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1.

LO SCHEMA CORPOREO

Il concetto inizia ad assumere una fisionomia significativa quando gli studi sull’uomo si orientano al
superamento della divisone mente-corpo, perché da sempre la mente domina il corpo.
Si pensava che la mentre avesse un ruolo di guida e il corpo di sottomissione, anche se in realtà il corpo ha
un ruolo fondamentale nella vita delle persone. Ci si rende conto che le esperienze corporee, le sensazioni,
le percezioni e tutto ciò che nasce dal corpo sono fondamentali per la nascita e lo sviluppo della mente.
Si è constatato che mente e corpo vivevano in un insieme indissociabile. Un elemento che ha rinforzato
questa unione è stata l’affettività. Era a scuola che gli studiosi si resero conto del rapporto costante fra
corpo e mente. Si constatò che le due entità agivano in perfetta sintonia sia nel bene che nel male e
realizzavano un’azione sinergica si realizza sia nelle situazioni di malessere e di benessere.
Dall’osservazione dei bambini disabili si capì che l’azione educativa sul corpo diventava fondamentale per il
riequilibrio della persona.
Freud è stato il più importante studioso e i suoi studi si concentrarono sulla relazione fra inconscio, mente e
corpo, mettendo in evidenza il ruolo dell’affettività.
Anche altri studiosi si concentrarono sul rapporto tra mente e corpo.
La componente corporea condiziona la componente mentale e viceversa.
Maria Montessori inventò la pedagogia del fare affermando che il bambino imparava attraverso l’azione del
suo corpo.
Questi principi sarebbero stati utili per ridurre disagio e insuccesso. I bambini attraverso l’esperienza
corporea imparano e comprendono i concetti che stanno alla base di ciò che stanno facendo. Le idee della
Montessori diedero vita ad altri metodi simili.
Piaget sosteneva che dal corpo nascessero tutti i concetti che diventavano pensiero e che dal corpo si
sviluppassero le capacità cognitive. Dimostrò come certe capacità mentali fossero legate alle esperienze
corporee e creavano un collegamento fra l’apprendimento e l’esperienza corporea.
Gli studi dimostravano che la componente emotiva e il suo coinvolgimento in ogni momento della vita.
L’affettività è alla base della vita.
È importante il rapporto educatore-allievo. Il coinvolgimento serve per creare la disponibilità del bambino a
mettersi in gioco e ad essere motivato.
Emerse che la persona è formata da mente, corpo, emotività ed affettività.
Il concetto di schema corporeo da idea di indissociabilità e unità, perché gli apparati corporei sono collegati
tra loro e interdipendenti per dare idea di unità sul piano fisiologico.
Si sperimentò una didattica che partendo dal corpo stimolasse i bambini a prendere coscienza di sé e a
sviluppare le funzioni cognitive, motorie ed affettive e la chiamarono psicomotricità.
Era importante proporre esperienze che stimolassero i bambini ad andare oltre le difficoltà, stimolando la
creatività e la ricerca di soluzioni nuove.
L’azione motoria realizzata era fondamentale per coinvolgere gli alunni anche sul piano cognitivo ed
affettivo. La finalità della psicomotricità è lo sviluppo dello schema corporeo.
Si notò che dava risultati con tutti i bambini e non solo disabili.
Poi venne coniato il termine di Corporeità. La corporeità di ogni persona è l’espressione del livello da essa
raggiunto nello sviluppo di tutte le sue funzioni in relazione continua con le sue esperienze.
L’utilizzo della parola corporeità significava superare il concetto di schema corporeo troppo legato alla
scuola e all’attività didattica.
La corporeità si modifica continuamente perché ogni esperienza nuova crea nuove possibilità d’azione e
quindi rinnova la persona stessa. Ha quindi una caratteristica dinamica.
2. I CANALI PERCETTIVI

