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AGGETTIVI (NOTE RIASSUNTIVE)

Gli aggettivi latini sono ripartiti in due classi: la prima, terminante in -us/er, -a, -um, che
segue, per il maschile e per il neutro, la seconda declinazione, e per il femminile la
prima; la seconda, le cui terminazioni saranno meglio precisate infra, che segue, per
maschile, femminile e neutro, la terza declinazione.

Gli aggettivi di prima classe (cf. Dionigi, Il Latino, pp. 54-55): come indicato, essi
seguono, per il maschile ed il neutro, la seconda declinazione, per il femminile, la prima
(ad es., altus, alta, altus; bonus, bona, bonum; liber, libera, liberum). Ricordiamo un
unico aggettivo in -ur, ovvero satur, satura, saturum.

La sola eccezione a questa regola è costituita dai cosiddetti «aggettivi pronominali», che
presentano, al genitivo singolare ed al dativo singolare, le desinenze dei pronomi,
ovvero = genitivo singolare -iūs, dativo singolare -ī. Si tratta degli aggettivi seguenti:

Solus, a, um (genitivo singolare solius, dativo singolare soli, idem per gli altri)
Totus, a, um
Unus, a, um
Ullus, a, um
Nullus, a, um
Alter, a, um
Uter, a, um

Gli avverbi corrispondenti presentano la desinenza -e, e si formano dal tema


dell’aggettivo + la terminazione fissa -e.

Fanno eccezione alcuni avverbi, in cui la corrispondenza tra aggettivo ed avverbio non è
completa, per forma o senso: cf. bonus = bene; malus = male; sanus = sane (traduzione:
«davvero»); validus = valde (traduzione: «assai», «fortemente»).

***

Gli aggettivi di seconda classe (cf. Dionigi, Il Latino, pp. 83-86, e, per le categorie
morfologiche, pp. 154-168), seguono, come detto sopra, la terza declinazione, ovvero la
declinazione dei temi in -i (quindi presentano in generale l’ablativo in -ī, il genitivo
plurale -ium, il nominativo, accusativo, vocativo neutro plurale -ia). Essi si suddividono
i n tre gruppi, ovvero: 1) gli aggettivi a tre uscite (una per il maschile, una per il
femminile, una per il neutro; ad es., acer, acris, acre, o celeber, celebris, celebre); 2) gli
aggettivi a due uscite (una per il maschile ed il femminile, una per il neutro); ad es.,
dulcis, dulce, o facilis, facile); 3) gli aggettivi ad una uscita (una per maschile,
femminile, e neutro; ad es., felix, o vetus).
Gli avverbi corrispondenti presentano la desinenza -iter, e si formano dal tema
dell’aggettivo + la desinenza -iter.

ATTENZIONE: Alcuni avverbi sono in realtà costituiti dall’accusativo o dall’ablativo


dell’aggettivo. Si tratta di formule specifiche come ad es. multum, paulum, facile, cito,
brevi, dextra, raro, sero, falso.

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Caratteristiche morfologiche degli aggettivi di seconda classe

Agli aggettivi a tre terminazioni appartengono in tutto tredici aggettivi in due categorie,
una di caratteristiche fisiche e morali (cf. acer, alacer, celeber, celer), l’altra di
caratteristiche di territori (campester, paluster, silvester, terrester), e due (equester,
pedester), relative al movimento. Si tratta di aggettivi in consonante muta che perdono
la -e del nominativo maschile, con l’eccezione dell’unico in liquida, celer, celeris,
celere.

Agli aggettivi a due terminazioni appartengono numerosi aggettivi, di cui non è


possibile dare classificazione. Si rinvia, per brevità, alle categorie morfologiche indicate
in Dionigi, Il Latino, pp. 154-168, infra.

La caratteristica più importante degli aggettivi ad una terminazione è la loro origine


nominale (e.g., redux, superstes, vetus, vigil, dives, inops, locuples, pauper, particeps,
princeps). Alcuni di essi possono a) difettare del genitivo e del nominativo neutro
plurale; b) seguire la declinazione dei temi in consonante (ablativo singolare in e,
genitivo plurale in um, talvolta nominativo plurale neutro in a); c) avere (come dives,
vigil, supplex), doppie terminazioni, a seconda se sono usati in chiave sostantivata o
meno (i/e, ius/um).

