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Dalla nascita delle città-stato nel corso dell'VIII secolo a.C.

, con uno sguardo


alle diverse aree del Mediterraneo, il volume segue lo sviluppo delle città
cercando di sottolineare tratti comuni e differenze, continuità, rotture e
contaminazioni, mentre sullo sfondo si muovono vicende contingenti e
processi storici di lunga durata. Attraverso quasi millecinquecento anni si
tratteggiano così i volti dei centri urbani fmo alla costituzione dei regni
romano-barbarici tra v eVI secolo d.C. , alle soglie del Medioevo.
La pianincazione della città e del territorio, la loro difesa, l'organizzazione
degli spazi pubblici e privati e la gestione delle risorse sono analizzate nei loro
elementi costitutivi, con una particolare attenzione alle relazioni topograf:tche
e funzionali che legano tra loro le varie parti, con l'obiettivo di ricomporre la
complessità dei paesaggi antichi.

Fabio Fabiani insegna Storia dell'architettura antica all'Università di Pisa. Conduce


ricerche in Italia e all'este;ro, occupandosi di ricostruzione del paesaggio antico, viabilità,
archeologia della produzione, urbanistica e architettura romana. Tra i suoi lavori più
recenti, i due volumi MAPPA MetodologieApplicate alla Predittività del Potenziale Archeologico
(Roma ~01~-13) , realizzati con un gruppo di ricerca multidisciplinare .

€ 26,00 9
Il volume appartiene alla serie "Archeologia classican diretta da Daniele Manacorda.

Già pubblicati:

Anna Maria Riccomini


La scultura

In preparazione:

Maria Stella Busana


L'edilizia privata

Rita Volpe
L 'edilizia pubblica

Monica Salvadori
Gli spazi interni: pavimenti, pareti, arredi

Jacopo Orralli
Le necropoli: sepolture e corredi

Gianni De Tommaso
Gli oggetti di lusso

Helga Di Giuseppe
La suppellettile d'uso comune

Elisabeth Jane Shepherd


Gli strumenti del lavoro

Anna Maria Riccomini


Il ritratto

l lettori che desiderano


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possono rivolgersi direttamente a:
Carocci editore
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http:/ /www.ca rocci.it
Fabio Fabiani

L'urbanistica:
.'
c1tta e paesagg1
.

Carocci editore
A Sonia, Ginevra e Caterina

L'editore è a disposizione per i compensi dovuti agli aventi diritto

t• edizione, giugno 2014


© copyright 2014 by Carocci editore S.p.A., Roma

Finito di stampare nel giugno 2014


da Eurolit, Roma

ISBN 978-88-430-6762-6

Riproduzione vietata ai sensi di legge


(art.l71 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

Senza regolare autorizzazione,


è vietato riprodurre questo volume
anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia,
anche per uso interno
o didattico.
Indice

Introduzione 9

1. Pianificare la città e il territorio 15


I. La forma della città 15
2.. La forma del territorio 54
Riferimenti bibliografici 66

2. Proteggere la città 69
I. Le mura e le porte 69
2.. l sistemi difensivi del territorio 95
Riferimenti bibliografici 103

3. Organizzare gli spazi pubblici e privati 105


1. I luoghi della vita civile, politica e amministrativa 105
2.. Lo spazio del sacro 117
3· Le strade e le fogne 128
4· L'approvvigionamento idrico 137
S· L'igiene della città e degli abitanti 147
6. I luoghi dello spettacolo 153
7· l quartieri abitativi 162
8. l quartieri commerciali e artigianali 171
9· La città dei vivi e la città dei morti 181
Riferimenti bibliografici 188

4. Organizzare il territorio e le sue risorse 191


1. Il suburbio 191
2.. l santuari extraurbani 196
3· Le fattorie e i villaggi 202
4· l boschi e le paludi 209
S· Le manifatture ceramiche 215
6. Le cave e le miniere 219
Riferimenti bibliografici 228

s. Collegare città e territori231


1. La città, nodo delle comunicazioni 231
2.. Le infrastrutture viarie 240
3· Le vie d'acqua 253

7
4· Porti marittimi e fluviali 261
Riferimenti bibliografici 272

Fonti classiche citate 275

Bibliografia 2n
Indice dei luoghi 305

Indice dei nomi 317

8
Introduzione

Di là li fece partire Nausitoo simile a un dio


li stabilì nella Scheria, lontano dagli uomini industri,
e di mura circondò la città, fabbricò case,
e fece templi ai numi e divise le terre.
OMERO, Odissea VI, 7·10 (trad. it. R. Calzecchi Onesti)

Con rapide pennellate Omero mostra il fondatore di una nuova città,


Nausitoo, che guida il contingente dei coloni feaci in una nuova terra: la
costruzione delle mura urbiche, dei templi, delle case e la distribuzione
delle terre costituiscono gli atti fondamentali che consentono l'avvio di
una nuova vita associata. Si tratta ovviamente di una popolazione mitica,
ma il modo in cui è descritta l'organizzazione materiale della nuova co-
munità mostra tratti di indubbia realtà. Città di fondazione che sorgono
per atto deliberato o città che nascono per lento e graduale processo di
aggregazione di villaggi, fino al superamento dei rapporti di parentela nel-
le relazioni sociali e politiche: la nascita di una città è fenomeno sempre
complesso e diversificato nei tempi, nei modi e nelle varie culture. Ciono-
nostante, la descrizione omerica evoca con una sintesi estrema ed efficace
l'immagine materiale della città nel mondo antico: in un unico sguardo
si coglie infatti la trama che lega in modo inscindibile l'area urbana, con
tutte le sue infrastrutture pubbliche e private, e la campagna organizzata
che la circonda.
Da questa constatazione emerge la prima considerazione riguardo all'impo-
stazione del volume, ovvero l'esame della città antica intesa nella comple-
tezza delle sue manifestazioni, quelle più tipicamente urbane e quelle che
riguardano il territorio di riferimento. Nel mondo antico, infatti, il concetto
di città nasce dalla fusione di questi suoi due elementi costitutivi: una grande
parte della popolazione è stanziata nella campagna, che rappresenta lo spazio
vitale e la base produttiva di ogni centro urbano.
La citazione omerica introduce inoltre una seconda considerazione, quella
dei limiti cronologici imposti alla trattazione. La città nel senso urbanistico
del termine è fenomeno antichissimo, millenario nelle civiltà del Mediterra-
neo orientale, in Egitto o nella Grecia micenea. Al tempo della composizione
dell' Odissea la civiltà micenea è ormai tramontata da tempo e con essa i centri
urbani che si erano sviluppati intorno alla sede del potere, il palazzo. Questo,
però, è anche il momento in cui si sta avviando un nuovo processo che porta
nel corso dell'viii secolo a.C. alla nascita delle città-stato (poleis). Il feno-
meno dello sviluppo o della fondazione di centri urbani accomuna in que-

9
L'urbanistica: città e paesaggi

sto stesso arco cronologico varie zone del Mediterraneo: almeno all'inizio
dell'viii secolo risale il movimento coloniale fenicio, dal Nord Mrica dove
è fondata Cartagine (f!!tl?dst, in fenicio "città nuova"), la maggiore colonia
d'Occidente, alla Sicilia, alla Sardegna fino alla Spagna. Nello stesso secolo
prende avvio anche la colonizzazione greca in Oriente, fino alle coste del Mar
Nero, e in Occidente, soprattutto in Italia meridionale e in Sicilia; in Italia
centrale vanno sorgendo Roma e le città dell'Etruria. È proprio dall'avvio
di questa nuova fase della civiltà urbana che prende le mosse la trattazione
del volume: con uno sguardo alle diverse aree del Mediterraneo si segue lo
sviluppo della forma urbana cercando di sottolineare tratti comuni e diffe-
renze, continuità di sviluppo, rotture e contaminazioni, mentre sullo sfondo
si muovono vicende contingenti e processi storici di lunga durata. Attraverso
quasi millecinquecento anni si tratteggiano così i volti delle città fino alla
costituzione dei regni romano-barbarici tra v e VI secolo d.C., alle soglie del
medioevo.
Mura, case, templi e terre, ancora una volta il passo omerico offre spunto
per un'ulteriore considerazione riguardo al modo in cui è impostato il vo-
lume: la città e il suo territorio sono infatti disarticolati nei loro singoli ele-
menti costitutivi, ciascuno dei quali è analizzato in prospettiva diacronica. È
opportuno però precisare che il lavoro non intende affrontare l'esame det-
tagliato di tutte le tipologie architettoniche, per le quali si rimanda alle trat-
tazioni specifiche in altri volumi di questa serie. Naturalmente si offrono
informazioni basilari sugli aspetti morfologici che conferiscono autonomia
alla trattazione e per alcune categorie di edifici, come ad esempio le strut-
ture difensive non analizzate specificamente in altri volumi, si forniscono
descrizioni anche dettagliate. L'obiettivo generale è però quello di focaliz-
zare l'attenzione sulle relazioni topografiche e funzionali che legano le aree
caratterizzate da determinate destinazioni d'uso e il contesto urbano e terri-
toriale in senso più ampio.
L'illustrazione delle varie tematiche procede per exempla, ovvero attraverso
la presentazione di casi specifici e concreti. Si tratta di esempi estremamente
vari e pur tuttavia tipologizzabili: la comunanza di alcuni aspetti o la ricor-
renza di certi tratti consentono infatti di scorgere attraverso le singole re-
altà contingenti il processo di più ampia portata storica che le sottende; le
differenze consentono al contempo di valorizzare le peculiarità e le varianti
anche locali che sempre movimentano e arricchiscono fenomeni unitari. Se
non può mancare naturalmente il riferimento ad alcuni dei casi più rappre-
sentativi e di conseguenza anche più famosi, l'indirizzo che solitamente ha
guidato la scelta è stato quello di proporre esempi meno noti. Ciò consen-
te di rendere con maggiore evidenza la vastità e la diffusione dei fenomeni
presentati e di fornire al lettore un quadro di conoscenze altrimenti poco
diffuse. Per questo stesso motivo il corredo di immagini che accompagna il
testo arricchisce il repertorio solitamente proposto nella manualistica con

lO
Introduzione

l'inserimento anche di soggetti meno usuali. In fondo a ogni capitolo, i Ri-


fèrimenti bibliografici, suddivisi per argomento, oltre agli studi ormai classici
fanno riferimento in particolare ai lavori più aggiornati degli ultimi quindi-
ci anni e forniscono gli strumenti per orientare l'approfondimento di speci-
fiche tematiche.
Il cap. 1, Pianificare la citta e il territorio, offre un inquadramento comples-
sivo sull'organizzazione dell'area urbana, delle campagne e del territorio
nel suo insieme. Città che si accrescono disordinatamente o che seguono
piani di sviluppo regolari; campagne ripartite da canali, strade e filari di
alberi impostati secondo moduli canonici; aree marginali ricoperte da bo-
schi, pascoli e paludi, vissuti, sfruttati e modificati: l'intervento dell'uomo
imprime sempre forme caratterizzanti al paesaggio, che assume aspetti pe-
culiari in base alle civiltà e alle culture che lo modellano e che si modifica
nel tempo al variare di queste; le tracce di vecchie organizzazioni sono
cancellate e se ne sovrappongono altre, generando così paesaggi sempre
nuovi.
Come l'aggiunta progressiva di singoli tasselli conferisce all'immagine di un
puzzle un aspetto più completo e intellegibile, così i temi trattati nei capitoli
successivi conferiscono alla città e al suo territorio una complessità gradata-
mente più articolata.
Nel cap. 2., Proteggere la citta, si passano in rassegna i sistemi che la città
dispiega per la propria difesa e per quella più generale del proprio territo-
rio, percorrendo le linee evolutive che questi seguono adattandosi allo svi-
luppo delle tecniche militari. Le mura urbiche, dunque, come strumento
di difesa, ma anche di autorappresentazione, con le torri e le porte monu-
mentali che proiettano all'esterno l'immagine che la città vuole offrire di
sé e infine come elemento dalla forte valenza religiosa e simbolica: le mura
separano infatti lo spazio interno da quello esterno, la vita regolamentata
dal mondo selvaggio, i cittadini dagli stranieri, il mondo dei vivi da quello
dei morti.
Il cap. 3, Organizzare gli spazi pubblici e privati, è interamente dedicato all'a-
nalisi delle aree funzionali interne alla città, con una particolare attenzio-
ne alla loro dislocazione nell'ambito del tessuto urbano e al rapporto con
le direttrici del traffico. Si passano così in rassegna i luoghi centrali legati
alla regolamentazione collettiva, rappresentati dalla piazza pubblica, simbo-
lo stesso della comunità civica, sulla quale si affacciano gli edifici connessi
alle funzioni politica, civile e amministrativa; i luoghi del sacro con templi
e santuari che marcano la topografia urbana, concorrendo alla protezione
della città, a rinsaldare il senso di appartenenza e a garantire il buon anda-
mento dell'attività politica. Per rispondere alle esigenze della vita comuni-
taria risultano inoltre basilari il sistema stradale e quello connesso del de-
flusso delle acque re flue; l'approvvigionamento idrico con i diversi sistemi
di rifornimento e distribuzione, dalle sorgenti ai pozzi, alle cisterne, agli ac-

11
L'urbanistica: città e paesaggi

quedotti, alle fontane; l'igiene pubblica, con il sistema e i luoghi dello smal-
timento dei rifiuti, e l'igiene personale, con le infrastrutture legate alla puli-
zia e alle funzioni fisiologiche. L'analisi della collocazione degli edifici per
spettacolo rappresenta poi un'importante chiave di lettura per comprende-
re il ruolo che essi rivestono nella vita cittadina, sia negli aspetti pratici sia
in quelli simbolici, e più in generale i criteri seguiti nella progettazione delle
aree urbane e suburbane. Si esaminano quindi gli spazi destinati all'edilizia
residenziale e quelli riservati alle attività commerciali e artigianali, distribui-
ti tra il centro e la periferia in base al prestigio dei prodotti venduti e alla pe-
ricolosità delle lavorazioni. Le necessità della vita sociale non si concludono
con la vita stessa, ma anche la morte richiede che la comunità trovi forme
e soluzioni che rispondano alla gestione degli spazi fisici esterni ai confini
urbani e insieme alle concezioni relative all'oltretomba e alle esigenze della
memoria.
Il cap. 4, Organizzare il territorio e le sue risorse, riguarda invece le forme
insediative, le infrastrutture e le modalità di sfruttamento del territorio.
Dall'immediato suburbio, spazio di transizione in cui la città va perden-
do le proprie caratteristiche e in cui si generano modelli di produzione e
tipologie edilizie peculiari, si passa gradatamente alla campagna coltivata,
popolata di fattorie e villaggi con modalità e intensità variabili. Luoghi
marcati da particolari valenze come i confini o contraddistinti da elementi
naturali in cui si avverte la manifestazione della divinità divengono sede
di santuari di varia entità, da centri d'incontro periodico per i villaggi di
un medesimo distretto territoriale a punto di riferimento per interi grup-
pi etnici. Ai margini del territorio coltivato si estende spesso la natura
selvaggia di foreste, paludi e acquitrini, caratterizzati da forme specifiche
di popolamento e di sfruttamento economico. La presenza di particolari
risorse naturali consente infine lo sviluppo di attività artigianali, come
quelle della produzione ceramica o dell'estrazione di metalli e materiali
lapidei.
Il cap. s. Collegare citta e territori, conclude il volume occupandosi della
rete delle comunicazioni: la viabilità che dalle porte della città si snoda al
suo esterno assolve a funzioni talvolta specifiche e a breve raggio, talvol-
ta polivalenti e destinate a coprire grandi distanze. I vantaggi offerti dai
percorsi viari nel facilitare le comunicazioni a breve o lunga distanza si
completano con le numerose opere, strettamente legate al manufatto stra-
dale, che permettono di affrontare gli ostacoli naturali incontrati lungo il
tracciato: ponti e viadotti, gallerie, stazioni di posta. Nel mondo antico,
poi, più ancora che in epoca moderna, vie d'acqua e vie di terra appaiono
strettamente correlate e integrate: i porti o gli scali minori toccati dalle
rotte marittime, con i loro apprestamenti di arsenali, banchine e magaz-
zini, non costituiscono spesso i terminali ultimi dei traffici ma punti di
sosta in cui il carico si arricchisce e si rinnova, mentre parte delle merci è

12
Introduzione

ridistribuita verso i territori interni, percorrendo le acque di fiumi, laghi


e lagune o seguendo strade di interesse locale o di grande importanza iti-
neraria.
Mura, case, templi e terre: si è cercato, dunque, di delineare l'aspetto fisico
della città o, meglio, delle città, che con il passare del tempo si avvicendano
in luoghi diversi o che si rinnovano e si rimodellano negli stessi luoghi. Le
tracce materiali descritte, le loro forme, le loro funzioni non sono comunque
che uno strumento per comprendere gli uomini che le hanno prodotte e che
costituivano essi stessi la città nell'accezione più completa. Gli antichi stessi
erano consapevoli della complessità di valori implicita nel concetto di città
come edifici e luoghi, come comunità di uomini e come organizzazione po-
litica e istituzionale, concetti separati ma che trovano pieno significato nella
loro perfetta integrazione.

13
1
Pianificare La città e il territorio

1. La forma della città

Nei poemi o m eri ci realtà insediative anche molto diverse tra loro, una grande Sviluppo
città come Troia o semplici villaggi, possono essere designate con un iden- della civiltà urbana
tico termine, polis; eppure alcuni secoli prima, nella civiltà micenea, che si
era sviluppata in area egea nella seconda metà del II millennio a.C., parole
diverse distinguevano gli abitati rurali (damos/ da-mo) dal centro urbano e
dalla cittadella con il palazzo (dstu/wa-tu). Il passaggio da una terminolo-
gia specifica a una più generica è dovuto evidentemente alla fine di quella
civiltà e alla scomparsa o al ridimensionamento delle cittadelle e degli abitati
che le circondavano. Quando nel VII secolo a.C. il poeta Esiodo distingue
nuovamente le città dai villaggi, le due realtà si sono ormai caratterizzate più
chiaramente e si è avviato il complesso processo che con tempi e modi diversi
porta al nuovo sviluppo della civiltà urbana in Grecia.
Nel corso dell'viii secolo a.C. inizia infatti a manifestarsi un significativo
cambiamento nel sistema insediativo generale: l'aumento demografico, la
maggiore articolazione sociale e l'incremento della produzione e degli scam-
bi portano allo sviluppo dell'insediamento di tipo urbano, la polis, dove tro-
va piena espressione l'intera gamma delle attività politiche, economiche e
sociali.
Uno dei processi formativi della polis si compie attraverso la fusione di vil- Formazione
laggi preesistenti (sinecismo). Dove il fenomeno è più avanzato e in presenza della città in Gre eia
di un punto di aggregazione, come quello offerto da una posizione partico-
larmente favorevole o dalla preesistenza di una cittadella micenea, si attua
uno sviluppo urbanistico marcato. In tempi anche molto lunghi compaiono
edifici caratterizzanti come il tempio della divinità protettrice della città (di-
vinità poliadica), l' agorti (piazza destinata al ritrovo della popolazione e alle
attività legate alla regolamentazione collettiva), gli edifici pubblici e talvolta
le mura. I processi di formazione urbana possono avviarsi in periodi differen-
ti e svolgersi secondo modalità assai diversificate, anche con l'aggiunta alla
città in formazione di altri villaggi o comunità più o meno urbanizzati nel
corso del tempo.

15
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 1 Emporio di Chio, pianta dell'insediamento (vu sec. a.C.)

Fonte: Mertens (2006).

Gli insediamenti della fase iniziale presentano dimensioni modeste e sono


caratterizzati da un abitato sparso che si adatta ai pendii naturali (Empo-
rio di Chio: fig. 1, Lefkandi in Eubea e Nichoria in Messenia) o da agglo-
merati di case separati da percorsi stradali, che rivelano un'attenzione per
la difesa nella scelta della posizione e nella realizzazione di strutture forti-
ficate- Zagora di Andros: fig. 2., Smirne (Smjrna) e Vroulia di Rodi: fig.
3· Molti di questi abitati sono abbandonati alla fine dell'viii secolo a.C.,
altri più tardi: una delle ipotesi più convincenti sulle cause del fenomeno
connette gli abbandoni proprio con la formazione della polis, ovvero con
i sinecismi che trasformano i villaggi in città, anche attraverso un vero

16
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 2 Zagora di Andros, pianta dell'insediamento (VIli sec. a.C.)

5
/
- T T :r·

Fonte: Hellmann (2010).

FIGURA 3 Vroulia (Rodi), pianta dell'insediamento (VII sec. a.C.)

Fonte: Mertens (2006).

17
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 4 Siracusa (Synikusa~. sovrapposizione della città antica aU'area urbana moderna

PORTO GRANDE

k lliazza VIIIDria
B: Teatro
C: Ara dlierone e Anfiteatro
0 : "Theatron"
f E: Foro Siracuaano
F: Quartiere di V..::..
G: Porta
, N: "Neoria"
FS~ ~usoo o SOOm

Fonte: Mertens (2006),

e proprio trasferimento degli abitanti. Alcuni di questi luoghi, tuttavia,


continuano talvolta a essere frequentati a lungo per la sopravvivenza di
una memoria religiosa: è il caso, ad esempio, del santuario di Atena a Za-
gora, che si struttura in forma di tempio solo all'inizio del VI secolo a.C.,
al momento dell'abbandono del centro abitato, probabilmente in favore
dello sviluppo di Paleopoli. L'aspetto di villaggio che presentano gli abi-
tati abbandonati è proprio anche delle località che avranno un grande
sviluppo in età arcaica, Atene (Athénai), Eretria, Argo (Argos) e Corinto

18
1. Pianificare la città e il territorio

(Korinthos), caratterizzate ancora da abitati sparsi con le relative necro-


poli. Dalla seconda metà dell'viii secolo a.C. in questi siti subentra una
maggiore concentrazione dell'insediamento, per quanto caotico e privo di
una pianificazione, con una progressiva riorganizzazione delle necropoli
ai margini dell'abitato. Un ruolo determinante nell'aggregazione della cit-
tà e nella formazione di un'identità comune è svolto dai luoghi di culto,
come quelli di Atena sulle acropoli di Argo e Atene o di Demetra e Kore
sulle pendici dell'Acrocorinto. Bisogna tuttavia attendere il VII e il VI se-
colo a.C. per trovare i segni evidenti di una vera e propria urbanizzazione
dell'abitato.
Mentre il fenomeno della formazione della città (polis) è ancora in atto nella Formazione
Grecia propria, prende avvio il movimento di colonizzazione verso oriente, della città
sulle coste del Mar Nero, e verso occidente, in particolare in Sicilia e Magna nel mondo coloniale
Grecia.
Nelle città della Sicilia orientale è riconoscibile fin dal momento della
fondazione, tra la fine dell'viii e gli inizi del VII secolo a.C., un siste-
ma di suddivisione dello spazio urbano per strigas nel quale grandi vie,
le platéiai, si incrociano a intervalli regolari con più numerose e strette
strade, gli stenopoi, delimitando isolati rettangolari. Tale suddivisione è
ben osservabile a Siracusa (Syrdkusai) (fig. 4) e a Megara Iblea, nella qua-
le due sistemi direzionali leggermente divergenti definiscono uno spazio
trapezoidale destinato fin da subito ad area pubblica civile (fig. s). Mega-
ra Iblea mostra dunque fin dai primi tempi della colonia un programma
di organizzazione regolare dello spazio che avrà un grande sviluppo nel
mondo ellenico. Anche in area coloniale è possibile ipotizzare esempi di
forme insediative differenti: per quanto risulti problematico stabilire, al-
meno per la fase iniziale, la natura dell'insediamento di coloni eu bo ici
a Ischia (Pithekussai) e il suo rapporto con la vicina colonia euboica di
Cuma (Cumae) sulla costa campana, non si può escludere che nell'viii
secolo a.C. l'insieme di Ischia e Cuma costituisca una realtà analoga a
quella della Grecia con poleis composte da una pluralità di villaggi che
fanno riferimento a un nucleo principale.
In età arcaica, nelle città greche d'Occidente è possibile cogliere segni più Città greche
diffusi di una pianificazione urbanistica, pur nella varietà delle soluzioni di Occidente
indotte dalle differenti condizioni ambientali. A Selinunte (Selinus), all'i- in età arcaica
nizio del VI secolo a.C., partendo probabilmente dal nucleo insediativo
sulla punta meridionale, è tracciato un articolato sistema stradale che si
estende all'intera collina (fig. 6). Adattandosi alla forma del terreno, si
impiantano due sistemi direzionali, costituiti da stenopoi ortogonali o pa-
ralleli a due assi principali, che lasciano spazio a un'area trapezoidale con
funzione pubblica nel punto di sovrapposizione. Nello stesso periodo an-
che Himéra ridisegna il proprio impianto, meglio noto nella città superio-
re, dove una platéia nord-sud sul dorso collinare è tagliata ortogonalmen-

19
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 5 Megara lblea (Mégora Hybloéo), pianta della città (fine VIli-VI sec. a.C.)

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Fonte: Mertens (2006).

FIGURA 6 Selinunte (Selinus), pianta della città (v1 sec. a.C.)

Fonte: Mertens (2006).

20
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 7 Himéra, pianta della città (VI sec. a.C.)

---
• PESTA-
VECCHiA

Fonte: Mertens (2006).

te da una serie di stenopoi (fig. 7 ). La minima differenza di ampiezza tra


gli assi viari mostra uno schema più semplice di quello di Selinunte, che
attua invece una gerarchizzazione delle strade in base ai flussi del traffico,
così come avviene anche ad Agrigento (Akrdgas) nei decenni tra VI e v se-
colo a.C. (fig. 8). In Magna Grecia le colonie disposte in aree pianeggianti
e con un vasto entroterra agricolo, come Metaponto (Metapontion) (fig.
9), Poseidonia (fig. 10) o Crotone (Kroton), hanno impianti urbani molto
estesi e strutturati secondo misure ricorrenti in lunghe maglie rettangolari
definite da stenopoi e più ampie platéiai. Meno regolare appare l'impianto

21
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 8 Agrigento (Akr6gas), pianta della città (v1-v sec. a.C.)

Fonte: Hellmann (2010).

urbano di città sorte su terreni più accidentati, come le colonie focee di


Marsiglia (Massalia) ed Eléa (fig. 11 ), fondate rispettivamente all'inizio e
nella seconda metà del VI secolo a.C. I quartieri, collegati da strade, sor-
gono in discontinuità sui promontori che sovrastano baie portuali.
Generalmente la città arcaica presenta dunque platéiai di primo e secondo
ordine di grandezza disposte a grande distanza, parallele o ortogonali fra
loro; l' intersezione di stenopoi di dimensione inferiore determina poi la
ripartizione in isolati di forma allungata.
Formazione Anche in area italica la formazione della città etrusca e latina segue le tappe
della città del sinecismo tra villaggi secondo un processo di lungo periodo: a partire dal
in area italica IX secolo a.C. i sistemi insediativi protolatini e villanoviani orientati verso
terre pianeggianti e fertili portano alla concentrazione di gruppi di villaggi su
altopiani o bassi sistemi collinari facilmente difendibili. Nell 'vm secolo a.C.
il sinecismo tra i villaggi è indicato dalla creazione di una o due necropoli
unitarie, come la necropoli del colle dei Monterozzi a Tarquinia (Tarchna)
relativa al centro abitato che si va strutturando sul colle della Civita. Tra VII
e VI secolo a.C. il centro unificato si accresce e si rafforza anche sul piano de-
mografico, dotandosi delle strutture istituzionali e politiche, con edifici sacri
o destinati alle riunioni collettive e sistemi di fortificazione.

22
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 9 Metaponto (Metap6ntion), pianta della città

Fonti!: Mertens (2006).

Le città sorte dal sinecismo, come Veio, Cerveteri ( Cisra) o Vulci ( Velch ),
presentano un assetto irregolare che si adatta ai pianori tufacei dell'Etruria
meridionale. A Vulci recenti studi basati sulla fotointerpretazione hanno
permesso di ricostruire l'assetto urbanistico complessivo, che, in particolare
nel settore centrale, si articola su un'ampia strada rettilinea nord-sud da cui si
distaccano altre strade est-ovest di minore larghezza, che suddividono l'area
in isolati trapezoidali di dimensioni variabili, densamente edificati (fig. 12).
Nelle necropoli di alcuni centri come Cerveteri e Orvieto ( Velsna) a partire
dal secondo quarto del VI secolo a.C. si sperimentano tendenze urbanistiche
improntate all'organizzazione razionale dello spazio, basata su un assetto via-
rio ortogonale.

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l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 10 Poseidonio-Paestum, pianta della città greca e della colonia latina

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Fonte: Mertens (2006).

FIGURA 11 f/éa, pianta della città

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Fonte: Mertens (2006).

24
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 12 Vulci (Ve/eh), schema urbanistico della città tracciato sulla base della
fotointerpretazione

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Fonte: Pocobelli (2004).

L'esperienza urbanistica greca si riflette infatti anche in area etrusca, dove il Organizzazione
sistema di divisione regolare del suolo mostra tratti di originalità come l'o- dello spazio urbano
rientamento secondo i punti cardinali, l'assialità e la divisione in quadranti e disciplina etrusca
che rimandano al patrimonio religioso della disciplina etrusca. Tale rigoro-
so sistema è applicato nelle città di nuova fondazione a partire dalla metà

25
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 13 Marzabotto (Kainua), pianta della città (v sec. a.C.)

Fonte: Cristofani (2000).

FIGURA 14 Thurii, pianta di un settore urbano (v sec. a.C.)

Fonte: Hellmann (2010).

26
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 15 Rodi (Rh6dos), pianta della città eUenistica sovrapposta a quella moderna

Fonte: Hellmann (2010).

del VI secolo a.C., come negli insediamenti portuali di Pyrgi e di Regisvilla;


presentano impianto rigorosamente ortogonale anche i centri recentemente
esplorati nei pressi di Fonteblanda, nella laguna di Talamone, e in località
Gonfìenti a Prato. In area padana analoga pianificazione caratterizza i centri

27
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 16 Mileto (Milétos), pianta della città

Fonte: Hellmann (2010).

coloniali di Marzabotto (Kainua), Spina, San Polo d'Enza e Forcella presso


Mantova. Marzabotto, all'inizio del v secolo a.C., è organizzata su di una
platéia nord-sud e su tre platéiai ortogonali ed equidistanti che delimitano
ampi settori urbani, suddivisi in lunghi isolati rettangolari da vie minori con
orientamento nord-sud (fig. 13). Anche Spina nel corso della prima metà del
v secolo a.C. risulta divisa regolarmente in isolati rettangolari con assi rap-
presentati da strade e da canali impostati, pur con una leggera deviazione,
sui punti cardinali. In entrambi i centri, per conservare i capisaldi di questa
divisione rituale dello spazio urbano (limitatio ), agli incroci principali degli
assi stradali sono interrati ciottoli con linee incise che si intersecano ortogo-
nalmente (decussis).

28
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 17 Kamarina, pianta della città e del territorio (v secolo a.C.)

Fonte: Mertens (2006).

È proprio nel v secolo a.C. che la tradizione, e in particolare Aristotele (Po- lppodamo
litica n, 1267b 22-30 ), colloca l'invenzione della divisione della città da parte di Mileto e il canone
di Ippodamo di Mileto e la sua riflessione sulla migliore forma di costitu- urbanistico
zione e di organizzazione sociale. Egli avrebbe operato nella progettazione
del Pireo, nella pianificazione della colonia panellenica di Thurii nel 445-
444 a.C. (fig. 14) e in quella di Rodi (RhOdos) nel 408-407 a.C. (fig. 15);
meno verosimile appare invece la sua partecipazione alla ricostruzione nel
479 a.C. della sua città natale, Mileto (Milétos) (fìg. 16), anche per l'evidente
incongruità cronologica. Nella teorizzazione politica di Ippodamo è dunque
possibile che fosse contenuto anche il suo canone urbanistico, non certo da
identificare nell'ortogonalità delle strade, che come abbiamo visto era già ap-
plicata da tempo. Si tratta più probabilmente della modulazione di simme-
trie e della scacchiera degli isolati, riscontrabili nella pianificazione di Thurii,
come forma materiale dello spazio urbano in cui avrebbe potuto realizzarsi il
suo modello di società.
In generale, le città fondate o completamente riorganizzate nel v secolo Città greche
a.C. sono pianificate secondo moduli che favoriscono un miglior funzio- in età classica
namento della vita cittadina. La lunga insula urbana di età arcaica delle
città occidentali è ora definita da nuove proporzioni numeriche, con un
rapporto di 1:4, ad esempio, per Kamarina (fig. 17) e Naxos, o di 2:3 o 1:2
negli impianti cosiddetti "ippodamei~ come Thurii. Tra le platéiai mantie-
ne solitamente dimensioni maggiori quella mediana, che spesso attraversa
l'agord, come ad Agrigento, Napoli (Nedpolis), Kamarina e forse Thurii,

29
l 'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 18 Naxos. pianta di un'insula

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Fonte: Mertens (2006).

mentre gli stenopoi tendono ad assumere dimensioni standardizzate, come


è riscontrabile nelle nuove fondazioni di Himera, Naxos e Napoli, tutte
dimensionate per il traffico veicolare. Talvolta, come a Naxos e a Elea, la
comunicazione ali' interno degli isolati è resa possibile da stretti vicoli che,
oltre a garantire ventilazione e drenaggio, consentono l'accesso alle case

30
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 19 Olinto (0/ynthos), proposta di restituzione della pianta della città (ultimi
decenni v sec. a.C.)

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Fonte: Hellmann (2010).

più piccole, non direttamente affacciate sugli stenopoi (fig. 18). Quando
necessario, la griglia delle strade asseconda l'andamento del terreno: quelle
principali si dispongono parallele al pendio, mentre gli stenopoi ortogonali
garantiscono il deflusso delle acque.
Anche nel resto del mondo greco nel v e nel IV secolo a.C. lo schema
ortogonale appare ampiamente diffuso: O limo ( 6/ynthos) nella penisola
calcidica è rifondata nel 432 a.C. con un rapporto tra i lati dei lotti di s:2,

31
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 20 Kossope. pianta della città (metà IV sec. a.C.)

Fonte: Hellmann (2010).

a fianco della città precedente a pianta irregolare (fig. 19). Maglie ortogo-
nali presentano Sunio, Kassope in Epiro, fondata per sinecismo verso il 350
a.C. (fig. 20), o Priéne in Asia Minore, rifondata negli stessi anni con un
rapporto tra i lati di circa 4:3 (fig. 21). Priene si dispone su quattro prin-
cipali terrazzamenti che regolarizzano il forte pendio naturale; le strade
lungo le terrazze sono condotte in piano, mentre quelle di collegamento
superano il dislivello con vere e proprie scalinate, mostrando le possibilità
di adattamento dello schema ortogonale anche a luoghi topograficamen-
te accidentati. Molti antichi centri mantengono tuttavia assetti irregolari
anche nel corso della loro espansione, come avviene ad Atene, mentre in
altri casi i nuovi quartieri mostrano un'ordinata pianificazione, come ad

32
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 21 Priéne, pianta della città (lv-m sec. a.C.)

PLAN VON PRIEN E


NACH OEN AUSGRA8UNGEN 1895·99

PLAINE DU MÉANDRE

Fonte: Hellmann (2010).

esempio il settore che si sviluppa a nord-est di Argo a partire dal IV secolo


a.C. o il settore nord di Delo (Délos ).
Le teorie urbanistiche greche hanno indubbiamente esercitato una certa Città puniche
influenza anche in ambito punico, incontrandosi con i forti elementi di
originalità di quella cultura. Adattando la forma urbana alle esigenze im-
poste dalla realtà morfologica del sito, le città puniche individuano solu-
zioni differenziate per i singoli casi e sperimentano autonomamente forme
di regolarità n eli'organizzazione dell ' impianto urbano, pur senza seguire

33
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 22 Kerkouane, pianta della città (w-111 sec. a.C.)

Fonte: Bondì et al. (2009).

FIGURA 23 Pella, pianta della città (fine v sec. a.C.)

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Palais

Fonte: Hellmann (2010).

34
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 24 Alessandria (Aiex.andreia) d'Egitto, la città e il porto (ultimi decenni IV sec. a.C.)

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Font~ Pesando (1999).

canoni definiti. Kerkouane, ad esempio, sembra il risultato di un proget-


to preciso anche se non sempre sistematico (fig. 2.2): se la grande strada
più esterna si conforma alla linea semicircolare delle mura di cinta e degli
edifici che a queste si addossano, le due strade principali interne e quelle
secondarie si intersecano quasi ortogonalmente, definendo isolati di forma
abbastanza regolare.
Anche in età ellenistica le città di nuova fondazione adottano generalmen- Città ellenistiche
te uno schema ortogonale, così come già Pella, capitale della Macedonia
dalla fine del v secolo a.C. (fig. 2.3). Tra le città direttamente fondate da
Alessandro Magno, Alessandria (Alexdndreia) d'Egitto, per quanto poco
nota nell'impianto originario, appare comunque articolata intorno a un
asse principale nord-sud e a uno ad esso ortogonale; le strade parallele
alle due vie principali danno luogo a un impianto a maglie regolari con
isolati di circa 300 m di lato, articolati in cinque quartieri principali (fig.
2.4). Impianti analoghi caratterizzano molte delle città dei regni ellenisti-
ci: nella Siria dei Seleucidi, ad esempio, presentano maglie ortogonali sia
centri nati inizialmente come postazioni fortificate e poi sviluppati come
città, quali Dura-Éuropos (fig. 2.5) eApaméa sull'Oronte, sia impianti fon-
dati già come centri urbani, comeApaméa sull'Eufrate (fig. 2.6). La capita-

35
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 25 Dura-iuropos, pianta della città (fine IV sec. a.C.)

Fonte: Garlan (1974).

le degli Attalidi, Pergamo (Pérgamon), che si sviluppa lungo i fianchi della


collina in tre nuclei topografìci, non risponde a un preciso schema geome-
trico d'insieme, ma i terrazzamenti in cui si articola l'acropoli si dispon-
gono in una sorta di ventaglio, aperto verso la pianura (fìg. 27 ). Pergamo
appare uno degli esempi migliori dell'urbanismo scenografìco ottenuto
nei siti di pendio attraverso il sapiente uso di sostruzioni, terrazzamenti e
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 26 Apaméa sull'Eufrate, pianta della città (fine IV sec. a.C.)

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Fonte: Hellmann (2010).

porticati, noto ad esempio anche ad Alicarnasso (Halikarnassos), Labrdn-


da, Cnido (Knidos) e Kos. La ricerca scenografica nella disposizione a ter-
razze e l'urbanistica ortogonale sono impiegate anche nella Sicilia greca,
a Tindari (Tyndaris), e in quella punica, a Solunto (Solus). Nell'Etruria
del IV secolo a.C. presentano impianto regolare centri minori che nasco-
no in seguito a una ristrutturazione dell'insediamento nei territori delle
principali città, come Doganella e Ghiaccio Forte per Vulci o Musarna
per Tarquinia. Qui un asse longitudinale, che attraversa il piccolo abitato
da porta a porta, si amplia al centro in una lunga piazza ed è intersecato
da vie minori che delimitano isolati a pianta quadrangolare.
Il IV secolo a.C. rappresenta anche l'avvio della progressiva espansione di Colonie romane,
Roma secondo un sistema territoriale a larga scala che si basa sul ruolo dei latine e municipi
centri già esistenti, ora romanizzati, o sulla fondazione di nuove città. Tale si-
stema si attua sul piano politico e urbanistico con la deduzione di due tipi di

37
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 27 Pergamo fPérgamon), pianta della città ellenistica e romana

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Fonte: Hellmann (2010).

colonie: quelle di diritto romano, inizialmente prive di autonomia politico-


amministrativa e affidate a un ridotto numero di cittadini, hanno lo scopo
di presidiare militarmente le coste; le colonie latine, popolate da un elevato
numero di coloni latini e dai membri delle aristocrazie locali, sono dedotte
in aree interne, si organizzano con un complesso sistema di magistrature e
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 28 Ostia, pianta ricostruttiva del castrum (lv sec. a.C.)

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Fonte: Pavolini (2006).

FIGURA 29 Parma, pianta della città romana sovrapposta a quella moderna

Fonte: So mmella (1988).

39
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 30 luni (Luna), pianta della città romana

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Fonte: rielaborazione da Durante, Gervasini (2000).

svolgono una funzione di controllo territoriale e di sfruttamento agricolo. I


municipi, comunità legate a Roma ma spesso prive dei diritti politici propri
dei cittadini romani, sono invece installati in aree urbanizzate e riorganizza-
no i vecchi centri sovrapponendo un impianto ortogonale alla forma urbana
precedente o risistemandone soltanto alcuni settori.
Le colonie romane, solitamente dislocate in pianura, presentano dimen-
sioni limitate e un impianto regolare geometrizzato anche nel perimetro
fortificato. Tra gli esempi più antichi Ostia, del IV secolo a.C., presenta

40
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 31 Sessa Aurunca (Suessa), pianta della città romana

Fonte: So mmella (1988).

una pianta rettangolare di 194 x 12.5,70 m; nelle mura si aprono quattro


porte, in corrispondenza degli assi principali che si incrociano ortogonal-
mente al centro, dove è realizzato un edificio templare, ma non ancora un

41
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 32 Alba Fucens. pianta della città romana

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Fonte: Gros, Torelli (2010).

foro (fìg. 2.8). Le fondazioni di diritto romano tendono progressivamente


ad assumere dimensioni maggiori, come ad esempio Parma (fig. 2.9) e Luni
(Luna: fìg. 30 ), rispettivamente del 183 e del 177 a.C., più vicine per am-
piezza dei territori assegnati alle colonie latine contemporanee, e possono
assumere perimetri più articolati che si adattano ai condizionamenti am-

42
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 33 Coso, pianta della città romana

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Fonte: Bozzoni et al. (2006).

bientali, come Pesaro (Pisaurum) del 184 o Saturnia del 183 a.C. Le co-
lonie latine presentano vaste superfici e, adattandosi a contesti orografici
movimentati, sono cinte da mura dal circuito piuttosto irregolare, come
Norba, forse ricolonizzata verso il 385, Cales del 334 e Sessa Aurunca
(Suessa) del 313 a.C. (fig. 31). Se Alba Fucens del 303 (fig. p.) e Cosa del
l73 a.C. (fig. 33) presentano ancora fortificazioni perfettamente coerenti
con la morfologia del terreno, gradualmente, anche per la scelta di siti
pianeggianti, si realizzano sistemi difensivi dal circuito tendenzialmente
più regolare, come nei casi di Aquileia del181 (fig. 34) e di Lucca (Luca)
del18o a.C. (fig. 35), per quanto condizionati entrambi dall'idrografia.
Lo schema interno delle città si basa sull'incrocio ortogonale dei due assi Schema della città
viari principali che quadripartiscono lo spazio urbano. Le due strade prin- romana
cipali, il decumano massimo (decumanus maximus) e il cardine massimo

43
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 34 Aquileia, il sistema delle fortificazioni

Legendo: a-b-f-g-c-d =perimetro repubblicano:/= porta settentrionale; i= porta occidentale; e= porta


meridionale; n = perimetro di età imperiale (IV sec. d.C.); o= perimetro di età tardoimperiale (v sec.
d.C.); q= chiusura di età tardoimperiale (post metà v sec. d.C.).
Fonte: rielaborazione da Bertacchi (1980).

44
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 35 Lucca (Luca), pianta della città romana

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Fonte: Conventi (2004).

FIGURA36 Torino (Augusta Taurinorum), pianta della città romana sovrapposta a quella
moderna

o 100 200

Fonte: Conventi (2004).

45
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 37 Aosta (Augusta Praetoria Salassorum), pianta della città romana

Fonte: Gros, Torelli (2010).

FIGURA 38 Venafro (Venafruml. pianta ricostruttiva della città romana

Fonte: Conventi (2004).

46
1. Pianificare la città e il territorio

(cardo maximus) prendono avvio dalle porte che si aprono sui quattro lati
della cinta difensiva e solo teoricamente sono orientati sui punti cardinali
(rispettivamente est-ovest e nord-sud), in quanto più spesso appaiono prag-
maticamente condizionati da fattori geomorfologici. Gli assi suddividono lo
spazio urbano in isolati rettangolari (insulae) collocati per strigas et per scam-
na: le strigae sono rettangoli con il lato corto adiacente all'asse principale,
gli scamna sono invece perpendicolari ai precedenti. La scelta della diversa
disposizione è dovuta alla necessità di adattare la pianificazione alle migliori
condizioni offerte dal contesto geografico, come l'esposizione, l' illuminazio-
ne o il deflusso delle acque. Anche in assenza di una gerarchizzazione nelle
dimensioni delle strade, come a Cosa, sono comunque riconoscibili due assi
principali in base al posizionamento contrapposto delle porte da cui si ori-
ginano. Lo schema ortogonale appare comunque suscettibile di molteplici
varianti: l'asse egemone, ad esempio, può risultare decentrato, come a Cre-
mona del218 a.C. e nelle colonie augustee di Torino (Augusta Taurinorum:
fìg. 36) e Aosta (Augusta Praetoria Salassorum: fig. 37 ), con un impianto for-
se derivante dallo schema dell'accampamento militare (cap. 2, par. 2); inoltre,
gli isolati possono assumere una pianta tendente al quadrato come a Piacenza
(Placentia) del 218, Venafro (Venafrum) del2o1 (fig. 38), Como (Comum)
dell' 89 a.C. o nella stessa Torino. In tutti i casi, tranne rare eccezioni, si pos-
sono riconoscere l'articolazione regolare degli spazi urbani e la centralità
della piazza pubblica, il foro, con gli edifici necessari allo svolgimento delle
funzioni politiche e amministrative.
Mentre amplia progressivamente il suo impero, Roma attiva una serie Urbanistica romana
di centri funzionali all'amministrazione e al controllo delle province; la e tradizioni culturali
forma che questi assumono è legata alle tradizioni culturali delle diverse dell'i mpero
aree più o meno urbanizzate, oltre che ai tempi e ai modi della conquista
e della romanizzazione. Ben diversa, infatti, è la situazione dell'Oriente
mediterraneo, la cui civiltà urbana ha esercitato una profonda influenza
sui modelli urbanistici e architettonici di Roma stessa, o delle coste del-
Ia Gallia e della penisola iberica già toccate dalla colonizzazione greca e
punica, rispetto alle vaste regioni dell'Europa centrale e settentrionale,
dalla Pannonia alla Germania, in cui la città è una realtà pressoché sco-
nosciuta. Così nelle varie regioni dell'impero si possono riscontrare casi
assai diversificati di urbanizzazione: città nuove che assorbono quelle più
antiche, città sorte ex novo, città rifondate o antiche città adeguate ai nuo-
vi modelli.
Le dinamiche della progressiva sostituzione della città romana a un cen- Sostituzione
tro urbano precedente si possono cogliere ad Ampurias (Emporion), in di una città romana
Spagna. Sulla collina alle spalle del!' insediamento greco, sorto a partire a un centro urbano
dal VI secolo a.C. e articolato nella Palaidpolis sull'isoletta di San Martin precedente
e nella Nedpolis sulla terraferma, si sviluppa la città romana di Emporiae.
Impiantata in corrispondenza di un precedente campo militare dell'ini-

47
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 39 Ampurias (Emp6rion, Emporiae), pianta della città greca e romana

Legenda: 1 = Pa/aiapolis; 2 = Neapolis; 3 = città romana.


Fonte: Bejor et al. (2011).

zio del n secolo a.C., la nuova città presenta uno schema ortogonale di
insulae rettangolari di 1 x 2 actus (1 actus = 35.50 m ca.) (fig. 39). I due
centri vengono unificati giuridicamente nel terzo quarto del I secolo a.C.
e da questo momento la città greca viene gradatamente destrutturata, di-
venendo un quartiere residenziale della città romana, mentre le funzioni
amministrative e politiche dell' agord si concentrano nel foro.
Città di nuova Gli insediamenti urbani che sorgono in territori caratterizzati da un abi-
fondazione tato sparso adottano il consueto impianto ortogonale, come avviene ad
esempio nella Gallia Belgica, dove i nuovi centri sorti a partire dall'età
augustea si dislocano strategicamente lungo i percorsi orientati verso il
Reno e la Manica e ali' incrocio con vie fluviali. A Treviri (Augusta Treve-
rorum), sorta sulla piana non inondabile della sponda destra della Mosel-
la, gli isolati tendono al quadrato, mentre sono più stretti e rettangolari
quelli che fiancheggiano i due assi principali, al cui incrocio si sviluppa il
foro (fig. 40). Il decumano massimo, legato al ponte sulla Mosella, costi-
tuisce il tratto urbano della via da Reims (Durocortorum ), mentre la via
nord-sud, che entra in città da un cardine e ne esce da quello contiguo,

48
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 40 Treviri (Augusta Treverorum), pianta della città romana

Legenda: a= porta Nord; b =anfiteatro; c= ponte sulla Mosella; d= aree artigianali.


Font~ rielaborazione da Gros, Torelli (2010).

corrisponde al percorso da Lione (Lugdunum) a Mainz (Mogontiacum) e


Colonia (Colonia Claudia Ara Agrippinensium ).
Una città di nuova fondazione, ma questa volta sul sito di un antico centro Città rifondate
distrutto, è portata a compimento nello stesso periodo sulla sponda africana
dell'impero: il vecchio progetto di Caio Gracco e poi di Cesare di rifondare
Cartagine è infatti attuato da Augusto con la colonia Concordia Julia Car-
thago (fig. 41). La pianta della nuova città prende avvio dalla collina centrale
della Byrsa, su cui si incrociano decumano e cardine massimi; sulla base di
questi si sviluppa una rete di assi minori che delimitano isolati di forma ret-
tangolare allungata di 2.0 x 2.4 actus, riprendendo il sistema di allineamento
della città punica, con qualche piccolo spostamento dovuto alle diverse unità
di misura. L'antica piazza pubblica, forse da localizzare nell'area pianeggian-
te alle spalle dei porti, è occupata dal foro della colonia augustea. Sulla col-
lina della Byrsa grandi opere di terrazzamento creano un'ampia piattaforma

49
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 41 Cartagine (Concordia lulia Carthago), pianta della città romana

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Fonte: Bullo (2002).

rettangolare, orientata secondo gli assi urbani. Qui sorge probabilmente un


complesso di carattere religioso, di cui non resta traccia a causa dei grandi
interventi di età antonina che realizzano in quest'area il foro amministrativo
e giudiziario della città.
Città di confine Nelle aree di confine, prive o quasi di esperienze urbanistiche, è la presenza
ed esperienza prolungata dell'esercito ad assumere un ruolo determinante nella diffusione e
militare realizzazione di impianti regolari. Colonia (fig. 42.) e Xanten (Colonia Ulpia
Traiana: fig. 43), rispettivamente della metà e della fine del I secolo d.C., sul

50
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 42 Colonia (Colonia Claudia Ara Agrippinensium), pianta della città romana

Fonte: Gros, Torelli (2010).

Reno, e Timgad (Colonia Marciana Ulpia Traiana Thamugadi: Bg. 44), del
100 d.C., sul confine numidico, mostrano alcuni tratti caratteristici della pia-

nificazione militare: la pianta rettangolare tendente al quadrato, dove neces-


sario adattata ai condizionamenti ambientali; l'impianto ortogonale, basato
su due assi perpendicolari, di cui uno decentrato, più ampi delle altre strade;
la presenza di portici che fiancheggiano le vie principali e che definiscono le
facciate delle insulae. La previsione di spazi destinati agli edifici pubblici sot-
tolinea, comunque, come l'organizzazione interna di questi insediamenti sia
quella propria di un centro urbano, dotato delle specifiche attrezzature civili.
L'adeguamento ai nuovi modelli urbani è infine applicato nelle province Romanizzazione
orientali, dove l'impronta della romanizzazione si coglie soprattutto nella delle città
monumentalizzazione dell'arredo cittadino. Concorrono a questo rinno- delle province
vamento l'emulazione tra i vari centri, la manifestazione dell'interesse e del orientali
favore accordato dai principi e la dimostrazione di fedeltà e devozione alla
casa imperiale da parte delle comunità locali. Grandi complessi termali,
porte, archi, ninfei e soprattutto ampie strade fiancheggiate da portici e
colonnati costituiscono i segni più evidenti della nuova grandezza, mentre
la religione imperiale, con altari o sale di culto, trasforma l'aspetto e la
funzione di agorai, templi, portici e pritanei e imposta gli assi del nuovo
sviluppo urbanistico.
Malgrado gli accenti locali, dunque, la condivisione dell'organizzazione
economica e sociale e l'adozione di stili di vita comuni nel vasto mondo

51
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 43 Xanten (Colonia Ulpia Traiana), pianta della città romana

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Fonte: Precht, Schalles (1989).

romano si riflettono nell'assunzione di caratteri urbani simili: dalla piani-


ficazione urbanistica alle architetture monumentali pubbliche, all'edilizia
residenziale.
Trasformazione Complessi fenomeni legati a fattori interni alla società romana (crisi eco-
delle città in epoca nomica, istanze sociali, diffusione del cristianesimo) e a cause esterne (pres-
tardoantica sione barbarica, invasioni), entrambi fortemente legati tra loro, avviano
un lungo processo di trasformazione anche materiale delle città. La perdi-
ta dell'autonomia finanziaria e il venir meno dell'intervento dei privati e
del potere centrale si traducono in un declino della spesa per il patrimonio
edilizio e di conseguenza in una crisi urbanistica e architettonica di molti
centri già a partire dal IV secolo d.C., eccetto le sedi imperiali o dei gover-
natori provinciali, che mantengono più a lungo una qualità urbanistica. La

52
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 44 Timgad (Colonia Marciana Ulpia Traiana Thamugad1), pianta della città romana

Fonti!: Gros, Torelli (2010).

città della tarda antichità prende forma da processi in gran parte contempo-
ranei tra loro: da un lato la destrutturazione e la rifunzionalizzazione delle
infrastrutture (strade, acquedotti, fogne), dei monumenti pubblici (templi,
foro e sedi amministrative, luoghi di spettacolo e impianti termali) e dell'e-
dilizia residenziale che erano stati caratteristici della città romana; dall'al-
tro la costruzione di nuovi sistemi difensivi, di un nuovo centro del potere
pubblico distinto dal foro, di una rete di chiese dipendenti dal vescovo e di
un suburbio che si rimodella intorno alla basiliche martiriali e funerarie. A

53
L'urbanistica: città e paesaggi

questi cambiamenti, maggiormente soggetti alle scelte delle autorità civili


e religiose, se ne acompagnano altri meno coordinati, come la graduale di-
sarticolazione del paesaggio urbano, inframezzato da aree ruralizzate o ab-
bandonate, e la diffusione anche in città delle attività produttive e delle aree
sepolcrali che erano state proprie dell'area suburbana. Tale processo di tra-
sformazione, lento e graduale, si attua già nella seconda metà del III secolo
d.C. per la strutturazione delle nuove difese, nel IV per la creazione degli
spazi cristiani e nel v per gli altri aspetti, compiendosi nel VI e nel VII secolo
d.C. in una realtà ormai alto medievale.

2. La forma del territorio

Nel mondo antico il concetto di città nasce dalla fusione dei suoi due ele-
menti costitutivi: l'area urbana e il territorio. Una grande parte della popo-
lazione è stanziata nella campagna, che rappresenta lo spazio vitale e la base
produttiva di ogni città.
Il territorio Anche in Grecia il costituirsi della polis si accompagna sempre alla struttu-
della città greca: razione del suo territorio, la chora. L'importanza dell'agricoltura nell'eco-
la ch6ra nomia della città antica e il possesso della terra sono alla base di numerosi
conflitti sociali e il fenomeno coloniale stesso rappresenta una risposta alla
scarsità di terre dovuta all'incremento demografico. Le poleis fondate in Oc-
cidente si assicurano il controllo di un'area pianeggiante attraversata da corsi
d'acqua, ricca di sorgenti e favorevole alla cerealicoltura e all'allevamento.
Spesso la pianura appare delimitata da colline adatte al seminativo arborato
e all'allevamento di caprovini, fino all'area marginale della macchia e del bo-
sco riservata al pascolo, allegnatico e alla caccia.
Gestione L'organizzazione del territorio non può inoltre prescindere dalla gestione di
delle acque una delle risorse primarie per l'insediamento: l'acqua. È opportuno infatti
di superficie !imitarne gli effetti negativi con interventi di bonifica e drenaggio quando
questa è troppo abbondante e la natura dei terreni ne determina il ristagno;
quando, al contrario, è carente per le particolari condizioni del clima o dei
suoli, è necessario organizzare sistemi di raccolta e irrigazione.
Nell'antichità non sono noti interventi di drenaggio totale poiché anche
quelli di maggiore successo non modificano radicalmente le condizioni na-
turali. Interventi di bonifica mediante dighe, argini e canali sono attuati, ad
esempio, nella piana acquitrinosa del lago Copaide in Beozia, delimitato da
rilievi calcarei: le acque ristagnanti sono condotte verso passaggi sotterranei
naturali che ne consentono il deflusso, rendendo disponibile all'agricoltura
gran parte dell'area.
Uno dei mezzi più diffusi per il controllo delle acque di superficie lungo le
coste del Mediterraneo, frequentemente caratterizzate da rilievi collinari
che si aprono su pianure litoranee, e al tempo stesso per aumentare la super-
ficie coltivabile è il terrazzamento dei versanti mediante muri a secco: que-

54
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 45 Metaponto (Metapontion), pianta del territorio con tracce deLLe ripartizioni
agrarie (ultimi decenni v1-v sec. a.C.)

,_/' o 10 km

Fonte: Mertens (2006).

FIGURA 46 Metaponto (Metapontion), lottizzazione agraria del territorio (lv sec. a.C.)

Legendo: i punti indicano le fattorie.


Fonte: Pugliese Carratelli (1996).

55
L'urbanistica: città e paesaggi

sto sistema consente di drenare e regolare lo scolo delle acque verso i cam-
pi sottostanti, evitando l'erosione e il dilavamento e contemporaneamente
bloccando i sedimenti che fertilizzano i suoli. Il sistema, praticato in tutta
l'area greca, appare ben conservato ad esempio nella chora di Chersoneso
(Chersonesos) T aurica in Crimea, sul Mar Nero, dove le aree destinate ai vi-
gneti sono attraversate da muri di terrazzamento paralleli e distanziati 2 m
l'uno dall'altro.
Divisioni agrarie Con la messa a coltura della chora il territorio può essere suddiviso regolar-
nelle colonie greche mente mediante canali e strade, così da organizzare contemporaneamente
il drenaggio dei terreni, la percorribilità del territorio e la sua parcellizza-
zione, come avviene ad esempio a Metaponto. Qui, fin dall'ultimo quarto
del VI secolo a.C., è attestata una ripartizione del terreno basata su linee di
delimitazione parallele. Il sistema diventa meglio percepibile nel v secolo
a.C. con strade o canali paralleli, disposti a 195-240 m di distanza, che si
addentrano fino a circa 14 km nell'entroterra collinare: la presenza di più
sistemi divergenti nell'orientamento e in parte sovrapposti è forse imputa-
bile a momenti successivi della ripartizione (fig. 45). Nel settore centrale
dell'area collinare di Pantanello è possibile cogliere la connessione tra linee
divisorie e distribuzione delle fattorie in un regolare catasto, con lotti con-
servati anche in una nuova organizzazione della chora del IV secolo a.C.
(fig. 46). Una precisa corrispondenza tra l'impianto regolare della città e
quello della campagna è rilevabile a Kamarina, in Sicilia, nel v secolo a.C.:
gli assi, rappresentati da elementi artificiali del paesaggio quali strade e
canali, presentano analogo orientamento e i lotti una lunghezza doppia di
quella degli isolati urbani; le fattorie appaiono geometricamente distribui-
te all'interno dei lotti con una costante posizione a nord (fig. 17). Sempre
in area coloniale greca, sul Mar Nero, si distinguono due modelli di orga-
nizzazione spaziale: nelle colonie di Mileto, quali Olbia (Olbia), NikOnion
o !stria (!stria), prive di un preciso piano regolatore urbano, le strade si
diramano a raggiera dalla città collegandola alle necropoli e alla campagna;
nella colonia dorica di Chersoneso Taurica, dove sia la città sia la campa-
gna appaiono rigidamente organizzate secondo una maglia ortogonale, nel
corso del IV secolo a.C. la chora è progressivamente suddivisa da una griglia
di strade ortogonali, spesso lastricate in pietra, in lotti regolari delimitati
da muri a secco e occupati da fattorie (fig. 47). Il sistema di suddivisione
si basa su grandi appezzamenti rettangolari di circa 300 plettre quadrate
(420 x 630 m), ripartiti internamente in sei quadrati di so plettre quadrate
ciascuno (210m di lato). I quadrati sono generalmente scanditi in quattro
particelle rettangolari di 12,5 plettre quadrate (52 x 210 m) che possono a
loro volta essere ulteriormente dimezzate (fig. 48). Le dimensioni rilevate
nei lotti trovano riscontro nelle misure dimensionali citate nelle epigrafi
catastali di Larissa in Tessaglia della fine del III secolo a.C., che riflettono
un paesaggio agrario strutturato a partire da un'epoca anteriore e basato
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 47 Chersoneso (Chersonesos) Taurica, organizzazione del territorio (lv sec. a.C.)

o
o

t! lotti di terreno
• fattorie
O villaggi

Fonte: Wasowicz (1999).

FIGURA 48 Chersoneso (Chersonesos) Taurica: a sinistra, un lotto di terra; a destra, schema


geometrico del lotto (lv sec. a.C.)

25

10 0 H <TTRl

l
/
/
/

50

100 200m
< 420 m >
Fonte: Manzelli (1995).

57
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 49 Ampurias (Emporion), tracce di divisione agraria nel territorio della colonia
greca

Fonte: Plana Mallart (19941.

FIGURA so Divisione per strigas et scamna, miniatura dal codice Arcerianus A, v1 sec. d.C.
{Wolfenbiittel Herzog August Bibliothek)

Fonte: Misurare la terra (1983).

58
1. Pianificare la città e il territorio

su lotti catastali di 100 o so plettre quadrate. All'estremità occidentale del


mondo greco coloniale, nella penisola iberica, un'analoga divisione agra-
ria sembra interessare tutto l'entroterra di Ampurias: il suo orientamento,
conforme a quello della colonia, rivela lo stretto legame tra la sistemazione
urbana e quella rurale, all'interno di un progetto globale di pianificazione
del territorio (fig. 49 ).
In ambito italico un primo sistema di divisione agraria del suolo, secondo Divisioni agrarie
alcuni ritenuto locale, ma che presenta analogie con le anteriori sistema- in area italica
zioni agrarie delle città greche dell'Italia meridionale, è denominato per
strigas et per scamna: strigae sono chiamati i lunghi rettangoli di terreno di-
sposti nel senso della longitudine, scamna quelli nel senso della latitudine
(fig. so). Le delimitazioni sarebbero state effettuate mediante allineamenti
di segni (rigores) e non strade, anche se i proprietari avranno verosimil-
mente tracciato sentieri di accesso lungo i confini dei campi. Tali divisioni
risultano più antiche e talvolta contemporanee alla suddivisione geome-
trica definita centuriazione (limitatio o centuriatio ), che diventa la forma
più caratteristica di pianificazione territoriale di età romana per procedere
efficacemente alla misurazione dei terreni da assegnare ai coloni, favorire
la bonifica e agevolare l'amministrazione catastale.
A ogni colonia, infatti, al momento della sua fondazione, è assegnato un Centuriazione
territorio di pertinenza che le assicuri vitalità economica e funzionale.
Mentre le aree collinari, i boschi, le paludi e i fiumi restano di uso comu-
nitario per il pascolo, il taglio della legna e la pesca, le aree a vocazione
agricola sono divise e distribuite ai coloni. Eseguita da tecnici specializzati
(agrimensores) alle dipendenze di magistrati, la centuriazione prevede una
razionale suddivisione del territorio attraverso una maglia di assi ortogo-
nali detti cardini e decumani, materialmente costituiti da strade o canali.
Gli assi principali di questa trama sono definiti cardine e decumano mas-
simi: secondo gli eruditi latini interessati alle tradizioni e ai costumi del
passato, il loro orientamento si sarebbe basato sui punti cardinali come
eredità della disciplina etrusca; in realtà nella pratica appare piuttosto ri-
spondere alle condizioni morfologiche del terreno e alla necessità del più
ottimale deflusso delle acque. La griglia dei limiti disegna appezzamenti
di terreno di forma regolare e modulo fisso, le centurie, che misurano di
norma 20 x 20 actus (la base metrica agraria della centuria, pari a circa
710 x 710 m). Ciascuna centuria è ulteriormente suddivisa, mediante li-
mites intercisivi, in lotti più piccoli di dimensioni variabili, corrisponden-
ti agli appezzamenti di terreno assegnati ai coloni. Questi limiti minori,
che presentano perlopiù la stessa direzione dei decumani, hanno funzione
confinaria e sono costituiti da muretti, fossati, filari di alberi e sentieri. Il
termine centuria ricorda come in origine ciascuno di questi appezzamenti
fosse distribuito tra 100 coloni che ricevevano ciascuno 2 iugeri (s.ooo
mq ca.), corrispondenti a un heredium. Sono attestate anche centuriazioni

59
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 51 Cardine e decumano massimi della città e del territorio coincidenti, miniatura
dal codice Arcerianus A. VI sec. d.C. (Wolfenbiittel. Herzog August Bibliothek)

Fonte: Misurare la terra (1983).

con moduli quadrati di misura diversa da quella canonica, come a Cividale


(Forum Iulii) con quadrati di 12. x I l actus o ad Asolo (Acelum) di l i x
u, e altre con modulo rettangolare di varia misura, 16 x 2.5 a Benevento
(Beneventum), 16 x 3l a Cosa, 18 x 2.0 a Belluno (Bellunum), 2.0 x 40 a
Veturia in Spagna.
Rapporto tra città Secondo la regola espressa da Igino Gromatico (Costituzione dei limiti, p.
e centuriazione 189, ed. C. Lachmann), il centro della città deve coincidere con quello della
centuriazione (fìg. 51). Tale schema ideale ha incontrato evidenti difficol-
tà di realizzazione concreta per la presenza di ostacoli naturali e appare
rispettato solo in rari casi africani come Haidra (Ammaedara) e Tubna
(Thubunae). Con maggiore pragmatismo trova invece più frequente ri-
scontro la possibilità di adattamento dello schema alla realtà ambientale
espressa dalle stesse fonti (Igino Gromatico, Costituzione dei limiti, p. 181).
Le città e l'organizzazione dei loro territori possono così avere lo stesso
orientamento, con il cardine e il decumano massimi che si incrociano in
un luogo prossimo alla città (fìg. 52.), come avviene ad esempio a Parma,
Imola (Forum Cornelii), Forlì (Forum Livii), ad Alife (Allifae) e a Lucca.
Ad Aquileia, mentre il cardine massimo della centuriazione coincide con
quello della città, il decumano massimo è tracciato all'esterno di questa
ed è in parte ricalcato dalla via Annia. In altri casi gli assi principali della
città e del territorio possono avere orientamenti diversi, soprattutto se non
sono realizzati contemporaneamente. Presentano orientamenti divergenti
da quelli della città di riferimento le centuriazioni di Brescia (Brixia), di

60
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 52 Cardine e decumano massimi del territorio con lo stesso orientamento di


quelli della città, che si incrociano immediatamente all'esterno dell'area urbana, miniatura
dal codice Arcerianus A. VI sec. d.C. (Wolfenbiitte~ Herzog August Bibliothek)

Fonte: Misurare la terra (1983).

