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POSA PIETRE

Denominata anche posa a malta, posa a sabbia e cemento, posa a pastina, posa fresco su fresco, consiste
nella messa in opera contemporanea in un unico processo sia della pietra naturale che del suo strato di
allettamento, senza la preliminare realizzazione di un massetto.

Queste tecniche sono assai note e collaudate essendo state applicate dai tempi dell’Antica Roma fino ad
oggi praticamente immutate, ovvero con la sola sostituzione secondo disponibilità del periodo, di legante
ed inerte costituenti l’impasto di allettamento. Ciò o si traduce in una indubbia garanzia di durata nel
tempo, spesso non ancora eguagliata dai prodotti della moderna industria.

Il sistema di posa a fresco può essere adottato su superfici irregolari e dunque non perfettamente planari,
necessita di uno spessore utile di posa (allettamento + pietra) non inferiore ai 5-6 cm già considerando uno
spessore minimo pari a 2 cm per il materiale lapideo impiegabile, esso dovrà possedere adeguate
resistenze fisiche, non risultare particolarmente assorbente o soggetto a macchiatura o efflorescenze.
Questo sistema comporta un doppio risparmio economico: evitando la realizzazione del massetto
cementizio e, con i giusti spessori utili di posa, permettendo l’impiego di materiali lapidei a spessore
variabile, come i piani naturali, che risultano sempre meno costosi qualora confrontati a materiali a
spessore costante e finitura del piano di calpesto.

I tempi di esecuzione sono sensibilmente ridotti in quanto non è necessario attendere la realizzazione e la
successiva completa stagionatura (min. 28 giorni) del massetto in calcestruzzo, anche l’applicazione del
rivestimento lapideo risulta veloce se affidata a posatori esperti.

Particolarmente indicata per la realizzazione di pavimenti in esterno questo sistema di posa deve essere
affidato ad aziende specializzate richiedendo una più alta struttura organizzativa per quanto concerne
attrezzature, macchinari, efficace gestione del cantiere e dell’approvvigionamento continuo dei materiali di
consumo. Risulta inoltre di fondamentale importanza disporre di posatori con un elevato grado di qualifica
e di esperienza che oltre a possedere una tecnica di lavoro adeguata dovranno avere una buona
conoscenza dei materiali utilizzati (tipi di sabbia, cemento, pietra) per gestirne al meglio i comportamenti in
funzione dei metodi e delle condizioni climatiche di applicazione.

I principali metodi di posa a fresco prevedono l’impiego di:

1. Malta cementizia

Lo spessore necessario per la posa deve prevedere tra i 4 e i 6 cm per l’allettamento più le spessore della
pietra naturale prescelta; questo sistema di posa è il più adatto a compensare elevate differenze di
spessore negli elementi lapidei come ad esempio per il Porfido, la Pietra di Luserna ed in generale i
materiali a piano naturale di cava.

I materiali occorrenti per la formazione degli allettamenti in malta sono: cemento Portland 325, acqua,
sabbia naturale vagliata oppure frantumata di cava aventi granulometria 0-4 mm oppure 0-6 mm.
L’ impasto grasso, ottenuto miscelando cemento Portland 325 in dose da 250 a 350 kg di per ogni m³ di
sabbia è steso in modo sufficiente per allettare una limitata porzione di pavimentazione, solitamente un
paio di elementi o pochi più a seconda della pezzatura degli stessi. L’elemento lapideo trova quindi la sua
collocazione definitiva tramite posizionamento e battitura con martello di gomma.

Per le operazioni di sigillatura si impiega una boiacca densa, formata da un impasto di cemento Portland o
bianco, miscelato con acqua ed una ridotta parte di sabbia vagliata e lavata avente granulometria 0-2 mm.
Quando il pavimento ha raggiunto la compattezza necessaria per potervi camminare (di solito dopo 24 ore
dalla posa) si può procedere alla sigillatura delle fughe colando la boiacca cementizia direttamente nelle
fughe mediante innaffiatoi. Una volta raggiunto il giusto grado di indurimento si provvede all’asportazione
del materiale in eccesso mediante cazzuola, salvo poi ultimare la rifinitura delle superfici impiegando
spugna e acqua pulita o in alternativa strofinando segatura lignea mediante scope di saggina.

Per approfondimenti su utilizzo e posa di pavimentazioni in porfido si rimanda alla bibliografia edita
dall’E.S.Po - Ente Sviluppo Porfido che tratta in maniera molto esauriente tali tematiche, differenziando la
posa di: lastre irregolari per la realizzazione di Opus Incertum, lastre regolari per Lastricati, cubetti per Pavé,
ciottoli per Selciati.
2. Malta con spolvero di cemento
Lo spessore necessario per l’allettamento deve essere variabile tra 4 e 8 cm; questo sistema di posa è
applicato soprattutto quando è necessario adattare le quote di cantiere a quelle di progetto anche
compensando differenze di spessore negli materiali lapidei.
Non indicato con materiali lapidei assorbenti, soprattutto se di colore chiaro e spessore contenuto.

