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Collana di Studi di Filologia, Archeologia, Storia, Scienza e Società del

mondo Antico, Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara

DONNE CHE CONTANO


NELLA STORIA GRECA
a cura di Umberto Bultrighini
Elisabetta Dimauro
KOINOS LOGOS

Collana di studi di Filologia, Archeologia, Storia, Scienza e Società del mondo antico
Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara

10

Collana diretta da
Umberto Bultrighini - Giulio Lucchetta

Comitato Scientifico
Cinzia Bearzot - Lucio Bertelli - Enrico Berti
Maurizio Bettini - Roger W. Brock - Silvio Cataldi
Alessandra Coppola - Elisabetta Dimauro - Giulio Firpo
Emilio Galvagno - Giovanni Giorgini - Manuel Knoll
Jean-Louis Labarrière - François Prost - Wolfgang Schuller - Michael Segre
Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di
Lettere, Arti e Scienze Sociali dell’Università “G. d’Annunzio”
di Chieti-Pescara

La Editrice Carabba attua procedure di selezione editoriale e


risponde ai criteri di internazionalizzazione IAP (Scientific
Academic Publisher), ESI (Edizioni Scientifiche Internazionali)

Collana: KOINOS LOGOS


Autore: (a cura di) Umberto Bultrighini - Elisabetta Dimauro
Titolo: Donne che contano nella Storia greca
ISBN: 978-88-6344-367-7

In copertina, Elena e Paride (1995), opera di Bruno Di Pietro

© Copyright by
Casa Editrice Rocco Carabba srl
Lanciano, 2014

Printed in Italy
DONNE CHE CONTANO
NELLA STORIA GRECA

a cura di

Umberto Bultrighini
Elisabetta Dimauro

CARABBA
Elisabetta Bianco

‘Regine riformatrici’ a Sparta nel III sec. a. C.


Nelle Vite plutarchee di Agide e Cleomene1 emergono a Sparta alcune
figure di donne ‘che contano’ accanto ai cosiddetti re riformatori del III
secolo a. C., anche se talvolta il loro ruolo appare ignorato2. Per questo si
intende qui proporre un quadro degli eventi che tenga conto di tale com-
ponente femminile3, ritenendo con Cartledge che questa sia una delle rare
occasioni della storia antica in cui possiamo dare per certo il ruolo del-
le donne in modo non solo insolitamente evidente, ma perfino decisivo4.

1
Le vite di Agide IV e Cleomene III, poste da Plutarco in stretta relazione e in
confronto con quelle dei due Gracchi, si possono meglio considerare una vita uni-
ca; per questo si accoglie l’invito di Gabba ad utilizzare la numerazione unica dei
paragrafi (Gabba 1957, pp. 3-55; 193-239; p. 4 n. 4), anche se spesso, a partire
dal § 22, gli studiosi ricominciano la numerazione da 1 (come ad esempio nel
fondamentale testo di riferimento di Marasco 1981a, pp. 345 ss.).
2
Anche in studi pur molto importanti sul periodo, come ad esempio Pozzi 1968,
pp. 383-402; Shimron 1972; Cozzoli 1979, pp. 10 ss.; David 1981. La stessa
Pomeroy le ha solo cursoriamente prese in considerazione nel suo saggio generale
sulle donne spartane (2002, pp. 87-88).
3
Hanno già posto comunque specifica attenzione sull’argomento Claude Mossé
(1991, pp. 138-153) e Anton Powell (1999, pp. 393-419); brevemente anche
Thommen 2003, pp. 189-192.
4
Cartledge 2003, p. 244: “One reason this episode is so fascinating is that it is
one of those very rare occasions in all ancient Greek (and Roman) history where

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Nella presentazione del re Agide IV, Plutarco inserisce fin da subi-


to la presenza femminile, allorché elogia il carattere austero del giovane
nonostante l’educazione ricevuta dalla madre Agesistrata e dalla nonna
Archidamia, che l’avevano invece cresciuto nelle ricchezze e nel lusso (§ 4,
1: plouvtoi~ kai; trufai`~)5. Il ruolo delle donne della famiglia reale non
comincia dunque in maniera positiva, anche se il tema della vittoria della
sophrosýne sulla tryphé da parte del re deve essere considerato nel più ampio
panorama della tradizione stoica e della storiografia filarchea, cui Plutarco
accorda qui la sua preferenza in vista di un chiaro scopo moralistico6.
Ma di Agesistrata e Archidamia viene anche sottolineata l’impor-
tanza: esse vengono caratterizzate non solo come coloro che control-
lano l’educazione dell’erede al trono nella casa reale degli Euripontidi,
ma anche e soprattutto come le persone più ricche dell’intera città di
Sparta, che concentrano nelle loro mani il maggior possesso di ricchez-
ze (§ 4, 1: ai} plei`sta crhvmata Lakedaimonivwn ejkevkthnto).
Questo loro ruolo nel panorama spartano tra il 246 e il 241 viene
confermato dal fatto che, appena Agide decide di intraprendere la sua
opera di riforma economica e morale della città, ritiene indispensabile
ottenere l’appoggio innanzitutto della madre. A detta di Plutarco, essa
infatti “aveva molta influenza in città per il gran numero di clienti7,
amici, debitori e si interessava molto delle vicende pubbliche” (§ 6, 7:
plhvqei de; pelatw`n kai; fivlwn kai; crewstw`n mevga dunamevnhn
ejn th`/ povlei kai; polla; tw`n koinw`n diaprattomevnhn).
Si delinea così il quadro di una regina dotata di molto potere grazie
alla sua ricchezza (ove l’uso del termine chrémata fa pensare più che
altro a beni mobili), che le permette di controllare molti cittadini ma-

we can say for sure that the role of women was not only unusually prominent but
actually decisive”.
5
Per l’albero genealogico della famiglia euripontide, vd. Plut. Ag. 3. Cfr. Poralla
1985, pp. 13, 74; McQueen 1990, pp. 163-168.
6
Cfr. in particolare Gabba 1957, pp. 50-51, 222; Africa 1961, ad es. pp. 6, 13,
64; Marasco 1981a, p. 24; Stelluto 1995, pp. 47-84, 55 ss.
7
Con il termine pelátai si dovrebbero intendere lavoratori liberi, impegnati al
servizio della famiglia in cambio di denaro, ma Plutarco sembra usarlo come sino-
nimo di clientes: cfr. Plut. Rom. 13, 7; Cor. 13, 5. Vd. Marasco 1981a, p. 232.

