Il diritto penale rispetto agli altri rami dell’ordinamento si caratterizza per tre peculiarità almeno:
per il formalismo tendenziale, in quanto esso (diritto penale) è strumento di intervento statuale che
di più incide sulla libertà personale: di qui l’aspirazione ad elaborare un complesso di regole
affidabile, attente ad esigenze di certezza, che confluiscono in garanzie socio-individuali.
(non a caso le prime grandi opere di diritto penale si ebbero alla fine del Settecento, quando sul
piano culturale si erano consolidate le conquiste illuministiche del pensiero giuridico: Feuerbach e
GROLMAN).
Seconda caratteristica è rappresentata dalla attenzione dedicata alla definizione dei titoli di
responsabilità, volta ad una sottolineatura della componente soggettiva. (Ciò comporta la ricerca di
criteri di imputazione una condotta e/o di un evento dannoso o pericoloso che sottolineino l’essere
‘proprio’ dell’agente di un accadimento con disvalore sociale). Pure in epoche connotate da una
politica criminale tendente al terrorismo repressivo, non si rinunciava, almeno sul piano formale, al
requisito della presenza della volontà per la punibilità del fatto. (es.: dolus indirectus)
Terza peculiarità è data dal tipo di sanzioni previste, specialmente la pena criminale: essa è la forma
attraverso cui si realizza l’intervento dello Stato finalizzato a controllare fatti ritenuti socialmente
dannosi e consiste in una grande limitazione della libertà personale. (es.: pena pecuniaria).
Un ruolo fondamentale ha svolto la funzione cost. della pena per la Corte cost. nella sent. 364/88
in materia di ignorantia legis, per la declaratoria di illegittimità cost. dell’art. 5 c.p.: <<nella parte in
cui esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile>>.
Alla situazione di fatto sin qui descritta ha dato supporto nella nostra esperienza giuridica il
formalismo dell’indirizzo tecnico-giuridico di Arturo Rocco. Esso ha dato giustificazione teorica alla
espulsione dalla teoria del sistema penale della problematica delle sanzioni. Si tese quindi ad
identificare dommatica e scienza del diritto penale, finendo per collegare la autonomia della prima
ad un formalismo nei concetti.
Alla politica criminale non poteva essere tolto un ruolo centrale nella costruzione del sistema e
nella interpretazione delle norme, attraverso la esplicitazione della funzione che si intende perseguire
con l’istituto penale.
La consapevolezza dei profili ideologici del sistema singolo permette una elaborazione normativa e
un’attività interpretativa coerenti, poiché funzionali alle opzioni fondamentali.
Il concetto di ideologia come piano per regolare i rapporti socio-politici, come modello per la
determinazione della vita, venne elaborato nel XIX secolo. I nuovi sistemi hanno come caratteristica
essenziale la costruzione normativa della vita sociale: le linee politiche sono anticipate in un
progetto e tutti i settori della vita pubblica sono rispondenti ad esso.
Si tratta di dare un assetto alle aspirazioni mediante regole e dunque istruzioni durature, nonché di
usare la funzione di orientamento delle norme giuridiche. Ma vale anche il reciproco: le scelte del
diritto devono essere coerenti col presupposto da cui partono. Un ruolo fondamentale è svolto dalla
ideologia come progetto programmatico di conformazione socio-politica. Il diritto, chiamato a dare
forma, misura e limiti ai contenuti delle ideologie del contesto sociale, ha dunque una funzione
integratrice, poiché creando istituti e norme, può accadere che siano modificati e limitati contenuti
concettuali e finalistici dei portati ideologici puri. L’influenza della ideologia nei settori del diritto è
diversa. Chiara nel diritto cost., che limita l’azione socio-politica.
Per quanto riguarda significato e scopi delle sanzioni criminali, il soggetto è implicato negli aspetti
fondamentali del suo essere: libertà e quindi personalità.
Ai fini della coerenza sistematica, partendo dal fatto che talvolta il legislatore non è coerente
rispetto alle opzioni fondamentali…
L’ideologia volta a realizzare unità tra stato di diritto e stato di sociale; la integrazione tra politica
criminale e dommatica deve realizzarsi nella costruzione della teoria del reato.
Compito del sistema diventa ricercare valutazioni adeguate alla materia, la loro descrizione,
ordinandole nelle loro connessioni strutturali e normative.
Questo radicale cambiamento è una inversione verso la dommatica che vedeva il suo compito solo
nel dominio tecnici stico e nella elaborazione della materia del diritto di tipo concettualistico.