Per la composizione della malta si miscela il cemento in dosi di 300 kg ogni m³ di inerte con l’apporto di
acqua fino ad ottenere una malta di consistenza simile alla terra umida, si può quindi aggiungere calce
idrata per migliorare la lavorabilità dell’impasto. Il sottofondo di posa esistente deve essere il più possibile
livellato e, qualora si tratti di un esterno, seguire le pendenze della pavimentazione finita, la superficie deve
essere pulita anche da polvere e residui di lavorazioni e deve essere bagnata bene con acqua pulita,
possibilmente con un getto tipo “annaffiatoio” evitando qualsiasi ristagno.
Dopo aver controllato i livelli, si procede alla formazione delle fasce di riferimento realizzate in malta,
posizionando successivamente con una certa rapidità oltre che precisione, la malta di allettamento tra le
fasce stesse. Si procede livellando la malta con una staggia in alluminio e spolverando la superficie di posa
con cemento (bianco o Portland secondo il litotipo). La superficie inferiore dell’elemento lapideo deve
essere perfettamente pulita e inumidita per consentire una perfetta presa, le lastre andranno quindi
posizionate secondo i disegni e le geometrie di posa sullo spolvero ancora fresco e battute con martelli di
gomma finché non risulteranno complanari alle lastre adiacenti.
Durante tutte le fasi di lavorazione si deve operare con cura affinché la pavimentazione risulti pulita.

Per le operazioni di sigillatura si adopera una boiacca molto densa, formata da un impasto di cemento
Portland o bianco, miscelato con acqua ed una ridotta parte di sabbia vagliata lavata avente granulometria
0-2 mm; in alternativa è possibile prevedere l’impiego di stucchi o resine colorate preconfezionate ma
compatibilmente con la larghezza delle fughe da sigillare che dovrà essere limitata a pochi millimetri,
nonché alla pezzatura e finitura degli elementi lapidei impiegati. Quando il pavimento ha raggiunto la
compattezza necessaria per potervi camminare (di solito dopo 24 ore dalla posa) si può procedere alla
sigillatura delle fughe. Prima si inumidisce la superficie quanto basta (senza creare ristagni e tenendo conto
delle condizioni atmosferiche e del tipo di litotipo); quindi, sopra tutta la superficie, si versa la boiacca o lo
stucco, in consistenza liquida, stendendo con spatoloni di gomma direzionati a 45 gradi rispetto alle fughe,
fino a completa saturazione di tutti i vuoti presenti; si procede quindi ad un’accurata pulizia finale ottenuta
mediante spatoloni gommati e spugne bagnate in acqua.

3. Malta semisecca e boiacca di cemento.


Questo sistema, molto simile al precedente, si differenzia per le indicazioni di utilizzo: garantendo una
totale adesione della superficie inferiore delle lastre allo strato di allettamento è maggiormente indicato
quando oltre a dover adattare le quote di cantiere a quelle di progetto, è prevista la posa di elementi di
grande formato o poco porosi, oppure sottoposti a consistenti sollecitazioni (ad esempio quelle trasmesse
da ruote in movimento di automezzi).

Nelle operazioni di posa si procede in maniera analoga al metodo precedente per quanto riguarda materiali
e formazione degli impasti; una volta giustapposto l’elemento da posare sull’allettamento si procederà
battendo con un martello di gomma fino al raggiungimento della quota definitiva per poi rimuovere
delicatamente l’elemento e cospargervi completamente la superficie inferiore con boiacca cementizia allo
stato fluido, eventuale aggiunta di lattice. L’elemento andrà quindi riposizionato nella sua sede preformata
e battuto uniformemente affinché si ottenga una solida adesione e perfette complanarità ed allineamenti.
Le operazioni di sigillatura sono svolte in modo identico al caso precedente.

4. Imbottitura e zanche di ancoraggio

Riservata agli interventi di rivestimento che prevedono l’impiego di lastre squadrate di medio grande
formato fino ad un’altezza in elevato di un piano e con appoggio da terra.

Questa tecnica si basa sulla giustapposizione di singoli elementi, fissati uno ad uno alla struttura di supporto
della muratura mediante zanche di ancoraggio in acciaio (preferibilmente inox) e un’imbottitura in malta
bastarda. La funzione di sostegno è dunque svolta sia dagli ancoraggi che dall’adesione dall’imbottitura di
allettamento. Gli elementi lapidei, appoggiando gli uni sugli altri, obbligano alla formazione di giunti sigillati
con boiacca cementizia o stucchi ed all’utilizzo di lastre con spessore maggiore di tre centimetri al fine di
garantire una maggior resistenza allo strappo.

Questo tipo di rivestimento per questioni di sicurezza non dovrebbe superare l’altezza di 3.5 m, a meno che
non si proceda ad una progettazione dettagliata, configurando dei corsi lapidei di rinforzo a spessore
maggiorato, aumentando il numero degli ancoraggi e sottoponendo ad accurata valutazione tutti i possibili
fattori di degrado, quali umidità, infiltrazioni, escursioni termiche, dilatazioni.

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