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schi a tal punto che, senza il suo consenso, non è possibile avviare una
profonda riforma nella città.
L’intervento di una regina nelle vicende politiche spartane non è certo
una novità: anche al tempo dell’attacco di Pirro8, la madre di Agesistrata,
Archidamia, si era messa in luce intervenendo tanto attivamente pres-
so i concittadini che Plutarco attribuiva a lei la salvezza della città. Gli
Spartani infatti sembravano pronti ad allontanare le donne e a far fronte
alla sconfitta, quando proprio l’intervento della regina di fronte alla gerou-
sía aveva incoraggiato gli uomini alla resistenza, coinvolgendo le donne in
quelle operazioni di difesa che portarono poi al successo (Pyrrh. 27, 4)9.
Per quanto non si possa affermare che questa sia esattamente la realtà
dei fatti, è però difficile liquidare il ruolo della regina come pura inven-
zione storiografica. Vi si può trovare un esempio significativo della mobi-
litazione femminile nei momenti di pericolo per la sotería della città, non-
ché una conferma del continuo coinvolgimento politico ed economico
delle donne della famiglia reale, evidenziato anche dagli eventi successivi.
Anche Agesistrata, infatti, vinta dalle preghiere di Agide dopo una de-
bole resistenza iniziale, interviene attivamente nella vicenda, accettando di
offrirgli le proprie ricchezze in vista di gloria e onori (§ 7, 2: ejpidou`nai
pro;~ dovxan aujtw`/ kai; filotimivan to;n plou`ton). Di solito le tradu-

8
Pirro era intervenuto nel Peloponneso su invito dello spartano Cleonimo, esclu-
so dal trono da Areo I; quando sbarcò in Acaia, sembrò vicino ad una veloce vitto-
ria, ma in realtà non ottenne significativi risultati, trovando anzi la morte ad Argo
nel 272. Cfr. Iust. XXV 4, 6 - 5, 2; Plut. Pyrrh. 26, 14 ss.; Paus. I 13, 2 ss.; tra la
bibliografia più recente vd. Piérart 1990, pp. 2-19; Bearzot 1992, pp. 128-136;
Landucci 2006, pp. 311-337, 326.
9
Di questo stesso episodio narrano anche Polieno e Giustino. Si può infatti ritene-
re riferito a questo contesto lo stratagemma narrato in Polyaen.VIII 49, benché vi
si trovi la lezione Archidamis per il nome della regina, nonché una confusione nel
nome del padre, chiamato re Kleadas forse per assimilazione con lo stratagemma
precedente; cfr. McQueen 1990, p. 170. Iust. XXV 4, 6-7; 5, 1, ricorda in ge-
nerale il valore delle donne e il loro ruolo nella difesa della città, senza evidenziare
alcun nome. Sul racconto plutarcheo e sulla sua probabile derivazione filarchea
vd. anche Marasco 1981a, p. 199. Dal canto suo, P. Cartledge (2003, p. 241)
evidenzia l’importante contributo di coraggio offerto dalle donne spartane aristo-
cratiche, che lascia presagire il ruolo centrale di alcune di esse nel corso del secolo.

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zioni di questo passo intendono la gloria e il desiderio di onori da parte


del figlio, ma la formulazione di Plutarco appare piuttosto ambigua, for-
se implicitando un invito lusinghiero del figlio alla madre a condividere
non solo le ricchezze, ma anche la gloria e gli onori che ne derivano10.
Lo scopo dichiarato è quello di introdurre uguaglianza e unione
tra i cittadini (§ 7, 3: ijsovthta kai; koinwnivan katasthvsh/ toi`~
polivtai~); anche in questo caso, la parola koinonia viene perlopiù
intesa come comunione dei beni, ma non si può invece escludere che
si debba intendere piuttosto come una più generale unione politica,
ovvero una situazione di concordia tra i cittadini. Da tale nuovo ac-
cordo, infatti, potrebbe trarre giovamento l’intera pólis, descritta a
quel tempo come ajsuvmfwnon kai; ajnavrmoston eJauth/` (§ 10, 8),
ovvero discorde e priva di armonia al suo interno.
Questa terminologia sembra portare più all’ambito politico che a
quello economico11. Vi si può forse trovare un parallelo in Eforo, che a
proposito della costituzione cretese pone in connessione la tryphé con la
dichostasía, evidenziando come proprio il lusso, inteso come avidità di ric-
chezza, metta in crisi la concordia della città (sempre sul piano politico)12.
In questo progetto di riforma generale della pólis non vengono
coinvolte solo le regine. Da questo momento passano infatti in primo
piano anche altre donne spartiate, gynaîkes senza ulteriori precisazioni,
all’interno delle quali si distinguono due gruppi contrapposti: quelle
che si schierano dalla parte di Agide, soprattutto appartenenti alla sua
famiglia (benché non si dica esplicitamente che si tratta solo di loro), e
quelle che gli si oppongono per timore di perdere i loro privilegi.
Le spartiate che cercano di sostenere Agide si rivolgono in primo
luogo ad altre donne per cercare di ampliare il consenso, o meglio
mandano a chiamare i loro phíloi, perché a loro volta trasmettano il
messaggio alle altre, in vista di quello che è stato definito “un parti

10
Per il ruolo della philotimía in queste Vite, cfr. Roskam 2011, pp. 208-225.
11
Cfr. Cuscunà 2012, pp. 397-418. Per la connessione politica tra musica e buon
governo non appare casuale il riferimento a Terpandro presente in questa vita (§
10, 6 = Terp. Test. 17 Gostoli); cfr. anche Gianotti 2001, p. 10.
12
Cfr. Ephor. FGrHist 70 F 149; per un più ampio commento a questo passo vd.
Stelluto 1995, p. 83.

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des femmes” 13. Tale impegno nella ricerca di adesioni al progetto non
corrisponde però a effettivi risultati, perché molte di loro temono di
poter perdere, a causa delle riforme, la possibilità di vivere nel lusso
e di essere private del potere e della considerazione di cui godono
grazie alla loro ricchezza (§ 7, 6: ouj movnon trufh`~ ejkpivptousai
di j ajpeirokalivan eujdaimonizomevnh~, ajlla; kai; timh;n kai;
duvnamin, h}n ejk tou` ploutei`n ejkarpou`nto, perikoptomevnhn
auJtw`n oJrw`sai).
È curioso notare che Plutarco divide i due gruppi di donne in base a
una considerazione per così dire ‘estetica’, piuttosto che politica: le donne
a favore delle riforme sono prese da una specie di ispirazione al ‘bello’ (§
7, 4: ejpipnoiva/ pro;~ to; kalovn), quelle contrarie sono caratterizzate
da mancanza di gusto per il ‘bello’ (§ 7, 6: di j ajpeirokalivan), dove il
‘bello’ va forse inteso come il ‘bene’, ovvero il bene superiore della pólis.
Più volte infatti, nel corso di queste Vite, Plutarco torna sull’amor patrio
dimostrato da alcune donne, le cui azioni vengono nobilitate rispetto a
quelle delle altre, proprio perché sono ispirate da un interesse superiore.
Plutarco introduce inoltre una notazione moralistica molto
interessante: esse infatti sanno bene che gli Spartani sono sempre
influenzati dalle donne, alle quali concedono di inserirsi negli affari
pubblici più di quanto essi stessi non si occupino di quelli privati (§
7, 4: a{te dh; tou;~ Lakedaimonivou~ ejpistamevna~ kathkovou~
o[nta~ ajei; tw`n gunaikw`n, kai; plei`on ejkeivnai~ tw`n dhmosivwn h]
tw`n ijdivwn auJtoi`~ polupragmonei`n didovnta~)14. Qui il biografo,

13
Cfr. Ducat , p. 394.
14
Si apre qui un argomento molto dibattuto, il ruolo delle donne a Sparta, su cui
la bibliografia è amplissima. Alla divisione tra chi ritiene possibile una maggiore
libertà anche legale nello status delle donne e chi invece la limita, non si presume
certo di mettere qui un punto definitivo, ma solo presentare alcuni elementi in-
teressanti alla ricostruzione del quadro. Ai testi già citati si aggiunga ad esempio
Redfield 1977/78, pp. 146-161; Cartledge 1981, pp. 84-105 (ora in Id. 2001,
pp. 106-126, con l’aggiunta di un interessante status quaestionis iniziale); Kunst-
ler 1983 e 1987, pp. 31-48; Dimakis Panayotis 1990, pp. 201-212; Detten-
hofer 1993, pp. 61-75; Thommen 1999, pp. 129-149 (ora confluito, ma non
integralmente, in Id. 2003, pp. 133-142); Pomeroy 2002, sp. pp. 92-93 e 2004,
pp. 201-213; Powell 2004, pp. 137-150.