Sul piano della tutela dei d. dell’individuo, questo significa impegno a garantire garanzie formali e
sostanziali, ma anche impegno nella tutela di interessi superindividuali. Il che significa adottare
strategie di controllo di fatti socialmente ritenuti dannosi che siano ispirate a criteri di razionalità.
In tale ambito la politica criminale assume anche la funzione di delimitare l’intervento punitivo dello
Stato.
In una prospettiva ordinamentale di stato sociale di diritto, che non ha fondamento extragiuridico, il
d. penale deve la sua origine solo alle finalità politico-criminali di controllo sociale di fatti ritenuti
dannosi e può essere dunque interpretato e applicato come strumento per raggiungere quelle
finalità e non come qualcosa di antagonistico ad esse.
Un sistema che si fonda su un presupposto non verificabile razionalmente non può pensare di
divenire un complesso di regole di condotta per la totalità dei consociati. Su un versante tecnico,
non va dimenticato che la sistematica moderna del diritto penale è debitrice verso il finalismo
welzeliano.
Attraverso il perfezionamento della concezione normativa della colpevolezza, la concezione tripartita
del reato ha avuto rivitalizzazione, grazie ai contributi della scuola finalistica.
Il sistema penale cui facciamo riferimento non si basa su ipostatizzazioni extranormative e dunque
non è volto ad una validità assoluta, ma la fonda sul collegamento coerente con la struttura
ideologico-politica.
La stessa categoria del fatto, destinata ad individuare condotte punibili, si può considerare volta alla
tutela della libertà dell’individuo attraverso la soddisfazione del principio del nullum crimen,
fintantoché tale principio è riconosciuto dall’ordinamento e rispettato da chi pone le norme. In
presenza di un ordinamento autoritario, in realtà, la definizione dei comportamenti da sanzionare
penalmente è indeterminata: come nel caso della modifica del 1935 del par. 2 RStGB: essa
introduceva il principio dell’applicabilità del procedim. analogico anche in materia di fattispecie
incriminatrici.
A proposito del problema della legittima difesa da aggressioni fatte da bambini, si giunge ad
esempio ad una limitazione dell’esercizio del diritto di difesa <<poiché gravi lesioni ai bambini, se
non indispensabili alla propria difesa, sono intollerabili per il nostro attuale modo di sentire.>>
Emblematica la vicenda di due cause di giustificazione: le scriminanti dell’uso legittimo delle armi ex
art. 53 c.p. e la reazione legittima agli atti arbitrari del p.u., art. 4 d.lgt.288/ 1944. Sicuramente
rivelatrici di una concezione autoritaria dello Stato che usa l’ordinamento g. per favorire interessi
dello stato di controllo repressivo in danno di interessi individuali di tutela di libertà e personalità.
Non tutte le opzioni di prevenzione possono risultare compatibili con i principi fondamentali della
Cost.
L’individuazione delle funzioni politico-criminali collegate alle tre categorie del reato, secondo la
lezione di Roxin e la precisazione normativa dell’ambito e delle modalità della loro incidenza nel
processo di elaborazione dommatica consentono una ricostruzione del sistema di d. penale,
affidabile.
La funzione della pena in maniera diretta riflette le opzioni fondamentali del sistema politico-
giuridico in cui opera. Questa centralità teleologica della funzione della pena è una intuizione che
già da molto tempo circola nel pensiero penalistico, anche se è mancata una sua esplicazione
sistematica.
Ad esempio, con riguardo alla problematica della legalità che sta a cuore al teorico della
prevenzione generale: egli affida l’efficacia della minaccia penale alla previa formulazione legislativa.
Così come un ampio potere del giudice discrezionale, se non addirittura la stessa ammissibilità della
pena indeterminata, trovano il favore del teorico dell’emenda.
I referenti sono dati dalle idee cui si informa la concezione politica dello Stato e che da Beccaria
vengono usate come principi ispiratori delle soluzioni per problemi fondamentali del d. penale. Tale
impostazione sistematica servì a riorganizzare la congerie del materiale legislativo secondo criteri di
razionalità, da cui la cultura del diritto, ma anche la legislazione non poterono più prescindere. Come
è stato evidenziato da Delitala.
Un tentativo di teorizzazione di una sistematica teleologica basata sulla funzione della pena si ebbe
però intorno al 1930. Risultato di una non soddisfacente soluzione dei problemi emergenti, al punto
da far pensare alla esistenza di un <<torto legale e di un diritto ultralegale>>. Secondo
l’impostazione dottrinale positivistica il diritto deve tendere a collegarsi alla vita sociale concreta.