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Per una definizione in termini giuridici del concetto di multimedialità nel copyright

La nozione di multimedialità, concetto di cui si fa largo uso nelle diverse applicazioni cui concorre,
si presenta tuttora con contorni piuttosto ampi e vaghi. Nei vari campi in cui è impiegato tale
termine, assume via via connotazioni ed implicazioni diverse, a seconda dell’oggetto materiale che
supporta un contenuto o a seconda dell’area applicativa.

L’indefinitezza di tale termine sussiste anche in ambito internazionalistico: neppure gli Stati Uniti
hanno elaborato una definizione precisa del concetto in esame.

Il termine 'multimedia' presenta svariate implicazioni: in primis, sotto il profilo didattico, settore nel
quale si scontrano e si incontrano molteplici teorie definitorie e applicative.
Non solo tale concetto è stato bandiera di una "rivoluzione multimediale interattiva", ma - leggendo
Rodolfo Marchisio1 - esso ha anche avuto la funzione di contenitore che ognuno ha riempito con la
proiezione delle proprie idee e dei propri sogni.

Lo stesso Marchisio ci offre alcune delucidazioni sul tema e ci riporta la definizione di Stefano
Penge: la multimedialità indica la presenza e l’interazione di diversi linguaggi all'interno di un
oggetto o di una tecnologia di comunicazione.

In passato, tale termine veniva impiegato in via negativa implicante una fase di crescita oltre la
monomedialità: secondo il Dr. L. Schomaker del Nijmegen Institute of Cognition and Information2,
la multimodalità è la capacità di un sistema di comunicare con l'utente (dotato di sensi, quali l'udito,
il tatto e la vista) attraverso differenti tipi di canali comunicazionali e ad estrarne e convertirne il
significato automaticamente.

Marchisio ci riporta altresì le definizioni datene da Negroponte e Maragliano, sottolineando che


l'insegnamento non può esaurirsi nelle caratteristiche così delineate: per il primo, la multimedialità
è ricchezza audiovisiva, profondità conoscitiva e informativa, interattiva; per il secondo, è
avvincente come un film, sistematico come un libro, interattivo come un videogioco.
Marchisio precisa che la vera novità è proprio la capacità del computer di eseguire degli ipertesti in
maniera digitale e quindi interagire, creando un vero percorso originale e personale con il fruitore.
Marchisio prosegue: "L'esecuzione non avviene in maniera diretta, ma mediata da una serie di
codici [...] tramite una sorta di democrazia mediatica, interpretando qualsiasi materiale come
codice binario, consentendo di relazionare le informazioni tra di loro". Gli ipertesti contribuiscono
ad ampliare i contenuti già esistenti, consentendo, ad esempio, la trasformazione di un sottofondo
musicale ad oggetto dell'interazione, oppure l'inserimento di documenti ipertestuali (come il link al
sito della Scala di Milano durante una lezione online di Storia della Musica).

Giancarlo Albertini3 ci racconta della sua personale esperienza didattica.


In passato, nelle scuole si privilegiava un apprendimento di tipo linguistico verbale, impiegando
percorsi cognitivi ora ampiamente superati. Il metodo attuale si basa su un approccio iconico,
mediato dalle nuove tecnologie. Albertini ce lo spiega riportandoci le parole di D. R. Olson: "Ci
sono tanti modi di essere intelligenti, quanti sono i linguaggi con cui possiamo rappresentare la

1 http://www.pavonerisorse.to.it/multimedia/critica_concetto.htm

2 Il termine 'modale' può coprire entrambe le nozioni di "modalità" e "modo": per modalità si intende il tipo
di canale di comunicazione impiegato per acquisire le informazioni, o l'espressione/percezione di un'idea, ed
anche la manifestazione dell'azione; il termine "modo" si riferisce ad uno stato che determina il modo in cui
l'informazione è interpretata al fine di estrarne o trasformarne il significato. http://hwr.nici.kun.nl/~miami

3 http://www.onlynx.it/txt/sc-laboratorio.html
nostra intelligenza". Egli ci ricorda inoltre il concetto di 'matetica', coniato da Papert, che indica
l'arte di comprendere i processi che attualmente si verificano all'interno di un laboratorio scolastico:
tutti apprendono da tutti, vi è un continuo arricchimento reciproco. Sono gli stessi allievi che
insegnano ad insegnare e ad apprendere.

