IL PENSIERO CONTEMPORANEO
SECONDO J. MARITAIN
2 Testatina
Piero Viotto
IL PENSIERO CONTEMPORANEO
SECONDO J. MARITAIN
4 Testatina
In copertina:
sul dorso: Marek Szwarc, Ritratto di Jacques Maritain
Grafica di Rossana Quarta
ISBN 978-88-311-1635-0
Introduzione.
Dal criticismo al pensiero debole
totale dalla ragione, non solo nella sua vita concettuale e discorsiva ma
incondizionatamente, segna il limite essenziale che separa il surreali-
smo da tutte le altre correnti» (X, p. 202).
Maritain considera anche la crisi epistemologica, perché l’e-
pistemologia medievale, che raccorda il sapere scientifico al sapere
filosofico e questo al sapere teologico, nell’età moderna viene pro-
gressivamente demolita. Cartesio nega la teologia come scienza, Kant
nega la scientificità della stessa filosofia, dichiarando l’impossibilità
per la ragione umana di conoscere il soprasensibile, per cui imma-
gina che la metafisica sia l’illusione di un visionario; la filosofia con-
temporanea, come rileva Bergson, si riduce a cercare le ragioni della
ricerca scientifica fisico-matematica e in molte correnti come l’empi-
riocriticismo, il pragmatismo, il positivismo logico si giunge a negare
la scientificità della stessa scienza, i cui risultati sono considerati utili
per la vita pratica ma non veri. Maritain aveva già visto in Galileo il
germe di questo scetticismo nel passaggio da un sapere percettivo ad
un sapere costruttivo, per cui le scienze fisico-matematiche si sostitu-
iscono alla filosofia della natura. La filosofia contemporanea abban-
dona la logica formale di Aristotele, che raccorda gli enti di ragione
agli enti reali, e si riduce ad una logica simbolica, che considera gli
enti di ragione solo come segni e simboli convenzionali.
Articolo l’analisi del multiforme mondo delle correnti di pen-
siero contemporaneo in due parti, perché pur riconoscendo tutte il
valore, la libertà, l’autonomia della persona umana nella sua indivi-
dualità, alcune, dipendendo dall’impostazione kantiana, riconosco-
no questa dignità solo come un valore morale, e rimandano ad una
soggettività empirica, mentre altre, rifacendosi, in modo più o meno
esplicito, alla filosofia dell’essere, riconoscono l’ontologicità dell’es-
sere uomo. Per gli uni i diritti della persona umana nascono nell’in-
tersoggettività delle relazioni sociali, per gli altri i diritti dell’uomo
sono oggettivamente fondati nel diritto naturale che rimanda al-
la legge eterna e a un Dio legislatore. L’età moderna iniziatasi con
l’umanesimo, dopo avere esaltato la ragione con l’illuminismo e le
grandi ideologie, nell’età postmoderna, iniziatasi da lontano con il
criticismo kantiano, finisce in un disumanesimo, che le deforma-
zioni della persona umana introdotte nella storia dell’arte da Pablo
Picasso, da Francis Bacon, da Salvador Dalì bene significano. Per
Maritain bisogna superare il relativismo conseguenza del pensiero
debole, bisogna considerare il pluralismo non come una filosofia,
ove tutte le opinioni sono vere, ma solo una metodologia politica per
10 Introduzione. Dal criticismo al pensiero debole
I. Oltre l’illuminismo
quasi tutte le sue opere, a lui dedica buona parte del corso Il ruolo
della Germania nella filosofia moderna (I, pp. 889-1026) tenuto a Pa-
rigi negli anni 1914-1915, e nel 1960 un intero capitolo della Storia
della filosofia morale (XI, pp. 397-438). Riconosce a Kant il merito
di avere valorizzato l’apporto del soggetto nel processo gnoseolo-
gico, tanto da chiamare il suo realismo, radicato nella filosofia di
Aristotele e di san Tommaso, realismo critico, scandalizzando l’ami-
co Gilson, ma rimprovera a Kant di essersi chiuso in un fenomeni-
smo assoluto, dimenticando il riferimento del conoscere all’essere.
«Kant aveva ragione ad affermare, contro gli empiristi, la sovrana
attività dello spirito, il suo errore è stato di non avere visto la sovra-
na immanenza, ossia il carattere propriamente spirituale di questa
attività. L’essenza di una tale attività non è quella di produrre, ma di
divenire o di essere, per cui diventando con l’intellezione ciò che noi
conosciamo, la conoscenza non procede interamente solo dallo spi-
rito che conosce, ma insieme procede interamente dall’oggetto che
conosce» (I, p. 46). Precisa: «La risposta che bisogna dare a Kant è
che l’intelligenza vede concependo e non concepisce che per vedere;
la sua operazione non consiste nell’assumere sotto una forma vuota
un contenuto sensibile, ma nell’attingere in un verbo interiore, pu-
ramente intelligibile, che trascende tutto l’ordine della sensazione,
la realtà stessa, portata all’altezza del nostro spirito» (I, p. 43). Con
Kant si passa da un sapere percettivo per cui lo spirito attraverso l’a-
strazione libera in se stesso la forma intelligibile presente nella mate-
ria, riferendosi pertanto alla metafisica, ad un sapere costruttivo tutto
riferito alla gnoseologia. Si sposta così la problematica filosofica dal
rapporto materia sensibile e forma intelligibile sulla relazione sog-
getto-oggetto del conoscere. Maritain riconosce l’attività dello spiri-
to, che diventa immaterialmente ciò che conosce, e rileva: «Kant ha
avuto il sentimento profondo della spontaneità della natura intellet-
tuale, dell’attività immanente della nostra intelligenza, ma siccome
credeva che l’atto del conoscere consistesse nel produrre, anziché
nel divenire qualcos’altro, ha rovesciato l’ordine di dipendenza tra
l’oggetto e l’intelligenza umana, facendo di questa la misura e la leg-
ge di quello» (II, p. 776). Così noi non possiamo conoscere la realtà
oggettiva di ciò che conosciamo, ma solo le formule del nostro sa-
pere, le costruzioni della nostra mente. Maritain rileva che la verità
per Kant non è la corrispondenza del pensiero con la realtà, ma è, e
cita dai Prolegomeni, «il legame delle rappresentazioni in conformi-
14 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Con questa sintesi a priori Kant compie nella storia della filo-
sofia una rivoluzione copernicana, perché il processo gnoseologico,
anziché partire dall’oggetto conosciuto, parte dal soggetto cono-
scente, per cui la conoscenza non è più una rappresentazione og-
gettiva, ma una creazione soggettiva. Si afferma il nuovo principio
della creatività dello spirito, anche se questa creatività del soggetto
è limitata, per cui la sua attività si limita a creare la forma della co-
noscenza, l’organizzazione formale dei dati dell’esperienza. In altri
termini il soggetto non crea la realtà dell’oggetto, ma soltanto la sua
conoscibilità, cioè non l’oggetto in se stesso, ma nella sua relazione
con il soggetto conoscente. Noi conosciamo la natura come ci appa-
re nelle forme del soggetto, ma non in se stessa; noi conosciamo solo
il fenomeno, ciò che ci appare, e non il noumeno, ciò che è. I trascen-
dentali che nella filosofia medievale erano connotazioni dell’essere
diventano connotazioni del conoscere.
Maritain fa un’analisi accurata di questa sintesi a priori che ir-
rompe nella storia della filosofia, «cosa ammirevole, la ricerca di una
evidenza quasi angelica, l’ambizione di rendere lo spirito umano
pienamente indipendente, ma finisce per asservire lo spirito ad una
necessità che lo opprime. Perché se un termine non è contenuto
in un altro, che cosa dunque può forzare lo spirito ad unire a prio-
ri questi due termini? Non certamente l’evidenza. Forse per Kant
si tratta di una specie di necessità cieca, interiore al soggetto stes-
so; per Cartesio, ingannato dall’immaginazione matematica, sembra
piuttosto che fosse l’interferenza di schemi matematici nella vita del-
lo spirito» (I, p. 865). In Kant la formazione del concetto è il frutto
di un giudizio sintetico a priori, mentre Maritain nella Piccola logica
(7) rileva che «i concetti sono prodotti dallo spirito prima di essere
assemblati, nel senso che le parti della proposizione (prese separa-
tamente e in loro stesse) sono conosciute prima di questa; perché la
semplice apprensione precede il giudizio» (II, p. 410). Kant anticipa
arbitrariamente il giudizio sulla intellezione.
Maritain in Riflessioni sull’intelligenza (89) riconosce che «non è
nell’intellezione ma nel giudizio che l’intelligenza possiede propria-
mente la verità» (III, p. 80), e che «Kant ha avuto ragione nel volere
restituire, sia contro Hume che contro Leibniz, il movimento progres-
sivo e sintetico della ragione» (III, p. 86), ma «ha cercato tutta la leg-
ge e tutta la regolamentazione dal lato del soggetto e delle sue pretese
forme a priori, mentre essa è tutta dalla parte dell’oggetto e delle ne-
cessità intelligibili iscritte nei concetti» (III, p. 87). «Kant ha confuso
18 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
mente in accordo con la coscienza di tutti gli altri io, e quindi viene
così garantita soggettivamente l’universalità della conoscenza, per
cui ciò che è vero per me è anche vero per tutti gli altri io che, come
me, si conformino alle forme trascendentali del conoscere. Solo chi
non è coerente con il suo io è in disaccordo con gli altri io.
c) La dialettica trascendentale: la ragione non si accontenta del-
la sintesi operata dall’intelletto e vuol procedere oltre ad una sintesi
definitiva in cui tutta la molteplicità sia racchiusa in un’unità. La ra-
gione cerca di unificare i giudizi in tre idee: l’idea psicologica, o idea
di io, come fondamento di tutti i fenomeni interni; l’idea cosmologi-
ca, o idea del mondo, come fondamento di tutti i fenomeni esterni;
e l’idea teologica, o idea di Dio, come ragione ultima di tutte le cose
e di tutte le persone.
Queste idee non sono rappresentazioni sensoriali soggettive, co-
me per l’empirismo; né principi razionali innati, come per il raziona-
lismo; né realtà ontologiche trascendenti, come per Platone; né realtà
logiche, modelli esemplari delle cose, proprie del pensiero divino, co-
me in san Tommaso, ma sono i principi regolatori dell’attività della
ragione, che tendono ad unificare nella totalità incondizionata e asso-
luta la molteplicità multiforme dell’esperienza. Per Kant questa ope-
razione non è possibile, perché ogni nostra conoscenza, essendo una
sintesi, ha bisogno di una molteplicità concreta di dati da unificare,
mentre le idee pretendono di risolvere la molteplicità nell’unità del
tutto. Esse perciò, ponendosi al di là del sensibile, non ci danno cono-
scenza, ma puro pensiero. Quindi l’io, il mondo, Dio sono pensabili
ma non conoscibili, si riferiscono al soprasensibile, al metafisico, al
noumeno, che noi non possiamo raggiungere. La cosa in sé è per noi
inconoscibile perché, se fosse conosciuta, verrebbe limitata nel tempo
e nello spazio, sarebbe fenomenizzata dalle nostre forme soggettive di
conoscenza. Questo non significa che l’uomo non possa soddisfare il
suo bisogno di metafisica per via diversa da quella conoscitiva. Kant
passa poi alla critica di ciascuna di queste idee. Nei paralogismi della
ragion pura rileva che non è possibile conoscere l’anima come sostan-
za, ma solo come attività, come io penso formale, perché non si può
passare dall’attività all’essere. Così è un paralogismo pretendere con
Cartesio di ricavare dal pensare la sostanza pensante, di passare dal
cogito al sum. Si può dire cogito ergo cogito e non cogito ergo sum, per-
ché nell’autocoscienza si coglie soltanto una funzione pensante.
Nelle antinomie della ragion pura Kant critica l’idea cosmolo-
gica, che ci fa cadere in gravi contraddizioni, antinomie, perché ad
I. Oltre l’illuminismo 23
Maritain rileva che «Nella storia della filosofia morale, dal Ri-
nascimento in avanti, solo con Kant appare qualcosa di veramente
e positivamente nuovo. […] Egli si trova al punto di convergenza
di due tradizioni opposte, il razionalismo e il cristianesimo… due
eredità intellettuali contrastanti, due mondi di pensiero in conflitto.
[…] Egli è stato condotto ad una specie di rivoluzione copernica-
na nell’ordine pratico come nell’ordine speculativo […] a centrare
tutta la vita morale, non più sul bene, ma sulla pura forma del dove-
re» (XI, p. 403). Questo capovolgimento ha portato ad una morale
«acosmica, costituita puramente sui dati interiori della coscienza»
(XI, p. 405). Maritain ha stima per la filosofia morale di Kant, ma ne
individua i limiti e ne sottolinea le contraddizioni.
Come il conoscere, anche l’agire è una sintesi a priori compo-
sta da una materia e una forma. La materia è data dal contenuto
dell’azione, dal che cosa si deve fare, mentre la forma è data dal co-
me bisogna fare. Ma mentre nella sintesi teoretica la materia entra
a costituire il valore del giudizio, nella sintesi pratica tutto il valore
dell’azione sta nella forma trascendentale con cui si opera. Il valore
morale non dipende dall’intenzione o dal risultato, ma dall’adesio-
ne incondizionata alla legge morale; il contenuto è necessario affin-
ché possa esprimersi la forma, ma è indifferente alla forma stessa.
Chi compisse il dovere spontaneamente, per inclinazione naturale,
e non per la pura obbedienza agli imperativi della coscienza mora-
le, non avrebbe compiuto un atto morale. Anche sul piano della ra-
gion pratica si ha un rovesciamento radicale, Maritain rileva come
«il dovere è posto prima del bene, è posto come un assoluto al posto
del bene, un atto non deve essere compiuto perché è buono, ma è
buono perché dev’essere fatto» (I, p. 977). Maritain nelle Nove le-
zioni sulle prime nozioni della filosofia morale (47) fa un confronto
diretto tra la morale secondo Aristotele e Tommaso e la morale se-
condo Kant, che illustra con una tavola didattica: la prima riferisce
il bene dell’azione da intraprendere al bene dell’oggetto da porre
come fine, è una morale cosmico-realistica a base sperimentale nor-
mativa; la seconda, che si propone il bene dell’azione staccato dal
bene dell’oggetto, è una morale acosmico-idealistica a base dedutti-
vo-normativa. Nella prima la ragione umana è una misura misurata,
nella seconda la ragione umana è una misura puramente misurante.
Secondo Kant «è la ragione che misura gli atti umani, ma non più
26 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
nel senso della tradizione classica, perché ora si tratta della ragione
pura, pura da ogni materia conoscibile, si tratta della ragione consi-
derata in maniera puramente formale, dal solo punto di vista delle
esigenze della universalità logica» (IX, pp. 743-744). L’atto è mora-
le, vale per se stesso in relazione alla sua formulazione, indipenden-
temente dal contenuto e dal fine. Nella storia della filosofia si passa
da una morale fondata sull’essere e su Dio ad una morale fondata
sull’agire e sull’io. Anche sul piano della filosofia pratica Kant pre-
para la postmodernità.
L’imperativo categorico
gettiva) tra gli uomini e non nella conformità alla legge (oggettiva)
di Dio» (III, p. 920). La seconda massima, Opera in modo da tratta-
re l’umanità, sia nella tua persona, sia in quella di ogni altro, sempre
come fine, e mai semplicemente come mezzo, sottolinea il finalismo
della morale, in quanto in nessun caso l’uomo può essere considera-
to mezzo, perché è assolutamente fine a se stesso. L’uomo è l’unico
essere libero dai determinismi della natura, perciò mentre tutti gli
altri esseri sono cose e hanno un prezzo, perché possono essere usati
come mezzo, solo l’uomo è persona e ha una dignità, propria di chi
è fine a se stesso. La terza massima, Agisci in modo che la tua volontà
possa essere considerata come istituente una legislazione universale,
conferma l’autonomia della ragion pura, che è legislatrice a se stessa,
collegando la prima massima, che stabilisce l’universalità oggettiva
della norma, con la seconda, che enuncia la finalità soggettiva della
norma. L’uomo è principio e fine della legge morale, suddito e re.
Ma le massime morali non sono ancora sufficienti a spingere l’uomo
ad aderire alla legge, per cui Kant cerca una motivazione dell’azione
morale nel sentimento di rispetto per la legge, un sentimento morale,
un sentimento puro, che non è però un estrinseco movente alla mo-
ralità, ma la stessa moralità considerata come movente, la stima di-
sinteressata per la legge. Maritain rileva che per Kant «Il dovere per
il dovere è l’unica motivazione autenticamente morale e in questa
motivazione pura un solo impulso del cuore è possibile: il rispetto
per la legge» (XI, p. 410). Siamo nel punto più critico del pensiero
kantiano, perché non è cosa facile sostenere un sentimento a priori
e ritenere che una pura rappresentazione della legge sia obbligante.
Maritain passa poi ad analizzare il problema della libertà, rilevan-
do che in Kant c’è una confusione tra il libero arbitrio, come capacità
di scegliere (libertà psicologica), e la libertà di autonomia, come ade-
sione alla legge (libertà morale). La libertà coincide con la moralità,
perché consiste nel dare a se stessi la legge, nell’essere indipendenti da
qualsiasi condizionamento esterno, sia esso un’inclinazione della sen-
sibilità o una rappresentazione della ragione, provenga dall’esperien-
za personale o si fondi sull’autorità di altri. Maritain rileva: «La libertà
di scelta è un prerequisito della moralità, non la sua forma. Essa è la
materia propria della moralità, perché solo degli atti liberi sono capaci
di regolamentazione morale, come la materia lavorata dallo scultore
o la musica sono capaci di regolamentazione artistica, nei due casi è
la ragione che dona la misura e la forma» (V, p. 350). Maritain in Una
filosofia della libertà (V, pp. 325-387) precisa che l’uomo diventa ve-
30 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Kant, che di fatto fa della volontà morale il tipo della cosa in sé,
in quanto il Regno dei fini si pone oltre il mondo della sensibilità,
recupera la libertà e l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio con
i postulati della ragion pratica, che sono proposizioni teoretiche non
dimostrabili, ma che devono essere presupposte dall’azione morale.
I postulati non estendono la conoscenza oltre i limiti dell’esperien-
za, perché la loro funzione è pratica e non teoretica. Se i postulati
richiamano le tre idee della ragione, relative alla psicologia, alla co-
smologia, alla teologia, non sono però dei contenuti di conoscenza,
nulla ci dicono della natura del mondo intelligibile, ma sono delle
intuizioni morali, proprie della fede della ragion pratica. Il primo
postulato è la libertà di scelta, perché senza libertà non ci sareb-
be responsabilità morale. Non si può avere esperienza della libertà,
perché nel mondo dell’esperienza tutto è determinato dalla legge di
causa ed effetto, ma di essa si ha certezza in quanto è la ratio essendi
della moralità, perché se devi, puoi. La soddisfazione che nasce dal
compiere il proprio dovere, non distrugge il valore morale, perché
non è la causa del nostro comportamento, ma la conseguenza. Il be-
ne supremo è la moralità, ma ciò non esclude che nel sommo bene
possa essere anche inclusa la felicità. Questa coincidenza tra virtù e
felicità è possibile se si ammettono gli altri due postulati, l’immorta-
lità dell’anima e l’esistenza di Dio. In questo mondo non è possibile
raggiungere la perfezione morale, perciò l’immortalità dell’anima è
necessaria affinché l’uomo possa proseguire il suo perfezionamento;
e poiché in questo mondo non sempre chi è onesto è felice, è necessa-
ria l’esistenza di Dio onnipotente e giusto che possa premiare ciascu-
no secondo i suoi meriti. Maritain rileva, che questa riconciliazione
tra la legge del mondo della libertà (il dovere per il dovere) e la legge
del mondo della natura (il desiderio della felicità) è «una riconcilia-
zione tra pura riverenza per la legge e il puro eudemonismo. Kant
respingendo il desiderio della felicità dall’ordine proprio della mo-
rale, rinuncia a fargli trascendere se stesso e ad affrancarlo dall’eude-
monismo. […] Egli, che ha cercato qualcosa di più del disinteresse
della morale dei santi, propone il superdisinteresse di un’etica nella
cui struttura il fine ultimo soggettivo non ha alcun posto» (XI, p.
412). Nella morale kantiana «Dio non ha alcun ruolo» (XI, p. 413),
interviene «a cose fatte» (ibid.), al di fuori della struttura dell’ordi-
ne morale; «Dio è un’appendice della morale, non il fondamento di
32 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
1
Cf. il celebre Inno al dovere della Critica della ragion pratica, I, 1, 8.
I. Oltre l’illuminismo 33
Dio, e come Cartesio esce dalle premesse idealistiche del cogito per
ammettere, al di là dell’io, un Dio trascendente e il mondo della ma-
teria estesa, così Kant, e meno contraddittoriamente dei precedenti,
anche se con altrettanta difficoltà, ammette la realtà metafisica come
limite dell’esperienza, come postulato della morale, come esigenza
del sentimento. Soprattutto è l’uomo che si ripresenta ricostituito
nella sua unità di conoscere, di volere e di sentire, anche se tra que-
ste forme dell’attività dello spirito non vi è quella intima reciprocità
e circolarità tipiche del pensiero greco e cristiano. Di fronte all’intel-
lettualismo cartesiano e al meccanicismo hobbesiano, che finivano
per negare la libertà dell’uomo, il criticismo kantiano rivaluta l’uo-
mo come persona libera.
Kant supera le posizioni unilaterali dell’empirismo e del razio-
nalismo riconciliando l’esperienza con la ragione, il senso con l’intel-
letto, la materia con la forma, ma mentre in Aristotele questa sintesi
ha un valore oggettivo e reale, per Kant ha solo un valore soggetti-
vo e fenomenologico. Materia e forma nel realismo costituiscono in
singolo l’essere, per il criticismo costituiscono in sintesi il conosce-
re. Per Kant oggettività significa soltanto universalità trascendenta-
le, per cui una conoscenza è vera e un’azione è buona quando siano
formulate dall’io penso e dall’imperativo categorico secondo le for-
me universali del conoscere e dell’agire; ciò non significa riferimento
all’essere, all’oggetto in sé, e quindi si resta sempre nel soggettivi-
smo, anche se non si tratta più di un soggettivismo empiristico, per
cui ciascun singolo soggetto ha la sua opinione particolare e cerca il
proprio utile individuale, ma di un soggettivismo universale.