Categoria particolare: gli aggettivi indeclinabili (nequam, frugi, potis).

L’aggettivo può essere sostantivato, specialmente al neutro ed al maschile (ad es.: boni,
miser, sapiens, o bonum, malum, commodum, per indicare, rispettivamente, «i buoni»,
«il misero», «il sapiente», o «il bene», «il male», «il vantaggio»). L’uso sostantivato è
preferito nei casi retti; in quelli obliqui, per evitare confusioni tra neutro e maschile, si
preferisce usare la parafrasi «agg. + res, rei».

Categorie morfologiche (cf. Dionigi, Il Latino, pp. 154-168; qui si trovano liste più
complete e maggiori precisazioni, da imparare!)

Aggettivi indicanti qualità temporanee = essenzialmente participi ( o aggettivi


verbali), al presente, passato, o futuro, che possono essere usati sia in doppia
connotazione di aggettivo verbale e di aggettivo semplice, sia come semplici aggettivi
(per il participio presente: es. amans = amante/che ama, o absens = assente; per il
perfetto: amatus = che è stato amato/amato, o attentus = attento; per il futuro: amaturus
= che amerà, che sta per amare; ricordare che il participio futuro può avere anche il
significato di intenzione o destinazione!), e gerundivi, senza indicazione precisa di
tempo (ad es.: amandus = da amare/che deve essere amato; alcuni di essi hanno dato
origine a termini italiani con significato simile, per cui cf. p. 156).

Aggettivi con suffisso: - bilis = possibilità passiva (ad es.: amabilis = degno di essere
amato, amabile) o attiva (ad es. horribilis = che provoca orrore, orribile); - bundus =
valore dinamico-rappresentativo, indica persona o cosa che dimostra atteggiamento con
gesti o comportamenti (ad es. vagabundus = vagabondo, che vaga; iracundus = che
prova ira, iracondo); - osus = ricchezza, pienezza, anche eccesso (ad es. animosus =
pieno di forza d’animo/coraggio, animoso) o somiglianza (ad es. monstruosus = simile
ad un mostro), con valore a volte sia attivo sia passivo (ad es. fastidiosus =
nauseato/nauseante); - ax = intensità, abitudine, predisposizione, inclinazione a compiere
una certa azione, con connotazioni prevalentemente negative (ad es. audax = audace),
più raramente positive (ad es. capax = capace).

Aggettivi con prefisso, con accezione sovente intensiva o negativa: per-/prae- =


assimilabili ad un superlativo (ad es. peramarus =molto amaro, ma, con valore positivo
praeclarus = molto luminoso, illustre), o indicante valore di passaggio o durata (ovvero
un resto del suo valore originario; ad es. peregrinus = straniero, esotico); sub- = con
valore di diminutivo (ad es. subamarus =amarognolo); in-/de-/dis-/se-/ve-/e-/ex- =
prefissi negativi, di cui in- è il più diffuso (ad es. ignotus = sconosciuto), dis- indica
contrarietà (ad es. difficilis = non facile), de- perdita di una qualità (ad es. deformis =
deforme), se- separazione (ad es. securus = sicuro, ovvero senza curae, o
preoccupazioni), ve- privazione (ad es. vecors = pazzo, privo di ragione), ed e-/ex-
mancanza o sottrazione (ad es. exanimis = senza vita/senza fiato).

Aggettivi composti in -dicus, -ficus, -volus (cf. su questi anche le particolarità nella
formazione dei superlativi, infra), composti rispettivamente da dico, facio, volo (ad es.
maledicus = che maledice, maledico, maldicente; maleficus = che compie il male,
malefico; malevolus = che vuole il male, malevolo); in -fer, da fero (ad es. frugifer = che
porta frutti, fruttuoso), in -ger, da gero (aliger = che porta ali, alato), in -fragus, da
frango (ad es. foedifragus = che rompe un patto, fedifrago), in -vagus, da vago (ad es.
noctivagus = nottambulo).

Diminutivi in -ŭlus, -ŭla, -ŭlum (ad es. parvulus = piccolino), in -ellus, -ella, -ellum (ad
e s . tenellus = tenero), in -cŭlus, -cŭla, -cŭlum (ad es. minusculus = piccolino,
minuscolo).
Sinonimi e contrari, che indicano proprietà interiori, proprietà esteriori, integrità e
forza, tempo e durata, numero e frequenza, parentela, amicizia, appartenenza, superiorità
e primato, sicurezza e dubbio, manifesto e segreto (lista alle pp. 163-167).

