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Ambrosiana Graecolatina Accademia Ambrosiana 10 Il giorno 20 marzo 2008 l’arcivescovo di Milano,

il cardinale Dionigi Tettamanzi, fondò la nuova


Classe di Studi Greci e Latini Accademia Ambrosiana, raccogliendo l’eredità
1. Miscellanea Graecolatina I. scientifica delle due preesistenti Accademie attive
presso la Biblioteca Ambrosiana: l’Accademia di
2. Miscellanea Graecolatina II. San Carlo e l’Accademia di Sant’Ambrogio. Esse
3. Miscellanea Graecolatina III. da allora costituiscono due Classi della nuova Ac-
cademia: la Classe di Studi Borromaici e la Classe
4. Tradizione trasmissione traslazione delle epigrafi di Studi Ambrosiani. Le altre sono la Classe di
latine.
Italianistica, la Classe di Slavistica, la Classe di
5. Omero: quaestiones disputatae. Studi Greci e Latini, la Classe di Studi sul Vicino
Oriente, la Classe di Studi sull’Estremo Oriente
L’ERRORE

L’ERRORE IN EPIGRAFIA
6. Miscellanea Graecolatina IV.
e la Classe di Studi Africani.
7. Miscellanea Graecolatina V.
IN EPIGRAFIA La Classe di Studi Greci e Latini fu ufficialmente
8. Spurii lapides. I falsi nell’epigrafia latina. inaugurata dal cardinale Dionigi Tettamanzi la
a cura di sera di giovedì 25 novembre 2010 con la nomina
9. Theodor Mommsen in Italia settentrionale. degli Accademici Fondatori, studiosi di discipline
Studi in occasione del bicentenario della nascita Antonio Sartori e Federico Gallo filologiche, letterarie e paleografiche in àmbito
(1817-2017). classico, medievale e bizantino, appartenenti al-
10. L’errore in epigrafia. Saggi di l’Università degli Studi e all’Università Cattolica
del Sacro Cuore di Milano; ad essi ogni anno fu-
Marco Buonocore, Mireille Corbier, José d’Encarnação, rono progressivamente aggregati come Accademici
Sergio Lazzarini, Silvia Orlandi, Mauro Reali, Isabel Rodà, Antonio Sartori, altri studiosi provenienti dall’Italia, dall’Europa e
dagli Stati Uniti d’America. Dal 2011 si tengono
Simonetta Segenni, Ginette Vagenheim, Marina Vavassori, Serena Zoia ogni anno con regolarità un Dies Academicus ed
altre Giornate di Studi.
La Classe di Studi Greci e Latini dell’Accademia
Ambrosiana si propone come luogo di promozione
e di riferimento per gli studi, le ricerche e le pub-
blicazioni che hanno per oggetto principalmente il

L’ERRORE patrimonio manoscritto e antico della Biblioteca


Ambrosiana in lingua greca e latina. Nelle finalità
della Classe rientrano soprattutto tre tipi di attività
IN EPIGRAFIA scientifiche: la celebrazione di Giornate di Studio e
di un Dies Academicus annuale; la pubblicazione di
monografie; conferenze di alta divulgazione. I frutti
a cura di di queste molteplici attività sono pubblicati nella

AMBROSIANA GRAECOLATINA
ACCADEMIA AMBROSIANA
Antonio Sartori e Federico Gallo collana «Ambrosiana Graecolatina» o nella col-
Per informazioni di carattere scientifico e culturale: lana Fonti e Studi» dell’Accademia Ambrosiana.
Accademia Ambrosiana
Classe di Studi Greci e Latini
Biblioteca Ambrosiana B I B L I OT E C A A M B RO S I A N A
Piazza Pio XI, 2 ISBN 978-88-6894-398-1 CENTRO AMBROSIANO
20123 Milano - Italia In copertina:
A. Alciato, Monumentorum veterumq(ue) inscriptio-
segreteria.grecielatini@ambrosiana.it
num quae cum Mediolani tum in eius agro adhuc extant
www.ambrosiana.eu € 24,00 9 788868 943981
collectanea, Cod. Dresd. F.82.b, f. 194r.
Ambrosiana Graecolatina
10

Pagina III
ACCADEMIA AMBROSIANA

CLASSE DI STUDI GRECI E LATINI

L’ERRORE
IN EPIGRAFIA

a cura di

Antonio Sartori e Federico Gallo

BIBLIOTECA AMBROSIANA
CENTRO AMBROSIANO

Pagina V
ISBN 978-88-6894-398-1

La collana Ambrosiana Graecolatina è in distribuzione presso l’Editore ITL.


Per l’acquisto di singoli volumi e la sottoscrizione di un ordine continuativo
rivolgersi al medesimo.

Collana diretta da Federico Gallo.

Comitato scientifico: Carla Castelli, Paolo Chiesa, Federico Gallo,


Stefano Martinelli Tempesta, Carlo Maria Mazzucchi,
Marco Petoletti, Antonietta Porro, Massimo Rivoltella.

Segreteria di redazione: Gabriella Orlandi.

Questa collana si avvale del sistema di revisione da parte di specialisti.

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Pagina VI
SOMMARIO
Sommario

FEDERICO GALLO - ANTONIO SARTORI, Introduzione . . . . . . . . . . . . . pag. IX

L’ERRORE IN EPIGRAFIA

MIREILLE CORBIER, Il lapicida e i suoi modelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3


MARCO BUONOCORE, Cuiusve hominis est errare: tipologie di errore
epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna . . . . . . . . » 17
SILVIA ORLANDI, Castrensis o castrensis? Quando l’errore non è di
lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 41
ANTONIO SARTORI, Errori d’ogni tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 53
GINETTE VAGENHEIM, Errori epigrafici nella raccolta di Martinus Sme-
tius (Martijn De Smet 1520 c.-1567) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 71
MARINA VAVASSORI, Martiri per errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 83
SERENA ZOIA, Un’epigrafe ‘multiforme’: le strane vicende di CIL V,
6128 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 95
JOSÉ D’ENCARNAÇÃO, Errori d’interpretazione della minuta su epigra-
fi della Lusitania occidentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 115
ISABEL RODÀ, Errores e incomprensiones en algunos epígrafes roma-
nos de Cataluña . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 129
SIMONETTA SEGENNI, Errore o falso? Considerazioni su un’iscrizione
pisana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 153
MAURO REALI, Gli (in)consapevoli errori degli epigrafisti: un esem-
pio dall’Ager Insubrium . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 157
SERGIO LAZZARINI, Tra puntualità autoptica e fiducia nel trascrittore:
spunti ostiensi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 181

