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RIASSUNTO - In Italia vengono importate rane in prevalenza per due scopi: ornamentale ed uso alimentare. Le
rane da consumo, che fino agli anni ‘50 provenivano dalle zone umide del nord Italia, attualmente vengono
importate da paesi extracomunitari quali Romania, Bulgaria, Egitto, Indonesia e Turchia, dove vengono allevate o
raccolte liberamente in natura. Le tecniche di allevamento e le condizioni di importazione dai paesi terzi deve
spingere gli operatori a considerare l’eventuale presenza di patogeni anche potenzialmente pericolosi per la salute
pubblica.
Lo scopo del presente lavoro è stato, pertanto, quello di verificare la presenza di Mycobacterium spp. in rane
provenienti dalla Turchia. In particolare si è cercata la presenza di micobatteri in 49 esemplari di Rana esculenta,
importata viva: da ciascun campione si sono ottenute tre aliquote (cute, visceri, muscolo) e su tutto il materiale
sono state eseguite le procedure standard per l’isolamento e l’identificazione di micobatteri. Mentre nessun
soggetto esaminato presentava lesioni riconducibili a micobatteriosi, il 32,6% dei visceri e il 18,3% dei campioni
di cute hanno rivelato la presenza di, in ordine di frequenza, M. chelonae, M. gordonae e M. fortuitum. La totalità
dei campioni di muscolo è risultata invece negativa. Dal momento che le specie isolate hanno un potenziale
zoonosico poco elevato, le condizioni delle rane possono considerarsi, dal punto di vista della salute pubblica,
soddisfacenti. Tuttavia, per una più accurata valutazione del ruolo patogenetico dei micobatteri isolati, ulteriori
indagini sono auspicabili.
SUMMARY – Frogs are imported to Italy for either ornamental or alimentary use. Until the '50s, frogs were
caught in the marshy areas of northern Italy. Presently, they are imported from countries outside the EEC such
as Rumania, Bulgaria, Egypt, Indonesia and Turkey, where they are raised or captured in the wild. The presence
of pathogens of potential medical significance should be taken into account when breeding or importing frogs.
The aim of the present study was to detect Mycobacterium spp. in 49 Rana esculenta specimens imported live
from Turkey. Skin, viscera and muscle were analysed following standard procedures for the isolation and
identification of mycobacteria. Necroscopical gross examination showed no evidence of typical Mycobacterium
lesions in any of the specimens. 32,6% of the viscera and 18,3% of the skin revealed the presence of M. chelonae,
M. gordonae and M. fortuitum, whereas all muscle samples were Mycobacterium-negative. As the species
isolated seem to have a negligible zoonotic potential, the frogs' condition can be considered satisfactory from the
sanitary point of view. However, further research aimed at clarifying the pathogenic role of these isolates is
needed.
Key words: Frogs, Rana esculenta, Atypical mycobacteria, Mycobacterium chelonae, Mycobacterium gordonae,
Mycobacterium fortuitum.
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* Corresponding Author: c/o Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Area
Tecnica Diagnostica e Sanità Animale, Laboratorio di Ittiopatologia e Acquacoltura, Via Bologna, 148 – 10154
Torino; Tel: 011-2686295; Fax: 011-2474458; E-mail: ittiopatologia@izsto.it.
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INTRODUZIONE
In Italia, sino alla metà del secolo scorso, le rane erano molto diffuse, soprattutto nella
Pianura Padana, per la grande estensione delle risaie. Venivano, frequentemente, catturate e
consumate immediatamente a livello familiare oppure vendute nei mercati o ai ristoranti, in
condizioni igieniche spesso carenti. Il fabbisogno di carni di rana in Italia era quindi coperto
da questo sistema di produzione, fondato sulla raccolta e sulla vendita diretta dal produttore
al consumatore (Fioretti, 2000). A partire dagli anni Settanta la disponibilità di rane si è
ridotta, tanto da imporre anche nel nostro Paese la necessità di importare rane da altri stati,
europei o extraeuropei (Giaccone et al., 1988). Attualmente l'Italia acquista questi anfibi da
Albania, Bulgaria, Egitto, Grecia, Indonesia, Romania e Turchia, nazioni dove tale attività
rappresenta ancora una fonte di reddito e di sostentamento per molti. Recenti normative della
Comunità europea (Dec. 2003/812/CE e Reg. 2004/853/CE) hanno regolamentato il
commercio di questo tipo di carne che, in Italia, viene venduta solo dopo aver privato
l’animale dei visceri.
In Europa esistono due gruppi di animali, uno prevalentemente acquatico (Rana esculenta
e R. ridibunda) e uno prevalentemente terrestre (R. temporaria, R. arvalis, R. dalmatina,
R. graeca). In nord America sono inoltre presenti R. pipens, simile alla nostra R. temporaria,
R. catesbeiana e R. clamitans, analoghe delle nostre R. esculenta e R. ridibunda (Giaccone et
al., 1988). In Asia sono diffuse R. limnocharis, di piccola taglia, e R. tigrina, di notevole
dimensione ed interesse commerciale.