È costantemente presente nel sistema kantiano l’esigenza di
Dio, come idea della Ragion pura, come postulato della Ragion
pratica, come fine della natura nella visione teleologica, ma l’auto-
nomia dell’imperativo categorico stabilisce che non Dio, ma l’io è il
fondamento dell’ordine morale, per cui è la metafisica dei costumi a
porre l’ordine metafisico. D’altra parte la riduzione della religione
nei limiti della ragione umana conferma questa posizione, malgrado
la sincera fede personale di Kant. Per garantire la dignità dell’uomo,
Kant oppone la morale e la religione, dimenticando che, essendo una
creatura, l’uomo non può dare legge a se stesso se non accettando
l’essere di cui è costituito e che gli è donato da Dio per partecipazio-
ne. L’autonomia assoluta riferita all’uomo rappresenta la conclusio-
ne dell’antropocentrismo dell’umanesimo-rinascimento sviluppato
dall’illuminismo. Ma a queste conclusioni Kant non giunge per de-
40 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
2
Rudolf Euchen (1846-1926), filosofo tedesco che ha studiato soprattutto il pro-
blema della morale in Storia e critica dei concetti fondamentali del nostro tempo (1878)
e Il significato e il valore della vita (1908).
I. Oltre l’illuminismo 41
2. L’idealismo
L’idealismo ha fatto cadere la barriera che divideva
l’essere logico dall’essere reale e il reale,
introdotto di forza, nell’essere logico di ragione,
fa violenza alla logica (XI, pp. 455.457).
La grande sofistica
L’idealismo etico
Friedrich Schelling
del mio sistema (1801), che costituiscono gli scritti più organici e si-
stematici del primo momento della sua ricerca, quando si muove tra
Fichte e Hegel, e segnano il passaggio dell’idealismo tedesco da po-
sizioni soggettivistiche a posizioni oggettivistiche.
Poi, abbandonata l’Università di Jena, va pellegrinando per al-
tre università, mentre Hegel è al colmo del suo successo a Berli-
no. Si verifica in questo periodo una crisi che lo porta verso forme
di irrazionalismo e di critica all’idealismo. Sono di questo perio-
do due opere importanti, Filosofia e religione e Ricerche filosofiche
sull’essenza della libertà umana e gli oggetti con questa connessi. Nel
1841, chiamato da Federico Guglielmo IV, ottiene la cattedra di He-
gel all’Università di Berlino, ma non può far dimenticare la gloria
dell’antico condiscepolo, e poco dopo abbandona la cattedra.
L’idealismo estetico
L’idealismo assoluto
dei quadri logici, degli enti di ragione, che sono estrinseci alle cose e
non esistono che nella nostra mente» (XI, p. 451). Maritain cita un
testo di san Tommaso: «Il dialettico, come il metafisico, considera
tutte le cose […] in quanto convengono in una certa unità […] tut-
te le cose non convengono che nell’essere […] è dunque chiaro che
l’oggetto della dialettica è l’essere […] ma l’essere considerato dal
filosofo è l’essere reale, quello considerato dal dialettico è l’essere di
ragione ossia l’essere de-realizzato» (XI, p. 453) che esiste solo nel
pensiero, attraverso il concetto, come segno cognitivo. Invece in He-
gel, il più coerente degli idealisti, si ha un’identificazione tra essere e
pensiero, tra cosa e concetto. La dialettica viene posta a fondamen-
to di tutto il sistema filosofico. Si ha un idealismo oggettivo, perché
l’oggetto coincide con il soggetto, la realtà con la razionalità. L’Idea
non è l’idea in un soggetto che la pensa, nel mondo della logica, ma
l’Idea è per se stessa autocosciente e ontologica, pensiero reale. L’af-
fermazione cartesiana è portata alle estreme conseguenze, si trasfe-
risce il cogito dal soggetto all’oggetto: l’essere è in quanto si pensa.
Secondo Hegel quello di Platone non è un idealismo coerente,
perché accanto alle idee ammette le cose, perché non vi è una sola
idea, ma molteplici idee coordinate e finalizzate verso l’idea di Bene,
perché l’idea è ontologicamente precedente e anteriore al concetto.
In Hegel si ha un idealismo assoluto, perché vi è una sola Idea, e
nulla esiste al di fuori di quest’unica Idea, e questa Idea è essa stessa
concetto e non l’oggetto del concetto. Si ha quindi l’assoluta imma-
nenza dell’ideale nel reale, dell’universale nel particolare, del pensiero
nell’essere, dell’Uno nei molti, di Dio nel mondo. Come in Spinoza
i singoli individui non sono altro che provvisorie e fenomeniche mo-
dificazioni dell’unico essere, puri modi di essere; ma con la differen-
za che in Spinoza l’unico essere era Dio, e qui invece è l’Idea, per
cui anziché un monismo panteistico si ha un monismo idealistico.
Hegel si pone quindi in quell’indirizzo monista che attraverso Spi-
noza si riallaccia a Bruno nel rinascimento, a Cusano nell’umanesimo,
a Scoto Eriugena nel medioevo, a Plotino e agli stoici nell’ellenismo e
a Parmenide nei presocratici.
Per Maritain, Hegel non ha compreso l’analogicità dell’essere,
non ha compreso che l’essere è un trascendentale, che si diversifica
in ogni essere concreto, pur restando se stesso. Ha concepito l’esse-
re in maniera univoca, al limite del nulla, un genere logico privo di
consistenza. Maritain ne I gradi del sapere (17) rileva: «In un senso,
non vi è nulla di più povero dell’essere, giacché per scorgerlo biso-
60 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Lo storicismo
3
Maritain precisa: «L’essere in quanto essere, oggetto del metafisico, che lo coglie
con l’abstractio formalis, con la consistenza intelligibile essenzialmente variata dalla sua
comprensione analogica, va del tutto distinto dall’essere colto con l’abstractio totalis,
come il più universale dei nostri quadri logici» (IV, p. 652).
II. L’età delle ideologie 61
dalla storia. Maritain precisa: il vero «storicista non è colui che rac-
corda la successione degli avvenimenti a qualche sistema di cause
fisse e permanenti; al contrario è colui che pretende si spiegare tut-
to con un concatenamento di cause accidentali, di cause semplice-
mente storiche» (III, p. 1378). Maritain ritiene che l’idealismo di
Hegel sia una sorta di gnosticismo, perché tutto il sapere umano si
risolve nella storia, perché Hegel ha scambiato la filosofia della sto-
ria per una metafisica, mentre «essa appartiene alla filosofia morale
in quanto considera gli atti umani visti nell’evoluzione dell’uma-
nità» (X, p. 644) tenendo conto del libero arbitrio dell’uomo. Ma
«Hegel ha misconosciuto l’incidenza della libera iniziativa umana
nella storia» (X, p. 635). Infine Maritain, rileva la contraddizione
fondamentale di questa filosofia della storia, perché la storia non è
più un libero divenire dell’umanità, ma si fissa nel momento presen-
te, considerato come definitivo: «La libertà del filosofo riguardo al
tempo, la possibilità di dire ciò che è vero per sempre, è così essen-
ziale alla filosofia, che i filosofi, per i quali nulla emerge al di sopra
del tempo, sono costretti a porsi essi stessi alla fine del tempo, come
faceva Hegel» (XI, p. 731).
Il divenire dell’Idea
4
Maritain osserva che i tre stadi della filosofia dello spirito di Hegel sono più di
ordine metafisico che di ordine storico, ma facendo un’analisi storica constata che «il
diritto astratto ha avuto la sua tipica manifestazione ai tempi dell’Impero romano, la
morale nei secoli del cattolicesimo e nel secolo dell’illuminismo, l’eticità quando la co-
munità tedesca protestante prende forma politica» (X, p. 691).
70 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
4. L’irrazionalismo
L’ondata irrazionalistica è la tragica peripezia dell’umanesimo razionalistico.
Essa reagisce contro l’umanesimo della ragione chiusa in se stessa,
ma aprendo l’uomo alle potenze inferiori,
imprigionando la creatura nell’abisso della vitalità animale (VII, p. 17).
Arthur Schopenhauer
5
Cf. P. Viotto, Erik Peterson, in Id., Grandi amicizie. I Maritain e i loro contempo-
ranei, Città Nuova, Roma 2008, p. 15.
76 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
si esprime negli esseri individuali, che sono dei modi di essere prov-
visori di un’unica volontà. Dalla gravitazione universale ai processi
molecolari, dalla cristallizzazione dei minerali alla vita vegetativa,
dall’istinto animale alla volontà umana, è sempre la stessa e unica
Volontà irrazionale che si manifesta. Schopenhauer sostituisce al mo-
nismo razionalistico di Hegel, che si esprime nel divenire di un’unica
Idea, il monismo irrazionalistico, che si esprime nel divenire di un’u-
nica Volontà. Questa volontà in un primo tempo si particolarizza
nelle grandi specie, eterne come le idee platoniche, poi nei singoli
individui, provvisori e transeunti, come le onde di un oceano. La
specie umana è eterna, mentre i singoli uomini nascono e muoiono
senza avere alcuna sussistenza personale. L’amore umano, l’amore
di coppia, secondo Schopenhauer, è una trappola della specie uma-
na per mantenere la sua sopravvivenza.
Il noumeno, l’essere, è dunque volontà, se cessasse di volere non
sarebbe più, cesserebbe di essere; ma volere significa desiderare qual-
cosa, avere bisogno di qualcosa, mancare di ciò che si vuole, perciò
volere significa soffrire. La volontà è quindi dolore. Se un desiderio
viene soddisfatto sopraggiunge la noia, ma dura poco. Il piacere è so-
lo una cessazione momentanea del dolore, perché subito insorge un
nuovo dolore. L’uomo è prigioniero, non può evadere dalla sua con-
dizione, anche il suicidio sarebbe inutile, perché l’uomo potrebbe so-
lo liberarsi del suo corpo, ma non della sua anima che appartiene alla
specie umana e all’eterna volontà. Ma l’uomo può progressivamente
sedare la sua volontà, sostituendo ai motivi per vivere dei quietivi, fino
a raggiungere uno stato di non-volontà. Schopenhauer descrive i tre
momenti di questo percorso di liberazione: l’arte, la morale, l’ascesi.
Nella fruizione estetica l’uomo sospende la sua volontà di vive-
re nella contemplazione della bellezza, che lo allontana dall’ogget-
tualità del mondo fenomenico, dal mondo della rappresentazione
intellettuale. A questo riguardo Schopenhauer fa una gerarchia tra
le arti, elencandole secondo il maggiore o il minor grado di ogget-
tualità di ciascuna: l’architettura, la scultura, la pittura, la poesia, la
musica. Maritain in Arte e scolastica (2) osserva che, come in Kant,
anche qui si sgancia completamente la percezione del bello dall’in-
telligenza: «Così è sbocciata in Schopenhauer, e nei suoi discepoli,
una divinizzazione anti-intellettualistica della musica» mentre san
Tommaso afferma che il bello «è ciò che piace, essendo visto, essen-
do cioè l’oggetto di una intuizione» (I, p. 738). L’arte è solo un primo
momento di questo processo di liberazione e bisogna passare al mo-
78 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
L’estetica
Maritain nelle sue opere di estetica cita più volte Nietzsche, uti-
lizza anche il suo linguaggio, oramai acquisito dalla cultura contem-
poranea, ma non condivide la contrapposizione tra l’apollineo e il
dionisiaco, perché l’apollineo non rivela solo gli elementi di intelligi-
II. L’età delle ideologie 81
6
Cf. La clef des chants, in «La Nouvelle Revue Française», 260 (1° marzo 1935),
pp. 673-702 (V, pp. 778-809).
7
J. Maritain, Sur la musique d’Arthur Lourié, in «La Revue Musicale», 165 (feb-
braio 1936), pp. 266-271; tr. it. in «Vita e Pensiero», LXXXI, 7-8 (luglio-agosto 1998),
pp. 529-539 (VI, pp. 1060-1066). Cf. P. Viotto, Arthur Lourié: una lunga amicizia, in Id.,
82 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Grandi amicizie, cit., pp. 350-353; P. Viotto, Honegger, Milhaud e il gruppo dei Sei, in
ibid., pp. 346-350.
8
P. Viotto, Fruizione e creazione della bellezza in Maritain, in AA.VV., Filosofia e
Arte, Urbaniana University Press, Roma 2006, pp. 23-44.
II. L’età delle ideologie 83
Søren Kierkegaard
Esistenzialismo e tomismo
9
Maritain rimanda a R. Maritain, Storia di Abraham, Massimo, Milano 1978 (XIV,
pp. 567-617); cf. scheda n. 9, in P. Viotto, Dizionario delle opere di Raïssa Maritain, Cit-
tà Nuova, Roma 2005, pp. 76-84.
II. L’età delle ideologie 89
meglio del tremore. Ma non è per suo mezzo che la filosofia fa la sua
opera. Il delirio è permesso al profeta, è proibito al filosofo» (IX, p.
127).
Maritain riconosce «che l’intuizione centrale che animava l’e-
sistenzialismo di Kierkegaard sia in fin dei conti la stessa che è nel
cuore del tomismo: l’intuizione del valore assolutamente singola-
re dell’esistere, dell’existentia ut esercita, ma nata in seno ad una
fede angosciata» (IX, 295). In Kierkegaard «il termine intuizione
dell’essere non è più lecito, diciamo che egli viveva del senso asso-
luto del mistero della trascendenza infinita, attestata dai Patriarchi
e dai Profeti» (IX, p. 125). In lui, come nei filosofi russi emigrati a
Parigi, suoi discepoli, Lev Šestov (1866-1938) e Benjamin Fondane
(1898-1944)10 si manifesta «una colpa gravida di conseguenze, che è
quella di credere che per glorificare la trascendenza occorresse spez-
zare la ragione, mentre bisognava umiliarla davanti al suo Creatore e
con ciò stesso salvarla» (IX, p. 126). Per combattere la presunzione
dell’hegelismo, che riduce tutto alla razionalità, gli esistenzialisti so-
no scivolati in un irrazionalismo «che non rende giustizia ai mistici»
(IX, p. 127), i quali sanno raccordare l’esperienza dell’Assoluto me-
diante l’intuizione dell’essere, come san Giovanni della Croce, senza
contrapporre la mistica alla filosofia.
5. Il socialismo utopistico
Tutto ciò che nel socialismo, e nella lotta di classe,
vuol prendere il posto della salvezza e instaurare la felicità universale è falso,
ma una verità inoppugnabile esiste: lo stato attuale è tale che la lotta
contro l’ingiustizia sociale è necessaria (XII, p. 156).
10
Cf. P. Viotto, Benjamin e Geneviève Fondane, in ibid., pp. 258-260.
11
P. Viotto, Charles Péguy tra socialismo e cristianesimo, in Id., Grandi amicizie,
cit., pp. 179-184.
II. L’età delle ideologie 91
I primi teorici
12
Cf. P. Viotto, Yves René Simon e gli amici americani, in ibid., pp. 67-76. Cf. M.
Fourcade, Yves Simon entre saint Thomas et Proudhon, in «Cahiers Jacques Maritain»,
47 (dicembre 2003), pp. 4-22.
92 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
simo, che troverà in Russia con Stalin e in Cina con Mao Tze-Tung
le realizzazioni più radicali.
Maritain da filosofo rileva come l’ateismo sia intrinsecamente
connesso con il marxismo e la rivoluzione comunista per sua stes-
sa natura anticristiana, ma rileva che anche il socialismo utopistico
tiene Dio fuori dei processi della storia, tanto da scrivere in Rifles-
sioni sull’intelligenza (8): «Esiste su questo punto una tradizione
repubblicana e socialista. Proudhon proclama decaduto il sovrano
assoluto del mondo, Fourier non ammette che una collaborazione
societaria tra Dio e l’uomo» (III, p. 326). L’ateismo degli uni e il dei-
smo degli altri sono ancora le conseguenze dell’umanesimo antro-
pocentrico, nato nel rinascimento e sviluppatosi con illuminismo, e
straripa nel mondo, verso altre popolazioni che, attratte dal progres-
so tecnologico del mondo occidentale, finiscono per assorbirne la
mentalità borghese, perdendo la loro identità culturale originaria. Il
caso della Cina è emblematico. Maritain aveva previsto questo pro-
cesso fin dal 1927 quando in Primato dello spirituale (12) scrive: «È
molto significativo che questa invasione dell’ateismo, dello scientifi-
smo, del socialismo occidentali, capace di distruggere tutto ciò che
di spirituale c’è nell’antica cultura cinese […] sia anche capace di
esasperare in odio contro gli altri tutto ciò che di materiale (in senso
aristotelico) e di strettamente nazionale c’è in questa stessa cultura.
Per un diabolico paradosso i cinesi intossicati dai peggiori prodotti
dell’Occidente, si ergono contro il cristianesimo, oggi, proprio per
difendere i diritti della loro cultura» (III, p. 937).
Fatte queste considerazioni di base a livello di filosofia, perché il
socialismo veicola una filosofia materialistica, Maritain mette a fuo-
co il nodo centrale del socialismo, la riabilitazione del proletariato,
chiamato a diventare protagonista della vita politica. Riconosce che
il proletariato ha una sua missione nella storia, ma bisogna liberarla
dalla lotta di classe. Osserva che nella nozione socialista e comunista
di coscienza di classe si riscontrano due errori: «Da una parte un er-
rore di tipo liberale e borghese (in questo dapprima Proudhon, poi
anche Marx, restano dei piccoli borghesi) che fa dell’affrancazione
della classe operaia un ultimo episodio della lotta della libertà contro
il cristianesimo e la Chiesa ritenute forze di asservimento e di oscuran-
tismo. Dall’altra un errore di origine rivoluzionaria ed escatologica,
che è il concetto marxista della lotta di classe e il compito messianico
devoluto al proletariato» (VI, p. 549). Nella storia si giunge così ad un
processo di sostituzione con il quale i socialisti e i comunisti occupano
II. L’età delle ideologie 93
lo spazio lasciato libero dai cristiani, attraverso una triplice azione cul-
turale: a) la riabilitazione della causalità materiale, trascurata per una
sovravalutazione delle energie spirituali, b) la ricerca della salvezza at-
traverso la dialettica della storia, dimenticata per l’accentuazione del
fine ultimo della vita, la salvezza dell’anima, c) la valorizzazione del
proletariato a cui si riconosce una missione redentrice.
Maritain riconosce che questo atteggiamento di ostilità verso Dio
è dovuto al peccato di omissione dei cristiani, che non si sono suffi-
cientemente impegnati per realizzare la giustizia in questo mondo, e
nella Lettera sull’indipendenza (VI, pp. 253-288) invita i cristiani a re-
cuperare l’iniziativa sociale con un’azione politica cristianamente ispi-
rata superando la contrapposizione capitalismo-socialismo, perché
«in realtà non esiste nulla di più scandaloso, e in un certo senso di più
rivoluzionario (perché è rivoluzionario persino rispetto alla rivoluzio-
ne), del credere ad una politica cristiana e del pretendere di dare l’av-
vio in questo mondo ad un’azione politica cristiana. Ma il cristiano sa
che la prima maniera di servire il bene comune temporale consiste nel
rimanere fedeli ai valori di verità, di giustizia, di amicizia fraterna, che
ne costituiscono l’elemento principale» (VI, p. 297).
Il termine socialismo nasce in Inghilterra e probabilmente il no-
me fu usato per la prima volta da Robert Owen (1781-1838) nel
1827 nella sua rivista «Co-operative Magazine», e fu poi ripreso in
Francia da Pierre Leroux (1797-1871) in un saggio su L’individua-
lismo e il socialismo (1833). In Inghilterra e in Francia il socialismo
nasce come istanza morale per superare il liberalismo, non si defini-
sce come lotta di classe, né prevede la violenza come strumento di
rivendicazione sociale. Questo movimento viene chiamato nel 1839
da Jerome Adolphe Blanqui (1798-1854) socialismo utopistico nella
sua Storia dell’economia politica (1839), mentre in Germania, poco
dopo, il Manifesto del partito comunista (1848) denuncia che «questi
sistemi ravvisano il contrasto tra le classi, ma non vedono nel prole-
tariato una funzione storica e un movimento politico autonomo» e
proclama la lotta di classe come strumento per la rivoluzione, pro-
ponendo un socialismo scientifico che Engels analizza in L’evoluzione
del socialismo dall’utopia alla scienza (1888).
Sul piano della vita politica queste ambiguità si manifestano an-
che nel travaglio della storia dei partiti che si ispirano a queste filo-
sofie. Alcuni accettano la democrazia parlamentare e il pluralismo,
definendosi socialdemocrazia, altri si orientano verso il comunismo
e impongono la dittatura del partito unico. Ma il socialismo, come
94 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Pierre-Joseph Proudhon
13
Cf. Lenin, Materialismo e empiriocriticismo, in Opere Complete, Editori Riuniti,
Roma 1963, vol. XIV.
100 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
detronizzare Dio dal suo cielo! Non più religione, non più morale, non
più legge, non più riti, non più genitori, non più maestri» (III, p. 935).
Tutto questo nell’indifferenza del mondo occidentale, preoccupato
solo dei suoi interessi economici.
Troviamo in Maritain diversi rimandi agli ultimi discepoli di
Marx, che tentano alcune varianti sul marxismo: György Lukács
(1885-1971), filosofo ungherese che applica il marxismo alla criti-
ca estetica; Louis Althusser (1918-1990), filosofo algerino che, in
una raccolta di scritti Per Marx (1965), riassume e rielabora gli inse-
gnamenti di Marx, Lenin, Mao Tze-Tung. Roger Garaudy (1913),
filosofo francese, recentemente convertitosi all’islam, che cerca pos-
sibili connessioni tra il marxismo e la religione. Nessuna particolare
attenzione ai filosofi della Scuola di Francoforte, ma a Maritain inte-
ressa soprattutto la formazione del marxismo, e in questa ricerca si
serve anche degli studi del teologo svizzero Georges Cottier14.