Il concetto di schema corporeo ci dice come il corpo riesce ad inviare al cervello informazioni ed esso le
organizza per fornirci un’immagine unica e intera. Essi servono per costruire l’immagine che ogni persona
ha di sé. Tutto ciò che il cervello sa del nostro corpo e del nostro essere lo apprende dai canali percettivi.
Essere consapevoli del proprio corpo è fondamentale per cercare in modo mirato le informazioni
necessarie per migliorarlo.
Ai canali percettivi i dà molta importanza e quelli che noi stimoliamo sono: il canale cinestesico, visivo,
uditivo e tattile.
L’azione che viene proposta sui campi o in palestra privilegia questi canali che contribuiscono alla
realizzazione del movimento e aiutano a prendere coscienza di ciò che stiamo facendo e di come agisce il
nostro corpo.
Il percorso per raggiungere il cervello è un canale attraverso il quale le informazioni passano.
Il canale cinestesico è quello che gestisce le informazioni che arrivano da muscoli e articolazioni, serve per
la percezione di sé.
I canali percettivi sono vie di comunicazione della persona con il mondo. Non c’è informazione che possa
arrivare al cervello senza passare attraverso uno di essi.
Gli stimoli nervosi vengono divisi in interni ed esterni: quelli interni sono il canale cinestesico perché le
informazioni arrivano da dentro; quelli esterni sono il canale uditivo, tattile, gustativo, visivo, olfattivo dove
le informazioni arrivano dall’esterno.
C’è un rapporto continuo tra ciò che si percepisce all’interno e ciò che riceve dall’esterno.
Quelle interne provengono dalle articolazioni e dai muscoli per creare un’immagine di sé e servono per
valutare il prodotto della propria azione e di intervenire per modificarlo a migliorarlo. Dall’interno
riceviamo informazioni sull’affettività, le relazioni emotive, sul bene e male e piacere e dolore. Il canale
cinestesico ha valenza superiore.
Quelle esterne le riceviamo dal mondo in cui siamo inseriti, ovvero la quantità di messaggi che riceviamo
quando in forma cosciente affrontiamo la vita.
La vista ci dà informazioni sulla posizione nello spazio. L’udito ci dà informazioni della percezione del tempo
il tatto informazioni sulle reazioni di contatto.
Nel canale cinestesico la via sensitiva parte dai recettori all’interno delle articolazioni e nelle fibre
muscolari, passa attraverso il midollo e arriva alla zona somatosensoriale del cervello.
Attraverso questi recettori riceviamo informazioni su contrazione, decontrazione, stiramento, fatica e
dolore. Questi sono determinanti per definire il nostro stato di benessere. Ogni informazione deve essere
interpretata e valutata per capire se è il caso di intervenire e modificarla.
I recettori all’interno dell’orecchio ci indicano la posizione delle diverse articolazioni e ci forniscono la
posizione che il corpo sta assumendo. Articolazioni e muscoli ci danno informazioni continue per costruire
l’immagine in 3D del nostro corpo.
Ciò che arriva da dentro permette di acquistare quello che viene detto schema corporeo.
Le informazioni posso essere coscienti se poniamo attenzione su di esse. Questo è ciò che differenzia
sensazione da percezione.
La scelta di riconoscere alcune informazioni piuttosto che altre è la capacità della persona, saper gestire la
propria attenzione. L’attenzione seleziona e permette di analizzarle per sapere con precisione se sono
importanti ed è necessario memorizzarle. Quindi è la persona che fa la scelta.
SENSAZIONE+ATTENZIONE=PERCEZIONE
Percepire significa orientare l’attenzione su quelle sensazioni più significative.
Le informazioni che arrivano dai recettori cinestesici arrivano nella zona sensitiva del cervello. Più la zona
diventa ricca di sinapsi, maggiore sarà la possibilità di realizzare azioni corrette.
L’obiettivo è quello di favorire il controllo volontario attraverso un’azione cosciente, controllata e ragionata
di ogni parte del corpo. Così facendo si migliora l’omuncolo motorio. Il lavoro che migliora il canale
cinestesico ha importante nella coordinazione.
Il cervello per realizzare un’azione sfrutta le informazioni memorizzate nelle zone somatosensitive e
motorie.
Il canale tattile trasmette le informazioni sui recettori della pelle e dei tessuti sottocutanei, con presa id
coscienza di dimensioni, volume e posizione dei segmenti del corpo. Le informazioni arrivano dalla zona
sensitiva. I recettori della pelle inviano nella zona somatosensitiva le informazioni che servono per
completare l'immagine di sé stessi.
Il canale visivo ci dà informazioni sulla realtà che ci consentono di capire il concetto di spazio. Le
informazioni raggiungono la zona occipitale del cervello dove vengono memorizzate. Il canale visivo serve
per capire quando avviene un’azione in uno spazio.
L’informazione può essere nitida o sfuocata perché possediamo due tipi di visione: focale e periferica.
Saperle usare è importante in ambito sportivo.
Il canale uditivo ci dà informazioni sui suoni, rumori e ci permette di riconoscere direzione e distanza dei
suoni, tonalità e timbro. Attraverso parti poste all’interno dell’orecchio trasferiscono i suoni alla zona
temporale del cervello passando attraverso il nervo acustico. Le informazioni sono fondamentali per
percezione del tempo e quindi dello spazio.
Nell’attività motoria è importante la percezione del tempo, del ritmo, dell’organizzazione dei suoni.