Altri problemi sono quelli affrontati da Maurizio Mazzoneschi4, il quale evidenzia l'ostacolo che si è
venuto a creare all'interno dei laboratori in seguito all'introduzione della sanzione penale sull'attività
di 'reverse engineering': tale pratica è volta a "smontare un sistema, farlo a pezzi, condividerne con
altri i segreti ed eventualmente rimontare il tutto”. L’attuale legge d'autore impedisce questa
pratica, sanzionando penalmente lo sviluppo di applicazioni che rimuovono o aggirano le protezioni
software o decodificano dati criptati. “Come può un insegnante proporre un'attività per
l'apprendimento sanzionata per legge...?". Altre e contraddittorie problematiche sono presenti nelle
scuole, così come enucleate da Mazzoneschi (ad esempio, la necessità del bollino SIAE su ogni
supporto).
Graziella Tonfoni5, docente di Linguistica Computazionale e di Elaborazione dei Testi Letterari
preso l'Università degli Studi di Bologna, sintetizza il concetto: "La multimedialità [..] è
compresenza e pluralità di diversificate risorse tecnologiche, quello che semioticamente si chiama
'compresenza di più canali' con una decisiva prevalenza del canale visivo, [...] fatta di cose
concrete, strumenti". Ella ci indica tale concetto come un insieme di processi cognitivi mediati,
fondato su una specie di democrazia che consta nell'integrazione dei "vari modi di fare le cose",
parallelamente ad una molteplice offerta di itinerari possibili. I processi cognitivi vengono ampliati
e mai sostituiti (in questo senso, il concetto di multimedialità assume una connotazione positiva,
contribuendo ad ampliare la portata di altri strumenti già esistenti, senza nulla togliere agli stessi).

Steinmetz6 ci parla di un concetto di multimedia che ruota attorno all'applicazione per la quale, dal
punto di vista del fruitore, le informazioni possono essere rappresentate come segnali audio o
immagini in movimento.

Buxton7 focalizza invece sul medium o tecnologia piuttosto che sull'applicazione o sul fruitore.
Per comprendere tale distinzione, è necessario fare una piccola digressione: la multimodalità ricerca
un naturalismo nel rapporto uomo-macchina; la realtà virtuale tende invece ad imitare la realtà
attraverso un'immersione illusoria.

Alla luce di quanto sinora esposto, è già possibile delineare alcuni elementi determinanti ai fini di
una prima definizione di multimedialità: da una parte abbiamo la funzione del computer in veste di
strumento (soprattutto per ciò che riguarda la fruizione e la digitalizzazione di contenuti analogici) e
dall'altra esso può essere anche un "dialogue partner"8. In questa interazione, sono presenti tre
soggetti, ovvero chi crea o avvia il processo, chi media (in questo caso, si tratta di una macchina,
appunto) e chi fruisce ed interagisce con la macchina, producendo un rapporto diretto o indiretto
con colui che crea (processo insegnamento/apprendimento/insegnamento mediato).

4 http://www.onlynx.it/txt/sc-implicazioni_d_a.php

5 Graziella Tonfoni, tra l'altro, ha sviluppato il CPP-TRS (Communicative Positioning Program - Text
Representation Systems. CPP-TRS), metodologia innovativa per promuovere l'efficacia della scrittura,
della lettura e di altre realizzazioni comunicative.
http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/tonfoni.htm

6 Vedi nota n. 2.

7 Vedi nota n. 2.

8 Vedi nota n. 2.
Elementi altrettanto fondamentali ed importanti sono da un lato il processo cognitivo democratico
basato sull'iconografia e, dall'altro, il procedimento digitale di commutazione e lettura delle
informazioni che avviene con l'azione mediatica della macchina.

Ma a questi aspetti didattico-definitori, si congiungono altre e più vaste implicazioni: sarà molto
interessante analizzare la definizione prettamente tecnica del termine "multimedia" per poi infine
tracciarne una linea comune che possa avere una qualche valenza giuridica.