Le specie commestibili presenti in Italia sono divise in due gruppi: rane verdi, legate
all’ambiente acquatico (R. ridibunda, R. lessonae, R. esculenta) e rane rosse, tipiche degli
ambienti boschivi (R. temporaria, R. dalmatina, R. italica, R. latastei). Inoltre è presente sul
territorio nazionale una specie alloctona, R. catesbeiana (o rana toro), che ha soppiantato
buona parte delle popolazioni autoctone. Ad oggi, su tutto il territorio nazionale sono vietate
o rigorosamente ristrette, attraverso leggi nazionali e regionali, la raccolta e la detenzione di
tutte le specie sopra elencate, ormai considerate ufficialmente specie a rischio. Per questo
motivo molti esemplari vengono importati da paesi esteri, nei quali le rane sono allevate in
ampie aree naturali o artificiali, simili a risaie.
Gli allevamenti si suddividono in tre categorie: estensivo, semi-intensivo ed intensivo;
ciascuno ha le sue peculiarità e l’adozione di una o dell’altra tecnica di allevamento dipende
da molteplici elementi, come le condizioni ambientali, il costo del cibo e della manodopera.
La legislazione sulle rane, in Italia, è sicuramente carente, dal momento che, sebbene
questi animali presentino abitudini acquatiche più o meno spiccate, non sono considerate
“prodotti della pesca”, pertanto non ricadono sotto la competenza del D.L.vo 531/92.
Macellazione e commercializzazione delle rane sono disciplinate, sotto il profilo strettamente
igienico-sanitario, dalla Legge 283/62 e dal suo decreto di esecuzione, il D.P.R. 327/80. A
livello comunitario invece, è stata pubblicata la Decisione della Commissione del 17
novembre 2003, che stabilisce gli elenchi di paesi terzi dai quali gli Stati membri autorizzano
l’importazione di cosce di rana.
Dal punto di vista ispettivo, bisogna considerare che si commercializzano rane molto
diverse: l’approvvigionamento dei nostri mercati è garantito soprattutto da prodotti importati
e gli anfibi sono soggetti a infezioni batteriche, virali, micotiche, protozoarie e parassitarie,
che talvolta possono comportare un pericolo per la salute del consumatore.
Molto frequentemente l’intestino ospita Enterobacteriaceae, fra cui Salmonella spp.,
enterococchi e clostridi. In cosce di rana sono state isolate salmonelle di oltre 20 sierotipi
(Catsaras, 1985). Nell’apparato gastroenterico sono presenti anche altre Enterobacteriaceae,
fra cui Edwardsiella spp., Yersinia enterocolitica, Proteus spp., Citrobacter freundii,
Escherichia coli (Sharma et al., 1974; Hird, 1983). La carica microbica del prodotto risulta
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mediamente elevata, mentre la carica batterica mesofila aerobia totale risulta compresa tra
104 e 107 UFC/g.: le manipolazioni e la conservazione a temperature inidonee spiegano
questi dati.
Per quanto riguarda la Micobatteriosi nelle rane, poco si sa su tali patologie, sia sui danni
effettivi causati sugli anfibi di allevamento o di cattura, sia sul loro ruolo nel mantenimento e
nella diffusione della zoonosi, soprattutto alla luce dell’importanza che riveste questo settore
sull’economia di alcuni paesi.
Ferreira e collaboratori (2006) hanno descritto la ricerca di Mycobacterium marinum in
R. catesbeiana nel distretto di Rio de Janeiro, con osservazione di circa 50 soggetti, di cui 26
sono risultati affetti da granulomi viscerali e soltanto 10 hanno mostrato lesioni cutanee,
soprattutto sulle estremità degli arti.
La presenza delle diverse specie di micobatteri e la loro esatta classificazione può essere
eseguita con una altissima percentuale di successo mediante indagini di tipo biochimico e
tale dato può essere confermato con indagini di tipo genetico (Hernandez et al., 1999).
Le micobatteriosi o Tubercolosi ittiche, complesso di malattie sistemiche ad andamento
cronico, sono sostenute da diverse specie di micobatteri atipici tra le quali quelle
maggiormente coinvolte nel determinismo della malattia sono M. marinum, M. fortuitum,
M. chelonae. Si trasmettono primariamente per consumo di alimenti contaminati e, nei pesci,
anche per forme di cannibalismo su soggetti infetti o per ingestione di detriti presenti
nell’acqua. In quest’ottica le potenziali fonti di infezione sono numerose e includono il suolo
e l’acqua, che possono mantenere in vita il germe per oltre due anni (Decostere et al., 2004).
