Antonio Gnudi
Alla base del “Quantum Computing” vi è la meccanica quantistica che, in particolare, identifica delle
leggi scientifiche che ordinano le entità più piccole reperibili in natura: le molecole, gli atomi e le
particelle subatomiche. A questo livello si riscontrano dei fenomeni fisici particolari (come la
sovrapposizione e l'entanglement) che sono di particolare importanza per eseguire calcoli e possono
offrire diversi vantaggi.
I computer di oggi elaborano le informazioni in bit e ogni bit è descritto da uno zero o uno. I computer
quantistici, invece, utilizzano “bit quantistici”, o qubit, che possono assumere il valore di uno zero, di un
uno o entrambi contemporaneamente. Questo è un enorme vantaggio che consente a un'elaborazione
più rapida rispetto ai normali bit. Il qubit, quindi, può essere visto come un oggetto matematico con
proprietà esclusive che opera sui postulati della meccanica quantistica e, in particolare, viene
rappresentato come un vettore unitario rispetto a uno spazio di Hilbert. Una caratteristica particolare
del qubit è che permette l’applicazione di concetti come la sovrapposizione e di entanglement. Il
concetto di sovrapposizione indica l’infinità di
valori che questo può acquisire mentre
l’Entanglement, ovvero intreccio, individua
una combinazione tra più qubit.
Nei primi anni 2000 si sono viste sempre di più realizzazioni fisiche dei qubit, tramite diversi modelli
come quello superconduttivo (fenomeno fisico che causa resistenza elettrica nulla ed espulsione del
campo magnetico che avviene in alcuni materiali al di sotto di una particolare temperatura detta critica
“ndr”) o quello costruito su trappole ioniche (dispositivo capace di catturare ioni con l’aiuto di campi
elettrici e magnetici “ndr”).
Arrivando a questi ultimi anni sappiamo che le grandi aziende high-tech hanno investito nel settore,
assieme ad alcune startup. Tra le multinazionali si possono citare ad esempio “Google”, con il suo
processore “Bristlecone” a 72 qubit, IBM, che nel gennaio del 2019 ha rivelato il suo computer
quantistico commerciale IBM, o Microsoft, che usa i fermioni di Majorana, dove quest’ultima è una
particella fermionica che è anche la propria antiparticella.
I computer quantistici possono analizzare problemi dalla natura esponenziale e sono i più atti alla loro
risoluzione grazie a tre tipi di algoritmi, tra di questi ci sono gli algoritmi di ottimizzazione che
permettono di trovare la soluzione migliore con un errore minimo a partire da un’infinità di possibili
soluzioni, gli algoritmi di campionamento che permettono di trovare valori a partire da set di dati che
determinano generalizzazioni sulla distribuzione della popolazione, e gli algoritmi di Machine Learning
che consentono una migliore elaborazione degli algoritmi e risultati molto in fretta.
Fatta questa piccola introduzione generale si cerca di descrivere il qubit in maniera più dettagliata. Per
comprenderne a fondo il significato si devono prima di tutto definire la nozione di spazio vettoriale e la
notazione di Dirac. Lo spazio vettoriale reale a due dimensioni R2 è l’insieme dei vettori colonna
❑
della forma v =
a
b ()
dove a, b ∈ R sono numeri reali. Oltre a ciò si ricorda che la norma di v è data da
❑
ǁvǁ= √ a +b . Il trasposto di v è il vettore riga v =(a , b), il prodotto scalare di due vettori v1=
2 2 T
( )
a1 e
b1
❑
v2=(ba22) è dato da v1*v2 = a1*a2 + b1*b2 = ǁv1ǁǁv2ǁcos(θ) dove θ è l’angolo tra i due vettori v1 e v2.
Se v1*v2 = 0, allora i due vettori sono detti ortogonali.
Ricordate queste nozioni base è chiaro che per rappresentare gli elementi di uno spazio vettoriale
complesso è conveniente usare una notazione detta notazione di Dirac, che rappresenta la notazione
standard in meccanica quantistica. Secondo questa notazione |v> indica un generico elemento dello
❑
spazio vettoriale e |i> indica l’i-esimo elemento della base ortonormale canonica. Se |v> ¿ ∑ ¿ ¿>) e |
i
❑
w>= ∑ ¿¿>) il loro prodotto scalare viene indicato come <v|w>. Detto questo il modo più diretto per
i
rappresentare lo stato di un qubit è mediante un vettore unitario in uno spazio vettoriale complesso a
due dimensioni. I vettori |0> e |1> formano una base ortonormale per questo spazio vettoriale, nota
come base computazionale standard. Usando la notazione classica dell’algebra lineare, possiamo
rappresentare |0> con il vettore colonna (1,0)T e |1> con il vettore (0,1)T , dove T indica il trasposto. La
differenza tra bits e qubits sta nel fatto che un qubit si può trovare anche in altri stati diversi da |0> e |
1>. Infatti, ogni combinazione lineare |Ψ>= α |0> + β |1> dove α e β sono
numeri complessi tali che ¿ α ∨¿2 +¿ ¿ | β∨¿ 2 ¿ = 1 è un possibile stato per un
qubit. Tali stati sono spesso chiamati sovrapposizioni.