Quasi ogni operatore nel settore delle comunicazioni ha tentato un approccio alla definizione del
concetto in esame. Tra le più interessanti, vediamo quella data dal CCETT (Centre Commun
d'Etudes de Telediffusion et de Telecommunucation) che attribuisce tale termine ad un sistema o
servizio che integra immagine, testo e audio, gestiti in maniera ottimale e che necessita di un
numero minimo di funzioni di manipolazione. Senza dubbio, questa è una teoria affascinante, ma
resta comunque riduttiva e poco utile alla nostra ricerca. Si rivela pertanto necessario procedere
all’analisi del percorso storico in campo tecnico che ha condotto alla nascita di tale concetto. Ad
esempio, perché tale termine non è stato coniato con l'avvento del cinematografo o della
televisione? E' certamente vero che tali canali impiegano più di un mezzo (cd. media), ma cosa
manca loro per essere definiti multimediali in senso tecnico?

Schomaker già distingueva la multimodalità dalla realtà virtuale, ma è necessario peraltro evitare la
confusione creata dall'utilizzo indistinto dei termini "multimedia" e "video interattivo", come ben
analizzano Bergman e Moore9: "per parecchi anni, il videodisco fu l'unica risorsa di segmenti di
immagini in movimento, alla quale si poteva accedere rapidamente per ottenere un'effettiva
interattività. In seguito, il termine impiegato per indicare tali applicazioni fu quello di "videodisco
interattivo", comunemente indicato come IVD. Recentemente, la tecnologia digitale ha permesso
l'uso di altri dispositivi, in particolare i piccoli dischi digitali chiamati "CD-ROM". Un altro fattore
è stato lo sviluppo di applicazioni basate su immagini costituite da figure grafiche e suono digitale,
e nessuna immagine in movimento. Il termine multimedia è stato adattato in modo generico a tali
applicazioni".
Il concetto di applicazione multimediale era, all'epoca, intercambiabile con quello di videodisco
interattivo (IVD), ma veniva altresì impiegato per indicare alcune presentazioni effettuate mediante
proiettori multitraccia accompagnati da registratori audio e controllati da un computer.
In seguito, tale termine ha incluso ogni presentazione audio/video la cui capacità veniva estesa dalle
nuove tecnologie.

Eric G. Hansen10 ha precisato inoltre che le presentazioni soltanto sonore non sembrano sposare il
concetto di multimedia; le presentazioni soltanto visive rientrano invece in tale definizione, in
quanto basate su immagini. Un'immagine ferma non è però sufficiente; ma se essa viene
accompagnata dal suono allora pare adattarsi al concetto di multimedialità, poiché impiega "figure
digitali e suono digitale". La sua opinione ci porta a definire quale "vera applicazione
multimediale" solo quella dotata di immagini in movimento e audio.

Da quanto emerge, è possibile comprendere come non sia stata l'invenzione del procedimento
digitale che ha consentito il sorgere di un nuovo concetto, essendo esso applicabile anche a sistemi
complessi analogici. Restano invece ancora utili al nostro scopo la duplice funzione di strumento e
di "dialogue partner" cui si presta la macchina ed il processo mediatico e democratico
dell'apprendimento/insegnamento basato sull'iconografia. Pertanto, sembra intuitivo presumere che
tale concetto non sia stato coniato all'epoca della nascita del cinema o della televisione, in quanto
questi ultimi venivano ritenuti semplici strumenti di svago. Mai era stata loro attribuita la funzione
9 http://lists.w3.org/Archives/Public/w3c-wai-ua/2000AprJun/0503.html

10 Vedi nota n. 2.
didattica in senso lato e, pertanto, interattiva11 in senso stretto.
Sin qui, il termine "multimedialità" sembra piuttosto il frutto di una necessità manifestata da un
immaginario collettivo globale e filo-iconico dell’ultimo ventennio cresciuto in senso sociale e
tecnologico ed evolutosi principalmente sui concetti dell'informazione e dell'informatica.

Agli aspetti or ora analizzati, si aggiunge la problematica legata al copyright e al diritto d'autore.
Non solo due tendenze dottrinali si scontrano sulla creazione ex novo di una disciplina a se stante o
sull'estensione di quella già vigente, ma neppure esiste una definizione giuridica univoca del
termine "multimedia": analizzando i testi di legge nazionali ed internazionali relativi alla materia,
ci si accorge che la multimedialità viene riferita a prodotti di ogni sorta senza mai giungere ad una
definizione dei caratteri peculiari che la contraddistinguono. Non si tratta di un vero e proprio vuoto
normativo che interessa le legislazioni, poiché la materia concernente i prodotti multimediali è
sufficientemente regolata mediante l'estensione delle norme relative alla proprietà intellettuale,
siano esse di diritto d'autore o di tutela delle banche dati; si tratta piuttosto di una assenza di
distinzione tra ciò che è opera multimediale, software o audiovisivo, comportando una applicazione
indiscriminata di tale termine a tutto ciò che sfrutta le nuove tecnologie e che presenti qualche
carattere artistico o comunque innovativo sotto il profilo ideativo.