Termini equivocabili (lista alle pp. 167-168).

***

Comparativi e Superlativi

Il latino, così come l’italiano, distingue per gli aggettivi tra grado «positivo», e due
gradi di intensità, l’ «intensivo» ed il «superlativo», a loro volta considerabili sia in
chiave assoluta, sia in chiave relativa (cf. Dionigi, Il Latino, pp. 138-145). Se
considerati in chiave assoluta, abbiamo l’intensivo assoluto (altrimenti detto
«comparativo assoluto», in italiano reso con «abbastanza/piuttosto» e l’aggettivo al
grado positivo) ed il «superlativo assoluto» (reso in italiano con «il più + aggettivo al
grado positivo» o con il semplice superlativo, senza termini di paragone). Se considerati
in chiave relativa, abbiamo il grado «comparativo», a sua volta diviso in comparativo di
minoranza (reso come «meno + aggettivo al grado positivo + di + secondo termine di
paragone»), uguaglianza (reso come «altrettanto + aggettivo al grado positivo + che +
secondo termine di paragone), e maggioranza (reso come «più + aggettivo al grado
positivo + di + secondo termine di paragone), ed il grado «superlativo relativo», perché
accompagnato da un confronto o limitazione ad uno o più elementi o ad un gruppo (reso
come «il più + aggettivo al grado positivo + di/tra + elemento di confronto/limitazione).

Come renderli in latino?

1) L’intensivo assoluto si rende, come il comparativo di maggioranza, per cui cf. infra,
aggiungendo al tema dell’aggettivo il suffisso -ior per il maschile ed il femminile e - ius
per il neutro (originariamente -ios, con rotacizzazione successiva della -s- intervocalica,
ed assimilazione del nominativo singolare maschile/femminile al resto della
declinazione, ed oscuramento in -ius nel neutro), declinato come un tema in consonante
della III declinazione (presenta quindi l’abl. sing. in -e, ed il gen. plur. in -um). Il
comparativo o intensivo assoluto possono essere accompagnati da avverbi di quantità
terminanti in -o, come paulo (= un po’), multo (= molto), aliquanto (= alquanto), o i
correlativi «eo...quo», «tanto...quanto» (entrambi = tanto....quanto).

2) Il comparativo di minoranza si rende con gli avverbi correlativi «minus + aggettivo al


grado positivo» e «quam + secondo termine di paragone nel caso del primo termine».

3) Il comparativo di uguaglianza si rende con gli avverbi correlativi «tam…quam»,


«ita…ut», o «aeque…atque/ac», il primo accompagnato dall’aggettivo al grado positivo,
il secondo dal secondo termine di paragone nel caso del primo termine. .
4) Il comparativo di maggioranza, come l’intensivo assoluto, si rende aggiungendo al
tema dell’aggettivo il suffisso -ior per il maschile ed il femminile e - ius per il neutro;
quanto al secondo termina di paragone, esso può essere reso o con l’ablativo semplice
(probabilmente risultante da un moto da luogo che indicava il punto di partenza della
comparazione) o con «quam + il caso del primo termine». Il secondo termine di
paragone può essere sottinteso, se il suo significato si ricava dal contesto.

Quando si usa l’ablativo? 1. Quando il primo termine è in nominativo o accusativo; 2.


quando il secondo termine è costituito da un pronome relativo; 3. quando è inserito in
una frase negativa o interrogativa; 4. nei proverbi o nelle sentenze (per rafforzare
l’effetto).

Quando si usa quam + caso del primo termine? Quando il I termine è in genitivo, dativo,
ablativo.

Quando vanno comparati due aggettivi, il latino può ricorrere a due forme: 1) aggettivo
al grado comparativo + quam + aggettivo al grado comparativo (quando entrambe sono
presenti, sebbene in gradi diversi); 2) magis + aggettivo al grado positivo + quam +
aggettivo al grado positivo (quando una delle due qualità è assente o esclusa). Quando
vanno comparati due verbi, questi vanno all’infinito; quando si comparano due frasi, si
ha una proposizione comparativa introdotta da quam (cf. sintassi).