Ludwig Feuerbach
14
G. Cottier, L’athéisme du jeune Marx, ses origines hégéliennes, Vrin, Paris 1959;
cf. G. Cottier, Itinéraire d’un croyant, CDL, Tours 2007.
II. L’età delle ideologie 101
Friedrich Engels
Karl Marx
puramente scolastica. I filosofi non hanno fatto altro finora che dare
diverse interpretazioni del mondo, ciò che importa è trasformarlo»
(VI, p. 345). Così la filosofia coincide con la storia, il pensiero con il
divenire. «Ciò che è più grave nel marxismo è il fatto che ci presen-
ta un filosofo che precipita la filosofia nell’attività pratica, sociale e
politica» (VII, p. 200). Il marxismo non solo ordina il pensiero all’a-
zione, ma identifica il pensiero nell’azione come tale, «fa consistere
la conoscenza stessa in un’attività sulle cose, un’attività di lavoro e
di dominazione della materia e di trasformazione del mondo» (VII,
p. 229).
Maritain analizza i «due caratteri dell’epistemologia marxista
che si possono chiamare praticismo e dialetticismo» e rileva che «il
modo con cui Marx afferma l’uno e l’altro significa la distruzione
della scienza» (VII, p. 228). Infatti Marx «non ordina solamente
all’azione la conoscenza come tale, ma fa consistere la conoscenza
stessa nell’azione […] in un’attività di lavoro e di trasformazione
del mondo» (ibid.). Marx «pretende di trovare nelle scienze stesse
il processo tipico della dialettica: l’automovimento del concreto per
negazione della posizione precedente», risolvendo la scienza nella
sua storia. «Questo processo consiste nel servirsi della storia di una
cosa per conoscere la natura della cosa, per spiegare la cosa stessa
con la sua storia» (VII, p. 230). Ma la poesia non è la storia della po-
esia, la fisica non è la storia della fisica.
Questi due aspetti, la prassi e la dialettica, si intersecano e si con-
dizionano reciprocamente, perché il successo di cui parla Marx non
è la riuscita individuale, come nel pragmatismo americano: «Non
si tratta, affatto, di una concezione pragmatistica che sostituisca il
rendimento pratico all’adeguazione alla realtà, per definire la verità.
L’operazione è più sottile e radicale insieme. È la verità stessa, l’ade-
guazione alla realtà, che è resa dipendente dalla prassi; e cambia, in
un senso o nell’altro, in ragione del fine pratico verso cui si muove,
in quel momento, il sapere dialettico» (XI, p. 627). I valori vengono
così storicizzati. «Verità, giustizia, bene, male, fedeltà, tutte le nor-
me della coscienza, oramai rese perfettamente relative, non sono più
che delle forme mutevoli del processo della storia, allo stesso modo
che per Cartesio esse non erano che delle creazioni contingenti del-
la libertà divina» (XI, p. 639). La verità muta a misura che il tempo
trascorre.
106 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Il rovesciamento dell’hegelismo
e la riabilitazione della causalità materiale
tatura del proletariato sono una necessità storica, perché «il prole-
tariato ha la missione sacra di salvare il mondo» (VI, p. 414) e solo
quando tutto il mondo sarà conquistato al comunismo sarà possibile
la pace. Maritain rileva che Marx ha operato nella società una sorta
di secessione di una parte rispetto al tutto «e ha chiesto agli operai
di tutto il mondo di non cercare altro bene comune che quello della
propria classe» (XI, p. 39) sostituendo al concetto di popolo come
corpo politico il concetto di classe, proprio come il nazionalsociali-
smo sostituisce al concetto di popolo il concetto di razza.
Maritain, in uno dei suoi ultimi scritti, Una società senza denaro
(XVI, pp. 1137-1152), osserva che è un’illusione credere alla fecon-
dità del denaro e che il concetto di plusvalore non è un concetto solo
marxistico, perché già la Chiesa per un certo tempo aveva ritenuto
illecito il guadagno ottenuto con gli interessi sul capitale. Infatti «la
somma di cui si tratta, stabilita prima ad un certo tasso di rendimento,
non può essere in realtà che un prelievo su quanto dovuto al lavoro
dell’uomo. È questa la qualità che caratterizza il regime capitalista.
Questo concetto non è stato inventato da Marx; egli non aveva che da
constatarlo, come possiamo fare noi, se abbiamo occhi per vedere. Ciò
che è proprio di Marx è di averne fatto, proclamando la lotta di classe,
uno strumento per la sua rivoluzione» (XVI, p. 1150). «Tanto quanto
Marx, anche san Tommaso ha la percezione dell’umiliazione inflitta
all’uomo dall’alienazione del lavoro al profitto altrui, che Tommaso
chiama servitù» (VIII, p. 89). Il marxismo promette, attraverso la lotta
del proletariato, una liberazione dell’uomo, e risolve il problema con
la violenza, trasferendo allo Stato ogni forma di proprietà. Maritain
osserva che malgrado il profitto sia il male radicale del capitalismo,
è preferibile vivere in libertà in un regime capitalista, cercando degli
strumenti per rimediare ai danni provocati dalla ricerca del profitto,
piuttosto che in un regime comunista, il quale come regime totalitario,
come dittatura del proletariato, toglie all’uomo la libertà, che è il dono
più prezioso della persona umana.
La morale comunista
15
B. Croce, Materialismo storico ed economia marxista, Laterza, Bari 1944.
II. L’età delle ideologie 113
16
R. Garaudy, Le Communisme et la morale, Editions Sociales, Paris 1945, p. 17.
17
Gli Stati totalitari-nazionali, eredi del vecchio antagonismo dell’Impero pagano
contro il Vangelo, rappresentavano una forza esterna eretta contro il cristianesimo per
asservirlo o annientarlo in nome del Potere politico divinizzato. «Al contrario, nono-
stante la filosofia materialista nella quale si concettualizza e che gli travisa il proprio
114 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
significato essenziale, il comunismo, che si situa nella linea storica del razionalismo mo-
derno, dell’umanesimo antropocentrico e delle aspirazioni democratiche passate sotto
l’obbedienza immanentista (e in lotta ideologica con le proprie fonti cristiane), in real-
tà deve essere considerato come un’eresia cristiana, l’ultima e del tutto radicale eresia
cristiana», «donde consegue che i comunisti e i cristiani hanno cattiva coscienza gli uni
verso gli altri» (IX, p. 233).
II. L’età delle ideologie 115
sta. A dispetto delle esigenze teoriche della dialettica, vede sorgere dai
conflitti della storia una umanità comunista, che appare come il punto
conclusivo, dove tutto sarà riconciliato, come nel Verbo di Dio» (VI,
p. 361). Il marxismo vuole realizzare sul piano della natura e della sto-
ria quell’umanità perfetta, che si potrà realizzare ad opera della grazia
di Dio sul piano della soprannatura solo alla fine della storia nel Re-
gno di Dio. «Nella lotta di classe e in questo messianismo escatologico
è stata falsata la presa di coscienza della dignità della classe operaia.
Questo culto dell’assoluto nella storia segna il passaggio dall’hegeli-
smo rudimentale del nazionalsocialismo, che aveva divinizzato la raz-
za, ad un hegelismo più profondo, che divinizza la classe proletaria
nel divenire dialettico della lotta di classe» (VI, p. 414).
L’errore dei socialismi consiste nella convinzione di poter mo-
dificare e migliorare l’uomo modificando le strutture sociali: «L’am-
biente è qualche cosa di esteriore all’uomo, non è per nulla l’uomo
stesso. Nel migliore ambiente possibile l’uomo stesso, con le sue
grandezze e le sue miserie, non potrebbe essere cambiato di un so-
lo iota» (XVI, p. 1144). Secondo Maritain il male non è solo nelle
strutture sociali sbagliate, ma soprattutto nel cuore dell’uomo, che
solo la grazia e la misericordia di Dio possono rimediare.
7. Lo spiritualismo italiano
Come in Francia, anche in Italia troviamo un indirizzo filoso-
fico che parte dall’illuminismo e si propone lo studio dell’origine
delle idee. I filosofi di questa scuola furono detti “ideologi” e nel-
la loro difesa dell’attività dello spirito, inderivabile dall’esperienza,
si avvicinano a Kant, che, non conoscendo direttamente, ma attra-
verso traduzioni imperfette o da citazioni di altri pensatori, spes-
so fraintendono, sempre però evitando di chiudere la conoscenza
nei limiti del fenomeno. Iniziata da Melchiorre Gioia (1767-1829)
nel Collegio Alberoni di Piacenza, centro di diffusione e di critica
del sensismo, questa scuola trovò con Giandomenico Romagnosi
(1761-1835) una posizione di equilibrio tra l’empirismo e il razio-
nalismo, indicando il processo gnoseologico in una componenza di
senso e di intelletto. L’inizio del conoscere è nella sensazione, per-
ché nulla vi è di innato, se non la capacità di conoscere, ma la sensa-
zione da sé non fa conoscenza se non interviene, con le sue forme a
II. L’età delle ideologie 117
priori, lo spirito, che se è una tabula rasa, non è però passività, ben-
sì attività. Ma il vero iniziatore dello spiritualismo è Pasquale Gal-
luppi (1770-1846), docente dell’Università di Napoli, che scrive la
prima storia italiana della filosofia moderna con le Lettere filosofiche
su le vicende della filosofia da Cartesio a Kant (1827). Il suo pensiero
ebbe una vasta diffusione; i suoi sei volumi di Elementi di filosofia
(1820-1827) erano diffusissimi nelle scuole del tempo, ma l’avvento
di Rosmini e di Gioberti, la mancanza di una solida metafisica fecero
declinare la sua fama.
Maritain non prende in considerazione questi pensatori (si può
rintracciare un solo rimando a Rosmini in una nota in una conferen-
za su Lo spirito della filosofia moderna tenuta all’Institut Catholique
di Parigi nel 1914 [I, p. 855]), ma dobbiamo considerare almeno
Rosmini e Gioberti. Nel primo, a prescindere dall’impostazione
gnoseologica legata a Kant, che falsa l’impostazione di base del suo
sistema, sul piano della metafisica e dell’etica si può riscontrare un
certo parallelismo tra i due filosofi. Il secondo, criticando Rosmini,
rimanda a quell’ontologismo, che Maritain aveva indicato come uno
degli errori radicali del pensiero moderno.
18
A. Rosmini, Nuovo saggio sull’origine delle idee, Libraria Editoriale Sodalitas-
Centro internazionale di studi rosminiani, Stresa, riproduzione anastatica in due volu-
mi dell’edizione Intra del 1875-1876, vol. I, pp. 440-442.
120 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
La metafisica e la morale
suo pensiero. Come in san Tommaso l’atto morale risulta da due ele-
menti: uno oggettivo, la legge colta dall’intelletto, e uno soggettivo,
l’intenzione propria della volontà. La legge morale non è quindi au-
tonoma, formulata dalla volontà umana, ma eteronoma, perché for-
mulata dall’Intelligenza divina, mentre l’esecuzione dell’atto morale
è autonoma, perché l’io liberamente aderisce alla regola morale. L’io
non stabilisce la regola, ma autonomamente la realizza. Ma l’uomo
non si accontenta di essere solo uomo: in lui c’è un’inquietudine do-
vuta allo scarto tra la sua intuizione dell’essere ideale infinito e la sua
realtà di essere reale finito; per questo non trova soddisfazione nei
fini particolari che riesce a raggiungere, ma aspira al fine ultimo suo,
che è Dio, pienezza di essere, coincidenza di essere ideale e essere
reale. Ma come per conoscere Dio, in se stesso, è necessario l’appor-
to trascendente della rivelazione, che mediante la fede ci fa parteci-
pare alla conoscenza che Dio ha di sé, così per raggiungere Dio sul
piano della morale occorre l’apporto trascendente della redenzione
che, mediante la grazia, ci fa partecipare alla vita di Dio. Il cristia-
nesimo si pone così come coronamento dell’umanesimo. Maritain a
questo riguardo introdurrebbe la differenziazione tra le aspirazioni
connaturali e le aspirazioni transnaturali della persona umana.
Il diritto e la politica
Stabilito un diritto naturale fondato sulla morale, Rosmini ne de-
riva che il diritto positivo dello Stato deve uniformarvisi concretiz-
zandolo, adattandolo alle singole situazioni. Lo Stato non è quindi
fonte del diritto, non è Stato etico, ma è esso stesso subordinato al
diritto. Rosmini circa l’origine dello Stato concorda con Aristotele e
san Tommaso, affermando che la persona umana è il fondamento
della società, la quale non nasce artificiosamente per un contratto,
ma naturalmente, attraverso l’unione delle famiglie, e sottolinea co-
me lo Stato abbia una funzione sussidiaria rispetto all’iniziativa delle
persone e delle famiglie. Il fine dello Stato è il bene comune, e la sua
massima virtù è la giustizia, per cui la politica va subordinata alla mo-
rale. Rosmini sottolinea come la carità non può surrogare, ma solo
integrare, la giustizia, che è la virtù fondamentale dell’ordine sociale,
tanto che nelle Massime di perfezione cristiana (1830) afferma, nella
prima massima, che occorre «Desiderare unicamente e infinitamente
di piacere a Dio, cioè di essere giusto»19. C’è un aspetto interessante
nella filosofia del diritto di Rosmini, che affianca il suo pensiero a
quello di Maritain, quando entrambi, pur ponendo la legge eterna di
Dio a fondamento del diritto naturale, riconoscono che la persona
umana è un soggetto di «diritto sussistente»20 e quando, Rosmini di
fatto e Maritain esplicitamente, ritengono che questi diritti e doveri
naturali siano percepiti dall’uomo in una conoscenza istintuale, pre-
razionale, perché, come osserva Giuseppe Goisis, entra «in gioco il
sentimento fondamentale dell’esistere quel sentire, precategoriale e
perfino preriflessivo, che non coincide col moto di assimilazione dei
valori, configurandone, invece, la precondizione fondamentale. È
proprio in virtù di tale sentimento fondamentale che la vita umana si
presenta, nel suo assieme, come apprezzabile e degna di essere vissu-
ta compiutamente, nonostante contraddizioni e delusioni, anche
amarissime»21. Maritain ritiene che l’uomo conosca questa legge non
per deduzione logico-concettuale, al modo di una serie geometrica,
ma mediante «una conoscenza per connaturalità o simpatia, in cui
l’intelletto arriva ai suoi giudizi consultando le inclinazioni interiori,
19
A. Rosmini, Massime di perfezione cristiana, Città Nuova, Roma 1976, p. 37.
20
Cf. M. D’Addio, Capograssi e Rosmini, in «Quaderni sardi di filosofia e scienze
umane», 15-16 (1896-97), pp. 97-113.
21
G. Goisis, Rosmini e Maritain: uno scrigno di valori a confronto con il vuoto del
nichilismo, in «Rivista Rosminiana», CIV, fasc. II-III (aprile-settembre 2010), p. 282.
124 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Vincenzo Gioberti
mente alla vita politica sabauda, come Primo ministro e poi come
inviato plenipotenziario di Vittorio Emanuele II a Parigi; ma qui si
ritira a vita privata. Maritain non cita mai questo filosofo, il cui pen-
siero è poco chiaro, impreciso nelle relazioni tra filosofia e teologia,
per cui la sua filosofia sembra ora ammettere la trascendenza ora
chiudersi nell’immanenza.
La morale e la politica
L’estetica
8. Il positivismo
Non deve sorprendere che l’empirismo sia stato portato
dallo sviluppo della sua logica interna a sfociare nel positivismo,
che non è una filosofia, ma un’evasione pseudoscientifica dalla filosofia,
un sostituto della filosofia (XI, p. 57).
22
Jacques Maritain redige una recensione per la «Revue de Philosophie» su F. Le
Dantec, La crise du trasformisme, Alcan, Paris 1910 (I, pp. 1082-1085).
23
Cf. Philosophie de l’organisme. Note sur la fonction de nutrition, in «Revue tho-
miste», XLIII, 2 (settembre 1937), pp. 263-275 (VI, pp. 981-1000).
24
Cf. Ernest Psichari, in P. Viotto, Grandi amicizie, cit., pp. 104-108.
II. L’età delle ideologie 133
25
Cf. la recensione di Maritain nella «Revue Universelle» (15 luglio 1925) al vo-
lume P. Lasserre, La jeunesse d’Ernest Renan, Histoire de la critique religieuse au XIX
siècle, Garnier, Paris 1925 (III, pp. 1367-1382).
134 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
26
Cf. J. Maritain, Prefazione a F. De Hovre, La pedagogia cristiana e le ideologie del
mondo contemporaneo, La Scuola, Brescia 1973, pp. 1-6.
II. L’età delle ideologie 135
27
Olivier Leroy (1884-1966?), autore di libri più volte citati da Maritain: La raison
primitive, essai de réfutation de la théorie du prelogisme, Geuther, Paris 1937; Sainte Jeanne
d’Arc, 2 voll., Alsatia, Paris 1954-1958. Maritain e Journet pubblicano nella loro collana
“Questions disputées” il libro di Leroy Les hommes salamandres (Desclée, Paris 1931) con
una postfazione di Journet.
28
Cf. Segno e simbolo, in Quattro saggi sullo spirito umano (30).
136 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
29
Cf. Pierre Teilhard de Chardin e l’evoluzionismo, in P. Viotto, Grandi amicizie,
cit., pp. 62-67.
138 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
stra vita psichica alla maniera di Stuart Mill, non vedendovi che dei
fenomeni in successione, si giunge a dichiarare che tutto si riduce in
noi a degli stati di coscienza legati gli uni agli altri in virtù delle leggi
dell’associazione; tutto come gli atomi materiali per la filosofia del-
la natura della fine del XVIII secolo erano tra loro uniti in virtù di
certe leggi di attrazione, che non erano che un caso particolare della
grande legge dell’attrazione universale» (I, p. 195).
Il più importante esponente del positivismo inglese, Herbert
Spencer (1820-1903), trasferisce l’evoluzionismo dal piano biologi-
co al piano cosmologico, finendo col dargli un significato metafisico.
Accolta la dottrina di Lamarck, in un primo tempo intende l’evolu-
zione iniziata per un atto di creazione e da questo orientata verso
un fine, ma poi si limita alla descrizione delle cause esterne che la
producono, attribuendole all’ambiente, prima di Darwin, che lo cita
nella prefazione de L’origine delle specie. Spencer formula un piano
di lavoro per Un sistema di filosofia sintetica, che realizza in diversi
volumi tra il 1860 e il 1893. Un posto a parte ha l’Educazione intel-
lettuale, morale e fisica, del 1861, l’opera classica del positivismo pe-
dagogico, che ebbe larga diffusione nei paesi anglosassoni.
Il sistema di Spencer inizia, alla maniera di Kant, con una di-
scussione sui limiti della conoscenza umana, riconducendoli al pia-
no del fenomeno, oltre il quale non ci è dato di andare se non ci
soccorre una rivelazione. La scienza ha per oggetto lo sperimenta-
bile, il fenomeno, oltre il quale c’è il mistero; la religione ha per og-
getto il soprasensibile, la cosa in sé, il noumeno. Così Spencer salva
la fede, distinguendo tra conoscibile e inconoscibile, ma la contrap-
pone alla scienza. L’esperienza è limitata al fenomeno, i dati che ne
riportiamo, pur non dandoci la realtà in sé, ne sono un simbolo;
per questo ci è possibile ammettere, al di sotto dei fenomeni, una
forza persistente, che è la causa dei fenomeni e che rimane costan-
te nel suo doppio aspetto di materia e di movimento. I singoli esseri
emergono dalla materia per il raccogliersi di elementi che prima era-
no dispersi, e scompaiono nella materia per il dissolversi di questa
composizione: all’evoluzione segue l’involuzione. Tutto il processo
cosmico si riduce perciò a fenomeni di integrazione e di disgrega-
zione. L’evoluzione è un’integrazione di materia, che va costituendo
l’individuo attraverso un processo che si articola in tre aspetti. La
concentrazione segna il passaggio dal semplice al composto (dalla
nebulosa primitiva al sistema solare); ma questa concentrazione av-
viene mediante una differenziazione, passaggio dall’omogeneo all’e-
II. L’età delle ideologie 141
30
Cf. La filosofia della natura: Hans Driesch, in P. Viotto, Grandi amicizie, cit., pp.
26-30.
II. L’età delle ideologie 143
31
Cf. gli articoli nei «Cahiers de philosophie de la nature» promossi da Maritain
con un gruppo di scienziati dal 1925 al 1932.
144 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
32
L. Lévy-Bruhl, La philosophie d’Auguste Comte, Alcan, Paris 1900.
II. L’età delle ideologie 145
La religione dell’umanità
stessa relazione con l’oggetto […]. Donde segue che nessun giu-
dizio, quale che esso sia, e in particolare nessun giudizio morale, è
universalmente valido, e che tutte le nostre norme di condotta sono
relative al tempo e alla diversità dei momenti storici» (XI, pp. 694-
695). Il pensiero debole si muove in questo relativismo. «Il secondo
atteggiamento dottrinale è quello del positivismo logico e dei suoi
succedanei i quali, spingendo più lontano di Comte talune vedute di
Comte stesso, considerano come fornite di senso e capaci di essere
estese a validità intersoggettiva soltanto le asserzioni proprie delle
scienze dei fenomeni, che hanno a che fare solo con i dati e con i me-
todi di osservazione e di misura» (XI, p. 695). Il pensiero debole ri-
nuncia alla metafisica. «Il terzo atteggiamento dottrinale è quello del
sociologismo, che non si confonde con la sociologia più che lo stori-
cismo si identifichi con la storia, e che ritiene (era questa particolar-
mente la posizione di Émile Durkheim) che tutto quanto concerne
la condotta umana, il comportamento degli individui come quello
del gruppo, le idee, le credenze e le regole che vi presiedono, mette
capo ad un unico sapere, la sociologia, pura scienza d’osservazione
dei fatti sociali o fenomeni sociali» (XI, pp. 694-696). Il pensiero de-
bole si ferma all’opinione.
In conclusione il positivismo si presenta più come un’ideologia
che come una filosofia, al punto da fare violenza alla scienza stessa.