VII

Pagina VII
Sommario

Abstracts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 193

Indice delle iscrizioni, a cura di Silvia Gazzoli . . . . . . . . . . . . . . . . . » 197


Indice dei manoscritti e dei documenti d’archivio, a cura di Silvia
Gazzoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 201
Indice dei nomi di persona e di luogo, a cura di Silvia Gazzoli . . . » 203

DOCUMENTI

Statuto dell’Accademia Ambrosiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 213


Regolamento della Classe di Studi Greci e Latini . . . . . . . . . . . . . . . » 219
Organi direttivi ed Elenco degli Accademici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 223

VIII

Pagina VIII
MARCO BUONOCORE

CUIUSVE HOMINIS EST ERRARE:


TIPOLOGIE DI ERRORE EPIGRAFICO
NELLA TRASMISSIONE TESTUALE ANTICA E MODERNA
Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

Alla memoria della cara Letizia Ermini Pani


docente insigne di Archeologia medioevale
maestra affettuosa di numerose generazioni di studiosi

Sulle motivazioni sociolinguistiche, neurologiche o storiche che portano


agli errori grafematici ha attirato la nostra attenzione anni fa Simona Mar-
chesini1, la quale ha tentato anche di presentarne una tipologia: «un er-
rore grafematico infatti – scrive – può essere generato da una interferen-
za linguistica, da scarsa competenza scrittoria, da difficoltà di gestione
del mezzo scrittorio, oppure ancora dalla modalità di riproduzione del
testo (se generato dallo scrivente al momento, se copiato, se dettato) o ad-
dirittura da patologie che inficiano le modalità di produzione dell’output
scrittorio»2. Per rimanere ancorati al tema delle Giornate di Studi L’errore
in epigrafia, vorrei brevemente trattare la tipologia degli errori grafema-
tici che interessano l’esecuzione delle lettere, escludendo ovviamente
quegli esempi che sono frutto di una alfabetizzazione limitata, in cui fatti
fonetici e fatti grafici sono facilmente riscontrabili e, pertanto, non da
essere considerati veri e propri ‘errori’.
Tipologicamente (come la stessa Marchesini ha voluto esemplificare
incentrandosi sulle iscrizioni messapiche) possiamo discutere su errori
di sostituzione, di inserzione, di omissione, di scambio, di spostamento,
di errata esecuzione; e poi quegli ‘errori’ assimilabili a ripensamenti e a
correzioni. Ma, per mia esperienza, è sempre difficile discernere con do-
vuta certezza l’affollata casistica che tutti noi possiamo scrutinare (e du-
rante queste due giornate gli exempla portati nel dibattito dagli autore-
voli relatori saranno non pochi): infatti, talvolta, non disponiamo, alme-

1
S. Marchesini, Excursus metodologico sugli errori di scrittura. Analisi di un corpus epi-
grafico dell’Italia antica, «SCO» 50 (2004) [2008], 173-230; non si prescinda, tra gli altri,
anche da M. Schumacher, ‘... ist Menschlich’. Mittelalterliche Variationen einer antiken
Sentenz, «Zeitschrift für deutsches Altertum und deutsche Literatur» 190 (1990), 163-170
e da R. Wachter, Der Informationsgehalt von Schreibfehlern in griechischen und lateini-
schen Inschriften, «WJA» 18 (1992), 17-31. In questi contributi ampia bibliografia.
2
Marchesini, Excursus, 173.

17

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Marco Buonocore

no così a me non poche volte capita, delle necessarie coordinate per in-
terloquire serenamente con l’esecutore materiale del testo e con il suo
eventuale errore grafico. Mi soffermerò, pertanto, su casi certi e sicuri,
attingendo sia dalla ricchissima documentazione che ci consegna l’epi-
grafia ‘classica’ sia da quella di altre realtà geografiche e temporali, non
disdegnando una fugace incursione nella tradizione manoscritta, al fine
di confermare, ça va sans dire, che le tipologie scrittorie di simili accadi-
menti seguono, a dispetto del materiale di supporto e del tempo, una me-
desima genesi formale. Tutto ciò costituisce, insomma, il risultato anche
di una idea, di un pensiero, di una moda, la cui genesi non può essere
staccata dal momento storico e culturale che ha prodotto il fatto grafico.
Casi interessanti sono quelli che solo apparentemente possono essere
ascritti a errori dello scalpellino, dal momento che l’inserzione ritenuta
allotria di un grafema in realtà sottende ben diverse funzionalità e finali-
tà comunicative. Faccio due esempi.
A Druso Maggiore, figliastro di Augusto (era nato tra marzo-aprile
del 38 a.C. – forse l’11 aprile – da Ti. Claudius Nero e Livia Drusilla,
quando quest’ultima già dal 17 gennaio dello stesso anno era andata in
sposa ad Augusto3) i Sepinati dedicarono la seguente base rinvenuta lun-
go il lato Sud-Ovest del foro (Fig. 1):

1 – Altilia - Saepinum (Museo Documentario)

3
PIR2 C 857; D. Kienast, Römische Kaisertabelle. Grundzüge einer römischen Kaiserchro-
nologie, Darmstadt 19962, 68-69, 83-84; vd. anche S. Panciera, Il corredo epigrafico, in H.

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

Neroni Claudio
Ti(beri) f(ilio) Druso Germ(anico),
__ _
auguri, co(n)s(uli), imp(eratori) II‘I’ 4.