Nel pesce il decorso della malattia è tipicamente cronico e progressivo, gli animali
presentano cachessia e ingrossamento dell’addome, con tubercoli miliari in fegato, milza e
rene, corrispondenti istologicamente a granulomi (Ghittino et al., 2003). Alcuni pesci
possono anche avere ulcere cutanee che mettono a nudo il muscolo, organomegalia,
peritonite ed emaciazione (Ferreira et al., 2004).
Nelle rane l'infezione è caratterizzata da granulomi sistemici con un basso numero di
microrganismi. Se la rana è immunocompromessa mediante l'uso di corticosteroidi, si
sviluppa una forma acuta, fulminante: la stessa forma è visibile naturalmente nell'1% circa
dei soggetti, anche dopo un anno dalla presenza della forma asintomatica (Bouley et al.,
2001).
Un Mycobacterium non tubercolare, ma capace di provocare lesioni ulcerative è stato
identificato come agente eziologico di una epizoozia di micobatteriosi in una colonia di rane
tropicali africane, Xenopus tropicalis, allevate nell'Università californiana di Berkeley. Gli
animali presentavano letargia, granulomi e ulcere cutanee, effusioni celomatiche. Alla
necroscopia sono stati rilevati granulomi viscerali, dermatiti ulcerative e granulomatose,
celomiti e setticemia. Con tecniche di biologia molecolare è stato identificato tale
microrganismo come M. ulcerans-like; se mediante ulteriori studi si venisse a scoprire che si
tratta realmente di M. ulcerans, X. tropicalis potrebbe essere considerata una potenziale fonte
di un'importante patologia di interesse pubblico (Trott et al., 2004).
Alla luce di tali conoscenze si è voluto, con questo studio, monitorare e verificare la
presenza di Mycobacterium spp. in un piccolo numero di rane importate dalla Turchia.
MATERIALI E METODI
Sono stati sottoposti ad analisi 49 esemplari di Rana esculenta prelevati presso una piccola
azienda della provincia di Torino che importa rane vive direttamente dalla Turchia; queste
possono essere macellate presso lo stabilimento oppure essere spedite vive presso aziende
francesi partner. I soggetti prelevati erano tutti rane di cattura, provenienti dalla zona
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RISULTATI
Dei 49 soggetti di Rana esculenta esaminati, sono risultati positivi per Mycobacterium sp.,
per almeno una delle aliquote, 22 esemplari (44,9%). La totalità dei campioni di muscolo è
risultata negativa per la presenza di Mycobacterium spp., mentre il 32,6% (16 campioni) dei
visceri e il 18,3% (9 campioni) della cute sono risultati positivi. Nessun soggetto esaminato
ha però presentato lesioni, sia macroscopiche che microscopiche, riconducibili a
micobatteriosi.
Dei 22 esemplari risultati positivi, solo 3 hanno mostrato una doppia positività cute/visceri
e in un solo caso di questi, si è avuta concordanza di specie: M. fortuitum/M. gordonae;
M. chelonae/M. chelonae; M. fortuitum/M. chelonae.
Per quanto riguarda le specie identificate e la loro frequenza di isolamento, i 25 ceppi
isolati sono stati: M. chelonae 12 (48%), M. gordonae 7 (28%), M. fortuitum 6 (24%).
Tali prevalenze si sono confermate nelle aliquote costituite da visceri (M. chelonae 8, pari
al 50%; M. gordonae 5, pari al 31,3%; M. fortuitum 3, pari al 18,7%), ma hanno mostrato
una presenza maggiore di M. fortuitum nelle aliquote di cute (M. chelonae 4, pari al 44,43%;
M. fortuitum 3, pari al 33,33% e M. gordonae 2, pari al 22,23%) (Tabella 1).
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DISCUSSIONI E CONCLUSIONI
Il dato atteso era che la porzione edibile (il muscolo) risultasse poco contaminata, mentre
ci si aspettava una contaminazione, anche minima, della porzione non edibile (cute e
visceri). I risultati hanno confermato tale previsione. Il livello di contaminazione per i visceri
è del 32,6%, per la cute è del 18,3% mentre per i muscoli non è stata riscontrata alcuna
positività.
L’assenza di positività della porzione muscolare significa che la contaminazione nelle
partite campionate, e pertanto nella popolazione di origine, se si assume che le catture
avvengano in maniera casuale, non dovrebbe superare il 5,9%, considerando un intervallo di
confidenza del 95%. Analogamente la positività dei visceri è del 36,7% ± 13,2% e quella
della cute è 30,6% ± 12,8%.
La positività di cute e visceri merita, tuttavia, ulteriori osservazioni. Solo in 3 casi sono
risultati contaminati sia la cute sia i visceri e questo favorisce l’ipotesi di una
contaminazione “esterna” (dovuta all’ambiente in cui gli animali vivono) piuttosto che di
una vera e propria infezione. Questo dato è ulteriormente supportato dall’assenza di
micobatteri nella compagine muscolare e dal fatto che in nessun animale si sono rilevate
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RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia il Dott. Giuseppe Ru per l’aiuto fornito nella stesura della parte statistica.
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