€ 26,00 9
Il volume appartiene alla serie "Archeologia classican diretta da Daniele Manacorda.
Già pubblicati:
In preparazione:
Rita Volpe
L 'edilizia pubblica
Monica Salvadori
Gli spazi interni: pavimenti, pareti, arredi
Jacopo Orralli
Le necropoli: sepolture e corredi
Gianni De Tommaso
Gli oggetti di lusso
Helga Di Giuseppe
La suppellettile d'uso comune
L'urbanistica:
.'
c1tta e paesagg1
.
Carocci editore
A Sonia, Ginevra e Caterina
ISBN 978-88-430-6762-6
Introduzione 9
2. Proteggere la città 69
I. Le mura e le porte 69
2.. l sistemi difensivi del territorio 95
Riferimenti bibliografici 103
7
4· Porti marittimi e fluviali 261
Riferimenti bibliografici 272
Bibliografia 2n
Indice dei luoghi 305
8
Introduzione
9
L'urbanistica: città e paesaggi
sto stesso arco cronologico varie zone del Mediterraneo: almeno all'inizio
dell'viii secolo risale il movimento coloniale fenicio, dal Nord Mrica dove
è fondata Cartagine (f!!tl?dst, in fenicio "città nuova"), la maggiore colonia
d'Occidente, alla Sicilia, alla Sardegna fino alla Spagna. Nello stesso secolo
prende avvio anche la colonizzazione greca in Oriente, fino alle coste del Mar
Nero, e in Occidente, soprattutto in Italia meridionale e in Sicilia; in Italia
centrale vanno sorgendo Roma e le città dell'Etruria. È proprio dall'avvio
di questa nuova fase della civiltà urbana che prende le mosse la trattazione
del volume: con uno sguardo alle diverse aree del Mediterraneo si segue lo
sviluppo della forma urbana cercando di sottolineare tratti comuni e diffe-
renze, continuità di sviluppo, rotture e contaminazioni, mentre sullo sfondo
si muovono vicende contingenti e processi storici di lunga durata. Attraverso
quasi millecinquecento anni si tratteggiano così i volti delle città fino alla
costituzione dei regni romano-barbarici tra v e VI secolo d.C., alle soglie del
medioevo.
Mura, case, templi e terre, ancora una volta il passo omerico offre spunto
per un'ulteriore considerazione riguardo al modo in cui è impostato il vo-
lume: la città e il suo territorio sono infatti disarticolati nei loro singoli ele-
menti costitutivi, ciascuno dei quali è analizzato in prospettiva diacronica. È
opportuno però precisare che il lavoro non intende affrontare l'esame det-
tagliato di tutte le tipologie architettoniche, per le quali si rimanda alle trat-
tazioni specifiche in altri volumi di questa serie. Naturalmente si offrono
informazioni basilari sugli aspetti morfologici che conferiscono autonomia
alla trattazione e per alcune categorie di edifici, come ad esempio le strut-
ture difensive non analizzate specificamente in altri volumi, si forniscono
descrizioni anche dettagliate. L'obiettivo generale è però quello di focaliz-
zare l'attenzione sulle relazioni topografiche e funzionali che legano le aree
caratterizzate da determinate destinazioni d'uso e il contesto urbano e terri-
toriale in senso più ampio.
L'illustrazione delle varie tematiche procede per exempla, ovvero attraverso
la presentazione di casi specifici e concreti. Si tratta di esempi estremamente
vari e pur tuttavia tipologizzabili: la comunanza di alcuni aspetti o la ricor-
renza di certi tratti consentono infatti di scorgere attraverso le singole re-
altà contingenti il processo di più ampia portata storica che le sottende; le
differenze consentono al contempo di valorizzare le peculiarità e le varianti
anche locali che sempre movimentano e arricchiscono fenomeni unitari. Se
non può mancare naturalmente il riferimento ad alcuni dei casi più rappre-
sentativi e di conseguenza anche più famosi, l'indirizzo che solitamente ha
guidato la scelta è stato quello di proporre esempi meno noti. Ciò consen-
te di rendere con maggiore evidenza la vastità e la diffusione dei fenomeni
presentati e di fornire al lettore un quadro di conoscenze altrimenti poco
diffuse. Per questo stesso motivo il corredo di immagini che accompagna il
testo arricchisce il repertorio solitamente proposto nella manualistica con
lO
Introduzione
11
L'urbanistica: città e paesaggi
quedotti, alle fontane; l'igiene pubblica, con il sistema e i luoghi dello smal-
timento dei rifiuti, e l'igiene personale, con le infrastrutture legate alla puli-
zia e alle funzioni fisiologiche. L'analisi della collocazione degli edifici per
spettacolo rappresenta poi un'importante chiave di lettura per comprende-
re il ruolo che essi rivestono nella vita cittadina, sia negli aspetti pratici sia
in quelli simbolici, e più in generale i criteri seguiti nella progettazione delle
aree urbane e suburbane. Si esaminano quindi gli spazi destinati all'edilizia
residenziale e quelli riservati alle attività commerciali e artigianali, distribui-
ti tra il centro e la periferia in base al prestigio dei prodotti venduti e alla pe-
ricolosità delle lavorazioni. Le necessità della vita sociale non si concludono
con la vita stessa, ma anche la morte richiede che la comunità trovi forme
e soluzioni che rispondano alla gestione degli spazi fisici esterni ai confini
urbani e insieme alle concezioni relative all'oltretomba e alle esigenze della
memoria.
Il cap. 4, Organizzare il territorio e le sue risorse, riguarda invece le forme
insediative, le infrastrutture e le modalità di sfruttamento del territorio.
Dall'immediato suburbio, spazio di transizione in cui la città va perden-
do le proprie caratteristiche e in cui si generano modelli di produzione e
tipologie edilizie peculiari, si passa gradatamente alla campagna coltivata,
popolata di fattorie e villaggi con modalità e intensità variabili. Luoghi
marcati da particolari valenze come i confini o contraddistinti da elementi
naturali in cui si avverte la manifestazione della divinità divengono sede
di santuari di varia entità, da centri d'incontro periodico per i villaggi di
un medesimo distretto territoriale a punto di riferimento per interi grup-
pi etnici. Ai margini del territorio coltivato si estende spesso la natura
selvaggia di foreste, paludi e acquitrini, caratterizzati da forme specifiche
di popolamento e di sfruttamento economico. La presenza di particolari
risorse naturali consente infine lo sviluppo di attività artigianali, come
quelle della produzione ceramica o dell'estrazione di metalli e materiali
lapidei.
Il cap. s. Collegare citta e territori, conclude il volume occupandosi della
rete delle comunicazioni: la viabilità che dalle porte della città si snoda al
suo esterno assolve a funzioni talvolta specifiche e a breve raggio, talvol-
ta polivalenti e destinate a coprire grandi distanze. I vantaggi offerti dai
percorsi viari nel facilitare le comunicazioni a breve o lunga distanza si
completano con le numerose opere, strettamente legate al manufatto stra-
dale, che permettono di affrontare gli ostacoli naturali incontrati lungo il
tracciato: ponti e viadotti, gallerie, stazioni di posta. Nel mondo antico,
poi, più ancora che in epoca moderna, vie d'acqua e vie di terra appaiono
strettamente correlate e integrate: i porti o gli scali minori toccati dalle
rotte marittime, con i loro apprestamenti di arsenali, banchine e magaz-
zini, non costituiscono spesso i terminali ultimi dei traffici ma punti di
sosta in cui il carico si arricchisce e si rinnova, mentre parte delle merci è
12
Introduzione
13
1
Pianificare La città e il territorio
Nei poemi o m eri ci realtà insediative anche molto diverse tra loro, una grande Sviluppo
città come Troia o semplici villaggi, possono essere designate con un iden- della civiltà urbana
tico termine, polis; eppure alcuni secoli prima, nella civiltà micenea, che si
era sviluppata in area egea nella seconda metà del II millennio a.C., parole
diverse distinguevano gli abitati rurali (damos/ da-mo) dal centro urbano e
dalla cittadella con il palazzo (dstu/wa-tu). Il passaggio da una terminolo-
gia specifica a una più generica è dovuto evidentemente alla fine di quella
civiltà e alla scomparsa o al ridimensionamento delle cittadelle e degli abitati
che le circondavano. Quando nel VII secolo a.C. il poeta Esiodo distingue
nuovamente le città dai villaggi, le due realtà si sono ormai caratterizzate più
chiaramente e si è avviato il complesso processo che con tempi e modi diversi
porta al nuovo sviluppo della civiltà urbana in Grecia.
Nel corso dell'viii secolo a.C. inizia infatti a manifestarsi un significativo
cambiamento nel sistema insediativo generale: l'aumento demografico, la
maggiore articolazione sociale e l'incremento della produzione e degli scam-
bi portano allo sviluppo dell'insediamento di tipo urbano, la polis, dove tro-
va piena espressione l'intera gamma delle attività politiche, economiche e
sociali.
Uno dei processi formativi della polis si compie attraverso la fusione di vil- Formazione
laggi preesistenti (sinecismo). Dove il fenomeno è più avanzato e in presenza della città in Gre eia
di un punto di aggregazione, come quello offerto da una posizione partico-
larmente favorevole o dalla preesistenza di una cittadella micenea, si attua
uno sviluppo urbanistico marcato. In tempi anche molto lunghi compaiono
edifici caratterizzanti come il tempio della divinità protettrice della città (di-
vinità poliadica), l' agorti (piazza destinata al ritrovo della popolazione e alle
attività legate alla regolamentazione collettiva), gli edifici pubblici e talvolta
le mura. I processi di formazione urbana possono avviarsi in periodi differen-
ti e svolgersi secondo modalità assai diversificate, anche con l'aggiunta alla
città in formazione di altri villaggi o comunità più o meno urbanizzati nel
corso del tempo.
15
L'urbanistica: città e paesaggi
16
1. Pianificare la città e il territorio
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L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 4 Siracusa (Synikusa~. sovrapposizione della città antica aU'area urbana moderna
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18
1. Pianificare la città e il territorio
19
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 5 Megara lblea (Mégora Hybloéo), pianta della città (fine VIli-VI sec. a.C.)
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1. Pianificare la città e il territorio
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21
L'urbanistica: città e paesaggi
22
1. Pianificare la città e il territorio
Le città sorte dal sinecismo, come Veio, Cerveteri ( Cisra) o Vulci ( Velch ),
presentano un assetto irregolare che si adatta ai pianori tufacei dell'Etruria
meridionale. A Vulci recenti studi basati sulla fotointerpretazione hanno
permesso di ricostruire l'assetto urbanistico complessivo, che, in particolare
nel settore centrale, si articola su un'ampia strada rettilinea nord-sud da cui si
distaccano altre strade est-ovest di minore larghezza, che suddividono l'area
in isolati trapezoidali di dimensioni variabili, densamente edificati (fig. 12).
Nelle necropoli di alcuni centri come Cerveteri e Orvieto ( Velsna) a partire
dal secondo quarto del VI secolo a.C. si sperimentano tendenze urbanistiche
improntate all'organizzazione razionale dello spazio, basata su un assetto via-
rio ortogonale.
23
l'urbanistica: città e paesaggi
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Fonte: Mertens (2006).
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Fonte: Mertens (2006).
24
1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 12 Vulci (Ve/eh), schema urbanistico della città tracciato sulla base della
fotointerpretazione
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Fonte: Pocobelli (2004).
L'esperienza urbanistica greca si riflette infatti anche in area etrusca, dove il Organizzazione
sistema di divisione regolare del suolo mostra tratti di originalità come l'o- dello spazio urbano
rientamento secondo i punti cardinali, l'assialità e la divisione in quadranti e disciplina etrusca
che rimandano al patrimonio religioso della disciplina etrusca. Tale rigoro-
so sistema è applicato nelle città di nuova fondazione a partire dalla metà
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l'urbanistica: città e paesaggi
26
1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 15 Rodi (Rh6dos), pianta della città eUenistica sovrapposta a quella moderna
27
l'urbanistica: città e paesaggi
28
1. Pianificare la città e il territorio
È proprio nel v secolo a.C. che la tradizione, e in particolare Aristotele (Po- lppodamo
litica n, 1267b 22-30 ), colloca l'invenzione della divisione della città da parte di Mileto e il canone
di Ippodamo di Mileto e la sua riflessione sulla migliore forma di costitu- urbanistico
zione e di organizzazione sociale. Egli avrebbe operato nella progettazione
del Pireo, nella pianificazione della colonia panellenica di Thurii nel 445-
444 a.C. (fig. 14) e in quella di Rodi (RhOdos) nel 408-407 a.C. (fig. 15);
meno verosimile appare invece la sua partecipazione alla ricostruzione nel
479 a.C. della sua città natale, Mileto (Milétos) (fìg. 16), anche per l'evidente
incongruità cronologica. Nella teorizzazione politica di Ippodamo è dunque
possibile che fosse contenuto anche il suo canone urbanistico, non certo da
identificare nell'ortogonalità delle strade, che come abbiamo visto era già ap-
plicata da tempo. Si tratta più probabilmente della modulazione di simme-
trie e della scacchiera degli isolati, riscontrabili nella pianificazione di Thurii,
come forma materiale dello spazio urbano in cui avrebbe potuto realizzarsi il
suo modello di società.
In generale, le città fondate o completamente riorganizzate nel v secolo Città greche
a.C. sono pianificate secondo moduli che favoriscono un miglior funzio- in età classica
namento della vita cittadina. La lunga insula urbana di età arcaica delle
città occidentali è ora definita da nuove proporzioni numeriche, con un
rapporto di 1:4, ad esempio, per Kamarina (fig. 17) e Naxos, o di 2:3 o 1:2
negli impianti cosiddetti "ippodamei~ come Thurii. Tra le platéiai mantie-
ne solitamente dimensioni maggiori quella mediana, che spesso attraversa
l'agord, come ad Agrigento, Napoli (Nedpolis), Kamarina e forse Thurii,
29
l 'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 19 Olinto (0/ynthos), proposta di restituzione della pianta della città (ultimi
decenni v sec. a.C.)
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più piccole, non direttamente affacciate sugli stenopoi (fig. 18). Quando
necessario, la griglia delle strade asseconda l'andamento del terreno: quelle
principali si dispongono parallele al pendio, mentre gli stenopoi ortogonali
garantiscono il deflusso delle acque.
Anche nel resto del mondo greco nel v e nel IV secolo a.C. lo schema
ortogonale appare ampiamente diffuso: O limo ( 6/ynthos) nella penisola
calcidica è rifondata nel 432 a.C. con un rapporto tra i lati dei lotti di s:2,
31
l'urbanistica: città e paesaggi
a fianco della città precedente a pianta irregolare (fig. 19). Maglie ortogo-
nali presentano Sunio, Kassope in Epiro, fondata per sinecismo verso il 350
a.C. (fig. 20), o Priéne in Asia Minore, rifondata negli stessi anni con un
rapporto tra i lati di circa 4:3 (fig. 21). Priene si dispone su quattro prin-
cipali terrazzamenti che regolarizzano il forte pendio naturale; le strade
lungo le terrazze sono condotte in piano, mentre quelle di collegamento
superano il dislivello con vere e proprie scalinate, mostrando le possibilità
di adattamento dello schema ortogonale anche a luoghi topograficamen-
te accidentati. Molti antichi centri mantengono tuttavia assetti irregolari
anche nel corso della loro espansione, come avviene ad Atene, mentre in
altri casi i nuovi quartieri mostrano un'ordinata pianificazione, come ad
32
1. Pianificare la città e il territorio
PLAINE DU MÉANDRE
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l'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 24 Alessandria (Aiex.andreia) d'Egitto, la città e il porto (ultimi decenni IV sec. a.C.)
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L'urbanistica: città e paesaggi
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L'urbanistica: città e paesaggi
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l'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
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l'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
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bientali, come Pesaro (Pisaurum) del 184 o Saturnia del 183 a.C. Le co-
lonie latine presentano vaste superfici e, adattandosi a contesti orografici
movimentati, sono cinte da mura dal circuito piuttosto irregolare, come
Norba, forse ricolonizzata verso il 385, Cales del 334 e Sessa Aurunca
(Suessa) del 313 a.C. (fig. 31). Se Alba Fucens del 303 (fig. p.) e Cosa del
l73 a.C. (fig. 33) presentano ancora fortificazioni perfettamente coerenti
con la morfologia del terreno, gradualmente, anche per la scelta di siti
pianeggianti, si realizzano sistemi difensivi dal circuito tendenzialmente
più regolare, come nei casi di Aquileia del181 (fig. 34) e di Lucca (Luca)
del18o a.C. (fig. 35), per quanto condizionati entrambi dall'idrografia.
Lo schema interno delle città si basa sull'incrocio ortogonale dei due assi Schema della città
viari principali che quadripartiscono lo spazio urbano. Le due strade prin- romana
cipali, il decumano massimo (decumanus maximus) e il cardine massimo
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l'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
o 100 200
FIGURA36 Torino (Augusta Taurinorum), pianta della città romana sovrapposta a quella
moderna
o 100 200
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l'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
(cardo maximus) prendono avvio dalle porte che si aprono sui quattro lati
della cinta difensiva e solo teoricamente sono orientati sui punti cardinali
(rispettivamente est-ovest e nord-sud), in quanto più spesso appaiono prag-
maticamente condizionati da fattori geomorfologici. Gli assi suddividono lo
spazio urbano in isolati rettangolari (insulae) collocati per strigas et per scam-
na: le strigae sono rettangoli con il lato corto adiacente all'asse principale,
gli scamna sono invece perpendicolari ai precedenti. La scelta della diversa
disposizione è dovuta alla necessità di adattare la pianificazione alle migliori
condizioni offerte dal contesto geografico, come l'esposizione, l' illuminazio-
ne o il deflusso delle acque. Anche in assenza di una gerarchizzazione nelle
dimensioni delle strade, come a Cosa, sono comunque riconoscibili due assi
principali in base al posizionamento contrapposto delle porte da cui si ori-
ginano. Lo schema ortogonale appare comunque suscettibile di molteplici
varianti: l'asse egemone, ad esempio, può risultare decentrato, come a Cre-
mona del218 a.C. e nelle colonie augustee di Torino (Augusta Taurinorum:
fìg. 36) e Aosta (Augusta Praetoria Salassorum: fig. 37 ), con un impianto for-
se derivante dallo schema dell'accampamento militare (cap. 2, par. 2); inoltre,
gli isolati possono assumere una pianta tendente al quadrato come a Piacenza
(Placentia) del 218, Venafro (Venafrum) del2o1 (fig. 38), Como (Comum)
dell' 89 a.C. o nella stessa Torino. In tutti i casi, tranne rare eccezioni, si pos-
sono riconoscere l'articolazione regolare degli spazi urbani e la centralità
della piazza pubblica, il foro, con gli edifici necessari allo svolgimento delle
funzioni politiche e amministrative.
Mentre amplia progressivamente il suo impero, Roma attiva una serie Urbanistica romana
di centri funzionali all'amministrazione e al controllo delle province; la e tradizioni culturali
forma che questi assumono è legata alle tradizioni culturali delle diverse dell'i mpero
aree più o meno urbanizzate, oltre che ai tempi e ai modi della conquista
e della romanizzazione. Ben diversa, infatti, è la situazione dell'Oriente
mediterraneo, la cui civiltà urbana ha esercitato una profonda influenza
sui modelli urbanistici e architettonici di Roma stessa, o delle coste del-
Ia Gallia e della penisola iberica già toccate dalla colonizzazione greca e
punica, rispetto alle vaste regioni dell'Europa centrale e settentrionale,
dalla Pannonia alla Germania, in cui la città è una realtà pressoché sco-
nosciuta. Così nelle varie regioni dell'impero si possono riscontrare casi
assai diversificati di urbanizzazione: città nuove che assorbono quelle più
antiche, città sorte ex novo, città rifondate o antiche città adeguate ai nuo-
vi modelli.
Le dinamiche della progressiva sostituzione della città romana a un cen- Sostituzione
tro urbano precedente si possono cogliere ad Ampurias (Emporion), in di una città romana
Spagna. Sulla collina alle spalle del!' insediamento greco, sorto a partire a un centro urbano
dal VI secolo a.C. e articolato nella Palaidpolis sull'isoletta di San Martin precedente
e nella Nedpolis sulla terraferma, si sviluppa la città romana di Emporiae.
Impiantata in corrispondenza di un precedente campo militare dell'ini-
47
L'urbanistica: città e paesaggi
zio del n secolo a.C., la nuova città presenta uno schema ortogonale di
insulae rettangolari di 1 x 2 actus (1 actus = 35.50 m ca.) (fig. 39). I due
centri vengono unificati giuridicamente nel terzo quarto del I secolo a.C.
e da questo momento la città greca viene gradatamente destrutturata, di-
venendo un quartiere residenziale della città romana, mentre le funzioni
amministrative e politiche dell' agord si concentrano nel foro.
Città di nuova Gli insediamenti urbani che sorgono in territori caratterizzati da un abi-
fondazione tato sparso adottano il consueto impianto ortogonale, come avviene ad
esempio nella Gallia Belgica, dove i nuovi centri sorti a partire dall'età
augustea si dislocano strategicamente lungo i percorsi orientati verso il
Reno e la Manica e ali' incrocio con vie fluviali. A Treviri (Augusta Treve-
rorum), sorta sulla piana non inondabile della sponda destra della Mosel-
la, gli isolati tendono al quadrato, mentre sono più stretti e rettangolari
quelli che fiancheggiano i due assi principali, al cui incrocio si sviluppa il
foro (fig. 40). Il decumano massimo, legato al ponte sulla Mosella, costi-
tuisce il tratto urbano della via da Reims (Durocortorum ), mentre la via
nord-sud, che entra in città da un cardine e ne esce da quello contiguo,
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1. Pianificare la città e il territorio
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l'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 42 Colonia (Colonia Claudia Ara Agrippinensium), pianta della città romana
Reno, e Timgad (Colonia Marciana Ulpia Traiana Thamugadi: Bg. 44), del
100 d.C., sul confine numidico, mostrano alcuni tratti caratteristici della pia-
51
L'urbanistica: città e paesaggi
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1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 44 Timgad (Colonia Marciana Ulpia Traiana Thamugad1), pianta della città romana
città della tarda antichità prende forma da processi in gran parte contempo-
ranei tra loro: da un lato la destrutturazione e la rifunzionalizzazione delle
infrastrutture (strade, acquedotti, fogne), dei monumenti pubblici (templi,
foro e sedi amministrative, luoghi di spettacolo e impianti termali) e dell'e-
dilizia residenziale che erano stati caratteristici della città romana; dall'al-
tro la costruzione di nuovi sistemi difensivi, di un nuovo centro del potere
pubblico distinto dal foro, di una rete di chiese dipendenti dal vescovo e di
un suburbio che si rimodella intorno alla basiliche martiriali e funerarie. A
53
L'urbanistica: città e paesaggi
Nel mondo antico il concetto di città nasce dalla fusione dei suoi due ele-
menti costitutivi: l'area urbana e il territorio. Una grande parte della popo-
lazione è stanziata nella campagna, che rappresenta lo spazio vitale e la base
produttiva di ogni città.
Il territorio Anche in Grecia il costituirsi della polis si accompagna sempre alla struttu-
della città greca: razione del suo territorio, la chora. L'importanza dell'agricoltura nell'eco-
la ch6ra nomia della città antica e il possesso della terra sono alla base di numerosi
conflitti sociali e il fenomeno coloniale stesso rappresenta una risposta alla
scarsità di terre dovuta all'incremento demografico. Le poleis fondate in Oc-
cidente si assicurano il controllo di un'area pianeggiante attraversata da corsi
d'acqua, ricca di sorgenti e favorevole alla cerealicoltura e all'allevamento.
Spesso la pianura appare delimitata da colline adatte al seminativo arborato
e all'allevamento di caprovini, fino all'area marginale della macchia e del bo-
sco riservata al pascolo, allegnatico e alla caccia.
Gestione L'organizzazione del territorio non può inoltre prescindere dalla gestione di
delle acque una delle risorse primarie per l'insediamento: l'acqua. È opportuno infatti
di superficie !imitarne gli effetti negativi con interventi di bonifica e drenaggio quando
questa è troppo abbondante e la natura dei terreni ne determina il ristagno;
quando, al contrario, è carente per le particolari condizioni del clima o dei
suoli, è necessario organizzare sistemi di raccolta e irrigazione.
Nell'antichità non sono noti interventi di drenaggio totale poiché anche
quelli di maggiore successo non modificano radicalmente le condizioni na-
turali. Interventi di bonifica mediante dighe, argini e canali sono attuati, ad
esempio, nella piana acquitrinosa del lago Copaide in Beozia, delimitato da
rilievi calcarei: le acque ristagnanti sono condotte verso passaggi sotterranei
naturali che ne consentono il deflusso, rendendo disponibile all'agricoltura
gran parte dell'area.
Uno dei mezzi più diffusi per il controllo delle acque di superficie lungo le
coste del Mediterraneo, frequentemente caratterizzate da rilievi collinari
che si aprono su pianure litoranee, e al tempo stesso per aumentare la super-
ficie coltivabile è il terrazzamento dei versanti mediante muri a secco: que-
54
1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 45 Metaponto (Metapontion), pianta del territorio con tracce deLLe ripartizioni
agrarie (ultimi decenni v1-v sec. a.C.)
,_/' o 10 km
FIGURA 46 Metaponto (Metapontion), lottizzazione agraria del territorio (lv sec. a.C.)
55
L'urbanistica: città e paesaggi
sto sistema consente di drenare e regolare lo scolo delle acque verso i cam-
pi sottostanti, evitando l'erosione e il dilavamento e contemporaneamente
bloccando i sedimenti che fertilizzano i suoli. Il sistema, praticato in tutta
l'area greca, appare ben conservato ad esempio nella chora di Chersoneso
(Chersonesos) T aurica in Crimea, sul Mar Nero, dove le aree destinate ai vi-
gneti sono attraversate da muri di terrazzamento paralleli e distanziati 2 m
l'uno dall'altro.
Divisioni agrarie Con la messa a coltura della chora il territorio può essere suddiviso regolar-
nelle colonie greche mente mediante canali e strade, così da organizzare contemporaneamente
il drenaggio dei terreni, la percorribilità del territorio e la sua parcellizza-
zione, come avviene ad esempio a Metaponto. Qui, fin dall'ultimo quarto
del VI secolo a.C., è attestata una ripartizione del terreno basata su linee di
delimitazione parallele. Il sistema diventa meglio percepibile nel v secolo
a.C. con strade o canali paralleli, disposti a 195-240 m di distanza, che si
addentrano fino a circa 14 km nell'entroterra collinare: la presenza di più
sistemi divergenti nell'orientamento e in parte sovrapposti è forse imputa-
bile a momenti successivi della ripartizione (fig. 45). Nel settore centrale
dell'area collinare di Pantanello è possibile cogliere la connessione tra linee
divisorie e distribuzione delle fattorie in un regolare catasto, con lotti con-
servati anche in una nuova organizzazione della chora del IV secolo a.C.
(fig. 46). Una precisa corrispondenza tra l'impianto regolare della città e
quello della campagna è rilevabile a Kamarina, in Sicilia, nel v secolo a.C.:
gli assi, rappresentati da elementi artificiali del paesaggio quali strade e
canali, presentano analogo orientamento e i lotti una lunghezza doppia di
quella degli isolati urbani; le fattorie appaiono geometricamente distribui-
te all'interno dei lotti con una costante posizione a nord (fig. 17). Sempre
in area coloniale greca, sul Mar Nero, si distinguono due modelli di orga-
nizzazione spaziale: nelle colonie di Mileto, quali Olbia (Olbia), NikOnion
o !stria (!stria), prive di un preciso piano regolatore urbano, le strade si
diramano a raggiera dalla città collegandola alle necropoli e alla campagna;
nella colonia dorica di Chersoneso Taurica, dove sia la città sia la campa-
gna appaiono rigidamente organizzate secondo una maglia ortogonale, nel
corso del IV secolo a.C. la chora è progressivamente suddivisa da una griglia
di strade ortogonali, spesso lastricate in pietra, in lotti regolari delimitati
da muri a secco e occupati da fattorie (fig. 47). Il sistema di suddivisione
si basa su grandi appezzamenti rettangolari di circa 300 plettre quadrate
(420 x 630 m), ripartiti internamente in sei quadrati di so plettre quadrate
ciascuno (210m di lato). I quadrati sono generalmente scanditi in quattro
particelle rettangolari di 12,5 plettre quadrate (52 x 210 m) che possono a
loro volta essere ulteriormente dimezzate (fig. 48). Le dimensioni rilevate
nei lotti trovano riscontro nelle misure dimensionali citate nelle epigrafi
catastali di Larissa in Tessaglia della fine del III secolo a.C., che riflettono
un paesaggio agrario strutturato a partire da un'epoca anteriore e basato
1. Pianificare la città e il territorio
FIGURA 47 Chersoneso (Chersonesos) Taurica, organizzazione del territorio (lv sec. a.C.)
o
o
t! lotti di terreno
• fattorie
O villaggi
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10 0 H <TTRl
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50
100 200m
< 420 m >
Fonte: Manzelli (1995).
