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Ruggero Leoncavallo

Ruggero Leoncavallobio in pillole

Napoli 23 aprile 1857 – Montecatini Terme 9 agosto 1919

Conduce una vita errabonda e movimentata; studia a Bologna alla scuola di Carducci e diventa librettista
delle sue opere.

Raggiunge la sua fama con i “Pagliacci” in cui volle riportare un fatto di cronaca realmente accaduto. Anche
lui scrisse la sua “Bohème” (rappresentata dopo quella di Puccini ) e “Zazà”. Di Leoncavallo è famosissima la
“Mattinata”, cavallo di battaglia di molti tenori per la sua dolcezza e la sua sonorità

Per saperne di più: https://biografieonline.it/biografia-ruggero-leoncavallo

LEGAME CON MANTALTO UFFUGO

Ruggero Leoncavallo trascorse parte della sua giovinezza a Montalto Uffugo, dove il padre fu pretore e dove
il suo primo maestro il canonico Bonelli. La spinetta dove il giovane Ruggero inizio’ ad esercitarsi e’ tuttora
conservata presso l’Istituto degli Ardorini.

Il legame con Montalto fu segnato anche da un grave fatto delittuoso, realmente accaduto a Montalto il 5
marzo 1865, di cui egli ne fu testimone e che ispiro’ Ruggero Leoncavallo alla composizione dei
“PAGLIACCI”. In occasione della festa di Ferragosto, una compagnia di pagliacci era solita riunirsi e dare
spettacolo. Al termine di una di queste recite, Gaetano Scavello, domestico di casa Leoncavallo, fu ferito a
morte dai fratelli D’Alessandro. Il ricordo di quegli anni e della tragedia gli rimase cosi’ impresso che dopo il
travolgente successo di Cavalleria Rusticana di Mascagni decide di scrivere un’opera che riprenda gli episodi
calabresi a cui ha assistito durante l’infanzia. Nasce così, in soli cinque mesi, Pagliacci. L’opera, acquistata
da Edoardo Sonzogno, viene rappresentata al Teatro Dal Verme di Milano nel maggio del 1892 con la
direzione del grande maestro Arturo Toscanini. Il successo è strepitoso: l’opera viene replicata infinite volte
a Londra, Parigi, New York, Buenos Aires, Mosca, Stoccolma.

TRAMA PAGLIACCI

Scherzo tragico musicale in due Atti

ATTO I. Canio raccomanda alla gente del paese di non mancare allo spettacolo che avrà luogo alla sera;
invitato a bere con i contadini, si allontana, un po’ alterato da una goffa galanteria del gobbo Tonio verso
Nedda, sua moglie, di cui è gelosissimo. Nedda resta turbata, perché si è innamorata di Silvio, un giovanotto
del paese: Canio l’ha raccolta bimba, ma lei è stanca della vita girovaga e sogna il grande amore. Ricompare
Tonio e Nedda, infastidita dalle sue avance grossolane, lo scaccia con disprezzo; per vendicarsi, Tonio va a
cercare Canio, ben sapendo che Silvio verrà a cercare Nedda; e infatti i due amanti vengono sorpresi
proprio mentre si accomiatano promettendosi eterno amore. Silvio però fugge via senza che Canio abbia
potuto distinguerne i lineamenti: la lite furibonda fra Canio e Nedda viene interrotta a viva forza, perché
bisogna cominciare lo spettacolo: ‘La gente paga e rider vuole qua’.

ATTO II. La gente si accalca nel teatrino: c’è anche Silvio, che quella sera stessa deve rapire Nedda e
cominciare con lei una nuova vita. Ha inizio la recita, in cui Nedda impersona Colombina, Canio il suo sposo
Pagliaccio, Tonio lo scemo Taddeo; questi tenta di circuire Colombina ed è al corrente d’una sua tresca con
Arlecchino (Peppe). Mentre Colombina e Arlecchino banchettano di gusto e progettano di fuggire insieme,
arriva Canio-Pagliaccio e Arlecchino si defila. Canio però aggredisce Nedda con una foga che trascende lo
spettacolo ed esige da lei il nome dell’amante; Nedda tenta di proseguire la recita, poi replica con fierezza,
provocando la reazione rabbiosa di Canio, che la ferisce mortalmente. Silvio si slancia sul palco e Canio
pugnala anche lui: poi si volge stravolto al pubblico esclamando : ‘La commedia è finita!’

Importante il prologo che sembra il manifesto del verismo applicato alla Giovine scuola.

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