Infatti, osserva Maritain: «I teorici della scienza e della sua propria
logica, soprattutto Meryerson in Francia, hanno dimostrato che lo
scienziato, se si osserva non ciò che dice ma ciò che fa, senza fare ca-
so delle sue opinioni e dei suoi pregiudizi filosofici, e delle sue sud-
ditanze teoriche al positivismo, mette realmente in opera, una logica
che non ha nulla a che vedere con le costruzioni del positivismo clas-
sico o dell’empirismo» (XI, p. 71). Il positivismo, avendo sganciato
le scienze dal sapere filosofico, avendo ridotto la filosofia a fare la
segretaria delle scienze, privandola del suo oggetto proprio, si pone
oltre il criticismo kantiano. «Nell’ordine speculativo il positivismo è
una reazione contro Kant nel senso che Kant, pur rendendo critica
e non più dottrinale, l’opera della filosofia, restava un filosofo del-
la tradizione aristocratica, stimava cioè la filosofia una disciplina di
rango superiore, una disciplina-regina, incentrata su un oggetto che
le apparteneva in proprio, che costituiva per essa un ambito o ter-
ritorio noetico indipendente. Proprio mentre si persuadeva dell’im-
possibilità di ogni metafisica come scienza, egli rimaneva tutto preso
dalla metafisica e si dava a restaurarla nella sua verità, mediante la
154 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
credenza. L’idea dell’attività dello spirito, per quanto male del re-
sto l’abbia potuta intendere, era all’origine della sua ricerca. E se
limitava la nostra conoscenza ai fenomeni e al mondo dell’esperien-
za, collocava però nelle regioni non attinte dal sapere l’esistenza del
noumeno o cosa in sé» (XI, p. 690). Il positivismo non è una filosofia
critica o una filosofia dottrinale, ma un’ideologia.
Ciò detto Maritain distingue nella selva dei positivisti un posi-
tivismo di destra e un positivismo di sinistra: «Vi è un positivismo
di sinistra liberale, umanitario, ingenuo e incoerente, che milita per
la giustizia, per la fraternità umana e per i diritti umani ritenendo
nullo e come mai avvenuto tutto ciò che fonda razionalmente tali
nozioni. Vi è d’altronde un positivismo di destra cinico e articolato,
utopico al pari del positivismo di sinistra, ma all’insegna dell’ordine
e della forza, che in nome della natura e delle sue necessità, e di un
realismo sedicente scientifico, nutre una profonda avversione per
la giustizia e per i valori morali» (XI, p. 694). Malgrado il giudizio
critico sull’insieme del positivismo, Maritain, a riguardo dell’ipote-
si di un evoluzionismo biologico, si dimostra possibilista tanto da
scrivere in Verso un’idea tomista dell’evoluzione (XIII, pp. 573-648):
«Notiamo di sfuggita che, nonostante il dubbio radicale a cui si ras-
segnano oggi molti scienziati quanto alla possibilità di trovare una
spiegazione scientifica delle cause dell’evoluzione, significherebbe
fare ingiuria allo spirito umano il rinunciare alla speranza che questa
spiegazione, sempre soggetta a revisione, come tutte le spiegazioni
della scienza, possa essere un giorno trovata» (XIII, p. 600). Ma si
tratta di verificare, al di là dell’evoluzione biologica, il tutto con una
sicura filosofia della storia e non fermarsi all’elencazione dei fatti,
senza pretendere che la storia sia la scienza ultima. «La storia come
pura elencazione dei fatti corrisponde ad una necessità assoluta. Ma
essa non è affatto una scienza, come immaginava l’ingenuo positi-
vismo del XIX secolo. Essa è una parte integrante della storia, una
tecnica e una disciplina indispensabili (critica dei documenti, critica
delle testimonianze, paleografia, ecc.), avente come scopo quello di
osservare le situazioni del passato e di preparare del materiale atten-
tamente verificato e vagliato, che lo storico dovrà in seguito pesare,
valutare, interpretare ed organizzare al fine di comprendere il suc-
cedersi degli avvenimenti nella loro interdipendenza» (X, p. 754).
Anche perché la storia non è fine a se stessa: «Un filosofo cristiano
della storia non potrà mai installarsi, come hanno fatto Hegel, Marx
e Comte al termine del tempo» (X, p. 749).
II. L’età delle ideologie 155
uno dei fini principali della sua opera è stato quello di distinguere la
filosofia dalla teologia, e di stabilire così l’autonomia della filosofia.
Questa autonomia è stata da lui fondata in linea di principio. Dopo
di lui non è riuscita a fondarsi veramente di fatto; non vi è ancora
riuscita. Il nominalismo degli scolastici succeduti a san Tommaso
non poteva che compromettere questa autonomia, privando la me-
tafisica delle sue certezze, per riservarle esclusivamente al dominio
sovrarazionale della fede. L’imperialismo filosofico dei grandi pen-
satori succeduti a Cartesio l’ha compromessa in un altro modo, del
tutto opposto, privando delle sue spettanze la sapienza teologica per
gravare la metafisica e la filosofia morale di quei compiti e responsa-
bilità supremi di cui la teologia era stata la depositaria e che la filo-
sofia prendeva ormai su di sé, dapprima con un vanaglorioso
ottimismo, poi con il nero pessimismo delle grandi disillusioni. Il
sistema di Malebranche è una teofilosofia; il monadismo di Leibniz
è una trasposizione metafisica del trattato degli Angeli di Tommaso,
la morale di Kant è una trasposizione filosofica del decalogo. Alla
fine il positivismo di Auguste Comte è sfociato nella religione dell’u-
manità» (IX, p. 130). Questo scientifismo, che riduce tutto il sapere
a conoscenza empirica, attraverso il pragmatismo americano è dila-
gato nel mondo, facendo del capitalismo la regola delle relazioni tra
i popoli, diffondendo un’ideologia materialistica, più o meno espli-
citamente legata ad un’indifferenza per i valori religiosi. Maritain in
Riflessioni sull’America (52) conclude: «Resta che la diffusione uni-
versale di una specie di positivismo anonimo e volgarizzato, al quale
in America il pragmatismo ha dato una spinta intellettuale, non può
che rendere più insidioso questo materialismo» (X, p. 785).
Nella filosofia contemporanea le correnti di pensiero si interseca-
no e si confondono, la filosofia dei valori si accompagna al neokanti-
smo, l’esistenzialismo deborda nella fenomenologia, il tomismo, in
alcuni pensatori, si diluisce nel personalismo; i filosofi del pensiero
debole non sviluppano una riflessione sistematica, le loro argomenta-
zioni sono più intuizioni slegate che ragionamenti consolidati. Mari-
tain si è appena affacciato al mondo postmoderno, anche se ha colto
le linee fondamentali di quanto stava accadendo nell’universo del sa-
pere. Nella cultura e nella società c’è ancora un prevalere delle scienze
sulla saggezza, ma, a poco a poco, anche il mondo scientifico sta pren-
dendo coscienza della necessità di un’apertura al sapere filosofico, su-
perando le chiusure dello scientifismo positivista, Maritain constata:
«I magnifici rinnovamenti di cui la fisica è debitrice da un lato a Lo-
III. La crisi della modernità 159
33
Léon Brunschvicg (1869-1944), docente di filosofia in diversi Licei e poi alla
Sorbona, incontrò più volte Maritiain alla Société française de philosophie. Tra le
opere: Introduzione alla vita della mente (1910), Natura e libertà (1929), Cartesio e Pa-
scal lettori di Montaigne (1942).
160 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
2. La fenomenologia
Questa scuola filosofica nelle sue intenzionalità non è del tut-
to lontana dal tomismo, perché vorrebbe approdare all’essere, e ha
un precursore in Franz Brentano, studioso di Aristotele, e uno svi-
luppo in Edith Stein, alunna del suo maggiore esponente, Edmund
Husserl, che cerca una conciliazione tra fenomenologia e realismo
nell’ambito di una filosofia cristiana; mentre altri discepoli del mae-
stro come Max Scheler e Martin Heidegger contaminano la fenome-
nologia l’uno con la filosofia dei valori l’altro con l’esistenzialismo.
Maritain scrive ne I gradi del sapere (17): «È curioso constatare che
all’origine del movimento fenomenologico è avvenuta una specie di
attivazione della filosofia post-kantiana, attraverso un contatto con
germi aristotelici e scolastici trasmessi da Brentano. Le nozioni di
Wesenschau e di intenzionalità lasciano chiaramente riconoscere i
loro ascendenti. Ma fin dall’origine tutto è deviato per il fatto che
la riflessività è stata utilizzata come primum, ci si è installati in es-
sa per percepire a priori l’immediato, come se la riflessione, ritor-
nando sulle operazioni dirette e sul loro oggetto inizialmente colto,
potesse ritagliarsi in questo un oggetto, un oggetto attinto prima di
questo stesso oggetto, più immediatamente di esso» (IV, pp. 445-
446). E rileva che non si possono fare dei primi passi un ritorno
sui propri passi, non si può percepire l’oggetto partendo a priori,
dalla soggettività. Franz Brentano34, più interessato alla psicologia
che alla filosofia, porta avanti la sua ricerca sulle intenzionalità del
soggetto, non parte dalle cose esistenti esternamente alla coscienza,
ma dai fenomeni psicologici della coscienza, anche se ammette che
non può esserci udire senza qualcosa di udito. Parte dalla psicolo-
gia perché garantisce la certezza dei fenomeni che esamina e coglie
in un colpo solo (mit einem Schlage) con un’evidenza assoluta le
leggi che li governano. Brentano vorrebbe uscire dal soggetto, per-
ché non vi è soggettività senza oggettività, ma vi rimane prigioniero
in quanto la coscienza intenzionale fa riferimento ad un oggetto di-
stinto da essa ma presente in essa. E. Husserl delinea con maggiore
precisione l’impostazione fenomenologica della filosofia, che non
34
Franz Brentano (1838-1917). Domenicano, nel 1973 abbandona il cattolicesi-
mo. Professore a Würzburg e a Vienna, nel 1895 si ritira dall’insegnamento e vive gli
ultimi anni in Svizzera. Tra le opere: Psicologia dal punto di vista empirico (1874), Intor-
no all’origine della conoscenza morale (1889), Della classificazione dei fenomeni psichici
(1911).
162 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Edmund Husserl
35
Ebreo, si converte al cristianesimo nella Chiesa evangelica; dopo studi di mate-
matica sotto l’influenza di Brentano si dedica alla ricerca filosofica e insegna prima a
Gottinga poi a Friburgo. Tra le opere: Idee per una fenomenologia (1913, più edizioni),
Meditazioni cartesiane (1932).
III. La crisi della modernità 163
Edith Stein
36
Edith Stein, di famiglia ebrea, negli anni dell’università si dichiara atea. L’incon-
tro con Max Scheler la porta a maturare la conversione al cattolicesimo (1922). A Got-
tinga frequenta il gruppo dei fenomenologi, e riordina i manoscritti di Husserl.
Insegnante a Munster, scopre la Scolastica, nel 1933 entra nel Carmelo di Colonia, du-
rante la guerra ripara in un Carmelo olandese. Catturata dai nazisti muore ad Au-
schwitz. Tra le opere: La fenomenologia di Husserl e la filosofia di san Tommaso (1929),
Potenza e atto (1932), Essere finito ed eterno, La scienza della Croce, Studio su san Gio-
vanni della Croce, La donna, il suo compito secondo la natura e la grazia (postume) L’o-
pera omnia è in corso di edizione presso l’editrice Città Nuova di Roma. Su di lei, cf.
H.B. Gerl, Edith Stein, vita, filosofia, mistica, Morcelliana, Brescia 1998.
37
Cf. P. Viotto, Edith Stein e Simone Weil, incontri fugaci, in Id., Grandi amicizie,
cit., pp. 242-245.
166 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
è, come creato, in situazione in relazione con Dio, cosa che non può
essere compresa del tutto con le risorse proprie della filosofia, e per-
ché non solo l’uomo ma tutto il cosmo sono avvolti dal mistero della
caduta e della redenzione». Per la Stein, che non distingue con esat-
tezza i diversi livelli cognitivi, naturali e soprannaturali, la rivelazio-
ne si identifica con tutta la verità. A proposito del suo libro L’essere
finito e l’essere eterno. Saggio per un approccio al senso dell’essere la
Stein scrive a Maritain: «Come sarebbe prezioso per me potermi in-
trattenere qualche volta con voi. Io presumo volentieri che voi avre-
ste negato il diritto di esistenza al mio libro, a causa del fatto che mi
mancano le basi di una formazione scolastica fondamentale. Ho fat-
to presente queste mancanze ai miei superiori, e con insistenza, ma
invano. Ma bisogna che lo riconosca io stessa: se avessi voluto atten-
dere per avere una posizione personale di avere colmato tutte le mie
lacune, non sarei più arrivata ad essere utile agli altri, e invece lo
posso un poco fin da ora sulla base delle mie conoscenze frammen-
tarie» (16 aprile 1936).
Maritain nel 1932 aveva inviato alla Stein I gradi del sapere, ope-
ra nella quale analizza i diversi livelli di conoscenza, che intercorro-
no tra la filosofa, la teologia e la mistica. La Stein le rispose: «Molti
cordiali ringraziamenti per avere avuto la bontà di inviarmi il vostro
ultimo grande libro. Sarà per me di grande profitto poterlo studiare.
Purtroppo il mio tempo è talmente preso dai miei obblighi imme-
diati verso l’Istituto di pedagogia, che mi dedico poco alle questioni
essenziali della filosofia e allo studio della filosofia scolastica che mi
sarebbe tanto necessaria» (6 novembre 1932). Da questi frammenti
di corrispondenza si può capire che l’allieva di Husserl ha stima per
san Tommaso, ma non ha modo di approfondire lo studio della filo-
sofia scolastica, per cui l’accostamento tra fenomenologia e tomismo
risulta ambiguo.
Ma al là delle diverse impostazioni gnoseologiche ed epistemo-
logiche, legate alla fenomenologia, la posizione della Stein a livello
di metafisica e di etica non è lontana da quella di Maritain nel rico-
noscere il valore ontologico, e non solo etico, della persona umana,
malgrado il fatto che la Stein sottolinei soprattutto l’intersoggettivi-
vità dell’empatia e non parli dell’oggettività di una regola trascen-
dente la relazione, che rimanda, oltre la storia della comunità, ad un
diritto naturale. Maritain farebbe un’analisi critica a questa afferma-
zione della Stein: «La coscienza non è una scatola che raccoglie in sé
i vissuti, ma questi stessi vissuti costituiscono, confluendo continua-
168 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
3. L’esistenzialismo
L’esistenzialismo non è solo una corrente filosofica, che si sfrangia
nelle posizioni dei diversi protagonisti, ma anche uno stato d’animo
che si fa letteratura. Maritain gli dedica la premessa del Breve tratta-
to dell’esistenza e dell’esistente (17) rivendicando per la riflessione di
san Tommaso la qualifica di filosofia esistenziale. «Dal punto di vista
del vocabolario, come è noto, è sotto l’influenza di Kierkegaard che
il termine esistenziale è entrato nell’uso corrente, soprattutto in Ger-
mania. Una ventina d’anni fa si parlava molto qui di cristianesimo
esistenziale: ricordo una conferenza in cui Romano Guardini spiega-
va, davanti ad alcuni prelati un po’ sorpresi, come il senso esistenzia-
le del Vangelo di san Giovanni gli fosse stato rivelato dal personaggio
del principe Miškin, nell’Idiota di Dostoevskij. Molti filosofi, da Ja-
spers e da Gabriel Marcel a Berdjaev e a Šestov, si chiamavano allora
filosofi esistenzialisti. Più tardi il termine esistenzialismo ha ricevuto
il diritto di cittadinanza e con un tale successo che oggi, come Sartre
38
In A. Ales Bello, Edith Stein, in AA.VV., Enciclopedia della persona nel XX se-
colo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2008, p. 996.
39
Cf. P. Viotto, Jacques Froissart e Thomas Merton: la contemplazione, in Id.,
Grandi amicizie, cit., pp. 131-140.
III. La crisi della modernità 169
Martin Heidegger
40
Martin Heidegger (1889-1976), dopo avere frequentato per quattro semestri la
Facoltà teologica di Friburgo, si iscrive a filosofia e si laurea nel 1913 con una tesi su La
dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto. Due anni dopo ottiene la libera
docenza. Nominato assistente ad Heidelberg, su proposta di Husserl, viene a contatto
con la scuola fenomenologica, ma presto se ne distacca, anche se dedica “con ammira-
zione e amicizia” a Husserl la sua opera Essere e tempo (1927). Nominato ordinario a
Friburgo lavora all’Introduzione alla metafisica che pubblica nel 1953. Tra le altre opere
sono da segnalare i due volumi su Nietzsche (1961) e Fenomenologia e teologia (1970).
172 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
mente percepito e che aveva commosso tutto il suo essere. Per que-
sto dispera, alla fine, della filosofia e della metafisica» (XIII, p. 956).
La metafisica non è quindi possibile perché Heidegger ritie-
ne che sarebbe un’oggettivazione dell’esistenza, un ridurre l’essere
all’essenza concettuale, tanto che scrive: «Poiché essa scruta l’essen-
te in quanto essente, si limita all’essente e non si volge all’essere in
quanto essere» (XII, p. 811). Maritain commenta: «San Tommaso
non si è fermato all’ente, all’essente, ma è andato diritto all’essere,
all’atto di essere (peccato che Heidegger non l’abbia visto!)» (XII,
p. 845); e aggiunge: «Un’esistenza senza essenza, un soggetto senza
essenza: fin dall’origine ci si insedia nell’impensabile» (IX, p. 17).
Nelle Sette lezioni sull’essere (21) analizza e valuta l’angoscia: «Essa
è il sentimento improvviso, vivo e lacerante di tutto ciò che vi è di
precario e di minacciato nella nostra esistenza, nell’esistenza umana
e, nello stesso tempo, proprio per effetto di questo sentimento, di
questa angoscia, l’esistenza si spoglia della sua banalità, assume un
valore unico, il suo valore unico, ci si presenta come un qualcosa di
salvato dal nulla, di strappato al nulla. Certamente questa specie di
esperienza drammatica del nulla può servire di introduzione all’in-
tuizione dell’essere, ma a condizione che la si consideri solo un’in-
troduzione» (V, p. 578). Heidegger resta fermo al piano psicologico,
dal quale non si può cogliere l’intelligibilità dell’essere.
Jean-Paul Sartre
41
Jean-Paul Sartre, allievo della Scuola Normale Superiore di Parigi con Raymond
Aron, M. Merleau-Ponty, diviene subito celebre con il romanzo La nausea (1938) e per
la traduzione in francese del Trattato di psicopatologia di K. Jaspers. La ricerca di una
filosofia concreta lo avvicina a Husserl e ad Heidegger e nel 1943 pubblica L’essere e il
nulla, un saggio di ontologia fenomenologica. Attraverso la rivista «Les temps moder-
nes» diventa uno dei maestri della gioventù francese. Tra gli scritti filosofici: L’essere e
il nulla (1943), Critiche della ragione dialettica (1960); drammaturgici: Le mosche
(1943), A porte chiuse (1944), Le mani sporche (1948).
174 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
42
Anche per Maritain l’uomo, facendo il male, nientifica, ma questa nientificazio-
ne è un fatto morale, è un venir meno, non un atto metafisico; l’uomo non fabbrica il
nulla, ma guasta l’essere. Sartre non ha visto che c’è una disimmetria tra la linea dell’es-
sere e la linea del non-essere. Cf. J. Maritain, Dio e la permissione del male (58).
III. La crisi della modernità 175
43
Scrive Maritain: «Bisogna aggiungere che la ragione non soltanto deve ricono-
scere l’ordine scaturito dal pensiero creatore, perché vi è un ordine che essa stessa è
incaricata di costruire in quanto ragione pratica: è appunto quello delle cose umane e
degli atti umani, che rappresenta, secondo san Tommaso, il dominio dell’etica. Conti-
nuatrice e collaboratrice dell’opera divina, la ragione deve ad ogni istante inventare,
conformemente all’ordine eterno, l’ordine contingente e costantemente rinnovato delle
opere del tempo» (V, p. 391).
176 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Gabriel Marcel
44
Louis Lavelle (1883-1951), docente alla Sorbona, elabora una filosofia dello spi-
rito come sintesi di ontologia e psicologia. Tra le opere: Presenza totale (1934), Il tempo
e l’eternità (1945).
45
Gabriel Marcel (1889-1973), filosofo e critico teatrale, discepolo di Bergson, si
converte dall’ebraismo al cattolicesimo nel 1929. Cerca una metafisica del concreto,
rifiuta l’oggettività del concetto, perché solo con l’amore si approda all’Assoluto. Tra le
opere: Giornale metafisico (1927), Essere e avere (1935), Il mistero dell’Essere (1961).
178 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Simone Weil
46
Simone Weil, ebrea, dopo aver insegnato filosofia nei Licei abbandona e lavora
in fabbrica per provare la condizione operaia, partecipa alla guerra civile spagnola con
i repubblicani, a Solesmes e ad Assisi ha alcune esperienze mistiche. Durante l’occupa-
zione tedesca ripara prima a Marsiglia, dove partecipa ad un gruppo di resistenza, di-
stribuisce clandestinamente la rivista «Témoignage chrétien», poi negli Stati Uniti da
III. La crisi della modernità 179
dove passa in Inghilterra per collaborare con la Resistenza, ma stremata muore in sana-
torio. Tra le opere, tutte postume, L’ombra e la grazia (1947), La conoscenza sopranna-
turale (1950), Lettera a un religioso (1951), La condizione operaia (1951).
47
René Le Senne (1883-1954), filosofo e psicologo, definisce la sua filosofia ideo-
esistenziale. Tra le opere: La menzogna e il carattere (1930), Il destino personale (1951),
La scoperta di Dio (1955).
48
Gustave Thibon (1903-2001), letterato e filosofo, uomo di destra, si stacca da
Maritain non solo per motivi politici ma per il suo modo di filosofare, tanto che scrive:
«Credo alle immagini più che alle idee. L’idea circoscrive, l’immagine evoca. La perfe-
zione di certe immagini lascia in noi una scia di mistero e di invisibile che sfida qualsi-
asi intellezione». Tra le opere: La scala di Giacobbe (1942), Diagnosi, Saggio di filosofia
sociale (1945), Nietzsche il declino dello spirito (1948).
