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bilancio (chiarezza e rappresentazione veritiera e corretta della realtà aziendale e dei suoi
equilibri, economico, finanziario e patrimoniale). Questo concetto è chiaramente espresso
dal quarto comma dell’art. 2423 c.c., che richiede la deroga obbligatoria alle regole legali
specifiche qualora contrastino con i principi fondamentali.
patrimonio netto iniziale deve essere corretto per tener conto delle operazioni che
hanno modificato il capitale pur non derivando dalla gestione (incrementi e
prelievi) e per tener conto del fenomeno dell’inflazione;
- il procedimento analitico, quando si fa la somma algebrica di tutti i costi e ricavi.
Per il calcolo del reddito d’esercizio si ricorre solo al metodo analitico. Il reddito d’esercizio è
dato dalla differenza tra i costi ed i ricavi attribuibili per competenza ad un determinato
periodo amministrativo. La questione risulta particolarmente complessa per l’esistenza di:
- investimenti durevoli, il cui costo va ripartito durante i vari periodi amministrativi
di utilizzo (di “consumo”) con la tecnica dell’ammortamento;
- investimenti effettuati in un periodo di tempo, ma consumati in un periodo
amministrativo successivo (rimanenze attive) o precedente (ratei passivi);
- fonti ottenute in un periodo, ma consumate in un periodo successivo (rimanenze
passive);
- fonti consumate in anticipo rispetto al loro ottenimento (ratei attivi).
E’ questa situazione che obbliga ad inserire nel bilancio di esercizio valori stimati e
congetturati. Determinare il reddito d’esercizio significa calcolare la differenza fra i ricavi
della produzione realizzata ed i costi dei fattori consumati per ottenere tale produzione.
Ne deriva che il reddito d’esercizio, lungi dall’essere un dato oggettivo, è un dato che
soffre di tutta una serie di limitazioni.
Ricordiamo come i valori consumati formino il conto economico, mentre i residui
valori, quelli in essere, formino lo stato patrimoniale. Lo stato patrimoniale evidenzia
perciò:
- il capitale lordo di funzionamento o capitale investito, inteso come la sommatoria
degli impieghi in essere (attività totali);
- le passività, intese in senso stretto come fonti di terzi;
- il capitale netto o patrimonio netto, dato dalla differenza fra le attività e le passività
(in senso stretto).
Il capitale netto di funzionamento o di bilancio o di esercizio (le tre denominazioni si
equivalgono) è quindi un dato derivato dalle congetture, dalle stime e dalle ipotesi assunte
nel calcolo del reddito d’esercizio. Di conseguenza, i limiti rinvenibili nel reddito