Cremona e di Rimini (Ariminum ); a Firenze (Florentia) gli assi del cen-


tro seguono i punti cardinali, mentre quelli della centuriazione il corso
dell'Arno. Altre volte, infine, il territorio centuriato e la città possono es-
sere topograficamente separati come a Como, Pavia (Ticinum) e Verona;
a Cosa, mentre la città sorge arroccata su un alto promontorio, il territo-
rio centuriato si estende nell'ampia pianura retrostante. Non è essenziale
infatti che l'incrocio di cardine e decumano massimi sia al centro della
città o del territorio, ma che i due assi comprendano l'estensione massima
dell'area da dividere.
Il territorio di una città può subire nel tempo più interventi di centuriazione Sovrapposizione
per migliorare il drenaggio delle acque o per effettuare nuove distribuzioni di centuriazioni
ai soldati congedati dall'esercito al termine del servizio militare (veterani):
si possono così avere sovrapposizioni dei sistemi centuriati in cui la nuova
centuriazione è orientata come la precedente, ad esempio a Cremona, o in
modo divergente, a Luni. In altri casi nuove centuriazioni possono affiancarsi
alle precedenti come a Brescia, dove tra il I secolo a.C. e i primi decenni del I
secolo d.C. si affiancano ben quattro centuriazioni, di cui tre adiacenti. Città
vicine hanno solitamente centuriazioni con orientamenti diversi per meglio
definire le aree di pertinenza ed evitare liti di confine.
Spesso gli assi fondamentali della centuriazione possono coincidere con Rapporto
strade preesistenti o realizzate contestualmente alla suddivisione agraria: tra centuriazione
dal 187 a.C. la via Aemilia, che attraversa longitudinalmente l'intera pia- e viabilità
nura padana, costituisce la linea da cui generalmente si dipartono, pur con

61
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 53 Frammento del catasto marmoreo di Orange (Colonia lulia Firma Secundanorum
Aurosio), seconda metà 1 sec. d.C. (Catasto A, fr. n. 7: Orange, Museo Municipale)

Fonte: Misurare la terra (1983).

lievi variazioni legate alla morfologia dei luoghi, le centuriazioni delle cit-
tà disposte lungo il suo percorso. A Parma e a Faenza (Faventia) la via
Aemilia costituisce il decumano massimo sia della città sia del territorio
centuriato.
Centuriazioni Vasti programmi di centuriazione interessano anche le province. Nella
in area provinciale Narbonense le centuriazioni riferibili a diverse città - Orange (Colonia
Iulia Firma Secundanorum Aurasio ), Nimes (Colonia Augusta Nemausus ),
Avignone (Avenio), Glanum e Arles (Colonia lulia Areiate Sextanorum)
- trovano probabilmente rappresentazione nei catasti marmorei esposti
nel tabularium publicum di Orange: sulle lastre sono riprodotti in scala
r:6.ooo le partizioni giuridiche e amministrative e il riferimento alle diver-
se categorie di terre, dai subseciva, ovvero terre non assegnate all'interno
delle centurie o ai confini estremi dell'area centuriata, a quelle pubbliche,
di proprietà dello Stato romano, a quelle di proprietà della colonia (fìg.
s3). In Africa (fìg. S4), una prima sistemazione agraria, la cosiddetta "cen-
turiazione Nord", che interessa anche il territorio di Cartagine, risale al
momento della costituzione della provincia o al tentativo di Caio Gracco

62
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 54 Le centuriazioni della provincia Africo

Fonte: Bullo (2002).

di rifondare la città; in età augustea, probabilmente in relazione alla siste-


mazione catastale dell'Africa Proconsolare, nata dall'unificazione dell'A-
frica Vetus e Nova, è tracciata la cosiddetta "centuriazione Est", attestata
sul percorso della via costiera, nell'entroterra di Sousse (Hadrumetum ), El
Jem ( Thysdrus) e Acholla; infine, tra il 29 e il 30 d.C., una nuova parcel-
lizzazione, la "centuriazione Sud", è estesa da Haidra a tutto l'entroterra
delle Piccole Sirci, anche se non connessa ad alcuna deduzione coloniale e
realizzata forse a fini amministrativi e fiscali.
Una delle funzioni peculiari della centuriazione nelle aree naturalmente Interventi
soggette ali' impaludamento è la bonifica dei terreni, come appare eviden- di bonifica
te ad esempio nella zona deltizia padana: nel territorio di Adria (Atria), e drenaggio
solcato da numerosi rami secondari del Po, le divisioni agrarie sono stret-
tamente connesse con la complessa rete idrografica del Polesine e come
funzione principale hanno proprio quella di assicurare il drenaggio di
un'area idrologicamente instabile. In modo analogo, nella Valle Umbra
settentrionale, tra Foligno (Fulginium) e Spello (Hispellum) e la valle del
Tevere, il grande bacino lacustre circondato da paludi e meandri fluvia-
L'urbanistica: città e paesaggi

li, della superficie di circa 6o krnq, viene ridotto a meno di 2.0 a seguito
delle bonifiche centuriali. Altre opere idrauliche consentono un efficace
controllo delle acque contribuendo a modellare il territorio in base al-
le esigenze dell'insediamento. Uno degli impegni maggiori consiste nel
tenere sotto controllo le esondazioni dei corsi d'acqua con opere di ar-
ginatura o con interventi assai più impegnativi come l'apertura di canali
scolmatori. Potrebbe trattarsi di un'opera di questo genere la realizzazione
attribuita a Emilio Scauro alla fine del n secolo a.C. di canali navigabili
subparalleli al Po dalla zona di Piacenza, dove il fiume si gonfiava a causa
della confluenza del Trebbia, fino a quella con il Parma, allo scopo di sot-
trarre parte dell'acqua alletto principale del fiume. Analoghi problemi di
inondazione sono affrontati negli alvei lacustri privi di emissari del Lazio,
dove le acque dei laghi di Nemi, Albano, Ariccia e di altri minori sono
imbrigliate e condotte all'esterno dei rilievi che li cingono per mezzo di
canali sotterranei artificiali. Più impegnativa è l'opera di prosciugamento
del lago del Fucino iniziata nel 41 d.C. e costituita da un canale esterno
lungo circa 4.5 krn che, attraverso bacini di raccolta, immette le acque in
un condotto sotterraneo. Questo, lungo 5.650 m, passa sotto il Monte Sal-
viano e i limitrofi Campi Palentini per scaricare le acque lacustri nel fiume
Liri. Pozzi e gallerie a forte inclinazione (discenderie) consentono di tra-
sportare all'esterno i detriti di scavo e di aerare il condotto: la discenderia
denominata Cunicolo maggiore si sviluppa per 2.50 m, con un imponente
vestibolo voltato (fig. 55).
Interventi di raccolta Altri interventi, destinati al contrario a trattenere l'acqua, sono le dighe, che
delle acque interrompono il flusso per creare bacini di raccolta funzionali all'irrigazio-
e irrigazione ne dei campi o per altre attività produttive. Un'ampia casistica di dighe in
ambito rurale è documentata nella penisola iberica, mentre molte opere di
sbarramento per la raccolta delle acque, anche di dimensioni imponenti,
sono presenti in Tripolitania. A una quindicina di chilometri a oriente di
Leptis Magna lungo il wadi Caam, il greco Kinyps, si conservano i resti di
un'enorme diga, la più grande della regione, lunga circa 900 m, larga 5 e alta
3, che dava origine a un esteso bacino di raccolta. Opere di sbarramento di
dimensioni minori lungo lo stesso wadi contribuivano alla particolare ferti-
lità della regione, pari a quella dei campi fertilizzati dal Nilo, secondo quan-
to riportato già da Erodoto. Anche il predeserto tripolitano era coltivato a
grano e olivo, come indicano le numerose presse olearie rinvenute, grazie
alle opere idrauliche che tesaurizzavano l'acqua delle scarse precipitazioni.
Briglie lunghe anche 6o m, alte fino a 6 m e spesso molto vicine l'una all'al-
tra (ad esempio, 5 su 1 krn nel wadi Daun) tagliavano i letti dei torrenti, fer-
mavano i materiali più pesanti trascinati dalla corrente, rialzando il fondo
per ridurne la forte pendenza e ottenere così un flusso costante nelle rare
piene. Le briglie permettevano inoltre di incanalare le acque in eccesso ver-
so cisterne e canali di irrigazione.

64
1. Pianificare la città e il territorio

FIGURA 55 Fucino, cunicolo maggiore dell'emissario sotterraneo (l sec. d.C.)

Fonte: Burri (2011).

Fattori storici e ambientali determinano con tempi e modalità diverse, a Sistemazioni agrarie
seconda dei luoghi, la conservazione, la disgregazione o la ripresa delle in epoca tardoantica
sistemazioni agrarie e delle opere idrauliche: attraverso la fotointerpreta-
zione sono state rilevate ripartizioni agrarie tra Spina e Comacchio, ana-
loghe a quelle datate archeologicamente nel settore lagunare tra il Livenza
e il Piave (fig. s6). Entrambe mostrano come contesti ambientali simili
abbiano richiesto la regolarizzazione della rete idrica attraverso una trama

65
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 56 Divisioni agrarie tardoantiche o altomedievali nel territorio di Eraclea


(Melidissa-Civitos Heraclianal in Veneto

Fonte: Calzolari (1995).

di canali per la messa a coltura dei dossi perilagunari ancora in età tardo-
antica o altomedievale.

Riferimenti bibliografici

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GRAS, TRÉZINY (2.005); LENTINI (2.005); MERTENS (2.006); LIPPOLIS, LIVADIOT-
TI, ROCCO (2.007 ); TRÉZINY (2.009 ); HELLMANN (2.010 ). In particolare: per Mega-
ra Iblc:a: GRAS, TRÉZINY (1999); GRAS, TRÉZINY, BROISE (2.0os). Per Selinunte:

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CAHILL (lool); HELLMANN (ww). Sulla topografia di Atene: cfr. l'opera in più
volumi, in parte ancora in corso di preparazione, di GRECO (w w-). Per l'urbanistica
etrusca: CRISTOFANI (woo); STEINGRABER (woo); PULCINELLI (2.010); BARTO-
LONI (wn). In particolare per Vulci: POCOBELLI (l004). Per Spina: PATITUCCI
UGGERI, UGGERI (1993). Per Marzabotto: LIPPOLIS (loos). Per i riti di fondazione:
GOTTARELLI (2.010 ). Per l'urbanistica punica: MEZZOLANI (1994); MORIGI (lO O?);
BONDÌ et al. (2.009 ). Per approfondimenti su singoli casi: HELAS, MARZO LI (2.009 ).
Sull'urbanistica romana: SOMMELLA (1988); CONVENTI (l004); GROS, TORELLI
(2010); VON HESBERG, ZANKER (wn). Per le città delle province: RINALDI TUFI
(2001); BEJOR et a/. (wu); SWEETMAN (wu). In particolare su Xanten: PRECHT,
SCHALLES (1989 ). Su Treviri: Trier (2.009 ). Su Cartagine: BULLO (wol). Per la cit-
tà rardoantica: BROGIOLO (lou).
Per l'organizzazione dei territori delle colonie greche: Problemi della Chora (loo1).
Per le colonie di Sicilia e Magna Grecia: DI STEFANO (2.001); BELVEDERE (wos);
CARTER (loos); MERTENS (wo6). Per quelle del Mar Nero: MANZELLI (1995);
WASOWICZ (1999); NIKOLAENKO (2.001). Per la chora di Ampurias: PLANA MAL-
LART (1994, 2.001). Sulla gestione delle acque nel mondo greco: FANTASIA (1999 );
COLLIN-BOUFFIER (wo8). Per gli interventi di bonifica agraria nell'Italia roma-
na: Q.UILICI, Q.UILICI GIGLI (1995). Per la centuriazione romana: Misurare la terra
(1983); ROSADA (w w). In particolare per Luni: FABIANI (wo6). Per l'Aemilia:
BONORA (woo); GIORGETTI (looo). Per Aquileia: MUZZIOLI (wos). Per l'Afri-
ca: BULLO (wol). Sul rapporto tra città e centuriazione: CONVENTI (loo4). Per
le opere di bonifica e regimentazione idrica: BONOMI (1995); DALL'AGLIO (1995);
DI VITA (1997); Q.UILICI, Q.UILICI GIGLI (1997b); CAMERIERI, MANCONI (2.010);
BURRI (wu). Su esempi di centuriazioni tardoantiche-altomedievali: CALZOLARI
(1995). Per studi specifici sugli assetti agrari nel mondo romano: "Agri Centuriati.
An lnternational Journal of Landscape Archaeology", Fabrizio Serra, Pisa-Roma,
edita a partire dall004.

67
2
Proteggere La città

1. Le mura e le porte

Le mura che cingono un abitato non sono di per sé sufficienti a qualificarlo Mura urbane:
come città: molti villaggi, fin dalla preistoria, ne sono dotati, mentre molte funzione pratica
celebri città ne sono prive o le realizzano solo in momenti successivi. Ciò no- e valore simbolico
nostante le mura riescono a evocare più di ogni altro elemento architettonico
l'immagine stessa della città. Possenti quanto le tecniche del tempo consento-
no, le mura sono certamente realizzate per difendere l'interno, ma, con torri e
porte monumentali, servono anche a proiettare all'esterno l'immagine che la
città vuole offrire di sé. Così ci appaiono le alte mura turrite che cingono gli
edifici pubblici e privati della "Città dipinta", affrescata sulla parete di un edi-
ficio di età flavia al di sotto delle terme di Traiano sul colle Oppio. Nella men-
talità delle società antiche, in cui religiosità e ritualità permeano e scandiscono
tutti gli atti della vita associata, le mura sono inseparabili dal fattore religioso
e rappresentano un limite carico di valenze simboliche: separano il dentro dal
fuori, lo spazio della civiltà e della vita regolamentata dal mondo selvaggio, i
cittadini dagli stranieri, i vivi dai morti. Ecco perché in ambito etrusco-italico
la costruzione delle mura è un atto fondamentalmente religioso, normato dalla
dottrina augurale secondo un preciso procedimento rituale.
Le tecniche edilizie utilizzate nelle fortificazioni hanno fatto ricorso a diversi Tecniche edilizie
tipi di materiali e a differenti modi di assemblarli. Assai precoce è l'uso dei
mattoni crudi, posati su uno zoccolo di pietra per preservarli dall'umidità.
Il loro impiego ha una notevole diffusione in Asia Minore (Smirne, IX-VIII
secc. a.C.), in Grecia, nelle colonie greche d'Occidente (Siris, metà VII sec.
a.C.), nelle colonie fenicie (Mozia-Mtw, metà VI sec. a.C.), mentre è rara-
mente attestato nel Lazio e in Etruria (Roselle, VII sec. a.C.). L'economicità,
la facilità di ripristino e la capacità di ammortizzare i colpi delle macchine
belliche (Apollodoro di Damasco, Poliorcetica 157, 7-158, 3; Pausania, Guida
della Grecia VIII, 8, 8) potrebbero spiegare la loro persistenza in età classica,
come ad Atene, e ancora in età ellenistica, in Oriente (Dura-Europos); nel
continente greco (Sparta, Demetridda e Kastro Kallithea) e in Sicilia (Gela).
I mattoni cotti trovano i loro primi impieghi tra la fine del IV e il III secolo

69
l'urbanistica: città e paesaggi

a.C., inizialmente in muri costruiti interamente in laterizi (Apollonia-Apol-


lonia d'Illiria, Elea, Ravenna e Arezzo, semicotti).
Le tecniche che si avvalgono della pietra lavorata vengono classificate in base
alla forma degli elementi che compongono i paramenti: con blocchi a giunti
multipli si realizza l'opera poligonale, impiegata già in età arcaica dalla Grecia
al mondo coloniale, all'Italia; quando i giunti sono solo quattro si ottengono
invece l'opera trapezoidale e l'opera quadrata, attestata dall'età arcaica all'età
imperiale. In quest'ultima tecnica, i blocchi possono essere disposti, con varie
combinazioni, di testa o di taglio a seconda che sia esposta in cortina la faccia
minore o maggiore; nella più raffinata opera quadrata isodoma i blocchi sono
disposti in filari paralleli tutti di uguale altezza. Nel corso dell'età classica, in
Grecia si diffonde anche la tecnica a émplecton con due paramenti in opera
quadrata che contengono un riempimento in terra e pietrame. Al muro in
pietra dotato di un solo paramento può inoltre essere addossato un terrapie-
no o agger, soluzione adottata essenzialmente in ambito itali co. Propria della
tradizione fenicia e punica è la tecnica a telaio, costituita da catene verticali
di grandi blocchi, collegate tra loro da file orizzontali di pietre più piccole.
A partire dal II secolo a.C. anche nelle fortificazioni si diffonde l'uso dell'ope-
ra cementizia, un conglomerato di malta e scaglie litiche gettato entro cortine
di pietre di piccole dimensioni. A seconda della forma del materiale utilizzato
in cortina si distinguono l'opera incerta, con pietre irregolari (torri delle mura
di Cori-Cora, mura di Fondi-Fundi); l'opera quasi reticolata e reticolata, con
blocchetti di forma troncopiramidale (Saepinum ), e l'opera vittata, a blocchet-
ti quadrangolari disposti su filari orizzontali (Spello, Fano-Colonia Fanestris,
Nimes); la gettata può infine essere effettuata entro cortine di laterizi (Aquileia,
Torino). Caratteristiche delle situazioni di emergenza e dell'ampia disponibi-
lità di materiali di spoglio sono infine le strutture che reimpiegano blocchi di
varia origine nelle cortine, come nelle mura di Temistocle ad Atene, nella cinta
più ristretta di Selinunte della fine del v secolo a.C. o nelle cinte tardoantiche
di Verona, Arles o Barcellona (Colonia Iulia Augusta Faventia Paterna Barcino).
Prime città greche Tra le città più precocemente fortificate, tra l'età mediogeometrica e arcaica (Ix-
fortificate VII secc. a. C.), rientrano alcuni centri dell'Asia Minore (Smirne, Melia-Melia) e
delle isole greche (Chio-Chios, Vroulia, Zagara e Hypsili); sul continente e nella
Grecia del Nord le cinte urbane non appaiono invece che nel VI secolo a.C.
Fortificazioni Nel mondo coloniale occidentale le fortificazioni cominciano a essere realiz-
delle città coloniali zate nel VII secolo a.C. ad esempio a Siris e a Me gara Iblea. Qui già prima del-
la metà del VII secolo a.C. è realizzata, con almeno due fasi costruttive, una
fortificazione con aggere e fossato, sostituita alla metà del secolo successivo
da una cinta in opera quadrata, dotata di una fitta serie di torri semicircolari
che riprendono tradizioni locali. Nel VI secolo a.C. molte altre città greche di
Occidente si dotano di strutture difensive: in Campania,Elea e Cwna; in Ca-
labria, Locri Epizefiri (Lokroi Epizephjrioi) e Caulonia (Kdulon ); in Lucania,
Metaponto e Siris; in Sicilia, Naxos, Kamarina, Casmene, Selinunte e Himera.

70
2. Proteggere la città

Anche le popolazioni indigene fortificano i loro insediamenti: in Sicilia, ad Fortificazioni


esempio, Monte Finocchito è dotato di una cinta a bastioni curvilinei, men- degli insediamenti
tre a Mendolito la porta meridionale è protetta da imponenti torri a ferro di indigeni
cavallo (fig. 1b ); in Lucania in epoca arcaica (Ripacandida) e classica (Satria-
no, Oppido Lucano, Serra di Vaglio) sorgono abitati fortificati d'altura con
mura a secco, rudimentali e senza torri, combinati con abitati sparsi nelle val-
late; in Puglia alla fine del VI secolo a.C. Arpi presenta un semplice terrapie-
no preceduto da un fossato e un muro di mattoni crudi su zoccolo di pietra,
mentre le cinte dell'inizio del v secolo a.C. sono in blocchi di pietra, spesso
estratta dal fossato antistante, come a Manduria, Altamura e Cavallino.
Anche nel Centro Italia le prime fortificazioni risalgono alle origini stesse Roma: dalle mura
delle città, nello stesso ambito cronologico in cui il fenomeno si sviluppa nel del Palati no
mondo greco e coloniale. Tra la seconda metà dell'viii e la prima metà del alle Mura serviane
VI secolo a.C. a Roma sono realizzate fortificazioni isolate dei singoli colli,
ipoteticamente integrate da una linea di aggere tra Quirinale ed Esquilino.
Lungo la pendice settentrionale del Palatino, sul finire dell'viii secolo a.C.,
viene costruito un primo muro con zoccolo di tufo e alzato in argilla e legno,
mentre nuove strutture in pietra e argilla o in opera quadrata si succedono
tra vn e VI secolo a.C. Alla metà del VI secolo a.C. la città si dota di un siste-
ma difensivo unitario attribuito a Servio Tullio, le cosiddette Mura serviane,
realizzato in opera quadrata di tufo che, con un'estensione di circa II km,
delimita una delle più vaste aree urbane del Mediterraneo. Il circuito risulta
dalla combinazione di diversi apparati: l' agg-er con muro di appoggio, atte-
stato sull' Esquilino; la cortina che accentua il dislivello naturale, fungendo
da appoggio a una colmata artificiale, come nella zona del Quirinale; infine il
taglio del Banco roccioso dei colli, integrato da tratti in muratura, ipotizzato
lungo le pendici occidentali del Quirinale e dell'Aventino.
Anche in Etruria il fenomeno delle fortificazioni urbane è assai precoce e Fortificazioni
risente dell'influenza greca; qui i differenti contesti ambientali determinano delle città etrusche
soluzioni difensive diverse: in Etruria meridionale, dove le città sorgono ge-
neralmente su altopiani e risultano protette da strette e profonde valli, le for-
tificazioni sono necessarie solo per i punti meno protetti, mentre nell'Etruria
settentrionale e interna gli insediamenti, disposti su colline, richiedono cinte
murarie estese e complete. Veio e Vulci appaiono protette da terrapieni già
nell'viii secolo a.C., mentre al VII secolo a.C. si datano le mura di Roselle in
mattoni crudi, sostituite da mura in opera poligonale alla metà del VI secolo
a.C. Sempre in epoca arcaica sono fortificate altre città dell'Etruria setten-
trionale: Vetulonia (Vatluna), Volterra (Velathri) e l'acropoli di Populonia
(Pupluna), in opera poligonale.
Tra le colonie fenicie le prime fortificazioni risalgono all'avvio stesso del mo- Mura delle colonie
vimento coloniale, collocato almeno nella prima metà dell'viii secolo a.C. fenicie
Nella penisola iberica si riscontrano alcuni tra i più antichi sistemi difensivi,
come a Toscanos e a Castillo de Dona Bianca, nel golfo di Cadice. Qui l'ahi-

71
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 1 Esempi di porta di VI sec. a.C.: a) Megara lblea (Mégara Hyblaéa}, porta Ovest; b) Mendolito, porta Sud;
c) Selinunte (Se/inus), porta Est

Fonte: Tréziny (2005).

tato è difeso da mura che possono raggiungere i 6 m di altezza, provviste di


bastioni semicircolari e precedute da un ampio e profondo fossato. L' impian-
to è sostituito alla metà del VI secolo a.C. da un nuovo dispositivo militare
con mura "a casematte", ovvero con spazi interni utilizzati come magazzini e
officine. La stessa tecnica, già impiegata a Cartagine dopo il6so a.C., è utiliz-
zata anche nella cinta muraria arcaica di Malaga. Particolarmente imponenti
sono le mura di La Fonteta, fiancheggiate da un fossato e dotate di un corpo
centrale in pietre sbozzate, rinforzato da paramenti in argilla cruda per uno
spessore complessivo di 7 m. Nel Mediterraneo centrale risale alla metà del
VI secolo a.C.Ia cinta di M ozia, costruita probabilmente in funzione anticar-
taginese e munita di una catena regolare di torri aggettanti.
Caratteristiche In età arcaica, dunque, le fortificazioni svolgono essenzialmente un ruolo
delle fortificazioni passivo contro l'assalto dei nemici: i circuiti, che si avvalgono delle difese
di età arcaica offerte dal contesto ambientale, presentano di solito rare torri con funzione
di avvistamento; il frequente succedersi di sporgenze e rientranze, oltre ad
assecondare la topografia, compensa i pericoli di un circuito rettilineo; l'uso
dei fossati difensivi, ricorrente nel mondo coloniale fenicio, appare piuttosto
limitato in ambito greco, dove sembra prevalente nelle aree periferiche, ad
esempio a Megara Iblea, a Taranto (Tdras), a Samo (Sdmos) e a Vroulia. Lo

72
2. Proteggere la città

FIGURA 2 Atene (Athénaij, mura di Temistode (prima metà v sec. a.C.)

Fonte: Theocharaki (2011).

spessore delle mura assicura lo spazio per un camminamento di ronda, talvolta


ampliato dai tetti a terrazza delle abitazioni addossate al muro di cinta, come
a Vroulia (cap. I, fig. 3), e non è generalmente prevista una strada interna che
segue il tracciato, come avverrà di norma in epoca ellenistica. Le porte sono
assiali, talvolta protette dal fiancheggiamento di uno (Selinunte: fig. IC, Locri
Epizefiri) o due bastioni (Mendolito: fig. Ib), oppure tangenziali; queste ulti-
me si sviluppano in una sorta di corridoio ottenuto dall'affiancamento di due
tratti di mura (a ricoprimento o scee) e offrono il vantaggio di lasciare esposto
ai difensori il fianco destro scoperto di chi entra, come a Smirne e a Megara
Iblea (fig. Ia e cap. I, fig. s). Un tipo particolare di cinta muraria, già noto in
età arcaica (Focea-Phokdia, Samo, Roma) e che avrà grande diffusione in età
ellenistica, è definito Geldndemauer, ovvero mura che non racchiudono la sola
superficie costruita della città, ma una più vasta area.
Per il v e il IV secolo a.C. non si registrano sostanziali cambiamenti nella tec- Caratteristiche
nica difensiva; aumenta il numero delle torri a pianta quadrata o rettangola- delle fortificazioni
re, che hanno la funzione di stabilizzare le cortine, di impedire le scalate degli di età classica
assalitori e di difendere le porte. Dal IV secolo a.C. iniziano però a comparire
le torri di artiglieria, dotate di una camera di tiro, riflesso delle innovazioni
belliche che vedono la diffusione delle catapulte ad arco per il lancio di pro-
iettili di piccolo calibro.
Già nel v secolo a.C. Atene appare dotata di un complesso sistema di fortifi- Atene: difesa
cazione: nel479/ 478 a.C. la città è cinta dalle mura di Temistocle, costituite della città
da una base in pietra e da un elevato in mattoni crudi (fig. 2.), mentre tra il e del suo porto
462./ 46I e il440 a.C. la comunicazione con il porto del Pireo è protetta dal-
le Lunghe mura, due cortine parallele, che si sviluppano per circa 6 km; un
terzo muro collega la città al Falero (fig. 3).

73
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 3 Atene (Athénaij, pianta delle mura (v sec. a.C.I

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Fonte: Hellmann (2010).

FIGURA 4 Roma, le cosiddette Mura serviane presso la stazione Termini (lv sec. a.C.I

Fonte: foto dell'autore.

74
2. Proteggere la città

FIGURA 5 Cartagine (Q~sn. proposta di ricostruzione delle mura (v sec. a.C.)

Fonte Bondì et al. (2oog).

Nel Lazio meridionale, città come Cori e Arpino (Arpinum) o Norba presen- Mura
tano le testimonianze più monumentali di mura in opera poligonale, tecnica delle città laziali
che continuerà a essere utilizzata qui e in altri centri del Lazio fino al II secolo e ristrutturazione
a.C. A Roma, in seguito all'occupazione gallica del390 a.C. che aveva dimo- delle Mura serviane
strato la debolezza delle fortificazioni urbane, la cinta viene ristrutturata. Le
mura, spesse 3-4 m, sono realizzate in opera quadrata con filari di blocchi di
rufo disposti alternativamente per testa e per taglio per un'altezza stimabile
di 10-12 m (fig. 4). La presenza di torri per l'alloggiamento di macchine ba-
listiche presso I'aggere esquilino testimonia I'adeguamento alle nuove tecni-
che di poliorcetica del IV secolo a.C.
In area punica, a Cartagine nel corso del v secolo a.C. si costruiscono mura Fortificazioni
poderose a due cortine, interrotte da torri e da una porta monumentale in in area punica
prossimità della spiaggia (fig. s). A Mozia continuano gli interventi sulle
mura del secolo precedente: il loro spessore è progressivamente aumentato
da rifasci esterni in pietra e si tamponano le numerose postierle per evitare
l'impatto d eli' ariete. Dopo la distruzione del centro e la fondazione di Li-
libeo (Liljbaion) con evidenti finalità militari, questa è subito cinta su tre
lati da poderose mura spesse oltre 6 m con torri quadrangolari a intervalli
regolari. Un fossato all'esterno del lato settentrionale integra il sistema di-

75
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 6 Demetriade (Demetrioda}, pianta della città (m-u sec. a.C.)

Fonte: Hellmann (2010).

FIGURA 1 Efeso (iphesos), pianta della città con le mura di 111 sec. a.C.

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Fonte: McNicoll, Milner (1997).

76
2. Proteggere la città

FIGURA 8 Populonia IPupluna), tracciato deLLe mura in età eLLenistica

Fonte: Pulcinelli (2010).

fensivo, mentre una galleria al di sotto del fossato consente sortite in caso
di assedio. Tra fine v e IV secolo a.C., sempre in Sicilia, sono fortificate
anche Palermo (Panormos) ed Erice (Eryx), mentre a partire dal IV secolo
a.C. sono dotati di sistemi difensivi numerosi centri della Sardegna punica,
come Sant'Antioco (Sulky), Monte Sirai, Thdrros, Nedpolis presso Guspini,
e Olbia (Olbia).
In età ellenistica le mura non costituiscono più solo un sistema di difesa pas- Mura di età
sivo, ma presentano anche strutture di attacco contro le nuove tattiche di ellenistica:
assedio. Macchine da getto per il lancio di frecce e proiettili possono esse- dispositivo di difesa
re piazzate sia sugli spalti o sulle torri delle mura, sia sulle torri mobili in e di attacco
legno degli attaccanti. Trattati come quello di Filone di Bisanzio (Trattato
di meccanica) forniscono indicazioni sulla progettazione di mura adeguate
alla nuova poliorcetica, che trovano puntuale riscontro nelle testimonianze
archeologiche.
È questa l'età d'oro delle Geliindemauern già ricordate: le cinte territoriali Geliindemauern
si trovano da Demetriade in Tessaglia (fig. 6), a Efeso (Éphesos) (fig. 7) ed e diateichismata
Erythrae in Ionia, ad Alinda (Alinda) e Alabanda in Caria, fino a Tarquinia
e alle mura ellenistiche di Populonia (fig. 8) e di Volterra in Etruria. Cinte

n
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 9 Apollonia (Apollonia) di Cirenaica, pianta della città greca e romana

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Ftvrier 1996

Fonte: Hellmann (2010).

così ampie risultano tuttavia difficili da controllare, per cui si diffonde l'u-
so di muri trasversali o diateichismata che isolano settori ristretti più facili
da difendere in caso di assedio. Tali strutture possono sorgere contempora-
neamente al circuito fortificato, come nella cinta ellenistica di Populonia,
o in un momento successivo. Questo è ciò che avviene generalmente nelle
colonie greche occidentali, dotate fin dall'inizio di ampie cinte: Elea, ad
esempio, sarebbe stata suddivisa internamente da un grande muro solo nel
IV secolo a.C. Ad Atene, all ' inizio del m secolo a.C., un diatéichisma sul
lato occidentale della città costituisce una difesa supplementare delle mu-
ra di Temistocle, in un momento in cui le Lunghe mura hanno perso la
loro importanza strategica per la sicurezza della città. Tra i numerosi casi
attestati nelle città dell'Asia Minore, infine, a Mileto un muro trasversale
chiude a sud la città, escludendo la collina Kalabaktepe che fino ad allora
ne faceva parte. Tale complessa articolazione richiede tuttavia un numero
elevato di difensori, cosicché alla fine deln1 e nel corso del II secolo a.C.
si diffondono cinte più compatte con tracciati il più possibile rettilinei,

78
2. Proteggere la città

FIGURA 10 Perge, pianta della città greca e romana

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Fonte: McNkoLL Milner 119971.

come ad Apollonia (Apollonia) di Cirenaica (fig. 9), Dura-Éuropos {cap. I,


fig. 2.5), Perge (fig. IO) e Side.
Le necessità dettate dalle nuove tecniche militari portano a elaborare scherni Mura a denti
geometrici regolari, che suddividono le cortine in brevi tratti disposti in mo- di sega,
do da fiancheggiarsi reciprocamente: a denti di sega, a cremagliera e ad arco. a cremagliera
Il primo tipo è attestato ad esempio presso la porta del Tripylon a Siracusa e in e ad arco
tratti delle mura di Mileto, delle mura ellenistiche di Efeso (fig. 7) e a Dura-
Europos; il secondo, a Gortys di Arcadia e a Priéne (cap. 1, fig. 2.1); il terzo,
infine, nella cinta del 1 secolo a.C. di Telesia in Campania {fig. II), e a Pajares-
Osuna e a Carnorras in Andalusia. Filone ricorda inoltre_ un tipo cosiddetto
"radio", effettivamente riscontrato nelle mura ellenistiche di Rodi, con corti-
ne formate ali' interno da una serie di casematte voltate per il posizionarnento
delle macchine belliche, che sostengono il camminamento di ronda. La solu-
zione è ripresa in altri siti, come a Perge (fig. 12.), Side e Siracusa.

79
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 11 Telesia, pianta della città romana

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Fonte: Tosi (2003).

FIGURA 12 Perge, cortina a casematte (fine 111 sec. a.C.)

Fonte: Nossov (2009).

Proteichismata Per ostacolare l'avvicinamento di torri mobili e arieti si diffondono, oltre ai


e torri fossati, anche i proteichismata o antemurali, strutture di prima difesa ante-
poste a tratti strategici del circuito murario, attestati ad esempio ad Atene
in combinazione con un fossato, a Thdsos e ad Apollonia d'Illiria. A Seli-

Bo
2. Proteggere la città

FIGURA 13 Selinunte (Selinus), porta Nord (fine IV sec. a.C.)

Fonlr: Hellmann (2010).


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FIGURA 14 Vulci IVelch), porta Ovest (seconda metà IV sec. a.C.)

Fonlr: Moretti Sgubini (2006).

81
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 15 Perge e Side, porte con cortile a muri curvilinei (età eLLenistica)

PERGE

SIDE MAIN GATE

20M

Fonte: McNicoLL Milner (1997).

nunte, nella prima metà del IV secolo a.C., la porta Nord è rinforzata da una
linea di difesa a due torri quadrate e simmetriche, mentre alla fine del seco-
lo appare preceduta da un lungo protéichisma a tre livelli e fossato, a cui si
addossa una batteria d'artiglieria avanzata semicircolare (fìg. 13). Un riflesso
di queste soluzioni tattiche può essere colto in ambito etrusco a Vulci, do-
ve la porta Ovest, che si apre nelle mura della seconda metà del IV secolo
a.C. addossate a un aggere, è rinforzata con un'opera avanzata che, grazie
alla pianta triangolare, è in grado di riparare la porta da macchine d'assedio,
arieti e colpi di artiglierie (fig. 14). La stessa strategia di difesa attiva porta a
dotare le vecchie cinte come le nuove di numerose torri nella tradizionale
pianta quadrangolare, ma sempre più spesso circolare, semicircolare, a ferro
di cavallo, pentagonale o esagonale, coesistenti anche in una stessa cortina.
Le torri possono avere al piano inferiore feritoie per le catapulte ad arco e, al
piano superiore, aperture più ampie per le nuove catapulte a torsione per il
lancio di pietre.
Porte e postierle Nel circuito delle mura le porte costituiscono punti sensibili sotto vari aspet-
ti. I varchi che consentono l'accesso in città rappresentano infatti l'anticipa-
zione del prestigio urbano e la sua capacità di controllo della comunicazione
tra l'interno e l'esterno. Per tali motivi le porte sono soggette, da un lato, a
una ricerca di decoro architettonico e di monumentalità e, dall'altro, a si-
stemi di rafforzamento e a espedienti difensivi per rafforzare le interruzioni

82
2. Proteggere la città

FIGURA 16 Siracusa (Syrakusaij, pianoro di Epipole, forte dell'Eurialo e porta del Tripylon
(metà 111 sec. a.C.)

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Fonte: Hellmann (2010).

della cinta muraria. Sulla base degli esempi meglio conservati di età elleni-
stica sono state elaborate tipologie di porte urbiche che tengono conto del
rapporto tra i varchi e le cortine o della forma stessa delle porte. Nella prima
si possono avere porte assiali, le più frequenti in ogni epoca, oblique, o tan-
genziali, che possono svilupparsi in un corridoio ottenuto dall'affiancamen-
to di due tratti di mura. In relazione alla forma sono state distinte porte di
tipo lineare semplice o a cortile, di forma rettangolare o circolare. Le porte
a cortile possono assumere la forma a tenaglia a bracci paralleli, a muri cur-
vilinei (fìg. 15) o a imbuto. A Siracusa, la porta del Tripylon, modello unico
del tipo a imbuto, viene inserita alla fine del IV secolo a.C. sul lato nord del
circuito che, dall'inizio del secolo, cingeva il grande pianoro dell'Epipole,
completato dal forte trapezoidale dell' Eurialo. Alla metà del m secolo a.C. il
forte sarà poi preceduto da una complessa batteria di artiglieria, rinforzata da
numerosi fossati e da altre opere avanzate, tra cui un sistema di gallerie sot-
terranee che uniscono il forte al Tripylon (fìg. 16). Un nuovo valore strategico
assumono anche le postierle, che vengono utilizzate non solo per agevolare le
comunicazioni di servizio tra città e territorio, ma anche per lanciare veloci
controffensive nella prospettiva della nuova difesa attiva, al riparo di torri o
rientranze delle mura. È nelle coperture di porte e postierle che gli architetti
militari sperimentano diverse soluzioni, dalla più semplice ad architrave mo-
nolitico (porta Maggiore di Alatri-Alétrium, porta di Parmenone a Thasos)
a quella ad arco ad aggetto, con blocchi sempre più sporgenti che riducono
progressivamente l'ampiezza dell'apertura (Arpino: fig. 17 ), fino all'arco che
dalla metà del IV secolo a.C. è ampiamente utilizzato per questo scopo: dalla

83
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 17 Arpino (Arpinum), porta ad aggetto (datazione incerta, tra età arcaica ed età
ellenistica)

Fonte: Ada m (1988).

FIGURA 18 Eleo, porta Rosa (lv sec. a.C.)

Fonte: Cerchiai, jannelli, longo (2002).

84
2. Proteggere la città

FIGURA 19 Cosa, porta Nord Est (111 sec. a.C.)

Fonte: foto dell'autore.

FIGURA 20 Falerii Novi, porta di Giove (seconda metà m sec. a.C.): la protome inserita nel
fornice esterno ha finalità magico-religiose

Fonte: foto dell'autore.

porta del Porto a Oiniddai a quelle di Pdlairos, Eraclea (Herdkleia) al Latmo,


Assos fino alla porta Rosa di Elea (fig. 18).
Le innovazioni maturate dall 'architettura militare in ambito ellenistico Mura
appaiono perfettamente recepite nelle fondazioni coloniali di Roma già delle fondazioni
dal III secolo a.C., come risulta evidente a Paestum e a Cosa, fondate nel coloniali di Roma
2.73 a.C. Le mura di Cosa, seppure ancora realizzate in opera poligonale,

85
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 21 Spello (Hispellum), mura presso porta San Ventura (fine 1sec. a.C.)

Fonti!: foto dell'autore.

presentano una regolare disposizione delle torri quadrangolari provviste di


camere balistiche, disposte a proteggere e rafforzare i punti deboli (cap. 1,
fìg. 33), e porte a saracinesca, precedute da un cortile interno (fig. 19 ). A
Paestum la porta della Sirena in questa fase presenta un cortile antistante,
ricostruito solo successivamente come cortile interno con saracinesca. A
Falerii Novi la cinta, realizzata dopo il 2.41 a.C. in opera quadrata isodo-
ma, è scandita anch'essa da torri quadrangolari e presenta porte a una sola
apertura ad arco, arricchite da elementi decorativi architettonici e scultorei
(fig. 2.0 ).
Fioritura La municipalizzazione seguita alla guerra sociale si accompagna alla diffusa
delle mura urbane realizzazione o al restauro di cinte murarie che, per quanto utili nei successivi
in età augustea scontri civili del I secolo a.C., rispondono anche a esigenze di riconoscimen-
to dello stato giuridico raggiunto. Il fenomeno si completa in età augustea,
quando, nel quadro del vasto riassetto urbano ed edilizio, si assiste a una fio-
ritura senza precedenti di mura urbane, non solo in Italia, ma anche in Gallia
meridionale e nelle province spagnole.
Mura augustee A Spello la cinta degli ultimi decenni del I secolo a.C., in opera vietata
in Italia (fig. 2.1), è arricchita da porte monumentali, tra cui in particolare la porta
Venere, fiancheggiata da due torri poligonali. La porta si articola in un

86
2. Proteggere la città

FIGURA 22 Verona, porta dei Leoni: facciata interna tardorepubblicana e rifacimento


giulio-claudio

Fonte: Cavalieri Manasse (19861.

cortile che filtra il passaggio tra città e campagna attraverso tre archi, di
cui quello centrale più alto; i fornici sono sormontati da una galleria fine-
strata o loggia, che costituisce l'esito di un motivo dell'architettura greca
di IV secolo a.C. (porta di Zeus ed Era a Thasos) e che trova una compiuta
realizzazione nella porta di Augusto a Fano, con la galleria, oggi perduta,
ad arcate inquadrate da semicolonne corinzie. Questo tipo di impianto
rappresenta l'evoluzione tardo repubblicana delle porte a cortile: si tratta
di un doppio passaggio, con porte a più fornici, attraverso un cavedio cen-
trale cinto da mura. Le alte torri poligonali che fiancheggiano gli ingressi
e l'articolazione architettonica delle facciate, mosse da gallerie finestrate,
conferiscono alle porte urbiche un forte impatto monumentale. Lo stesso
modello della porta Venere è applicato soprattutto nell'Italia settentrio-
nale tra gli ultimi decenni della repubblica e l'inizio del principato, come
ad esempio nella porta Precaria a Como, nelle porte Palatina e Decumana
a Torino e in quella dei Leoni a Verona, che ne rappresenta la forma più
elaborata (fig. 22).
Se le mura di Torino, come quelle di Aosta, assolvono ancora a una funzione
difensiva nei confronti delle popolazioni locali, in altri casi l'aspetto simbo-
lico diventa preminente: a Rimini, la porta Romana, a doppio fornice con
corte di guardia e controporta interna, realizzata nell'ambito delle ristruttu-
razioni seguite alle distruzioni sillane, viene sostituita nel 2 7 a.C. dall'arco
di Augusto, che ha carattere esclusivamente commemorativo e onorifico, in
quanto privo di sistemi di chiusura e quindi inutilizzabile dal punto di vista
difensivo. Si tratta di un esempio precoce dell'assimilazione tra porta urbica
e arco trionfale fuori Roma. Archi di ingresso monumentale sono realizzati
negli stessi anni, sempre lungo la via Flaminia, anche in centri privi di mura
come Ocriculum e Cdrsulae (fig. 23).
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 23 Carsulae. arco di San Damiano (età augustea): il fornice centrale, in origine
fiancheggiato da due minori

Fonte: foto dell'autore.

Mura urbane Tra le mura urbane di età augustea meglio note delle province occidentali
nelle Gallie sono quelle di Nìmes, in opera vittata, con porte monumentali e torri a
pianta circolare, semicircolare e quadrangolare. Nel punto più alto delle
mura, la Tour Magne, di forma poligonale a tre piani rientranti, costitui-
sce un segnale simbolico della romanizzazione e in particolare del sotto-
stante Augusteum. Fra torri quadrangolari con il lato esterno curvilineo,
la porta di Augusto reca l'iscrizione con cui il principe "dona" mura e
porte alla città; del tipo a cavedio, presenta quattro fornici, di cui i cen-
trali più alti. Molto simili negli elementi costitutivi, con una galleria al di
sopra dei quattro fornici, sono anche le porte di Autun (Augustodunum),
dotata, con Nimes e Vi enne (Colonia Iulia Viennensis ), di una delle cinte
più estese nella Gallia della prima età imperiale. A queste sono paragona-
bili per lunghezza, ma ancora più monumentali, le mura di Treviri nella
Gallia Belgica, dell'ultimo ventennio del II secolo d.C. Sia la porta Nigra
a nord, che ripete lo schema a cavedio con facciata a doppia galleria e
torri rettangolari con lato esterno semicircolare (fig. 2.4 e cap. I, fig. 4oa),
sia il più singolare ingresso est, attraverso la pdrodos dell'anfiteatro inse-
rito nel circuito murario (fig. 2.5 e cap. I, fig. 4ob ), rispondono ora a più
concrete esigenze di difesa.

88
2. Proteggere la città

FIGURA 24 Treviri (Augusta Treverorum), porta Nigra (fine 11 sec. d.C.), facciata esterna:
torri che fiancheggiano l'ingresso

Fonte: foto dell'autore.

Nel II secolo d.C., anche nelle province meridionali dell'impero, in Afri- Diffusione
ca, si assiste alla diffusione delle cinte urbane, che rispondono a una ge- delle mura urbane
nerica ricerca dì sicurezza, pur non essendo erette sotto la pressione di in Africa in età
un pericolo immediato, e appaiono correlarsi a momenti di sviluppo e imperiale
pianificazione urbana: a Volubilis, ad esempio, il tracciato sembra infat-

89
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 25 Treviri (Augusta Treverorum), plastico dell'ingresso est alla città attraverso
l'anfiteatro (Treviri, Rheinisches landesmuseum)

Fonte: foto dell'autore.

FIGURA 26 Vo/Ubilis, porta di Tangeri (seconda metà 11 sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

90
2. Proteggere La città

FIGURA 27 Roma, tratto delle Mura aureliane (seconda metà 111 sec. d.C.) con il rialza mento
di Onori o (inizi v sec. d.C.) lungo viale Metronio, presso porta Latina

Fonte: Fields (2008).

ti coerente con l'edificazione di un ricco quartiere residenziale (fig. 2.6).


Porte a cortile esterno semicircolare a Tipasa e Rdpidum, come già quelle
di Cherchel (lol-Caesarea) , si inseriscono nella tradizione ellenistica del
tipo a tenaglia.
Tra la seconda metà del m e gli inizi del IV secolo d.C., quando a causa delle Difesa delle città
incursioni delle popolazioni germaniche la tenuta delle linee fortificate del in epoca tardoantica
confine settentrionale diventa più difficoltosa, le fortificazioni di Milano
(Mediolanum), Verona e Aquileia costituiscono i capisaldi della difesa della
Penisola: a Verona è riattivata la cinta cesariana, mentre a Milano le mura
tardorepubblicane sono restaurate e ampliate, fino a inglobare il circo; anche
ad Aquileia il circuito del II secolo a.C. è ampliato con un muro spesso quasi
3m, inglobando circo e anfiteatro (cap. 1, fig. 34n). In Oriente, nell'avanzato
m secolo d.C. Nicea (Nikaia) presenta applicate per la prima volta a una
cinta urbana forme difensive, come le torri a U, e tecniche costruttive carat-
teristiche delle fortificazioni di frontiera, che serviranno da modello per le
future capitali imperiali, da Nicomedia (Nicomédeia) a Costantinopoli.
A questo periodo risale anche la costruzione delle mura di Roma, iniziate Roma si difende:
nel2.71 d.C. a opera di Aureliano e terminate nel 2.79 da Probo, la più lunga le Mura aureliane
cinta del mondo antico, quasi 19 km. Le mura si sviluppano prevalentemente
lungo le dorsali dei colli; i varchi, quattordici porte e numerose postierle,
vengono a trovarsi nelle depressioni fra un'altura e l'altra, in corrispondenza
delle arterie viarie principali. La struttura, con paramenti esterni in mattoni
di reimpiego accuratamente selezionati, è alta circa 6 m e spessa 3.50 m ed è

91
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 28 Costantinopoli, sezione delle mura di Teodosio 11 (prima metà v secolo d.C.)

Fonte: Crow (2007).

dotata ogni 100 piedi (2.9,60 m) di una torre a pianta quadrata, con camera
superiore per le baliste (fig. 2.7); sulla sommità del muro corre il cammino
di ronda scoperto, protetto da una merlatura. Le porte, a fornice doppio o
semplice, sono inquadrate da torri semicircolari, ripetendo il modello diffuso
in età augustea; quelle più modeste sono inserite in un tratto di mura com-
preso tra due torri quadrate. Lungo il suo percorso vengono inglobati edifici
pubblici e privati monumentali (tra cui l'anfiteatro Castrense e la piramide di
Caio Cestio), mentre il mausoleo di Adriano, castello avanzato sulla riva de-
stra del Tevere, diventa roccaforte di difesa per il pons Aelius. La cinta subisce
nel tempo numerosi interventi volti a rinforzarla; il più importante è quello
realizzato da Onorio all'inizio del v secolo d.C., quando è raddoppiata l'al-
tezza del muro, il precedente cammino di ronda è sostituito da una galleria
coperta, i due ingressi di alcune porte sono ridotti a uno solo, le torri rialzate
e rinforzate.
La precarietà dovuta alla crescente pressione barbarica e alle lotte interne
determina in questo periodo un generale intensificarsi degli interventi di-
fensivi, a partire dalla nuova capitale dell'impero d'Occidente, Ravenna,
dotata di mura agli inizi del v secolo d.C. Anche Cartagine, fino ad allora
priva di difese, nel 42.5 d.C., poco prima della conquista vandala, è munita
da Teodosio II di una cinta di difesa con torri, affiancata in alcuni tratti da
un fossato.
Mura Nello stesso periodo Teodosio II realizza a Costantinopoli un complesso si-
di Costantinopoli stema di fortificazione, unico nel mondo antico, che separa la città dall'en-
troterra, estendendosi per 6,s km dal Mar di Marmara al Corno d'Oro e che
sembra recepire le esperienze tecniche delle zone di frontiera. A un grande
muro fiancheggiato da torri rettangolari o ottagonali si addossa un terrapie-
no esterno raggiungibile da postierle aperte sui fianchi delle torri. Un secon-

92
2. Proteggere la città

FIGURA 29 Verona, pianta della città e fortificazioni attribuite all'età di Teodorico (fine
v-inizi VI sec. d.C.)

Fonte: Brogiolo, Gelichi (1998).

do muro (protéichisma) è provvisto di piattaforme di tiro su due piani, impo-


stati su arcate cieche, ed è fiancheggiato da torri a U alternate a quelle della
cortina interna. Un più basso terrapieno separa infine il protéichisma da un
ampio fossato a sezione quadrata, delimitato sul lato interno da un parapetto.
Neli' insieme il sistema difensivo è ampio 6o m e si eleva per 25 m dalla super-
ficie del suolo esterno (fig. 28).
Le mura di Costantinopoli sembrano fornire un modello anche per altre Ultime difese: forme
fortificazioni: in Italia, ad esempio, nell'ambito del sistema di difesa del- e materiali
la pianura padana attuato da Teodorico tra la fine del v e l'inizio del VI
secolo d.C., Brescia e Verona appaiono infatti protette da un antemurale.
Verona, in particolare, è dotata di nuove mura, alte quasi 14 m e costruite
a breve distanza dalla cinta precedente; il circuito ingloba l'anfiteatro e si
estende oltre l'Adige a comprendere parte della collina su cui sorge il teatro
(fig. 29 ). In modo analogo, ad Aquileia la cinta del v secolo d.C. riproduce
da vicino il percorso della precedente cortina che nel IV secolo aveva am-
pliato il circuito repubblicano. Dopo la metà del v secolo l'area fortificata

93
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 30 Susa (Segusium), porta Savoia nelle mura tardoantiche (inizi IV sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

si riduce a meno della metà con la costruzione di una possente cortina a


linea spezzata (cap. 1, fig. 34q). La tendenza a derivare le soluzioni di dife-
sa delle cinte urbane dalle fortificazioni di confine nelle città dell'impero
d'Oriente prosegue a Salonicco (Thessalonike) con l'inserimento lungo la
cortina di speroni a forma triangolare, adatti a sopportare i colpi dell'ar-
tiglieria. Speroni triangolari e torri pentagonali caratterizzano le cortine
murarie di numerose città tra la fine del v e il VI secolo d.C., da Amorium
a Sofia (Sérdica) e Durazzo (Dyrrhachium), fino alle Lunghe mura che

94
2. Proteggere la città

Anastasio fa costruire nell'entroterra di Costantinopoli, come difesa sup-


plementare della città.
Nel lungo arco di tempo che va dalla fine del III al VI secolo d.C. i centri
urbani rispondono dunque al pericolo delle incursioni barbariche con dif-
ferenti modalità difensive, anche in base alla loro funzione all'interno delle
riorganizzazioni politiche, militari e amministrative. Molte città riattivano
e rinforzano le mura già esistenti, talvolta semplicemente addossando una
nuova cortina alla precedente, come in molte città dell'Italia settentrio-
nale (Mantova-Mantua, IV sec.; Trento- Tridentum, Cividale-Forum Iulii,
v sec.), ma anche della Spagna (Barcellona e Mérida-Augusta Emerita, v
sec.) e della Gallia (Marsiglia, v sec.; Arles, inizi VI sec.). Altre si dotano
di nuovi circuiti che spesso restringono l'area su cui concentrare lo sfor-
zo difensivo, come in numerosi centri della Gallia (Bordeaux-Burdigala,
fine III sec.; Tours-Caesarodunum, IV sec.; Périgueux-Vesunna, IV sec.;
Clermont-Augustonemetum, v sec.), della Spagna (Lugo-Lucus Augusti, fi-
ne m-prima metà IV sec.), dell'Italia (Susa-Segusium, inizi IV sec.: fig. 30;
Bologna-Bononia, v-vn sec.; Ancona, prima metà del VI sec.) e dell'Africa
bizantina (Tebessa- Theveste, VI sec.). Ai sistemi difensivi che impiegano
doppie cinte, fossati, terrapieni e torri, si aggiungono castelli interni o ad-
dossati alle mura, spesso ottenuti fortificando edifici preesistenti, come il
mausoleo di Adriano a Roma, incluso nella cinta da Onorio, o gli anfiteatri
a Périgueux, Ancona, Verona, Rimini o Roselle (Rusellae). L'utilizzo di
materiale di spoliazione costituisce ormai il tratto distintivo di tutte queste
tarde strutture difensive. In alcuni casi, perdendo la sua connotazione, la
città intera si riduce al solo elemento di difesa, il castrum: il processo aveva
già avuto inizio nel IV secolo, ad esempio a Xanten dove erano sopravvis-
sute solo le insulae centrali, o ad Augst (Augusta Raurica), dove, dopo la
riduzione del centro già nel III secolo, il castrum Rauracense si era spostato
presso il Reno agli inizi del IV secolo. Il fenomeno è ben documentato
nell'Italia bizantina, come ad esempio a Oderzo (Opitergium), trasformata
in castello a difesa della fascia costiera veneta e a contenimento del du-
cato longobardo, o nelle città abruzzesi, come Penne (Pinna Vestinorum)
e Teramo (Interamnia Praetuttiorum): quest'ultima si riduce al castrum
Aprutiense, che racchiude il centro episcopale e civile, ingloba teatro e an-
fiteatro, abbandonando agli orti il resto della città antica.

2. l sistemi difensivi del territorio

Forme di organizzazione e difesa del territorio sono già presenti nelle so- Difesa del territorio
cietà preurbane, come ad esempio i nuraghi che caratterizzano la Sardegna nelle civiltà
tra la metà del n e la metà del I millennio a.C. Espressione delle comuni- preurbane: i nuraghi
tà organizzate per piccoli nuclei territoriali, dominate da un'aristocrazia
guerriera e basate su un'economia agropastorale, queste strutture abitative

95
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 31 Monte Adranone, pianta dell'insediamento fondato da Selinunte nel VI sec. a.C.
e ricostruito da Cartagine nel1v sec. a.C.

Fonte: Fiorentini (2005).

di carattere difensivo sono costituite da una torre troncoconica al cui in-


terno si sviluppano una o più camere circolari su più piani, con copertura
a falsa cupola, ovvero con pareti progressivamente aggettanti. I nuraghi,
presenti sia sulla fascia costiera sia ali' interno d eli' isola, si presentano sia
isolati sia come parte di sistemi difensivi più articolati, con torri secon-
darie, cortili, bastioni e villaggi di capanne in pietra, come nei nuraghi di
Palmavera, Santu Antine, ls Paras e Barumini. Quest'ultimo è il caposaldo
di un sistema strategico composto da altri nuraghi disposti lungo le pen-
dici dell'altopiano della Giara di Gesturi, a controllo di un'area ricca di
risorse naturali.
Controllo Con lo sviluppo delle civiltà urbane, le mura che cingono la città appaiono
del territorio spesso integrate in un più vasto dispositivo di difesa, che si estende al terri-
nelle civiltà urbane: torio con lo scopo di controllarlo militarmente, ma anche di affermare un
Sicilia greca determinato sistema politico-amministrativo.
e cartaginese Nell'Occidente greco la necessità di fronteggiare le popolazioni locali e gli
scontri tra colonie hanno spinto a sviluppare sistemi di difesa del territorio
già dal VII secolo a.C., come i punti di appoggio fortificati dell'entroterra
della colonia di Gela o come la roccaforte Kasménai, edificata nel VI seco-
lo a.C. da Siracusa sul confine occidentale del suo territorio. Al VI secolo

96
2. Proteggere la città

FIGURA 32 Néa Halos. pianta dell'insediamento (fine IV-prima metà 111 sec. a.C.)

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Fonte: Hellmann (2010).

a.C. risale anche l'impianto fortificato di Monte Adranone realizzato da


Selinunte. Il centro, posto in posizione naturalmente difesa a 1.000 m di al-
titudine, controlla un territorio che sarà perennemente conteso, prima tra
Selinunte e Agrigento, poi tra sicelioti e cartaginesi e infine tra questi ultimi
e romani. Subito dopo la fondazione, l'abitato è protetto da un'imponente
cinta muraria che, dopo la conquista cartaginese della fìne del v secolo a.C.,
viene progressivamente irrobustita da bastioni, contrafforti e un propugna-
colo presso l'ingresso meridionale, mentre un ulteriore circuito murario più
interno viene edificato a difesa dell'acropoli (fig. 31). Monte Adranone, in-
sieme alle roccaforti di Monte Kronio, Monte Platanella, Monte Sara, San
Benedetto e Rocca Nadore, viene a far parte di una serie di punti fortificati
con cui Cartagine attua il controllo dei suoi possedimenti nella parte occi-
dentale della Sicilia.
Nel continente greco, difese del territorio compaiono a partire dalla seconda Fortezze, fortini,
metà del v secolo a.C., quando Atene installa una serie di postazioni lungo posti di guardia
i confini dell'Attica; solo dopo la guerra del Peloponneso, in Attica, come e torri isolate
nelle chorai di altre città, si articolano sistemi più strutturati che possono in area greca
prevedere fortezze stabilmente abitate, fortini o posti di guardia occupati
da militari, torri isolate. Appartiene al primo tipo Ramnunte (Rhamnus),
strategicamente collocata a controllo del canale di Euripo; il villaggio, do-
tato di un'acropoli fortificata e di una postazione militare (phrourion) già
nel v secolo a.C., è cinto all'inizio del IV da una grande linea di mura con
corri quadrate. Se l'abitato di Ramnunte appare modesto e disorganico, una
certa regolarità caratterizza invece il centro fortificato di Sunio. Tessaglia
e Macedonia offrono esempi elaborati di città-fortezza: all'inizio dell'età
ellenistica, N éa Hdlos, che con una serie di altri siri fortificati consente a
Farsalo (Phdrsalos) di controllare l'Acaia Ftiotide, presenta un sistema di

97
l'urbanistica: città e paesaggi

assi viari ortogonali ed è circondata da mura con torri sui quattro lati rettili-
nei, mentre due lunghi tratti di mura raggiungono la sommità dell'acropoli
formando una punta triangolare (fig. p.). L'impianto ortogonale caratte-
rizza anche numerose postazioni avanzate in territorio nemico alla periferia
del mondo greco, come Olbia (Olbia) di Provenza, fondata da Marsiglia
intorno al34o a.C.
I fortini occupati esclusivamente da guarnigioni militari si collocano prefe-
ribilmente su speroni o strapiombi a sentinella di punti vulnerabili, soprat-
tutto nelle zone di frontiera, come quelli che nel IV secolo a.C. controllano i
confini tra Attica e Beozia (Eleuthérai, Siphai, Phylé, Pdnakton ). Nello stesso
secolo, durante la guerra beotica, Atene protegge l'ingresso nella pianura del-
la città bloccando il passo tra i monti Aigdleos e Pdrnes con uno sbarramento
formato da tratti contigui di muri indipendenti associati a una torre di osser-
vazione, il Dema. Piccole fortezze sono numerose anche in Asia Minore, do-
ve talvolta sono difficilmente distinguibili dalle residenze rurali fortificate,
frequenti in Licia, Lidia e Caria.
Le torri a pianta quadrata o circolare appaiono talvolta costruite a presidio di
posizioni strategiche o lungo le strade. A Efeso, ad esempio, le torri, realizzate
con la stessa tecnica impiegata nelle mura urbane, sono costruite a control-
lo delle strade di accesso e appaiono sicuramente legate al sistema difensivo
della città. Se dunque le torri fanno parte di più ampi sistemi difensivi e sono
legate visivamente tra loro per la trasmissione di segnali luminosi, altre volte
possono essere connesse allo sfruttamento rurale come parte di aziende agri-
cole. La torre, al cui interno possono essere collocati torchi e mole al piano
terra e i raccolti, in sicurezza, ai piani superiori, costituisce un punto di av-
vistamento necessario soprattutto nelle aree soggette alla pirateria, come le
Cicladi, dove sono particolarmente numerose.
Rete di insediamenti Nelle aree etrusche, a seguito di estese colonizzazioni interne tra IV e III se-
militari nei territori colo a.C., intorno alle metropoli sorge una rete di oppida e castella, insedia-
delle città etrusche menti dalle dimensioni estremamente limitate e di carattere spiccatamente
militare, in cui si può osservare l'adozione di soluzioni di una certa com-
plessità anche in fortificazioni di modesto impegno. Tarquinia, ad esempio,
circonda il proprio territorio di una serie di centri fortificati, più piccoli
come il Castellaccio di Caporipa e Grotte Pinza, o protetti da sistemi più
articolati, come Luni sul Mignone, San Giovenale, Castel d'Asso, Norchia
e Musarna, caratterizzati da cinte murarie integrate da fossati, anche se ra-
ramente dotate di torri o di altri accorgimenti di difesa attiva. Nel territorio
di Vulci la piccola fortezza di Rofalco presenta invece sul lato più esposto
una poderosa cinta muraria, su cui si succedono a intervalli irregolari tre
torri quadrangolari; l'unico accesso è protetto da un bastione triangolare,
sormontato da una sorta di piccola torre di avvistamento. Attorno alla metà
del v secolo a.C. Populonia impianta lungo la costa e all'Elba un sistema di
fortezze d'altura, strettamente connesse alla volontà di creare un dispositivo

98
2. Proteggere la città

FIGURA 33 Chesters (Cilumum), pianta del forte sul vallo di Adriano (prima metà 11 sec. d.C.)

