2
Indice
- Introduzione pag. 4
1) L’antieroe pag. 6
2) L’eredità neorealista pag. 19
3) Supereroi e super robot pag. 29
4) Antieroi in Pixel pag. 44
5) Sinfonie Pop pag. 57
6) L’elemento femminile pag. 71
3
Introduzione
4
“Invece di polemizzare con Goldrake, cerchiamo di far parlare i
bambini di questa specie di Ercole moderno. Il vecchio Ercole era
metà uomo e metà dio, questo in pratica è metà uomo e metà
macchina spaziale, ma è lo stesso, ogni volta ha una grande impresa
da affrontare, l'affronta e la supera. Cosa c'è di moralmente degenere
rispetto ai miti di Ercole?”
5
Capitolo 1
L’anti eroe
6
Che cos’è un eroe?
Etimologicamente si evidenzia per eroe “una persona che per
eccezionali virtù di coraggio o abnegazione s’impone all’ammirazione
di tutti. L’eroe è colui che compie uno straordinario e generoso atto di
coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di
se stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune”, ma
soprattutto “colui che agisce quando ha tutto da perdere e nulla da
guadagnare.”1
Figg. 1 e 2 – Nella prima figura è rappresentato l’eroe di Daoine Sidhe che uccide il
drago; Nella seconda vi è Link che combatte contro Ganon, nel videogame The
Legend Of Zelda.
1
N. Guaglianone, Lo Chiamavano Jeeg Robot, Goon Films, 2016.
2
Villain, termine anglosassone che indica il personaggio cattivo in un libro, film che
reca danno alle altre persone.
7
scontro finale, quanto piuttosto nell’intero percorso che egli
intraprende per poter essere definito un vero eroe. Un po’ come le
dodici fatiche di Ercole, o le avventure di Ulisse, dove i protagonisti
sono costretti a superare delle prove fisiche, psicologiche, morali, per
poter arrivare a sconfiggere, solo quando avrà compiuto il suo
percorso, il male più grande.
Anche l’elemento femminile, come colonna portante della
trasformazione del protagonista in eroe, è un elemento che accomuna
l’eroe moderno con quello mitologico. Da Penelope per Ulisse a Mary-
Jane Watson3 per Peter Parker4 fino a Miwa Uzuki5 per Hiroshi Shiba6,
la figura femminile è l’“elemento” che riesce a far superare le prove di
forza agli eroi, prove che talvolta possono far vacillare la sua volontà e
la sua forza. È la figura femminile che spesso, grazie al suo intervento,
riequilibra la figura del protagonista; Megara, in combutta con Ade, fa
perdere ad Hercules l’immortalità, salvo poi farlo tornare ad essere un
dio tramite un grande gesto d’amore.
Il classico eroe mostra quindi caratteristiche superiori a quelle comuni
come purezza, idealismo, innata bontà d’animo, altruismo e coraggio.
3
Personaggio fittizio del fumetto Spiderman, Marvel Comics, 1965.
4
Personaggio fittizio protagonista del fumetto Spiderman, Marvel Comics, 1962.
5
Personaggio fittizio del manga Jeeg Robot d’acciaio, Kõdansha, 1975.
6
Personaggio fittizio protagonista del manga Jeeg Robot d’acciaio, Kōdansha, 1975.
8
L’antieroe infatti nasce precisamente in un contesto culturale dove a
dominare è la razionalità e il sentimentalismo è assente a causa della
mancanza di ideali. Prendiamo ad esempio il ragionier Fantozzi,
personaggio creato da Paolo Villaggio, e definito come l’”eroe degli
sfigati”, colui che, involontariamente, nonostante non abbia interesse
nel prossimo, diventa il simbolo del proletariato sfruttato durante gli
anni ’70 dalle grandi macchine macina soldi, chiamate anche fabbriche.
Fig. 3 – Liù Bosisio, Paolo Villaggio, Plinio Fernando nei panni di Pina Fantozzi, Ugo
Fantozzi e Mariangela Fantozzi.
Fantozzi infatti dovrà superare parecchi ostacoli, creati dalle gag e dalla
negligenza caratteristica del periodo, tra l’indifferenza dei colleghi di
lavoro (es: nella scena iniziale della corsa, dove cerca di arrivare a
timbrare il cartellino) fino all’assurdità della sala del “super mega
direttore galattico” con la poltrona rivestita in pelle umana e l’acquario
contenente i colleghi come pesci. Fantozzi comincia come ragioniere
sempliciotto, privo di ideali, e arriva a tentare di crearsi una propria
9
identità grazie all’aiuto di diversi fattori, tra cui il sopracitato elemento
femminile. The Punisher7, l’antieroe per eccellenza, ha elementi che,
incredibilmente, si collegano molto facilmente con il ragioniere di
Villaggio: Il contesto sociale, gli ideali assenti e la razionalità sono
elementi ricorrenti in entrambi personaggi, che potrebbero quasi
essere amici.
L’anti eroismo si potrebbe tranquillamente associare anche a periodi
storici come ad esempio il neorealismo italiano, dove, i protagonisti dei
film o delle storie erano pressoché persone umili, appartenenti ad una
classe sociale di livello molto basso, che sia per proprio tornaconto, che
per morale, aiutano il prossimo, spesso senza accorgersene. Le loro
azioni hanno effetti positivi senza che questi abbiano alcuna intensione
di fare del bene.
7
Personaggio fittizio protagonista dell’omonimo fumetto The Punisher, Marvel Comics
1974.
10
Analogamente, in Giappone nascono, dalla penna dei mangaka, che
hanno sempre cercato di raccontare storie riguardanti la mentalità
molto chiusa e bigotta del paese, dei veri e propri anti eroi dapprima
disinteressati nel salvare il proprio paese, in seguito, fondamentali.
Come dice il mangaka Naoki Urasawa “Scusate, non ce l’abbiamo fatta
a mettere in piedi un paese decente”8 riferendosi appunto al Giappone
e ai problemi che si porta dietro.
Fig. 5 – Kenji in una scena del manga 20th Century Boys, N. Urasawa.
Urasawa, nel suo manga 20th Century Boys, descrive infatti il proprio
paese grazie ad un manga che ripercorre la storia della seconda metà
del XX secolo del Giappone. Il suo intento era quello di “ritrarre la
quotidianità delle persone vissuta all’interno di una cornice
immaginifica, trasformandosi poi però da quello che doveva essere un
resoconto culturale del periodo Shōwa9 in un immaginario pop.” In
20th Century Boys, l’antieroe non è più uno, bensì un gruppo di
8
N. Urasawa, Disegnare, Disegnare a più non posso, Panini Comics, Tokyo 2017.
9
Shōwa, Periodo storico giapponese corrispondente al regno dell’Imperatore
Hirohito.
11
persone che vogliono sconfiggere la calamità che vuol distruggere il
mondo, inizialmente per una personale vendetta ma sarà la presenza
del personaggio femminile a far muovere gli ingranaggi affinché si attui
la rivolta dei personaggi che non hanno grande considerazione della
vita, né grandi prospettive (alcuni di loro accettano il male maggiore
pur di poter vivere una vita serena o comunque lontana da guai.)
Urasawa definisce la sua opera come “una cinepresa in picchiata per
riprendere le vicende dei personaggi che ho sparso in questo contesto
irreale”10.
Un altro personaggio dei manga che racconta alla perfezione l’ideale
dietro alla cultura giapponese è Heichi Onizuka, protagonista del
manga scritto da Tōru Fujisawa, ovvero G.T.O11 nel quale, Onizuka vuol
diventare un professore; all’inizio con il semplice intento di poter
vedere le “mutandine alle studentesse del liceo”12, in seguito però tutto
evolve in una vera e propria dedizione e missione personale, cercando
di trasformare quella che è la peggior classe dell’istituto, nella migliore,
non tanto a livello di profitto, quanto a livello sociale, grazie al passato
vissuto da Onizuka.
Questi sono elementi seppur apparentemente lontani, tendono ad
essere molto vicini a quelli di Frank Castle, il sovra citato The Punisher.
Nel fumetto infatti, Frank usa il nobile scopo, di vendicare la propria
famiglia massacrata dalla mafia irlandese. I metodi però tendono ad
essere i più sbagliati, ma paradossalmente, vengono accettati da noi
tutti lettori, perché impersonificandoci nel personaggio, riusciamo a
percepire il dolore provato da Castle. Ecco, l’anti eroe è anche quel
prototipo di supereroe che riesce ad essere apprezzato da una vasta
gamma di persone perché molto più vicino alla popolazione reale.
10
Ivi.
11
Great Teacher Onizuka, Manga scritto e disegnato da Tōru Fujisawa, Weekly Shōnen
Magazine, 1997.
12
Eikichi Onizuka, Great Teacher Onizuka, Weekly Shōnen Magazine, 1997.
12
In Kick-Ass13, l’antieroe è quel personaggio che si pone la domanda:
“perché se tutti sono così fissati con i fumetti e i supereroi, nessuno ha
mai davvero tentato di esserlo nella realtà?”
Forse perché nella realtà, data la “normalità” del gesto, non ce ne
rendiamo conto ma molte volte riusciamo a compiere gesti eroici senza
il bisogno effettivo di avere dei sensi di ragno14 o braccia allungabili15.
In Dallas buyers Club16 è il semplice gesto, dettato dal denaro e dalla
sopravvivenza, di Ron Woodrof del cercare una cura alternativa all’HIV,
o in Tre Manifesti a Ebbing Missouri17 quello di Jason Dixon, dell’aiutare
Mildred Hayes a cercare di trovare l’assassino di sua figlia. Tutti questi
esempi in realtà sono piccole sfaccettature di ciò che un anti eroe è
nella realtà.
L’antieroe quindi è un personaggio normale che manca di alcune delle
tradizionali qualità dell’eroe, o meglio, le acquisisce in seguito, come
poteri o doni, grazie alle proprie gesta, e si può definire come quel
personaggio che riesce a intraprendere un percorso più tortuoso e
difficile rispetto all’eroe, perché deve abbattere dei preconcetti e uno
stile di vita dedito all’egoismo, senza pensare minimamente a ciò di cui
il prossimo ha bisogno. Nonostante la sua tendenza alla malvagità,
l’anti eroe ha scopi molto più reali e terreni per passare dal lato oscuro
a quello buono, vedasi Darth Vader18, che nonostante la sua condotta
negativa riesce, grazie a Luke Skywalker19 a sconfiggere il male,
rimanendo comunque uno dei cattivi.
13
Film basato sull’omonimo fumetto realizzato da Mark Millar per Marvel Comics,
Eagle Pictures, 2010.
14
Abilità fittizia di Spiderman.
15
Abilità fittizia di Mr. Fantastic.
16
Dallas buyers club, Dir. Jean-Marc Vallée, Good Films, 2013.
17
Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Dir. Martin McDonagh, 20th Century Fox, 2017.
18
Personaggio fittizio del film Star Wars, Lucasfilm, 1977.
19
Personaggio fittizio protagonista del film Star Wars, Lucasfilm, 1977.
13
Nel mondo videoludico questo tipo di personaggio rappresenta una
grandissima parte dei protagonisti dei videogames; da Kratos di God
Of War, Max Payne, L’agente 47 di Hitman fino all’iconico Shadow the
Hedgehog di Sonic.
20
Periodo storico del cinema Italiano dal 2016-presente.
21
Youtuber, scrittore e regista.
14
Enzo Ceccotti, Lo Zingaro e Alessia, sono i protagonisti di una storia
che riesce, come un puzzle, a scomporsi e ricomporsi grazie a pezzi
provenienti da diverse influenze; da quelle neorealiste intrise nei
personaggi -il dialetto stretto e i luoghi- a quelle pop – riferimenti ai
cartoni animati giapponesi e le canzoni presenti nel film-.
Una storia che potrebbe tranquillamente essere quella di ognuno di noi,
ambientata in una Roma, -Torbella Monaca- abbandonata a sè stessa
e degradata, figlia di una crisi che non è mai stata curata e sradicata
dalle radici.
Una generazione cresciuta a cartoni animati giapponesi, televisione e
quella ricerca di notorietà ad ogni costo, per poter dire “sono famoso”
e cominciare a vivere con un altro standard. Fellini ce lo raccontava
con La Dolce Vita22, dove Mastroianni cerca disperatamente di vivere
una vita alla quale, consapevolmente, non è interessato di far parte.
Fig. 6 – Ilenia Pastorelli nei panni di Alessia in una scena del film Lo Chiamavano
Jeeg robot.
22
La dolce vita, Dir. Federico Fellini, Riama Film/Paté Consortium Cinema, 1960.