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e dietro di lui Filarco, ritenuto la sua fonte principale15, sembrano


riecheggiare il severo giudizio espresso da Aristotele nella Politica (1269
b 12 ss.), secondo cui il legislatore spartano trascurò di occuparsi delle
donne, permettendo che vivessero con intemperanza e sregolatezza fino
ad acquisire una sorta di predominio all’interno della città16.
La critica aristotelica alla libertà delle donne spartane è stata molte
volte occasione di dibattito e continua ad essere spunto di riflessione17.
L’importanza di questa tematica si deve attribuire al fatto che tale liber-
tà è strettamente connessa con l’accumulazione della ricchezza (1270 a
16 ss.), fonte di squilibrio economico tale da far dichiarare al filosofo
che, al suo tempo, i due quinti di tutta la terra spartana erano nelle
mani delle donne.
In questa sede è importante sottolineare che Plutarco sembra com-
battuto tra la tendenza ad accogliere tale interpretazione negativa del-
le donne spartane e quella a reagirvi contro, elogiandone il coraggio,
la moralità e le virtù, in una sorta di continua ambivalenza18. Se la
ricchezza e il potere di cui godono le donne a Sparta è in queste Vite

15
Cfr. in particolare Gabba 1957, pp. 222, 230-232; Africa 1961, p. 6 (che definisce
“reasonably intact” il racconto filarcheo in Plutarco); Marasco 1981a, pp. 23 ss. (che
giustamente sottolinea che non dobbiamo considerare Filarco come unica fonte: si
veda anche Id. 1981b, pp. 35-42). Sulla stessa linea si pone Fuks 1962a, pp. 118-121.
16
Per la presunta ginecocrazia a Sparta, valutata come elemento della sua leggenda,
probabilmente derivato dalla propaganda antispartana, si veda Ducat 1998, p.
405. Moltissima la bibliografia anche a questo proposito: cfr. ad es. Bradford
1986, pp. 13-18, 15; Zweig 1993, pp. 32-53; Figueira 2010, pp. 265-296.
17
Tra i più recenti cfr. Cartledge 1992, p. 43 (che ritiene ci siano buone ragioni
per rifiutare il giudizio aristotelico, ma non per dubitare che delle donne fossero le
più ricche proprietarie terriere di Sparta); Schütrumpf 1994, pp. 323-345 (con
ampia disamina della bibliografia precedente); French 1997, pp. 258 ss.; Ducat
1998, pp. 393; Herrmann-Otto 1998, pp. 18-40; Bertelli 2004, pp. 9-71, sp.
37 ss.; Bultrighini, in questo volume (pp. 69 ss.).
18
Una più spiccata tendenza plutarchea all’elogio delle donne (soprattutto basan-
dosi sui passi presenti in Plut. Lyc. 14, 2; Virt. mul. 242 F) è vista da Marasco
(1981a, pp. 29 ss., 49 n. 133, 240; Id. 1991, pp. 335-345, 343 per gli influssi
filarchei), che pensa anche a forti influenze aristoteliche (1981a, pp. 204 ss.; si
veda anche Id. 1978, pp. 170-181). Alle donne in Plutarco sono esplicitamente
dedicati vari contributi, tra cui Le Corsu 1981 (cfr. soprattutto pp. 270 ss.);

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anche criticato, il ruolo globalmente positivo che esse rivestono mira


forse a dimostrare che non si ha corruzione quando le donne perse-
guono il bene della pólis e ne rispettano i presunti originari costumi19,
in linea con il carattere di restaurazione morale che Plutarco cerca di
attribuire all’intera riforma di Agide.
Il biografo pone comunque innegabilmente l’accento sul fatto che
a quel tempo la donne si occupavano sia degli interessi pubblici che di
quelli privati20, tanto che la maggior parte delle ricchezze era davvero
in mano loro e che, in virtù di ciò, esse avevano acquisito un posto di
spicco all’interno del panorama politico cittadino21.
Anche nel caso del progetto di Agide l’iniziativa continua a essere
promossa dalle donne: mentre le metéres (Plutarco chiama così la madre
e la nonna del re) rendono possibile la partenza della riforma mettendo
a disposizione il loro patrimonio insieme a quello del re e di altri suoi
ricchissimi amici e familiari (§ 9, 6), sono le oppositrici che si volgono
all’altro re, Leonida, e lo sollecitano a fermare Agide. Dunque, proprio
il fatto che Agide non riesca a portare dalla sua parte tutte le donne
sembra la causa prima del fallimento della sua impresa, o almeno ciò
che la rende duvsergo~ kai; calephv (§ 7, 5).
È importante altresì notare che proprio l’esempio della regina ma-
dre, che consegna alla causa un grande patrimonio, ma evidentemente

Blomqvist 1997, pp. 73-97, che dedica però alle nostre eroine solo parte della
nota 59 (inserendole tra le “supportive women”).
19
Molto interessante e convincente, seppur drastica, appare la ricostruzione di
Flower (2002, pp. 191-217, 196), secondo cui è pura invenzione la tradizione su
Licurgo e il kosmos spartano del tempo antico, iniziata nel III secolo come risposta
ai problemi del tempo.
20
Condivido pienamente l’interpretazione di Powell (1999, p. 411), secondo cui
ta idia del § 7, 4 non sono da considerare le faccende domestiche, ma gli interessi
economici privati.
21
La Mossé (1991, pp. 29 ss., 145) ritiene che Plutarco enfatizzi il ruolo delle
donne in queste riforme proprio per illustrare le notazioni aristoteliche; ella co-
munque evidenzia una forse troppo forte distinzione tra il ruolo delle donne della
famiglia reale e quello delle “ordinary women”. La studiosa è ritornata anche re-
centemente sull’attestazione del coraggio e della virtù delle donne spartane fornita
da Plutarco in queste Vite (cfr. Mossé 2007, p. 311).

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non tutto (visto che poco più avanti si farà riferimento a dei prestiti da
lei erogati: § 18, 8), ci dimostra che la riforma perseguita dal giovane re
non intendeva realizzare una totale uguaglianza di terre e di beni, come
pure è stato postulato22. È invece più probabile che la differenza di ric-
chezza all’interno della città continuasse ad esistere e che l’ideale teorico
dell’uguaglianza portasse piuttosto alla condanna della sua esibizione,
ovvero di quella tryphé tanto deprecata nella fonte plutarchea23.
Sulle note vicende della riforma di Agide non è il caso qui di soffer-
marsi, ma è interessante evidenziare quanto strettamente fossero coin-
volte molte donne spartane, non solo le regine, ma anche altre, appar-
tenenti alle famiglie degli hómoioi.
Non di tutte però viene evidenziato un ruolo politico: ad esempio
molto spazio viene concesso da Plutarco alla figura di Chilonide, un’al-
tra donna di famiglia reale, ma del ramo degli Agiadi. Essa è la figlia del
re Leonida e la moglie di Cleombroto, divisa tra l’amore per il padre
e quello per il marito: quando infatti Leonida viene allontanato e so-
stituito al trono dal genero Cleombroto (più favorevole ad Agide), la
donna appoggia il padre e si reca in esilio con lui (§ 11, 8). Al loro ri-
entro in città24, dovuto al crescere del malcontento che costringe Agide
a rifugiarsi nel tempio di Atena Calcieica e Cleombroto in quello di
Poseidone, è invece Chilonide che chiede e ottiene il perdono del mari-
to, condividendo questa volta con lui un nuovo esilio (§§ 16, 4- 18, 4).
In questo caso, però, l’agire della donna pare funzionale solo a un in-
tento tragico, grazie alla topica descrizione della sua intercessione presso