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Fonte: Napoli (1997).

di controllo dei bacini di approvvigionamento costieri e insulari, che offro-


no risorse alimentari, idriche e minerarie. All'Elba due tra le fortezze me-
glio note, Monte Castello di Procchio e Castiglione di San Martino, poste
in posizione strategica su colline interne a controllo delle baie costiere, pre-
sentano pianta rettangolare delimitata da mura a secco che ampliano il pia-
noro artificiale. Le tracce di una violenta distruzione nel corso del III seco-
lo a.C. segnalano la presa dell'isola da parte dei romani, che ricostruiscono
subito Castiglione di San Martino per riutilizzarne la posizione a controllo
della rada di Portoferraio.
Con la progressiva conquista dell'Italia nel corso dell'età repubblicana, Ro- Roma e il sistema
ma presidia i territori acquisiti e le aree alleate con la fondazione di colonie delle colonie
di diritto romano e latino. In particolare, le colonie di diritto romano sino di diritto romano
alla fine della Seconda guerra punica sono fondate come punti permanenti e latino
di difesa lungo le coste, e perciò dette maritimae, di cui l'esempio più antico

99
l'urbanistica: città e paesaggi

è Ostia, del IV secolo a.C. (cap. 1, fig. 2.8). Esemplare appare il "vallo" costiero

tirrenico alle cui estremità si pongono le colonie latine di Paestum e Cosa,


punteggiato di colonie maritimae, da Sinuessa a Castrum Novum, e dispiega-
to in funzione anticartaginese nel corso del III secolo a.C.
Castro e costello L'estendersi del dominio romano amplifica, insieme ai territori, i sistemi della
loro difesa, dalla progressiva distribuzione degli accampamenti militari nelle
province fino alla strutturazione dei complessi dispositivi di frontiera dell'età
imperiale. I forti legionari, i castra, presentano pianta rettangolare con angoli
arrotondati e sono protetti da fossati e da un circuito difensivo scandito da
torri. All'interno, all'incrocio delle due strade principali ortogonali, di cui
una fortemente decentrata (via principalis), si trovano il quartier generale
(principia) e la residenza del comandante (praetorium). Le aree delimitate
dalle strade minori sono occupate da alloggiamenti per i soldati e strutture
di servizio, quali magazzini (horrea), un ospedale militare (valetudinarium)
e impianti termali (fig. 33). Analoga struttura presentano i castella, fortini
destinati alle truppe ausiliarie. Intorno a tali complessi si sviluppano talvolta
case e botteghe di artigiani e mercanti a servizio dei militari (canabae), pri-
mo nucleo di un successivo sviluppo in senso civile dell'insediamento, come
avviene a Mainz, Strasburgo (Argentoratum), Vienna (Vindobona), Petronell
(Carnuntum) e Budapest (Aquincum).
Fortificazioni lineari Roma non ha fatto uso sistematico di fortificazioni lineari lungo i confini
lungo i confini dell'impero: talvolta spazi immensi sono demarcati da confini naturali, come
le catene montuose del Caucaso e del Tauro in Oriente, o il corso di grandi
fiumi, come il Reno e il Danubio, fiancheggiati da forti, fortini e torri di
guardia; stati tampone e tribù legate a Roma per trattato possono inoltre
concorrere a proteggere le frontiere. Le opere lineari comprendono i sistemi
di fortificazione veri e propri e quelli che rappresentano limiti privi di una
spiccata funzione militare, ma piuttosto di controllo politico ed economico,
segnando il limite giuridico dei possessi romani. Nel primo tipo rientrano i
sistemi in cui i forti sono inseriti nella stessa opera lineare, combinando nu-
merosi ostacoli, tutti di dimensioni eccezionali, come i valli di Adriano e An-
tonino Pio, che attraversano la Britannia da costa a costa. Il vallo di Adriano,
esteso da New Casde on Tyne (Pons Aelius) all'estuario del Solway, si com-
pone di un muro, realizzato per 45 miglia romane in pietra e per le restanti
31 con blocchi di torba per un'altezza che raggiunge i s-6 m, con la merlatura
che protegge un probabile camminamento (fig. 34). Scandiscono la struttura
16 forti, circondati da almeno un fossato e da un'alta cortina con torri, men-
tre a distanza di un miglio si distribuiscono i fortini che proteggono le porte,
alternati a due torri di guardia. Un fossato bordato di aggere fiancheggia il
lato nord del muro, mentre a sud un'ampia fascia a esclusivo uso militare è
delimitata da un fossato a fondo piatto affiancato da due scarpate di terra e
interrotto dalle strade di accesso ai forti. Lo spostamento dellimes più a nord
voluto da Antonino Pio porta alla costruzione di una nuova barriera lunga

100
2. Proteggere la città

FIGURA 34 Il vallo di Adriano presso il forte di Housesteads (Vercovicium; prima metà n


sec. d.C.)

Fonti?: foto dell'autore.

FIGURA 35 Il vallo di Antonino Pio a Watling Lodge: tratto del fossato (metà n sec. d.C.)

Fonte: Crow (2012).

101
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 36 Il Tradus ltaliae circo Alpes nella Notitia Dignitatum

Fonte: Napoli (1997).

circa 37 miglia romane, tra l'estuario del Forth e quello del Clyde. Il muro,
fiancheggiato a nord da un fossato e da un aggere, è composto da blocchi di
torba su una base di pietra (fig. 35); alto oltre 3m, è coronato da un cammino
di ronda in legno e incorpora piattaforme di torba utilizzate per l'accensione
di fuochi segnaletici. Fortini in corrispondenza delle porte e forti per le trup-
pe, circondati da fossati e dotati di torri in legno, si distribuiscono lungo la
linea sud del muro, collegati da una via militare.
Tra quelle che combinano più sistemi difensivi rientra anche la grande opera
in terra della Mesia Inferiore, che tra il II e il III secolo d.C. taglia la Do-
broudja dalla riva destra del Danubio al Mar Nero. Il suo fossato esterno
largo 13 m dissimula, dietro un aggere di terra alto 4 m, un fossato interno
largo 9 e profondo 4,5 m; circa ogni chilometro l' aggere è integrato da fortini
quadrangolari, a loro volta cinti da una scarpata e da un fossato, e da fortini
rettangolari disposti in modo irregolare in prossimità di passaggi naturali.
Nelle opere lineari che costituiscono barriere senza grande valore difensivo, i
forti sono dissociati dal corpo dell'opera, costituita da ostacoli semplici (pa-
lizzate, opere in terra, muri, aggeri senza fossato), difficilmente in grado di
resistere a un conflitto armato. Rientrano in questo secondo e assai più am-
pio gruppo le opere sui confini germano-retico, transalurano in Dacia, al di

102
2. Proteggere la città

là dell'Alutus, affluente del Danubio, quelle di Seghia Bent el Krass sullimes


della Numidia e il muro di Djebel Cembé su quello della Mesopotamia. Illi-
mes germano-retico, dal Reno a nord di Mainz al Danubio presso Ratisbona
(Castra Regina), è costituito in età domizianea da una semplice strada asso-
ciata a torri di legno e fortini di terra e legname, connessi con percorsi che at-
traversano la linea di confine. In età adrianea la linea di frontiera, dove non è
segnata dal corso di un fiume, viene marcata con una palizzata. Antonino Pio
avanza in alcuni tratti la linea di confine di qualche decina di miglia e sosti-
tuisce con torri di pietra molte delle precedenti torri di legno, mentre Marco
Aurelio completa la palizzata sul confine retico. Nel corso del secolo succes-
sivo nel tratto germanico la palizzata è integrata da un bastione in terra con
fossato, mentre in quello retico è affiancata o sostituita da un muro in pietra
di modeste dimensioni e privo del cammino di ronda. Lo scarso valore stra-
tegico caratterizza anche il muro di Djebel Cernbé sullimes mesopotamico,
connesso forse con la riorganizzazione frontaliera dioclezianea, o il fossato
della Seghia sullimes della Numidia, realizzato prima della fine del m secolo
d.C., che, largo solo 2-3 m, è il più stretto che si conosca. Sullimes africano le
opere lineari fanno sistema con forti, fortini o torri collocati lungo le piste a
sorveglianza dei passaggi obbligati e dei punti d'acqua, regolando la circola-
zione delle pattuglie, gli scambi commerciali o i movimenti di transumanza.
Tra le ultime opere lineari romane, le mura delle Alpi Giulie, installate verso Ultime fortificazioni
la fine del IV secolo d.C. ai confini dell'Italia, non marcano un confine poli- lineari
tico, ma appaiono come un compromesso tra le barriere difensive e le barriere
di controllo (fig. 36). Pur trovandosi in posizione fortemente strategica, a
sbarramento di tutti gli accessi naturali, e dotate di un camminamento di
ronda, non sono in realtà difese da un numero di forti adeguato a proteggere
la Penisola dalle invasioni ormai in atto.

Riferimenti bibliografici

Per le fortificazioni e la poliorcetica greche: WINTER (1971); GARLAN (1974);


LAWRENCE (1979); LERICHE, TRÉZINY (1986); VAN DE MAELE, FOSSEY (1992);
HELLMANN (2.010). ln particolare per l'età arcaica: FREDERIKSEN (2.011). Per l'età
ellenistica: MCNICOLL, MILNER (1997); www.greekarchaeology.org. Per le mura di
Atene: CONWELL (2.008); THEOCHARAKI (2011). Per la Cirenaica: GARLAN (1985).
Notizie anche negli studi più ampi sull'urbanistica e l'architettura greche: GRECO,
TORELLI (1983); GRECO (1999a). Per l'età arcaica e classica: LIPPOLIS, LIVADIOTTI,
ROCCO (2007 ). Per le colonie greche d'Occidente: PUGLIESE CARRATELLI (1996);
MUGGIA (1997); CERCHIAI, JANNELLI, LONGO (2002); MINÀ (2.005); MERTENS
(2.0o6); TRÉZINY (2.011); GRAS, TRÉZINY (2.012).Informazioni aggiornate sulle for-
tificazioni fenicie e puniche: BONDÌ et al. (2009 ); HELAS, MARZO LI (2009 ). Gli atti
del xxv Convegno di studi etruschi e italici del 2.005 (La città murata in Etruria,
2008) offrono un quadro delle più recenti acquisizioni sulle fortificazioni urbane

103
l'urbanistica: città e paesaggi

in Etruria, in particolare per i centri di Veio, Tarquinia, Vulci, Roselle, Populonia e


Volterra. Per una sintesi: BARTOLONI (lOil). Sulle singole città: FONTAINE (1997 ).
Per Perugia: RONCALLI (1990). Per Veio: FONTAINE (1993). Per Tarquinia: FON-
TAINE (1994). Per Volterra: PASQUINUCCI, MENCHELLI (loOI). Per Populonia:
BENVENUTI (wo6). Per Vulci: M O RETTI SGUBINI (wo6). Per Arezzo: COARELLI
(w o o). Per le mura poligonali dei centri etruschi e laziali: ATTENNI, BALDASSARRE
(wll). Riferimenti alle mura per l'età romana, in Italia e nelle province: SOMMELLA
(1988); GROS (loOI); GROS, TORELLI (ww). Per un esempio di rappresentazione
di città cinta da mura: LA ROCCA (woo). Studi specifici per singoli centri: QUILI-
CI, QUILICI GIGLI (loOI); in particolare per Paestum, CIPRIANI, PONTRANDOLFO
(lolo). Per la Transpadana: BONETTO (1998). Per la Venetia et Histria: ROSADA
(199ob). Per l'Umbria: QUILICI, QUILICI GIGLI (lool). Per ilLatium Vetus: QUILI-
CI (1994b). Per Nimes: VARÈNE (199l). Per Treviri: Trier (wo9 ). Per la Mauretania:
RÉBUFFAT (1974). Per l'Africa Proconsolare: BULLO (lool). In particolare, per Ro-
ma: oltre agli studi storici di RICHMOND (1930) e SAEFLUND (193l); CARANDINI,
CARAFA (woo); CARANDINI (wo6); CIFANI (wo8). Per le cinte urbane tardoan-
tiche: JOHNSON (1983). Sintesi con uno specifico riferimento all'ambito italiano:
BROGIOLO, GELICHI (1998); da ultimo, e in una prospettiva più ampia, BROGIOLO
(wu). Per trattazioni specifiche riguardanti le fortificazioni tardoamiche della Gal-
lia: MAURIN (199l); HEIJMANS (wo6); LOSEBY (loo6). Della Spagna: BELTRAN
DE HEREDIA BERCERO (lOOl); FERNANDEZ-OCHOA, MORILLO (loos). Per l'Ita-
lia: DEMEGLIO (199l, lOOl); ZANINI (1998); CHRISTIE (w01). Per l'area orienta-
le: CROW (wo1). Per Verona: CAVALIERI MANASSE, HUDSON (1999). Per Milano:
CERESA MORI (1993). Per Aquileia: BONETTO (l004). Per Roma: COZZA (1987);
MANCINI (lool). Per Costantinopoli: CROW (wo7). Per Périgueux: GIRARDY-
CAILLAT (1996). Per Xanten: SCHADLER (wo4). Per Kaiseraugst: SCHWARZ
(wo4). Per il riuso a scopo difensivo di edifici per spettacolo: LIVERANI (w w).
Sulle fortificazioni della civiltà nuragica: CONTU (wo6). Per il sistema di difesa
dell'Attica: OBER (1985). In particolare, per il Dema Wall: MUNN (1993). Per Ram-
nume: PETRAKOS (1999 ). Per Nea Ha/os: REINDERS, PRUMMEL (wo3); REINDERS
(loo6). Per l'Asia Minore: DEBORD, DESCAT (1994). Per Monte Adranone: FIO-
RENTINI (wos). Per la roccaforte di Kasmenai: MERTENS (loo6). Per le difese del
territorio in Etruria: PULCINELLI (ww); BARTOLONI (wll); CAMBI (wll). Per
le fortificazioni lungo i confini dell'impero romano: NAPOLI (1997); KLEE (wo6);
RUDILOSSO (wo9). In particolare sullimes africano: TROUSSET (loo4). Su quelli
britannici: BREEZE (loo6, l007 ). Per esempi di forti sul vallo di Adriano: CROW
(l004); BIRLEY (wo9).

104
3
Organizzare gli spazi pubblici e privati

1. l luoghi della vita civile, politica e amministrativa

La piazza pubblica, luogo destinato al ritrovo della popolazione per le atti-


vità legate alla regolamentazione collettiva, costituisce il simbolo stesso della
comunità civica.
Nelle fasi di formazione della polis, lo spazio politico dell'agoni si definisce La piazza delle città
inizialmente in negativo, come spazio risparmiato all'interno del tessuto ur- greche: l'agora
bano. In queste aree, ancora poco note nelle fasi iniziali, sono progressiva-
mente ospitati gli edifici connessi con la vita politica (l' ekklesiastérion per
l'assemblea del popolo e il bouleutérion per il suo consiglio); l'amministra-
zione civile e giudiziaria (il pritanéion, sede dei pritani, i magistrati designa-
ti all'amministrazione pubblica; gli archéia, gli edifici destinati all'esercizio
delle magistrature; il tribunale e le polifunzionali stodi, portici per uso pub-
blico); le pratiche religiose (santuari e h eroa, destinati al culto degli eroi) che
garantiscono la validità delle altre istituzioni collettive. La capacità di attra-
zione di tali piazze non tarda poi a richiamare fin dall'età arcaica anche le
attività commerciali.
Nel contesto urbano l' agord si pone frequentemente in posizione centrale, L' agora nel contesto
anche se non mancano esempi di piazze decentrate o addirittura marginali. urbano
Qualunque sia la sua posizione topo grafica, l' agord risulta comunque sempre
centrale nel suo rapporto con le direttrici principali del traffico urbano che,
fiancheggiandola, spesso ne determinano la forma e le dimensioni: il facile
accesso all' agord, sia dall'interno sia dall'esterno della città, la pone così al
centro della vita sociale della polis, nelle sue componenti politiche e religiose.
L' agord intrattiene solitamente un rapporto privilegiato con l'altro polo di
identità e integrazione della comunità, il santuario poliadico, che sorge nelle
sue vicinanze se non addirittura in aderenza. Agorai e santuari formano dun-
que all'interno della città zone pubbliche distinte ma strettamente connesse:
a Metaponto piazza e santuario si sviluppano ai lati di una grande arteria
(fig. I e cap. I, fig. 9 ), mentre a Poseidonia la piazza, al centro della città, è
affiancata, a nord e a sud, dalle due principali aree santuariali urbane (cap. I,
fig. 10 ). Ciò non toglie che l' agord accolga anche alcuni tra i più significativi

105
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 1 Metaponto (Metapontion), pianta del settore urbano comprendente santuario e


agoni (seconda

20
metà IV sec. d.C.)

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Fonte: Mertens (2006).

luoghi di culto della polis, in particolare quelli legati alle divinità e agli eroi
della tradizione mitistorica della città.
Strutturazione Un esempio delle modalità di strutturazione della piazza con i suoi aspetti
dell'agoro: politici e religiosi può essere seguito a Megara Iblea dove, fin dal momento
Megara lblea della pianificazione urbanistica all'inizio del VII secolo a.C., al centro della
città è riservata alle funzioni collettive una vasta area a pianta trapezoidale,
che solo nel tempo si definisce negli aspetti architettonico-funzionali (fig.
2.). Alle prime strutture, rappresentate da due silos, in un processo di tra-
sformazione monumentale, alla metà del secolo si sostituiscono nella parte
meridionale il tempio g, un tempio a semplice oikos (ovvero casa, un lungo
ambiente rettangolare con ingresso sul lato breve), un grande portico sul lato
settentrionale (stod nord) e due recinti forse destinati al culto eroico nell'an-
golo nord-ovest. Il grande e duplice complesso meridionale può costituire
una dimora privata di particolare prestigio o uno spazio pubblico di riunione
sotco la protezione di divinità o di eroi. Alla fine del secolo si aggiunge un al-
tro portico sul lato orientale (stod est), un tempio nella parte sud (tempio h) e
un oikos arretrato e raggiungibile attraverso un cortile aperto sul lato occiden-
tale (tempio c). Nella seconda metà del VI secolo a.C., sul lato ovest si erige
un edificio destinato alla riunione di rappresentanti pubblici, utilizzato in

106
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 2 Megara lblea (Mégoro Hyblaéa), pianta dell' agort1 (età arcaica)
l
...J ,. 30

J.

Fonte: Mertens (2006).

occasione di banchetti rituali (hestiatorion) e identificato come pritaneo. Nel


corso del VI e del v secolo a.C. anche in altre colonie di Occidente le agorai,
cui sono destinate superfici solitamente più ampie di quelle della Grecia pro-
pria, si dotano degli edifici necessari allo svolgimento delle loro funzioni.
Nella città etrusca di nuova fondazione di Marzabotto, all'inizio del v seco- Agorti nelle città
lo a.C., l' agord è probabilmente da collocare al margine settentrionale della etrusche
città, a est del témenos (appezzamento di terreno recintato, consacrato alla di-
vinità) del tempio poliadico di Tina, dove si interrompono tutti gli stenopoi
(cap. 1, fig. 13). Qui, accanto a un'area apparentemente libera da costruzioni,
srrutture di difficile interpretazione ma caratterizzate da un notevole impe-
gno monumentale rendono plausibile l'ipotesi che si tratti di edifici destinati
ad attività pubbliche.

107
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 3 Atene (Afhénaij, pianta dell' agorti del Ceramico (fine v sec. a.C. )

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Font~ Lippolis. Livadiotti, Rocco (2007).

Agorrl di Atene In Grecia bisogna attendere l'età classica o quella ellenistica perché le agorai
si trovino fiancheggiate da edifici chiaramente riconoscibili come pubblici
e di riunione, con l'eccezione di quanto accade ad Atene. L'ubicazione e lo
sviluppo dell' agord di Atene costituiscono un problema dibattuto: secondo
alcune recenti ricostruzioni, una prima agord è collocata a est delle pendici
dell'acropoli, dove le fonti (Pausania, Guida della Grecia I, 18-2.0) ricordano
la presenza del pritaneo e del santuario dell'eroe Teseo. Verso la metà del VI
secolo a.C., con i Pisistratidi, la depressione a nord-ovest dell'acropoli, già
occupata da tombe e da case-bottega di vasai, inizia progressivamente a con-
notarsi come spazio pubblico, divenendo l'"agord del Ceramico". Con l'av-
vento della democrazia, tra la fine del VI e il v secolo a.C., l' agord si arric-
chisce di tutti gli edifici necessari alle funzioni dei nuovi organismi religiosi
e amministrativi (fig. 3): sul lato occidentale, oltre ad alcuni edifici religiosi,
si succedono la stod basileios, sede dell'arconte re e luogo di conservazione
delle leggi di Solone; la stod di Zeus Eleuthérios; un primo bouleutérion, tra-

108
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

sformato poi in archivio dei documenti pubblici e sostituito da un nuovo


edificio assembleare; una struttura (edificio F), già ritenuta dimora di Pi-
sistrato, modificata per accogliere il banchetto dei pritani e poi sostituita
da una tholos (edificio a pianta circolare) con analoghe funzioni. Entro lo
scorcio del v secolo a.C. sul lato meridionale è realizzata una stod che ospi-
ta i banchetti comuni di personaggi pubblici, civili e religiosi. Nell'angolo
nord-ovest, un'area delimitata da sistemi di bloccaggio dell'accesso accoglie
le funzioni elettorali dei giudici e le votazioni degli ostracismi. L' ekklesia-
stérion, che richiede un'ampia disponibilità di spazio, è invece realizzato
con forma quasi semicircolare sulle pendici della collina della Pnice, a breve
distanza dall' agord.
Mentre in alcune città, come Atene stessa, Argo, Théra e Orcomeno (Or- Agoni tetragonos
chomenos), le agorai mantengono una forma irregolare, fiancheggiata da edi-
fici isolati anche nel corso dell'età ellenistica, dal IV secolo a.C. si sviluppa
un nuovo modello di agord che, nel quadro della rete regolare degli isolati,
assume l'aspetto di una piazza quadrata o rettangolare chiusa e bordata sui
quattro lati da portici, la cosiddetta agord tetrdgonos. Questa, che talvolta du-
plica la piazza pubblica cittadina, spesso si specializza assumendo funzioni
principalmente commerciali (infra, par. 8).
Nelle città puniche la piazza principale è solitamente collocata nei pressi del La piazza nelle città
porto, aperta alle esigenze del mercato e senza un ruolo di raccordo formale puniche
e funzionale della maglia stradale urbana. Le funzioni civiche e amministra-
tive, svolte nel mondo greco in edifici specifici, nelle città puniche hanno
luogo all'aperto. A Cartagine la piazza pubblica è localizzata nella zona pia-
neggiante tra i porti e l'acropoli. A Kerkouane ben tre piazze si dispongono
in un'area piuttosto limitata a nord-est della città, venendo così a costituire
un settore destinato alle principali attività sociali, amministrative ed econo-
miche (cap. 1, fig. n).
A Roma e nelle sue colonie, la piazza pubblica per eccellenza, il foro, con gli La piazza nelle città
edifici che la circondano, si pone in un luogo preminente del tessuto urbano, romane: il foro
dove converge la viabilità principale. Il Foro romano, la piazza ai piedi del
colle occupato dal capitolium e percorsa dall'antico asse della Sacra Via, rice-
ve la sua definizione spaziale all'inizio dell'età repubblicana (v sec. a. C.) con
la realizzazione dei templi di Saturno e dei Castori, allineati sul lato opposto
alla curia, la sede del senato, e al comitium, luogo delle assemblee popolari.
Prima della fine del IV secolo a.C. il foro assume una forma regolare circon-
data da tabernae, alle spalle delle quali sorgono numerosi atria, di cui ci offre
un esempio la colonia latina di Cosa del 2.73 a.C.: atrii di tipo tuscanico con
ingresso fiancheggiato da botteghe e ampio cortile con impluvio che possono
ospitare attività commerciali, cerimonie religiose e uffici amministrativi. Tra
la fine del m e l'inizio del 11 secolo a.C. gli atria sono progressivamente sosti-
tuiti da nuovi edifici a carattere-giuridico amministrativo, le basiliche Porcia,
Fulvia-Aemilia e Sempronia (fig. 4).

109
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 4 Roma, area forense: in evidenza gli edifici della prima e media età repubblicana

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Legendo: o= comitium e curio; b = tempio di Saturno; c= tempio dei Castori; d= area delle tobernae
veteres; e = area delle tabernoe novoe et orgentorioe; f = basilico Aemilio; g = vicus Tuscus; h = vicus
lugarius.
Fonte: Gros, Torelli (2010).

La progressiva introduzione nel Foro romano di nuovi tipi di edifici costitui-


sce un modello per la loro adozione nelle colonie, talvolta anche nei rapporti
reciproci tra le strutture. Con gli edifici religiosi, amministrativi e i monu-
menti celebrativi che lo fiancheggiano, le statue e le iscrizioni commemora-
tive, il foro richiama simbolicamente la presenza civile e religiosa di Roma e
riassume i valori della comunità cittadina, le sue memorie, l 'orgoglio della sua
autonomia e contemporaneamente dei suoi rapporti con il potere centrale.
Pur nella varietà delle posizioni nel contesto urbano, delle dimensioni e del-
la disposizione degli edifici, l'area forense si pone spesso all' intersezione di
cardine e decumano massimi dell'impianto ortogonale, occupando più di un
isolato; ha generalmente una pianta rettangolare, dominata dal capitolium e
dalla basilica giudiziaria. La curia, il comitium, il tabularium (archivio mu-
nicipale), l'aerarium (sede del tesoro della città) e il carcer si distribuiscono
negli spazi circostanti secondo un ordine basato non solo su esigenze topo-
grafiche, ma soprattutto su criteri di carattere ideologico o per imitazione di
formule adottate a Roma.

110
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 5 Cosa, area forense (11 sec. a.C.)

Fonte: Gros, Torelli (2010}.

Il foro di Cosa, che riceve la sua più compiuta definizione nel corso del II Assimiliazione
secolo a.C., occupa uno spazio di circa quattro isolati, assieme agli edifici del modello
pubblici che lo circondano. La piazza, cui si accede dal lato nord attraverso della capitale: Cosa
un arco a tre fornici, è bordata da portici e da atria; sul lato lungo orientale
si dispongono la basilica, il comitium a pianta circolare sul tipo di quelli di
Roma, Fregelle (Fregellae ), Paestum e Alba Fucens, e la curia, fiancheggiata da
due ambienti identificabili, in analogia con Roma, con il tabularium e l'uffi-
cio degli edili e dei pretori. Seguono il tempio del foro, dedicato a Concordia,
l'aerarium e il carcer, con la cella ricavata in un ambiente sotterraneo. Sul
lato sud della piazza una serie di pozzetti, analoghi a quelli dei fora di Alba
Fucens, Venosa (Venusia) e Paestum, sono funzionali alle operazioni di voto
del corpo civico (fig. s). Il capitolium non si affaccia sulla piazza, ma si colloca
sull'altura dell'Arx, pur in diretta comunicazione con l'area forense.
A Poseidonia è possibile seguire gli interventi per l'impianto del foro della Impianto
nuova colonia latina di Paestum, dedotta nello stesso anno di Cosa. La nuova del foro
piazza è realizzata a sud dell' agord greca, i cui edifici so n<? ora distrutti e sepol- in un centro
ti. Il foro è dotato di tabernae sui lati brevi e su quello lungo a sud, mentre su preesistente:
quello settentrionale si dispongono i nuovi edifici religiosi, politici e ammini- Paestum
strativi (cap. I, fig. 10 ). La progressiva specializzazione degli spazi dei fori porta
a far emergere frequentemente il capitolium su un lato breve della piazza, cui

111
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 6 Pompei (Pompei~), pianta dell'area del foro h sec. d.C.)

o 30 60m

Fonte: Coarelli (lgBt).

può far da rimando, sul lato opposto, uno dei principali edifici pubblici come
la curia, presente in questa posizione ad esempio a Pompei (Pompeii) (fìg. 6).
Fori e celebrazione A partire dall'età augustea si assiste a un rinnovamento urbanistico della città
della famiglia e in particolare del foro come riflesso del diffuso sentimento di devozione e
imperiale fedeltà verso la famiglia imperiale, che spinge a realizzare monumenti a carat-
tere celebrativo o con vera e propria valenza cultuale. Tra l'età augustea e l'età
giulio-claudia si diffondono le basiliche che, accogliendo piccoli santuari di-
nastici, tendono a disporsi su uno dei lati corti della piazza, di fronte al tem-
pio capitolino o a quello dedicato al culto imperiale, che da questo momento
tende a sostituire il capitolium (infra, par. 2).
Duplicazione Con l'inizio dell'età imperiale si diffonde la tendenza alla duplicazione del-
dei fori in Italia le piazze pubbliche, secondo un processo avviato già in età repubblicana in
e nelle province centri come Palestrina (Praeneste), Terracina (Tarracina) e Ferentino (Feren-
tinum). Ancora una volta Roma, dove il Foro repubblicano è affiancato da

112
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 7 Roma, complesso dei Fori imperiali

Legenda: a= Foro di Cesare; b = Foro di Traiano; c= Mercati di Traiano; d= Foro di Augusto; e= Foro di
Nerva; f =tempio della Pace.
Fonte: Ungaro (2007).

quello di C esare e da quello di Augusto, secondo una moltiplicazione che


continuerà fino a Traiano (fig. 7 ), costituisce il modello per molte città ita-
liche e provinciali, che aggiungono al più antico foro cittadino nuove piazze
(/ora adiecta). A Luni, sul lato orientale del foro, in età giulio-claudia si at-
tua uno degli interventi urbanistici più imponenti della città: sulla rasatura
di un intero isolato viene realizzato un grandioso complesso scenografico,
comprendente un'ampia piazza accessibile dal decumano massimo median-
te un ingresso monumentale con gradinata; sui lati lunghi si allineano due
porticati, mentre su quello breve meridionale si apre un tempio su podio,
fiancheggiato da edifici minori, probabilmente edicole (fig. 8). In modo ana-
logo ad Arles, sull'asse maggiore del foro ne viene aggiunto un secondo, forse
in età tiberiana; la nuova piazza è fiancheggiata sui lati brevi da due esedre
semicircolari, mentre al centro del lato lungo occidentale si erge un tempio
probabilmente dedicato al divo Augusto (fig. 9 ).
La realizzazione di complessi civili e religiosi legati al culto degli imperatori
comporta trasformazioni talvolta radicali nella struttura urbanistica anche
di alcuni centri ispanici, in particolare delle capitali provinciali. In età flavia
Tarragona ( Tarraco) è dotata di un nuovo immenso foro provinciale nella
parte alta della città, che viene ad aggiungersi al foro coloniale nella parte bas-

113
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 8 Luni (Luna), area dei fori

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Fonte: Durante, Landi (2oot1.

114
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FI6URA g Arles (Colonia lulia Areiate Sextanorum), complesso dei fori (età augustea e
tiberiana)

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Font~ Gros, Torelli (2010).

sa. Si tratta di un grandioso insieme monumenrale organizzato su tre livelli:


alla quota più elevata si sviluppa una porticus triplex che racchiude il tempio
dedicato al culto imperiale provinciale; allivello sottostanre si realizza una
vasta piazza anch'essa circondata su tre lati da portici, presumibilmenre sede
dell'assemblea provinciale annuale, e allivello ancora inferiore si aggiunge
un circo, evidenremenre sede dei ludi praticati in occasione delle manifesta-
zioni religiose e politiche che si svolgono nei settori soprastanri. Le altre due
capitali, Mérida per la Lusitania e Cordova ( Corduba) per la Betica, che non
dispongono di una morfologia del suolo movimenrata adatta a sistemazio-
ni altrettanto scenografìche, ampliano lo spazio del foro coloniale con fora
adiecta che orienrano e valorizzano gli assi principali. A Mérida, ad esempio,
collegati dal cardine massimo, vengono a crearsi due poli complemenrari: da
un lato il foro coloniale, affiancato da un'area monumenrale forse inrerpre-
tabile come Augusteum (il cosiddetto foro de marmo!); dall 'altro la piazza al
cui cenrro si erge il tempio votato al culto provinciale dei divi. A Cordova,
infine, medianre lo sviluppo di una vera e propria via sacra si stabilisce una
continuità assiale tra ilforum adiectum, che si estende su quattro isolati a sud
del foro coloniale, e il foro provinciale.

115
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA lO Leptis Magna, pianta del Foro di età severiana con l'ipotesi di Antonino Di Vita
della sua duplicazione

Fonte: Gros, Torelli (2010).

Ancora tra la fine del II e l'inizio del m secolo d.C., il modello dei Fori im-
periali di Roma si riverbera in Mrica a Leptis Magna, dove la volontà di cele-
brare la propria città natale porta Settimio Severo a realizzare un imponente
programma edilizio di cui il nuovo foro rappresenta il fulcro (fig. Io). La
piazza, fiancheggiata da portici sui quattro lati, è dominata su quello occi-
dentale da un enorme tempio esastilo su alto podio dedicato alla nuova dina-
stia. È possibile che una piazza analoga fosse prevista e mai ultimata a est della
prima e che la basilica, in posizione centrale, dovesse svolgere una funzione
di raccordo, dando vita a uno dei complessi forensi più grandiosi in ambito
provinciale.
Graduale perdita Con tempi e modalità diverse da città a città, in seguito alla crisi delle isti·
di centralità tuzioni municipali nel corso dell'età tardoantica, il foro e gli edifici monu-
del foro nella città mentali che vi gravitano non esercitano più il loro ruolo attrattivo, mentre
tardoantica si sviluppano nuovi centri amministrativi e religiosi, come il palazzo sede
dell'autorità civile, il centro episcopale e le chiese principali. Lo spazio pub-

116
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

blico tende, come in altre zone della città, a essere occupato da strutture
private, spesso in materiale deperibile. Ad Acqui (Aquae Statiellae), in Pie-
monte, tra la fine del IV e l'inizio del v secolo d.C., il lastricato della piazza è
asportato e l'area è presto ricoperta di "terre nere" (dark earth) derivanti dal
disfacimento di rifiuti organici, mentre a Egnazia (Egnatia), in Puglia, dopo
il terremoto della seconda metà del IV secolo d.C., nell'area del foro si im-
piantano edifici di stoccaggio e a carattere produttivo che obliterano l'antico
piano pavimentale. A Valencia ( ~lentia Edetanorum) e a Tarragona, nel cor-
so del v secolo d.C., i principali edifici del foro sono abbandonati: nel primo
centro l'area forense è occupata da un cimitero, nel secondo è parzialmente
invasa da un immondezzaio.
In un quadro di popolamento sparso, seguito al drastico calo demografico
verifìcatosi tra v e VI secolo d.C., a Roma i Fori imperiali appaiono ormai so-
vradimensionati e inutili per le nuove necessità, offrendo un campionario dei
possibili usi che in quest'epoca subiscono i complessi monumentali. Il Foro
di Augusto, ali' inizio del VI secolo d.C., è utilizzato come bacino di recupero
di materiale di pregio per conto della classe dirigente senatoria. Nello stesso
periodo, l'aula del Foro della Pace è occupata dalla chiesa dei Santi Cosma
e Damiano, mentre l'area è utilizzata come necropoli. In questo contesto è
tuttavia ancora presente una funzione di rappresentazione civile, come indi-
ca la dedica della colonna in onore di Foca nel 6o8 d.C., ultimo monumento
celebrativo del potere imperiale.

2. Lo spazio del sacro

Nella formazione della città i culti e la sede del loro esercizio svolgono una Ruolo del culto
funzione rilevante come luoghi fondatori di identità, con un progressivo nella formazione
passaggio della gestione del culto dall'ambito privato dei clan a quello della della città
comunità nel suo insieme: nell'viii secolo a.C., con rari precedenti nel IX, i
luoghi sacri collettivi sono segnalati dalla deposizione di materiale votivo in
aree libere da costruzioni, che saranno gradualmente occupate da templi e
santuari, soprattutto dal VI secolo a.C. Anche in ambito coloniale le prime
manifestazioni di culto si basano sull'attività rituale più che sulla struttura-
zione architettonica degli spazi, con semplici altari posti in aree legate ali' ap-
prodo, alla costituzione della nuova comunità o alla precedente frequenta-
zione delle popolazioni locali.
I santuari urbani, definiti da un ampio muro di delimitazione, con edifici e Santuari nelle città
depositi di materiale votivo, sono dislocati in posizioni diverse, ma sempre greche
determinanti nella definizione dello spazio urbano: in prossimità dei limi-
ti dell'abitato, lungo le mura, presso le porte, in collegamento tra l'interno
della città e il territorio circostante. Il santuario principale della città acco-
glie il culto rivolto alla figura divina preminente, che svolge un patronato
particolare e che contribuisce alla definizione dell'identità cittadina (culto

117
L'urbanistica: città e paesaggi

poliadico); proprio a sottolineare il suo ruolo, il santuario poliadico si disloca


sull'acropoli o in altri luoghi rilevanti, spesso prospiciente l' agord o in sua
aderenza. Anche l' agord, pur nella sua specifica funzione politica, accoglie
luoghi di culto, radunando in modo paritetico le divinità funzionali alle atti-
vità della città e gli eroi legati alle origini della comunità. Questi concorrono
alla protezione della polis, rinsaldano il senso di appartenenza e garantiscono
il buon andamento dell'attività politica.
Me gara Iblea appare esemplificativa della varietà dei luoghi sacri nell'area
urbana in epoca arcaica: qui infatti sono presenti molteplici santuari nei
diversi quartieri e sui promontori affacciati sul mare, mentre il principa-
le complesso si colloca isolato sul punto più rilevato del pianoro urbano,
collegato all'agord dall'arteria principale (cap. I, fig. s). In modo analo-
go, nella subcolonia di Selinunte il santuario urbano si staglia anch'esso
in posizione isolata su una terrazza monumentale protesa sul mare, fian-
cheggiato dalla strada principale che conduce all' agord (cap. I, fig. 6). A
Siracusa i due più importanti santuari, uniti dalle vie principali, segnano
i nodi focali di Ortigia, sull'istmo e sul suo punto più rilevato (cap. I, fig.
4). In più stretta connessione con l' agord si dispongono il santuario di
Metaponto, separato dall'area pubblica dalla principale platéia nord-sud,
asse fondamentale del tessuto urbano (fig. I e cap. I, fig. 9 ), e le due aree
santuariali di Poseidonia, a nord e a sud dell'agord (cap. I, fig. w). Nel v
secolo a.C. i centri urbani si monumentalizzano attraverso i santuari con
tendenze verso effetti scenografici: a Elea, Agrigento e Locri Epizefiri i
templi si dispongono in successione lungo le mura e in posizione rilevata
come "corone della città".
Ad Atene l'area dell'acropoli, che in età micenea aveva rivestito un'impor-
tante valenza militare sottolineata dalla poderosa cinta muraria, si trasforma
nel principale santuario urbano e accoglie progressivamente, fin dalle fasi
di costituzione della polis, il culto di Atena e degli eroi primigeni, fino al-
lo smantellamento dell'ingresso fortificato e all'edificazione del tempio di
Athena Nike sull'antico bastione (fig. 11).
Santuari nelle città Anche in Etruria la sede del culto può essere localizzata sull'acropoli della
etrusche città, come a Volterra, con un santuario installato fin dal VII secolo a.C. e
interessato da interventi edilizi che si succedono fino alla seconda metà del II
secolo a.C. Spesso le principali aree sacre che vengono a definirsi insieme alla
formazione stessa della città ne occupano lo spazio interno, come il tempio
di !uno Regina a Veio, il santuario dell'Ara della Regina a Tarquinia o il Tem-
pio grande di Vulci, adiacente all'asse stradale poi ricalcato dal cosiddetto
decumano di età romana. Altri luoghi di culto si distribuiscono in aree mar-
ginali, come i santuari ai limiti del pianoro urbano a Cerveteri (Manganello,
Vignaccia e località Sant'Antonio) o, a Vulci, il complesso a sud-ovest dell'a-
cropoli e gli apprestamenti destinati al culto delle acque all'esterno della por-
ta Est; talvolta, infatti, i santuari si collocano immediatamente fuori delle

118
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 11 Atene (Athéna11. pianta dell'acropoli: al centro il Partenone (tempio di Athena


Parthenos); sulle pendici meridionali il teatro di Dioniso, a est, e l' odéion di Erode Attico,
a ovest

Font~ Lippolis, Livadiotti, Rocco (2007).

porte urbiche, come quello del Portonaccio a Veio, attraversato dalla strada
che conduce al litorale. A Marzabotto le due principali aree sacre, collegate
da un'arteria urbana, si dispongono sulla cosiddetta acropoli e in un isolato
al margine settentrionale della città (cap. 1, fig. 13). Gli edifici e gli appresta-
menti (pozzi, altari) dell'acropoli appaiono connessi con i riti di fondazione,
mentre il tempio dedicato a Tina, integrato nel tessuto urbano, si affianca a
un'area di probabile funzione pubblica e si colloca nel punto di ingresso in
città della strada proveniente da Bologna (Felsina).ln area marginale, il san-
tuario del Fontile è invece legato alle virtù terapeutiche di una ricca sorgente
naturale.
Nelle città puniche le aree sacre trovano spazio ancora una volta in settori Santuari nelle città
specifici: in posizione centrale, in connessione con le aree pubbliche, come puniche
i templi edificati a Kerkouane e a Solunto, o in prossimità delle porte, co-
me il santuario "Cappidazzu" e i sacelli di porta Nord e il tempio del Ko-
thon nei pressi della porta Sud, a Mozia. Nei centri punici della Sardegna
i santuari sono spesso affacciati su promontori, come il tempio di Capo
San Marco a Tharros, oppure prospicienti le aree portuali, come a Olbia. Il
centro di Nora appare esemplificativo dell'articolazione delle aree di culto
all'interno del complesso urbano, strutturate con l'intervento di Cartagine
tra la fine del VI e il v secolo a.C.: alla costruzione (o riedificazione) dell'a-

119
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 12 Nora, pianta della città romana

Legendo: o= via del Porto; b = isolato A-B; c= insu/o A; d= terme a mare; e= santuario di Sa Punta 'e
su Coloru; f =area sacra del colle di Tanit; g =terme centrali.
Fonte: Fabiani, Gualandi (2011).

FIGURA 13 Althiburos. area del tofet in corso di scavo (fine 111 sec. a.C.-n sec. d.C.)

Fonte: Fabiani (2007).

120
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 14 Lindo (Lindos), pianta del santuario di Atena (età ellenistica)

t ,. . ..
Fonte: Bozzoni et al. (2006).

rea sacra del Coltellazzo, posta sull'istmo che collega la punta omonima
ai quartieri urbani, si accompagnano quella del santuario di Sa Punta 'e su
Coloru, sul promontorio rilevato a ovest della città, e quella dell'area sacra
sul cosiddetto colle di Tanit, in posizione più centrale (fig. 12). In area pe-
riferica viene inoltre impiantato il tofet, l'area cultuale a cielo aperto desti-
nara alla deposizione rituale dei resti combusti di infanti e piccoli animali.
Questo rappresenta il santuario più caratteristico dei centri punici dell'area
mediterranea centrale, da Cartagine a M ozia in Sicilia, a Cagliari (Karalis ),
Sant'Antioco, Monte Sirai, Bithia, Tharros in Sardegna, fino ad Althiburos,
in area numida soggetta a forte influenza punica (fig. 13): il santuario si
pone sempre ai margini dell'abitato, secondo una delle poche norme fisse
di urbanistica punica, forse per ospitare i resti di chi ancora non occupa,
per la tenera età, un ruolo socialmente riconosciuto e quindi ai limiti della
comunità urbana.
In età ellenistica si sviluppa un'architettura scenografica che integra il paesag- Santuari ellenistici
gio circostante: le tendenze progettuali che fanno dell'impatto monumentale e impatto
e visivo il tema centrale delle scelte architettoniche sono pienamente osserva- monumentale
bili nei grandi santuari delle città dei regni ellenistici, da dove si diffondono
in tutto il bacino del Mediterraneo. I complessi santuariali si distribuiscono
su terrazze a più livelli, sostruzioni e piattaforme artificiali, movimentate da
ampi porticati. Esempio emblematico di questa architettura è il santuario di
Atena che a Lindos (Lindos) occupa l'acropoli della città, a strapiombo sul
mare (fig. 14): un percorso assiale su scalinate e terrazze fiancheggiate da por-
tici inquadra in una nuova prospettiva il più antico tempio di Atena.

121
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 15 Palestrina (Praeneste), città e santuario (fine 11 sec. a.C.)

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Fonte: D'Alessio (2011).

Modello ellenistico La struttura a terrazze multiple coronate da triportici, sperimentate nelle sue
nei santuari più ampie potenzialità nell'urbanistica di Pergamo, costituisce il modello
romano-italici delle architetture scenografiche dei santuari romano-italici di età repubblica-
na. A Roma, alla fine del n secolo a.C., sul Palatino è completamente ristrut-
turato il santuario della Magna Mater: il rifacimento comporta la sopraeleva-
zione della platea antistante mediante un gigantesco muro in cementizio, che
viene a costituire il fronte di sostruzione delle pendici sud del colle scenogra-
ficamente affacciato sulla valle Murcia e il Velabro. Una delle più significative
testimonianze del valore scenografico degli edifici santuariali è rappresentata
dal complesso sacro dedicato alla Fortuna Primigenia a Palestrina (fig. 15).

122
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 16 Populonia, struttura di terrazzamento delle "logge" con la sovrapposizione


del prospetto ricostruito a integrazione delle parti mancanti (fine 11-inizi 1 sec. a.C.)

Font~ Grassi, Spina, Vattimo (2009).

La successione di terrazze, collegate da rampe, che culmina nell'ampia platea


conclusa da una cavea con tholos e fiancheggiata dai bracci di una porticus,
si sviluppa sul pendio che sovrasta la città e si integra nella ripianificazione
che interessa il centro alla fine del II secolo a.C. Il reticolo di strade e isolati
del tessuto urbano risulta infatti collegato al santuario secondo principi di
assialità e ortogonalità che raccordano visivamente la città con il culto del-
la Fortuna in una prospettiva fortemente ascensionale. Dalla sommità del
complesso l'ampia visuale del visitatore, così come la protezione stessa della
divinità, si estendono alla città e al vasto territorio antistante.
Nelle città affacciate sul mare i santuari sono spesso proiettati visivamente e
simbolicamente verso le aree portuali, in particolare connessione con il culto
di Venere, come divinità protettrice del commercio e della navigazione. È
possibile cogliere tale rapporto nel tempio maggiore del santuario di Terra-
cina (cap. 4, par. 2) e, in modo ancor più marcato, nel santuario di Vene re a
Pompei: l'edificio, monumentalizzato alla fine del II secolo a.C., si affacciava
probabilmente sulle propaggini settentrionali della grande laguna formata
dal Sarno, direttamente accessibile dal mare. Ancora a Venere e al rappor-
to tra la città e il mare sembra riferibile il santuario edificato in posizione
scenografica, su un'ampia terrazza sostenuta da un muro ad arcate, sull'a-
cropoli di Populonia (fig. 16). L'impianto del santuario si inserisce nel più
vasto progetto urbanistico realizzato tra il II e l'inizio del I secolo a.C., che
prende le mosse dalla risistemazione dell'area sacra nella sella intermedia alle
due alture dell'acropoli: dai tre edifici templari qui realizzati un'ampia strada

123
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 17 Nimes (Colonia Augusta Nemausus), santuario della Fontana (età augustea)

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Legendo: o= sala con funzioni cultuali e forse biblioteca; b = portici; c= propileo monumentale; d=
ponti; e= bacino;/= piattaforma con altare; h= teatro.
Fonte: Bejor et al. (2011).

basolata risale il pendio, indirizzando il cammino e lo sguardo verso il sovra-


stante santuario.
Il copitolium a Roma Tra gli edifici sacri che rispondono alle diverse esigenze di culto della co-
e nelle colonie munirà cittadina un ruolo preminente assume a Roma e nelle sue colonie il
tempio dedicato alla triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva. A Roma
l'edificio, risalente al VI secolo a.C., domina dali' alto del Campidoglio il foro
sottostante. Nelle colonie il capitolium, simbolo della religione di Stato, trova
posto nella zona più elevata della città, come a Cosa, o direttamente sul foro,
dove si attesta frequentemente su uno dei lati corti.
luoghi del culto A partire dall'inizio dell'età imperiale i luoghi tradizionali della vita poli ti-
imperiale ca e religiosa divengono la sede privilegiata della trasmissione del messaggio
politico incentrato sulla devozione verso l'imperatore (supra, par. 1). Le for-
me del culto imperiale, esplicite fin da subito in Oriente, sono inizialmente
dissimulate nella venerazione del genius Augusti in Occidente. La centralità
del nuovo culto si riflette nelle scelte topografiche, che privilegiano i luoghi
più rappresentativi, come ad Atene l'acropoli, con il tempietto circolare da-
vanti al Partenone (fig. n), o l' agord civile a Efeso, con il tempio di fronte
al pritaneo, fino a determinare un impatto urbanistico ancor più marcato
come nel sebastéion di Afrodisia (Aphrodisias), che assume le forme di una
strada porticata, conclusa da un tempio su alto podio, in un'area prossima
ali' agord. In Occidente, le città di nuova fondazione o semplicemente rimo-

124
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

dellate accolgono un tempio dedicato a Roma e Augusto o al solo principe


divinizzato che può prendere il posto del tradizionale capitolium sull'asse
del foro, come avviene in molti casi, da Zuglio (Iulium Carnicum) ad Augu-
sta Bagiennorum, da Orange a Vi enne. A Nimes, la cosiddetta Maison Car-
rée, il tempio dinastico dedicato ai figli adottivi di Augusto, Caio e Lucio
Cesare, si erge come un capitolium su un lato del foro, di fronte alla curia.
La nuova valenza cultuale permea anche i santuari dedicati alle divinità lo-
cali. Ancora a Nimes il luogo di culto celtico incentrato su una fonte sacra
è trasformato in un articolato complesso di bacini, portici, sale e teatro, il
santuario della Fontana, dedicato ad Augusto e segnalato sulla collina sovra-
stante dalla Tour Magne, che ingloba una struttura preromana (fig. 17 ). Ad
Avenches (Aventicum) e ad Augst analoga monumentalizzazione coinvolge,
nel corso del II secolo d.C., due aree precedentemente dedicate a culti loca-
li: un grande tempio circondato da portici e un edificio teatrale ad esso col-
legato rappresentano i tratti comuni dei due complessi, che offrono la possi-
bilità di una continuità processionale funzionale alle manifestazioni ludiche
e liturgiche del culto imperiale. Il coinvolgimento di tutta la popolazione in
queste cerimonie periodiche richiede ormai spazi più ampi di quelli offer-
ti dal foro tradizionale: la posizione marginale dei nuovi santuari e la vici-
nanza alle strade che si diramano nel territorio offrono una risposta a questa
nuova necessità. Nelle province africane a partire dall'età antonina sono di
nuovo edificati templi capitolini: a Timgad, dove nel foro era stato previsto
solo il tempio di Traiano, è ora realizzato un grande capitolium in un téme-
nos ampio quanto il foro, immediatamente all'esterno dell'impianto urbano
originario (cap. 1, fig. 44). Tale ripresa sembra ormai sottendere la completa
assimilazione tra la massima divinità e l'imperatore divinizzato, come atte-
sterebbe l'apoteosi di Antonino Pio sul frontone del capitolium di Dougga
(Thugga) (figg. 18-19).
L'impatto che un'importante area di culto può arrivare ad assumere nella Aree di culto
forma urbana, tanto da determinarne lo sviluppo stesso e da costituirne e sviluppo urbano:
il centro gravitazionale, può essere rappresentato nelle sue forme più mo- Baalbek
numentali a Baalbek (Heliopolis) nella valle della Beqaa in Libano (figg.
20-2.1). Qui, il santuario di Giove Eliopolitano, che si impianta su un pre-
cedente santuario ellenistico, si completa dei numerosi edifici che lo com-
pongono (propilei, vestibolo esagonale, grande cortile, tempio di Giove,
tempio di Bacco) tra il I e il m secolo d.C., occupando quasi interamente
la parte occidentale della città, consacrata anche nel nome alla funzione
cultuale.
Con la diffusione del cristianesimo i templi e i luoghi di culto pagani cessano Luoghi di culto
la loro funzione con tempi e dinamiche differenti nelle diverse aree dell' im- pagani durante
pero, attraverso un lungo e graduale processo tra l'inizio del IV e l'inizio del la diffusione
VII secolo d.C. Gli antichi edifici di culto subiscono sorti diverse: possono del cristianesimo
essere demoliti per riutilizzarne i materiali in opere pubbliche o in chiese,

125
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 18 Dougga (Thugga), pianta del centro cittadino

.J.
l

l Capitolium
2 Foro
3 Piazza della Rosa dei Venti
4 Macellum

Fonti?: Slim (2010).

FIGURA 19 Oougga (Thugga), capitolium visto dal foro (seconda metà 11 sec. d.C.)

Fonti?: foto dell'autore.

126
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 20 Baalbek (Heliopolis), santuario di Giove Eliopolitano

Legenda: a= propilei; b =vestibolo esagonale; c= grande cortile; d= tempio di Giove; e= tempio di


Bacco; f =fortificazione araba Ovest e moschea; g = torre Sud araba; h= tempio di Vene re e delle Muse;
i= basilica cristiana.
Fonte: va n Ess (1998).

FIGURA 21 Baalbek (Heliopo/is), veduta aerea del santuario di Giove Eliopolitano

Fonte: va n Ess (1998).

127
L'urbanistica: città e paesaggi

come nella basilica di San Salvatore a Spoleto (Spoletium), le cui strutture


sono edificate con le colonne e le trabeazioni di un tempio dorico; possono
essere abbandonati e rimanere inutilizzati anche a lungo, oppure, secondo
una consuetudine che si afferma soprattutto nel VI e nel VII secolo, possono
essere trasformati in edifici per il culto eucaristico, come a Roma il Pantheon
che, ceduto dall'imperatore Foca a papa Bonifacio III, è trasformato nella
chiesa di Santa Maria e di Tutti i Martiri.
Sviluppo Parallelamente alla destrutturazione degli edifici di culto pagani si svilup-
della topografia pa una topografia cristiana delle città, segnalata da una pluralità di strutture
cristiana della città religiose: sedi episcopali, chiese martiriali e funerarie, chiese con cura di ani-
me, complessi assistenziali, monasteri e chiese private. A partire dal IV secolo
d.C. si struttura una rete diocesana con ritmi diversi a seconda delle aree. Le
chiese episcopali, che nella prima metà del IV secolo assumono forme monu-
mentali solo nei grandi centri come Roma, Ostia, Aquileia, Milano e Treviri,
si diffondono soprattutto nel v secolo d.C. La loro collocazione all'interno
della città non è preordinata, ma segue piuttosto la disponibilità di spazio,
offerto anche dai privati, e l'approvazione degli amministratori.
La rete degli edifici legati al culto cristiano assume un'articolazione partico-
larmente sviluppata a Roma a partire dal IV secolo d.C., contestualmente alle
fondazioni delle prime basiliche suburbane (cap. 4, par. 1), anche con l'im-
pegno diretto di Costantino: in Laterano l'imperatore fa erigere un grandio-
so centro episcopale comprendente la basilica di San Giovanni, il battistero
omonimo, la cappella palatina di Santa Croce in Gerusalemme e il palazzo
sede del papa.

3. Le strade e le fogne

Rapporto fra rete L'impianto delle strade urbane può generalmente seguire lo sviluppo sponta-
stradale e sistema neo dell'abitato, adattandosi anche all'irregolarità del suolo, o può tracciare
fognario gli assi rettilinei di una precisa pianificazione; in ogni caso, con un'efficace
sovrapposizione di funzioni, si accompagna solitamente alla strutturazione
di un sistema di smaltimento delle acque reflue e dei rifiuti liquidi. Nei casi
meno strutturati le acque piovane, quelle di sfioro delle fontane e gli scari-
chi domestici scorrono direttamente sulla sede viaria (strada canale), mentre
porte urbiche e aperture nelle mura ne favoriscono il deflusso. Nei sistemi
più complessi gli scarichi delle abitazioni (primo ordine), confluiti nella
canalizzazione di uscita di un complesso edilizio o di un isolato (secondo
ordine), convergono sugli assi stradali immettendosi in una canalizzazione
di maggiori dimensioni (terzo ordine: fig. 2.2); dove necessario, un grande
collettore terminale (quarto ordine), spesso concidente con un corso d'acqua
più o meno artificialmente irreggimentato, provvede all'evacuazione dell'in-
tero sistema, come la Cloaca maxima a Roma, che drena le acque della valle
del foro da età arcaica, o quello che attraversa Atene già nel v secolo a.C.

128
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 22 Nora, fogne di primo, secondo e terzo ordine

Fontr: Giannattasio (2003).

La città a pianta ortogonale ha progressivamente diffuso nel mondo greco Strade


lo schema basato su un esiguo numero di grandi strade parallele, le platéiai, delle città greche
che arrivano talvolta a superare i 30 m di larghezza, e su un elevato numero
di strade minori, gli stenopoi, perpendicolari alle prime, spesso percorribili
solo da uomini e bestie da soma. Le strade che conducono ai santuari e che
spesso attraversano le agorai sono solitamente le più ampie e talvolta bordate
di gradini che consentono ai fedeli di assistere alle processioni. Agli incroci

129
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 23 Thasos, strada pavimentata presso la porta del Sileno (v sec. a.C.)

Font~ Hellmann (2010).

FIGURA 24 Thurii, La p/oteiaprincipale nord-sud, fiancheggiata da ampi marciapiedi, il cui


impianto risale al v sec. a.C.

Fonte: Malacrino (2010).

130
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FI6URA 25 Kamiros. stenopos in terra battuta

Font(>; Hellmann (2010).

possono dislocarsi fontane e basi per altari, frequenti ad esempio a Naxos, che
pongono la rete viaria sotto la tutela delle divinità.
Le strade urbane di età arcaica e classica di numerosi centri, da Metaponto,
Sibari (Sjbaris ), Naxos, Eloro, Megara Iblea ad Atene, Olinto e Thasos, mostra-
no l'elevata capacità tecnica impiegata nella loro realizzazione: si presentano
infatti ben drenate, profilate, imbrecciate e, nelle forme monumentali, anche
lastricate. Le strade pavimentate fanno parte dell'immagine monumentale
della città di v secolo a.C., con operazioni di spianarnento di sporgenze e av-
vallamenti per ottenere un'omogenea inclinazione: si presentano ad esempio
pavimentate la strada che dal porto conduce ali' acropoli di Argilos in Macedo-
nia, quella della porta del Sileno a Thasos (fig. 2.3), con lastre trasversali per im-
pedire lo scivolamento, o alcune strade di Selinunte e di Thurii (fig. 2.4). Cana-
lette di scolo delle acque meteoriche possono fiancheggiare le strade principali
(Poseidonia, Metaponto, Thurii, Locri Epizefiri, Cuma, Selinunte e Naxos) o

131
L'urbanistica: città e paesaggi

essere inserite nei piani stradali stessi, come a Selinunte, secondo una pratica
che si diffonde in età ellenistica. Le strade secondarie sono in terra battuta,
consolidate con ciottoli, pietrisco, mattoni frantumati e risarcite anche a più
riprese (fig. 2.5). Soluzioni tecniche simili sono progressivamente sperimentate
anche presso i centri indigeni dell'Italia meridionale (Lavello, Serra di Vaglio
e Pontecagnano) e presso le civiltà protourbane e urbane di Lazio ed Etruria.
Strade di Roma Alcune tracce archeologiche consentono di ricomporre la veste materiale delle
e dei centri laziali numerose strade che disegnano la trama della Roma di età regia. Nella secon·
da metà del VII secolo a.C., le pendici nord-orientali del Palatino, presso la
valle del Colosseo, sono percorse da una via glareata, ovvero con un fondo
costituito da ciottoli e ghiaia, mentre, negli ultimi decenni dello stesso secolo,
sul lato est della Regia una strada scende verso l'area del foro; sul lato opposto
è allestita una strada acciottolata che permette il transito di carri leggeri, da
identificare con un tratto della Sacra Via, in seguito pavimentata con massi
spianati di tufo legati da argilla. Alla metà del VI secolo a.C. compaiono lepri-
me associazioni tra strade e canali di drenaggio, come l'ampia via sulle pendici
settentrionali del Palatino sovrapposta a una fogna larga 0,40 e profonda 0,70
m, la cui copertura in blocchi integra la lastricatura stradale (fig. 2.6). Lembi
della viabilità urbana sono attestati in questo stesso periodo a Fidenae, dove
una carreggiata ampia s m è stata attribuita al tratto urbano della via Salaria,
e sull'acropoli di Satricum, con una strada glareata di accesso al santuario di
Mater Matuta. Questa, profondamente incassata nel banco tufaceo per la lun-
ga usura dei carri, riceve diversi interventi di ripristino tra il VI e l'inizio del v
secolo a.C., con imbrecciate di scapoli di tufo e crepidini in opera quadrata.
Strade delle città Anche in Etruria, già nel corso del VI secolo a.C., appaiono comuni i battuti
etrusche stradali delimitati da crepidini e talvolta associati a marciapiedi distinti, cana-
lette di scolo e impianti fognari, come ad esempio a Veio, ad Acquarossa (fig.
2.7 ), a Tarquinia, a Regisvilla e a Roselle. Nell'Etruria padana sono attestate
strade realizzate con consistenti massicciate di ciottoli fluviali, come a Bolo-
gna in età arcaica: una di queste, ampia s.s m, è fiancheggiata da canalette;
un'altra, larga 8 m, raggiunge i 12. m con i marciapiedi laterali. A Marzabotto,
agli inizi del v secolo a.C., gli assi principali della griglia ortogonale com-
prendono una fascia di s m per il traffico veicolare al centro e marciapiedi di
s m ai lati. Le strade sono acciottolate e delimitate da canalette costituite da
muretti paralleli, mentre pietre trasversali consentono l'attraversamento in
caso di pioggia (cap. 1, fig. 13). A Spina, in un contesto ambientale endolagu-
nare, le strade sono realizzate con un costipamento di legna, fascine, pietra-
me e ceramica e sono fiancheggiate da canalette di scolo.
Strade e sistema Nell'assetto canonico delle città romane, basato sulla griglia ortogonale di
fognario nelle città cardini e decumani, le strade principali, talvolta fiancheggiate da marciapie-
romane di, appaiono generalmente pavimentate con basoli, mentre le strade secon-
darie possono mantenere anche a lungo un più semplice piano stradale in
pietrisco o in terra battuta. Già al momento della costruzione delle strade è

132
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 26 Roma, pendici settentrionali del Palati no, lastricato riferito alla Sacra Via (VI
sec. a.C.)

Font~ Cifa ni (2008).

FIGURA 27 Acquarossa, strada con selciato in masselli di tufo e crepidini in opera quadrata
(v1 sec. a.C.)

Font~ Quilici (1999).

133
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 28 Alba Fucens, strada con marciapiedi e attraversamento pedonale

Fonte: Riera (1994).

solitamente predisposta la realizzazione dei condotti fognari: un'iscrizione


di Verona ricorda infatti che i quattuorviri, i magistrati del municipio, fanno
costruire insieme le mura, la porta, le torri e le cloache (ciL v, 3434).
L'agevole evacuazione delle acque bianche e nere e dunque l'orientamemo
e l'inclinazione della rete fognaria possono costituire uno dei fattori deter-
minanti nella scelta del luogo in cui impiantare un nuovo centro urbano:
a Trento, ad esempio, si privilegia un'area in leggero pendio che favorisce
lo smaltimento delle acque verso l'Adige o verso un corso d'acqua corrente
lungo le mura, a sua volta confluente nel fiume. Talvolta le acque reflue pos-
sono continuare a essere canalizzate anche sulla stessa superficie stradale. A
Pompei, accanto a un sistema complesso con fogne di terzo o quarto ordine,
coesistono scarichi privati che, insieme all'acqua di sfioro delle fontane pub-
bliche, scorrono sulle strade in pendenza, rendendo indispensabili alti mar-
ciapiedi e passaggi pedonali sopraelevati, noti anche in altri centri (fig. 28),
e fuoriescono dalla città attraverso appositi sfoghi praticati in corrisponden-
za delle porte urbiche. Nei punti di maggiore affollamento le strade sono
mantenute più agibili mediante caditoie che convogliano le acque reflue nel
sistema fognario sotterraneo (fig. 29 ).
A Nora il vasto progetto unitario di risistemazione delle strade e delle fogne
è attuato solo tra la fine del n e la prima metà del III secolo d.C.: l' irregola-
rità dell'articolazione delle strade costituisce un'eredità dell'assetto punico
e romano-repubblicano, fortemente condizionato dalla linea di costa movi-
mentata e dal rilievo (fig. n). Le improvvise variazioni dell'ampiezza delle

134
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 29 Pompei (Pompeiij, via della Fortuna, inghiottitoio di fogna aperto sulla strada

Fontr: Riera (1994).

sedi stradali sono probabilmente determinate dalla necessità di rispettare i


perimetri irregolari degli edifici preesistenti; alcuni tratti appaiono tuttavia
più regolari, come il raccordo monumentale tra il centro e il santuario di Sa
Punta 'e su Coloru o la via del Porto, fiancheggiata da portici.
I portici costituiscono una caratteristica della viabilità urbana delle città Portici e vie
romane fin dalla tarda età repubblicana, sulla base di modelli ellenistici; le colonnate
grandi vie colonnate monumentalizzano poi, tra il II e la metà del m secolo
d.C., le principali arterie di importanti città delle province orientali dell'im-
pero. Ad Apaméa sull'Oronte la via, ampia con i portici a colonne circa 37
m, costituisce l'asse generatore del piano urbanistico posteriore al terremoto
degli inizi del II secolo d.C. (fig. 30 ), mentre a Palmira (Palmjra) le grandi
vie colonnate, una delle quali conduce al santuario di Bel, svolgono piuttosto
la funzione di introdurre un ordine apparente in un'organizzazione urbana
disomogenea (fig. 31).
Ancora nella tarda età imperiale il buon funzionamento delle strade conti- Strade urbane
nua a garantire anche il funzionamento dei collettori principali. Se esisto- tra continuità d'uso
no esempi precoci di destrutturazione, probabilmente dovuti a specifiche e abbandono
situazioni locali, come a Padova (Patavium) (via San Canzian o) dove un
asse viario e la relativa fogna sono obliterati già nel corso del III secolo
d.C., non mancano casi di segno opposto. La prolungata continuità d'uso
di alcuni tratti viari, infatti, può essere dovuta al rilievo che tali percorsi
hanno continuato ad avere tra l'età tardoantica e l'alto medioevo. A Bre-

135
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 30 Apaméa sull'Oronte, via colonnata (n sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

FIGURA 31 Palmira (Palmyra), vie colonnate (n-metà 111 sec. d.C.); sullo sfondo il santuario
di Bel (1-u sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

scia strade basolate e relativi condotti fognari vengono realizzati ancora nel
III-IV secolo d.C. Nell'area dell'Ortaglia la strada che circondava l'insula
è ripristinata in età tardoantica con un rialzamento di circa mezzo metro

136
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

rispetto ai livelli del lastricato di età romana: il nuovo piano stradale è


realizzato con pietre di piccole dimensioni e frammenti laterizi. In alcuni
centri si continuano a costruire strade lastricate e fogne fino al VI secolo
d.C., come è attestato a Milano e a Ravenna.
La persistenza del reticolo stradale non costituisce di per sé un indizio di con-
tinuità insediativa, ma significa piuttosto che il potere pubblico è in grado di
impedire l'occupazione della sede viaria da parte dei privati e mantenerne la
funzionalità anche quando le aree circostanti da abitative sono divenute agri-
cole. Altre volte le strade o i percorsi che le sostituiscono riducono la propria
ampiezza o sono assorbiti nelle limitrofe proprietà private.