49
Lettera cit. in S. Pétrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994, p. 569.
180 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
50
S. Weil, L’ombra e la grazia, Introduzione di G. Thibon, Rusconi, Milano 1985,
p. 123.
51
Ibid., p. 139.
52
Ibid.
53
Ibid., p. 145.
III. La crisi della modernità 181
54
Hermann Cohen (1842-1918), docente a Marburgo. Tra le opere: Il fondamento
dell’etica kantiana (1887), Etica del valore puro (1904).
55
Paul Natorp (1854-1924), docente a Marburgo. Tra le opere: Idealismo sociale
(1920), Filosofia e pedagogia (1909).
56
Ernest Cassirer (1874-1945) insegna in diverse università tedesche e poi in
America. Tra le opere: La vita e la dottrina di Kant (1918), Saggio sull’uomo (1944).
57
Wilhelm Windelband (1848-1915), filosofo e storico della filosofia, insegna in
Svizzera e in Germania. Tra le opere: Preludi (1884), Storia della filosofia (1892).
III. La crisi della modernità 183
Max Scheler
58
Rickert Heinrich (1863-1936), docente ad Heidelberg. Tra le opere: L’oggetto
della conoscenza (1892), Immediatezza e significato.
59
Max Scheler (1874-1928), docente in diverse università (Jena, Monaco, Colo-
nia, Francoforte). Tra le opere: Il formalismo dell’etica e l’etica materiale dei valori
(1916), L’eterno nell’uomo (1921), Le forme del sapere e la società (1926), La posizione
dell’uomo nel cosmo (1928).
60
Wilhelm Dilthey (1883-1911), docente in Svizzera e in Germania. Tra le opere:
Introduzione alle scienze dello spirito (1883), L’analisi dell’uomo e l’intuizione della na-
tura dal Rinascimento al XVIII secolo (1891-1904).
61
P. Viotto, Il confronto con la teologia protestante: Karl Barth, in Id., Grandi ami-
cizie, cit., pp. 129-131.
184 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
62
Paul Ludwig Landsberg (1901-1943) insegna all’Università di Bonn fino al
1933. Tra le opere: La vocazione di Pascal (1929), Introduzione all’antropologia filosofica
(1934), Problemi del personalismo (postumo). La pubblicazione delle Opere Complete
è in corso di edizione presso le Edizioni San Paolo di Milano.
III. La crisi della modernità 185
63
B. Ritzler, Freiheit in der Umarmung des ewig Liebenden – Die historische Et-
wicklung des Personverstandnisses bei J. Maritain, Peter Lang, Bern-Frankfurt 2000.
64
Ph. Chenaux, L’influence de Maritain en Allemagne, in AA.VV., Jacques Mari-
tain en Europe, Beauchesne, Paris 1996, pp. 87-111.
65
Joseph Pieper (1904-1997). Filosofo impegnato soprattutto nell’analisi delle
virtù morali, la sua ricerca si muove verso l’essere come dover essere. Opera omnia
presso l’editore Meiner di Amburgo. In italiano: Sulla fortezza (1956), Otium e culto
(1967), Sulla giustizia (1969), Speranza e storia (1969).
66
Dietrich Hildebrand (1889-1977). Dieci volumi curati dalla Dietrich-von-Hil-
debrand-Gesellschaft negli anni 1971-1984. In italiano: Liturgia e personalità (1935), Il
matrimonio (1959), Che cosa è la filosofia (2001).
186 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
67
Peter Wust (1884-1940), docente a Münster. Tra le opere: La crisi dell’Occiden-
te (1928), Incertezza e rischio (1985), Lettres de France et d’Allemagne. Correspondance
de Peter Wust avec ses amis français, Téqui, Paris 1985.
III. La crisi della modernità 187
68
Theodor Haecher (1879-1945). Filosofo e letterato. Protestante, si converte al
cattolicesimo nel 1921. Studia in particolare Kiekegaard e Virgilio. Si accorge subito del
paganesimo implicito nel fascismo e già nel 1923 in un opuscolo, La Bestia, fa la satira di
Hitler e di Mussolini. Tra le opere: Che cosa è l’uomo? (1934), La creatura e la creazione
(1935), La bellezza (1937), Lo spirito dell’uomo e la verità (1934). Cf. H. Siefken, Corre-
spondance Maritain-Haecher, in «Cahiers Jacques Maritain», 31, pp. 23-40.
188 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
69
Cf. R. Fornasier, Maritain e la responsabilità collettiva del popolo tedesco, in
«Notes et Documents», XXXI, 6 (settembre-dicembre 2006), pp. 44-52.
III. La crisi della modernità 189
70
Richard Avenarius (1841-1896), studente e poi professore a Lipsia e a Zurigo.
Tra le opere: Filosofia come pensiero del mondo secondo il principio del minimo sforzo
(1876), Critica dell’esperienza pura (1890).
71
Ernst Mach (1838-1916), docente di fisica prima a Praga poi a Vienna. Tra le
opere: Conoscenza ed errore (1905), Analisi delle sensazioni (1906).
72
Hans Vaihinger (1852-1933), di formazione kantiana, insegna a Strasburgo e
poi ad Halle. Tra le opere: Commento alla Critica Ragion pura (1899).
190 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Ludwig Wittgenstein
73
Ludwig Wittgenstein (1889-1951), filosofo austriaco che dopo aver studiato in-
gegneria a Berlino si trasferisce a Cambridge per lavorare con Bertand Russel. Il suo
Trattato logico-filosofico (1921) sulla natura del linguaggio ha avuto diverse edizioni.
III. La crisi della modernità 191
74
Bertrand Russell (1872-1970), filosofo e letterato, premio Nobel per la lettera-
tura nel 1950, noto per una Storia della filosofia occidentale (1945).
75
Alfred North Whitehead (1861-1947), matematico e filosofo, autore del Tratta-
to di algebra universale (1893) che ripropone l’ipotesi leibniziana di fondare tutte le
scienze sul calcolo logico.
192 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
76
Gaston Bachelard (1884-1962), docente alla Sorbona. Tra le opere: La formazio-
ne dello spirito scientifico (1938), Il razionalismo applicato (1949).
III. La crisi della modernità 193
segni a sua volta bastare a se stessi» (II, p. 583). Invece, «la logica è
un’arte fatta per servire l’intelligenza, non per sostituirla. La logica
non ha il compito di affidarci delle formule, che bastano a se stesse
per svilupparsi, una macchina algoritmica che avanza da sé, mentre
l’intelligenza rimane in riposo o è all’opera unicamente per sorve-
gliarne il funzionamento» (II, p. 584). La logica è un metodo, non
una filosofia.
77
Albert Einstein (1879-1955), fisico tedesco, premio Nobel nel 1922. Maritain fu
suo collega a Princeton e ne parla in diverse opere. Cf. in particolare: La matematizzazione
del tempo (II, pp. 813-844), La fisica della quantità e la rivoluzione cartesiana (III, pp. 205-
303) e La matematica dei fisici ossia la simultaneità secondo Einstein (III, pp. 237-303).
78
Werner Karl Heisenberg (1901-1976), fisico tedesco formatosi all’Istituto di fi-
sica teorica di Copenaghen. Sono importanti due opere: Mutamenti nei fondamenti
delle scienze della natura (1935) e Fisica e filosofia (1959).
194 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
6. Il pragmatismo
79
Charles Sanders Peirce (1839-1914), avviato agli studi di logica dal padre, ma-
tematico, ebbe solo incarichi annuali in alcune università e morì poverissimo. Lasciò
una quantità enorme di manoscritti pubblicati postumi dalla Harvard University.
196 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
William James
80
William James (1842-1910), docente ad Harvard, fonda il primo laboratorio di
psicologia sperimentale. Tra le opere: Principi di psicologia (1890), che Maritain cita più
volte e nel suo libro su Bergson, La volontà di credere (1897), Pragmatismo, con una
prefazione di Bergson (1907), Universo pluralistico (1909).
198 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
81
Henry James, romanziere, fratello del filosofo.
200 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
John Dewey
82
John Dewey (1859-1952) nasce in America da immigrati fiamminghi, dopo una
iniziazione alla filosofia neo-hegeliana la conoscenza di James lo inclina verso il prag-
matismo, docente prima a Chicago poi alla Princeton University. Tra le opere Il mio
credo pedagogico (1897), Saggi di logica sperimentale (1916) Democrazia ed educazione
(1916), L’arte come esperienza (1934).
III. La crisi della modernità 201
7. Il neoidealismo
Mentre il positivismo viene attaccato da più parti, l’idealismo
hegeliano trova ancora discepoli in Europa e in America, che però
lo vanno modificando. Questa ripresa dell’idealismo rappresenta in
Italia un vero e proprio moto culturale a cavallo del XIX e del XX
secolo, come reazione al positivismo e come ripresa del pensiero gio-
bertiano. Continuatori dell’hegelismo in Inghilterra sono Thomas
Green83, e soprattutto Francis Bradley84, importante snodo del pen-
siero anglosassone perché separa la logica dalla psicologia, sostiene
che le idee non sono stati mentali soggettivi, ma puri significati lo-
gici, preparando G.E. Moore e B. Russel, che però si oppongono al
suo rigoroso monismo. L’idealismo è professato in America da Jo-
siah Royce85; in Italia il centro di diffusione è l’Università di Napoli,
dove Augusto Vera86 diffonde la filosofia idealistica interpretandola
platonicamente e teisticamente, e Francesco De Sanctis87 l’applicò
alla critica letteraria; ma fu soprattutto con Bertrando Spaventa che
l’idealismo italiano prese una sua forma originale, per poi esprimer-
si in un sistema compiuto con Benedetto Croce e Giovanni Gentile.
Accanto al neoidealismo intanto andava acquistando vigore l’idea-
lismo critico che vuole uscire dalle contraddizioni del monismo sal-
vando l’autonomia dei singoli spiriti, e dell’immanentismo, salvando
83
Thomas Green (1836-1882), professore di etica dell’Università di Oxford. Po-
stumi i suoi Problemi di etica (1883).
84
Francis Bradley (1846-1924), docente ad Oxford. Importante i suoi Principi di
logica (1883).
85
Josiah Royce (1855-1916) dopo aver studiato in Germania ritorna in patria e
insegna alla Harvard University cercando di raccordare l’hegelismo con il pragmatismo
di W. James. Tra le opere: Il mondo e l’individuo (1901), La filosofia della fedeltà (1908).
86
Augusto Vera (1813-1885), docente a Milano e a Napoli, soggiorna anche in
Francia e in Inghilterra. Tra le opere: Introduzione ad Hegel (1855), Il problema dell’As-
soluto (1882).
87
Francesco De Sanctis (1817-1883), più volte ministro della pubblica istruzione,
traduce in italiano la Scienza della logica di Hegel; scrive un’importante Storia della let-
teratura italiana (1871).
204 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
88
Bernardino Varisco (1850-1933), docente all’Università di Roma. Importante lo
scritto postumo Dall’uomo a Dio (1939).
89
Piero Martinetti (1872-1943), docente di filosofia teoretica a Milano, rinunciò
alla cattedra per non aderire al fascismo. Importanti gli Scritti di metafisica e di filosofia
della religione (1976).
90
Bertrando Spaventa (1817-1883), docente all’Università di Napoli, fu l’ideolo-
go della Destra storica. Tra le opere: La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filoso-
fia europea (1862), Rinascimento, Riforma e Controriforma (1867), Da Socrate a Hegel
(antologia di recensioni raccolte da G. Gentile nel 1905).
III. La crisi della modernità 205
Benedetto Croce
91
Benedetto Croce (1866-1952), filosofo e uomo politico, senatore del Regno, ne-
gli anni 1920-1921 fu ministro della pubblica istruzione, meditando vaste riforme che
non riuscì a realizzare per la caduta del governo Giolitti. Al fascismo non nascose la sua
opposizione, ma non fu disturbato nella sua attività intellettuale. Alla caduta del regi-
me, ebbe incarichi nei governi Badoglio e Bonomi. Raccoglie i suoi quattro scritti mag-
giori – Estetica, come scienza dell’espressione e linguistica generale (1902), Logica, come
scienza del concetto puro (1908), Filosofia della pratica, Economia ed etica (1909), Teoria
e storia della storiografia (1917) – in un’opera fondamentale intitolata Filosofia dello spi-
rito. Tra le altre opere: Materialismo storico ed economia marxista, Saggio su Hegel
(1906), La filosofia di G.B. Vico (1911), Breviario di estetica (1913).
92
Cf. P. Viotto, Gino Severini tra Maritain e Mounier, in Id., Grandi amicizie, cit.,
pp. 373-379; Il carteggio Severini - Maritain (1923-1966), a cura di G. Radin, Mart-Ol-
schki, Firenze 2011.
206 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
non appartiene alle cose”93, lui pure vittima del soggettivismo mo-
derno, è di non vedere che la contemplazione artistica, pur essendo
intuitiva, rimane sempre del tutto intellettuale. L’estetica deve essere
insieme intellettuale e intuitiva» (I, p. 740).
La logica di Croce intende combattere sia l’empirismo come
l’astrattismo, riprendendo l’universale concreto di Hegel come sintesi
di particolare e di universale, di essere e di pensiero; e anche ogni in-
tuizionismo o pragmatismo, perché l’oggetto della conoscenza ha da
essere un concetto e non un’intuizione o un’emozione o un interes-
se. Di contro al concetto concreto proprio della filosofia, le scienze
usano uno pseudoconcetto, cioè l’universale astratto dall’individua-
lità e concretezza della realtà. Questi concetti non sono veri, ma so-
no utili schematizzazioni per la vita pratica. Il concetto implica poi
hegelianamente la contraddizione, perché il concetto di nero non
si può avere se non nell’opposizione al concetto di bianco. L’errore
non può venire dall’attività teoretica, ma solo dalla volontà, quando
vengano a interferire nella ricerca degli interessi estranei.
Mentre in Kant vi era il primato della ragion pratica sulla ragion
pura, in Croce nell’unità dello Spirito vi è soltanto distinzione: l’uo-
mo conosce per volere, e vuole per conoscere. L’attività pratica, in
quanto tende ad uno scopo, presuppone la conoscenza dello scopo
da raggiungere, sorge in un momento successivo, ma non cronologi-
camente successivo, dell’attività teoretica. Come nella forma teoreti-
ca, così pure nella forma pratica bisogna distinguere due gradi: uno
particolare, l’utile, e l’altro universale, il bene. E come il concetto
presuppone l’intuizione, così il bene presuppone l’utile, in quanto
chi cerca il bene cerca un utile universale, il bene per tutti gli uomi-
ni. Il concetto di bene esige un’integrazione tra egoismo e altruismo,
tra interesse e disinteresse.
L’economia e la politica riguardano il grado particolare della ri-
cerca, sono perciò stesso premorali, amorali, e quindi al di qua del-
la distinzione tra bene e male. Si sente in tutto questo il liberalismo
politico e il liberismo economico di Croce. Quanto al diritto, esso
è paragonabile alla scienza, con i suoi pseudoconcetti e con le sue
continue variazioni, perché le sue leggi hanno, sì, qualcosa di uni-
versale come le leggi morali, ma mancano di quella spontaneità, che
93
B. Croce, Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, 8a ed. rin.,
Laterza, Bari 1946, p. 107.
III. La crisi della modernità 209
Giovanni Gentile
94
B. Croce, Matérialisme historique et économie marxiste, Giard et Brière, Paris
1901, p. 174.
95
Giovanni Gentile (1875-1944). Siciliano, si laurea alla Scuola Normale di Pisa
con una tesi su Rosmini e Gioberti, aderisce al fascismo e vi rimane fedele anche dopo
la caduta del regime nel luglio del 1943, partecipando al tentativo di ripresa con la Re-
pubblica Sociale di Salò. Come ministro dell’educazione nazionale promuove nel 1922
la riforma della scuola che porta il suo nome. Tra le opere: Sommario di pedagogia come
scienza filosofica (1912), Teoria generale dello spirito come atto puro (1916), La riforma
dell’educazione (1920), Sistema di logica come teoria del conoscere (1922), La filosofia del
diritto e La filosofia dell’arte, entrambe del 1931.
210 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
8. La psicoanalisi
Maritain si confronta anche con la psicoanalisi distinguendo con
precisione il metodo diagnostico dall’implicita filosofia che le scoper-
te di Sigmund Freud96 veicolano soprattutto a livello di divulgazione.
Nel gruppo di amici che frequenta le riunioni di Meudon c’è anche
Roland Dalbiez97, un giovane professore di filosofia laureatosi con
una tesi su Freud, che con R. Collin fonda i «Cahiers de la Philoso-
phie de la nature». Il volume Il metodo psicoanalitico e la filosofia freu-
diana esce nel 1936, e Maritain ne trae spunto per una conferenza su
Freudismo e psicoanalisi (VII, pp. 61-96) che tiene a Rio de Janeiro e
che pubblica nei Quattro saggi sullo spirito nella sua condizione d’in-
carnazione (30) partendo dal principio stabilito da Dalbiez «la psicoa-
nalisi è una terapia non una filosofia».
Sigmund Freud
96
Sigmund Freud (1856-1939), nato da una famiglia ebrea, si laurea a Vienna in
medicina nel 1881, si specializza a Parigi alla scuola del neurologo J.M. Charcot. Rien-
trato in patria, apre uno studio privato per la cura delle malattie mentali e pubblica con
lo psichiatra J. Breuer il suo primo lavoro, Studi sull’isteria (1895). Approfondisce i
suoi studi sull’inconscio nell’opera fondamentale L’interpretazione di sogni (1900) e nei
Tre saggi sulla teoria sessuale (1905). In Analisi terminale e analisi interminabile (1937)
Freud applica il metodo analitico anche allo studio dell’arte e dell’etnologia in Totem e
tabù (1913). L’invasione nazista dell’Austria lo costringe a rifugiarsi a Londra.
97
Roland Dalbiez (1893-1976). Figlio di una famiglia aristocratica, ufficiale nava-
le nella Prima guerra mondiale, si dedica allo studio della filosofia laureandosi nel 1921.
Docente dell’Università di Rennes, ha tra gli allievi anche Paul Ricoeur. Tra le opere: Il
metodo psicoanalitico e la filosofia freudiana (1936), Mistica e psicoanalisi (1948). Scrive
numerosi articoli per i «Cahiers de Philosophie de la nature» tra cui Le trasformisme et
la philosophie nel primo fascicolo, Prospettive sulla vita morale nel quarto.
III. La crisi della modernità 213
98
J. Maritain, Signe et symbole, in «Journal of the Warburg Institute», 1 (1937),
pp. 1-23; testo sviluppato in «Revue Thomiste», 46, 2 (aprile 1938), pp. 299-330.
III. La crisi della modernità 215
99
J. Green, Autobiografia, in Oeuvres complètes, vol. V, Gallimard, paris 1977, p.
1179.
218 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
100
carl Gustav Jung (1875-1961), medico psichiatra svizzero, figlio di un pastore
protestante, a cui si deve la teoria dei complessi e la definizione della psicologia analiti-
ca. tra le opere: Studio diagnostico delle associazioni (1906), Simboli e trasformazioni
della libido (1912), Tipi psicologici (1920), Psicologia e religione (1940).
III. La crisi della modernità 219
Carl Schmitt
101
carl schmitt (1888-1985). Filosofo del diritto, docente a Bonn e a colonia, poi a
Berlino dal 1933 al 1945, membro del consiglio di stato prussiano; compromesso con il
regime nazionalsocialista, nel 1945 fu privato della cattedra e arrestato, in seguito assolto
si ritirò a vita privata. tra le opere: Romanticismo politico (1919), La dittatura (1921), Te-
ologia politica (1922), Dottrina della Costituzione (1928), Legalità e legittimità (1932). cf.,
su di lui: M. nicoletti, Trascendenza e potere. La teologia politica di C. Schmitt, Morcellia-
na, Brescia 1990; J.W. Bendersky, Carl Schmitt, Teorico del Reich, il Mulino, Bologna
1989.
III. La crisi della modernità 221
degli oggetti formali, si verrà molto facilmente a dire che le realtà po-
litiche sono esse stesse dell’ordine divino e sacro. tale è il senso che i
teorici tedeschi contemporanei del Sacrum Imperium danno alla pa-
rola Politische Theologie. essi si riferiscono così all’idea messianica
ed evangelica del Regno di Dio, del quale vogliono trovare una rea-
lizzazione nel tempo e nella storia. così si finisce per pensare che per
il compimento della redenzione occorre non solo l’unificazione degli
uomini nella chiesa, ma anche nell’Impero» (VI, pp. 405-469).
nella prospettiva francese, che Maritain condivide, si riconosce
che la teologia deve interessarsi di politica per quanto riguarda i va-
lori morali, ma non deve servirsi della politica per realizzare il regno
di dio (concezione evangelica della politica). nella prospettiva tede-
sca si ha invece una concezione politica della religione, perché si nega
la laicità dello stato e ci si serve della religione a fini politici.
Ma passando dalle argomentazioni teoretiche all’analisi effettuale
degli avvenimenti storici, Maritain constata che queste teorie hanno
finito per identificare lo stato con un’ideologia politica, e quindi con
un solo partito politico, negando la democrazia. scrive: «dopo avere
spiegato che l’unità politica comporta la triplice essenza dello stato,
del Movimento, del popolo, schmitt insegna che l’organo proprio del
movimento è il partito nazionalsocialista e che il legame tra il partito
e lo stato consiste in un’unione personale realizzata in colui che è in-
sieme Führer e cancelliere del Reich» (VI, p. 483).
Hans Kelsen
102
Hans Kelsen (1881-1973). Filosofo austriaco del diritto, insegnante a Vienna
dal 1911 al 1930, in seguito all’invasione nazista del suo paese si trasferì a Ginevra, poi
dal 1941 negli stati Uniti come docente di diritto internazionale all’Università di Ber-
keley. tra le opere: Problemi fondamentali della dottrina del diritto e dello Stato (1910),
Essenza e valore della democrazia (1919), Socialismo e Stato (1920), Teoria generale del
diritto e dello Stato (1945), Dottrina pura del diritto (1960).