22
Contro questa interpretazione di Fuks (1962b, pp. 161-166; 1962c, pp. 244-
263) ha già reagito Marasco (1981a, pp. 97, 108), che sottolinea l’intento perse-
guito da Agide di restaurare la comunità degli hómoioi.
23
Per il rapporto esistente tra la condanna della tryphé e le istanze egualitarie vd.
anche Stelluto 1995, p. 82.
24
Viene infatti organizzato il rientro del re esule Leonida, “sotto gli occhi compiaciuti
del popolo, irritato per esser stato preso in giro perché la terra non era stata ridistribu-
ita” (§ 16, 4). Per lo scarso ruolo del popolo e una preminenza dei contrasti scoppiati
all’interno del partito riformatore, nonché degli insuccessi militari, come cause prin-
cipali della crisi, vd. Marasco 1981a, pp. 108, 113; sulla stessa linea anche Marti-
nez–Lacy 1997, p. 100, che proprio basandosi sulla poca partecipazione del popolo
evidenzia come la riforma di Agide non possa essere considerata una rivoluzione.

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il padre a favore del marito, abbracciata ai figli, piangente, con le vesti


e i capelli in disordine. Qui il richiamo emotivo della descrizione non
sembra nascondere alcun ruolo politico, dal momento che la donna
non appoggia una delle due fazioni, ma è vista in preda a un contrasto
tra amore coniugale e pietà filiale, utile alla bellezza della narrazione25.
La differenza nel trattamento delle altre donne è evidente e ci di-
mostra che se Plutarco avesse voluto inserire il richiamo alle regine solo
come espediente retorico, avrebbe potuto benissimo farlo come nel caso
di Chilonide. Invece, il coinvolgimento di Agesistrata e Archidamia è
reso in un modo tale da rivelare una loro reale valenza politica, con-
fermata anche dall’esito finale della vicenda, in cui esse continuano a
rivestire un ruolo significativo.
La stessa sconfitta di Agide viene infatti descritta come la conse-
guenza di una trama diretta contro sua madre: secondo Plutarco l’eforo
Anfare, detto synéthes del re e debitore di Agesistrata, avrebbe tramato
contro il sovrano e sua madre per non saldare il suo debito, riuscendo
ad allontanare il re dal tempio in cui si è rifugiato e trascinarlo in pri-
gione (§ 18, 8 ss.).
L’arresto di Agide da parte dell’eforo per evitare di saldare un debito
contratto con la madre del re sembra però un’interpretazione a posteriori
di Plutarco, il quale ben sa che anche la madre fu condannata a morte in-
sieme al figlio. Tale ipotesi avanzata da Plutarco per spiegare il tradimento
dell’eforo appare altrettanto debole quanto quella di chi la rifiuta, postu-
lando l’impossibilità da parte di Agesistrata di erogare prestiti26. A tale pro-

25
Sull’interesse del caso di Chilonide, legato alle vicende familiari anziché po-
litiche, da inquadrarsi nella cornice di molti tópoi caratteristici del tempo, vd.
Marasco 1981a, pp. 321 ss. Anche questa figura femminile è dotata di assertive-
ness, benché non politica (cfr. Powell 1999, p. 397). A una moralische Instanz di
Chilonide pensa anche Thommen 2003, p. 191.
26
Non tutti gli studiosi concordano infatti sull’attendibilità della rappresentazione
di un eforo che ottiene prestiti da una donna. Ma ciò, anche alla luce dell’insisten-
za plutarchea sulla ricchezza di queste regine, non appare affatto impossibile; anzi
il fatto che potessero essere in rapporti con Spartiati di così alto rango è da ritener-
si ulteriore segno del loro ruolo e importanza nel panorama economico-politico.
Cfr. Marasco 1981a, pp. 114-115, 328 (a favore della possibile esistenza di tali
debiti); contra, Magnino 2001, p. 171 n. 52.

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Elisabetta Bianco

posito Marasco evidenzia giustamente come proprio questo prestito possa


dimostrare il carattere fortemente propagandistico dell’attività dei riforma-
tori, che in realtà continuavano a disporre delle loro ricchezze come prima.
Ancora una volta, comunque, le metéres sono in primo piano e rive-
lano il loro potere: riescono perfino ad organizzare una sorta di tumulto
popolare in favore di Agide, reclamando a gran voce che egli possa parlare
ed essere giudicato tra i cittadini (§ 19, 10). Per questo gli oppositori
sono costretti ad accelerarne l’esecuzione, temendo che il sopraggiungere
di un ulteriore supporto popolare porti alla liberazione del re.
Il pericolo che queste donne possono ancora costituire è evidente
nel fatto che esse sono costrette a subire la stessa pena del re e vengono
uccise con lui27. Tale esecuzione, per quanto condita nella fonte da toni
melodrammatici e moralistici volti a evidenziare il loro amor patrio,
deve avere un nucleo di verità e una valenza importante: sembra infatti
significare che gli oppositori dovevano temere il ruolo politico ed eco-
nomico di queste ‘regine riformatrici’, tanto da non poterle lasciare in
vita neppure dopo la morte di Agide28.
Per altro, non è il primo caso di esecuzione ‘politica’ di alcune donne
nella storia spartana. Si può infatti ricordare almeno un’altra occorren-
za descritta da Teopompo29: Xenopeitheia, madre di Lisandrida, venne
uccisa insieme a sua sorella quando il figlio, nemico del re Agesilao,
venne esiliato da Sparta. L’episodio può essere identificato con quello
narrato da altre fonti, per quanto in maniera non univoca, a proposito

27
Sulla morte tragica di Agide come altissimo esempio della tecnica drammatica
di Filarco, vd. Gabba 1957, p. 194, che evidenzia inoltre come l’ampio intervento
concesso all’elemento femminile abbia anche il fine di farne partecipe il lettore,
appellandosi al suo sentimento (pp. 220-221).
28
Proprio il tumulto che riuscirono ad organizzare le donne e la loro uccisione
sono interpretati da Marasco (1981a, p. 114) come il principale segno dell’in-
fluenza politica di queste donne e del loro notevole ruolo nel movimento rifor-
matore; sulla stessa linea anche Powell 1999, p. 410. Dal canto suo, Bradford
sottolinea che esse rappresentavano casi isolati di donne, ma con vero potere
(1986, p. 17); anche Millender (1999, p. 384 n. 71) le ritiene casi eccezionali
per ricchezza e influenza.
29
Cfr. Theop. FGrHist 115 F 240 in Athen. XIII b. Si veda anche il commen-
to di Powell 1999, p. 409.