57
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 49 Ampurias (Emporion), tracce di divisione agraria nel territorio della colonia
greca
FIGURA so Divisione per strigas et scamna, miniatura dal codice Arcerianus A, v1 sec. d.C.
{Wolfenbiittel Herzog August Bibliothek)
58
1. Pianificare la città e il territorio
59
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 51 Cardine e decumano massimi della città e del territorio coincidenti, miniatura
dal codice Arcerianus A. VI sec. d.C. (Wolfenbiittel. Herzog August Bibliothek)
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1. Pianificare la città e il territorio
61
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 53 Frammento del catasto marmoreo di Orange (Colonia lulia Firma Secundanorum
Aurosio), seconda metà 1 sec. d.C. (Catasto A, fr. n. 7: Orange, Museo Municipale)
lievi variazioni legate alla morfologia dei luoghi, le centuriazioni delle cit-
tà disposte lungo il suo percorso. A Parma e a Faenza (Faventia) la via
Aemilia costituisce il decumano massimo sia della città sia del territorio
centuriato.
Centuriazioni Vasti programmi di centuriazione interessano anche le province. Nella
in area provinciale Narbonense le centuriazioni riferibili a diverse città - Orange (Colonia
Iulia Firma Secundanorum Aurasio ), Nimes (Colonia Augusta Nemausus ),
Avignone (Avenio), Glanum e Arles (Colonia lulia Areiate Sextanorum)
- trovano probabilmente rappresentazione nei catasti marmorei esposti
nel tabularium publicum di Orange: sulle lastre sono riprodotti in scala
r:6.ooo le partizioni giuridiche e amministrative e il riferimento alle diver-
se categorie di terre, dai subseciva, ovvero terre non assegnate all'interno
delle centurie o ai confini estremi dell'area centuriata, a quelle pubbliche,
di proprietà dello Stato romano, a quelle di proprietà della colonia (fìg.
s3). In Africa (fìg. S4), una prima sistemazione agraria, la cosiddetta "cen-
turiazione Nord", che interessa anche il territorio di Cartagine, risale al
momento della costituzione della provincia o al tentativo di Caio Gracco
62
1. Pianificare la città e il territorio
li, della superficie di circa 6o krnq, viene ridotto a meno di 2.0 a seguito
delle bonifiche centuriali. Altre opere idrauliche consentono un efficace
controllo delle acque contribuendo a modellare il territorio in base al-
le esigenze dell'insediamento. Uno degli impegni maggiori consiste nel
tenere sotto controllo le esondazioni dei corsi d'acqua con opere di ar-
ginatura o con interventi assai più impegnativi come l'apertura di canali
scolmatori. Potrebbe trattarsi di un'opera di questo genere la realizzazione
attribuita a Emilio Scauro alla fine del n secolo a.C. di canali navigabili
subparalleli al Po dalla zona di Piacenza, dove il fiume si gonfiava a causa
della confluenza del Trebbia, fino a quella con il Parma, allo scopo di sot-
trarre parte dell'acqua alletto principale del fiume. Analoghi problemi di
inondazione sono affrontati negli alvei lacustri privi di emissari del Lazio,
dove le acque dei laghi di Nemi, Albano, Ariccia e di altri minori sono
imbrigliate e condotte all'esterno dei rilievi che li cingono per mezzo di
canali sotterranei artificiali. Più impegnativa è l'opera di prosciugamento
del lago del Fucino iniziata nel 41 d.C. e costituita da un canale esterno
lungo circa 4.5 krn che, attraverso bacini di raccolta, immette le acque in
un condotto sotterraneo. Questo, lungo 5.650 m, passa sotto il Monte Sal-
viano e i limitrofi Campi Palentini per scaricare le acque lacustri nel fiume
Liri. Pozzi e gallerie a forte inclinazione (discenderie) consentono di tra-
sportare all'esterno i detriti di scavo e di aerare il condotto: la discenderia
denominata Cunicolo maggiore si sviluppa per 2.50 m, con un imponente
vestibolo voltato (fig. 55).
Interventi di raccolta Altri interventi, destinati al contrario a trattenere l'acqua, sono le dighe, che
delle acque interrompono il flusso per creare bacini di raccolta funzionali all'irrigazio-
e irrigazione ne dei campi o per altre attività produttive. Un'ampia casistica di dighe in
ambito rurale è documentata nella penisola iberica, mentre molte opere di
sbarramento per la raccolta delle acque, anche di dimensioni imponenti,
sono presenti in Tripolitania. A una quindicina di chilometri a oriente di
Leptis Magna lungo il wadi Caam, il greco Kinyps, si conservano i resti di
un'enorme diga, la più grande della regione, lunga circa 900 m, larga 5 e alta
3, che dava origine a un esteso bacino di raccolta. Opere di sbarramento di
dimensioni minori lungo lo stesso wadi contribuivano alla particolare ferti-
lità della regione, pari a quella dei campi fertilizzati dal Nilo, secondo quan-
to riportato già da Erodoto. Anche il predeserto tripolitano era coltivato a
grano e olivo, come indicano le numerose presse olearie rinvenute, grazie
alle opere idrauliche che tesaurizzavano l'acqua delle scarse precipitazioni.
Briglie lunghe anche 6o m, alte fino a 6 m e spesso molto vicine l'una all'al-
tra (ad esempio, 5 su 1 krn nel wadi Daun) tagliavano i letti dei torrenti, fer-
mavano i materiali più pesanti trascinati dalla corrente, rialzando il fondo
per ridurne la forte pendenza e ottenere così un flusso costante nelle rare
piene. Le briglie permettevano inoltre di incanalare le acque in eccesso ver-
so cisterne e canali di irrigazione.
64
1. Pianificare la città e il territorio
Fattori storici e ambientali determinano con tempi e modalità diverse, a Sistemazioni agrarie
seconda dei luoghi, la conservazione, la disgregazione o la ripresa delle in epoca tardoantica
sistemazioni agrarie e delle opere idrauliche: attraverso la fotointerpreta-
zione sono state rilevate ripartizioni agrarie tra Spina e Comacchio, ana-
loghe a quelle datate archeologicamente nel settore lagunare tra il Livenza
e il Piave (fig. s6). Entrambe mostrano come contesti ambientali simili
abbiano richiesto la regolarizzazione della rete idrica attraverso una trama
65
L'urbanistica: città e paesaggi
di canali per la messa a coltura dei dossi perilagunari ancora in età tardo-
antica o altomedievale.
Riferimenti bibliografici
66
1. Pianificare la città e il territorio
TUSA (2.01ob). Per il dibattito sul ruolo di lppodamo di Mileto: GRECO (1999a);
CAHILL (lool); HELLMANN (ww). Sulla topografia di Atene: cfr. l'opera in più
volumi, in parte ancora in corso di preparazione, di GRECO (w w-). Per l'urbanistica
etrusca: CRISTOFANI (woo); STEINGRABER (woo); PULCINELLI (2.010); BARTO-
LONI (wn). In particolare per Vulci: POCOBELLI (l004). Per Spina: PATITUCCI
UGGERI, UGGERI (1993). Per Marzabotto: LIPPOLIS (loos). Per i riti di fondazione:
GOTTARELLI (2.010 ). Per l'urbanistica punica: MEZZOLANI (1994); MORIGI (lO O?);
BONDÌ et al. (2.009 ). Per approfondimenti su singoli casi: HELAS, MARZO LI (2.009 ).
Sull'urbanistica romana: SOMMELLA (1988); CONVENTI (l004); GROS, TORELLI
(2010); VON HESBERG, ZANKER (wn). Per le città delle province: RINALDI TUFI
(2001); BEJOR et a/. (wu); SWEETMAN (wu). In particolare su Xanten: PRECHT,
SCHALLES (1989 ). Su Treviri: Trier (2.009 ). Su Cartagine: BULLO (wol). Per la cit-
tà rardoantica: BROGIOLO (lou).
Per l'organizzazione dei territori delle colonie greche: Problemi della Chora (loo1).
Per le colonie di Sicilia e Magna Grecia: DI STEFANO (2.001); BELVEDERE (wos);
CARTER (loos); MERTENS (wo6). Per quelle del Mar Nero: MANZELLI (1995);
WASOWICZ (1999); NIKOLAENKO (2.001). Per la chora di Ampurias: PLANA MAL-
LART (1994, 2.001). Sulla gestione delle acque nel mondo greco: FANTASIA (1999 );
COLLIN-BOUFFIER (wo8). Per gli interventi di bonifica agraria nell'Italia roma-
na: Q.UILICI, Q.UILICI GIGLI (1995). Per la centuriazione romana: Misurare la terra
(1983); ROSADA (w w). In particolare per Luni: FABIANI (wo6). Per l'Aemilia:
BONORA (woo); GIORGETTI (looo). Per Aquileia: MUZZIOLI (wos). Per l'Afri-
ca: BULLO (wol). Sul rapporto tra città e centuriazione: CONVENTI (loo4). Per
le opere di bonifica e regimentazione idrica: BONOMI (1995); DALL'AGLIO (1995);
DI VITA (1997); Q.UILICI, Q.UILICI GIGLI (1997b); CAMERIERI, MANCONI (2.010);
BURRI (wu). Su esempi di centuriazioni tardoantiche-altomedievali: CALZOLARI
(1995). Per studi specifici sugli assetti agrari nel mondo romano: "Agri Centuriati.
An lnternational Journal of Landscape Archaeology", Fabrizio Serra, Pisa-Roma,
edita a partire dall004.
67
2
Proteggere La città
1. Le mura e le porte
Le mura che cingono un abitato non sono di per sé sufficienti a qualificarlo Mura urbane:
come città: molti villaggi, fin dalla preistoria, ne sono dotati, mentre molte funzione pratica
celebri città ne sono prive o le realizzano solo in momenti successivi. Ciò no- e valore simbolico
nostante le mura riescono a evocare più di ogni altro elemento architettonico
l'immagine stessa della città. Possenti quanto le tecniche del tempo consento-
no, le mura sono certamente realizzate per difendere l'interno, ma, con torri e
porte monumentali, servono anche a proiettare all'esterno l'immagine che la
città vuole offrire di sé. Così ci appaiono le alte mura turrite che cingono gli
edifici pubblici e privati della "Città dipinta", affrescata sulla parete di un edi-
ficio di età flavia al di sotto delle terme di Traiano sul colle Oppio. Nella men-
talità delle società antiche, in cui religiosità e ritualità permeano e scandiscono
tutti gli atti della vita associata, le mura sono inseparabili dal fattore religioso
e rappresentano un limite carico di valenze simboliche: separano il dentro dal
fuori, lo spazio della civiltà e della vita regolamentata dal mondo selvaggio, i
cittadini dagli stranieri, i vivi dai morti. Ecco perché in ambito etrusco-italico
la costruzione delle mura è un atto fondamentalmente religioso, normato dalla
dottrina augurale secondo un preciso procedimento rituale.
Le tecniche edilizie utilizzate nelle fortificazioni hanno fatto ricorso a diversi Tecniche edilizie
tipi di materiali e a differenti modi di assemblarli. Assai precoce è l'uso dei
mattoni crudi, posati su uno zoccolo di pietra per preservarli dall'umidità.
Il loro impiego ha una notevole diffusione in Asia Minore (Smirne, IX-VIII
secc. a.C.), in Grecia, nelle colonie greche d'Occidente (Siris, metà VII sec.
a.C.), nelle colonie fenicie (Mozia-Mtw, metà VI sec. a.C.), mentre è rara-
mente attestato nel Lazio e in Etruria (Roselle, VII sec. a.C.). L'economicità,
la facilità di ripristino e la capacità di ammortizzare i colpi delle macchine
belliche (Apollodoro di Damasco, Poliorcetica 157, 7-158, 3; Pausania, Guida
della Grecia VIII, 8, 8) potrebbero spiegare la loro persistenza in età classica,
come ad Atene, e ancora in età ellenistica, in Oriente (Dura-Europos); nel
continente greco (Sparta, Demetridda e Kastro Kallithea) e in Sicilia (Gela).
I mattoni cotti trovano i loro primi impieghi tra la fine del IV e il III secolo
69
l'urbanistica: città e paesaggi
70
2. Proteggere la città
71
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 1 Esempi di porta di VI sec. a.C.: a) Megara lblea (Mégara Hyblaéa}, porta Ovest; b) Mendolito, porta Sud;
c) Selinunte (Se/inus), porta Est
72
2. Proteggere la città
73
L'urbanistica: città e paesaggi
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BAIE DU PHALÈRE l
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FIGURA 4 Roma, le cosiddette Mura serviane presso la stazione Termini (lv sec. a.C.I
74
2. Proteggere la città
Nel Lazio meridionale, città come Cori e Arpino (Arpinum) o Norba presen- Mura
tano le testimonianze più monumentali di mura in opera poligonale, tecnica delle città laziali
che continuerà a essere utilizzata qui e in altri centri del Lazio fino al II secolo e ristrutturazione
a.C. A Roma, in seguito all'occupazione gallica del390 a.C. che aveva dimo- delle Mura serviane
strato la debolezza delle fortificazioni urbane, la cinta viene ristrutturata. Le
mura, spesse 3-4 m, sono realizzate in opera quadrata con filari di blocchi di
rufo disposti alternativamente per testa e per taglio per un'altezza stimabile
di 10-12 m (fig. 4). La presenza di torri per l'alloggiamento di macchine ba-
listiche presso I'aggere esquilino testimonia I'adeguamento alle nuove tecni-
che di poliorcetica del IV secolo a.C.
In area punica, a Cartagine nel corso del v secolo a.C. si costruiscono mura Fortificazioni
poderose a due cortine, interrotte da torri e da una porta monumentale in in area punica
prossimità della spiaggia (fig. s). A Mozia continuano gli interventi sulle
mura del secolo precedente: il loro spessore è progressivamente aumentato
da rifasci esterni in pietra e si tamponano le numerose postierle per evitare
l'impatto d eli' ariete. Dopo la distruzione del centro e la fondazione di Li-
libeo (Liljbaion) con evidenti finalità militari, questa è subito cinta su tre
lati da poderose mura spesse oltre 6 m con torri quadrangolari a intervalli
regolari. Un fossato all'esterno del lato settentrionale integra il sistema di-
75
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 1 Efeso (iphesos), pianta della città con le mura di 111 sec. a.C.
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76
2. Proteggere la città
fensivo, mentre una galleria al di sotto del fossato consente sortite in caso
di assedio. Tra fine v e IV secolo a.C., sempre in Sicilia, sono fortificate
anche Palermo (Panormos) ed Erice (Eryx), mentre a partire dal IV secolo
a.C. sono dotati di sistemi difensivi numerosi centri della Sardegna punica,
come Sant'Antioco (Sulky), Monte Sirai, Thdrros, Nedpolis presso Guspini,
e Olbia (Olbia).
In età ellenistica le mura non costituiscono più solo un sistema di difesa pas- Mura di età
sivo, ma presentano anche strutture di attacco contro le nuove tattiche di ellenistica:
assedio. Macchine da getto per il lancio di frecce e proiettili possono esse- dispositivo di difesa
re piazzate sia sugli spalti o sulle torri delle mura, sia sulle torri mobili in e di attacco
legno degli attaccanti. Trattati come quello di Filone di Bisanzio (Trattato
di meccanica) forniscono indicazioni sulla progettazione di mura adeguate
alla nuova poliorcetica, che trovano puntuale riscontro nelle testimonianze
archeologiche.
È questa l'età d'oro delle Geliindemauern già ricordate: le cinte territoriali Geliindemauern
si trovano da Demetriade in Tessaglia (fig. 6), a Efeso (Éphesos) (fig. 7) ed e diateichismata
Erythrae in Ionia, ad Alinda (Alinda) e Alabanda in Caria, fino a Tarquinia
e alle mura ellenistiche di Populonia (fig. 8) e di Volterra in Etruria. Cinte
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L'urbanistica: città e paesaggi
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così ampie risultano tuttavia difficili da controllare, per cui si diffonde l'u-
so di muri trasversali o diateichismata che isolano settori ristretti più facili
da difendere in caso di assedio. Tali strutture possono sorgere contempora-
neamente al circuito fortificato, come nella cinta ellenistica di Populonia,
o in un momento successivo. Questo è ciò che avviene generalmente nelle
colonie greche occidentali, dotate fin dall'inizio di ampie cinte: Elea, ad
esempio, sarebbe stata suddivisa internamente da un grande muro solo nel
IV secolo a.C. Ad Atene, all ' inizio del m secolo a.C., un diatéichisma sul
lato occidentale della città costituisce una difesa supplementare delle mu-
ra di Temistocle, in un momento in cui le Lunghe mura hanno perso la
loro importanza strategica per la sicurezza della città. Tra i numerosi casi
attestati nelle città dell'Asia Minore, infine, a Mileto un muro trasversale
chiude a sud la città, escludendo la collina Kalabaktepe che fino ad allora
ne faceva parte. Tale complessa articolazione richiede tuttavia un numero
elevato di difensori, cosicché alla fine deln1 e nel corso del II secolo a.C.
si diffondono cinte più compatte con tracciati il più possibile rettilinei,
78
2. Proteggere la città
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L'urbanistica: città e paesaggi
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Fonte: Tosi (2003).
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2. Proteggere la città
81
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 15 Perge e Side, porte con cortile a muri curvilinei (età eLLenistica)
PERGE
20M
nunte, nella prima metà del IV secolo a.C., la porta Nord è rinforzata da una
linea di difesa a due torri quadrate e simmetriche, mentre alla fine del seco-
lo appare preceduta da un lungo protéichisma a tre livelli e fossato, a cui si
addossa una batteria d'artiglieria avanzata semicircolare (fìg. 13). Un riflesso
di queste soluzioni tattiche può essere colto in ambito etrusco a Vulci, do-
ve la porta Ovest, che si apre nelle mura della seconda metà del IV secolo
a.C. addossate a un aggere, è rinforzata con un'opera avanzata che, grazie
alla pianta triangolare, è in grado di riparare la porta da macchine d'assedio,
arieti e colpi di artiglierie (fig. 14). La stessa strategia di difesa attiva porta a
dotare le vecchie cinte come le nuove di numerose torri nella tradizionale
pianta quadrangolare, ma sempre più spesso circolare, semicircolare, a ferro
di cavallo, pentagonale o esagonale, coesistenti anche in una stessa cortina.
Le torri possono avere al piano inferiore feritoie per le catapulte ad arco e, al
piano superiore, aperture più ampie per le nuove catapulte a torsione per il
lancio di pietre.
Porte e postierle Nel circuito delle mura le porte costituiscono punti sensibili sotto vari aspet-
ti. I varchi che consentono l'accesso in città rappresentano infatti l'anticipa-
zione del prestigio urbano e la sua capacità di controllo della comunicazione
tra l'interno e l'esterno. Per tali motivi le porte sono soggette, da un lato, a
una ricerca di decoro architettonico e di monumentalità e, dall'altro, a si-
stemi di rafforzamento e a espedienti difensivi per rafforzare le interruzioni
82
2. Proteggere la città
FIGURA 16 Siracusa (Syrakusaij, pianoro di Epipole, forte dell'Eurialo e porta del Tripylon
(metà 111 sec. a.C.)
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della cinta muraria. Sulla base degli esempi meglio conservati di età elleni-
stica sono state elaborate tipologie di porte urbiche che tengono conto del
rapporto tra i varchi e le cortine o della forma stessa delle porte. Nella prima
si possono avere porte assiali, le più frequenti in ogni epoca, oblique, o tan-
genziali, che possono svilupparsi in un corridoio ottenuto dall'affiancamen-
to di due tratti di mura. In relazione alla forma sono state distinte porte di
tipo lineare semplice o a cortile, di forma rettangolare o circolare. Le porte
a cortile possono assumere la forma a tenaglia a bracci paralleli, a muri cur-
vilinei (fìg. 15) o a imbuto. A Siracusa, la porta del Tripylon, modello unico
del tipo a imbuto, viene inserita alla fine del IV secolo a.C. sul lato nord del
circuito che, dall'inizio del secolo, cingeva il grande pianoro dell'Epipole,
completato dal forte trapezoidale dell' Eurialo. Alla metà del m secolo a.C. il
forte sarà poi preceduto da una complessa batteria di artiglieria, rinforzata da
numerosi fossati e da altre opere avanzate, tra cui un sistema di gallerie sot-
terranee che uniscono il forte al Tripylon (fìg. 16). Un nuovo valore strategico
assumono anche le postierle, che vengono utilizzate non solo per agevolare le
comunicazioni di servizio tra città e territorio, ma anche per lanciare veloci
controffensive nella prospettiva della nuova difesa attiva, al riparo di torri o
rientranze delle mura. È nelle coperture di porte e postierle che gli architetti
militari sperimentano diverse soluzioni, dalla più semplice ad architrave mo-
nolitico (porta Maggiore di Alatri-Alétrium, porta di Parmenone a Thasos)
a quella ad arco ad aggetto, con blocchi sempre più sporgenti che riducono
progressivamente l'ampiezza dell'apertura (Arpino: fig. 17 ), fino all'arco che
dalla metà del IV secolo a.C. è ampiamente utilizzato per questo scopo: dalla
83
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 17 Arpino (Arpinum), porta ad aggetto (datazione incerta, tra età arcaica ed età
ellenistica)
84
2. Proteggere la città
FIGURA 20 Falerii Novi, porta di Giove (seconda metà m sec. a.C.): la protome inserita nel
fornice esterno ha finalità magico-religiose
85
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 21 Spello (Hispellum), mura presso porta San Ventura (fine 1sec. a.C.)
86
2. Proteggere la città
cortile che filtra il passaggio tra città e campagna attraverso tre archi, di
cui quello centrale più alto; i fornici sono sormontati da una galleria fine-
strata o loggia, che costituisce l'esito di un motivo dell'architettura greca
di IV secolo a.C. (porta di Zeus ed Era a Thasos) e che trova una compiuta
realizzazione nella porta di Augusto a Fano, con la galleria, oggi perduta,
ad arcate inquadrate da semicolonne corinzie. Questo tipo di impianto
rappresenta l'evoluzione tardo repubblicana delle porte a cortile: si tratta
di un doppio passaggio, con porte a più fornici, attraverso un cavedio cen-
trale cinto da mura. Le alte torri poligonali che fiancheggiano gli ingressi
e l'articolazione architettonica delle facciate, mosse da gallerie finestrate,
conferiscono alle porte urbiche un forte impatto monumentale. Lo stesso
modello della porta Venere è applicato soprattutto nell'Italia settentrio-
nale tra gli ultimi decenni della repubblica e l'inizio del principato, come
ad esempio nella porta Precaria a Como, nelle porte Palatina e Decumana
a Torino e in quella dei Leoni a Verona, che ne rappresenta la forma più
elaborata (fig. 22).
Se le mura di Torino, come quelle di Aosta, assolvono ancora a una funzione
difensiva nei confronti delle popolazioni locali, in altri casi l'aspetto simbo-
lico diventa preminente: a Rimini, la porta Romana, a doppio fornice con
corte di guardia e controporta interna, realizzata nell'ambito delle ristruttu-
razioni seguite alle distruzioni sillane, viene sostituita nel 2 7 a.C. dall'arco
di Augusto, che ha carattere esclusivamente commemorativo e onorifico, in
quanto privo di sistemi di chiusura e quindi inutilizzabile dal punto di vista
difensivo. Si tratta di un esempio precoce dell'assimilazione tra porta urbica
e arco trionfale fuori Roma. Archi di ingresso monumentale sono realizzati
negli stessi anni, sempre lungo la via Flaminia, anche in centri privi di mura
come Ocriculum e Cdrsulae (fig. 23).
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 23 Carsulae. arco di San Damiano (età augustea): il fornice centrale, in origine
fiancheggiato da due minori
Mura urbane Tra le mura urbane di età augustea meglio note delle province occidentali
nelle Gallie sono quelle di Nìmes, in opera vittata, con porte monumentali e torri a
pianta circolare, semicircolare e quadrangolare. Nel punto più alto delle
mura, la Tour Magne, di forma poligonale a tre piani rientranti, costitui-
sce un segnale simbolico della romanizzazione e in particolare del sotto-
stante Augusteum. Fra torri quadrangolari con il lato esterno curvilineo,
la porta di Augusto reca l'iscrizione con cui il principe "dona" mura e
porte alla città; del tipo a cavedio, presenta quattro fornici, di cui i cen-
trali più alti. Molto simili negli elementi costitutivi, con una galleria al di
sopra dei quattro fornici, sono anche le porte di Autun (Augustodunum),
dotata, con Nimes e Vi enne (Colonia Iulia Viennensis ), di una delle cinte
più estese nella Gallia della prima età imperiale. A queste sono paragona-
bili per lunghezza, ma ancora più monumentali, le mura di Treviri nella
Gallia Belgica, dell'ultimo ventennio del II secolo d.C. Sia la porta Nigra
a nord, che ripete lo schema a cavedio con facciata a doppia galleria e
torri rettangolari con lato esterno semicircolare (fig. 2.4 e cap. I, fig. 4oa),
sia il più singolare ingresso est, attraverso la pdrodos dell'anfiteatro inse-
rito nel circuito murario (fig. 2.5 e cap. I, fig. 4ob ), rispondono ora a più
concrete esigenze di difesa.
88
2. Proteggere la città
FIGURA 24 Treviri (Augusta Treverorum), porta Nigra (fine 11 sec. d.C.), facciata esterna:
torri che fiancheggiano l'ingresso
Nel II secolo d.C., anche nelle province meridionali dell'impero, in Afri- Diffusione
ca, si assiste alla diffusione delle cinte urbane, che rispondono a una ge- delle mura urbane
nerica ricerca dì sicurezza, pur non essendo erette sotto la pressione di in Africa in età
un pericolo immediato, e appaiono correlarsi a momenti di sviluppo e imperiale
pianificazione urbana: a Volubilis, ad esempio, il tracciato sembra infat-
89
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 25 Treviri (Augusta Treverorum), plastico dell'ingresso est alla città attraverso
l'anfiteatro (Treviri, Rheinisches landesmuseum)
90
2. Proteggere La città
FIGURA 27 Roma, tratto delle Mura aureliane (seconda metà 111 sec. d.C.) con il rialza mento
di Onori o (inizi v sec. d.C.) lungo viale Metronio, presso porta Latina
91
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 28 Costantinopoli, sezione delle mura di Teodosio 11 (prima metà v secolo d.C.)
dotata ogni 100 piedi (2.9,60 m) di una torre a pianta quadrata, con camera
superiore per le baliste (fig. 2.7); sulla sommità del muro corre il cammino
di ronda scoperto, protetto da una merlatura. Le porte, a fornice doppio o
semplice, sono inquadrate da torri semicircolari, ripetendo il modello diffuso
in età augustea; quelle più modeste sono inserite in un tratto di mura com-
preso tra due torri quadrate. Lungo il suo percorso vengono inglobati edifici
pubblici e privati monumentali (tra cui l'anfiteatro Castrense e la piramide di
Caio Cestio), mentre il mausoleo di Adriano, castello avanzato sulla riva de-
stra del Tevere, diventa roccaforte di difesa per il pons Aelius. La cinta subisce
nel tempo numerosi interventi volti a rinforzarla; il più importante è quello
realizzato da Onorio all'inizio del v secolo d.C., quando è raddoppiata l'al-
tezza del muro, il precedente cammino di ronda è sostituito da una galleria
coperta, i due ingressi di alcune porte sono ridotti a uno solo, le torri rialzate
e rinforzate.
La precarietà dovuta alla crescente pressione barbarica e alle lotte interne
determina in questo periodo un generale intensificarsi degli interventi di-
fensivi, a partire dalla nuova capitale dell'impero d'Occidente, Ravenna,
dotata di mura agli inizi del v secolo d.C. Anche Cartagine, fino ad allora
priva di difese, nel 42.5 d.C., poco prima della conquista vandala, è munita
da Teodosio II di una cinta di difesa con torri, affiancata in alcuni tratti da
un fossato.
Mura Nello stesso periodo Teodosio II realizza a Costantinopoli un complesso si-
di Costantinopoli stema di fortificazione, unico nel mondo antico, che separa la città dall'en-
troterra, estendendosi per 6,s km dal Mar di Marmara al Corno d'Oro e che
sembra recepire le esperienze tecniche delle zone di frontiera. A un grande
muro fiancheggiato da torri rettangolari o ottagonali si addossa un terrapie-
no esterno raggiungibile da postierle aperte sui fianchi delle torri. Un secon-
92
2. Proteggere la città
FIGURA 29 Verona, pianta della città e fortificazioni attribuite all'età di Teodorico (fine
v-inizi VI sec. d.C.)
93
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 30 Susa (Segusium), porta Savoia nelle mura tardoantiche (inizi IV sec. d.C.)