4. l'approwigionamento idrico

La disponibilità di acqua costituisce indubbiamente un requisito impre-


scindibile per la vita di una comunità: la presenza di una qualunque riser-
va permanente di acqua o la possibilità di approvvigionarsene con facilità
guida dunque spesso la scelta del sito adatto all'insediamento.
Spesso è il contesto geologico a favorire determinate aree: nei punti in cui Sorgenti strutturate
il contatto fra strati permeabili e impermeabili si viene a trovare esposto, per la raccolta
infatti, l'acqua freatica fuoriesce spontaneamente, dando origine a sorgenti e il prelievo
che possono poi essere strutturate per la raccolta e il prelievo. Ad Atene, ad
esempio, alla fine del VI secolo a.C. è costruito un bacino lungo il fianco
meridionale dell'acropoli, nei pressi della futura stod ionica del santuario di
Asclepio, e nel secolo successivo è monumentalizzata la fonte Klepsjdra che
sgorgava lungo le pendici nord-occidentali (fig. 32.). A Corinto la successione
di strati di calcare e conglomerato permeabili e di marna impermeabile deter-
mina la formazione di notevoli bacini acquiferi sotterranei che sono captati
attraverso gallerie di drenaggio in grado di far confluire l'acqua verso vasche
esterne: è il caso delle fonti Peiréne inferiore e Glduke a nord dell' agord, della
fonte Lerna, presso il santuario di Asclepio, e della fonte Peiréne superiore
sull 'Acrocorinto (fig. 33).
Anche in vari centri etruschi, come Todi (Tutere), Orvieto e Chiusi
(Clevsi), numerosi cunicoli assolvono a funzioni drenanti e di captazione
della falda idrica. A Chiusi, ad esempio, dove una stratificazione naturale
di conglomerato, sabbie e argille consente la formazione di falde idriche,
una fitta rete di passaggi scavati a più livelli di profondità rifornisce la
città di acqua che può essere attinta attraverso numerosi pozzi (fig. 34).
La semplicità di sfruttamento delle falde affioranti rende estremamente
frequenti le fonti di questo genere, anche con forme meno monumentali:
all'ingresso di Ocriculum, ad esempio, alcuni scalini consentono di scen-
dere dalla via Flaminia in un ambiente voltato, all'interno del quale un
bacino è costantemente alimentato da una vena acquifera; le balaustre in
pietra recano i segni delle funi usate per l'approvvigionamento (fig. 35).

137
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 32 Atene (Athénaij, fonte Klepsydra (v sec. a.C.)

. .. ...:
·~

Fonti!: Tolle-Kastenbein (1993).

Pozzi pubblici Nelle città in cui la falda freatica offre la disponibilità di attingere diretta-
mente ai bacini sotterranei sono piuttosto frequenti i pozzi pubblici, che si
dislocano nei luoghi che meglio si prestano all'uso comunitario: presso i san-
tuari, nelle piazze e ai bordi delle strade, come quelli che si distribuiscono nu-
merosi nei pressi dell'agoni di Atene. I pozzi delle città greche possono avere
pareti nude, talvolta rinforzate da un rivestimento in legno, o rivestite di pie-
tre nelle quali spesso sono ricavati scalini o pedarole che consentono l'accesso
al fondo. Dalla seconda metà del v secolo a.C. inizia l 'uso di rivestire i pozzi
con cilindri di terracotta, più semplici e meno costosi da fabbricare, spostare
e installare. Le bocche in pietra o in terracotta assumono forma diversa, dalle
più semplici, simili all'imboccatura di grandi vasi, fino ai copripozzo in pie-
tra e ai puteali romani in marmo decorati a rilievo.

138
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 33 Corinto (Korinthos), fonte Peiréne superiore, monumentalizzata nel1v sec. a.C.;
pianta delle gallerie di drenaggio

FontP: Tolle-Kasten bein (1993).

Altre necessità parimenti importanti, come la scelta di una posizione natural-


mente difesa, tuttavia, determinano talvolta lo sviluppo di città anche in siti
sprovvisti di risorse idriche. In questo caso i singoli si dotano di riserve priva-
te, mentre la comunità predispone una gamma di sistemi artificiali per la rac-
colta e la distribuzione di acqua: dalle cisterne agli acquedotti, alle fontane.
Le cisterne contengono l'acqua piovana raccolta prevalentemente attraverso Cisterne pubbliche
i tetti delle abitazioni e degli edifici pubblici, per essere poi attinta mediante
pozzi. In Grecia le cisterne pubbliche, scavate nel sottosuolo con sezione a
cono o a bottiglia e rivestite di malta idraulica, possono ampliare la propria
capacità collegandosi attraverso gallerie, come quelle del Kolonos Agordios
di Atene. In epoca classica e soprattutto ellenistica si diffondono le cisterne
di maggiori dimensioni, preferenzialmente a pianta rettangolare, realizzate

139
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 34 Chiusi (C/evsi), cunicoli nel sottosuolo deLLa città in uso fin daLL'età etrusca

Fonte: foto dell'autore.

FIGURA 35 Ocriculum, fontana pubblica suLLa via Flaminia (prima età imperiale)

Fonte: Cenciaioli (2006).

140
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 36 Delo (Oé/os). cisterna presso il teatro (m sec. a.C.)

Fonte: Malacrino (2010).

a blocchi di pietra e dotate di pilastri interni, presenti ad esempio ad Agri-


gento, Siracusa e nell' agorti di Solunto. Nel III secolo a.C., a Delo, la grande
cisterna che raccoglie l'acqua dalla cavea del teatro è coperta da una volta a
botte, sorretta da 8 archi in granito (fig. 36). A Cartagine e in tutta l'area di
influenza punica appaiono invece diffuse le cisterne "a bagnarola", caratteriz-
zate da una pianta rettangolare con i lati brevi curvilinei.
In età romana, parallelamente allo sviluppo delle tecniche costruttive che
ricorrono all'uso di mattoni, malta e gettate in conglomerato, le cisterne
con volta a botte o a crociera si articolano in numerose camere comunican-
ti, talvolta disposte anche su due piani, e possono raggiungere dimensioni
notevoli. Le grandi cisterne pubbliche si conformano alla planimetria urba-
na, costituendo le sostruzioni di edifici pubblici, come a Pompei al di sotto
dei fori civile e triangolare, della basilica o del peristilio del teatro. In modo
analogo, la grande cisterna costituita da dieci vani rettangolari paralleli e co-

141
L'urbanistica: città e paesaggi

municanti di circa 19 x s m, scavata nella collina di Amelia (Ameria), tra il I


secolo a.C. e il I secolo d.C., sostiene e amplia la piazza forense, come anche
le cisterne di Todi (Tuder), costituite da due sistemi separati, ciascuno di
dodici vani allineati, sui due lati lunghi dell'area forense. A Fermo (Firmum
Picenum: fig. 37) la grande vasca di tenuta sotto il foro, realizzata in età au-
gustea e ampia all'interno circa 6s x 2.9 m, è suddivisa in trenta camere in-
tercomunicanti disposte su tre file. La cisterna è alimentata con acqua capta-
ta all'interno della collina e convogliata mediante cunicoli in un condotto
in muratura, dal quale penetra all'interno della vasca mediante tubi fittili;
gli emissari sono costituiti da tubi in piombo e da un cunicolo in muratura.
Poiché all'imboccatura di quest'ultimo termina uno dei canaletti previsti
sul pavimento per le operazioni di pulizia, si può ipotizzare che il condotto
fosse funzionale allo svuotamento totale delle vasche.
Acquedotti Quando invece è necessario convogliare verso i centri urbani l'acqua di un
fiume o di una sorgente dalle zone circostanti, sono realizzati acquedotti in
grado di superare le difficoltà imposte dalla natura dei luoghi con soluzioni
tecniche che si perfezionano nel corso del tempo. La scelta del punto di par-
tenza tiene conto della quota altimetrica della sorgente in modo che l'acqua
possa scorrere dentro le condotte sfruttando la pendenza. Negli esempi più
semplici e antichi sono impiegate tubature in terracotta o in piombo allog-
giate in trincee scavate nel terreno per ottenere la necessaria pendenza, come
quelle in piombo con giunti di pietra all' Artemision di Efeso o quelle in terra-
cotta presso il Dipylon di Atene. Una completa indipendenza dalla morfolo-
gia del suolo nel calcolare la pendenza in direzione della destinazione finale si
ottiene però mediante lo scavo di gallerie nella roccia, aerate mediante pozzi
e percorribili per le operazioni di pulizia e riparazione; condotte di questo
genere sono attestate ad Atene e Samo già in età arcaica e, in età classica, a
Egina (Aigina), Corinto, Olinto, Siracusa e Agrigento. Qui una complessa
rete di condutture rifornisce la città e alimenta con l'acqua in eccesso il gran-
de stagno ornamentale della Kolymbéthra. Un tipo particolare è rappresenta-
to dagli acquedotti a doppia galleria sovrapposta di Atene, Samo e Siracusa
(fig. 38): il cunicolo superiore, tracciato con andamento quasi orizzontale,
è realizzato per primo per stabilire l'inclinazione della condotta inferiore,
con cui comunica attraverso pozzi verticali. Il cunicolo superiore, ritenuto
in passato di semplice servizio, è stato più recentemente interpretato come
canale di protezione nel caso di movimenti e scosse sismiche. L'acquedotto
di Samo, progettato nel VI secolo a.C. dall'architetto Eupalino, conduce in
città l'acqua della sorgente di Aghiddes, a nord delle mura; realizzato parten-
do dalle due estremità opposte, mostra sapienti accorgimenti tecnici nella
correzione della pendenza e nella prevenzione di frane nelle zone a rischio.
Nel corso dell'età ellenistica numerose città si dotano di sistemi di adduzio-
ne dell'acqua: a Pergamo nel n secolo a.C. è allestito un acquedotto aereo
in piombo lungo più di 40 km, sostenuto da grandi blocchi di pietra forati

142
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 37 Fermo (Firmum Picenum), cisterna di sostruzione al foro (età augustea)

Fonte: Polveri ni et al. (1987).

FIGURA 38 Siracusa (Syrakusaij, sezione dell'acquedotto greco a doppia galleria con


ninfeo terminale a coronamento del teatro

J C'6 .bS n1

Fonte: Malacrino (2010).

che, grazie allo sfruttamento delle pendenze e all'accumulo della pressione, è


in grado di alimentare l'acropoli. Accanto allo scavo di gallerie e di condot-
te forzate, dall'età ellenistica inizia anche l'uso di impostare le condutture
su arcate che possono superare valli ampie e profonde e che raggiungono le
forme più grandiose a opera dell'ingegneria romana. Quando il dislivello da

143
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 39 Nimes (Colonia Augusta Nemausus), Pont du Gard (età augustea)

Fonte: foto dell'autore.

superare è partìcolarmente elevato sì sovrappongono fino a tre file dì archi,


come a Lesbo, Mérida o al Pont du Gard di Nimes (fig. 39 ), alto quasi so m e
lungo 275. Tali strutture possono sostenere una o più condotte d'acqua, fino
agli acquedotti di Pergamo, Roma e Lione, che presentano oltre dieci linee
di conduzione.
La terminazione dell'acquedotto in città, nel punto più alto dell'abitato
per garantire una distribuzione uniforme e regolare, è strutturata in epoca
romana mediante un serbatoio ripartitore, il castellum aquae, che consente
di depurare l'acqua riducendone la pressione e di ripartirla nella rete di
condutture che raggiungono terme, fontane pubbliche e lussuosi edifici
privati. A Pompei l'acqua convogliata nel bacino circolare del castellum
aquae attraversa una serie dì griglie di filtraggio per poi essere distribui-
ta con tre tubi dì piombo nelle principali condutture urbane; alla perife-
ria settentrionale di Nimes, dal bacino di distribuzione circolare l'acqua
è convogliata addirittura in dieci direzioni attraverso altrettante bocche
di scarico (fig. 40). Grandi serbatoi terminali consentono talvolta l'im-
magazzinamento dì notevoli quantità d'acqua, come la piscina mirabilis
presso Miseno di età augustea, forse funzionale al rifornimento della flotta
misenate, o i serbatoi dì Costantinopoli, il più famoso dei quali è quello di
Binbirdirek di età giustinianea. I serbatoi sono spesso funzionali a specifici
edifici, come i complessi termali dì Roma, ad esempio quelli delle terme

144
). Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 40 Nimes (Colonia Augusta Nemausus), pianta del castel/um aquae (età augustea)

Fonte Ada m (1988).

di Traiano e di Caracalla, e di Cartagine, come il serbatoio del Bordj el-


Djedid per le terme di Antonino.
I diversi sistemi di rifornimento idrico, dalle fonti alle cisterne e alle condut-
ture, richiedono infine un sistema di distribuzione che, indipendentemente
dalle epoche, si attua attraverso l'apprestamento di punti di prelievo a servi-
zio della comunità.
Le fontane sono collocate di preferenza agli incroci delle strade, con sem- Fontane pubbliche
plici bacini da cui attingere o con forme più complesse. In età tardoarcaica,
la fontana all'angolo sud-est dell'agord di Atene è costituita da un portico
centrale fiancheggiato da vasche (fig. 3), mentre quella nel settore sud-ovest,
più recente, comprende una vasca a L preceduta anch'essa da un portico. Tra
le fontane ancor più grandi, quella al centro di Megara, realizzata nel v secolo
a.C., si compone di una vasca per attingere e di un'ampia riserva posteriore,
percorsa da file di pilastri che sostengono la copertura. In epoca ellenistica le
piccole fontane si moltiplicano non solo agli angoli delle strade, ma anche
integrate a teatri, stadi o stodi, come quella realizzata nella stod sud dell' agord
di Atene alla metà del n secolo a.C. L'età ellenistica è anche il periodo in cui
si diffondono le fontane monumentali che all'aspetto utilitaristico uniscono

145
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 41 Althiburos. fontana con bacino di raccolta in prossimità del foro (età imperiale)

Fonte: foto dell'autore.

quello scenografico, come quella a cascata di Apollonia d'Illiria. Nelle cit-


tà romane le esigenze private continuano a essere largamente soddisfatte da
fontane e bacini, posti con una certa regolarità lungo le strade e agli incroci
(fig. 41 ). A Pompei, ad esempio, le fontane si distribuiscono con distanze che
variano tra i 70 e gli 8o m, garantendo un ambito di rifornimento entro un
raggio di circa 40 m (fig. 42.).
Graduale L'importanza dell'approvvigionamento idrico spinge a mantenere attivi gli
dismissione acquedotti pubblici ancora a lungo, almeno nei grandi centri urbani, co-
degli acquedotti me Roma, Costantinopoli e la Ravenna bizantina, anche se si restringono
in epoca tardoantica progressivamente all'uso di categorie di edifici privilegiati. Nel VI secolo
d .C. Giustiniano costruisce e restaura acquedotti in vari centri e interviene
su quello di Costantinopoli. A Roma, dove il numero degli acquedotti è
drasticamente ridotto in seguito alle crescenti difficoltà di manutenzione
o ripristino e al consistente calo demografico, ancora nell'viii e nel IX
secolo ne sono ripristinati alcuni a servizio delle strutture ecclesiastiche,
come quello di Claudio che alimenta le terme del Lacerano e quello di
Traiano che serve San Pietro. Nei centri in cui le condotte vanno fuori
uso sono nuovamente impiegati i sistemi più semplici: cisterne e pozzi.
Nel v secolo d.C., a Ostia, un pozzo realizzato proprio nel mezzo del de-

146
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 42 Pompei (Pompei/), distribuzione delle fontane pubbliche

Foncane con acqua corrente

o nella rete viaria pubblica

Ambito operativo presunto

FontP: Zanker (1993).

cumano massimo, che evidentemente non riveste più la funzione di arteria


di grande traffico, attesta che i rifornimenti dell'acquedotto sono ormai
definitivamente interrotti.

s. l'igiene della città e degli abitanti

La vita collettiva in città rende indispensabile affrontare problemi legati al


benessere igienico-sanitario della comunità, da un lato provvedendo a smal-
tire rifiuti di varia natura, dall'altro andando incontro a esigenze apparente-
mente legate ai bisogni del singolo, come quelle della pulizia personale e delle
funzioni fisiologiche.
Le dinamiche di smaltimento dei rifiuti urbani, che comprendono gli scar- Smaltimento
ti della vita di tutti i giorni delle famiglie e delle attività domestiche (cibi, dei rifiuti
escrementi, oggetti che hanno esaurito la loro funzione), quelli prodotti da tra discariche
attività artigianali e commerciali (scarti di produzione) e i resti delle attivi- e riciclaggio
tà costruttive (macerie), sono assai complesse e la loro comprensione deve
innanzitutto tenere conto del fenomeno assai diffuso nel mondo antico del
riciclaggio: le macerie possono essere riutilizzate come materiale edilizio, il
legno scartato diviene combustibile, le anfore sono utilizzate nell'architet-
tura o come contenitori funerari, mentre gli scarti di certe attività produt-
tive, come ad esempio quella del vetro, rientrano nel ciclo della produzione;
le sostanze organiche possono infine divenire concime per orti e giardini

147
L'urbanistica: città e paesaggi

urbani ed extraurbani. Lo smaltimento dei rifiuti può avvenire in certe epo-


che e in certa misura entro la città, anche se tale processo si conclude gene-
ralmente fuori del centro urbano mediante collettori scolanti che gettano
all'esterno le acque reflue (supra, par. 3) e attraverso la presenza di strutture
organizzate per il trasporto dei rifiuti solidi in discariche poste nel suburbio
(cap. 4, par. I).
Atene, una gestione Che le strade dell'Atene di età classica fossero ingombre di rifiuti è suggerito
difficile dall'esistenza di leggi che proibiscono l'accumulo di spazzatura in determi-
nati luoghi. Le fonti letterarie, da Erodoto (Storie II, 35) ad Aristofane (As-
semblea delle donne 320-323), attestano l'uso da parte dei greci di defecare
nelle strade o nelle piazze; che questa abitudine fosse assai diffusa sembra
confermato da un decreto di Atene della fine del IV secolo a.C. sulla pianifi-
cazione dell'agoni del Pireo che vieta espressamente questa pratica. Una pro-
fonda fossa (kopron) in un angolo del cortile delle case è utilizzata per la rac-
colta degli scarti domestici di ogni genere e viene periodicamente svuotata da
addetti, posti sotto la responsabilità dei magistrati cittadini, che provvedono,
come è ricordato nella Costituzione degli Ateniesi attribuita ad Aristotele (L,
2), a smaltire i rifiuti in un luogo distante almeno IO stadi dalla città. Come
stabilisce una disposizione cittadina, a Pergamo i proprietari di immobili che
si affacciano sulle strade urbane sono tenuti alla pulizia di un tratto della
strada antistante e a depositare in luoghi deputati la spazzatura, che viene
periodicamente trasportata fuori dalla città da persone incaricate. Come in
ogni tempo, i corsi d'acqua che lambiscono o attraversano la città diventano
veicoli privilegiati di smaltimento dei rifiuti: l'Eridano, ad Atene, secondo
Strabone (Geografia IX, 119 ), era così inquinato da non poter fornire acqua
neppure per il bestiame.
Smalti mento In epoca romana è previsto un sistema di raccolta e trasferimento dei rifiuti
dei riti uti nelle città in discariche pubbliche ali' esterno della città, sotto il controllo di specifici
romane e controllo magistrati: un collegio di quattuorviri, operante sotto la guida degli edili dal
da parte dei III secolo a.C., poi sostituiti dai quattuorviri viarum curandarum sotto Au-
magistrati gusto. La presenza di discariche extraurbane (cap. 4, par. I) non esclude ov-
viamente che ali' interno del centro abitato, negli orti, nei giardini e in genere
negli spazi marginali non costruiti fossero realizzati immondezzai domestici
in cui gettare i rifiuti della vita quotidiana.
Le vie d'acqua interne, fiumi o canali, continuano a svolgere la consueta fun-
zione: a Roma il Tevere costituisce la via più veloce per smaltire i rifiuti ur-
bani e i magistrati riparum et alvei Tiberis, oltre a occuparsi dell'esondazione
del fiume, devono controllare anche le immissioni di varia natura nell'alveo.
Lo sversamento dei rifiuti nei corsi d'acqua è praticato ogni qualvolta se ne
presenti la possibilità: ad Altino (Altinum ), ad esempio, il canale che delimi-
ta a nord l'abitato, già a partire dal I secolo d.C., è gradualmente intasato da
discariche di rifiuti domestici, fino alla definitiva e totale chiusura mediante
l'utilizzo di scarichi selezionati di anfore e laterizi.

148
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

A partire dalla fine del III secolo d.C. e nel corso dei due secoli successivi si Destrutturazione
destruttura il sistema organizzato di smaltimento dei rifiuti e i sistemi fogna- del sistema
ri iniziano a saturarsi. Con una gradualità diversificata, non solo tra città e
città, ma anche nelle diverse aree all'interno dei singoli centri, si assiste alla
diffusione degli immondezzai urbani. Questi invadono le zone che erano sta-
te lasciate libere da costruzioni come quelle di rispetto che fiancheggiano le
mura, si diffondono all'interno dei quartieri abitativi, nei luoghi parzialmen-
te disabitati e infine in quelle che erano state le aree pubbliche e monumen-
tali. Il fenomeno è generalmente diffuso, dai centri iberici alle città dell'Italia
settentrionale a Roma stessa, dove nel v secolo d.C. in modo emblematico il
sistema fognario dell'anfiteatro Flavio si riempie di ceramica e ossa animali,
mentre i rifiuti invadono le aree pubbliche.
Alla necessità dell'igiene pubblica, che riguarda l'intera collettività, si affìan- Igiene personale
ca quella dell'igiene individuale. Se in alcuni contesti la risposta a tali esigen-
ze rimane maggiormente legata all'iniziativa dei singoli, spesso è la comunità
che, con interventi normativi o con la creazione di edifici deputati, se ne fa
direttamente carico.
In Grecia l'igiene personale è effettuata in ambiente domestico attraverso Bagni pubblici
abluzioni parziali o con bagni a immersione entro vasche apposite, mentre
nei ginnasi, dove è consuetudine fin dall'epoca arcaica concludere gli eser-
cizi fisici con lavacri, dal v secolo a.C. è predisposto un ambiente dotato
di vasche lungo le pareti. Da questo periodo bagni pubblici (balanéia), or-
ganizzati secondo uno schema simile, cominciano a diffondersi nelle città
della Grecia (Atene, Eleusi-Eleusfs, Delo) e in Occidente (Megara Iblea,
Elea, Marsiglia).
A partire dalla fine del III secolo a.C., su modello greco, l'uso dei bagni
pubblici inizia a diffondersi anche a Roma, segnando la graduale scom-
parsa del modesto ambiente (lavatrina) destinato all'igiene personale che,
nelle case private, si disponeva presso la cucina. Gli impianti termali si
articolano in circuiti che prevedono il passaggio da ambienti riscaldati,
prima con bracieri e poi con il sistema a ipocausto (che consisteva nel far
circolare sotto i pavimenti e nelle pareti aria calda proveniente da un for-
no-praefurnium), ad ambienti freddi, disposti secondo un percorso assiale:
dall'apodytérium (vestibolo) si raggiunge il caldarium, con vasche di ac-
qua calda e talvolta affiancato da un laconicum per favorire la sudorazione,
si entra nel tepidarium, ambiente di passaggio moderatamente riscaldato
e destinato alle unzioni e ai massaggi, per completare il trattamento con
un bagno freddo nelfrigidarium. Dall'età imperiale, nei grandi comples-
si termali pubblici si riscontra una rigorosa simmetria bilaterale che vede
gli ambienti principali (caldarium, tepidarium e frigidarium) distribuiti in
successione lungo l'asse mediano, mentre apodytéria, palestre, biblioteche
e altri vani accessori, duplicati, si distribuiscono ai lati del corpo centrale,
creando due circuiti anulari.

149
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 43 Roma, latrine di largo Argentina (età imperiale)

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Fonte: Gros (2001).

Latrine Gli edifici termali, anche quelli più modesti, offrono inoltre alla maggior
parte dei cittadini, sprovvisti di servizi privati domestici, la possibilità di
espletare le funzioni fisiologiche con le latrine iforicae) annesse agli impianti.
Gli ambienti che le ospitano, perlopiù a pianta quadrangolare o semicircola-
re, prevedono un lavabo o una fontanella per effettuare abluzioni e, lungo le
pareti, un canale di acqua corrente sopra il quale è impostato un sedile con-
tinuo in pietra o in muratura con aperture circolari; l'acqua corrente sotto i
sedili confluisce poi nella fogna più vicina.
Le latrine annesse alle terme affiancano quelle che si affacciano sulle vie par-
ticolarmente frequentate, come le due che si dispongono alle spalle dell'area

150
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 44 Ostia, latrina su via della Forica (IV sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

sacra di largo Argentina a Roma (fig. 43), e quelle nelle immediate vicinanze
delle piazze, come la latrina all'angolo sud-occidentale dell' agord del Cerami-
co e quella immediatamente esterna all' agord romana ad Atene; sono a servi-
zio dei numerosi frequentatori del foro le latrine di Bolsena ( Volsinii) e Min-
turno (Minturnae) in Italia, di Filippi (Philippoi) in Macedonia, di Khamissa
( Thubursicum Numidarum ), Timgad e Ippona (Hippo Regius) in Algeria, di
Bulla Regia in Tunisia. A Ostia l'area del foro e delle contigue terme appare
dotata di più servizi che si aggiungono nel corso del tempo: una latrina si apre
tra il piazzale delle terme e il cardine massimo, una seconda è ricavata nel IV
secolo d.C. nello spazio di due tabernae, su via della Forica, davanti all' ingres-
so nord delle terme (fig. 44), e una terza infine, realizzata tra il IV e il v secolo
d.C., si affaccia sul cardine massimo, recuperando lo spazio di risulta alle spal-
le di un ninfeo. In linea generale, tuttavia, la dislocazione all'interno degli
edifici termali è preponderante: a Ostia, su una decina di latrine pubbliche di
grandi dimensioni, sei appartengono a complessi termali; a Timgad ci sono
addirittura undici latrine pubbliche per dodici impianti termali.
Le terme pubbliche si diffondono in tutte le città dell'impero come segno le terme
di urbanitas, e nelle forme più elaborate delle terme imperiali caratterizzano nel contesto urbano
i grandi centri, da Cartagine con le terme di Antonino, che occupano sei

151
L'urbanistica: città e paesaggi

isolati nel settore nord-est della città lungo la riva marina, a Leptis Magna
con le terme di Adriano, a Treviri con le terme di Santa Barbara, ali' ingresso
della città presso il ponte sulla Mosella, e quelle di Costantino all'estremità
opposta della città.
All'interno del tessuto urbano le terme si dislocano in funzione delle neces-
sità di specifici settori, disponendosi solitamente, come ben documenta il
caso di Pompei, nei pressi del foro (terme del foro), sulle arterie principali
(terme stabiane e terme centrali agli incroci tra il decumano inferiore e il de-
cumano superiore con il cardine massimo), presso le porte (terme suburba-
ne, all'esterno di porta Marina). A Ostia i tre grandi complessi termali pub-
blici, realizzati tra l'età di Traiano e quella di Antonino Pio, si collocano ai
due estremi opposti e al centro della città: le terme di porta Marina, esterne
alle mura, sono a servizio degli abitanti dei quartieri occidentali e della fa-
scia costiera; le terme di Nettuno, affacciate sul decumano massimo, a bre-
ve distanza da porta Romana, accolgono gli abitanti dei quartieri orientali,
mentre le terme del foro, più grandi e per posizione le più rappresentative
della città, servono i quartieri centrali e i numerosi frequentatori della piaz-
za pubblica.
Il carattere primario che il servizio offerto dalle terme riveste nella vita quo-
tidiana è confermato dall'impegno degli imperatori nella costruzione dei
grandi impianti della capitale: non a caso le terme di Caracalla e quelle di
Diocleziano, le più grandi di Roma, sono edificate a servizio dei quartieri a
edilizia intensiva che si sviluppano rispettivamente a est dell'Aventino e all'e-
stremità di Quirinale, Viminale ed Esquilino. Più piccole e raffinate, le terme
surane e deciane sull'Aventino e quelle di Costantino nella parte sud-ovest
del Quirinale servono invece quartieri più aristocratici.
Le terme pubbliche sono affiancate da più modesti impianti gestiti da pri-
vati per le necessità dei singoli quartieri o di specifiche corporazioni; anco-
ra una volta Ostia offre un quadro abbastanza completo della distribuzione
di tali stabilimenti: solo nella parte indagata ne sono noti almeno undici,
distribuiti nelle diverse aree e particolarmente concentrati nei settori più
popolosi. A Roma, alla metà del IV secolo d.C., i Cataloghi regionari se-
gnalano, oltre alla presenza di ben undici grandi stabilimenti termali, 856
balnea.
Declino Il restauro e la costruzione di nuove terme continua sino alla fine del IV se-
dei complessi colo d.C., per divenire successivamente un fenomeno sempre più episodico,
termali che perdura fino all'alto medioevo con complessi di dimensioni più ridotte
e legati a gruppi sociali privilegiati, tra cui le più alte aristocrazie e la Chiesa,
o a finalità assistenziali. Le difficoltà legate al rifornimento idrico quando gli
acquedotti cominciano ad andare fuori uso, l'elevato costo del combustibile
e il declino demografico delle grandi città determinano infine l'abbandono
di molti complessi, che diventano spesso sede di abitazioni private o di atti-
vità artigianali.

152
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

6. l luoghi dello spettacolo

Teatri, odéia, stadi e palestre costituiscono la dotazione di edifici ludici e


per spettacolo caratteristica della città greca, così come teatri, anfiteatri e
circhi, diffusi in Italia e nelle province, rappresentano uno dei tratti pe-
culiari della città romana. Lo studio della collocazione di tali edifici nella
città antica è un'importante chiave di lettura per comprendere il ruolo
che essi rivestono nella vita cittadina, sia negli aspetti pratici sia in quelli
simbolici, e più in generale i criteri seguiti nella progettazione degli spazi
urbani e suburbani.
Il teatro, come la drammaturgia cui è funzionalmente legato, nasce in Gre- Teatri
eia e utilizza inizialmente strutture lignee; si definisce in età ellenistica nei
suoi elementi costitutivi -la cavea a segmento di cerchio e l'orchestra semi-
circolare o a ferro di cavallo - e si diffonde in tutto il mondo "grecizzato",
dalla Sicilia alla Magna Grecia, all'Asia Minore e in alcune città della Fenicia
(Biblo-Bjblos) e della Mesopotamia (Babilonia-Babylon e Seleucia-Seléukeia
sul Tigri) fino all'Afghanistan (Ai-Kanoum). Nel mondo greco i teatri, come
altri edifici ludici, si dispongono a ridosso dei versanti collinari per meglio
sfruttare la naturale predisposizione di un pendio ad accogliere un grande
numero di spettatori a diversi gradi di altezza: il rapporto tra le strutture per
spettacolo e la città è dunque fortemente condizionato dal contesto ambien-
tale. È quanto è possibile riscontrare nelle realizzazioni più antiche del v se-
colo a.C., con i teatri di ThorikOs, Trachones (Euonymon) e Atene in Attica, o
con il più antico teatro di Siracusa, che adattano le gradinate alla formazione
naturale del terreno, senza assumere ancora la canonica forma semicircolare.
Sulle pendici collinari sono realizzati ancora i grandi teatri costruiti a parti-
re dalla seconda metà del IV secolo a.C., come il Teatro grande di Siracusa
e quelli di Corinto, Megalopoli (Megalopole) di Arcadia ed Aigdi in Mace-
donia; il teatro di Dioniso ad Atene, con ampliamenti successivi, giunge a
occupare una parte sempre maggiore del versante meridionale dell'acropoli,
lo stesso su cui in epoca romana sarà costruito anche l' odéion di Erode Atti-
co (fig. 11). Orientato preferibilmente nel quadrante sud-est e rivolto verso
scenari aperti, il mare o una vallata, il teatro è un edificio tipicamente citta-
dino, che tende a collocarsi, pur con i limiti topografici richiesti dalla tec-
nica costruttiva, in prossimità di importanti luoghi pubblici, come l' agord.
La posizione preminente sul paesaggio urbano conferisce agli edifici teatrali
un impatto scenografìco che, in età ellenistica, ne fa uno degli elementi dal-
le formule compositive più articolate. A Pergamo i vari complessi terrazzati
dell'acropoli si dispongono a ventaglio sul declivio su cui si sviluppa il teatro,
che ne diventa l'elemento di coesione urbanistica (cap. 1, fig. 2 7).
In ambito italico e romano, a partire dall'età tardoellenistica, lo sviluppo di
nuovi sistemi costruttivi consente di creare strutture autoportanti, terrapieni
artificiali e sostruzioni in opera cementizia: la gradinata in forma di semicer-

153
L'urbanistica: città e paesaggi

chio è sorretta da una struttura in muratura costituita all'esterno da una serie


di arcate sovrapposte e all'interno da un sistema di gallerie coperte a volta
che permettono anche una distribuzione più razionale e su più livelli degli
accessi al teatro.
Anfiteatri Dalla fine dell'età repubblicana, con analoghi sistemi autoportanti, iniziano
a essere realizzati anche gli anfiteatri, edifici a pianta ellittica dotati di un'are-
na centrale circondata da gradinate. Utilizzati per i combattimenti gladiatori
e gli spettacoli di caccia agli animali selvatici (venationes), gli anfiteatri sono
ampiamente diffusi in Occidente, mentre in Grecia e nelle province orienta-
li, malgrado la diffusione degli spettacoli cruenti dell'arena, tale tipologia di
edifici appare poco diffusa: è il teatro a essere spesso dotato degli appresta-
menti necessari allo svolgimento di questo genere di spettacoli.
L'adozione delle nuove tecniche costruttive consente di svincolare gli edi-
fici per spettacolo dai condizionamenti orografici, cosicché tutti i centri,
anche in pianura, possono dotarsi di teatri e anfiteatri: un'enorme platea in
calcestruzzo sostiene ad esempio l'anfiteatro Flavio, impostato su un terre-
no instabile. La possibilità di sfruttare situazioni geomorfologiche favore-
voli appare tuttavia ancora determinante: quando se ne offre la possibilità,
infatti, le cavee sono ancora addossate, almeno in parte, a pendii naturali,
con un notevole risparmio nei tempi e nei costi di esecuzione.
Insieme ai più comuni teatri e anfiteatri e in varia associazione, possono esse-
re presenti anche odéia, ovvero edifici per spettacoli musicali (Roma, Verona:
cap. 2, fig. 29, Napoli, Taormina- Tauroménion) e circhi.
Circhi e ippodromi Il circo è generalmente ritenuto la versione romana dell'ippodromo greco:
in entrambi i casi, infatti, le competizioni ippiche si svolgono intorno a una
pista; mentre il primo però non è dotato di strutture permanenti, il secondo,
nella sua forma più compiuta, presenta caratteri monumentali. Il circo più
antico è il Circo Massimo di Roma, collocato nella valle Murcia, tra i colli
Aventino e Palati no, e modello degli altri circhi in Italia e nelle province. Alla
prima sistemazione dell'area, probabilmente già di età arcaica (vi sec. a.C.),
si sostituiscono nel tempo opere in muratura che rimpiazzano gli allestimenti
in legno e che assumono carattere monumentale con gli interventi di Cesare,
di Augusto e con quelli che si succedono nel corso dell'età imperiale, fìno
ai rifacimenti di età traianea. La pista, suddivisa nel senso della lunghezza
dal basamento (spina) intorno al quale girano i carri in corsa, è bordata da
fì.le ininterrotte di gradini impostati su sostruzioni in muratura e disposti
sui lati lunghi e sul lato corto orientale semicircolare. Sul lato corto opposto,
caratterizzato da una curvatura appena accennata, si dispongono i carceres,
ovvero i locali provvisti di cancelli dove i carri pronti alla gara attendono il
segnale di partenza. La continuità architettonica con il Palatino sottolinea
la stretta relazione che lega questo, come gli altri edifici dello stesso genere,
almeno nella loro forma monumentale, con il potere imperiale. Ciò spiega la
sua diffusione limitata in Italia e la connessione privilegiata con la sede del

154
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 45 Milano (Medio/anum), schema urbano e principali edifici di età romana


sovrapposti alla pianta della città moderna

Fonte: Tosi (2003).

potere imperiale, come a Milano (fig. 45). Risultano invece moderatamente


diffusi, anche in considerazione dell'impegno che richiedono, nelle province
occidentali, dalla Gallia all'Mrica, alla Spagna, e in quelle più orientali, dalla
Siria alla Palestina, all'Egitto. Appare spesso manifesto il legame di questa
tipologia di edifici con il culto imperiale, particolarmente evidente nel circo
di Tarragona che si inserisce perfettamente nel complesso monumentale del
foro provinciale (supra, par. 1). Restano sostanzialmente estranee all'adozio-
ne del circo la Grecia e le grandi città della costa dell'Asia Minore, anche se è
opportuno ricordare i grandi circhi di Nicomedia, Salonicco e Costantino-
poli, tutti ancora una volta strettamente connessi con le residenze imperiali.
Tipico dell'area orientale è invece lo stadio in cui si svolgono le gare atleti- Stadi
che e che deriva il nome dall'unità di misura corrispondente alla lunghezza
della pista ed equivalente a circa 18o-2.oo m. I primi stadi presentano forma

155
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 46 Ubama, pianta della città romana

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Fonte: Tosi (2003).

rettangolare ma presto, a partire già dal VI secolo a.C., uno dei lati corti as-
sume un andamento curvilineo; oltre alle funzioni, li distinguono dai circhi
la lunghezza ridotta e l'assenza di sistemazioni interne. Inizialmente privi di
installazioni permanenti per gli spettatori, subiscono una progressiva strut·
turazione con tratti di gradinate in pietra a partire dali'età ellenistica, come a
Epidauro (Epidauros) e Delo, per monumentalizzarsi completamente nel I e
nel n secolo d.C.: quello di D elfi (Delphoi) è dotato di sedili in pietra solo tra
il166 e il177 d.C. Lo sviluppo architettonico dello stadio è ben documentato
nelle città dell'Asia Minore, dove può presentarsi con un solo emiciclo, come
a Perge, Efeso, A izanoi e Aspendos, o a doppio emiciclo, come a Njsa, Laodi-
cea (Laodikeia) al Lico e Afrodisia.
Strutture Gli edifici ludici possono essere inseriti nel contesto cittadino secondo liberi
per spettacolo criteri di opportunità: non vi sono regole seguite in senso assoluto, tuttavia è
nel contesto urbano possibile cogliere tendenze generali a seconda del prevalere di aspetti tecnici,
pratici, urbanistici, scenografici e ideologici, e soprattutto dell'intreccio di
tutti questi fattori, il cui peso varia a seconda del periodo, delle situazioni,
delle tradizioni e delle necessità contingenti. In molte città sono presenti te·

156
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 47 Arles (Colonia lulia Areiate Sextanorum), pianta della città romana

Fonte: Gros, Torelli (2010).

acro e anfiteatro, realizzati contemporaneamente o in momenti successivi:


possono trovarsi entrambi all'interno dell'area urbana (Aosta: cap. I, fig. 37;
Libarna: fig. 46; Alba Fucens: cap. I, fig. p.; Arles: fig. 47 ); il teatro in città e
l'anfiteatro all'esterno (Luni: cap. I, fig. 30; Lucca, Telesia: cap. 2, fig. u); più
raramente il contrario (Peltuinum, Sessa Aurunca), oppure entrambi in area
extraurbana (Spello, Venafro).
I teatri si trovano dunque perlopiù in città; gli anfiteatri si collocano invece
in prevalenza all'esterno sia per la loro mole, sia perché al momento della
loro realizzazione l'impianto urbano è spesso ormai tracciato, sia infine per
poter tenere lontane dal centro folle potenzialmente pericolose. All'esterno
della città si collocano solitamente anche i circhi, ma non mancano casi di
sistemazioni interne come a Tarragona o a Cartagine.
Talvolta gli edifici per spettacolo possono essere riuniti in specifici settori
della città, programmando la creazione di quartieri dedicati a tale funzione,
fin dal momento stesso della fondazione urbana o nel corso di pianificazio-
ni successive: ad Aquileia l'anfiteatro, il circo e forse il teatro sono concen-
trati nel settore occidentale della città, in un "quartiere degli spettacoli" del
quale farebbero parte anche le Grandi terme; ad Aosta teatro e anfiteatro

157
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 48 Carsulae, foto aerea con i principali edifici della città romana

Fonte: Bruschetti (1995).

sono inseriti nella griglia urbana, occupando isolati contigui (cap. 1, fig. 37).
A Carsulae, i due edifici, realizzati a distanza di alcuni decenni nella prima
età imperiale, sono il risultato di un progetto unitario volto alla creazione di
un'area Iudica nel centro monumentale della città, a poca distanza dal foro
e accessibile mediante un diverticolo del tratto urbano della via Flaminia
(fig. 48).
Rapporto tra edifici Una particolare attenzione è rivolta al rapporto tra edifici per spettaco·
per spettacolo lo e rete viaria: si tratta infatti dei luoghi più frequentati della città che
e rete viaria pongono il problema di agevolare l'afflusso e il deflusso di migliaia di
persone provenienti sia dalla città sia dal territorio circostante. Gli edifici
extraurbani sono dunque frequentemente realizzati in prossimità o a di·
retto contatto con importanti vie di comunicazione, spesso vie consolari:
a Fondi, Formia, Minturno, Sinuessa e Santa Maria Capua Vetere (Capua),
ad esempio, gli anfiteatri sono serviti dalla via Appia, mentre a Bologna,
Imola e Parma dall'Aemilia. Talvolta l'accesso all'edificio per spettacolo è
garantito dalla sua vicinanza a più assi viari: a Milano, ad esempio, il circo

158
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 49 Augusta Bagiennorum, pianta della città romana

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Fonte: Tosi (2003).

FIGURA 50 Ordona (Herdonia), pianta della città romana

Fonte: Tosi (2003).

159
L'urbanistica: città e paesaggi

è inserito tra le strade che entrano in città attraverso porta Ticinensis e por-
ta Vercellina. La vicinanza degli edifici a corsi d'acqua navigabili, come a
Padova o Aquileia, fornisce loro un'ulteriore possibilità di accesso, mentre
quelli collocati presso il litorale, come a Pola (Pietas ]ulia Pola), Trieste
(Tergeste), Rimini, Ancona, Albenga (Albingaunum) e Pozzuoli (Puteoli),
di forte impatto visivo per chi si accosta alla città dal mare, possono essere
agevolmente raggiunti dall'area portuale. Gli edifici per spettacolo costru-
iti invece all'interno della città possono essere inseriti nella maglia delle
strade che si raccordano alla viabilità principale, possono disporsi diret-
tamente lungo gli assi più importanti, come a Ostia, a Brescia e a Rimini,
o nelle vicinanze del foro (Augusta Bagiennorum: fig. 49, Rimini, Terra-
cina, Tuscolo-Tusculum, Minturno). Talvolta strade urbane di notevole
importanza si concludono proprio in corrispondenza di teatri e anfiteatri
e appaiono perciò specificamente dedicate alloro servizio: ad Augusta Ba-
giennorum, Libarna, Grumentum e Ventimiglia (Albintimilium) le strade
terminano addirittura in corrispondenza degli ingressi. Molti edifici, per
favorire l'accesso del pubblico sia dall'area urbana sia dal suburbio, sono
realizzati a ridosso o a cavaliere delle mura in prossimità di porte e postier-
le, come avviene ad esempio per gli anfiteatri di Ordona (Herdonia: fig.
so), Teano (Teanum Sidicinum) e Treviri (cap. 2., fig. 2.5), o per i teatri di
Peltuinum (fig. SI) e Ventimiglia. Nel teatro di Saepinum (fig. 52.), come
nell'anfiteatro di Alba Fucens (cap. I, fig. 32.), l'aderenza alle mura consente
di aprire direttamente su queste un accesso agli edifici.
Edifici ludici e ruolo L'inserimento delle strutture per spettacolo nel contesto urbano non ri-
di rappresentanza sponde solo a esigenze funzionali ma anche di rappresentanza, soprattutto
da quando, tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., teatro e anfiteatro si dif-
fondono come simbolo di urbanitas e di raggiunta maturità sociale, econo-
mica e politica dei centri urbani. Accogliendo cicli statuari della famiglia
imperiale, spesso nelle nicchie della frontescena, i teatri divengono uno
dei luoghi del consenso e della propaganda politica. Dalla prima età impe-
riale, inoltre, gli edifici, in particolare il teatro, assumono nuove funzioni
nell'ambito della vita cittadina, divenendo meta di processioni civiche e
religiose o sede di feste pubbliche e di riunioni assembleari amministrative.
Tali motivi inducono a far partecipare questi edifici a una sequenza monu-
mentale dominante, costituita, quando possibile, dall'associazione con il
foro. Ad Arles foro e teatro, realizzati nella prima età augustea a una cer-
ta distanza l'uno dall'altro, sono direttamente collegati dal decumanus che,
posto sull'asse mediano della piazza, sfocia in corrispondenza dell'ingresso
settentrionale del teatro.
Strutture In epoca tardoantica i giochi negli anfiteatri e le corse nei circhi sono molto
per spettacolo popolari presso tutti gli strati della popolazione e le autorità investono som-
in epoca tardoantica me ingenti nell'apprestare intrattenimenti necessari a incanalare il consenso
sociale: il successo politico dipende in modo determinante dall'appoggio

160
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 51 Pehuinum, teatro e tempio h sec. d.C.)

Fonte: Migliorati (2011).

FIGURA 52 Saepinum, pianta della città romana

Fonte: Tosi (2003).

161
L'urbanistica: città e paesaggi

delle fazioni del circo, la cui animosità si risolve in tumulti attestati ancora
nel VI secolo d.C. a Roma, Ravenna e Costantinopoli. A causa dell'opposi-
zione cristiana, delle trasformazioni sociali e soprattutto delle difficoltà eco-
nomiche si assiste alla progressiva cessazione delle rappresentazioni teatrali,
dei combattimenti gladiatori, degli spettacoli di caccia agli animali selvatici
e delle corse circensi e cadono così progressivamente in disuso anche gli edi-
fici che ospitavano quelle manifestazioni, in tempi differenziati da centro a
centro. In linea generale l'abbandono e il degrado di tali edifici iniziano a
partire dalla fine del m e nel corso del IV secolo d.C., per quanto nei grandi
centri il loro uso si protragga fino al v e al VI secolo d.C., anche con atti-
vità di manutenzione e salvaguardia. La defunzionalizzazione determina
spesso l'abbandono, il degrado e la spoliazione, ma altre volte nuove funzio-
ni, come il riuso a scopo militare e difensivo, abitativo, funerario, sacrale o
produttivo, pur senza alcuna relazione con il significato originario, segnano
l'avvio di una nuova fase di vita delle strutture in seno alla città tardoamica
e altomedievale.

7. l quartieri abitativi

Tra le funzioni essenziali che la comunità deve organizzare nella struttura ur-
bana rientra l'assegnazione di spazi adibiti alla dimora privata, come diritto a
una parte dello spazio comune della città. Nella pianificazione urbanistica lo
spazio riservato a ogni unità abitativa all'interno degli isolati è inizialmente
definito a priori, ma le modifiche che intervengono nel corso del tempo, con
differenziazioni, cambiamenti d'uso e ampliamenti, rendono conto dell'ade-
guamento delle aree abitative ai mutamenti economici e sociali della comu-
nità cittadina.
Isolati abitativi Già dalle prime esperienze coloniali degli ultimi decenni dell'vm secolo
nelle città greche a.C. sono presenti i segni di una rigorosa pianificazione dello spazio abita-
tivo, che si articola generalmente in lunghi isolati, definiti dai tracciati viari
e divisi lungo l'asse maggiore da un vicolo di passaggio. All'interno sonori-
cavate file di lotti, gli oikOpeda, entro cui ciascun cittadino realizza la propria
abitazione, come è possibile riscontrare a Siracusa, Naxos o Megara Iblea.
Qui, all'interno degli isolati, la cellula base coincide con un lotto di I I x I I m
o 9,70 x I2,50, all'interno del quale l'abitazione è costituita da un ambiente
unico e polifunzionale ampio da 4,5 x 4,5 a s x s m (fig. 53). Nel corso del
secolo successivo, gli spazi liberi intorno alla casa sono occupati da nuovi
vani, cosicché la struttura dell'isolato appare più densamente edificata, men·
tre presso il settore dell'agoni si sviluppano abitazioni più importanti, nate
dall'accorpamento di più lotti (fig. 54).
La pianificazione di interi quartieri abitativi mostra talvolta le tracce di un
vincolo collettivo nella definizione del piano edilizio generale. A Selinunte
i lotti della ripartizione urbanistica mostrano estensioni complessive di 12

162
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 53 Megara lblea (Mégara Hyblaéa), schema dei lotti del quartiere dell' agorti (fine
vn1 sec. a.C.)

case, muri ~ nrutcure di VIII sec.

Fonte: Gras, Tréziny (1999).

FIGURA 54 Megara lblea (Mégara Hyblaéa), quattro ipotesi di possibili raggruppamenti


dei lotti in età arcaica negli isolati 3 e 6 presso l' agora

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a b c d

Fonte: Hellmann (2010).

163
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 55 Olinto (6/ynthos), pianta di un isolato (B VI) nella città nord (seconda metà
v-prima metà IV sec. a.C.)

Fonte: Hellmann (2010).

x x8 m, o più ampie, di 12. x 2.7, indicando una variabilità di grandezza delle


unità previste nel piano regolatore. Nella prima metà del v secolo a.C., nei
luoghi più rappresentativi della città, i muri esterni delle case sono nuova-
mente impiantati con una tecnica edilizia uniforme che fa ricorso a blocchi
di pietra: l'impiego del materiale da costruzione che presuppone un'orga-
nizzazione di cantiere e di cava controllata o regolata dalla comunità segna-
la l'esistenza di un ampio progetto che usufruisce di un supporto pubblico.
Appare dunque suggestiva l'ipotesi che la polis abbia definito l' impianto di
base a livello di strutture portanti perimetrali, affidando poi ai singoli pro-
prietari, appartenenti comunque a un ceto abbiente, la sistemazione degli
interni, come mostrano anche le pareti divisorie interne in materiale e tec-
niche diversi.
Se alcuni centri, come Atene stessa, rimangono caratterizzati da un im-
pianto urbanistico irregolare, la diffusione dell'urbanistica ortogonale nel
corso del v secolo a.C. favorisce in molti centri l'impianto di isolati abita-
tivi regolari, come è possibile osservare ad esempio in centri della Grecia
del Nord. A Olinto, il quartiere nord, edificato dopo il 432. a.C., mostra
una pianificazione razionale, adattata alle esigenze pratiche del sito (fig.
ss). Gli isolati, definiti dagli assi stradali, hanno una lunghezza di circa 86
m e una larghezza media di 35 m; essi sono divisi lungo l'asse maggiore
da un vicolo di passaggio, che assolve anche alla funzione di aerazione e
di drenaggio e che definisce, di solito, due serie di cinque case-tipo. Da

164
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

queste se ne distaccano alcune di maggiore ampiezza e con pianta più


complessa fin dal momento stesso della pianificazione urbanistica, forse
da riferire a nuclei familiari di posizione sociale abbiente o a specifiche
professioni che richiedono laboratori o installazioni speciali in apposi-
ti locali. Analoga distribuzione regolare dei quartieri di abitazione si ri-
scontra sulle terrazze in cui si articola l'impianto urbano di Priene nel IV
secolo a.C.
In età romana i diversi quartieri abitativi non si distinguono per differenzia- Quartieri abitativi
zio ne di ceto o ruolo sociale: le grandi domus aristocratiche coesistono infatti e status sociale
con abitazioni modeste, come accade a Roma e si può verificare a Pompei, nelle città romane
rendendo evidenti le differenze di status e di ricchezza più per il contrasto
derivante dalla prossimità che per la differenza di quartiere. La particolare
collocazione di certi isolati li rende, tuttavia, esclusivi: la vicinanza alle aree
e agli edifici del potere politico e amministrativo della città, il foro in parti-
colare, infatti, conferisce un valore simbolico e immobiliare che risulta ap-
pannaggio di quanti dispongono di risorse finanziarie adeguate. A Padova,
ad esempio, caratterizzata nel III secolo a.C. dalla diffusa presenza di case-
laboratorio, a partire dal I secolo a.C. e soprattutto dopo la concessione dello
statuto municipale, una vera e propria pianificazione urbanistica prevede la
riconversione a funzioni p rettamente residenziali dei quartieri all'interno
della città, mentre le attività artigianali, ora strutturate in officine specializ-
zate, vengono sospinte in una fascia esterna all'abitato. Le case di maggior
prestigio si sviluppano principalmente in prossimità dello spazio forense, se-
condo un processo riscontrabile anche in altri centri, come Aquileia e Alba
(Alba Pompeia).
Anche a Roma una rigida suddivisione per zone appare poco percepibile:
certamente l'area della Subura popolare e quella delle Carinae residenziale
risultano tra loro molto differenti, ma nel complesso è possibile cogliere una
generale commistione di classi sociali e conseguentemente di modelli abitati-
vi. In epoca repubblicana le ricche residenze dell'aristocrazia che si affaccia-
no sulla Sacra Via sono affiancate da botteghe; mentre in età imperiale, ali' i-
nizio del II secolo d.C., un gruppo di insulae nell'area della stazione Termini,
mostra in modo esemplificativo la stretta vicinanza tra un'elegante domus,
appartamenti in affitto al piano superiore (cenacula), un complesso termale,
forse privato ma di uso pubblico, una Jullonica (bottega per il lavaggio e la
tintura dei tessuti) e file di botteghe con mezzanini in legno come semplice
abitazione degli stessi negozianti.
Se in epoca repubblicana l'ubicazione e l'estensione delle case risultano Spazio per l'edilizia
subordinate alle dimensioni e all'orientamento degli isolati, in epoca im- residenziale
peri al e la necessità di spazio all'interno delle città romane per la realiz-
zazione di ampie e prestigiose residenze porta talvolta all'occupazione di
suolo pubblico o all'assorbimento di più lotti contigui a scapito anche
delle vie divisorie. A Ventimiglia, ad esempio, tra il n e il m secolo d.C.,

165
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 56 Ventimiglia (Aibintimilium), zona del cavalcavia: occupazione del suolo


pubblico (n-m sec. d.C.)

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lnsula VI lnsula

Fonte: Zaccaria Ruggiu (1995).

la ristrutturazione della domus del Cavalcavia nell' insula v comporta l 'oc-


cupazione di metà di un cardine, mentre le insulae 1 e n si fondono in
un unico complesso, occupando e obliterando il cardine intermedio (fig.
s6). Altre volte, settori periferici sono "'forzatamente" urbanizzati, anche
con operazioni speculative, mediante il loro inserimento all'interno del
tracciato delle mura, ottenendo aree pregiate per l'impianto di quartieri
residenziali: è quanto avviene ad esempio a Volubilis (Marocco), dove il

166
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 57 Volubilis. pianta del quartiere nord-orientale (n sec. d.C.)

z{==

Fonte: Zaccaria Ruggiu (1995).

settore nord-orientale delle mura delimita un nuovo e prestigioso quartie-


re regolare, contrapposto alla vecchia città e articolato lungo il decumano
massimo fiancheggiato da portici (figg. S?-s8). Una maglia rigorosamente
organizzata e predisposta per l'impianto delle ampie e prestigiose dimore
della classe dirigente è riscontrabile anche a ftalica in Betica, dove Adria-
no crea nuovi quartieri a nord della città vecchia, compresi in un'area
quadrangolare suddivisa in almeno nove insulae da ampie strade porticate

167
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 58 Volubilis. quartiere nord-orientale lungo il decumano massimo (11 sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

FIGURA 59 ltalica, pianta dell'ampliamento urbano di 11 sec. d.C.

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Fonte: Zaccaria Ruggiu (1995).

168
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

e ortogonali; alloro interno trovano spazio lussuose dimore estese su una


superficie di circa 2.ooo mq (fig. 59).
Quando lo spazio urbano risulta fisicamente limitato, nuovi quartieri resi-
denziali possono dunque svilupparsi in zone prima trascurate oppure ester-
ne alla città, abbattendo addirittura tratti delle mura urbiche. Alcuni cen-
tri offrono esempi di queste diverse soluzioni: a Brescia, dal pieno I secolo
d.C., si assiste allo sviluppo di un esclusivo e prestigioso quartiere residen-
ziale sulle balze sud-orientali del colle Cidneo, non edificato in preceden-
za; a Trento i limiti imposti dall'ansa dell'Adige determinano, dagli ultimi
decenni del I secolo d.C., lo sviluppo di un grande quartiere residenziale
nell'area esterna alle mura a ovest del centro cittadino; a Timgad, infine, do-
po solo un cinquantennio dalla fondazione, i tratti occidentali e meridionali
delle mura sono abbattuti per realizzare case decisamente più ampie di quel-
le del centro.
A Pisa (Pisae) recenti indagini hanno permesso di ampliare la conoscenza del
quartiere a carattere residenziale che si sviluppa tra la tarda repubblica e l'età
augustea nel!' area successivamente occupata da piazza dei Miracoli (fig. 6 o).
Data la scarsa conoscenza dell'urbanistica di Pisa romana, non è certo che
queste domus, di livello medio-alto, si estendessero in una zona decentrata,
come in effetti l'area risulta a partire dall'epoca medievale, ma piuttosto, se
non nel centro fisico, in uno snodo vitale della città, in prossimità dell'Auser
e dei suoi probabili approdi.
Il rapporto tra lo spazio disponibile e la densità della popolazione ecce- Aree ad altà densità
zionalmente alta di Roma e Ostia determina nei due centri la diffusione abitativa: le insulae
di unità pluriabitative a sviluppo verticale. Nella capitale la crescita pro-
gressiva porta alla diffusione di caseggiati d'affitto collocati nei quartieri
più popolari che occupano le valli tra i colli e sono soggetti a inondazioni,
cedimenti e crolli. Nerone favorisce una maggiore regolarità degli isolati
con la creazione di insulae abitative a più piani razionalmente organizzate
intorno a cortili e circondate da portici. Nel II secolo d.C. sono realizzati
a Roma quartieri a insula analoghi a quelli perfettamente conservati nella
vicina Ostia, come le tre insulae rinvenute lungo via del Corso (via Lata),
inserite in un tessuto di strade ortogonali, quella dell'ara coeli, ai piedi
del Campidoglio o, all'inizio del m secolo, quella lungo il clivo di Scauro
sul Celio.
La Forma Urbis, la pianta della città incisa su lastre di marmo, mostra all'ini- L'edilizia di Roma
zio del III secolo d.C. una realtà urbanistica assai differenziata: sono presenti attraverso la Forma
isolati irregolari, come il quartiere che si sviluppa sull' Esquilino presso la por- Urbis
ficus Liviae, cresciuti in modo caotico con strade di ampiezza variabile dove,
tra le insulae dilaganti, sopravvivono come elementi residui poche antiche
domus; altre aree presentano invece insulae e un numero decisamente infe-
riore di domus regolarmente organizzate in quartieri delimitati da strade che
si incrociano ortogonalmente, come certi settori del Gianicolo.

169
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 60 Pisa (Pisoe), piazza dei Miracoli, le domus in corso di scavo (t sec. a.C.-v
sec. d.C.)

Fonte: Alberti, Pari beni (2011).

Edilizia residenziale Nel IV secolo d.C. l'aristocrazia senatoria, libera dal controllo diretto del
in epoca tardoantica potere imperiale che ormai ha disertato Roma e ampiamente sostenuta da
privilegi economici, investe in un'edilizia residenziale estremamente fastosa.
Ne rappresenta un esempio la domus che si sviluppa sulla copertura a terrazza
delle Sette Sale, la cisterna delle terme di Traiano, e che appare caratterizzata
da una successione di sale di rappresentanza dalla complessa architettura che
alterna pareti rettilinee e curvilinee, absidi e volte, secondo il gusto delle ric-
che residenze tardoantiche, alcune delle quali sono ricordate per tutto il IV
secolo d.C. e per gli inizi di quello successivo da Ammiano Marcellino e da
Olimpiodoro di Tebe.
Ricche domus, dotate di peristili, impianti termali e aule absidate, sorgono
nel IV e nel v secolo d.C. anche in altre città dell'impero e con un fasto par-
ticolarmente evidente nella parte orientale.
A Roma tra il v e il VI secolo d.C. il paesaggio caratterizzato dalle lussuo-
se domus si deteriora progressivamente tra abbandoni, continuità, recuperi

170
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

e riconversioni a fini produttivi, seguendo il brusco calo della popolazione


urbana. Con tempi e modi differenziati il processo può essere seguito in altri
centri italici e provinciali: dopo la monumentalizzazione delle ricche resi-
denze nel IV secolo inizia infatti un progressivo degrado nel v secolo, salvo
i centri principali, dove la destrutturazione si compie nel corso del VI ed ec-
cezionalmente agli inizi di quello successivo. A Ravenna, ad esempio, dove
all'inizio del v secolo si trasferiscono la corte imperiale e l'aristocrazia ad essa
legata, un elevato impegno nella ricca edilizia residenziale, come quello pro-
fuso nella pianificazione urbanistica, si mantiene decisamente più a lungo.

8. l quartieri commerciali e artigianali

I fumi, il rischio di incendi, il cattivo odore, lo smaltimento degli scarti di la- Attività produttive
vorazione, la vicinanza alle materie prime giustificano la tradizionale disloca- in rapporto ai centri
zione delle attività artigianali in periferia, presso le porte o subito all'esterno urbani
dei centri abitati, soprattutto per quelle produzioni più consistenti rivolte
al mercato esterno. Ad Atene, ad esempio, i vasai, che avevano occupato a
lungo l'area della futura agord classica, a partire dali' epoca arcaica sono ormai
dislocati presso la porta del Dipylon, tanto da determinare il nome stesso del
quartiere e della vicina necropoli, il Ceramico. Il decentramento delle offi-
cine ceramiche e delle attività di fonditori e fabbri presso le mura e le porte
rappresenta un tratto ricorrente delle città greche (Corinto, Locri Epizefiri,
Taranto, Metaponto) e delle città antiche in genere, per quanto lontane nello
spazio e nel tempo: nel centro punico di Mozia vasai, metallurghi, conciatori
di pelli e tintori si concentrano principalmente nel settore nord della città;
in Etruria, a Populonia, l'attività siderurgica si svolge in un quartiere indu-
striale subito esterno alle mura; nella Padania romana la maggior parte dei
centri sulla via Aemilia, da Forlì a Piacenza, accoglie complessi produttivi
nella fascia periurbana; nelle province romane, infine, da Mérida a Cordova,
a Lione, a Treviri (cap. 1, fig. 4od), i quartieri artigianali e produttivi si rag-
gruppano in aree dislocate alla periferia delle città.
Le attività artigianali destinate a un mercato essenzialmente urbano e che
vendono direttamente i propri prodotti alla ridotta clientela cittadina, al pari
delle altre attività commerciali, sono invece attratte dai luoghi più frequen-
tati e tendono a installarsi lungo le arterie principali. Nell'Etruria padana,
a Marzabotto, le strutture abitative coniugano frequentemente la funzione
residenziale con quella produttiva, indipendentemente dalla posizione topo-
grafica, anche se appare rilevabile una certa concentrazione lungo la pldteia
A (cap. 1, fig. 13). In Grecia un complesso tardoarcaico di portici (stodi) con
botteghe si sviluppa in prossimità dell' agord di Corinto, sulla strada per il
porto del Lecheo; in Sicilia, infine, un lungo isolato a botteghe fiancheggia
il lato orientale dell' agord di Selinunte. Tale invasione, lesiva della "dignità"
degli spazi scelti come sedi rappresentative dei valori politici e religiosi della
L'urbanistica: città e paesaggi

città, è spesso contrastata con maggiore o minore forza. La commistione del-


le funzioni, tuttavia, può essere impedita, frenata o marginalizzata, ma diffi-
cilmente annullata del tutto proprio a causa delle necessità prime del com-
mercio, che richiede il contatto con i possibili acquirenti. È per tale motivo
che nelle città greche le botteghe tendono presto a invadere le agordi, come
accade ad Atene, dove sulla piazza si aprono laboratori di marmorari, bron-
zisti, coroplasti e fabbri.
Piazze civili e piazze La reazione a tale fenomeno trova riflesso nel principio enunciato da Aristote-
commerciali le (Politica VII, 11, 2 = I33Ia-b) secondo cui agord civile e"agord dei viveri" de-
vono essere topografìcamente separate. Spesso si assiste a una specializzazione
degli spazi all'interno della stessa piazza, come è stato ad esempio postulato
per Napoli, dove la pldteia principale dividerebbe il settore alto con funzione
politico-religiosa dal settore basso con funzione commerciale. A Kamarina le
due funzioni appaiono invece distinte in piazze diverse già nel v secolo a.C. in
occasione della ridefinizione urbanistica: mediante lastod occidentale l' agord
è suddivisa in uno spazio lasciato libero a ovest, con funzioni politiche, men-
tre la parte orientale serve piuttosto al commercio e alle funzioni religiose. La
progressiva specializzazione degli spazi pubblici giunge dunque alla duplica-
zione delle piazze e allo sviluppo di agordi specificamente destinate alla fun-
zione commerciale, che assumono spesso la pianta delle agordi tetrdgonoi (su-
pra, par. I). La distinzione delle funzioni appare formalizzata a Mileto, dove
il mercato si inserisce strategicamente alle spalle della stod del porto dei Leoni
e a lato dell' agord settentrionale, a carattere politico (fig. 6I). La conveniente
posizione dell' agord commerciale presso il quartiere portuale, testimoniata
per il Pireo da Pausania (Guida della Grecia I, I, 3), si riscontra anche a Efeso,
dove la piazza commerciale è collegata da un'ampia arteria all' agord civile nel
quartiere residenziale. Il trasferimento delle attività commerciali e artigianali
può essere seguito a Pergamo: qui le botteghe che si aprono nell' agord alta so-
no chiuse in occasione della sua specializzazione in senso religioso e ammini-
strativo e spostate nell' agord aperta nella città bassa nel II secolo a.C. A Pella,
dove le funzioni politiche sono concentrate nel Palazzo, si realizza una sola
piazza, con funzione sostanzialmente artigianale e commerciale: le botteghe
che si affacciano sui portici est e ovest ospitano marmo rari, vasai, coroplasti e
fabbri, mentre quelle sul lato sud sono riservate alla vendita di liquidi; solo il
lato nord sembra destinato al culto (cap. I, fig. 23).
Nei pressi delle agordi commerciali, soprattutto dalla tarda età ellenistica, si
collocano anche edifici per l'immagazzinamento delle merci, in particolare
granaglie. Nelle città di pendio della costa dell'Asia Minore, come Aspendos,
Assos e Pergamo, i portici che si affacciano sulle agordi sono sostenuti da fìle
di ambienti di stoccaggio che si aprono sulle strade che corrono a una quota
inferiore. In altri casi magazzini lunghi e stretti fiancheggiano le piazze o si
trovano in prossimità di queste, come a Morgantina (Morgantine), Kamari-
na, Segesta (Égesta) e, forse, Marsiglia.

