classificati in alcune ben definite categorie che nel corso dei secoli si sono a volte
affiancate, a volte sostituite ad altri modelli.
Lo studio delle caratteristiche e del funzionamento delle meccaniche è centrale per la
storia del pianoforte: alle diverse meccaniche sono strettamente collegate non solo le
potenzialità sonore (dinamiche, timbriche) degli strumenti in sé, ma anche il tocco
personale del pianista, cioè quella tavolozza timbrico-dinamica, impossibile a descriversi
a parole, che caratterizza la sonorità di ogni esecutore competente.
Ecco una presentazione di alcune delle principali tipologie di meccanica che hanno
influenzato lo studio e lo sviluppo costruttivo del pianoforte:
A PIZZICO
Gli strumenti a penna, costruiti in varie fogge delle quali la forma a coda è detta
clavicembalo e le altre spinette, hanno una meccanica a pizzico. La leva del tasto spinge
verso la corda il saltarello, una piccola asta di legno alla cui sommità è applicato un plettro
appuntito che pizzica la corda.
Nel ricadere indietro quando il tasto è rilasciato, il saltarello arresta la vibrazione della
corda per mezzo di uno smorzatore o piccolo riquadro di feltro applicato anch'esso in
sommità. Il suono del clavicembalo è assai brillante e di breve durata; la meccanica non
permette di modulare l'intensità sonora.
CRISTOFORIANA
La meccanica inventata da Bartolomeo Cristofori intorno al 1700 non si limita a
consentire la percussione delle corde per mezzo di un martelletto con maggiore o
minore forza, in modo da ottenere suoni più o meno intensi, ma regola il movimento
del martello in modo estremamente preciso:
• ottimizzando il rapporto tra la velocità di abbassamento del tasto e la velocità di
rotazione del martello, per mezzo di opportuni rapporti delle lunghezze e delle
posizioni dei fulcri delle tre leve implicate: la leva del tasto, la leva intermedia e il
martelletto stesso;
• controllando la corsa del martello verso le corde, per mezzo dello scappamento,
che spinge il martello verso le corde distaccandosene appena prima della
percussione;
• controllando il ritorno del martello per impedirgli di rimbalzare indietro verso le
corde e produrre una ripetizione indesiderata, per mezzo del paramartello, che
accoglie il martello finché il tasto resta abbassato.
meccanica del pianoforte di Bartolomeo Cristofori, 1726
A SPINGITORE SEMPLICE
La meccanica a spingitore semplice è relativamente simile ma meno sofisticata della
meccanica cristoforiana, in quanto è priva di scappamento e di paramartello.
Questa meccanica è stata impiegata da Johannes Zumpe a partire dal 1767 circa
per il proprio modello di pianoforte a tavolo, e dai suoi numerosi imitatori in
Inghilterra e in Europa tra il 1770 e il 1790.
VIENNESE
Johann Andreas Stein elabora intorno al 1775 una meccanica sostanzialmente
alternativa a quella di derivazione cristoforiana e che consiste in una Prellmechanik
con scappamento. In seguito sarà nota come meccanica viennese perché sarà
adottata da tutti i fabbricanti austriaci fino alla metà del XIX secolo.
Meccanica viennese di Johann Andreas Stein, 1785 ca.,
quale si trova nel pianoforte del Museo Mozart di Augsburg:
1) testa del martello; 2) forcola o Kapsel di legno;
3) smorzatore all'interno della barra di supporto;
4) smorzatore; 5) blocco diappoggio del martello.
A DOPPIO SCAPPAMENTO
Inventata da Sébastien Érard e brevettata nel 1821, la meccanica a doppio
scappamento è alla base di tutte le meccaniche moderne.
Il movimento avviene in due fasi: mentre il tasto resta depresso dopo una prima
fase che coinvolge l'azione del primo scappamento, il martello resta sospeso, grazie
all'azione della leva di ripetizione, a una distanza inferiore alla metà di quella
iniziale rispetto alle corde. Il secondo scappamento consente di rilanciare il
martello da questa posizione; sotto le dita il pianista avverte un punto intermedio
di affondamento a partire dal quale effettua la ripetizione.