso tipo: strutturali (non curabili) o funzionali (trattabili). La medicina moderna
riesce a distinguere questo andando a capire come risolvere una buona metà dei problemi. Prima
questo non esisteva, i ciechi erano tutti uguali, oggi ci sono migliaia di interventi. Oggi la medicina
d’urgenza chirurgica incarna la riuscita della medicina moderna nella terapia: trapianti, interventi
d’urgenza, situazioni in cui nel passato si poteva morire per effetti collaterali, oggi sono diventati
interventi puliti e di routine. A livello della terapia nonostante questo strabiliante successo della
medicina moderna, anche qui si nascondono dei paradossi. LA medicina allarga la sua vista nella
medicina allopatica (guarire la malattia con il suo contrario). La medicina omeopatica invece ti da la
stessa cosa che ti ha causato la malattia. Prova a giocare con delle microdosi con lo scopo che,
dandoti delle dosi che stimola l’organismo immunologico di reazione, a sviluppare autonomamente
l’antidoto. L’allargamento nella medicina psico-somatica, medicine alternative e nella psico-neuro-
immuno-endocrinologia (dott. Pancheri), che dice che in ogni malattia c’è sempre un
coinvolgimento immunologico ed endocrinologico che ti costringe a curare tutto il sistema. Si è
concretizzato nelle proposte

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