103
H. Kelsen, Maritain’s Philosophy of Democracy, in «ethics», 1 (1955), pp. 1-101.
III. La crisi della modernità 223
104
H. Kelsen, I Fondamenti della democrazia, Bologna, il Mulino 1966, p. 322.
105
Ibid., p. 208.
224 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
106
G. Zagrebelsky, Il Crucifige e la democrazia, einaudi, torino 1995.
III. La crisi della modernità 225
107
Ibid., p. 6.
226 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
108
cit. in F. Miano alla vice Personalismo, in aa.VV., Enciclopedia filosofica, Bom-
piani, Milano 2008, vol. IX, p. 8538.
109
G. prouvost, Thomas d’Aquin et les thomistes, cerf, paris 2007.
228 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
110
B. Mondin, Storia della metafisica, edizioni studio domenicano, Bologna 1998,
vol. 3, p. 658.
IV. Incertezze e speranze 229
rire a coloro che insistono perché lo seguiamo, che non c’è pericolo
immediato. non abbiamo forse che il ritardo del nostro anticipo. ci
incitano a seguire coloro che abbiamo già sorpassato»111. Maritain ag-
giunge: «le filosofie esistenzialiste che circolano oggi non sono che il
segno di un certo bisogno profondo di ritrovare il senso dell’essere»
(XVI, p. 201). Maritain si rammarica: «l’intuizione dell’essere non è
di tutti. Bergson la possedette attraverso un surrogato che lo ingan-
nò, e camuffata nella sua concettualizzazione ad opera di pregiudizi
anti-intellettualistici. né Husserl né alcun altro ideosofo l’ebbero.
Finisce per possederla un giorno colui che va abbastanza lontano
nella meditazione, cioè colui che arriva ad entrare in quel silenzio
attivo e attento dell’intelligenza in cui, consentendo alla semplicità
del vero, essa si fa sufficientemente disponibile e aperta per udire
che ogni cosa mormora e per ascoltare, anziché fabbricare risposte»
(XII, pp. 814-815). nel Breve trattato (42) rivendica a san tomma-
so questa intuizione dell’essere: «tommaso d’aquino va con l’in-
telligenza stessa all’esistenza stessa. egli ha della scienza l’idea più
altamente classica, è scrupolosamente attento alle minime esigenze,
alle più sottili regole e misure della logica, della ragione, dell’arte di
articolare le idee. e non è un libro illustrato quello che egli conosce,
ma questo cielo e questa terra dove ci sono più cose che in tutte le
filosofie, è questo universo esistente, poggiante sui fatti primi, che
bisogna constatare e non dedurre: un universo attraversato da tutti
gli influssi produttori di essere che lo vivificano, l’unificano, e fanno
sì che si muova verso l’imprevedibile avvenire, un universo ferito,
anche, da tutte quelle deficienze di essere, che costituiscono la realtà
del male, e nelle quali bisogna vedere lo scotto dell’interazione degli
enti e il prezzo della libertà creata, capace di sottrarsi all’influsso del
primo essere» (IX, p. 21).
le differenze tra i tomisti che Géry prouvost sottolinea sono
sostanzialmente differenze linguistiche, come Maritain rileva a con-
clusione di una sua polemica con sertillanges a proposito della co-
noscenza filosofica di dio: «a malincuore abbiamo dovuto criticare
alcune espressioni di sertillanges. In una materia così importante,
e dove accade così facilmente che un pensiero esatto si ripari sotto
formule non corrette, bisogna procedere con cautela nel muovere
un’accusa di tal sorta contro un filosofo tanto avveduto. sertillanges
111
É. Gilson, Trois leçons sur le Thomisme et sa situation presente, in «semina-
rium», 4, ottobre-dicembre 1965, pp. 718-719.
230 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
2. lo spiritualismo
Maritain considera soprattutto lo spiritualismo francese, che ha
radici profonde perché già Maine de Biran112, recuperando la tra-
dizione di Malebranche in confronto con l’illuminismo nei Nuovi
saggi di antropologia afferma che l’uomo, oltre alla vita del corpo e
della coscienza intellettuale, ha una vita spirituale che nell’amore lo
unisce a dio, risolvendo la filosofa in misticismo. Victor Cousin113,
riunendo l’influenza di Maine de Biran a quella della Scuola scozze-
se del senso comune di thomas reed, con il suo eclettismo prepara
la via a Jean Gaspard Ravaisson114 che nel suo Testamento filosofico
del 1901 pone le basi di questa corrente di pensiero, opponendo
lo spiritualismo cristiano, come “filosofia aristocratica”, alla “filo-
sofia plebea” del positivismo. Maritain sottolinea come questo spi-
ritualismo sia ancorato al razionalismo e di cousin scrive: «non ha
esagerato l’importanza storica di cartesio, ma l’ha mal compresa e
presentata in maniera troppo esclusiva e troppo sistematica. Vedeva
in cartesio il liberatore di una filosofia fino ad allora schiava» (V, p.
33). Questo spiritualismo razionalistico non è in grado di fondare
una metafisica, rivaluta l’uomo e la sua libertà, senza ancorarla ad
una sicura antropologia, perché manca di una filosofia della natura.
rileva Maritain: «dopo lo scacco dei grandi sistemi idealisti post-
kantiani, in cui, non dimentichiamolo, un vasto lavoro di filosofia
112
Maine de Biran (1766-1824), filosofo della restaurazione. tra le opere: L’ap-
percezione immediata (1807), Saggio sui fondamenti della psicologia (1812), Nuovi saggi
di antropologia o della scienza dell’uomo interiore (1824).
113
Victor cousin (1792-1867), filosofo noto soprattutto per i suoi studi storici. È
autore di due volumi di un Corso di storia della filosofia (1828-1829) e di cinque volumi
di un Corso di storia della filosofia moderna (1841) a cui Maritain rimanda spesso, come
pure al volume Il Vero, il Bello, il Bene (1853).
114
Jean Gaspard ravaisson (1813-1900) studia a parigi con V. cousin e a Monaco
con F. schelling. tra le opere: Saggio sulla metafisica di Aristotele (1844), La filosofia di
Pascal (1887), Metafisica e morale (1892) e il Testamento filosofico, pubblicato postumo.
IV. Incertezze e speranze 231
115
charles renouvier (1815-1903), filosofo francese che si muove in ambienti vi-
cini a saint-simon. tra le opere: Saggi di critica generale (1854-1864).
116
Jules lachelier (1832-1918), docente all’École normale supérieure continua
l’opera di Maine de Biran. tra le opere: Fondamento dell’induzione (1871).
117
octave Hamelin (1856-1907), docente alla sorbona, partendo da Kant risco-
pre l’esistenza di dio e il valore della persona umana. tra le opere: Saggio sugli elemen-
ti principali della rappresentazione (1907).
232 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
118
Étienne Émile Boutroux (1845-1921), discepolo di renouvier. tra le opere:
Sulla contingenza delle leggi di natura (1874), La natura e lo spirito (1904), la cui tradu-
zione italiana ha una prefazione di G. papini, Scienza e religione nella filosofia contem-
poranea (1908).
119
Émile Meyerson (1859-1939), ebreo, filosofo francese di origine polacca. tra le
opere: La spiegazione delle scienze (1921).
IV. Incertezze e speranze 233
Maurice Blondel
120
Maurice Blondel (1861-1949), discepolo di l. ollé-laprune, insegna filosofia
prima all’Università di lille poi ad aix-en-provence. tra le opere: L’azione (1893), Il
pensiero (1934), L’Essere e gli esseri (1935), La filosofia e lo spirito cristiano (1944-1946).
121
Una parte della corrispondenza tra Blondel e Maritain si trova in l. stroo-
bants, Discussion sur l’intelligence, correspondance Blondel-Maritain, louvain 1977. cf.
anche p. Viotto, Maurice Blondel e il dibattito sulla filosofia cristiana, in Id., Grandi ami-
cizie, cit., pp. 30-33.
IV. Incertezze e speranze 235
Vi è uno squilibrio tra l’ideale e il reale, tra ciò che si vuole e ciò che
si realizza, tra il desiderio e la realtà, tra la volontà volente e la vo-
lontà voluta, che è quel tanto che siamo riusciti a realizzare. l’azio-
ne cerca di superare questo squilibrio, ma senza riuscirvi, perché la
volontà continuamente tende a superarsi e nulla la può soddisfare.
di fronte a questa lacerazione, si aprono due vie: o esiste un essere
Infinito capace di placare l’ansia dell’uomo e la vita si apre alla spe-
ranza, oppure non esiste questo essere e la vita diventa un tragico
ripiegarsi su se stessi, in un’infelicità metafisica. nella conoscenza
proviamo questa ansia, perché il pensiero pensante non trova mai
soddisfazione nel pensiero pensato, per cui la tensione verso l’essere,
verso l’oggetto, verso la verità, è un continuo superamento verso un
trascendente. così la filosofia, in virtù della sua ricerca, esige la re-
ligione; la ragione chiama la fede per poter raggiungere quel princi-
pio che è la spiegazione ultima dell’essere delle cose e degli uomini,
e del loro destino. Questo pensiero non è il pensiero astratto, ma è
un pensiero concreto che cerca la convergenza dell’universale col
particolare e la trova, al di là dello sdoppiamento tra soggetto e og-
getto, nell’azione.
Blondel contrappone alla conoscenza intellettuale, propria del-
la filosofia, che chiama conoscenza nozionale, una conoscenza reale,
sperimentabile nell’affettività, ma non provabile dall’intelligenza, e
le cui certezze non sono dimostrabili. Blondel identifica la cono-
scenza con l’ascetica e con la mistica, e finisce per confondere l’or-
dine naturale con l’ordine soprannaturale.
Maritain in Riflessioni sull’intelligenza (8) premette che «un to-
mista non può dimenticare la sinergia tra le virtù naturali e le virtù
soprannaturali, perché san tommaso non solo l’ha affermata, ma
analizzata meglio di qualunque altro» (III, p. 158) e presenta i due
diversi modi di conoscere: la conoscenza concettuale (filosofia) e
la conoscenza per modo di inclinazione (morale, poesia, mistica),
che Blondel confonde in un’unica conoscenza. «la conoscenza per
concetti, che egli chiama conoscenza nozionale, che è meglio chia-
mare concettuale e razionale, è la conoscenza propria dell’intelletto
umano, il più imperfetto di tutti gli spiriti, quella che, comportando
l’astrazione e l’attività discorsiva, ci costringe al difficile lavoro pro-
gressivo della ragione, ma che, elevandoci al di sopra di tutto l’ordi-
ne del particolare sensibile, è la sola a renderci capaci, allorquando
è perfettamente stabilita nelle necessità intelligibili, delle certezze
assolute della scienza e della dimostrazione; quella che ci procura
236 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
il più alto possesso del vero, che ci sia possibile nell’ordine natu-
rale, quella che ci permette di giungere per analogia, ma con totale
certezza, alla causa prima. che cosa ci dice Blondel a suo riguardo?
egli non si accontenta di mostrare le naturali imperfezioni di un tal
modo di conoscere, né i vizi che un cattivo uso del concetto può
comportare […], egli dichiara che questa conoscenza corrisponde
senza dubbio a un momento dello sforzo dell’intelligenza in cerca di
un reale più reale del reale apparente, ma afferma che quella stessa
conoscenza è incapace di soddisfare un tale desiderio e di mettere
la nostra intelligenza in possesso del suo proprio oggetto» (III, pp.
101-102). Maritain riporta alcuni testi di Blondel secondo cui il con-
cetto non è che un succedaneo, «l’intelligenza non può acconten-
tarsi di un cibo semivuoto come i concetti, né di rappresentazioni
approssimative, mentre è desiderosa di stabilità e di sicurezza, affa-
mata di presenza reale e di possesso; l’intelletto astratto o la ragione
discorsiva vive di mimetismo o di imitazione; la conoscenza nozio-
nale erige una architettura di simboli; ci tiene rinchiusi dietro un ve-
tro smerigliato, in un ambiente chiuso e artificiale. In breve, non è
ad essa che dobbiamo riservare il nome di intelligenza» (III, p. 102).
È la negazione del sapere concettuale come filosofia e di conseguen-
za anche dell’uso del sapere discorsivo nel sapere teologico, con la
confusione tra la teologia e la mistica.
Maritain passa ad ulteriori approfondimenti: «sappiamo che san
tommaso, allorché distingue la sapienza del teologo dalla sapienza
del contemplativo, ricorre alla celebre distinzione posta da aristotele
tra il giudizio per modo di conoscenza e il giudizio per modo di in-
clinazione (I, 1, 6, ad 3). per esempio, l’uomo, che ha in sé l’habitus
o la virtù della temperanza, giudicherà rettamente delle cose della
temperanza per modo di inclinazione, ossia consultando la propria
tendenza o disposizione interiore; e colui che è istruito nella scienza
morale potrà, quand’anche non fosse virtuoso, giudicare rettamente
di queste cose per modo di conoscenza, ossia considerando le ragio-
ni intelligibili, e potendo render ragione del proprio giudizio. così,
per le cose divine, il teologo, svolgendo razionalmente le conclusio-
ni virtualmente contenute nei principi della fede, ne giudicherà per
modo di scienza; il contemplativo, vivendo queste cose in se stesso
attraverso la carità, ne giudicherà per modo di inclinazione, grazie
al dono della sapienza… san tommaso riconduce questo giudizio
per modo di inclinazione a una certa simpatia affettiva o connatu-
ralità, compassio sive connaturalitas, la quale, avvicinando al sogget-
IV. Incertezze e speranze 237
122
lucien laberthonnière (1860-1932), sacerdote della congregazione dell’ora-
torio. tra le opere: Saggi di filosofia religiosa (1903), Il realismo cristiano e l’idealismo
greco (1904).
123
John Henry newman (1801-1890), anglicano poi convertitosi al cattolicesimo,
nominato cardinale da leone XIII. tra le opere: Saggio sullo sviluppo della dottrina cri-
stiana (1848), Saggio sulla grammatica dell’assenso (1870), Diario spirituale (postumo).
240 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
124
romano Guardini (1885-1968), ordinario di filosofia della religione a Berlino
(1923-1939), a tubinga (1945), a Monaco (1948). l’opera completa in lingua italiana è
in corso di edizione presso la Morcelliana (Brescia). cf., su di lui: l. negri, L’antropo-
logia di Romano Guardini, Jaca Book, Milano 1989; G.-H. Barbaro, Romano Guardini,
Morcelliana, Brescia 1998.
125
erich przywara (1889-1972), gesuita polacco la cui filosofia ha molto influen-
zato Hans Urs von Balthasar. tra le opere: Analogia entis, metafisica, la struttura origi-
naria e il ritmo cosmico (1932, 4 voll.), L’uomo, antropologia tipologica (1959).
IV. Incertezze e speranze 241
3. Henri Bergson
Il più importanti dei maestri dello spiritualismo è di sicuro, co-
me riconosce la critica storica, Henri Bergson127, ma lo considero a
parte perché la sua influenza è stata notevole e persistente su Ma-
ritain, che deriva da lui lo spirito del suo filosofare, anche se la sua
filosofia, che ha appreso da san tommaso, lo ha portato ad una cri-
tica frontale del bergsonismo, distinguendo tra un bergsonismo di
intenzione e un bergsonismo di fatto. Maritain ha seguito quasi in
diretta, passo passo, lo svilupparsi della riflessione begsoniana da
L’evoluzione creatrice (1907) a Le due sorgenti della morale e della
religione (1932), commentandola nei suoi scritti, e inter-reagendo128.
126
Jean Guitton (1901-1999), docente di storia della filosofia alla sorbona, fu il
primo laico a prendere la parola al concilio Vaticano II, chiamato da Giovanni XXIII.
Opera ommia in 5 volumi, Ritratti (1966), Critica religiosa (1968), Giornale della mia
vita (1912-1971), Filosofia (1978); famoso il suo Testamento filosofico (1997).
127
Henri Bergson (1859-1941). Filosofo ebreo, docente al collège de France, si
contrappone al positivismo dei docenti della sorbona. accademico di Francia, riceve il
premio nobel nel 1928. durante l’occupazione nazista rinuncia a tutti gli incarichi. tra
le opere: Saggio sui dati immediati della coscienza (1889), Materia e memoria (1896),
L’evoluzione creatrice (1907), Le due sorgenti della morale e della religione (1932).
128
cf. p. Viotto, Henri Bergson, un maestro perduto e ritrovato, in Id., Grandi ami-
cizie, cit., pp. 17-30.
242 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
L’intuizione
129
cf. il lungo articolo Storia delle teorie sulla memoria (XVI, pp. 659-673), pub-
blicato da Maritain nella «revue de philosophie» nel 1904 per presentare il corso che
Bergson aveva tenuto al collège de France nell’anno accademico 1903-1904, e il post-
scriptum Durata e simultaneità (XVI, pp. 285-288) all’articolo La metafisica dei fisici e
la simultaneità secondo Einstein, pubblicato da Maritain nella «revue universelle» nel
1922.
IV. Incertezze e speranze 243
L’evoluzione creatrice
130
cf. J. Maritain, Nessun sapere senza intuizione, in Approches sans entraves: scrit-
ti di filosofia cristiana (64).
IV. Incertezze e speranze 245
La morale e la religione
losofia morale adeguatamente presa, che tiene conto dei dati forniti
dalla fede, ma che tratta a livello filosofico (cf. La filosofia cristiana
[19] e Scienza e saggezza [24]). Maritain riconosce a Bergson il me-
rito di averlo posto sulla strada di questa filosofia morale adeguata:
«Bisogna concludere che quanto Bergson ci propone in realtà e ha
introdotto per la prima volta nel campo del sapere filosofico è allo
stato incoativo ancora e senza che essa stessa si dichiari ancora espli-
citamente per tale, una filosofia morale adeguatamente presa, o una
filosofia che fa suoi i dati concernenti l’esistenza umana ricevuti da
una conoscenza superiore. e di questo, chiunque abbia una giusta
idea della filosofia morale, gli deve una speciale gratitudine» (XI, p.
972). si tratta di distinguere e di connettere riflessione filosofica ed
esperienza mistica.
La politica e l’estetica
fuori dei limiti del suo regno, sotto forme imperfette, in quell’uni-
verso di conflitti, di malizia e di amara fatica che è il dominio tempo-
rale. In ciò è il principio più profondo dell’ideale democratico, che
è il nome profano dell’ideale cristiano. ed è per questo che Bergson
scrive: “la democrazia è di essenza evangelica e ha l’amore come mo-
tivo determinante”. da ciò appare evidente che l’ideale democratico
va in direzione opposta alla natura, la cui legge non è l’amore evan-
gelico. “Furono false democrazie le antiche città fondate sulla schia-
vitù, libere per mezzo di questa iniquità fondamentale dai problemi
più gravi e angosciosi”. la democrazia è un paradosso e una sfida
alla natura, alla natura umana ingrata e ferita» (VII, pp. 739-740).
In L’uomo e lo Stato (46) Maritain cita questo testo di Bergson:
«dalla società chiusa alla società aperta, dalla città all’umanità, non
si passerà mai per via di allargamento, perché non sono della me-
desima essenza» (IX, p. 724) e commenta: «distinguendo tra società
chiuse, che sono temporali e terrene, e la società aperta, che è spiritua-
le, Bergson ha mostrato come il genere di amore che unisce i mem-
bri del villaggio o della città possa estendersi da una società chiusa a
un’altra più vasta; ma che se vogliamo arrivare all’amore dell’umani-
tà intera, allora si tratta di passare da un ordine ad un altro, dall’or-
dine delle società chiuse all’ordine, infinitamente differente, della
società aperta e spirituale, in cui l’uomo è unito a quell’amore che
ha creato il mondo» (IX, p. 724).
Ma Bergson oppone la città chiusa e la città aperta, mentre bi-
sogna distinguerle, senza confonderle, perché anche la città chiusa
ha una sua anima, che è l’amicizia civile. Maritain precisa: «si trat-
ta di passare da un ordine a un altro: dall’ordine di società chiusa
all’ordine, infinitamente differente, della società aperta e spirituale,
in cui l’uomo è unito a quell’amore stesso che ha creato il mondo.
tutto questo è vero. Ma anche qui la semplice considerazione dello
sviluppo in estensione è solo accidentale. se gli uomini devono pas-
sare dalle nostre attuali società politiche a una società politica mon-
diale, passeranno a una società chiusa più vasta, vasta quanto tutto
l’insieme delle nazioni, e l’amicizia civica dovrà estendersi in ugual
modo. l’amicizia civile resterà ancora infinitamente differente dalla
carità, come la società mondiale resterà infinitamente differente dal
regno di dio» (IX, pp. 724-725). Manca in Bergson la distinzione
tra il piano naturale e il piano soprannaturale.
anche nelle opere di estetica di Maritain vi sono molti riferimenti
a Bergson. In Arte e Scolastica (2) si supera ogni forma di intellettua-
250 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Ideosofia e filosofia
4. Il pensiero slavo-ortodosso
la russia è un mondo a sé stante, la sua cultura ha radici nel
mondo bizantino, che nemmeno la dittatura comunista è riuscita a
sradicare, la sua filosofia e la sua letteratura hanno una profonda
ispirazione religiosa, la sua teologia rimanda alla patristica, è manca-
ta una scolastica. Maritain vede in Fëdor Michajlovic Dostoevskij131
il più significativo rappresentante di questa cultura, che in Dialoghi
(V, pp. 730-758) presenta così: «Un giorno dostoevskij ha avuto
aperto gli occhi sul mondo spirituale da un tocco evangelico e ne è
rimasto per sempre turbato, perché le intuizioni del suo cuore non
hanno trovato da parte della sua intelligenza quelle pure certezze
che avrebbero dovuto equilibrarle. Intossicato dal suo tempo (e da
rousseau), non ha mai creduto che la ragione potesse fondare quel-
la distinzione tra il bene e il male a cui sottometteva il suo pensiero.
non sembra neppure che egli abbia preso chiaramente coscienza
della certezza essenzialmente soprannaturale di quella fede nel re-
dentore alla quale era legata la sua anima. la sua disgrazia sta nell’a-
ver posto una sorta di scisma tra l’amore e la sapienza, nel non aver
compreso che quest’ultima spira l’amore. egli stesso fu la prima vit-
tima del suo misconoscimento del cattolicesimo» (V, p. 744). Ma ve-
niamo ai filosofi, tra cui sono rilevanti anche alcuni pensatori ebrei.