94
2. Proteggere la città
Forme di organizzazione e difesa del territorio sono già presenti nelle so- Difesa del territorio
cietà preurbane, come ad esempio i nuraghi che caratterizzano la Sardegna nelle civiltà
tra la metà del n e la metà del I millennio a.C. Espressione delle comuni- preurbane: i nuraghi
tà organizzate per piccoli nuclei territoriali, dominate da un'aristocrazia
guerriera e basate su un'economia agropastorale, queste strutture abitative
95
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 31 Monte Adranone, pianta dell'insediamento fondato da Selinunte nel VI sec. a.C.
e ricostruito da Cartagine nel1v sec. a.C.
96
2. Proteggere la città
FIGURA 32 Néa Halos. pianta dell'insediamento (fine IV-prima metà 111 sec. a.C.)
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l'urbanistica: città e paesaggi
assi viari ortogonali ed è circondata da mura con torri sui quattro lati rettili-
nei, mentre due lunghi tratti di mura raggiungono la sommità dell'acropoli
formando una punta triangolare (fig. p.). L'impianto ortogonale caratte-
rizza anche numerose postazioni avanzate in territorio nemico alla periferia
del mondo greco, come Olbia (Olbia) di Provenza, fondata da Marsiglia
intorno al34o a.C.
I fortini occupati esclusivamente da guarnigioni militari si collocano prefe-
ribilmente su speroni o strapiombi a sentinella di punti vulnerabili, soprat-
tutto nelle zone di frontiera, come quelli che nel IV secolo a.C. controllano i
confini tra Attica e Beozia (Eleuthérai, Siphai, Phylé, Pdnakton ). Nello stesso
secolo, durante la guerra beotica, Atene protegge l'ingresso nella pianura del-
la città bloccando il passo tra i monti Aigdleos e Pdrnes con uno sbarramento
formato da tratti contigui di muri indipendenti associati a una torre di osser-
vazione, il Dema. Piccole fortezze sono numerose anche in Asia Minore, do-
ve talvolta sono difficilmente distinguibili dalle residenze rurali fortificate,
frequenti in Licia, Lidia e Caria.
Le torri a pianta quadrata o circolare appaiono talvolta costruite a presidio di
posizioni strategiche o lungo le strade. A Efeso, ad esempio, le torri, realizzate
con la stessa tecnica impiegata nelle mura urbane, sono costruite a control-
lo delle strade di accesso e appaiono sicuramente legate al sistema difensivo
della città. Se dunque le torri fanno parte di più ampi sistemi difensivi e sono
legate visivamente tra loro per la trasmissione di segnali luminosi, altre volte
possono essere connesse allo sfruttamento rurale come parte di aziende agri-
cole. La torre, al cui interno possono essere collocati torchi e mole al piano
terra e i raccolti, in sicurezza, ai piani superiori, costituisce un punto di av-
vistamento necessario soprattutto nelle aree soggette alla pirateria, come le
Cicladi, dove sono particolarmente numerose.
Rete di insediamenti Nelle aree etrusche, a seguito di estese colonizzazioni interne tra IV e III se-
militari nei territori colo a.C., intorno alle metropoli sorge una rete di oppida e castella, insedia-
delle città etrusche menti dalle dimensioni estremamente limitate e di carattere spiccatamente
militare, in cui si può osservare l'adozione di soluzioni di una certa com-
plessità anche in fortificazioni di modesto impegno. Tarquinia, ad esempio,
circonda il proprio territorio di una serie di centri fortificati, più piccoli
come il Castellaccio di Caporipa e Grotte Pinza, o protetti da sistemi più
articolati, come Luni sul Mignone, San Giovenale, Castel d'Asso, Norchia
e Musarna, caratterizzati da cinte murarie integrate da fossati, anche se ra-
ramente dotate di torri o di altri accorgimenti di difesa attiva. Nel territorio
di Vulci la piccola fortezza di Rofalco presenta invece sul lato più esposto
una poderosa cinta muraria, su cui si succedono a intervalli irregolari tre
torri quadrangolari; l'unico accesso è protetto da un bastione triangolare,
sormontato da una sorta di piccola torre di avvistamento. Attorno alla metà
del v secolo a.C. Populonia impianta lungo la costa e all'Elba un sistema di
fortezze d'altura, strettamente connesse alla volontà di creare un dispositivo
98
2. Proteggere la città
FIGURA 33 Chesters (Cilumum), pianta del forte sul vallo di Adriano (prima metà 11 sec. d.C.)
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Fonte: Napoli (1997).
99
l'urbanistica: città e paesaggi
è Ostia, del IV secolo a.C. (cap. 1, fig. 2.8). Esemplare appare il "vallo" costiero
100
2. Proteggere la città
FIGURA 35 Il vallo di Antonino Pio a Watling Lodge: tratto del fossato (metà n sec. d.C.)
101
l'urbanistica: città e paesaggi
circa 37 miglia romane, tra l'estuario del Forth e quello del Clyde. Il muro,
fiancheggiato a nord da un fossato e da un aggere, è composto da blocchi di
torba su una base di pietra (fig. 35); alto oltre 3m, è coronato da un cammino
di ronda in legno e incorpora piattaforme di torba utilizzate per l'accensione
di fuochi segnaletici. Fortini in corrispondenza delle porte e forti per le trup-
pe, circondati da fossati e dotati di torri in legno, si distribuiscono lungo la
linea sud del muro, collegati da una via militare.
Tra quelle che combinano più sistemi difensivi rientra anche la grande opera
in terra della Mesia Inferiore, che tra il II e il III secolo d.C. taglia la Do-
broudja dalla riva destra del Danubio al Mar Nero. Il suo fossato esterno
largo 13 m dissimula, dietro un aggere di terra alto 4 m, un fossato interno
largo 9 e profondo 4,5 m; circa ogni chilometro l' aggere è integrato da fortini
quadrangolari, a loro volta cinti da una scarpata e da un fossato, e da fortini
rettangolari disposti in modo irregolare in prossimità di passaggi naturali.
Nelle opere lineari che costituiscono barriere senza grande valore difensivo, i
forti sono dissociati dal corpo dell'opera, costituita da ostacoli semplici (pa-
lizzate, opere in terra, muri, aggeri senza fossato), difficilmente in grado di
resistere a un conflitto armato. Rientrano in questo secondo e assai più am-
pio gruppo le opere sui confini germano-retico, transalurano in Dacia, al di
102
2. Proteggere la città
Riferimenti bibliografici
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l'urbanistica: città e paesaggi
104
3
Organizzare gli spazi pubblici e privati
105
L'urbanistica: città e paesaggi
20
metà IV sec. d.C.)
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luoghi di culto della polis, in particolare quelli legati alle divinità e agli eroi
della tradizione mitistorica della città.
Strutturazione Un esempio delle modalità di strutturazione della piazza con i suoi aspetti
dell'agoro: politici e religiosi può essere seguito a Megara Iblea dove, fin dal momento
Megara lblea della pianificazione urbanistica all'inizio del VII secolo a.C., al centro della
città è riservata alle funzioni collettive una vasta area a pianta trapezoidale,
che solo nel tempo si definisce negli aspetti architettonico-funzionali (fig.
2.). Alle prime strutture, rappresentate da due silos, in un processo di tra-
sformazione monumentale, alla metà del secolo si sostituiscono nella parte
meridionale il tempio g, un tempio a semplice oikos (ovvero casa, un lungo
ambiente rettangolare con ingresso sul lato breve), un grande portico sul lato
settentrionale (stod nord) e due recinti forse destinati al culto eroico nell'an-
golo nord-ovest. Il grande e duplice complesso meridionale può costituire
una dimora privata di particolare prestigio o uno spazio pubblico di riunione
sotco la protezione di divinità o di eroi. Alla fine del secolo si aggiunge un al-
tro portico sul lato orientale (stod est), un tempio nella parte sud (tempio h) e
un oikos arretrato e raggiungibile attraverso un cortile aperto sul lato occiden-
tale (tempio c). Nella seconda metà del VI secolo a.C., sul lato ovest si erige
un edificio destinato alla riunione di rappresentanti pubblici, utilizzato in
106
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 2 Megara lblea (Mégoro Hyblaéa), pianta dell' agort1 (età arcaica)
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107
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 3 Atene (Afhénaij, pianta dell' agorti del Ceramico (fine v sec. a.C. )
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Agorrl di Atene In Grecia bisogna attendere l'età classica o quella ellenistica perché le agorai
si trovino fiancheggiate da edifici chiaramente riconoscibili come pubblici
e di riunione, con l'eccezione di quanto accade ad Atene. L'ubicazione e lo
sviluppo dell' agord di Atene costituiscono un problema dibattuto: secondo
alcune recenti ricostruzioni, una prima agord è collocata a est delle pendici
dell'acropoli, dove le fonti (Pausania, Guida della Grecia I, 18-2.0) ricordano
la presenza del pritaneo e del santuario dell'eroe Teseo. Verso la metà del VI
secolo a.C., con i Pisistratidi, la depressione a nord-ovest dell'acropoli, già
occupata da tombe e da case-bottega di vasai, inizia progressivamente a con-
notarsi come spazio pubblico, divenendo l'"agord del Ceramico". Con l'av-
vento della democrazia, tra la fine del VI e il v secolo a.C., l' agord si arric-
chisce di tutti gli edifici necessari alle funzioni dei nuovi organismi religiosi
e amministrativi (fig. 3): sul lato occidentale, oltre ad alcuni edifici religiosi,
si succedono la stod basileios, sede dell'arconte re e luogo di conservazione
delle leggi di Solone; la stod di Zeus Eleuthérios; un primo bouleutérion, tra-
108
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
109
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 4 Roma, area forense: in evidenza gli edifici della prima e media età repubblicana
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Legendo: o= comitium e curio; b = tempio di Saturno; c= tempio dei Castori; d= area delle tobernae
veteres; e = area delle tabernoe novoe et orgentorioe; f = basilico Aemilio; g = vicus Tuscus; h = vicus
lugarius.
Fonte: Gros, Torelli (2010).
110
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
Il foro di Cosa, che riceve la sua più compiuta definizione nel corso del II Assimiliazione
secolo a.C., occupa uno spazio di circa quattro isolati, assieme agli edifici del modello
pubblici che lo circondano. La piazza, cui si accede dal lato nord attraverso della capitale: Cosa
un arco a tre fornici, è bordata da portici e da atria; sul lato lungo orientale
si dispongono la basilica, il comitium a pianta circolare sul tipo di quelli di
Roma, Fregelle (Fregellae ), Paestum e Alba Fucens, e la curia, fiancheggiata da
due ambienti identificabili, in analogia con Roma, con il tabularium e l'uffi-
cio degli edili e dei pretori. Seguono il tempio del foro, dedicato a Concordia,
l'aerarium e il carcer, con la cella ricavata in un ambiente sotterraneo. Sul
lato sud della piazza una serie di pozzetti, analoghi a quelli dei fora di Alba
Fucens, Venosa (Venusia) e Paestum, sono funzionali alle operazioni di voto
del corpo civico (fig. s). Il capitolium non si affaccia sulla piazza, ma si colloca
sull'altura dell'Arx, pur in diretta comunicazione con l'area forense.
A Poseidonia è possibile seguire gli interventi per l'impianto del foro della Impianto
nuova colonia latina di Paestum, dedotta nello stesso anno di Cosa. La nuova del foro
piazza è realizzata a sud dell' agord greca, i cui edifici so n<? ora distrutti e sepol- in un centro
ti. Il foro è dotato di tabernae sui lati brevi e su quello lungo a sud, mentre su preesistente:
quello settentrionale si dispongono i nuovi edifici religiosi, politici e ammini- Paestum
strativi (cap. I, fig. 10 ). La progressiva specializzazione degli spazi dei fori porta
a far emergere frequentemente il capitolium su un lato breve della piazza, cui
111
L'urbanistica: città e paesaggi
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può far da rimando, sul lato opposto, uno dei principali edifici pubblici come
la curia, presente in questa posizione ad esempio a Pompei (Pompeii) (fìg. 6).
Fori e celebrazione A partire dall'età augustea si assiste a un rinnovamento urbanistico della città
della famiglia e in particolare del foro come riflesso del diffuso sentimento di devozione e
imperiale fedeltà verso la famiglia imperiale, che spinge a realizzare monumenti a carat-
tere celebrativo o con vera e propria valenza cultuale. Tra l'età augustea e l'età
giulio-claudia si diffondono le basiliche che, accogliendo piccoli santuari di-
nastici, tendono a disporsi su uno dei lati corti della piazza, di fronte al tem-
pio capitolino o a quello dedicato al culto imperiale, che da questo momento
tende a sostituire il capitolium (infra, par. 2).
Duplicazione Con l'inizio dell'età imperiale si diffonde la tendenza alla duplicazione del-
dei fori in Italia le piazze pubbliche, secondo un processo avviato già in età repubblicana in
e nelle province centri come Palestrina (Praeneste), Terracina (Tarracina) e Ferentino (Feren-
tinum). Ancora una volta Roma, dove il Foro repubblicano è affiancato da
112
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
Legenda: a= Foro di Cesare; b = Foro di Traiano; c= Mercati di Traiano; d= Foro di Augusto; e= Foro di
Nerva; f =tempio della Pace.
Fonte: Ungaro (2007).
113
L'urbanistica: città e paesaggi
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3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
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l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA lO Leptis Magna, pianta del Foro di età severiana con l'ipotesi di Antonino Di Vita
della sua duplicazione
Ancora tra la fine del II e l'inizio del m secolo d.C., il modello dei Fori im-
periali di Roma si riverbera in Mrica a Leptis Magna, dove la volontà di cele-
brare la propria città natale porta Settimio Severo a realizzare un imponente
programma edilizio di cui il nuovo foro rappresenta il fulcro (fig. Io). La
piazza, fiancheggiata da portici sui quattro lati, è dominata su quello occi-
dentale da un enorme tempio esastilo su alto podio dedicato alla nuova dina-
stia. È possibile che una piazza analoga fosse prevista e mai ultimata a est della
prima e che la basilica, in posizione centrale, dovesse svolgere una funzione
di raccordo, dando vita a uno dei complessi forensi più grandiosi in ambito
provinciale.
Graduale perdita Con tempi e modalità diverse da città a città, in seguito alla crisi delle isti·
di centralità tuzioni municipali nel corso dell'età tardoantica, il foro e gli edifici monu-
del foro nella città mentali che vi gravitano non esercitano più il loro ruolo attrattivo, mentre
tardoantica si sviluppano nuovi centri amministrativi e religiosi, come il palazzo sede
dell'autorità civile, il centro episcopale e le chiese principali. Lo spazio pub-
116
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
blico tende, come in altre zone della città, a essere occupato da strutture
private, spesso in materiale deperibile. Ad Acqui (Aquae Statiellae), in Pie-
monte, tra la fine del IV e l'inizio del v secolo d.C., il lastricato della piazza è
asportato e l'area è presto ricoperta di "terre nere" (dark earth) derivanti dal
disfacimento di rifiuti organici, mentre a Egnazia (Egnatia), in Puglia, dopo
il terremoto della seconda metà del IV secolo d.C., nell'area del foro si im-
piantano edifici di stoccaggio e a carattere produttivo che obliterano l'antico
piano pavimentale. A Valencia ( ~lentia Edetanorum) e a Tarragona, nel cor-
so del v secolo d.C., i principali edifici del foro sono abbandonati: nel primo
centro l'area forense è occupata da un cimitero, nel secondo è parzialmente
invasa da un immondezzaio.
In un quadro di popolamento sparso, seguito al drastico calo demografico
verifìcatosi tra v e VI secolo d.C., a Roma i Fori imperiali appaiono ormai so-
vradimensionati e inutili per le nuove necessità, offrendo un campionario dei
possibili usi che in quest'epoca subiscono i complessi monumentali. Il Foro
di Augusto, ali' inizio del VI secolo d.C., è utilizzato come bacino di recupero
di materiale di pregio per conto della classe dirigente senatoria. Nello stesso
periodo, l'aula del Foro della Pace è occupata dalla chiesa dei Santi Cosma
e Damiano, mentre l'area è utilizzata come necropoli. In questo contesto è
tuttavia ancora presente una funzione di rappresentazione civile, come indi-
ca la dedica della colonna in onore di Foca nel 6o8 d.C., ultimo monumento
celebrativo del potere imperiale.
Nella formazione della città i culti e la sede del loro esercizio svolgono una Ruolo del culto
funzione rilevante come luoghi fondatori di identità, con un progressivo nella formazione
passaggio della gestione del culto dall'ambito privato dei clan a quello della della città
comunità nel suo insieme: nell'viii secolo a.C., con rari precedenti nel IX, i
luoghi sacri collettivi sono segnalati dalla deposizione di materiale votivo in
aree libere da costruzioni, che saranno gradualmente occupate da templi e
santuari, soprattutto dal VI secolo a.C. Anche in ambito coloniale le prime
manifestazioni di culto si basano sull'attività rituale più che sulla struttura-
zione architettonica degli spazi, con semplici altari posti in aree legate ali' ap-
prodo, alla costituzione della nuova comunità o alla precedente frequenta-
zione delle popolazioni locali.
I santuari urbani, definiti da un ampio muro di delimitazione, con edifici e Santuari nelle città
depositi di materiale votivo, sono dislocati in posizioni diverse, ma sempre greche
determinanti nella definizione dello spazio urbano: in prossimità dei limi-
ti dell'abitato, lungo le mura, presso le porte, in collegamento tra l'interno
della città e il territorio circostante. Il santuario principale della città acco-
glie il culto rivolto alla figura divina preminente, che svolge un patronato
particolare e che contribuisce alla definizione dell'identità cittadina (culto
117
L'urbanistica: città e paesaggi
118
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
porte urbiche, come quello del Portonaccio a Veio, attraversato dalla strada
che conduce al litorale. A Marzabotto le due principali aree sacre, collegate
da un'arteria urbana, si dispongono sulla cosiddetta acropoli e in un isolato
al margine settentrionale della città (cap. 1, fig. 13). Gli edifici e gli appresta-
menti (pozzi, altari) dell'acropoli appaiono connessi con i riti di fondazione,
mentre il tempio dedicato a Tina, integrato nel tessuto urbano, si affianca a
un'area di probabile funzione pubblica e si colloca nel punto di ingresso in
città della strada proveniente da Bologna (Felsina).ln area marginale, il san-
tuario del Fontile è invece legato alle virtù terapeutiche di una ricca sorgente
naturale.
Nelle città puniche le aree sacre trovano spazio ancora una volta in settori Santuari nelle città
specifici: in posizione centrale, in connessione con le aree pubbliche, come puniche
i templi edificati a Kerkouane e a Solunto, o in prossimità delle porte, co-
me il santuario "Cappidazzu" e i sacelli di porta Nord e il tempio del Ko-
thon nei pressi della porta Sud, a Mozia. Nei centri punici della Sardegna
i santuari sono spesso affacciati su promontori, come il tempio di Capo
San Marco a Tharros, oppure prospicienti le aree portuali, come a Olbia. Il
centro di Nora appare esemplificativo dell'articolazione delle aree di culto
all'interno del complesso urbano, strutturate con l'intervento di Cartagine
tra la fine del VI e il v secolo a.C.: alla costruzione (o riedificazione) dell'a-
119
L'urbanistica: città e paesaggi
Legendo: o= via del Porto; b = isolato A-B; c= insu/o A; d= terme a mare; e= santuario di Sa Punta 'e
su Coloru; f =area sacra del colle di Tanit; g =terme centrali.
Fonte: Fabiani, Gualandi (2011).
FIGURA 13 Althiburos. area del tofet in corso di scavo (fine 111 sec. a.C.-n sec. d.C.)
120
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
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Fonte: Bozzoni et al. (2006).
rea sacra del Coltellazzo, posta sull'istmo che collega la punta omonima
ai quartieri urbani, si accompagnano quella del santuario di Sa Punta 'e su
Coloru, sul promontorio rilevato a ovest della città, e quella dell'area sacra
sul cosiddetto colle di Tanit, in posizione più centrale (fig. 12). In area pe-
riferica viene inoltre impiantato il tofet, l'area cultuale a cielo aperto desti-
nara alla deposizione rituale dei resti combusti di infanti e piccoli animali.
Questo rappresenta il santuario più caratteristico dei centri punici dell'area
mediterranea centrale, da Cartagine a M ozia in Sicilia, a Cagliari (Karalis ),
Sant'Antioco, Monte Sirai, Bithia, Tharros in Sardegna, fino ad Althiburos,
in area numida soggetta a forte influenza punica (fig. 13): il santuario si
pone sempre ai margini dell'abitato, secondo una delle poche norme fisse
di urbanistica punica, forse per ospitare i resti di chi ancora non occupa,
per la tenera età, un ruolo socialmente riconosciuto e quindi ai limiti della
comunità urbana.
In età ellenistica si sviluppa un'architettura scenografica che integra il paesag- Santuari ellenistici
gio circostante: le tendenze progettuali che fanno dell'impatto monumentale e impatto
e visivo il tema centrale delle scelte architettoniche sono pienamente osserva- monumentale
bili nei grandi santuari delle città dei regni ellenistici, da dove si diffondono
in tutto il bacino del Mediterraneo. I complessi santuariali si distribuiscono
su terrazze a più livelli, sostruzioni e piattaforme artificiali, movimentate da
ampi porticati. Esempio emblematico di questa architettura è il santuario di
Atena che a Lindos (Lindos) occupa l'acropoli della città, a strapiombo sul
mare (fig. 14): un percorso assiale su scalinate e terrazze fiancheggiate da por-
tici inquadra in una nuova prospettiva il più antico tempio di Atena.
121
L'urbanistica: città e paesaggi
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Modello ellenistico La struttura a terrazze multiple coronate da triportici, sperimentate nelle sue
nei santuari più ampie potenzialità nell'urbanistica di Pergamo, costituisce il modello
romano-italici delle architetture scenografiche dei santuari romano-italici di età repubblica-
na. A Roma, alla fine del n secolo a.C., sul Palatino è completamente ristrut-
turato il santuario della Magna Mater: il rifacimento comporta la sopraeleva-
zione della platea antistante mediante un gigantesco muro in cementizio, che
viene a costituire il fronte di sostruzione delle pendici sud del colle scenogra-
ficamente affacciato sulla valle Murcia e il Velabro. Una delle più significative
testimonianze del valore scenografico degli edifici santuariali è rappresentata
dal complesso sacro dedicato alla Fortuna Primigenia a Palestrina (fig. 15).
122
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
123
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 17 Nimes (Colonia Augusta Nemausus), santuario della Fontana (età augustea)
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Legendo: o= sala con funzioni cultuali e forse biblioteca; b = portici; c= propileo monumentale; d=
ponti; e= bacino;/= piattaforma con altare; h= teatro.
Fonte: Bejor et al. (2011).
124
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
125
l'urbanistica: città e paesaggi
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l Capitolium
2 Foro
3 Piazza della Rosa dei Venti
4 Macellum
FIGURA 19 Oougga (Thugga), capitolium visto dal foro (seconda metà 11 sec. d.C.)
126
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
127
L'urbanistica: città e paesaggi
3. Le strade e le fogne
Rapporto fra rete L'impianto delle strade urbane può generalmente seguire lo sviluppo sponta-
stradale e sistema neo dell'abitato, adattandosi anche all'irregolarità del suolo, o può tracciare
fognario gli assi rettilinei di una precisa pianificazione; in ogni caso, con un'efficace
sovrapposizione di funzioni, si accompagna solitamente alla strutturazione
di un sistema di smaltimento delle acque reflue e dei rifiuti liquidi. Nei casi
meno strutturati le acque piovane, quelle di sfioro delle fontane e gli scari-
chi domestici scorrono direttamente sulla sede viaria (strada canale), mentre
porte urbiche e aperture nelle mura ne favoriscono il deflusso. Nei sistemi
più complessi gli scarichi delle abitazioni (primo ordine), confluiti nella
canalizzazione di uscita di un complesso edilizio o di un isolato (secondo
ordine), convergono sugli assi stradali immettendosi in una canalizzazione
di maggiori dimensioni (terzo ordine: fig. 2.2); dove necessario, un grande
collettore terminale (quarto ordine), spesso concidente con un corso d'acqua
più o meno artificialmente irreggimentato, provvede all'evacuazione dell'in-
tero sistema, come la Cloaca maxima a Roma, che drena le acque della valle
del foro da età arcaica, o quello che attraversa Atene già nel v secolo a.C.
128
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
129
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 23 Thasos, strada pavimentata presso la porta del Sileno (v sec. a.C.)
130
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
possono dislocarsi fontane e basi per altari, frequenti ad esempio a Naxos, che
pongono la rete viaria sotto la tutela delle divinità.
Le strade urbane di età arcaica e classica di numerosi centri, da Metaponto,
Sibari (Sjbaris ), Naxos, Eloro, Megara Iblea ad Atene, Olinto e Thasos, mostra-
no l'elevata capacità tecnica impiegata nella loro realizzazione: si presentano
infatti ben drenate, profilate, imbrecciate e, nelle forme monumentali, anche
lastricate. Le strade pavimentate fanno parte dell'immagine monumentale
della città di v secolo a.C., con operazioni di spianarnento di sporgenze e av-
vallamenti per ottenere un'omogenea inclinazione: si presentano ad esempio
pavimentate la strada che dal porto conduce ali' acropoli di Argilos in Macedo-
nia, quella della porta del Sileno a Thasos (fig. 2.3), con lastre trasversali per im-
pedire lo scivolamento, o alcune strade di Selinunte e di Thurii (fig. 2.4). Cana-
lette di scolo delle acque meteoriche possono fiancheggiare le strade principali
(Poseidonia, Metaponto, Thurii, Locri Epizefiri, Cuma, Selinunte e Naxos) o
131
L'urbanistica: città e paesaggi
essere inserite nei piani stradali stessi, come a Selinunte, secondo una pratica
che si diffonde in età ellenistica. Le strade secondarie sono in terra battuta,
consolidate con ciottoli, pietrisco, mattoni frantumati e risarcite anche a più
riprese (fig. 2.5). Soluzioni tecniche simili sono progressivamente sperimentate
anche presso i centri indigeni dell'Italia meridionale (Lavello, Serra di Vaglio
e Pontecagnano) e presso le civiltà protourbane e urbane di Lazio ed Etruria.
Strade di Roma Alcune tracce archeologiche consentono di ricomporre la veste materiale delle
e dei centri laziali numerose strade che disegnano la trama della Roma di età regia. Nella secon·
da metà del VII secolo a.C., le pendici nord-orientali del Palatino, presso la
valle del Colosseo, sono percorse da una via glareata, ovvero con un fondo
costituito da ciottoli e ghiaia, mentre, negli ultimi decenni dello stesso secolo,
sul lato est della Regia una strada scende verso l'area del foro; sul lato opposto
è allestita una strada acciottolata che permette il transito di carri leggeri, da
identificare con un tratto della Sacra Via, in seguito pavimentata con massi
spianati di tufo legati da argilla. Alla metà del VI secolo a.C. compaiono lepri-
me associazioni tra strade e canali di drenaggio, come l'ampia via sulle pendici
settentrionali del Palatino sovrapposta a una fogna larga 0,40 e profonda 0,70
m, la cui copertura in blocchi integra la lastricatura stradale (fig. 2.6). Lembi
della viabilità urbana sono attestati in questo stesso periodo a Fidenae, dove
una carreggiata ampia s m è stata attribuita al tratto urbano della via Salaria,
e sull'acropoli di Satricum, con una strada glareata di accesso al santuario di
Mater Matuta. Questa, profondamente incassata nel banco tufaceo per la lun-
ga usura dei carri, riceve diversi interventi di ripristino tra il VI e l'inizio del v
secolo a.C., con imbrecciate di scapoli di tufo e crepidini in opera quadrata.
Strade delle città Anche in Etruria, già nel corso del VI secolo a.C., appaiono comuni i battuti
etrusche stradali delimitati da crepidini e talvolta associati a marciapiedi distinti, cana-
lette di scolo e impianti fognari, come ad esempio a Veio, ad Acquarossa (fig.
2.7 ), a Tarquinia, a Regisvilla e a Roselle. Nell'Etruria padana sono attestate
strade realizzate con consistenti massicciate di ciottoli fluviali, come a Bolo-
gna in età arcaica: una di queste, ampia s.s m, è fiancheggiata da canalette;
un'altra, larga 8 m, raggiunge i 12. m con i marciapiedi laterali. A Marzabotto,
agli inizi del v secolo a.C., gli assi principali della griglia ortogonale com-
prendono una fascia di s m per il traffico veicolare al centro e marciapiedi di
s m ai lati. Le strade sono acciottolate e delimitate da canalette costituite da
muretti paralleli, mentre pietre trasversali consentono l'attraversamento in
caso di pioggia (cap. 1, fig. 13). A Spina, in un contesto ambientale endolagu-
nare, le strade sono realizzate con un costipamento di legna, fascine, pietra-
me e ceramica e sono fiancheggiate da canalette di scolo.