582
‘Regine riformatrici’ a Sparta nel III sec. a. C.

della situazione verificatasi a Sparta in seguito all’espulsione del presi-


dio spartano da Tebe nel 378: Lisanorida è infatti il nome che Plutarco
attribuisce a uno degli armosti che persero la rocca Cadmea, ma che,
a differenza degli altri due condannati a morte, venne punito solo con
una forte ammenda e l’esilio30. La differenza di trattamento subìto da
questo armosta potrebbe dunque adombrare un suo maggior peso po-
litico, mentre l’uccisione delle donne della sua famiglia potrebbe dimo-
strare che esse erano considerate in grado di creare un movimento di
opinione favorevole all’esule e costituire un problema politico tale da
necessitare la loro eliminazione.
Simile sembra la situazione creatasi nel 241, quando il movente
politico deve aver giocato un ruolo determinante nella decisione di
procedere a uno sterminio di teste reali così grave e empio (§ 21, 1:
mhde;n deinovteron mhd j ajnosiwvteron... oijomevnou~ ejn Spavrth/
pepra`cqai). Ciò trova forse conferma nel fatto che viene invece
risparmiata la vita di un’altra regina, Agiatide, la giovane e bellissima
vedova del re Agide.
La diversa sorte di questa donna, che emerge a questo punto della
narrazione, dipende probabilmente non tanto dalla sua giovane età,
quanto piuttosto da un suo mancato coinvolgimento politico, nonché
da motivazioni molto più concrete: Agiatide infatti è descritta come
l’unica erede del grande patrimonio di suo padre Gilippo (§ 22, 2) e
dunque come un partito molto interessante. Sicché il re Leonida prefe-
risce cogliere prontamente l’opportunità di imparentarsi con una fami-
glia che gli consente di acquisire un patrimonio tanto rilevante, costrin-
gendo la ragazza a sposare il giovanissimo figlio Cleomene31.

30
Cfr. Xenoph. Hell. V 4, 13 (che narra la condanna a morte di un armosta in
seguito a questi avvenimenti); Diod. XV , 3 (secondo cui tre armosti vennero
condannati, due a morte e uno all’esilio, ma senza citare nomi); Plut. Pel. 13, 3;
Gen. Socr. 576a; 577a-b; 578a; 594d; 598f (che riporta la tradizione più comple-
ta, senza però riferimenti alle donne). Quanto alla diversa lezione del nome, la
variazione Lisanorida/Lisandrida è facilmente spiegabile, per quanto sia difficile
decidere quale sia la forma più corretta.
31
Per il ruolo del re nella scelta dello sposo di un’ereditiera (la cosiddetta pa-
troûchos, anche se Plutarco a proposito di Agiatide erroneamente usa il termine

583
Elisabetta Bianco

Senza addentrarsi nella spinosa questione delle ereditiere spartane, si


ritiene però che anche la riflessione su queste facoltose e potenti figure
femminili, per quanto attestate in epoca tarda32, sia utile a evidenziare
elementi interessanti per il dibattito storiografico suscitato dalle tesi di
Hodkinson sulla proprietà e ricchezza delle donne a Sparta33.
Anche nel caso di Agiatide esse paiono trovare una conferma: la ricchez-
za personale della regina non è infatti da considerarsi di poca importanza,
se il re Leonida non può lasciarla cadere in mano a eventuali nemici, visto
il ruolo che proprio tali ricchezze hanno avuto nelle trascorse vicende poli-
tiche. La necessità di controllare questi beni (uniti anche a quelli di Agide,
che ha lasciato un figlio in tenerissima età34) gli fa perfino sottovalutare il

ateniese di epíkleros), cfr. Hdt. VI 57, 4; vd. Hodkinson 1986, p. 395; Bertelli
2004, p. 39 e n. 145. Per un commento a questi fatti vd. anche Cartledge 1981,
p. 98; Id. 1992, pp. 48-49; Powell 1999, p. 411; Pomeroy 2002, pp. 84 ss.
32
Giustamente però Marasco evidenzia che il potere delle donne a Sparta non appa-
re acquisito in un secondo tempo, come dimostrerebbe anche il ruolo di Gorgo, e
che “la particolare posizione delle donne spartane deve risalire all’epoca arcaica”, per
quanto sia credibile che in età ellenistica sia ancora accresciuta (Marasco 1981a, pp.
238 ss.). Per un’interpretazione che evidenzia invece il mutato comportamento delle
regine in età ellenistica si veda Mossé 1991, p. 146; Pomeroy 2002, p. 86.
33
Moltissimi e fondamentali sono i lavori di S. Hodkinson in questo campo, in
particolare sul fatto che anche le donne spartane ereditassero una legittima parte
del patrimonio privato familiare e lo potessero gestire (cfr. ad es. 1986, pp. 378-
406; 2000; 2004, pp. 103-136). Per una disamina degli ampi problemi sottesi alle
questioni di eredità e successioni a Sparta, con bibliografia precedente, vd. anche
Lupi 2000, pp. 139 ss. e 2003, pp. 151-172.
34
Non si conosce purtroppo con esattezza il destino di questo bambino (probabil-
mente chiamato Eudamida), la cui esistenza doveva aver inizialmente consentito
la persistenza formale della diarchia. Quanto poi al fatto che nel 228 venne richia-
mato l’esule fratello di Agide, Archidamo, a coprire il vacante trono degli Euri-
pontidi, ciò deve significare probabilmente che il piccolo era morto; è improbabile
però che sia corretta l’insinuazione che fosse stato Cleomene ad ucciderlo (Paus. II
9, 1). Cfr. Gabba 1957, p. 46; Marasco 1981a, pp. 349-350; McQueen 1990,
p. 178; Bearzot 1992, pp. 157-167 (che commenta dettagliatamente la presen-
tazione negativa operata da Pausania a proposito di un tirannico Cleomene). Al-
trettanto oscuro il ruolo di Cleomene nella successiva uccisione di Archidamo
(insinuata da Polyb. V 37, 5), che lo lasciò di fatto monarca unico, nonostante

584
‘Regine riformatrici’ a Sparta nel III sec. a. C.

rischio di dare la vedova del suo nemico in moglie al figlio e di esporlo così
alla sua influenza. Plutarco (o la sua fonte) sembra infatti attribuire proprio
all’amore di Cleomene per la moglie e all’influsso da lei esercitato con i suoi
racconti35 l’insofferenza del giovane per le condizioni di Sparta e il desiderio
di provvedere a una nuova riforma, dopo la sua salita al trono nel 235.
Logicamente, questa influenza non va neppure sopravvalutata e va vi-
sta in rapporto ad altre più probabili motivazioni politiche, come il con-
flitto generatosi tra il re e gli efori e il desiderio di Cleomene di portare
nuovamente Sparta a un ruolo egemonico nel Peloponneso36. Comunque
è interessante il fatto che Plutarco abbia potuto attribuire un così signifi-
cativo ruolo alla moglie del re e alla sua ricchezza. Va inoltre sottolineato
che la figura della giovane regina poteva essere storiograficamente utile
non solo a un intento romantico e drammatico, ma anche a fungere da
trait d’union tra Agide e Cleomene, suo diretto continuatore, secondo
l’interpretazione su cui Plutarco cerca erroneamente di insistere37.
Fondamentale nel cammino della nuova riforma è non solo la mo-
glie del re, ma anche nuovamente la madre, Cratesiclea. Questa infatti
appare contribuire in denaro senza risparmio alla sua causa e condivi-
dere le ambizioni del figlio (§ 27, 2: ajfeidw`~ sugcorhgouvsh~ kai;
sumfilotimoumevnh~). Di nuovo, quindi, Plutarco torna sulla philoti-
mia della regina madre come uno dei motivi che alimentano l’adesione
al progetto di riforma. In questo caso l’ambizione della donna è ancora
più evidente, tale da indurla a decidere di risposarsi, dopo la morte di
Leonida, con un cittadino eminente per fama e per potere, nella speran-

il tentativo di salvare le apparenze con la nomina a re del fratello Euclida. Cfr.


