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LA VITA

Niccolò Foscolo (in seguito Ugo) nasce a Zante, isola Ionia sotto il controllo della Repubblica di Venezia, nel
1778. Il padre, Andrea, era un medico italiano, mentre la madre era greca. Questo legame, oltre alla nascita
in terra greca, lo lega profondamente alla cultura classica. Nonostante il trasferimento della famiglia a
Spalato, rimase sempre molto affezionato all’isola natale. Nel 1788 il padre morì, e la madre si spostò a
Venezia l’anno dopo, in cerca dell’aiuto di amici e parenti per fronteggiare le gravi difficoltà economiche
dovute alla scomparsa del padre. Nel 1793 anche Niccolò arrivò in Italia: la mancata conoscenza della lingua
lo fece studiare molto, ampliando i suoi orizzonti culturali in breve tempo.

Politicamente, Foscolo approvava le idee alla base della Rivoluzione Francese. Aveva una posizione
fortemente libertaria ed egualitaria. Queste ideologie lo portarono al contrasto con l’oligarchia della
Repubblica di Venezia, che abbandono, per sfuggire dai loro sospetti, per trasferirsi sui Colli Euganei. In
seguito, con l’avanzare dell’armata napoleonica in Italia, si trasferì a Bologna, entrando nelle truppe della
Repubblica cispadana (una delle Repubbliche italiane fondate da Napoleone). Quando Venezia passò a un
Governo democratico, Foscolo vi fece ritorno, ma poco dopo Napoleone cedette la Repubblica all’Austria
(trattato di Campoformio, 1797). Fu un brutto colpo per Foscolo, che nonostante la delusione decise di
rimanere nell’esercito. Dopo la definitiva sconfitta di Napoleone e il ritorno degli Austriaci a Milano, a
Foscolo venne offerto il ruolo di direttore della rivista “Biblioteca Italiana”, che il poeta rifiutò per coerenza.
Andò poi in esilio, prima in Svizzera e poi a Londra, dove gli attriti con i locali gli resero la vita difficile,
insieme al suo dispendioso stile di vita. Dopo aver lavorato alla traduzione dell’Iliade, muore nel 1827. Nel
1871 i suoi resti vengono portati in Santa Croce.

Le sue opere principali, oltre alla traduzione dell’Iliade, furono “Tieste”, “Ultime lettere di Jacopo Ortis”,
“Poesie (odi e sonetti)”, “Dei sepolcri”, “Aiace” e “Le Grazie”. Durante il periodo trascorso a Milano,
conobbe Parini (opera: il giovin signore, episodio della vergine Cuccia cane) e Monti.

LA CULTURA E LE IDEE

La formazione di Foscolo è stata influenzata da 3 correnti letterarie: classicismo, preromanticismo e


illuminismo. Il modello seguito si basava su Dante e Petrarca, classici italiani. Parini, coerente, e Alfieri,
indipendente. Per quanto riguarda la visione storica, i riferimenti erano Machiavelli e Hobbes, in particolare
per quanto riguarda la critica all’uomo e al suo egoismo. L’apporto della cultura illuministica riguarda
soprattutto il materialismo, ovvero la posizione di chi pensa che tutta la realtà sia materia (anima non
esiste) che si trasforma perché nulla si crea o distrugge, ma si trasforma (principio di Lavoisier): non c’è
dunque vita dopo la morte. I valori principali di Foscolo erano la poesia, la patria e l’amore.

Un altro valore che Foscolo propone è la bellezza, rappresentata nell’arte e nella letteratura. Esse devono
depurare l’uomo dalle passioni nate dai fatti della vita e consolarlo dalle sofferenze. Letteratura e arti
hanno una funzione civilizzatrice (umanizzano e quindi civilizzano l’uomo), patriottica (trasformare un
popolo arretrato a causa della decadenza in una nazione moderna) e di ricordo dell’uomo.

LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS

Quest’opera, scritta tra il 1798 e il 1817, è un romanzo epistolare, ovvero un romanzo costituito da una
serie di lettere scritte da Foscolo all’indirizzo di un amico. Il modello era “I dolori del giovane Werther” di
Goethe, che narra la vicende di un giovane borghese che si spara dopo essere stato rifiutato dalla famiglia
della donna che amava. Goethe aveva inquadrato la situazione di conflitto sociale tra gli intellettuali e la
borghesia, rappresentandolo attraverso una vicenda privata e psicologica.