Strade e sistema Nell'assetto canonico delle città romane, basato sulla griglia ortogonale di
fognario nelle città cardini e decumani, le strade principali, talvolta fiancheggiate da marciapie-
romane di, appaiono generalmente pavimentate con basoli, mentre le strade secon-
darie possono mantenere anche a lungo un più semplice piano stradale in
pietrisco o in terra battuta. Già al momento della costruzione delle strade è
132
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 26 Roma, pendici settentrionali del Palati no, lastricato riferito alla Sacra Via (VI
sec. a.C.)
FIGURA 27 Acquarossa, strada con selciato in masselli di tufo e crepidini in opera quadrata
(v1 sec. a.C.)
133
l'urbanistica: città e paesaggi
134
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 29 Pompei (Pompeiij, via della Fortuna, inghiottitoio di fogna aperto sulla strada
135
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 31 Palmira (Palmyra), vie colonnate (n-metà 111 sec. d.C.); sullo sfondo il santuario
di Bel (1-u sec. d.C.)
scia strade basolate e relativi condotti fognari vengono realizzati ancora nel
III-IV secolo d.C. Nell'area dell'Ortaglia la strada che circondava l'insula
è ripristinata in età tardoantica con un rialzamento di circa mezzo metro
136
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
4. l'approwigionamento idrico
137
L'urbanistica: città e paesaggi
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Pozzi pubblici Nelle città in cui la falda freatica offre la disponibilità di attingere diretta-
mente ai bacini sotterranei sono piuttosto frequenti i pozzi pubblici, che si
dislocano nei luoghi che meglio si prestano all'uso comunitario: presso i san-
tuari, nelle piazze e ai bordi delle strade, come quelli che si distribuiscono nu-
merosi nei pressi dell'agoni di Atene. I pozzi delle città greche possono avere
pareti nude, talvolta rinforzate da un rivestimento in legno, o rivestite di pie-
tre nelle quali spesso sono ricavati scalini o pedarole che consentono l'accesso
al fondo. Dalla seconda metà del v secolo a.C. inizia l 'uso di rivestire i pozzi
con cilindri di terracotta, più semplici e meno costosi da fabbricare, spostare
e installare. Le bocche in pietra o in terracotta assumono forma diversa, dalle
più semplici, simili all'imboccatura di grandi vasi, fino ai copripozzo in pie-
tra e ai puteali romani in marmo decorati a rilievo.
138
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 33 Corinto (Korinthos), fonte Peiréne superiore, monumentalizzata nel1v sec. a.C.;
pianta delle gallerie di drenaggio
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L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 34 Chiusi (C/evsi), cunicoli nel sottosuolo deLLa città in uso fin daLL'età etrusca
FIGURA 35 Ocriculum, fontana pubblica suLLa via Flaminia (prima età imperiale)
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3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
141
L'urbanistica: città e paesaggi
142
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
J C'6 .bS n1
143
l'urbanistica: città e paesaggi
144
). Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 40 Nimes (Colonia Augusta Nemausus), pianta del castel/um aquae (età augustea)
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L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 41 Althiburos. fontana con bacino di raccolta in prossimità del foro (età imperiale)
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3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
147
L'urbanistica: città e paesaggi
148
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
A partire dalla fine del III secolo d.C. e nel corso dei due secoli successivi si Destrutturazione
destruttura il sistema organizzato di smaltimento dei rifiuti e i sistemi fogna- del sistema
ri iniziano a saturarsi. Con una gradualità diversificata, non solo tra città e
città, ma anche nelle diverse aree all'interno dei singoli centri, si assiste alla
diffusione degli immondezzai urbani. Questi invadono le zone che erano sta-
te lasciate libere da costruzioni come quelle di rispetto che fiancheggiano le
mura, si diffondono all'interno dei quartieri abitativi, nei luoghi parzialmen-
te disabitati e infine in quelle che erano state le aree pubbliche e monumen-
tali. Il fenomeno è generalmente diffuso, dai centri iberici alle città dell'Italia
settentrionale a Roma stessa, dove nel v secolo d.C. in modo emblematico il
sistema fognario dell'anfiteatro Flavio si riempie di ceramica e ossa animali,
mentre i rifiuti invadono le aree pubbliche.
Alla necessità dell'igiene pubblica, che riguarda l'intera collettività, si affìan- Igiene personale
ca quella dell'igiene individuale. Se in alcuni contesti la risposta a tali esigen-
ze rimane maggiormente legata all'iniziativa dei singoli, spesso è la comunità
che, con interventi normativi o con la creazione di edifici deputati, se ne fa
direttamente carico.
In Grecia l'igiene personale è effettuata in ambiente domestico attraverso Bagni pubblici
abluzioni parziali o con bagni a immersione entro vasche apposite, mentre
nei ginnasi, dove è consuetudine fin dall'epoca arcaica concludere gli eser-
cizi fisici con lavacri, dal v secolo a.C. è predisposto un ambiente dotato
di vasche lungo le pareti. Da questo periodo bagni pubblici (balanéia), or-
ganizzati secondo uno schema simile, cominciano a diffondersi nelle città
della Grecia (Atene, Eleusi-Eleusfs, Delo) e in Occidente (Megara Iblea,
Elea, Marsiglia).
A partire dalla fine del III secolo a.C., su modello greco, l'uso dei bagni
pubblici inizia a diffondersi anche a Roma, segnando la graduale scom-
parsa del modesto ambiente (lavatrina) destinato all'igiene personale che,
nelle case private, si disponeva presso la cucina. Gli impianti termali si
articolano in circuiti che prevedono il passaggio da ambienti riscaldati,
prima con bracieri e poi con il sistema a ipocausto (che consisteva nel far
circolare sotto i pavimenti e nelle pareti aria calda proveniente da un for-
no-praefurnium), ad ambienti freddi, disposti secondo un percorso assiale:
dall'apodytérium (vestibolo) si raggiunge il caldarium, con vasche di ac-
qua calda e talvolta affiancato da un laconicum per favorire la sudorazione,
si entra nel tepidarium, ambiente di passaggio moderatamente riscaldato
e destinato alle unzioni e ai massaggi, per completare il trattamento con
un bagno freddo nelfrigidarium. Dall'età imperiale, nei grandi comples-
si termali pubblici si riscontra una rigorosa simmetria bilaterale che vede
gli ambienti principali (caldarium, tepidarium e frigidarium) distribuiti in
successione lungo l'asse mediano, mentre apodytéria, palestre, biblioteche
e altri vani accessori, duplicati, si distribuiscono ai lati del corpo centrale,
creando due circuiti anulari.
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L'urbanistica: città e paesaggi
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Latrine Gli edifici termali, anche quelli più modesti, offrono inoltre alla maggior
parte dei cittadini, sprovvisti di servizi privati domestici, la possibilità di
espletare le funzioni fisiologiche con le latrine iforicae) annesse agli impianti.
Gli ambienti che le ospitano, perlopiù a pianta quadrangolare o semicircola-
re, prevedono un lavabo o una fontanella per effettuare abluzioni e, lungo le
pareti, un canale di acqua corrente sopra il quale è impostato un sedile con-
tinuo in pietra o in muratura con aperture circolari; l'acqua corrente sotto i
sedili confluisce poi nella fogna più vicina.
Le latrine annesse alle terme affiancano quelle che si affacciano sulle vie par-
ticolarmente frequentate, come le due che si dispongono alle spalle dell'area
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3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
sacra di largo Argentina a Roma (fig. 43), e quelle nelle immediate vicinanze
delle piazze, come la latrina all'angolo sud-occidentale dell' agord del Cerami-
co e quella immediatamente esterna all' agord romana ad Atene; sono a servi-
zio dei numerosi frequentatori del foro le latrine di Bolsena ( Volsinii) e Min-
turno (Minturnae) in Italia, di Filippi (Philippoi) in Macedonia, di Khamissa
( Thubursicum Numidarum ), Timgad e Ippona (Hippo Regius) in Algeria, di
Bulla Regia in Tunisia. A Ostia l'area del foro e delle contigue terme appare
dotata di più servizi che si aggiungono nel corso del tempo: una latrina si apre
tra il piazzale delle terme e il cardine massimo, una seconda è ricavata nel IV
secolo d.C. nello spazio di due tabernae, su via della Forica, davanti all' ingres-
so nord delle terme (fig. 44), e una terza infine, realizzata tra il IV e il v secolo
d.C., si affaccia sul cardine massimo, recuperando lo spazio di risulta alle spal-
le di un ninfeo. In linea generale, tuttavia, la dislocazione all'interno degli
edifici termali è preponderante: a Ostia, su una decina di latrine pubbliche di
grandi dimensioni, sei appartengono a complessi termali; a Timgad ci sono
addirittura undici latrine pubbliche per dodici impianti termali.
Le terme pubbliche si diffondono in tutte le città dell'impero come segno le terme
di urbanitas, e nelle forme più elaborate delle terme imperiali caratterizzano nel contesto urbano
i grandi centri, da Cartagine con le terme di Antonino, che occupano sei
151
L'urbanistica: città e paesaggi
isolati nel settore nord-est della città lungo la riva marina, a Leptis Magna
con le terme di Adriano, a Treviri con le terme di Santa Barbara, ali' ingresso
della città presso il ponte sulla Mosella, e quelle di Costantino all'estremità
opposta della città.
All'interno del tessuto urbano le terme si dislocano in funzione delle neces-
sità di specifici settori, disponendosi solitamente, come ben documenta il
caso di Pompei, nei pressi del foro (terme del foro), sulle arterie principali
(terme stabiane e terme centrali agli incroci tra il decumano inferiore e il de-
cumano superiore con il cardine massimo), presso le porte (terme suburba-
ne, all'esterno di porta Marina). A Ostia i tre grandi complessi termali pub-
blici, realizzati tra l'età di Traiano e quella di Antonino Pio, si collocano ai
due estremi opposti e al centro della città: le terme di porta Marina, esterne
alle mura, sono a servizio degli abitanti dei quartieri occidentali e della fa-
scia costiera; le terme di Nettuno, affacciate sul decumano massimo, a bre-
ve distanza da porta Romana, accolgono gli abitanti dei quartieri orientali,
mentre le terme del foro, più grandi e per posizione le più rappresentative
della città, servono i quartieri centrali e i numerosi frequentatori della piaz-
za pubblica.
Il carattere primario che il servizio offerto dalle terme riveste nella vita quo-
tidiana è confermato dall'impegno degli imperatori nella costruzione dei
grandi impianti della capitale: non a caso le terme di Caracalla e quelle di
Diocleziano, le più grandi di Roma, sono edificate a servizio dei quartieri a
edilizia intensiva che si sviluppano rispettivamente a est dell'Aventino e all'e-
stremità di Quirinale, Viminale ed Esquilino. Più piccole e raffinate, le terme
surane e deciane sull'Aventino e quelle di Costantino nella parte sud-ovest
del Quirinale servono invece quartieri più aristocratici.
Le terme pubbliche sono affiancate da più modesti impianti gestiti da pri-
vati per le necessità dei singoli quartieri o di specifiche corporazioni; anco-
ra una volta Ostia offre un quadro abbastanza completo della distribuzione
di tali stabilimenti: solo nella parte indagata ne sono noti almeno undici,
distribuiti nelle diverse aree e particolarmente concentrati nei settori più
popolosi. A Roma, alla metà del IV secolo d.C., i Cataloghi regionari se-
gnalano, oltre alla presenza di ben undici grandi stabilimenti termali, 856
balnea.
Declino Il restauro e la costruzione di nuove terme continua sino alla fine del IV se-
dei complessi colo d.C., per divenire successivamente un fenomeno sempre più episodico,
termali che perdura fino all'alto medioevo con complessi di dimensioni più ridotte
e legati a gruppi sociali privilegiati, tra cui le più alte aristocrazie e la Chiesa,
o a finalità assistenziali. Le difficoltà legate al rifornimento idrico quando gli
acquedotti cominciano ad andare fuori uso, l'elevato costo del combustibile
e il declino demografico delle grandi città determinano infine l'abbandono
di molti complessi, che diventano spesso sede di abitazioni private o di atti-
vità artigianali.
152
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
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L'urbanistica: città e paesaggi
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3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
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l'urbanistica: città e paesaggi
rettangolare ma presto, a partire già dal VI secolo a.C., uno dei lati corti as-
sume un andamento curvilineo; oltre alle funzioni, li distinguono dai circhi
la lunghezza ridotta e l'assenza di sistemazioni interne. Inizialmente privi di
installazioni permanenti per gli spettatori, subiscono una progressiva strut·
turazione con tratti di gradinate in pietra a partire dali'età ellenistica, come a
Epidauro (Epidauros) e Delo, per monumentalizzarsi completamente nel I e
nel n secolo d.C.: quello di D elfi (Delphoi) è dotato di sedili in pietra solo tra
il166 e il177 d.C. Lo sviluppo architettonico dello stadio è ben documentato
nelle città dell'Asia Minore, dove può presentarsi con un solo emiciclo, come
a Perge, Efeso, A izanoi e Aspendos, o a doppio emiciclo, come a Njsa, Laodi-
cea (Laodikeia) al Lico e Afrodisia.
Strutture Gli edifici ludici possono essere inseriti nel contesto cittadino secondo liberi
per spettacolo criteri di opportunità: non vi sono regole seguite in senso assoluto, tuttavia è
nel contesto urbano possibile cogliere tendenze generali a seconda del prevalere di aspetti tecnici,
pratici, urbanistici, scenografici e ideologici, e soprattutto dell'intreccio di
tutti questi fattori, il cui peso varia a seconda del periodo, delle situazioni,
delle tradizioni e delle necessità contingenti. In molte città sono presenti te·
156
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 47 Arles (Colonia lulia Areiate Sextanorum), pianta della città romana
157
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 48 Carsulae, foto aerea con i principali edifici della città romana
sono inseriti nella griglia urbana, occupando isolati contigui (cap. 1, fig. 37).
A Carsulae, i due edifici, realizzati a distanza di alcuni decenni nella prima
età imperiale, sono il risultato di un progetto unitario volto alla creazione di
un'area Iudica nel centro monumentale della città, a poca distanza dal foro
e accessibile mediante un diverticolo del tratto urbano della via Flaminia
(fig. 48).
Rapporto tra edifici Una particolare attenzione è rivolta al rapporto tra edifici per spettaco·
per spettacolo lo e rete viaria: si tratta infatti dei luoghi più frequentati della città che
e rete viaria pongono il problema di agevolare l'afflusso e il deflusso di migliaia di
persone provenienti sia dalla città sia dal territorio circostante. Gli edifici
extraurbani sono dunque frequentemente realizzati in prossimità o a di·
retto contatto con importanti vie di comunicazione, spesso vie consolari:
a Fondi, Formia, Minturno, Sinuessa e Santa Maria Capua Vetere (Capua),
ad esempio, gli anfiteatri sono serviti dalla via Appia, mentre a Bologna,
Imola e Parma dall'Aemilia. Talvolta l'accesso all'edificio per spettacolo è
garantito dalla sua vicinanza a più assi viari: a Milano, ad esempio, il circo
158
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
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159
L'urbanistica: città e paesaggi
è inserito tra le strade che entrano in città attraverso porta Ticinensis e por-
ta Vercellina. La vicinanza degli edifici a corsi d'acqua navigabili, come a
Padova o Aquileia, fornisce loro un'ulteriore possibilità di accesso, mentre
quelli collocati presso il litorale, come a Pola (Pietas ]ulia Pola), Trieste
(Tergeste), Rimini, Ancona, Albenga (Albingaunum) e Pozzuoli (Puteoli),
di forte impatto visivo per chi si accosta alla città dal mare, possono essere
agevolmente raggiunti dall'area portuale. Gli edifici per spettacolo costru-
iti invece all'interno della città possono essere inseriti nella maglia delle
strade che si raccordano alla viabilità principale, possono disporsi diret-
tamente lungo gli assi più importanti, come a Ostia, a Brescia e a Rimini,
o nelle vicinanze del foro (Augusta Bagiennorum: fig. 49, Rimini, Terra-
cina, Tuscolo-Tusculum, Minturno). Talvolta strade urbane di notevole
importanza si concludono proprio in corrispondenza di teatri e anfiteatri
e appaiono perciò specificamente dedicate alloro servizio: ad Augusta Ba-
giennorum, Libarna, Grumentum e Ventimiglia (Albintimilium) le strade
terminano addirittura in corrispondenza degli ingressi. Molti edifici, per
favorire l'accesso del pubblico sia dall'area urbana sia dal suburbio, sono
realizzati a ridosso o a cavaliere delle mura in prossimità di porte e postier-
le, come avviene ad esempio per gli anfiteatri di Ordona (Herdonia: fig.
so), Teano (Teanum Sidicinum) e Treviri (cap. 2., fig. 2.5), o per i teatri di
Peltuinum (fig. SI) e Ventimiglia. Nel teatro di Saepinum (fig. 52.), come
nell'anfiteatro di Alba Fucens (cap. I, fig. 32.), l'aderenza alle mura consente
di aprire direttamente su queste un accesso agli edifici.
Edifici ludici e ruolo L'inserimento delle strutture per spettacolo nel contesto urbano non ri-
di rappresentanza sponde solo a esigenze funzionali ma anche di rappresentanza, soprattutto
da quando, tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., teatro e anfiteatro si dif-
fondono come simbolo di urbanitas e di raggiunta maturità sociale, econo-
mica e politica dei centri urbani. Accogliendo cicli statuari della famiglia
imperiale, spesso nelle nicchie della frontescena, i teatri divengono uno
dei luoghi del consenso e della propaganda politica. Dalla prima età impe-
riale, inoltre, gli edifici, in particolare il teatro, assumono nuove funzioni
nell'ambito della vita cittadina, divenendo meta di processioni civiche e
religiose o sede di feste pubbliche e di riunioni assembleari amministrative.
Tali motivi inducono a far partecipare questi edifici a una sequenza monu-
mentale dominante, costituita, quando possibile, dall'associazione con il
foro. Ad Arles foro e teatro, realizzati nella prima età augustea a una cer-
ta distanza l'uno dall'altro, sono direttamente collegati dal decumanus che,
posto sull'asse mediano della piazza, sfocia in corrispondenza dell'ingresso
settentrionale del teatro.
Strutture In epoca tardoantica i giochi negli anfiteatri e le corse nei circhi sono molto
per spettacolo popolari presso tutti gli strati della popolazione e le autorità investono som-
in epoca tardoantica me ingenti nell'apprestare intrattenimenti necessari a incanalare il consenso
sociale: il successo politico dipende in modo determinante dall'appoggio
160
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
161
L'urbanistica: città e paesaggi
delle fazioni del circo, la cui animosità si risolve in tumulti attestati ancora
nel VI secolo d.C. a Roma, Ravenna e Costantinopoli. A causa dell'opposi-
zione cristiana, delle trasformazioni sociali e soprattutto delle difficoltà eco-
nomiche si assiste alla progressiva cessazione delle rappresentazioni teatrali,
dei combattimenti gladiatori, degli spettacoli di caccia agli animali selvatici
e delle corse circensi e cadono così progressivamente in disuso anche gli edi-
fici che ospitavano quelle manifestazioni, in tempi differenziati da centro a
centro. In linea generale l'abbandono e il degrado di tali edifici iniziano a
partire dalla fine del m e nel corso del IV secolo d.C., per quanto nei grandi
centri il loro uso si protragga fino al v e al VI secolo d.C., anche con atti-
vità di manutenzione e salvaguardia. La defunzionalizzazione determina
spesso l'abbandono, il degrado e la spoliazione, ma altre volte nuove funzio-
ni, come il riuso a scopo militare e difensivo, abitativo, funerario, sacrale o
produttivo, pur senza alcuna relazione con il significato originario, segnano
l'avvio di una nuova fase di vita delle strutture in seno alla città tardoamica
e altomedievale.
7. l quartieri abitativi
Tra le funzioni essenziali che la comunità deve organizzare nella struttura ur-
bana rientra l'assegnazione di spazi adibiti alla dimora privata, come diritto a
una parte dello spazio comune della città. Nella pianificazione urbanistica lo
spazio riservato a ogni unità abitativa all'interno degli isolati è inizialmente
definito a priori, ma le modifiche che intervengono nel corso del tempo, con
differenziazioni, cambiamenti d'uso e ampliamenti, rendono conto dell'ade-
guamento delle aree abitative ai mutamenti economici e sociali della comu-
nità cittadina.
Isolati abitativi Già dalle prime esperienze coloniali degli ultimi decenni dell'vm secolo
nelle città greche a.C. sono presenti i segni di una rigorosa pianificazione dello spazio abita-
tivo, che si articola generalmente in lunghi isolati, definiti dai tracciati viari
e divisi lungo l'asse maggiore da un vicolo di passaggio. All'interno sonori-
cavate file di lotti, gli oikOpeda, entro cui ciascun cittadino realizza la propria
abitazione, come è possibile riscontrare a Siracusa, Naxos o Megara Iblea.
Qui, all'interno degli isolati, la cellula base coincide con un lotto di I I x I I m
o 9,70 x I2,50, all'interno del quale l'abitazione è costituita da un ambiente
unico e polifunzionale ampio da 4,5 x 4,5 a s x s m (fig. 53). Nel corso del
secolo successivo, gli spazi liberi intorno alla casa sono occupati da nuovi
vani, cosicché la struttura dell'isolato appare più densamente edificata, men·
tre presso il settore dell'agoni si sviluppano abitazioni più importanti, nate
dall'accorpamento di più lotti (fig. 54).
La pianificazione di interi quartieri abitativi mostra talvolta le tracce di un
vincolo collettivo nella definizione del piano edilizio generale. A Selinunte
i lotti della ripartizione urbanistica mostrano estensioni complessive di 12
162
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 53 Megara lblea (Mégara Hyblaéa), schema dei lotti del quartiere dell' agorti (fine
vn1 sec. a.C.)
i
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21.3
l-·-.- 21,3
a b c d
163
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 55 Olinto (6/ynthos), pianta di un isolato (B VI) nella città nord (seconda metà
v-prima metà IV sec. a.C.)
164
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
165
L'urbanistica: città e paesaggi
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lnsula VI lnsula
166
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
z{==
167
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 58 Volubilis. quartiere nord-orientale lungo il decumano massimo (11 sec. d.C.)
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168
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
169
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 60 Pisa (Pisoe), piazza dei Miracoli, le domus in corso di scavo (t sec. a.C.-v
sec. d.C.)
Edilizia residenziale Nel IV secolo d.C. l'aristocrazia senatoria, libera dal controllo diretto del
in epoca tardoantica potere imperiale che ormai ha disertato Roma e ampiamente sostenuta da
privilegi economici, investe in un'edilizia residenziale estremamente fastosa.
Ne rappresenta un esempio la domus che si sviluppa sulla copertura a terrazza
delle Sette Sale, la cisterna delle terme di Traiano, e che appare caratterizzata
da una successione di sale di rappresentanza dalla complessa architettura che
alterna pareti rettilinee e curvilinee, absidi e volte, secondo il gusto delle ric-
che residenze tardoantiche, alcune delle quali sono ricordate per tutto il IV
secolo d.C. e per gli inizi di quello successivo da Ammiano Marcellino e da
Olimpiodoro di Tebe.
Ricche domus, dotate di peristili, impianti termali e aule absidate, sorgono
nel IV e nel v secolo d.C. anche in altre città dell'impero e con un fasto par-
ticolarmente evidente nella parte orientale.
A Roma tra il v e il VI secolo d.C. il paesaggio caratterizzato dalle lussuo-
se domus si deteriora progressivamente tra abbandoni, continuità, recuperi
170
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
I fumi, il rischio di incendi, il cattivo odore, lo smaltimento degli scarti di la- Attività produttive
vorazione, la vicinanza alle materie prime giustificano la tradizionale disloca- in rapporto ai centri
zione delle attività artigianali in periferia, presso le porte o subito all'esterno urbani
dei centri abitati, soprattutto per quelle produzioni più consistenti rivolte
al mercato esterno. Ad Atene, ad esempio, i vasai, che avevano occupato a
lungo l'area della futura agord classica, a partire dali' epoca arcaica sono ormai
dislocati presso la porta del Dipylon, tanto da determinare il nome stesso del
quartiere e della vicina necropoli, il Ceramico. Il decentramento delle offi-
cine ceramiche e delle attività di fonditori e fabbri presso le mura e le porte
rappresenta un tratto ricorrente delle città greche (Corinto, Locri Epizefiri,
Taranto, Metaponto) e delle città antiche in genere, per quanto lontane nello
spazio e nel tempo: nel centro punico di Mozia vasai, metallurghi, conciatori
di pelli e tintori si concentrano principalmente nel settore nord della città;
in Etruria, a Populonia, l'attività siderurgica si svolge in un quartiere indu-
striale subito esterno alle mura; nella Padania romana la maggior parte dei
centri sulla via Aemilia, da Forlì a Piacenza, accoglie complessi produttivi
nella fascia periurbana; nelle province romane, infine, da Mérida a Cordova,
a Lione, a Treviri (cap. 1, fig. 4od), i quartieri artigianali e produttivi si rag-
gruppano in aree dislocate alla periferia delle città.
Le attività artigianali destinate a un mercato essenzialmente urbano e che
vendono direttamente i propri prodotti alla ridotta clientela cittadina, al pari
delle altre attività commerciali, sono invece attratte dai luoghi più frequen-
tati e tendono a installarsi lungo le arterie principali. Nell'Etruria padana,
a Marzabotto, le strutture abitative coniugano frequentemente la funzione
residenziale con quella produttiva, indipendentemente dalla posizione topo-
grafica, anche se appare rilevabile una certa concentrazione lungo la pldteia
A (cap. 1, fig. 13). In Grecia un complesso tardoarcaico di portici (stodi) con
botteghe si sviluppa in prossimità dell' agord di Corinto, sulla strada per il
porto del Lecheo; in Sicilia, infine, un lungo isolato a botteghe fiancheggia
il lato orientale dell' agord di Selinunte. Tale invasione, lesiva della "dignità"
degli spazi scelti come sedi rappresentative dei valori politici e religiosi della
L'urbanistica: città e paesaggi
172
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
173
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 62 Perge, pianta del mercato e della porta Sud (11 sec. d.C.)
O 10 20 lO '0 50m. t
Fonte: De Ruyt (1983).
all'incendio dell'anno precedente, Livio (Storia di Roma XXVII, II, I6) ricorda
il macellum, ovvero il mercato alimentare. È possibile che il nuovo termine,
sulla cui origine greca, latina o punica sono state avanzate differenti ipotesi,
accompagni l'introduzione di un nuovo tipo di edificio che, in modo simile
alle agordi commerciali ellenistiche, si compone di un cortile quadrangolare
circondato da portici e botteghe. Dopo le più antiche attestazioni a Roma, in
Sicilia (Morgantina) e in vari centri italici (ad esempio Pompei, Alba Fucens,
Ostia e Brindisi-Brundisium), i macella accompagnano con sempre maggio-
re frequenza il rinnovamento urbanistico che caratterizza i municipi d'Italia
dopo la guerra sociale e successivamente il fervore edilizio della prima età
imperiale. Da questo momento si diffondono anche nelle province (fìg. 6l)
174
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 63 Thuburbo Maius, pianta del foro con il macellum Ae gli ambienti annessi Be C
(seconda metà n-inizi 111 sec. d.C.)
0============~40_m
175
l'urbanistica: città e paesaggi
176
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 64 Ostia, via dei Balconi, fila di botteghe aperte sulla strada (prima metà 11 sec. d.C.)
FIGURA 65 Ostia, le botteghe sul cortile del caseggiato del Larario (prima metà 11 sec. d.C.)
178
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
179
l'urbanistica: città e paesaggi
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A H J
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TRASTEVER.E OSTIENSE
c o
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\.:.':.:..:.:.. . .. . ..
Legenda: a= cd. Magazzini repubblicani; b = antoniniani (età antonina); c= del Sebazeo (età traianeo-
adrianea); d= di Hortensius (età giulio-claudia); e = dell'Artemide (età traianeo-adrianea; f = v l, 2
(età giulio-claudia); g = 1 Xlii, 1 (età traianeo-adrianea); h= IV v, 12 (età giulio-claudia); i= 111 Il, 6 (età
traianeo-adrianea); l= 111 XVII,l (età traianeo-adrianea); m= 111 (età traianeo-adrianea); n= 111 xx. 2 (età
giulio-claudia); o= 1 xx, 1 (età traianeo-adrianea); p= dei Mensores (età traianeo-adrianea); q= Epa-
gathiana (età antonina); r= 1 VIli, 2 (età traianeo-adrianea); s =Piccolo mercato (età traianeo-adrianea);
t= caseggiato dei Misuratori del grano (età traianeo-adrianea); u = Grandi horrea (età giulio-claudia,
antonina e severiana).