3. PERCEZIONE DELLO SPAZIO

La percezione dello spazio è molto importante per capire l’orientamento del movimento ed è utile negli
apprendimenti scolastici.
Le esperienze influenzano in maniera diretta la struttura del cervello e questo processo viene detto sviluppo
cerebrale esperienza-dipendente. Le esperienze determinano la creazione, il mantenimento o
rafforzamento dei collegamenti neuronali. La nostra mente è in continuo sviluppo per l’intera esistenza.
Nella percezione dello spazio hanno un ruolo importante le esperienze e la plasticità neuronale.
Il bambino ha bisogno di esperienze per mettere in funzione i suoi apparati. È importante coinvolgere gli
alunni in modo globale: con il movimento e la sperimentazione. Questo è il modo più efficace per far
crescere la persona nella sua interezza.
La plasticità è la capacità del cervello di elaborale tutto ciò che la persona realizza e che consente di
cambiare. Quando si realizza qualcosa che ci coinvolge il nostro cervello memorizza, elabora e modifica la
situazione, realizzando nuove sinapsi. La struttura cambia in funzione della quantità di esperienze e
informazioni acquisite. Tutta la giornata sarà rielaborata nel primo sonno per mantenere ciò che è
importante. L’esperienza è il momento che favorisce il cambiamento e la plasticità è la caratteristica del
cervello che permette il cambiamento.
L’esperienza è la forma migliore di proposta didattica.
L’errore ha permesso all’uomo di crescere e di svilupparsi e per questo va usato per ottenere risultati più
efficaci, perché ci rende consapevoli del percorso di miglioramento. L’obiettivo del lavoro deve essere la
modificazione e il miglioramento delle capacità del cervello.
Sono importanti la coscienza e la consapevolezza di chi li sta eseguendo per comprenderne la motivazione e
il miglioramento dell’abilità. La persona è in continuo cambiamento.
La percezione dello spazio è il risultato dell’elaborazione delle informazioni che riceviamo dai canali
percettivi.
Quando poniamo l’attenzione su aspetti particolari creiamo condizioni per fissarli nella memoria a breve
termine e continuando ad esercitarli entreranno nella memoria a lungo termine.
La tassonomia è costruita mettendo in ordine di difficoltà le abilità, dal più semplice al più complesso.
La tassonomia di Bloom è molto dettagliata ed è un punto di riferimento per lo sviluppo didattico.
Essa però va analizzata tenendo conto della realtà che ognuno sta vivendo e va utilizzata in funzione del
soggetto con cui si lavora, tenendo conto dello sviluppo globale, naturale e autonomo
Prima i ragazzi passavano più tempo a giocare liberi all’aperto e si sviluppavano abilità spazio-temporali e
coordinative che oggi sono ridotte, presentando gravi lacune motorio-cognitiva.
I concetti spazio-temporali nascono e si strutturano dalle esperienze corporee, dall’agire del corpo. Il
concetto di spazio è legato a sentire sé stessi nello spazio con qualcosa che nasce da dentro per organizzare
l’esterno.
La tassonomia può avere uno sviluppo verticale con difficoltà progressive.
La tassonomia nel bambino si sviluppa in forma globale e naturale attraverso prove ed errori, imitazioni ed
esperienze che forniscono informazioni che si organizzano in forma grezza.
Il docente deve aiutarli partendo dalle loro reali difficoltà.
La tassonomia ci indica i concetti specifici della relazione con lo spazio, le difficoltà cognitivo-motorie
necessarie e l’ordine di successione per svilupparle.
Il docente deve proporre delle esperienze bob troppo difficili ma nemmeno troppo facili per evitare rifiuto
dell’attività.
Molto importante sono i concetti di percepire e riconoscere, perché si deve realizzare una successione
temporale in modo da prendere coscienza di qualcosa che il corpo riceve per poi analizzarla, riconoscerla e
comprenderla.
Il percepito è un messaggio che passa attraverso il corpo e che va fissato, mentre l’analisi e il
riconoscimento sono prodotto delle capacità cognitive. Prima si deve passare dal corpo per sentire e poi si
riconosce. Bisogna partire prima dal corpo con la percezione e poi si ha la rielaborazione cognitiva.
È utile parlare poco e invitare a fare: le parole devono essere chiare, sintetiche e precise in modo tale da
mantenere in loro il desiderio di fare l’attività motivandoli a migliorare.
Il lavoro ha senso se gli studenti sono consapevoli e quindi ragionano per capire ciò che è stato fatto.
L’obiettivo è quello di creare una sensibilità nel percepire perché possano utilizzarlo in maniera autonoma
così da riconoscere gli errori e migliorare le prestazioni.
È importante riconoscere altezza, larghezza e spessore.
Il docente deve essere bravo a trovare modalità per motivare l’esperienza e scegliere quali proporre e per
coinvolgere gli alunni a seconda delle capacità e dell’età di rifermento.
È importante il concetto di destra-sinistra che è il risultato di un processo fisiologico e di un apprendimento
più ampio. Il processo di lateralizzazione è l’evidenziazione di un’organizzazione del cervello e del corpo con