Cartledge 1992, pp. 51-52.
35
Si ha qui l’esposizione del paradigma dell’idealizzazione dell’amore come forza
nobilitante per l’uomo: Agiatide infatti esercita la sua influenza positiva non solo
nel campo politico, ma anche etico. Cfr. Marasco 1981a, pp. 352-353.
36
Sono queste infatti le motivazioni solitamente ritenute più attendibili dagli stu-
diosi (cfr. ad es. Africa 1961, pp. 14-15; Marasco 1981a, p. 127), cui aggiungere
le evidenti ambizioni personali del giovane re (cfr. Marasco 2004, p. 203). Sembra
ritenere credibile invece la posizione plutarchea Le Corsu (1981, pp. 121, 124).
37
Per il tentativo plutarcheo (ma forse già filarcheo) di presentare in continuità i
due episodi e per la critica a questa concezione, vd. Gabba 1957, soprattutto pp.
35-40; Marasco 1981a, pp. 48, 98, 345 ss.

585
Elisabetta Bianco

za di acquisire un alleato importante per il figlio. Degno di nota è che


a prendere l’iniziativa di contrarre un nuovo matrimonio e di scegliere
uno sposo utile alla causa sia la vedova stessa 38.
Continuando a seguire il filo delle vicende di Cleomene attraverso
il ruolo avuto dalle sue donne, possiamo tuttavia notare che esso appa-
re meno rilevante che per Agide. D’altronde si è spesso affermato che
Agide sembra affiancato da un partito riformatore più ampio ed eviden-
te, mentre l’iniziativa di Cleomene si manifesta più a titolo individuale
che collettivo39. Tale impressione è confermata anche dal ruolo minore
svolto ora dalle donne, le quali, eccetto che nella fase iniziale, sembrano
meno impegnate a seguire l’evoluzione della riforma.
Non è casuale che la moglie Agiatide torni solo indirettamente sulla
scena, quando Plutarco ci fornisce la notizia della sua morte (§ 43,
1-3), sfruttata come occasione drammatica per evidenziare la compo-
stezza del re nel sopportare il suo grande dolore, senza permettere che
esso danneggi l’interesse generale della pólis. Anche questo episodio va
inteso in modo più che altro funzionale al paradigma stoico con cui il
biografo vuole rappresentare l’éthos di Cleomene40.
Quanto alla madre del re, Cratesiclea, essa è seguita da Plutarco nel suo
continuo operare per il bene del figlio: di fronte alla richiesta di Tolemeo

38
Si può anche pensare però a un ruolo avuto direttamente da Cleomene nell’esor-
tare la madre a un nuovo matrimonio: Marasco 1981a, pp. 404 ss.; 414; Cart-
ledge 1992, p. 52. Più propensi a seguire la versione plutarchea sono Le Corsu
1981, pp. 107, 121 e Pomeroy 2002, p. 88. Proprio l’esempio di questo matri-
monio di Cratesiclea è utilizzato da Tetlow (2005, pp. 183-184) per evidenziare
la libertà e l’influenza delle regine spartane sui re.
39
Per il carattere gentilizio del partito riformatore al tempo di Agide (di cui si ritie-
ne parte anche Agesistrata) si pronuncia anche Marasco 1981a, p. 103 (per una
predominanza personale di Cleomene nel partito riformatore vd. invece p. 121).
40
Sul forte influsso stoico nella caratterizzazione plutarchea di Cleomene, deri-
vato anch’esso da Filarco (Africa 1961, pp. 15-18), vd. Gabba 1957, p. 49, che
giustamente evidenzia anche la necessità di non esagerare l’influenza del ruolo del
filosofo Sfero (p. 52); sulla stessa linea Marasco 1981a, pp. 88; 515-516. Il più
convinto sostenitore dell’ispirazione di Sfero dietro le riforme di Cleomene pare
Erskine (1990, pp. 126-131 e passim), ma giustamente dubbiosi in proposito
sono Flower (2002, p. 211 n. 19) e Cartledge (2003, p. 248).

586
‘Regine riformatrici’ a Sparta nel III sec. a. C.

Evergete di avere in ostaggio i figli e la madre del re spartano in cambio del


suo sostegno politico ed economico, Plutarco attribuisce a lei l’iniziativa di
convincere l’esitante Cleomene circa l’opportunità del passo. Si ha qui un
potente esempio di storiografia tragica (§ 43, 4 ss.), in cui il colloquio tra ma-
dre e figlio tradisce la pura invenzione. Ciò non significa però che Cratesiclea
non possa aver avuto un ruolo attivo nel consigliare al figlio come opportuna
la decisione di inviare in Egitto come ostaggi lei stessa con i suoi nipoti41.
Anzi, proprio l’altruismo e l’amor patrio, attribuiti a questa donna
come alle regine precedenti, sembrano servire a Plutarco per connotare
positivamente l’assertiveness femminile, anche in questi casi volta a soste-
nere e non a sostituire il potere maschile, come ha giustamente eviden-
ziato Powell42. Infatti, sia nel caso di Agide che prega Agesistrata di aiu-
tarlo, sia nel caso di Cleomene che non ha il coraggio di parlare alla ma-
dre della proposta di Tolemeo, il rapporto di forza tra il potere maschile
e quello femminile appare inusitatamente invertito. Esso poi rientra nei
ranghi solo grazie all’eticità di queste donne, che non paiono sfruttare la
loro influenza per scopi personali, ma sempre solo per il bene della pólis.
Innegabile comunque è una certa debolezza degli uomini spartani che con-
sente alle donne di intervenire così pesantemente nelle vicende pubbliche43.
Proprio la positiva motivazione che caratterizza il potere delle donne
spartane serve a Plutarco per porle in contrapposizione con altre donne in-
fluenti, mosse da interessi personali. Cratesiclea, infatti, continua a tornare
in scena nelle vicende ambientate in Egitto, rappresentata in palese con-
trapposizione etica con le donne del re Tolemeo, tanto dissolute e intem-
peranti da corrompere l’intera corte egizia 44. Il ruolo positivo della regina

41
Così anche Schuller 1985, p. 80, che evidenzia come le donne spartane aves-
sero voce in capitolo nelle decisioni politiche. Dal canto suo, Millender 1999, p.
371, sottolinea in particolare che le donne spartane entravano nei giochi di potere
soprattutto per la salvaguardia dell’oîkos.
42
Powell 1999, p. 400. Anche Thommen sottolinea l’aspetto moralistico insito
nell’evidenza che attribuisce alle regine spartane la difesa della famiglia e il loro
servizio alla città (2003, p. 192).
43
Su questa linea anche Cartledge 1992, p. 34.
44
Sembra qui meglio accogliere la lezione del termine gynaikokrasía (come riportano
i manoscritti) piuttosto che gynaikokratía, come sembrerebbe anche possibile, qua-
lora si volesse accentuare la rispondenza con la critica alle donne spartane da parte di