172
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 61 Mileto (Mì/étos), pianta della parte centrale della città

Fonte: Hellmann (2010).

Il principio della separazione tra funzioni politiche ed economiche in piazze Commercio


distinte e la pianta chiusa degli spazi dedicati alle attività commerciali, carat- alimentare
teristici delle città ellenistiche, si diffondono anche a Roma e nel mondo ro- nelle città romane:
mano, dove viene elaborato un edificio specificamente dedicato al commer- il macellum
cio alimentare, il macellum. In modo analogo alle agorai ellenistiche, anche
il Foro romano dalla fine del IV e nel corso del III secolo a.C. si libera a poco
a poco dei negozi meno decorosi come quelli dei macellai, sostituiti da quelli
dei cambiavalute. Le attività legate al commercio alimentare sono relegate in
un'area posta a nord-est della piazza, dove è attestata la presenza di un forum
piscarium o piscatorium, con le botteghe del pesce, e di unforum cuppedinis, de-
dicato ai cibi ricercati. È qui che nel2.o9 a.C., tra gli edifici restaurati in seguito

173
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 62 Perge, pianta del mercato e della porta Sud (11 sec. d.C.)

O 10 20 lO '0 50m. t
Fonte: De Ruyt (1983).

all'incendio dell'anno precedente, Livio (Storia di Roma XXVII, II, I6) ricorda
il macellum, ovvero il mercato alimentare. È possibile che il nuovo termine,
sulla cui origine greca, latina o punica sono state avanzate differenti ipotesi,
accompagni l'introduzione di un nuovo tipo di edificio che, in modo simile
alle agordi commerciali ellenistiche, si compone di un cortile quadrangolare
circondato da portici e botteghe. Dopo le più antiche attestazioni a Roma, in
Sicilia (Morgantina) e in vari centri italici (ad esempio Pompei, Alba Fucens,
Ostia e Brindisi-Brundisium), i macella accompagnano con sempre maggio-
re frequenza il rinnovamento urbanistico che caratterizza i municipi d'Italia
dopo la guerra sociale e successivamente il fervore edilizio della prima età
imperiale. Da questo momento si diffondono anche nelle province (fìg. 6l)

174
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 63 Thuburbo Maius, pianta del foro con il macellum Ae gli ambienti annessi Be C
(seconda metà n-inizi 111 sec. d.C.)

0============~40_m

Font~ De Ruyt (1983).

e segnatamente in Africa, caratterizzando il tessuto urbano talvolta fino al IV


e v secolo d.C. Il macellum trova frequentemente collocazione tra gli edifici
pubblici che circondano il foro, così ad esempio in Italia a Ordona, Paestum,
Pompei (fig. 6), probabilmente aAeclanum e Corfinio (Cor:finium), e nelle
province a Ginevra ( Genava ), Sagalassos, Dura-Europos e a Dougga, dove alla
fine del II secolo d.C. il mercato è ristrutturato e messo in comunicazione con
un lato della piazza "della Rosa dei venti", estensione più tarda del foro (fig.
18). Spesso l'edificio si affaccia su una strada importante della città: il cardine
massimo a Bulla Regia, Djemila ( Cuicu[) e Wroxeter ( Viroconium ), un decu-
mano a Filippi e il decumano massimo a Baelo Claudia, la strada dell'Auriga
a Thuburbo Maius (fig. 63). Talvolta il mercato è costruito a una certa distan-
za dal centro amministrativo per servire, ad esempio, aree di più recente ur-
banizzazione, come avviene a Roma in età imperiale con il Macellum Liviae
sull' Esquilino e il Macellum Magnum sul Celio. In alcuni casi la costruzione di

175
l'urbanistica: città e paesaggi

mercati da parte di facoltosi personaggi in aree di nuova espansione è dovuta


ai benefici che questi traggono dalla lottizzazione e dalla valorizzazione dei
nuovi quartieri, come avviene a Leptis Magna in età augustea, con il macellum
e il teatro costruiti da uno stesso personaggio, o a Timgad, all'inizio del III
secolo d.C., con il nuovo mercato di Sertius all'esterno delle mura. In Grecia e
in Asia Minore durante tutta l'epoca romana si è mantenuta la tradizione delle
agorai commerciali, rendendo talvolta superflua la costruzione di un edificio
supplementare a uso ristretto di mercato dei viveri. Ad Atene, ad esempio, in
età augustea le funzioni commerciali sono spostate a est della stod di Attalo,
dove è realizzata un' agord con funzioni commerciali e dinastiche.
Strade delle merci Se il macellum è dedicato esclusivamente al campo alimentare, la vendita di
e dei mestieri altri generi di mercanzie avviene in mercati specializzati o nelle numerose
a Roma botteghe che animano le strade più frequentate. A Roma, ancora all'ini-
zio del III secolo d.C., la Forma Urbis mostra le innumerevoli botteghe che
compongono interi complessi edilizi, anche di grandi dimensioni, o che si
affacciano su strade e porticati. Le varie attività artigianali si raggruppano,
secondo una tendenza certo non esclusiva del mondo romano o dell'età an-
tica, diventando il punto di riferimento per chi desidera acquistare un deter-
minato tipo di prodotto. Gli argentarii (banchieri cambiavalute) si concen-
trano nelle aree prossime al foro e sulla piazza stessa, che dalla seconda metà
del n secolo a.C. è diventata il centro di ogni attività connessa al capitale
e alle finanze; i gioiellieri caratterizzano la zona sotto le scalae che salgono
al Palatino, chiamate appunto Anulariae, mentre, sempre a sud del foro, la
fitta presenza di profumieri connota il vicus Unguentarius, la strada dietro
la Basilica Iulia, e il vicino vicus Thurarius. Quest'ultimo è il nome con cui
in età imperiale è conosciuto il vicus Tuscus, rinomato soprattutto per le nu-
merose rivendite di abiti e stoffe: nelle botteghe che si aprono direttamente
sulla strada o nei complessi adiacenti sono presenti, tra gli altri, i vestiarii
de horreis Agrippianis, i vestiarii tenuiarii e i purpurarii. Nel vicino Velabro
è diffusa la vendita di generi alimentari come attesta la presenza di fornai
(pistores), macellai (lanii), venditori di olio (olearii), commercianti di vetto-
vaglie e vino (negotiatores penoris et vinorum, vinarii) e produttori e venditori
di formaggi: Velabrensi massa coactafoco (formaggio affumicato del Velabro).
Nel quartiere hanno sede anche arti e mestieri: possiamo ricordare i mercanti
di perle (margaritarii), la cui attività si svolge nella porticus Margaritaria;
gli argentarii che, insieme ai negotiantes boari, all'inizio del III secolo d.C.,
fanno erigere il noto ingresso monumentale in onore della famiglia di Setti-
mio Severo, e ancora le attività ben più modeste dei chiavari (clavarii) o dei
baullari (capsarii). Tutta la zona gravitante sul foro è poi famosa per le me-
retrici, assidue frequentatrici della piazza, del vicus Tuscus e della Sacra Via,
mentre rinomati postriboli sono impiantati nel vicino Velabro. Le botteghe
si addensano anche presso i templi, quasi a trovare sostegno nella protezione
sacra delle divinità tutelari. La vicinanza di botteghe ai luoghi di culto è un

176
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 64 Ostia, via dei Balconi, fila di botteghe aperte sulla strada (prima metà 11 sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

fenomeno ampiamente attestato a Roma dove gli artigiani indicano spesso la


loro attività facendo riferimento a un tempio: i barbieri, ad esempio, si con-
centrano presso il tempio di Flora, mentre un Apollo Sandalarius è venerato
nel quartiere dei fabbricanti di sandali.
Interminabili file di tabernae fiancheggiano per lunghi tratti anche le vie Tabernae
principali di un centro commerciale per eccellenza, Ostia, dove convergono e case-bottega
i mercati di scala "mondiale" (fig. 64). L'ambiente a diretto contatto con il
pubblico si affaccia con un'ampia entrata sulla strada o è rivolto verso cortili
interni di edifici più articolati, come ad esempio il Caseggiato dellarario, rea-
lizzato all'inizio del II secolo d.C., in prossimità del foro: le botteghe si apro-
no sia sulle due strade che delimitano l'edificio, sia sui quattro lati del cortile
a cui si accede dal decumano massimo (fig. 6s). I locali in cui gli artigiani e
i piccoli commercianti svolgono la propria attività produttiva e commercia-
le sono spesso utilizzati anche come dimora: la vita domestica e lavorativa
di una moltitudine di persone di modeste condizioni economiche si svolge
dunque all'interno della casa-bottega. Lo spazio abitativo è solitamente rica-
vato su un soppalco o mezzanino, la cosiddetta pergula. Talvolta la taberna
può presentare un ambiente sul retro, variamente utilizzato come magazzino,
spazio abitativo o anche come laboratorio artigianale nei casi in cui all'atti-
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 65 Ostia, le botteghe sul cortile del caseggiato del Larario (prima metà 11 sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

vicà di vendica è affiancata anche un'attività produttiva. Non mancano casi


di botteghe dotate di più ambienti, organizzati in un vero e proprio apparta-
mento, evidentemente a uso di commercianti più facoltosi: a Ostia possiamo
ricordare, ad esempio, il Caseggiato delle crifore, della metà del II secolo d.C.,
che prevede unità composte da una bottega fornica di mezzanino, aperta sul

178
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

decumano e collegata a un retrostante appartamento su due piani, cui si ac-


cede anche da un ingresso indipendente sulla retrostante via delle Trifore.
Anche un centro minore sulla rotta tra Cartagine e Ostia come Nora mostra
la vivacità delle attività commerciali che si concentrano lungo la via che dal
centro cittadino conduce all'approdo principale. Un isolato (A-B), realizzato
all'inizio del II secolo d.C., si compone di tre unità edilizie, comprendenti
ciascuna una bottega affacciata sulla strada e un ambiente retrostante desti-
nato ad abitazione o magazzino (fìg. 12). Nel corso del III secolo d.C., con
la monumentalizzazione della strada, lastricata e bordata di portici, la voca-
zione commerciale del quartiere è confermata dalla costruzione dell' insula
A, in un'area precedentemente occupata da attività metallurgiche. L'edificio,
ampliato e completato nel secolo successivo, si articola in una corte centrale
su cui si distribuiscono ambienti usati come magazzini, mentre botteghe con
ampie porte e retro bottega si aprono direttamente sul portico della strada.
Nei centri a vocazione pastorizia riveste particolare importanza il luogo de- Mercati del bestiame
putato al mercato del bestiame caprovino, il forum pecuarium, quasi sempre
posto sotto la tutela di Ercole, divinità garante delle transazioni commerciali
e in particolare di quelle legate alla pastorizia. I fora pecuaria si localizzano
assai frequentemente in area extraurbana, come è accertato o supposto ad
esempio ad Aquileia, Tivoli (Tibur), Palestrina e Ferentino. Una posizio-
ne esterna, a non grande distanza dalle mura urbiche e in vicinanza di una
sorgente d'acqua, appare funzionale non solo per motivazioni igieniche ma
anche per la possibilità di un collegamento più diretto con le vie di transu-
manza, che dalle aree di pianura risalgono verso i pascoli di montagna (cap. s.
par. 1). Più raramente il foro pecuario è localizzato all'interno del centro ur-
bano come ad Alba Fucens e Saepinum e a Glanum nella Gallia Narbonense.
I mercati del bestiame non sono sempre facilmente riconoscibili se non per
la presenza di apprestamenti apparentemente funzionali alla raccolta degli
animali, come avviene ad esempio nel complesso di Alba Fucens, databile alla
prima metà del 1 secolo a.C. Qui un'ampia piazza rettangolare, accessibile
anche mediante uno scivolo che facilita il passaggio delle greggi, è fiancheg-
giata da doppi portici ed è coronata sul lato breve di fondo da un sacello in
cui era collocata la statua di culto di Ercole Salarius: un chiaro riferimento
al sale, la materia prima indispensabile nelle pratiche dell'allevamento e nella
produzione del formaggio.
Nella sequenza dei passaggi dalla produzione al trasporto, alla distribuzio- Magazzini
ne, alla conservazione e alla vendita delle merci, assumono un ruolo fon-
damentale i magazzini (horrea). I due tipi principali sono costituiti da una
successione di ambienti organizzati intorno a un cortile porticato centrale,
secondo il modello ampiamente attestato a Ostia, oppure da grandi aule
suddivise in navate da pilastri, diffuse in Italia settentrionale e nella regio-
ne danubiana in epoca tardoantica. I magazzini sono collocati in particolare
nei centri di consumo, le grandi città in genere e Roma in particolare, ma

179
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 66 Ostia, magazzini nel contesto urbano

--------......_
A H J
'
TRASTEVER.E OSTIENSE

c o
"

\.:.':.:..:.:.. . .. . ..

Legenda: a= cd. Magazzini repubblicani; b = antoniniani (età antonina); c= del Sebazeo (età traianeo-
adrianea); d= di Hortensius (età giulio-claudia); e = dell'Artemide (età traianeo-adrianea; f = v l, 2
(età giulio-claudia); g = 1 Xlii, 1 (età traianeo-adrianea); h= IV v, 12 (età giulio-claudia); i= 111 Il, 6 (età
traianeo-adrianea); l= 111 XVII,l (età traianeo-adrianea); m= 111 (età traianeo-adrianea); n= 111 xx. 2 (età
giulio-claudia); o= 1 xx, 1 (età traianeo-adrianea); p= dei Mensores (età traianeo-adrianea); q= Epa-
gathiana (età antonina); r= 1 VIli, 2 (età traianeo-adrianea); s =Piccolo mercato (età traianeo-adrianea);
t= caseggiato dei Misuratori del grano (età traianeo-adrianea); u = Grandi horrea (età giulio-claudia,
antonina e severiana).
Fonte: Pellegrino (2011 ).

anche, per gli ultimi secoli dell'impero, le nuove capitali Sirmio (Sirmium),
Treviri e Milano, dove si dispongono preferenzialmente in prossimità di
grandi arterie viarie o di vie fluviali. A Milano, ad esempio, edifici di imma-
gazzinamento si distribuiscono in prossimità di una via navigabile e lungo
la strada che attraverso il passo Spluga conduce alle regioni dell'alto Reno e
dell'alto Danubio. Funzionano da centri di raccolta con ampi magazzini an-
che i punti di passaggio tra diversi sistemi di trasporto, da quello marittimo
a quello fluviale o a quello terrestre, come Pdtara e Andriaké sulle coste della
Licia, Aquileia in Cisalpina, dove gli horrea si dislocano lungo il porto flu-
viale, e, soprattutto, Ostia. Con la sua funzione di importante centro com-
merciale, la città alla foce del Tevere ce ne offre l'esempio più articolato. Tra
i magazzini, realizzati tra la prima e la media età imperiale, si distinguono
quelli di grandi dimensioni, adibiti alla conservazione delle scorte alimen-
tari da inviare a Roma, e i depositi minori per il consumo locale (fig. 66). I
primi si dispongono prevalentemente nella parte settentrionale della città,
prossima al porto fluviale lungo il Tevere, per favorire il carico e lo scarico
delle merci; in particolare, il gruppo dei magazzini a nord del foro sono im-

180
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

piantati in età adrianea, secondo un preciso piano regolatore, venendo così


a costituire il quartiere dei docks presso il fiume. I magazzini per il consumo
interno sono distribuiti invece senza una localizzazione preordinata, prin-
cipalmente nei quartieri popolari della parte meridionale della città. Dopo
gli ultimi interventi di restauro dell'età severiana, dal m secolo d.C. in poi
non vengono costruiti nuovi magazzini né sono restaurati quelli già esisten-
ti; molte botteghe, dalla metà del secolo, sono gradatamente abbandonate e
la città perde la sua connotazione commerciale per trasformarsi in un quieto
e più ridotto centro residenziale. Non si tratta certamente della fine dei traf-
fici mercantili, che si sono solo spostati nel vicino centro di Porto (Portus),
sviluppato intorno alle strutture portuali di Claudio e di Traiano, e che con
i suoi magazzini manterrà vivi ancora per tutta l'età tardo antica i flussi com-
merciali tra il Mediterraneo e Roma.

g. La città dei vivi e la città dei morti

Le necessità della vita sociale non si concludono con la vita stessa, ma anche
la morte richiede che la comunità trovi forme e soluzioni che rispondano da
un lato alla gestione degli spazi fisici, dall'altro alle concezioni relative all' ol-
tretomba e alle esigenze della memoria.
Nel mondo greco, con la formazione della polis, che avviene in modi e Formazione
tempi diversi, inizia in genere a delinearsi una divisione tra spazi dei vivi della p6/is ad Atene:
e spazi dei morti. Ad Atene le necropoli all'interno dell'area dell'insedia- spazio dei vivi
mento, in uso fin dall'età submicenea, sono progressivamente abbandona- e spazio dei morti
te a partire dalla fine dell'viii secolo a.C., mentre le nuove aree sepolcrali
esterne sono recintate per sottolineare ulteriormente la distinzione dello
spazio dei vivi da quello dei defunti. Con il VII secolo a.C. scompaiono
così le sepolture dall'area che diventerà l' agord nel corso del VI secolo a.C.,
mentre si specializza a uso necropolare l'area più occidentale: la necropoli,
denominata del Ceramico per la vicinanza delle officine artigianali, pre-
senta un'organizzazione progressivamente più ordinata delle tombe, orien-
tate secondo gli assi delle strade che l'attraversano e non più raggruppate
solo in base ai legami familiari. Nel corso del v secolo a.C. le necropoli si
distribuiscono in corrispondenza di tutte le porte della città: a sud la ne-
cropoli del Falero, con le tombe aggregate in gruppi, ciascuno caratterizza-
to da aspetti particolari del rituale funerario; a nord-est un'area sepolcrale
con sepolture a nuclei corrispondenti a gruppi familiari spesso racchiuse
da recinti; a nord-ovest la necropoli del Ceramico, che si sviluppa tra la
strada per il Pireo e quella per Eleusi e risulta suddivisa in tre settori, con
un'articolazione in terrazze. Gli spazi appaiono organizzati con precisio-
ne, con monumenti funerari a tumulo, recinti e stele orientati secondo gli
assi viari principali e quelli secondari interni alla necropoli. Stele, edico-
le, loutrophoroi (vasi per l'acqua lustrale, utilizzati anche nelle cerimonie

181
L'urbanistica: città e paesaggi

funebri) e crateri marmorei ornati da grifi, talvolta collocati su colonne,


sono posti sulla sommità delle tombe o allineati sul fronte principale dei
recinti.
Localizzazione Anche in Sicilia e nella Magna Grecia le necropoli costituiscono la proie-
delle necropoli zione della città nel territorio, disponendosi lungo le strade, anche per tratti
nelle città di Sicilia estesi, associate talvolta a piccoli santuari a carattere funerario. La situazione
e Magna Grecia di Poseidonia, tra le meglio note, mostra una prima area di necropoli cor-
rispondente al momento della fondazione, immediatamente a nord dello
spazio urbano, con una fitta concentrazione di gruppi di tombe molto rav-
vicinate separate da brevi intervalli; la necropoli che si sviluppa a sud della
cinta muraria all'inizio del v secolo a.C. mostra invece rigorosi criteri di pia-
nificazione per lo sfruttamento intensivo dello spazio, con tombe di uguali
dimensioni distribuite in file regolari e parallele distanti tra loro un metro e
mezzo, delimitate da una ramificazione della strada che collega la città con la
parte meridionale del suo territorio.
Localizzazione In Etruria, durante l'orientalizzante, le tombe a tumulo segnalano le sepol-
delle necropoli ture delle famiglie maggiorenti, di preferenza in luoghi dominanti e serviti
nelle città etrusche dai tracciati viari che collegano l'abitato principale con i piccoli centri spar-
si. I tumuli isolati nella campagna marcano il possesso delle terre da parte
dell'aristocrazia. Dalla prima metà del VI secolo a.C. le necropoli mostrano
una programmazione degli spazi che riflette anche topograficamente l' orga-
nizzazione delle città: a Cerveteri, nella necropoli della Bandi taccia, l'area
precedentemente occupata da cumuli di grandezza diversa è interessata sul
finire del VI secolo a.C. da un consistente intervento di regolarizzazione,
con tombe a pianta quadrangolare disposte lungo vie rettilinee, parallele e
perpendicolari tra loro. Anche la necropoli di Crocifisso del Tufo a Orvieto
mostra un'organizzazione planimetrica regolare con strade impostate su assi
ortogonali su cui si affacciano le tombe a camera con pianta rettangolare rag-
gruppate in "isolati". Nei centri interni dell'Etruria meridionale che si svilup-
pano sui pianori tufacei, come Norchia, Castel dell'Asso, Sovana, le pareti di
roccia circostanti l'abitato accolgono, già dall'età arcaica, ma soprattutto in
età ellenistica, grandiose tombe rupestri a facciata architettonica; allineate su
più file lungo percorsi viari, evocano ancora una volta l'ambiente cittadino.
Spesso le aree di necropoli sono collocate in zone che non rivestono partico-
lare interesse funzionale nell'economia della città: così a Spina si sviluppano
lungo il cordone di paleodune prospiciente l'antica linea di costa che separa
l'abitato dal suo litorale, lasciando supporre che le terre a monte fossero in-
vece destinate allo sfruttamento agricolo. A Populonia le tombe a camera a
ipogeo della necropoli ellenistica delle Grotte sono scavate nei fronti della
cava di panchina utilizzata nei secoli precedenti e ormai abbandonata (fig.
67 ); numerose tombe a fossa sono scavate nel terreno di riempimento della
cava stessa.
Separazione Il precetto di separare lo spazio dei morti da quello dei vivi, comune a tut-
degli spazi tra vivi
e morti a Roma:
182
un antico precetto
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 67 Populonia (Pupluna), necropoli delle Grotte, tombe a camera scavate sul
fronte di cava (fine IV-metà 11 sec. a.C.)

Fonte: Romualdi, Settesoldi (2009).

te le civiltà antiche e praticato a Roma fin dalla sua fondazione, è normato


dalle XII Tavole, il codice di leggi scritte redatto verso la metà del v secolo
a. C. In epoca arcaica le necropoli si dislocano all'esterno delle Mura servi an e,
mentre costituisce un fatto eccezionale, attestato dalle fonti, la possibilità di
seppellire personaggi illustri (dari viri) all'interno del centro urbano. Tale
usanza sembra riguardare talvolta anche i membri delle famiglie aristocrati-
che sepolti all'interno delle proprietà domestiche che, con il mantenimento
della vicinanza topografica, intendono sottolineare il senso della continuità
familiare: dal III secolo a.C., tuttavia, con questa stessa funzione ideologica,
è introdotto l'uso di realizzare sepolcri familiari all'interno delle proprietà
fondiarie esterne alla città; il prestigio delle sepolture è poi accresciuto se
queste si dispongono in prossimità di assi viari di grande traffico.
La visibilità offerta dalle vie più frequentate e la possibilità di celebrare la Necropoli lungo
memoria dei defunti presentando i sepolcri caratterizzati da una certa mo- le strade suburbane
numemalità alla vista dei viandanti sono infatti particolarmente ricercate nel delle città romane
mondo romano, dove le necropoli tendono a disporsi di preferenza lungo i
tronchi suburbani delle principali vie che si dipartono dalla città. Tra la metà
del I secolo a.C. e la metà di quello successivo si diffonde la tipologia del
colombario, un sepolcro di tipo comunitario con loculi su più piani offerti
da un dominus a tutti i membri della propria familia, comprendente schiavi,
liberti e dipendenti.
Se le strade consolari all'uscita da Roma offrono gli esempi più completi e
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 68 Ocriculum, via Flaminia all'ingresso in città, fiancheggiata da monumenti


funerari di tarda età repubblicana-prima età imperiale, del tipo a torre e a tamburo

Fonte: foto dell'autore.

talvolta particolarmente monumentali delle diverse tipologie di sepoltura nel


più ampio arco cronologico, la necropoli di Isola Sacra lungo la strada tra
Ostia e Porto si caratterizza come l'espressione di un tipico ceto medio di
artigiani, bottegai, commercianti, professionisti, spesso li berti o di estrazione
libertina: gli edifici familiari a camera quadrata, spesso preceduti da un recin-

184
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 6g Aquileia, sepolcreto della cosiddetta via Annia (fine r-m sec. d.C.)

Fonte: Bertacch i (lgSo).

roe con facciate in laterizio architettonicamente elaborate, si addossano l'u-


no all'altro a schiera, fino a formare fronti divisi in gruppi e separati da viot-
toli e aree libere. lnumazioni più modeste sono presenti in tutte le zone non
occupate e in particolare in una vasta area alle spalle delle tombe a camera.
In ogni città dell'impero le sepolture fiancheggiano le strade anche per al-
cuni chilometri a partire dalle porte urbiche, per tre chilometri ad esempio
a Bologna, e occupano una fascia di terreno di poche decine di metri di lar-
ghezza: lungo il margine stradale si dispongono soprattutto grandi monu-
menti funerari e segnacoli di un certo pregio (figg. 68-69 ), mentre, nascoste
da questi, si trovano sepolture più modeste, con semplici lapidi o prive di
strutture di riconoscimento fuori terra. L'organizzazione funzionale delle
aree di necropoli è testimoniata ad esempio a Rimini, dove uno stradella
largo circa 2. m con il fondo di pietrisco, calcinacci e frammenti fittili corre
parallelo alla via Flaminia a circa 2.0 m di distanza, vero percorso interno
all'area sepolcrale e ulteriore riferimento lineare per le sepolture più lontane
dalla strada.
Le aree di necropoli prevedono uno spazio destinato alla cremazione dei
defunti, l' ustrinum, come quello che nella necropoli occidentale di Luni si
colloca presso la strada in uscita dalla città per essere facilmente raggiungibile

185
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 70 Luni (Luna), area per l'incinerazione (ustrinum) nella necropoli occidentale (l-n
sec. d.C.)

Fonte: Gambaro, Gervasini (2004).

e consentire le operazioni del rituale funerario (fig. 70 ). La volontà di rappre-


sentare attraverso l'edificio funerario il proprio ruolo sociale ed economico
e contemporaneamente di segnare visivamente il territorio è percepibile agli
estremi opposti dell'impero: dalle necropoli della Mosella con monumenti
riccamente decorati da scene di vita quotidiana e di ambito commerciale (fig.
71) alle innumerevoli tombe a torre, alte fino a cinque piani, che caratterizza-
no il paesaggio del suburbio di Palmira (fig. 72.).
Catacombe Con l'avvento del cristianesimo e la diffusione dell'inumazione, le sepolture
degli adepti della nuova religione si inseriscono inizialmente all' interno delle
aree necropolari. A Roma, a partire dal III secolo d.C., compare la peculiarità
dei cimiteri sotterranei (cryptae): questi, pur riprendendo il modello della
sepoltura ipogea di antichissima origine, sono ora concepiti come aree sepol-
crali di grande estensione, caratterizzate da una fitta rete di gallerie che si svi-
luppano anche per chilometri e sulle cui pareti si aprono i loculi. n cimitero
di San Sebastiano, al III miglio della via Appia, riutilizza precedenti gallerie
lasciate dopo lo sfruttamento di cave di pozzolana: il toponimo ad Cata-
cumbas, che indica la presenza di bassure e il contiguo cimitero, finirà per
indicare la tipologia del cimitero sotterraneo (catacumba) a partire dall'alto
medioevo. Intorno alle sepolture dei martiri si sviluppano nuovi luoghi di
culto, caratterizzati da livelli differenti di monumentalizzazione che giungo-
no fino alla realizzazione di una basilica; dalla seconda metà del IV secolo il

186
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati

FIGURA 71 Particolare del monumento sepolcrale da Neumagen (Noviomagus Treverorum)


con trasporto del vino (Treviri, Rheinisches Landesmuseum; inizi 111 sec. d.C.)

Fonte: foto dell'autore.

FIGURA 72 Palmira (Palmyra), Valle delle tombe con numerosi esempi di tombe a torre, in
uso tra 1 e 111 sec. d.C.

Fonte: foto dell'autore.

seppellimento ipogeo diviene sempre meno frequente in favore della costitu-


zione di cimiteri presso le basiliche stesse.
Nel corso del v e soprattutto dal VI secolo d.C. le sepolture cominciano a Spazio dei vivi
diffondersi anche in area urbana; talvolta il fenomeno appare collegato ai e spazio dei morti
nuclei ecclesiali urbani e in particolare alle chiese episcopali; altre volte le a contatto nelle città
inumazioni avvengono presso le abitazioni o in relazione alla disponibilità tardoantiche
di spazi aperti in un contesto urbano ormai disarticolato. La presenza di se-

187
L'urbanistica: città e paesaggi

polture isolate o a piccoli gruppi non riferite a edifici di culto, letta talvolta
come indicatore del degrado di certe zone della città, può costituire piutto-
sto l'attestazione di una certa vitalità insediativa. A Roma è stato possibile
documentare l'ampia diffusione delle sepolture che si dislocano ovunque
all'interno delle Mura aureliane, occupando ogni genere di spazi e di edifici
disponibili: l'interno di complessi monumentali in utilizzati, come i portici
del teatro di Pompeo, la Crypta Balbi, il Foro della Pace, i grandi complessi
termali; le piazze e le strade ancora frequentate; gli edifici abitativi abbando-
nati; le vicinanze o l'interno stesso delle chiese. Venendo meno l'antica pre-
scrizione che vietava di seppellire in area urbana, si crea dunque quella stretta
relazione tra l'abitato e le aree sepolcrali che con modalità diverse perdurerà
fino all'età moderna.

Riferimenti bibliografici

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188
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati

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in età tardoantica: GELI CHI (z.ooo ).
Sui sistemi di approvvigionamento idrico nel mondo classico: TOLLE-KASTENBEIN
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In particolare per Corinto: LANDON (2.003); ROBINSON (z.ou). Sul sistema idrau-
lico di Chiusi: BORGHI (z.ooz.). Per la tecnologia e i sistemi idraulici dell'Italia ro-
mana: RIERA (1994); LOMBARDI (2.009 ). In particolare per le cisterne di Amelia:
MARALDI (1997). Per le cisterne di Fermo: POLVERINI et al. (1987). Per l'età tardo-
antica e alcomedievale: BROGIOLO (z.ou).
Sul sistema di smaltimento dei rifiuti urbani: DUPRÉ RAVENT6s, REMO LÀ (z.ooo ).
Per un esempio di discarica a Roma: FILIPPI (z.oo8). Sugli impianti termali e sulle
latrine di età greca e romana: PASQUINUCCI (1987); NEUDECKER (1994); DE LAI-
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gli edifici per spettacolo nell'Italia romana: TOSI (2003, I). Sulla loro collocazio-
ne topografica: BEJOR (1979); GIUSBERTI (1986); FRÉZOULS (1990); BONETTO
(z.oo3a); NARDELLI (z.oo3). In particolare per l'Italia settentrionale: CAPOFERRI
CENCETTI (1994); BASSO (2.004). Per la Cisalpina e le Gallie: MAGGI (1994). Per
le province in genere: GROS, TORELLI (2.010); BEJOR et al. (z.ou). Per le trasforma-
zioni dall'età tardoantica a quella moderna: BROGIOLO (z.ou); KURODA (z.oo8).
Per la struttura dei quartieri abitativi delle colonie greche di Occidente: GRAS,
TRÉZINY (1999 ); MERTENS (z.oo6); LIPPOLIS, LIVADIOTTI, ROCCO (2.007 ); HEL-
LMANN (2.010). Per Olinto: CAHILL (z.ooz.); http:/ /www.stoa.orglolynthus. Per
l'area etrusca e in particolare per Marzabotto: BARTOLONI (2.012.). Per un quadro
generale sugli spazi abitativi nell'urbanistica romana e per i casi provinciali di ltalica,
Vo/ubilis e Timgad: ZACCARIA RUGGIU (1995); GROS, TORELLI (2.010 ). Per Roma:
WALLACE-HADRILL (2.010); VOLPE (z.ooob). Sulla Forma Urbis ZAPPELLONI PA-
VIA (z.oo9). Per un'ampia casistica dell'edilizia abitativa nelle città della Cisalpina:
ANNIBALETTO, GHEDINI (2.009). In particolare per Padova: ROSSIGNOLI, RUTA
SERAFINI (2.009). Per Aquileia: NOVELLO (2.009). Per Ventimiglia: CONTI, DE
BERNARDI, MARTINO (2.009 ). Per Brescia: MORANDINI (2.009 ). Per Trento: BASSI
(2.009 ). Sul quartiere residenziale della piazza dei Miracoli a Pisa: ALBERTI, PARIBE-
NI (z.ou); FABIANI, GHIZZANI MARCÌA, GUA LANDI (2.013). Sulla destrutturazione
delle domus in epoca tardoantica: GUIDOBALDI (1986); MENEGHINI, SANTANGELI
VALENZANI (2.004); BROGIOLO (z.ou).

Per un quadro generale su botteghe ed artigiani nel mondo antico: BEJIOR et al.
(2.012.). Per la distribuzione dell'artigianato e del commercio nelle città greche: HEL-
LMANN (2.010, pp. u8-38). Per gli impianti artigianali ceramici ad Atene e in At-

189
L'urbanistica: città e paesaggi

tica: MONACO (20oo); PAPADOPOULOS (2.003). A Corinto: MERKER (z.oo6). A


Metaponto: DE JULIIS (2.001, pp. 176-8o). A Locri Epizefiri: BARRA BAGNASCO
(1996). Per le attività artigianali nell' agord di Atene: ZIMMER (z.oo6). Sugli impianti
per la lavorazione del ferro a Populonia: BONAMICI (z.oo6). Per Marzabotto: GO-
VI (z.oo6); MALNATI, LOCATELLI (z.oo6). Sulle attività artigianali a Mozia: BON-
DÌ et al (2.009). Per le officine delle città dell'Emilia romana: GIORDANI (z.ooo).
Per i quartieri produttivi di grandi centri provinciali: FERDIÈRE (z.oo6-o7 ); Trier
(2.009); GARRIGUET (z.ow). Per i rapporti tra artigianato e città nel mondo roma-
no: GOYON, BEAL (z.ooz.). Per le agordi commerciali: HELLMANN (z.o10, pp. 2.72.-83).
In particolare per quella di Pella: AKAMATIS (1995-z.ooo). Sul macellum: DE RUYT
(1983); WALKER (2.004). Sulla distribuzione delle attività commerciali nel centro di
Roma attraverso la documentazione epigrafica: MOREL (1987 ); PAPI (z.ooz.). Per le
botteghe e i magazzini di Ostia: PAVOLINI (1991, 2.006); PELLEGRINO (2.011); www.
ostia-antica.org/ dict.htm. Per le attività commerciali lungo la via del Porto a Nora:
FABIANI, GUALANDI (z.ou). Suifora pecuaria e in particolare su quello di Aquileia:
TIUSSI (2.004). Per i magazzini in età romana, con esempi dall'Italia e dalle provin-
ce: ARCE, GOFFAUX (z.ou). Per i magazzini nel mondo antico: www.entrepots-anr.
fr/p-index_fr.htm.
Per le necropoli nel mondo greco: n'AGOSTINO (1996); PONTRANDOLFO (1999);
HELLMANN (z.oo6). Per l'Etruria: BARTOLONI (z.mz.). In particolare per Populonia:
ROMUALDI, SETTESOLDI (2.009). Per il mondo romano: VON HESBERG, ZANKER
(1987); VON HESBERG (1994); ORTALLI (z.ooo). Per Ostia: PAVOLINI (z.oo6). Per
gli esempi dalle province: BEJOR et al. (z.ou). Per le trasformazioni fra tardoantico
e alto medioevo: MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI (1993, 1995, 2.004); GELI-
CHI (1998). Sullo spazio funerario nella tarda antichità e sulle catacombe: FIOCCHI
NICOLA! (1998, 2.003).

190
4
Organizzare il territorio
e Le sue risorse

1. Il suburbio

Uno dei temi più dibattuti nello studio della città antica è rappresentato dalla Uno spazio
determinazione dei suoi limiti, ovvero dove questa avesse termine. La que- intermedio tra città
stione non è di facile definizione in considerazione del fatto che tali limiti, da e campagna
quelli stabiliti su base giuridica e religiosa a quelli imposti da barriere fisiche
come le mura urbiche o da elementi del paesaggio naturale, variano per i sin-
goli centri e all'interno di questi nel corso del tempo. È proprio nell'ambito
dell'individuazione dei confini della città e dell'indagine del suo rapporto
con il territorio che la circonda che si pone il problema delle cosiddette aree
suburbane, ovvero di quelle aree che circondano da vicino il centro urbano,
sfuggenti a una netta definizione, risultando variabili nel tempo e nello spa-
zio. Si tratta di spazi intermedi di transizione graduale tra città e campagna,
in cui coesistono differenti tipi di realtà antropiche e dove si generano mo-
delli di produzione e tipologie architettoniche peculiari.
Il termine latino suburbium deriva dalla locuzione sub urbe, che fa riferimen- Il termine
to a un'area disposta nelle vicinanze di Roma, il suburbio per eccellenza. A suburbium
partire dalla tarda età repubblicana, infatti, nelle fonti letterarie il termine e
gli altri che condividono la stessa radice, come ad esempio suburbanus, sono
impiegati in relazione alle proprietà rurali e alle ville aristocratiche prossime
alla capitale, ovvero a non più di un giorno di viaggio da questa. Dallo studio
del suburbio romano, per il quale era disponibile una consistente mole di in-
formazioni scritte, gli studiosi hanno progressivamente ampliato le indagini
alle aree periferiche di altri centri urbani, basandosi su dati di tipo prevalen-
temente archeologico. Il termine suburbio è così ormai utilizzato per indi-
care anche le aree periurbane delle altre città romane o romanizzate, italiche
e provinciali, così come delle città preromane e di quelle greche, per quanto
dotate di loro specifiche caratteristiche.
Prodstion è il termine che in greco indica il terreno che si stende davanti (pro) Proastion, l'area
alla città (dstu). Le fonti letterarie lo presentano spesso come uno spazio ar- prossima alle città
ticolato dove, oltre ad appezzamenti di terreno coltivato con abitazioni colo- greche: Atene
niche, sono presenti necropoli, edifici sacri, templi e sobborghi. È opportuno

191
l'urbanistica: città e paesaggi

del resto ricordare che ad Atene, ad esempio, gli abitanti risiedevano in gran
parte nei prodstia per recarsi in città e in particolare nell' agord per le sue fun-
zioni di mercato e di luogo di incontro politico.
Nelle periferie si dislocano le necropoli e tutte quelle attività artigianali che
per il rischio di incendi, il cattivo odore e lo smaltimento degli scarti di lavo-
razione sono allontanate dalla città: al Ceramico, presso la porta del Dipylon,
trovano spazio entrambe le funzioni. Nel corso del v secolo a.C. le necropoli
si distribuiscono in corrispondenza di tutte le porte della città, a una distanza
massima di soo m, mentre le officine dei vasai, tra il IV e il III secolo a.C.,
tendono a estendersi a sud-ovest della città, in direzione del Pireo, a metà
strada tra il mercato cittadino e l'esportazione marittima (cap. 3, parr. 8-9 ).
Il suburbio assorbe inoltre i rifiuti urbani (cap. 3, par. s): gli scarti domestici,
in parte smaltiti dai privati all'interno dell'abitato, sono gestiti anche pub-
blicamente sotto la responsabilità di magistrati cittadini, che provvedono a
farli trasportare in un luogo distante almeno 10 stadi dalla città (Aristotele,
Costituzione degli ateniesi L, 2).
Organizzazione La documentazione archeologica consente di osservare la progressiva strut-
dei proastia turazione delle aree prossime al centro urbano fin dalla sua fondazione. Nel-
delle città coloniali le città coloniali della Sicilia, ad esempio, l'organizzazione di questo spazio
in Sicilia risponde alle esigenze immediate dei coloni: trovare una collocazione per i
defunti, certamente lontana dall'abitato, ma non eccessivamente per consen-
tire di celebrare i riti legati all'affetto e alla devozione religiosa; poiché poi il
culto dei morti richiama quello degli dèi dell'oltretomba, vengono ritagliati
spazi per le pratiche religiose e le aree santuariali anche all'interno o in pros-
simità delle necropoli; la monumentalizzazione delle aree sacre all'esterno
delle mura cittadine comporta inoltre lo sviluppo di impianti artigianali per
la produzione di ex voto e di terrecotte architettoniche. Come le città stes-
se, che fin dall'età arcaica sono soggette a criteri organizzativi dello spazio,
anche le aree esterne presentano un loro ordine. La tendenza a organizzare
le necropoli sugli assi viari in uscita dalla città o a destinare spazi specifici
alle attività artigianali sottolinea infatti la volontà di estendere al suburbio il
principio della pianificazione utilizzato in ambito urbano.
Sviluppo Nel mondo italico e romano il rapporto tra città e territorio, tra interno ed
del suburbio a Roma esterno, è rivestito di valenze religiose che si instaurano con la creazione di
un nuovo centro urbano: è in questo momento che si impostano i presuppo-
sti per il successivo sviluppo delle aree suburbane. A Roma fin dalle origini,
oltre al pomerium - il limite religioso della città definito con la fondazione
stessa (inauguratio) - e alle mura, entrambi ampliati in più riprese, altri li-
miti ideali organizzano il territorio circostante in cerchi concentrici imper-
niati sulla città e segnalati da cinture di luoghi sacri, come quello del I miglio
dall' aggere serviano. Nell' ager, in quanto non inaugurato, possono dislocarsi
le aree caricate di una certa negatività come le necropoli: quelle di età arcai-
ca si collocano dunque immediatamente all'esterno delle Mura serviane e in

192
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

aree deputate come le Esquiliae, luogo pubblico sull' Esquilino. Dal III secolo
a.C., presso le famiglie aristocratiche, inizia a diffondersi l'uso di seppellire
all'interno dei fondi, ovvero delle proprietà extraurbane, consentendo così
di sottolineare il senso della continuità familiare, come avviene nei grandi
sepolcri dei Corneli Scipioni, dei Claudi Marcelli e dei Servili.
Nell'area prossima alla città sono presenti appezzamenti di terreno coltivato
di piccole dimensioni, che si intercalano già a partire dal V-IV secolo a.C.
a proprietà più grandi con ville, come quella dell'Auditorium nell'odierno
quartiere Flaminio, che a partire dal III secolo a.C. tendono ad assumere
dimensioni ancora maggiori. Nelle immediate vicinanze della città si di-
spongono poi distretti territoriali che godono di una certa autonomia, i pagi
(infra, par. 3), come il Lemonius, il Montanus e lo Ianiculensis. La vicinanza
dei pagi al centro di riferimento sarà rimarcata successivamente in altre aree
dell'impero anche nella denominazione stessa, come nel Pagus Suburbanus
di Curiga in Betica e il Pagus Augustus Felix Suburbanus di Pompei. Intorno
alla città va dunque prendendo forma un paesaggio diverso da quello urbano
da un punto di vista qualitativo e funzionale, anche se fortemente dipenden-
te e complementare ad esso: è proprio in questo momento che in letteratura
(P lauto, Tre soldi so8-s1o) compare per la prima volta la locuzione sub urbe
riferibile allo spazio suburbano in senso proprio.
Nell'area suburbana sono presenti due tipi di proprietà fondiaria, gli orti e i Orti e suburbana
suburbana. I primi, che possono contenere alloro interno case in muratura o
in materiali deperibili, sono più estesi dei tradizionali orticelli a uso domestico,
sono recintati e irrigati con canali e pozzi e divengono un'importante forma di
investimento con la produzione di un surplus da offrire sul mercato cittadino:
verdura, erbe aromatiche e curative, frutta e fiori, coltivati in aiuole (arae) ri-
partite da sentieri di passaggio (semitae). La deperibilità dei prodotti impone
la vicinanza al luogo di smercio che deve essere raggiunto entro una giornata di
cammino. Gli orti sopperiscono al fabbisogno alimentare dell'intera cittadi-
nanza e nel corso della prima età imperiale, quando conoscono il momento di
massimo sviluppo tecnico e produttivo, sono strettamente legati alle esigenze
delle fasce più abbienti, che influenzano con nuovi gusti e mode la coltivazione
anche di varietà esotiche. A maggiore distanza dal centro si sviluppano i subur-
bana, proprietà fondiarie che, dalla tarda età repubblicana, uniscono alla fun-
zione di piacevole soggiorno padronale quella economica legata alla richiesta
sempre più forte di beni di lusso da parte della città. Particolarmente redditizia
risulta la p astio villatica, ovvero l'allevamento di pollame (tordi, pavoni, anatre,
oche, galline), di pesce e di selvaggina (lepri, cervi, cinghiali e ghiri).
In ambito suburbano si impiantano inoltre le officine artigianali, come è ben Officine artigianali
percepibile ad esempio nel settore sud di Milano, in un'area che gode di ab-
bondanza di legname e di acqua, in prossimità di un'arteria a forte valenza
commerciale e del porto fluviale collegato al Lambro: qui si concentrano atti-
vità metallurgiche, laboratori ceramici e installazioni per la macellazione della

193
L'urbanistica: città e paesaggi

carne. In modo analogo si concentrano in prossimità delle arterie maggiori e


dei corsi d'acqua le officine artigianali dei suburbi di Bologna e di Brescia.
Gestione dei rifiuti Un rapporto di stretta relazione tra città e suburbio si instaura poi con la ge-
stione dei rifiuti. Se parte di essi può essere smaltita in ambito privato e dun-
que all'interno stesso della città, gli abitati tendono ad allontanare i propri
rifiuti, attraverso collettori scolanti, con la decentralizzazione delle strutture
produttive e mediante la presenza di sistemi organizzati di smaltimento dei
rifiuti solidi. Molto del materiale scartato è direttamente riciclato, come gli
escrementi animali o gli avanzi dei prodotti agricoli, che tornano ai campi
e agli orti da cui provegono, questa volta in funzione di concime. Gli scarti
non riutilizzabili sono raccolti in discariche di cui il monte Testaccio a Roma
rappresenta il caso più emblematico: in un'area precedentemente destinata
a usi funerari, probabilmente già a partire dalla tarda età repubblicana inizia
a formarsi l'accumulo di anfore ridotte in frammenti provenienti dal vicino
Emporio (cap. s. par. 4). A Bologna nelle zone esterne all'area urbana, ca-
ratterizzate dalla presenza di attività artigianali e di impianti collegati con
l'attività agricola, a partire dalla prima età imperiale si concentrano ampie
discariche con cumuli alti anche alcuni metri.
Horti: grandi Dalla tarda età repubblicana le più importanti famiglie aristocratiche della
residenze con parco capitale edificano grandi residenze con parco nelle aree più vicine al centro.
Per quanto siano anch'esse definite horti, non condividono nulla con gli or-
ti suburbani funzionali alla produzione agricola, essendo unicamente legate
all' otium e allo svago. Del fasto di tali residenze può costituire un esempio
la villa, nota come horti Sallustiani, che Cesare possedeva tra Pincio e Quiri-
nale in una posizione dominante sulla città. Pur attraverso le risistemazioni
apportate da Adriano, nelle elaborate architetture del palazzo e del parco è
possibile cogliere l'ispirazione al modello delle regge ellenistiche.
Continentia aedificia L'accrescimento secolare e spesso disordinato di Roma porta il centro urbano
a estendersi fino a occupare spazi inizialmente non pertinenti ad esso, cosicché
le Mura serviane sono ormai inglobate in un fitto abitato. A chi contempla-
va Roma alla fine del I secolo a.C. questa appariva, secondo la testimonianza
di Dionisio di Alicarnasso (Antichita romane 4, 13, 4), una metropoli estesa
ali' infinito: il susseguirsi di sobborghi ampi e numerosi non consentiva infatti
di distinguere dove la città avesse termine. Un processo analogo, pur con le
debite proporzioni, deve avere interessato del resto molte altre città che trava-
licano i limiti tradizionali delle mura urbiche, spesso inglobate in nuovi edifici
o abbattute per alcuni tratti. A Verona, ad esempio, nel suburbio si distribu-
iscono numerose domus di qualità analoga a quella delle domus urbane: ciò
suggerisce un ruolo puramente monumentale e simbolico delle mura, in parte
già abbattute nella prima metà del I secolo d.C. Distinguere i limiti della città
appare tuttavia un problema non secondario per i giuristi chiamati a definire la
sfera di applicazione di certe leggi. Per tale motivo, dalla metà del I secolo a.C.,
viene introdotto un nuovo concetto dello spazio urbano: Roma non è solo la

194
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 1 Rilievo dal Fucino: città, forse Marruvium, con il suo suburbio (Celano, Museo della Marsica, collezione
Torlonia; seconda metà n sec. d.C. )

Legendo: o= centro urbano cinto da mura; b = continentio oedificio; c= villa con parco (?); d= fiume; e= strada; f = ponte;
g = necropoli.
Fonte: rielaborazione da Campanelli (2001).

città interna alle Mura serviane ma comprende anche i complessi edilizi addos-
sati ad esse che si estendono lungo le strade in uscita, i continentia aediflcia. A
questo nuovo limite si accompagna una ridefinizione del tradizionale confine
del I miglio, entro il quale vigono particolari norme del diritto, che è ora calco-
lato proprio a partire dai continentia aedificia.
Le dinamiche di sviluppo dell'insediamento si riflettono anche sulla distri-
buzione delle necropoli: le Esquilie, ad esempio, da luogo a destinazione fu-
neraria divengono zona residenziale dopo la bonifica apportata da Mecenate,
che qui acquista una proprietà poi nota come H orti Novi o Mecenatis.
Il suburbio di Roma, come quello di un qualunque altro centro urbano italico Una realtà
e provinciale in cui è applicato il modello della capitale, presenta dunque una eterogenea
realtà eterogenea in cui si intrecciano strade e acquedotti, abitazioni extramura-
nee, ville con parco, proprietà fondiarie legate alla produzione agricola, necro-
poli, santuari e attività artigianali. Questa complessa realtà appare strutturata in
fasce concentriche dai passaggi qualitativi sfumati, caratterizzate dal succedersi
di proprietà differenziate per distanza, tipologia e generi prodotti e dalla pro-
gressiva diminuzione della densità abitativa. Nei rilievi dal Fucino della colle-
zione Torlonia è possibile cogliere la complessità delle realtà insediative che,
con opportune riduzioni di scala, dovevano caratterizzare anche il suburbio di
un centro italico di modeste dimensioni, forse Marruvium (fig. 1 ).

195
L'urbanistica: città e paesaggi

Trasformazioni Nel corso dell'età imperiale nelle proprietà fondiarie iniziano ad avvertirsi
del suburbio mutamenti significativi: non potendo contrastare la concorrenza dei prodot-
romano in epoca ti provinciali, molti suburbana, dopo essere stati riconvertiti alla coltura ar-
tardoantica borea e successivamente prativa e boschiva, necessarie all'allevamento, o alla
pratica estensiva della coltura frumentaria, sono accorpati in estesi latifondi.
Nel m secolo d.C., in seguito all'instabilità politica e militare dell'impero,
un nuovo circuito murario cinge Roma (cap. 2., par. 1), inglobando i conti-
nentia aedifìcia e irrigidendo il limite fisico tra città e suburbio. Gli horti che
delimitavano il centro urbano, ad esempio, ora appannaggio quasi esclusivo
della famiglia imperiale, non sono più sentiti come parte di una cintura peri-
ferica, ma come spazi verdi ormai interni alla città.
Cristianizzazione Nel suburbio della città tardoantica iniziano a manifestarsi i segni della graduale
del suburbio cristianizzazione della società. Qui, accanto alle aree cimiteriali tradizionali, si
sviluppano infatti nuovi spazi sepolcrali nel sottosuolo dove, nelle lunghe galle-
rie delle catacombe, i cristiani iniziano a seppellire anche i propri martiri (cap. 3,
par. 9 ). Ciò dà avvio alla venerazione dei santi e, dal IV secolo d.C., all' edificazio-
ne delle basiliche suburbane, come quelle di San Pietro in Vaticano, Santa Agne-
se sulla Nomentana, San Lorenzo fuori le mura sulla Tiburtina, Santi Pietro e
Marcellino sulla Labicana e San Paolo fuori le mura sull' Ostiensis. In un pae-
saggio fino ad allora pagano cominciano dunque a comparire edifici che com-
petono anche sul piano monurnentale con le strutture preesistenti e divengono
nuovi e importanti poli urbanistici, attraendo anche le sepolture che si raccolgo-
no alloro interno o in aree cimiteriali all'esterno. nprocesso di cristianizzazione
caratterizza anche le aree suburbane di altri centri, come testimonia l'innalza-
mento di grandi basiliche: ad esempio, San Simpliciano, laBasilicaMartyrum,
laBasilicaApostolorum, San Lorenzo e Sant'Eustorgio a Milano, Santo Stefano
a Verona, Santi Felice e Fortunato a Vicenza e Santa Eulalia a Mérida.
Il suburbio La moltiplicazione delle sedi imperiali (Milano, Treviri, Sirmio e Nicome-
nelle città dia), legata alla riforma dioclezianea dell'impero, e il successivo trasferimen-
dell'impero to della capitale a Costantinopoli segnano alcune delle tappe del processo
attraverso il quale nel corso dell'età tardoantica Roma viene a perdere la sua
centralità politica e sociale, anche se non quella simbolica. In modo analogo
anche il suo suburbio cessa di essere il suburbium per eccellenza: le fonti di
questo periodo menzionano infatti sempre più frequentemente le realtà su-
burbane di altre città dell'impero, capitali, sedi imperiali o altri centri urbani,
portando alla ribalta quella realtà insediativa che, sul modello romano, si era
da tempo ampiamente sviluppata al di fuori di Roma.

2. l santuari extraurbani

Al di fuori degli abitati, i luoghi di culto svolgono un ruolo particolare come


centri di incontro periodico per i villaggi di un medesimo distretto territoriale,
interessati a riconoscersi in questo modo in una solidarietà collettiva più ampia.

196
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

Nelle fasi di formazione della polis tutte le città greche valorizzano e strut- Formazione
turano le aree sacre del loro territorio, talvolta di assai più antica tradizio- della p6/is
ne. Sorgono così santuari di diversa importanza, quelli principali, quelli che e sviluppo
marcano i confini o quelli di riferimento per i singoli villaggi, che nel loro dei santuari
insieme tracciano una rete di relazioni sociali ed economiche tutelate dalla nel territorio
protezione delle divinità.
Nati solitamente attorno a un elemento naturale, come una grotta, un albero
o una sorgente, a cui si associa una manifestazione della divinità, in origine
accolgono riti praticati attorno a un altare all'aperto, nello spazio consacrato
dal témenos, il recinto sacro. Intorno a questi elementi si sviluppano in se-
guito, negli esempi più monumentali, complessi anche molto articolati com-
prendenti templi, porticati, strutture commerciali, alloggi per i pellegrini e
thesauroi, piccoli edifici costruiti dalle città come segno della propria poten-
za e di gratitudine alla divinità.
Particolare rilevanza hanno i grandi santuari che si sviluppano in stretto Santuari di valenza
collegamento con importanti città della lonia: a Efeso l'Artemision sorge sovraterritoriale
nell'immediato suburbio, a Samo l' Herdion sorge a pochi chilometri dal
centro, presso la foce dell' fmbrasos; a Mileto infine il santuario di Apollo, in
posizione elevata e a poca distanza dal mare, è collegato alla città da una via
processionale lungo la quale si dislocano santuari minori. Tali complessi su-
perano precocemente la dimensione cittadina per assumere una più ampia
valenza sovraterritoriale, come riflesso della crescita economica delle rispet-
tive città.
Già dall'vm secolo a.C. alcuni santuari divengono punto di riferimento
per interi gruppi etnici, come il santuario di Apollo a Delo, luogo di culto
comune agli ioni, o dell'intero mondo greco, come il santuario di Apollo
Pizio a Delfi o di Zeus a Olimpia ( Olympia), sede dei giochi olimpici. Qui,
alle pendici del Kronion e attorno al tumulo dedicato all'eroe Pelope, l'Al-
tis accoglie i giochi in onore di Zeus. In età arcaica si sviluppano gli edifi-
ci sacri più importanti, il Pe!Opion, l' Herdion e l'altare di Zeus, lo stadio e
i thesauroi. Dalla metà del v secolo a.C. lo spazio dell'Altis è dominato dal
tempio di Zeus, mentre nel IV secolo viene delimitato da stodi e affiancato
a ovest da ginnasio e palestra. La monumentalizzazione prosegue ancora in
età romana, quando l'area è dotata di edifici termali e lussuose residenze per
ospiti (fig. 2). Il santuario di Apollo Pizio a Delfì si struttura alle pendici
del monte Parnaso intorno agli elementi naturali delle rocce Fedriadi che
sovrastano la gola della fonte Castalia. All'inizio del VI secolo a.C., con il
passaggio della gestione dalla comunità locale all'anfizionia (un consiglio di
dodici popoli della Grecia centro-settentrionale) e con la riorganizzazione
dei giochi p itic i, il santuario riceve una più articolata strutturazione. All'in-
terno del témenos il terreno scosceso è organizzato in terrazze: quella princi-
pale è occupata dall'altare e dal tempio di Apollo ed è raggiunta da una via
sacra che sale con alcuni tornanti, fiancheggiata da thesauroi e monumen-

197
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 2 Olimpia (0/ympial. pianta del santuario di Zeus

1----'
·- - ---- ........~·
\

Fonte: Lippolis, Livadiotti. Rocco (2007).

ti votivi. È l'inizio di una progressiva monumentalizzazione che attraverso


l'età classica, ellenistica e romana vede il rifacimento o l'aggiunta di edifici:
dai numerosi thesauroi alla stod degli ateniesi, dal teatro ellenistico alla stod
di Attalo, fino allo stadio riedificato da Erode Attico alla metà del II secolo
d.C. (fìg. 3).
Santuari nei territori In Sicilia e Magna Grecia le colonie trapiantano i culti della madrepatria,
delle colonie greche fondando sui propri territori santuari che marcano l'identità culturale della
di Sicilia e Magna comunità, segnano il limite tra area urbana e retroterra agricolo e ne de-
Grecia finiscono i confini in rapporto alle popolazioni locali o alle altre colonie.
Crotone, Metaponto e Poseidonia, fondazioni achee della Magna Grecia,
installano fin da subito santuari extraurbani di Era, garante dell'ordine della
polis e del suo spazio agrario, ai confini della chora, rispettivamente a Capo
Lacinio, sul Bradano (fig. 4) e sul guado del Sele. Quest'ultimo segna il
limite nord del territorio di Poseidonia, mentre un altro santuario, dedicato
forse a Poseidone, ne segna il limite sud sul promontorio di Agropoli; altri
santuari si dislocano nell'entroterra della città, ai piedi delle montagne e in
corrispondenza delle sorgenti: le strade che collegano i luoghi di culto al
centro urbano garantiscono così anche l'accessibilità ai possessi rurali. Più
tardi una corona di piccoli luoghi di culto circonda Poseidonia, disponen-
dosi preferibilmente presso le porte. In modo analogo, a Gela in Sicilia, due

198
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 3 Delfi (Delphoi}, pianta del santuario di Apollo Pizio

l
Fonte: Lippolis. Livadiotti, Rocco (2007).

santuari lungo la costa segnalano a est e a ovest i limiti del territorio della
colonia, mentre in adiacenza alla città, verso la pianura e verso il mare, si
dispongono alcuni piccoli santuari privi di monumentalità, dedicati alle di-
vinità ctonie.
Lungo le coste tirreniche, l'incontro tra culture diverse durante gli scambi Santuari emporici:
commerciali viene posto sotto la protezione delle divinità nei santuari em- Pyrgi e Gravisca
porici: a Pyrgi, insediamento costiero di Cerveteri, il santuario dedicato a
Uni-Astarte è frequentato da etruschi, fenici e greci; a Gravisca, porto di

199
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 4 Metaponto (Metap6ntion), il santuario di Era segnala il limite del territorio di


Metaponto (vi sec. a.C.)

Fonte: Mertens (2006).

Tarquinia, mercanti prima focei, poi sami ed egineti, infine sicelioti e ma-
gnogreci sostano per i loro commerci presso le strutture santuariali sorte in
corrispondenza di un approvvigionamento idrico e dedicate a Era, Afrodite
e Demetra.
Il santuario federale In Etruria, un ruolo particolare assume il Fanum Voltumnae, santuario
degli etruschi: simbolo dell'unità religiosa dei popoli dell'Etruria, presso il quale si svol-
Fanum Voltumnae gono le riunioni (concilia) annuali dei rappresentanti della lega delle città
etrusche in occasione delle cerimonie religiose, accompagnate anche da
fiere, mercati, spettacoli teatrali e giochi solenni. Individuato nell'area sa·
era in località Campo della Fiera presso Orvieto, presenta all'interno di
un vasto recinto un tempio preceduto da due altari e affiancato da due
pozzi.
Santuari legati Altri santuari appaiono strettamente legati alle caratteristiche del pae-
a elementi naturali saggio. Nell'ambiente di grande suggestione naturale di Sasso Pisano, tra
del paesaggio Volterra e Populonia, ad esempio, dove l'attività geotermica genera vapori,
ruscelli e sorgenti di acque calde, in età tardoclassica ed ellenistica si svi-
luppa un santuario legato al culto delle acque e delle divinità salutari, cui si
aggiunge più tardi anche una funzione termale. In altri casi sono le grotte
e le acque sotterranee a evocare il senso del sacro, trasformando questi
antri naturali in luoghi di culto, secondo una pratica diffusa indipenden-
temente dalle culture o dalle epoche storiche. Nella valle del Serchio, im-
portante asse di collegamento tra l'Etruria tirrenica e l'Etruria padana,
ad esempio, la grotta di Castelvenere appare frequentata con particolare
intensità fin dall'età classica e poi di nuovo in epoca romana per un culto
delle acque, cui probabilmente si attribuiscono proprietà salutari o asso-
ciate alla fecondità, in connessione con il ruscello che sgorga dalla grotta
stessa. Santuari entro grotte naturali o anche artificiali appaiono diffusi
anche nel mondo punico, da Ibiza a Malta, alla Sicilia, come quello nella
grotta Regina sul Monte Gallo, nelle vicinanze di Palermo, con dediche a
una divinità salvifica.

200
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 5 Antas, santuario di Sardus Poter con il tempio di età imperiale

Fonte: foto dell'autore.