un emisoma dominante rispetto all’altro e si sviluppa naturalmente. È un passaggio chiave per lo sviluppo
dei concetti spaziali. Solitamente il riconoscimento della parte dominante avviene intorno ai 6 anni, grazie
all’esperienze.
Si è notato che negli ultimi anni i bambini fanno più fatica a svilupparlo e si sono individuate alcune cause:
maggiori tecnologie, minori spazi per giocare, più tempo in casa e le paure degli adulti. Si è ridotto il tempo
che si passa a giocare insieme nei cortili.
Per questo la tassonomia al primo punto ha il riconoscimento della mano dominante grazie alla quale poi
nascono gli orientamenti del corpo.
Non si deve eliminare l’azione della mano più debole, ma si fa constatare che una permette di controllare
con più efficacia.
L’ambidestrismo naturale non è positivo perché determina ambiguità e insicurezza nelle scelte.
Dopo il riconoscimento bisogna proporre esperienze per l’acquisizione di avanti-dietro, sopra-sotto, dentro-
fuori, di fianco che sono concetti che servono per dare orientamento a partire dal corpo.
La stessa cosa avverrà per l’arto inferiore e poi con tutto il corpo.
È fondamentale il concetto di automatizzazione per gestire i movimenti senza pensarci.
Il passaggio molto importante è riconoscere destra e sinistra sull’altro e quando è ruotato di 180grad.
Poi c’è il concetto di orario-antiorario che viene gestito a partire dalla rotazione del proprio corpo.
La tassonomia prevede poi il sapersi muovere in presenza degli altri, senza scontrarsi. L’agire con gli altri si
utilizza tantissimo nella vita quotidiana, nei momenti di gioco. È importante saper gestire spazi, distanze.
Bisogna occupare bene gli spazi distribuendosi così da evitare di scontrarsi: bisogna osservare gli altri, la
loro direzione, la loro velocità e tenere sotto controllo la situazione.
Queste esperienze devono essere gestite in forme diverse in funzione degli obiettivi. I bambini devono
comprendere le condizioni migliori per gestire il campo visivo, aumentando l’angolo di visione ruotando il
capo.
Bisogna poi imparare a valutare le distanze.
La gestione dello spazio può avvenire con formazione particolare come fil, strutture geometriche o linee
libere.
Un ultimo grande aspetto è l’adattamento al movimento degli altri in relazione alla velocità. È un
adattamento percettivo che si costruisce gradualmente.
La percezione dello spazio può avvenire anche con l’utilizzo di oggetti che complicano l’azione perché vanno
a modificare il comportamento degli allievi, che devono imparare a gestire lo spazio con oggetti.
L’adattamento è più complesso ed è neuromotorio.
Cambiano le traiettorie e il modo in cui bisogna intervenire: stimolano l’azione del cervello nel valutare e
decidere rapidamente. Sono abilità importanti della vita quotidiana.
Affrontare il concetto di percorso significa mettere insieme e diversi concetti per la realizzazione di percorsi
diversi.
Più cresce l’età più concetti si possono inserire e più crescono le capacità cognitive nel rielaborare la stessa
situazione. Le esperienze sono interessanti quando vengono proposte alla coppia con uso di oggetti per
rappresentare graficamente un percorso.
Molto importanti sono i momenti di confronto e discussione per poter arrivare a un prodotto fruibile.
Devono portare ad una presa di coscienza di come rappresentare i luoghi con i vari oggetti. Devono capire
che ogni cosa è valutata in scala per comprendere le proporzioni fra tutti gli elementi.
Sbagliare è quasi d’obbligo perché attraverso gli errori e le relative discussioni per correggerli le idee
cominciano a diventare più chiare. Sono apprendimenti che si conquistano per prove ed errori.
Costruire una piantina è l’azione più importante per poter capire ogni cartina che si deve leggere.
Questo obiettivo si può sviluppare anche attraverso partecipazioni alle gare di corsa di orientamento.
L’imparare giocando favorisce un apprendimento molto forte e resistente nel tempo.
È importante lavorare sul concetto di traiettoria mettendo a fuoco le componenti spaziali. Altezza,
lunghezza e forma sono caratteristiche significative per creare traiettorie alte, basse, tese e utilizzarle in
molte attività.
Infine si lavora sulla conquista dello spazio ad occhi chiusi, che sono coloro che gestiscono il movimento.
Questo serve per andare più a fondo nell’apprendimento perché devo gestire il mi movimento ricorrendo a
udito, tatto e apparato cinestesico che gestiscono immaginazione interiore e più forte diventa la percezione
di noi stessi nello spazio, di come di muoviamo.
Si scopre che senza la vista può succedere che ci muoviamo con direzioni curve e non dritte.
L’errore allora diventa normale perché proprio dagli errori si aggiusta l’azione
È possibile chiedere di inserire delle rotazioni.
Un collegamento può essere fatto coi suoni: ci si muove liberi nello spazio palleggiando con un pallone che
batte sul terreno. Diventa sempre più differenziato fra chi è vicino e chi lontano e così si riconosce la
distanza e la direzione degli altri per muoversi senza scontrarsi.