15
Lo Zingaro, il villain dei fumetti di Stan Lee23, interpretato
magistralmente da Luca Marinelli, si presenta pieno di stereotipi
talmente palesi che si attaccano alla perfezione al personaggio e,
analogamente a Mastroianni è consapevole di non poter vivere una vita
come quella delle celebrità ma, essendo privo di moralità, ha l’unico
interesse nel riuscire a farlo e diventare una sorta di Genny
Savastano24. È Figlio di una società che lo ha partorito come un mostro
e, come tale, è fiero d’esserlo.
Alessia è forse il personaggio più straordinario di tutti, quella sorta di
mix tra Robin, Miwa Uzuki e la Pina di Fantozzi. Ingenua, eterna
bambina ed innamorata di un personaggio racchiuso nella sua testa,
dell’idea che si è fatta di Enzo e dell’inconsapevole pensiero di ricevere
l’amore che si merita.
Alessia è l’anello mancante tra la vita cruda e triste e la risoluzione per
Enzo, colei che può farlo diventare Jeeg Robot, come nel cartone
animato, dove Hiroshi Shiba, in grado di trasformarsi solo nella testa
del Mecha25, si fa aiutare da Miwa per trasformarsi completamente ed
andare a combattere la regina Himika e il Ministro Amaso.
La sua insistenza e il suo “coccolare” e far crescere Enzo, la porteranno
a sacrificarsi per lui, per farlo trasformare nel super eroe che
inconsapevolmente già è.
La coscienza creata da Alessia e l’amore che prova nei confronti di Enzo
lo porteranno a cambiare la propria visione della vita e del suo destino.
Dapprima, ignora il suo potere e rifiuta l’idea di salvare le altre persone,
perché deluso e misogino - come dice lui stesso “a me la gente me fa
schifo” -Solo in seguito, il sacrificio di Alessia lo farà ricredere e capire
23
S. Lee, fumettista, editore, produttore cinematografico e televisivo.
24
Personaggio fittizio della serie Tv Gomorra, Sky Atlantic, 2014
25
Termine per definire i robot presenti in numerose opere di fantasia, dalla letteratura
al manga, trasformatosi poi in un vero e proprio genere.
16
che il suo destino è quello di salvare le altre persone. È un po’ come la
storia del “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” citata da
Zio Ben (nel film Spiderman) a Peter Parker; Enzo allo stesso modo,
capisce, quando tutto ormai sembra perduto, che il suo potere porta
ad avere certe responsabilità nei confronti degli altri, qualsiasi cosa lui
voglia farne, per appunto “diventare Jeeg”26.
Lo Zingaro, al contrario, usa i super poteri, acquisiti nella parte finale
del film, per i propri scopi e fini, un po’ come Norman Osbourne27 che
si trasforma in Green Goblin28, dapprima uomo dedito alla scienza, poi
calamità intento ad usare il proprio potere per personali scopi di
vendetta; È proprio il suo inesistente senso della pietà a renderlo unico
nel suo genere, come una sorta di Nazgûl29, che devasta e depreda pur
di raggiungere il proprio scopo.
Fig. 7 – Claudio Santamaria nei panni di Enzo Ceccotti nel film Lo Chiamavano Jeeg
Robot.
26
R. Fogu, Jeeg Robot d’acciaio, sigla d’apertura, Televisioni locali, 1979.
27
Personaggio fittizio del fumetto Spiderman, Marvel Comics, 1965.
28
Personaggio fittizio antagonista del fumetto Spiderman, Marvel Comics, 1965.
29
Personaggio fittizio del libro Il signore degli anelli, J. R. R. Tolkien, 1955.
17
e forse un po’ forzato, ma vedendolo sotto un occhio critico e razionale,
il film si presta benissimo, grazie alle sue caratteristiche, nel ruolo di
anti eroe. Abbattimento dei preconcetti, “svecchiamento” del cinema,
e una storia vera, sotto alcuni aspetti, senza troppi fronzoli, aiutata da
riferimenti e citazioni al mondo pop, un mondo vissuto da Mainetti e
da tutta quella generazione che ha visto l’invasione dei Mecha, grandi
robot giapponesi.
È proprio così che Mainetti ha deciso di creare il film. Partendo dalla
sua esperienza e da ciò che lo aveva formato; dal mondo del fumetto
a quello delle serie animate giapponesi in TV. Come proprio Mainetti
afferma in un’intervista30, la televisione è stata per lui una compagna
per tanti anni, è stato l’oggetto che l’ha visto crescere ed è ciò che fa
da filo conduttore per quasi tutto il film (Enzo guarda i porno alla tv,
Alessia guarda Jeeg robot con il lettore DVD portatile e lo zingaro
guarda Youtube dal telefono). D’altronde, la carriera di Mainetti è
segnata proprio dal mondo delle serie giapponesi che egli sfrutta per
ricreare una propria versione dei protagonisti per i suoi cortometraggi.
È proprio nei suoi primi corti che si nota la vena registica del regista
romano, dedito al mondo pop giapponese e italiano, ma anche al
cinema neorealista di Rossellini e De Sica, ambientando infatti le sue
opere più importanti nella borgata romana, usando il dialetto
romanesco come unica “lingua” ufficiale. È qui che nascono i suoi eroi.
Persone comuni che vivono la propria vita, sognando di poter vivere
come i propri eroi, da Basette, dove Mainetti rivisita la storia di Lupin
III31 in chiave romanesca a Tiger Boy, dove il regista, sfrutta
magistralmente l’idea del wrestling e di Tiger Man32.
30
G. Mainetti, Intervista per la webzine ScreenWeek TV, ScreenWeek, 2016.
31
Personaggio fittizio dell’omonimo manga Lupin III, Futabasha, 1967.
32
Personaggio fittizio dell’omonimo manga Tiger Man, Kōdansha, 1968.
18
Capitolo 2
L’eredità neorealista
19
Classificare oggigiorno un film sotto il genere neorealista risulta
particolarmente difficile, considerato il contesto storico differente e che
Le più profonde radici storiche e culturali del neorealismo si possono
far risalire alla seconda metà degli anni Venti, quando il fascismo aveva
cominciato a guardare con velleità programmatiche al lavoro e al ruolo
degli intellettuali e degli artisti. Il neorealismo, nato
canonicamente nel 1943 con la presentazione del film Ossessione di
Luchino Visconti, ha visto la propria mutazione con il corso degli anni.
Ossessione rappresenta il vero linguaggio del cinema neorealista, dati
i personaggi, luogo e dialetti. Tutto si struttura su ampi spazi tra la
campagna e le piazze cittadine, gli spazi interni sono pochi. I
personaggi sono interpretati da attori quasi sconosciuti, che
rappresentano un ceto sociale basso e di “poca importanza” per lo
standard italiano del tempo, aiutandosi con l’uso del dialetto tipico
ferrarese e marchigiano; Ossessione infatti va a contrastare tutto ciò
che il regime impone, mostrando un’altra faccia dell’Italia, quella voluta
dai registi neorealisti.
Il neorealismo era nato come sistema per dimostrare la condizione
italiana dell’epoca, ma anche per contrastare lo standard del cinema
dei telefoni bianchi33 imposti dal regime, dove era vietato
assolutamente parlare della povertà in cui si era ritrovato il paese,
tracciando subito le sue orme nella politica antifascista che intende
screditare ogni singola cosa detta dal duce Benito Mussolini.
L’obbiettivo iniziale del neorealismo era quello di aiutare l’Italia a
guarire le vecchie ingiustizie e a svilupparsi con il ricorso alla macchina
da presa e all’eloquenza del linguaggio filmico; e tale obbiettivo venne
33
Sottogenere cinematografico in voga tra il 1936 e il 1943.
20
perseguito in modi congiunti e paralleli da registi di diversa formazione
e di differente orientamento ideologico utilizzando diversi elementi che
saranno poi i cardini del genere.
La sua morale, gli spazi aperti, i personaggi e il linguaggio, sia filmico,
che dialettale sono infatti gli elementi peculiari dei film neorealisti.
In “Roma città aperta”, oltre a richiamarsi alla definizione di città
aperta34, si sottolineava la novità delle scene girate appunto
all’aperto, nelle strade devastate dai bombardamenti e non più nel
chiuso degli studi.
Entrato in lavorazione a fine estate del 1944, solo due mesi dopo
l’ingresso degli alleati nella capitale, proprio per rappresentare il clima
drammatico dell’occupazione nazista culminata nell’eccidio delle Fosse
Ardeatine35, il film ha per protagonisti, opportunamente scelti per
sintetizzare le due maggiori componenti ideologiche della Resistenza,
un prete (don Pietro) e un ingegnere comunista (Giorgio Manfredi).
Attorno a loro, la gente comune vive il proprio spontaneo antifascismo
sostenuta da una fede assoluta nel futuro. L’ Italia, spaccata in due
dalla dittatura, dalla guerra e dalla fame, si ritrova in casa quello che
è da poco diventato il proprio nemico. Nonostante l’interpretazione
perfetta degli attori, sono le scene a rendere iconico questo film ed è
grazie ai racconti e la memoria ancora fresca dei sopravvissuti, insieme
alla voglia di raccontare ciò che è successo nel proprio paese, che
Rossellini riesce a ricreare e rendere viva una Roma straziata.
34
Espressione che si riferisce al concetto di città caduta alle forze nemiche senza
combattimenti.
35
Eccidio di 335 civili e militari italiani, Roma, 1944.
21
Fig. 8 – Anna Magnani nel ruolo di Pina nel film Roma città aperta.
22
Ladri di biciclette (1948) che sarà il film più popolare di questa prima
fase del neorealismo.
Questo è uno dei punti in comune con Mainetti che usa come scenario
Torbella Monaca, quartiere popolare della borgata romana. Egli crea ad
hoc i personaggi dei protagonisti e comparse, prendendoli da quel
substrato di popolazione, che, sebbene in contesti storici diversi,
rappresenta quei ceti rimasti ai margini della società.
Torbella Monaca, nata tra gli anni venti e trenta del XX secolo in
seguito all’immigrazione dalla provincia e dalle regioni meridionali,
era polo d’attrazione principalmente per la fabbrica della Breda36 e la
stazione del dazio presso “Castello di Torrenova”. Nel 1962 viene poi
dichiarata zona di espansione e con gli anni ’80 diventa una zona di
sviluppo, come cita Enzo Ceccotti nel film: “Io e mi madre siamo
arrivati all’r5 nell’83; praticamente so’ cresciuto insieme a Tor Bella
Monaca. Mi ricordo le strade con le scritte luccicanti, sto palazzoni con
i colori accesi, era tutto pulito, tutto nuovo.
Allora ce l’avevo l’amici. Pure la comitiva, però è finita male, come tutte
le cose che ti sembrano più belle.”37.
36
Breda Siderurgica, Azienda siderurgica Italiana, (1916 – 1992)
37
Claudio Santamaria, Lo chiamavano Jeeg Robot, 2016.
23
Mainetti usa Tor Bella non come luogo dove poter fare sociologia, o
politica, bensì per far immedesimare le persone in quella che è la
comune realtà.
Uno degli aspetti più importanti, nonostante le numerose critiche
ricevute, è l’utilizzo del dialetto romanesco. Si consideri il fatto che
durante il neorealismo, il plurilinguismo e il dialettismo erano elementi
di base nella base della realizzazione del film; il dialetto in particolare
si apre talmente la strada, da riuscire quasi a surclassare l’italiano
canonico, arrivando perfino ad apparire nei titoli dei film (Sciuscià e
Paisà). Questo quindi ci porta a capire che per Mainetti, era
fondamentale realizzare il film in romanesco; L’utilizzo dell’italiano
senza inflessioni sarebbe infatti risultato non credibile se affiancato ai
personaggi e alla peculiare ambientazione scelta. Un po’ come se la
“banda della Magliana”38 fosse stata doppiata in italiano corretto, senza
un filo di accento, o come se Gomorra non avesse il dialetto
napoletano.
Come per i film neorealisti, Lo Chiamavano Jeeg Robot, crea così un
suo linguaggio, mixato con inglesismi e termini nipponici della cultura
pop, in contrasto con il più grezzo dialetto di borgata romana. Si
vengono così a creare dei dialoghi che, in linea con il linguaggio parlato
apparentemente banale e superficiale, rispecchiano a pieno la
quotidianità dei personaggi. Essi sono “spronati” anche dalla cultura
che vivono, dai DVD porno di Enzo, alla ricerca dei quindici minuti di
fama39 di Fabio “Lo Zingaro” tramite Youtube.