587
Elisabetta Bianco

spartana è tanto più evidente quanto più è posto in confronto con quello
dell’amante del re d’Egitto45 e della madre di lei, detta ruffiana di profes-
sione, che paiono controllare in modo rovinoso gli affari del regno (§ 54).
L’insistenza sulla moralità delle donne spartane giunge alla sua massima
celebrazione retorica nella descrizione della loro morte. Cratesiclea e le donne
del suo seguito sono infatti coinvolte nel fallimento di Cleomene, che dopo
la sconfitta di Sellasia, subìta nel 222 ad opera di Antigono Dosone46, le ha
dovute raggiungere esule in Egitto (§§ 48-53). Qui però il re spartano non
trova gli aiuti sperati, ma una prigione dorata e, al suo tentativo di liberarsi
qualche anno dopo per tornare in patria con un manipolo di amici, viene
ucciso. Con lui è decretata la morte di tutta la famiglia e del suo seguito
(§ 59, 4): nuovamente dunque la madre del re viene accomunata alla sor-
te del figlio e uccisa, anche se questa volta la motivazione non appare tan-
to politica, quanto una rappresaglia che coinvolge tutti i Greci lì presenti.
La fonte si sofferma molto più ampiamente sui dettagli della morte del-
le donne che del re stesso, ma i toni sono meno grandiosi rispetto a quelli
dell’esecuzione delle metéres di Agide: Cratesiclea assume anzi un carattere
più autentico quando sembra perdere il controllo di sé per la disperazione,
riacquistandolo solo grazie all’intervento di un’altra anonima donna del suo

Aristotele. Cfr. Powell 1999, p. 396. Per il tema, già filarcheo, dell’immoralità delle
donne nelle corti ellenistiche si veda anche Stelluto 1995, p. 59 e n. 32.
45
Dal 221 l’uccisione di Tolemeo III Evergete aveva portato al trono il figlio To-
lemeo IV Filopatore, su cui anche le altre fonti condividono le perplessità morali-
stiche di Plutarco (cfr. ad es. Polyb. V 35, 6 ss.; Iust. XXIX 1, 5; 1, 9, ecc.). Cfr.
Marasco 1979/80, pp. 159-182; Stelluto 1995, p. 58 e n. 31 (che evidenzia qui
altri echi filarchei nella critica alla tryphé dei sovrani ellenistici).
46
Sulla battaglia di Sellasia (che porta all’occupazione di Sparta da parte di Antigono e
alla restaurazione della presunta patrios politeia) e sulle vicende di Cleomene in Egitto
si veda anche Polyb. II 65-70; V 34-39; Paus. II 9, 2-3 (che come al solito trasmettono
una tradizione negativa sul re spartano, discordante con quella di Plutarco; si veda in
proposito il commento di Bearzot 1992, pp. 157-167, 161; Martinez–Lacy 1997,
p. 100 e n. 13). Cfr. anche Mendels 1978, pp. 161-166 (con status quaestionis e
interessante discussione degli echi recepiti dalla storiografia latina in Liv. XXXVIII
34, 9; XXXIX 36, 4; 37, 6). Il tentativo di Shimron (1972, pp. 232-239) di negare
l’abolizione macedone delle riforme cleomeniche è giustamente contestato dalla critica
(cfr. Cartledge 1992, pp. 57 ss., con bibliografia precedente).

588
‘Regine riformatrici’ a Sparta nel III sec. a. C.

seguito, la bellissima e virtuosissima moglie di Panteo, giovane compagno


del re di cui si narra il suicidio sul cadavere di Cleomene (§ 58, 14)47.
Qui Plutarco istituisce una sorta di parallelismo, basato sullo spirito
di emulazione (cfr. § 60, 1), tra la morte di queste donne e quella dei
loro uomini, intendendo forse in questo modo sottolineare l’equiva-
lenza morale fra i sessi nella virtù. Proprio la riflessione sull’areté, la cui
supremazia sulla sorte è chiaramente affermata alla fine delle successive
Vite dei Gracchi (§ 40), permette inoltre di avviare un parallelo tra
Cratesiclea e Cornelia, la madre di Tiberio e Caio Gracco.
Anche in questo caso il ruolo affidato alla madre dei protagonisti
è rilevante48, per quanto però ella sembri supportare i figli più moral-
mente che politicamente: il suo intervento politico è infatti sminuito
e subordinato a quello dei figli in maniera molto netta49. Ciò ha come
conseguenza che Cornelia non sia coinvolta al momento dell’uccisio-
ne dei figli, di cui dunque non condivide le responsabilità politiche.
Questa fondamentale differenza tra le madri dei personaggi posti in
parallelo dal biografo porta a pensare che se Plutarco non ha potuto
operare nello stesso modo nel caso delle donne spartane, ciò significa
che il loro ruolo era tanto riconosciuto da non poter essere celato50.

47
Per l’idealizzazione di questi personaggi, quasi come in un romanzo, vd. Gabba
1957, p. 221; Marasco 1981a, pp. 334 ss. Per l’importanza delle eroine nella storia
tragica vd. anche Africa 1961, pp. 43 ss. (p. 8 per l’elogio delle donne virtuose ed eroi-
che già in Filarco; su questo ora anche Powell 1999, pp. 401 ss.). Il sacrificio di queste
donne è comunque per il bene della patria, dunque in vista di un bene comune con-
creto, come dimostra Marasco 1981a, p. 522; sulla stessa linea anche Mossé (1991,
p. 147) e Powell (1999, pp. 413-415, che ipotizza inoltre che la loro idealizzazione
sia funzionale ai lettori dell’opera di Filarco e Plutarco, ovvero ad altre donne spartane).
48
Più volte infatti Plutarco presenta la figura materna dei Gracchi: Plut. TG 1; 8, 7;
CG 4, 4; 13, 2; 19. Il fatto che non si dia particolare rilevanza a un ruolo politico di
Cornelia è forse anche avvalorato dalla tradizione che la ricorda come tipico esempio
di matrona virtuosa, nobile e colta, unicamente dedita all’educazione dei figli.
49
Secondo la Blomqvist (1997, p. 90) questa è la tipica tendenza plutarchea
rispetto alle eroine romane; anche Powell (1999, p. 401) evidenzia come
«assertiveness Spartan women outdo their Roman counterparts in these Lives».
50
Powell avanza l’ipotesi molto seducente che l’amministrazione di Sparta dopo
Sellasia possa essere stata prevalentemente femminile e che questo possa aver prodot-

589
Elisabetta Bianco

Sia nel caso di Agide che di Cleomene, il parallelismo tra le morti delle
rispettive donne regali può essere inteso come un ulteriore stratagemma
storiografico per accentuare le corrispondenze tra le due Vite. In ogni
modo, anche se le morti eroiche delle donne di Cleomene sono da consi-
derarsi puro escamotage narrativo, esse contribuiscono intensamente alla
rappresentazione drammatica e lusinghiera dell’intera Vita di Cleomene51.
Le circostanze oscure con cui si svolsero gli eventi in Egitto ci dimo-
strano che a Plutarco, e prima ancora alla sua fonte Filarco, le donne
sembrano spesso interessare come occasione di esempio morale e di
incitamento patriottico, grazie alle possibilità retoriche che offrono i
loro colloqui52. E tuttavia alla base di questa costruzione storiografica
si deve anche rintracciare una ragionevole attendibilità dei dati relativi
al ruolo politico ed economico che alcune di loro riuscirono a rivestire.
E se per la Loraux, nella sua introduzione al volume Grecia al femmi-
nile, “è oltrepassando i limiti imposti al proprio sesso, e solo in questo
modo, che una donna lascia un nome nella memoria degli uomini”53, i
casi qui analizzati ci testimoniano invece l’esistenza di un ricordo stori-
co anche per quelle donne che non hanno trasgredito l’ordine stabilito
dei valori, ma che proprio in quanto mogli e madri hanno saputo tro-
vare un loro spazio nella pólis e tramandarlo fino a noi.