Sappiamo che Druso nel 9 a.C., l’anno della sua morte, era augure (già
dal 195), console (a partire dal 1o gennaio) e imperator per la seconda
volta (forse già dal 10), ma il cognomen Germanicus compare nei docu-
menti dopo la sua morte6. Come si sa, agli anni 2-1 va ascritta la ristrut-
turazione locale delle mura, delle porte e delle torri voluta da Tiberio,
che non volle mancare di ricordare il fratello, già defunto, nell’iscrizione
relativa7: nulla vieta di pensare, quindi, che il monumento onorario pos-
sa risalire anche a quest’epoca. Da segnalare – ed è questo che mi preme
sottolineare – che la dedica fu in seguito nel 57 d.C. reimpiegata in ono-
re di Nerone, senza tuttavia intervenire in modo massiccio sul precedente
dettato epigrafico: lasciata immutata l’onomastica, venne infatti solamen-
te aggiornato di un’unità il riferimento alla salutazione imperiale, omet-
tendo di integrare la titolatura con il computo delle tribuniciae potestates
(che sarebbe dovuta essere la terza, ricoperta nei mesi ottobre-dicembre
del 56/57) e con l’appellativo di pater patriae (già presente dal 55 - inizio
56)8. Pertanto non si tratta di un errore del numerale nel riferimento alla
salutazione imperiale di Druso, ma di una aggiunta posteriore per la ne-
cessaria ascrizione del titolo a Nerone.
Si sa che a Saepinum Tiberio e suo fratello Druso avevano riversato
particolare attenzione con indiscussi atti di evergetismo tesi al riassetto
non solo urbanistico della città, che venne coinvolta, negli anni a cavallo
tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I d.C., in una operazione di più
ampio respiro, di tipo «pseudo-coloniale», che comportò tra l’altro la
catastazione del territorio e, in cospicua entità, assegnazioni agrarie viri-
tane a beneficio di ex militari9. Questo spiega, così, la seguente dedica re-
lativa a un monumento equestre a Tiberio voluta da L. (?) Naevius Pansa
posto nella platea forense10 (Fig. 2):

von Hesberg - S. Panciera, Das Mausoleum des Augustus. Der Bau und seine Inschriften,
München 1994 (Bayer. Akad. d. Wiss., Phil.-hist. Kl., Abh., N. F. 108), 72-76.
4
CIL IX, 6574.
5
Cfr. commento apud CIL VI, 40327.
6
Discussione e bibliografia apud CIL VI, 40329-40330.
7
CIL IX, 2443 (add. pagg. 954-955).
8
Kienast, Römische Kaisertabelle, 96-98.
9
M. Gaggiotti, Nota sulla classe dirigente sepinate di età augustea, «Athenaeum» 79 (1991),
497-498.
10
CIL IX, 6576.

19

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Marco Buonocore

2 – Altilia - Saepinum (Museo Documentario)

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

[Ti(berio) Iulio Au]g(usti) f(ilio)


[Divi n(epoti)] Caesari,
[pon]t(ifici), co(n)s(uli) iter(um),
[imp(eratori)] IIII, trib(unicia) pot(estate)
5 VII (!)
[- ?] Naevius Pansa
ex testamento.

Tiberio, ormai adottato da Augusto e pertanto princeps a tutti gli effetti,


si era da tempo – dopo l’esilio rodio – stabilito a Roma. La dedica è ca-
ratterizzata dal fatto che la titolatura imperiale è resa con la rara tecnica
di scrittura cosiddetta ‘alveolata’11 mentre l’onomastica del dedicante,
personalità locale assai influente, è semplicemente incisa sul supporto
marmoreo. Da notare, per le nostre finalità, le incongurenze tra i nume-
rali della tribunicia potestas, del consolato e dell’acclamazione imperiale.
Tiberio infatti riceve la settima tribunicia potestas il 26 giugno del 5 d.C.,
consul iterum lo è dal 7, e la quarta salutazione imperiale cade a partire
dall’anno 812. Si potrebbe, pertanto, pensare ad un banale errore dell’e-
secutore materiale del dettato iscritto. Ma a ben vedere la prima asta del
numerale IIII pare proprio essere stata aggiunta, tuttavia il lapicida non
si è poi premurato di aggiornare il numerale della tribunicia potestas. L’i-
scrizione si data, perciò, tra gli anni 6-8 o anche 913.
Q. Suetrius Q. f. Q. n. Pudens14 fu un personaggio di prestigio del mu-
nicipio di Terventum di cui fu patrono, se nella dedica a lui eretta tra la
fine del sec. II d.C. e l’inizio del successivo la madre Cassia C. f. Maximil-
la non volle tacere anche il nome del fratello C. Octavius Suetrius Procu-
lus registrandone i maggiori officia ricoperti, cioè quelli di quaestor pro
praetore provinciae Galliae Narbonensis, aedilis Cerialis, legatus procon-
sulis provinciae Africae e praetor peregrinus15. Il nostro sembra inoltre es-
sere stato in qualche modo legato da vincoli di parentela con C. Octavius
Appius Suetrius Sabinus, nato intorno all’anno 175, che fu console ordi-
nario nel 214 e per la seconda volta nel 24016. L’esecutore della dedica
onoraria17 (Fig. 3), pur cercando di produrre un testo corretto, alla r. 10

11
Vd. I. Di Stefano Manzella, Mestiere di epigrafista. Guida alla schedatura del materiale
epigrafico lapideo, Roma 1987 (Vetera. Ricerche di storia, epigrafia e antichità, 1), 139.
12
Kienast, Kaisertabelle, 78.
13
Cfr. anche CIL VI, 40339.
14
PIR2 S 961.
15
PIR2 O 61.
16
PIR2 O 25; cfr. anche CIL VI, 41993.
17
CIL IX, 6725.

21

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Marco Buonocore

3 – Trivento - Terventum (Chiesa di San Casto, cripta)

aveva inizialmente scritto INPEVPENSA, ma poi, accortosi dell’errore,


cancellò quelle tre litterae insolentes PEV per ripristinare la forma inpen-
sa pro impensa, ma dovette lasciare il vacat tra IN e PENSA.