Elementi questi già apparsi nel “mondo” del ragionier Fantozzi, dove
gli argomenti trattati sono di livello molto basso, adatto alla classe
operaia protagonista del film. Fantozzi infatti non ha interesse ad
emergere intellettualmente e anche nel momento in cui è guidato
38
Organizzazione criminale romana (1975-Presente).
39
A. Warhol, Moderna Museet, Stoccolma, 1968.
24
dall’ideologia comunista e proletaria del momento, non capisce
veramente cosa stia facendo.
Mainetti riesce ad affiancare nel suo film, sia elementi tipici del genere,
che elementi provenienti da film di Federico Fellini; ne La Dolce Vita
Marcello Mastroianni40 incarna l’idea di una vita bella e spensierata, ma
vissuta male.
Fig. 10 – Marcello Mastroianni nei panni di Marcello nel film La Dolce Vita.
40
Attore Italiano (1924 – 1996).
25
Se i personaggi riescono a crearsi un’iconicità grazie all’interpretazione
e alla sua scrittura, ciò che gioca veramente da protagonista sono gli
spazi aperti di cui il neorealismo, come detto in precedenza, si fa padre.
Le larghe riprese sul quartiere romano e sulla città, si aprono come un
quadro in cui tanti piccoli dettagli nascondono, come nell’ermetismo,
un significato più grande. Non c’è bisogno del Colosseo o del Pantheon
per dimostrare l’ambientazione; la possiamo capire da quegli elementi
caratteristici della città del nostro tempo, come manifestazioni,
motorini ed urla.
Proprio come per i film dei registi neorealisti, Mainetti realizza, tramite
la sua bravura e l’utilizzo di una fotografia impeccabile, un quadro
drammatico della situazione della borgata. È anche grazie all’uso
dell’attuale contesto storico, che Mainetti riesce a ricreare un perfetto
palcoscenico per le avventure che accadono ai protagonisti. Il contesto
diventa quindi parte attiva del racconto, proprio come nel neorealismo
la guerra non era un contesto casuale, ma fondamentale per la
realizzazione dei film. Era avvertita l’esigenza comune di affrontare, la
nostra realtà più viva e scottante senza per questo omologare e
uniformare l’approccio e la risoluzione dei temi ricorrenti; ed era ferma
la convinzione che “nulla è in grado di rivelare quanto il cinema, i
fondamenti di una nazione”41.
Ovviamente Mainetti non ha fatto un film per incitare la rivolta
proletaria o combattere i fascisti, ma si avvicina alla corrente nipponica
Shōnen42 di Naoki Urasawa o Tōru Fujisawa (per citarne alcuni) e il loro
voler cercare di cambiare il paese più a livello sociologico che
effettivamente politico.
41
A. Lattuada, Riunione dell’associazione culturale del cinema Italiano, Roma, 1945.
42
Shōnen, tipologia di manga indirizzata maggiormente verso il pubblico maschile.
26
20th Century boys è l’esempio della lotta contro il male superiore in
grandi spazi aperti, e simboleggia più di una semplice lotta tra robot,
bensì un vero e proprio combattimento fra il bene e il male.
Fig. 11 – Edmund Moeschke nei panni di Edmund Koeler nel film Germania Anno
Zero.
43
Personaggio fittizio protagonista del manga 20th Century Boys, Big Comics Spirit,
1999.
27
proprio in quanto “amico”. Quello generico, di cui non conosci
l’identità”44.
E’ un po’ come la concezione su cui si basano tantissimi film neorealisti
subito del secondo dopoguerra, le amicizie e inimicizie con personaggi
giusti o sbagliati (in Roma città aperta l’amica di Maria, la tedesca
Ingrid, è in realtà in combutta con le SS e la userà per catturare
Manfredi, il suo amato).
44
N. Urasawa, Disegnare, Disegnare a più non posso, Panini Comics, Tokyo 2017.
28
Capitolo 3
Supereroi e super robot
29
In un’intervista, alla domanda “perché proprio Jeeg Robot?”45 Gabriele
Mainetti risponde che per lui è stato automatico scegliere proprio il
robot di Go Nagai, perché suo eroe sin da piccolo. Mainetti afferma
anche che, come detto in precedenza, la cultura pop proveniente dal
Giappone è quella che gli si è attaccata più addosso, grazie anche
all’”invasione” nipponica degli anni ‘70/’80 che ha travolto un’intera
generazione.
E’ bene precisare però che per cultura pop, non si intende un tipo di
cultura popolare, quindi folcloristica e proveniente dal mondo proletario
fattosi carico di canzoni di ribellione e amore giovanile, come può
essere quella del neorealismo rosselliniano, bensì quella cultura che
deriva dalla globalizzazione e dal mondo estero fortemente influenzata
dai mass media. Questo insieme di concetti, idee e opinioni permea la
vita quotidiana della società e si inserisce in moltissime categorie
legate all'intrattenimento (musica, cinema, televisione), allo sport,
all'informazione, alla politica, alla tecnologia e al linguaggio.
Fig. 12 – Gary Gygax, creatore del gioco da tavolo Dungeons and Dragons.
45
Op. cit. pag. 13.
30
La pop o Geek culture, è un tipo di cultura che utilizza riferimenti dal
fantasy di Tolkien46, dal gioco di ruolo Dungeons and Dragons e dal
mondo fantascientifico e super eroistico (dato che sono gli anni 60/70
i genitori dei primi super eroi Marvel, direttamente dalla mente di Stan
Lee). Questa cultura è altresì soggetta a grossi gruppi di fan, chiamati
fandom, che si identificano sia nei personaggi, talvolta vestendosi
come loro, (cosplayer), sia nelle storie.
Il nerd per definizione è da sempre una figura di spicco per la sua
intellettualità a livello soprattutto matematico ed informatico (i primi
hacker erano dei “nerd” studenti del MIT47, che si divertivano a fare
scherzi usando leggi matematiche) ma, con l’arrivo delle consolle e dei
cinecomic come blockbuster, il significato è totalmente cambiato,
venendo così a creare una sua nuova versione, ovvero il Geek, colui
che ha bisogno di esternare le proprie passioni, soprattutto con l’arrivo
dei social network, dovunque.
46
J. R. R. Tolkien, scrittore, filologo, glottoleta e linguista britannico (1892 – 1973).
47
Abbreviazione per Massachussets Insitute of Technology, università di ricerca
americana.
31
Ciò non lo rende una versione sbagliata del nerd, bensì una cosa
differente, creando in seguito una vera e propria “guerra dei nerd”48.
L’Oriente ovviamente non può farsi mancare la propria versione di nerd
ed infatti, con l’arrivo degli anni ottanta, si viene a creare una forma di
ossessionato dai manga, anime e altri prodotti ad essi correlati:
l’Otaku.
Coniato tra la fine dei settanta e i primi anni ottanta, il termine si
diffuse nel gergo degli appassionati di anime e manga come appellativo
distintivo. Nel 1983 il giornalista Akio Nakamori scrisse Otaku no
Kenkyu, un saggio sullo stile di vita dei nerd che frequentavano il
quartiere di Akihabara a Tokyo. Nakamori utilizzò la parola Otaku per
distinguere le persone che condividevano la passione per i manga, gli
anime, i videogiochi e i loro protagonisti.
Il termine, che letteralmente significa la sua casa, si rivolge al fatto che
l’otaku, per definizione, si rinchiude completamente nel suo mondo,
escludendo il resto della popolazione, o meglio, includendo solo poche
persone che condividono la sua di passione o hobby.
E’ nel mondo nipponico che si ha una vera e propria tradizione per
l’utilizzo della cultura nei manga, soprattutto di stampo spone. Tōru
Fujisawa rappresenta i sentimenti e gli stati d’animo del professor Eichi
Onizuka tramite soprattutto l’utilizzo di diversi vestiti da lui indossati.
Il giovane professore usa infatti dei costumi per esprimersi, quasi come
se citasse continuamente easter eggs49, costumi che fanno riferimento
al mondo nipponico sia cinematografico, che fumettistico e videoludico.
Come per G.T.O anche Dragon Ball Super50 è pieno di easter eggs,
riferimenti e citazioni varie alle serie e film del franchise, ma anche ad
altri prodotti appartenenti alla cultura pop nipponica.
48
D. Moccia, La Guerra dei Nerd, Youtube, 2015.
49
In informatica, è un contenuto che i programmatori inseriscono all’interno di un
software.
50
Dragon Ball Super, manga scritto da Akira Toryiama, Toyotarō, 2015.
32
Naoki Urasawa in 20th Century boys, come già citato, usa gli elementi
della cultura pop per mostrare una visione della sua nazione; concetto
di robot giganti pilotati (Mazinger Z, Jeeg robot) , wrestling (il Puroresu
è uno dei principali sport nipponici, come mostrato in Tiger Man) ,
avvenimenti importanti (EXPO Japan 1970) e elementi provenienti dal
mondo dei manga (La prima maschera indossata da “l’amico” è quella
del protagonista di Ninja-Hattori Kun, manga del 1964 e il simbolo
dell’amico è stato creato basandosi sul simbolo di Shōnen Sunday,
un’importante rivista di manga giapponese).
In Monster51, Urasawa denomina il protagonista Dr. Tenma ispirandosi
ad Astro Boy52.
Urasawa però si approccia anche alla cultura occidentale grazie alla
musica, infatti il titolo 20th Century boys deriva dalla canzone della
band americana T-Rex.
Se la cultura pop è parte presente ed integrante del manga, anche la
cultura tradizionale nipponica non è da meno.
51
Monster, manga scritto e disegnato da Naoki Urasawa, Shogakukan, 1994.
52
Personaggio fittizio protagonista dell’omonimo manga, Kobunsha, 1952.
33
giapponesi. Prendiamo ad esempio gli Shinigami (letteralmente, "dio
della morte"), figura divina rappresentata in alcuni manga molto
recenti (Death Note, Bleach e Soul Eater). Lo Shinigami è associabile
ad una specie di "mietitore" di anime, che ha il compito di raccogliere
e condurre nell'aldilà lo spirito del defunto. Ma questa figura è apparsa
solo nell'epoca Meiji53, quindi davvero troppo recente per assumere un
posto ben delineato all'interno dei miti giapponesi. Per questo molti
mangaka attribuiscono agli Shinigami ruoli che hanno a che fare sì con
la morte, ma che in qualche modo risultano davvero troppo diversi dal
mito principale.
Lo studio Ghibli ad esempio ha da sempre usato gli spiriti giapponesi
per realizzare i propri film, come è possibile notare ne La città
incantata54 (Il film è ambientato all’interno di un centro benessere per
spiriti) o in Principessa Mononoke55 (Lo spirito del Dio Bestia e il
contatto con il mondo occidentale non apprezzato dallo stesso
realizzatore, Hayao Miyazaki.).
53
Periodo storico giapponese corrispondente al regno dell’Imperatore Mutsuhito.
54
La città incantata, Dir. Hayao Miyazaki, Studio Ghibli, 2001.
55
Principessa Mononoke, Dir. Hayao Miyazaki, Studio Ghibli, 1997.
34
Si pensi alla cultura delle divinità Kaiju, mostro tipico della fantascienza
Giapponese. Il termine si diffonde in Occidente negli anni cinquanta
grazie ai Kaiju Eiga (film di mostri giganti), film che hanno per
protagonisti sia dei Kaiju che dei Kaijin, ovvero mostri “umanoidi”, e
Daikaiju, cioè “mostri giganti”. Il capostipite dei Kaiju è Gojira, o
Godzilla, come è conosciuto in Occidente.
I Kaiju riescono ad entrare talmente imponenti nella cultura
occidentale, da arrivare a contrastare King Kong56 in un film;
parallelamente all’arrivo dei Mecha, Godzilla si trasforma nella sua
versione robotica, arrivando così in contrasto con Mobile Suit Gundam57
ed altri grandi robot nipponici.
E’ anche il caso del regista messicano Guillermo del Toro che, grazie
alla sua passione per i mostri, diventa un grande cultore del grande
mostro giapponese.
Go Nagai, invece, ispira proprio Jeeg Robot d’acciaio alla storia più
antica del Giappone, nella quale l'antagonista, la regina Himika
dell'Impero Yamatai, è ispirata a Himiko, regina del regno di Yamato
(ubicato nell'isola di Honshu) nel II-III secolo d. C.
Non avendo però mai veramente avuto uno stereotipo nerd, l’Italia,
ignara di come riuscir a creare un’eredità cinematografica dal cinema
di genere, si trova travolta da due fronti: l’arrivo della cultura
americana da un lato e quello dei super robot giapponesi dall’altro.
Grazie al suo schieramento politico (patto della Nato) riceve di riflesso
tutto ciò che arriva direttamente dal mondo americano,
globalizzando/americanizzando le sue tradizioni (dal jeans Levi’s al
McDonald’s). Questo “standard”, tanto quanto quello nipponico, non si
inserisce solo nel cibo o nella moda, ma porta con sé anche tutto il
mondo Geek, creando un effetto domino.
