Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
La corrente verista di fine Ottocento, che trova in Verga il suo massimo esponente,
risulta essere un vero e proprio “documento umano”, in quanto ritraendo la realtà
dell’epoca senza alcun filtro letterario permette di approfondire le condizioni sociali
ed economiche determinate dallo sviluppo industriale nella loro integrità, senza
alcuna contaminazione letteraria.
All’interno de “I Malavoglia” Verga offre una fedele rappresentazione del mondo del
lavoro dell’epoca. Descrivendo la quotidianità di questa famiglia di pescatori in un
arco di tempo che va dal 1863 al 1878 circa, il nostro ritrae la condizione dell’Italia
post-unitaria, concentrandosi maggiormente sui suoi risvolti umanamente
impoveriti quali il brigantaggio, il lavoro minorile, il servizio militare e le tasse. Il
tema di fondo dell’opera rappresenta un fenomeno piuttosto nuovo per quegli anni:
si tratta della rottura di un equilibrio dato dalla tradizione immobile e abitudinaria di
una semplice famiglia di pescatori, dovuta all’irrompere di nuove forze, la “fiumana
del progresso”. In questo contesto il lavoro assume un significato fondamentale : la
famiglia dei Malavoglia è infatti radicata a un patrimonio di valori e sentimenti di cui
il lavoro è il principale rappresentante, un valore sacro che migliora le relazioni tra
gli uomini e umanizza l’individuo, permettendogli di avere cura degli affetti familiari.
Al contrario ‘Ntoni, il nipote di Padron ‘Ntoni, incarna i nuovi valori dell’utile
personale, del benessere materiale ed economico, dell’egoismo individuale
piuttosto che del sacrificio e del lavoro per il bene degli affetti. In questo modo
Verga ritrae le due visioni opposte riguardanti la cultura del lavoro di fine Ottocento:
la prima di stampo tradizionale, legata ancora ai valori del bene spirituale, la
seconda di stampo moderno, propensa unicamente all’utile personale.
Una delle tematiche descritte da Verga in tale contesto è quella dello sfruttamento
minorile, particolarmente approfondita in “Rosso Malpelo”. Il protagonista della
novella è un ragazzino chiamato da tutti Rosso Malpelo, un fanciullo debole e fragile,
continuamente emarginato a causa dei pregiudizi che la mentalità popolare siciliana
attribuisce a chi ha i capelli rossi. Non riceve affetto né dalla madre né dalla sorella,
resta invece molto legato al padre con cui lavora in una cava. In seguito alla sua
tragica morte, che lo segna profondamente, Malpelo assume un carattere sempre
più indisposto e scorbutico, tramutando la sua fragilità in cattiveria. Per racimolare
qualche soldo in più viene incaricato di esplorare una galleria abbandonata :
attrezzato di tutto ciò che gli serve, indossa i vestiti del padre deceduto e si addentra
nella galleria da cui non uscirà mai più. Il chiaro intento di Verga è di denunciare
mediante questa novella tematiche quali la povertà e lo sfruttamento minorile, in
particolare nelle classi sociali più disagiate del Sud Italia (in questo casa della Sicilia)
alla fine del XIX secolo. Il filo conduttore tra Malpelo e l’unica persona che lo ama, il
padre, è il durissimo lavoro a cui sono sottoposti nelle cave e la tragica fine a cui
vanno incontro : sono entrambi due vinti senza alcuna possibilità di sottrarsi al loro
chiaro destino.