Fonte: Pellegrino (2011 ).
anche, per gli ultimi secoli dell'impero, le nuove capitali Sirmio (Sirmium),
Treviri e Milano, dove si dispongono preferenzialmente in prossimità di
grandi arterie viarie o di vie fluviali. A Milano, ad esempio, edifici di imma-
gazzinamento si distribuiscono in prossimità di una via navigabile e lungo
la strada che attraverso il passo Spluga conduce alle regioni dell'alto Reno e
dell'alto Danubio. Funzionano da centri di raccolta con ampi magazzini an-
che i punti di passaggio tra diversi sistemi di trasporto, da quello marittimo
a quello fluviale o a quello terrestre, come Pdtara e Andriaké sulle coste della
Licia, Aquileia in Cisalpina, dove gli horrea si dislocano lungo il porto flu-
viale, e, soprattutto, Ostia. Con la sua funzione di importante centro com-
merciale, la città alla foce del Tevere ce ne offre l'esempio più articolato. Tra
i magazzini, realizzati tra la prima e la media età imperiale, si distinguono
quelli di grandi dimensioni, adibiti alla conservazione delle scorte alimen-
tari da inviare a Roma, e i depositi minori per il consumo locale (fig. 66). I
primi si dispongono prevalentemente nella parte settentrionale della città,
prossima al porto fluviale lungo il Tevere, per favorire il carico e lo scarico
delle merci; in particolare, il gruppo dei magazzini a nord del foro sono im-
180
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
Le necessità della vita sociale non si concludono con la vita stessa, ma anche
la morte richiede che la comunità trovi forme e soluzioni che rispondano da
un lato alla gestione degli spazi fisici, dall'altro alle concezioni relative all' ol-
tretomba e alle esigenze della memoria.
Nel mondo greco, con la formazione della polis, che avviene in modi e Formazione
tempi diversi, inizia in genere a delinearsi una divisione tra spazi dei vivi della p6/is ad Atene:
e spazi dei morti. Ad Atene le necropoli all'interno dell'area dell'insedia- spazio dei vivi
mento, in uso fin dall'età submicenea, sono progressivamente abbandona- e spazio dei morti
te a partire dalla fine dell'viii secolo a.C., mentre le nuove aree sepolcrali
esterne sono recintate per sottolineare ulteriormente la distinzione dello
spazio dei vivi da quello dei defunti. Con il VII secolo a.C. scompaiono
così le sepolture dall'area che diventerà l' agord nel corso del VI secolo a.C.,
mentre si specializza a uso necropolare l'area più occidentale: la necropoli,
denominata del Ceramico per la vicinanza delle officine artigianali, pre-
senta un'organizzazione progressivamente più ordinata delle tombe, orien-
tate secondo gli assi delle strade che l'attraversano e non più raggruppate
solo in base ai legami familiari. Nel corso del v secolo a.C. le necropoli si
distribuiscono in corrispondenza di tutte le porte della città: a sud la ne-
cropoli del Falero, con le tombe aggregate in gruppi, ciascuno caratterizza-
to da aspetti particolari del rituale funerario; a nord-est un'area sepolcrale
con sepolture a nuclei corrispondenti a gruppi familiari spesso racchiuse
da recinti; a nord-ovest la necropoli del Ceramico, che si sviluppa tra la
strada per il Pireo e quella per Eleusi e risulta suddivisa in tre settori, con
un'articolazione in terrazze. Gli spazi appaiono organizzati con precisio-
ne, con monumenti funerari a tumulo, recinti e stele orientati secondo gli
assi viari principali e quelli secondari interni alla necropoli. Stele, edico-
le, loutrophoroi (vasi per l'acqua lustrale, utilizzati anche nelle cerimonie
181
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 67 Populonia (Pupluna), necropoli delle Grotte, tombe a camera scavate sul
fronte di cava (fine IV-metà 11 sec. a.C.)
184
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 6g Aquileia, sepolcreto della cosiddetta via Annia (fine r-m sec. d.C.)
185
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 70 Luni (Luna), area per l'incinerazione (ustrinum) nella necropoli occidentale (l-n
sec. d.C.)
186
3. Organizzare gli spazi pubblici e privati
FIGURA 72 Palmira (Palmyra), Valle delle tombe con numerosi esempi di tombe a torre, in
uso tra 1 e 111 sec. d.C.
187
L'urbanistica: città e paesaggi
polture isolate o a piccoli gruppi non riferite a edifici di culto, letta talvolta
come indicatore del degrado di certe zone della città, può costituire piutto-
sto l'attestazione di una certa vitalità insediativa. A Roma è stato possibile
documentare l'ampia diffusione delle sepolture che si dislocano ovunque
all'interno delle Mura aureliane, occupando ogni genere di spazi e di edifici
disponibili: l'interno di complessi monumentali in utilizzati, come i portici
del teatro di Pompeo, la Crypta Balbi, il Foro della Pace, i grandi complessi
termali; le piazze e le strade ancora frequentate; gli edifici abitativi abbando-
nati; le vicinanze o l'interno stesso delle chiese. Venendo meno l'antica pre-
scrizione che vietava di seppellire in area urbana, si crea dunque quella stretta
relazione tra l'abitato e le aree sepolcrali che con modalità diverse perdurerà
fino all'età moderna.
Riferimenti bibliografici
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POLIS, LIVADIOTTI, ROCCO (wo7); HELLMANN (ww); DUBBINI (wu); GIAN-
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(z.ou). Sul complesso dei Fori imperiali di Roma: UNGARO (2.007 ). Sui fori di Luni:
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NE (1994); HELLMANN (wo6); LIPPOLIS, LIVADIOTTI, ROCCO (wo7 ). In Etruria,
per Veio, Cerveteri e Vulci: MORETTI SGUBINI (w01b). Per Tarquinia: MORETTI
SGUBINI (2.001a); BONGHI ]OVINO (z.oo8). Per Volterra: BONAMICI (wo3). Per
Marzabotto: LIPPOLIS (z.oos); SASSATELLI, GOVI (z.oosb). Per le aree sacre urbane
nel mondo punico: BONDÌ et al. (wo9). In particolare per Mozia: NIGRO (z.oo9).
Per la Sardegna e Nora: BONNET, GARBATI (wo9); OGGIANO (wo9). Per il tofer
di Althiburos: FABIANI (2.007 ); KALLALA et al. (in corso di stampa). Per i santuari
nel mondo romano: COARELLI (1987); D'ALESSIO (wiO, lOII); GROS, TORELLI
(ww); BEJOR et al. (z.ou). In particolare per Populonia: MANACORDA (ww). Per
Baalbek: VAN ESS (1998). Per l'età tardoantica e lo sviluppo topografìco della città
cristiana: BROGIOLO (z.ou).
Per la viabilità e le fognature nel mondo greco e coloniale: SCONFIENZA (1996);
ANGELAKIS, KOUTSOYIANNIS, TCHOBANOGLOUS (wos); MERTENS (z.oo6);
HELLMANN (z.ow ); http:/ /www.argilos.org. Per un quadro d'insieme sulle strade
urbane in Italia in epoca arcaica: Q_UILICI ( 1999 ). Per Roma in epoca arcaica: CIFA-
NI (z.oo8). In particolare per la Sacra Via: CARANDINI, CARAFA (z.ooo ). Per le stra-
de nella valle del Colosseo: PA NELLA (1990 ); ZEGGIO (z.oos). Sui sistemi fognari di
188
3- Organizzare gli spazi pubblici e privati
epoca romana: RIERA (1994). Per il caso di Nora: BONETTO (z.oo3b). Per Trento:
BASSI (1997 ). Sulle vie colonnate: BEJOR (1999 ). Per esempi di strade urbane e fogne
in età tardoantica: GELI CHI (z.ooo ).
Sui sistemi di approvvigionamento idrico nel mondo classico: TOLLE-KASTENBEIN
(1993); MALACRINO (2.010). Per la Grecia: ARVANITIS (z.oo8); HELLMANN (2.010).
In particolare per Corinto: LANDON (2.003); ROBINSON (z.ou). Sul sistema idrau-
lico di Chiusi: BORGHI (z.ooz.). Per la tecnologia e i sistemi idraulici dell'Italia ro-
mana: RIERA (1994); LOMBARDI (2.009 ). In particolare per le cisterne di Amelia:
MARALDI (1997). Per le cisterne di Fermo: POLVERINI et al. (1987). Per l'età tardo-
antica e alcomedievale: BROGIOLO (z.ou).
Sul sistema di smaltimento dei rifiuti urbani: DUPRÉ RAVENT6s, REMO LÀ (z.ooo ).
Per un esempio di discarica a Roma: FILIPPI (z.oo8). Sugli impianti termali e sulle
latrine di età greca e romana: PASQUINUCCI (1987); NEUDECKER (1994); DE LAI-
NE,JOHNSTON (1999); GROS (2.001); HELLMANN (2.010); MALACRINO (2.010). Per
Ostia: PAVOLINI (1991); MEDRI, DI COLA (2.013); www.ostia-antica.org/dict.htm.
Per le terme in età tardoantica e altomedievale: BROGIOLO (z.ou).
Per un catalogo dei teatri greci e romani: CIANCIO ROSSETTO, PISANI SARTORIO
(1994-96, z.ooz.). Per i teatri greci in Sicilia: D 'ANDRIA (z.oos). Per un catalogo de-
gli edifici per spettacolo nell'Italia romana: TOSI (2003, I). Sulla loro collocazio-
ne topografica: BEJOR (1979); GIUSBERTI (1986); FRÉZOULS (1990); BONETTO
(z.oo3a); NARDELLI (z.oo3). In particolare per l'Italia settentrionale: CAPOFERRI
CENCETTI (1994); BASSO (2.004). Per la Cisalpina e le Gallie: MAGGI (1994). Per
le province in genere: GROS, TORELLI (2.010); BEJOR et al. (z.ou). Per le trasforma-
zioni dall'età tardoantica a quella moderna: BROGIOLO (z.ou); KURODA (z.oo8).
Per la struttura dei quartieri abitativi delle colonie greche di Occidente: GRAS,
TRÉZINY (1999 ); MERTENS (z.oo6); LIPPOLIS, LIVADIOTTI, ROCCO (2.007 ); HEL-
LMANN (2.010). Per Olinto: CAHILL (z.ooz.); http:/ /www.stoa.orglolynthus. Per
l'area etrusca e in particolare per Marzabotto: BARTOLONI (2.012.). Per un quadro
generale sugli spazi abitativi nell'urbanistica romana e per i casi provinciali di ltalica,
Vo/ubilis e Timgad: ZACCARIA RUGGIU (1995); GROS, TORELLI (2.010 ). Per Roma:
WALLACE-HADRILL (2.010); VOLPE (z.ooob). Sulla Forma Urbis ZAPPELLONI PA-
VIA (z.oo9). Per un'ampia casistica dell'edilizia abitativa nelle città della Cisalpina:
ANNIBALETTO, GHEDINI (2.009). In particolare per Padova: ROSSIGNOLI, RUTA
SERAFINI (2.009). Per Aquileia: NOVELLO (2.009). Per Ventimiglia: CONTI, DE
BERNARDI, MARTINO (2.009 ). Per Brescia: MORANDINI (2.009 ). Per Trento: BASSI
(2.009 ). Sul quartiere residenziale della piazza dei Miracoli a Pisa: ALBERTI, PARIBE-
NI (z.ou); FABIANI, GHIZZANI MARCÌA, GUA LANDI (2.013). Sulla destrutturazione
delle domus in epoca tardoantica: GUIDOBALDI (1986); MENEGHINI, SANTANGELI
VALENZANI (2.004); BROGIOLO (z.ou).
Per un quadro generale su botteghe ed artigiani nel mondo antico: BEJIOR et al.
(2.012.). Per la distribuzione dell'artigianato e del commercio nelle città greche: HEL-
LMANN (2.010, pp. u8-38). Per gli impianti artigianali ceramici ad Atene e in At-
189
L'urbanistica: città e paesaggi
190
4
Organizzare il territorio
e Le sue risorse
1. Il suburbio
Uno dei temi più dibattuti nello studio della città antica è rappresentato dalla Uno spazio
determinazione dei suoi limiti, ovvero dove questa avesse termine. La que- intermedio tra città
stione non è di facile definizione in considerazione del fatto che tali limiti, da e campagna
quelli stabiliti su base giuridica e religiosa a quelli imposti da barriere fisiche
come le mura urbiche o da elementi del paesaggio naturale, variano per i sin-
goli centri e all'interno di questi nel corso del tempo. È proprio nell'ambito
dell'individuazione dei confini della città e dell'indagine del suo rapporto
con il territorio che la circonda che si pone il problema delle cosiddette aree
suburbane, ovvero di quelle aree che circondano da vicino il centro urbano,
sfuggenti a una netta definizione, risultando variabili nel tempo e nello spa-
zio. Si tratta di spazi intermedi di transizione graduale tra città e campagna,
in cui coesistono differenti tipi di realtà antropiche e dove si generano mo-
delli di produzione e tipologie architettoniche peculiari.
Il termine latino suburbium deriva dalla locuzione sub urbe, che fa riferimen- Il termine
to a un'area disposta nelle vicinanze di Roma, il suburbio per eccellenza. A suburbium
partire dalla tarda età repubblicana, infatti, nelle fonti letterarie il termine e
gli altri che condividono la stessa radice, come ad esempio suburbanus, sono
impiegati in relazione alle proprietà rurali e alle ville aristocratiche prossime
alla capitale, ovvero a non più di un giorno di viaggio da questa. Dallo studio
del suburbio romano, per il quale era disponibile una consistente mole di in-
formazioni scritte, gli studiosi hanno progressivamente ampliato le indagini
alle aree periferiche di altri centri urbani, basandosi su dati di tipo prevalen-
temente archeologico. Il termine suburbio è così ormai utilizzato per indi-
care anche le aree periurbane delle altre città romane o romanizzate, italiche
e provinciali, così come delle città preromane e di quelle greche, per quanto
dotate di loro specifiche caratteristiche.
Prodstion è il termine che in greco indica il terreno che si stende davanti (pro) Proastion, l'area
alla città (dstu). Le fonti letterarie lo presentano spesso come uno spazio ar- prossima alle città
ticolato dove, oltre ad appezzamenti di terreno coltivato con abitazioni colo- greche: Atene
niche, sono presenti necropoli, edifici sacri, templi e sobborghi. È opportuno
191
l'urbanistica: città e paesaggi
del resto ricordare che ad Atene, ad esempio, gli abitanti risiedevano in gran
parte nei prodstia per recarsi in città e in particolare nell' agord per le sue fun-
zioni di mercato e di luogo di incontro politico.
Nelle periferie si dislocano le necropoli e tutte quelle attività artigianali che
per il rischio di incendi, il cattivo odore e lo smaltimento degli scarti di lavo-
razione sono allontanate dalla città: al Ceramico, presso la porta del Dipylon,
trovano spazio entrambe le funzioni. Nel corso del v secolo a.C. le necropoli
si distribuiscono in corrispondenza di tutte le porte della città, a una distanza
massima di soo m, mentre le officine dei vasai, tra il IV e il III secolo a.C.,
tendono a estendersi a sud-ovest della città, in direzione del Pireo, a metà
strada tra il mercato cittadino e l'esportazione marittima (cap. 3, parr. 8-9 ).
Il suburbio assorbe inoltre i rifiuti urbani (cap. 3, par. s): gli scarti domestici,
in parte smaltiti dai privati all'interno dell'abitato, sono gestiti anche pub-
blicamente sotto la responsabilità di magistrati cittadini, che provvedono a
farli trasportare in un luogo distante almeno 10 stadi dalla città (Aristotele,
Costituzione degli ateniesi L, 2).
Organizzazione La documentazione archeologica consente di osservare la progressiva strut-
dei proastia turazione delle aree prossime al centro urbano fin dalla sua fondazione. Nel-
delle città coloniali le città coloniali della Sicilia, ad esempio, l'organizzazione di questo spazio
in Sicilia risponde alle esigenze immediate dei coloni: trovare una collocazione per i
defunti, certamente lontana dall'abitato, ma non eccessivamente per consen-
tire di celebrare i riti legati all'affetto e alla devozione religiosa; poiché poi il
culto dei morti richiama quello degli dèi dell'oltretomba, vengono ritagliati
spazi per le pratiche religiose e le aree santuariali anche all'interno o in pros-
simità delle necropoli; la monumentalizzazione delle aree sacre all'esterno
delle mura cittadine comporta inoltre lo sviluppo di impianti artigianali per
la produzione di ex voto e di terrecotte architettoniche. Come le città stes-
se, che fin dall'età arcaica sono soggette a criteri organizzativi dello spazio,
anche le aree esterne presentano un loro ordine. La tendenza a organizzare
le necropoli sugli assi viari in uscita dalla città o a destinare spazi specifici
alle attività artigianali sottolinea infatti la volontà di estendere al suburbio il
principio della pianificazione utilizzato in ambito urbano.
Sviluppo Nel mondo italico e romano il rapporto tra città e territorio, tra interno ed
del suburbio a Roma esterno, è rivestito di valenze religiose che si instaurano con la creazione di
un nuovo centro urbano: è in questo momento che si impostano i presuppo-
sti per il successivo sviluppo delle aree suburbane. A Roma fin dalle origini,
oltre al pomerium - il limite religioso della città definito con la fondazione
stessa (inauguratio) - e alle mura, entrambi ampliati in più riprese, altri li-
miti ideali organizzano il territorio circostante in cerchi concentrici imper-
niati sulla città e segnalati da cinture di luoghi sacri, come quello del I miglio
dall' aggere serviano. Nell' ager, in quanto non inaugurato, possono dislocarsi
le aree caricate di una certa negatività come le necropoli: quelle di età arcai-
ca si collocano dunque immediatamente all'esterno delle Mura serviane e in
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4. Organizzare il territorio e le sue risorse
aree deputate come le Esquiliae, luogo pubblico sull' Esquilino. Dal III secolo
a.C., presso le famiglie aristocratiche, inizia a diffondersi l'uso di seppellire
all'interno dei fondi, ovvero delle proprietà extraurbane, consentendo così
di sottolineare il senso della continuità familiare, come avviene nei grandi
sepolcri dei Corneli Scipioni, dei Claudi Marcelli e dei Servili.
Nell'area prossima alla città sono presenti appezzamenti di terreno coltivato
di piccole dimensioni, che si intercalano già a partire dal V-IV secolo a.C.
a proprietà più grandi con ville, come quella dell'Auditorium nell'odierno
quartiere Flaminio, che a partire dal III secolo a.C. tendono ad assumere
dimensioni ancora maggiori. Nelle immediate vicinanze della città si di-
spongono poi distretti territoriali che godono di una certa autonomia, i pagi
(infra, par. 3), come il Lemonius, il Montanus e lo Ianiculensis. La vicinanza
dei pagi al centro di riferimento sarà rimarcata successivamente in altre aree
dell'impero anche nella denominazione stessa, come nel Pagus Suburbanus
di Curiga in Betica e il Pagus Augustus Felix Suburbanus di Pompei. Intorno
alla città va dunque prendendo forma un paesaggio diverso da quello urbano
da un punto di vista qualitativo e funzionale, anche se fortemente dipenden-
te e complementare ad esso: è proprio in questo momento che in letteratura
(P lauto, Tre soldi so8-s1o) compare per la prima volta la locuzione sub urbe
riferibile allo spazio suburbano in senso proprio.
Nell'area suburbana sono presenti due tipi di proprietà fondiaria, gli orti e i Orti e suburbana
suburbana. I primi, che possono contenere alloro interno case in muratura o
in materiali deperibili, sono più estesi dei tradizionali orticelli a uso domestico,
sono recintati e irrigati con canali e pozzi e divengono un'importante forma di
investimento con la produzione di un surplus da offrire sul mercato cittadino:
verdura, erbe aromatiche e curative, frutta e fiori, coltivati in aiuole (arae) ri-
partite da sentieri di passaggio (semitae). La deperibilità dei prodotti impone
la vicinanza al luogo di smercio che deve essere raggiunto entro una giornata di
cammino. Gli orti sopperiscono al fabbisogno alimentare dell'intera cittadi-
nanza e nel corso della prima età imperiale, quando conoscono il momento di
massimo sviluppo tecnico e produttivo, sono strettamente legati alle esigenze
delle fasce più abbienti, che influenzano con nuovi gusti e mode la coltivazione
anche di varietà esotiche. A maggiore distanza dal centro si sviluppano i subur-
bana, proprietà fondiarie che, dalla tarda età repubblicana, uniscono alla fun-
zione di piacevole soggiorno padronale quella economica legata alla richiesta
sempre più forte di beni di lusso da parte della città. Particolarmente redditizia
risulta la p astio villatica, ovvero l'allevamento di pollame (tordi, pavoni, anatre,
oche, galline), di pesce e di selvaggina (lepri, cervi, cinghiali e ghiri).
In ambito suburbano si impiantano inoltre le officine artigianali, come è ben Officine artigianali
percepibile ad esempio nel settore sud di Milano, in un'area che gode di ab-
bondanza di legname e di acqua, in prossimità di un'arteria a forte valenza
commerciale e del porto fluviale collegato al Lambro: qui si concentrano atti-
vità metallurgiche, laboratori ceramici e installazioni per la macellazione della
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L'urbanistica: città e paesaggi
194
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
FIGURA 1 Rilievo dal Fucino: città, forse Marruvium, con il suo suburbio (Celano, Museo della Marsica, collezione
Torlonia; seconda metà n sec. d.C. )
Legendo: o= centro urbano cinto da mura; b = continentio oedificio; c= villa con parco (?); d= fiume; e= strada; f = ponte;
g = necropoli.
Fonte: rielaborazione da Campanelli (2001).
città interna alle Mura serviane ma comprende anche i complessi edilizi addos-
sati ad esse che si estendono lungo le strade in uscita, i continentia aediflcia. A
questo nuovo limite si accompagna una ridefinizione del tradizionale confine
del I miglio, entro il quale vigono particolari norme del diritto, che è ora calco-
lato proprio a partire dai continentia aedificia.
Le dinamiche di sviluppo dell'insediamento si riflettono anche sulla distri-
buzione delle necropoli: le Esquilie, ad esempio, da luogo a destinazione fu-
neraria divengono zona residenziale dopo la bonifica apportata da Mecenate,
che qui acquista una proprietà poi nota come H orti Novi o Mecenatis.
Il suburbio di Roma, come quello di un qualunque altro centro urbano italico Una realtà
e provinciale in cui è applicato il modello della capitale, presenta dunque una eterogenea
realtà eterogenea in cui si intrecciano strade e acquedotti, abitazioni extramura-
nee, ville con parco, proprietà fondiarie legate alla produzione agricola, necro-
poli, santuari e attività artigianali. Questa complessa realtà appare strutturata in
fasce concentriche dai passaggi qualitativi sfumati, caratterizzate dal succedersi
di proprietà differenziate per distanza, tipologia e generi prodotti e dalla pro-
gressiva diminuzione della densità abitativa. Nei rilievi dal Fucino della colle-
zione Torlonia è possibile cogliere la complessità delle realtà insediative che,
con opportune riduzioni di scala, dovevano caratterizzare anche il suburbio di
un centro italico di modeste dimensioni, forse Marruvium (fig. 1 ).
195
L'urbanistica: città e paesaggi
Trasformazioni Nel corso dell'età imperiale nelle proprietà fondiarie iniziano ad avvertirsi
del suburbio mutamenti significativi: non potendo contrastare la concorrenza dei prodot-
romano in epoca ti provinciali, molti suburbana, dopo essere stati riconvertiti alla coltura ar-
tardoantica borea e successivamente prativa e boschiva, necessarie all'allevamento, o alla
pratica estensiva della coltura frumentaria, sono accorpati in estesi latifondi.
Nel m secolo d.C., in seguito all'instabilità politica e militare dell'impero,
un nuovo circuito murario cinge Roma (cap. 2., par. 1), inglobando i conti-
nentia aedifìcia e irrigidendo il limite fisico tra città e suburbio. Gli horti che
delimitavano il centro urbano, ad esempio, ora appannaggio quasi esclusivo
della famiglia imperiale, non sono più sentiti come parte di una cintura peri-
ferica, ma come spazi verdi ormai interni alla città.
Cristianizzazione Nel suburbio della città tardoantica iniziano a manifestarsi i segni della graduale
del suburbio cristianizzazione della società. Qui, accanto alle aree cimiteriali tradizionali, si
sviluppano infatti nuovi spazi sepolcrali nel sottosuolo dove, nelle lunghe galle-
rie delle catacombe, i cristiani iniziano a seppellire anche i propri martiri (cap. 3,
par. 9 ). Ciò dà avvio alla venerazione dei santi e, dal IV secolo d.C., all' edificazio-
ne delle basiliche suburbane, come quelle di San Pietro in Vaticano, Santa Agne-
se sulla Nomentana, San Lorenzo fuori le mura sulla Tiburtina, Santi Pietro e
Marcellino sulla Labicana e San Paolo fuori le mura sull' Ostiensis. In un pae-
saggio fino ad allora pagano cominciano dunque a comparire edifici che com-
petono anche sul piano monurnentale con le strutture preesistenti e divengono
nuovi e importanti poli urbanistici, attraendo anche le sepolture che si raccolgo-
no alloro interno o in aree cimiteriali all'esterno. nprocesso di cristianizzazione
caratterizza anche le aree suburbane di altri centri, come testimonia l'innalza-
mento di grandi basiliche: ad esempio, San Simpliciano, laBasilicaMartyrum,
laBasilicaApostolorum, San Lorenzo e Sant'Eustorgio a Milano, Santo Stefano
a Verona, Santi Felice e Fortunato a Vicenza e Santa Eulalia a Mérida.
Il suburbio La moltiplicazione delle sedi imperiali (Milano, Treviri, Sirmio e Nicome-
nelle città dia), legata alla riforma dioclezianea dell'impero, e il successivo trasferimen-
dell'impero to della capitale a Costantinopoli segnano alcune delle tappe del processo
attraverso il quale nel corso dell'età tardoantica Roma viene a perdere la sua
centralità politica e sociale, anche se non quella simbolica. In modo analogo
anche il suo suburbio cessa di essere il suburbium per eccellenza: le fonti di
questo periodo menzionano infatti sempre più frequentemente le realtà su-
burbane di altre città dell'impero, capitali, sedi imperiali o altri centri urbani,
portando alla ribalta quella realtà insediativa che, sul modello romano, si era
da tempo ampiamente sviluppata al di fuori di Roma.
2. l santuari extraurbani
196
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
Nelle fasi di formazione della polis tutte le città greche valorizzano e strut- Formazione
turano le aree sacre del loro territorio, talvolta di assai più antica tradizio- della p6/is
ne. Sorgono così santuari di diversa importanza, quelli principali, quelli che e sviluppo
marcano i confini o quelli di riferimento per i singoli villaggi, che nel loro dei santuari
insieme tracciano una rete di relazioni sociali ed economiche tutelate dalla nel territorio
protezione delle divinità.
Nati solitamente attorno a un elemento naturale, come una grotta, un albero
o una sorgente, a cui si associa una manifestazione della divinità, in origine
accolgono riti praticati attorno a un altare all'aperto, nello spazio consacrato
dal témenos, il recinto sacro. Intorno a questi elementi si sviluppano in se-
guito, negli esempi più monumentali, complessi anche molto articolati com-
prendenti templi, porticati, strutture commerciali, alloggi per i pellegrini e
thesauroi, piccoli edifici costruiti dalle città come segno della propria poten-
za e di gratitudine alla divinità.
Particolare rilevanza hanno i grandi santuari che si sviluppano in stretto Santuari di valenza
collegamento con importanti città della lonia: a Efeso l'Artemision sorge sovraterritoriale
nell'immediato suburbio, a Samo l' Herdion sorge a pochi chilometri dal
centro, presso la foce dell' fmbrasos; a Mileto infine il santuario di Apollo, in
posizione elevata e a poca distanza dal mare, è collegato alla città da una via
processionale lungo la quale si dislocano santuari minori. Tali complessi su-
perano precocemente la dimensione cittadina per assumere una più ampia
valenza sovraterritoriale, come riflesso della crescita economica delle rispet-
tive città.