56
Personaggio fittizio protagonista dell’omonimo film, RKO Radio Pictures, 1933.
57
Personaggio fittizio protagonista dell’omonimo manga, Sunrise, 1979.
35
Se già dagli anni ’20 l’Italia aveva avuto i suoi fumetti home made, e
quelli ispirati ai vendicatori americani, con l’avvento del fascismo e
della censura, nel 1938, le strisce fumettistiche tendono ad avere
sempre più una vena politica e unificata all’odio e al razzismo.
E’ solo nel secondo dopoguerra che ricomincia la stesura di fumetti di
stampo maggiormente avventuroso nel formato ad albo, contenente
una sola storia di un solo personaggio. Si identificano vari sottogeneri
dei quali i più fecondi sono: giustizieri mascherati, tarzanidi e
soprattutto western, tutti di chiara ispirazione americana. In tutte
queste storie si ripeteva lo schema della lotta dei "buoni contro cattivi".
Negli anni ’60, con la messa in discussione dei vecchi canoni della
società, nasce la figura dell'eroe negativo, dalla personalità forte e
ingegnosa, che non si riconosce nell'ordine sociale esistente e per
questo assume atteggiamenti anarcoidi. Questo antieroe si maschera
per non farsi riconoscere mentre commette senza scrupoli le sue
attività criminose ed è il protagonista del fumetto nero, il quale prende
ispirazione dal francese Fantax, creato nel 1945 da Marcel
Navarro e Pier Mouchotte. Questo nuovo genere esordisce con il
personaggio di Diabolik, un criminale spietato, ladro e assassino, che
debutta nelle edicole nel 1962, proponendo un ribaltamento
della morale corrente in contro tendenza rispetto al moralismo degli
altri fumetti dell'epoca.
E’ nel 1968 che arriva, grazie al maestro Mario Bava58, il primo
cinecomic tutto italiano, ispirato proprio all’anti eroe delle sorelle
Giussani; Bava sancisce, grazie alle sue opere, l’arrivo in Italia di film
di genere che si oppongono al neorealismo e ispirano le future
generazioni di registi americani.
58
Regista, direttore della fotografia, sceneggiatore e creatore di effetti speciali. (1914
– 1980).
36
Fig. 16 – Diabolik.
E’ grazie, come detto prima, all’utilizzo dei media che la pop, o nerd
culture può introdursi in Italia. Con l’inizio degli anni ’80, per riempire
il palinsesto giornaliero, la TV trasmette sempre più frequentemente
gli anime mecha e i super eroi occidentali, fino ad allora sconosciuti,
che “plasmano” le menti dei bambini.
Mainetti è uno tra questi bambini, ed è ignaro di ciò che la visione di
questi anime lo porterà a fargli sviluppare nella testa 30 anni più tardi.
Lo chiamavano Jeeg robot, arriva proprio come i robot giapponesi e
travolge lo spettatore ignaro di ciò che lo aspetta, usando i suoi super
poteri. La scelta intelligente di Mainetti nell’inserire elementi derivanti
direttamente dalla sua infanzia, non è da prendere come citazionismo
malinconico, bensì come un far vivere una storia agli spettatori tramite
i suoi occhi, un po’ come fa Stranger Things59 che usa le citazioni non
59
Stranger Things, Dir. Matt e Ross Duffer, Netflix, 2016.
37
con malinconia, bensì come mezzo unico per far entrare lo spettatore
nell’atmosfera della serie.
E’ giusto anche dire, però, che il revival degli ‘80s sviluppatosi negli
ultimi anni, ha reso celebri e cult elementi videoludici, cinematografici,
e relativi ad essi, un tempo definiti “da nerd”. Questo ha sicuramente
permesso a Mainetti di poter usare l’”elemento emotivo” come fonte a
suo favore, toccando quelle “random access memories”60 cerebrali che
associano il cartone, il gioco o il film ad un periodo d’infanzia.
C’era già riuscito in passato il libro di Ernest Cline Ready player One,
oggi trasposto in film da Steven Spielberg61, con l’utilizzo di elementi
chiave ed easter eggs, ovvero elementi nascosti che si riferiscono o ad
un proprio progetto passato, o a qualcosa di iconico (Lo studio Pixar è
il “re” di questi elementi, usando in qualsiasi suo film easter eggs dei
propri film precedenti) senza sfociare in citazionismo spicciolo.
Così sfruttando, come detto prima, la carta emotività a suo favore,
Mainetti inserisce gli easter eggs con tale delicatezza da non farli
sembrare dei product placement, bensì delle piccole odi a film
importanti per lui; dal rapporto tra Alessia ed Enzo che ricorda molto
quello tra Lèon e Mathilda62 nel film di Luc Besson, (strizzando un
occhio anche tramite l’utilizzo dei budini alla vaniglia al posto dei
cartoni del latte usati nel film francese) passando per un altro elemento
easter eggs, ovvero la presenza dell’attore Salvatore Esposito che
interpreta il ruolo di camorrista, (strizzando, nuovamente, l’occhio alla
serie TV italiana Gomorra e il suo ruolo fondamentale come Genny
Savastano) fino alla presenza di Nicola Guaglianone nel film in un
piccolo cameo, proprio come Stan Lee nei film Marvel. Mainetti
completa la sua opera dipingendola al 100% proprio come una storia
del mangaka Naoki Urasawa.
60
RAM.
61
Regista, sceneggiatore e produttore. (1946 – presente).
62
Personaggi fittizi protagonisti del film Lèon, Gaumont, 1994.
38
Proprio come il mangaka, Mainetti dipinge Enzo Ceccotti come un
antieroe che non richiede tute aderenti o simili. I superpoteri di Enzo
sono classici, senza troppi fronzoli, ma calzano alla perfezione con il
suo personaggio, interessato unicamente a sfruttarli per un bene
proprio, non per creare cose o salvare persone.
Logicamente Enzo non ha bisogno di essere morso da un ragno o di
finire dentro un acido radioattivo per sfruttare il suo fisico possente da
ladruncolo, ma della forza sia per poter svaligiare un bancomat, che di
quella per poter salvare il mondo da Lo Zingaro, che si trasforma in
una calamità vera e propria. E’ solo grazie ad Alessia che la sua forza
subirà una vera e propria trasformazione, diventando un vero e proprio
“mezzo” per aiutare, trasformando Enzo in un “gigante buono”63 come
quello di Brad Bird.
Alessia riesce a creare l’anello mancante tra il super robot di Go Nagai
e l’anti eroe di Mainetti, impostandosi come il personaggio
fondamentale della storia, il cardine; infatti Alessia non è priva di poteri
come è facile pensare, bensì usa l’amore per aiutare Enzo, in tutte le
battaglie, assumendo quindi inconsapevolmente il ruolo che la donna
ha nel classico cinecomic americano.
Il personaggio però che possiede più caratteristiche “pop” è Lo Zingaro,
ossessionato dalle icone pop degli anni 70/80 come Loredana Bertè e
Anna Oxa, (non a caso la colonna sonora del film è affidata ai loro
grandi classici) ed è interpretato magistralmente da Luca Marinelli. E’
così che ci viene introdotto il personaggio dello zingaro: vestito come
una sorta di David Bowie64, come racconta proprio Gabriele Mainetti in
un’intervista: “Abbiamo scelto “Non sono una signora” e “Un’emozione
da poco” ed abbiamo pensato ad Anna Oxa perché si prestava a un
discorso di look, agli esordi era la nostra Bowie. Lo Zingaro è un cattivo
63
Il Gigante di ferro, Dir. Brad Bird, Warner Bros, 1999.
64
Cantante e attore (1947 – 2016).
39
eccezionale perché è divertente, gli vuoi bene, perché è fragile, è
vittima della fama e dei social, perché già ne viveva. I personaggi
hanno un rapporto quasi bulimico con un dispositivo per immagini:
Enzo con i film porno, Alessia con il dvd player e lo Zingaro con
Youtube. Proprio lui Aveva provato la carriera d’artista, e non era
andata, e gli è rimasto un bisogno narcisistico di apparire”65.
L’iconicità di Fabio, Lo Zingaro, deriva proprio dall’utilizzo delle icone
pop sia Italiane che Estere come linfa vitale, passando dal Joker
Nolaniano66, Tony Montana di Scarface a David Bowie. Il villain dei
fumetti americani che tutti avrebbero sempre voluto, riesce ad
atterrare pure sul suolo italiano e si porta con sé tutta un’eredità di una
generazione, come detto nei capitoli precedenti, egocentrica e
disperatamente alla ricerca dei 15 minuti di notorietà.
Fig. 17 – Luca Marinelli nei panni de Lo Zingaro nel film Lo Chiamavano Jeeg Robot.
C’aveva provato Mario Bava con il già citato Danger: Diabolik a creare
un cattivo simile, Valmont, ma fallendo miseramente a causa della
65
Op. cit. pag. 13.
66
di Christopher Nolan.
40
censura italiana del periodo, rendendolo un personaggio inetto e
noioso.
Mainetti riesce dove Bava aveva fallito. Crea personaggi iconici che si
ispirano al mondo pop o nerd se così si vuol definire.
Questo ci porta a comparare Gabriele Mainetti al creatore
dell’anime/manga Jeeg Robot d’acciaio, Go Nagai, data la capacità di
entrambi nel riuscire a creare figure iconiche.
I personaggi di Mainetti sono associabili a specifiche figure della cultura
nipponica di massa e sono interpretati da attori Italiani che calzano la
loro parte come se vi fossero dipinti sopra. Da Valerio Mastrandrea e
Flavio Insinna nei rispettivi ruoli di Lupin III e Koichi Zenigata, ad
Alessandro Borghi e Aurora Ruffino in Ningyo, passando per il
protagonista di Tiger Boy, che appunto si ispira all’eroe nipponico
mascherato Tiger Man.
Go Nagai è d’altro canto definito come uno dei più importanti e influenti
mangaka della storia, considerando la sua importante carriera: egli
riesce ad introdurre l’erotismo nei manga destinati ai ragazzi, realizza
DevilMan ed introduce il genere dei mecha, a partire dell’anime
Mazinga Z. La carriera del mangaka non si ferma qua però; infatti Go
Nagai realizza diverse opere, alcune di maggiore ed altre di minore
importanza, ma che influenzano il mondo orientale ed occidentale, tra
cui il già citato Jeeg Robot.
Jeeg Robot d’acciaio nasce, come manga, nell’aprile del 1975 su una
rivista edita dalla Kodansha67. Successivamente viene creata una serie
televisiva anime di 46 episodi, prodotta dalla Toei Animation68. La
storia tratta del risveglio dal sonno millenario dell’antico popolo
Yamatai che vorrebbe conquistare il mondo usando un’antica campana
di bronzo, rubata e nascosta dal professor Shiba. Egli, infatti,
67
Casa editrice giapponese.
68
Studio di animazione giapponese.
41
approfittando di un incidente di laboratorio del figlio Hiroshi, gli salva
la vita trasformandolo in cyborg e gli miniaturizza nel petto la campana,
rendendolo invulnerabile. Hiroshi, incosciente di tutto ciò, scoprirà il
suo potere solo con la morte del padre, ucciso dai guerrieri Haniwa,
insieme al perfido ministro Ikima. Il professor Shiba però ha creato un
computer dove ha riversato tutta la sua conoscenza: ed è questo che
rivela ad Hiroshi la possibilità di trasformarsi in un robot, Jeeg, il robot
d’acciaio, destinato a difendere l’umanità dai terribili mostri Haniwa,
con l’aiuto di Miwa Uzuki. L’iconicità della storia e del personaggio,
regala a Nicola Guaglianone e a Gabriele Mainetti, la possibilità di
crearne una propria loro, ispirandosi alla quotidianità, senza però
abbandonare le caratteristiche che contraddistinguono i film di genere
super eroistico.
Il super robot Jeeg si presta benissimo sia per la stazza che Enzo
Ceccotti ha nel film, che per la super forza che esercita contro il “male”.
Hiroshi è l’eroe che non aveva chiesto di diventarlo, ma che si ritrova
a compiere il suo destino, dopo la morte del padre; Enzo,
analogamente, deve compiere il destino dopo la morte di Alessia, che
ricopre il ruolo sia del padre che gli dona il potere (maschera di Jeeg
42
Robot cucita a mano) che di Miwa Uzuki, per riuscire a farlo trasformare
completamente in Jeeg Robot, o nel super eroe che deve essere.
