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Contrariamente a quanto si possa pensare, il mezzorco Baku non nacque nella steppa, con orchi, asce e
sangue. Ma nelle calde e teneri cure di una madre umana che portava il nome di Talisa.
Seppur sempre additato per le sue visibili diversità, egli crebbe comunque spensierato, ma aveva qualcosa
che lo differenziava davvero da tutti gli altri.
Nonostante all’apparenza sembrasse un fanciullo, in lui covava la bestia. Nei primi anni di vita, questa era
dormiente, assopita, ma poi via via crescendo, cominciò a farsi udire.
Al principio avveniva solo quando aveva estrema paura o sentiva dolore, un vuoto allo stomaco si
impadroniva di lui, ma stranamente ciò lo faceva stare meglio, quell’oppressore che si faceva strada al suo
interno, deviava la sua attenzione da tutto il resto facendo in modo che la incentrasse su di lui, su cosa gli
stesse accadendo dentro.
Cosa gli succedesse in quei particolari momenti non se lo seppe mai spiegare, ma era proprio in balia di essa
che si sentiva più forte, invulnerabile e quel bisogno di sfogare che premeva dall’interno all’improvviso
cessava e tutto tornava alla normalità.
Il tempo passava e quegli episodi si ripetevano sempre più frequentemente, e cosa più preoccupante per
cose sempre più futili e banali.
Poi venne il giorno della verità. Erano nell’umile villaggio di giganti nel quale era cresciuto, la madre, unica
umana alla porta mentre il giovane Baku rientrava per la cena che fumante lo attendeva sul tavolaccio della
propria dimora. Uno schiocco secco ed Idgor il capomastro fabbro cadde a faccia avanti con una freccia
conficcata tra le scapole. Giunsero a cavallo, un gruppo di predoni di circa otto elementi, armati fino ai
denti che cominciarono a mietere vittime tra i poveretti che si trovavano sulla loro via, la loro magia era
potente e gli attacchi a distanza mietevano vittime senza che queste potessero reagire.
Il gruppo era formato da qualche grosso umano, da un mezzorco, un Tiefling e chissà cos’altro. Il mezzorco
adulto prese di mira la madre di Baku, proprio quando lui stava per pararsi d’innanzi in sua difesa un
fendete alle sue spalle lo colse di sorpresa, la lama scivolò sulla guancia destra dall’alto verso il basso fino a
fermarsi sulla spalla. Un dolore lancinante e la paura di non riuscire a difendere l’unica cosa a lui cara,
l’unica che aveva, la madre.
Fu allora che gli artigli di quella bestia che in lui covava, quell’entità che dal padre fu tramandata in lui e che
fino ad ora assopita e silenziosa attendeva affacciandosi raramente e timidamente, ora graffia e morde,
vuole uscire, quella pressione che gonfia le vene, accelera il battito, che lascia l’adrenalina schizzare in tutto
il corpo. Fu allora che conobbe l’ira di se stesso e dei suoi antenati. Furono attimi interminabili nei quali
ricorda ogni singolo istante, come se in quel momento vivesse a rallentatore ogni cosa, ma senza avere il
controllo sul proprio corpo, quella bestia agiva per lui e stranamente questo gli piaceva.
Quando tutto tornò alla normalità, attorno a lui era uno scempio, sangue, resti e budella, corpi straziati da
pugni, mozzichi, testate e quella spada che lo aveva ferito era tra le sue mani, mentre il suo possessore alle
sue spalle era ridotto ad un mucchietto di carne… fatto a pezzi.
Non un solo elemento di quegli aggressori si salvò, mentre annaspando per riprendere fiato, sentiva tutta la
fatica, i colpi subiti nel mentre quella creatura infima rientrava nell’oscurità delle sue viscere. L’ultima cosa
che ricorda di sua madre, furono gli occhi sbarrati dal terrore, la paura maledettamente incontrollabile nel
vedere il proprio figlio ricoperto di sangue, artefice di quello scempio. Poi egli cadde faccia a terra perdendo
i sensi.
Quando riprese conoscenza, della madre non ebbe più notizie. Qualcuno al villaggio gli disse che fuggi via
lasciando tutto.