4. PERCEZIONE DEL TEMPO

la percezione del tempo è il risultato dell’elaborazione delle informazioni che riceviamo dai canali
percettivi. Tempo e spazio sono indissolubili.
Se si parla di percezione si fa riferimento alle informazioni che riceviamo dai nostri canali percettivi e sulle
quali abbiamo posto la nostro attenzione.
Il tempo si può percepire attraverso il canale tattile, la vista e il canale cinestesico. L’utilizzo di più canali ci
permette di registrare memorie più efficaci perché collegate a più zone del cervello.
Accentuare significa dare maggior forza ad un canale percettivo piuttosto che ad un altro perché vogliamo
fare emergere le informazioni di quel canale.
La tassonomia della percezione del tempo è sempre la percezione di sé nel tempo perché è la persona che
organizza in termini temporali l’azione. Quella studiata a memoria non diventa bagaglio del vissuto perché
la persona vive spazi e tempi e li fa propri.
Tassonomia: sviluppo verticale
1. Riconoscere succedere degli eventi
2. Conoscenza di concetti temporali
3. Saper agire nello spazio rispettando le cadenze
4. Saper agire nello spazio rispettando ritmi
5. Agire con gli altri nello spazio

La tassonomia si sviluppa dai punti più semplici a quelli più complessi.


Presenta anche uno sviluppo orizzontale perché i bambini acquisiscono naturalmente alcune abilità.
Riconoscere e differenziare gli eventi è il primo passo che si realizza nell’infanzia ampliandolo per collegarlo
all’aspetto linguistico per comprendere la successione degli eventi.
Bisogna sviluppare il concetto di prima e dopo in modo da gestirlo in maniera consapevole acquisendo gli
elementi da inserire nel linguaggio parlato diventando così bagaglio cognitivo.
Il passaggio dalla pratica al linguaggio permette di organizzare sempre meglio il pensiero arricchendolo di
nuovi concetti che sono diventati componenti del pensiero astratto. Fare concretamente rende il concetto
più reale e la padronanza diventa migliore. Bisogna però partire da movimenti che lo studente conosce già
in modo tale che l’attenzione sia su un unico obiettivo. L’attenzione è selettiva ed è impossibile pensare a
due cose. Il prima e dopo sono importanti per il concetto di successione.
Esiste poi il concetto di contemporaneità che può essere personale o con più persone.
Poi il concetto di lento e veloce.
Bisogna lavorare anche sul concetto di cadenza. Inizialmente l’allievo è libero di sperimentare per far
comprendere che cosa è una cadenza, ovvero una sequenza di battute con intervallo identico. Uno
strumento usato è il metronomo che produce sequenze di ogni tipo per favorire l’adattamento al
movimento del corpo. È neutro e mette tutti sullo stesso pian, sia chi ama la musica sia chi si immobilizza.
Poi si passa a riprodurre sequenze semplici con la gestione di ogni parte del proprio corpo a livello ritmico,
sapendolo coinvolgere tutto.
Questa azione di adattamento non è semplice ed avviene sempre quando si deve realizzare un movimento
contemporaneo a qualcosa. È l’azione del cervello che ci fa acquistare questa abilità. È importante lavorare
con tempi e musiche diverse. Per aumentare la capacità di adattamento al tempo delle battute bisogna
considerare la cadenza base come punto di riferimento per poi passare alla cadenza sdoppiata.
Queste esperienze stimolano molto la relazione perché si cambiano le coppie e bisogna adattarsi alle
diversità di ognuno.
Poi si inseriscono le cadenze che accelerano e decelerano: ci aiutano a affinare la percezione uditiva, la
capacità di regolare il movimento adattandolo ad un tempo che continua a cambiare.
Il ritmo può essere irregolare e bisogna saperlo gestire. Entra in gioco il concetto di sequenza, ovvero un
insieme di azioni che si ripetono con lo stesso ordine. Si crea una struttura ritmica, ovvero un insieme di
battute che fra loro hanno intervallo diversi, ma riconoscibili e rappresentano un’unità.
Bisogna quindi adattarsi ad una struttura semplice per comprendere la differenza tra cadenza e struttura
rimica. Poi si aumenta il numero di battute per rendere più difficile il riconoscimento degli intervalli. La
capacità di gestire la ritmicità del movimento è importante come sempre nella vita e nel mondo dello sport.
Le danze comprendono la componente spaziale, corporea, temporale e percettiva.
Questi lavori hanno valore educativo nel costruire relazioni e ridurre le tensioni che si creano tra maschi e
femmine.
Bisogna sempre partire gradualmente per poi aumentare la difficoltà, sia lavorando da soli sia in gruppo.
Si passa sa un movimento libero ad uno in cui bisogna porre l’attenzione per ripeterlo. Bisogna usare
movimenti conosciuti per eliminare la vergogna nell’eseguirli, che sappiano coinvolgere tutti.
Poi si passa alla realizzazione di sequenze che si adattano alla musica proposta.
Bisogna far capire che ogni musica è suddivisa in frasi musicali formate dallo stesso numero di battute.