La comparatio compendiaria (ovvero, una forma ristretta e sintetica di comparazione) si


ha quando il pronome dimostrativo indicante il secondo termine di paragone viene
soppresso ed il suo caso assunto dal sostantivo che lo determina (ad es., Ille de se
exspectat iudicia graviora quam amicorum, lett. «quam iudicia amicorum»).

***

I l superlativo (assoluto o relativo) si forma integrando al tema del positivo il suffisso


issim + le desinenze di un aggettivo di prima classe (ovvero tema del pos. + -issim-+
-us, -a, -um). Il termine di confronto o di relazione è reso: 1) con il genitivo partitivo;
2) con e/ex + abl., più raramente con de + abl. (da non confondere con il complemento
di argomento!); 3) in fase post-classica, inter + acc.

Eccezioni e particolarità:

- i positivi che escono in -er al positivo maschile singolare formano il superlativo in


-errimus, a, um (ad es. pulcherrimus, a, um);
- i positivi che escono in -ilis al positivo maschile singolare formano il superlativo in
-illiimus, a, um (ad es. facillimus, a, um);
- i positivi che escono in -dicus, -ficus, volus al positivo maschile singolare formano
comparativo in -entior ed il superlativo in -entissimus, a, um (in realtà, questi aggettivi
formano comparativi e superlativi dal participio del verbo corrispondente). A questa
categoria si associano anche providus e egerus;
- i positivi che escono in --eus, -ius, -uus (eccezione: antiquus) al positivo maschile
singolare formano il superlativo aggiungendo maxime all’aggettivo al grado positivo;
- i prefissi per-/prae- (cf. supra, categorie morfologiche) hanno valore superlativizzante,
- il superlativo può essere rafforzato da avverbi come longe, multo, o da vel, quam.

Comparativi/superlativi originati da preposizioni o avverbi, ovvero a temi o radici


(a volte, queste forme possono indicare una parte di qualcosa, ad es. intima = la parte più
interna):

supra / superior / supremus-summus


infra / inferior / infimus
extra / exterior / extremus
post /posterior / postremus
citra / citerior / citimus
ultra / ulterior / ultimus
in-intra / interior / intimus
prope /properior / proximus
prae-pro / prior / primus
de / deterior / deterrimus

Forme particolari costruite su temi diversi da quelli del positivo (cf. anche il caso
dell’italiano):

bonus – melior/-ius – optimus (avverbio melius - optime)


magnus – maior/-ius – maximus (avverbio magis - maxime)
parvus – minor/minus – minimus (avverbio minus - minime)
malus – peior/-ius – pessimus (avverbio peius - pessime)
multus – plus – plurimus (avverbio plus - plurimum)
- – deterior – deterrimus

I neutri melius, peius, minus e plus sono impiegati anche come avverbi. Plus è soltanto
neutro, ha valore di sostantivo e si accompagna ad un genitivo partitivo. Al plurale,
plures/plura significa «i più numerosi», e presenta sia il maschile sia il neutro.

Comparativi originati da aggettivi indeclinabili:


frugi / frugalis / frugalissimus
nequam / nequior / nequissimus
potis / potior / potissimus

I pochi aggettivi che mancano di comparativo e superlativo, suppliscono con le


corrispondenti forme di sinonimi: fidus che forma da fidelis, novus che forma il
comparativo da recens (recentior), ma ha il doppio superlativo recentissimus e
novissimus, sacer che forma da sanctus, vetus che forma da vetustus, ferus che forma da
ferox, iuvenis e senex che ricorrono alla parafrasi natu maior/maximus, minor/minimus,
o alle forme iunior/senior.

Forme sincopate da tema ristretto:

iuvenis – iunior - -
dives – di(vi)tior – di(vi)tissimus
senex – senior - -

G l i avverbi f o r m a n o i l comparativo di maggioranza dal neutro singolare


corrispondente (ovvero dalla forma terminante in -ius), ed il superlativo aggiungendo il
suffisso -issim- + la desinenza -e come gli avverbi corrispondenti agli aggettivi di prima
classe (ovvero il superlativo corrispondente + -e). Il comparativo di uguaglianza e di
minoranza non differiscono invece dalle forme degli aggettivi.
Le particolarità sono le stesse che per gli aggettivi (cf. supra, le forme costruite con temi
diversi).

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