La Sardegna punica mostra una capillare presenza di aree sacre sparse sul ter- Santuari
ritorio interno (grandi santuari, piccole aree sacre rurali, impianti nuragìcì della Sardegna
rìutilìzzatì con valenze cultuali e sorgenti sacre), spesso legate a manifesta-
zioni religiose senza soluzione di continuità tra i diversi apporti culturali.
L'esempio più monumentale è il tempio di Antas, costruito tra le colline
deli'Iglesiente alla fine del v secolo a.C. e frequentato sino ai primi decen-
ni del III secolo d.C. (fig. s). Il santuario è dedicato al mitico progenitore e
colonizzatore partito dal Nord Africa per conquistare la Sardegna, il Sardus
Pater delle epigrafi latine, ed è frutto dell'azione politica cartaginese, tesa a
controllare le risorse minerarie dell'area e ad accomunare in un'unica sfera
religiosa le tradizioni fenicio-puniche e quelle indigene.
Nella Penisola, durante la tarda età repubblicana sì diffondono grandi santuari Santuari italici
extraurbani che accolgono le soluzioni architettoniche dell'esperienza elleni- tardorepubblicani
stica: la disposizione spaziale, insieme visiva e simbolica, si rapporta a specifici
capisaldi del paesaggio urbano e rurale. Nel suburbio di Spello, ad esempio,
il santuario ellenistico, ristrutturato in età augustea e poi ancora costantinia-
na, domina dalle prime pendicì collinari la Valle Umbra settentrionale dove,
sull'antica riva del Lacus Umber, in prossimità di risorgive artesiane, è stata di
recente individuata un'altra area sacra, legata al culto delle acque. La posizione
preminente sul territorio circostante risulta evidente anche nel santuario di
Monte Sant'Angelo a Terracina: mentre il cosiddetto tempio piccolo, del terzo
quarto del n secolo a.C., appare orientato verso la città e il territorio agricolo, il

201
L'urbanistica: città e paesaggi

tempio maggiore, della prima metà del I secolo a.C. e dedicato probabilmente
a Venere, si pone preferenzialmente in relazione con il porto e con le attività
commerciali marittime promosse dai maggiorenti locali.
Il ruolo insieme politico e cultuale di alcune aree sacre in ambito italico è
perfettamente rappresentato dal santuario di Pietrabbondante nel Sannio
Pentro, collocato sul versante est del Monte Saraceno, a dominare la valle del
Trigno. L'area sacra, alla vigilia dello scontro militare con Roma, è scelta dai
pentri come centro federale e assume aspetti scenogranci tesi a integrare il
territorio sottostante nella cornice architettonica: il complesso tempio-tea-
tro si presta a riti e assemblee che, sotto la protezione della divinità, domina-
no visivamente la vallata in una vasta prospettiva che assume evidenti valori
simbolici, tanto da essere soppresso e abbandonato con la riorganizzazione
degli insediamenti conseguente alla vittoria romana. Al contrario, è proprio
dopo la guerra sociale che il vicino santuario di Ercole Curino, sulle pendi-
ci occidentali del Monte Morrone, supera la dimensione localistica e viene
monumentalizzato: il complesso accentua le caratteristiche di impianto ter-
razzato e non è più rivolto visivamente alle vecchie comunità rurali, ma al vi-
cino centro urbano di Sulmona (Sulmo ), in relazione al sinecismo nel nuovo
municipium, una sorta di inurbamento forzato e di omologazione culturale.
Il ruolo fortemente caratterizzante il paesaggio dei grandi santuari di questo
periodo è ben percepibile anche nel complesso dedicato a Ercole Vincitore a
Tivoli, sulla principale via di accesso al centro urbano, la via Tiburtina, che
viene inglobata nelle possenti sostruzioni del santuario. Edificato in un luogo
di passaggio e incrocio di antichissime vie di transumanza, il santuario costi-
tuisce una postazione di controllo dei traffici tra Roma e il Sannio.
Piccoli luoghi Accanto ai grandi santuari legati all'economia e al controllo del territorio,
di culto rurali nell'Italia centrale di età repubblicana sono frequenti luoghi di culto meno
monumentali, sparsi nelle campagne e indiziati dalla presenza di depositi di
statuine miniaturistiche di animali ed ex voto anatomici, prevalentemente
fittili, che rappresentano l'espressione della religiosità connessa alla sanatio
e alla fertilità dei piccoli coltivatori e che sono perlopiù abbandonati con lo
sviluppo del latifondo a conduzione schiavistica. Il paesaggio rurale centu-
riato è poi costellato dalle edicole dedicate ai Lari protettori della sacralità
dei confini, posti ai crocicchi (Lares compita/es). Cappelle, edicole o semplici
croci ereditano spesso la memoria di questi modesti ma estremamente diffusi
luoghi di culto popolare.

3· Le fattorie e i villaggi

Villaggi e fattorie Nella Grecia di età arcaica prevale un sistema abitativo per villaggi (kata
nelle ch6rai komas), centri legati alla vita agraria di estensione e popolazione limitate,
delle città greche che gravitano o dipendono dalla polis, perno politico dell'organizzazione
del territorio. Nella piccola comunità è possibile affiancare all'agricoltura e

202
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

all'allevamento l'artigianato di base (Aristotele, Politica I, 2, 1252b 15-16) e in


particolare quello utile alle attività agricole (Platone, Leggi VIII, 848). I vil-
laggi non costituiscono tuttavia le uniche scelte insediative nelle campagne:
come mostrano le indagini effettuate nelle chorai della Grecia continentale,
delle isole e del mondo coloniale, al di fuori dei centri abitati appaiono infatti
assai numerose anche le singole fattorie monofamiliari.
In area coloniale la conformazione della chora determina forme di conduzio- Fattorie
ne agricola e sistemi insediativi differenziati, con una prevalenza di coltiva- nelle campagne
zioni cerealicole nelle pianure e di seminativo arborato e colture specializzate di Sicilia e Magna
sulle colline. Grecia
Le campagne sfruttate per la cerealicoltura appaiono frequentate secondo i
ritmi stagionali delle coltivazioni, ma tendenzialmente non abitate in modo
stabile, come suggerisce l'assenza di fattorie o villaggi riscontrata ad esempio
nelle campagne di Locri Epizefiri e di Himera: qui, come a Gela, fin dall'età
arcaica l'insediamento stabile di fattorie sembra privilegiare le aree collina-
ri. Recenti indagini di superficie nella chora di Caulonia mostrano come in
età arcaica gli insediamenti rurali siano pressoché assenti nell'area prossima
alla città, probabilmente poiché la breve distanza consente agli agricoltori di
dimorare entro l'area urbana. Un maggior numero di fattorie è stato invece
individuato a sud dello Stilaro, la fiumara che scorre presso la città: ciò forse
non è tanto imputabile a differenti usi del suolo, quanto alla difficoltà da par-
te dei contadini di superare giornalmente il corso d'acqua o le zone paludose
circostanti.
Dall'età classica e durante l'età ellenistica, sia in Grecia sia in area coloniale,
le campagne si popolano di innumerevoli fattorie monofamiliari, che rispon-
dono a una strategia di intensificazione delle pratiche agricole, come rivelano
impianti e attrezzature connessi con colture che richiedono un lavoro assi-
duo, quali la viticoltura e l'olivicoltura.
Talvolta è possibile cogliere la distribuzione delle fattorie in relazione al più Rapporto tra fattorie
generale assetto del territorio: a Metaponto, ad esempio, gli impianti appa- e assetto agrario
iono regolarmente inseriti nel catasto tracciato da strade e canali e ripartito in Sicilia e Magna
in lotti di varia misura (cap. 1, fig. 46). Nell'area di Pantanello, in partico- Grecia
lare, dove le fattorie risultano assai ravvicinate con piccoli lotti di circa s ha
ciascuno, l'incrocio tra una rilevante arteria e uno degli assi della divisione
agraria risulta l'area di aggregazione delle sepolture: la definizione dello spa-
zio agrario, sistematicamente regolato dal centro urbano, traspare qui anche
nell'organizzazione degli spazi funebri, che non intaccano il possedimento
della terra, ma sfruttano le fasce di spazio pubblico lasciate libere ai lati della
strada. Anche a Kamarina le fattorie appaiono geometricamente distribuite
all'interno dei lotti, con una costante posizione a nord (cap. 1, fig. 17): ele-
mento essenziale è il cortile, con pochi e piccoli vani destinati al soggiorno e
ambienti produttivi con torchi, frantoi e macine sul lato opposto. Un riscon-
tro sull'organizzazione degli impianti proviene anche dalle fonti epigrafiche,

203
L'urbanistica: città e paesaggi

come i contratti di fitto delle terre sacre di Dioniso nelle Tavole di Eraclea,
che restituiscono l'immagine di una fattoria pertinente a un piccolo fondo:
le autorità cittadine concedono in enfiteusi le terre sacre del santuario, pre-
scrivendo all'affittuario di piantare un'estensione prestabilita a vigneto e a
oliveto e di costruire una stalla, un granaio e un locale per attrezzi agricoli
accanto all'edificio abitativo, fornendone anche le dimensioni.
Sistematiche ricerche di superficie nella valle del Sinni in Lucania, che si
apre sulla pianura costiera di Eraclea (Herdkleia) e Siris, hanno permesso di
indagare la realtà insediativa delle popolazioni lucane, prospettando un'or-
ganizzazione caratterizzata dalla presenza capillare di piccole fattorie che si
distribuiscono diffusamente fino a 6oo m di quota; anche se più diradati, gli
impianti che giungono fino a 8oo m di altitudine sono rivolti allo sfrutta-
mento di pascoli e risorse boschive e scandiscono i percorsi di quota e quelli
per i valichi.
lnsediamenti rurali Anche nelle regioni del Mediterraneo occidentale colonizzate dai punici,
in area punica tra la fine del v e il IV secolo a.C. si assiste a un'espansione dell' insedia-
mento rurale legato non solo alla produzione di cereali, ma anche di olio e
vino. Nella Sardegna punica, i territori di Nora, di Riu Mannu e di Monte
Sirai consentono di riconoscere, dalla fine del v secolo a.C., un notevole
sviluppo di siti con vocazione agricola, con un'occupazione intensiva del-
le pianure segnata dalla nascita di numerose fattorie. Parallelamente, sono
occupati i villaggi indigeni sulle pendici delle alture, segno di una strategia
mirata al controllo e alla gestione delle risorse legate alla pastorizia, al le-
gname e ai minerali.
Fattorie Nel territorio laziale, in quello delle principali città dell'Etruria meridio-
nelle campagne nale, Veio e/Cerveteri, e in modo più contenuto nei centri sabini dell'area
del Lazio preappenr{tnica, sistematiche indagini di superficie hanno mostrato un in-
e dell'Etruria tensificars~llo sfruttamento agricolo tra VI e v secolo a.C., attestato da un
generale incremento dei piccoli impianti, parallelamente allo sviluppo delle
strade carrabili (cap. 4, par. 1) e dei sistemi di drenaggio e regimazione delle
acque.
Gli edifici agricoli possono essere costituiti da piccoli impianti di pochi vani,
della superficie di w-so mq (Bufalotta, Casale Brunori, Casale Santa Ceci-
lia, km J3,2.0o dell'Aurelia, presso Roma; Casale Pian Roseto, presso Veio).
In altri casi si articolano in più vani contigui su una superficie compresa tra i
120 e i 300 mq, con associate strutture di servizio quali pozzi, cisterne e silos
(Acqua Acetosa Laurentina, Torrino e prima fase della villa dell'Auditorium,
allora nella prima campagna di Roma; fig. 6b-c-d). Si distinguono, infine,
grandi complessi, estesi tra i 6oo e i 1.soo mq, comprendenti numerosi am-
bienti con funzione residenziale e produttiva, distribuiti intorno a un cortile.
Presenta queste caratteristiche la villa dell'Auditorium, che all'inizio del v
secolo a.C. sostituisce un precedente edificio, con una divisione funzionale
tra parte urbana e parte rustica, in cui è riscontrabile anche la presenza di un

204
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 6 Planimetria dei principali edifici rurali di età arcaica in area mediotirrenica

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Legenda: a= podere Tartuchino; b =Acqua Acetosa Laurentina; c= Torri no; d= fattoria dell'Auditorium;
e= villa dell'Auditorium.
Fonte: Cita ni (2008).

frantoio (fig. 6e). In area etrusca presenta una certa complessità la fattoria di
podere Tartuchino nel territorio di Vulci, che dalla fine del VI al IV secolo
a.C., da piccolo edificio a pianta rettangolare si trasforma in un fabbricato
di quattro vani affiancati e affacciati su un'area recintata (fig. 6a). L'orga-
nizzazione delle campagne favorisce l'impianto di colture specializzate per
una produzione rivolta al consumo locale e all'esportazione: dalle fattorie
vino e olio possono convergere verso insediamenti di maggiori dimensioni
destinati alle funzioni di raccolta, stoccaggio e smistamento, strategicamente
dislocati presso nodi viari, come avviene ad esempio nell'abitato di Doganel-
la nel territorio di Vulci. Posto sulla strada verso lo scalo portuale di Fonte-
blanda, l'insediamento comprende fornaci che, tra la seconda metà del VI e

205
l'urbanistica: città e paesaggi

il v secolo a.C., producono anfore destinate alla distribuzione via mare della
produzione vinicola del territorio.
L'insediamenti rurali Con la romanizzazione, il nuovo ordinamento territoriale si articola in una
in età romana: fora, pluralità di forme insediative, citate dalle fonti letterarie e giuridiche. Ifora
oppido, conciliabula indicano insediamenti, spesso legati alle grandi arterie viarie, che rispondono
e castella a esigenze pratiche come sedi di mercato e luoghi di amministrazione del-
la giustizia. Altri termini sono invece frequentemente utilizzati anche per
designare tipi di abitati propri delle realtà autoctone preromane: l' oppidum
indica ogni forma cittadina o di villaggio fortificato già avviato ad assumere
la fisionomia urbana, mentre il conciliabulum e il castellum sono associati al-
le esigenze aggregative di popolazioni rurali, l'uno come punto di incontro,
l'altro come luogo di difesa dell'insediamento sparso.
Vici I vici sono abitati minori, villaggi, spesso di antica origine; alcuni di questi
sorgono in epoca romana soprattutto in relazione alla rete viaria, come ad
esempio il vicus Bedriacum attraversato dalla via Postumia. I vici assumono un
ruolo marginale rispetto al modello insediativo urbano che si sviluppa con la
municipalizzazione e si integrano nel sistema paganico, un'articolazione uni-
forme per comprensori, i pagi, che, nel quadro dell'ordinamento territoriale
romano, si affiancano all'impianto delle centuriazioni (cap. 1, par. 2).
Pagi Diversamente dalle centurie, i pagi non costituiscono un organico e radica-
le intervento romano sul territorio con l'imposizione di uno schema geo-
metrico. La loro introduzione non comporta una profonda modifica delle
strutture territoriali e organizzative anteriori alla romanizzazione, ma spesso
recupera e inquadra i vari assetti preesistenti. Per quanto la definizione del
pagus appaia ancora problematica, sembra che questo rappresenti un'entira
amministrativa finalizzata al controllo degli abitati sparsi, a cui non è estra-
neo l'elemento religioso e che riveste un ruolo nell'inquadramento della
proprietà fondiaria a fini catastali. La sua rilevanza giuridica e istituzionale a
partire dall'età augustea potrebbe riferirsi alle necessità di costruire un nuovo
demanio territoriale che abbraccia insieme le antiche proprietà all'interno
delle centurie delle colonie e dei municipi e le altre terre private rimaste alme-
no in parte fuori dalle centuriazioni. In Veneto, Concordia Sagittaria (Iulia
Concordia) ci offre l'esempio dell'articolazione del suburbio non centuriato
in pagi, testimoniati dal rinvenimento di alcuni cippi che ne segnalano i con-
fini. Le iscrizioni riportano il nome del pagus, la menzione di distanze lineari
o di somme di denaro che indicherebbero i tratti stradali di pertinenza del
distretto o gli investimenti compiuti dal pagus stesso.
Aedificia, tecta Negli ampi spazi coltivati l'assetto del popolamento rurale è segnato dalla
e villae presenza di queste varie forme insediative minori, che rappresentano una
realtà intermedia tra campagna produttiva e città di consumo, e da un sus-
seguirsi di strutture edilizie funzionali ai lavori agricoli, modeste abitazio-
ni (aediflcia o tecta) e fattorie che assumono aspetto diverso a seconda della
condizione socioeconomica di chi le occupa (villae). Nelle aree centuriate le

206
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

fattorie di piccole e medie dimensioni si dispongono all'interno delle ma-


glie, di solito lungo i limiti dei lotti assegnati ai coloni. Nelle vaste campagne
dell'area padana, ad esempio, sono presenti uno o al massimo due edifici per
quadrato; nel primo caso, la fattoria si trova solitamente in posizione centrale
rispetto alla centuria; nel secondo, più frequente, i due edifici si dispongono
agli angoli opposti, sfruttando così al meglio i terreni e beneficiando della
presenza degli incroci degli assi viari. Proprio presso gli incroci, inoltre, si
impiantano spesso le aree sepolcrali dell'insediamento rurale.
Gli impianti agricoli di modeste dimensioni, con pochi ambienti proiettati
verso spazi esterni, dove si svolge la lavorazione dei prodotti dell'agricoltura
e dell'allevamento, costituiscono la testimonianza di piccole aziende a con-
duzione familiare, retaggio delle prime assegnazioni coloniali. Altre struttu-
re più articolate ed estese, composte da semplici ambienti abitativi e dotate
di impianti produttivi, ampi magazzini, pozzi, fornaci e vaste aree cortilizie,
appartengono a un ceto medio, più ricco, che pratica colture in~esive spe-
cializzate e redditizie. Alcune villae presentano, accanto agli spazi ru tici, una
parte residenziale con un ricco apparato architettonico e talvol ambienti
termali. Costituiscono esempi completi di questo tipo la villa schiavistica di
Settefinestre nell' ager Cosanus, quella del Varignano Vecchio sul golfo di La
Spezia e quella di Russi a Ravenna. Edificata agli inizi del I secolo a.C. e an-
cora fiorente in età imperiale, la villa del Varignano si compone di una parte
residenziale, con ambienti di soggiorno racchiusi entro un portico scenogra-
fìcamente affacciato sul mare, e di un quartiere rustico, volto alla produzio-
ne dell'olio (fig. 7). Due torchi, vasche di decantazione e una cella olearia
con grandi recipienti di terracotta parzialmente interrati (dolia defossa) co-
stituiscono un'area di servizio perfettamente autonoma e accessibile da una
"piccola corte~ funzionale alle operazioni di carico e scarico dei prodotti e
collegata a uno scalo commerciale appositamente dedicato. La villa di Russi,
al margine settentrionale della campagna centuriata di Faenza e lungo l'asse
viario tra questa e Ravenna, trae vantaggio dallo stanziamento della flotta
militare a Classe ( Classis) in età augustea. La riorganizzazione del!' impianto
nel n secolo d.C. comporta la realizzazione di un vasto complesso circondato
da portici e articolato intorno a due cortili porticati; su questi ruotano gli
ambienti residenziali e quelli, preponderanti, della parte destinata alla pro-
duzione e all'immagazzinamento di derrate e agli alloggi servili (fig. 8).
Complesse dinamiche politiche, economiche e sociali si riflettono nella sto- lnsediamenti rurali
ria dell'assetto rurale attraverso l'età imperiale fino all'età tardoantica. An- in epoca imperiale
cora incerto resta il quadro territoriale che si delinea con l'indebolimento e tardoantica
dell'antica organizzazione municipale. In alcuni ambiti regionali, come la
Puglia e altre regioni del!' Italia meridionale, è possibile ad esempio cogliere
lo scardinarsi del rapporto privilegiato tra la città e le tradizionali strutture
territoriali di riferimento, come i pagi. In questo quadro emerge la centralità
del vicus, che svolge ora un ruolo attrattivo dell'insediamento rurale sparso e

207
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 7 Varignano Vecchio (La Spezia), planimetria della villa nel suo primo impianto
(fine 11 sec. a.C.)

Percorso di importazione materia prima


-------- ,.._ Percorso di lavorazione materia prima
Percorso di esportazione prodotto lavorato

PARS FRUCTUARIA

Torcu/arium

Cella olearia

Approdo commerciale

Grande
Corte

Fonte: Gervasini, landi (2012).

di cui il pagus costituisce ormai il territorio di pertinenza. In epoca tardoanti-


ca si diffondono inoltre nuove strutture territoriali come i latifondi imperiali
e le estese proprietà senatorie. Al loro interno sorgono nuovi vici che non
sono più popolati da piccoli proprietari e contadini liberi, ma da coloni che
coltivano la terra altrui, fornendo al proprietario un canone o prestazioni di
manodopera.
Assai articolata appare la vicenda delle villae, con effetti differenti nel tempo
e nello spazio a seguito di diversificate e complesse trasformazioni di natura
politico-amministrativa e socio-economica, come il dissolversi del controllo
del territorio, l'esaurimento delle risorse, lo sfaldamento degli assetti pro-
duttivi e la destrutturazione del sistema commerciale. Se, ad esempio, le ville
di alcune aree della Puglia mostrano una vitalità prolungata, come quella di

208
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 8 Russi (Ravenna), planimetria della villa (11 sec. d.C.)

Legenda: a = peristilio e quartiere residenziale; b = cortile porticato; c = appartamento del fattore;


d= magazzini; e= corridoi porticati; f= fornace per ceramica; g =quartiere termale; h= cortile-frutteto
circondato da portici.
Fonte: rielaborazione da Catarsi Dall'Aglio (2000).

Faragola, monumentalizzata nel v secolo e in uso fino alla fine di quello suc-
cessivo, in Emilia, si assiste alla graduale disgregazione del sistema agrario
che porta alla sopravvivenza selettiva di alcune strutture rispetto ad altre. È
questo il caso della villa bolognese di Casteldebole, che perdura ancora tra v
e VI secolo in un progressivo collasso edilizio. Poco prima del suo abbandono
la comunità che seppellisce i suoi defunti tra i ruderi del complesso occupa
strutture abitative di modestissima fattura per una superficie ormai ridotta a
soli 110 mq dei 7.ooo iniziali, mentre le attività lavorative all'aperto interes-
sano un'area di 1.2.00 mq.

4. l boschi e Le paludi

Nel mondo greco come in quello romano il paesaggio urbano e la natura Boschi e paludi
dominata delle campagne coltivate sono intimamente legati all'idea stessa di nell'immaginario
civiltà e di quanto di positivo è implicito in tale concetto. La natura selvaggia antico
di foreste, paludi e acquitrini è associata, al contrario, al disordine e alla bar-
barie, in quanto aree non abitabili o coltivabili e dunque collocate ai margini
dello spazio umanizzato.

209
L'urbanistica: città e paesaggi

Si tratta di un'immagine idealizzata che si è venuta creando con una mentalità


agraria legata a esigenze di pianificazione centralizzata, che unisce la città alla
terra coltivabile e che elimina e riduce gli spazi diversi. Così per Strabone (Geo-
grafia III, 4, 9; IV, I, 2.) nella ehora di Ampurias, nella penisola iberica, alla parte
"buona" si contrappone una parte disseminata di giunchi palustri, mentre la
Gallia è considerata una terra ricca e fertile a eccezione dei terreni ricoperti
da boschi e paludi. Tale visione, tuttavia, non coincide del tutto con la realtà
poiché queste aree marginali appaiono invece frequentate, abitate e sfruttate.
Economia del bosco Nella mentalità antica l'ambiente montano si caratterizza per l'asprezza del
clima e la povertà dei suoli: la natura dei luoghi determinerebbe i comporta-
menti di coloro che vi risiedono rendendoli rudi, selvatici e dediti al brigantag-
gio. L'economia della montagna non è tuttavia di sola sussistenza: basti pensa-
re all'allevamento transumante, che vede proprio nella montagna uno dei poli
dell'alternanza stagionale tra i pascoli di pianura (invernali) e gli alpeggi (esti-
vi), o all'allevamento brado dei suini, che costituisce una tipica forma dell'e-
conomia della selva. Strabone (Geografia III, 4, I I; IV, 6, 2.) ricorda la rinomata
produzione di prosciutti degli iberici cerretani e i commerci di bestiame, pelli,
miele e legname intrattenuti dai liguri nei mercati di Genova ( Genua ). Pro-
prio i manti boschivi che si sviluppano lungo le coste, nelle aree di pianura o
in quelle montane, con le essenze vegetali tipiche delle diverse latitudini e dei
diversi ambienti, sono soggetti a forme più o meno sistematiche di sfruttamen-
to, consentendo lo sviluppo di un'economia silvopastorale che incide nell'ar-
ticolazione territoriale e nell'organizzazione produttiva di intere regioni. La
presenza di estese selve pubbliche e del loro sfruttamento per la cantieristica
navale in epoca etrusca è attestata da Livio (Storia di Roma XXVIII, 45), che ri-
corda gli ingenti contributi in legno e attrezzature che le città federate etrusche
nel2.os a.C. forniscono a Scipione per la spedizione in Africa contro Annibale.
È proprio la costruzione delle flotte e la necessità di ottenere la pece necessaria
alla loro impermeabilizzazione (calafataggio), oltre agli usi nell'edilizia e nelle
produzioni artigianali, a comportare la distruzione di ampie distese boschive:
«Tagliamo gli alberi cresciuti spontaneamente, o che noi stessi abbiamo col-
tivati, e del materiale che ne ricaviamo, in parte, facciamo legna da ardere per
cuocere i cibi e per riscaldarci, in parte lo utilizziamo per costruire, per pro-
teggerei dal caldo e dal freddo. Il legname è di grande utilità per la costruzione
delle navi» (Cicerone, La natura degli dei n, 6o, ISO-IS2.).
Sfruttamento In Italia le modifiche più marcate al paesaggio si verificano a partire dal II
intensivo secolo a.C., dopo la Seconda guerra punica, quando intere regioni sono
e depauperamento confiscate e annesse all' ager publicus, diventando cioè proprietà dello Stato.
dei boschi in età L'espansione di Roma nel Mediterraneo e la crescita rapida della sua econo-
romana mia comportano infatti lo sfruttamento intensivo e il depauperamento dei
boschi: si possono generare così forti contrasti con le comunità locali, che
utilizzano invece l' ager publicus nelle forme tradizionali dell'allevamento e
della raccolta della legna.

210
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA g Peso lignario (Ocriculum, Antiquarium di Casale S. Fulgenzio; fine IV sec. d.C.)

Fonte foto dell'autore.

Nel presentare l'economia della selva nel territorio dei bruzi, in Calabria,
Dionisio di Alicarnasso (Antichita romane xx, 4-6) distingue i diversi tipi di
sfruttamento in relazione alle possibilità di trasporto del legname: quello più
vicino al mare o ai fiumi è trasportato ai porti vicini in tronchi di grandi di-
mensioni adatti alla cantieristica navale ed edile; il legname che cresce invece
lontano dal mare e dai corsi d'acqua è tagliato a pezzi adatti alla fabbricazio-
ne di utensili di vario genere e a ricavarne pece ed è trasportato a spalla. La
presenza di torrenti e fiumi consente il trasferimento del legname anche per
lunghe distanze affidandolo alla forza della corrente (fluitazione). La pratica
è utilizzata in modo particolare in regioni boscose come le Alpi bellunesi, do-
ve dalle vallate dolomitiche il legname è trasportato verso la pianura veneta
e ad Altino attraverso il Piave e i suoi principali affluenti. La presenza di per-
sonaggi implicati nella commercializzazione del legno (dendrophori) e nella
sua lavorazione (jàbri), attestati in varie epigrafi della zona, documentano
l'organizzazione e l'intensità del traffico.
Roma rappresenta un mercato di amplissime dimensioni: le enormi quan-
tità di legname necessarie al suo approvvigionamento provengono in gran
parte dalle dorsali appenniniche che gravitano sul Tevere. Tale commercio è
attestato ad esempio a Ocriculum, centro e porto fluviale, dal recente rinve-
nimento di un peso in marmo della fine del IV secolo d.C., la cui iscrizione
indica proprio l'attività di controllo dei carichi di legname (fig. 9 ). Il riforni-
mento della capitale coinvolge anche le regioni vicine come l'Etruria: Pisa,

211
l'urbanistica: città e paesaggi

grande mercato delle risorse provenienti dall'ampio distretto appenninico


collegato ai corsi dell'Arno e dell'Auser, è ricordata da Strabone (Geografia v,
2, s) per il legname utilizzato nella cantieristica navale ed esportato a Roma
per l'edilizia.
Boschi sacri Tra le economie del bosco rientra anche quella connessa alla gestione dei bo-
schi sacri: in Grecia (dlsos) è un aggregato vegetale in qualche modo segnato
dall'intervento dell'uomo, in modo analogo a quanto avviene per il bosco
sacro in area romana (lucus), corrispondente in realtà a una radura praticata
all'interno del bosco (nemus). Una serie di norme rivolte alla protezione del
bosco sacro restituisce l'immagine di un ambiente agricolo-forestale in parte
naturale e selvaggio includente però radure, pascoli, campi coltivati, vigneti
e frutteti: uno spazio diversificato, sfruttato per le necessità economiche del
santuario. LaLex Luci Spoletini (ciL I', 366), di III-II secolo a.C., ad esempio,
proibisce l'asportazione di ciò che appartiene al bosco sacro e il taglio della
legna, eccetto per la celebrazione del sacrificio annuo, prevedendo per i con-
travventori una pena pecuniaria.
Sfruttamento L'interesse rivolto al bosco e allo sfruttamento delle sue risorse muta nel tem-
del bosco po e, insieme ad altri indicatori, è rivelatore di trasformazioni economiche
nelle opinioni nel lungo periodo, come è possibile rilevare nel corso della tarda età repub-
degli agronomi blicana e della prima età imperiale (II sec. a.C.-I sec. d.C.). Nella graduatoria
delle colture redatta da Catone il bosco da taglio (silva cedua), il terreno pian-
tato ad alberi (arbustum) e il bosco da ghiande (glandaria silva) occupano
gli ultimi posti, ma già al tempo di Cicerone lo sfruttamento della selva può
essere addirittura preferito a quello del vigneto. Si assiste infatti a un consi-
stente aumento della richiesta di legname da costruzione, da riscaldamento
e per la produzione della calce e dei laterizi legata all'incremento dell'attivi-
tà edilizia pubblica e privata e alle crescenti attività artigianali connesse alla
produzione ceramica, vetraria e metallurgica. Varrone e Columella attestano
infine la presenza fra i teorici dell'agricoltura di una corrente di pensiero che,
invertendo la classifica catoniana, privilegia le attività a basso investimento
di risorse e a rendimento sicuro, come l'economia della selva e l'allevamento.
L'affermazione di questa tendenza si accompagna alla crisi italica delle pro-
duzioni di pregio come quella del vino.
Boschi italici La richiesta di legname italico resta costante per tutta l'età imperiale e du-
in epoca tardoantica rante l'età tardoantica non si registra alcun impoverimento del patrimonio
boschivo. Una testimonianza del processo di rimboschimento spontaneo tra
età tardoantica e medievale, come esito della progressiva riduzione del suo
sfruttamento, è indirettamente indicata dal graduale calo delle piene del Te-
vere e dalle inondazioni che investono Roma dopo che i disboscamenti dei
secoli precedenti avevano intensificato i fenomeni alluvionali; già Plinio il
Vecchio (Storia naturale XXXI, 30, 53) infatti ricorda: «Spesso tuttavia strap-
pando il bosco alle colline le acque di scolo si uniscono a formare torrenti
devastanti: il bosco trattiene le acque e le disperde».

212
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

Le aree paludose rappresentano un altro elemento caratteristico dei paesaggi Intervento dell'uomo
del mondo antico, diffuse in gran parte delle coste, lungo i fiumi e in mol- sulle aree umide
te pianure: malgrado le modifiche apportate ali' assetto idraulico di alcuni
territori, l'antichità non ha conosciuto un intervento integrale dell'uomo
sull'ambiente. Questo è piuttosto assecondato, con il risanamento delle aree
che si prestano naturalmente alla bonifica idraulica o con limitate azioni di
controllo. Spesso l'intervento non si spinge oltre il consolidamento di un
equilibrio tra i benefici dello sfruttamento economico della palude e gli
svantaggi derivanti dalla sua mancata bonifica per l'uso agricolo. Non costi-
tuiscono opere di bonifica integrale nemmeno le centuriazioni romane che,
almeno inizialmente, si limitano a razionalizzare l'assetto idrico delle zone
che meglio si prestano ali' intervento.
Le potenzialità offerte dalle aree umide in relazione alloro sfruttamento eco- Popola mento
nomico, alloro impiego come vie d'acqua e alla possibile funzione di difesa delle aree umide
naturale hanno rappresentato nel tempo motivi di richiamo per lo sviluppo di
villaggi e talvolta anche di veri e propri centri urbani, anche in considerazione
del fatto che in certe regioni la palude costituisce in definitiva un fenomeno
inevitabile. Appare inoltre evidente alla mentalità antica che non tutte le paludi
sono uguali: Vitruvio distigue infatti tra quelle malsane che ristagnano e non
hanno via di sbocco attraverso fiumi e canali, come quelle Pontine, e le paludi-
lagune salubri della costa altoadriatica (Vitruvio, Architettura I, 4, 11-12 ).
Lagune e paludi che si sviluppano lungo le coste possono offrire riparo alla
navigazione di cabotaggio sollecitando lo sviluppo di insediamenti a carattere
commerciale (empori) nei luoghi in cui i traffici marittimi si legano a quelli di
un vasto entroterra. Sono esemplificative al riguardo le zone lagunari dell'alto
Adriatico che permettono una navigazione riparata dal mare aperto: qui, a par-
tire dalla seconda metà del VI secolo a.C., gli etruschi attivano l'emporio inter-
nazionale di Spina, frequentato da greci e da altre comunità etniche. L'abitato,
adattandosi al difficile contesto ambientale, si imposta su piani artificialmente
rialzati e consolidati mediante l'uso di palificazioni. La mancanza della pietra
per l'edilizia di Spina è supplita dal legno dei boschi circostanti; le canne della
laguna sono impiegate per realizzare pareti e tettoie, mentre con le altre pian-
te dell'ambiente fluvio-palustre si creano fascine da stendere come pavimenti.
Presso paludi sorgono alcuni tra i centri più rilevanti del mondo antico, come
Pella in Macedonia, Alessandria in Egitto, Terracina e le città della fascia lagu-
nare altoadriatica: Aquileia, Altino, Padova e Ravenna. Alcune di esse trovano
nelle paludi strategici elementi di difesa: di Alessandria, infatti, Flavio Giusep-
pe (Guerra giudaica II, 386) dice che «ha per mura fiumi e paludi», mentre
Ravenna, secondo Procopio di Cesarea (Guerra gotica I, 1, 18), «non può essere
raggiunta dalla fanteria da nessuna parte».
Sottolineando l'importanza dell'agricoltura, le dottrine agrarie greche e Economia
romane hanno contribuito a presentare come marginali le aree palustri, per della palude
quanto la condizione necessaria per praticare l'agricoltura fosse rappresen-

213
L'urbanistica: città e paesaggi

tata dal giusto equilibrio fra terra coltivabile, foresta e terreni acquitrinosi:
il fondo del cavaliere Mamurra, amico di Cesare (Catullo, Carmi, us), è ri-
tenuto particolarmente ricco perché comprende tutti insieme prati, campi,
boschi immensi, pascoli e acquitrini. Le aree umide possono infatti essere
sfruttate per una pluralità di scopi, favorendo lo sviluppo di un'economia
della palude: vi può essere praticata la pesca e la caccia, tra cui molto diffuse
quelle al cinghiale palustre e all'anatra selvatica; le anatre vi possono anche
essere allevate e, per la qualità dell'erba, queste aree possono essere destinate
a pascolo (Columella, L 'arte dell'agricoltura VIII, 15, 1-3; VI, 27, 2; VII, 9, 6-7).
Esiste inoltre un'agricoltura della palude: Plinio il Vecchio (Storia naturale
XIV, 8; 110) ricorda la vite del Cecubo, coltivata nelle paludi pontine, e le
vendemmie nelle paludi nel territorio di Padova; mentre Columella (L 'arte
dell'agricoltura XII, 21, 4; III, 13, 8) menziona l'esistenza di vitigni palustri e
ricorda il territorio paludoso di Ravenna coltivato a vigneto.
Le lagune e gli stagni costieri, particolarmente diffusi lungo le coste della
Campania, possono essere attrezzati per l'allevamento di ostriche o altri frut-
ti di mare ( Columella, L 'arte dell'agricoltura VIII, 17) ed essere trasformati
in saline. L'importanza di queste ultime nell'antichità è legata alla funzione
primaria che il sale svolge come alimento per gli uomini e il bestiame e per la
conservazione del cibo. Roma dispone delle saline che si dislocano presso la
foce del Tevere dove, su entrambe le sponde, si trovano paludi salmastre. Sul-
la riva destra, originariamente controllata dalla città etrusca di Veio, un' iscri-
zione databile tra la fine del n e l'inizio del m secolo d.C. ricorda l'esistenza
del campus salinarum Romanarum (cn XIV, 4285); da qui la via Campana-
Portuensis e quindi la via Salaria consentono la distribuzione del sale fìno
alle regioni appenniniche. Le saline sono diffuse presso le aree lagunari di
tutto il Mediterraneo e si legano all'attività della pesca offrendo sviluppo agli
impianti per la salatura del pesce.
Per la disponibilità delle materie prime che offrono, banchi di argilla e legname
dalle foreste, le aree acquitrinose divengono inoltre spesso la sede privilegiata
per l'impianto di fornaci funzionali alla produzione ceramica e laterizia, come
ad esempio quelle particolarmente attive delle Valli Grandi Veronesi.
Aree umide Quel rifiuto per il mondo diverso e marginale della palude, che aveva carat-
nella tarda antichità terizzato il pensiero antico centrato sulla dimensione urbana, si allenta gra-
datamente in epoca tardoantica quando gli stessi elementi marginali, come la
foresta e la palude, entrano più nitidamente nella percezione del paesaggio.
Il frequente riferimento alle paludi non corrisponde a un impaludamento
generale e diffuso, né suggerisce necessariamente che esse siano la causa prin-
cipale di fenomeni di decadenza o abbandono delle campagne, attribuibili
a più ampie e complesse dinamiche storiche di cui le paludi stesse sono una
delle conseguenze. La loro menzione riflette piuttosto la presentazione di
una realtà sempre esistita, ma fino ad allora trascurata da una mentalità anco-
rata ai modelli classici.

214
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

5. le manifatture ceramiche

La necessità di provvedere ai materiali da costruzione, alla suppellettile fittile Presupposti


della vita quotidiana e ai contenitori per la conservazione dei prodotti agricoli per l'impianto
determina l'impianto di officine non solo presso i centri urbani, ma anche nel di un'officina
territorio (cap. 3, par. 8 ). L'allestimento di una fornace, destinata a soddisfare ceramica
richieste più ampie del semplice autoconsumo, necessita di un territorio di ri-
ferimento sufficientemente insediato, in grado di offrire almeno un mercato
locale, e attraversato da vie di terra o di acqua adatte al trasporto di una merce
pesante e fragile. È necessario inoltre che l'area presenti un'ampia disponibilità
di materie prime: acqua, legname e argille adatte alla cottura.
In Grecia l'impianto di officine nella chora, fenomeno che appare poco docu- Officine nei territori
mentato per l'età arcaica, comincia a manifestarsi più chiaramente a partire delle città greche
dal IV secolo a.C. In Attica, ad esempio, oltre a rare attestazioni di fornaci
rivolte alla produzione ceramica, come quelle di Tsepi, lungo la strada tra
Atene e Maratona, o di Ano Voula, sono noti impianti per la produzione di
materiale architettonico. Un ergastérion di grandi dimensioni è in attività a
partire dalla fine del v secolo a. C aSpata, in un'area densamente frequentata
e contraddistinta da insediamenti sparsi: una successione di fornaci di va-
rie dimensioni attesta la continuità produttiva di tegole e antefisse per circa
due secoli. Nell'area produttiva non sono riconoscibili ambienti abitativi,
che sembrano invece svilupparsi al di fuori dell' ergastérion. Le produzioni
del nucleo artigianale di Spata, come quelle dell'impianto più piccolo di Ar-
ghiroupoli, composto da una fornace e da un essiccatoio, sopperiscono alle
esigenze di uno o più demi della Mesogea, o forse di un ambito ancora più
ampio. Lo stretto legame tra il mercato, anche urbano, e la disponibilità di
materia prima è ben rilevabile anche nella chora di Kamarina, dove le aree
artigianali per la fabbricazione di terrecotte sono legate agli affioramenti ar-
gillosi: alcune risultano più vicine alla città, come quella sull'ansa dell'Ippari,
altre si dislocano lungo l' Oanis (odierno Rifriscolaro ), con tracce di lavora-
zione di prodotti fittili, depositi di anfore e argilla cruda; alla foce del fiume,
dove sono più consistenti i banchi argillosi, è impiantata una fornace a pianta
circolare ancora in età ellenistico-romana.
Nella valle del Sinni, in territorio lucano, le fornaci per la produzione di ma- Officine
nufatti di difficile e costoso trasporto (materiale edilizio per la costruzione e nel territorio lucano
la manutenzione degli edifici e recipienti di grandi dimensioni) sono dislocate
presso le numerose fattorie e sono probabilmente gestite da maestranze itine-
ranti. Una situazione diversa rispetto al quadro delineato è presente a Mon-
te Sant'Oronzo, dove è stato individuato un complesso produttivo discosto
dai centri abitati e rivolto anche al commercio, come indicano gli stoccaggi
di tegole e grandi contenitori e la produzione di ceramica a vernice nera e fine
depurata; il centro manifatturiero prosegue a lungo le sue attività grazie alla
disponibilità delle risorse boschive e alla presenza di argille di buona qualità.

215
l'urbanistica: città e paesaggi

Rapporto La relazione tra la dislocazione delle fornaci, la disponibilità della materia


tra fornaci, ambiente prima, il popolamento e la viabilità è percepibile in modo evidente anche nel-
e popolamento le manifatture che in epoca romana si distribuiscono a media e ad alta quota
in età romana: nell'Appennino piacentino e parmense, appartenente in antico al territorio
Ve/eia di Ve/eia_ Gli impianti si localizzano preferibilmente presso le grandi palco-
frane assestate, dove si formano depressioni colmate da depositi fini lacustri
e palustri e dove trovano sede consistenti giacimenti di argilla adatta alla pro-
duzione laterizia. L'impianto di fornaci è qui attirato anche dalla presenza di
condizioni favorevoli per gli insediamenti agricoli e la viabilità: i dorsi delle
paleofrane assestate, grazie alla loro scarsa acclività, permettono infatti un
agevole passaggio ai percorsi che risalgono dal fondovalle al crinale.
Manifatture Nei territori assegnati alle colonie sono spesso realizzate manifatture a diver-
a carattere locale sa scala produttiva: sono presenti impianti a carattere locale o temporaneo,
e temporaneo come le piccole fornaci connesse a insediamenti rurali per la produzione di
fittili di uso comune, o quelle provvisorie di cantiere per la produzione di
laterizi, successivamente obliterate dalle strutture stesse dell'edificio in co-
struzione.
Grandi officine Accanto alle piccole fornaci annesse alle fattorie, officine produttive anche
per le esigenze di grandi dimensioni, caratterizzate da un elevato grado di specializzazione,
della città si dislocano in posizione intermedia tra la città e il territorio per soddisfare
e del territorio le richieste dell'edilizia urbana e rurale. Complessi artigianali destinati alla
produzione e distribuzione di manufatti per un mercato locale e/ o regio-
nale a medio raggio appaiono estremamente frequenti, da quello indivi-
duato al Vingone di Scandicci, nato in relazione alla fondazione di Firenze
per rispondere alle pressanti esigenze legate all'insediamento dei coloni e
agli edifici della città, a quelli numerosi dell'area padana. Un articolato
complesso artigianale di questo tipo è stato recentemente individuato nel
centro storico di Massa (piazza Mercurio), area in antico afferente alter-
ritorio della colonia di Luni. La depurazione dell'argilla, che richiede la
sedimentazione in acqua ferma o la levigazione in acqua corrente, è affidata
a un sistema di almeno tre vasche rivestite in cocciopesto, due delle quali
comunicanti e dotate di "chiuse" e forse servite da un ruscello che discen-
de dalle retrostanti colline. A breve distanza dalle vasche, resti di muri in
fondazione fanno supporre la presenza di una struttura coperta per quel-
le lavorazioni che richiedono uno spazio ampio e aerato, ma riparato. La
fabbricazione delle tegole e dei coppi si svolge probabilmente all'aperto,
necessitando di uno spazio ancora più ampio, anche per le fasi di essicca-
zione_ Sono state individuate almeno due fornaci a pianta circolare, alline-
ate e semi-incassate nel versante della collina rivolto a sud. Quella indagata
integralmente è delimitata da uno spesso muro in grandi mattoni crudi sul
quale si impostava la copertura (fig. 10 ). Nella camera di combustione due
file di setti murari e archetti in pietra sostengono lo spesso piano di cottura
in cui è presente una regolare serie di fori per la risalita del calore. Nume-

216
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 10 Massa, piazza Mercurio, una delle fornaci del complesso artigianale per la
produzione ceramica (11-1 sec. a.C.)

Fonte: Fabiani, Paribeni (2012).

rose fosse contengono scarti di fornace comprendenti tegole e coppi ma


anche pareti e orli di doli e di anfore: queste ultime (greco-italiche tarde e
Dressel1), destinate al trasporto del rinomato vino lunense (Plinio il Vec-
chio, Storia naturale XIV, 8), consentono di datare l'attività del complesso
tra la fine del II e il I secolo a.C.
Produzioni specializzate di contenitori fittili si pongono infatti al servizio Produzioni
delle esigenze di commercializzazione di prodotti alimentari (vino, olio, ce- specializzate
reali, salse di pesce). Le fornaci di Giancola, presso Brindisi, ad esempio, re- per l'esportazione
alizzano nella fase di tarda età repubblicana le anfore necessarie a esportare dei prodotti agricoli
l'olio e il vino di un Visellio (forse cugino di Cicerone) nell'intero mercato
mediterraneo. Molto estesa e organizzata in grandi laboratori costieri risul-
ta anche la produzione anforaria destinata all'esportazione dei vini prodotti
dalle ville schiavistiche dell' ager Cosanus tra l'età repubblicana e la prima età
imperiale. Gli impianti individuati si dispongono significativamente presso i
principali si ti portuali del comprensorio (Albinia, Portus Feniliae, Portus Co-
sanus), connotandosi come manifatture artigianali organizzate su vasta scala
e localizzate accanto alle grandi vie di comunicazione marittime e terrestri.
Non è chiaro se gli atelier appartengano agli stessi grandi viticoltori delle

217
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 11 Albinia, complesso artigianale per La produzione ceramica (fine 11 sec. a.C.-1
sec. d.C.)

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o 10 m
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Fonte: rielaborazione da Vitali et al. (2005).

villae o se esista un ceto imprenditoriale, forse di origine libertina, che si oc-


cupa solo di produrre le anfore necessarie al trasporto. L'impianto indagato
ad Albinia comprende due grandi fornaci a pianta rettangolare, un'ampia
vasca per lo stoccaggio e la preparazione dell'argilla e un muro di recinzione
del complesso (fig. u); la presenza di una maglia regolare di basi di pilastro
tra la vasca e il muro attesta l'esistenza di una grande copertura destinata a
proteggere un'area di molte centinaia di metri quadrati.
Impianti Tra le produzioni ceramiche destinate ali'esportazione, di particolare impor-
per la produzione tanza per la complessa organizzazione produttiva è quella della terra sigillata
di ceramiche italica: esemplificativa la vicenda dei produttori di Arezzo (Arretium) che
da esportazione aprono succursali prima in altri centri italici e poi anche nelle province, co-
me C. Sentius nella pianura padana, a Lione e in Asia Minore. Cn. Ateius
apre succursali a Pisa, con due impianti in area urbana e uno all'imbocco
settentrionale del sistema portuale, presso la foce dell' Auserculus (Isola di
Migliarino), per poi spingersi a Lione e a La Graufesenque in Gallia, attratto
dagli importanti mercati degli stanziamenti militari sullimes renano. Il gran-
de complesso produttivo del vicus Condatomagus, a La Graufesenque, attivo
tra il 1 e il m secolo d.C., che sorge strategicamente alla confluenza di corsi
d'acqua, Tarn e Dourbie, costituisce uno dei più importanti centri ceramici
delle nuove produzioni della Gallia meridionale. Sull'altra sponda del Medi-
terraneo, nella Tunisia settentrionale percorsa dal grande asse fluviale della
Medjerda (Bagradas ), i proprietari italici attivano nei propri terreni le prime

218
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

fornaci di terra sigillata locale, sull'esempio delle sigillate italiche e sudgalli-


che e, con la trasmissione di saperi e tecnologie, segnano l'avvio delle grandi
produzioni africane che domineranno i mercati mediterranei sino alla fine
del mondo antico.

6. le cave e le miniere

Montagne dalle cime tagliate, pareti sezionate e intere scogliere sbancate Un paesaggio
sono tra i segni più impressionanti della capacità dell'uomo di modellare il modificato
paesaggio, sottraendo ingenti quantità di roccia per realizzare altrove, anche dall'attività
a notevole distanza, edifici di ogni genere. A Chemtou (Simitthus), a Doci- estrattiva
mium e a Lesbo sono state cavate intere porzioni di montagne, lasciando al
loro posto ingenti accumuli di materiali detritici, residuo delle attività estrat-
tive. Già gli antichi erano consapevoli del forte impatto che le cave recavano
all'ambiente, se Plinio il Vecchio (Storia naturale XXXVI, 1-3) si rammarica
che si trasportino sul mare, senza nessun altro scopo che il piacere, «ciò che
un tempo erano le vette delle montagne».
A ogni grande monumento o a ogni centro urbano, che richiedono un'e- Cave di pietra
norme quantità di pietra, corrispondono luoghi di estrazione, possibilmente ordinaria prossime
non troppo distanti per evitare gli alti costi di trasporto, secondo una prassi ai luoghi di impiego
comune in ogni tempo e in ogni luogo. Ad alcuni chilometri da Selinunte, ad
esempio, un banco di calcarenite è sfruttato tra la metà del VI e la fine del v
secolo a.C. per la realizzazione del tempio G; le operazioni si interrompono
con l'abbandono del cantiere del tempio, lasciando in posto capitelli, archi-
travi e cocchi di colonna che testimoniano le diverse fasi estrattive (fig. 12.);
in modo analogo, ad Antas, in Sardegna, per il santuario punico e romano

FIGURA 12 Selinunte (Se/inus), cave di Cusa (metà v1-v sec. a.C.)

Fonte: Tusa (20toa).

219
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 13 Baalbek (Heli6polis), cave antiche con un enorme blocco di pietra (21,72 x 4.25
x 5,35 m) lasciato in posto

Fonte: foto dell'autore.

di Sardus Pater, o a Baalbek, per il tempio di Giove, sono attivate cave per
estrarre i blocchi a pochissima distanza dai cantieri (fig. 13). A Populonia
sono impiegate esclusivamente pietre di provenienza locale, in particolare il
macigno {arenite) e la cosiddetta "panchina di mare" (calcarenite). Questa,
facilmente riducibile in conci, è estratta dalle vicine cave delle Grotte e di
Buche delle Fate ed è utilizzata in modo sistematico nei sepolcri gentilizi e
nei complessi pubblici (fig. 14). In Africa Proconsolare, sull'altopiano dello
Ksour, le basse colline che circondano Althiburos sono completamente ridi-
segnate da estesi fronti di cava per l'estrazione della pietra calcarea necessaria
alla realizzazione della città numida e poi romana (fig. 15).
Cave di pietre l materiali lapidei caratterizzati da particolari qualità estetiche, da una
pregiate distanti migliore resistenza o da un maggior grado di lavorabilità possono inve-
dai luoghi ce essere trasportati per distanze assai maggiori, divenendo oggetto di
di impiego un commercio sovraregionale. La vicinanza degli affioramenti al mare o
ai fiumi navigabili ne rende indubbiamente più agevole lo sfruttamento,
come avviene ad esempio per le cave che si aprono direttamente sul mare
nel promontorio di Aliki a Thdsos (fig. 16). Tale posizione non costituisce
tuttavia un requisito indispensabile per l'avvio dell 'attività estrattiva, poi-
ché la motivazione principale è costituita sempre dal reperimento di pierre
dalle particolari qualità estetiche: ciò spiega l'ubicazione di molce cave in
luoghi non particolarmente distanti dal mare, ma disagevoli da raggiunge-
re, come il distretto estrattivo del Tenaro nella penisola di Mani {Laconia)

220
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 14 Populonia (Pupluna), cava di calcarenite dal bacino di Buche delle Fate

Fonte: Camporeale, Pais (2009).

FIGURA 15 Althiburos. fronte di cava

Fonte: foto dell'autore.

221
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 16 Thasos. cava di marmo sul mare: alte pareti ai lati e fronte a gradoni sul fondo

Fonte: Bruno (2002).

con le cave di rosso antico di Lagia-Oimaristika e quelle di bigio antico e


cipollino verde di Capo Tenaro.
Organizzazione L'organizzazione di una cava risulta tanto più articolata quanto maggiori so-
della cava no le sue dimensioni e la quantità del materiale estratto, coinvolgendo un'in-
gente quantità di personale con specializzazioni diverse e gerarchicamente
organizzato, fino al complesso sistema centralizzato che lo sfruttamento di
queste risorse assume quando divengono parte del patrimonio imperiale. Il
ciclo della produzione comporta la creazione di complesse infrastrutture che
incidono in modo marcato sulla pianificazione dei territori e delle città coin-
volte: dall'organizzazione del cantiere estrattivo alla creazione di un'adegua-
ta viabilità, di luoghi di stoccaggio, di aree artigianali e di strutture portuali.
La cava può essere coltivata a giorno (o a cielo aperto) o in galleria. Nel pri-
mo caso, dopo l'eliminazione dello strato superficiale di roccia disgregata,
la pietra è estratta dall'alto verso il basso, con la progressiva asportazione di
elementi parallelepipedi, creando un fronte di cava a gradoni. Alla base del
blocco da estrarre, isolato dal banco roccioso su tre lati verticali mediante
trincee realizzate con il piccone, sono praticati un solco e una serie di fori in
successione entro i quali sono inseriti cunei metallici che, percossi, ne deter-
minano il distacco. La cava in galleria procede invece in profondità nel banco
roccioso attraverso ambienti e diramazioni come le gallerie create sull'isola
di Paros: la maggiore raggiunge la lunghezza di 130 m e una profondità di 64
m rispetto all'imboccatura esterna. Dalle cave, disposte sui rilievi montuosi,

222
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 17 Atene (Athénai), Monte Pentelico, particolare della pavimentazione di una via
per il trasporto dei blocchi di marmo (via di lizza}

Fonte. Bruno (2002).

a una certa distanza dal mare, i blocchi sbozzati o semilavorati sono portati a
valle sfruttando il declivio stesso del rilievo o fatti scivolare su slitte lungo le
superfici lastricate, opportunamente tracciate (vie di lizza: fig. 17 ); per mezzo
di carri sono infine trasportati ai depositi presso i punti di imbarco. Ogni
area di estrazione fa capo infatti a un'area portuale, dislocata nella città più
vicina alla cava: ad esempio, il Pireo per i marmi dell'Attica; il porto di Car-
tagine per molti marmi estratti nell'Africa nord-occidentale; quello di Ales-
sandria per i porfidi e i graniti che risalgono il Nilo da Assuan o dal deserto
orientale; il porto di Efeso, dove confluiscono vie commerciali dall'interno
dell'Asia Minore e dove è imbarcato, oltre al marmo efesino, il pavonazzetto
proveniente da Docimium, dopo un lungo percorso terrestre e fluviale.
In Italia il sito estrattivo più importante è quello del marmo apuano, che fa Cave di Luni
capo alla colonia romana di Luni. Dopo un utilizzo già in epoca etrusca, il
marmo apuano inizia a essere sfruttato dal 1 secolo a.C. e, in modo intensivo,

223
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 18 Modellino in gesso della cava romana di Fossacava (Carrara, Museo civico del
marmo)

Fonte: De Nuccio, Ungaro (2002).

da età augustea. La quantità, la varietà dei marmi e la centralità del porto


rispetto alle rotte per Roma e le province occidentali determinano la fiori tu·
ra della città e del territorio coinvolto nelle attività estrattive. Nei tre bacini
marmiferi di Colonnata, Miseglia e Torano i si ti estrattivi sono documentati
da numerose tracce di escavazione e da semilavorati abbandonati in cava. A
Fossacava, nel bacino di Colonnata, si sviluppa, con la forma ad anfiteatro
e le pareti a gradoni, una delle cave lunensi più grandi (fig. 18). Nell'inse-
diamento alla confluenza delle strade che scendono dai tre bacini marmiferi
(nell'area dell'attuale Carrara) avvengono le operazioni di stoccaggio, tassa-
zione e smistamento per l'invio dei marmi al porto.
Cave di Mons Aree estrattive che, a differenza di quelle apuane, non hanno avuto continu-
Claudianus ità di sfruttamento intensivo consentono di ricostruire più compiutamente
l'organizzazione delle cave e dei relativi insediamenti, come quelle imperiali
di Mons Claudianus, Mons Porphyrites e Mons Ophiates nel deserto orientale
egiziano, o quelle di Chemtou in Africa Proconsolare. Nel distretto estrattivo
di Mons Claudianus, il giacimento del cosiddetto granito del Foro è sfruttato
tra I e III secolo d.C. esclusivamente in funzione dell 'architettura di commic-

224
4- Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 19 Mons C/audianus. insediamento di età imperiale di Wadi Umm Hussein

O 50m

Animallines

Fontf!: Hirt (2010).

FIGURA 20 la città romana di Simitthus e il sito estrattivo del marmo giallo antico agli
inizi del m sec. d.C. (Complexe Muséographique et Site Archéologique de Chimtou)

Fonte: disegno di j.-C. Go lvi n.

225
L'urbanistica: città e paesaggi

tenza imperiale. Il complesso centrale del sito, Wadi Umm Hussein, dove si
concentra la maggior parte delle attività amministrative, si compone di un
forte destinato probabilmente a personale civile e militare, un magazzino di
grano, un recinto per animali, un'area di alloggi privati con un bagno e un
tempio a Zeus Helios Serapide (fig. 19). Dall'insediamento si raggiungono
agevolmente le centotrenta cave dell'area, tra le quali si dispongono diciasset-
te torri di guardia che collegano visivamente le cave e il forte di Wadi Umm
Hussein e consentono la sorveglianza del lavoro forzato. I blocchi di granito
cavati sono avviati ai piedi dei rilievi su piani inclinati, fino alle rampe che
consentono di caricarli su carri. Dopo un percorso di 120 km nel deserto, il
granito è infine affidato alle chiatte che discendono il Nilo.
Cave di Chemtou A Chemtou, nella valle della Medjerda, le cave del pregiato marmo giallo
antico, separate dalla città da un muro, si sviluppano sui tre picchi del Gebel
Chemtou (fig. 20 ). A nord del rilievo, nella seconda metà del II secolo d.C., è
impiantato un campo di lavoro costituito da sei vani lunghi e stretti, dotati di
latrine, successivamente trasformato, con l'aggiunta di altri edifici, in labora-
torio marmo rari o. Una strada lastricata unisce le cave al vicino fiume Medjerda
che può essere sfruttato per il trasporto dei blocchi, mentre nei periodi di secca
si utilizza la viabilità di terra per Cartagine o Tabarka ( Thabraca ).
Miniere Altrettanto invasiva, l'attività estrattiva dei minerali, in miniere a cielo aperto
o in gallerie profonde e ramificate che seguono i filoni, ha inciso per secoli il
paesaggio delle aree minerarie, da quelle ricche di argento del Laurion in At-
tica, intensamente sfruttate dal v secolo a.C., a quelle di ferro dell'isola d'El-
ba, contese nel tempo tra le potenze emergenti nel Tirreno, le città costiere
dell'Etruria meridionale prima, Siracusa e Populonia poi, e infine Roma. Le
risorse minerarie delle province sono sistematicamente sfruttate su vasta sca-
la, divenendo assai precocemente anch'esse patrimonio imperiale (fig. 21).
Miniere a cielo Nella penisola iberica miniere a cielo aperto possono interessare i depositi se-
aperto: Astorga condari, come quelli del bacino del Douro ad Astorga dove l'oro eroso dalle
(Asturica Augusta) regioni montuose circostanti si è depositato nei giacimenti alluvionali. Da
questi, il metallo è estratto attraverso la forza erosiva dell'acqua: i depositi
ricchi di metallo sono fatti affiorare riversando sugli strati superficiali una
grande quantità d'acqua, precedentemente raccolta in riserve poste a una
quota superiore; la ganga alluvionale è decantata in una successione di va-
sche, filtrando l'oro in essa contenuto.
Miniere in galleria: Dove il minerale è presente in vene all'interno della roccia, le miniere pos-
Dolaucothi, sono essere condotte anche in galleria come a Dolaucothi in Britannia o a
Tresminas, Ro~ia Tresminas nella penisola iberica. Qui sono utilizzate macchine azionate ad
Montana (A/burnus acqua per frantumare il minerale estratto in pezzi più piccoli che vengono poi
Maior) macinati: la polvere ottenuta è fatta decantare in vasche per separare la roccia
sterile dal minerale d'oro, riducendo così le scorie dalle cariche di fusione.
Le miniere in galleria presentano particolari problemi tecnici come la ven-
tilazione e il drenaggio, a cui si fa fronte mediante cunicoli per l'areazione

226
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

FIGURA 21 Principali centri di estrazione dei metalli in età romana


.. ..····.......
·~

....
:

·......
·················· ····· ..... .
.
• • l •••

....
.....·. .
............................
CONFINI DEll'IMPERO ROM NANO NEl li SECOLO D.C '•,
~ ARGENTO '•,,
~RAME
STAGNO
*


ORO

fEI\.RO
' •,
..
····· (\
...
···················
l ... . l . l •• l
t PIOMBO

Fonte: Ca rosi (2009),

e canalizzazioni per il deflusso delle acque; i crolli dei condotti sono preve-
nuti con la realizzazione di pilastri e impalcature lignee. Queste sono sta-
te rinvenute, ad esempio, in alcune gallerie del distretto minerario di Ro~ia
Montana in Romania che, sempre per ragioni di tenuta, sono realizzate in
forma trapezoidale con un'ampia base e un'altezza variabile tra 1,5 e 1,9 m;
nicchie ritagliate sulle pareti accolgono lucerne per l'illuminazione. n limite
imposto dalla falda freatica alla penetrazione nel sottosuolo richiede l' instal-
lazione di sistemi di sollevamento dell'acqua, come le viti di Archimede o le

227
l'urbanistica: città e paesaggi

ruote idrauliche, rinvenute ad esempio nelle miniere di rame di Rio Tinto


e di Sotiel Coronada nel sud-ovest della penisola iberica o a Dolaucothi in
Britannia.
Gli operai coinvolti nell'attività mineraria vivono e muoiono nelle imme-
diate vicinanze del loro luogo di lavoro: ciò appare evidente, ad esempio,
sulle colline intorno al centro minerario di Ro~ia Montana, dove gli abi-
tati sparsi, le necropoli e i santuari si dislocano proprio nei pressi dei siti
estrattivi.

Riferimenti bibliografici

Il tema del suburbio è stato solitamente trattato come argomento marginale


nell'ambito di ricerche dedicate alla città e alla campagna, per diventare solo in an-
ni relativamente recenti un argomento specifico della riflessione critica. La centra-
lità del suburbio di Roma nelle fonti, soprattutto in quelle letterarie, ne ha fatto
un caso di studio particolarmente sviluppato: QUILICI (1974); COARELLI (1986);
SPERA (1999); LA REGINA (2.001-08); PERGOLA, SANTANGELI VALENZANI, VOLPE
(2.0o3); WITCHER (2.005); JOLIVET et al. (2.009). Per i suburbi di altre città itali-
che e provinciali: CARANDINI (1983); CLEARY (1985); FERNANDEZ VEGA (1994);
ORTALLI (1997); BEDON (1998); ANTICO GALLINA (2.ooo); SCAGLIARINI (2.oos);
BRECCIAROLI TABORELLI (2.007 ); GOODMAN (2.007 ); ANNIBALETTO (2010a);
GARRIGUET (2.010); VAQUERIZO (2.010). Un riesame critico di ampio respiro del-
le fonti archeologiche, letterarie, epigrafiche e iconografiche sul tema del suburbio
è presentato da ultimo in ANNIBALETTO (2.010b), con particolare attenzione allo
sviluppo diacronico. Il distacco della ricerca archeologica dall'idea letteraria latina
di suburbio ha ampliato lo studio alle realtà peri urbane del mondo greco e preroma-
no: CASTOLDI (2.0oo); GRILLI (2.000); BELARTE, PLANA (2.012.); MENJOT, COLIN-
BOUFFIER, BRELOT (in stampa).

Per l'approfondimento di specifiche tematiche in relazione al suburbio, sugli spazi


funerari: PURCELL (1987 ); FIOCCHI NICOLA! (2.003). Sugli horti (giardini o vil-
le con parco): CIMA, LA ROCCA (1998); CIMA, TALAMO (2.008). Sulle aree ortive:
CARANDINI (1985). Sui luoghi religiosi: LEGA (1995); FIOCCHI NICOLA! (2003).
Sulle discariche: DUPRÉ RAVENTOS, REMO LÀ (2.000 ). Sulle infrastrutture idrauli-
che: BANNO N (2.001). Sulle ville suburbane e la proprietà fondiaria: QUILICI (1979);
SCAGLIARINI CORLAITI (1997); VOLPE (2.0ooa); ADAMS (2.006, 2.008); BUSANA
(2.009 ); SFAMENI (2.006).

Per i santuari extraurbani nel mondo greco: SCHACHTER (1992.); MERTENS


(2.0o6); LIPPOLIS, LIVADIOTTI, ROCCO (2.007). Per l'area etrusca: BARTOLONI
(2.012.). In particolare per il Fanum Voltumnae: DELLA FINA (2.012.). Per il santuario
di Gravisca: FIORINI (2.005). Per la grotta di Castelvenere: MAGGIANI (1985). Per
l'area sacra di Sasso Pisano: ESPOSITO (2.005). Per le aree sacre nel mondo puoi-
co: BONDÌ et al. (2.009 ).In particolare per la Sardegna: BONN ET, GARBATI (2.009).

228
4. Organizzare il territorio e le sue risorse

Per esempi di santuari e luoghi di culto in Italia: QUILICI, QUILICI GIGLI (2.003).
Per i santuari italici di età tardorepubblicana: COARELLI (1987 ); D 'ALESSIO (2.010,
2.011). In particolare per il santuario di Spello: CAMERIERI, MANCONI (2.010). Per
il santuario di Ercole a Tivoli: BONETTO (1999). Sui depositi votivi: COMELLA,
MELE (2.005).