5. PERCEZIONE SPAZIO-TEMPO

Il concetto di spazio-tempo è fondamentale per il movimento della persona e fanno parte di un insieme
come avviene in ogni persona che si muove.
La percezione spazio-tempo è il rapporto che esiste quando ci muoviamo.
Nel movimento di ogni persona spazio e tempo sono sempre presenti, perché la nostra azione si realizza
nello spazio utilizzando ritmi. Il rapporto più significativo tra i due è il concetto di velocità.
Ogni persona deve conoscere ed essere consapevole del concetto di velocità. Questo avviene attraverso
l’esperienza. Per esempio, chi lancia deve gestire i rapporti spazio-tempo per colpire un avversario; ma allo
stesso tempo chi schiva mette in gioco le conoscenze spazio-temporali per non essere colpito.
In relazione alla velocità, c’è il concetto di accelerazione e decelerazione, che anche in questo caso di
ottengono con l’esperienza.
Bisogna anche sviluppare la capacità di adattamento al movimento di un compagno o di un oggetto.
La capacità di gestire le situazioni deriva dalle esperienze e dal problem solving: quindi è l’allievo che deve
trovare la soluzione e non deve essere suggerito.
La relazione spazio-tempo la si trova nell’attività sportiva, in cui anche il linguaggio ha un ruolo importante.
Esso ci permette di comprendere e interpretare le intenzioni di un’altra persona.
Il canale cinestesico con l’analisi delle posture ci permette di capire il livello di controllo del corpo, del
movimento e come ci si adatta per gestire il movimento stesso.
La lateralità è importante perché viene sfruttata dall’avversario.
I canali percettivi servono per valutare le scelte dell’avversario perché ci informano su tutto ciò che sta
avvenendo.
L’equilibrio è importante perché il superamento dell’avversario si gioca sul metterlo fuori equilibrio. Il ruolo
dell’equilibrio è giocato sull’uso delle posture.
L’area cognitiva è il centro dell’osservazione perché prende decisioni su come agire. L’azione della zona
cognitiva ha il compito di analizzare, decidere, scegliere e modificare le scelte e adattarle alla situazione. È il
cuore del movimento. Si utilizzano due diversi tipi di coordinazione: globale e per rappresentazione
mentale, che servono per gestire ogni azione.
Gli adattamenti del corpo e tutti i movimenti che sostengono l’azione fanno parte della coordinazione
globale. L’uso delle qualità muscolari è continuo. Velocità, forza, mobilità e resistenza sono gestite in
funzione delle necessità.
Per vincere una contesa bisogna mettere in difficoltà l’avversario a livello di spazio-tempo.
Queste scelte sono il cuore della decisione perché è proprio valutando spazi e tempi che la soluzione è
vincente o perdente.
Più si è capaci di gestire questi rapporti più siamo capaci di adattarci senza difficoltà.
A livello spazio-temporale memorizziamo gli spazi e le situazioni che ci servono come riferimento per nuove
esperienze della vita sociale. Vanno a regolare le nostre memorie che vengono registrate.
Molti concetti vengono acquistati nella scuola materna, ma è importante riprenderli e affinarli nella scuola
elementare.
Il linguaggio migliore da una parte il succedersi delle parole e dall’altra l’acquisizione del lessico come il
nome degli oggetti o delle azioni che si realizzano.

6.IL TONO MUSCOLARE


È una delle funzioni più importanti.
Viene detta anche contrazione tonica ed è l’attività muscolare involontaria e continua che mantiene la
postura eretta opponendosi alla forza di gravità. È modificabile nell’intensità e si può aumentare o ridurre.
È definita anche come la tensione minima esistente in un muscolo per svolgere l’azione.
È percepibile attraverso il contatto ed è modificabile in base all’attività.
Il programma di tonificazione si realizza attraverso attività per migliorarlo. Perciò fare o non fare attività ha
influenza diretta sul tono muscolare.
Può essere di diversi livelli: normale quando la consistenza è buona e non eccessiva, iper quando il tono è
decisamente superiore e ipo quando è basso per mancanza di attività.
Mantenere la postura eretta dipende dagli stimoli che dalla periferia di ogni parte del corpo giungono ai
centri di controllo superiori, dove vengono gestiti. Le informazioni arrivano ai centri sottocorticali. Tante
informazioni, tanti centri nervosi per regolare il tono e organizzare il movimento. Controllano la
componente fisiologica, implicazioni emotive, situazioni di benessere o malessere.
I centri sottocorticali controllano azioni involontarie.
La quantità dei centri coinvolti mette in evidenza l’importanza.
Ogni muscolo è programmato per due funzioni: tonica e motoria.
Quella tonica serve per mantenimento delle posture e del grado di tensione muscolare.
La funzione motoria per svolgere i movimenti.
Ogni muscolo può avere un numero maggiore di cellule relative alla funzione tonica o motoria, ma in ogni
muscolo ci sono recettori e fibre delle due funzioni.
Le due funzioni sono unite nell’azione pur avendo ruoli diversi. Sono gestite dagli stessi centri di controllo e
la loro azione è complementare. Le funzioni tonica e motoria agiscono attraverso contrazioni toniche e
fasiche. Quella tonica è lenta e rimane a lungo con consumo energetico minimo; quella fasica è breve e
consuma molta energia, producendo calore e fatica.
La funzione tonica è legata ai centri di controllo delle emozioni. Il simpatico influenza il controllo del tono.
La sostanza reticolare collega tutti i centri di controllo. L’azione diretta dei centri sul tono determina la sua
sensibilità ai rapporti affettivo-emozionali.
C’è un effetto reale del vissuto personale sul tono aumentandolo o diminuendolo.
Il vissuto ha effetto fisiologico diretto sul tono favorendo uno stato di tensione o di detensione.
È importante conoscere il concetto di relazione tonica, cioè la capacità di comunicare attraverso il tono.
È la situazione che si crea quando c’è l’accettazione dell’errore o quando sgridiamo qualcuno. Le due
posizioni hanno un effetto tonico sull’altro che può essere positivo o negativo.
Il comportamento del docente influenza il tono degli studenti.
La didattica che accetta l’errore come apprendimento ha un approccio relazionale e tonico diverso da una
forma dove l’errore è da evitare e chi sbaglia viene punito.
L’accettazione dell’errore serve per riflettere e trovare una soluzione migliore e ha connotazione positiva e
porta ad agire con giusto tono. Gli alunni devono essere gli artefici dei loro miglioramenti così da utilizzarli
nella vita quotidiana.
Nel caso in cui l’errore è visto come negativo, le tensioni aumentano e non si riesce ad agire come voluto.
Anche perché se l’alunno non comprende l’errore, lo ripeterà perché la paura di sbagliare aumenterà il suo
tono e la sua tensione lo porterà a nuovi errori, magari anche più gravi.
Un tono muscolare eccessivo senza consapevolezza crea forti difficoltà nella regolazione fasica e nella
gestione della coordinazione con pessimi risultai nel movimento.
E come se la muscolatura fosse frenata e ostacolasse l’azione fluida della funzione di coordinazione
La percezione e la consapevolezza del tono è acquisita con azioni in cui sentiamo il nostro corpo.
Un’attività adatta è il rilassamento con un ambiente tranquillo e sicuro in cui la persona si rende conto di
ciò che avviene nel proprio corpo. Bisogna creare una situazione che permetta ad ognuno di sentirsi
tranquillo e sicuro.
È importante il ruolo del conduttore che sta guidando le persone a prendere coscienza di sé stessi.
Ognuno è diverso e sentirà qualcosa di diverso, perciò bisogna dare il tempo necessario affinché ognuno
sperimenti le proprie sensazioni.
Chi conduce deve avere una voce tranquilla, fare proposte in forma non imperativa e non dare ordini.
L’attività di rilassamento permette di riconoscere le sensazioni della pella, delle articolazioni, dei muscoli,
legamenti e tendini, la posizione delle parti del corpo, lo stato di contrazione, movimento; permette di
acquisire il controllo della contrazione e di prendere coscienza delle funzioni respiratoria e cardiaca.
Il rilassamento favorisce la percezione del corpo e di creare un legame fra ciò che si è percepito nel
rilassamento e le fasi dinamiche delle azioni successive.
Bisogna però arrivare ad una condizione del giustamente teso: non è vero che la persona troppo rilassata
sia nelle condizioni migliori di operare. È giusto avere una leggera tensione.
È importante essere attenti alle persone soprattutto a chi manifesta stati di disagio nell’entrare in relazione
con il proprio corpo. L’azione di chi conduce deve essere di aiuto per riuscire a superare questa fase.
La posizione migliore per rilassarsi è quella supina perché favorisce la presa di coscienza. Per mette di agire
con movimenti molto lenti e di sentire cosa succede nelle parti che si muovono. La lentezza è
fondamentale. Bisogna arrivare ad una condizione senza contrazione e riconoscere il processo che si sta
realizzando. È una ricerca personale. Quando si è riusciti ad acquisire la consapevolezza della tensione e
detensione nel proprio corpo si è in grado di gestire questo risultato nella vita quotidiana e sarà utile per
altri apprendimenti. La consapevolezza è il passaggio fondamentale che aiuta a capire le proprie condizioni
e intervenire con il rilassamento e la respirazione.