22

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

Ben più interessante per la sua genesi è il possibile ‘errore’ veicolato


in un testo che riguarda anche i giusromanisti. Parliamo di quel com-
plesso monumentale iscritto (la datazione si fissa al 15 luglio del 60 d.C.),
costituito da quattro elementi fra loro assemblati, rivenuto nel 1928 non
lontano dal XXXV miliario della via Salaria antica alla confluenza dei tor-
renti Buida e Carraccio nei pressi del comune di Ginestra, ubicato vicino
a Monteleone Sabino, area in cui sorgeva il municipio romano di Trebu-
la Mutuesca. Uno di questi elementi veicola il ben noto testo della cosid-
detta lex familiae Silvani, molto compresso, distribuito su ventidue righe
redatte con una certa cura formale rispettando l’impaginato [ma notiamo
la sequenza d(are) d(ebeat) ((sestertios)) X della r. 15, che lo scalpellino,
per difetti nella ordinatio, è stato costretto a incidere sulla fascia esterna
sinistra del blocco di sinistra relativo all’album]: essa è da intendersi co-
me statuto dell’associazione, che prevede regole cui gli aderenti debbo-
no attenersi pena sanzioni di carattere pecuniario. Dalla lista degli aderenti
(come si sa, i collegi dovevano essere composti da almeno tre persone) si
ha palese conferma della partecipazione almeno di un servus alla familia,
possibilità, quest’ultima, prevista sin dall’età più antica; inoltre si ha con-
ferma dell’arca come entità patrimoniale autonoma rispetto ai singoli
aderenti alla confraternita: ad essa, infatti, come appare chiaro dal docu-
mento in esame, confluiscono versamenti, somme dovute a titolo di mul-
ta (nel caso si contravvenisse a disposizioni statutarie: sia da parte delle
magistrature della confraternita sia da parte dei semplici associati), da
essa si prelevavano somme per i sacra, ad essa potevano (anzi dovevano)
confluire versamenti a titolo testamentario. Questa lex, quindi, conferma
quanto già noto alla dottrina giusromanistica: le associazioni, cioè, veni-
vano a formare un soggetto di diritto distinto dai singoli componenti per-
sone fisiche, per assumere la connotazione di quella che – con linguag-
gio giuridico peraltro sconosciuto ai Romani – si può oggi definire una
persona giuridica18.
Dopo l’editio princeps del 192819, fu posto per la prima volta nella di-
scussione il problema se alcuni nomi fossero stati scritti o meno su pre-

18
Recente discussione e bibliografia aggiornata sul documento in M. Buonocore - O. Di-
liberto, L’album e la lex della familia Silvani di Trebula Mutuesca. Nuove considerazioni,
«RPAA» 75 (2002-2003), 327-393 (AE 2002, 397); M. Buonocore - O. Diliberto, Appro-
fondimenti sull’album e la lex familiae Silvani da Trebula Mutuesca, «Minima epigraphica
et papyrologica» 9 (2006), 210-254. Sarà CIL IX, 8877.
19
R. Paribeni, Monteleone Sabino. Iscrizione di un santuario di Silvano, «NSA» (1928),
388-396 (AE 1929, 161-164); vd. anche, inter alios, E.C. Evans, The Cults of the Sabine
Territory, Roma 1939 (Papers and Monographs of the American Academy in Rome, 11),

23

Pagina 23
Marco Buonocore

cedenti erasioni (frutto di damnatio memoriae?); fenomeno che si riscon-


tra per otto personaggi, registrati precisamente nella seconda colonna al-
le rr. 11, 13, 16, 17 (Fig. 4) («L(ucius) Sempronius Ochlus», «M(arcus) Ma-
mius Modestus», «P(ublius) Terentius Albanus», «P(ublius) Meclonius
Optatus»), nella terza colonna alle rr. 7, 17 («T(itus) Cosidius Angelus»,
«Sex(tus) Caesenius Nymphodotus») e nella quarta colonna alle rr. 4, 17
(«P(ublius) Tirienus P(ubli scil. filius) Qui(rina) Restitutu(s)», «C(aius)
Folius Fortunatus») (Fig. 5). Per cercare di risolvere questo problema, si
era inizialmente pensato di ragionare anche sull’eventualità o meno che
l’albo del collegio fosse ‘aperto’ o ‘chiuso’. La stesura del titulus poteva
far ritenere, infatti, che l’albo così come trasmesso al momento della de-
dica del 60 d.C. fosse stato completo, per cui non si sarebbe dovuto o
potuto aggiungere il ricordo di altri eventuali affiliati. Infatti, laddove un
elenco di socii di un determinato collegium avesse previsto l’iscrizione di
nuovi personaggi, la prassi documentale ci consegna supporti lapidei
non completamente incisi in quanto provvisti di spazi di variabile di-
mensione intenzionalmente lasciati anepigrafi, in cui nel prosieguo del
tempo si sarebbero dovuti registrare i nuovi ingressi (non era da esclu-
dersi anche la possibilità che si prevedessero più supporti da affiancarsi
tra loro, su cui continuare la registrazione).
È vero che talvolta in questi elenchi potevano verificarsi errori e con-
seguenti correzioni (abbiamo anche esempi frequenti, nell’onomastica
dei militari, di interventi parziali per un personaggio diverso da quello
originario, soprattutto là dove l’onomastica ufficiale differisce di poco
fra un imperatore e l’altro), ma pensare che questa eventualità potesse
essere accaduta in modo così massiccio per il nostro album trebulano era
sembrato veramente poco credibile. Anche perché, confrontando que-
sto testo con quello della lex, entrambi ‘usciti’ dalla medesima bottega