Molte delle operazioni su un singolo qubit che si studiano possono essere rappresentate all’interno di
questa sfera, che ci permette di comprenderne il significato intuitivo.
Il prodotto tensore è un’operazione che combina spazi vettoriali per formare spazi vettoriali più grandi.
La costruzione generale per spazi vettoriali complessi di dimensione finita è definita in questo modo.
Nota che per ogni intero positivo m, lo spazio vettoriale complesso m-dimensionale C m ha come base
standard b 1m, b 2m , … . bmm dove il vettore colonna di dimensione m, bj m, ha componenti tutte nulle
m
m
tranne la j-esima che è 1. Quindi ogni vettore u appartenente a C si può scrivere come ∑ uj bjm per
j=1
m k l
qualche uj appartenente a C , Dati due spazi vettoriali C e C si definisce il prodotto tensore come la
funzione ⊗ : C k × C l ---) C kl.
Una caratteristica importante dei registri quantistici a n qubits è che non è sempre pensabile decomporli
negli stati dei qubit componenti. Gli stati di questo genere sono detti “entangled” e beneficiano di
proprietà che introvabili negli oggetti della fisica classica. I membri di una raccolta “entangled” non
possiedono un proprio stato individuale, solo per quanto riguarda l’intera collezione si può dire
corrisponda a uno stato ben definito. Gli stati “entangled” sono strettamente connessi l’uno all’altro
indipendentemente dalla distanza che li distacca.
❑
La matrice corrispondente al NOT quantistico è chiamata per motivi storici X ed è definita da: X=
01
10
, ( )
la proprietà delle matrici che garantisce la trasformazione di un vettore unitario in un vettore che è
ancora unitario è l’unitarietà. Le operazioni su registri quantistici di due o più qubits sono essenziali per
rappresentare le trasformazioni di stati composti e in particolare dei cosiddetti stati entangled. Si è
osservato che non sempre un registro di due qubits può essere scomposto nel prodotto tensore dei
singoli qubits componenti, perciò non possiamo in questi casi simulare un’operazione sui due qubits
attraverso operazioni su ciascun qubit componente. Le operazioni su registri di qubits corrispondono a
operazioni unitarie come avviene per un singolo qubit. Le più rilevanti porte logiche che implementano
operazioni su due bits classici sono le porte AND, OR, XOR, NAND e NOR. Le porte NOT e AND
costruiscono un insieme universale, ciò significa che qualsiasi funzione booleana si può realizzare
attraverso una combinazione di queste due operazioni. Per lo stesso motivo, il NAND rappresenta un
insieme universale. Sapendo che lo XOR da solo o anche insieme con NOT non è universale: poiché
conserva la parità totale dei bits, solo un sottoinsieme delle funzioni booleane sono raffigurabili
attraverso questa operazione. L’analogo quantistico di XOR è la porta CNOT, anche detta “controlled-
NOT”, che opera su due qubits: il primo è soprannominato qubit di controllo e il secondo è chiamato
qubit target. Se il controllo risulta zero allora il target rimane inalterato; se il controllo è uno, allora il
target si nega.
La porta CNOT può essere usata per creare stati che sono entangled. Il circuito, relativamente a ogni
stato, genera della base computazionale |00>, |01>, |10>, |11> uno specifico stato entangled. Questi
stati, che si indicano con β00, β10, β01, β11, sono chiamati stati di Bell o EPR da Bell, Einstein, Podolsky
e Rosen che per primi ne scoprirono le straordinarie proprietà. Einstein, Podolsky e Rosen utilizzarono
questi stati in un esperimento che aveva come proposito quello di dimostrare che la meccanica
quantistica non era capace di dare una descrizione completa della realtà. La stranezza che venne alla
luce con questo esperimento fu che l’interazione tra queste coppie di stati quantistici creava un
fenomeno che violava i principi fondamentali della teoria della relatività. La spiegazione che si era
proposta fu in seguito smentita da Bell.