7.LA COORDINAZIONE
Le coordinazioni hanno un ruolo importante per la persona: più la funzione è efficiente migliore è la qualità
della vita.
Bisogna individuare quali sono le informazioni presenti nella memoria che servono per realizzare il
movimento. La coordinazione è legata alla capacità della persona di sentire il proprio corpo. Più si sente nel
proprio corpo più è in grado di affrontare le azioni che servono per la vita quotidiana. Vivere è muoversi. Il
corpo ci sostiene nel gestire ogni attività dalle più semplici alle più complesse.
La persona è il punto di partenza perché è colei che deve gestire in modo consapevole tutti gli elementi. Il
corpo è posto dopo le capacità cognitive e i canali percettivi: le prime forniscono ai secondi la capacità di
riconoscere il corpo e di sentirsi in esso. I canali percettivi sono fondamentali perché stimolano la persona
ad incontrare il proprio corpo. Permettono di analizzare ciò che il corpo sta comunicando dall’interno e ciò
che riceve dall’esterno. Le funzioni cognitive servono per gestire le informazioni acquisite attraverso i canali
percettivi.
l’attenzione è indispensabile. I problemi di attenzione creano forti difficoltà negli apprendimenti e di
conseguenza nello sviluppo delle funzioni superiori. L’analisi è il passaggio successivo. Analizzare serve per
entrare più a fondo nelle informazioni acquisite per poterle utilizzare successivamente.
La riflessione introduce al ragionamento per arrivare alla comprensione. Il passaggio finale è la costruzione
della memoria prima a breve termine e poi a lungo. Quella a breve termine è di tipo elettrico mentre quella
a lungo termine di tipo chimico con l’apertura di nuove sinapsi con le memorie già presenti.
Le funzioni cognitive sono lo strumento operativo mentre i canali percettivi permettono il passaggio delle
sensazioni per poter prendere possesso del proprio corpo analizzando ogni situazione possibile. L’insieme
crea la persona. Parte che corrisponde al mondo interno: la respirazione è una funzione di grande
importanza e può essere volontaria o automatica. La circolazione del sangue è riconosciuta attraverso
l’ascolto dei battiti e può essere modificata a livello motorio o emotivo. È automatica.
forza, velocità, resistenza e mobilità si manifestano attraverso l’azione muscolare e sono gestite a livello
cognitivo.
L’equilibrio è un’altra funzione con un funzionamento automatico per mantenere in posizione eretta la
persona. È possibile creare situazioni che lo aiutino ad agire al meglio e lo stimolino a migliorare.
Per modo esterno si intendono le relazioni spaziali, temporali e spazio-temporali.
Anche la componente emotiva è importante.
Nell’ascoltare il corpo si possono riconoscere le reazioni emotive come espressione di ciò che avviene in
funzione dell’emotività e dell’affettività. È sempre presente e non possiamo dimenticarla. Ha un’influenza
molto forte sui risultati della coordinazione e sull’efficacia dell’azione che si vuole realizzare.
La funzione di coordinazione permette alla persona di agire, le fa riconoscere numerose sensazioni di
ritorno che i canali percettivi fanno arrivare alle componenti cognitive.
Bisogna capire quali zone del cervello vengono attivate e in quale modo.
Corteccia primaria: la corteccia somatosensoriale è quella che riceve informazioni che partono da tutti i
muscoli, articolazioni e pelle. Quando noi percepiamo qualcosa a livello corporeo questa informazione va
ad arricchire quella zona specifica. La zona motoria primaria ha il compito di far partire l’azione del corpo su
sollecitazioni di altre zone.
La grandezza della proiezione dipende dalla finezza dei movimenti che quella parte del corpo può
realizzare.
Le due zone primarie sono posizionate negli emisferi nella regione caudale della circonvoluzione frontale
ascendente di fronte al solco centrale.
Per attività percettiva si intende il lavoro che si fa per riconoscere le informazioni che i canali percettivi
inviano al cervello. Servono per arricchire le zone sensoriali primarie nel cervello. L’attività percettiva
modifica e migliora la conoscenza e la sensibilità che si ha di sé stessi.
Creare nuove connessioni serve per creare nuove memorie che si fissano in modo efficace creando una rete
intensa con lo scopo di rendere più fine la conoscenza del proprio corpo. Le informazioni che raggiungono il
cervello senza collegamenti rischiano di perdersi perché vengono memorizzate come nuove e senza una
forte associazione.
Nella corteccia esistono anche zone associative unimodali: somatosensitiva, uditiva e visiva. Queste
collegano le informazioni registrate in un particolare settore percettivo.
Esistono altre zone associative con compito di collegamento superiore. Sono aree associative polimodali
posteriore, anteriore e limbica. Hanno il compito di collegare le memorie relative a più zone unimodali per
collegare le informazioni di diversi canali percettivi.
Il compito dell’area polimodale posteriore è quello di collegare il corpo allo spazio e al tempo per poter
agire insieme. La realizzazione di esperienze crea i collegamenti che permettono all’azione di diventare
sempre più fluida ed efficace. Più le esperienze stimolano azioni complesse più sarà compito delle zone
creare collegamenti. Più le memorie sono coinvolte nell’esperienza più la nuova memoria sarà forte e si
unirà in modo efficace alle memorie precedenti. L’area associativa anteriore è la zona nella quale si
concretizza l’idea dell’azione che si vuole realizzare. È la zona in cui inizia tutto. L’area associativa limbica è
la zona che ha il compito di mettere in relazione ciò che si sta progettando e la componente emotiva-
affettiva che la persona sta vivendo. Ogni azione è sempre mediata alla componente emotiva.
Crea sia situazioni positive e negative e deve essere tenuta sotto controllo. In ogni esperienza le
complicazioni emotive sono sempre dipendenti dalla zona limbica. L’intervento è in forma indiretta e lo si
può fare riducendo la tensione e favorire un graduale ritorno alla normalità.
Eccles ha redatto uno schema per far capire come avviene il controllo dell’azione motoria dando visibilità in
forma schematica all’insieme dei più importanti centri nervosi coinvolti.
L’ipotesi di azione è il momento di partenza che si crea in quella frontale. L’idea mette in azione la zona
motoria supplementare, centro che raccoglie tutte le informazioni al termine della programmazione del
processo. Non c’è un passaggio diretto dall’idea all’area motoria, ma l’idea manda l’impulso organizzativo ai
centri che devono collaborare per definire tutte le condizioni che serviranno alla corteccia motoria per
impartire gli ordini ai muscoli. C’è un percorso che è diretto dall’area supplementare alla corteccia motoria,
ma non sufficiente per il movimento. La zona supplementare mette in moto i corpi striati, le aree
associative e il cervelletto.
I corpi striati hanno il compito nella programmazione del movimento del corpo. Le zone associative sono
stimolate per combinare tutti gli elementi delle zone primarie.
Il cervelletto gestisce l’equilibrio nell’azione e deve sempre essere utilizzato per il mantenimento della
postura. Serve per la gestione della coordinazione automatica. La sua azione avviene senza alcun controllo
della volontà. Il cervelletto e i corpi striati coinvolgono il talamo che gestisce l’insieme degli interventi. Il
talamo invia l’impulso alla corteccia motoria. È presente anche una via diretta fra le aree d’associazione e la
corteccia motoria che invia l’ordine di partenza alla via piramidale che parte dalla motoria primaria, ma
informa il cervelletto degli impulsi inviati alla via piramidale. Il cervelletto ha coì il compito di regolare
l’azione e di indentifica con la freccia di ritorno verso l’area motoria. L’azione manda stimoli a due vie di
ritorno alle zone di programmazione del cervello: una specifica e una aspecifica. Quella specifica ritorna
verso i centri di controllo volontari, quella aspecifica va al cervelletto, alla zona motoria e alle aree di
associazioni per gestire le correzioni. L’errore è la normalità come è normale impegnarsi per correggerlo.
La coordinazione usa tutte le memorie che le esperienze creano nelle diverse aree del cervello e le gestisce
per facilitare il nostro adattamento al mondo. Ci serve per vivere e gestire le azioni. Ci rende consapevoli
delle difficoltà. Attraverso le esperienze fatte a livello percettivo determina la possibilità di rendere più fine
il controllo della nostra azione.
La differenza tra difficoltà a livello centrale e periferico riguarda il sistema nervoso che crea difficoltà a
muoversi.
La funzione di coordinazione deve programmare il movimento della persona tenendo conto della situazione
cambiata. Usa la sensibilità corporea costruita attraverso tutte le esperienze. La quantità di esperienze
determina la facilità con la quale la coordinazione riuscirà a trovare la soluzione.
Usa le informazioni memorizzate in modo efficace e quindi quelle immagazzinate con apporto cognitivo
molto forte, che sono state associate a quelle già esistenti o che sono il frutto di un lavoro percettivo che ha
ampliato la sensibilità.
È la funzione organizzativa del sistema motorio e può manifestarsi in tre forme operative:
1. Riflessa a livello del midollo spinale
2. Automatica a livello sottocorticale di azioni che sono state ripetute più volte
3. Volontaria a livello corticale che può essere per rappresentazione mentale e globale, per gestire ciò
che è nuovo da apprendere
Il cervello sceglie la coordinazione in base alla necessità.
Queste funzioni sono complementari e arricchiscono la gamma di azioni che la persona può realizzare.