59-65; E. Vetter, Die familia Silvani in Trebula Mutuesca und die sectores materiarum in
Aquileia, in Studi aquileiesi offerti a Giovanni Brusin nel suo 70o compleanno, Aquileia
1953, 93-119; FIRA2, III, nr. 37; F.M. Ausbüttel, Untersuchungen zu den Vereinen im We-
sten des römischen Reiches, Kallmünz 1982 (Frankfurter Althistorische Studien, 11), 27,
34, 38-39, 43, 44, 46, 47-48, 52, 53-54, 57, 60-61, 63, 64, 66-67, 69, 70, 72, 84, 86, 103 (AE
1983, 317); M. Flambard, Éléments pour une approche financière de la mort dans les clas-
ses populaires du Haut-Empire. Analyse du budget de quelques collèges funéraires de Ro-
me e d’Italie, in La mort, les morts et l’au-delà dans le monde romain, Actes du Colloques
de Caen, 20-21 Novembre 1985 (Da l’archéologie à l’histoire), ed. P. Hinard, Caen 1987,
221-223; P.F. Dorcey, The Cult of Silvanus. A Study in Roman Folk Religion, Leiden -
New York - Köln 1992 (Columbia Studies in the Classical Tradition, 20), 85-86; R. Frig-
geri, La collezione epigrafica del Museo Nazionale Romano, Roma 2001 (rist. 2003), 173-
174.

24

Pagina 24
Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

4 – Monteleone Sabino - Trebula Mutuesca (Roma, Museo Nazionale Romano)

artigiana, notiamo come in quest’ultimo – di ben più difficile esecuzione


materiale – ‘errori’ ascrivibili allo scalpellino siano del tutto assenti. Il pro-
blema, secondo il mio parere, si risolve da sé, qualora si intenda l’intera
espressione delle rr. 14-15 della lex, scil. «ex cuius decuria deliquerit eo-
rum cura erit tollere», come segue: «Sarà cura di loro (decumani) far can-
cellare (il nome) dalla decuria da cui è venuto a mancare». La iunctura
nomen tollere ex, si trova, ad esempio presso Cicerone: «ut id nomen ex

25

Pagina 25
Marco Buonocore

5 – Monteleone Sabino - Trebula Mutuesca (Roma, Museo Nazionale Romano)

omnibus libris tollatur»20, «cum mendum scripturae litura tollatur»21.


Né avrebbe dovuto creare soverchi problemi al lettore, dato il contesto,
l’assenza del vocabolo nomen nell’espressione della lex, che, come si

20
Cic. Att. 13, 44, 3.
21
Cic. Fam. 6, 7, 1.

26

Pagina 26
Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

evince, presenta non poche anomalie sintattiche e periodali. Dovremmo,


quindi, supporre che questi interventi siano stati effettuati rispettando
proprio la normativa prevista dalla lex familiae Silvani, che prevedeva la
cancellazione di coloro che erano venuti a mancare o per morte o per re-
cesso volontario; un modo di procedere, se non del tutto nuovo nella
prassi di analoghe regolamentazioni, almeno unico nel suo genere per l’at-
tuazione così massiccia, come ci è stato tramandato dal documento. Se
poi questo procedimento dei nuovi ingressi sia continuato per un tempo
ben determinato sul medesimo supporto e che quelli successivi, valutata
l’oggettiva difficoltà pratica per la sua realizzazione, abbia necessitato di
altri supporti scrittorii ovvero che questo non sia più accaduto a causa di
una qualche motivazione connaturata con la cessazione del culto di Sil-
vanus in questo circondario, non è dato sapere non certezza.
In questo caso, dunque, l’erasione non è dovuta a errore d’incisione,
a ripensamenti, a damnatio memoriae o ad altro, ma alla applicazione, po-
tremmo dire ‘alla lettera’, di quanto previsto dalla norma statutaria.
Interessante è il seguente caso ostiense, relativo all’iscrizione (conser-
vata nel deposito epigrafico di Ostia Antica, inv. n. 10731) di un L. Volu-
sius Celer, il cui padre – seguo le dotte e convincenti conclusioni di Ivan
Di Stefano Manzella – sembra essere stato emancipato dal console del
12 a.C., L. Volusius Saturninus, il primo console di quella importante fa-
miglia22 (Fig. 6):

[L(ucius) V]olusius L(uci) f(ilius) Celer,


[qui] et Ancharius, ex domo ‘Ro/m/a’ [[a]]
[L(ucii) Vol]usi Saturnini consularis
------

La qualità tecnica e grafica del titulus – scrive Di Stefano – è viziata, sul-


la destra, da difetti nella ordinatio, poiché le righe 1-2 finiscono sopra la
cornice. Se questa imprecisione è imputabile al marmorarius dell’officina
ostiense coinvolta, va attribuito a una mano diversa, non professionale e
forse esterna all’officina stessa, l’intervento localizzato in una porzione
della gola di destra, appositamente scalpellata; qui, infatti, fu aggiunta,
dopo DOMO, la parola ROMA, spezzata su tre righe, con piccoli caratteri
di fattura scadente, alti 15-20 mm. Questa soluzione ‘verticale’ fu un
espediente per correggere un errore: infatti in un primo momento si era

22
I. Di Stefano Manzella, Volusius L. f. Celer qui et Ancharius e la famiglia senatoria dei
Volusii Saturnini. Nota sull’iscrizione CIL, XIV, 178 (Ostia), «BMMP» 26, (2007-2008),
63-83.