Sull'agricoltura greca: ISAGER, SKYDSGAARD (1992.); WELLS (1992.). Per l'insedia-


mento rurale in Grecia e nelle colonie della Magna Grecia e della Sicilia: GALLO
(1999 ); CARTER (2.001, 2.005); DI STEFANO (2.001, 2.002.); GRECO (2.001); OSAN-
NA (2.001); HELLMANN (2.010); PARRA, FACELLA (2.011). Sul paesaggio rurale del
mondo punico: VAN DOMMELEN, GOMEZ BELLARD (2.008). In particolare per la
Sardegna e Nora: RENDELI (2.005); VAN DOMMELEN, FINOCCHI (2.oo8). Per un
quadro sulle strutture rurali di età arcaica nel suburbio romano e la loro contestua-
lizzazione in area mediotirrenica: CIFANI (2.0o8). In particolare per il complesso
nell'area dell'Auditorium: CARANDINI, n'ALESSIO, DI GIUSEPPE (2.007). Per la
fattoria in località podere Tartuchino nel territorio di Vulci: PERKINS, ATTOLI-
NI (1992.). Sui dati derivanti da ricognizioni di superficie tra suburbio romano ed
Etruria meridionale: POTTER (1985); RENDELI (1993); CARAFA (2.000, 2.004);
PATTERSON et al. (2.004); DI GIUSEPPE (2.005). Sulle strutture territoriali di età
romana, in particolare vici e pagi: CAPO GROSSI COLOGNESI (2.002.). Per esempi su
vici e pagi: BACCHETTA (2.009 ); ANNIBALETTO (2.010a). Per le forme dell'insedia-
mento rurale in erà romana: Misurare la terra (1983); TODISCO (2.011); BECKER,
TERRENATO (2.012.). In particolare per l'agro romano: DE FRANCESCHINI (2.005).
Per l'area padana: CATARSI DALL'AGLIO (2.ooo). Per l'area pisano-lunense e per la
villa del Varignano: FABIANI, PARIBENI (2.012.); GERVASINI, LANDI (2.012.). Per un
catalogo degli impianti produttivi oleari in Italia: www.paleopatologia.it/Frantoi.
Per le problematiche legate all'insediamento rurale fra tardoantico e alto medioevo
e al tema della fine delle ville: BROGIOLO (1996); ORTALLI (1996); VOLPE, TUR-
CHIANO (2.010); VALENTI (2.011).

Per l'allevamento e l'economia della bosco: MARÒTI (1972.); GIARDINA (1981, 1989).
Sui boschi sacri in area greca: RAGONE (1998).In area italica: COARELLI (1993). Sul-
la fluitazione del legname: FAORO (2.004). Sul ruolo delle paludi nel mondo antico:
TRAINA (1986, 1988).In particolare per il modo greco: FANTASIA (1999). Sugli in-
sediamenti palustri, per Spina: PATITUCCI UGGERI, UGGERI (1993). Per la Gallia:
BORCA (1996). Sulle saline: TRAINA (1992.).

Per le officine ceramiche in Attica: MONACO (2.0oo). Per Kamarina: DI STE-


FANO (2.001). Per la valle del Sinni: QUILICI, Q_UILICI GIGLI (2.0o6). Per l'area
produttiva del Vingone: SHEPHERD et al. (2.0o6). Per gli impianti produttivi in
Emilia: GIORDANI (2.000). Per l'impianto di Massa: FABIANI, PARIBENI (2.012.).
Per le fornaci di Albinia: VITALI et al. (2.005). Per l'agro veleiate: DALL'AGLIO,
DI COCCO, MARCHETTI (2.006). Per le fornaci di Giancola: COCCHIARO et al.
(2.005); MANACORDA, PALLECCHI (2.012.). Per le produzioni di sigillata italica
e le filiali in Gallia: GANDOLFI (2.005a); MENCHELLI (2.005); PASQUINUCCI,

229
L'urbanistica: città e paesaggi

MENCHELLI (10o6). In particolare per La Graufesenque: www.lagraufesenque.


com/FR/LaGraufesenque_Accueil.awp. Per la sigillata africana: GANDOLFI
(10osc); BEN MOUSSA (l007 ). Per la localizzazione delle attività artigianali e
il rapporto con l'insediamento in Gallia Lugdunense e Aquitania: FERDIÈRE
(loo6-o7).
Sui metodi di estrazione e di lavorazione e sul trasporto del marmo: HERZ, WA-
ELKENS (1988); BRUNO (10ol). Per le cave di Cusa a Selinunte: PESCHLOW-
BINDOKAT (1005); TUSA (101oa). Per quelle di Populonia: CAMPOREALE, PAIS
(l009); MASCIONE (1009). Sul marmo in età romana: PENSABENE (10ou). Sulle
cave dei marmi bianchi: PENSABENE (lOOlb). Sull'uso dei marmi colorati e sulle
loro cave: DE NUCCIO, UNGARO (lool). In particolare per le cave lunensi: DOLCI
(1995). Per le cave del Mons Claudianus: PEACOCK, MAXFIELD (1997, lOOI). Sulle
cave e le miniere nel mondo greco e romano: HEALY (1978); HIRT (1010). Sulle
miniere del Laurion in Attica: MORIN, PHOTIADES (loos). Sulle miniere della pe-
nisola iberica: DOMERGUE (1990). Sulle miniere di Dolaucothi in Britannia: AN-
NELS, BURNHAM (1995). Per le miniere di A/burnus Maior in Romania: CAUUET
et al. (loo3).

230
5
Collegare città e territori

t. La città, nodo delle comunicazioni

La viabilità che dalle porte della città si snoda al suo esterno, ponendola al
centro della rete delle comunicazioni, assolve a funzioni talvolta specifiche
e a breve raggio, talvolta polivalenti e destinate a coprire distanze maggiori.
In Grecia e in area coloniale, dove le vie lastricate sono pressoché assenti fino Viabilità in Grecia
all'arrivo dei romani, le strade carrabili sono riconoscibili nei tratti rocciosi e in area coloniale:
dai solchi lasciati dalle ruote, ad esempio sui tavolati calcarei di Siracusa e caratteristiche
Agrigento. La maggior parte dei percorsi presenta un semplice fondo in terra e funzioni
mista a pietrame ed è dotata di una sola carreggiata, con slarghi cadenzati per
le operazioni di manovra.
La viabilità terrestre riveste un preminente ruolo militare, a cui non è tuttavia
estranea anche una funzione commerciale, che si sviluppa comunque princi-
palmente per via marittima. Il Diolkos, la strada pavimentata per più di 6 km
che attraversa l'istmo di Corinto già nel VI secolo a.C., assolve, ad esempio,
ai due compiti, permettendo alle navi militari o commerciali, o a pesanti ca-
richi, di essere trainati su piattaforme !ignee dotate di ruote dal golfo di Co-
rinto al golfo Saronico, superando un dislivello di circa 8o m sul livello del
mare (fig. 1). Il percorso, ampio da 3,6 a s m, è pavimentato con grandi lastre
di pietra disposte in tre file molto regolari, in cui sono presenti solchi distanti
in media circa I, so m, destinati a guidare le ruote dei carri. Su entrambi i lati
si snoda un percorso di terra battuta, percorribile da bestie da soma.
Una ramificata viabilità minore si irraggia nel territorio delle città per lo Viabilità minore
sfruttamento delle risorse, da quelle agricole a quelle minerarie: a Metaponto per lo sfruttamento
o a Kamarina, ad esempio, le strade delimitano la maglia regolare della divi- del territorio
sione agraria del v secolo a.C., mentre a Selinunte una pista rocciosa lunga 12.
km e ampia 9-10 m, con profonde tracce del passaggio di carri, collega le cave
di Cusa con il santuario della Collina orientale.
Tra le funzioni a più breve raggio rientrano le strade che uscendo dalla città Strade verso le
conducono alle sue necropoli, come la strada dal percorso tortuoso di Ka- necropoli
marina, anteriore al v secolo a.C., o le strade processionali che raggiungono e i santuari
i santuari extraurbani, solitamente caratterizzate da un maggiore impegno

231
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 1 loutraki, golfo di Corinto, pavimentazione del dio/kos (VI sec. a.C.)

CORINTHE l LOUTRAKI . Diolkos


SECTEUR de \a IXI'Wi ~KO'f an , ..,re 1984

Fonte: Raepsaet (1993).

monumentale. Bordata di necropoli e dotata di un fondo lastricato, la via


Sacra che collega Atene con Eleusi si amplia talvolta fino a tre carreggiate,
mentre a Siracusa, la via Sacra per l' Olympiéion attraversa la bassura paludosa
su un viadotto di grandi conci.
Caratteristiche In Etruria meridionale le particolari caratteristiche geologiche del suolo deter-
tecniche delle strade minano il fenomeno delle "vie cave" che lentamente, per usura, si approfondi-
etrusche scono nel banco tufaceo, con numerose attestazioni ad esempio nel territorio
di Veio o quelle tra Sovana, Sorano e Pitigliano. Sempre in area etrusca è atte-
stato anche l'uso di consolidare il piano stradale con massicciate di ciottoli e di
ghiaia, come nella strada impiantata tra la fine del VI e l'inizio del v secolo a.C.
nella piana di Lucca, in località Al Frizzo ne, larga oltre 7 m (fig. 2.), o in quelle
realizzate in area padana. A Bologna, la strada che nel v secolo a.C., attraverso
le necropoli suburbane occidentali, giunge in città tra due canali è ampia II m,
si imposta su un'imbrecciata di ghiaia spessa almeno 30 cm e presenta un pro-
filo convesso per il displuvio laterale delle acque. Si tratta di un asse di grande
comunicazione sul quale converge la direttrice della valle del Reno di raccordo
con l'Etruria tirrenica. Nella sua realizzazione monumentale la strada sembra
annunciare e anticipare il prestigio della città verso la quale conduce. Parti-
colarmente curate e monumentali risultano, come in Grecia, anche le strade
che dalla città conducono ai santuari: la strada che unisce Caere al porto e al
santuario di Pyrgi è progettata nella seconda metà del VII secolo a.C. come una

232
5. Collegare città e territori

FIGURA 2 Capannori (Lucca), Località AL Frizzone, strada inghiaiata etrusca (fine v1-inizi
v sec. a.C.)

Fonte: Ciampoltrini, Zecchini (2007).

grande arteria dalle caratteristiche quasi urbane; il piano stradale, che supera i
10 m di larghezza, è costituito da ciottoli, ghiaia e sabbia ed è fiancheggiato da

crepidini in blocchi parallelepipedi di tufo.


Nel territorio romano si hanno testimonianze materiali assai precoci di stra- Le più antiche
de di grande comunicazione e di uso locale. Tra le prime, di .particolare in- strade del territorio
teresse appare un tratto stradale, probabilmente riferibile alla via Lavinatis, romano
rinvenuto ali 'Acqua Acetosa, lungo l'attuale Laurentina. La sede stradale, per
le stesse caratteristiche del suolo tufaceo riscontrate in Etruria meridionale,
si presenta infossata fino a 3 m con un invaso ampio circa 6 m in superficie e
3-3,6 m sul fondo per l'usura determinata dalla sua percorrenza fin dall'viii
secolo a.C. Alla metà del VI secolo a.C. il consumo del suolo è bloccato me-
diante la realizzazione di un piancito stradale ampio 2. m iJ?. scaglie di tufo,
bordato da crepidini; ai lati i marciapiedi, realizzati con la medesima tecnica,
ampliano la sede stradale fino ad almeno 4 m. Canalette di displuvio sui lati
della strada e, nei tratti infossati, sui fianchi in scarpa, proteggono la sede
stradale dalle acque piovane.

233
L'urbanistica: città e paesaggi

Espansione di Roma Lo sviluppo stesso di Roma appare in certa misura legato al suo ruolo di ero-
e sviluppo della rete cevia tra le più importanti vie d'acqua dell'Italia centrale, il Tevere, e i percor-
stradale si che uniscono la costa tirrenica con l'entroterra laziale, etrusco e campano:
la via Campana, ad esempio, che congiunge le saline alla foce del Tevere con
Roma e quindi, nel tracciato della via Salaria, con l'Appennino e la costa
adriatica, costituisce uno dei percorsi più antichi ed economicamente rile-
vanti, che privilegiano la posizione e il ruolo della città. Tutta la successiva
storia di Roma e della sua progressiva espansione è la storia dello sviluppo
della sua rete viaria. Le strade assolvono infatti a finalità militari, per organiz-
zare una spedizione o consolidare una nuova conquista; finalità strategiche,
per facilitare le comunicazioni con le colonie; finalità amministrative, per
collegare la capitale con gli insediamenti principali e con quelli secondari;
finalità economiche, infine, per agevolare traffici e commerci. Da Roma si
diparte dunque la raggiera di strade che inizialmente la unisce ai centri del
Lazio, tra cui la Nomentana (per Nomentum), la Tiburtina (per Tibur), la
Gabina-Praenestina (prima per Gabii e poi prolungata a Praeneste), 1' Ostien-
sis e la Campana-Portuensis per la foce del Tevere. Con l'espansione nel resto
d'Italia si realizzano strade che collegano la capitale con i nuovi territori: tra
la fine del IV e il III secolo a.C. è organizzata una prima trama, le cui direttrici
più importanti sono rappresentate dalla via Appia, realizzata nel312 a.C. pri-
ma fino a Capua e poi fino a Benevento, Taranto e quindi Brindisi, come testa
di ponte per la Grecia e l'Oriente; la via Flaminia, che raggiunge Rimini sulla
costa adriatica e costituisce il principale asse di penetrazione nella Cisalpina;
la via Aurelia, nata dalla necessità di collegare Roma con le colonie militari
dedotte nel territorio sottratto agli etruschi. Con successivi prolungamenti
fra il III e il II secolo a.C., quest'ultima raggiunge la Liguria, divenendo uno
dei principali collegamenti con la Gallia e la penisola iberica. A questi assi, nel
II secolo a.C., si raccordano altre importanti direttrici, tra cui la via A emilia,
da Rimini a Piacenza, e la via Postumia, da Genova ad Aquileia, che attraver-
sano longitudinalmente tutta la Cisalpina e, a sud, la via Popillia-Annia, che
da Capua a Reggio Calabria (Regium) costituisce uno strumento di controllo
politico dei territori attraversati. Contemporaneamente, l'espansione oltre
la Penisola determina lo sviluppo progressivo della rete stradale nei territori
sempre più vasti delle province: tra le strade più antiche è la via Domitia,
realizzata nel121 a.C. per collegare l'Italia alla Spagna, e la via Egnatia, che
raggiunge Salonicco attraverso l'Illiria e la Macedonia (fig. 3).
Accanto alle grandi arterie si incrementa inoltre una rete di strade di ambito
gradatamente più circoscritto: dalle strade che permettono il raccordo tra le vie
principali e i centri urbani, fino alla rete dei percorsi di interesse locale che con-
sentono di penetrare capillarmente nel territorio. Tra queste ultime strade rien-
trano, ad esempio, le vie campestri che delimitano le maglie delle centuriazioni
e che raggiungono le numerose aziende agricole o le strade rivolte verso specifi-
che attività produttive, come quelle estrattive (cap. 4, par. 6) o quelle pastorali.

234
5. Collegare città e territori

FIGURA 3 Rete viaria deLL'impero romano

IXEANUS

ATLANTICUS

B l /'<
l
C A

Fonte: luccardini (2001).

Nelle aree a vocazione pastorizia, infatti, le migrazioni stagionali delle greggi Vie della
tra i pascoli di pianura e quelli montani avvengono lungo appositi tratturi transumanza
(calles). Tali direttrici, seguite fìn da età preistorica, in età mediorepubblica-
na sono organizzate in un'articolata rete controllata dallo Stato. Nei passaggi
obbligati, le porte stesse delle città attraversate dalle vie di transumanza pos-
sono accogliere le operazioni di controllo e di esazione della tassa (scriptura)
dovuta per il pascolo sull' agerpublicus: possono essere riconosciuti come pos-
sibili luoghi dì conta degli armenti il cavedio della porta Consolare dì Spel-
lo, lungo il percorso che dalla Valle Umbra risale verso l'Appennino; quello a
doppio sbarramento della porta occidentale di Peltuinum, lungo il tratturo
che dall'Aquila conduce in Puglia, in parte ripreso dalla via Claudia Nova; e
ancora, lungo il tratturo tra il Tavoliere e il Sannio, il cavedio chiuso da saraci-
nesche della porta di Boiano a Saepinum, posta sotto la protezione di Ercole,
rappresentato sulla chiave di volta. Il ruolo di questa divinità italica nelle at-
tività pastorali appare espresso in forme monumentali a Tivoli nel santuario
suburbano di Ercole Vincitore dell'inizio del I secolo a.C. Le sue imponenti

235
L'urbanistica: città e paesaggi

sostruzioni inglobano, come via tecta, un tratto della via Tiburtina, che, con
il suo prolungamento (via J!aleria), dalle campagne laziali consente alle greg-
gi di risalire la valle deli'Aniene e di raggiungere i pascoli in quota dell'Ap-
pennino. Negli ampi vani adiacenti alla galleria stradale, che costituisce un
passaggio obbligato, possono essere condotte le operazioni di controllo per
la conta delle pecore in transito e il commercio dei prodotti dell'allevamento.
Gerarchia La rete itineraria si compone dunque di un'articolata gerarchia di percor-
delle strade si. Le viae principales, strade di grande importanza itineraria, costituiscono
ovviamente la struttura portante dell'intero sistema e sono realizzate per
espresso volere del potere centrale, che ne cura anche la manutenzione. Que-
sti assi principali sono collegati dalle viae vicinales, a loro volta raccordate e
integrate dalle viae communes, tracciate dalle diverse comunità, e dalle viae
privatae, aperte dal singolo proprietario.
Assi generatori Le strade svolgono un ruolo di rilievo anche nell'organizzazione del terri-
di centuriazioni torio e delle città: molte di esse, infatti, possono essere assunte come assi di
e impianti cittadini riferimento su cui impiantare le centuriazioni dei territori attraversati, come
avviene ad esempio per la via Aemilia (cap. 1, par. 2.), o come assi generatori
degli impianti cittadini, ali' interno dei quali condizionano il reticolo viario e
l'apertura delle porte nei circuiti murari. Così, ad esempio, la Postumia costi-
tuisce il decumano massimo di Verona e Vicenza ( Vicetia) e il cardine massimo
di Libarna e Concordia Sagittaria, mentre l' Aemilia costituisce il decumano
massimo di Bologna, Parma e Piacenza. All'uscita dalle città, lungo il loro trac-
ciato si affacciano, secondo una consuetudine generalizzata, le necropoli e i
monumenti funerari che segnano il paesaggio peri urbano (cap. 3, par. 9 ).
Caratteristiche Le strategie generali che presiedono alla realizzazione delle strade romane,
dei tracciati la sicurezza e la massima rapidità di transito, sono generalmente perseguite
attraverso percorsi che evitano le bassure o impostati su terrapieni e mediante
tracciati tendenzialmente rettilinei, da cui si distaccano diverticoli di collega-
mento ai centri urbani: tra Cesena e Piacenza, ad esempio, la viaAemilia può
essere considerata quasi un unico rettifìlo, lungo 2.35 km.
Caratteristiche I dati a disposizione sulla tecnica costruttiva sembrano indicare che all'ordi-
tecniche ne gerarchico di importanza non corrisponda una differenziazione di tipo
strutturale basata sull'impiego di tecniche costruttive più o meno complesse.
L'uso delle diverse tecniche sembra piuttosto legato a problemi di carattere
geografico ed economico, quali, ad esempio, il contesto ambientale e la repe-
ribilità delle materie prime. Generalmente, all'interno di una trincea scavata
al fine di individuare un terreno abbastanza solido, sono deposti una mas-
sicciata di pietre o uno strato di argilla, uno strato preparatorio di ciottoli,
ghiaia e pietrisco legati con argilla e un rivestimento superiore, anche se una
pluralità di varianti può sostituire la stratificazione canonica. Se il suolo è ce-
devole e di natura paludosa, può essere rinforzato mediante un telaio di ele-
menti lignei longitudinali e trasversali, ancorato a pali piantati verticalmen-
te nel terreno: la massicciata stradale della Ostiensis, ad esempio, nella zona
s. Collegare città e territori

FIGURA 4 Parma, particolare di un'opera di drenaggio realizzata con anfore a fianco di


una massicciata stradale in ghiaia h sec. d.C.)

Fonte: Marini Calva ni (1992).

paludosa delle saline, appare fondata su robusti tronchi di quercia, posti su


file parallele e infissi profondamente fino a raggiungere il terreno più stabile.
Con una funzione drenante è attestato anche l'uso di anfore coricate ai mar-
gini dei tracciati stradali in vaste opere di bonifica, come avviene ad esempio
lungo un tracciato viario alla periferia di Parma, dove le anfore, intercalate a
una palificata, sono distese lungo un'ampia fascia parallela alla strada (fig. 4 ).
A seconda del tipo di rivestimento le strade hanno denominazioni diverse.
Le vie pavimentate con grandi basoli di pietra sono note come viae lapidibus
stratae (cap. 3, fig. 68 ), quelle rivestite con lastre più piccole sono denominate
invece viae silicae stratae. Entrambi i tipi, detti semplicemente anche stratae,
sono caratteristici dei centri urbani e delle direttrici extraurbane limitata-
mente all'Italia centrale. Più frequenti sono le strade inghiaiate, rivestite cioè
da un semplice strato di pietrisco o ghiaia, le viae glarea stratae o viae glarea-
tae: così appaiono, ad esempio, i tratti extraurbani della Flaminia, dell'Aemi-
lia, della Popillia, della Postumia, della Fulvia e dell' Annia nella Cisalpina. Le
norme giuridiche ricordate da Livio (Storia di Roma XLI, 27, s), secondo cui
la lastricatura delle strade deve interessare i tratti urbani, mentre oltre le mura
le strade possono essere semplicemente glareatae, per quanto riferite a Roma,
sembrano rispecchiare nelle realtà materiali di numerose aree geografiche.
Appare chiaro come i maggiori sforzi economici siano riservati al decoro del-

237
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 5 Luni (Luna), strada romana inghiaiata (via glareata) a sud della città

Fonte: Fabiani (2006).

le città, mentre in contesti extraurbani prevale il criterio della funzionalità.


A Luni, ad esempio, il decumano massimo è lastricato con basoli di calcare
dolomitico, mentre poco oltre la porta occidentale e nel territorio a sud la
strada ha l'aspetto di una semplice glareata (fig. s). Talvolta la carreggiata è
semplicemente costituita da terreno battuto, le viae terranae; in altri casi, in-
fine, la sede stradale è ottenuta regolarizzando direttamente il banco roccio·
so, come avviene sulle rocce tufacee dell'Etruria, del Lazio e della Campania
o sulle arenarie della Puglia.
Carreggiate Indipendentemente dalla tecnica costruttiva utilizzata, la carreggiata, che
può essere delimitata da pietre sporgenti infisse di taglio, presenta general-
mente una sezione convessa per favorire il deflusso dell'acqua piovana dal
centro ai lati, dove può essere convogliata in fossati di scolo opportunamen-
5. Collegare città e territori

FIGURA 6 Luni (Luna), uno dei selciati viari che si sovrappongono al basolato del decu-
mano massimo nel corso del medioevo

Fonte: Durante (2001).

te scavati. Due marciapiedi laterali, anch'essi pavimentati o in terra battuta,


possono fiancheggiare la strada e agevolare il transito di pedoni o cavalli.
Le dimensioni delle sedi stradali, che solitamente garantiscono il passaggio
dei carri nei due sensi di marcia, possono variare, attestandosi, per le strade
consolari, intorno ai 14 piedi, corrispondenti a circa 4,10 m, ma raggiungen-
do talvolta ampiezze anche molto maggiori, fino a 20 m. L'usura del man-
to stradale determinata dal transito continuo e prolungato dei carri lascia il
segno in solchi longitudinali; questi talvolta possono essere appositamente
praticati per guidare l'andamento dei carri ed evitare che escano di carreggia-
ta, soprattutto sui percorsi più tortuosi e impervi di montagna.
L'articolata rete vi aria che accompagna i secoli della romanità, analogamente Usure, restauri
allo sviluppo delle altre infrastrutture, si arricchisce e si trasforma nel corso e stratificazione
del tempo: su di essa si stratificano così valori e funzioni diversi, legati ora alle dei piani stradali
ragioni dell'espansionismo, ora alla strutturazione dell'insediamento, all'or-
ganizzazione del territorio e allo sviluppo dei contatti economici e culturali.
Le usure, il restauro delle pavimentazioni, così come la graduale stratifica-
zione dei piani stradali segnalano l'uso prolungato e la vitalità delle antiche
direttrici, ben oltre l'età romana, talvolta fino all'età contemporanea. A L uni,

239
L'urbanistica: città e paesaggi

ad esempio, almeno dieci principali selciati, spesso risarciti e in costante ac-


crescimento, assicurano per secoli il transito sull'antico decumano massimo,
tratto urbano di una delle principali direttrici della viabilità tra il Nord e il
Centro della Penisola (fig. 6).
Le mutate condizioni ambientali, i condizionamenti strategico-militari,
il cambiamento delle principali tappe seguite dal flusso delle comunica-
zioni determinano nel tempo la trasformazione della rete viaria, favo-
rendo in certi casi l'aumento dell'importanza di tracciati in origine se-
condari, in altri il declassamento di arterie importanti, in altri ancora la
ricombinazione di tratti di strade diverse e talvolta, infine, l'abbandono
di molte di esse.

2. Le infrastrutture viarie

I vantaggi offerti dai percorsi viari nel facilitare le comunicazioni a breve o


lunga distanza si completano con le numerose opere, strettamente legate al
manufatto stradale, che permettono di affrontare gli ostacoli naturali incon-
trati lungo il tracciato.
Guadi di fiumi La necessità di superare i corsi d'acqua rappresenta indubbiamente l'esigenza
e di torrenti più diffusa. Il guado di fiumi e torrenti costituisce una soluzione ampiamen-
te praticata, indipendentemente da epoche e culture. In Magna Grecia, ad
esempio, le ampie e numerose fiumare, caratteristiche dell'Italia meridionale,
sono attraversate proprio grazie a guadi più o meno organizzati: lungo la via
costiera che congiunge Locri Epizefiri, Caulonia e Crotone, sembra possibi-
le riconoscere un guado dello Stilaro nei pressi di Caulonia, attivo dall'età
arcaica ali' epoca ellenistica a circa 3 km dall'attuale foce e testimoniato da
due si ti (Fontanelle e Verità), l'uno di fronte all'altro, rispettivamente sulla
sinistra e sulla destra idrografica della fiumara.
Ponti in legno Quando il guado non è praticabile, si ricorre alla costruzione di ponti più
e in pietra o meno complessi. Le strutture possono essere realizzate completamente in
sulle strade greche legno, in tecnica mista (con pilastri in pietra che sorreggono una passerella in
legno) o con l'uso esclusivo della pietra; in quest'ultimo caso i pilastri posso-
no sorreggere semplici lastre orizzontali, false volte, realizzate cioè con lastre
in aggetto, o arcate in cunei lapidei.
In Grecia, passerelle e ponti in legno, provvisori o durevoli, rivestono note-
vole importanza militare: ad Amphipolis in Tracia sono stati rinvenuti i pali
del ponte di legno ricordato da Tucidide, sul fiume Strymon. Un tipo parti-
colare di strutture lignee è costituito dai ponti sospesi su barche, come quel-
li realizzati da Dario, su progetto di Mandrocle di Samo, e da Serse, rispet-
tivamente sul Bosforo e sull'Ellesponto (Dardanelli), per portare gli eserciti
persiani in Grecia. Tra i più antichi ponti in pietra e legno è quello a quattro
campate, realizzato nel v secolo a.C. fuori delle mura di Eretria in Eubea,
mentre interamente in pietra è il ponte della metà del v secolo a.C. che a

240
5. Collegare città e territori

FIGURA 1 Eraclea (Heralcleia) al Latmo, ponte nel sistema delle fortificazioni (lv-111 sec. a.C.)

A7

Fonte: Hellmann (2010).

FIGURA 8 Meligatas, ponte a tre bracci alla confluenza dei fiumi Mavrozoumenos e Vivari
(lv sec. a.C.)

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.. ':~ ' ....

Fonte: Malacrino (2010).

Brauron in Attica consente alla via Sacra proveniente da Atene di superare


un modesto corso d'acqua prima di accedere al santuario di Artemide. La
struttura, a quattro campate, è costituita da pilastri in blocchi di calcare che
sostengono lastre della stessa pietra, su cui sono riconoscibili le tracce lascia-
te dal passaggio dei carri; allo stesso tipo appartiene anche il ponte inserito

241
L'urbanistica: città e paesaggi

nel sistema fortificato di Eraclea al Latmo (fig. 7 ). Arcate in cunei lapidei o


strutture !ignee coprono invece il ponte a tre bracci realizzato presso Meli-
galas in Messenia, alla confluenza dei fiumi Mavrozoumenos (Leukasia) e
Vivari (Amphitos), forse già nel corso del IV secolo a.C. La sua struttura a Y
consente di raccordare le sponde opposte dei due corsi d'acqua e il cono di
deiezione sviluppato a monte della confluenza (fig. 8). In Sicilia tra la fine
del v e l'inizio del IV secolo a.C. è documentata la presenza di ponti a falsa
volta ad Agrigento, poco a nord dell' Olympiéion, e, nel IV secolo a.C., a Se-
linunte, sul fossato tra la cosiddetta acropoli e la parte settentrionale della
città (fig. 9 ).
l più antichi ponti Anche in ambito italico una delle tipologie più antiche e diffuse è rappre-
in legno romani sentata dalle strutture in legno: a Roma il pons Sublicius (da sublica, trave,
palafitta), il primo ponte gettato sul Tevere forse già nel VII secolo a.C., reca
nel nome stesso il riferimento al materiale !igneo di cui è costituito. È pro-
babile che tutte le vie aperte fino alla media età repubblicana, ovvero fino al
m secolo a.C., siano dotate di ponti in legno per varie motivazioni: perché le
conoscenze tecniche sono ancora insufficienti, per ragioni economiche o per
necessità strategiche legate alla possibilità di smontare facilmente le strutture
!ignee in caso di conflitto.
Via Appia e sviluppo La costruzione della via Appia, iniziata nel312 a.C., rappresenta un momento
della tecnica di forte sviluppo nell'evoluzione della tecnica stradale. Ciò che Diodoro Si-
stradale culo riferisce del suo costruttore, Appio Claudio Cieco, che «scavò le alture,
pareggiò le valli e i baratri con mirabili terrazzamenti >> (Biblioteca storica xx,
36, 2), può essere assunto come programma dell'ingegneria stradale romana
dei secoli successivi. Da quel periodo in poi, infatti, l'obiettivo di realizzare
tracciati viari diretti e regolari porta a superare gli ostacoli naturali mediante
una varietà di opere di notevole impegno costruttivo, come ponti, viadotti,
tagliare, terrazzamenti e gallerie.
Ponti e viadotti Il passaggio verso tecniche sempre più complesse nella realizzazione dei
in muratura ponti può essere rappresentato a Roma dal pons Aemilius, realizzato nel179
a.C. poco a monte del Sublicius, con pilastri in pietra e passerelle in legno e
ricostruito nel142 a.C. con archi in pietra, dando avvio all'edificazione dei
numerosi ponti lapidei della capitale. l ponti in muratura romani presen-
tano pilastri (pilae) spesso realizzati in opera quadrata (Vitruvio, Architet-
tura v, 12, 2-6); per realizzare le fondazioni in acqua, sul fondo dell'alveo
sono fissati cassoni realizzati con travi di quercia, entro cui viene gettato
un calcestruzzo di malta impastata con pozzolana, che ha la caratteristica
di assumere solidità anche a contatto con l'acqua. Per agevolare il flusso
delle acque, i pilastri sono disposti nel senso della corrente, senza rispet-
tare necessariamente l'andamento della carreggiata: nel ponte di Rimini,
ad esempio, sono inclinati di II 0 rispetto all'asse stradale. Le pilae sono
dotate, sia a monte sia a valle, di due appendici (rostra) con la funzione
di deviare il materiale trasportato dal fiume e ridurre la turbolenza. Sui

242
5. Collegare città e territori

FIGURA 9 Selinunte (Se/iniis), ponte tra la cosiddetta acropoli e la parte settentrionale


della città (lv sec. a.C.)

Fonte: Malacrino (2010).

pilastri, talvolta forati superiormente da aperture minori con funzione di


scarico o per diminuire la pressione dell'acqua durante le piene, si impo-
stano arcate a tutto sesto o a sesto ribassato, realizzate con conci di pietra
radiali. Presenta tali caratteristiche, ad esempio, il pons Fabricius che, nel
62. a.C., con due grandi arcate a sesto leggermente ribassato, unisce per
la prima volta con una struttura in pietra la sponda orientale del Tevere
e l'Isola Tiberina (fig. 10 ); più o meno coevo è il pons Cestius, realizza-
to sull'altro lato dell'isola, come prosecuzione del Fabricius. Le arcate in
muratura, che possono estendersi con campate particolarmente ampie ed
elevate, consentono talvolta di realizzare ponti-viadotto in grado di supe-
rare non solo un semplice corso d'acqua, ma anche le vallate in cui questo
scorre, mantenendo la sede stradale in quota. Il semplice ponte a una sola
arcata del II secolo a.C. con cui, presso Gabii, la via Praenestina attraversa
il torrente Marrana, alla fine dello stesso secolo è sostituito da un viadotto
a sette arcate che consente alla strada di superare la piccola valle. Di im-
pegno assai maggiore è il ponte-viadotto di Narni (Narnia) , il ponte di
Augusto, realizzato in occasione di restauri della via Flaminia sulla valle
percorsa dal fiume Nera: lungo 180 m e largo 8, è dotato di quattro arcate

243
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 10 Roma, pons Fabricius (62 a.C.)

Fonti?: Malacrino (2010).

(di cui una sola conservata) di diversa ampiezza che superano i 30 m di


altezza (fìg. II). In altri casi il viadotto non è impostato su arcate, ma assu-
me la forma di un terrapieno contenuto da mura, spesso in opera quadrata.
Lo scorrimento delle acque o il transito trasversale è ottenuto mediante la
realizzazione di archi di ridotte dimensioni alla base della struttura. Opere
di questo genere ricorrono lungo tutte le grandi arterie: il viadotto lungo
2.30 m e alto 13 con cui l'Appia supera un profondo vallone ad Ariccia
(Aricia); il ponte del Diavolo, presso Osteria Nuova (Rieti), sulla Salaria, e
il cosiddetto muro del Peccato, la lunga rampa che consente alla Flaminia
di oltrepassare la valle del Treia, presso Civita Castellana (Falerii Veteres),
o ancora le altre numerose strutture rinvenute anche in anni recenti lungo
il tracciato umbro della strada a Pieve Fanonica (fìg. n), Maestà di Picchio
o Colle Nocera.
Ponti e viadotti in pietra si diffondono anche nelle province con esempi
particolarmente monumentali, come, in Lusitania, il ponte sulla Guadiana
a Mérida, che si estende per 792. m con 6o arcate in blocchi di granito, o
quello di età traianea sul Tago ad Alcantara (Norba Caesarea), lungo quasi
2.00 m con sei arcate e arricchito da un tempietto all'ingresso e da un arco a
un fornice al centro.
Ponti in legno: Lo sviluppo della tecnica costruttiva in pietra non comporta l'abbandono
un uso che perdura di quella in legno: ponti di barche e ponti in legno continuano a essere uti-
per tutta l'età lizzati per tutta l'età imperiale non solo per esigenze occasionati nell'ambito
imperiale di operazioni militari, come i ponti lignei costruiti sul Reno nel 55 e nel 53
a.C. da Cesare, ma anche come normale tecnica costruttiva per ponti stabili,

244
5. Collegare città e territori

FIGURA 11 Narni (Narnial, ponte di Augusto lungo la via Flaminia (età augustea l

Fonte: foto dell'autore.

FIGURA 12 Foligno, località Pieve Fanonica, viadotto sulla via Flaminia (età augusteal

Fonte: Bonomi Ponzi (1994).

più leggeri e meno monumentali anche di uso civile. Rientrano tra questi il
ponte di barche realizzato sul Rodano, ad Arles, descritto dalle fonti e di cui
sono state indagate le strutture fisse sulle sponde, in uso per tutta l'età im-
periale, o il ponte in legno con cui l'Appia supera il Garigliano a Minturno,
utilizzato dalla metà del m secolo a.C. fino al tardo impero grazie a mol-
teplici restauri e rifacimenti. In legno è realizzato, tra il 18 e il 17 a.C., sulla
base della datazione ottenuta dalle analisi al radiocarbonio, il primo ponte
sulla Mosella a Treviri, riedificato nel 71 d.C. e poi alla metà del n secolo

245
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 13 Treviri IAugusta Treverorum), pali del ponte ligneo sulla Mosella risalente alla
fine del• sec. a.C.ITreviri, Rheinisches Landesmuseum)

Font~ foto dell'autore.


-
d.C. in pietra (fig. 13). Una tecnica mista in pietra e legno è infine utilizzata
nel ponte lungo oltre 1 km sul Danubio, realizzato da Traiano su progetto
di Apollodoro di Damasco: come mostra la sua rappresentazione sulla Co-
lonna traiana, tra i piloni in pietra sono ordite le campate sostenute da archi
di legno (fig. 14). Arcate in legno e strutture mobili consentono inoltre il
passaggio delle navi, come avviene per diversi ponti realizzati presso bacini
portuali: il pons Matidiae, della prima metà del n secolo d.C. sulla Fossa tra-
iana, tra Ostia e Porto, o quelli attestati a Capo Miseno e a Taranto.
Vie cave in Etruria Se fiumi e torrenti costituiscono l'ostacolo naturale con cui la viabilità deve
confrontarsi in ogni genere di contesto ambientale, assai frequenti sono an-
che le difficoltà opposte dai rilievi, più o meno accidentati, nelle aree carat-

246
s. Collegare città e territori

FIGURA 14 Proposta di restituzione del ponte sul Danubio sulla base del rilievo della
Colonna traiana

Fonte: Ada m (1988).

FIGURA 15 Sovana, via cava

Fonte: Boitani et o/. (1985).

terizzate da un'orografìa movimentata. Già in epoca preromana, nei territori


dell'Italia centrale, il sostrato di pietra tenera, il rufo, è tagliato per creare
varchi attraverso i rilievi o per regolare le pendenze: è così, ad esempio, che le
profonde vie cave dell'area di Sovana, in Etruria meridionale, consentono di
superare dislivelli anche notevoli (fig. •s). Nel territorio falisco le tagliate pre-
sentano in media una larghezza di 3 m e le pareti laterali raggiungono anche i
15-20 m di altezza; i cunicoli convogliano e scaricano le acque di infiltrazione
per evitare crolli o spaccature della roccia.
È tuttavia l'ingegneria stradale romana che adotta sistematicamente la pra- Tagliate romane
tica di asportare quantità considerevoli dei sottofondi rocciosi teneri, come

247
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 16 Tagliata e sostruzione stradale nell'alto Velino, lungo la via Sa/aria,


ristrutturata alla fine del l sec. a.C.

Font~ Quilici h994a).

quelli delle regioni laziali e campane, ma anche particolarmente duri, pre-


senti ad esempio nelle regioni alpine, per realizzare tagliate e talvolta galle-
rie. Generalmente il taglio è praticato su un solo lato del pendio roccioso in
modo da creare un gradino artificiale sul quale impostare la sede stradale. Al
taglio sul lato a monte corrispondono, sul lato a valle, muri di contenimento
dd terreno (substructiones). Uno dei tagli più monumentali è realizzato a Ter-
racina dove, per evitare che l'Appia percorra la salita di Monte Sant'Angelo,
in età traianea viene creato un nuovo passaggio lungo la costa a Pisco Monta-
no, cagliando uno sperone roccioso a picco sul mare per 36 m di altezza. Ana-
loghe cagliate ricorrono lungo la Flaminia, presso Narni, e lungo la Salaria,
nell'alto Velino; qui la sede stradale corre in appoggio al fianco scosceso del
monte, creandosi un varco tra imponenti cagli della parete rocciosa e possenti
sostruzioni in opera poligonale (fig. 16). A Donnas in Valle d'Aosta, infine,
lungo la via delle Gallie, la strada, larga quasi s m, è completamente tagliata

248
5. Collegare città e territori

FIGURA 17 Donnas, tagliata e arco sulla via delle Gallie aperta alla fine delr sec. a.C.

Fonte: Corali ni (1992).

nella roccia per un tratto di circa 2.20 m, risparmiando un arco, destinato


forse a celebrare l'impresa (fig. 17 ).
Assai meno frequenti sono le gallerie stradali, perlopiù realizzate in aree carat- Gallerie stradali
terizzate da un substrato di tufo come i Monti Cimini e Sabatini, nel Lazio, e i
Campi Flegrei, in Campania. La loro realizzazione avviene talvolta a opera di
due squadre di operai che operano contemporaneamente partendo dagli im-
bocchi opposti; lo scavo può avvenire anche da punti intermedi, attraverso la
realizzazione di pozzi che sono poi utilizzati per l'aerazione e l'illuminazione.
In area flegrea si concentrano numerose gallerie realizzate attorno al37 a.C. da
Agrippa con funzione strategico-militare nel quadro dello scontro con Sesto
Pompeo: grotta della Sibilla, grotta di Seiano, Crypta Neapolitana e grotta di
Cocceio che, con circa 1 km, tra Cuma e l'Averno, è la galleria più lunga di
epoca romana. La Crypta N eapolitana (fig. 18 ), l'unica di cui si conosce il nome
antico e che rimane poi in uso a lungo per le comunicazioni civili, attraversa
la collina di Posillipo con una lunghezza di circa 700 m, favorendo il rapido

249
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 18 Napoli (Neapolis), Crypta Neapolitana (seconda metà 1 sec. a.C.)

Fonte: Corali ni (1992).

collegamento tra Napoli e Pozzuoli; gli imbocchi e i pozzi obliqui non sono in
grado di offrire sufficiente aerazione e illuminazione, come attesta Seneca, che
descrive il forte disagio provato nell'attraversarla (Lettere VI, 57, 1-2). Talvolta
si ricorre allo scavo di tunnel anche in sostrati rocciosi assai più compatti, co-
me il calcare incontrato nella realizzazione della galleria denominata Forulus
(piccolo foro) e quindi Furio, che consente il passaggio della Flaminia nella
gola omonima, tra il versante tirrenico e quello adriatico dell'Appennino. Nel
punto in cui un ripido sperone del Monte Pietralata, a strapiombo sul fiume
Candigliano, restringe ulteriormente la gola, sono adottate, nel corso del tem·
po, soluzioni diverse che rappresentano una rassegna delle opere stradali più
impegnative. Al momento dell'apertura della strada la carreggiata è realizzata
con tagliate che consentono di aggirare lo sperone; in età augustea lo smotta-
mento a valle della sede stradale richiede imponenti opere di sostruzione la cui
cedevolezza porta tuttavia, ben presto, ali' abbandono di questo tratto stradale,
sostituito da una piccola e stretta galleria che ha il carattere dell'emergenza.
L'inadeguatezza del passaggio al traffico intenso dell'importante arteria e
nuovi cedimenti inducono infine Vespasiano a intervenire nuovamente e a re-

250
5. Collegare città e territori

alizzare un'imponente galleria, lunga 38m, larga s.so e alta s,30, che conferisce
un assetto stabile e duraturo al passaggio della Flaminia in uno dei punti più
difficili del suo percorso.
Complesse opere di ingegneria consentono dunque di aprire strade in qua- Mansiones,
lunque contesto ambientale, rendendo i percorsi quanto più brevi e agevoli mutationes
possibile. I tracciati e le distanze sono riportati in itinerari con sole notazioni e stationes
testuali (itineraria adnotata), come l' ltinerarium Antonini, o anche su base
cartografica (itineraria picta ), come la Tabula Peutingeriana, copia medievale
di un originale di IV sec. d.C. li viaggio su lunghe distanze non sarebbe comun-
que possibile se un altro genere di infrastrutture, le stazioni adatte alla sosta e al
riposo di uomini e animali, riportate anch'esse negli itinerari, non affiancasse
con cadenza regolare i tracciati viari. Tali strutture, componenti essenziali del
servizio postale e dunque edificate per ordine imperiale, risultano quanto mai
indispensabili soprattutto nelle regioni impervie e caratterizzate da uno scarso
popolamento. Le fonti indicano questi complessi con diverse denominazio-
ni: le mansiones (da manere, fermarsi, sostare) offrono vitto, alloggio e svago
e si distribuiscono orientativamente a una giornata di viaggio l'una dali' altra
(intorno alle 20-30 miglia); le mutationes (da mutari, cambiare) forniscono il
cambio degli animali per i carri e i corrieri e sorgono a distanza di alcune ore di
viaggio (dalle salle 12 miglia); più controverso infine è il riconoscimento della
funzione delle stationes e comunque, di fatto, i tre termini finiscono spesso per
confondersi. La localizzazione delle strutture, oltre alla distanza, tiene conto di
numerosi altri fattori, come l'incrocio con altre arterie, il passaggio di un fiume
o la presenza di un abitato preesistente. Talvolta è proprio l'impianto di una
mansio a costituire un fattore catalizzatore per lo sviluppo di un abitato nello
stesso sito, che può ampliarsi fino a diventare una vera e propria cittadina, co-
me avviene ad esempio per il vicus che sorge intorno alla mansio ad Baccanas o
Vàcanas al XXI miglio della via Cassia.
I dati archeologici non consentono di rilevare significative differenze tra gli Articolazione
impianti di mansiones, mutationes e stationes e spesso non è agevole nemmeno delle stazioni
distinguere questi impianti dalle ville rustiche. Lungo il tracciato della viaAu- di sosta
relia-Aemilia Scauri, in località Vignale, nel territorio di Populonia, ad esem-
pio, sorge un articolato sistema insediativo comprendente, tra l'altro, un vasto
edificio termale e un'area artigianale per la produzione ceramica: le strutture
lasciano aperta l'ipotesi di una compresenza, magari in parti diverse di uno
stesso complesso, di funzioni diversificate, villa e mansio, o di una successione
temporale tra i due diversi tipi di insediamento. Del resto, le fonti attestano
che anche le ville che sorgono lungo gli assi stradali o a breve distanza da questi
possono svolgere la funzione di locande, come avviene ad esempio per la villa-
mansio di Albisola (Alba Docilia ), lungo la via Iulia Augusta.
Oltre alle abitazioni del personale impiegato, le stazioni di sosta comprendono
numerosi e piccoli vani (cubicula) per il pernottamento dei viandanti, stalle per
il ricovero degli animali, ambienti per la ristorazione, impianti termali, picco-

251
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 19 Impianto di sosta Lungo La via Tiburtina a Settecamini

Fonte: Mezzola ni (lgg2).

li luoghi di culto, botteghe e officine artigianali. Strutture porticate possono


aprirsi sui cortili o affacciarsi direttamente sulla strada. Gli edifici con diverse
funzioni si articolano nelle mansiones secondo differenti soluzioni planimetri-
che: possono essere circondati da un muro di cinta o possono disporsi sui lati
opposti della strada; molto spesso, infine, un unico grande complesso gravita su
un cortile centrale. Nella mansio indagata sulla via Tiburtina presso Settecami·
ni, il cortile, dotato di abbeveratoi, appare percorso da un tratto viario basolato
che si distacca dalla strada e consente ai carri di accedere direttamente al com·
p lesso, senza intralciare il traffico sull'arteria principale (fig. 19 ).
Miliari I servizi offerti ai viaggiatori sono infine completati dalla frequente indica-
zione delle distanze per mezzo di cippi lapide i, posti ai lati della carreggiata e
denominati miliari dall'unità di misura itineraria, il miglio, corrispondente
a 1.478 m (fig. 20 ). I miliari, di forma cilindrica o talvolta quadrangolare,
riportano la cifra corrispondente alla distanza dal capolinea, dal punto di
arrivo della strada o, ancora, da tappe intermedie. Assai spesso riportano an·
che i nomi e la titolatura del magistrato o dell'imperatore che ha costruito
o restaurato la strada. In epoca tardoantica i miliari tendono ad affiancare
all'originaria funzione di indicatori stradali quella di propaganda politica,
spesso addirittura con la scomparsa del riferimento numerico, divenendo, at·
traverso la dedica all'imperatore, una manifestazione di devozione imperiale.
l numerosi cippi collocati lungo la direttrice Iulia Emona-Mediolanum, ad
esempio, con la ripetizione di formule identiche, costituiscono l'omaggio of-

252
5. Collegare città e territori

FIGURA 20 Miliario LXVII li della via Sa/aria (età augustea)

Fonte: Quilici (1994a).

ferto dalla devota Venetia a Valentiniano 1 e a Valente, secondo un program-


ma probabilmente indirizzato direttamente dal potere centrale.

3. le vie d'acqua

l protagonisti dei traffici marittimi, con le spinte che da epoca remota muovono Rete delle vie
verso la ricerca di metalli, di terre da colonizzare e conquistare o di nuovi mer- d'acqua
cati, valorizzano di volta in volta rotte diverse, di breve o ampio raggio. I porti o
gli scali minori toccati dalle rotte marittime non costituiscono spesso i terminali
ultimi dei traffici, ma punti di sosta in cui il carico si arricchisce e si rinnova,
mentre parte delle merci è ridistribuita verso i territori interni, percorrendo le
acque di fiumi, laghi e lagune o seguendo strade di interesse locale o di grande
importanza itineraria. Nel mondo antico, infatti, più ancora che in epoca mo-
derna, vie d'acqua e vie di terra appaiono strettamente correlate e integrate.
Le coste tirreniche, costellate di stagni e lagune, ad esempio, sono tocca- Rotte commerciali
te dalle rotte commerciali greche già prima dell' viii secolo a.C. Lungo gli arcaiche lungo
stessi itinerari percorsi dai focei, che nel 6oo a.C. fondano Marsiglia sulla la costa tirrenica
costa francese, si muovono i commerci etruschi che prendono le mosse da

253
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 21 Barca in bucchero da Orvieto (Ve/sna) (Firenze, Museo archeologico nazionale;


v1 sec. a.C.)

Fonte: Boitani et al. (1985).

insediamenti portuali come Pyrgi e Gravisca. Attraverso numerosi itinera-


ri terrestri e fluviali (Mignone, Marta, Fiora, Albegna, Ombrone, Cecina,
Arno), la costa tirrenica si apre poi verso l'interno della regione, lambita dal
grande asse di comunicazione nord-sud rappresentato dal Tevere. Il fiume
offre numerose testimonianze dei traffici che si svolgono lungo il suo corso
fin da età arcaica, con la presenza di piccoli impianti portuali che svolgono
la funzione di scalo o di traghetto lungo percorsi terrestri di ambito locale
o sovraregionale tra Etruria, Umbria, Sabina, area falisca e capenate e il più
lontano Piceno. Barchette fittili da necropoli di importanti centri dell'area,
come Veio, Capena e Orvieto (fig. 2.1), gravitanti sul Tevere attraverso scali o
centri minori, evocano l'interesse di mercanti o armatori verso il corrunercio
fluviale.
Il Tevere, Ancora in età repubblicana e imperiale il Tevere, «un fiume adatto per
un grande asse trasportare il frumento dalle regioni dell'entroterra e per ricevere i pro-
di comunicazione dotti da quelle costiere» (Livio, Storia di Roma v, 54), costituisce un asse
interna di comunicazione fondamentale per Roma, servita dalle strutture portuali
del portus Tiberinus e poi dell'Emporio (infra, par. 4). Le fonti ci resti-
tuiscono le immagini del fervore delle attività che si svolgono sul fiume,
sollecitando persino la suggestione del clamore che doveva accompagnarle:
nel I secolo d.C. Marziale (Epigrammi IV, 64) ricorda le barche che corro-
no volando lungo il fiume, la rumorosa cadenza dei rematori c il grido dei
marinai intenti ali' alzaia.

254
5. Collegare città e territori

Plinio il Giovane ci offre un'immagine del fiume che, nell'alta Valle Tiberi-
na, interseca i campi carico di navigli (Lettere v, 6); varie categorie di fonti
materiali confermano e arricchiscono l'antico paesaggio fluviale. A monte
di Roma numerosi apprestamenti portuali fanno capo a centri rilevanti del
territorio: all'altezza di Lucus Feroniae; alla foce del Treia per Falerii Novi;
al porto dell'Olio di Ocriculum; a Piscinale e a Castigliani per Narni, Ame-
lia e Orte (Horta); alla confluenza del Paglia sotto Orvieto. Numerose ville
nei campi di fondovalle, il cui pregio in relazione alla vicinanza del fiume
è sottolineato dalle fonti (Cicerone, Orazione in difèsa di Tito Annio Milo-
ne XXIV, 64 e Orazione in difèsa di Sesto Roscio Amerino VII, 2; Silio Italico,
Le guerre puniche XIII, 83-85), prosperano grazie alla facilità di comunica-
zione che questo garantisce; prodotti agricoli, dunque, ma anche materiale
da costruzione (blocchi d'opera quadrata, materiale architettonico in tufo
e travertino, laterizi) e legname. Lungo il fosso di Grotta Oscura, che tanta
importanza riveste per il trasporto del tufo omonimo, sono probabilmente
applicate strategie per aumentarne la portata, come confluenze artificiali di
altre acque o chiuse atte a creare riserve e onde di piena, secondo un sistema
ricordato da Plinio il Vecchio per permettere la navigazione del corso supe-
riore del Tevere (Storia naturale III, 53). Lungo il fiume viaggiano anche la-
terizi e ceramiche: la sua valle costituisce infatti la sede ideale per l'apertura
di cave di argilla e per l'impianto di fornaci, mentre il suo corso rappresenta
la via più veloce e sicura per il trasporto dei prodotti. Dal porto di Ocricu-
lum, ad esempio, all'inizio del I secolo a.C. partono le ceramiche di C Popi-
lius e, in età imperiale, le tegole e i mattoni delle jìglinae Ocriculanae. Nella
Valle Umbra, il porto di Bevagna (Mevania) offre l'esempio dell'integrazio-
ne tra i percorsi d'acqua, qui rappresentati dall'asse Tevere, Chiascio, Ta-
pino e Clitunno, e la viabilità terrestre, in questo caso la via Flaminia, che
attraversa tutto il centro urbano (fig. 22). L' emporium viene a collocarsi tra
i due assi, consentendo il trasbordo delle merci dalle imbarcazioni ai carri e
viceversa (fig. 23).
Il corso terminale del Tevere collega Roma con le appendici portuali di Ostia e Ostia e Porto,
Porto (infra, par. 4) e con i traffici di dimensione mondiale che a queste fanno terminali di traffici
capo. «Tante sono le navi da carico che giungono qui trasportando tutti i pro- mondiali
dotti da tutti i luoghi, in ogni stagione, in ogni volgere d'autunno, che l'Urbe
sembra il laboratorio generale della terra [ ... ]. Gli arrivi e le partenze delle navi
si susseguono senza posa, così che c'è da meravigliarsi non tanto che il porto,
quanto che il mare stesso riesca, se pure riesce, a contenere un così gran numero
di imbarcazioni» (Elio Aristide, A Roma 11-13): i commerci marittimi che dal
mondo intero convergono verso i porti alla foce del Tevere costituiscono per il
retore greco uno dei segni più evidenti della grandezza di Roma nell'età degli
Antonini. A prescindere dal tono encomiastico, i resti materiali delle merci o
dei loro contenitori, i relitti, gli apprestamenti portuali (infra, par. 4) e le strut-
ture di immagazzinamento (cap. 3, par. 8), tutto concorre a restituire il quadro

255
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 22 Bevagna (Mevania), area portuale e tracce della città romana sovrapposte al
centro attuale

Fonti!: Camerieri, Manconi (2010).

delle molteplici rotte (fig. 2.4) che solcano il mare aperto, seguendo venti e
correnti secondo le regole della marineria, o lungo la costa (cabotaggio). Nel
piazzale delle Corporazioni, a Ostia, le statue dedicate a funzionari dell'an-
nona o a personaggi influenti nel grande commercio, così come i mosaici e le
iscrizioni musive che tra l'età adrianea e l'età di Commodo pavimentano i por-
tici, evocano l'immagine di una città al centro di traffici di dimensione "mon-
diale': I motivi figurati e le iscrizioni sui mosaici, legati alle attività mercantili,
ricordano associazioni di mestiere, in particolare di armatori (navicularii) e di
commercianti (negotiatores), raggruppate per regioni o città di provenienza o
per genere di attività, che a Ostia promuovono i prodotti delle aree di origine.
A Roma il deposito dei marmi della Marmo rata presso l' Emporio o la collina
del Testaccio, formata dagli scarichi delle anfore, attestano la mole delle merci
che risalgono il corso del fiume.
Grandi vie fluviali Le anfore del Tes taccio, in gran parte provenienti dalla Betica, prima del viag-
gio per mare avevano ridisceso un altro importante fiume, il Guadalquivir
(Baetis) che attraversa le aree di produzione della provincia spagnola. Tra le
città di Cordova, Ecija (Astigi) e Siviglia (Hispalis) si sviluppano innumere-
voli manifatture per la produzione delle anfore adibite al trasporto dell'olio
celebrato dagli autori antichi (Strabone, Geografia III 2., 6; Plinio il Vecchio,
Storia naturale xv, 8; Marziale, Epigrammi XII, 98, r) per la sua straordinaria

256
5. Collegare città e territori

FIGURA 23 Bevagna (Mevania), proposta ricostruttiva del porto fluviale in età romana

Fonte: Camerieri, Manconi (2010).

FIGURA 24 Le principali rotte marittime e fluviali in età imperiale

LI NH DI NAVIGAZIONE MARJTTIMA

LINEE DI NAVIGAZIONE fLUVIAU


• CFNTRJ PORTUALI
~ PRJNCIPALI FARJ

Fonte: Galli, Pisani Sartorie (2009).

qualità a fini alimentari, ma anche per l'illuminazione e per l'igiene persona-


le. Lungo le rive del Guadalquivir e del suo principale affluente Genil è stato
rinvenuto un centinaio di impianti produttivi, attivi per la grande eportazio-
ne tra il I e la metà del III secolo d.C. e, con un ritmo più allentato e per un
mercato più limitato, fino al v secolo d.C.

257
L'urbanistica: città e paesaggi

Tutti i fiumi navigabili, anche solo stagionalmente, rappresentano altrettanti


assi di comunicazione. In Etruria fiumi come l'Arno o l'Auser consentono
di far affluire i prodotti naturali e artigianali del vasto entroterra verso la co-
sta, su cui si aprono numerosi approdi e gli apprestamenti portuali di Portus
Pisanus e San Piero a Grado, dotati di strutture di immagazzinamento e col-
legati alla viabilità principale. Alla fine del 1 secolo a.C. l'apertura a Pisa di
una succursale dell'officina aretina di ceramica sigillata italica del ceramista
Ateius, con due impianti urbani presso il corso dell'Auser e uno all'imboc-
co settentrionale del sistema portuale, presso Isola di Migliarino, è dovuta
proprio alla posizione prossima al mare e al sistema portuale che facilita la
commercializzazione dei prodotti, in particolare verso un mercato nordeu-
ropeo. Imbarcazioni minori sulle quali sono trasbordate le merci dalle navi
approdate nei porti principali possono penetrare nella pianura pisana e avvi-
cinarsi alla città percorrendo la rete dei canali e i rami con cui Arno e Auser
sfociano in mare. Sono queste alcune delle navi recentemente scoperte presso
la stazione di San Rossore a Pisa, travolte con i loro carichi all'interno di un
antico canale da ondate di piena dell'Arno (fig. 25).
Torrenti e fiumi navigabili costituiscono inoltre le vie di trasporto per flui-
tazione del legname, particolarmente richiesto per l'edilizia e la cantieristica
navale (cap. 4, par. 4).
I grandi corsi fluviali sono percorsi da flotte militari, come la classis Panno-
nica e quella Moesica sul Danubio o la classis Germanica sul Reno, e da flot-
te mercantili, che ne sfruttano i percorsi ramificati: il Rodano, ad esempio,
costituisce la cerniera tra il mare e l'interno delle Gallie, con la possibilità di
raggiungere i bacini della Loira, della Senna, la Mosella e le regioni del Reno;
sul Nilo scorrono invece le imbarcazioni cariche di grano, dei marmi cavati
nell'interno e delle merci che dall'Oriente approdano nel Mar Rosso e che
da qui raggiungono il fiume attraverso un sistema di canali e di vie carovanie-
re. I personaggi coinvolti nella navigazione lasciano talvolta testimonianza
monumentale della loro attività, come il monumento dedicato a Giove e Ti-
berio, eretto a Parigi (Lutetia) dai nautae Parisiaci, i battellieri della Senna,
o come i monumenti funerari dali' area della Mosella, nei pressi di Treviri. Il
commercio del vino è rappresentato in un monumento sepolcrale di Neu-
magen (Noviomagus Treverorum), decorato con due barche cariche di botti.
collegate tra loro da una sorta di ponte su cui posa una catasta di damigiane
impagliate (cap. 3, fig. 71), mentre nel mausoleo dei Secundini a Igel è rappre-
sentato il commercio fluviale dei panni (fig. 26).
Laghi, lagune, canali Le vie d'acqua, oltre a seguire percorsi marittimi e fluviali, utilizzano, là dove
naturali e artificiali le condizioni ambientali lo consentono, laghi e lagune; la regolarizzazione
o l'apertura di fosse e canali completano questa complessa rete di vie, per-
mettendo tra l'altro una perfetta integrazione con la viabilità di terra. La piu
ampia esemplificazione di interventi di questo genere è riscontrabile nell'a-
rea della laguna veneta: qui, infatti, canali navigabili paralleli alla costa con-

258
s. Collegare città e territori

FIGURA 25 Materiali di un carico di età romana dai relitti di San Rossore a Pisa IPisae)

Font~ Camilli, Setari (2005).

FIGURA 26 Particolare del mausoleo dei Secundini, ricostruzione (Treviri, Rheinisches


Landesmuseum; metà 111 sec. d.C.)

Font~ foto dell'autore.

giungono i vari rami fluviali, mentre canali perpendicolari alla linea di riva,
lefossiones, tagliano le dune costiere che chiudono la laguna e, insieme ai fiu-
mi, assicurano il collegamento navale delle città parafluviali e lagunari con il
mare aperto. Lungo il tronco più tardo della Popillia che segue il litorale, le

259
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 27 Altino (Altinum), canale navigabile di età romana con arginature lignee che
costeggia la strada di raccordo tra la via Annia e la via per Oderzo (Opitergium)

Fonte: Ghedini, Bondesan, Busana (2002).

mansiones (supra, par. 2), e tra queste emblematicamente quella di Fossis, si


localizzano sulle fasce dossive che separano il mare dalle retrostanti lagune,
in prossimità dei corsi d'acqua o di canali artificiali e, con i porticcioli di
cui sono dotate, rappresentano le cerniere tra diversi sistemi viari. Ad Alti-
no, all'interno della gronda lagunare veneta, le strade di grande importan-
za itineraria appaiono perfettamente integrate da una complessa rete di vie
d'acqua. La città è raggiunta dal prolungamento della fossa Clodia,la rotta
per acque interne che parte da Ravenna e attraversa i Sette Mari, ricordati
dalle fonti (Plinio il Vecchio, Storia naturale III, 20, 120 ), mentre percorsi più
brevi solcano il tratto compreso tra lo scalo a mare sull'Adriatico e il porto
sul fronte lagunare. Da qui, canali naturali e artificiali (fig. 2 7) risalgono alla
città, dotata di strutture portuali urbane e suburbane, e alle vie fluviali di pe·
netrazione nell'entroterra (Sile e Piave), per raccordarsi alle strade di grande
comunicazione (Annia e Claudia Augusta).
Anche quando tra la fine del v e l'inizio del VI secolo d.C. gli effetti della
rottura delle relazioni di stretta interdipendenza economica tra le varie parti
dell'impero determinano la forte diminuzione dei traffici marittimi mediter-
ranei, gli spostamenti via mare continuano a essere praticati e, talvolta, pre-
feriti a quelli lungo la viabilità terrestre. Quando Rutilio Namaziano nel 415
(o 417) d.C. è costretto a lasciare Roma per raggiungere i suoi possedimenti

260
5. Collegare città e territori

in Gallia, devastata dall'invasione dei vandali, il viaggio in barca, interrotto


da frequenti soste, costituisce la più sicura alternativa all'itinerario terrestre
lungo le strade consolari ormai impraticabili e insicure.

4. Porti marittimi e fluviali

Il porto segna l'ingresso alla città attraverso una via d'acqua. La sosta che Porti marittimi,
le navi possono compiervi, sia per trovarvi ricovero sia per lo svolgimento lagunari e fluviali
dei traffici commerciali o ancora come base militare, è resa possibile dalla
conformazione stessa della costa nei porti naturali o è favorita da interven-
ti artificiali più o meno consistenti (frangiflutti, dighe, moli). Le strutture
portuali si affacciano sul mare aperto, ma possono dislocarsi anche presso
la foce di un fiume: è questo il caso del porto alla foce del Tevere a Ostia
o di quello di Leptis Magna, alla foce del wadi Lebda, regolarizzato in un
vero e proprio porto canale in età neroniana e presto insabbiato proprio a
causa delle opere che impediscono il regolare smaltimento delle sabbie. In
altri casi i porti si aprono su lagune costiere particolarmente ben riparate:
così a N ora (fig. z.8) e a Populonia, dove recenti indagini localizzano il
porto nelle acque della laguna alle spalle del promontorio su cui sorge il
centro. Le città affacciate sui fiumi navigabili, come Roma stessa o quelle
che si sviluppano lungo Reno e Danubio, sono dotate infine di sistemi di
approdo. In tutti i casi, una pluralità di strutture garantisce le funzioni

FIGURA 28 Nora, porto lagunare

N :~S~ Dc:posirolagunarc:

A ·>>:·>> Accu muli dovuti


::::::::::: alle deiezioni dd fìumc

-rt"T" Bordo d 'erosione: marina

~· ............ Cost a rocciosa a p icco

!T" Falesia h»s m

_, -,.;, Piattaforma d 'abrasione


-,.....,marina
- - - ; . Circolazio ne
dell'acqua

Ho e-s tro.\~

Llbf'cdo

Fonte: Bo ndì et al. (2009).