131
Fëdor Michajlovic dostoevskij (1821-1881), scrittore noto per i romanzi Umi-
liati e offesi (1862), Delitto e castigo (1866), L’idiota (1869), I demoni (1873), I fratelli
Karamazov (1880).
252 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
132
lev Šestov (1866-1938), professore all’Istituto di studi slavi di parigi. tra le
opere: L’idea del bene in Tolstoj e Nietzsche (1900), La filosofia della tragedia (1903), La
notte del Getsemani (1923), Kierkegaard e la filosofia esistenziale (1936), Atene e Geru-
salemme (1938).
IV. Incertezze e speranze 253
Nikolaj Berdjaev
133
Benjamin Fondane (1898-1944), poeta, filosofo e critico letterario ebreo di ori-
gine rumena, che critica la tradizione occidentale accusandola di intellettualizzare la
poesia facendola diventare un sottoprodotto della riflessione filosofica in Falso trattato
di estetica (1938).
134
B. Fondane, L’Existence, Gallimard, paris 1945, p. 35.
135
nikolaj Berdjaev (1874-1948), filosofo russo che, escluso dalle università per
ragioni politiche, ripara a parigi. tra le opere: La filosofia della libertà (1916), Il senso
della storia (1923), L’io e il mondo degli oggetti (1934), Cristianesimo e realtà sociale
(1947), Autobiografia spirituale (postuma).
254 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
136
n. Berdjaev, Autobiografia spirituale, Jaca Book, Milano 2006, p. 296.
137
Ibid., p. 98.
IV. Incertezze e speranze 255
138
cit. in n. Valentini, N. Berdjaev, in aa.VV., Enciclopedia della persona nel XX
secolo, cit., p. 108.
139
n. Berdjaev, L’Idée religieuse russe, in «cahiers de la nouvelle journée», 8, p.
32.
256 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
140
ch. Journet, L’Église du Verbe Incarné, Édition saint Maurice, saint Maurice
(svizzera) 1999, vol. I, p. 288. cf. anche nota 45, pp. 288-291.
141
n. Berdjaev, Royaume de l’esprit et royaume de César, delachaux, paris 1951
p. 82.
IV. Incertezze e speranze 257
142
n Berdjaev, Il senso della storia, Jaca Book, Milano 1971, p. 74.
143
o. clément, Berdjaev. Un philosophe russe en France, desclée de Brouwer,
paris 1991, p. 889.
258 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
5. Il personalismo
Il nome risale al libro Il personalismo (1903) di renouvier, fi-
losofo spiritualista di cui si è già parlato, che considera l’uomo un
soggetto dotato di autocoscienza, centro autonomo, ed è usata dai
principali protagonisti dell’esistenzialismo cristiano, come Marcel,
le senne, lavelle, ma diventa un termine alla moda negli anni tren-
ta con la rivista «esprit» di Mounier. nel 1947, ne La persona uma-
na e il bene comune (43), Maritain scrive: «nulla sarebbe più falso
che parlare del personalismo come di una scuola o di una dottrina.
È un fenomeno di reazione contro due opposti errori, ed è un feno-
meno inevitabilmente molto misto. non c’è una dottrina personali-
stica, ma ci sono aspirazioni personalistiche e una buona dozzina di
dottrine personalistiche che non hanno talvolta in comune se non la
parola “persona”, e delle quali alcune tendono più o meno verso l’u-
no degli errori contrari tra i quali sono situate. ci sono personalismi
a tendenza nietzschiana e personalismi a tendenze proudhoniane,
personalismi che tendono alla dittatura e personalismi che tendo-
no all’anarchia. Una delle grandi preoccupazioni del personalismo
tomista è di evitare l’uno e l’altro eccesso» (IX, p. 170). secondo
Maritain il vero personalismo è quello di san tommaso, che della
persona ha una concezione ontologica perché per garantire l’esserci
144
In «cahiers Jacques Maritain», 4-5, p. 48.
145
n. Berdjaev, Autobiografia spirituale, cit., p. 97.
IV. Incertezze e speranze 259
della persona non basta una concezione morale come quella degli
esistenzialisti o degli spiritualisti.
In questo paragrafo considero il personalismo comunitario dei
pensatori che si muovono intorno ad «esprit», dopo avere precisato
che anche per Maritain la persona ha una dimensione sociale, un va-
lore relazionale. la persona per il personalismo personalistico nasce
nella relazione, cioè dalla relazione coniugale dei suoi genitori e da
dio, che ne crea l’anima, ma non è la relazione, ha sua esistenza in-
dividuale al di là della relazione, perché è una sostanza individuale,
dotata di libertà responsabile. È qui in gioco il concetto stesso di na-
tura umana, che Maritain analizza con precisione concettuale, men-
tre nei personalisti non è sempre ben definito, con la conseguenza di
risolvere la persona nella relazione sociale, con il prevalere del co-
munitario sul personalistico. tra i personalisti c’è una sorta di osti-
lità per la ricerca intellettuale, se Jean Lacroix146, uno dei fondatori
di «esprit», nel 1972 intitola un suo libro Il personalismo come anti-
ideologia e ritiene che il problema della persona sia più una protesta
morale che una ricerca intellettuale.
Emmanuel Mounier
146
Jean lacroix (1900-1986), docente di filosofia, discepolo di Blondel, animatore
delle settimane sociali di Francia. tra le opere: Persona e amore (1942), Marxismo, esi-
stenzialismo, personalismo (1949), Il senso dell’ateismo moderno (1958).
147
emmanuel Mounier (1905-1950). allievo di Jacques chevalier, discepolo di
Bergson, si laurea nel 1927 con una tesi su Il conflitto tra antropocentrismo e teocentri-
smo in Cartesio, insegna in diversi licei. tra le opere: Dalla proprietà capitalista alla
proprietà umana (1934), Rivoluzione personalistica e comunitaria (1935), Manifesto del
personalismo (1936), Personalismo e cristianesimo (1936), Trattato sul carattere (1946),
Che cosa è il personalismo (1947), Il personalismo (1949). Oeuvres Complètes, Éditions
du seuil, paris 1961-1963, 4 voll. cf., in italiano: una buona antologia a cura di M.
Montani, Una rivoluzione esigente, elledici, torino 1985; M. toso - Z. Formella - a.
danese (edd.), Emmanuel Mounier: Persona e umanesimo relazionale, las, roma 2005
(vol. 1), 2006 (vol. 2).
260 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
148
p. Viotto, Emmanuel Mounier e la rivista Esprit, in Id., Grandi amicizie, cit., pp.
191-199.
149
e. Mounier, Oeuvres Complètes, cit., vol. I, pp. 274-176.
IV. Incertezze e speranze 261
150
Ibid., p. 179.
151
Ibid., p. 177.
152
Ibid., p. 191.
153
cit. in G. coq, Mounier Emmanuel, in aa.VV., Enciclopedia della persona nel
XX secolo, cit., p. 707.
154
e. Mounier, Oeuvres Complètes, cit., vol. III, p. 480.
262 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
155
Ibid., vol. III, p. 430.
156
cit. in G. coq, Mounier Emmanuel, cit., p. 713.
157
e. Mounier, Oeuvres Complètes, cit., vol. IV, p. 89.
158
e. Mounier, Oeuvres Complètes, cit., vol. I, p. 849.
159
e. Mounier, Oeuvres Complètes, cit., vol. IV, p. 113.
160
paul archambaud (1883-1950), professore di filosofia al collège sainte croix
di neuilly, discepolo e commentatore di Blondel, fonda la rivista «la nouvelle Jour-
née» nel 1914, che in seguito diventa «cahiers de la nouvelle Journée».
161
cf. anche l. sturzo, La démocratie et la révolution, in «l’aube», 13 febbraio 1934.
IV. Incertezze e speranze 263
162
n. Berdjaev, recensione in «put’», 49 (dicembre 1935), p. 90.
264 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
163
Il movimento e la rivista «le sillon» fondata nel 1894 da Marc sagnier voleva
promuovere un’azione politica nello spirito dell’enciclica Rerum novarum di leone
XIII, ma assunse atteggiamenti modernisti e si avvicinò ai socialisti. Il movimento fu
condannato da pio X nel 1910 e si sciolse.
164
cf. Il carteggio Severini - Maritain (1923-1966), cit.
165
e. Mounier, Préface à une réhabilitation de l’Art et des Artistes, in «esprit», 25
(1° ottobre 1934), p. 6.
IV. Incertezze e speranze 265
166
Ibid., p. 9.
167
Ibid., p. 12.
266 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
Paul Ricoeur
168
paul ricoeur (1913-2005) partecipa ai “Venerdì” di G. Marcel e stringe amici-
zia con Mounier. Fa parte della direzione di «esprit». traduce Husserl, viene nominato
docente a strasburgo, in seguito è chiamato alla sorbona, che abbandona nel 1968 per
nanterre; tiene corsi anche in diverse università americane. tra le opere: La filosofia
della volontà (1950), Storia e verità (1955), La metafora viva (1975), Tempo e racconto,
in tre volumi (1983-1985), Sé come altro (1990).
IV. Incertezze e speranze 267
169
Intervista pubblicata in Paul Ricoeur: la logica di Gesù, testi a cura di e. Bian-
chi, edizioni Qiqajon, comunità di Bose 2009, p. 137.
268 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
6. la nuova scolastica
non dedico molto spazio alla nuova scolastica, e non ripren-
do i contribuiti originali di Jacques Maritain170 alla tradizione to-
mista, perché sono rintracciabili nelle analisi delle diverse correnti
di pensiero (l’intuizione dell’essere, la distinzione tra scienza e sag-
gezza, la filosofia morale adeguatamente presa, la conoscenza per
connaturalità, l’intuizione creativa nella poesia e nell’arte, la filoso-
fia della democrazia, l’epistemologia delle scienze umane)171. Faccio
riferimento solo marginalmente ai dibattiti teologici in cui Maritain
è stato coinvolto, avendone trattato diffusamente nel volume già ci-
tato Grandi amicizie: i Maritain e i loro contemporanei. Utilizzo le
note bio-bibliografiche sia pure succinte, per segnalare autori e opere
di questa corrente di pensiero trascurata nelle storie della filosofia,
scritte da pensatori, laici che non si accorgono che la nuova scolasti-
ca non è una ripetizione del pensiero medievale, bensì una sua con-
tinuazione in dialogo con la filosofia contemporanea.
170
per la biografia di Jacques Maritain cf. la Nota bibliografica, in p. Viotto, Dizio-
nario delle opere di Jacques Maritain, città nuova, roma 2003, pp. 13-23 e la Nota bi-
bliografica, anno per anno, in p. Viotto, Dizionario delle opere di Raïssa Maritain, cit.,
pp. 13-41.
171
per una visione organica del pensiero cf. p. Viotto, Introduzione a Maritain,
laterza, Bari-roma 2000.
IV. Incertezze e speranze 269
172
d. Gallagher - J.l. allard - p. Viotto - B. Hubert, Bibliographie sur Jacques et
Raïssa Maritain, roma 1997.
173
désiré Mercier (1851-1926), docente a lovanio, nel 1894 fa ripartire le
pubblicazioni della «revue néo-scolastique» in seguito denominata «revue de
philosophie de louvain». tra le opere: diversi volumi di un Corso di filosofia.
270 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
174
Maurice de Wulf (1867-1947), docente a lovanio e poi ad Harvard. tra le
opere: Studi storici sull’estetica di san Tomnmaso (1896), Storia della filosofia medievale
(1900 e successive edizioni), L’opera d’arte e il bello (1920).
175
Frans de Hovre (1884-1956), pedagogista e storico della pedagogia, rivaluta il
personalismo in opposizione al naturalismo di spencer e alla socialpedagogia di dewey.
tra le opere: L’etica e la pedagogia morale di Foester (1913), Saggio di filosofia pedagogi-
ca (1924), Il cattolicesimo, i suoi pedagogisti e la sua pedagogia (1929).
176
Émile peuillaube (1864-1934), docente di psicologia e decano della Facoltà di
filosofia dell’Institut catholique di parigi, nel 1910 fonda la «revue de philosohpie».
tra le opere: Teoria dei concetti, esistenza origine, valori (1895), Iniziazione alla filosofia
di san Tommaso (1926).
IV. Incertezze e speranze 271
177
réginald Garrigou-lagrange (1877-1964), domenicano francese, docente di
filosofia in Belgio poi all’angelicum a roma. tra le opere: Dio, la sua esistenza, la sua
natura (1914), Il senso comune, La filosofia dell’essere (1922), Perfezione cristiana e con-
templazione (1923).
178
pierre-thomas dehau (1870-1956), domenicano che a parigi segue un gruppo
di giovani intellettuali, tra cui Julien Green, stanislas Fumet, Jacques Froissart. nel
1914, alla morte di padre Humbert clérissac, diventa il direttore spirituale di raïssa
Maritain. due suoi nipoti, thomas philippe e Marie-dominique philippe, entrano
nell’ordine domenicano.
179
p. Viotto, Garrigou-Lagrange, comprensioni e incomprensioni, in Id., Grandi
amicizie, cit., pp. 122-126.
180
p. Viotto, La polemica su Umanesimo integrale, in ibid., pp. 140-147.
272 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
181
ambroise Gardeil (1859-1931), cofondatore della «revue thomiste», critica
Blondel per la confusione tra il piano della natura e il piano della soprannatura. tra le
opere: La credibilità e l’apologetica (1908), La struttura dell’anima e l’esperienza mistica
(1927).
182
Mariano cordovani (1883-1950), domenicano, teologo pontificio dal 1936 al
1950. tra le opere: importante la trilogia Il Rivelatore, Il Salvatore, Il Santificatore
(1945-1946).
183
agostino Gemelli (1878-1959). laureato in medicina, agnostico socialista, si
converte e diventa frate francescano, fonda l’Università cattolica a Milano nel 1921 e si
dedica a studi di psicologia.
184
Francesco olgiati (1886-1962), docente di storia della filosofia. tra le opere: le
monografie Berkeley (1924), Leibniz (1929), Cartesio (1937), Benedetto Croce (1953).
185
emilio ciocchetti (1867-1931), studioso della filosofia di Giovanni Gentile, fa
conoscere a tullio Garbari gli scritti di Maritain.
186
amato Masnovo (1880-1955), docente di storia della filosofia medievale che
riassume nei tre volumi Da Guglielmo d’Auvergne a Tommaso d’Aquino (1930-1945).
IV. Incertezze e speranze 273
187
cornelio Fabro (1911-1995), docente a roma e a perugia, traduce in italiano i
tre volumi del Diario di Kierkegaard (1948-1951). tra le opere: La fenomenologia della
percezione (1941), Dall’essere all’esistente (1957), Tomismo e pensiero moderno (1969),
Introduzione a san Tommaso (1983), L’enigma Rosmini (1988).
188
Joseph Kleutgen (1811-1883), gesuita tedesco, docente alla Gregoriana, colla-
bora all’estensione dell’enciclica Aeternis Patris. tra le opere: La filosofia antica esposta
e difesa (1863-1864), La teologia antica esposta e difesa (1867-1874).
189
Martin Grabmann (1875-1949), docente a Vienna e a Monaco. tra le opere:
Storia della scolastica (1909-1911, 2 voll.), San Tommaso (1912), La vita intellettuale nel
Medioevo (postumo, 3 voll.).
190
santiago ramirez (1891-1967), docente a Friburgo e poi a salamanca. l’opera
omnia in 40 volumi è in corso di edizione. cf. p. Viotto, Santiago Ramirez e il problema
della filosofia morale, in Grandi amicizie, cit., pp. 33-37.
191
cf. F. Michel, La pensée catholique en l’Amerique du nord, desclée, paris 2010.
192
robert Hutchins (1899-1977), rettore della chicago University e presidente
del centre for the study of democratic Institutions. tra le opere: L’università di utopia
(1953). In italiano: l’antologia Educazione alla libertà, la nuova Italia, Firenze 1963.
274 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
193
Mortimer adler (1902-2001), docente alla columbia University. tra le opere:
Arte e prudenza (1937), San Tommaso e i Gentili (1938), L’idea di libertà (1958), L’evo-
luzione della specie, con un’introduzione di Maritain (1958). In italiano: Educare all’a-
scolto, la scuola, Brescia 1988. nel 1940 pubblica in Scholasticism and Politics le nove
conferenze che Maritain ha tenuto nel 1938 durante il suo primo viaggio in america.
194
Gerald Bernard phelan (1892-1965), fondatore, con É. Gilson, a toronto del
pontifical Institut of Mediaeval studies. tra le opere: Il concetto di bellezza in san Tom-
maso (1967).
IV. Incertezze e speranze 275
Étienne Gilson
195
Étienne Gilson (1884-1978), docente alla sorbona, al collège de France, in
canada dà vita all’Institute of Mediaeval studies. accademico di Francia dal 1946. tra
le opere: Il tomismo (1919 e successive edizioni), La filosofia medievale (1922), La filo-
sofia di san Bonaventura (1924), Introduzione allo studio di sant’Agostino (1929), Lo
spirito della filosofia medievale (1932), Il realismo metodico (1936), Cristianesimo e filo-
sofia (1936), Realismo tomista e critica della conoscenza (1939), L’essere e l’essenza
(1948), Giovanni Duns Scoto (1952), Introduzione alla filosofia cristiana (1960), La filo-
sofia e la teologia (1960). su di lui: l.K. shooh, Étienne Gilson, Jaca Book, Milano
1991; M. Grosso, Alla ricerca della verità: la filosofia cristiana in É. Gilson e J. Maritain,
città nuova, roma 2006.
196
cf. p. Viotto, Étienne Gilson, un’amicizia nella ricerca della verità, in Id., Gran-
di amicizie, cit., pp. 37-45. Inoltre É. Gilson - J. Maritain, Correspondance 1923-1971, a
cura di G. prouvost, Vrin, paris 1991.
276 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
197
É. Gilson, Le Thomisme, Vrin, paris 1947, pp. 133-134.
198
Marie-dominique philippe (1912-2006), dopo studi di matematica, entra
nell’ordine domenicano. docente di filosofia a Friburgo, in svizzera, dal 1945 al 1982.
Fonda l’École saint Jean per i giovani che si radunano nella comunità san Giovanni e
nel 1992 la rivista «aletheia».tra le opere: Il nulla e l’essere (1975), Dall’essere a Dio
(1977, 4 voll.); Introduzione alla filosofia di Aristotele (1991), San Tommaso (1992), Le
tre saggezze (1994), L’Essere, saggio di filosofia prima (1994, 2 voll.), Ritorno alla sorgen-
te (2005). cf. p. Viotto, Philippe Marie Dominique, in Enciclopedia Filosofica, Bompiani,
Milano 2007, pp. 8588-8589.
278 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
199
antonin sertillanges (1863-1948), docente all’Institut catholique di parigi. tra
le opere: San Tommaso d’Aquino (1910), La vita intellettuale (1921), Femminismo e cri-
stianesimo (1921), Le grandi tesi del tomismo (1928), Il cristianesimo e le filosofie (1929),
Il problema del male (1949).
200
Yves rené simon (1903-1961), prima docente in Francia poi alla notre dame
University nell’Indiana. tra le opere: Introduzione all’ontologia del conoscere (1934),
IV. Incertezze e speranze 279
Critica della conoscenza morale (1934), Tre lezioni sul lavoro (1938), Natura e funzioni
dell’autorità (1940), La marcia della liberazione (1942), Filosofia del governo democrati-
co (1951). cf. p. Viotto, Yves René Simon e gli amici americani, cit.
201
J. Maritain - Y. simon, Correspondance. Les années françaises (1927-1940), a
cura di Michel Florian, cld, tour 2008. Il secondo volume, relativo al periodo ameri-
cano (1940-1973), è in corso di edizione.
280 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
202
charles Journet (1891-1975). l’opera omnia è in corso di pubblicazione, a cu-
ra della Fondation cardinal Journet, presso le editions saint-augustin, saint Maurice
(svizzera). ch. Journet - J. Maritain, Correspondance, 1920-1973, editions saint-augu-
stin, saint Maurice (svizzera), 6 tomi. cf. p. Viotto, Charles Journet: religione, cultura,
politica, in Id., Grandi amicizie, cit., pp. 112-120; Id., Charles Journet: una lunga amici-
zia, in Id., Dizionario delle opere di Raïssa Maritain, cit., pp. 236-241.
203
Henri-Irénée Marrou (1904-1977), membro dell’École française de rome dal
1930 al 1932, docente in diverse università francesi, poi dal 1949 al 1975 alla sorbona.
tra le opere: Fondamenti di una cultura cristiana (1934), Sant’Agostino e la fine della
cultura antica (1937), La conoscenza storica (1954), Teologia della storia (1944), Storia
dell’educazione nell’antichità (1948), Sant’Agostino e l’agostinismo (1952), Patristica e
umanesimo (1976).
204
H.-I. Marrou, L’ambivalence de l’histoire chez saint Augustin, Montréal 1950.
IV. Incertezze e speranze 281
avvenimenti nella prospettiva dei fini ultimi, del Regno di Dio, e la filo-
sofia della storia, che studia i medesimi avvenimenti, ma nella prospet-
tiva della città dell’uomo, i cui fini terrestri sono infravalenti rispetto
ai fini ultimi. Questa presenza del male nella storia esige, al di là delle
considerazioni sociologiche, un’analisi filosofica e teologica. Journet
nel 1961 scrive Il male: saggio teologico, Maritain nel 1963 Dio e la
permissione del male (58) nelle cui pagine, quasi a specchio, tengono
conto delle riflessioni che si sono scambiati nella loro corrisponden-
za. Il male è una colpa, un’offesa all’ordine morale, perché è un venir
meno all’ordine ontologico, un privare l’essere del dovuto, una nienti-
ficazione nell’essere, che va riparata. la teologia ci parla di un peccato
verso dio, che è stato come privato del dovuto. Maritain precisa che
l’uomo è causa prima del male, di cui dio è assolutamente innocente.