L’eroe di Go Nagai quindi è l’antieroe, che nonostante il suo
disinteresse iniziale deve adempiere al suo destino.
Mainetti ricrea quindi una sorta di “lunga puntata” di Jeeg Robot
d’acciaio, sfruttando tematiche simili e il plot che, nonostante le
differenze, riesce a risultare molto affine.
43
Capitolo 4
Antieroi in Pixel
44
Vi sono dei componenti della cultura pop che permeano la vita odierna
della popolazione, arrivando ad influire sia sul mercato, che sul
linguaggio.
Nel 1961, sei giovani scienziati del MIT (Massachusetts Institute of
Technology) riescono a dare movimento a puntini luminosi sullo
schermo di un PDP-1: nasce Spacewar!, il primo videogioco che la
storia ricordi.
Nel 2013 Rockstar games produce Grand Theft Auto V69, ricavando 95
milioni di dollari di profitto.
69
Videogioco azione-avventura, Rockstar North, 2013.
70
Casa di produzione videoludica americana.
45
una professione molto ambita. E’ bene dire che con l’espansione del
mezzo videoludico abbiamo avuto anche un’espansione a livello di ruoli
all’interno di una software house, arrivando a creare posti di lavoro per
sound designer, lever designer, game designer, character designer,
publisher e molti altri.
Il ruolo che prenderemo in particolare in esame è quello del già citato
game designer.
Un autore di giochi (spesso usato anche nella forma inglese game
designer) è un professionista indipendente o affiliato a una ditta
responsabile dell'ideazione delle meccaniche o il regolamento di
un gioco, questo ci porta quindi ad affibbiare la responsabilità del
videogame per una grossa parte nelle mani di questa persona.
Quello che però interessa a noi è il suo ruolo come “regista” e creatore
della storia, del gameplay71 e dei personaggi, ovvero le tre chiavi più
importanti in un videogame.
Sebbene in Lo Chiamavano Jeeg Robot l’elemento dei videogames è
assente, è molto facile accostare i personaggi creati da Gabriele
Mainetti al mondo videoludico, sia per costruzione, che per messa in
scena della storia; è possibile infatti accostare Mainetti ai game
designer per come è riuscito a creare una storia, che potrebbe
tranquillamente diventare un videogame, o essere una traspozione
proprio da quest’ultimo.
Epica, fantasy o fantascienza sono alcuni dei temi più spesso trattati
dai videogame, dove il giocatore non fa più solo la parte dello
spettatore, ma ne diventa il vero protagonista, rispecchiandosi
nell’eroe o l’antieroe della storia. Rispettando le sopra citate chiavi più
importanti per l’ottima resa del videogame, vi sono alcuni game
designer che hanno fatto di queste tre regole una propria missione
personale.
71
Caratteristica dei videogiochi che rappresenta la qualità dell’esperienza del gioco.
46
Ad esempio Shigeru Miyamoto72, È considerato uno dei padri dei
videogiochi grazie alla creazione di videogame di spessore del calibro
di Super Mario Bros., Donkey Kong, The Legend of Zelda, Pikmin, Star
Fox, F-Zero.
Se Donkey Kong è il primo vero videogioco realizzato dal designer
Giapponese, è con Super Mario Bros. che Miyamoto crea una prima
vera e propria esperienza di gioco, creando una storia base, un eroe
ed un sistema di gioco del tutto innovativo.
Super Mario si posiziona quindi come il primo vero e proprio eroe della
storia del mondo videoludico, seguito dal leggendario Link73 di The
Legend of Zelda, che rappresenta in toto la classica storia epico
medioevale data la presenza di Link, condottiero impavido e sempre
72
Autore di videogiochi giapponese.
73
Personaggio fittizio protagonista del videogioco The Legend Of Zelda, Nintendo.
47
pronto a battersi per salvare Zelda, la principessa che attende il suo
principe, minacciata dalla calamità Ganon.
Capita però, come detto in precedenza, che nasca il bisogno di togliere
il trono a questi personaggi senza timore, che combattono da soli
contro il mondo per salvare la propria amata, per poter raggiungere
più direttamente l’apprezzamento dei giocatori.
Nasce così, come per il cinema e per il fumetto, la figura dell’antieroe
nel mondo videoludico.
Da Kratos di God Of War ai vari protagonisti della serie Grand Theft
Auto.
E’ vero, l’eroe è affascinante, onesto, leale e combatterà sempre per
far prevalere il bene sul male, ma la figura che più di tutte affascina è
quella dell’antieroe. Questi gioca sporco, usa mezzi sleali, pensa al suo
tornaconto, ma ha una coscienza che a volte lo tormenta. Nelle storie
offerte da cinema e letteratura l’antieroe fa delle scelte che lo porteranno
in una direzione stabilita dagli autori, unica e non modificabile, mentre nei
videogiochi il discorso si fa molto più intricato: veniamo calati nei panni di
una figura che agisce in base alle nostre azioni, e sta a noi comportarci di
conseguenza.
Negli ultimi anni c’è stato un proliferare di titoli aventi per protagonisti
figure ambigue, spesso facenti parte di schiere di assassini, ladri, mafiosi,
galeotti e pazzi omicidi, fornendo ai benpensanti tutti i pretesti possibili
per incolpare i videogiochi di istigazione a delinquere. La verità è che il
target si è alzato, comprende persone di tutte le età, e per questo si
offrono prodotti di diverso tipo, come fanno tutti gli altri media per le varie
categorie di consumatori.
Prendiamo ad esempio, come detto in precedenza, il ruolo di Enzo
Ceccotti nel film Lo Chiamavano Jeeg Robot. Se Enzo avesse avuto da
subito una morale, molta umanità, non mostrando alcun difetto, e molti
risentimenti nelle scelte “più oscure” da intraprendere, non avremmo
minimamente apprezzato il personaggio; è invece proprio la scena del
48
furto del Bancomat che ci crea inconsciamente subito un affetto verso
questo personaggio, perché diciamocelo: chi non avrebbe fatto lo
stesso? Chi non ha mai investito pedoni in Grand Theft Auto senza
risentimenti giusto per il gusto di farlo o di completare la missione nel
minor tempo possibile?
E’ proprio Grand Theft Auto a rappresentare per primo l’idea e
l’immagine dell’antieroe, data la sua storia ambientata nelle
fantomatiche città di Liberty City, San Andreas e Vice City. Le storie
della saga infatti si ispirano a Scarface, Miami Vice, Il Padrino e tanti
altri film basati sulle storie di mafia e corruzione. San Andreas
addirittura prende ispirazione dalla White Trash74 e Compton75,
mettendo in scena un vero e proprio spaccato neorealista della società
americana degli anni ’90, passando dalle rapine per strada a lotta tra
gang.
In Hitman, L’agente 47, un clone creato per essere un killer perfetto, vanta
un background di vere innovazioni nel campo dei giochi stealth76:
dall’introduzione dell’occultamento dei corpi agli omicidi silenziosi (che
74
Espressione dispregiativa usata a sfondo etnico negli Stati Uniti.
75
City della California.
76
Genere videoludico basato sulla pazienza e abilità del giocatore nel non venire
identificato durante il gioco.
49
premiano la discrezione); il tutto con un margine di libertà eccezionale.
Nonostante le critiche mosse dal resto del mondo non giocante
riguardante una missione in particolare in cui vi era il compito di uccidere
il proprio padre (anche se parlare di padre è un’esagerazione), il
silenzioso assassino di casa IO Interactive è riuscita a creare una serie
di successo acclamata sia dal pubblico che dalla critica.
50
in base alle proprie azioni, dando quindi la possibilità ai giocatori in
prima persona di diventare dei veri e propri antieroi grazie al sistema
di karma, ovvero scelte sbagliate – karma cattivo – scelte giuste –
karma positivo. Stesso concetto viene anche rappresentato nel mondo
fantasy della saga Elder Scrolls79, sempre di casa Bethesda.
79
Saga videoludica.
80
Fantasia, Dir. Wilfred Jackson, James Algar, Ben Sharpsteen, Walt Disney
Productions, 1946.
51
Come per Enzo Ceccotti, anche topolino avrà un aiutante inaspettato,
questa volta però maschio: Oswald, il coniglio fortunato81.
I ruoli di Alessia e di Oswald si allineano e lavorano quindi
parallelamente per poter portare l’eroe a sconfiggere il nemico
elargendo consigli e power ups82.
Negli ultimi anni, con il ritorno in auge dello stile retrò ed aesthetic83,
basato sul movimento Vaporwave84, si è cercato di creare storie
ambientate negli anni ’70, ’80 e ’90, avendo quindi la possibilità di
raccontare sia spaccati storici che storie fittizie, immaginate però su
ambienti reali. E’ il caso di Riot - Civil Unrest, Progetto Ustica e Wheels
of Aurelia, tre giochi che rispettano le basi del neorealismo italiano
modificandolo però a proprio piacimento, come Gabriele Mainetti in Lo
Chiamavano Jeeg Robot.
Nonostante le critiche, Riot - Civil Unrest è un simulatore di scontri di
piazza realizzato in pixel85 che ricorda l’effetto con cui si rendono
anonime le persone in tv, si possono controllare i civili o le forze
dell’ordine. Lo scopo di volta in volta è mantenere o sgomberare una
postazione, raggiungere una zona transennata, cercare lo scontro e
costringere l’avversario alla ritirata. L’idea di Riot, in cui tra circa 30
scenari finiti in cronaca e ambientati in Brasile, Usa, Francia, Cile,
spiccano le proteste degli Indignados in Spagna, la battaglia di Keratea
in Grecia, i tumulti di piazza Tahrir al Cairo e ovviamente le proteste
del movimento No Tav. L’idea E’ venuta a Menchiari dalla sua
esperienza: «Ho visto di persona situazioni in Italia dove manifestanti,
inclusi donne e anziani con le mani alzate, venivano brutalmente
81
Personaggio fittizio protagonista dell’omonimo cartone, Walt Disney e Ub Iwerks,
1927.
82
Oggetti in game che beneficiano il giocatore.
83
Ramo della filosofia che studia la natura dell’arte, della bellezza e del gusto.
84
Genere musicale, nonché corrente estetica nata intorno al 2010.
85
Censura.
52
pestati a sangue, mentre quelli che i media chiamano black block
erano gli unici in grado di fermare il massacro»86, sostiene.
Meno polemiche per Progetto Ustica, un gioco che rievoca la tragedia
delle 81 vittime a bordo del DC-9 dell’Itavia, abbattuto mentre volava
sopra il mar Tirreno la sera del 27 giugno 1980. In accordo con
l’Associazione parenti delle vittime e il supporto di Carlo Lucarelli87, la
simulazione permette di salire e muoversi sull’aereo dieci minuti prima
dell’esplosione e di rivivere quegli istanti più volte da diversi punti di
vista «per far conoscere gli avvenimenti alla moltitudine di persone che
non conosce questa storia»88, come spiega il produttore Ivan Venturi.
Infine, arriviamo al gioco più neorealista dei tre, ovvero Wheels Of
Aurelia, che, nonostante la storia fittizia, il videogame di corse
automobilistiche lungo la via del titolo, è lo spunto per raccontare
l’Italia degli anni Settanta attraverso il dialogo su argomenti di attualità
con vari personaggi e compagni di viaggio. “Ci divertiva l’idea di un
neorealismo dei videogiochi, come sguardo sull’Italia di ieri e di oggi»,
racconta Pietro Righi Riva, il game designer di Santa Ragione, «ed
essendo nati negli anni Ottanta abbiamo sempre avuto la percezione,
che fosse appena successo qualcosa di importante nel decennio
precedente. Così ne abbiamo indagato i cambiamenti sociali, cercando
di capire l’intreccio tra eventi storici, panorama politico e cultura pop.
Quindi abbiamo deciso di toccare una serie di temi: il declino della dolce
vita, il terrorismo, le lotte per i diritti dei lavoratori e delle donne e la
cultura urbana, suburbana e rurale italiana di tutti i giorni, tra bar,
osterie, cascine, venditori ambulanti, sagre e camionisti”89. Così
mentre si guida o si partecipa a delle gare, si riescono ad approfondire
86
Leonard Menchiari, L’Espresso, 2016.
87
Scrittore, regista, sceneggiatore, conduttore televisivo e giornalista italiano.
88
Ivan Venturi, L’Espresso, 2016.
89
Pietro Righi Riva, L’Espresso, 2016.
53
argomenti seri come il caso Moro90, la legge sull’aborto, ma anche
l’uscita al cinema di Ecce Bombo91.
90
Insieme delle vicende relative all’agguato, al sequestro, alla prigionia e all’uccisione
di Aldo Moro.
91
Ecce Bombo, Dir. Nanni Moretti, Alphabetafilm, 1978.