Già dall'vm secolo a.C. alcuni santuari divengono punto di riferimento
per interi gruppi etnici, come il santuario di Apollo a Delo, luogo di culto
comune agli ioni, o dell'intero mondo greco, come il santuario di Apollo
Pizio a Delfi o di Zeus a Olimpia ( Olympia), sede dei giochi olimpici. Qui,
alle pendici del Kronion e attorno al tumulo dedicato all'eroe Pelope, l'Al-
tis accoglie i giochi in onore di Zeus. In età arcaica si sviluppano gli edifi-
ci sacri più importanti, il Pe!Opion, l' Herdion e l'altare di Zeus, lo stadio e
i thesauroi. Dalla metà del v secolo a.C. lo spazio dell'Altis è dominato dal
tempio di Zeus, mentre nel IV secolo viene delimitato da stodi e affiancato
a ovest da ginnasio e palestra. La monumentalizzazione prosegue ancora in
età romana, quando l'area è dotata di edifici termali e lussuose residenze per
ospiti (fig. 2). Il santuario di Apollo Pizio a Delfì si struttura alle pendici
del monte Parnaso intorno agli elementi naturali delle rocce Fedriadi che
sovrastano la gola della fonte Castalia. All'inizio del VI secolo a.C., con il
passaggio della gestione dalla comunità locale all'anfizionia (un consiglio di
dodici popoli della Grecia centro-settentrionale) e con la riorganizzazione
dei giochi p itic i, il santuario riceve una più articolata strutturazione. All'in-
terno del témenos il terreno scosceso è organizzato in terrazze: quella princi-
pale è occupata dall'altare e dal tempio di Apollo ed è raggiunta da una via
sacra che sale con alcuni tornanti, fiancheggiata da thesauroi e monumen-
197
l'urbanistica: città e paesaggi
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4. Organizzare il territorio e le sue risorse
l
Fonte: Lippolis. Livadiotti, Rocco (2007).
santuari lungo la costa segnalano a est e a ovest i limiti del territorio della
colonia, mentre in adiacenza alla città, verso la pianura e verso il mare, si
dispongono alcuni piccoli santuari privi di monumentalità, dedicati alle di-
vinità ctonie.
Lungo le coste tirreniche, l'incontro tra culture diverse durante gli scambi Santuari emporici:
commerciali viene posto sotto la protezione delle divinità nei santuari em- Pyrgi e Gravisca
porici: a Pyrgi, insediamento costiero di Cerveteri, il santuario dedicato a
Uni-Astarte è frequentato da etruschi, fenici e greci; a Gravisca, porto di
199
l'urbanistica: città e paesaggi
Tarquinia, mercanti prima focei, poi sami ed egineti, infine sicelioti e ma-
gnogreci sostano per i loro commerci presso le strutture santuariali sorte in
corrispondenza di un approvvigionamento idrico e dedicate a Era, Afrodite
e Demetra.
Il santuario federale In Etruria, un ruolo particolare assume il Fanum Voltumnae, santuario
degli etruschi: simbolo dell'unità religiosa dei popoli dell'Etruria, presso il quale si svol-
Fanum Voltumnae gono le riunioni (concilia) annuali dei rappresentanti della lega delle città
etrusche in occasione delle cerimonie religiose, accompagnate anche da
fiere, mercati, spettacoli teatrali e giochi solenni. Individuato nell'area sa·
era in località Campo della Fiera presso Orvieto, presenta all'interno di
un vasto recinto un tempio preceduto da due altari e affiancato da due
pozzi.
Santuari legati Altri santuari appaiono strettamente legati alle caratteristiche del pae-
a elementi naturali saggio. Nell'ambiente di grande suggestione naturale di Sasso Pisano, tra
del paesaggio Volterra e Populonia, ad esempio, dove l'attività geotermica genera vapori,
ruscelli e sorgenti di acque calde, in età tardoclassica ed ellenistica si svi-
luppa un santuario legato al culto delle acque e delle divinità salutari, cui si
aggiunge più tardi anche una funzione termale. In altri casi sono le grotte
e le acque sotterranee a evocare il senso del sacro, trasformando questi
antri naturali in luoghi di culto, secondo una pratica diffusa indipenden-
temente dalle culture o dalle epoche storiche. Nella valle del Serchio, im-
portante asse di collegamento tra l'Etruria tirrenica e l'Etruria padana,
ad esempio, la grotta di Castelvenere appare frequentata con particolare
intensità fin dall'età classica e poi di nuovo in epoca romana per un culto
delle acque, cui probabilmente si attribuiscono proprietà salutari o asso-
ciate alla fecondità, in connessione con il ruscello che sgorga dalla grotta
stessa. Santuari entro grotte naturali o anche artificiali appaiono diffusi
anche nel mondo punico, da Ibiza a Malta, alla Sicilia, come quello nella
grotta Regina sul Monte Gallo, nelle vicinanze di Palermo, con dediche a
una divinità salvifica.
200
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
La Sardegna punica mostra una capillare presenza di aree sacre sparse sul ter- Santuari
ritorio interno (grandi santuari, piccole aree sacre rurali, impianti nuragìcì della Sardegna
rìutilìzzatì con valenze cultuali e sorgenti sacre), spesso legate a manifesta-
zioni religiose senza soluzione di continuità tra i diversi apporti culturali.
L'esempio più monumentale è il tempio di Antas, costruito tra le colline
deli'Iglesiente alla fine del v secolo a.C. e frequentato sino ai primi decen-
ni del III secolo d.C. (fig. s). Il santuario è dedicato al mitico progenitore e
colonizzatore partito dal Nord Africa per conquistare la Sardegna, il Sardus
Pater delle epigrafi latine, ed è frutto dell'azione politica cartaginese, tesa a
controllare le risorse minerarie dell'area e ad accomunare in un'unica sfera
religiosa le tradizioni fenicio-puniche e quelle indigene.
Nella Penisola, durante la tarda età repubblicana sì diffondono grandi santuari Santuari italici
extraurbani che accolgono le soluzioni architettoniche dell'esperienza elleni- tardorepubblicani
stica: la disposizione spaziale, insieme visiva e simbolica, si rapporta a specifici
capisaldi del paesaggio urbano e rurale. Nel suburbio di Spello, ad esempio,
il santuario ellenistico, ristrutturato in età augustea e poi ancora costantinia-
na, domina dalle prime pendicì collinari la Valle Umbra settentrionale dove,
sull'antica riva del Lacus Umber, in prossimità di risorgive artesiane, è stata di
recente individuata un'altra area sacra, legata al culto delle acque. La posizione
preminente sul territorio circostante risulta evidente anche nel santuario di
Monte Sant'Angelo a Terracina: mentre il cosiddetto tempio piccolo, del terzo
quarto del n secolo a.C., appare orientato verso la città e il territorio agricolo, il
201
L'urbanistica: città e paesaggi
tempio maggiore, della prima metà del I secolo a.C. e dedicato probabilmente
a Venere, si pone preferenzialmente in relazione con il porto e con le attività
commerciali marittime promosse dai maggiorenti locali.
Il ruolo insieme politico e cultuale di alcune aree sacre in ambito italico è
perfettamente rappresentato dal santuario di Pietrabbondante nel Sannio
Pentro, collocato sul versante est del Monte Saraceno, a dominare la valle del
Trigno. L'area sacra, alla vigilia dello scontro militare con Roma, è scelta dai
pentri come centro federale e assume aspetti scenogranci tesi a integrare il
territorio sottostante nella cornice architettonica: il complesso tempio-tea-
tro si presta a riti e assemblee che, sotto la protezione della divinità, domina-
no visivamente la vallata in una vasta prospettiva che assume evidenti valori
simbolici, tanto da essere soppresso e abbandonato con la riorganizzazione
degli insediamenti conseguente alla vittoria romana. Al contrario, è proprio
dopo la guerra sociale che il vicino santuario di Ercole Curino, sulle pendi-
ci occidentali del Monte Morrone, supera la dimensione localistica e viene
monumentalizzato: il complesso accentua le caratteristiche di impianto ter-
razzato e non è più rivolto visivamente alle vecchie comunità rurali, ma al vi-
cino centro urbano di Sulmona (Sulmo ), in relazione al sinecismo nel nuovo
municipium, una sorta di inurbamento forzato e di omologazione culturale.
Il ruolo fortemente caratterizzante il paesaggio dei grandi santuari di questo
periodo è ben percepibile anche nel complesso dedicato a Ercole Vincitore a
Tivoli, sulla principale via di accesso al centro urbano, la via Tiburtina, che
viene inglobata nelle possenti sostruzioni del santuario. Edificato in un luogo
di passaggio e incrocio di antichissime vie di transumanza, il santuario costi-
tuisce una postazione di controllo dei traffici tra Roma e il Sannio.
Piccoli luoghi Accanto ai grandi santuari legati all'economia e al controllo del territorio,
di culto rurali nell'Italia centrale di età repubblicana sono frequenti luoghi di culto meno
monumentali, sparsi nelle campagne e indiziati dalla presenza di depositi di
statuine miniaturistiche di animali ed ex voto anatomici, prevalentemente
fittili, che rappresentano l'espressione della religiosità connessa alla sanatio
e alla fertilità dei piccoli coltivatori e che sono perlopiù abbandonati con lo
sviluppo del latifondo a conduzione schiavistica. Il paesaggio rurale centu-
riato è poi costellato dalle edicole dedicate ai Lari protettori della sacralità
dei confini, posti ai crocicchi (Lares compita/es). Cappelle, edicole o semplici
croci ereditano spesso la memoria di questi modesti ma estremamente diffusi
luoghi di culto popolare.
3· Le fattorie e i villaggi
Villaggi e fattorie Nella Grecia di età arcaica prevale un sistema abitativo per villaggi (kata
nelle ch6rai komas), centri legati alla vita agraria di estensione e popolazione limitate,
delle città greche che gravitano o dipendono dalla polis, perno politico dell'organizzazione
del territorio. Nella piccola comunità è possibile affiancare all'agricoltura e
202
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
203
L'urbanistica: città e paesaggi
come i contratti di fitto delle terre sacre di Dioniso nelle Tavole di Eraclea,
che restituiscono l'immagine di una fattoria pertinente a un piccolo fondo:
le autorità cittadine concedono in enfiteusi le terre sacre del santuario, pre-
scrivendo all'affittuario di piantare un'estensione prestabilita a vigneto e a
oliveto e di costruire una stalla, un granaio e un locale per attrezzi agricoli
accanto all'edificio abitativo, fornendone anche le dimensioni.
Sistematiche ricerche di superficie nella valle del Sinni in Lucania, che si
apre sulla pianura costiera di Eraclea (Herdkleia) e Siris, hanno permesso di
indagare la realtà insediativa delle popolazioni lucane, prospettando un'or-
ganizzazione caratterizzata dalla presenza capillare di piccole fattorie che si
distribuiscono diffusamente fino a 6oo m di quota; anche se più diradati, gli
impianti che giungono fino a 8oo m di altitudine sono rivolti allo sfrutta-
mento di pascoli e risorse boschive e scandiscono i percorsi di quota e quelli
per i valichi.
lnsediamenti rurali Anche nelle regioni del Mediterraneo occidentale colonizzate dai punici,
in area punica tra la fine del v e il IV secolo a.C. si assiste a un'espansione dell' insedia-
mento rurale legato non solo alla produzione di cereali, ma anche di olio e
vino. Nella Sardegna punica, i territori di Nora, di Riu Mannu e di Monte
Sirai consentono di riconoscere, dalla fine del v secolo a.C., un notevole
sviluppo di siti con vocazione agricola, con un'occupazione intensiva del-
le pianure segnata dalla nascita di numerose fattorie. Parallelamente, sono
occupati i villaggi indigeni sulle pendici delle alture, segno di una strategia
mirata al controllo e alla gestione delle risorse legate alla pastorizia, al le-
gname e ai minerali.
Fattorie Nel territorio laziale, in quello delle principali città dell'Etruria meridio-
nelle campagne nale, Veio e/Cerveteri, e in modo più contenuto nei centri sabini dell'area
del Lazio preappenr{tnica, sistematiche indagini di superficie hanno mostrato un in-
e dell'Etruria tensificars~llo sfruttamento agricolo tra VI e v secolo a.C., attestato da un
generale incremento dei piccoli impianti, parallelamente allo sviluppo delle
strade carrabili (cap. 4, par. 1) e dei sistemi di drenaggio e regimazione delle
acque.
Gli edifici agricoli possono essere costituiti da piccoli impianti di pochi vani,
della superficie di w-so mq (Bufalotta, Casale Brunori, Casale Santa Ceci-
lia, km J3,2.0o dell'Aurelia, presso Roma; Casale Pian Roseto, presso Veio).
In altri casi si articolano in più vani contigui su una superficie compresa tra i
120 e i 300 mq, con associate strutture di servizio quali pozzi, cisterne e silos
(Acqua Acetosa Laurentina, Torrino e prima fase della villa dell'Auditorium,
allora nella prima campagna di Roma; fig. 6b-c-d). Si distinguono, infine,
grandi complessi, estesi tra i 6oo e i 1.soo mq, comprendenti numerosi am-
bienti con funzione residenziale e produttiva, distribuiti intorno a un cortile.
Presenta queste caratteristiche la villa dell'Auditorium, che all'inizio del v
secolo a.C. sostituisce un precedente edificio, con una divisione funzionale
tra parte urbana e parte rustica, in cui è riscontrabile anche la presenza di un
204
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
FIGURA 6 Planimetria dei principali edifici rurali di età arcaica in area mediotirrenica
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Legenda: a= podere Tartuchino; b =Acqua Acetosa Laurentina; c= Torri no; d= fattoria dell'Auditorium;
e= villa dell'Auditorium.
Fonte: Cita ni (2008).
frantoio (fig. 6e). In area etrusca presenta una certa complessità la fattoria di
podere Tartuchino nel territorio di Vulci, che dalla fine del VI al IV secolo
a.C., da piccolo edificio a pianta rettangolare si trasforma in un fabbricato
di quattro vani affiancati e affacciati su un'area recintata (fig. 6a). L'orga-
nizzazione delle campagne favorisce l'impianto di colture specializzate per
una produzione rivolta al consumo locale e all'esportazione: dalle fattorie
vino e olio possono convergere verso insediamenti di maggiori dimensioni
destinati alle funzioni di raccolta, stoccaggio e smistamento, strategicamente
dislocati presso nodi viari, come avviene ad esempio nell'abitato di Doganel-
la nel territorio di Vulci. Posto sulla strada verso lo scalo portuale di Fonte-
blanda, l'insediamento comprende fornaci che, tra la seconda metà del VI e
205
l'urbanistica: città e paesaggi
il v secolo a.C., producono anfore destinate alla distribuzione via mare della
produzione vinicola del territorio.
L'insediamenti rurali Con la romanizzazione, il nuovo ordinamento territoriale si articola in una
in età romana: fora, pluralità di forme insediative, citate dalle fonti letterarie e giuridiche. Ifora
oppido, conciliabula indicano insediamenti, spesso legati alle grandi arterie viarie, che rispondono
e castella a esigenze pratiche come sedi di mercato e luoghi di amministrazione del-
la giustizia. Altri termini sono invece frequentemente utilizzati anche per
designare tipi di abitati propri delle realtà autoctone preromane: l' oppidum
indica ogni forma cittadina o di villaggio fortificato già avviato ad assumere
la fisionomia urbana, mentre il conciliabulum e il castellum sono associati al-
le esigenze aggregative di popolazioni rurali, l'uno come punto di incontro,
l'altro come luogo di difesa dell'insediamento sparso.
Vici I vici sono abitati minori, villaggi, spesso di antica origine; alcuni di questi
sorgono in epoca romana soprattutto in relazione alla rete viaria, come ad
esempio il vicus Bedriacum attraversato dalla via Postumia. I vici assumono un
ruolo marginale rispetto al modello insediativo urbano che si sviluppa con la
municipalizzazione e si integrano nel sistema paganico, un'articolazione uni-
forme per comprensori, i pagi, che, nel quadro dell'ordinamento territoriale
romano, si affiancano all'impianto delle centuriazioni (cap. 1, par. 2).
Pagi Diversamente dalle centurie, i pagi non costituiscono un organico e radica-
le intervento romano sul territorio con l'imposizione di uno schema geo-
metrico. La loro introduzione non comporta una profonda modifica delle
strutture territoriali e organizzative anteriori alla romanizzazione, ma spesso
recupera e inquadra i vari assetti preesistenti. Per quanto la definizione del
pagus appaia ancora problematica, sembra che questo rappresenti un'entira
amministrativa finalizzata al controllo degli abitati sparsi, a cui non è estra-
neo l'elemento religioso e che riveste un ruolo nell'inquadramento della
proprietà fondiaria a fini catastali. La sua rilevanza giuridica e istituzionale a
partire dall'età augustea potrebbe riferirsi alle necessità di costruire un nuovo
demanio territoriale che abbraccia insieme le antiche proprietà all'interno
delle centurie delle colonie e dei municipi e le altre terre private rimaste alme-
no in parte fuori dalle centuriazioni. In Veneto, Concordia Sagittaria (Iulia
Concordia) ci offre l'esempio dell'articolazione del suburbio non centuriato
in pagi, testimoniati dal rinvenimento di alcuni cippi che ne segnalano i con-
fini. Le iscrizioni riportano il nome del pagus, la menzione di distanze lineari
o di somme di denaro che indicherebbero i tratti stradali di pertinenza del
distretto o gli investimenti compiuti dal pagus stesso.
Aedificia, tecta Negli ampi spazi coltivati l'assetto del popolamento rurale è segnato dalla
e villae presenza di queste varie forme insediative minori, che rappresentano una
realtà intermedia tra campagna produttiva e città di consumo, e da un sus-
seguirsi di strutture edilizie funzionali ai lavori agricoli, modeste abitazio-
ni (aediflcia o tecta) e fattorie che assumono aspetto diverso a seconda della
condizione socioeconomica di chi le occupa (villae). Nelle aree centuriate le
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4. Organizzare il territorio e le sue risorse
207
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 7 Varignano Vecchio (La Spezia), planimetria della villa nel suo primo impianto
(fine 11 sec. a.C.)
PARS FRUCTUARIA
Torcu/arium
Cella olearia
Approdo commerciale
Grande
Corte
208
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
Faragola, monumentalizzata nel v secolo e in uso fino alla fine di quello suc-
cessivo, in Emilia, si assiste alla graduale disgregazione del sistema agrario
che porta alla sopravvivenza selettiva di alcune strutture rispetto ad altre. È
questo il caso della villa bolognese di Casteldebole, che perdura ancora tra v
e VI secolo in un progressivo collasso edilizio. Poco prima del suo abbandono
la comunità che seppellisce i suoi defunti tra i ruderi del complesso occupa
strutture abitative di modestissima fattura per una superficie ormai ridotta a
soli 110 mq dei 7.ooo iniziali, mentre le attività lavorative all'aperto interes-
sano un'area di 1.2.00 mq.
4. l boschi e Le paludi
Nel mondo greco come in quello romano il paesaggio urbano e la natura Boschi e paludi
dominata delle campagne coltivate sono intimamente legati all'idea stessa di nell'immaginario
civiltà e di quanto di positivo è implicito in tale concetto. La natura selvaggia antico
di foreste, paludi e acquitrini è associata, al contrario, al disordine e alla bar-
barie, in quanto aree non abitabili o coltivabili e dunque collocate ai margini
dello spazio umanizzato.
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L'urbanistica: città e paesaggi
210
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
FIGURA g Peso lignario (Ocriculum, Antiquarium di Casale S. Fulgenzio; fine IV sec. d.C.)
Nel presentare l'economia della selva nel territorio dei bruzi, in Calabria,
Dionisio di Alicarnasso (Antichita romane xx, 4-6) distingue i diversi tipi di
sfruttamento in relazione alle possibilità di trasporto del legname: quello più
vicino al mare o ai fiumi è trasportato ai porti vicini in tronchi di grandi di-
mensioni adatti alla cantieristica navale ed edile; il legname che cresce invece
lontano dal mare e dai corsi d'acqua è tagliato a pezzi adatti alla fabbricazio-
ne di utensili di vario genere e a ricavarne pece ed è trasportato a spalla. La
presenza di torrenti e fiumi consente il trasferimento del legname anche per
lunghe distanze affidandolo alla forza della corrente (fluitazione). La pratica
è utilizzata in modo particolare in regioni boscose come le Alpi bellunesi, do-
ve dalle vallate dolomitiche il legname è trasportato verso la pianura veneta
e ad Altino attraverso il Piave e i suoi principali affluenti. La presenza di per-
sonaggi implicati nella commercializzazione del legno (dendrophori) e nella
sua lavorazione (jàbri), attestati in varie epigrafi della zona, documentano
l'organizzazione e l'intensità del traffico.
Roma rappresenta un mercato di amplissime dimensioni: le enormi quan-
tità di legname necessarie al suo approvvigionamento provengono in gran
parte dalle dorsali appenniniche che gravitano sul Tevere. Tale commercio è
attestato ad esempio a Ocriculum, centro e porto fluviale, dal recente rinve-
nimento di un peso in marmo della fine del IV secolo d.C., la cui iscrizione
indica proprio l'attività di controllo dei carichi di legname (fig. 9 ). Il riforni-
mento della capitale coinvolge anche le regioni vicine come l'Etruria: Pisa,
211
l'urbanistica: città e paesaggi
212
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
Le aree paludose rappresentano un altro elemento caratteristico dei paesaggi Intervento dell'uomo
del mondo antico, diffuse in gran parte delle coste, lungo i fiumi e in mol- sulle aree umide
te pianure: malgrado le modifiche apportate ali' assetto idraulico di alcuni
territori, l'antichità non ha conosciuto un intervento integrale dell'uomo
sull'ambiente. Questo è piuttosto assecondato, con il risanamento delle aree
che si prestano naturalmente alla bonifica idraulica o con limitate azioni di
controllo. Spesso l'intervento non si spinge oltre il consolidamento di un
equilibrio tra i benefici dello sfruttamento economico della palude e gli
svantaggi derivanti dalla sua mancata bonifica per l'uso agricolo. Non costi-
tuiscono opere di bonifica integrale nemmeno le centuriazioni romane che,
almeno inizialmente, si limitano a razionalizzare l'assetto idrico delle zone
che meglio si prestano ali' intervento.
Le potenzialità offerte dalle aree umide in relazione alloro sfruttamento eco- Popola mento
nomico, alloro impiego come vie d'acqua e alla possibile funzione di difesa delle aree umide
naturale hanno rappresentato nel tempo motivi di richiamo per lo sviluppo di
villaggi e talvolta anche di veri e propri centri urbani, anche in considerazione
del fatto che in certe regioni la palude costituisce in definitiva un fenomeno
inevitabile. Appare inoltre evidente alla mentalità antica che non tutte le paludi
sono uguali: Vitruvio distigue infatti tra quelle malsane che ristagnano e non
hanno via di sbocco attraverso fiumi e canali, come quelle Pontine, e le paludi-
lagune salubri della costa altoadriatica (Vitruvio, Architettura I, 4, 11-12 ).
Lagune e paludi che si sviluppano lungo le coste possono offrire riparo alla
navigazione di cabotaggio sollecitando lo sviluppo di insediamenti a carattere
commerciale (empori) nei luoghi in cui i traffici marittimi si legano a quelli di
un vasto entroterra. Sono esemplificative al riguardo le zone lagunari dell'alto
Adriatico che permettono una navigazione riparata dal mare aperto: qui, a par-
tire dalla seconda metà del VI secolo a.C., gli etruschi attivano l'emporio inter-
nazionale di Spina, frequentato da greci e da altre comunità etniche. L'abitato,
adattandosi al difficile contesto ambientale, si imposta su piani artificialmente
rialzati e consolidati mediante l'uso di palificazioni. La mancanza della pietra
per l'edilizia di Spina è supplita dal legno dei boschi circostanti; le canne della
laguna sono impiegate per realizzare pareti e tettoie, mentre con le altre pian-
te dell'ambiente fluvio-palustre si creano fascine da stendere come pavimenti.
Presso paludi sorgono alcuni tra i centri più rilevanti del mondo antico, come
Pella in Macedonia, Alessandria in Egitto, Terracina e le città della fascia lagu-
nare altoadriatica: Aquileia, Altino, Padova e Ravenna. Alcune di esse trovano
nelle paludi strategici elementi di difesa: di Alessandria, infatti, Flavio Giusep-
pe (Guerra giudaica II, 386) dice che «ha per mura fiumi e paludi», mentre
Ravenna, secondo Procopio di Cesarea (Guerra gotica I, 1, 18), «non può essere
raggiunta dalla fanteria da nessuna parte».
Sottolineando l'importanza dell'agricoltura, le dottrine agrarie greche e Economia
romane hanno contribuito a presentare come marginali le aree palustri, per della palude
quanto la condizione necessaria per praticare l'agricoltura fosse rappresen-
213
L'urbanistica: città e paesaggi
tata dal giusto equilibrio fra terra coltivabile, foresta e terreni acquitrinosi:
il fondo del cavaliere Mamurra, amico di Cesare (Catullo, Carmi, us), è ri-
tenuto particolarmente ricco perché comprende tutti insieme prati, campi,
boschi immensi, pascoli e acquitrini. Le aree umide possono infatti essere
sfruttate per una pluralità di scopi, favorendo lo sviluppo di un'economia
della palude: vi può essere praticata la pesca e la caccia, tra cui molto diffuse
quelle al cinghiale palustre e all'anatra selvatica; le anatre vi possono anche
essere allevate e, per la qualità dell'erba, queste aree possono essere destinate
a pascolo (Columella, L 'arte dell'agricoltura VIII, 15, 1-3; VI, 27, 2; VII, 9, 6-7).
Esiste inoltre un'agricoltura della palude: Plinio il Vecchio (Storia naturale
XIV, 8; 110) ricorda la vite del Cecubo, coltivata nelle paludi pontine, e le
vendemmie nelle paludi nel territorio di Padova; mentre Columella (L 'arte
dell'agricoltura XII, 21, 4; III, 13, 8) menziona l'esistenza di vitigni palustri e
ricorda il territorio paludoso di Ravenna coltivato a vigneto.
Le lagune e gli stagni costieri, particolarmente diffusi lungo le coste della
Campania, possono essere attrezzati per l'allevamento di ostriche o altri frut-
ti di mare ( Columella, L 'arte dell'agricoltura VIII, 17) ed essere trasformati
in saline. L'importanza di queste ultime nell'antichità è legata alla funzione
primaria che il sale svolge come alimento per gli uomini e il bestiame e per la
conservazione del cibo. Roma dispone delle saline che si dislocano presso la
foce del Tevere dove, su entrambe le sponde, si trovano paludi salmastre. Sul-
la riva destra, originariamente controllata dalla città etrusca di Veio, un' iscri-
zione databile tra la fine del n e l'inizio del m secolo d.C. ricorda l'esistenza
del campus salinarum Romanarum (cn XIV, 4285); da qui la via Campana-
Portuensis e quindi la via Salaria consentono la distribuzione del sale fìno
alle regioni appenniniche. Le saline sono diffuse presso le aree lagunari di
tutto il Mediterraneo e si legano all'attività della pesca offrendo sviluppo agli
impianti per la salatura del pesce.
Per la disponibilità delle materie prime che offrono, banchi di argilla e legname
dalle foreste, le aree acquitrinose divengono inoltre spesso la sede privilegiata
per l'impianto di fornaci funzionali alla produzione ceramica e laterizia, come
ad esempio quelle particolarmente attive delle Valli Grandi Veronesi.
Aree umide Quel rifiuto per il mondo diverso e marginale della palude, che aveva carat-
nella tarda antichità terizzato il pensiero antico centrato sulla dimensione urbana, si allenta gra-
datamente in epoca tardoantica quando gli stessi elementi marginali, come la
foresta e la palude, entrano più nitidamente nella percezione del paesaggio.
Il frequente riferimento alle paludi non corrisponde a un impaludamento
generale e diffuso, né suggerisce necessariamente che esse siano la causa prin-
cipale di fenomeni di decadenza o abbandono delle campagne, attribuibili
a più ampie e complesse dinamiche storiche di cui le paludi stesse sono una
delle conseguenze. La loro menzione riflette piuttosto la presentazione di
una realtà sempre esistita, ma fino ad allora trascurata da una mentalità anco-
rata ai modelli classici.
214
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
5. le manifatture ceramiche
215
l'urbanistica: città e paesaggi
216
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
FIGURA 10 Massa, piazza Mercurio, una delle fornaci del complesso artigianale per la
produzione ceramica (11-1 sec. a.C.)
217
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 11 Albinia, complesso artigianale per La produzione ceramica (fine 11 sec. a.C.-1
sec. d.C.)
N
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o 10 m
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Fonte: rielaborazione da Vitali et al. (2005).
218
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
6. le cave e le miniere
Montagne dalle cime tagliate, pareti sezionate e intere scogliere sbancate Un paesaggio
sono tra i segni più impressionanti della capacità dell'uomo di modellare il modificato
paesaggio, sottraendo ingenti quantità di roccia per realizzare altrove, anche dall'attività
a notevole distanza, edifici di ogni genere. A Chemtou (Simitthus), a Doci- estrattiva
mium e a Lesbo sono state cavate intere porzioni di montagne, lasciando al
loro posto ingenti accumuli di materiali detritici, residuo delle attività estrat-
tive. Già gli antichi erano consapevoli del forte impatto che le cave recavano
all'ambiente, se Plinio il Vecchio (Storia naturale XXXVI, 1-3) si rammarica
che si trasportino sul mare, senza nessun altro scopo che il piacere, «ciò che
un tempo erano le vette delle montagne».