261
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 29 Selinunte (Selinus), banchina del porto orientale

Fonte: Tusa (2010c).

generiche e specifiche dei porti, dalle banchine agli ormeggi, ai fari, ai ma-
gazzini, ai cantieri e agli arsenali.
Quando la conformazione della costa lo consente, gli apprestamenti por-
tuali si sviluppano in più di un'insenatura, sia per offrire riparo a seconda
del diverso orientamento dei venti, sia specializzando talvolta le funzioni, ad
esempio militare o commerciale. Frequente è il caso di porti doppi, come a
Egina, Corfù, Apollonia di Cirenaica (cap. 2, fig. 9 ), Siracusa (cap. I, fig. 4) e
Selinunte (fig. 29 e cap. I, fig. 6); il Pireo ne ha tre (cap. 2, fig. 3), mentre Rodi
ne possiede addirittura cinque (cap. 1, fig. 15).
Porti nelle città I porti con funzione commerciale o militare si trovano solitamente integrati
greche nel circuito delle mura urbane o protetti da un'opera fortificata della città,
come a Thasos, dove sia il porto militare sia il molo del porto commercia-
le poco più a nord sono protetti da cortine collegate alle mura che all'ini-
zio del v secolo a.C. ampliano una precedente cinta arcaica (fig. 30 ). Allo
stesso periodo risale l'impianto di arsenali (neoria), composti da una serie di
lunghi capannoni coperti da un tetto a doppio spiovente in grado di ospita-
re tre scafi ciascuno. Lungo la costa nord-est dell'isola tre fari, costituiti da
basse torri circolari del diametro di 4-5 m alla base e alte circa 4 m, fanno
parte di un sistema di segnalazione marittima (fig. 3I). Atene offre non solo
l'esempio più monumentale dell'inserimento del porto nel sistema difensi-
vo della città con la costruzione delle Lunghe mura (cap. 2, par. I), ma anche
una particolare complessità delle infrastrutture. Al Pireo due bacini, Zea e
Mounichia, hanno esclusiva funzione militare, mentre il più ampio Kdntha-

262
5. Collegare città e territori

FIGURA 30 Thasos, pianta della città con le fortificazioni di v sec. a.C. che proteggono le
aree portuali

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PORTE

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·~

Fonte: Hellmann (2010).

ros ha un uso prioritariamente commerciale. I due porti militari, nel IV se-


colo a.C., sono dotati di un dispositivo di controllo dell'accesso costituito
da due moli che delimitano una strettoia sorvegliata da torri, eventualmente
bloccata da catene, secondo un modello di porto militare chiuso, ampia-
mente ripreso in età ellenistica. A Zea, gli arsenali, realizzati nel v e nel IV
secolo a.C., sono larghi 6,3o-6,so m e lunghi 38-40 m e sono dotati di ram-
pe tagliate nella roccia; le basi in muratura poste tra le rampe sorreggono
gli elementi portanti dei tetti a doppio spiovente. I neoria del Pireo costitu-
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 31 Thosos. sezione e prospetto del faro di Capo Phanari (fine VI-inizi v sec. a.C.)

ì
......

coupe
l é lévotion

Fonte: Kozelj, Wurch-Kozelj (1989).

iscono un modello per le analoghe attrezzature di innumerevoli porti di età


classica o ellenistica in Grecia e in Occidente. In Magna Grecia, uno degli
impianti portuali meglio noti è quello di Locri Epizefiri, di età tardoarcai-
ca. Il bacino portuale a pianta rettangolare si trova all'esterno delle mura e,
insieme al santuario di Afrodite e a una stod, forma il nucleo di un quartiere
suburbano; due strade attraversano la cinta ai lati del bacino e lo fiancheg-
giano lungo i moli (fig. 32.).
Grandi porti In età ellenistica condizioni ambientali simili determinano lo sviluppo di due
del Mediterraneo: grandi strutture portuali affacciate sulla costa meridionale del Mediterraneo:
Apollonia, Apollonia di Cirenaica e Alessandria d'Egitto. Ad Apollonia la ricostruzione
Alessandria, dell'antica linea di costa ha consentito di riconoscere due bacini separati da
Cartagine e Cesarea una penisola: il primo, a ovest, è una cala chiusa, accessibile dal mare aperto
attraverso un passaggio a imbuto e attrezzata con neoria scavati nella roccia
della penisola; il secondo, a est, è assai più ampio ma poco difeso dalle tem-
peste. Negli ultimi decenni del n secolo a.C., quando viene costruita la cinta
urbana, anche il porto subisce una complessa trasformazione: i due bacini
sono messi in comunicazione attraverso un canale profondo 2 m e largo 1s.
scavato nella penisola e fiancheggiato da due torri, mentre forse in questo
stesso momento l'ingresso alla cala occidentale dal mare aperto è bloccato
con un accumulo di massi, creando così un bacino interno ancor più protetto
e difeso. Ad Alessandria, l'isola di Faro, che con altri iso lotti fronteggia la
riva, è collegata alla costa da una diga, l' Heptastddion, che definisce a est e a
ovest due bacini portuali. Altri moli delimitano approdi minori all'interno
delle due ampie cale, come quello privato connesso al quartiere palaziale nel
grande porto orientale e quello militare nel porto occidentale (cap. 1, fig. 24).
Sull'isola di Faro, agli inizi del III secolo a.C., è inoltre costruita la grande
torre per segnalazioni luminose ricordata come una delle sette meraviglie del
mondo antico, che costituisce il prototipo dei successivi fori romani: l'edifi-

264
5. Collegare città e territori

FIGURA 32 Locri Epizefiri (Lokroi EpizephY,io1), pianta della città con l'area portuale di età
tardoarcaica

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Tribona
Lucifero

1: Santuario di Afrodite
2: Santuario urbano

500m "f-./

Fonte: Mertens (2006, p. 170).

cio si sviluppava su tre piani di diversa altezza e forma, dal.basso in alto, qua-
drangolare, ottagonale e cilindrica, per un'altezza complessiva di 12.0-130 m
circa. Una rampa interna consentiva di raggiungere la sommità al personale e
forse anche ai muli che trasportavano il combustibile (fìg. 33).
Sempre sulla costa africana, tra la fìne del III e l'inizio del II secolo a.C.,

265
L'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 33 Alessandria (Aiexandreia), il faro nella ricostruzione di Hermann Thiersch

Fonte: Hellmann (2010).

FIGURA 34 Cartagine, ricostruzione dei porti di età punica

Fonte: disegno di ].-C. Golvin, in Slim (2010).

Cartagine si dota di un complesso impianto portuale (cap. 1, fig. 41). Dal


mare aperto si accede a un primo bacino rettangolare con funzione mer-
cantile e quindi, attraverso un canale largo circa 20 m, a un secondo ba-

266
5. Collegare città e territori

cino circolare con funzione militare. Al centro di quest'ultimo si trova la


cosiddetta isola dell'Ammiragliato, occupata, così come il perimetro del
bacino stesso, da arsenali per il ricovero della flotta militare (fig. 34). In
età romana l'isola è riorganizzata con la costruzione di un tempio e di un
edificio a pianta ottagonale al centro e di una doppia galleria colonnata
lungo il perimetro, trasformandola in un vero e proprio foro commerciale.
Nel Mediterraneo orientale, a Cesarea in Giudea, Erode il Grande realizza
un'imponente opera che viene a interrompere un lungo tratto di costa privo
di porti. Il poderoso molo che si protende nel mare ampliando l'insenatura
naturale è realizzato in calcestruzzo entro casseforme !ignee. La descrizione
celebrativa dello storico Flavio Giuseppe (Guerra giudaica I, 408-413) offre
l'immagine del lungo muro di recinzione intramezzato da torri, la più alta
delle quali è dedicata a Druso, figlio adottivo di Augusto; l'imboccatura è
segnalata da gruppi di statue su colonne e sulla rada si affaccia un tempio
imponente dedicato ad Augusto.
A Roma il porto di Ostia alla foce del Tevere non è in grado di accogliere le Roma e i suoi porti
navi di grande stazza che, da ogni parte del Mediterraneo, convergono verso
la capitale, obbligando il trasbordo delle merci dalle navi ancorate alla fonda a
più piccole imbarcazioni in grado di entrare ali' interno della foce e di risalire
il corso del fiume fino alla città. Qui l'antico porto tiberino, stretto nell'ansa
fluviale fronteggiata da Velabro, Foro boario e Foro olitorio, senza alcuna
possibilità di ampliamento e ormai insufficiente a fronteggiare la mole cre-
scente dei traffici, è sostituito, nella prima metà del II secolo a.C., dall'Em-
porio, un più vasto porto fluviale lungo le rive del Tevere a sud dell'Aventino,
in un'area dalle ampie possibilità di espansione (fig. 35). L'opera, pervenuta
nei rifacimenti di età traianea, si compone di una banchina lunga soo m e
profonda 90; sulla fronte, grandi blocchi sporgenti di travertino sono mu-
niti di fori per l'attracco delle navi, mentre gradinate e rampe consentono di
scendere al fiume (fig. 36). Alle spalle del porto, nel II secolo a.C., è realiz-
zato un grande edificio tradizionalmente ritenuto un gigantesco magazzino
(horreum) per derrate alimentari, la Porticus A emilia. Recentemente il com-
plesso è stato interpretato come arsenale per il ricovero delle navi (navalia);
solo più tardi, con opportune modifiche, sarebbe stato adibito a funzioni
commerciali. La tipologia edilizia, del resto, trova strette analogie con questo
genere di edifici: la pianta rettangolare è scandita da file di pilastri sui quali si
impostano archi posti ad altezze decrescenti; i setti murari che vengono così a
formarsi sorreggono le volte a botte a gradoni dei cinquanta vani aperti verso
il Tevere, larghi 8,30 m, lunghi 6o m e verosimilmente dotati di un piano
pavimentale inclinato che consente alle navi di scivolare in acqua.
Le crescenti necessità di rifornimento spingono Claudio a concepire il pro-
getto di un nuovo porto a nord della foce del Tevere, portato a termine sotto
Nerone. Su un isolotto artificiale nel braccio di mare che consente alle navi
di entrare in porto è eretto un faro su modello di quello di Alessandria: la

267
IV
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00 FIGURA 35 Roma, assetto generale dell'area dell'Emporio con inserimento delle strutture rinvenute
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Fonte: disegno e rilievo di G. Galli. 1935, in Meneghini (1985).


5. Collegare città e territori

FIGURA 36 Roma, Emporio sul Tevere

Fonte: Meneghini (1985).

costruzione si articola in tre piani a base quadrangolare e uno cilindrico; sul


penultimo si erge la statua di Claudio o Nerone. Per risolvere il problema di
un veloce insabbiamento, tra ilw6 e il 113 d.C. Traiano realizza un secondo
porto più interno e riparato, a pianta esagonale, collegato sia con il preceden-
te porto di Claudio, sia con il Tevere mediante la Fossa traiana, l'odierno ca-
nale di Fiumicino (fig. 37 ); intorno ai due grandi bacini, oltre alle canoniche
infrastrutture portuali, si sviluppa un vero e proprio centro urbano, Porto,
cinto da mura tra IV e v secolo d.C.
Non soltanto grandi porti: un'infinità di medi e piccoli scali punteggiano sia le Un gran de porto
coste marittime sia le acque interne; possiamo renderei conto della varietà delle fluviale: Aquileia
soluzioni nell'ambiente di fiumi, canali e lagune che caratterizza la pianura ve-
neta e quella friulana ( Venetia et Histria ). Aquileia è dotata di un porto fluviale
di dimensione sovraregionale, monumentalizzato intorno alla metà del I secolo
d.C. (fig. 38). La banchina è rivestita di lastroni di pietra dotati, a intervalli re-
golari, di anelli di ormeggio sporgenti con foro verticale (fig. 39); ai suoi piedi, 2
m più in basso, si sviluppa un secondo piano di carico costituito da un marcia-
piede lastricato fornito an eh'esso di anelli di ormeggio a foro orizzontale, utiliz-
zabile come banchina nei periodi di magra. Dal fiume si aprono tre accessi alla
città, una gradinata e due stretti passaggi lastricati a pendio. Da questi ultimi,
coppie di rampe permettono di accedere anche alla banchina superiore e di di-
stribuire le merci ai magazzini che fronteggiano il porto e alla città. I magazzini
lunghi e stretti ( 13 m per non meno di 300) si dispongono parallelamente alle
banchine e si aprono verso di esse con due gradinate monumentali.

269
l'urbanistica: città e paesaggi

FIGURA 37 Porto (Portus), porti di Claudio e di Traiano

Fonte: Hurst (20tob).

FIGURA 38 Aquileia, porto fluviale (l sec. d.C.)

Fonte: Bertacchi (tgBo).

270
5. Collega re città e territori

FIGURA 39 Aquileia, banchina di ormeggio e magazzini (1 sec. d.C.)

Fonte: Bertacchi (lgBo).

FIGURA 40 Altino (Aitinum), banchina di età romana Lungo il canale Sioncello

Fonte: Ghedi ni, Bondesan, Busana (2002).

Porti minori o semplici approdi ci offrono un quadro delle soluzioni tec- Porti minori
niche adottate per questa categoria di apprestamenti, usualmente impostati e approdi lungo
su solide palificate. Ad Altino, banchine d'ormeggio, installazioni portuali e le acque interne
magazzini porticati connessi a moli fluviali caratterizzano il tessuto urbano
e la fitta rete dei canali che circondano la città: lungo il Sioncello, artificial-
mente aperto in età tardorepubblicana, una banchina lunga quasi 2.00 m si
compone di una triplice fila di pali a sezione quadrata su cui si imposta un
filare di blocchi lapidei squadrati (fig. 40), mentre un'altra poco distante è

271
L'urbanistica: città e paesaggi

costituita da una gradinata poggiante su palificata, con ormeggi antistanti a


intervalli regolari. A Oderzo, sulla sponda regolarizzata del fiume che collega
la città da un lato al mare e alle rotte endolagunari e dali' altro alla zona pede-
montana, al di sopra dei pali è stesa una massicciata di più corsi di ciottoli flu-
viali e quindi la banchina in blocchi squadrati di calcare legati con malta. La
struttura risale all'inizio del I secolo d.C., come indicano le numerose anfore
disposte a bonificare un'area depressa alle spalle della palificata. La sponda è
rinforzata da un sistema di pali verticali collegati da assi orizzontali, mentre
pali infissi nell'alveo facilitano l'attracco dei natanti. Il graduale interramen-
to della sponda rende successivamente necessaria una banchina più avanzata,
realizzata mediante una fitta palificata parallela al primo molo.
Cambiamenti Il complesso sistema dei porti di età romana perdura con tempi e modi diver-
nel sistema portuale si fino a epoca tardoantica, quando il cambiamento nella mole e nelle diret-
in epoca tardoantica trici dei traffici porta al ridimensionamento talvolta anche drastico di molti
di essi, anche a causa di fenomeni naturali di progressivo insabbiamento. Se
alcune strutture sono gradatamente sostituite da altre in posizione più favo-
revole, come quelle di Grado rispetto a quelle di Aquileia, altre cessano le
loro attività: l'impianto portuale di Classe a Ravenna, pur in piena attività
nel VI secolo d.C., è ormai in declino in quello successivo, per essere infine
abbandonato nell'VIII a causa dell'interramento.

Riferimenti bibliografici

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POLTRINI, ZECCHINI (2.007 ). Per la rete delle strade di età romana e le tecniche
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Per le infrastrutture viarie in Grecia e in Magna Grecia: HELLMANN (2.010 ); MALA-
CRINO (2.010). Per esempi di guadi in Magna Grecia: P ARRA, FACELLA (2.011). Perle
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dell'Italia romana (2.004); BASSO (2.007); MALACRINO (2.010). Per un'esemplifica-
zione di casi di studio: QUILICI, QUILICI GIGLI (1994, 1996). In particolare per le
gallerie stradali: CORALINI (1992.). Per le gallerie e le tagliate del Furlo: LUNI (1992.).
Per le gallerie e le tagliate dell'area di Sorrento: RUSSO (2.011). Per i ponti di legno e
di barche: CALZOLARI (1994). Per le tagliate lungo la via Sa/aria: QUILICI (1994a).

272
5. Collegare città e territori

Per i viadotti lungo la via Flaminia: BONOMI PONZI (1994). Sulla Tabula Peutinge-
riana: BOSIO (1983). Sulle stazioni di sosta: MEZZOLANI (1992.); CORSI (2.000 ). Per
il sito del Vignale: GIORGI, PATERA, ZANINI (2.009).
Sulle rotte marittime: ROUGÉ (1975); VISMARA (1989); MARTINO (2.009). Per il
commercio sul Tevere in epoca arcaica, repubblicana e imperiale: Q.UILICI (1986);
Q.UILICI GIGLI (1986b). ln particolare per lo scalo di Ocricufum: CENCIAIOLI
(2.oo6). Per Bevagna: CAMERIERI, MANCONI (2.010 ). Per i commerci attestati dalle
anfore del monte Testaccio: BLAZQ.UEZ MARTINEZ, REMESAL RODRIGUEZ (1999 );
BLAZQ.UEZ MARTINEZ, REMESAL RODRIGUEZ (2.001, 2.003). Sul commercio
dell'olio lungo il Baetis: CARRERAS MONFORT, FUNARI (1998); PANELLA (2.001).
Per le navi di Pisa, il sistema dei trasporti fluviali e marittimi dell'Arno e dell'Auser:
CAMILLI, SE T ARI (2.005). Per la vie d'acqua nella Venetia costiera: P ERETTO (1990 );
ROSADA (1990a); ZERBINATI (1990); TIRELLI (1998); UGGERI (1998).

Sugli aspetti paleoambientali dei porti antichi cfr., da ultimo, MORHANGE, PRO-
VANSAL (2.007); AMATO et a/. (2.009); HESNARD, MARRINER, MORHANGE (2.011).
Per i porti in Grecia e in Occidente, le parti dedicate in UGGERl (2.005); MER-
TENS (2.006); HELLMANN (2.010 ); TUSA (2.010c). Sui ricoveri per le navi militari:
BLACKMAN, LENTINI (2.010). ln particolare per Apollonia di Cirenaica: SINTES
(2.010). Per Cartagine: HURST (2.010a, 2.010b). Per Leptis Magna: DI VITA (1994).
Per Ostia e Portus: KEAY, MILLET, STRUTT (2.004); PAVOLINI (2.0o6); www.portu-
sproject.org/index.shtml. Per l'Emporio di Roma: MENEGHINI (1985); Q.UARAN-
TA (2.011). Sull'identificazione dei navalia: TUCCI (2.012.). Per Aquileia: BERTAC-
CHI (1980); CARRE, MASELLI SCOTTI (1998). Per Oderzo: CIPRIANO, SANDRINI
(1998). Per Altino: TIRELLI (1998). Per i porti in epoca tardoantica, la parte dedicata
in BROGIOLO (2.011) e in particolare per Portus: PAROLI (2.004). Per un progetto
in corso sui porti romani del Mediterraneo: www.romanportnetworks.org/index.
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304
Indice dei Luoghi

Acaia Ftiotide, 97 Albisola (Alba Docilia), 2.51


Acholla, 63 Alcantara (Norba Caesarea), 2.44
Acqua Acetosa, 2.04-5. 2.33 Alessandria d'Egitto (Alexdndreia), 35.
Acquarossa, 132.-3 2.13. 2.2.3, 2.64. 2.66-7
Acqui (Aquae Statiellae), 117 Faro, isola di, 2.64
Adige, fiume, 93. 134, 169 Heptastddion, 2.64
Adranone, monte, 96-7, 104 Algeria, 151
Adria (Atria), 63 Alicarnasso (Halikarnassos), 37
Adriatico, mare, 2.13, 2.60 Aliki, promontorio di, 2.2.0
Aeclanum, 175 Alife (Allifae), 6o
Aigdi, 153 Alinda (Alinda), 77
Afghanistan, 153 Alpi. 2.11
Africa, 10, 62.-3, 67, 89, 116, 155, 175. 2.01, Alpi Giulie, 103
2.10, 2.2.3 Altamura, 71
Africa Nova, 63 Althiburos, 12.0-1, 146, 188, 2.2.0-1
Africa Proconsolare, 63, 104, 2.2.0, 2.2.4 Altino (Altinum), 2.71, 2.73
Africa Vetus, 63 Alutus, fiume, 103
Afrodisia (Aphrodisias), 12.4, 156 Amelia (Ameria), 142., 189, 2.55
Ager Cosanus, 2.07, 2.17 Amorium, 94
Aghiddes, sorgente, 142. Amphipolis, 2.40
Agrigento (Akrdgas), 2.1-2., 2.9, 97,118,141-2., Ampurias (Emporiae), 47-8, 58-9, 67, 2.10
2.31, 2.42. Ancona, 95. 160
Kolymbéthra, stagno della, 142. Andalusia, 79
Agropoli, promontorio di, 198 Andriaké, 180
Aigdleos, monte, 98 Aniene, valle dell', 2.36
Ai-Kanoum, 153 Ano Voula, 2.15
Aizanoi, 156 Antas, 2.01, 2.19
Alabanda,77 Aosta (Augusta Praetoria Salassorum ), 46-
Alatri (Alétrium), 83 7. 87. 157
Alba (Alba Pompeia), 165 Apaméa sull'Eufrate, 35. 37
AlbaFucem, 42.-3,111,134.157.I60,I74,179 Apaméa sull'Oronte, 35. 135-6
Albano, lago, 64 Apollonia(Apollonia) di Cirenaica, 78-9,
Albegna, fiume, 2.54 2.62., 2.64. 2.73
Albenga (Albingaunum), 160 Apollonia (Apollonia) d'Illiria, 70,80,146
Albinia, 2.17-8, 2.2.9 Appennino, 2.16, 2.34-6, 2.50

305
L'urbanistica: città e paesaggi

Aquileia, 43-4, 6o, 67, 70, 91, 93, 104, 12.8, teatro di Dioniso, 119, 153
157, 160, 165, 179-80, 185, 189-90, 2.13, tempio di Athena Nike, 118
2.34, 2.69-73 Zea, 2.62.-3
Arezzo (An-etium), 70, 104, 2.18 Attica, 97-8, 104, 153, 2.15, 2.2.3, 2.2.6, 2.2.9-30,
Arghiroupoli, 2.15 2.41
Argilos, 131, 188 Augst (Augusta Raurica), 95, 12.5
Argo (Argos), 18-9, 33, 109 Augusta Bagiennorum, 12.5, 159-60
Ariccia (Aricia), 2.44 Autun (Augustodunum), 88
Ariccia, lago di, 64 Avenches (Aventicum), 12.5
Arles (Colonia Iulia Areiate Sextanorum ), Averno, lago, 2.49
62., ]O, 95, 113, 115, 157, 160, 2.45 Avignone (Avenio ), 62.
Arno, fiume, 61, 2.12., 2.54, 2.58, 2.73
Arpi, 71 Baalbek (HeliOpolis), 12.5, 12.7, 188, 2.2.0
Arpino (Arpinum), 75, 83-4 Babilonia (Baby!On), 153
Asia Minore, 32., 69-70, 78, 98, 104, 153, Baelo Claudia, 175
155-6, 172., 176, 2.18, 2.2.3 Barcellona (Colonia Iulia Augusta Faven-
Asolo (Acelum), 6o tia Paterna Barcino), 70, 95
Aspendos, 156, 172. Barumini, 96
Assos, 85, 172. Belluno (Bellunum), 6o
Assuan, 2.2.3 Benevento (Beneventum), 6o, 2.34
Astorga (Asturica Augusta), 2.2.6 Beozia, 54, 98
Atene (Athénai), 18, 32., 67, 69-70, 73-4, Beqaa, valle della, 12.5
78, So, 97-8, 103, 12.8, 131, 137, 142., 148- Betica, 115, 167, 193, 2.56
9, 153, 164, 171, !SI, 189, 191-2., 2.15, 2.2.3, Bevagna (Mevania), 2.55-7, 2.73
2.32., 2.41 Biblo (Bjblos), 153
acropoli, 19, 118-9, 12.4 Bithia, 12.1
agord, 108-9, 138, 145, 151, 171-2., 181, 190, Bologna (Felsina, Bononia), 95, 119, 132.,
192. 158. 185. 194, 2.32., 2.36
bouleutérion, 108 Bolsena ( Volsinii), 151
Ceramico, I]I, 181, 192. Bosforo, 2.40
Dipylon, 142., 171, 192. Bordeaux (Burdigala), 95
edificio F, 109 Bradano, fiume, 198
Ekklesiastérion, 109 Brauron, 2.41
Falero, 73, 181 Brescia (Brixia), 6o-1, 93,135-6,160,189,194
fonte Klepsjdra, 137-8 Cidneo, colle, 169
Kdntharos, 62.6 Ortaglia, 136
Kolonos Agordios, 139 Brindisi (Brundisium), 174, 2.34
Lunghe mura, 73, 78, 2.62. Britannia, 100, 2.2.6, 2.2.8, 2.30
Mounichia, 2.62. Budapest (Aquincum), 100
Odéion di Erode Attico, 119, 153 Bufalotta, 2.04
Partenone, 119 Bulla Regia, 151, 175
Pireo, 2.9, 73, 148, 172., 181, 192., 2.2.3, 2.62.-3
Pnice, 109 Cadice, golfo di, 71
santuario di Asclepio, 137 Cagliari (Karalis), 12.1
stod di Attalo, 176, 198 Calabria, 70, 2.11
stod basileios, 108 Calcidica, penisola, 31
stod di Zeus Eleuthérios, 108 Cales, 43

306
Indice dei luoghi

Camorras, 79 Chiusi ( Clevsi), I37, I40, I89


Campania, 70, 79, 114, 2.38, 2.49 Cicladi, isole, 98
Campi Flegrei, 2.49 Cimini, monti, 2.49
Campi Palentini, 64 Cirenaica, I03
Campus salinarum Romanarum, 2.I4 Cisalpina, ISo, I89, 2.34, 2.37
Candigliano, fiume, 2.50 Cividale (Forum Iulii), 6o, 95
Capena, 2.54 Civita Castellana (Falerii Veteres), 2.44
Caria, 77,98 Classe (Classis), 2.07, 2.72.
Carrara, 2.2.4 Clermont (Augustonemetum), 95
Cdrsulae, 87, I58 Clitunno, fiume, 2.55
arco di San Damiano, 88 Clyde, fiume, I02..
Cartagine (Q:tl?dft, Concordia Iulia Car- Cnido (Knidos), 37
thago ), IO, 49-50, 62., 67, 72., 75, 92., 96-7, Cocceio, grotta di, 2.49
I09, 119, I2.I, I4I, I57· I79· 2.2.3, 2.2.6, 2.64, Colle Nocera, 2.44
2.66, 2.73 Colonia (Colonia Claudia Ara Agrippi-
Ammiragliato, isola dell', 2.67 nensium), 49-5I
Byrsa, 49 Colonnata, 2.2.4
serbatoio di Borj el-Djedid, I45 Comacchio, 65
terme di Antonino, I45, I5I Como (Comum), 47, 6I
Casale Brunori, 2.04 porta Pretoria, 87
Casale Pian Roseto, 2.04 Concordia Sagittaria (Iulia Concordia), 2.06,
Casale Santa Cecilia, 2.04 2.36
Castel d'Asso, 98 Copaide, lago, 54
Casteldebole, 2.09 Cordova ( Corduba), 115, I?I, 2.56
Castellaccio di Caporipa, 98 Corfinio ( Corflnium ), I75
Castello di Procchio, monte, 99 Corfù, 2.62.
Castelvenere, grotta di, 2.00, 2.2.8 Cori (Cora), 70,75
Castiglione di San Martino, 99 Corinto (Korinthos), I8, I37, I42., I53· I?I,
Castiglioni, 2.55 I89-90
Castillo de Dona Bianca, 7I Acrocorinto, I9, I37
Castrum Novum, IOO Diolkos, 2.3I-2.
Caucaso, IOO fonte Glduke, I37
Caulonia (Kdulon ), 70, 2.03, 2.40 fonteLerna, I37
Cavallino, ?I fonte Peiréne inferiore, I37
Cecina, fiume, 2.54 fonte Peiréne superiore, I3?, I39
Cerveteri ( Cisra), 2.3, I88, I99· 2.04 Lecheo, porto del, I?I
necropoli della Banditaccia, I82. santuario di Asclepio, I37
santuario del Manganello, 118 Corinto, golfo di, 2.3I
santuario della Vignaccia, 118 Corinto, istmo di, 2.31
santuario in località Sant'Antonio, 118 Corno d'Oro, 92.
Cesena, 2.36 Cosa, 43, 47, 6o-I, 85, Ioo, 109, III, 12.4
Chemtou (Simitthus), 2.I9, 2.2.4-6 Portus Cosanus, 2.I7
Cherchel (Iol-Caesarea), 9I Costantinopoli, 9I-3, 95, I04, I46, I55, I62.,
Chersoneso ( Chersonesos) T aurica, 56-7 I96
Chesters ( Cilurnum ), 99 Lunghe mura, 94
Chiascio, fiume, 2.55 serbatoio di Binbirdirek, I44
Chio (Chios), 70 Cremona, 47, 6I

307
L'urbanistica: città e paesaggi

Crimea, 56 Emilia, 190, 2.09, 2.2.9


Crotone (Kroton), 2.1, 198, 2.40 Emporio di Chio, 16
santuario di Era, 198 Epidauro (Epidauros), 156
Crypta Neapolitana, 2.49-50 Epiro, 32.
Cuma (Cumae), 19, 70,131,2.49 Eraclea (Herdkleia), 2.04
Curiga, 193 Eraclea (Melidissa-Civitas Heracliana ), 66
Cusa, 2.19, 2.30-1 Eraclea al Latmo (Herdkleia), 85, 2.41-2.
Eretria, 18, 2.40
Dacia, 102. Erice (Érix), 77
Danubio, nume, 1oo, 102.-3, 18o, 2.46-7, Eridano, nume, 148
2.58,2.61 Erythrae, 77
Deln (Delphoi), 156, 197 Etruria, IO, 2.3, 3], 69, ]l, n. 104, 118, 132,
fonte Castalia, 197 I ] I, 182., 188, 190, 2.00, 2.04, 2.11, 2.2.6, 2.2.9,

Parnaso, monte, 197 2.32.-3, 2.38. 246-?, 2.)4, 2.58. 2.]2.


rocce Fedriadi, 197 Eubea, 16, 2.40
santuario di Apollo Pizio, 197, 199 Euripo, canale di, 97
Delo (Délos), 33, 141, 149, 156 Europa, 47
santuario di Apollo, 197
Demetriade (Demetridda), 76-7 Faenza (Faventia), 62., 2.07
Djebel Cembé, 103 Falerii Novi, 86, 2.55
Djemila ( Cuicul), 175 porta di Giove, 85
Dobroudja, 102. Fano (Colonia Fanestris), 70
Docimium, 2.19, 2.2.3 porta di Augusto, 87
Doganella,37,2.05 Fanum Voltumnae, 200, 2.2.8
Dolaucothi, 2.2.6, 2.2.8, 2.30 Faragola, 2.09
Donnas, 2.48-9 Farsalo (Phdrsalos), 97
Dougga (Thugga), 12.5-6, 175 Fenicia, 153
Dourbie, nume, 2.18 Ferentino (Ferentinum), 112., 179
Douro, nume, 2.2.6 Fermo (Firmum Picenum ), 142.-3, 189
Dura-Éuropos, 35-6, 69, 79, 175 Fidenae, 132.
Durazzo (Dyrrhachium), 94 Filippi (Philippoi), 151, 175
Finocchito, monte, 71
Ecija (Astigi), 256 Fiora, nume, 2.54
Efeso (Éphesos), 76-7, 79, 98, 124, 156, 172, Firenze (Florentia), 61, 2.16
2.2.3 Focea, 73
Artemision, 142., 197 Foligno (Fulginium), 63, 2.45
Egina (Aigina), 142., 2.62 Fondi (Fundi), 70, 158
Egitto, 9. 155 Fonteblanda, 2.7, 2.05
Egnazia (Egnatia), 117 Forcello, 28
Elba, isola d', 98-9, 2.2.6 Forlì (Forum Livi), 6o, 171
Eléa, 2.2, 24, 30, 70, 78, 118, 149 Formia, 158
porta Rosa, 84-5 Forth, fìume, 102.
Eleusi (Eleusis), 149, 181, 2.32. Fossacava, 2.2.4
Eleuthérai, 98 Fossa Clodia, 2.60
ElJem (Thysdrus), 63 Fossa traiana (canale di Fiumicino), 2.46, 2.69
Ellesponto (Dardanelli), 2.40 Fregelle (Fregellae), m
Eloro, 131 Frizzone, 2.32.-3, 2.72

308
Indice dei luoghi

Fucino, lago del, 64-5. I95 Ippari, fiume, 2.I5


Furio, galleria del, 2.50, 2.72. Ippona (Hippo Regius), I5I
Ischia (Pithecussai), I9
Gabii,2.34,2.43 Isola di Migliarino, 2.I8, 2.58
Gallia, 47. 86, 88, 95. I04, I55· 2.IO, 2.I8, 2.2.9, Isola Sacra, I84
2.34·2.6I Is Paras, 96
Gallia Aquitania 2.30 lstria (!stria). 56
Gallia Belgica, 48, 88 Italia, IO, 59, 67, 70-I, 86-7, 93, 95• 99, 103-
Gallia Lugdunense 2.30 4, 112., I32., I49· I5I. IS3-4· 174-5. I79· I88-
Gallia Narbonense, I79 9o. 2.02., 2.07, 2.10, 2.2.3, 2.2.9, 2.34. 2.37. 2.40,
Garigliano, fiume, 2.45 2.47· 2.72.
Gela, 69, 96, I98, 2.03 ltalica, I67-8, I89
Genil, fiume, 2.57
Genova ( Genua), 2.IO, 2.34 Kaiseraugst (castrum Rauracense), I04
Germania, 47 Kamarlna, 2.9, 56. ?O, I?2., 2.03, 2.I5, 2.2.9, 2.3I
Ghiaccio Forte, 37 Kdmiros, 13I
Giancola, 2.I7, 2.2.9 Kasménai, 96, I04
Giara di Gesturi, 96 Kassope, 32.
Ginevra (Genava), I75 Kastro Kallithea, 69
Giudea, 2.67 Kerkouane, 34-5. I09, 119
Glanum, 62., I79 Khamissa (ThubursicumNumidarum), I5I
Gonfienti, 2.7 Kos, 37
Gortys di Arcadia, 79 Kronio, monte, 97
Grado, 2.72. Ksour, altopiano dello, 2.2.0
Gravisca, I99· 2.2.8, 2.54
Grecia, 9. I5, I9, 54. 69-70, I0?-8. I39· I49· Labrdnda, 37
153-5, I64, I?I, I76, I89, I97• 2.02.-3, 2.I2., Lacinio, Capo. I98
2.I5, 2.2.9, 2.3I-2., 2.34, 2.40, 2.64, 2.72.-3 Laconia, 2.2.0
Grotta Oscura, fosso di, 2.55 Lacus Umber, 2.0I
Grotte Pinza, 98 La Fonteta, 72.
Grumentum,I6o La Graufesenque (vicus Condatomagus),
Guadalquivir (Baetis), fiume, 2.56-7 2.I8, 2.30
Guadiana, fiume, 2.44 Lambro, fiume, I93
Laodicea (Laodikeia) al Lico, 156
Haidra (Ammaedara), 6o, 63 L'Aquila, 2.35
Himéra, I9, 2.1, 30, 70, 2.03 Larissa, 56
Housesteads (Vercovicium), IOI La Spezia, 2.07-8
Hypsili, 70 Latium Vetus, I04
Laurion, 2.2.6, 2.30
Iberica, penisola, 47. 59. 64, ?I, 2.10, 2.2.6, Lavello, I32.
2.2.8,2.30,2.34 Lazio, 64, 69, 75· 132., 2.04, 2.34, 2.38, 2.49
Ibiza, 2.00 Lefkandi, 16
Igel. 2.58 Leptis Magna, 64, 116, 176, 2.6I, 2.73
Illiria, 70, 2.34 terme di Adriano, I 52.
fmbrasos, fiume, I97 Lesbo, isola di, I44, 2.19
Imola (Forum Cornelii), 6o, 158 Libano, I2.5
Ionia, 77. I97 Libarna, 156-7, 160, 2.36

309
L'urbanistica: città e paesaggi

Licia, 98, 180 Marzabotto (Kainua), 2.6, 2.8, 67, 107, 119,
Lidia, 98 132., 171, 188-90
Lilibeo (Liljbaion), 75 santuario del Fontile, 119
limes tempio di Tina, 107, II9
africano, 103-4 Massa, 2.16-7, 2.2.9
della Numidia, 103 Mauretania, 104
germano-retico, 102.-3 Mavrozoumenos (Leukasia), fiume, 2.41-2.
mesopotamico, 103 Mediterraneo, mar, 9-10, 54, 71-2., 12.1, 181,
renano, 2.18 2.04, 2.10, 2.14, 2.18, 2.64, 2.6?, 2.73
transalutano, 102. Medjerda (Bagradas), fiume, 2.18, 2.2.6
Lindos (Lindos), 12.1 Megalopoli di Arcadia (Mega!Opole), 153
Lione (Lugdunum), 49, 144, 171, 2.18 Megara Iblea (Mégara Hyblaéa), 19-2.0, 66,
Liri, fiume, 64 70, 72.-3, 106-7, II8, 131, 149, 162.-3
Livenza, fiume, 75 Melia (Mella), 70
Locri Epizefiri, 70, 73, 118, 131, 171, 190, Meligalas, 2.41-2.
2.03, 2.40, 2.64-5 Mendolito, 71-3
santuario di Afrodite, 2.64 Mérida (Augusta Emerita), 95, IIS, 144,
Loira, fiume, 2.58 I? l, 2.44
Lucania, 70-1, 2.04 basilica di Santa Eulalia, 196
Lucca (Luca), 43, 45, 6o, 157, 2.32.-3, 2.72. Foro de mdrmol, II5
Lucus Feroniae, 2.55 Mesia Inferiore, 102.
Lugo (Lucus Augusti), 95 Mesopotamia, 103, 153
Luni (Luna), 40, 42., 61, 67, 113-4, 157, •Ss- Messenia, 16, 2.42.
6, 188,2.16,2.2.3,2.38-9 Metaponto (Metapontion), 2.1, 2.3, 55-6, ?O,
Luni sul Mignone, 98 105-6, II8, 131, 171, 190, 2.03, 2.31
Lusitania, ns. 2.44 santuario di Era, 198, 2.00
Mignone, fiume, 2.54
Macedonia, 35. 97. 131, 151, 153, 2.13, 2.34 Milano (Mediolanum), 91, 104, 12.8, 137,
Maestà di Picchio, 2.44 155, 158, •So, 193, 196
Magna Grecia, 19, 2.1, 67, 153, 182., 198, 2.03, Basilica Apostolorum, 19 6
2.2.9, 2.40, 2.64, 2.72. basilica di San Lorenzo, 196
Mainz (Mogontiacum), 49, 100, 103 basilica di San Simpliciano, 196
Malaga, 72. basilica di Sant'Eustorgio, 196
Malta, 2.00 Basilica Martyrum, 196
Manduria, 71 Mileto (Milétos), 2.8-9, 56, 78-9, 172.-3
Mani, penisola di, 2.2.0 Kalabaktepe, 78
Manica, canale della, 48 porto dei Leoni, 172.-3
Mansio ad Baccanas o Vtzcanas, 2.51 santuario di Apollo, 197
Mansio Fossis, 2.60 Minturno (Minturnae), 151, 158, 160, 2.45
Mantova(Mantua),2.8,95 Miseglia, 2.2.4
Maratona, 2.15 Miseno, 144
Marmara, mar di, 92. Miseno, Capo, 2.46
Marrana, torrente, 2.43 Mons Claudianus, 2.2.4-5, 2.30
Man-uvium, 195 Mons Ophiates, 2.2.4
Marsiglia (Massalta), 2.2., 95, 98, 149, 172., Mons Porphyrites, 2.2.4
2.53 Monte Sirai, 77, 12.1, 2.04
Marta, fiume, 2.54 Morgantina (Morgantine), 172., 174

310
Indice dei luoghi

Morrone, monte, 2.02. Oderzo (Opitergium), 95, 2.60, 2.72.-3


Mosella, fiume, 48-9, I52., I86, 2.45-6, 2.58 Oiniddai, 85
M ozia (Mtw ), 69, 72., 75, 119, I2.I, I]I, I88, I90 Olbia (Olbia, mar Nero), 56
santuario "Cappidazzu", 119 Olbia (Provenza), 98
tempio del Kothon, 119 Olbia (Olbia, Sardegna), n 119
Musarna, 37, 98 Olimpia (Olympia), I97
Altis, I97
Napoli (Nedpolis), 2.9-30, I54, I72., 2.50 Kronion, I97
Posillipo, 2.49 santuario di Zeus, I97-8
Narni (Narnia), 2.48, 2.55 O limo ( 6/ynthos), 31, 13I, I42., I64, I89
ponte di Augusto, 2.43, 2.45 Ombrone, fiume, 2.54
Ndxos, 2.9-30, 70, I3I, I62. Oppido Lucano, 7I
Néa Hdlos, 97, 104 Orange (Colonia Iulia Firma Secundano-
Nedpolis, presso Guspini, 77 rum Aurasio ), 62., 12.5
Nemi, lago di, 64 Orcomeno (Orchomenos), 109
Nera, fiume, 2.43 Ordona (Herdonia), 159-60, I75
Nero, mar, IO, I9, 56, 67, I02. Orte (Horta), 2.55
Neumagen (Noviomagus Treverorum), I87, Orvieto ( Velsna), 2.3, I37, 2.00, 2.54-5
2.58 necropoli di Crocifisso del Tufo, I82.
New Cascle on Tyne (Pons Aelius), IOO Osteria Nuova (Rieti), 2.44
Nicea (Nikaia), 9I Ostia, 39-40, 100, 12.8, I46, 15I-2., I6o, 169,
Nichoria, I6 174. I]], I79·8o, 184, I89-90, 2.46, 2.55·
Nicomedia (Nicomédeia), 9I, I55, I96 2.61, 2.6], 2.73
Ni/Wnion, 56 caseggiato dei Misuratori di grano, ISo
Nilo, fiume, 64, 2.2.3, 2.2.6, 2.58 caseggiato del Larario, 177-8
Nimes (Colonia Augusta Nemausus ), 62., caseggiato delle Trifore, 178
]O, 88, 104, I44-5 Grandi horrea, 180
Maison Carrée, 12.5 Horrea Epaghatiana, 180
Pont du Gard, I44 magazzini antoniniani, ISo
porta di Augusto, 88 magazzini dei Mensores, 180
santuario della Fontana, I2.4-5 magazzini dell'Artemide, 180
1òurMagne,88, I2.5 magazzini del Sebazeo, 180
Nora, 119-2.0, I2.9, I34, I79, I88-9, 2.04, 2.2.9, magazzini di Hortensius, 180
2.6I magazzini repubblicani, 180
insula A, I2.0, I79 piazzale delle Corporazioni, 2.56
isolato A-B, I2.0, I79 Piccolo mercato, 180
santuario del colle di Tanit, I2.0-I porta Romana, 152.
santuario del Coltellazzo, I2.I terme del foro, I51-2.
santuario di Sa Punta 'e su Coloru, I2.0-I, terme di Nettuno, 152.
I35 terme di porta Marina, I 52.
via del Porto, I2.0, I35, I90 via della Forica, 15I
Norba, 43, 75
Norchia, 98, I82. Padova (Patavium), I35, I6o, 165,189, 2.I3-4
Njsa, I56 Paglia, fiume, 2.55
Pajares-Osuna, 79
Ocriculum, 87, I37, I40, I84, 2.11, 2.73 Palairos (Pdlairos), 85
porto dell'Olio, 2.55 Paleopoli di Andros, 18

311
L'urbanistica: città e paesaggi

Palermo (Panormos), n. 2.oo Pitigliano, 2.32.


Palestina, 15 5 Platanella, monte, 97
Palestrina (Praeneste), II2.. 179 Po, fiume, 63-4
santuario della Fortuna Primigenia, 12.2. Pola (Pietas]ulia Pola), r6o
Palmavera, 96 Polesine, 63
Palmira (Palmjra), 135-6 Pompei (Pompeii), II2., 134-5, 144, 146-7,
santuario di Bel, 135-6 r65, 174-5. 193
Valle delle tombe, r86-7 basilica, II2., 141
Paludi pontine, 2.13-4 foro civile, II2., 141, 175
Pdnakton, 98 foro triangolare, 141
Pannonia, 4 7 porta Marina, 152.
Pantanello,56,2.o3 santuario di Venere, 12.3
Parigi (Lutetia), 2.58 teatro, 141
Parma, 39, 42., 6o, 62., 158, 2.36-7 terme centrali, 15 2.
Pdrnes, monte, 98 terme del foro, 152.
Paros, isola di, 2.2.2. terme stabiane, 152.
Passo Spluga, r8o terme suburbane, 152.
Pdtara, r8o via della Fortuna, 135
Pavia (Ticinum), 6r Pontecagnano, 132.
Pella, 34-5, 172., 190, 2.13 Populonia (Pupluna), 71, 77-8, 98, ro4,
Peltuinum, 157, r6o-r, 2.35 171, r88, 190, 2.00, 2.2.6, 2.30, 2.51, 2.61
Penne (Pinna Vestinorum), 95 cave delle Grotte, 2.2.0
Pentelico, monte, 2.2.3 cave di Buche delle fate, 2.2.0-1
Pergamo (Pérgamon), 36, 38, 12.2., 142., 144, ~Logge", 12.3
148, 153, 172. necropoli delle Grotte, 182.-3
Perge, 79-80, 82., 156, 174 Porto (Portus), r8r, 184, 2.46, 2.55, 2.69-70
Périgueux (Vesunna), 95, 104 porto di Claudio, r8r, 2.69-70
Pesaro (Pisaurum), 43 porto di Traiano, r8r, 2.69-70
Petronell (Carnuntum), roo Portoferraio, 99
Phanari, Capo, 2.64 Portus Feniliae, 2.17
Phylé, 98 Poseidonia-Paestum, 2.1, 2.4, 85, roo, 104-5,
Piacenza (Placentia), 47, 64, 171, 2.34, 2.36 III, II8, 131, 175, 182., 198
Pianura padana, 61, 93, 2.18 porta della Sirena, 86
Piave, fiume, 65, 2.II, 2.60 santuario di Era, 198
Piccole Sirti, 63 Pozzuoli (Puteoli), r6o, 2.50
Piceno, 2.54 Prato,2.7
Piemonte, II? Priéne, 32.-3, 79, 165
Pietrabbondante, 2.02. Puglia, 71, II?, 2.07-8, 2.35, 2.38
Pietralata, monte, 2.50 Pyrgi, 2.7, 199, 2.32., 2.54
Pieve Fanonica, 2.44-5
Pisa (Pisae), 2.II, 2.18, 2.58 Ramnunte (Rhamnus), 97, 104
piazza dei Miracoli, 169-70, 189, 2.73 Rdpidum, 91
Portus Pisanus, 2.58 Ratisbona (Castra Regina), 103
San Piero a Grado, 2.58 Ravenna, 70, 92., 137, 146, 162., 171, 2.07,
San Rossore, 2.58-9 2.09, 2.13-4· 2.60, 2.72.
Piscinale, 2.55 Reggio Calabria (Regium), 2.34
Pisco Montano, 2.48 Regina, grotta, 2.00

312
Indice dei luoghi

Regisvilla, 27, I32 Cloaca maxima, 128


Reims (Durocortorum), 48 Colonna traiana, 246-7
Reno, fiume, 48, SI, 95, IOO, I03, I80, 244· Crypta Balbi, I88
2S8,26I domus delle Sette sale, I?O
Reno, valle del, 232 Emporio, I94, 254, 256, 267-9, 273
Rifriscolaro, fiume, 2IS l:squiuae, I93,I95
Rimini (Ariminum), 6I, 95, I6o, I85, 234, Esquilino, ?I, I52, I69, I75, I93
242 Fori imperiali, II3, II6-7, I88
arco di Augusto, 87 Foro boario, 267
porta Romana, 87 Foro della Pace, II?, I88
Rio Tinto, 228 Foro di Augusto, II3, II?
Ripacandida, ?I Foro di Cesare, II3
Riu Mannu, 204 Foro di Nerva, II3
Rocca Nadore, 97 Foro di Traiano, II3
Rodano, fiume, 245, 258 Foro oli torio, 267
Rodi (RhOdos), 27, 29, 79, 262 Foro romano, I09-IO, II2, I73
Rofalco, 98 Gianicolo, I69
Roma, Io, 37, 40, 47, ?I, 73-5, 8s, 9I, 99- Horti Novi oMecenatis, I95
Ioo, I04, I09-I3, II6-?, 128, I32, I44, Horti Sallustiani, I94
I46, I48-9, IS2, I54, I62, I65, I69-70, Isola Tiberina, 243
I73-4, I76-7, I79-83, I86, I88-92, I94-6, largo Argentina, ISO-I
202, 204, 2I0-2, 2I4, 224, 226, 228, 234· Laterano, 128, I46
237, 254-s, 26o-I, 267 Macellum, I74
acquedotto di Claudio, I46 Macellum Liviae, I?S
acquedotto di Traiano, I46 Macellum Magnum, I?S
anfiteatro Castrense, 92 Marmorata, 256
anfiteatro Flavio, I49, I54 mausoleo di Adriano, 92
Aventino, ?I, I52, I54, 267 Mercati di Traiano, II3
basilica dei Santi Pietro e Marcellino, I96 Mura aureliane, 9I, I88
basilica di San Giovanni, 128, I96 Mura serviane, ?I, 74-5, I83, I92, I94-5
basilica di San Lorenzo fuori le Mura, I96 Oppio, colle, 69
basilica di San Paolo fuori le Mura, I96 Palatino, ?I, I22, I32-3, I54, I76
basilica di San Pietro, I46, I96 Pdntheon (chiesa di Santa Maria e di
basilica di Santa Agnese, I96 Tutti i Martiri), 128
Basilica Fulvia-Aemilia, I09-IO Pincio, I94
Basilica Iulia, I76 piramide di Caio Cestio, 92
Basilica Porcia, I09 pons Aelius, 92
Basilica Sempronia, I09 pons Aemilius, 242
Campidoglio, I24, I69 pons Cestius, 243
Capitolium, Io9, I24 pons Fabricius, 243-4
cappella palatina di Santa Croce in Ge- pons Sublicius, 242
rusalemme, 128 Porticus Aemilia, 267
Carinae, I65 Porticus Liviae, I69
catacombe di San Sebastiano, I86 Porticus Margaritaria, I76
Celio, I69, I?S Portus Tiberinus, 254
chiesa dei Santi Cosma e Damiano, II? Quirinale, ?I, I 52, I94
Circo Massimo, I 54 Regia, I32

313
L'urbanistica: città e paesaggi

Sacra Via, I09, I32.-3, I65, I76, I88 Santa Maria Capua Vetere (Capua), I58
santuario della Magna Mater, 12.2. Sant'Angelo, monte, zoi, 2.48
Scalae Anulariae, I76 Sant'Antioco (Su/ky), n ni
sepolcro dei Claudi Marcelli, I93 Sant'Oronzo, monte, 2.I5
sepolcro dei Corneli Scipioni, I93 Santu Antine, 96
sepolcro dei Servili, I93 Sara, monte, 97
Subura,I65 Sardegna, Io, 77, 95, 119, IZI, I88, zoi, 2.04,
teatro di Pompeo, I88 2.I9, 2.2.8-9
tempio dei Castori, I09-IO Sarno, nume, 12.3
tempio della Pace, 113 Saronico, golfo, 2.3I
tempio di Saturno, I09-IO Sasso Pisano, zoo, zz8
terme deciane, I52. Satriano, 7I
terme di Caracalla, I45· I52. Satricum, I32.
terme di Costantino, I52. Segesta (Égesta), I72.
terme di Diocleziano, I 52. Seghia Bent el Krass, I03
terme di Traiano, 69, I45· I70 Seiano, grotta di, 2.49
terme surane, I52. Sele, nume, I98
Testaccio, I94· 2.56, 2.73 Seleucia (Seléukeia) sul Tigri, I53
valle del Colosseo, I32., I88 Selinunte (Se/inus), I9-2.1, 66, 70, 72.-3, 8I,
Valle Murcia, Izz, I54 96-7, 118, I3I-2., I62., I7I, 2.I9, 2.30-I, 2.42.-
Vaticano, I96 3• z6z
Velabro, Izz, I76, 2.67 Senna, nume, 2.58
via del Corso (via Lata), I69 Serchio (Auser, Auserculus), nume, I69,
Vicus Iugarius, 110 2.00, 2.I2., 2.I8, 2.58. 2.73
Vicus Tuscus/vicus Thurarius, 110, I76 Serra di Vaglio, 7I, I32.
Vicus Unguentarius, I76 Sessa Aurunca (Suessa), 4I, 43, I57
villa dell'Auditorium, I93· 2.04-5, 2.2.9 Settecamini, 2.52.
Viminale, I52. Settennestre, 2.07
Romania, 2.2.7, 2.30 Sette Mari, z6o
Roselle (Ruse/lae), 69, 7I, 95. I04, I32. Sibari (Sjbaris ), I3I
Ro~ia Montana (A/burnus Maior), 2.2.7-8 Sibilla, grotta della, 2.49
Rosso, mar, 2.58 Sicilia, Io, I9, 37, 56, 67, 69-7I, n. 96, 97.
Russi, 2.07, 2.09 I2.1, I53· I7I, I74· I82., I88-9. I92., I98,
2.00,2.03,2.2.9,2.42.,2.72.
Sabatini, monti, 2.49 Side, 79, 82.
Sabina, 2.54 Sile, nume, z6o
Saepinum, 70, I6o-I, I79 Sinni, valle del, 2.04, 2.15, 2.2.9
porta di Boiano, 2.35 Sinuessa, Ioo, I58
Sagalassos, I75 Sioncello, canale, 2.7I
Salonicco (Thessalonike), 94, I55, 2.34 Siphai, 98
Salviano, monte, 64 Siracusa (Syrdkusai), I9, 96, 118, I4I-3, I53.
Samo (Sdmos), 72.-3, I42. I6z, 2.2.6, 2.3I, z6z
Herdion, I87 Eurialo, 83
San Benedetto, 97 0/ympiéion, 2.32.
San Giovenale, 98 Ortigia, 118
San Polo d'Enza, z8 pianoro di Epipole, 83
Sannio, zoz, 2.35 porta del Tripylon, 79, 83

314
Indice dei luoghi

Siria, 35, ISS Tenaro, 2.2.0, 2.2.2.


Siris, 69-70, 2.04 Teramo (Interamnia Praetuttiorum, Ca-
Sirmio (Sirmium), ISo, I96 strum Aprutiense), 9 5
Siviglia (Hispalis), 2.56 Terracina (Tarracina), 112., I2.3, I6o, l.OI,
Smirne (Smjrna), I6, 69-70, 73 2.I3, 2.4S
Sofia (Sérdica) 94 Tessaglia, s6, 77, 97
Solunto (Solus), 37, 119, I4I Tevere, fiume, 63, 92., I4S, ISo, 2.11-2., 2.14,
Solway, fiume, Ioo 2.34, 2.42.-3, 2.54-s. 2.6I, 2.67, 2.69, 2.73
Sorano, 2.32. Tharros, 77, Il.I
Soriel Coronada, 2.2.S tempio di Capo San Marco, 119
Sousse (Hadrumetum), 63 Thdsos, So, I30-I, 2.2.0, 2.2.2., 2.62.-4
Sovana, IS2., 2.32., 2.47 porta del Sileno I30-I
Spagna, IO, 47, 6o, 95, 104, ISS. 2.34 porta di Parmenone, S3
Sparta, 69 porta di Zeus ed Era, S7
Spata, 2.IS Théra, I09
Spello (Hispellum), 63, 70, IS7· l.OI, 2.2.9 Thorikos, IS3
porta Consolare, 2.35 Thuburbo Maius, I75
porta San Ventura, S6 Thurii, 2.6, 2.9, I30-I
porta Venere, S6 Tiberina, Valle, 2.55
Spina, 2.S, 6s, 67, I32., IS2., 2.13, 2.2.9 Timgad (Colonia Marciana Ulpia Traiana
Spoleto (Spoletium), Il.S Thamugadi), SI, 53, 12.5, ISI, I69, IS9
Stilaro, fiume, 2.03, 2.40 mercato di Sertius, I76
Strasburgo (Argentoratum), Ioo tempio di Traiano, 12.5
Strymon, fiume, 2.40 Tindari (Tyndaris), 37
Sulmona (Sulmo ), 2.02. Tipasa, 9I
Sunio, 32., 97 Tivoli (Tibur), I79
Susa (Segusium), 95 santuario di Ercole Vincitore, 2.02., 2.2.9,
porta Savoia, 94 2.35
Todi (Tutere-Tuder), I37, I42.
Tabarka (Thabraca), 2.2.6 Topino, fiume, 2.55
Tago, fiume, 2.44 Torano, 2.2.4
Talamone, 2.7 Torino (Augusta Taurinorum), 45, 47, 70
Taormina (Tauroménion), I54 porta Decumana, S7
Taranto (Tdras), 72., I7I, 2.34, 2.46 porta Palatina, S7
Tarquinia (Tarchna), 2.2., 37, 77, 9S, I04, Torrino, 2.04-5
IF, ISS, 2.00 Toscanos, 7I
colle della Civita, 2.2. Tours (Caesarodunum), 95
colle Monterozzi, 2.2. Trachones (Euonymon), I53
santuario dell'Ara della Regina, 11S Tracia, 2.40
Tarn, fiume, 2.IS Trebbia, fiume, 64
Tarragona ( Tarraco ), 113, 117, ISS· I 57 Treia, valle del, 2.44, 2.55
Tartuchino, 2.05, 2.2.9 Trento (Tridentum), 95, I34, I69, IS9
Tauro, IOO Tresminas, 2.2.6
Tavoliere, 2.35 Treviri (Augusta Treverorum), 4S-9, 67, SS,
Teano (Teanum Sidicinum), I6o 90, I04, Il.S, I6o, I7I, ISo, IS7, I96, 2.45-
Tebessa (Theveste), 95 6, l.SS-9
Telesia, 79, So, I 57 porta Nigra, SS-9

315
L'urbanistica: città e paesaggi

terme di Costantino, 152. via Domitia, 2.34


terme di Santa Barbara, 152. via Egnatia, 2.34
Trieste (T'ergeste), r6o via Flaminia, 87, 137, 140, rs8, r84-5, 2.34,
Trigno, valle del, 2.02. 2.37, 2.43-5, 2.48, 2.50-1, 2.55, 2.73
Tripolitania, 64 via Fulvia, 2.37
Troia, rs via Gabina-Praenestina, 2.34, 2.43
Tsepi, 2.15 via IuliaAugusta, 2.51
Tubna (Thubunae), 6o via Labicana, 196
Tunisia, rsr. 2.18 via Lavinatis, 2.33
Tuscolo (Tusculum), r6o via Nomentana, 196, 2.34
via Ostiensis, 196, 2.34, 2.36
Umbra, Valle, 63, 2.01, 2.35, 2.55 via Popillia, 2.37, 2.59
Umbria, 104, 2.54 via Popillia-Annia, 2.34
via Postumia, 2.60, 2.34, 2.36-7
Valencia (Valentia Edetanorum ), II? via Sa/aria, 132., 2.14, 2.34, 2.44, 2.48, 2.53, 2.72.
Valle d'Aosta, 2.48 via Tiburtina, 196, 2.02., 2.34, 2.36, 2.52.
Valli Grandi Veronesi, 2.14 via Valeria, 2.36
Vallo di Adriano, 99-101, 104 Vicenza (Vicetia), 196, 2.36
Vallo di Antonino Pio, roo-r basilica dei Santi Felice e Fortunato, 196
Varignano Vecchio, 2.07-8, 2.2.9 Vicus Bedriacum, 2.06
Veio, 2.3, 71, 104, 132., r88, 2.04, 2.14, 2.32., 2.54 Vienna (Vindobona), roo
santuario del Portonaccio, II9 Vienne (Colonia Iulia Viennensis), 88, 12.5
tempio di !uno Regina, II8 Vignale, 2.51, 2.73
Ve/eia, 2.16 Vingone di Scandicci, 2.16, 2.2.9
Velino, monte, 2.48 Vivari (Amphitos), fìume, 2.41-2.
Venafro (Venafrum), 46-7, 157 Volsinii, rsr
Venetia et Histria, 104, 2.53, 2.69, 2.73 Volterra ( Velathri), 71, 77, 104, n8, r88, 2.00
Veneto, 66, 2.06 Volubilis, 89, r66-8, r89
Venosa (Venusia), m porta di Tangeri, 90
Ventimiglia (Albintimilium ), r6o, r6s-6, 189 Vroulia di Rodi, r6-7, 70, 72.-3
Verona, 6r, 70, 91, 93, 95, 104, 134, 154, Vulci (Ve/eh), 2.3, 2.5, 37, 67, 71, 8r-2., 98,
194. 2.36 104, n8, 188, 2.05, 2.2.9
basilica di Santo Stefano, 196 Tempio grande, n8
porta dei Leoni, 87
Vetulonia (Vatluna), 71 Wadi Caam (Kinyps), 64
Veturia, 6o Wadi Daun, 64
via Aemilia, 6r-2., 67, rs8, 171, 2.34, 2.36-7 Wadi Lebda, 2.6r
via A emilia Scauri, 2.5 r Wadi Umm Hussein, 2.2.5-6
via Annia, 6o, r8s, 2.37, 2.60 Wacling Lodge, 101
via Appia, rs8, r86, 2.34, 2.42., 2.44-5, 2.48 Wroxeter (Viroconium), 175
via Aurelia, 2.34, 2.51
via Campana-Portuensis, 2.14, 2.34 Xanten (Colonia Ulpia Traiana), so, 52.,
via Cassia, 2.51 6?, 95· 104
via Claudia Augusta, 2.60
via Claudia Nova, 2.35 Zagora di Andros, r6-8, 70
via delle Gallie, 2.48-9 Zuglio (Iulium Carnicuum), 12.5

316
Indice dei nomi

Adriano, 92., 99-101, 104, 152., 167, 194 Claudio, 146, 181, 2.67, 2.69-70
Afrodite, 2.00, 2.64 Cn. Ateius, 2.18, 2.58
Alessandro Magno, 35 Columella, 2.12., 2.14
Ammiano Marcellino, 170 Concordia, 111
Anastasio, 95 Corneli Scipioni, 193
Antonino Pio, 100-1, 103, 12.5, 145. 151-2. Costantino, 12.8, 152.
Apollo, 177, 197. 199
Apollodoro di Damasco, 69, 2.46 Demetra, 19, 2.00
Appio Claudio Cieco, 2.42. Diocleziano, 152.
Archimede, 2.2.7 Diodoro Siculo, 2.42.
Aristofane, 148
Dionisio di Alicarnasso, 194, 2.11
Aristotele, 2.9, 148, 172., 192., 2.03
Dioniso, 119, 153. 2.04
Artemide, 18o, 2.41
Asclepio, 137
Elio Aristide, 2.55
Atena (Athena), 18-9, u8, 12.1
Emilio Scauro, 64
Atta! idi, 36
Era, 87, 198, 2.00
Attalo, 176, 198
Ercole, 179. 2.02., 2.2.9, 2.35
Augusto, 49, 87-8, 113, 117, 12.5, 148, 154.
Erode Attico, 119, 153, 198
2.43· 2.45· 2.67
Erode il Grande, 2.67
Aureliano, 91
Erodoto, 64, 148
Esiodo, 15
Bacco, 12.5, 12.7
Eupalino, 142.
Bel, 135. 136

Caio Cesare, 12.5 Filone di Bisanzio, 77, 79


Caio Cestio, 92. Flavio Giuseppe, 2.13, 2.67
Caio Gracco, 49. 62. Flora, 177
C. Sentius, 2.18 Foca, 117, 12.8
Caracalla, 145. 152. Fortuna Primigenia, 12.2.-3, 12.5, 12.7, 2.2.0,
Castori, 109-10 2.58
Catone, 2.12.
Catullo, 2.14 Genius Augusti, 12.4
Cesare, 49 Giove, 85, 12.4
Cicerone, 2.10, 2.12., 2.17, 2.55 Giunone (Iuno), 12.4
Claudi Marcelli, 193 Giustiniano, 146

317
l'urbanistica: città e paesaggi

Igino Gromatico, 6o Rutilio Namaziano, l6o


lppodamo di Mileto, l9, 67
Sardus Pater, lO I, llO
Kore, 19 Saturno, 109-10
Scipione, liO
Livia, 169, 175 Seleucidi, 35
Livio, 174, liO, l37· l54 Seneca,l50
Lucio Cesare, Il5 Sertius, 176
Servili, 193
Magna Mater, Il l Servio T ullio, 71
Mamurra, li4 Settimio Severo, 116, 176
Mandrocle di Samo, l40 Silio ltalico, l55
Marco Aurelio, 103 Solone, 108
Marziale, l54• l56 Strabone, 148, liO-l, l56
Mater Matuta,I3l
Minerva, Il4 Temistocle, 70, 73, 78
Teodorico, 93
Nausitoo, 9 Teodosio n, 9l
Nerva, 113 Teseo, 108
Tina, 107, 119
Olimpiodoro di Tebe, 170 Torlonia, 195
Omero, 9 Traiano, 69, 113, Il5, 145-6, 15l, l46,
Onorio, 91-l l69-70
Tucidide, l40
Pausania, 69, 108, I7l
Pelope,197
Uni-Astarte, 199
Pisistratidi, 108
Pisistrato, 109
Platone, l03 Varrone, lil
Plauto, 193 Venere, 86-7, Il3, Il], lOl
Plinio il Giovane, l55 Visellio, li7
Plinio il Vecchio, li l, li4, li], li9, l55-6, l6o Vitruvio, li3, l4l
Poseidone, 198
Probo, 91 Zeus, 87, 108, 197-8
Procopio di Cesarea, li3 Zeus Helios Serapide, ll6

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