92
Attore e produttore cinematografico statunitense.
93
Sigla per New York Police Department.
54
discutibile con i quali combatterà i propri antagonisti in un’operazione
che verrà denominata “Caso Valchiria”, dal nome della droga sintetica
Valchiria.
La moralità quindi dell’agente sarà sempre messa in dubbio e i suoi
metodi saranno non molto convenzionali, ricordandoci quindi
personaggi come The Punisher e Batman, che nonostante la loro
morale, usano metodi alquanto discutibili.
Mark Whalberg, Max Payne nell’omonimo film dice: “Conoscendo con il
tempo Max Payne, mi resi conto che si trattava di un personaggio
umanamente profondo, di un uomo impulsivo spinto dalle emozioni e
assetato di vendetta; proprio a partire da questo cominciai ad
immedesimarmi nel ruolo visto che anche io ho una famiglia e non oso
neanche immaginare cosa significherebbe per me perderla”94.
94
M. Whalberg, Coming Soon, 2008.
55
scontro finale, un po’ come Bowser95 e Super Mario o Link e Ganon.
Nonostante la morte di Alessia, Enzo si sente responsabile di lottare
contro il tempo per poter salvare la propria città da Lo Zingaro, creando
uno stato d’ansia nello spettatore, proprio come nei videogames, dove
accade molte volte di dover combattere contro il boss finale e lottare
contro il tempo. Se pensiamo che i videogame Picchiaduro96 si basano
su due lottatori che combattono, e il countdown che scorre prima di
decretare il vincitore se nessuno dei due si batte prima. I quicktime
event97 sono l’esempio lampante di questo fenomeno, dove,
soprattutto nelle battaglie con i boss, bossfight98, si ha la possibilità di
causare un maggiore danno all’avversario solo se si completa questa
mini sfida nel tempo stabilito.
Di fronte alle tante idee, storie e personaggi presenti nel mondo
videoludico, quindi non si può più affermare, come spesso accade
banalizzando, che il videogame sia un medium disimpegnato. Ma allo
stesso tempo si deve notare come i giochi seri, dato il mercato ormai
sempre più in crescita, siano per lo più frutto di un’iniziativa di piccoli
studi con poche risorse.
95
Personaggio fittizio antagonista nella saga videoludica Super Mario Bros.
96
Genere videoludico basato sullo scontro di nemici di vario genere.
97
Momento in un videogioco dove il mette alla prova i riflessi del giocatore.
98
Termine per definire la battaglia finale con il boss del gioco.
56
Capitolo 5
Sinfonie pop
57
Se con la fine degli anni ’70 entrano nelle case degli italiani i grandi
robot giapponesi, un altro fenomeno si fa prepotentemente spazio: le
sigle dei cartoni animati.
Tra ritmi pop e rime create ad hoc per rimanere impresse dopo solo un
ascolto, le sigle cominciano a creare un fenomeno che riuscirà a
tramandarsi per generazioni fino ad oggi.
Come spiega Giorgio Vanni in un’intervista: “L’idea è quella del creare
delle proprie hit, basandosi sulla struttura di una canzone pop, e dopo
scrivere il testo riguardante il cartone, è questa la particolarità delle
sigle.”99
Affrontando un tecnicismo, la musica pop per definizione è un genere,
appartenente all'insieme della popular music, che trova origine, nella
sua forma moderna, come derivazione del rock and roll.
99
Giorgio Vanni, Intervista con Dario Moccia, Youtube, 2014.
58
mezzi di comunicazione di massa. In altre parole, la musica pop è un
macro genere musicale contemporaneo che ricomprende tutti i
sottogeneri specifici della canzone popolare sviluppatisi a partire
dall'avvento del rock and roll, contraddistinti dalla diffusione
intermediale su supporti fonografici e mezzi di comunicazione”100.
Se pensiamo ai “fab four”101, possiamo capire l’idea che si cela dietro
alla musica pop, dove una band, nonostante la sua indole rock, si
presenta come identità pop per fama e conoscenza dei propri pezzi.
Le sigle hanno lo stesso impatto. Basti pensare che in Giappone, come
in Italia, sono la parte quasi più importante del cartone ed è necessario
uno studio molto approfondito per riuscire a creare la sigla perfetta che
riesca ad accorpare a pieno l’identità del cartone. Si passa dal metal
sinfonico di L’ Attacco dei Giganti102 a il punk di G.T.O., per arrivare al
pezzo più pop dei cartoni per ragazze.
100
Gianni Sibilla, I linguaggi della musica pop, Bompiani, 2003.
101
Soprannome per la band The Beatles.
102
Attacco dei Giganti, manga redatto da Kōdansha, 2009.
59
L’immaginario giapponese delle sigle si estende agli Idol, adolescenti
che diventano molto popolari nel mondo dello spettacolo, soprattutto
in virtù del loro aspetto esteriore, la maggior parte delle volte
ispirandosi al mondo della cultura pop nipponica.
E’ anche grazie a questo aspetto che riesce ad espandersi oltre il paese
del sol levante la cultura pop, tanto da condizionare, come già detto in
precedenza, le generazioni e cambiare il mercato audiovisivo italiano.
Se oggigiorno ricordiamo Giorgio Vanni e Cristina D’Avena103 come i
due più importanti interpreti delle sigle nipponiche, con l’arrivo di Ufo
robot104 nel 1978, importantissimi autori Italiani si combattono l’onere
di poter realizzare una propria versione della sigla di un cartone
animato: i Super Robots, I Cavalieri del Re, Castellina Pasi, gli Oliver
Onions e così via.
L’impatto delle sigle, o OST105, non si ferma solo al mondo audiovisivo,
ma si protrae anche verso quello videoludico, dove riesce a diventare
uno dei capisaldi. Pensiamo a Super Mario o a The Legend Of Zelda; “il
colosso di Kyoto”106 riesce, con dei semplici midi 8-bit107, a creare delle
vere e proprie melodie che aiuteranno il videogame a diventare da un
prodotto venduto in grandi quantità a un vero e proprio culto (di Super
Mario Bros furono vendute infatti oltre quaranta milioni di copie.).
Non è solo il mondo nipponico però a riuscire a creare vere e proprie
OST con pochi bit; anche il colosso americano Atari, sviluppatore di
hardware e delle prime vere e proprie consolle, ricrea una propria
versione delle OST dei film da usare nei videogames inerenti appunto
al film.
103
Cantante, autrice e attrice italiana.
104
Sigla d’apertura dell’anime Jeeg Robot D’Acciaio, 1978.
105
Sigla inglese per Official Soundtrack.
106
Soprannome per la casa di produzione videoludica Nintendo.
107
Vecchio modo per realizzare musica elettronica grazie all’utilizzo del computer.
60
Il mondo videoludico lavora di pari passo con quello cinematografico
sfruttando le figure di compositore, arrangiatore e sound designer,
facendogli raggiungere uno dei principali ruoli nella creazione di un
videogame. Si pensi che Blizzard Entertainment108 ha una vera e
propria personale orchestra usata per realizzare tutte le OST dei propri
videogames, da World of Warcraft109 al nuovo Overwatch110.
Fig. 29 – Orchestra della Blizzard Entertainment durante l’esibizione per i The Game
Awards.
108
Casa di produzione videoludica statunitense.
109
Videogioco MMORPG, Blizzard Entertainment, 2004.
110
Videogioco FPS, Blizzard Entertainment, 2016.
111
Personaggio fittizio interpretato da Giacomo Poretti, 2000.
61
sound design e in molti film ne designa le regole. Prendiamo ad
esempio Fantasia ed il suo sequel112; nei film, la musica non è
d’accompagnamento, ma è la protagonista, e le linee tracciate dagli
animatori si basano sul ritmo e la melodia decisa da essa.
Lo stesso ragionamento viene attuato per la realizzazione dei
lungometraggi più famosi, dove la musica viene usata in scene che, di
norma, sarebbero definite come “tempo morto”113, mentre in questo
caso presentano il personaggio o il plot del film (La nostra memoria
infatti ci fa collegare i film Disney principalmente alla sua OST).
Diciamo che nonostante il periodo “canta tu”114 dello studio di
Burbank115, la realizzazione di un cortometraggio a mo’ di musical, ha
da sempre aiutato a categorizzare i personaggi, buoni o cattivi che
siano, e a renderli vivi. Non a caso, alcuni dei più celebri film
d’animazione della nostra infanzia sono nati come esibizioni di
persone in carne e ossa.
112
Fantasia 2000, Dir. Eric Goldberg, James Algar, Don Hahn, Hendel Butoy, Francis
Glebas, Gaëtan Brizzi, Maurice Hunt, Paul Brizzi, Walt Disney Production, 1999.
113
Linguaggio filmico.
114
Modo di dire per definire il periodo dal 1990 al 1997 dei film Walt Disney
Production.
115
Soprannome per lo studio d’animazione Walt Disney Production.
62
Ad esempio In Biancaneve e i sette nani, lo studio creativo si servì
della tecnica del rotoscopio, che consiste nel ricalcare le figure
precedentemente registrate su pellicola. Quindi, prima ancora che
Biancaneve come la conosciamo vedesse la luce, c’era un suo
corrispettivo realmente esistente. Tuttavia, gli studi creativi non si
erano detti particolarmente contenti del risultato finale: ripassare i
contorni degli attori rendeva le figure «rigide e non attraenti»116,
scrive Messy Nessy Chic117, per cui si decise di lasciare le
rappresentazioni teatrali come traccia a cui fare riferimento. Non a
caso, da Biancaneve in avanti, i personaggi Disney diventano meno
aderenti alle proporzioni anatomiche reali.
Se Walt Disney ha definito lo standard musical come proprio per i
suoi lungometraggi, dall’altra parte del mondo, nel paese del sol
levante, Hayao Miyazaki118 e il suo team fanno della musica un altro
utilizzo, rendendola uno degli elementi essenziali di cui si compongono
le opere del regista. La musica non è solo un accessorio, ma ha una
funzione narrativa fondante e porta la firma fedele di Joe
Hisaishi, compositore ed anch’esso regista. Prevalentemente si tratta
di brani strumentali che affondano le radici nella musica classica,
eseguita da un’orchestra gigantesca con ovvi elementi provenienti della
cultura giapponese. Ma può differenziarsi come nel caso del film I
sospiri del mio cuore, dove viene re arrangiata, per tutto il film, la cover
di Olivia Newton John119 Take me home, Country road. La canzone
appare in tutto il film sia nella copertina originale all'inizio, sia -
successivamente – eseguita. È una parte relativamente piccola del film,
ma i testi fanciulleschi appassionati (il protagonista scrive la sua
116
Messy Nessy Chic, Messy Nessy Chic, 2016.
117
Blog.
118
Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, fumettista e animatore
giapponese.
119
Cantante e attrice australiana.
63
versione giapponese completa di versi originali, soprannominata
Concrete Road) e l'appropriazione di un classico folk, funzionano
perfettamente nel contesto adolescenziale.
120
Studio d’animazione statunitenste.
121
Animatore, regista e produttore cinematografico statunitenste.
122
Canale Youtube.
64
Come per lo Studio Ghibli123, Pixar non ha bisogno di trasformare scene
morte in momenti musical come lo studio di Walt Disney, ed è anche
grazie a questo che riescono ad essere unici e collegati fra loro
(Alla Pixar, quando abbiamo un problema che sembra irrisolvibile,
guardiamo un film qualsiasi di Hayao Miyazaki e ci sono sempre scene
in particolare che ci ispirano! Toy Story è debitore ai film di Miyazaki,
in questo senso. – John Lasseter, Pixar)
Tornando al mondo nipponico e alle citazioni, Naoki Urasawa, da
sempre grande amante della cultura americana pop, chiama il proprio
manga 20th Century Boys (come già detto in precedenza) ispirandosi
all’omonima canzone dei T-Rex ed ispira uno dei principali protagonisti,
Kenji, ad una sorta di cantastorie/bardo/rocker che vorrebbe sfondare
con la musica, componendo dei brani che registra su una cassetta.
Se per il normale mondo giapponese, il J-rock124 prende spunto
dal visual kei per Naoki Urasawa, Harold Sakuishi e Tōru Fujisawa
(come altri) il rock si rifà a sonorità americane, lasciando da parte il
lato estetico. È proprio in opere come Beck/Chop Mongolian Squad125
o G.T.O che ritroviamo la caratterizzazione della rock music nella sua
essenza, evitando di giapponesizzarlo come altri elementi della cultura
estera.