Internet, travalicando ogni confine, comporterebbe l'esigenza di una legislazione unificata


globalmente: l'opera ha ora il carattere dell'ubiquità in quanto transnazionale.

Tali tematiche sono ancora affrontate da convenzioni ed accordi internazionali che si scontrano con
la carenza di definizioni chiare e precise. La potenziale portata applicativa della normativa
internazionale appare pertanto drasticamente ridotta e costringe il legislatore ad un approccio vago e
quasi fatalista. Non solo: per quanto riguarda il commercio dei prodotti multimediali ci si affida
quasi unicamente alla volontà contrattuale priva di qualsivoglia principio-guida, lasciando spazio ad
una grande incertezza normativa. La nascita della categoria delle opere multimediali ha
conseguentemente portato a focalizzare l'attenzione sulla disomogeneità delle normative relative al
diritto d'autore: basti dire che in Giappone la protezione del diritto morale d'autore è molto più alta
di quella indicata dalla Convenzione di Berna, ed è pertanto vietata qualsiasi modifica o
trasformazione dell'opera senza l'autorizzazione del titolare stesso; negli Stati Uniti, la disciplina del
copyright si basa su privative di sfruttamento dell'opera per un tempo determinato, molto simile alla
tutela delle invenzioni, ed il produttore è l'unico a mantenere un controllo totalizzante sulla gestione
dei proventi economici.

Le conseguenze indirette di questo stato di fatto sono le più disparate: alcune categorie di ideatori
(illustratori, ideatori di format, documentaristi, etc.), sono ancora molto poco tutelati; parte dei
diritti indisponibili e imprescindibili collegabili al diritto d'autore - quali la privacy ed il diritto alla
menzione del proprio nome come autori - sono continuamente minacciati dall'assenza di sistemi di
controllo adeguati; i concetti di distribuzione, trasmissione e broadcasting vengono ancora impiegati
indiscriminatamente; i servizi audiovisivi non sono mai stati sufficientemente caratterizzati e

11"Un oggetto -mediale è interattivo quando la sua manifestazione cambia (secondo p.es. il tipo di fruitore,
il tempo di consultazione, la reazione del fruitore...). L' autore deve prevedere e guidare questo
cambiamento, eventualmente a fini estetici"; Mariano e Guadalupi:
http://achille.det.unifi.it/book/Internet/Applications/netbody.htm .
Secondo Piaget, l'interazione con l'ambiente è alla base dell'apprendimento:
http://www.it.rit.edu/~may/interactiv8.pdf
Secondo Martin Karrenbach, Stanford University vi è interattività quando "l'autore fornisce qualche
meccanismo che consente al fruitore di esplorare la figura. La più semplice interazione è il film. Oppure
l'utente può modificare i parametri o il codice sorgente e computare nuovamente le figure. Non vi è
interazione se vi è la sola facoltà di vedere immagini esistenti in diverse
grandezze".http://www.sepwww.stanford.edu/public/docs/sep77/martin2/paper_html/node6.hml
distinti dalla generica categoria dei multimedia12. Molti paesi che non hanno discipline ben definite
sono costretti a punire le violazioni del diritto d'autore mediante l'impiego di normative analoghe a
quelle della concorrenza sleale o dell'arricchimento indebito.

Prima di tentare una definizione giuridica di multimedia, raccolgo il suggerimento di Richard Hill 13,
che si preoccupa di individuare quale sia il più piccolo elemento tutelabile in un lavoro
multimediale. Hill ci ricorda che, in genere, le singole parole non sono soggette alla protezione del
copyright, a meno che una singola parola non sia sufficientemente originale e racchiuda un
significato pregnante e sostanziale (almeno per alcune giurisdizioni).