Maritain commenta il versetto del Vangelo di Giovanni Sine me
nihil potestis facere (Io. 15, 5), che può essere letto in due modi. «si
può leggere: Senza di me non potete fare nulla, e nulla di buono. È
la linea dell’essere o del bene, in cui dio ha l’iniziativa prima. e si
può anche leggere: Senza di me potete fare il nulla, senza di me po-
tete introdurre nell’essere questo nulla o questo non-essere del bene
dovuto, questa privazione che è il male. Questa iniziativa del male,
voi non la potete avere che senza di Me (perché con Me potete fare
soltanto il bene)» (XII, p. 44). a livello teologico il male comporta la
perdita della grazia di dio, per cui l’uomo, come insegna san paolo,
cade sotto la legge del peccato, che solo la sofferenza può riparare.
per ristabilire l’uomo nel suo stato soprannaturale, il Verbo di dio
si è incarnato e ha sofferto la morte nella sua natura umana. la legge
delle renumerazioni è intrinseca alla realtà delle cose (cf. Nove lezio-
ni sulle prime nozioni della filosofia morale [47]). In un frammento
inedito di raïssa, che Jacques ha trovato tra le sue carte205, si legge:
«Questa legge della trasmutazione delle nature che comprende in sé
tutte le leggi morali e divine, è qualcosa di necessario, di fisico, di
ontologico, se si vuole. dio stesso non può abolirla, come non può
produrre l’assurdo». la legge è giusta. la legge è necessaria. Ma la
legge non è dio. dio è amore. «Il volto della legge e del suo rigore,
il volto del dolore e della morte, non è il volto di dio. dio è amore».
Quando l’uomo patisce questa legge, dio, che non può rimuoverla,
è vicino a lui, patisce con lui: «dio è con questa natura che egli ha
fatto e che soffre. se potesse trasformare questa natura nella sua,
205
p. Viotto, Dizionario delle opere di Raïssa Maritain, cit., pp. 212-214.
282 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
206
In appendice al volume Il Dottore Angelico nelle Oeuvres complètes sono elen-
cate queste raccomandazioni a partire da alessandro IV (1254-1261) fino a Giovanni
paolo II (1978-2005) (IV, pp. 181-191).
Conclusione 283
conclusione
1. oltre la modernità
I monaci benedettini hanno costruito l’europa perché hanno rac-
cordato l’azione alla contemplazione, il lavoro e la preghiera (Ora et
labora), connettendo teoresi e prassi; in seguito questo primato della
contemplazione è venuto meno, e si è giunti al primato dell’azione,
della prassi, fino a fare della riuscita il criterio di verità, con il prag-
matismo culturale e il machiavellismo politico, per cui un’opinione,
un’azione, valgono, sono vere, sono giuste, se riescono. In conclusio-
ne di questa storia del pensiero contemporaneo, riprendendo le fila
anche del percorso del pensiero moderno, analizzo i nodi strutturali
di questo processo di secolarizzazione e indico le prospettive di una
rinascita. prendo a prestito un’immagine di Marie-dominique philip-
pe che descrive la filosofia contemporanea come un fiume tumultuo-
so in piena che ha raccolto molti affluenti e trascina a valle cadaveri,
per cui bisogna risalire a monte, andare controcorrente, per scoprire
la sorgente della saggezza207. cercherò di tracciare, secondo l’analisi
fatta da Maritain, il percorso di questa caduta nel pensiero debole che
finisce per negare la filosofia stessa in un relativismo universale dove
tutte le opinioni sarebbero vere, e di intravedere l’inizio di un ritorno
alla sorgente. nella ricerca storiografica si possono individuare questi
cadaveri che si lasciano trascinare dal fiume della storia in due tritti-
ci di personaggi che hanno dominato la scena della cultura europea
frantumando l’eredità ebraico-greco-latino-cristiana. Maritain in Tre
riformatori (9) analizza l’opera di lutero, che ha rotto l’unità della
chiesa, quella di cartesio che ha spostato l’asse della ricerca filosofica
207
Marie-dominique philippe, Retour à la source, Fayard, paris 2005; Id., Les
trois sagesses, Fayard, paris 1994.
284 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
che Colui che è è il padre di tutti gli uomini. la logica simbolica, ma-
tematizzata, resta nel mondo della tecnica un prezioso strumento di
lavoro, ma riconosciuti i limiti e le competenze delle scienze naturali e
matematiche, bisogna ritornare all’armonia tra la scienza e la saggez-
za. Il fatto che scienziati e filosofi lavorino insieme nella bioetica è il
sintomo di una ricomposizione epistemologica dopo la frantumazio-
ne del sapere. riconosciuta la democrazia come ideale di fraternità e
di giustizia per tutti i popoli e tra tutti i popoli, gli uomini debbono
prendere coscienza che il fine ultimo della vita umana non è il benes-
sere temporale della società, ma la beatitudine eterna nella contem-
plazione di dio. siamo usciti dalla modernità nata dal cogito ergo sum
di cartesio per riscoprire attraverso la metafisica e le grandi religio-
ni monoteistiche, ebraismo, cristianesimo, islamismo, quell’adoro er-
go sum che pone l’uomo nelle sue reali condizioni e nel suo destino
ultimo. nel suo ultimo discorso all’Unesco, il 21 aprile 1966, su Le
condizioni spirituali del progresso e della pace (XIII, pp. 755-764)208,
Maritain riafferma il primato dello spirituale come motore della sto-
ria: «le scoperte tecniche hanno avuto un peso molto grande nello
sviluppo dell’umanità. le scoperte spirituali hanno avuto un peso an-
cor più grande […]. certo è necessario del tempo, a volte occorrono
lunghi anni. proprio per questa ragione l’azione dello spirituale sugli
uomini e sulla storia è più vasta e più potente che non l’azione tem-
porale, fosse pure la più folgorante, che esercita tutta la sua forza in
un dato momento ed i cui effetti sono immediatamente portati via dal
flusso e dalle fluttuazioni del tempo» (XIII, p. 756). l’ultimo articolo
di Maritain, Le due grandi Patrie209 è quasi un testamento: «Verrà un
giorno in cui questa grande patria che è il mondo, ritroverà in buo-
na parte, in mezzo a mali anch’essi nuovi, secondo la legge della sto-
ria del mondo, il fine vero per cui è stata creata; un giorno in cui una
nuova civiltà darà agli uomini non certo la felicità perfetta, ma un or-
dinamento più degno di loro e li renderà più felici sulla terra, poiché
io penso che la meravigliosa pazienza di dio non sia ancora esaurita, e
che il giudizio finale non avverrà domani» (XVI, p. 1158).
È questo il senso dell’Umanesimo integrale di Maritain, che rac-
corda l’umano e il divino, la ragione e la fede, la libertà e la grazia, la
società civile e la comunità cristiana, sottolineando che l’uomo è in
208
cf. J. Maritain, Il compito dello spirituale nei confronti del progresso e della pace,
in «Humanitas», XXVIII, 7 (luglio 1973), pp. 494-501.
209
J. Maritain, Les deux grandes Patries, in «le Monde», 2-3 septembre 1973.
Conclusione 299
questo mondo per coltivarlo e per popolarlo, ma in vista del fine ul-
timo, che è la contemplazione di dio. Questa filosofia cristiana, che
non svaluta i valori umani, non li considera mezzi, ma fini infrava-
lenti, raccordati con il fine ultimo, nasce dal messaggio evangelico,
che ci ricorda come la valutazione ultima del comportamento uma-
no riguardi proprio la realizzazione dei fini intermedi: «l’avere dato
da mangiare all’affamato… l’avere visitato l’ammalato…» (Mt 25,
31-46). l’uomo non è estraneo a questo mondo, ma questo mondo
non basta all’uomo.
300 Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain
II. L’età delle ideologie 301
elenco cronologico
delle opere di Jacques Maritain
17. IV, pp. 257-1111 Distinguer pour unir: ou les degrés du savoir,
desclée de Brouwer, paris 1932, XVIII-919
pp.; numerose edizioni, modificate e ampliate,
fino alla definitiva del 1963.
XVII, pp. 566- cf. anche la nuova introduzione alla tr. ingl.,
573 The Degrees of Knowledge, Bles, london 1959,
XVII-XIX pp.; tr. it., I gradi del sapere, Morcel-
liana, Brescia 1974
18. V, pp. 9-222 Le songe de Descartes, Buchet chastel, paris
1932, XII-346 pp.; nuova ed. 1965
19. V, pp. 225-316 De la philosophie chrétienne, desclée de
Brouwer, paris 1933, 166 pp.; 19382; tr. it., Sulla
filosofia cristiana, Vita e pensiero, Milano 1978,
Introduzione di V. Melchiorre
20. V, pp. 319-515 Du régime temporel et de la liberté, desclée
de Brouwer, paris 1933, 268 pp.; 19382; tr. it.,
Strutture politiche e libertà, Morcelliana, Brescia
1968, Introduzione di a. pavan
21. V, pp. 517-683 Sept leçons sur l’être et les premiers principes de
la raison spéculative, téqui, paris 1934, 284 pp.;
tr. it., Sette lezioni sull’essere e sui primi princi-
pi della ragione speculativa, Massimo, Milano
1981, Introduzione di V. possenti
22. V, pp. 985-816 Frontières de la poésie et autres essais, rouart,
paris 1935, 226 pp.;
V, pp. 810-817 tr. ingl., Art and Poetry, philosophical librairie,
new York 1943, con una nuova introduzione
di Maritain; tr. it., Frontiere della poesia ed altri
saggi, Morcelliana, Brescia 1981
56. XI, pp. 133-230 The Responsibility of the Artist, scribner’s sons,
new York 1960, 120 pp.; tr. fr., La responsa-
bilité de l’artiste, Fayard, paris 1961; tr. it., La
responsabilità dell’artista, Morcelliana, Brescia
1963
57. XI, pp. 233- La philosophie morale. Examen historique et
1040 critique des grands systèmes, n.r.F. Gallimard,
paris 1960, 588 pp.; ristampe 1961-1966; tr. it.,
La filosofia morale, Morcelliana, Brescia 1971;
19995, con una posfazione di V. possenti e un
Indice degli argomenti di p. Viotto
58. XII, pp. 9-123 Dieu et la permission du mal, desclée de
Brouwer, paris 1963, 82 pp.; 19643, con una
nota aggiuntiva; tr. it., Dio e la permissione del
male, Morcelliana, Brescia 1965
59. XII, pp. 429-660 Il mistero di Israele, Morcelliana, Brescia 1964
186 pp.; Introduzione di a. pavan; l’ed. or.
it., a cura di a. pavan, precede l’ed. fr. e pre-
senta alcune varianti rispetto alle oc; ed. fr.,
Le mystère d’Israël, desclée de Brouwer, paris
1965; nuova ed., con testi non compresi nella
precedente ed., Il mistero di Israele, Massimo-
Jaca Book, Milano 1990, Introduzione di V.
possenti
60. XII, pp. 122-427 Carnet de notes, desclée de Brouwer, paris
1965, 430 pp. le oc riportano il testo pro-
grammato per una seconda ed. alleggerito dei
capitoli VII e VIII che sono stati pubblicati in
Approche sans entraves; tr. it., Ricordi e appun-
ti, Morcelliana, Brescia 1967; l’ed. it. riporta
anche i capitoli VII Amore e amicizia e VIII A
proposito della Chiesa del Cielo
61. XII, pp. 663- Le paysan de la Garonne, desclée de Brouwer,
1035 paris 1966, 410 pp.; tr. it., Il contadino della Ga-
ronna, Morcelliana, Brescia 1969; nuova ed., Il
cerchio, rimini 2009
Elenco cronologico delle opere di Jacques Maritain 311
In questo Indice dei nomi sono stati conservati i nomi dei pensatori
e delle correnti di pensiero precedenti, perché Maritain connette in
continuità le diverse modalità del filosofare, che variano con il susse-
guirsi dei filosofi nella storia, con la filosofia, che rimane invariata nella
sua problematica per ogni uomo, che, rispettando l’oggettività della sua
ricerca, non la risolve nella soggettività del suo pensare. nel segnalare
le correnti ideologiche sono stati inseriti nuovi nomi, rispetto al volume
precedente, dedicato al Pensiero moderno (2011), come modernismo,
ermeneutica, psicoanalisi… ma anche quelli delle diverse scuole che,
via via, si sono andate costituendo, come la Scuola di Vienna, la Scuola
di Francoforte, la Scuola di Chicago… In questo elenco di nomi ho rite-
nuto opportuno inserire anche la voce criticismo, perché anche se non
costituisce una specifica scuola di pensiero e riguarderebbe, in realtà,
solo Kant, dopo di lui è diventato un atteggiamento molto diffuso nel-
la filosofia contemporanea – basti pensare all’empiriocriticismo e alla
fenomenologia – che pretende di anticipare la critica alla conoscenza,
pretendendo, direbbe Maritain, di fare dei primi passi un ritorno sui
propri passi (IV, 397). talvolta i nomi non compaiono nella pagina a cui
si fa riferimento, ma nella medesima si analizza il contributo alla storia
della filosofia e della cultura di quel pensatore o di quella scuola. sono
importanti i rimandi alle Tavole didattiche, perché Maritain si serve an-
che della grafica per meglio esprimere il suo pensiero.
se un nome risulta esclusivamente riportato in una nota, alla cifra
della pagina indicata segue una n. Quando le pagine sono interamente
dedicate al medesimo pensatore o alla medesima corrente di pensiero
la numerazione è indicata in neretto, come pure i riferimenti contenu-
ti nella Conclusione. l’Indice dei nomi del secondo volume di questa
Storia della filosofia secondo Maritain, poiché comprende anche i nomi
riportati nelle note bio-bibliografiche, permette di rintracciare le opere
che i filosofi contemporanei hanno dedicato ai pensatori precedenti,
riscontrando la continuità del filosofare umano, che attraverso il contri-
buto di molti cerca la filosofia come scienza.
322 Indice dei nomi
211, 214, 230, 231, 250, 259n, 16, 20, 30, 38, 39, 40, 46, 120,
272n, 275, 283+289 153, 160, 183, 189, 285
cassirer ernest: 182 croce Benedetto: 56, 112, 203,
castiglioni luigi: 302 205+209, 206T, 210, 211, 227,
cattaneo carlo: 143 272
Cattolicesimo: 69, 91, 161, 165,
177, 185, 187, 239, 242, 251, d’addio Mario: 123n
264, 270 dalbiez roland: 212, 214, 215
charcot Jean-Martin: 212n d’alembert Jean-Baptiste: 95
chenaux philippe: 185n dalì salvador: 284
chenu Marie dominique: 165 danese attilio: 259n
chesterton Gilbert Keith: 270 d’annunzio Gabriele: 80
chevalier Jacques: 259n darwin charles robert: 55, 83,
ciocchetti emilio: 272 99, 102, 129, 135, 136+137,
clément olivier: 257 140, 232, 284
clérissac Hummbert: 270, 271 debré Marcel: 91
cohen Hermann: 182 debussy: 81
collin remy: 212 dehau thomas: 271+272
comte auguste: 45, 91, 95, 102, de Hovre François: 134, 270
129, 131, 133, 135, 137, 139, democrito: 103
144+156, 145T, 158, 188, 189, de sanctis Francesco: 203
270 dewey John: 145T, 146, 200+203,
Comunismo: 59, 91, 93, 94, 240, 247, 270, 279, 286
98, 99, 100, 103, 110, 112, de Wulf Maurice: 270
113+116, 253, 256, 264, 277, dilthey Wilhlem: 182
291, 293 dirac paul: 159
Controriforma: vedi Riforma cat- d’Isola leletta aurelia: 6
tolica doering Bernard: 301
cordovani Mariano: 204, 272 dostoevskij Fedor: 168, 251+252
cottier Georges: 100n driesch Hans: 136, 142
cousin Victor: 230+231 du Bos charles: 186
couturier Marie alain: 181 duns scoto Giovanni: 171n, 195,
Cristianesimo: 8, 25, 28, 37, 38, 275n
56, 70, 71, 80, 83, 87, 90, 92, durkheim Émile: 128, 129, 134,
98, 101, 102, 104, 113, 122, 153, 270
126, 131, 137, 150, 162, 168,
179, 180, 187, 223, 234, 242, Ebraismo: 109, 177, 185, 242,
253, 255, 256, 259, 264, 271, 252, 257, 283, 286, 294, 296,
275, 278, 282, 298, 306 298
Criticismo: 7+10, 11, 12T, 14, edipo: 213
324 Indice dei nomi
Kafka Franz: 78, 269, 170 le senne rené: 179, 182, 258
Kant Immanuel: 7, 9, 11, 12T, 13, lessing Gotthold ephraim: 55
14+43, 20T, 24T, 26T, 35T, lévy Bruhl lucien: 128, 134, 135,
46, 48, 50, 51, 55, 63, 64, 67, 144
68, 70, 72, 74, 75, 76, 77, 78, littré Émile: 133
80, 87, 88, 116, 117, 118, 120, locke John: 38, 68, 292
121, 127, 129, 140, 144, 145T, lombroso cesare: 143
147, 150, 152, 153, 158, 160, lorentz Hendrik: 158, 159
162, 164, 176, 182, 183, 189, lourié arthur: 81
204, 208, 210, 225, 231, 240, lucrezio: 194
254, 286, 283+289 lukàcs György: 100, 115
Keller Helen: 191 lutero Martin: 37, 157, 195, 220,
Kelsen Hans: 220, 222+223, 226, 283, 303
294
Kierkegaard soren: 32, 45, 71, Macchi pasquale: 241
74, 75, 83+90, 145T, 146, 168, MacFarlane John: 190
169, 170, 184, 185n, 187, 220, Mach ernest: 98, 189, 190
240, 252, 253, 260, 273 Machiavelli niccolò: 37, 51, 143,
Kleutgen Joseph: 273 157, 196
Klopstok Friedrich: 48 Machiavellismo: 51, 69, 109, 283,
292, 293
laberthonnière lucien: 234, 239 Maine de Biran François pierre:
lachelier Jules: 231 160, 230+231
lacroix Jean: 259 Malebranche nicolas: 106, 158,
lamark Jean-Baptiste de Monet, 165, 230
de: 131, 136, 137, 140 Malthus thomas robert: 139
landesberg paul ludvig: 184 Mandeville Bernard, de: 142
laplace pierre simon: 15 Manzoni alessandro: 117
lasserre pierre: 133n Mao tze-tung: 91, 98, 100
lavelle louis: 170, 177, 258 Marcel Gabriel: 168, 170, 171+178,
lazzati Giuseppe: 306 186, 259, 260, 266n
le dantec Félix: 128, 132 Maritain Jeanne: 91
leibniz Gottfried Wilhelm: 15, Maritain raïssa oumançoff: 88,
17, 21, 34, 75, 158, 191, 231, 90, 128, 168, 251, 268, 269, 270,
272, 289 271, 280, 281, 301, 302, 305, 309
lenin nikolaj: 98, 99, 100, 112, 114 Marrou Henri-Irenée: 280+282
leonardo da Vinci: 143 Martinetti piero: 204
leone XIII: 239, 264n, 269 Marx Karl: 45, 73, 75, 91, 92, 94,
leroux pierre: 93 95, 97+116, 144, 149, 150,
leroy olivier: 135 154, 145T, 180, 200, 205,
Indice dei nomi 327
Indice generale
I. oltre l’illuminismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11
1. Il crocevia della filosofia moderna . . . . . . . . . . . . . » 11
2. dalla crisi dell’illuminismo alla postmodernità . . . » 12
3. Immanuel Kant e il criticismo. . . . . . . . . . . . . . . . . » 14
Una vita solitaria e metodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 14
La critica della ragion pura . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16
I tre gradi della conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . » 18
La critica della ragion pratica. . . . . . . . . . . . . . . . . » 25
l’imperativo categorico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27
I postulati della ragion pratica. . . . . . . . . . . . . . . » 31
La critica del giudizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 33
La politica, il diritto, la religione, la storia. . . . . . . . » 36
Una ristrutturazione soggettivistica della persona . . » 38
4. l’irrazionalismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 74
Arthur Schopenhauer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 75
Il mondo come rappresentazione e come volontà » 76
Friedrich Wilhelm Nietzsche . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 78
l’antropologia del superuomo. . . . . . . . . . . . . . . » 79
l’estetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 80
Søren Kierkegaard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 83
l’esistenza del singolo come contraddizione . . . » 85
I tre stadi della vita. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 86
esistenzialismo e tomismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 88
5. Il socialismo utopistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 90
I primi teorici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 91
Pierre-Joseph Proudhon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 95
6. Karl Marx e la sua scuola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 98
Dal socialismo utopistico al socialismo scientifico . . » 98
Ludwig Feuerbach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 100
Friedrich Engels . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 102
Karl Marx . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 103
Il primato della prassi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 104
Il rovesciamento dell’hegelismo e la riabilitazione
della causalità materiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 106
la società capitalistica, il plusvalore e la lotta di
classe. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 109
l’antropologia dell’uomo collettivo . . . . . . . . . . » 110
la morale comunista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 112
l’ultima eresia cristiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 113
7. lo spiritualismo italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 116
Antonio Serbati Rosmini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 117
l’idea dell’essere in generale . . . . . . . . . . . . . . . . » 118
la metafisica e la morale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 120
Il diritto e la politica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 123
Vincenzo Gioberti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 124
la critica a rosmini e l’ontologismo . . . . . . . . . . » 125
la morale e la politica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 126
l’estetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 127
8. Il positivismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 128
La radice del relativismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 129
Il positivismo in Francia, erede dell’illuminismo . . . » 131
Il positivismo in Inghilterra e il darwinismo . . . . . . » 135
Il positivismo in Germania e in Italia . . . . . . . . . . . » 142
Indice generale 333
conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 283
1. oltre la modernità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 283
2. dal realismo alla fenomenologia. . . . . . . . . . . . . . . » 285
3. dalla logica formale alla logica strumentale . . . . . . » 287
4. dalla legge eterna al diritto come intersoggettività » 290
5. dallo stato assoluto allo stato democratico . . . . » 294
6. dall’universo organico al pluriverso casuale . . . . » 296
7. Il ritorno alla saggezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 297
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