Nonostante non sia possibile udire leitmotiv nei manga, la bravura dei
mangaka sta nel riuscire a far ascoltare i motivetti grazie alla
realizzazione e al dinamismo delle scene, sia grazie ai personaggi;
scene super eroiche realizzate così alla perfezione da regalare una
fanfara eroistica senza il minimo suono possibile, solo quello della
123
Studio d’animazione giapponese.
124
Abbreviazione per definire la corrente musicale Japan Rock.
125
Beck/Chop Mongolian Squad, manga scritto e disegnato da Harold Sakuishi,
Kōdansha, 2000.
65
carta. Ed è anche un po’ l’idea che sta dietro ai comics americani, ora
cinecomics126, che sono passati da non avere l’audio ad averlo in 7.1127.
Parlando di Dolby Surround, non è possibile non citare le colonne
sonore dei film, maggiormente di stampo americano, che li hanno da
sempre accompagnati e continuano a farlo; da Jurassic Park128 a Star
Wars129, le colonne sonore o temi, sono diventate un vero e proprio
pilastro assieme al merchandising per la promozione del film; molti film
addirittura sono diventati celebri maggiormente grazie alle suddette
musiche. Da John Williams a Hans Zimmer, i compositori sono riusciti
a farsi un nome creando delle colonne sonore uniche e ad hoc per i
film. Prendiamo ad esempio la sovra citata colonna sonora per i
cinecomic: secondo un video di Sideways, il tema per il super eroe deve
rispecchiare ciò per cui l’eroe in questione si batte; di riflesso è
possibile notare come la marcia imperiale di Darth Vader incuta terrore,
mentre il tema classico di Star Wars rispecchi la speranza della libertà
e la gloria del tutto è bene ciò che finisce bene.
Nonostante il periodo storico e lo stile filmico completamente diversi,
anche per il neorealismo italiano la colonna sonora è parte integrante
dei film e si avvale di grandi compositori come Nino Rota ed Ennio
Morricone. E’ bene però precisare che nei primi anni del dopo guerra i
giovani Cesare Zavattini, Roberto Rossellini e Vittorio De Sica si
formano al suono di un cinema che nulla pretende dalla musica e ciò
può spiegare l’inadeguatezza dei contributi musicali nei film più
rappresentativi del neorealismo. Ciò è dato da il deludente
coinvolgimento di compositori d’area colta, inaugurato
con Cabiria (regia di Giovanni Pastrone, musica di Ildebrando Pizzetti,
126
Definizione del genere cinematografico riguardante il mondo dei fumetti
supereroistici.
127
Standard audio cinematografico.
128
Jurassic Park, Dir. Steven Spielberg, Universal Pictures, 1993.
129
Star Wars, Dir. George Lucas, Lucasfilm, 1976.
66
1914) e prolungatosi negativamente nel cinema fascista (Acciaio di
Walter Ruttmann, musiche di Gian Francesco Malipiero, 1933).
È con Ennio Morricone però che si ha il merito di avere determinato
originali e specifiche modalità d’approccio ai bisogni del cinema, con un
linguaggio musicale dotato di peculiarità timbriche, ritmiche e
melodiche intese a recuperare e valorizzare la tradizione anche più
arcaica, ma allo stesso tempo adeguato a quel generalizzato grado di
sincretismi già presente in Francia e in America.
I primi registi neorealisti, come detto in precedenza, si affermano con
uno stile di musica non imponente e di secondo piano, poichè
rappresentanti della situazione italiana del tempo e del film stesso
come finestra su un cortile devastato dalla guerra; si pensa molto più
all’importanza della storia che si vuol raccontare e dei personaggi che
alla musica, nonostante il suono faccia da padrone nelle scene dei
bombardamenti o sparatorie onnipresenti nei film.
Fellini ha invece un rapporto particolare con i propri compositori (da
Nino Rota a Nicola Piovani). Durante una conferenza tenuta da Nicola
Piovani sul rapporto di Fellini con la musica, questi ci ricorda che il
regista romagnolo diceva sempre di aver paura della musica perché si
sentiva ricattato, strozzato da questa cosa che gli scatenava emozioni
che non poteva controllare. Piovani svela inoltre che la maggioranza
delle musiche di Nino Rota usate nei film di Fellini girano attorno ad
una melodia semplice, quella della canzone portoghese Coimbra. “Nino
Rota non copiava, dice Piovani, semplicemente si ispirava a questa
musica, una delle sole che Fellini amasse e ascoltasse.”130
La particolarità del regista era quella de non voler per forza accorpare
musica e scena insieme (rimandandoci all’utilizzo della musica da parte
di Pixar). Sempre raccontato da Nicola Piovani: “La musichetta che
accompagna la scena in cui a casa di una Anita Ekberg ormai
130
Nicola Piovani, Conferenza su Fellini e la musica, Repubblica, 2003.
67
invecchiata, Marcello Mastroianni vestito da Mandrake fa una magia e
fa apparire uno schermo piccolo su cui si proietta la scena della Fontana
di Trevi de “La dolce vita”, l’ha scritta assieme a Fellini.” E continua
“No, non voglio la canzone de La Dolce vita qui sotto, una scena così
l’ho già fatta. Io gli rispondevo che non potevamo mettere il motivetto
ironico di Intervista sotto una scena così importante. Allora Fellini mi
ha detto: “perché non proviamo a mescolarli? L’abbiamo fatto in “la
voce della luna”. Ammetto che a volte la musica ha dei limiti: Quel film
era pieno di disperazione. Bisognava cercare un tema musicale che
esprimesse altra cosa. Perché la musica non ha alcun ruolo nella
disperazione. In quello stato dello spirito meglio che la musica può il
silenzio.”131
Fig. 32 – Marcello Mastroianni nei panni di Marcello Rubini e Anita Ekberg nei panni
di Sylvia nel film La Dolce Vita.
131
Op. cit. pag. 59
68
dice “Per me la musica è fondamentale in un film. E’ sempre presente,
pure quando pensi che non ci sia, è li e crea l’ambiente della scena”132.
E la musica è proprio una delle componenti fondamentali di “Lo
chiamavano Jeeg Robot”, così tanto da portarsi a casa una nomination
ai David di Donatello. In un’intervista a Rolling Stone133, il compositore
Michele Braga dice:” Gabriele aveva un’idea di colonna sonora, e
sapeva soprattutto che cosa voleva ottenere e in quale errore non
voleva cadere. Insieme abbiamo trovato questa via: una via quasi
esclusivamente elettronica. È vero che stai parlando di un supereroe,
però è sempre Enzo Ceccotti, della periferia di Roma, che parla
romano, quindi non puoi metterti a fare un commento sinfonico alla
Zimmer. Dovevamo svuotare, togliere il più possibile anche quelle che
erano le nostre sovrastrutture. Abbiamo cercato di concentrarci sulle
timbriche elettroniche, tenendo solo uno strumento a percussione, che
è il pianoforte. Che è servito a delineare il tema, quello di Enzo, che in
certi punti viene ripreso e aiutato da arrangiamenti di archi e che poi,
134
alla fine, esplode.”
La forza della musica del film sta nel sapersi fare da parte. Nel non
cercare per forza un suo spazio, ma nell’aiutare, dove serve la
narrazione. L’utilizzo della vena ’80 e il suo attaccarsi al personaggio
de lo zingaro come una ventosa lo fa automaticamente diventare lo
Ziggy Stardust135 italiano.
La colonna sonora di Lo Chiamavano Jeeg Robot è un mix tra un
classico tema super eroistico sullo stile di Man of Steel136 ma allo stesso
tempo ha i suoi crescendo in stile Lo chiamavano trinità137, mescolando
l’americanità acquisita con l’italianità originale, proprio come nei film
132
Gabriele Mainetti, Intervista con Gabriele Mainetti, ScreenWeek, 2016.
133
Magazine periodico di musica, politica e cultura di massa.
134
Michele Braga, Intervista con Michele Braga, Rolling Stone, 2016.
135
Personaggio fittizio alter ego di David Bowie.
136
Superman – Man Of Steel, Dir. Zack Snyder, Warner Bros, 2013.
137
Lo Chiamavano Trinità, Dir. E.B. Clucher, West Film, 1970.
69
neorealisti. Ciò avviene anche sul sound design del film intero, basato
su l’utilizzo del dolby 7.1 per pugni, esplosioni e quant’altro si possa
trovare in un classico kolossal americano, ma mixato con i suoni
dell’ambiente circostante e i suoi immensi spazi aperti.
70
Capitolo 6
L’elemento femminile
71
L’elemento femminile è da sempre una parte importante nel fumetto,
soprattutto super eroistico; infatti la donna ha da sempre avuto ruoli
determinanti nella nona arte, non essendo solo la “spalla” o fidanzata
dell’eroe o la vittima predestinata del criminale o del mostro di turno.
ci sono centinaia e centinaia di esempi di donne forti, donne che hanno
anticipato le tematiche di emancipazione, libertà, maternità e diritti
nell’ambiente del lavoro. Da la reporter Brenda Starr138 che ha vissuto
più di 70 anni prima di chiudere battenti definitivamente nel 2011, a la
più famosa Wonder Woman (oggi diventato un famosissimo cinecomic
con l’interpretazione di Gal Gadot139), la donna è sempre stato un
elemento chiave per il mondo pop.
Se prendiamo per esempio Star Wars, non è Luke Skywalker140 a
portare il “messaggio di pace”141, bensì la principessa Leia142, colei che
diventa l’ambasciatrice della ribellione contro Darth Vader, così come
sua madre Padme143, la senatrice di Naboo144.
Passando per un altro colosso della cultura nerd, lo studio dello zio145
Walt Disney, la più alta percentuale dei protagonisti tende al femminile,
da principesse che hanno da portare un fardello per tutta la vita, a
eroine che lottano contro il male. (Consideriamo anche il fatto che lo
studio di Disney si reggeva grazie anche alle lavoratrici che facevano il
grosso lavoro “sporco”).
Se parliamo della compagnia di Burbank146, ci è impossibile non
nominare l’eterna fidanzata del topo più famoso del mondo: Minnie
Mouse. Minnie è la ragione per cui Topolino si caccia nei guai, ma allo
138
Personaggio fittizio protagonista dell’omonimo fumetto, Comics Strip Classic, 1940.
139
Attrice e modella israeliana.
140
Personaggio fittizio protagonista del film Star Wars, Lucasfilms, 1976.
141
Citazione per definire i piani della Morte Nera nel film Star Wars.
142
Personaggio fittizio protagonista del film Star Wars, Lucasfilms, 1976.
143
Personaggio fittizio del film Star Wars, Lucasfilms, 1999.
144
Pianeta fittizio all’interno dell’universo del film Star Wars, Lucasfilms, 1976.
145
Soprannome per Walt Disney.
146
Altro nome per definire lo studio d’animazione Walt Disney Productions.
72
stesso tempo vive. Per quanto naif e ingenuo il suo personaggio possa
sembrare, Minnie è molto astuta e consiglia molte volte topolino sulla
direzione giusta da prendere. Nel videogame Kingdom Hearts147, la
regina Minnie sa che il suo amato è sparito per un’importante missione,
e nonostante la mancanza, in cuor suo sa che deve mantenere saldo il
proprio regno, durante l’assenza di Topolino.
147
Videogioco avventura-GDR, Square Enix, 2003.
148
Animatore, scrittore e produttore cinematografico polacco naturalizzato
statunitense (1905 – 1972).
73
e grazie alla sua eroticità diventa un personaggio iconico, una sorta di
“oca giuliva” alla quale anni dopo si sarebbe forse ispirata Marilyn
Monroe. Il fumetto muore pochi anni dopo per via della censura del
momento.
Pochi anni dopo, con l’entrata in guerra degli Stati Uniti nel conflitto
mondiale, occorre diversificare l’offerta e renderla gradita al pubblico
femminile; nascono così le prime eroine in calzamaglia: da Panthom
Lady della Fox Comics, passando per Wonder Woman, Black Canary,
Blonde Phantom (Timely, ora Marvel149), Golden Girl, Namora, Sun
Girl, Venus e Miss America.
149
Casa editrice statunitense.
150
Filosofo, scrittore e musicista (1712 – 1778).
74
successivamente con l’avvento delle civiltà l’uomo viene corrotto da
sentimenti come l’odio e la voglia di sopraffare gli altri”151; l’eroina
amazzone deve quindi abbandonare la sua purezza originale, per
affrontare le prove che l’esterno delle mura del suo paese che le si
prospettano.
Wonder Woman rappresenta quindi la donna che deve abbandonare la
purezza all’interno della propria casa, per tirare su famiglie che
mancano di un pater-familias; è la donna che prende questo posto
creando quindi una nuova identità femminile. Ragazze vincenti ne è
l’esempio più lampante, considerato che il film è tratto dalla storia vera
degli inizi della All-American Girls Professional Baseball League, il
campionato di baseball femminile che si giocò dal 1943 al 1954.