27

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Marco Buonocore

6 – Ostia (Ostia Antica, Deposito Epigrafico)

programmato di collocare le lettere in sequenza orizzontale, ma poi, sal-


tata la M, fu incisa sul listello una A (risultato: ROA), successivamente
erasa, ma ancóra riconoscibile. Non sappiamo se la parola ROMA fosse
stata prevista nella ‘minuta’ di officina (forma inscriptionis) e poi dimen-
ticata, oppure se si tratti di una precisazione aggiuntiva decisa post scalp-
turam; in ogni caso essa informava meglio il lettore ostiense, corredando
il complemento di origine con un’importante notazione poleonimica: si
specificava che la domus di provenienza della famiglia di Celer era quella
urbana del consularis Saturninus.
Altro confronto può essere quello della lastra urbana CIL VI, 13217
(Fig. 7) (nella Galleria Lapidaria dei Musei Vaticani, parete VIII, inv. n.
9137): in alto a destra su listello della cornice dello specchio epigrafico è
presente un’aggiunta formata dalla S finale del gentilizio della riga 1 e
dalla congiunzione EI pro ET.
Simili inserzioni, frutto di dimenticanze o ripensamenti, sono comu-
ni, e tutti noi possiamo presentare esempi interessanti, anche in altre
aree geografiche assai lontane dal nostro mondo occidentale. A tale pro-
posito ci spostiamo in Oriente.
Mi ha sempre colpito la raffinatezza dei caratteri cufici, uno stile cal-
ligrafico che ha dominato la fase di insorgenza e diffusione della scrittu-
ra araba, epigrafica e letteraria, a partire dall’inizio del secolo VIII, e che
deriva il nome da quello della città irachena Kufa. Facendo tesoro delle
competenze del collega scriptor Orientalis Delio Proverbio, mi sono po-

28

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

7 – Città del Vaticano (Musei Vaticani, Galleria Lapidaria)

tuto confrontare con un documento epigrafico (Fig. 8), conservato nei


Musei Vaticani col numero d’inventario 1502023, datato 17 (18) ottobre
1044, presente con il n. 6507 nel Thesaurus d’Épigraphie Islamique.
Il documento era stato per la prima volta pubblicato da Michelange-
lo Lanci24, che così scrive (pag. 115): «Solo un difetto non loderemo che,

23
Rinnovo il grazie alla dott.ssa Alessia Amenta, curatrice del Reparto Antichità Egizie e
del Vicino Oriente dei Musei Vaticani, per il permesso accordatomi di visionare l’iscri-
zione.
24
M. Lanci, Trattato delle sepolcrali iscrizioni in cufica tamurea e nischia lettera da’ Mao-
mettani operate, Lucca, dalla Tipografia di Giuseppe Giusti, 1840, 115-117, tav. X.

29

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Marco Buonocore

8 – Città del Vaticano (Musei Vaticani, Reparto Antichità Egizie


e del Vicino Oriente)

avendo lo artefice, tra scolpire, sorpassato un vocabolo, ha quello avve-


dutosi del mancamento, fuor di sua posta allogato, là dove la scritta per
variato indirizzamento, faccendo al sasso cornice, lo fascia e lo riempie».
Il ‘vocabolo’ in questione è la preposizione ‘alà «verso, a» in fine della
quarta riga, che il lapicida ha omesso di premettere all’antroponimo
Maometto al principio della riga quinta (traduce il Lanci: «O Dio, sii
propizio a Maometto il profeta»), salvo recuperarlo, scolpendolo nell’a-
diacente spazio della cornice. Ma così facendo, ha introdotto una cesura

30

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

nella medesima, e quando si è trovato a far scorrere l’eulogia formulare


finale (tahãdah, seguita dal versetto coranico III 18) lungo la cornice me-
desima, il testo di quest’ultima incrocia la paroletta erratica in posizione
ortogonale: «(tahãdah) Allah testimonia che non c’è dio all’infuori di Lui
– e con Lui gli Angeli e i sapienti – Colui Che realizza la giustizia». La ce-
sura interviene spezzando il sintagma wa- ’2l2 [‘alà] ’l-‘ilmi «possessori
[cesura] di sapienza (sapienti)».
Scrutinando la complessa e articolata produzione epigrafica medieva-
le, notiamo come analoghi errori si ripetano senza soluzione di continui-
tà. Prendiamo ad esempio la produzione di Roma.
Si confronti l’iscrizione in versi leonini ordinati su due colonne af-
fiancate, che celebra il restauro e la nuova consacrazione della chiesa di
S. Biagio della Pagnotta, avvenuto il 16 agosto 1072 sotto il pontificato
di papa Alessandro II per mano dell’abbas Dominicus meritis et nomine
dignus, cui segue il catalogus reliquiarum 25. Sul lato sinistro, poco dopo
la metà, si evidenzia una zona scalpellata ab antiquo (Fig. 9), esito proba-
bilmente di una semplice cancellatura dove erano presenti due righe di

9 – Roma (Chiesa di S. Biagio della Pagnotta)

25
G.M. Annoscia, Lazio - Roma. Rioni V-VI-VII-VIII, Spoleto (PG) [Inscriptiones Medii
Aevi Italiae (saec. VI-XII), 4], 34-42 n. 2. Alla dott.ssa Annoscia vada il mio grazie per la
disponibilità e la competenza.

31

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Marco Buonocore

10 – Roma (Basilica di S. Giovanni in Laterano)

testo. Singolare inoltre la circostanza che il medesimo testo, seppur con


minime varianti ma minori errori testuali, è presente in un’altra iscrizione
(Fig. 10) ora posta nel corridoio orientale del chiostro della basilica di
S. Giovanni in Laterano26; anche in questo caso, nella ordinatio, abbiamo
lo stesso vuoto in corrispondenza delle due righe scalpellate nella lastra
della chiesa di S. Biagio alla Pagnotta, «il che – come scrive giustamente
Giorgia Maria Annoscia27 – non sembra un errore poligenetico e facilmen-
te producibile in entrambi i testimoni ma piuttosto indizio di precisa
filiazione di un’epigrafe dall’altra». In pratica, fu suggerito allo scalpelli-
no, da una medesima committenza privata ecclesiastica, di copiare l’epi-
grafe direttamente da quella esistente a S. Biagio (ma ancora non sono
chiari i motivi di tale duplicazione), senza cioè la collazione della minuta
epigrafica; lo zelante esecutore della iscrizione ora a S. Giovanni in Late-
rano, pur con impaginazione diversa di tutto il dettato iscritto, vuol man-
tenere, come detto, il vuoto testuale in corrispondenza delle due righe
scalpellate.
Nell’iscrizione della chiesa di San Salvatore in Primicerio28, che ricor-
da la consacrazione di un altare ai tempi di Pasquale II (siamo nell’anno
1113), per mano di Leone marsicano, vescovo di Ostia, a cui segue l’elen-