(Università di Torino)

to l’insistenza plutarchea sul ruolo delle donne in queste Vite (1999, pp. 413-415).
51
Il ritratto plutarcheo appare infatti viziato da eccessivo favore, sulla scorta di
quello filarcheo, cui si contrappone una altrettanto forzata rappresentazione ne-
gativa ad opera di Polibio, che reagiva contro Filarco e mostrava il suo favore per
Arato (Polyb. II 45 ss.). Cfr. Gabba 1957, pp. 13 ss. Sull’entusiasmo già di Filarco
nei confronti di Cleomene vd. Africa 1961, p. 23.
52
Giustamente Africa (1961, p. 64) evidenzia come Filarco possa anche aver esage-
rato il ruolo delle donne in queste vicende ma non possa averlo inventato del tutto,
sottolineando che proprio grazie alla sua abilità drammatica egli ha reso memorabili
le rivoluzioni spartane. Anche secondo Powell «it is difficult or impossible to prove
whether Plutarch invented whole episodes» (1999, pp. 398; 406 ss. sul fatto, co-
munque innegabile, che alcuni episodi possano essere completamente inventati).
53
Loraux 1993, p. XXIV.

590
‘Regine riformatrici’ a Sparta nel III sec. a. C.

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596
INDICE GENERALE

Le nuove riflessioni su donne visibili nella Storia greca 9


Elisabetta Dimauro

Questione preliminare.
Le donne non contano? Proprio sicuri? 51
Umberto Bultrighini

Priestesses and citizens 93


Roger Brock

Der Ruhm der Hetären 109


Wolfgang Schuller

Esibizionismo o propaganda politica? 127


Frine tra storia e aneddotica
Eleonora Cavallini

“Usi” e “riusi” della donna nell’Atene del IV sec. a. C. a 153


fini successori e patrimoniali: i casi eccezionali di Alkè
(Isae. De Philoct. VI) e Neera (Demosth. In Neaer. LIX)
Pietro Cobetto Ghiggia
Wife, Household, and Marketplace 183
The Role of Women in the Economy of Classical Athens
Edward M. Harris

Archippe, la moglie del banchiere 209


Stefano Ferrucci

Die Frauen der Tyrannen 235


Martin Dreher

Le donne del tiranno 269


Emilio Galvagno - Anna Maria Seminara

Tebe e Alessandro di Fere: passione di donna o tirannicidio? 333


Marta Sordi

Figure femminili nell’opera di Senofonte: il caso di Pantea 345


Anna Santoni

Aspasia donna sophè kaì politiké in Plutarco 373


Silvio Cataldi

Cimone, sua sorella 441


Umberto Bultrighini

Timea 529
Elisabetta Dimauro

‘Regine riformatrici’ a Sparta nel III sec. a. C. 571


Elisabetta Bianco
Anna Dalassena: ritratto di una donna di potere 597
Silvia Simone

Euridice, moglie di Aminta III 627


Cinzia Bearzot

Potere, regalità e magia: la leggenda nera di Olimpiade 647


Giovanna Daverio Rocchi

Personaggi femminili nei frammenti di Carone di Lampsaco 697


Eugenio Lanzillotta

Donne tra mito e storia nei primi cinque libri di Diodoro: 715
tra modelli favolosi e fattori di progresso
Delfino Ambaglio

Donne aristofaniche 733


Lucio Bertelli

Platone, donne e paideía 759


Serena Teppa

Aristotele, Penelope e le altre 785


Giulio A. Lucchetta

Ipparchia cinica, la trasgressione come sillogismo 837


Annalisa Paradiso

Eroine del mito greco sulle sponde del Mediterraneo 865


Paola Angeli Bernardini
Saffo. Poesia e iconografia 895
Carmine Catenacci

Saffo... fra Ovidio, Leopardi e Baudelaire 837


Lorenzo Braccesi

Indice dei nomi 947

Indice dei nomi di luoghi e di popoli 969


Progetto grafico e impaginazione
Carlo Spera

Finito di stampare nel mese di dicembre 2014


da Digital Team
Fano (Pu)

per conto della


Casa Editrice Rocco Carabba srl Lanciano
Variante Frentana C.da Gaeta, 37
Tel. e Fax 0872.717250
www.editricecarabba.it
info@editricecarabba.it
La discussione sulla condizione femminile nell’antichità greca è stata riaccesa da
un Convegno Internazionale di Studi tenutosi all’Università “G. d'Annunzio”
di Chieti-Pescara nel 2007. Questo volume ne raccoglie i contributi, insieme a
riflessioni successive, fino al 2014. Il filo conduttore del dibattito tra gli studiosi
coinvolti è la verifica di una presenza della donna nel tessuto socio-economico e di
una sua incidenza sulle dinamiche storiche della Grecia antica, che la tradizione,
di segno maschile e intrisa di conseguenti visioni pregiudiziali, di norma tende
a ‘sommergere’: lasciando tuttavia, in casi esaminati nel volume da considerarsi
stimoli per un work in progress, la possibilità di far ‘riemergere’ il ruolo femminile
nella Storia greca. Categorie rilevanti (sacerdotesse, etere, donne d’affari; ma anche
donne legate a tiranni e tirannicide) e figure di riconosciuta rilevanza come Saffo,
Frine, Aspasia, Olimpiade, o da riscoprire come Elpinice, sono finemente riproposte
ad analisi e riflessione da specialisti di primo piano nel campo dell’antichità classica.

Contributi di Delfino Ambaglio, Cinzia Bearzot, Paola Angeli Bernardini, Lucio Bertelli,
Elisabetta Bianco, Lorenzo Braccesi, Roger Brock, Umberto Bultrighini, Silvio Cataldi,
Carmine Catenacci, Eleonora Cavallini, Pietro Cobetto Ghiggia, Giovanna Daverio Rocchi,
Elisabetta Dimauro, Martin Dreher, Stefano Ferrucci, Emilio Galvagno, Edward M. Harris,
Eugenio Lanzillotta, Giulio A. Lucchetta, Annalisa Paradiso, Anna Santoni, Wolfgang
Schuller, Anna M. Seminara, Silvia Simone, Marta Sordi, Serena Teppa.

Umberto Bultrighini, ordinario di Storia greca all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-


Pescara, ha al suo attivo pubblicazioni in vari campi di ricerca, tra cui i principali: il pensiero
politico greco nel volume «Maledetta democrazia». Studi su Crizia (Alessandria 1999), nel
volume da lui curato Democrazia e antidemocrazia nel mondo greco (Alessandria 2005) e
in numerosi contributi sul pensiero platonico; l’economia greca (Elementi di dinamismo
nell’economia greca tra VI e IV secolo. L’eccezione e la regola, Alessandria 1999); l’opera di
Pausania, nel volume Pausania e le tradizioni democratiche. Argo ed Elide (Padova 1990),
nell’edizione e commento del X libro della Periegesi, Delfi e la Focide, in collaborazione con
Mario Torelli (in c.d.s. per la ‘Fondazione Lorenzo Valla’), e in vari articoli.

Elisabetta Dimauro, ricercatrice di Storia greca all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-


Pescara, si è occupata di storia politica spartana (Re contro. La rivalità dinastica a Sparta fino
al regno di Agide II, Alessandria 2007) e, in vari articoli, di problemi di storia e storiografia
greca, di pensiero politico greco, di problemi pausaniani. Ha curato insieme a Umberto
Bultrighini {Omhron ejx JOmhvrou safhnivzein. Omaggio a Domenico Musti, Lanciano,
Carabba 2013.

€ 35,00

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