Non starò a parlare delle suffragette e della parità dei sessi, perché
non rientra in questo mio testo, ma se la donna fosse rimasta in una
posizione subordinata, le storie super eroistiche avrebbero sicuramente
avuto un esito diverso; è infatti difficile pensare ad un super eroe che
riesca a “salvare il mondo” completamente da solo. E’ vero che nel caso
di alcuni eroi/anti eroi come Batman152, o Daredevil153, non è l’amore
per una donna fisica, bensì più metafisica, intendendo la propria città
(Gotham city154 per il primo ed Hell’s Kitchen155/NYC per il secondo) a
spingere l’eroe a confrontarsi contro le mille peripezie di fronte a lui.
Come dicevamo nei capitoli precedenti, Ulisse sfida mari e divinità pur
di tornare a casa e salvare la propria terra e la propria moglie.
Vi è poi quella parte femminile che non è né protagonista né “mezzo”
per arrivare al fine; Se per Doctor Strange156, Wong è un servitore
indispensabile, la Pina lo è altrettanto per Fantozzi. Il ragioniere
151
Jean-Jaques Rousseau, Émile ou de l’éducation, 1762.
152
Personaggio fittizio dell’omonimo fumetto, DC comics, 1939.
153
Personaggio fittizio dell’omonimo fumetto, Marvel comics, 1970.
154
Città fittizia del fumetto Batman, DC comics, 1939.
155
Quartiere di New York City.
156
Personaggio fittizio dell’omonimo fumetto, Marvel Comics, 1963.
75
disprezza sua moglie e sua figlia, dimostrandosi un egoista che odia la
sua miserabile vita, invidiando quella degli altri; ma è solo quando la
Pina piange davanti a lui, durante la partita a stecca con il direttore,
che in Fantozzi si risveglia qualcosa, una sicurezza interiore, che lo
aiuta a vincere la partita che sembrava spacciata fino a quel momento.
Nella storia si rappresenta la differenza tra due standard femminili
marcati: la già citata Pina e la Signora Silvani157, amore platonico del
ragioniere.
157
Personaggio fittizio del film Fantozzi, Cineriz, 1975.
158
Attrice italiana.
76
Sono proprio i rapporti con questi due elementi femminili lo specchio
dello stato lavorativo di Fantozzi; infatti è impotente nella scalata
sociale e si ritrova attaccato al proprio lavoro senza speranza di
progredire, proprio come il suo matrimonio, tanto odiato, ma che mai
abbandonerà pur cercando di incoronare il suo sogno d’amore.
E’ l’amore anche uno dei temi del film di Mainetti e l’uso improprio che
ne fanno i suoi protagonisti Alessia ed Enzo. La prima, si immagina un
amore principesco, come quello dei cartoni, ma allo stesso tempo, dati
degli abusi del padre, ne conosce solo la versione sbagliata ed Enzo
conosce solo un amore sporco, violento, senza morale, come lui e i suoi
DVD vm. 18.
Alessia è l’insegnate di vita per Enzo, colei che, nonostante i suoi
problemi, gli insegna come vivere la vita ed amare, sia lei, che il
prossimo, tramite gesti semplici. Sono i suoi “super poteri” immaginari
a plasmare Enzo e fargli compiere il suo destino: trasformarsi in Jeeg
Robot, diventare migliore.
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che il suo cuore batte proprio come quello degli altri ed è buono, non
puro, ma buono. Elemento che va a contrastare l’assente morale e
bontà dello zingaro che, come la Signora Silvana in Fantozzi, si
approfitta del suo cuore per arrivare ad un proprio fine.
La natura dell’anima dell’uomo è facilmente corruttibile, la vita ce ne
dà prova ogni giorno, ma la speranza di una redenzione muore sempre
per ultima, ed è proprio la speranza che rende Alessia così insistente e
fiduciosa nei confronti di Enzo.
La speranza è la stessa componente che aiuta Kana159 e Kenji (20th
Century boys) a ritrovarsi l’un l’altro nel manga di Naoki Urasawa. I
due infatti passeranno lunghi anni senza vedersi, con il terrore di
essersi persi, soprattutto da parte di Kenji, che considera Kana una
figlia. La loro speranza riesce a riformare la banda degli amici ormai
dispersi, per combattere il male sprigionato dalla setta dell’Amico160.
Ed è anche lo stesso motivo, anche se trasformato in vendetta ed ira,
che smuove Frank Castle (The Punisher) a vendicarsi della propria
famiglia che è stata sterminata dalla mafia irlandese. Castle non è
propriamente l’esempio più etico palpabile, ma, essendo considerato
l’anti eroe per eccellenza, le sue intenzioni, per quanto paradossali,
hanno una logica ed una morale a fin di bene.
Ne la serie Netflix161 dedicata al personaggio di Daredevil, è Karen
Page162 l’unica persona con cui Castle vuol aprirsi e parlare quando è
ferito all’ospedale ed è lei l’unica che tenta di riportarlo sulla retta via.
Karen è anche l’amore terreno del diavolo di Hell’s Kitchen, che,
nonostante il suo amore platonico per Elektra163, è conscio di non
159
Personaggio fittizio del manga 20th Century Boys, Shōnen Sunday, 1999.
160
Personaggio fittizio del manga 20th Century Boys, Shōnen Sunday, 1999.
161
Casa di produzione cinematografica e servizio streaming on-demand.
162
Personaggio fittizio del fumetto Daredevil, Marvel Comics, 1972.
163
Personaggio fittizio del fumetto Daredevil, Marvel Comics, 1972.
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appartenere al mondo di quest’ultima. Elektra infatti opera in vie che
Daredevil rifiuta portandoli allo scontro diverse volte.
Succede anche che in alcuni testi la donna sia inconsapevole della sua
missione, ma che riesca ad essere comunque efficace; è il caso del
manga di Tōru Fujisawa, G.T.O, dove il protagonista Eichi Onizuka,
decide di diventare professore solo per il gusto di guardare le
mutandine delle studentesse, le quali, da prima molto naif,
diventeranno un punto chiave della serie, determinando molte volte
l’esito di alcune imprese del professore.
Le studentesse infatti, all’inizio perfide e scontrose nei suoi confronti,
aiuteranno senza volerlo Onizuka a diventare sempre più un professore
modello, quello che molti studenti giapponesi vorrebbero avere nella
realtà, data la chiusura mentale del paese.
E’ possibile però anche collegare l’identità femminile indipendente
anche al cinema neorealista, che crea personaggi già molto
tridimensionali ed emancipati rispetto al periodo, sia per, come detto
prima, la guerra e l’assenza della figura maschile, sia per una sempre
più forte presa di coscienza del popolo femminile. Nel film Roma Città
Aperta Anna Magnani interpreta una perfetta Pina, madre e neo sposa
di Francesco, un partigiano molto importante per la riuscita
dell’indipendenza Italiana.
Pina si ritroverà a dover lottare per sopravvivere alla guerra e aiutare
la ribellione con le proprie forze. E’ proprio con la sua fucilazione che
si denota l’indipendenza rispetto alla figura standardizzata della donna
del tempo; Infatti quando Francesco sarà sequestrato dai nazifascisti,
Pina se ne sbatterà di tutti e di tutto, anche della consapevolezza del
poter morire, pur di chiedere giustizia per il suo amato.
E’ anche il caso di Maria Goretti, santa e martire dalla Chiesa cattolica.
Vittima di omicidio a seguito di un tentativo di stupro da parte di un
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vicino di casa, reso poi film da Augusto Genina164. La bambina prende
posizione contro il tentato abuso sessuale del vicino e dimostra sia la
sua forza interiore tanto quanto la sua struttura morale.
Nonostante il giudizio popolare, L’elemento femminile nel mondo pop,
così come in quello reale, ha il compito della sua rivalsa, per dimostrare
una propria indipendenza e per “ripulirsi” dai preconcetti e pregiudizi
che gli sono affibbiati automaticamente.
Fig. 39 – Silvana Pampanini e Massimo Girotti nel film Un marito per Anna Zaccheo.
164
Regista italiano.
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«Ogni giorno mi sveglio con la stessa speranza: lo troverò oggi un
marito che fa per me? Non penso che a questo»165, sospira Silvana
Pampanini affacciandosi alla finestra della sua camera da letto in Un
marito per Anna Zaccheo di un Giuseppe De Santis più che mai dalla
parte delle donne, pronto a cogliere gli umori, quelli corrosivi ma anche
quelli concilianti, della sceneggiata napoletana.
Un po’ come il caso di Orgoglio e Pregiudizio dove Elizabeth Bennet166,
ragazza intelligente e brillante, non ancora ventunenne, è capace di
scandalizzare con la sua impertinenza e di godere della comicità delle
cose grazie all'ironia e alle battute taglienti. In un’Inghilterra basata su
pregiudizi e divario tra ricchi e poveri, Elizabeth ha una mentalità molto
avanti per il periodo in cui vive, data dal suo volersi sposare solo con
chi ama e non tramite contratti matrimoniali pre impostati. È vero,
Elizabeth Bennet e Jane Austen167 non sono gli esempi più lampanti ed
inerenti alla cultura pop o neorealista, ma hanno uno spessore di
rilevanza molto importante per la figura femminile e la sua
emancipazione.
E’ proprio questa la potenza del personaggio di Alessia, ovvero riuscire
ad “emanciparsi” dal luogo comune della borgata e diventare quasi la
protagonista del film, l’unica che può far diventare Enzo Ceccotti, Jeeg
Robot D’Acciaio.
165
Silvana Pampanini, Un marito per Anna Zaccheo, Diana Cinematografica, 1953.
166
Personaggio fittizio del romanzo Orgoglio e pregiudizio, 1813.
167
Scrittrice inglese (1775 – 1817).
81
Considerazioni Finali
La popolarità della cultura di massa è sempre in crescita, alimentata
da, come detto in precedenza, nostalgia, immaginazione e anche a fin
di lucro (come per tutte le cose). A differenza della tecnologia, in
questa cultura non si rimane indietro o si corre troppo veloce, è un po’
come se il tempo non esistesse, (basti pensare a capolavori come Il
Signore Degli Anelli, scritto nel 1955 e trasposto in film nel 2002) ma
è la massa a decidere l’andamento, dato il suo interesse.
Sta alla massa decidere se Dungeons & Dragons potrà continuare ad
essere in eterno il più importante gioco da tavolo mai creato, o farlo
dimenticare come tante altre cose che sono arrivate e sorpassate in
poco tempo.
E’ certo però smettere di dire, nel ventunesimo secolo, che la cultura è
solo quella trovata su libri scolastici o enciclopedie, data ormai la
vastità di possibilità che è possibile trovarsi davanti. Lezioni per i più
piccoli su Disney Channel o altri canali d’intrattenimento, informazioni
storiche grazie al mondo videoludico che si è reso un importantissimo
“professore” in questo ambito, divulgazioni fantascientifiche grazie ai
fumetti e fiere e storytelling grazie alle possibilità lavorative create
dalle Software House o le case di produzione cinematografiche.
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Bibliografia e Sitografia
Libri
S. Della Casa, Pop film art ed. Illustrata, 2012, Edizioni Sabinae, a cura
di D. E. Viganò.
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F. Miller, Daredevil (collana dell’uomo senza paura), Illustr. Klaus
Janson, 2008, Marvel Comics.
W. Williams, Significant Zero: Heores, Villains and the fight for the art
and soul in videogames, 2017, Atria Books.
Articoli
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AdnAgenzia, Cinema: la musica del neorealismo italiano, 27
Novembre 1995, adnkronos.com, reperibile online all’url
http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1995/11/27/Spett
acolo/CINEMA-LA-MUSICA-DEL-NEOREALISMO-
ITALIANO_145500.php
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Redazione Metismagazine, Storie in Pixel – Eroi e antieroi nel mondo
videoludico, 2 Giugno 2017, Metismagazine, reperibile online all’url
https://metismagazine.com/2017/06/02/storie-in-pixel-eroi-e-
antieroi-nel-mondo-videoludico/
Siti
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Fredrik Knudsen, “Anime and Otaku” su Youtube
https://www.youtube.com/watch?v=zZsFQPdU2dw&list=PLODPCwofg
6u9hnSYTYq7MjgjAKZyyvEdr&index=6&t=513s
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Repubblica.it, “Pastorelli e il provino per Jeeg Robot”, su Youtube
https://www.youtube.com/watch?v=sgBIMc8hlSk&index=13&list=PL
ODPCwofg6u84CL4403fYjMx-GSbkcp2X&t=0s
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