Crescita
Passo i suoi anni cercando di domare quella bestia, vi riuscì seppur non del tutto. Fallimenti su fallimenti,
prove su prove, fin quando raggiunse il massimo o meglio capì.
Sfruttare quella potenza inaudita liberandola senza freni quando gli serviva, lasciargli briglia sciolta
rimanendo in balia di essa, ma tenendo quel minimo di veglia che gli permettesse in qualsiasi momento di
ricacciarla nell’oscurità di se stesso.
Iniziò a perseguire una serie di imprese, inizialmente per pagarsi un alloggio, qualche donna, da bere e tutto
il resto.
Poi per la prima volta qualcuno lo aiutò, un mezzorco enorme, potentissimo, almeno tre volte la sua stazza,
ma dall’animo gentile, ben vestito e curato. Ma in battaglia un selvaggio mostro dal quale persino lui se ne
stava ben lontano. Lo prese come esempio cominciando ad imitarlo fino al giorno in cui giunse il suo
ventesimo anno.
Ti farò un dono gli disse quel mezzorco che mai gli aveva rivelato il suo nome. Impose le mani su di lui e
sentì letteralmente la sua forza, la sua calma, la sua follia fluire in lui. Solo dopo donandogli un poderoso
pugno allo sterno, facendolo inginocchiare d’innanzi a lui nel tentativo di riprendere fiato, lo guardò dritto
negli occhi, “Ora va figlio mio e mostra al mondo quanto è grande l’ira di Dol Dorn” Un sorriso di sfida, per
poi girare le spalle e prendere le sembianze di un enorme Drago D’argento che spiccando il volo sparì nei
cieli.
Allo sterno dove fu colpito ora ha una bruciatura, sono chiaramente delle nocche.
Da quel giorno Baku, cominciò a seguire i passi di quella che scoprì essere una divinità, allenamenti,
battaglie, per superare i propri limiti giorno dopo giorno, aveva trovato la via, la vita e la morte allo stesso
tempo.
Caratteristiche caratteriali:
Ha molta paura dell’acqua alta, lo vedrete camminare in acqua, magari attraversare un fiumiciattolo, ma
non lascerà mai far salire l’acqua oltre l’altezza del petto. Se costretto un D-100 con cd 50. Ancora più
difficile o forse quasi impossibile, sarà farlo salire in barca, zattera o qualsiasi cosa cammini sull’acqua. In
questo caso d-100 Cd 80.
A livello razziale, non fa differenza alcuna, che sia elfo, gnomo, troll, umano, misura la sua stima, o
semplicemente il fatto che gli vada a genio o meno, solamente la prestanza fisica e la bravura in
combattimento.
Non parla molto e la sua lingua comune è basilare, conosce i termini più usati, ma spesso sbaglia nel
posizionarli in modo corretto in una frase anche se comunque si fa capire. La sua problematica principale in
merito alla lingua è che non ha mezzi termini, spesso per dire una determinata cosa, magari abbastanza
delicata, non conoscendo altri termini più leggeri, se ne esce con delle parole dirette, forti e sicuramente
poco apprezzate da chi non lo conosce.
Raramente parla della sua tribù, spesso della madre e quando lo fa, un velo di tristezza lo attraversa; ma
mai e poi mai lo sentirete parlare del padre (Provare per credere)
Ultima cosa, ma non meno importante, se ci tenete alla riuscita di un compromesso, di un dialogo delicato,
è bene non portarselo dietro, sempre che non siate sicuri di riuscire a fargli mantenere la bocca chiusa, il
fallimento è quasi assicurato altrimenti.
Un altro tratto caratteristico del suo modo di esprimersi è quello di essere osceno. Parolacce, allusioni,
imprecazioni, la sua rozzezza, dei modi e della lingua entra in estremo contrasto con la sua cura del corpo e
quell’apparenza a prima vista che ognuno si farebbe di lui (Tranquillo, pulito, calmo) poi tutto svanisce
quando apre bocca.
Ultima tematica ma non meno importante, il sesso. Non esiste amore, ma possessione, il puro godimento
personale, non troverete in lui tatto in merito al sesso, ne corteggiamento, preliminari o carinerie. Il sesso è
natura, necessità e se a pagamento un obbligo.