 VOLONTARIA: si divide in globale per realizza un’idea e per rappresentazione mentale. La loro
azione è quelle di far lavorare i neuroni specchio. Il concetto di copiare è importante se ben
indirizzato, perché si parte da ciò che si è osservato per costruire ed elaborare situazioni nuove.
Entrambe vengono divise in:
a. Coordinazione intersegmentaria: associazione- dissociazione degli arti
b. Coordinazione occhi-mani, occhio-piedi, occhi altre parti
c. Coordinazione braccia-tronco
d. Coordinazione movimento con respirazione
Ognuna è integrata nello spazio-tempo.

a.per associazione e dissociazione si intendono quei movimenti che si utilizzano per un fine comune negli
arti. Il lavoro di dissociazione è utile perché aumenta la capacità degli alunni di dissociare l’azione degli arti
e quindi le capacità di associarli. È sviluppata negli arti inferiori e superiori. Rende la persona sempre più
autonoma nella gestione di sé, nel rapporto con gli arti e con l’ambiente. Deve essere allenata, sviluppata e
migliorata. Ogni esperienza rende più sensibili le zone del cervello deputate al controllo del corpo.
Ogni tipo di coordinazione serve per migliorare la funzionalità del cervello e a rendere sempre più ricche e
sensibili le zone deputate al controllo del corpo.
Il ruolo più importante è la percezione con un ruolo importante delle vie della sensibilità di ritorno. Sono
importanti perché diventano più sensibili a tutte le informazioni che arriveranno dal corpo in azione. Hanno
una visione di insieme di ciò che stanno facendo rendendosi conto se l’azione è positiva o negativa e quindi
se necessario migliorarla.
Stimola il controllo dell’azione dei segmenti durante il movimento del corpo. È centrata sul controllo
associato e dissociato: associato agiscono insieme, dissociato agiscono in maniera autonoma.
Se la proposta coinvolge più coordinazione la situazione diventa più efficace quando bisogna acquisire
maggior sicurezza nel controllo del corpo.

c.il controllo respiratorio volontario ha un effetto educativo importante, utile nella gestione del movimento
e ha effetti interessanti nella vita quotidiana, nel controllo della fatica e delle emozioni. Il controllo della
respirazione è solo per la parte muscolare controllabile volontariamente escludendo ogni possibilità di
intervento diretto sui centri automatici della respirazione. Il controllo che si può attuare ha le stesse
caratteristiche delle altre coordinazioni e i centri di controllo corticali sono identici. Per prima cosa bisogna
prendere coscienza di ciò che avviene nel corpo quando si respira. Bisogna conoscere le due fasi:
inspirazione ed espirazione. La prima ha effetto di contrazione del corpo e deve essere breve, mentre la
seconda ha effetto di distensione della muscolatura corporea e deve essere lunga.

d.è possibile creare un coordinamento tra il controllo respiratorio e l’azione del corpo nelle azioni
prolungate. Normalmente la fatica subentra subito perché la respirazione scoordinata dal movimento
diventa affannosa.

Un altro aspetto della coordinazione è il rapporto con i giochi e le attività sportive. Ogni attività percettiva e
coordinativa può manifestarsi ai massimi livelli ed è evidente l’espressione delle capacità cognitive.
I giochi sono un ambito privilegiato per gestire la coordinazione ai massimi livelli e il ruolo delle scelte è il
prodotto delle capacità cognitive.
Le esperienze sono importanti per la coordinazione.

8. L’EQUILIBRIO
È una serie di reazioni per mantenere la postura eretta da fermi o in movimento, per controbilanciare la
forza di gravità.
Si manifesta in forma del tutto automatica e si può intervenire solo in maniera indiretta.
Ci sono alcuni fattori che favoriscono l’equilibrio: la distribuzione del peso sugli appoggi, l’ampiezza della
base d’appoggio e il baricentro che cade all’interno della base d’appoggio.
Questi fattori non sempre bastano per mantenerlo, perché il nostro corpo per rimanere in equilibrio
necessita di continui aggiustamenti.
Le informazioni sono inviate dal corpo al cervelletto che fornisce una risposta riflesso-automatica per
controbilanciare lo spostamento.
Nonostante i tentativi di bloccare i movimenti per un controllo volontario della muscolatura, è impossibile
fermarli: anzi, è proprio l’azione che cerca di fermarli che rende l’equilibrio precario.
Il centro di controllo è il cervelletto. Elabora velocemente le informazioni che arrivano dal labirinto posto
nell’orecchio che informa sulla posizione e orientamento della testa; dall’appoggio plantare; dalle
articolazioni e dai muscoli e dalla vista.
Il cervelletto elabora una serie di dati e decide una soluzione più idonea ed invia segnali per la contrazione
della muscolatura necessaria al mantenimento dell’equilibrio. I riflessi di equilibrio possono essere stimolati
dal cervelletto in qualsiasi posizione.
Esso è quindi una reazione autonoma e inconscia del corpo, ma è possibile intervenire in modo volontario
per favorire il mantenimento.
Più articolazioni si riesce a coinvolgere in un’azione, maggiore è la probabilità di ottenere un buon risultato.
L’equilibrio può essere facilitato da alcuni atteggiamenti assunti che creano condizioni migliori:
rilassamento dei muscoli non coinvolti, abbassamento del baricentro, controllo della postura del corpo,
baricentro all’interno della base d’appoggio.
L’intervento volontario del corpo serve per ridurre le contrazioni inutili e permettere al cervelletto di
stimolare la contrazione delle zone muscolari necessarie all’azione. Appena si capisce di essere in una
situazione di instabilità, si tenta di riacquistare equilibrio irrigidendo il corpo: è una reazione spontanea che
però lo compromette ulteriormente. Il corpo perde la possibilità di rispondere velocemente e cade con più
facilità.
Un’altra azione volontaria è il piegamento delle ginocchia per coinvolgere le articolazioni degli arti inferiori.
Una loro azione più ampia, fa sì che ci sia una partecipazione globale del corpo.
Un altro elemento è la gestione della postura con mantenimento della verticalità. Il suo controllo favorisce
il mantenimento del baricentro nella base d’appoggio.
Le azioni di equilibrio sono quindi riflesse, ma è possibile influenzarle. Tutti gli interventi sono dovuti a
capacità che si possono e si devono acquisire attraverso un’azione educativa specifica.
Per migliorare l’equilibrio bisogna svolgere esercizi in condizioni di squilibrio, stimolandone i riflessi.
Le rotazioni sono un movimento rapido del liquido che sta nell’orecchio interno e crea difficoltà nel capire
la posizione della testa nello spazio ed esso in maniera rapida deve riorganizzare la postura.
La posizione delle braccia asseconda la rotazione del corpo e incrementano la velocità e servono per
migliorare la stabilità.
L’equilibrio ha un ruolo importante nella vita quotidiana. Tano maggiore è la sua funzionalità, tanto
maggiore è l’efficacia del suo intervento.
L’equilibrio si trova anche nello sport e nel divertimento.

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