26
Fonti e discussione in Annoscia, Lazio - Roma, 40.
27
Ivi, 41.
28
Ivi, 55-60 n. 8.

32

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

11 – Roma (Chiesa di San Salvatore in Primicerio)

co delle reliquie ivi custodite, interessante è il ‘fatto grafico’ che si regi-


stra dopo la r. 10 (Fig. 11): sembra che lo scalpellino stesse per iniziare a
incidere il catalogus reliquiarium (rr. 12-25) subito dopo le prime rr. 1-
10, ma poi, per dare maggiore risalto a questa seconda parte del dettato
epigrafico abbia voluto lasciare vuota tale riga: lo prova la sola lettera A
incipitaria del lemma Agathes, inciso per extensum alla successiva riga.
Questa oscitatio, che la dottrina vuole definire ‘errore incipiente’, con-
sente allo scalpellino, che peraltro ha tentato di adattare l’impaginazione
per rispettare la disposizione in versi (si riconoscono, infatti, coppie di
distici in rima baciata), di inserire nello spazio vuoto il sintagma I bra-

33

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Marco Buonocore

12 – Roma (Chiesa di S. Tommaso in Parione)

chium, fatto precedere dal richiesto segno di richiamo (obelus) che ri-
manda al punto preciso della riga successiva, tra le parole ossibus e atque,
dove I brachium sarebbe dovuto essere stato correttamente inciso.
L’esecutore del testo inciso spesso si accorgeva che stava commetten-
do errori di scrittura e cercava di riparare per come poteva. Un chiaro
esempio ci viene dalla iscrizione (Fig. 12) che veicola la memoria della

34

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

dedica fatta da Innocenzo II il 21 dicembre 1139 della chiesa di S. Tom-


maso in Parione e di un altare nel quale erano conservate alcune reliquie29.
Qui, alla r. 9, nel lemma sanguine, si vede bene come lo scalpellino ese-
guendo la seconda sillaba aveva anticipato la I ma poi, accortosi dell’er-
rore, ne ha voluto riprendere il tratto verticale per eseguire la U, che in
questo modo differisce sensibilmente dalle altre U eseguite in onciale.
La lettera solenne Antiquorum habet fida relatio, del 22 febbraio 1300,
è uno degli originali emanati dalla cancelleria per annunciare l’indizione
del primo Anno Santo: si tratta di una lettera patente, cioè di un docu-
mento spedito aperto e in questo caso il sigillo era assicurato alla perga-
mena con un fascio di fili di seta gialli e rossi che passavano attraverso due
incisioni fatte al centro della plica. All’Archivio del Capitolo di S. Pietro
appartengono tre esemplari in buono stato di conservazione (Arch. Cap.
S. Pietro, caps. I, fasc. 1, nn. 8-10), due dei quali sono attualmente con-
servati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, il terzo è esposto nel Museo
del tesoro di S. Pietro. Come si sa, essa concedeva l’indulgenza plenaria
a coloro che in quell’anno, e in seguito ogni cento anni, a partire dalla
notte di Natale, si fossero confessati, avessero fatto penitenza e visitato
le basiliche di S. Pietro e di S. Paolo fuori le mura. Stabiliva inoltre che,
per ottenere la remissione dei peccati, i Romani dovessero recarsi nelle
basiliche almeno per trenta giorni, mentre i pellegrini e i forestieri solo
per quindici giorni30. Merita attenzione l’esecuzione su marmo del testo.
Non è ancora possibile stabilire con certezza se il testo epigrafico dipen-
da dal documento uscito dalla cancelleria pontificia o da altro antigrafo.
Fatto sta che tra la pergamena e la resa lapidaria della bolla pontificia
non mancano errori di scrittura. Ad esempio, alle prime righe, se nella
pergamena abbiamo «Antiquorum habet fida relatio accedentibus» e poi
«Ad honorabilem basilicam principis apostolorum de Urbe concesse
sunt remissiones magna et indulgentia peccatorum», sulla pietra è inciso
«Antiquorum habet fida relatio adcedentibus» e «Ad honorabilem basili-
cam principis apostolorum de Urbe concesse sint remissiones magna et
indulgentia peccatorum».
La metodologia della revisione di un testo inciso, non di rado operata
da colui che l’aveva inciso, revisione che riguardava correzioni, espun-
zioni, integrazioni e altro, è sovrapponibile a quanto avveniva negli
scriptoria medioevali e umanistici.

29
Ivi, 123-130 n. 40.
30
Ringrazio la collega dott.ssa Isabella Aurora per i suoi consigli. Ad un suo studio di
prossima pubblicazione rimando per approfondimenti sul documento.