Nel caso dell’opera di Foscolo, i dolori di Jacopo non sono dovuti solo alla politica, ma anche e soprattutto
alla mancanza di una patria (chiaro tratto di Foscolo): dietro Ortis c’è l’età napoleonica e la delusione della
rivoluzione. L’unica via percorribile per uscire da questa situazione negativa e insostenibile è quella della
morte (forma di protesta). Nonostante la situazione conclusione negativa, dall’opera si possono trarre
anche valori positivi, come famiglia, poesia, eredità classica e cultura italiana. Con quest’opera inizia la
diffusione in Italia del romanzo moderno. Usa una prosa aulica e una sintassi complessa.

WERTHER ORTIS
GENERE Romanzo epistolare (lettere + a volte destinatario interviene)
Germania assolutista
AMBIENTAZIONE Italia napoleonica
(aristocrazia)
Protagonista si rifugia in Protagonista si rifugia sui colli
ANTEFATTO campagna dopo delusione Euganei per sfuggire all’avanzata
sentimentale Napoleonica
INTRECCIO Giovane suicida a causa dell’amore non corrisposto da una donna
Dramma politico: dove andare
RAPPORTO INTELLETTUALE – Werther né aristocratico né
dopo il fallimento della
SOCIETA’ borghese
rivoluzione?
Amore estrema illusione che
Suicidio dimostra l’impossibilità
trattiene dal suicidio dopo la
AMORE E MORTE di inserimento nel contesto
delusione storica: svanito, porta
sociale
Jacopo al suicidio

IL SACRIFICIO DELLA PATRIA NOSTRA E’ CONSUMATO

Questa lettera è la prima del romanzo. Jacopo è scappato sui Colli Euganei dopo il trattato di Campoformio.

“Il sacrificio patriottico è andato sprecato: se ci resterà la vita, potremmo solo piangere delle tragedie. Sono
nella lista nera: vuoi (amico) che per salvarmi mi venda a Napoleone? Sono fuggito seguendo il consiglio di
mia madre (consolala). Qui mi avanza ancora qualche giorno. Noi stessi italiani saremo uno l’esecutore
degli altri. Mi succeda ciò che deve succedere: aspetto tranquillamente. Almeno morirò in patria, tra la mia
gente.”

La morte è l’unica soluzione, ma anche l’unica illusoria forma di sopravvivenza nella memoria e l’unico
posto sicuro in questa situazione di incertezza e scarso equilibrio politico - sociale. Questa prima lettera fa
capire la direzione del romanzo, evidenziando i temi del nichilismo (pessimismo) e dell’illusione, che
permette di recuperare i valori positivi. Il protagonista è anche il narratore (narrazione coincide con
l’azione).

IL COLLOQUIO CON PARINI: LA DELUSIONE STORICA

Jacopo, girando per l’Italia, è giunto a Milano, dove incontra il poeta Parini. Esso critica diversi aspetti della
società del periodo: le antiche tirannidi, il nuovo dominio francese, i letterati che si vendono al potere, le
passioni decadute e le vicende recenti. Jacopo risponde dicendo che se gli uomini fossero sempre pronti a
morire, non si piegherebbero al potere. Parini ribatte dicendo che, se avesse libertà, farebbe qualcosa
invece che lamentarsi. Consiglia poi a Jacopo di usare il suo ardore per altre passioni (già per Teresa), ma sia
che Jacopo guardasse al passato o al futuro, non concludeva niente e si rendeva conto della sua
disperazione.

LA LETTERA DA VENTIMIGLIA: LA STORIA E LA NATURA

Jacopo arriva a Ventimiglia: la vista dei confini gli suggerisce riflessioni sulla natura, indifferente verso
l’uomo; sull’Italia lontana dalla gloria passata a causa dell’atteggiamento dei patrioti; il contrasto tra gli
Stati, che si divorano tra loro per vivere (Terra foresta di belve); la necessità della giustizia (prima violata) e
la fortuna degli eroi; la virtù della compassione e l’importanza degli affetti; la volontà di morire in patria e la
critica alla società (uomini promessi).
ILLUSIONI E MONDO CLASSICO

In questa lettera Jacopo descrive il suo stato di euforia dopo il bacio con Teresa. Il passaggio della Natura a
uno stato primaverile descrive al meglio i suoi sentimenti. Esalta l’amore e la positività che esso trasmette,
senza la quale tutto sarebbe negativo e buio. Il suo stato di spensieratezza lo porta ad immaginarsi
circondato da divinità (allusione al neoclassicismo). La ragione gli fa capire che si tratta di illusioni, senza le
quali la vita di Jacopo sarebbe dolorosa (allusione preromantica).

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