Introduciamo ora il teletrasporto quantistico; quest’ultimo può essere visto come una tecnica per
trasportare stati quantistici da una locazione ad un’altra attraverso l’utilizzo della sola trasmissione di
bits classici. Questa “capacità quantistica” è stata scoperta nel 1993 e la sua validità è stata in seguito
convalidata da vari risultati sperimentali. In un ultimo esperimento realizzato all’università di Ginevra,
raccontato sulla rivista Nature N. 421 del 30 gennaio 2003, si è messo a punto il teletrasporto di un qubit
tra due laboratori posti a circa 55 metri di distanza, il tutto utilizzando un canale di telecomunicazione di
2 Km. Per comprendere quali problemi ciò permette di risolvere, si rappresenti mentalmente l’immagine
di una persona, chiamata “Alice”, che deve svelare lo stato di un qubit ad un’altra persona di nome
“Bob”. Alice non sa lo stato del qubit e si sa che per il teorema del “no-cloning” sappiamo che non le è
data la possibilità di farne una copia. Per di più Alice può solo inviare a Bob informazione classica, cioè i
valori 0 e 1 di un bit classico. In questa condizione potrebbe sembrare impossibile trasmettere il qubit a
Bob. Tuttavia ciò è possibile grazie alle proprietà degli stati entangled. L’ipotesi che consente quanto
descritto può essere sintetizzata dal fatto che Bob e Alice possiedono ciascuno un qubit di una coppia
EPR generata precedentemente. Alice può maneggiare il suo qubit e Bob può fare altrettanto sulla sua
parte della coppia EPR. Il circuito in Figura illustra come avviene la trasmissione di un qubit |ψ> = α|0> +
β|1>
Di cui non si conoscono le ampiezze α e β, rispetto a Alice a Bob. |ψ0> = |ψ> |β00> è lo stato di input
del circuito. Alice abbina |ψ> con la sua metà della coppia EPR e misura i suoi due qubits dopo aver
applicato le porte CNOT e “Hadamard”. I due bit che acquisisce dopo la misurazione vengono trasmessi
attraverso un canale di comunicazione classico a Bob, che sarà in grado di ricostruire lo stato |ψ>
attraverso l’utilizzo dell’informazione classica ricevuta da Alice e la sua metà della coppia EPR.
Detto ciò definiamo i postulati della meccanica quantistica per comprendere come si costruisce questo
mondo così diverso dal mondo fisico che conosciamo. Il primo postulato afferma che ogni sistema fisico
isolato ha associato uno spazio di Hilbert complesso, detto spazio degli stati del sistema. Il sistema è
completamente descritto dal suo vettore di stato, che è un vettore unitario nello spazio degli stati. Il
secondo postulato afferma che l’evoluzione di un sistema quantistico chiuso è descritto da una
trasformazione unitaria: lo stato |ψ> del sistema al tempo t1 è in relazione con lo stato |ψ′> del sistema
al tempo t2 mediante un operatore unitario U che dipende solo da t1 e t2. Il terzo postulato afferma che
ogni “osservabile M” (cioè ogni proprietà di un sistema fisico che può essere misurata) è rappresentato
da un operatore Hermitiano sullo spazio degli stati del sistema che viene osservato e viceversa. “M” ha
❑
la forma M = ∑ m( Pm ¿)¿. Il quarto e ultimo postulato afferma che lo spazio degli stati di un sistema
m
fisico composto è il prodotto tensore degli spazi degli stati dei sistemi fisici componenti. Se il sistema è
composto da n sottosistemi e il componente i-esimo si trova nello stato |ψi>, allora lo stato del sistema
totale è |ψ1> ⊗ |ψ2> ⊗ . . . ⊗ |ψn>.
Si sono introdotti i concetti generali della meccanica quantistica e il suo funzionamento. Personalmente
penso che si sia ancora agli albori, ma che la direzione di questi studi sia molto interessante e possa
offrire seri vantaggi. Circa un decennio e mezzo fa, il gruppo di esperti di ARDA ha detto che “è stato
stabilito, secondo fissate ipotesi, che se fosse possibile conseguire una precisione di soglia per le
operazione di gate, la correzione di errori quantistici darebbe la possibilità a un computer quantistico di
calcolare in modalità indefinita”. Penso che non ci si sia domandati a fondo se tali presupposti possano
effettivamente essere soddisfatti, ma alcuni studiosi sostengono a priori che non possono. Nella fisica si
sa che le quantità continue, sia nel caso in cui siano tensioni che nel caso in cui siano i parametri che
definiscono le funzioni d’onda della quantomeccanica, non possono essere né misurate né manipolate in
maniera esatta. Ciò significa che nessuna quantità continuamente variabile può essere adoperata per
avere un valore esatto, questo include anche lo zero. Per un matematico, questo potrebbe risultare di
difficile comprensione, ma come sa ogni ingegnere, la realtà che ci circonda è molto più complicata.
Riusciremo a dominarla e inserire il “quantum computing” tra le nuove tecnologie al servizio dell’uomo?
È una sfida che ci accompagnerà per i prossimi decenni.