A ogni grande monumento o a ogni centro urbano, che richiedono un'e- Cave di pietra
norme quantità di pietra, corrispondono luoghi di estrazione, possibilmente ordinaria prossime
non troppo distanti per evitare gli alti costi di trasporto, secondo una prassi ai luoghi di impiego
comune in ogni tempo e in ogni luogo. Ad alcuni chilometri da Selinunte, ad
esempio, un banco di calcarenite è sfruttato tra la metà del VI e la fine del v
secolo a.C. per la realizzazione del tempio G; le operazioni si interrompono
con l'abbandono del cantiere del tempio, lasciando in posto capitelli, archi-
travi e cocchi di colonna che testimoniano le diverse fasi estrattive (fig. 12.);
in modo analogo, ad Antas, in Sardegna, per il santuario punico e romano
219
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 13 Baalbek (Heli6polis), cave antiche con un enorme blocco di pietra (21,72 x 4.25
x 5,35 m) lasciato in posto
di Sardus Pater, o a Baalbek, per il tempio di Giove, sono attivate cave per
estrarre i blocchi a pochissima distanza dai cantieri (fig. 13). A Populonia
sono impiegate esclusivamente pietre di provenienza locale, in particolare il
macigno {arenite) e la cosiddetta "panchina di mare" (calcarenite). Questa,
facilmente riducibile in conci, è estratta dalle vicine cave delle Grotte e di
Buche delle Fate ed è utilizzata in modo sistematico nei sepolcri gentilizi e
nei complessi pubblici (fig. 14). In Africa Proconsolare, sull'altopiano dello
Ksour, le basse colline che circondano Althiburos sono completamente ridi-
segnate da estesi fronti di cava per l'estrazione della pietra calcarea necessaria
alla realizzazione della città numida e poi romana (fig. 15).
Cave di pietre l materiali lapidei caratterizzati da particolari qualità estetiche, da una
pregiate distanti migliore resistenza o da un maggior grado di lavorabilità possono inve-
dai luoghi ce essere trasportati per distanze assai maggiori, divenendo oggetto di
di impiego un commercio sovraregionale. La vicinanza degli affioramenti al mare o
ai fiumi navigabili ne rende indubbiamente più agevole lo sfruttamento,
come avviene ad esempio per le cave che si aprono direttamente sul mare
nel promontorio di Aliki a Thdsos (fig. 16). Tale posizione non costituisce
tuttavia un requisito indispensabile per l'avvio dell 'attività estrattiva, poi-
ché la motivazione principale è costituita sempre dal reperimento di pierre
dalle particolari qualità estetiche: ciò spiega l'ubicazione di molce cave in
luoghi non particolarmente distanti dal mare, ma disagevoli da raggiunge-
re, come il distretto estrattivo del Tenaro nella penisola di Mani {Laconia)
220
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
FIGURA 14 Populonia (Pupluna), cava di calcarenite dal bacino di Buche delle Fate
221
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 16 Thasos. cava di marmo sul mare: alte pareti ai lati e fronte a gradoni sul fondo
222
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
FIGURA 17 Atene (Athénai), Monte Pentelico, particolare della pavimentazione di una via
per il trasporto dei blocchi di marmo (via di lizza}
a una certa distanza dal mare, i blocchi sbozzati o semilavorati sono portati a
valle sfruttando il declivio stesso del rilievo o fatti scivolare su slitte lungo le
superfici lastricate, opportunamente tracciate (vie di lizza: fig. 17 ); per mezzo
di carri sono infine trasportati ai depositi presso i punti di imbarco. Ogni
area di estrazione fa capo infatti a un'area portuale, dislocata nella città più
vicina alla cava: ad esempio, il Pireo per i marmi dell'Attica; il porto di Car-
tagine per molti marmi estratti nell'Africa nord-occidentale; quello di Ales-
sandria per i porfidi e i graniti che risalgono il Nilo da Assuan o dal deserto
orientale; il porto di Efeso, dove confluiscono vie commerciali dall'interno
dell'Asia Minore e dove è imbarcato, oltre al marmo efesino, il pavonazzetto
proveniente da Docimium, dopo un lungo percorso terrestre e fluviale.
In Italia il sito estrattivo più importante è quello del marmo apuano, che fa Cave di Luni
capo alla colonia romana di Luni. Dopo un utilizzo già in epoca etrusca, il
marmo apuano inizia a essere sfruttato dal 1 secolo a.C. e, in modo intensivo,
223
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 18 Modellino in gesso della cava romana di Fossacava (Carrara, Museo civico del
marmo)
224
4- Organizzare il territorio e le sue risorse
O 50m
Animallines
FIGURA 20 la città romana di Simitthus e il sito estrattivo del marmo giallo antico agli
inizi del m sec. d.C. (Complexe Muséographique et Site Archéologique de Chimtou)
225
L'urbanistica: città e paesaggi
tenza imperiale. Il complesso centrale del sito, Wadi Umm Hussein, dove si
concentra la maggior parte delle attività amministrative, si compone di un
forte destinato probabilmente a personale civile e militare, un magazzino di
grano, un recinto per animali, un'area di alloggi privati con un bagno e un
tempio a Zeus Helios Serapide (fig. 19). Dall'insediamento si raggiungono
agevolmente le centotrenta cave dell'area, tra le quali si dispongono diciasset-
te torri di guardia che collegano visivamente le cave e il forte di Wadi Umm
Hussein e consentono la sorveglianza del lavoro forzato. I blocchi di granito
cavati sono avviati ai piedi dei rilievi su piani inclinati, fino alle rampe che
consentono di caricarli su carri. Dopo un percorso di 120 km nel deserto, il
granito è infine affidato alle chiatte che discendono il Nilo.
Cave di Chemtou A Chemtou, nella valle della Medjerda, le cave del pregiato marmo giallo
antico, separate dalla città da un muro, si sviluppano sui tre picchi del Gebel
Chemtou (fig. 20 ). A nord del rilievo, nella seconda metà del II secolo d.C., è
impiantato un campo di lavoro costituito da sei vani lunghi e stretti, dotati di
latrine, successivamente trasformato, con l'aggiunta di altri edifici, in labora-
torio marmo rari o. Una strada lastricata unisce le cave al vicino fiume Medjerda
che può essere sfruttato per il trasporto dei blocchi, mentre nei periodi di secca
si utilizza la viabilità di terra per Cartagine o Tabarka ( Thabraca ).
Miniere Altrettanto invasiva, l'attività estrattiva dei minerali, in miniere a cielo aperto
o in gallerie profonde e ramificate che seguono i filoni, ha inciso per secoli il
paesaggio delle aree minerarie, da quelle ricche di argento del Laurion in At-
tica, intensamente sfruttate dal v secolo a.C., a quelle di ferro dell'isola d'El-
ba, contese nel tempo tra le potenze emergenti nel Tirreno, le città costiere
dell'Etruria meridionale prima, Siracusa e Populonia poi, e infine Roma. Le
risorse minerarie delle province sono sistematicamente sfruttate su vasta sca-
la, divenendo assai precocemente anch'esse patrimonio imperiale (fig. 21).
Miniere a cielo Nella penisola iberica miniere a cielo aperto possono interessare i depositi se-
aperto: Astorga condari, come quelli del bacino del Douro ad Astorga dove l'oro eroso dalle
(Asturica Augusta) regioni montuose circostanti si è depositato nei giacimenti alluvionali. Da
questi, il metallo è estratto attraverso la forza erosiva dell'acqua: i depositi
ricchi di metallo sono fatti affiorare riversando sugli strati superficiali una
grande quantità d'acqua, precedentemente raccolta in riserve poste a una
quota superiore; la ganga alluvionale è decantata in una successione di va-
sche, filtrando l'oro in essa contenuto.
Miniere in galleria: Dove il minerale è presente in vene all'interno della roccia, le miniere pos-
Dolaucothi, sono essere condotte anche in galleria come a Dolaucothi in Britannia o a
Tresminas, Ro~ia Tresminas nella penisola iberica. Qui sono utilizzate macchine azionate ad
Montana (A/burnus acqua per frantumare il minerale estratto in pezzi più piccoli che vengono poi
Maior) macinati: la polvere ottenuta è fatta decantare in vasche per separare la roccia
sterile dal minerale d'oro, riducendo così le scorie dalle cariche di fusione.
Le miniere in galleria presentano particolari problemi tecnici come la ven-
tilazione e il drenaggio, a cui si fa fronte mediante cunicoli per l'areazione
226
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
•
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CONFINI DEll'IMPERO ROM NANO NEl li SECOLO D.C '•,
~ ARGENTO '•,,
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e canalizzazioni per il deflusso delle acque; i crolli dei condotti sono preve-
nuti con la realizzazione di pilastri e impalcature lignee. Queste sono sta-
te rinvenute, ad esempio, in alcune gallerie del distretto minerario di Ro~ia
Montana in Romania che, sempre per ragioni di tenuta, sono realizzate in
forma trapezoidale con un'ampia base e un'altezza variabile tra 1,5 e 1,9 m;
nicchie ritagliate sulle pareti accolgono lucerne per l'illuminazione. n limite
imposto dalla falda freatica alla penetrazione nel sottosuolo richiede l' instal-
lazione di sistemi di sollevamento dell'acqua, come le viti di Archimede o le
227
l'urbanistica: città e paesaggi
Riferimenti bibliografici
228
4. Organizzare il territorio e le sue risorse
Per esempi di santuari e luoghi di culto in Italia: QUILICI, QUILICI GIGLI (2.003).
Per i santuari italici di età tardorepubblicana: COARELLI (1987 ); D 'ALESSIO (2.010,
2.011). In particolare per il santuario di Spello: CAMERIERI, MANCONI (2.010). Per
il santuario di Ercole a Tivoli: BONETTO (1999). Sui depositi votivi: COMELLA,
MELE (2.005).
Per l'allevamento e l'economia della bosco: MARÒTI (1972.); GIARDINA (1981, 1989).
Sui boschi sacri in area greca: RAGONE (1998).In area italica: COARELLI (1993). Sul-
la fluitazione del legname: FAORO (2.004). Sul ruolo delle paludi nel mondo antico:
TRAINA (1986, 1988).In particolare per il modo greco: FANTASIA (1999). Sugli in-
sediamenti palustri, per Spina: PATITUCCI UGGERI, UGGERI (1993). Per la Gallia:
BORCA (1996). Sulle saline: TRAINA (1992.).
229
L'urbanistica: città e paesaggi
230
5
Collegare città e territori
La viabilità che dalle porte della città si snoda al suo esterno, ponendola al
centro della rete delle comunicazioni, assolve a funzioni talvolta specifiche
e a breve raggio, talvolta polivalenti e destinate a coprire distanze maggiori.
In Grecia e in area coloniale, dove le vie lastricate sono pressoché assenti fino Viabilità in Grecia
all'arrivo dei romani, le strade carrabili sono riconoscibili nei tratti rocciosi e in area coloniale:
dai solchi lasciati dalle ruote, ad esempio sui tavolati calcarei di Siracusa e caratteristiche
Agrigento. La maggior parte dei percorsi presenta un semplice fondo in terra e funzioni
mista a pietrame ed è dotata di una sola carreggiata, con slarghi cadenzati per
le operazioni di manovra.
La viabilità terrestre riveste un preminente ruolo militare, a cui non è tuttavia
estranea anche una funzione commerciale, che si sviluppa comunque princi-
palmente per via marittima. Il Diolkos, la strada pavimentata per più di 6 km
che attraversa l'istmo di Corinto già nel VI secolo a.C., assolve, ad esempio,
ai due compiti, permettendo alle navi militari o commerciali, o a pesanti ca-
richi, di essere trainati su piattaforme !ignee dotate di ruote dal golfo di Co-
rinto al golfo Saronico, superando un dislivello di circa 8o m sul livello del
mare (fig. 1). Il percorso, ampio da 3,6 a s m, è pavimentato con grandi lastre
di pietra disposte in tre file molto regolari, in cui sono presenti solchi distanti
in media circa I, so m, destinati a guidare le ruote dei carri. Su entrambi i lati
si snoda un percorso di terra battuta, percorribile da bestie da soma.
Una ramificata viabilità minore si irraggia nel territorio delle città per lo Viabilità minore
sfruttamento delle risorse, da quelle agricole a quelle minerarie: a Metaponto per lo sfruttamento
o a Kamarina, ad esempio, le strade delimitano la maglia regolare della divi- del territorio
sione agraria del v secolo a.C., mentre a Selinunte una pista rocciosa lunga 12.
km e ampia 9-10 m, con profonde tracce del passaggio di carri, collega le cave
di Cusa con il santuario della Collina orientale.
Tra le funzioni a più breve raggio rientrano le strade che uscendo dalla città Strade verso le
conducono alle sue necropoli, come la strada dal percorso tortuoso di Ka- necropoli
marina, anteriore al v secolo a.C., o le strade processionali che raggiungono e i santuari
i santuari extraurbani, solitamente caratterizzate da un maggiore impegno
231
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 1 loutraki, golfo di Corinto, pavimentazione del dio/kos (VI sec. a.C.)
232
5. Collegare città e territori
FIGURA 2 Capannori (Lucca), Località AL Frizzone, strada inghiaiata etrusca (fine v1-inizi
v sec. a.C.)
grande arteria dalle caratteristiche quasi urbane; il piano stradale, che supera i
10 m di larghezza, è costituito da ciottoli, ghiaia e sabbia ed è fiancheggiato da
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L'urbanistica: città e paesaggi
Espansione di Roma Lo sviluppo stesso di Roma appare in certa misura legato al suo ruolo di ero-
e sviluppo della rete cevia tra le più importanti vie d'acqua dell'Italia centrale, il Tevere, e i percor-
stradale si che uniscono la costa tirrenica con l'entroterra laziale, etrusco e campano:
la via Campana, ad esempio, che congiunge le saline alla foce del Tevere con
Roma e quindi, nel tracciato della via Salaria, con l'Appennino e la costa
adriatica, costituisce uno dei percorsi più antichi ed economicamente rile-
vanti, che privilegiano la posizione e il ruolo della città. Tutta la successiva
storia di Roma e della sua progressiva espansione è la storia dello sviluppo
della sua rete viaria. Le strade assolvono infatti a finalità militari, per organiz-
zare una spedizione o consolidare una nuova conquista; finalità strategiche,
per facilitare le comunicazioni con le colonie; finalità amministrative, per
collegare la capitale con gli insediamenti principali e con quelli secondari;
finalità economiche, infine, per agevolare traffici e commerci. Da Roma si
diparte dunque la raggiera di strade che inizialmente la unisce ai centri del
Lazio, tra cui la Nomentana (per Nomentum), la Tiburtina (per Tibur), la
Gabina-Praenestina (prima per Gabii e poi prolungata a Praeneste), 1' Ostien-
sis e la Campana-Portuensis per la foce del Tevere. Con l'espansione nel resto
d'Italia si realizzano strade che collegano la capitale con i nuovi territori: tra
la fine del IV e il III secolo a.C. è organizzata una prima trama, le cui direttrici
più importanti sono rappresentate dalla via Appia, realizzata nel312 a.C. pri-
ma fino a Capua e poi fino a Benevento, Taranto e quindi Brindisi, come testa
di ponte per la Grecia e l'Oriente; la via Flaminia, che raggiunge Rimini sulla
costa adriatica e costituisce il principale asse di penetrazione nella Cisalpina;
la via Aurelia, nata dalla necessità di collegare Roma con le colonie militari
dedotte nel territorio sottratto agli etruschi. Con successivi prolungamenti
fra il III e il II secolo a.C., quest'ultima raggiunge la Liguria, divenendo uno
dei principali collegamenti con la Gallia e la penisola iberica. A questi assi, nel
II secolo a.C., si raccordano altre importanti direttrici, tra cui la via A emilia,
da Rimini a Piacenza, e la via Postumia, da Genova ad Aquileia, che attraver-
sano longitudinalmente tutta la Cisalpina e, a sud, la via Popillia-Annia, che
da Capua a Reggio Calabria (Regium) costituisce uno strumento di controllo
politico dei territori attraversati. Contemporaneamente, l'espansione oltre
la Penisola determina lo sviluppo progressivo della rete stradale nei territori
sempre più vasti delle province: tra le strade più antiche è la via Domitia,
realizzata nel121 a.C. per collegare l'Italia alla Spagna, e la via Egnatia, che
raggiunge Salonicco attraverso l'Illiria e la Macedonia (fig. 3).
Accanto alle grandi arterie si incrementa inoltre una rete di strade di ambito
gradatamente più circoscritto: dalle strade che permettono il raccordo tra le vie
principali e i centri urbani, fino alla rete dei percorsi di interesse locale che con-
sentono di penetrare capillarmente nel territorio. Tra queste ultime strade rien-
trano, ad esempio, le vie campestri che delimitano le maglie delle centuriazioni
e che raggiungono le numerose aziende agricole o le strade rivolte verso specifi-
che attività produttive, come quelle estrattive (cap. 4, par. 6) o quelle pastorali.
234
5. Collegare città e territori
IXEANUS
ATLANTICUS
B l /'<
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C A
Nelle aree a vocazione pastorizia, infatti, le migrazioni stagionali delle greggi Vie della
tra i pascoli di pianura e quelli montani avvengono lungo appositi tratturi transumanza
(calles). Tali direttrici, seguite fìn da età preistorica, in età mediorepubblica-
na sono organizzate in un'articolata rete controllata dallo Stato. Nei passaggi
obbligati, le porte stesse delle città attraversate dalle vie di transumanza pos-
sono accogliere le operazioni di controllo e di esazione della tassa (scriptura)
dovuta per il pascolo sull' agerpublicus: possono essere riconosciuti come pos-
sibili luoghi dì conta degli armenti il cavedio della porta Consolare dì Spel-
lo, lungo il percorso che dalla Valle Umbra risale verso l'Appennino; quello a
doppio sbarramento della porta occidentale di Peltuinum, lungo il tratturo
che dall'Aquila conduce in Puglia, in parte ripreso dalla via Claudia Nova; e
ancora, lungo il tratturo tra il Tavoliere e il Sannio, il cavedio chiuso da saraci-
nesche della porta di Boiano a Saepinum, posta sotto la protezione di Ercole,
rappresentato sulla chiave di volta. Il ruolo di questa divinità italica nelle at-
tività pastorali appare espresso in forme monumentali a Tivoli nel santuario
suburbano di Ercole Vincitore dell'inizio del I secolo a.C. Le sue imponenti
235
L'urbanistica: città e paesaggi
sostruzioni inglobano, come via tecta, un tratto della via Tiburtina, che, con
il suo prolungamento (via J!aleria), dalle campagne laziali consente alle greg-
gi di risalire la valle deli'Aniene e di raggiungere i pascoli in quota dell'Ap-
pennino. Negli ampi vani adiacenti alla galleria stradale, che costituisce un
passaggio obbligato, possono essere condotte le operazioni di controllo per
la conta delle pecore in transito e il commercio dei prodotti dell'allevamento.
Gerarchia La rete itineraria si compone dunque di un'articolata gerarchia di percor-
delle strade si. Le viae principales, strade di grande importanza itineraria, costituiscono
ovviamente la struttura portante dell'intero sistema e sono realizzate per
espresso volere del potere centrale, che ne cura anche la manutenzione. Que-
sti assi principali sono collegati dalle viae vicinales, a loro volta raccordate e
integrate dalle viae communes, tracciate dalle diverse comunità, e dalle viae
privatae, aperte dal singolo proprietario.
Assi generatori Le strade svolgono un ruolo di rilievo anche nell'organizzazione del terri-
di centuriazioni torio e delle città: molte di esse, infatti, possono essere assunte come assi di
e impianti cittadini riferimento su cui impiantare le centuriazioni dei territori attraversati, come
avviene ad esempio per la via Aemilia (cap. 1, par. 2.), o come assi generatori
degli impianti cittadini, ali' interno dei quali condizionano il reticolo viario e
l'apertura delle porte nei circuiti murari. Così, ad esempio, la Postumia costi-
tuisce il decumano massimo di Verona e Vicenza ( Vicetia) e il cardine massimo
di Libarna e Concordia Sagittaria, mentre l' Aemilia costituisce il decumano
massimo di Bologna, Parma e Piacenza. All'uscita dalle città, lungo il loro trac-
ciato si affacciano, secondo una consuetudine generalizzata, le necropoli e i
monumenti funerari che segnano il paesaggio peri urbano (cap. 3, par. 9 ).
Caratteristiche Le strategie generali che presiedono alla realizzazione delle strade romane,
dei tracciati la sicurezza e la massima rapidità di transito, sono generalmente perseguite
attraverso percorsi che evitano le bassure o impostati su terrapieni e mediante
tracciati tendenzialmente rettilinei, da cui si distaccano diverticoli di collega-
mento ai centri urbani: tra Cesena e Piacenza, ad esempio, la viaAemilia può
essere considerata quasi un unico rettifìlo, lungo 2.35 km.
Caratteristiche I dati a disposizione sulla tecnica costruttiva sembrano indicare che all'ordi-
tecniche ne gerarchico di importanza non corrisponda una differenziazione di tipo
strutturale basata sull'impiego di tecniche costruttive più o meno complesse.
L'uso delle diverse tecniche sembra piuttosto legato a problemi di carattere
geografico ed economico, quali, ad esempio, il contesto ambientale e la repe-
ribilità delle materie prime. Generalmente, all'interno di una trincea scavata
al fine di individuare un terreno abbastanza solido, sono deposti una mas-
sicciata di pietre o uno strato di argilla, uno strato preparatorio di ciottoli,
ghiaia e pietrisco legati con argilla e un rivestimento superiore, anche se una
pluralità di varianti può sostituire la stratificazione canonica. Se il suolo è ce-
devole e di natura paludosa, può essere rinforzato mediante un telaio di ele-
menti lignei longitudinali e trasversali, ancorato a pali piantati verticalmen-
te nel terreno: la massicciata stradale della Ostiensis, ad esempio, nella zona
s. Collegare città e territori
237
l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 5 Luni (Luna), strada romana inghiaiata (via glareata) a sud della città
FIGURA 6 Luni (Luna), uno dei selciati viari che si sovrappongono al basolato del decu-
mano massimo nel corso del medioevo
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L'urbanistica: città e paesaggi
2. Le infrastrutture viarie
240
5. Collegare città e territori
FIGURA 1 Eraclea (Heralcleia) al Latmo, ponte nel sistema delle fortificazioni (lv-111 sec. a.C.)
A7
FIGURA 8 Meligatas, ponte a tre bracci alla confluenza dei fiumi Mavrozoumenos e Vivari
(lv sec. a.C.)
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241
L'urbanistica: città e paesaggi
242
5. Collegare città e territori
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L'urbanistica: città e paesaggi
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5. Collegare città e territori
FIGURA 11 Narni (Narnial, ponte di Augusto lungo la via Flaminia (età augustea l
FIGURA 12 Foligno, località Pieve Fanonica, viadotto sulla via Flaminia (età augusteal
più leggeri e meno monumentali anche di uso civile. Rientrano tra questi il
ponte di barche realizzato sul Rodano, ad Arles, descritto dalle fonti e di cui
sono state indagate le strutture fisse sulle sponde, in uso per tutta l'età im-
periale, o il ponte in legno con cui l'Appia supera il Garigliano a Minturno,
utilizzato dalla metà del m secolo a.C. fino al tardo impero grazie a mol-
teplici restauri e rifacimenti. In legno è realizzato, tra il 18 e il 17 a.C., sulla
base della datazione ottenuta dalle analisi al radiocarbonio, il primo ponte
sulla Mosella a Treviri, riedificato nel 71 d.C. e poi alla metà del n secolo
245
L'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 13 Treviri IAugusta Treverorum), pali del ponte ligneo sulla Mosella risalente alla
fine del• sec. a.C.ITreviri, Rheinisches Landesmuseum)
246
s. Collegare città e territori
FIGURA 14 Proposta di restituzione del ponte sul Danubio sulla base del rilievo della
Colonna traiana
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L'urbanistica: città e paesaggi
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5. Collegare città e territori
FIGURA 17 Donnas, tagliata e arco sulla via delle Gallie aperta alla fine delr sec. a.C.
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L'urbanistica: città e paesaggi
collegamento tra Napoli e Pozzuoli; gli imbocchi e i pozzi obliqui non sono in
grado di offrire sufficiente aerazione e illuminazione, come attesta Seneca, che
descrive il forte disagio provato nell'attraversarla (Lettere VI, 57, 1-2). Talvolta
si ricorre allo scavo di tunnel anche in sostrati rocciosi assai più compatti, co-
me il calcare incontrato nella realizzazione della galleria denominata Forulus
(piccolo foro) e quindi Furio, che consente il passaggio della Flaminia nella
gola omonima, tra il versante tirrenico e quello adriatico dell'Appennino. Nel
punto in cui un ripido sperone del Monte Pietralata, a strapiombo sul fiume
Candigliano, restringe ulteriormente la gola, sono adottate, nel corso del tem·
po, soluzioni diverse che rappresentano una rassegna delle opere stradali più
impegnative. Al momento dell'apertura della strada la carreggiata è realizzata
con tagliate che consentono di aggirare lo sperone; in età augustea lo smotta-
mento a valle della sede stradale richiede imponenti opere di sostruzione la cui
cedevolezza porta tuttavia, ben presto, ali' abbandono di questo tratto stradale,
sostituito da una piccola e stretta galleria che ha il carattere dell'emergenza.
L'inadeguatezza del passaggio al traffico intenso dell'importante arteria e
nuovi cedimenti inducono infine Vespasiano a intervenire nuovamente e a re-
250
5. Collegare città e territori
alizzare un'imponente galleria, lunga 38m, larga s.so e alta s,30, che conferisce
un assetto stabile e duraturo al passaggio della Flaminia in uno dei punti più
difficili del suo percorso.
Complesse opere di ingegneria consentono dunque di aprire strade in qua- Mansiones,
lunque contesto ambientale, rendendo i percorsi quanto più brevi e agevoli mutationes
possibile. I tracciati e le distanze sono riportati in itinerari con sole notazioni e stationes
testuali (itineraria adnotata), come l' ltinerarium Antonini, o anche su base
cartografica (itineraria picta ), come la Tabula Peutingeriana, copia medievale
di un originale di IV sec. d.C. li viaggio su lunghe distanze non sarebbe comun-
que possibile se un altro genere di infrastrutture, le stazioni adatte alla sosta e al
riposo di uomini e animali, riportate anch'esse negli itinerari, non affiancasse
con cadenza regolare i tracciati viari. Tali strutture, componenti essenziali del
servizio postale e dunque edificate per ordine imperiale, risultano quanto mai
indispensabili soprattutto nelle regioni impervie e caratterizzate da uno scarso
popolamento. Le fonti indicano questi complessi con diverse denominazio-
ni: le mansiones (da manere, fermarsi, sostare) offrono vitto, alloggio e svago
e si distribuiscono orientativamente a una giornata di viaggio l'una dali' altra
(intorno alle 20-30 miglia); le mutationes (da mutari, cambiare) forniscono il
cambio degli animali per i carri e i corrieri e sorgono a distanza di alcune ore di
viaggio (dalle salle 12 miglia); più controverso infine è il riconoscimento della
funzione delle stationes e comunque, di fatto, i tre termini finiscono spesso per
confondersi. La localizzazione delle strutture, oltre alla distanza, tiene conto di
numerosi altri fattori, come l'incrocio con altre arterie, il passaggio di un fiume
o la presenza di un abitato preesistente. Talvolta è proprio l'impianto di una
mansio a costituire un fattore catalizzatore per lo sviluppo di un abitato nello
stesso sito, che può ampliarsi fino a diventare una vera e propria cittadina, co-
me avviene ad esempio per il vicus che sorge intorno alla mansio ad Baccanas o
Vàcanas al XXI miglio della via Cassia.
I dati archeologici non consentono di rilevare significative differenze tra gli Articolazione
impianti di mansiones, mutationes e stationes e spesso non è agevole nemmeno delle stazioni
distinguere questi impianti dalle ville rustiche. Lungo il tracciato della viaAu- di sosta
relia-Aemilia Scauri, in località Vignale, nel territorio di Populonia, ad esem-
pio, sorge un articolato sistema insediativo comprendente, tra l'altro, un vasto
edificio termale e un'area artigianale per la produzione ceramica: le strutture
lasciano aperta l'ipotesi di una compresenza, magari in parti diverse di uno
stesso complesso, di funzioni diversificate, villa e mansio, o di una successione
temporale tra i due diversi tipi di insediamento. Del resto, le fonti attestano
che anche le ville che sorgono lungo gli assi stradali o a breve distanza da questi
possono svolgere la funzione di locande, come avviene ad esempio per la villa-
mansio di Albisola (Alba Docilia ), lungo la via Iulia Augusta.