Ma quanto corta può essere una sequenza di parole in lingua naturale per godere della tutela
accordata alle opere intellettuali? Quasi certamente tre parole: ad esempio, "veni, vidi, vici"
pronunciate da Cesare, poiché esse sono univocamente attribuibili all'autore e coniugano una
espressione riconoscibile, quindi sufficientemente originale. Infatti, la caratteristica essenziale che
un opera deve possedere per godere di protezione giuridica è quella di essere espressione originale
di un'idea. Tale originalità non può essere definita oggettivamente ed una volta per tutte, ma ogni
creazione va esaminata caso per caso e deve contenere una qualche traccia di input creativo:
un'opera non è certamente considerata originale se consiste esclusivamente in elementi che sono di
pubblico dominio, a meno che tali elementi non siano arrangiati in modo originale.
Lo stesso può dirsi per le composizioni musicali, per le quali genericamente una nota non è
tutelabile, ma brevi melodie sì, soprattutto se costituiscono un fraseggio di almeno otto / nove note.
Ma qual è l'equivalente di una o più parole, o una o più note, per quanto riguarda l'opera
multimediale? "Certamente - continua Hill - non il byte, che è troppo piccolo per soddisfare
l'elemento di originalità necessario per ottenere protezione giuridica". Pertanto, chiunque voglia
tutelare una sequenza di bit deve provare che essa può essere assoggettabile a protezione come
testo, immagine o suono; inoltre deve si dimostrare che tale sequenza è sufficientemente lunga per
costituire espressione originale di un'idea. Hill conclude che l'elemento di un'opera multimediale
più piccolo meritevole di tutela:

- per quanto concerne la porzione di testo, è elemento identico a quello contenuto in un'opera a
stampa convenzionale;

- è lungo almeno 700.000 bit per l'interprete di brani musicali;

- è lungo almeno 90.000 bit per il compositore di brani musicali;

- deve essere lungo almeno 625 bit per immagini in bianco e nero guardate a occhio nudo;

- deve essere lungo almeno 5.000 bit per immagini a colori guardate a occhio nudo.

Peraltro Hill avverte che sequenze più lunghe potrebbero non godere di tutela qualora il lavoro
codificato non sia, da solo, sufficientemente originale o soggetto a protezione.

Ora non resta che terminare l'analisi circa il concetto di multimedia. Alla luce di quanto detto, la
categoria del multimedia sembra quindi comprendere qualsiasi messaggio o contenuto analogico 14 o

12Qualche elemento è reperibile nelle direttive EU più recenti, dalle quali si evince che il servizio
audiovisivo è caratterizzato da una funzione prettamente educativa e pubblica, alle volte anche per quanto
concerne la materia politico-amministrativa.
13 http://www.batnet.com/oikoumene/arbmult.html
14 Per quanto riguarda i contenuti analogici, questi, per essere multimediali, devono necessariamente essere
prima digitalizzati per poter passare attraverso sistemi digitali, i quali amplificano la capacità trasmissiva
del messaggio.
digitale che interagisca con uno o più canali sensoriali umani e che può essere potenzialmente
trasmesso ad un numero indeterminato di utenti attraverso qualsiasi strumento digitale. Il messaggio
può avere contenuto di svago e/o educativo. Se il messaggio può essere fruito in modo differente da
ogni utente, allora esso diventa anche “interattivo”. All'interno dell'ambito multimediale, è possibile
distinguere alcune sottocategorie, quali i prodotti software, le banche dati, i sistemi di trasmissione
via satellite/cavo/radiofrequenze, prodotti cinematografici, audiovisivi, documentari, opere d’arte
digitali, etc., alcuni dei quali necessiterebbero forse di disciplina normativa autonoma ad hoc.
Teoricamente, si suppone che ogni contenuto innovativo possa godere di un riconoscimento della
paternità intellettuale con conseguente tutela. Ma in molte nazioni, documentari e audiovisivi non
sono ritenuti tutelabili dalla disciplina del diritto d'autore (presumibilmente poiché presentano
un'unica funzione prettamente didattica e, pertanto, mancando lo scopo di intrattenimento, viene
privilegiato il diritto all'apprendimento contro il diritto dell'autore di mantenere l'esclusiva sulla
propria creazione). Parimenti, i format, schemi ideativi per giochi o programmi televisivi restano
esclusi dalla protezione del diritto d'autore, ma sono tutelabili in funzione del prodotto che diventa
oggetto di un patto contrattuale di tipo privatistico, oppure conseguentemente alla tutela del suo
marchio.

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