35

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Marco Buonocore

Fra i tanti che tutti noi potremmo portare nella discussione, segnalo
almeno il cosiddetto Dante Urbinate (BAV, Urb. lat. 365), un codice rea-
lizzato per Federico di Montefeltro, duca di Urbino, tra gli anni 1474-
1482, impreziosito da centodieci grandi miniature eseguite da vari arti-
sti, tra i quali Guglielmo e Alessandro Giraldi e Franco de’ Russi31. Il
testo tuttavia, ospitato su ampi fogli membranacei e ampia marginatura,
a fronte della sontuosità del programma iconografico, presenta, nono-
stante la cura calligrafica della sua esecuzione, numerose tipologie di er-
rori commessi dal copista, il quale poi è dovuto intervenire per corregge-
re le sue oscitationes (Fig. 13).
L’espunzione è segnalata da un puntino infrascritto e l’eventuale let-
tera o il gruppo di lettere corrette sono eseguite per lo più di seguito a
quella espunta (senza caratteri depennati): a f. 26v [r. 26], rossao, con
puntino infrascritto alla a; a f. 25v [r. 9], fece corretto in face, con a so-
prascritta alla e, espunta da puntino infrascritto; a f. 30r [r. 14]: gsu, con
puntino realizzato all’interno dell’occhiello della g. Lettera saltata ag-
giunta nell’interlineo: a f. 82v [r. 1]: rigida con id aggiunti. L’aggiunta è
segnalata da un segno simile ad un accento circonflesso, posto in basso,
a filo del rigo di scrittura, in corrispondenza del punto in cui è stata sal-
tata la lettera (o il gruppo di lettere): a f. 16r [r. 1]: se, aggiunto nell’in-
terlineo tra che e per.
Per errori relativi alla sequenza delle parole all’interno del verso, lo spo-
stamento di posizione può essere segnalato tramite il segno simile ad un
accento circonflesso (ripetuto due volte – una volta in basso, a filo del ri-
go, e un’altra in alto, sopra la parola) o le lettere a/b: a f. 35r [r. 1]: Alhor
soffiò lo tronchoet poi forte; a f. 212r [r. 24]: et chi’l s ’apropria et a lui chi
s ’oppone 32. Tutti gli exempla del cosiddetto Dante Urbinate (ne avrei po-
tuto presentare altri), sono sovrapponibili nella metodologia scrittoria
agli exempla che ci consegna l’epigrafia.
Il pensiero di Cicerone33, posto in epigrafe al titolo della mia comuni-
cazione, riassume in modo netto e chiaro come la trasmissione testuale,
qualunque essa sia, qualunque sia il supporto utilizzato, qualunque sia il
periodo cronologico, risenta inevitabilmente del suo esecutore materiale.

31
Ancora fondamentale è Il Dante Urbinate della Biblioteca Vaticana (Codice Urbinate
latino 365). Introduzione di Luigi Michelini Tocci, con una premessa di Mario Salmi e una
nota filologica di Giorgio Petrocchi, Città del Vaticano 1965 (Codices e Vaticanis selecti,
29).
32
Alla collega dott.ssa Maria Gabriella Critelli il grazie per la cortese segnalazione di que-
ste particolarità scrittorie.
33
Cic. Phil. XII, 5.

36

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

13 – Biblioteca Apostolica Vaticana, codice Urb. lat. 365 (Dante Urbinate)

37

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Marco Buonocore

Nello scrivere «le tecniche, i modi di operare, i risultati diversi, derivano


da atteggiamenti mentali, a tutti evidenti; e, quasi sempre, da processi
educativi e da livelli culturali profondamente differenti», il nostro comu-
ne Maestro Armando Petrucci riassumeva in modo chiaro, come era nel
suo stile, le modalità della trasmissione testuale34 e invitava tutti noi a ra-
gionare sulle esperienze così diversificate che la tradizione è in grado di
presentarci; sicuramente, come per i copisti, esistevano scalpellini inca-
paci, incolti, imperiti, quasi semianalfabeti che dovevano superare anche
l’ostacolo costituito dalla necessità di capire la scrittura dell’esemplare.
Sono rare le certificazioni di colui che sculpsit un testo epigrafico, e mai,
almeno a me così sembra, abbiamo il confronto con una ammissione di
inabilità tecnica, come fa invece lo scriba Gundohinus nel luglio del 754,
che su richiesta del monaco Falculfo, terminava di trascrivere a Vosevio
(siamo nella Gallia) un evangelario, definendosi nella lunga a articolata
sottoscrizione scriptor imperitus. Forse tale ammissione ci saremmo a-
spettati, ad esempio, da quell’Antistius Lucentius che sculpsit la ben nota
tabula patronatus di Amiternum datata il 7 dicembre 32535, dove si rin-
corrono errori meccanici, omissioni poi parzialmente recuperate, scam-
bio di sillabe e tanto altro. Ma in generale, non è sempre facile intuire
nel dettaglio, e questo vale per tutta l’ampia casistica degli ‘errori epigra-
fici’ che nel prosieguo del nostro incontro i relatori presenteranno con
dovizia di particolari, le coordinate della genesi di un errore grafico che
affonda la motivazione in quello che Petrucci definisce «difetto di cultu-
ra linguistica e di educazione grafica degli scriventi».
Il codice linguistico della iscrizione esposta segue funzioni e dignità
nelle diverse tradizioni culturali, sia in ambito pubblico sia in ambito fu-
nerario. L’epigrafia classica (e non solo ovviamente) ha cercato di segui-
re le mode e le finalità utili per una corretta trasmissione testuale, e tutta
l’ampia casistica degli errori materiali in fase di esecuzione costituisce un
momento assai importante e delicato, da non passare certamente sotto
silenzio, anzi da analizzare con attenzione e pazienza, per approfondire
nel dettaglio tutte quelle implicazioni, come ad esordio ho ricordato, fa-
cendo mio il pensiero di Simona Marchesini, che li hanno generati36.

34
A. Petrucci, Letteratura italiana: una storia attraverso la scrittura, Roma 2017, 95.
35
AE 1937, 119-120; 1984, 280; 1992, 385. Sarà CIL IX, 8222.
36
Naturalmente non si prescinda mai dalle posizioni di Jean Mallon, Robert Marichal,
Giancarlo Susini, Silvio Panciera e tanti altri, riassunte, ad esempio, da G. Paci, Epitafio
urbano con fraitendimenti della minuta, in Homenaje a José María Blázquez, edd. J. Man-
gas - J. Alvar, III, Madrid 1996, 254-256.

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Tipologie di errore epigrafico nella trasmissione testuale antica e moderna

D’altronde, come ci ha insegnato Augusto Campana37 «ogni iscrizio-


ne è un monumento complesso», per la cui comprensione, accanto alla
descrizione della materia e della forma del supporto, degli elementi arti-
stici di corredo, dell’inserimento in un contesto architettonico o artisti-
co, è a noi richiesto di spiegare nel dettaglio la genesi del testo scritto e
della sua scrittura, cioè le forme grafiche che l’hanno prodotto.

37
A. Campana, Scritti. II: Biblioteche, codici, epigrafi, edd. R. Avesani - M. Feo - E. Pruc-
coli, Roma 2017 (Storia e Letteratura. Raccolta di Studi e testi, 241), 490.

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