Oltre alle abitazioni del personale impiegato, le stazioni di sosta comprendono
numerosi e piccoli vani (cubicula) per il pernottamento dei viandanti, stalle per
il ricovero degli animali, ambienti per la ristorazione, impianti termali, picco-
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L'urbanistica: città e paesaggi
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5. Collegare città e territori
3. le vie d'acqua
l protagonisti dei traffici marittimi, con le spinte che da epoca remota muovono Rete delle vie
verso la ricerca di metalli, di terre da colonizzare e conquistare o di nuovi mer- d'acqua
cati, valorizzano di volta in volta rotte diverse, di breve o ampio raggio. I porti o
gli scali minori toccati dalle rotte marittime non costituiscono spesso i terminali
ultimi dei traffici, ma punti di sosta in cui il carico si arricchisce e si rinnova,
mentre parte delle merci è ridistribuita verso i territori interni, percorrendo le
acque di fiumi, laghi e lagune o seguendo strade di interesse locale o di grande
importanza itineraria. Nel mondo antico, infatti, più ancora che in epoca mo-
derna, vie d'acqua e vie di terra appaiono strettamente correlate e integrate.
Le coste tirreniche, costellate di stagni e lagune, ad esempio, sono tocca- Rotte commerciali
te dalle rotte commerciali greche già prima dell' viii secolo a.C. Lungo gli arcaiche lungo
stessi itinerari percorsi dai focei, che nel 6oo a.C. fondano Marsiglia sulla la costa tirrenica
costa francese, si muovono i commerci etruschi che prendono le mosse da
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L'urbanistica: città e paesaggi
254
5. Collegare città e territori
Plinio il Giovane ci offre un'immagine del fiume che, nell'alta Valle Tiberi-
na, interseca i campi carico di navigli (Lettere v, 6); varie categorie di fonti
materiali confermano e arricchiscono l'antico paesaggio fluviale. A monte
di Roma numerosi apprestamenti portuali fanno capo a centri rilevanti del
territorio: all'altezza di Lucus Feroniae; alla foce del Treia per Falerii Novi;
al porto dell'Olio di Ocriculum; a Piscinale e a Castigliani per Narni, Ame-
lia e Orte (Horta); alla confluenza del Paglia sotto Orvieto. Numerose ville
nei campi di fondovalle, il cui pregio in relazione alla vicinanza del fiume
è sottolineato dalle fonti (Cicerone, Orazione in difèsa di Tito Annio Milo-
ne XXIV, 64 e Orazione in difèsa di Sesto Roscio Amerino VII, 2; Silio Italico,
Le guerre puniche XIII, 83-85), prosperano grazie alla facilità di comunica-
zione che questo garantisce; prodotti agricoli, dunque, ma anche materiale
da costruzione (blocchi d'opera quadrata, materiale architettonico in tufo
e travertino, laterizi) e legname. Lungo il fosso di Grotta Oscura, che tanta
importanza riveste per il trasporto del tufo omonimo, sono probabilmente
applicate strategie per aumentarne la portata, come confluenze artificiali di
altre acque o chiuse atte a creare riserve e onde di piena, secondo un sistema
ricordato da Plinio il Vecchio per permettere la navigazione del corso supe-
riore del Tevere (Storia naturale III, 53). Lungo il fiume viaggiano anche la-
terizi e ceramiche: la sua valle costituisce infatti la sede ideale per l'apertura
di cave di argilla e per l'impianto di fornaci, mentre il suo corso rappresenta
la via più veloce e sicura per il trasporto dei prodotti. Dal porto di Ocricu-
lum, ad esempio, all'inizio del I secolo a.C. partono le ceramiche di C Popi-
lius e, in età imperiale, le tegole e i mattoni delle jìglinae Ocriculanae. Nella
Valle Umbra, il porto di Bevagna (Mevania) offre l'esempio dell'integrazio-
ne tra i percorsi d'acqua, qui rappresentati dall'asse Tevere, Chiascio, Ta-
pino e Clitunno, e la viabilità terrestre, in questo caso la via Flaminia, che
attraversa tutto il centro urbano (fig. 22). L' emporium viene a collocarsi tra
i due assi, consentendo il trasbordo delle merci dalle imbarcazioni ai carri e
viceversa (fig. 23).
Il corso terminale del Tevere collega Roma con le appendici portuali di Ostia e Ostia e Porto,
Porto (infra, par. 4) e con i traffici di dimensione mondiale che a queste fanno terminali di traffici
capo. «Tante sono le navi da carico che giungono qui trasportando tutti i pro- mondiali
dotti da tutti i luoghi, in ogni stagione, in ogni volgere d'autunno, che l'Urbe
sembra il laboratorio generale della terra [ ... ]. Gli arrivi e le partenze delle navi
si susseguono senza posa, così che c'è da meravigliarsi non tanto che il porto,
quanto che il mare stesso riesca, se pure riesce, a contenere un così gran numero
di imbarcazioni» (Elio Aristide, A Roma 11-13): i commerci marittimi che dal
mondo intero convergono verso i porti alla foce del Tevere costituiscono per il
retore greco uno dei segni più evidenti della grandezza di Roma nell'età degli
Antonini. A prescindere dal tono encomiastico, i resti materiali delle merci o
dei loro contenitori, i relitti, gli apprestamenti portuali (infra, par. 4) e le strut-
ture di immagazzinamento (cap. 3, par. 8), tutto concorre a restituire il quadro
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l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 22 Bevagna (Mevania), area portuale e tracce della città romana sovrapposte al
centro attuale
delle molteplici rotte (fig. 2.4) che solcano il mare aperto, seguendo venti e
correnti secondo le regole della marineria, o lungo la costa (cabotaggio). Nel
piazzale delle Corporazioni, a Ostia, le statue dedicate a funzionari dell'an-
nona o a personaggi influenti nel grande commercio, così come i mosaici e le
iscrizioni musive che tra l'età adrianea e l'età di Commodo pavimentano i por-
tici, evocano l'immagine di una città al centro di traffici di dimensione "mon-
diale': I motivi figurati e le iscrizioni sui mosaici, legati alle attività mercantili,
ricordano associazioni di mestiere, in particolare di armatori (navicularii) e di
commercianti (negotiatores), raggruppate per regioni o città di provenienza o
per genere di attività, che a Ostia promuovono i prodotti delle aree di origine.
A Roma il deposito dei marmi della Marmo rata presso l' Emporio o la collina
del Testaccio, formata dagli scarichi delle anfore, attestano la mole delle merci
che risalgono il corso del fiume.
Grandi vie fluviali Le anfore del Tes taccio, in gran parte provenienti dalla Betica, prima del viag-
gio per mare avevano ridisceso un altro importante fiume, il Guadalquivir
(Baetis) che attraversa le aree di produzione della provincia spagnola. Tra le
città di Cordova, Ecija (Astigi) e Siviglia (Hispalis) si sviluppano innumere-
voli manifatture per la produzione delle anfore adibite al trasporto dell'olio
celebrato dagli autori antichi (Strabone, Geografia III 2., 6; Plinio il Vecchio,
Storia naturale xv, 8; Marziale, Epigrammi XII, 98, r) per la sua straordinaria
256
5. Collegare città e territori
FIGURA 23 Bevagna (Mevania), proposta ricostruttiva del porto fluviale in età romana
LI NH DI NAVIGAZIONE MARJTTIMA
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L'urbanistica: città e paesaggi
258
s. Collegare città e territori
FIGURA 25 Materiali di un carico di età romana dai relitti di San Rossore a Pisa IPisae)
giungono i vari rami fluviali, mentre canali perpendicolari alla linea di riva,
lefossiones, tagliano le dune costiere che chiudono la laguna e, insieme ai fiu-
mi, assicurano il collegamento navale delle città parafluviali e lagunari con il
mare aperto. Lungo il tronco più tardo della Popillia che segue il litorale, le
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l'urbanistica: città e paesaggi
FIGURA 27 Altino (Altinum), canale navigabile di età romana con arginature lignee che
costeggia la strada di raccordo tra la via Annia e la via per Oderzo (Opitergium)
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5. Collegare città e territori
Il porto segna l'ingresso alla città attraverso una via d'acqua. La sosta che Porti marittimi,
le navi possono compiervi, sia per trovarvi ricovero sia per lo svolgimento lagunari e fluviali
dei traffici commerciali o ancora come base militare, è resa possibile dalla
conformazione stessa della costa nei porti naturali o è favorita da interven-
ti artificiali più o meno consistenti (frangiflutti, dighe, moli). Le strutture
portuali si affacciano sul mare aperto, ma possono dislocarsi anche presso
la foce di un fiume: è questo il caso del porto alla foce del Tevere a Ostia
o di quello di Leptis Magna, alla foce del wadi Lebda, regolarizzato in un
vero e proprio porto canale in età neroniana e presto insabbiato proprio a
causa delle opere che impediscono il regolare smaltimento delle sabbie. In
altri casi i porti si aprono su lagune costiere particolarmente ben riparate:
così a N ora (fig. z.8) e a Populonia, dove recenti indagini localizzano il
porto nelle acque della laguna alle spalle del promontorio su cui sorge il
centro. Le città affacciate sui fiumi navigabili, come Roma stessa o quelle
che si sviluppano lungo Reno e Danubio, sono dotate infine di sistemi di
approdo. In tutti i casi, una pluralità di strutture garantisce le funzioni
N :~S~ Dc:posirolagunarc:
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261
l'urbanistica: città e paesaggi
generiche e specifiche dei porti, dalle banchine agli ormeggi, ai fari, ai ma-
gazzini, ai cantieri e agli arsenali.
Quando la conformazione della costa lo consente, gli apprestamenti por-
tuali si sviluppano in più di un'insenatura, sia per offrire riparo a seconda
del diverso orientamento dei venti, sia specializzando talvolta le funzioni, ad
esempio militare o commerciale. Frequente è il caso di porti doppi, come a
Egina, Corfù, Apollonia di Cirenaica (cap. 2, fig. 9 ), Siracusa (cap. I, fig. 4) e
Selinunte (fig. 29 e cap. I, fig. 6); il Pireo ne ha tre (cap. 2, fig. 3), mentre Rodi
ne possiede addirittura cinque (cap. 1, fig. 15).
Porti nelle città I porti con funzione commerciale o militare si trovano solitamente integrati
greche nel circuito delle mura urbane o protetti da un'opera fortificata della città,
come a Thasos, dove sia il porto militare sia il molo del porto commercia-
le poco più a nord sono protetti da cortine collegate alle mura che all'ini-
zio del v secolo a.C. ampliano una precedente cinta arcaica (fig. 30 ). Allo
stesso periodo risale l'impianto di arsenali (neoria), composti da una serie di
lunghi capannoni coperti da un tetto a doppio spiovente in grado di ospita-
re tre scafi ciascuno. Lungo la costa nord-est dell'isola tre fari, costituiti da
basse torri circolari del diametro di 4-5 m alla base e alte circa 4 m, fanno
parte di un sistema di segnalazione marittima (fig. 3I). Atene offre non solo
l'esempio più monumentale dell'inserimento del porto nel sistema difensi-
vo della città con la costruzione delle Lunghe mura (cap. 2, par. I), ma anche
una particolare complessità delle infrastrutture. Al Pireo due bacini, Zea e
Mounichia, hanno esclusiva funzione militare, mentre il più ampio Kdntha-
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5. Collegare città e territori
FIGURA 30 Thasos, pianta della città con le fortificazioni di v sec. a.C. che proteggono le
aree portuali
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FIGURA 31 Thosos. sezione e prospetto del faro di Capo Phanari (fine VI-inizi v sec. a.C.)
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264
5. Collegare città e territori
FIGURA 32 Locri Epizefiri (Lokroi EpizephY,io1), pianta della città con l'area portuale di età
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2: Santuario urbano
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cio si sviluppava su tre piani di diversa altezza e forma, dal.basso in alto, qua-
drangolare, ottagonale e cilindrica, per un'altezza complessiva di 12.0-130 m
circa. Una rampa interna consentiva di raggiungere la sommità al personale e
forse anche ai muli che trasportavano il combustibile (fìg. 33).
Sempre sulla costa africana, tra la fìne del III e l'inizio del II secolo a.C.,
265
L'urbanistica: città e paesaggi
266
5. Collegare città e territori
267
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00 FIGURA 35 Roma, assetto generale dell'area dell'Emporio con inserimento delle strutture rinvenute
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l'urbanistica: città e paesaggi
270
5. Collega re città e territori
Porti minori o semplici approdi ci offrono un quadro delle soluzioni tec- Porti minori
niche adottate per questa categoria di apprestamenti, usualmente impostati e approdi lungo
su solide palificate. Ad Altino, banchine d'ormeggio, installazioni portuali e le acque interne
magazzini porticati connessi a moli fluviali caratterizzano il tessuto urbano
e la fitta rete dei canali che circondano la città: lungo il Sioncello, artificial-
mente aperto in età tardorepubblicana, una banchina lunga quasi 2.00 m si
compone di una triplice fila di pali a sezione quadrata su cui si imposta un
filare di blocchi lapidei squadrati (fig. 40), mentre un'altra poco distante è
271
L'urbanistica: città e paesaggi
Riferimenti bibliografici
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truria: BOITANI et al. (1985). Per l'area padana: SASSATELLI (1992.). Per l'ambito
laziale: CIFANI (2.oo8). In particolare sulla via etrusca al Frizzone (Lucca): CIAM-
POLTRINI, ZECCHINI (2.007 ). Per la rete delle strade di età romana e le tecniche
costruttive: Le strade dell'Italia romana (2.004); BASSO (2.007); QUILICI (2.009).
Un'ampia esemplificazione di casi di studio in QUILICI, QUILICI GIGLI (1992.,
1994). Per il territorio lunense: GAMBARO, GERVASINI (2.004); FABIANI (2.006).
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(1994); BONETTO (1999); ROSADA (2.004); CAMERIERI, MANCONI (2.010).
Per le infrastrutture viarie in Grecia e in Magna Grecia: HELLMANN (2.010 ); MALA-
CRINO (2.010). Per esempi di guadi in Magna Grecia: P ARRA, FACELLA (2.011). Perle
opere di ingegneria stradale in età romana: ADAM (1988); BUSANA (1997); Le strade
dell'Italia romana (2.004); BASSO (2.007); MALACRINO (2.010). Per un'esemplifica-
zione di casi di studio: QUILICI, QUILICI GIGLI (1994, 1996). In particolare per le
gallerie stradali: CORALINI (1992.). Per le gallerie e le tagliate del Furlo: LUNI (1992.).
Per le gallerie e le tagliate dell'area di Sorrento: RUSSO (2.011). Per i ponti di legno e
di barche: CALZOLARI (1994). Per le tagliate lungo la via Sa/aria: QUILICI (1994a).
272
5. Collegare città e territori
Per i viadotti lungo la via Flaminia: BONOMI PONZI (1994). Sulla Tabula Peutinge-
riana: BOSIO (1983). Sulle stazioni di sosta: MEZZOLANI (1992.); CORSI (2.000 ). Per
il sito del Vignale: GIORGI, PATERA, ZANINI (2.009).
Sulle rotte marittime: ROUGÉ (1975); VISMARA (1989); MARTINO (2.009). Per il
commercio sul Tevere in epoca arcaica, repubblicana e imperiale: Q.UILICI (1986);
Q.UILICI GIGLI (1986b). ln particolare per lo scalo di Ocricufum: CENCIAIOLI
(2.oo6). Per Bevagna: CAMERIERI, MANCONI (2.010 ). Per i commerci attestati dalle
anfore del monte Testaccio: BLAZQ.UEZ MARTINEZ, REMESAL RODRIGUEZ (1999 );
BLAZQ.UEZ MARTINEZ, REMESAL RODRIGUEZ (2.001, 2.003). Sul commercio
dell'olio lungo il Baetis: CARRERAS MONFORT, FUNARI (1998); PANELLA (2.001).
Per le navi di Pisa, il sistema dei trasporti fluviali e marittimi dell'Arno e dell'Auser:
CAMILLI, SE T ARI (2.005). Per la vie d'acqua nella Venetia costiera: P ERETTO (1990 );
ROSADA (1990a); ZERBINATI (1990); TIRELLI (1998); UGGERI (1998).
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Indice dei Luoghi
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L'urbanistica: città e paesaggi
Aquileia, 43-4, 6o, 67, 70, 91, 93, 104, 12.8, teatro di Dioniso, 119, 153
157, 160, 165, 179-80, 185, 189-90, 2.13, tempio di Athena Nike, 118
2.34, 2.69-73 Zea, 2.62.-3
Arezzo (An-etium), 70, 104, 2.18 Attica, 97-8, 104, 153, 2.15, 2.2.3, 2.2.6, 2.2.9-30,
Arghiroupoli, 2.15 2.41
Argilos, 131, 188 Augst (Augusta Raurica), 95, 12.5
Argo (Argos), 18-9, 33, 109 Augusta Bagiennorum, 12.5, 159-60
Ariccia (Aricia), 2.44 Autun (Augustodunum), 88
Ariccia, lago di, 64 Avenches (Aventicum), 12.5
Arles (Colonia Iulia Areiate Sextanorum ), Averno, lago, 2.49
62., ]O, 95, 113, 115, 157, 160, 2.45 Avignone (Avenio ), 62.
Arno, fiume, 61, 2.12., 2.54, 2.58, 2.73
Arpi, 71 Baalbek (HeliOpolis), 12.5, 12.7, 188, 2.2.0
Arpino (Arpinum), 75, 83-4 Babilonia (Baby!On), 153
Asia Minore, 32., 69-70, 78, 98, 104, 153, Baelo Claudia, 175
155-6, 172., 176, 2.18, 2.2.3 Barcellona (Colonia Iulia Augusta Faven-
Asolo (Acelum), 6o tia Paterna Barcino), 70, 95
Aspendos, 156, 172. Barumini, 96
Assos, 85, 172. Belluno (Bellunum), 6o
Assuan, 2.2.3 Benevento (Beneventum), 6o, 2.34
Astorga (Asturica Augusta), 2.2.6 Beozia, 54, 98
Atene (Athénai), 18, 32., 67, 69-70, 73-4, Beqaa, valle della, 12.5
78, So, 97-8, 103, 12.8, 131, 137, 142., 148- Betica, 115, 167, 193, 2.56
9, 153, 164, 171, !SI, 189, 191-2., 2.15, 2.2.3, Bevagna (Mevania), 2.55-7, 2.73
2.32., 2.41 Biblo (Bjblos), 153
acropoli, 19, 118-9, 12.4 Bithia, 12.1
agord, 108-9, 138, 145, 151, 171-2., 181, 190, Bologna (Felsina, Bononia), 95, 119, 132.,
192. 158. 185. 194, 2.32., 2.36
bouleutérion, 108 Bolsena ( Volsinii), 151
Ceramico, I]I, 181, 192. Bosforo, 2.40
Dipylon, 142., 171, 192. Bordeaux (Burdigala), 95
edificio F, 109 Bradano, fiume, 198
Ekklesiastérion, 109 Brauron, 2.41
Falero, 73, 181 Brescia (Brixia), 6o-1, 93,135-6,160,189,194
fonte Klepsjdra, 137-8 Cidneo, colle, 169
Kdntharos, 62.6 Ortaglia, 136
Kolonos Agordios, 139 Brindisi (Brundisium), 174, 2.34
Lunghe mura, 73, 78, 2.62. Britannia, 100, 2.2.6, 2.2.8, 2.30
Mounichia, 2.62. Budapest (Aquincum), 100
Odéion di Erode Attico, 119, 153 Bufalotta, 2.04
Partenone, 119 Bulla Regia, 151, 175
Pireo, 2.9, 73, 148, 172., 181, 192., 2.2.3, 2.62.-3
Pnice, 109 Cadice, golfo di, 71
santuario di Asclepio, 137 Cagliari (Karalis), 12.1
stod di Attalo, 176, 198 Calabria, 70, 2.11
stod basileios, 108 Calcidica, penisola, 31
stod di Zeus Eleuthérios, 108 Cales, 43
306
Indice dei luoghi
307
L'urbanistica: città e paesaggi
308
Indice dei luoghi
309
L'urbanistica: città e paesaggi
Licia, 98, 180 Marzabotto (Kainua), 2.6, 2.8, 67, 107, 119,
Lidia, 98 132., 171, 188-90
Lilibeo (Liljbaion), 75 santuario del Fontile, 119
limes tempio di Tina, 107, II9
africano, 103-4 Massa, 2.16-7, 2.2.9
della Numidia, 103 Mauretania, 104
germano-retico, 102.-3 Mavrozoumenos (Leukasia), fiume, 2.41-2.
mesopotamico, 103 Mediterraneo, mar, 9-10, 54, 71-2., 12.1, 181,
renano, 2.18 2.04, 2.10, 2.14, 2.18, 2.64, 2.6?, 2.73
transalutano, 102. Medjerda (Bagradas), fiume, 2.18, 2.2.6
Lindos (Lindos), 12.1 Megalopoli di Arcadia (Mega!Opole), 153
Lione (Lugdunum), 49, 144, 171, 2.18 Megara Iblea (Mégara Hyblaéa), 19-2.0, 66,
Liri, fiume, 64 70, 72.-3, 106-7, II8, 131, 149, 162.-3
Livenza, fiume, 75 Melia (Mella), 70
Locri Epizefiri, 70, 73, 118, 131, 171, 190, Meligalas, 2.41-2.
2.03, 2.40, 2.64-5 Mendolito, 71-3
santuario di Afrodite, 2.64 Mérida (Augusta Emerita), 95, IIS, 144,
Loira, fiume, 2.58 I? l, 2.44
Lucania, 70-1, 2.04 basilica di Santa Eulalia, 196
Lucca (Luca), 43, 45, 6o, 157, 2.32.-3, 2.72. Foro de mdrmol, II5
Lucus Feroniae, 2.55 Mesia Inferiore, 102.
Lugo (Lucus Augusti), 95 Mesopotamia, 103, 153
Luni (Luna), 40, 42., 61, 67, 113-4, 157, •Ss- Messenia, 16, 2.42.
6, 188,2.16,2.2.3,2.38-9 Metaponto (Metapontion), 2.1, 2.3, 55-6, ?O,
Luni sul Mignone, 98 105-6, II8, 131, 171, 190, 2.03, 2.31
Lusitania, ns. 2.44 santuario di Era, 198, 2.00
Mignone, fiume, 2.54
Macedonia, 35. 97. 131, 151, 153, 2.13, 2.34 Milano (Mediolanum), 91, 104, 12.8, 137,
Maestà di Picchio, 2.44 155, 158, •So, 193, 196
Magna Grecia, 19, 2.1, 67, 153, 182., 198, 2.03, Basilica Apostolorum, 19 6
2.2.9, 2.40, 2.64, 2.72. basilica di San Lorenzo, 196
Mainz (Mogontiacum), 49, 100, 103 basilica di San Simpliciano, 196
Malaga, 72. basilica di Sant'Eustorgio, 196
Malta, 2.00 Basilica Martyrum, 196
Manduria, 71 Mileto (Milétos), 2.8-9, 56, 78-9, 172.-3
Mani, penisola di, 2.2.0 Kalabaktepe, 78
Manica, canale della, 48 porto dei Leoni, 172.-3
Mansio ad Baccanas o Vtzcanas, 2.51 santuario di Apollo, 197
Mansio Fossis, 2.60 Minturno (Minturnae), 151, 158, 160, 2.45
Mantova(Mantua),2.8,95 Miseglia, 2.2.4
Maratona, 2.15 Miseno, 144
Marmara, mar di, 92. Miseno, Capo, 2.46
Marrana, torrente, 2.43 Mons Claudianus, 2.2.4-5, 2.30
Man-uvium, 195 Mons Ophiates, 2.2.4
Marsiglia (Massalta), 2.2., 95, 98, 149, 172., Mons Porphyrites, 2.2.4
2.53 Monte Sirai, 77, 12.1, 2.04
Marta, fiume, 2.54 Morgantina (Morgantine), 172., 174
310
Indice dei luoghi
311
L'urbanistica: città e paesaggi
312
Indice dei luoghi
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L'urbanistica: città e paesaggi
Sacra Via, I09, I32.-3, I65, I76, I88 Santa Maria Capua Vetere (Capua), I58
santuario della Magna Mater, 12.2. Sant'Angelo, monte, zoi, 2.48
Scalae Anulariae, I76 Sant'Antioco (Su/ky), n ni
sepolcro dei Claudi Marcelli, I93 Sant'Oronzo, monte, 2.I5
sepolcro dei Corneli Scipioni, I93 Santu Antine, 96
sepolcro dei Servili, I93 Sara, monte, 97
Subura,I65 Sardegna, Io, 77, 95, 119, IZI, I88, zoi, 2.04,
teatro di Pompeo, I88 2.I9, 2.2.8-9
tempio dei Castori, I09-IO Sarno, nume, 12.3
tempio della Pace, 113 Saronico, golfo, 2.3I
tempio di Saturno, I09-IO Sasso Pisano, zoo, zz8
terme deciane, I52. Satriano, 7I
terme di Caracalla, I45· I52. Satricum, I32.
terme di Costantino, I52. Segesta (Égesta), I72.
terme di Diocleziano, I 52. Seghia Bent el Krass, I03
terme di Traiano, 69, I45· I70 Seiano, grotta di, 2.49
terme surane, I52. Sele, nume, I98
Testaccio, I94· 2.56, 2.73 Seleucia (Seléukeia) sul Tigri, I53
valle del Colosseo, I32., I88 Selinunte (Se/inus), I9-2.1, 66, 70, 72.-3, 8I,
Valle Murcia, Izz, I54 96-7, 118, I3I-2., I62., I7I, 2.I9, 2.30-I, 2.42.-
Vaticano, I96 3• z6z
Velabro, Izz, I76, 2.67 Senna, nume, 2.58
via del Corso (via Lata), I69 Serchio (Auser, Auserculus), nume, I69,
Vicus Iugarius, 110 2.00, 2.I2., 2.I8, 2.58. 2.73
Vicus Tuscus/vicus Thurarius, 110, I76 Serra di Vaglio, 7I, I32.
Vicus Unguentarius, I76 Sessa Aurunca (Suessa), 4I, 43, I57
villa dell'Auditorium, I93· 2.04-5, 2.2.9 Settecamini, 2.52.
Viminale, I52. Settennestre, 2.07
Romania, 2.2.7, 2.30 Sette Mari, z6o
Roselle (Ruse/lae), 69, 7I, 95. I04, I32. Sibari (Sjbaris ), I3I
Ro~ia Montana (A/burnus Maior), 2.2.7-8 Sibilla, grotta della, 2.49
Rosso, mar, 2.58 Sicilia, Io, I9, 37, 56, 67, 69-7I, n. 96, 97.
Russi, 2.07, 2.09 I2.1, I53· I7I, I74· I82., I88-9. I92., I98,
2.00,2.03,2.2.9,2.42.,2.72.
Sabatini, monti, 2.49 Side, 79, 82.
Sabina, 2.54 Sile, nume, z6o
Saepinum, 70, I6o-I, I79 Sinni, valle del, 2.04, 2.15, 2.2.9
porta di Boiano, 2.35 Sinuessa, Ioo, I58
Sagalassos, I75 Sioncello, canale, 2.7I
Salonicco (Thessalonike), 94, I55, 2.34 Siphai, 98
Salviano, monte, 64 Siracusa (Syrdkusai), I9, 96, 118, I4I-3, I53.
Samo (Sdmos), 72.-3, I42. I6z, 2.2.6, 2.3I, z6z
Herdion, I87 Eurialo, 83
San Benedetto, 97 0/ympiéion, 2.32.
San Giovenale, 98 Ortigia, 118
San Polo d'Enza, z8 pianoro di Epipole, 83
Sannio, zoz, 2.35 porta del Tripylon, 79, 83
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Indice dei luoghi
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L'urbanistica: città e paesaggi
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Indice dei nomi
Adriano, 92., 99-101, 104, 152., 167, 194 Claudio, 146, 181, 2.67, 2.69-70
Afrodite, 2.00, 2.64 Cn. Ateius, 2.18, 2.58
Alessandro Magno, 35 Columella, 2.12., 2.14
Ammiano Marcellino, 170 Concordia, 111
Anastasio, 95 Corneli Scipioni, 193
Antonino Pio, 100-1, 103, 12.5, 145. 151-2. Costantino, 12.8, 152.
Apollo, 177, 197. 199
Apollodoro di Damasco, 69, 2.46 Demetra, 19, 2.00
Appio Claudio Cieco, 2.42. Diocleziano, 152.
Archimede, 2.2.7 Diodoro Siculo, 2.42.
Aristofane, 148
Dionisio di Alicarnasso, 194, 2.11
Aristotele, 2.9, 148, 172., 192., 2.03
Dioniso, 119, 153. 2.04
Artemide, 18o, 2.41
Asclepio, 137
Elio Aristide, 2.55
Atena (Athena), 18-9, u8, 12.1
Emilio Scauro, 64
Atta! idi, 36
Era, 87, 198, 2.00
Attalo, 176, 198
Ercole, 179. 2.02., 2.2.9, 2.35
Augusto, 49, 87-8, 113, 117, 12.5, 148, 154.
Erode Attico, 119, 153, 198
2.43· 2.45· 2.67
Erode il Grande, 2.67
Aureliano, 91
Erodoto, 64, 148
Esiodo, 15
Bacco, 12.5, 12.7
Eupalino, 142.
Bel, 135. 136
317
l'urbanistica: città e paesaggi
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